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Versione 2.

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Giovanni Frosali
Appunti dalle lezioni di

MECCANICA RAZIONALE
Corso di Laurea in Ingegneria Meccanica PARTE I

` degli Studi di Firenze Universita


Dipartimento di Matematica Applicata G.Sansone

Firenze - 7 novembre 2008

Capitolo 1

INTRODUZIONE ALLA MECCANICA RAZIONALE


1.1 Che cos` e la Meccanica Razionale

Il legame fra la matematica e tutte le altre scienze, sia pure che applicate, ` e sempre stato molto stretto. Anche se le scienze si sono settorializzate, i metodi ed i modelli matematici ne inuenzano e ne accrescono lo sviluppo. Levolversi di tutta la scienza ha sempre avuto nella matematica un aiuto insostituibile, e a sua volta la matematica si ` e sviluppata per merito e necessit` a delle altre scienze. Anche se con scopi diversi, occorre ricordare per completezza che un ruolo di questo tipo, se pur minore, lo hanno anche i metodi ed i modelli della sica ed i metodi e i modelli dellinformatica. Quando siamo di fronte ad un fenomeno naturale, che vogliamo studiare, dopo una prima fase di osservazione, ` e di grande utilit` a costruirne un modello di tipo matematico. Uno dei principali scopi della Meccanica Razionale ` e proprio quello di insegnare a costruire un modello per lo studio dei fenomeni. Se vogliamo dare in due righe una denizione di Meccanica Razionale, pur coscienti di rimanere incompleti, potremmo dire che la Meccanica Razionale ` e una sistemazione logica di una teoria sica, che ha lo scopo di inquadrare una teoria sica in uno schema logico-deduttivo di tipo matematico. Vediamo un po meglio questidea che risale ad Isaac Newton: la Meccanica Razionale si sviluppa per dimostrazioni rigorose, quae per demonstrationes accurate procedit, per inquadrare tutto in uno schema di tipo matematico. Quando si costruisce un modello di un fenomeno sico non c` e solo lo scopo teorico di costruire uno schema logico-deduttico di tipo matematico per una sistemazione teorica, ma esiste anche tutta una serie di scopi pratici quali la simulazione del fenomeno, la predizione di certi eetti, lo studio della dipendenza da certi parametri, la progettazione di macchine, ecc. La Meccanica Razionale vuole insegnare un metodo razionale per dare una sistemazione logico-deduttica della meccanica, cio e di quella teoria sica che studia il movimento. Comunque questo metodo razionale pu` o essere applicato a tutte le scienze, e per questa ragione ha una sua valenza culturale per ogni ingegnere. In realt` a chi studia la Meccanica Razionale pu` o avere nalit` a di matematico o sico, di astronomo o geodeta, od anche di tecnico, di costruttore civile, di meccanico navale o ingegnere idraulico o industriale o elettronico. Ecco cos` che la Meccanica Razionale pu` o essere denita come un corso che insegna a modellizzare, a studiare il modello con mezzi matematici ed a tradurre poi i risultati nelle applicazioni. 1

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE ALLA MECCANICA RAZIONALE

` indubbiamente ambizioso pensare di riuscire in un corso come quello di Meccanica E Razionale ad insegnare a costruire, a studiare ed a risolvere modelli matematici. E non vogliamo sembrare troppo ambiziosi. Il corso di Meccanica non ` e n e specialistico, n e monograco, ma il primo scopo che si propone ` e quello di insegnare un metodo, anche se gli esempi sono tratti dalla meccanica. Lo studente dovr` a fare attenzione a non limitarsi a vedere la Meccanica Razionale come un corso che raccoglie esercizi di Fisica, di Analisi e di Geometria, in quanto i metodi matematici dellAnalisi e della Geometria devono essere visti come tecniche, fra laltro molto potenti, per lo studio dei nostri problemi. In un curriculum di studi come quello in Ingegneria, il corso di Meccanica Razionale ha inoltre lobiettivo di insegnare allo studente ad analizzare un problema in maniera semplice e logica ed a sviluppare in esso labilit` a ad applicare i pochi principi fondamentali della meccanica per la soluzione, sia analitica che numerica, di tale problema. In conclusione la Meccanica Razionale ha un ruolo insostituibile nella preparazione di un allievo ingegnere, in quanto il suo carattere direi multidisciplinare le permette di essere un corso portante in un curriculum di matematica per le applicazioni. Riassumendo, possiamo dire che la Meccanica Razionale ha un duplice scopo: 1. la sistemazione rigorosa di una teoria sica; 2. lo sviluppo dellabilit` a ad analizzare problemi ed applicare i principi. ` bene avere chiari, pochi, ma ben precisi, principi fondamentali da applicare una volta E che il problema sia stato analizzato in maniera semplice e logica. Inne vogliamo osservare che la Meccanica Razionale ` e essenzialmente una scienza deduttiva basata su pochi principi fondamentali. Comunque spesso il processo di apprendimento pu` o essere invece induttivo considerando per primo semplici applicazioni, come faremo spesso nel corso. Ad esempio la dinamica delle particelle precede la dinamica del corpo rigido.

1.2

Un esempio

Come primo esempio di modello matematico vogliamo vedere quello per lo studio del moto di un punto, che risale alla seconda legge della dinamica introdotta da Newton nella nota forma f = ma. Se consideriamo un punto in moto su una retta (diciamo lasse delle x) ed indichiamo con x la coordinata del punto rispetto allorigine di un sistema di riferimento, la variabile x soddisfa lequazione 1 x f (x, x, t) = m (1.2.1) x(0) = x0 x (0) = x 0

dove x0 , x 0 sono posizione e velocit` a iniziali. Se poniamo y = x , allora x =y e quindi (??) diventa x = y 1 . (1.2.2) y = f (x, y, t) m Introducendo il vettore X = x y , si ha in forma compatta X = X (0) = F (X, t) X0

(1.2.3)

1.2. UN ESEMPIO dove X (0) =

x(0) x0 , con y0 = x 0 ed F ` e denita, , con y (0) = x (0) e X0 = y (0) y0 vettorialmente, tramite il secondo membro di (??). Lequazione di Newton ` e stata riscritta nella forma astratta (??), che ci d` a la legge di evoluzione del vettore X = X (t), ovvero della posizione x = x(t) e della velocit` a y = y (t). Pi` u in generale rappresenta lespressione di un sistema dinamico, di cui parleremo pi` u diusamente nel seguito del corso. Quando il vettore X ha dimensione n, lequazione del primo ordine corrisponde ad unequazione dierenziale di ordine n. Lo studio delle equazioni dierenziali ha applicazioni pi` u disparate dal moto di un punto materiale al modello di crescita di una popolazione, dallo studio del pendolo allo studio di un circuito risonante, dallo studio della crescita in percentuale degli squali nel Mediterraneo durante la 1a guerra mondiale alla teoria matematica della guerra. Durante il corso di Meccanica Razionale si incontreranno diversi modelli tratti dalle scienze siche. Analizzare un fenomeno in natura od in laboratorio e successivamente costruirne un modello matematico ` e una cosa che richiede esperienza e preparazione specica. I requisiti principali di un modello sono la semplicit` a matematica e la facile utilizzazione, con allo stesso tempo la capacit` a di riprodurre qualitativamente e quantitativamente la realt` a sotto opportune ipotesi e per certi intervalli di tempo. In questo capitolo introduttivo vogliamo illustrare per grandi linee come si costruisce un modello di un semplice fenomeno e vedere come questo possa avere analogie con fenomeni di altra natura.

