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Antonio Puleggio

Fausto Levi Martini

Glocal Book
Glocal University Network
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pag. 2

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Prima Edizione, Novembre 2011
Copertina:
The Freakshow
Dejo
pag. 3

Editoriale
Da anni parliamo della comunicazione e di una societ costruita attorno alla comunicazione.

In pochi vivono dentro la comunicazione.


Vivere dentro la comunicazione significa pensare per connessioni, imparare dai problemi,
sviluppare e formalizzare il pensiero. Vivere nella comunicazione significa avere un
progetto didascalico.
Nel corso degli ultimi anni lo sviluppo dellinformatica e della telematica ha aperto una
nuova dimensione alla comunicazione visiva e alla fruizione dei testi: quella dellinterazione
cibernetica mediata da oggetti grafici.
Tutto cambia: cambiano gli artifici visivi, la interazione relazionale; cambiano i tempi, gli
spazi, i processi di significazione, la partecipazione, le sensazioni, le riflessioni; cambia la
politica, leconomia, la progettazione, la programmazione, i linguaggi; cambiano gli stimoli
percettivi, in dispositivi semiotici, gli oggetti duso; cambia infine la scrittura in un lessico
fatto prevalentemente di interfacce grafiche, iconiche, da quando cursori e pulsanti hanno
sostituito penne e calamai popolando ormai il nostro spazio operativo di nuove funzioni
Touch Screen. Ormai siamo definitivamente nella comunicazione, dentro la florida e
incessante dinamica della ipermedialit.
Ma non cambiamo noi. Cambiano molto pi lentamente le nostre capacit cognitive e
culturali. Apprendiamo con le vecchie metodologie, le scuole e le universit continuano ad
ignorare i processi di apprendimento nuovi della societ della comunicazione. Tra la vita
scolastica istituzionale, pubblica e privata, e i processi di apprendimento della societ della
comunicazione c un vuoto in cui crollano quasi tutte le professioni.
Il Glocal University Network ha la grande ambizione di coprire quel vuoto, di entrare
nella comunicazione globale con una serie di strutture universitarie locali, organizzate in
sintonia con la multimedialit della nuova didattica
Liliana Montereale
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Profilo Biografico
Psicologo, psicoterapeuta, mediatore familiare
Dirigente sanitario presso la ASL 6 di Livorno
Professore a contratto Universit di Pisa
Membro ordinario della Societ Italiana di Psicoterapia
Relazionale
Membro ordinario della Societ Italiana di Psicoterapia
e Psicologia Relazionale

Antonio Puleggio

Didatta dellIstituto di Psicoterapia Relazionale di Pisa

Didatta e responsabile della ricerca scientifica dellAssociazione Italiana Ricerca


Psicosomatica e Counseling,
Membro del settore Psicologia della A.I.A.U. Associazione Internazionale Aiuti
Umanitari
Responsabile esecutivo del periodico scientifico Pyxis

Ultime Pubblicazioni
*

Puleggio A., Reviews a Aldo Marroni Lenigma dellimpuro. La sfida

dellestetico nella societ, nella sessualit e nellarte, Carocci, Roma, 2007; in:
Anglistica Pisana, VI, , ETS, Pisa, 2009, pp.221-224.
*

Puleggio A., Lapproccio sistemico nella formazione del counseling, in:

Mengheri M. (a c.d.), Formazione alla relazione daiuto. Il counseling ad approccio


integrato, Angeli, Milano, 2010, pp. 151-164.
*

Puleggio A., Bacherini A.M., Valentini C., Follow up su 109 casi di adozione

internazionale, in Soffia S, rivista A.I.A.U., aut. Trib. Firenze n5046 del 2/4/2001,
n.19 giugno 2011, pp. 5-23.
*

Puleggio A., atti del convegno AIAU Adozione e pregiudizio biologico,

Firenze 1 ottobre 2011, Follow up su 109 casi di adozione internazionale, in Soffia


