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Le più diffuse impostazioni di filosofia e teoria del diritto tendono a porre il “diritto” al di là
della concreta vicenda storica.
La filosofia del diritto è la scienza che studia il diritto che ne indaga la natura, il valore, il
fondamento.
Il compito del filosofo è quello di definire le “invarianti” che costituiscono le “regolarità”
dell’esperienza giuridica, ricorrenti in ogni epoca e in ogni forma sociale e che perciò si
sottraggono al mutamento. Secondo questa tendenza, alla base di ogni ordinamento
storico ci sarebbe sempre un concetto generale di diritto che costituisce la struttura
invariate. (Giusnaturalismo e Giuspositivismo).
Secondo Kolakowski
1. Il fondamento di ogni norma giuridica non coincide con il fondamento del diritto in
generale: il primo infatti può dipendere tanto dall’arbitrio di un tiranno quanto dalla
libera determinazione di un’assemblea legislativa.
2. Non è possibile ricavare un criterio distintivo universalmente valido per distinguere
il diritto buono dal diritto cattivo.
Affermare che il fenomeno giuridico appartiene alla storicità (quindi alla contingenza) della
condizione umana contrasta con chi pensa che esista un diritto naturale (non contingente
ma eterno), ricavabile dall’essenza (natura) dell’ uomo o da un valore assoluto (verità).
→ Definire il diritto come agganciato alla storia e quindi alla contingenza pone il problema
di definire quest’ultima. La contingenza definisce la situazione dell’ente finito come quella
di chi può esistere e non esistere, poiché la sua esistenza non è implicita nella sua stessa
essenza. Ciò che è davvero, non può essere sottomesso alla temporalità, non può vivere
in modo da distinguere la propria esistenza tra passato e avvenire. Al contrario, gli esseri
finiti vivono in una continua fuga da un passato che non c’è più, verso un avvenire che non
c’è ancora, sono dunque costretti a porre se stessi mediando memoria e anticipazione.
La prospettiva di Kolakowski non riesce a prospettare alcuna alternativa pratica alla pura
occasionalità dell’esperienza, al soggettivismo estremo che ne consegue.
Una via d’uscita può essere rintracciata provando a mettere in campo una prospettiva in
cui la storicità e la contingenza non siano incompatibili con una peculiare forma di
oggettività, così da permettere di sfuggire alla deprimente conclusione della fattività
occasionale di ciò che accade.
PRIMA APORIA ( fondazione teologica del diritto ) → Affermare che il diritto vigente
rispecchi un’idea di giustizia in assoluto vuol dire in pratica parlare di un diritto “ divino”,
non più storico – sociale. L’esperienza storica ci insegna invece che ciascuna civiltà ha
avuto una propria idea di giustizia. Il tentativo di ancorare ad un valore incontestabile
l’ordine istituito è sempre stato presente a causa dell’esigenza umana di trovare un punto
fermo nella propria esistenza. Di fronte all’angoscia della “mancanza di senso” l’uomo ha
risposto, cercando sempre qualcosa che trascende il divenire e che si pone come
l’incondizionato a cui fare riferimento.
Nella società del passato la risposta a questo bisogno è stata trovata nell’idea di Dio,
origine dell’uomo e dell’universo e così è ancora nelle società teocratiche; ma è ormai
evidente l’insostenibilità di questa pretesa.
→ Il fondamento presuppone la possibilità di una deduzione logica da un punto di
partenza razionalmente raggiunto, mentre a Dio non si giunge per strategie razionalistiche,
ma attraverso la “rivelazione” ( la parola di Dio che si manifesta attraverso la fede ).
→ La natura del fondamento richiede che sia razionalmente attingibile, mentre la filosofia
ha ormai dimostrato che di Dio non si può dare una definizione perché comporterebbe una
riduzione del suo essere. Tutto quello che diciamo per definire Dio è infatti legato alla
nostra contingenza; gli attributi dati lo limiterebbero, gli conferirebbero finitezza e caducità.
→ Sarebbe paradossale parlare di Infinità e Eternità contenendole nei termini di spazio e
tempo propri del nostro linguaggio.
