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24.12.

2007 Santa Croce in Gerusalemme

D = U, dunque, U = D
(D = dialettica; U = unità del pensiero in generale e in particolare)

summary: In this article we discuss the explicit and adamant


connection among the freedom and dialectic vision of man. We as
human, are on the level of “just existing” basically limited by, fear,
partiality and ignorance of the real nature of ourselves and of the
nature. On this way, the, culture, civilization, religion, society, and also
the knowledge become dogmatic in our mind, changing our freedom
in to fanatism. That is to say, they become obstacles to our freedom.
We discuss also the importance of the history and memory, but, not in
the sense of a determinism. The man is not a thing, a formula, or a
dogma but he is a world. When a man dies, a world dies. Therefore we
propose in this article, to respect the freedom of the others and the
necessity of justice. For this we need a dialectical and critical process
of thinking.

LA DIALETTICA E LA LIBERTÀ
La dialettica, secondo il nostro avviso è strettamente legata alla
libertà dell’essere umano. Se uno non è libero nel pensare, nell’agire,
vale a dire se una persona agisce cecamente senza riflettere,
abbandonandosi ai diversi modi di accecare il proprio pensiero, come
:paura, parzialità, ignoranza, in modo adamantino, non è libero. Lui/lei
non è capace di “salire” o/e “scendere” liberamente conoscendo le
dimensioni nascoste dell’argomentare e del pensare. L’uomo in catene
non ha una visione globale dell’esistenza, non ha una visone filosofica
che è squisitamente umana (per fortuna). La prima tra le lacune di un
tale pensiero, può essere la mancanza della critica. Per tali persone,
fare domande che scaturiscono dalla curiosità, mettendo in dubbio le
cose che sono state imposte come vere dalla tradizione,dalla cultura,
dalla civiltà, dai genitori e così via, è impossibile . Loro, non sono
capaci di muoversi nel pensiero che procede verso un’apertura dalle
dimensioni nascoste e dalle regioni sconosciute, sulla base della
libertà, per poi creare nuove e valide risposte (conoscenze). La
curiosità cerca di risolvere il dubbio. Bisogna precisare che noi non
stiamo trattando il dubbio cartesiano ma, quel dubbio naturale che
nasce insieme alla curiosità nel processo conoscitivo umano, che a
sua volta trasforma nelle varie ricerche.

Come ha notato Platone, Aristotele e Dilthey la tradizione, la storia,


per dire in breve con il termine usato da Gadamer, i «pregiudizi»
servono all’ uomo che pensa e agisce all’interno di una situazione
socio-politico-economico e culturale. Di questo, noi, non possiamo
dubitare. Qualsiasi uomo, che si esprime con una lingua, ha in
possesso un bagaglio culturale sufficiente a vivere da uomo di
relazione, con sé e con il mondo. Il problema della libertà, senza
trasformarla in un “mito”, è al centro dell’esistenza umana.
Meravigliarsi di fronte a un fenomeno naturale, per esempio: un
tramonto, richiede libertà. Sarebbe meglio affermarlo con Aristotele:
un tale momento è legato ad uno «status noetico» (consideriamo su
questo punto che gli altri stati emotivi affettivi, nel momento
dell’esperienza, sono tutti coerenti ad essa). La libertà,
dunque, sembra che rappresenti un fondamento della conoscenza e
della relazione con il sé e, con il resto fuori dal sé.
La libertà, dalla paura, dall’ignoranza, dalla parzialità ecc., rende la
persona capace di scoprire le dimensioni nascoste, è ormai evidente.
Ma la libertà non si realizza, come abbiamo già detto, eliminando o
abolendo, negando completamente quello che è della persona come
un membro di una collettività (la memoria è una necessità per gli
esseri umani per poi ricominciare il processo per la libertà); la libertà
parte da lui per arrivare a ciò che è possibile e nuovo. In altre parole,
l’uomo procede dal vero poi arriva al vero (non il Vero).

L’uomo libero, dunque, non è uno che ha la mente vuota di concetti,


come affermava John Locke (tabula rasa). Egli ha gli schemi mentali, le
conoscenze acquisite poi dogmatizzate, come ad esempio un sistema
operativo di un computer. Senza le informazioni fondamentali, un
computer non risponde alla corrente che forniamo come
“input”. Dalla mente umana, naturalmente, scaturiscono i «pregiudizi»
ma l’importanza della libertà sta sull’orientamento, sulla capacità
analitica e sulla capacità di scelta (in conformità ad un’etica) e non in
modo deterministico di una cultura o di una civiltà o di un gruppo, o di
un clan, tribù ecc. Inoltre, uno che per essenza dovrebbe ricercare la
verità, mette in dubbio innanzitutto e soprattutto il proprio sé.
Bisogna precisare che, se la ricerca della verità esige necessariamente
la libertà del ricercatore, può sembrare un paradosso, se quello già
è in quello stato in modo esauriente, non avrebbe senso fare altre
ricerche. Invece, bisogna dire che , la lotta per la libertà fa parte della
ricerca e, anche viceversa. Nulla può possedere un uomo in modo
assoluto, perché le nostre creazioni sono sempre perfettibili.