S, rivista A.I.A.U., aut. Trib. Firenze n5046 del 2/4/2001, n.20 dicembre 2011, pp.
5-17.
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Giovani e Stili di Vita


I nostri giovani:
ancora protagonisti del loro futuro?
Stili di vita, comunicazione, valori, disagio:
riflessioni su un modello teorico di analisi di una
specifica realt giovanile
di Fausto Levi Martini e Antonio Puleggio

La natura della nostra societ, il mutamento continuo, la transizione che


attraversano, oggi, concezioni culturali ed organizzazioni del mondo della
scuola e lavorativo, la crisi dei sottosistemi istituzionali che compongono il
quadro sociale generale, limmissione di nuove tecnologie che modificano
il rapporto tempo/spazio quotidiano, tutto concorre a rendere pi difficile
lafferrare un fondamento stabile nella concezione del nostro tempo
sociale.
A noi sembra che il quadro culturale che identifica la figura delluomo
(e del giovane in particolare) cambi pi celermente rispetto alle nostre
modalit sociali, quasi si trattasse di unevoluzione positiva della quale
non possediamo ancora le nuove categorie, mentre le vecchie man mano
ci vanno sfuggendo. In questo senso ci sembra che il problema vada
riproposto capovolgendone il metodo tornando prima di sviluppare
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analisi che tentino valori globali o, comunque, pi ampi al tessuto sociale,


alle sue interazioni, ai significati di s (e quindi del proprio tempo/spazio
sia individuale che collettivo).
Questa ricerca ci consente non soltanto di offrire una serie di rilevamenti
su diverse e motivate concezioni del tempo sociale, ma, soprattutto,
di misurare come esse siano in stretta correlazione produttiva con i
livelli di dinamismo sociale (modalit di accesso alle risorse, modalit
comportamentali, stili e modalit di consumo delle sostanze, ecc), di
solitudine (percezione del s) e di prospettive (per il futuro o per un non
futuro ?).
Tentiamo di dare una risposta.
La crisi delle principali agenzie di socializzazione porta, come conseguenza,
alla crescente importanza del senso di appartenenza acquisito tramite
lesperienza di vita gruppale. Durante il loro tempo di libert, come
risulta dai dati della ricerca, i ragazzi preferiscono ritrovarsi con amici e
amiche, rifuggendo dalle influenze familiari e scolastiche. Nellambito
di tali contatti si vengono a formare spesso convinzioni e atteggiamenti
autonomi rispetto alla scuola e alla famiglia.
I vuoti di socializzazione non portano per solo a conseguenze positive,
quale appunto lelaborazione di una cultura autonoma, ma comportano
anche il rischio che gruppi di giovani non avendo altra alternativa, si
indirizzino verso una anti-socialit aggressiva o verso un consumismo
sfrenato. Questo rischio viene ad essere pi reale che mai, proprio durante
il tempo libero, quando il ragazzo, assolti i suoi compiti scolastici o familiari
si trova di fronte ad un tempo che lideologia dominante definisce sempre
come divertimento, ma soprattutto come consumo. Sebbene il bisogno
del tempo libero nasca dallalienazione del tempo dovuto, cui sono
sottoposti individui che vivono in determinati contesti sociali, lo stesso
bisogno altres un tipico fatto culturale. Ideologicamente tale necessit
pu insorgere solo quando siano stati attivati i meccanismi ed i potenziali
di motivazioni alla crescita psichica, per un precedente loro impiego in
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attivit che emergono dallinterazione sociale (Paolicchi P., Esperienza