Critica. MacIntyre ha criticato la proposta di Kant sostenendo che non è possibile stabilire
se il tentativo del filosofo è riuscito oppure no. Kant stesso tenta di dimostrare che
massime del tipo: “dire sempre la verità”, “mantenere sempre le promesse”, “non
commettere suicidio”, passano il suo esame; mentre massime del tipo “mantieni le
promesse solo quando ti conviene” non riescono a passarlo. Ma in realtà, anche solo per
avvicinarsi a una parvenza di dimostrazione si tutto ciò, egli deve ricorrere ad argomenti
pessimi, il cui apice negativo è raggiunto con l’affermazione che un uomo che approvi la
massima: “uccidermi quando le prospettive di dolore superano quelle di felicità” è
incoerente, perché una simile approvazione “contraddice” un impulso alla vita insito in
ciascuno di noi. È come se qualcuno affermasse che un uomo che approvi la massima:
“portare sempre i capelli corti” è incoerente, perché una simile approvazione “contraddice”
un impulso alla crescita dei capelli insito in ciascuno di noi.
Fondamento del diritto Kantiano si risolve nell’affermazione che gli uomini sono eguali,
nel senso che hanno gli stessi diritti di libertà e quindi sono impegnati a rispettare la sfera
di libertà altrui. Questa base di partenza non permette però, di dedurre alcun precetto
concreto e si risolve in una forma vuota. Infatti l’unica conseguenza che se ne può trarre è
che gli uomini sono tenuti a decidere consensualmente le regole della collettività. Ciò che
Kant chiama in campo è la ragione procedurale, il principio che ogni norma deve essere
stabilita seguendo la proceduralità dell’accordo, secondo il confronto propedeutico al
raggiungimento del consenso.
HABERMAS →. La sua teoria si fonda sulla convinzione che sia possibile raggiungere il
consenso attraverso il rispetto di procedure di confronto. Il problema è che essa
presuppone già come valori indiscutibili le regole procedurali che sarebbero idonee a
portare consensualmente alla verità. Ma, soprattutto ,si basa sulla convinzione che sia
possibile raggiungere la verità ( il consenso su di essa ) perché si da per “scontata” una
struttura della ragione umana, mentre quest’idea del Soggetto razionale è il punto debole
dell’intera teoria.
Kant ( come Habermas ) non riesce a sfuggire alle aporie costitutive di ogni filosofia che
assume il soggetto come centro del processo conoscitivo. Ogni “filosofia del soggetto”,
infatti, mentre lo identifica come soggetto della rappresentazione, deve poi, per coglierne
la riflessività – l’autorappresentazione del sé – assumerlo come oggetto della stessa. La
conseguenza è un rinvio infinito che si risolve in un oscillazione fra il polo trascendentale e
quello empirico. Il circolo è inevitabile: il presupposto è anche il risultato.
I diritti umani sono sempre più proclamati solennemente e sempre più violati
clamorosamente, e ciò perché sono assunti, solamente, nella pura “forma” dell’astratto
universalismo giuridico.
La figura epocale dell’ ”uomo nudo” ( privo di tali diritti ) è rappresentata dai profughi e dai
rifugiati che, clandestinamente, approdano alle frontiere dei paesi ricchi. Nonostante i
proclami, questi individui sono privi di tutela e spesso vengono “espulsi” dopo brevi transiti
in campi di “accoglienza” che somigliano più che altro a dei lager in quanto, pur essendo
titolari di diritti, non hanno cittadinanza.
Modello liberale è il modello secondo cui “ gli individui liberi, indipendenti e razionali
esistono da prima della società”. Questi individui si uniscono attraverso un contratto
sociale e costituiscono le istituzioni. Questa affermazione è inconsistente dal punto di vista
teorico, perché non si può immaginare che gli individui si organizzano in società e ancora
prima di essere società siano degli individui perfetti, razionali, in grado di valutare il bene e
il male, il giusto e l’ingiusto. → Quindi non è possibile dedurre dalla natura o dalla ragione
nessun principio normativo
→ Non è possibile dedurre nessun principio dalla natura giacché oggi è evidente che non
sappiamo definire cosa si intende per natura. I diritti umani si risolvono in un dominio
assoluto sull’umano da parte del non umano, della tecnica, della biologia molecolare ecc..
→ I diritti umani sono in realtà procedure; sono diritti soggettivi e non “diritto oggettivo”. I
diritti soggettivi sono procedure perché originano dall’unico divieto della Modernità: il
divieto di interferire nella sfera degli altri senza il consenso dell’interessato e vincolano alla
negoziazione.
Origine→ Il metodo nasce quando viene messo in dubbio l’accesso ad una verità
incontrovertibile, eterna ed immutabile. In questo senso si pone il problema di garantire ad
alcune proposizioni il privilegio di essere prossime alle verità. → Ciò comportava il
dissolvimento degli strumenti con cui l’uomo fino ad allora si era garantito ( divinità,
ragione ).
Scopo →Il metodo è finalizzato a liberare la modernità dalla tradizione. Il suo obiettivo è la
verità e per questo di deve sempre pensare come universale, come il metodo dei metodi,
come immune da qualsiasi condizionamento.
