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PRINCIPI DEL PROCESSO MINORILE ALLA LUCE DEI DOCUMENTI

INTERNAZIONALI IN MATERIA
- Giovanni Cuccato -
Il processo penale minorile, e più in generale, il sistema giudiziario dei minori, comincia la sua
evoluzione negli anni ’70. tale evoluzione parte “dall’alto”: dal sistema internazionale. A portare un
contributo fondamentale, sono state le “Regole di Pechino” del 1985. queste “raccomandazioni”
hanno preceduto di 4 anni la futura “Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia”. L’obbiettivo delle
“Regole di Pechino”, era quello di predisporre gli ordinamenti dei singoli stati alla futura
convenzione dell’89. le “regole” sortirono il loro effetto: dopo 3 anni tutti gli stati europei erano in
grado di recepire nei loro ordinamenti la “convenzione”. In questo periodo c’è stato un uniformarsi
quasi totale dei sistemi penali minorili di quasi tutti gli stati europei (Inghilterra esclusa a causa del
sistema di common law) fino quasi a poterli interscambiare. Quasi tutti gli stati d’Europa, partendo
dalle “regole di Pechino” e dalla “Convenzione ONU”, hanno adottato una legge minorile organica;
non è stato così per l’Italia, il cui ordinamento minorile si basa ancora sul Regio Decreto del 1934.
Si è preferito intervenire sulle norme disciplinanti il processo a carico dell’autore di reato
minorenne, senza modificare in modo sostanziale l’ordinamento. Un altro neo del sistema italiano,
è quello di non prevedere, per i minori, pene ad hoc, infatti, per il soggetto minorenne, le pene
previste, sono le stesse che si infliggono agli adulti, tranne che per un’obbligatoria diminuzione
della pena di 1/3 e il divieto di infliggere l’ergastolo. Le “regole di Pechino” e la “Convenzione
ONU”, operano su di fondo quali: il diritto del minore a rimanere minore e come tale ad essere
trattato da minore (la “Convenzione” fissa la maggior’età a 18 anni, ai singoli Stati è lasciata la
soglia di imputabilità) anche quando egli è autore di reato. Si pone come obbiettivo il “supremo
interesse” del minore. Con la “Convenzione” si esclude che il sistema penale minorile possa
essere solo punitivo e retributivo (mentre per gli adulti l’art 27 della costituzione dice che la
rieducazione deve essere tendenziale, la rieducazione del minore deve essere obbligatoria). Si
stabilisce che il minore ha diritto di essere giudicato e assistito da un giudice a da personale
(avvocato, servizi sociali, polizia) specializzati, si impone al sistema penale una fuoriuscita del
minore in tempi brevi, anche attraverso strumenti, ispirati a una logica responsabilizzante ed
educativa, diversi dal sistema penale inteso come mero carcere, cercando, allo stesso tempo, di
allontanare la logica del mero perdono e della clemenza gratuita. Si deve prestare attenzione alla
libertà personale del minore, si deve cercare di evitare la galera, tutt’al più essa deve essere un
provvedimento temporaneo, optando per comunità familiari e dando la possibilità al minore, di
eseguire “lavori di pubblica utilità”. Le disposizioni generali sul processo a carico del minore, si
trovano nel DPR 448/88 e sono situate negli articoli da 1 a 15. L’art 1, ha al suo interno 2 principi
fondamentali: al primo comma si afferma che essendo quella del processo minorile, una disciplina
sussidiaria, per quanto non previsto dal DPR448/88, si deve riprendere il processo penale in
generale nelle sue disposizioni speciali (adattandole alla personalità del minore); al secondo
comma si dice che il giudice deve illustrare all’imputato minorenne il perché si trovi in un’aula di
tribunale, adducendo ragioni etiche oltre che giuridiche. L’art 2 afferma che nel procedimento a
carico di minori, devono figurare attori specializzati (dai giudici ai servizi sociali) e che anche il PM
deve essere specializzato nel ramo minorile (si deve spogliare della mentalità accusatoria).