del tempo e realt sociale, E.T.S., Pisa, 1976).
Dire che i giovani sono i protagonisti in quanto speranza del futuro e
che gli anziani sono gli esclusi perch prossimi al tramonto delle loro
illusioni (Burgalassi S., Uno spiraglio sul futuro, Pisa, 1980) dire al tempo
stesso una cosa vera ed una cosa falsa: entrambi sembrano accomunati,
nella sostanza, da un destino loro imposto che si produce altrove, a loro
insaputa e senza la loro partecipazione.
Il rapporto dei giovani col tempo , come gi detto, caratterizzato
dalla destrutturazione e, quindi, dallelevato grado di dissociazione tra
tempo sociale e tempo individuale. Questo fa s che venga a mancare
linvestimento del tempo della propria esistenza in un progetto di vita da
raggiungere in futuro. In questo caso il futuro non pi rappresentato
da una successione di eventi, ma piuttosto da un orizzonte temporale,
la cui caratteristica principale che non possiamo mai raggiungerlo, ma
nonostante ci esso contribuisce a definire la situazione.
Questi ultimi decenni, con i vistosi fenomeni di cambiamento sociale
ormai avvertiti a livello mondiale, hanno trasformato la gamma delle
aspettative, dei bisogni e dei valori.
Ma ci che maggiormente colpisce losservatore che riflette sulla realt
concreta dei giovani il senso di insoddisfazione del loro status e di
preoccupazione del loro futuro costruito da altri, come se non fossero in
grado di guidare la loro esistenza, come se la loro vita dipendesse da
meccanismi pi grossi e poco comprensibili. Inchiodati alla quotidianit,
sono costretti a riflettere sul senso e sul significato da dare alla vita - anche
in base allesperienza di generazioni che essi non riconoscono pi per
tentare, poi, di dare speranza anche al futuro.
A questo punto, a corollario di quanto finora stato detto, ci sembra
opportuno sottolineare quanto le dinamiche di gruppo influiscano
sullorganizzazione del proprio tempo e sulle scelte quotidiane. La
letteratura psicosociale ci viene incontro fornendoci il grande contributo
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di Kurt Lewin sullanalisi del fenomeno gruppale.


Il gruppo qualcosa di pi o, per meglio dire, qualcosa di diverso dalla
somma dei suoi membri: ha struttura propria, fini peculiari, e relazioni
particolari con gli altri gruppi. Quel che ne costituisce lessenza non la
somiglianza o dissomiglianza riscontrabile tra I suoi membri, bens la loro
interdipendenza.
Esso pu definirsi come una totalit dinamica. Ci significa che un
cambiamento di stato di una sua parte o frazione qualsiasi interessa lo
stato di tutte le altre. Il grado di interdipendenza delle frazioni del gruppo
varia da una massa indefinita ad ununit compatta. Dipende, tra gli altri
fattori, dallampiezza dellorganizzazione e dalla coesione del gruppo
particolare con gli altri gruppi. Quel che ne costituisce lessenza non la
somiglianza o dissomiglianza riscontrabile tra i suoi membri, bens la loro
interdipendenza.
Esso pu definirsi come una totalit dinamica.
Ci significa che un cambiamento di stato di una sua parte o frazione
qualsiasi interessa lo stato di tutte le altre. Il grado di interdipendenza delle
frazioni del gruppo varia da una massa indefinita a una unit compatta.
Dipende, tra gli altri fattori, dallampiezza, dallorganizzazione e dalla
coesione del gruppo. (Lewin K., Field Theory in Social Science, New York,
1951).
Il gruppo dunque per Lewin una totalit dinamica che risulta nascere
dal sistema di interrelazioni presenti tra gli individui che il sistema gruppo
compongono.
Tale interrelazione, e maggiormente lintensit di questa, la discriminante
che ci permette di parlare di gruppi o di semplici accolite di persone. Esso
costituisce un sistema dinamico che si viene organizzando attraverso
interrelazioni suscettibili di produrre nel gruppo un cambiamento.
Ci che importa sottolineare che laccento posto non tanto sullindividuo
che fa parte del gruppo, ma sulla rete di relazioni esistenti fra gli individui.
Il gruppo si struttura allinterno di un campo. Lewin supponeva che le
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attivit psicologiche di una persona si verificassero in una sorta di campo