Il diritto moderno si considera valido qualora sia indifferente ai contenuti. Il diritto per
evitare di essere influenzato dalla politica, dalla religione, deve necessariamente
neutralizzare i suoi contenuti.
Nella modernità i vincoli e i legami della tradizione e della trascendenza, sono sostituiti
nella modernità con i valori del razionalismo, individualismo e utilitarismo.
Prima l’individuo era inteso come membro di un gruppo e l’appartenenza alla comunità era
“naturale” e non frutto di una sua libera scelta. Vigevano precise gerarchie, status giuridico
sociali che determinavano fin dalla nascita la vita dei componenti del gruppo. Quindi la
legge non considerava tutti eguali e riconosceva diritti e doveri diversi.
Oggi il soggetto si auto – pone e si garantisce la sua indipendenza da ogni appartenenza
comunitaria, è inteso come astratto, con una serie di caratteristiche riscontrabili in ogni
uomo e ciò permette di affermare l’uguaglianza di tutti gli individui. La legge moderne
tratta tutti allo stesso modo perché astrae dalle materiali condizioni in cui viviamo i soggetti
del diritto.
L’ individuo moderno non ha legami naturali ma li instaura con gli altri soltanto seguendo la
sua volontà. La relazione è instaurata per VIA GIURIDICA e non naturale. Il diritto quindi
nell’epoca moderna acquista un’importanza fondamentale, infatti, non esistendo infatti
vincoli naturali, tutti i rapporti sono rapporti giuridici.
.
→ L’Utilitarismo. L’uomo della modernità è spinto nell’agire da una sola ratio: la
soddisfazione dei propri desideri e ciò lo porta ad agire calcolando razionalmente l’utilità
delle proprie azioni al fine del raggiungimento del proprio appagamento. L’idea che l’uomo
non abbia alcun vincolo naturale fa sì che ciò che accomuni gli uomini sia la stessa natura
egoistica e utilitaristica.
Come l’uomo ( che tramite questa sua considerazione “individualistica” spezza i legami
con la trascendenza e la tradizione ) , anche il diritto si emancipa dal fondamento divino o
dal valore di giustizia.
Attraverso codesta liberazione / emancipazione la modernità ha rimosso il vero
fondamento del diritto ( la società ) e occultato la sua funzione ( ordinare la società e
determinare il giusto ).
La rimozione della dimensione costitutivamente sociale dell’individuo non comporta
anche la rimozione della libertà del soggetto. Nell’ordinamento giuridico moderno, ognuno
può realmente acquistare un bene, venderlo, è cioè realmente libero. Tale rimozione:
→ esalta una libertà, quella “individuale” di contrarre, la libertà di agire nel mercato.
→ ne occulta un’altra, quella “sociale” di interrogarsi sul senso e di darsi un senso.
→ Sfera privata. Gli uomini perseguono la soddisfazione dei propri interessi operando nel
campo dell’economia, il luogo in cui si esplica la libertà privata. Quindi la sfera privata si
identifica con quella dell’economia. Solo l’astrazione dal vincolo sociale permette di
considerare l’economia come sfera separata infatti, se ci fosse “comunità” il compito
dell’economia sarebbe quello di soddisfare i bisogni dei propri membri e l’economia non
sarebbe autonoma ma “comunitaria”
→ Sfera pubblica. È lo spazio in cui si dibatte di ciò che a tutti interessa e si identifica
quindi con la politica. Nella società moderna alla politica si attribuisce un ruolo limitato
infatti, dovrebbe riguardare semplicemente l’organizzazione delle relazioni che permette il
libero dispiegamento dei diversi interessi privati in lotta sul terreno dell’economia.
La separazione tra pubblico e privato ha una sua logica molto forte → solo teorizzando la
possibilità di soddisfare i propri bisogni scontrandosi sul piano economico e privato, si può
evitare che gli individui, assunti come mossi solo dal proprio egoismo, si lancino in un
conflitto di tutti contro tutti.
→ Per consentire il rispetto del principio base della modernità e impedire l’interferenza
nella sfera altrui è necessario attuare il potere coercitivo contro chiunque disturbi o
interferisca, potere che spetta allo Stato come unico e legittimo detentore della forza che
rende effettive le sanzioni contro la violazione del divieto.
La conseguenza di questo divieto è dunque che se si vuole ottenere il godimento della
cosa altrui occorre stipulare un contratto.