000000000000000 111111111111111 111111111111111 000000000000000 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111

000000000000000 111111111111111 111111111111111 000000000000000 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111

Posizione di equilibrio

111111111111111 000000000000000 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 Olio 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111

111111111111111 000000000000000 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 Olio 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111 000000000000000 111111111111111

Figura 1.1 Massa, molla, smorzatore, con forzante Uno dei modelli che si incontrano nella meccanica e che hanno utilizzazioni in vari campi dellingegneria ` e il modello cosidetto massa - molla - smorzatore. Si tratta di un punto che sotto lazione di una forza elastica e di una forza esterna incontra una resistenza durante il moto. Si consideri una massa appesa con un lo elastico ad un sotto. La massa sotto lazione del proprio peso si posizioner` a a riposo in una determinata posizione. Supponiamo di spostare, di poco, la massa dalla sua posizione di riposo, ed indichiamo con x il suo spostamento. Se si suppone che sul punto agisca solo una forza di richiamo proporzionale allo spostamento, pi` u la massa si sposta dalla posizione di riposo, pi` u intensa ` e la forza di richiamo. Sia k tale costante di proporzionalit` a, applicando la legge di Newton vista

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE ALLA MECCANICA RAZIONALE

sopra, si potr` a scrivere mx = kx . Per il momento non facciamo ricorso alluso del calcolo vettoriale (cio` e di un ente con direzione, intensit` a e verso) per rappresentare la forza elastica, anche se tale uso ci permetter` a di tenere conto del verso delle forze e di evitare errori di segno. Ci si pu` o limitare per il momento a pensare che la molla si comporti da richiamo, giusticando cos` il segno . k , si ottiene lequazione Ponendo 2 = m x + 2 x = 0. Consideriamo ora il caso in cui, la massa nelloscillare incontri una resistenza da parte del mezzo, come ad esempio nel caso in cui tutto il sistema sia immerso in una vasca di olio. Supponendo che la forza di attrito, che si oppone al moto, sia proporzionale alla velocit` a , lequazione di moto assume la nuova del punto, con costante : x e ponendo 2 = m forma x + 2 x + 2 x = 0. Supponiamo ora che il punto di sospensione sia spostato da qualche agente esterno con una legge assegnata; in gura il dispositivo ` e realizzato da un carrello che rotola su una guida curva. Questo si pu` o modellare con un termine non omogeneo nellequazione che rappresenta una forza esterna che indichiamo con f (t). In conclusione lequazione del modello matematico di un punto materiale sottoposto ad una forza elastica, in un uido viscoso e con una forza esterna ` e x + 2 x + 2 x = f (t). (1.2.4)

Su questa equazione ritorneremo in seguito. Lequazione dierenziale (??) che d` a la legge di evoluzione dello spostamento x, nellesempio precedente del moto di una massa oscillante, si incontra in molti altri campi della sica. Si pensi ad esempio alla corrente in un circuito LRC in presenza di una forza elettromotrice V0 sin(t); nei corsi di Fisica si impara a scrivere la legge che regola la variazione dellintensit` a di corrente I (t) nel circuito nella forma seguente R dI 1 V0 d2 I + + I= cos t. dt2 L dt LC L (1.2.5)

R
dove R ` e la resistenza, L ` e linduttanza e C ` e la capacit` a nel circuito. A parte la discussione del signicato sico dellequazione (??) per cui si rimanda la corso di Fisica II, si vede subito che la struttura matematica dellequazione ` e identica a quella dellequazione (??). Entrambe sono equazioni differenziali del secondo ordine a coecienti costanti (2 = R/L e 2 = 1/LC nel secondo caso).

I(t)

L
Figura 1.2 Circuito LRC

Un termine forzante di tipo seno (o coseno) si pu` o sempre ottenere sviluppando la funzione f (t) in serie di seni e coseni (serie di Fourier).

1.3. SPAZIO E TEMPO

1.3

Spazio e tempo

In quegli aspetti del corso relativi alla formalizzazione matematica dei concetti e delle teorie della Meccanica, si ha bisogno di numerose nozioni e tecniche matematiche. Poich e questo corso ` e principalmente indirizzato agli ingegneri (meccanici) ed ai matematici applicati, ci proponiamo di limitare il pi` u possibile le nozioni matematiche necessarie. Inoltre, anche i richiami dai corsi di Analisi e di Geometria saranno riportati in maniera concisa. Innanzitutto ` e bene enunciare i concetti primitivi e poi su, via, via, costruire in maniera logico-deduttiva tutta la teoria. Incominciamo a distinguere le grandezze. Nel corso incontreremo tre tipi di grandezze: scalari, vettoriali e tensoriali, (anche se le prime due sono un caso particolare della terza). Ad esempio, la temperatura a cui bolle una determinata sostanza (lacqua ad esempio) ` e una grandezza scalare, la velocit` a con cui si muove il tram che ci porta allUniversit` a` e una grandezza vettoriale, cio` e una grandezza che corrisponde a tre grandezze scalari. Nella sica a volte tre scalari non sono sucienti ad individuare completamente una grandezza. Si pensi ad esempio alla conoscenza dello stato di tensione in un sistema continuo, come una trave in calcestruzzo; tre scalari non bastano, ce ne vogliono addirittura nove. Lo stesso accade se si vuole conoscere la struttura dinerzia di un corpo rigido. Grandezze di questo tipo verranno incontrate in seguito e si chiameranno grandezze tensoriali. Nello studio della realt` a, ` e necessario introdurre poi i concetti di tempo e di spazio. Il tempo ` e il concetto che serve a dire quando un evento ` e accaduto prima o accadr` a dopo di un altro ed ` e legato al procedere della nostra vita, in cui ognuno ` e in grado di classicare gli eventi secondo un ordine temporale intuitivo. Assumendo in maniera assiomatica che il divenire avvenga con continuit` a e che ogni istante di tempo sia equivalente ad ogni altro, per la descrizione matematica del tempo occorre un insieme unidimensionale che abbia le propriet` a di essere continuo, totalmente ordinato ed omogeneo. Quindi per misurare il tempo faremo uso dellinsieme dei numeri reali R. Un istante di tempo verr` a indicato con un numero reale t0 e diremo che un istante di tempo t1 succede (o precede) a t0 quando t1 > t0 (t1 < t0 ). Per rappresentare le diverse posizioni di un oggetto nello spazio ` e necessaria una costruzione in termini geometrici dello spazio sico usuale che noi occupiamo. Lo spazio ` e cos` un insieme tridimensionale continuo ed omogeneo. Indicheremo questo spazio con il simbolo R3 , dotando questo spazio delle strutture che di volta in volta necessitano. Innanzitutto considereremo R3 come spazio vettoriale sul corpo dei reali, cos` come ` e stato introdotto nel corso di Geometria. Mentre lo spazio usuale in cui si studia la meccanica ` e lo spazio ane tridimensionale, dotato di una distanza, di cui accenneremo pi` u avanti.