Avviamoci ora ad analizzare il procedimento minorile, distinguendo subito tra procedimento (fase
iniziale) e processo (fase avanzata). Il procedimento prende l’avvio con una denuncia di reato alla
polizia giudiziaria (carabinieri, polizia municipale e non, guardia di finanza, ecc) che
successivamente viene presentata al PM minorile. La denuncia, può anche essere presentata da
un privato cittadino. Il PM, ricevuta la denuncia, la valuta e, se fondata, iscrive il denunciato nel
registro degli indagati (il minore diventa indagato). Viene emesso l’avviso di garanzia, in modo che
il minore possa difendersi da subito. Iniziano le indagini preliminari svolte dal PM e dalla polizia
giudiziaria, per verificare l’effettiva responsabilità del minore. Chi valuta le indagini preliminari è il
GIP (giudice per le indagini preliminari), questo è un giudice monocratico e togato (di carriera), che
già in questa fase delle indagini, su richiesta del PM, il giudizio di non luogo a procedere. Inoltre,
sempre su richiesta del PM, ha la possibilità di applicare delle misure cautelari. Il GIP può
concedere anche l’incidente probatorio, cioè può permettere di assumere prove prima che si arrivi
al processo (ad esempio una perizia psichiatrica o aucsologica, la raccolta di una particolare
testimonianza –raccolta dal giudice che può farsi assistere da un esperto- che viene registrata). Se
il PM chiede il rinvio a giudizio, e il GIO valuta positivamente la richiesta, si ha l’inizio del processo
penale, se al contrario valuta negativamente la richiesta, si ha l’istanza di archiviazione. Altra
soluzione può essere il non luogo a procedere, disciplinato dall’ art 26 (in ogni fase del
procedimento, quando il minore ha meno di 14 anni, si può chiedere il non luogo a procedere) e 27
(il PM chiede il non luogo a procedere per irrilevanza del fatto) del DPR 448/88. chiesto il rinvio a
giudizio, si ha l’udienza preliminare, di fronte al GUP (giudice per l’udienza preliminare) che è un
giudice collegiale, composto da un giudice togato e due giudici onorari. Chi svolge il ruolo di GIP,
non può fare anche il GUP (il GUP non deve avere pregiudizi nei confronti dell’imputato). Il compito
del GUP è quello di valutare se sussistono o meno le condizioni per procedere. Mentre per gli
adulti questa è una semplice “udienza filtro”, per il processo minorile l’udienza preliminare è di
centrale importanza: il 90% dei casi di processo minorile si chiude conclude con questa udienza,
questo in virtù delle “Regole di Pechino” per una rapida fuoriuscita del minore. Se si arriva al
dibattimento, il tribunale per i minori ha composizione piena: 2 giudici togati e 2 giudici onorari.
Oltre alle classiche fasi del processo, si hanno anche procedimenti speciali, atti a deflazionare al
processo penale. I più comuni sono: il giudizio per direttissima, il rito abbreviato (applicabile anche
al minore, questo comporta un’immediata riduzione di pena di 1/3. Con esso si rinuncia alla fase
del dibattimento e si chiede che sia il GUP ad esprimersi, si viene così giudicati sulla base degli
atti, senza ulteriori prove o testimonianze) e il patteggiamento, che non è possibile applicare al
processo minorile (perché contrario all’educazione del minore). In caso, l’art 12 del DPR 448/88,
afferma che in ogni stato e grado del procedimento, il minore può essere assistito da un genitore,
da una persona di fiducia o dai servizi sociali. A questo punto si ha la sentenza. Questa, può
essere impugnata anche dal PM, presso la corte d’appello per minorenni; se anche la sentenza
emessa dalla corte d’appello viene impugnata da una delle parti, si ricorre alla corte di cassazione
(questa è un giudice di legittimità, un tribunale non specializzato). La sentenza della cassazione
non può essere impugnata. In ogni stato e grado del processo, l’imputato minorenne è protetto
dall’art 13 del DPR 448/88 che vieta la divulgazione di materiale idoneo al riconoscimento del
minorenne coinvolto nel processo (questa però è una norma imperfetta perché non prevede una