Bobbio. Afferma che il tratto più caratteristico della società moderna è il fatto che vi si è
realizzato il governo della legge al posto del governo degli uomini. L’esercizio di ogni
potere non è + un potere personale, non riflette una posizione di un uomo rispetto a un
altro uomo, ma è fondato sulla legge, è autorizzato dalla legge, è legittimato dalle legge.
Kelsen. Afferma che proprio il primato della legge ha posto fine al circolo della vendetta
privata. In particolare Kelsen afferma che il diritto è forza LEGALE adoperata per impedire
l’uso privato (illegale) della forza.
Nella concezione di Kelsen il diritto non è vincolato ad alcun valore, ma rappresenta uno
strumento quasi prefetto di controllo sociale, fondato su meccanismi formali e automatici e
non sulla coazione personale.
Distaccandosi sia da Kelsen che da Schmitt, Luhman offre la soluzione migliore alle aporie
della modernità: la teoria sistemica.
Nell’epoca della modernità, nessun apriori può essere mantenuto, nessuna norma
trascendente può essere posta a garanzia del conflitto sociale.
Viviamo in un’epoca in cui tutto il diritto è diventato legge, posta da un organo competente,
staccandosi totalmente da qualsiasi vincolo naturalistico.
Anche il fondamento della democrazia muta; questa non è più procedura decisionale ,ma
semplicemente tecnica di controllo dell’autorità politica.
Luhmann elabora la teoria sistemica compiendo le mosse strategiche che Kelsen non ha
compiuto: ha posto tra la sfera della normatività e il mondo complesso, il sistema. Il
rapporto individuo/stato si risolve nel rapporto tra sistema/ambiente esterno.
La ratio del sistema non è più trascendente, ma è incorporata nello stesso e il senso
diventa “meccanismo di selezione” interno al sistema medesimo.
Il vantaggio del sistema è la sua capacità di durare.
→ Non esistono per il sistema nessi causali oggettivi, giacchè è il sistema stesso che
sceglie i criteri per risolvere i propri problemi interni. Il sistema è una trama di istituzioni
che selezionano le possibilità indeterminate dell’ambiente e le trasformano in alternative e
strategie compatibili con gli obiettivi della stabilizzazione e della conservazione.
→ Il sistema riduce la contingenza, ma allo stesso tempo la conserva perché il
meccanismo selettivo permette sempre un’alternativa, una scelta →
Una democrazia, in senso moderno, è definibile come la forma di costituzione in cui alla
produzione delle norme presiedono i cittadini che sono ad esse soggetti, tramite l'elezione
di propri rappresentanti
Kelsen intende la democrazia come sintesi di uguaglianza e libertà: dalla nozione che tutti,
grosso modo, sono uguali deriva la nozione secondo la quale nessuno deve comandare su un
altro; l'esperienza però mostra che per essere tutti definitivamente uguali bisogna che ci sia un
potere che regolamenti in modo obbligatorio le relazioni degli uomini tra loro.
dal momento che tutti devono essere liberi nella maggior misura possibile, tutti devono
partecipare alla formazione della volontà dello Stato” e quindi in misura uguale. Carattere
tipico della democrazia è allora che quelli che sono soggetti al comando, siano gli stessi che
comandano. la democrazia è quella forma di Stato o società in cui la volontà generale e l'ordine
sociale sono garantiti da chi è sottoposto a tale ordine, cioè dal popolo; qui si realizza l'identità
tra governanti e governati
La libertà nella democrazia non consiste solo nella salvaguardia di una sfera di autonomia
dell'individuo dall'ingerenza dello Stato, come volevano invece i teorici liberali, ma nella
partecipazione dell'individuo al potere dello Stato. Sotto questo profilo, l'individuo
interviene nella creazione delle regole del diritto, soprattutto tramite la mediazione dei
partiti;
lo Stato però presuppone che possa esserci discordanza fra l'ordine sociale e la volontà dei
sottoposti ad esso e così rinuncia ad una unanimità di fatto inattuabile a favore di decisioni
prese dalla maggioranza, proteggendo però le minoranze grazie alla garanzia costituzionale
dei diritti o libertà fondamentali degli individui. Nei grandi Stati moderni si pone allora la
necessità della rappresentanza: sotto questo profilo, il parlamentarismo è la più
importante limitazione all'idea di libertà e, dunque, di democrazia;
Il popolo deve quindi limitarsi a creare e controllare l'organo della formazione della
volontà statale, cioè la classe governante. La democrazia è propriamente una forma, un
metodo di creazione dell'ordine sociale.
Il nostro autore sostiene la tesi del relativismo etico ; un relativismo che garantisce un buon
funzionamento della democrazia, proprio perché essa stessa poggia sull’idea che non ci sia
una verità ultima a cui tutti debbano sottostare senza poterla discutere: se infatti si avesse
una “morale assoluta”, allora crollerebbero le condizioni di sviluppo della democrazia.