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE ALLA MECCANICA RAZIONALE

Capitolo 2

RICHIAMI DI CALCOLO VETTORIALE


2.1 Vettori geometrici, spazio vettoriale e spazio ane

Una coppia ordinata di punti distinti (A, B ) individua nel senso della geometria ordinaria un vettore geometrico. Il primo punto A viene detto origine o punto di applicazione del vettore (A, B ), il punto B ` e detto invece estremo libero, la retta individuata dai punti A e B ` e B detta retta di applicazione del vettore (A, B ). Il vettore viene indicato anche con il simbolo (B A). Tale ente nello spazio ` e dunque caratterizzato da tre propriet` a: direzione, quella della sua A retta dapplicazione; verso, quello dal primo estremo A al secondo estremo B ; intensit` a, data dalla misura del segmento AB , rispetto ad una unit` a di misura pressata. Quando A coincide con B avremo a che fare con il vettore nullo, che indicheremo con 0. Figura 2.1 Vettore La relazione di uguaglianza in direzione, verso ed intensit` a` e una relazione di equivalenza fra tutti i vettori geometrici. Gli insiemi di tutti i vettori equivalenti fra loro, aventi cio` e stessa direzione, stesso verso e stessa intensit` a, costituiscono la classe di equivalenza dei vettori liberi. Questi vettori sono proprio gli elementi di uno spazio vettoriale, concetto introdotto nel corso di Geometria. Indicheremo i vettori con una lettera soprassegnata con una freccia, v , od anche con un sottosegno, v , oppure con una lettera in grassetto, v. Il nostro spazio ha dimensione tre; esistono tre vettori linearmente indipendenti, detti base dello spazio, mediante una combinazione lineare dei quali ` e possibile determinarne ogni altro. Se indichiamo con , , e k tre vettori ortogonali fra loro e di modulo unitario (versori) allora un vettore v si scrive nella forma v = x + y + z k, 7

CAPITOLO 2. RICHIAMI DI CALCOLO VETTORIALE

dove x, y, e z sono le componenti del vettore v secondo gli assi cartesiani aventi versori , , e k. I versori , , e k costituiscono una base di R3 , che ha la propriet` a di essere ortonormale, ovvero = . = k k = 1, = .k = k = 0.

` necessario pressare un segmento unitario u come unit` E a di misura, quindi indicata e caratterizzato da una con l la misura del segmento AB rispetto ad u, il vettore libero v ` direzione, da un verso e da un numero reale positivo l, che rappresenta la sua misura rispetto al segmento unitario dato e si ha v = |v | = lu. I vettori permettono di rappresentare le grandezze vettoriali nello spazio ordinario, ad esempio una velocit` a, una accelerazione, una forza, ecc., basta interpretare il segmento unitario u come unit` a di misura della grandezza sica in oggetto. Lo spazio vettoriale non rappresenta ancora completamente lo spazio dove si svolgono i nostri fenomeni. Lo spazio vettoriale contiene solo i vettori liberi, che visti come classe di equivalenza, possono essere rappresentati tutti con il primo estremo nellorigine e possono essere intesi come spostamenti. Il nostro spazio ordinario contiene anche i punti, che possono essere ottenuti facendo uso dei vettori come spostamenti. Riportiamo qui la denizione di spazio ane, e rimandiamo a dopo alcuni commenti. Si dice spazio ane E, a dimensione tre sul corpo R, linsieme ai cui elementi, detti punti, ` e associato linsieme V dei vettori liberi, chiamato spazio vettoriale associato, su cui ` e denita una applicazione da E E in V, che associa ad ogni coppia di punti un vettore di V, ovvero due punti A e B individuano il vettore v indicato con A B , con le propriet` a: i) per ogni A, B, C si ha (A C ) + (C B ) + (B A) = 0; ii) per ogni O E, lapplicazione che associa ad un punto P il vettore (P O) ` e una biezione di E su V. I punti di R3 , questa volta visto come spazio di punti, possono essere individuati tramite un vettore libero v , partendo dallorigine O di coordinate (0, 0, 0), ed arrivando al punto P tramite il vettore v P = O + v, dove ovviamente v ` e proprio il vettore libero (P O) e le coordinate cartesiane (x, y, z ) di P sono le componenti del vettore v , rispetto al sistema di riferimento con origine in O (0, 0, 0) ed assi con versori , , e k . Tramite un vettore w si pu` o individuare a partire da P un altro punto con la traslazione Q = P +w . Quindi ad ogni coppia di punti Q e P ` e coordinato un vettore w (lo spostamento da P a Q, indicato con (Q P )). Allo spazio delle nostre percezioni si pu` o dare la struttura di uno spazio ane tridimensionale. Lo spazio R3 , dove noi operiamo, si pu` o pensare come uno spazio ane, i cui punti sono i vettori e gli spostamenti sono ancora i vettori. Si osservi inoltre che lo spazio R3 ` e ricco di molte altre strutture che ci consentiranno di utilizzarlo anche per altri scopi.

2.2

Rappresentazione cartesiana di vettori

Fissare un origine O (0, 0, 0) ed una terna di versori, due a due ortogonali , , e k , signica assegnare un sistema di riferimento cartesiano ortogonale S (O; , , k ).

2.2. RAPPRESENTAZIONE CARTESIANA DI VETTORI

Tale sistema si dir` a positivo (o destrorso o levogiro) se i versi che si ssano sugli assi sono tali che lasse z vede ruotare il semiasse positivo delle x in senso antiorario (contrario a quello delle lancette dellorologio) per andare a sovrapporsi con una rotazione di /2 sul semiasse positivo delle y . Una tale terna ` e ottenibile con le prime tre dita della mano destra, coordinando in direzione e verso il pollice della mano destra al semiasse x, lindice al semiasse y , ed il dito medio al semiasse z .

k
O

x
Figura 2.2 Sistema di riferimento

Dato un punto P dello spazio, esso ` e individuato nel sistema di riferimento ssato S da tre scalari x, y, e z . Dato un vettore v , esso ` e individuato nel sistema di riferimento dalle componenti v1 , v2 , v3 di v secondo gli assi x, y e z. Dati due vettori v e w , si denisce prodotto scalare (o prodotto interno) la quantit` a scalare data da v w = vw cos dove ` e langolo tra i due vettori. In termini di coordinate, il prodotto scalare di due vettori v di componenti v1 , v2 , v3 e w di componenti w1 , w2 , w3 ` e dato da
3

v w = v1 w1 + v2 w2 + v3 w3 =
i=1

vi wi

ed ` e indipendente dal sistema di riferimento prescelto. Il modulo di un vettore v (di componenti v1 , v2 , v3 ) ` e quindi dato da |v | = v =
2 + v2 + v2 , v1 2 3

e viene detto anche intensit` a o norma. Dati due vettori v e w si denisce prodotto vettoriale (o prodotto esterno) la quantit` a vettoriale data dal vettore z di modulo vw sin, dove ` e langolo formato dai vettori v e w , ed avente direzione n normale al piano dei due vettori e verso quello tale che v, w, n formino una terna destrorsa: z = v w = vw sin n. Il modulo del vettore ottenuto dal prodotto vettoriale di due vettori rappresenta larea del parallelogramma costruito sui vettori v e w . In componenti se v = v1 + v2 + v3 k e w = w1 + w2 + w3 k , si ha vw = v1 w1 v2 w2 k v3 w3 = (v2 w3 v3 w2 ) + (v3 w1 v1 w3 ) + (v1 w2 v2 w1 )k ,

10

CAPITOLO 2. RICHIAMI DI CALCOLO VETTORIALE

dove simbolicamente si ` e fatto uso dello sviluppo del determinante di un matrice, con le solite regole dellalgebra lineare, per ottenere le componenti del prodotto vettoriale. Ricordiamo brevemente il prodotto misto ed il doppio prodotto vettoriale. Dati tre vettori u, v e w, il prodotto misto ` e la quantit` a scalare u v w = [u v ] w che si ottiene eseguendo prima il prodotto vettoriale e poi quello scalare. Esso ` e dato dallo sviluppo del determinante simbolico u1 v1 w1 u2 v2 w2 u3 v3 w3

uvw =

(2.2.1)

` facile vericare u v w = u v w , facendo un numero pari di scambi delle righe nel E determinante (??). Il valore scalare ottenuto dal prodotto misto di tre vettori rappresenta il volume del ` facile parallelepipedo costruito sui tre vettori u, v e w , applicati tutti nello stesso punto. E vericare che il prodotto misto fra tre vettori ` e nullo se e solo se almeno uno dei tre vettori ` e nullo oppure se i tre vettori sono complanari. Dati tre vettori u, v e w , il doppio prodotto vettoriale fra i vettori u, v, e w ` e dato dal vettore (u v ) w, ottenuto eseguendo prima il prodotto vettoriale fra i primi due vettori e poi il restante. Esso ` e dato dalla seguente regola (u v ) w = (u w)v (v w )u. Dalla formula (??) segue subito che non vale la propriet` a associativa, ovvero si ha (u v ) w = u (v w ). (2.2.2)

2.3

Cambiamento di coordinate

La scelta del sistema di riferimento ` e in genere arbitraria. Da problema a problema pu` o fare ` quindi necessario conoscere comodo scegliere un sistema di riferimento oppure un altro. E le formule per il cambiamento delle coordinate da un sistema di riferimento ortogonale ad un altro, anchesso ortogonale. Sia P = (x1 , x2 , x3 ) un punto riferito al sistema S con origine O ed assi , , e k . Sia S un nuovo sistema con origine O ed assi , , e k .