Ora bisogna verificare l’importanza della memoria per un uomo libero.


Abbiamo le conoscenze scientifiche che a loro volta vengono utilizzate
nella vita quotidiana, come leggere, valutare, costruire, riprodurre le
macchine, guidare ecc. ma queste conoscenze non sembrano
comportare un ostacolo alla libertà, se non vi sono altre tipi di
conoscenze. Analizzando precisamente le storie delle civiltà, delle
culture, possiamo individuare le conoscenze che dogmatizzano la
memoria. Esse sono le tradizioni, le fedi diverse e le religioni
istituzionalizzate. Il mondo d’oggi è diviso in base a
queste memorie che ostacolano, in modo adamantino, la libertà
dell’uomo. Le divisioni tra le religioni hanno accecato l’uomo per
potersi identificare in queste religioni (fanatismo). Questi possono
dimenticare la propria identità come “umano - libero”. Su questo
punto le tradizioni, le storie, le culture e le civiltà, si ostacolano per
essere liberi. Utilizzano la conoscenza scientifica per soddisfare i
propri capricci, per affermare le proprie superiorità sopra gli altri. Solo
una visione dialettica, pluriculturale e interdisciplinare, fondata sulla
giustizia e sul rispetto, può essere libera. Vale a dire, le conoscenze
tradizionali, culturali, in senso dogmatico e strutture chiuse sono gli
ostacoli, per essere liberi. Esse non danno la possibilità di riconoscere
l’altro in modo dialettico con un’apertura adeguata a conoscere il
nuovo. Essi vedono la novità, la diversità, come i nemici. Così da
queste conoscenze scaturiscono le diffidenze, le discordie, l’odio, le
divisioni e non la conoscenza della verità e della vita.

Riconoscere queste difficoltà sul piano conoscitivo ed etico, è già un


esercizio della dialettica. Così sappiamo l’importanza della tradizione,
della storia, della conoscenza che ogni cultura o civiltà ha prodotto
nel tempo sulla base della vita quotidiana. Bisogna poi sapere con
chiarezza che, queste conoscenze non sono quelle per cui noi ci
sacrifichiamo in modo fanatico, ma sono gli indizi, che a loro volta
diventano loro stessi oggetti delle critiche per scoprire le novità,
quindi le dimensioni nascoste.
Non possiamo dimenticare la tendenza e la fragile natura umana che
ci sottomete agli effetti immediati della paura, dell’ignoranza. Di
conseguenza, la conoscenza di qualsiasi tipo e le tradizioni, le storie,
religioni, filosofie diverse dalla propria, diventano gli orrori da evitare.
La propria cultura, la storia, la religione e la filosofia diventano delle
maschere della paura nascosta, per non essere “vittima di”. Così
questi fenomeni di cui abbiamo parlato diventano gli ostacoli per
essere liberi.

Conclusione
Or dunque, l’uomo non dalla tradizione, né dalla storia, né dalle fedi
diverse, né dalle conoscenze scientifiche o umanistiche riceve la
libertà. L’uomo la guadagna dall’arte della contemplazione (visione
dialettica e critica con le forze della retorica ed ermeneutica).
Quell’arte tramite cui, per eccellenza, l’uomo riesce ad arrivare a livelli
relativi alle proprie virtù. Ammettiamo l’utilità delle conoscenze, ma
non le attribuiamo un’importanza assoluta, perché possono essere
ostacolati. Invece, abbiamo bisogno della libertà di pensiero che dà
l’avvio alla dialettica. Coloro che corrono dietro le conoscenze, di cui
abbiamo discusso, per poi esserne imprigionati liberamente,
possiedono una personalità malata. Loro pensano di essere solo ciò
che hanno dogmaticamente imparato e tradizionalmente ereditato. È
vero che nessuno può scegliere la propria nazione, la famiglia in cui
nascere, decidere quale corpo avere con le peculiari attribuzioni, le
capacità e tantomeno nemmeno il nome ecc. Tutto viene dato a
ciascun soggetto. Vale a dire, non dobbiamo dimenticare quello che
siamo ora ( anche se impossibile da dimenticare. Sarebbe una cosa
irrazionale), ma non dobbiamo dimenticare neanche che, le
conoscenze delle culture diverse sono in parte delle cose accidentali.
Un fatto importante è che le conoscenze sono perfettibili secondo
una visione globale e mai provinciale quindi, presuppongono
una dialettica, ovvero “il dialogo sincero” con sé e con gli altri. Così,
uno non rischia di perdere la propria libertà. In tal modo può scaturire
un pensiero libero che a sua volta dà frutti meravigliosi e non sono
semplici discussioni provinciali, ma valgono a livello universale. Per
aprirsi alla luce della verità dobbiamo quindi sentirci liberi di pensare
in modo dialettico, che a sua volta serve da catalisis tra le diversità
infinite.

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