Kelsen si sofferma su quelle “morali relative” che accettano la loro reciproca differenza. È
caratteristica tipica della democrazia dunque il rispettare e rendere possibile la
manifestazione delle opinioni altrui, cosicchè il governo diventa la risultante di una libera
competizione tra idee per ottenere il consenso. La teoria di Kelsen dà così luogo ad una
concezione procedurale della democrazia, in cui assume funzione predominante la
procedura del dibattito.
Entrambe queste coppie sono relative e dal punto di vista del sistema sociale
complessivo, l’ambiente è il “mondo come problema”. Proprio per rispondere a tale
complessità, il sistema sociale crea dei sotto – insiemi. Dal punto di vista di ciascun sotto –
sistema, costituisce “ambiente” tutto ciò che ad esso è estraneo. Ciascun sotto – sistema,
inoltre, per rispondere alla complessità del suo ambiente può, a sua volta, differenziarsi in
ulteriori sotto –sistemi.
Esito. Tramite l’artificialità del sistema, la teoria sistemica di Luhman pone fuori
dall’orizzonte sistemico le aporie e le contraddizioni dell’eguaglianza e della democrazie,
le contraddizioni del moderno.
La tesi di Barcellona consiste nel ritenere che siccome tutto sembra astrattamente
permesso a tutti, allora non c’è più margine per una determinazione dello statuto
dell’individuo. L’individualismo di massa contemporaneo viene letto da Barcellona come
una conseguenza diretta dell’individualismo liberale che ha inteso e promosso la libertà
come un ideale inerente ad ogni individuo. Non riuscendo più a porre un discrimine per
l’identificazione degli individui , si diventa paradossalmente tutti eguali e l’unica vera libertà
concessa è la pura libertà d’acquisto, di consumo.
La teoria dei sistemi considera la diversità dei punti di vista e di osservatori come
essenzialmente irriducibile; non si dà perciò un punto di osservazione onnicomprensivo ed
esterno, in grado si superare la parzialità dei punti di vista. I punti di vista sono irriducibili.
Sempre secondo Gehlen il progressivo indebolimento del contatto diretto fra l’individuo e il
mondo naturale ( a sé ostile per la mancanza di ciò di cui abbiamo parlato prima ), è un
significativo risultato del progresso scientifico e tecnico.
Nel pensiero di Hobbes, l’illimitato desiderio del possesso spinge l’uomo nel mezzo di una
conflittualità permanente. Per questo l’autore propone di costruire l’ordine come il risultato
di una decisione, che toglie l’uomo dalla sua condizione naturale e lo inserisce in un ordine
artificiale fondato sulla decisione sovrana del Leviatano.
Per la prima volta nella storia si pensa che la propria attività lavorativa possa costituire
l’oggetto di contratto di scambio. Il lavoro diventa oggetto di un diritto.
→ Sono tre le idee decisive per descrivere il cambiamento dell’attuale ordine sistemico:
La regola di libertà è produttiva di una reificazione dell’uomo che gli consente di cedere
come “cosa”, attraverso il contratto, le proprie energie, le proprie capacità, senza
formalmente alienare se stesso come uomo. Non è altro che l’esito di un processo di
emancipazione e liberazione dell’uomo, che diviene “proprietario” di se stesso.
→ Il diritto cambia natura, non attribuisce diritti, ma riconosce libertà. Kelsen ha formulato
la nozione di imperativo ipotetico cioè una contraddizione, un comando che non comanda.
La logica giuridica intesa in questi termini è già una logica ambigua, poiché afferma a
parole il primato dell’ordine giuridico come ordine astratto, ma poi lo nega nei fatti perché
dà verità esclusivamente a ciò che viene realizzato nella prassi.
→La “mediazione prismatica” è una mediazione allo stesso tempo totalizzante ( perché
tutte le immagini sono riflesse e nessun angolo può sfuggire alla “rapacità” del prisma ) e
frantumata, giacchè nessun punto è in grado di “rappresentare” l’unità dell’oggetto –
soggetto.
→ Il prisma è il nuovo organizzatore della monadicità (monade = ciò che è indivisibile,
semplice ) individuale e, allo stesso tempo, la sua dissoluzione nella fuga delle immagini
non comunicanti.
→ Tramite la mediazione prismatica, ciascuno è interlocutore di se stesso tramite la
“macchina pensante”, che rende disponibile “apparentemente” il mondo esterno in modo
conforme alle proprie esigenze.
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