2.4. VETTORI DIPENDENTI DA UN PARAMETRO

11

z y k j

S
O

S
k j i x

x
Figura 2.3 Sistemi di riferimento S and S
La geometria ci insegna che le coordinate (x 1 , x2 , x3 ) del punto P nel nuovo sistema S sono date da 3 x i = x0i + j =1 dove (x 01 , x02 , x03 ) sono le coordinate dellorigine O rispetto alla terna S e Tij sono T le componenti di una opportuna matrice 3 3 ortogonale, cio` e T T = I , ovvero in componenti 3

Tij xj ,

i = 1, 2, 3,

(2.3.1)

Tij Tik = jk ,
i=1

j, k = 1, 2, 3,

dove jk ` e il simbolo di Kronecker, uguale ad 1 se j = k , uguale a 0 se j = k. La trasformazione inversa della (??) ` e data da
3

xk = x0k +
i=1

Tik x i,

k = 1, 2, 3,

(2.3.2)

dove x0k =

3 i=1

Tik x 0i .

2.4

Vettori dipendenti da un parametro

Un punto P od un vettore v possono dipendere da un parametro t variabile in un intervallo (t0 , t1 ). In questo caso si possono denire i concetti di limite e di funzione continua come ` e stato fatto nei corsi di Analisi. Si pu` o poi denire la derivata di un punto P o di un vettore v , cos` come si fa per le funzioni scalari. )P (t) Costruito il rapporto incrementale dato dal vettore P (t+hh , si dice derivata di P rispetto al parametro t il limite, per h 0, del rapporto incrementale, quando esiste, e si

12 scrive

CAPITOLO 2. RICHIAMI DI CALCOLO VETTORIALE

P (t + h) P (t) dP (t) = lim . h0 dt h

Analogamente dv v (t + h) v (t) (t) = lim , h0 dt h ` e la derivata del vettore v rispetto al parametro t. Si lascia al lettore di vericare le propriet` a e le regole di derivazione che rimangono valide anche per le derivate di un punto o di un vettore. Limitiamoci a ricordare che quando il punto od il vettore sono espressi in termini di componenti in un ssato sistema di riferimento, che non dipenda a sua volta dal parametro t, allora le componenti della derivata di un punto P (o di un vettore v ) sono date dalle derivate delle componenti del punto (o del vettore). Ricordiamo inoltre una propriet` a che verr` a usata molte volte nel corso di queste lezioni. La derivata di un vettore di modulo costante risulta ortogonale al vettore stesso. Infatti risulta v 2 = costante, quindi d(v v ) dv dv 2 = = 2v =0 dt dt dt e in conclusione v ed il suo derivato sono ortogonali. Vale anche il viceversa: se v ed il suo derivato sono ortogonali allora il vettore v ha modulo costante.

Capitolo 3

TEORIA DEI MOMENTI


3.1 Denizioni

Consideriamo innanzitutto un solo vettore applicato (P, v ) nello spazio e deniamone il suo momento rispetto ad un punto O. Passeremo poi a considerare un sistema di vettori applicati nello spazio. Denizione 3.1.1 Sia O un punto dello spazio e sia (P, v ) un vettore applicato, si dice momento del vettore applicato (P, v ) rispetto al punto O il vettore (libero) M (O) = (P O) v. Il punto O viene detto anche centro di riduzione o polo, ed il momento prende il nome di momento polare. Secondo le nostre solite convenzioni, (P O), v , e M (O) devono costituire una terna positiva. Il modulo del momento ` e dato da |M (O)| = M (O) = P O v sin , ed ` e pari allarea del parallelogramma costruito sui vettori (P, v ) e (P O). ` facile vericare le seguenti propriet` E a: i) Il momento di (P, v ) rispetto ad O non varia se si sposta il vettore lungo la propria retta di azione. ii) Il momento di (P, v ) rispetto ad O non varia se si sposta il punto O su una retta parallela a v . Fissata una retta r orientata di versore u e calcolato il momento di (P, v ) rispetto ad un punto O appartenente ad essa, si vede facilmente che lo scalare Mu = M (O) u ` e indipendente dalla scelta di O su r. Tale scalare prende il nome di momento assiale. Consideriamo ora un sistema S di vettori applicati (Pi , vi ), i = 1, 2, . . . n. 13

M(O)

O P

14

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

Denizione 3.1.2 Si dice risultante del sistema di vettori applicati S , il vettore (libero)
n

R=
i=1

vi .

Denizione 3.1.3 Si dice momento risultante del sistema di vettori applicati S , il vettore somma n M (O) =
i=1

(Pi O) vi .

(3.1.1)

Analogamente a quanto fatto sopra, si pu` o denire il momento risultante assiale Mu = M (O) u, u versore della retta assegnata. Mediante la denizione (??) abbiamo costruito il campo vettoriale dei momenti relativo al sistema S , che associa ad ogni punto dello spazio R3 il vettore (libero) M (O). Per studiare il campo O M (O) conviene indagare come varia il momento al variare del centro di riduzione O.

3.2

Legge di variazione dei momenti


n n

Valutiamo il momento risultante del sistema S rispetto ad un nuovo punto O M (O ) =


i=1 n

(Pi O ) vi =
i=1

(Pi O + O O ) vi =
n

=
i=1

(Pi O) vi + (O O )
i=1

vi .

Si ottiene cos` M (O ) = M (O) + (O O ) R. (3.2.1) nota come formula di trasposizione dei momenti, che d` a la legge di variazione del momento risultante del sistema S al variare del centro di riduzione. Dalla (??) si vede subito che M (O ) = M (O), per tutte e sole le coppie di punti O ed O appartenenti alla stessa parallela al risultante, nel caso R = 0. Se invece R = 0, allora M (O) ` e invariante al variare di O, in altre parole il campo vettoriale M (O) risulta essere uniforme. Esempio 3.1 Coppia di vettori applicati Tale sistema ` e costituito da due vettori opposti, applicati per` o, in generale, su rette di azione distinte: (P1 , v1 ), (P2 , v1 ). La risultante ` e nulla, quindi il momento risultante ` e invariante: M = (P1 O) v1 (P2 O) v1 = (P1 P2 ) v1 . Il modulo di M ` e pari al prodotto del modulo di v1 per la distanza b (braccio della coppia) fra le rette di azione dei due vettori. Torniamo al caso in cui R = 0. Si osservi che il termine di variazione del momento M (O), dato da (O O ) R, risulta ortogonale al risultante R. Quindi moltiplicando ambo i membri della (??) per R, si ottiene M (O ) R = M (O) R.