sanzione) e dall’ art 734 bis del codice penale che prevede l’arresto da 3 a 6 mesi per chi divulghi
le generalità o l’immagine della persona offesa (la presunzione d’innocenza è tale finché non vi è
una sentenza di colpevolezza). Il processo si può svolgere con 2 modalità: con udienza pubblica o
in camera di consiglio. In questo ultimo modo, il processo si svolge nell’ufficio del giudice, alla
presenza delle parti in causa, questo per evitare l’udienza pubblica. L’udienza penale, di solito è
pubblica per controllare l’operato del giudice. L’udienza penale minorile è sempre a “porte chiuse”
per tutelare il minore. Se questi, però, ha già compiuto 16 anni, può chiedere al giudice di avere
un’udienza a “porte aperte” (la richiesta è vagliata dal giudice che può decidere di rifiutarla). La
camera di consiglio è usata dai giudici anche per decidere le sentenze (questo avviene senza le
parti). Dopo alcuni giorni dall’emissione della sentenza, ne viene depositata la motivazione, da
questo momento la sentenza può essere impugnata. La funzione della corte di cassazione è quella
di cancellare le sentenze immotivate, o di rinviare la sentenza a un’altra sezione d’appello. L’art 27
del DPR448/88 afferma che quando il reato è tenue e occasionale, il procedimento non è
nell’interesse del giudice. Il PM, in questo caso, può chiedere il non luogo a procedere per
irrilevanza del fatto. In questo caso il GIP chiama il minore, il suo tutore e il PM in un’udienza
camerale, nella quale decide se accettare o rifiutare la richiesta del PM (in ogni caso il PM non si
può opporre alla decisione del giudice). La richiesta di non luogo a procedere può avvenire solo se
il minore non è imputabile, o se il fatto non è rilevante. Il GIP può rifiutare la richiesta nel momento
in cui ci siano gli estremi perché il caso non venga archiviato. Il non logo a procedere per
irrilevanza del fatto è una sentenza di favore, che però lascia una traccia indelebile (se si
commette un altro reato, in un’altra occasione, non si potrà più avere la richiesta di archiviazione).
Se il processo continua, il minore verrà a trovarsi davanti al GUP che a sua volta può dichiarare
d’ufficio il non luogo a procedere. Una volta emessa la sentenza, il minore è sottoposto alla
sorveglianza del magistrato di sorveglianza (per i minori, questi sono gli stessi magistrati minorili).
Questi è un giudice che segue direttamente il minore nell’esecuzione della pena. Egli può decidere
di revocare le sanzioni e di concedere la libertà condizionale. La competenza del magistrato di
sorveglianza, continua fino a quando il minore non raggiunge il 25° anno d’età, quando cioè esce
dalla categoria dei giovani adulti (ex art 3 DPR 448/88). Secondo l’art 4 del DPR 448/88, nel caso
di un minore che ha commesso reato e proveniente da una zona diversa da quella di sua
competenza, il PM minorile deve comunicare con il tribunale minorile della zona di residenza del
soggetto, affinché questo possa prendere i necessari provvedimenti. Se il tribunale contattato non
si attiva, il GUP può attivare dei provvedimenti civili urgenti, a favore del minore, che cessano
dopo 30 giorni (circolarità dei provvedimenti). L’art 6 del DPR 448/88, stabilisce che in stato e
grado del procedimento, il giudice si può avvalere dei servizi sociali minorili. Questi sono lo
strumento più valido perché i provvedimenti siano coerenti con la tutela del minore. I servizi sociali
si devono specializzare, perché si possono trovare di fronte a casi di minori particolarmente
devianti. Personalmente, trovo che il processo penale minorile possa essere ulteriormente
migliorato, magari, prestando ascolto alle molte voci, anche provenienti dall’estero, che
suggeriscono la mediazione e la conciliazione, come le più eque ed educative delle sanzioni
applicabili, così facendo, almeno per il ramo minorile, il sistema penale perderebbe parte della sua
veste retributiva.

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