psicologico o spazio vitale che andava differenziandosi e arricchendosi
con il crescere delle esperienze dellindividuo.
Di questo spazio fanno parte tutti gli eventi passati, presenti e futuri,
capaci di influire su quella specifica persona e capaci di determinarne il
comportamento nelle varie occasioni.
Lewin postul uno stato di equilibrio fra la persona e lambiente.
Quando lequilibrio turbato, si sviluppa una tensione (motivazione o
bisogno come la chiama lo stesso Lewin) che porta ad uno spostamento
o locomozione mirante a ristabilire lequilibrio.
Ora, come lindividuo e lambiente formano un campo psicologico, il
gruppo e il suo ambiente formano un campo sociale.
Le leggi del campo non dipendono dalle caratteristiche dei singoli
elementi, bens dal movimento del campo globalmente considerato, sono
leggi riguardanti dunque una totalit.
Tale totalit dinamica dotata di autorego1azione al fine del mantenimento
di un equilibrio necessario al sistema per sopravvivere, evitando quindi la
disgregazione.
Il concetto di equilibrio di cui Lewin parla non deve far pensare ad una
visione statica del gruppo: una sorta di punto ottimale necessario per il
mantenimento del gruppo stesso.
Tale equilibrio garantito da un sistema di autoregolazione costante e si
centra sul problema della coesione.
Essa non dipende da esclusivi fenomeni di attrazione ma sopratutto da
ci che il gruppo per lindividuo, sia sul piano emotivo (sentimento
di appartenenza) sia sul piano funzionale (valore di ci che si acquista
appartenendo al gruppo).
Linsieme di questo nostro modello teoretico (che si avvale
consistentemente del contributo degli importanti autori sopra citati) va
comunque considerato oggetto di riflessione, pur se lanalisi a freddo
della realt dei giovani evidenzia qua e l particolarit che sfuggono, ed in
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parte contraddicono, limpostazione teorica del quadro generale. Inoltre,


occorre non dimenticare che anche la realt locale subisce i processi
sociali ed economici pi generali di cui, non sempre, siamo in grado di
individuare e modificare orientamenti e conseguenze.
Linsicurezza generale e collettiva derivante dallo scambio tra aspettative
e realt sembra colpire le esistenze di tutti.
Compito del ricercatore quello di individuare dove si collocano i
meccanismi di insorgenza di tale insicurezza e di proporre, possibilmente,
linee politiche alternative.
Questa ricerca, nella sua globalit, sembra tendere fondamentalmente a
raggiungere almeno due obiettivi:
1) la conoscenza precisa delle modalit con cui, in concreto ed oggi, a
Livorno si vive la condizione di essere giovane;
2) la capacit che i giovani livornesi hanno di riuscire, in qualche modo,
ad intervenire sui livelli e sulle qualit (prossime e remote) del loro vivere
quotidiano, cio di essere (o non essere) i veri protagonisti del loro futuro.
Tali riflessioni hanno spinto alla realizzazione di questa ricerca sul campo;
ricerca che mette in evidenza alcuni aspetti caratteristici della vita dei
soggetti pi giovani che vivono nel nostro territorio, concentrandosi
su una fascia temporale centrale del campione analizzato: fascia che si
colloca nel range di et compreso tra i 20 e i 24 anni. Gi dalla lettura
di questo primo dato si estraggono alcune informazioni, utili per trarre
considerazioni significative: ovvero che prima dei 20 anni non si rilevano
risposte strutturate allutilizzo di sostanze o alla manifestazione di
comportamenti a rischio; mentre dopo i 24 anni ipotizzabile laffermarsi
di organizzazioni di comportamento legate ad abitudini devianti.
Rispetto alla fascia centrale a cui facevamo riferimento invece, si possono
individuare alcune aree critiche: in particolare si evidenziano due canali
di rischio che caratterizzano le abitudini comportamentali dominanti di
questa fascia evolutiva:
1) il rischio legato ai comportamenti di abuso connessi ad avvelenamento
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da sostanze da taglio, effetti neurologici e psicogeni irreversibili correlati,