3.3. ASSE CENTRALE

15

Questa grandezza scalare risulta invariante al variare di O, ed ` e detta invariante scalare del sistema S . Indicato il componente di M (O) secondo la direzione del risultante con Mp = M (O) R R, R2

tale componente non varia al variare di O ed ` e detto invariante vettoriale del sistema.

3.3

Asse centrale

Indicato Mn (O), il componente di M (O) normale alla direzione di R, la formula (??) si pu` o scrivere M (O ) = Mp + Mn (O) + (O O ) R. Per quanto detto prima, il termine di variazione (O O ) R inuisce solamente sulla parte normale Mn (O). Nasce spontanea la domanda se esistono punti dello spazio O , tali che M (O ) si riduca alla sola parte parallela Mp (che eventualmente potr` a essere anche nulla). Si tratta quindi di studiare lequazione vettoriale Mn (O) = (O O) R (3.3.1)

` noto dal calcolo vettoriale, che una tale equazione, con R = 0, nellincognita (O O). E ha innite soluzioni nel caso in cui Mn (O) ed R siano fra loro ortogonali. Poich e ci` o` e senzaltro vericato, possiamo rispondere positivamente riguardo allesistenza di punti O che riducono il momento alla sola parte parallella. Moltiplicando scalarmente per (O O) la (??), si ha Mn (O) (O O) = 0. I punti O soluzioni di (??) stanno su un piano normale ad Mn (O). Ci` o ci suggerisce di rappresentare gracamente la situazione, tracciando un piano per O e normale ad Mn (O). Il fatto che R ed M siano vettori liberi, ci consente di rappresentarli applicandoli in O.

Mn (O)

M(O)

Mp(O)

ASSE CENTRALE

I punti O stanno su . Indicato con A quel particolare punto tale che (A O) R = Mn (O) e (A O), R e Mn (O) costituiscono una terna destrorsa, tutti i punti che appartengono

16

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

alla retta per A parallela ad R soddisfano lequazione (??). Per la ricerca analitica di tale retta, detta asse centrale, ` e suciente individuare il punto A, tale che (A O) R = 0 e (A O) R = Mn (O). Moltiplicando vettorialmente a destra per R lequazione (??) si ottiene (A O) R R = Mn (O) R, (A O) R R [R R](A O) = Mn (O) R, R2 (A O) = R Mn (O), ed anche (A O) = R M (O) R Mn (O) = . R2 R2 (3.3.3) (3.3.2)

Lequazione (??) d` a le coordinate del punto A; lasse centrale ` e la retta passante per A parallela ad R, la cui equazione ha la seguente forma vettoriale (P A) = R , dove P (x, y, z ) ` e un punto generico dellasse centrale ed A (xA , yA , zA ) ` e dato da (??). In termini di coordinate, assunto O come origine delle coordinate, siano Rx , Ry , Rz le componenti di R che supponiamo tutte diverse da zero, lequazione dellasse centrale diventa x xA y yA z zA = = , (3.3.4) Rx Ry Rz dove xA = Rz Mx Rx Mz Rx My Ry Mx Ry Mz Rz My , yA = , zA = ; 2 2 R R R2

2 2 2 + Ry + Rz . Lasciamo al lettore di adattare con M (O) = Mx + My + Mz k ed R2 = Rx le formule (??) al caso in cui, nel nostro sistema di riferimento, si annullino alcune delle componenti del risultante R. Concludiamo il paragrafo ricapitolando la denizione di asse centrale. Lasse centrale ` e il luogo dei punti dello spazio rispetto ai quali il momento risultante ` e parallelo al vettore risultante R, ovvero si riduce alla sola parte parallela e che quindi ha il modulo minimo (rispetto ai moduli dei momenti risultanti fatti rispetto a punti esterni allasse centrale). Essa ` e una retta parallela al vettore risultante del sistema.

3.4

Sistemi equivalenti e sistemi equilibrati

Si cominci con la denizione di sistemi di vettori equivalenti. Denizione 3.4.1 Dati due sistema di vettori applicati S = {(Pi , vi ), i = 1, 2, . . . n}, ed S = {(Pj , vj ), j = 1, 2, . . . m}; indicati con R, M (O) ed R , M (O) rispettivamente risultante e momento risultante dei due sistemi rispetto ad un punto ssato O dello spazio, si dice che S e S sono equivalenti se R = R , M (O) = M (O).

3.4. SISTEMI EQUIVALENTI E SISTEMI EQUILIBRATI

17

La denizione non dipende in realt` a dalla scelta del punto O. Si noti che la conoscenza di R e M (O) ` e suciente a determinare il momento risultante rispetto ad un qualsiasi altro punto dello spazio, mediante la (??). Si pu` o passare da un sistema di vettori applicati ad uno ad esso equivalente, mediante una successione di operazioni che non mutano n e il risultante n e il momento risultante. Tali operazioni prendono il nome di operazioni elementari. Ricordiamo le fondamentali: 1. aggiunta e soppressione di una coppia di braccio nullo; 2. sostituzione di pi` u vettori concorrenti con il loro risultante applicato nel punto di concorrenza e viceversa. Ad esempio, sappiamo che i vettori possono essere spostati lungo le loro rette di azione, senza cambiare n e risultante, n e momento risultante; ci` o corrisponde allaggiunta e alla soppressione di opportune coppie di braccio nullo sulle rette di azione dei vettori. Denizione 3.4.2 Un sistema di vettori applicati si dice equilibrato, se R = 0 , M (O) = 0. Segue immediatamente il teorema: Teorema 3.4.1 Condizione necessaria e suciente perch e un sistema sia equilibrato ` e che esso sia equivalente al solo vettore nullo. ` interessante a questo punto esaminare quale sia il minor numero di vettori a cui si possa E ridurre un qualsiasi sistema di vettori applicati. Cos` facendo saremo inne in grado di caratterizzare completamente il campo vettoriale che associa ad ogni punto dello spazio O il momento rispetto ad O del sistema di vettori applicati. I sistemi che hanno risultante nullo, come abbiamo visto, hanno lasse centrale indeterminato. Tali sistemi si riducono al vettore nullo nel caso in cui il sistema sia equilibrato, oppure, se M (O) = 0, si riducono ad una qualunque coppia avente momento M (O). I sistemi, a risultante non nullo, caratterizzati dallinvariante scalare nullo (Mp = 0), si riducono ad un solo vettore: si riducono al solo risultante applicato in un qualsiasi punto dellasse centrale. Fermiamo per un attimo lattenzione a tre particolari classi di tali sistemi. a) Vettori concorrenti - I vettori hanno le loro rette dazione concorrenti in uno stesso punto C ; ciascuno di essi pu` o essere traslato lungo la propria retta dazione no ad essere applicato in C . Poi, si pu` o sostituire ad ogni coppia di vettori il loro risultante (con la regola del parallelogramma) e ripetere questa operazione tante volte a scarica-barile no ad ottenere il risultante dellintero sistema applicato in C . Siamo in grado ora di enunciare il seguente teorema, noto sotto il nome di Teorema di Varignon: Teorema 3.4.2 Il momento risultante di un sistema di vettori concorrenti rispetto ad un punto O ` e uguale al momento rispetto ad O del risultante pensato applicato nel punto di concorrenza. b) Vettori paralleli - Dato un sistema di vettori (Pi , vi ), i = 1, 2, . . . n, con vi = vi u, u versore ssato, allora il risultante R ` e dato da Ru, dove R = n i=1 vi . Il momento di ciascun vettore, rispetto ad un punto O dello spazio, risulta normale ad u, quindi Mp = 0. Questa classe di vettori, si pu` o pensare come caso limite di vettori concorrenti, in cui il punto di concorrenza ` e allinnito.

18

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

c) Vettori complanari - Si consideri un sistema di vettori (Pi , vi ), i = 1, 2, ...n, in un piano e sia O un qualsiasi punto appartenente al piano. In questo caso i momenti Mi (O) di ciascun vettore vi sono normali al piano , daltra parte il risultante R o ` e nullo od ` e parallelo al piano, e quindi Mp = 0. Si osservi che, in questi casi, il sistema ha rispetto ai punti dellasse centrale il momento risultante nullo, quindi il risultante R applicato in un punto (qualsiasi) dellasse centrale costituisce un sistema equivalente a quello dato. Si noti che il risultante viene cos` ad essere applicato in un punto di un elemento intrinseco del sistema, quale in realt` a` e lasse centrale. In generale, un sistema di vettori applicati a risultante non nullo e ad invariante scalare non nullo, ` e riducibile al risultante R applicato in un punto dellasse centrale e ad una coppia in un piano normale allasse centrale di momento pari ad Mp . Tale coppia serve a generare quel componente del campo vettoriale dei momenti parallelo alla direzione di R che non varia al variare del centro di riduzione dei momenti. Siamo ora in grado di rappresentare il campo vettoriale dei momenti di un sistema S su un qualsiasi piano normale alla direzione dellasse centrale. Ricordando la scomposizione M (O) = Mp + Mn (O), il campo risulta essere simmetrico rispetto allasse centrale stesso. Nella gura seguente il sistema S ` e stato ridotto al risultante R e ad una coppia (P, v ) e (P , v ) di momento uguale ad Mp . Nel piano rappresentativo da noi scelto, in ogni punto c` e un componente normale al piano ed uguale in tutti i punti pi` u un componente normale che cresce linearmente in modulo allontanandosi via via dallasse centrale.

Fig. 3: CAMPO DEI MOMENTI Per concludere questo paragrafo sui sistemi di vettori equivalenti, pu` o essere curioso considerare dellinsieme dei sistemi di vettori applicati dello spazio, il quoziente rispetto alla relazione di equivalenza sopra denita. Le classi di equivalenza sono una innit` a alla sesta, perch e rappresentabili con un vettore applicato in un qualsiasi punto delle rette dello spazio, pi` u una coppia di momento ssato in un piano normale. Schema riepilogativo M (O) M (O) = 0 = 0 = Sistema equilibrato. = Il sistema si riduce ad una coppia.

R = 0 =

3.5. COMPLEMENTI Mp = 0 Ad es.: Vettori concorrenti, paralleli, = complanari. Il sistema si riduce a R applicato sullasse centrale.

19

R = 0 =

3.5
3.5.1

Complementi

M =0 p

Caso generale. Il sistema si riduce a R applicato sullasse centrale = pi u una coppia sul piano ortogonale ad R.

Ancora sullasse centrale

Ricordando che lasse centrale ` e il luogo dei punti rispetto ai quali il momento risultante ` e parallelo al vettore risultante, si pu` o ricavare lequazione dellasse centrale con un diverso metodo. Si consideri un punto generico P di coordinate (x, y, z ) e si determini il momento risultante del sistema di vettori S rispetto a tale punto
n

M (P ) = M (x, y, z ) =
i=1

(Pi P ) vi .

Tale espressione ` e funzione delle coordinate generiche di P . Imporre che il punto P appartenga allasse centrale equivale ad imporre il parallelismo fra il momento risultante M (x, y, z ) = Mx (x, y, z ) + My (x, y, z ) + Mz (x, y, z )k ed il risultante R, ovvero, siano Rx , Ry , Rz le componenti di R che supponiamo tutte diverse da zero, lequazione dellasse centrale diventa My (x, y, z ) Mz (x, y, z ) Mx (x, y, z ) = = . Rx Ry Rz Si osservi che queste sono due equazioni nelle incognite x, y e z , che compaiono linearmente al numeratore e che rappresentano due piani nello spazio. Lasciamo ancora al lettore di adattare le equazioni al caso in cui, nel nostro sistema di riferimento, si annullino alcune delle componenti del risultante R.

3.5.2

Vettori paralleli

La classe dei vettori paralleli riveste una particolare importanza nelle applicazioni, quando tali vettori rappresentano un sistema di forze peso. Dedichiamo quindi ad essi questo paragrafo. Prendiamo in considerazione un sistema di vettori (Pi , fi ), i = 1, 2, . . . , n, con fi = fi u, n u versore ssato, allora il risultante F ` e dato da F u, dove F = i=1 fi . In questo caso il sistema ` e riducibile ad un solo vettore o ad una coppia, a seconda che il risultante F sia diverso da zero o nullo. Supponiamo F = 0, linvariante scalare come abbiamo gi` a detto ` e nullo. Deniamo centro dei vettori paralleli il punto C dato da
n

F (C O) =
i=1

fi (Pi O).

(3.5.1)

` facile provare il seguente teorema: E Teorema 3.5.1 Dato un sistema di vettori paralleli con F = 0, sia O un punto generico, il punto C denito da (??) gode delle seguenti propriet` a:

20 i) C ` e indipendente dalla scelta di O;

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

ii) C appartiene allasse centrale.

Dimostrazione. i) Ragioniamo per assurdo. Sia C il nuovo centro dei vettori paralleli trovato in corrispondenza di un nuovo punto di riferimento O . Denendo il centro dei vettori rispetto al nuovo punto O e riscrivendolo come segue
n n

F (C O ) =
i=1 n

fi (Pi O ) =
i=1

fi (Pi O + O O )

=
i=1

fi (Pi O) + F (O O ) = F (C O) + F (O O ) = F (C O ),

si ha C = C . ii) Proviamo ora che C appartiene allasse centrale. Calcoliamo il momento risultante rispetto a C
n n

M (C ) =
i=1

(Pi C ) fi =
i=1

fi (Pi C ) u = F (C C ) u = 0,

dove si ` e fatto uso della (??) rispetto al punto C . Ci` o prova che C si trova sullasse centrale. ` evidente che le propriet` E a sopra elencate sono vericate qualunque sia il versore u. Il centro dei vettori paralleli non dipende dalla direzione comune ai vettori, infatti se si varia la direzione comune ai vettori, lasciando invariati i punti di applicazione Pi e le componenti scalari fi , i = 1, 2, . . . , n, il centro C rimane lo stesso. Lo stesso dicasi se si moltiplica ciascuna delle componenti scalari fi per lo stesso scalare , ovvero sostituendo fi con fi . In conclusione un sistema di vettori paralleli con il risultante F = 0 ` e equivalente al solo risultante applicato nel centro C . Nel caso invece di risultante nullo, il sistema o ` e equilibrato od ` e equivalente ad un coppia, che pu` o essere ottenuta considerando separatamente i vettori concordi con la direzione u ed i vettori discordi. La nozione di centro dei vettori paralleli sar` a utilizzata quando studieremo il centro di massa di un sistema di punti materiali.

Esempio 3.2 Se sospendiamo in un piano verticale un corpo pesante (il triangolo ABC ) per due punti (il punto A ed il punto B ), le direzioni perpendicolari per i due punti (A e B ) passano entrambe per lo stesso punto P0 (centro di massa).