comportamenti lesivi (etero o auto diretti) indotti da stato di coscienza
alterata;
2) il rischio che una parte dei soggetti appartenenti al campione
centrale divenga nel tempo uno stabile e abitudinario assuntore
(dalla poliassunzione alla sostanza specifica ipotizzabile un salto
eziopatogenetico che porta alla condizione di tossicodipendenza): sia per
linsorgenza di effetti di rinforzo legati al piacere dato dalla sostanza sia
che, dopo un periodo finestra, in occasione di eventi stressanti o critici
del ciclo vitale, riemerga un antico apprendimento (perlopi legato al
rinforzo negativo) e la sostanza (quelle/a elettiva/e per il soggetto) venga
riutilizzata come nuovo veicolo di apprendimento, su nuovi contesti,
assumendo un ruolo diverso rispetto al passato (anche sempre finalizzato
allottenimento di una condizione generica di piacere).
Ovviamente, dato che non esistono ricerche longitudinali pregresse sul
campione, non sappiamo se i consumatori (anche occasionali) di oggi
potranno essere i tossicodipendenti di domani, e quindi come incide,
nel profilo della personalit individuale, lattuale cultura collettiva dello
sballo.
In ogni caso losservazione, la descrizione e linterpretazione di questi
fenomeni giovanili, passano attraverso una tipizzazione dei comportamenti
su criteri evolutivi: pensiamo ad esempio al contesto luogo, ovvero
le situazioni stimolo e le marche di contesto che caratterizzano certe
situazioni abituali, e al contesto gruppo, ovvero la rete di relazioni
percepite ed interiorizzate che si legano ai comportamenti abitudinari
(da cui far discendere la formazione e sua interiorizzazione del cosiddetto
abito, ovvero concatenazioni di situazioni-stimolo rappresentate ed
interiorizzate, rinforzate successivamente dal gruppo (effetto del bisogno
conformistico) ed alle sensazioni individuali percepite; il ruolo che la
sostanza assume nel tempo, e che legato agli stigmi e alle mode dellepoca
generazionale; al bisogno di conformismo/appartenenza al gruppo, oltre
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che ai bisogni individuali; nonch levoluzione e trasformazione dei bisogni