3.5. COMPLEMENTI

21

3.5.3

Esercizi sullasse centrale

Esercizio 3.1 Dato il sistema di vettori applicati (A, 3), (O, 5), dove O (0, 0, 0) ed A = (0, 0, 3), determinare lasse centrale, linvariante scalare e linvariante vettoriale. Il risultante ` e R = 3+5. Calcoliamo il momento del sistema rispetto ad un punto qualsiasi, scegliamo per semplicit` a il punto A. M (A) = (O A) 5 = 15. Linvariante scalare si ottiene moltiplicando scalarmente per R M (A) R = 15 (3 + 5) = 45; linvariante vettoriale ` e quindi 45 M (A) R R= (3 + 5). R2 34 Un punto O dellasse centrale ` e individuato da Mp = R M (O) (3 + 5) 9 27 = k. = R2 34 34 e la retta passante per tale punto e parallela Il punto O ` e dato da (0, 0, 27 34 ), e lasse centrale ` ad R, di equazioni: (O O) = 5x 3y = 0 27 z= 34 Ritroviamo tali equazioni con il metodo presentato nei Complementi. Sia P = (x, y, z ) il punto generico rispetto al quale si determina il momento risultante. Si ha

22

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

M (P ) = = =

M (x, y, z ) = (A P ) 3 + (O P ) 5 = (x y + (3 z )k) 3 + (x y z k) 5 = 3y k + 3(3 z ) 5xk + 5z = 5z + 3(3 z ) + (3y 5x)k.

Imponendo il parallelismo con R = 3 + 5, si ha 3y 5x = 0 9 3z , 5z = 3 5 da cui si ottengono le equazioni trovate sopra. Esercizio 3.2 Dato il sistema di vettori applicati (A, + ), (B, 3), dove A (0, 0, 1) ed B = (0, 0, 2), determinare lasse centrale, linvariante scalare e linvariante vettoriale. Il risultante ` e R = + 4. Il momento del sistema rispetto al punto O, origine del sistema di riferimento, risulta M (O) = 7 + . Linvariante scalare si ottiene moltiplicando scalarmente per R M (O) R = 3; lasciamo al lettore di vericare che questo valore ` e invariante, ripetendo il calcolo rispetto al punto A e di scrivere poi linvariante vettoriale.

Un punto O dellasse centrale ` e individuato da (O O) = 29 R M (O) = k. R2 17

29 ), e lasIl punto O ` e dato da (0, 0, 17 se centrale ` e la retta passante per tale punto e parallela ad R, di equazioni:

4x y = 0 29 z= 17

Il lettore pu` o ritrovare tali equazioni con il metodo presentato nei Complementi. Sia P = (x, y, z ) il punto generico, il momento risultante rispetto a tale punto ` e dato, come funzione di x, y , e z , da M (P ) = (4z 7) + (1 z ) + (y 4x)k.

Imponendo il parallelismo con R = + 4, si ottengono le equazioni trovate sopra.

3.5. COMPLEMENTI

23

Esercizio 3.3 Siano v1 = k , v2 = + 2, v3 = tre vettori applicati rispettivamente in P1 = (1, 0, 2), P2 = (1, 0, 0), P3 = (1, 1, 0); determinarne lasse centrale. Il lettore accorto vede facilmente (magari con laiuto di un disegno) che le direzioni dei tre vettori sono concorrenti nel punto P2 . Il momento rispetto a P2 ` e nullo e quindi lasse centrale sar` a dato da una retta passante per P2 e parallela al risultante R = 2 + 3 k . Le equazioni dellasse sono quindi date da y z x1 = = . 2 3 1 ed anche 3x 3 2y = 0 . 3z + y = 0 Esercizio 3.4 Determinare lasse centrale del seguente sistema di vettori v1 = k applicato in P1 = (0, 0, 1)

v2 = 2 + k applicato in P2 = (0, 0, 1) v3 = 2 applicato in P3 = (1, 2, 1) v3 = 2 k applicato in P4 = (1, 0, 0) .

Lasciamo al lettore di vericare che linvariante scalare ` e nullo. Il risultante ` e R = 2 k. Si suggerisce di scrivere il momento rispetto ad un punto generico P (x, y, z ), ottenendo M (x, y, z ) = (y 2z ) + (z x) + (2x y )k . Imponendo il parallelismo fra M (P ) e R si trova la retta x + 2y 5z = 0 . xy+z =0 Lasse centrale passa per lorigine del sistema di riferimento, come si poteva vedere dallanalisi dellespressione di M (x, y, z ) (che si annulla in (0, 0, 0). Si noti inne che P3 appartiene allasse centrale, senza comunque che i quattro vettori concorrino in quel punto. Lasse centrale si pu` o determinare anche mandando la retta per (0, 0, 0) parallela ad R, ottenendo 2x y = 0 . xz =0 Si ricordi comunque che una retta nello spazio si pu` o rappresentare come intersezione di due rette in inniti modi diversi. Esercizio 3.5 Determinare lasse centrale del seguente sistema di vettori v1 = 2k applicato in P1 = (1, 0, 1)

v2 = + 2 applicato in P1 = (1, 0, 0) v3 = applicato in P1 = (1, 1, 0) .

24

CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

3.5.4

Esercizi graci

Facendo uso di operazioni elementari, si risolvano gracamente i seguenti problemi. 1. Determinare lasse centrale di un sistema costituito da due vettori paralleli (equiversi e non) a risultante non nullo. Quindi ridurre due vettori applicati paralleli a risultante non nullo ad un solo vettore applicato. 2. Ridurre due vettori applicati complanari non paralleli ad un vettore applicato (regola del parallelogramma). Come si puo operare se le rette dazione dei vettori non si incontrano sul foglio da disegno? 3. Ridurre un vettore applicato (P, v ) ad un sistema di tre vettori applicati su tre rette assegnate (discutere e risolvere gracamente prima il caso di tre rette concorrenti, poi il caso di rette senza un unico punto in comune). Lasciamo al lettore di interpretare la costruzione graca in gura, nel caso in cui le tre rette sono concorrenti. Si noti che la direzione ausiliaria ON ` e stata scelta a caso (fra le rette 2 e 3), quindi la decomposizione richiesta pu` o essere eseguita in 1 modi diversi.

La decomposizione nel caso di tre rette non tutte e tre concorrenti in un punto richiede maggiore attenzione. Suggeriamo al lettore di unire il punto M, intersezione della direzione del vettore v con una delle tre rette, con il punto intersezione delle altre due rette, quindi spostare il vettore in M , . . . . 4. Determinare gracamente il momento di un vettore v applicato in P rispetto ad un punto O.

3.5. COMPLEMENTI

25

Innanzitutto dobbiamo ssare le unit` a di misura. Sia u, rappresentato dal segmento in gura, lunit` a di misura per il vettore v e sia l lunit` a di misura delle lunghezze. Riportiamo a lato il vettore v , e da un polo scelto a distanza l dalla direzione di v , mandiamo i due lati 0A e 1A, poi dal punto di applicazione di v si mandano le parallele r1 ed r2 no a tagliare sulla direzione per O parallela a v il segmento R1 R2 . Dalle similitudini in gura, si ottiene v : l = R1 R2 : b, quindi vb = R1 R2 l. Quindi la misura del segmento R1 R2 rispetto ad u, d` a la misura del momento rispetto alla sua unit` a di misura (data dallarea del rettangolo u l), ovvero larea del rettangolo R1 R2 l d` a la misura del momento.

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CAPITOLO 3. TEORIA DEI MOMENTI

Capitolo 4

CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI


4.1 Introduzione

Un corpo rigido ` e un sistema di punti materiali, tale che durante il moto la distanza fra ogni coppia di punti si mantiene costante. Prima di tutto studieremo la natura e le caratteristiche del movimento dei corpi rigidi (cinematica dei corpi rigidi), poi, dopo avere imparato le tecniche matematiche per studiare il moto di un corpo rigido, indagheremo come questo moto dipende dalle forze e dai momenti delle forze esterne. In queste note ci interesseremo soprattutto degli aspetti geometrici della cinematica dei rigidi, molto importanti per la meccanica applicata ed anche per diverse applicazioni come la computer graphics e la meccanica dei robot.