dellindividuo (ed il livello di consapevolezza): cos ad esempio possiamo
ipotizzare una evoluzione della motivazione su bisogni che transitano
dalla sensation seeking (ricerca di sensazione, generalmente pi forte
in epoca giovanile) verso lutilizzo sempre pi frequente di dinamiche e
meccanismi-veicoli di fuga-evitamento (evoluzione che interessa anche
le modalit e i contesti di assunzione).
Tale lettura evolutiva dei bisogni mette in evidenza il passaggio da
bisogni legati alla ricerca di sensazioni (sensation seeking), a dinamiche
di fuga/evitamento, con un pi evidente riferimento ad organizzazioni di
personalit a matrici disadattive e/o patologiche.
In tal senso ricordiamo tre grandi categorie interpretative, tra quelle
evidenziate, che cercano di spiegare la natura motivazionale dei
comportamenti tipici e ricorrenti nei nostri giovani: la difensivit (mediata
dallalterazione dello stato di coscienza, indotta dalla ricerca dello sballo,
inteso come uscita dalle situazioni di disagio, stress, dolore o frustrazione);
il divertimento (la ricerca di sensazioni legate al rinforzo positivo, ovvero
il piacere in senso generale e/o personale, legato alla variazione della
situazione-stimolo); la socializzazione (elemento di facilitazione nel
rapporto col mondo, nel senso di appartenenza, capacit di performance,
percezione di identit).
Ma se dallanalisi dei comportamenti usuali e abituali (tra cui rischi e
consumi) emergono distinti profili tipici, questo dato pu aiutarci ad
affermare che il tossicomane possiede significative differenze, in termini
di organizzazione di personalit, rispetto al semplice occasionale (o
temporaneo) consumatore?
Domande come questa evocano la lannosa questione dellosservazione
dei fenomeni, della loro lettura ed interpretazione, e ci pone anche di
fronte alla necessit di operare una distinzione tra:
1
le descrizioni/osservazioni dei fenomeni effettuate dallinterno dei
servizi pubblici, rispetto ad altri contesti, tra cui quelli privati (unit mobili,
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etc)
2 leziologia dei fenomeni (poliassunzione, adattamento, motivazioni
nel tempo, risorse psico-ambientali)
Una considerazione a parte meritano le sostanze pi usate e ricorrenti,
come lMDMA e la cocaina, che oggi possono essere definite sostanze
transmodali nel senso che rappresentano il minimo comune multiplo del
fenomeno generazionale del consumo di sostanze psicoattive, inseribili
nellespressione pi generale della poliassunzione.
Cocaina e MDMA non sono percepite come sostanze tipiche del
tossicodipendente (come avviene per leroina), soprattutto perch non
si bucano (riferimento alla modalit), non inibiscono o deprimono il
tono dellumore (riferimento alleffetto socio- emarginante), non sono
associate alla stigmatizzazione culturale (riferimento al valore culturale,
collettivo), e non danno dipendenza fisica (riferimento allidea funzionale
delleffetto sullorganismo). In particolare questultima posizione ci ricorda
come, troppo frequentemente, si sottovalutino i fenomeni di dipendenza
psichica (cosa anche dovuta alla promozione del concetto di dipendenza
fisica voluto dalla medicina organicistica, dalla politica di riduzione del
danno, da un semplicismo culturale poco scientifico, etc).
Da un punto di vista sociologico o della psicologia di massa, possiamo
affermare che sempre pi il fenomeno dilagante della poliassunzione,
orientata e finalizzata globalmente alla ricerca dello sballo, finisce per essere
accettato e percepito come un fenomeno conformisticamente normale.
Queste condizioni sempre pi estese e diffuse, determinano per, sia a
livello individuale che collettivo, un consolidamento dellapprendimento
di uso e abuso. Vuol dire che un domani, nel corso della vita, del tempo, di
fronte ad eventi stressanti o critici, non sar difficile ricordare lesperienza
pregressa di leggerezza, piacevole e facilitante rispetto ai conflitti e ad i
contrasti delle situazioni di vita, e quindi riattivarla e agirla nuovamente,
anche se in nuovi contesti e nuove circostanze, con nuovi bisogni ed
esigenze, tutte per legate dal comune denominatore dellevitamento di
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ci che spiacevole o doloroso (e non stiamo parlando di grandi traumi,


ma di semplici piccole e quotidiane frustrazioni, come la noia o la routine
o i doveri sociali).
Abbiamo gi fatto notare che non vi sono ricerche longitudinali, per cui la
domanda che il ricercatore si pu porre, ovvero chi potr pi facilmente
cadere nel circuito della dipendenza sar solo lindividuo pi debole?
destinata, per il momento, a non avere risposta ma questa una delle
ragioni per cui stata realizzata questa ricerca sul campo.
Resta da chiedersi (soprattutto mettendosi dalla parte dei servizi pubblici
e delle istituzioni) quali interventi culturali e di prevenzione possibile
possiamo pensare di attuare oggi, rispetto al mondo dei pi giovani?
E come si pu armonizzare lintervento istituzionale con lesigenza di
consumi, le mode, gli stereotipi comportamentali e le influenze della
logica consumistica di mercato?
Riuscir il mondo adulto a superare le barriere di incomunicabilit che
sembrano separare sempre pi le generazioni tra loro?
Comunque sia sembra inevitabile non pensare alle gravi responsabilit che
investono oggi il mondo adulto, delle istituzioni e delleducazione. Cos
rivolgendosi al mondo adulto, questa ricerca cerca anche di offrire spunti
di riflessione utili per unosservazione, forse meno usuale, dei soggetti in
et di sviluppo, del loro mondo e su alcuni comportamenti caratteristici
emergenti, facendo implicitamente leva sul senso di responsabilit che
i pi grandi dovrebbero avere nelle scelte di vita e nei comportamenti
verso i pi giovani, con limplicita esortazione a utilizzare, attraverso
unetica dei valori e dei comportamenti, oggi messe duramente alla prova,
tutte le possibilit comunicazionali del nostro tempo, della tecnologia
e del progresso scientifico, senza dover sacrificare la relazione umana
e cadere nel pericoloso gioco anomico della solitudine psichica e degli
egoismi senza dignit.
Superando le stigmatizzazioni ed i pregiudizi che i comportamenti dei
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pi giovani evocano in noi adulti (e che da sempre connotano il mondo


adolescenziale), dobbiamo ricordare che questi, notoriamente hanno la
funzione di consolidare il senso di appartenenza e di identit tra i pari.
Andando oltre la percezione superficiale possiamo osservare una gamma
di fenomeni comportamentali che sempre pi spesso assumono le
dimensioni sintomatiche del disadattamento. Si tratta di sintomatologie
recidivanti che sempre pi frequentemente sfociano in fenomeni di
dipendenza comportamentali, e non infrequentemente si possono
associare a dismorfofobie e disturbi del comportamento alimentare.
Come dicevamo, si tratta di fenomeni di ben altra natura, rispetto alle
consuete ed eccentriche manifestazioni adolescenziali, espressione di
quella necessaria devianza che caratterizza la dinamica conflittuale e
trasgressiva dello scontro transgenerazionale del pi giovane rispetto
al mondo adulto. Espressioni massificate che oggi conquistano a buon
diritto il primato di nuove normalit; testimonianza di un disagio
psicologico che abbiamo gi avuto modo di definire sistemico, e che
investe pienamente la nostra cultura, le mode e i valori del nostro sistema
di vita.
Qui emerge laspetto forse pi macroscopico del fenomeno, dove la
devianza smette labito delleccezionalit e indossa quello della normalit:
la sofferenza ed il disagio psichico avranno sempre una dimensione
integrata organica, psichica e ambientale, ma la possibilit di essere
descritti, interpretati e curati, non appartiene ad una loro oggettiva
eziopatogenesi, ma alle possibilit descrittive sociali del periodo storico
e del contesto sociale in cui si manifesta, un dato che ci costringe a
compiere unanalisi forse impietosa, ma necessaria, della nostra cultura,
del nostro tempo e del nostro stile di vita, partendo dal dato territoriale,
dalla osservazione dei fenomeni che accadono qui, a casa nostra.
Sempre pi spesso anche i soggetti adulti, di fronte alle richieste
incomprensibili delle giovani generazioni, rispondono con disagio e
inadeguatezza, utilizzando modalit di stigmatizzazione ed evitamento.
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Ed significativo come il mondo adulto sembri arrendersi oggi, impotente,


di fronte alla distanza generazionale e alla difficolt di utilizzare relazioni
e linguaggi appropriati per interloquire con il giovane, utilizzando una
comunicazione che dovrebbe essere prima di tutto affettiva, e non legata
allutilizzo di beni materiali sostitutivi, che per troppo tempo hanno
funzionato come surrogati della mancanza di attenzione, di vicinanza e di
comprensione autentica.
Tratto da: Identit di sabbia (Puleggio A., Identit di sabbia, Franco Angeli,
Milano, 2008).

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REDAZIONE:
Coordinatore Scientifico: Liliana Montereale
Coordinatore di Redazione: Natalia Fiorini
Progetto Grafico ed Impaginazione: Valerio Nacci
Editor: M.D: Marina Dec
Segreteria di Redazione: Valentina Pagliaroli

SEGRETERIA:
Tel/Fax:

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E-Mail:

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