4.2

Sistemi di riferimento sso e solidale

Sia S un sistema di n(> 3) punti materiali Pi , rigidamente collegati fra loro, cio` e Pi Pj = costante, 1 i, j n. Se gli n punti materiali fossero liberi di muoversi, allora il sistema avrebbe 3n gradi di libert` a, ma in realt` a occorre tenere conto dei vincoli di rigidit` a: distanza fra due punti = Pi Pj = costante , i, j = 1 . . . n,

ed i gradi di libert` a si riducono a 6. Infatti per individuare la congurazione di un punto ` e suciente assegnare le distanze da tre qualsiasi altri punti (non allineati) del

Figura 4.1 Corpo rigido

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CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

sistema, ogni altra assegnazione risulterebbe inutile (perch e dipendente dalle altre) (a parte il fatto della scelta del semispazio rispetto al piano individuato dai tre punti). In tal modo, una volta assegnati 3 punti del corpo rigido, sono assegnate tramite i vincoli le posizioni di tutti gli altri. Pertanto possiamo assegnare 9 coordinate per ssare le coordinate dei tre punti (diciamo P1 , P2 , P3 ), ma le distanze fra le coppie di punti d12 , d23 , e d13 sono costanti quindi il numero dei gradi di libert` a si riduce a sei. Ragionando anche in altro modo, si pu` o arrivare allo stesso risultato: per individuare la congurazione di P1 occorrono tre coordinate, successivamente, per individuare P2 che dovr` a stare su una sfera di centro P1 e raggio d12 occorrono ancora 2 coordinate. Inne per individuare il punto P3 basta una sola coordinata, poich e pu` o solo ruotare attorno allasse P1 P2 . In conclusione un corpo rigido discreto (n punti materiali) o continuo, libero nello spazio tridimensionale, ha 6 gradi di libert` a. Indichiamo con S un sistema di riferimento, solidale con il corpo rigido, con origine in un punto O ed assi x, y, z, (il punto O non deve necessariamente essere uno dei punti che costituscono il sistema rigido S ). Indichiamo con un sistema sso con origine ed assi , e . Individuare la congurazione di un sistema rigido S ` e equivalente ad individuare la congurazione della terna solidale con esso. Sia O lorigine del sistema solidale, occorrono 3 coordinate per individuarne la posizione rispetto a , quindi le altre 3 coordinate (poich e 6 sono i gradi di libert` a) dovranno servire per determinare lorientamento Figura 4.2 Assi di riferimento degli assi x, y, z, rispetto agli assi , e , o equivalentemente rispetto ad assi per O paralleli a , e . Un modo per determinare tale orientamento ` e tramite i coseni direttori. Si consideri O = e siano , , k e 1 , 1 , k1 i versori di S e di (come in gura), si ha k 1 = 1 , 1 = 1 , 1 = k 1 , = 1 1 + 2 1 + 3 k1 = 1 1 + 2 1 + 3 k1 = 1 1 + 2 1 + 3 k1

dove

2 = 1 , 2 = 1 , 2 = k 1 ,

3 = k1 , 3 = k1 , 3 = k k1 ,

sono i coseni direttori degli assi solidali col corpo rigido rispetto al sistema sso . Linsieme di questi 9 coseni direttori specica lorientamento di S , ma essi sono legati

4.2. SISTEMI DI RIFERIMENTO FISSO E SOLIDALE fra loro dalle relazioni di ortogonalit` a e di modulo unitario dei versori di base, cio` e 1 1 = 1 k1 = k1 1 = 0 , 1 1 = 1 1 = k1 k1 = 1 , ed analoghe per , , k = k = k = 0, = = k k = 1.

29

Figura 4.3 Formalmente si possono sintetizzare nellespressione l m + l m + l m = lm , dove lm = 1, l=m 0, l=m

sei equazioni che riducono il numero di parametri indipendenti da nove a tre.

si ottengono l m + l m + l m = 0, l, m = 1, 2, 3, l = m, 2 2 + l + l2 = 1, l l = 1, 2, 3,

Se consideriamo tutti i possibili prodotti scalari fra le relazioni che esprimono 1 , 1 , k1 in funzione di , , k 1 = 1 + 1 + 1 k 1 = 2 + 2 + 2 k k = + + k 1 3 3 3

l, m = 1, 2, 3,

(4.2.1)

` e la (delta) di Kronecker. Mediante i coseni direttori si possono esprimere le coordinate di un punto in un sistema di riferimento in funzione delle coordinate dello stesso punto nellaltro sistema. Cio` e le coordinate di P rispetto ad S sono date dalle componenti del vettore posizione (P O) lungo gli assi del sistema. Quindi x = (P O) = (x 1 + y 1 + z k1 ) y = (P O) = (x 1 + y 1 + z k1 ) z = (P O) = (x + y + z k ) k 1 1 1 ed in generale x y z = 1 x + 2 y + 3 z = 1 x + 2 y + 3 z . = 1 x + 2 y + 3 z (4.2.2)

30

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

Come abbiamo visto, linsieme dei nove coseni direttori (pi` u le condizioni di ortogonalit` a) deniscono completamente la trasformazione fra i due sistemi di coordinate. Indichiamo con T la matrice di trasformazione: 1 2 3 1 2 3 . 1 2 3 T rappresenta una trasformazione lineare ortogonale, a causa della condizione di ortogonalit` a l m + l m + l m = lm , l, m = 1, 2, 3. Allora il passaggio da coordinate di un sistema sso a coordinate solidali con il corpo rigido si ottiene mediante una trasformazione ortogonale. Pu` o convenire a volte di indicare gli elementi della matrice con il solito simbolo aij , indice di riga, j indice di colonna; e (x, y, z ) con (x1 , x2 , x3 ) = {xi }, ecc. Siano {ei } ed { e i } le due basi ortogonali, corrispondenti al sistema solidale e al sistema sso, legate fra loro dalla relazione
3

Figura 4.4

ei =
j =1

aij ej ,

i = 1, 2, 3 ,

allora il sistema (??) diventa


3

xi =
j =1

aij x j,

i = 1, 2, 3 ,

e la (??)
3

aij aik = jk ,
i=1

j, k = 1, 2, 3 .

Il passaggio dalle coordinate solidali a quelle sse ` e quindi dato, tramite la matrice trasposta aT ij , da
3

x j

=
i=1

aT ij xi ,

j = 1, 2, 3 .

Nota 4.1 Richiami di calcolo matriciale. richiami Con T1 e con TT indichiamo la matrice inversa e la matrice trasposta della matrice T, per le cui denizioni rimandiamo al corso di Geometria. Le condizioni di ortogonalit` a si esprimono in forma compatta con TT T = I T T 1 1 da cui T = T TT = T , cio` e la matrice inversa di una matrice ortogonale coincide con la matrice trasposta. Pu` o essere necessario di dovere trasformare un operatore T in seguito ad un cambiamento di coordinate. Sia A la matrice che trasforma il sistema di coordinate e sia v il trasformato tramite T di v v = Tv Applicando A , si ha Av = ATA1 Av e si pu` o intendere ATA1 come la nuova forma assunta da T nel nuovo riferimento: T = ATA1 . Ogni trasformazione di questo tipo ` e detta trasformazione di similitudine.

4.3. ROTAZIONE NEL PIANO

31

4.3

Rotazione nel piano

Consideriamo qui una particolare trasformazione del piano. Innanzitutto ricordiamo che lusuale spazio R2 ` e identicabile con un piano geometrico , una volta che su questultimo sia stato ssato un sistema di riferimento (O, , ), con la corrispondenza fra una coppia di R2 ed i punti del piano data da (x, y ) R2 O + x + y . In generale per interpretare geometricamente una trasformazione da R2 in s e, ` e dunque necessario specicare quale sistema di riferimento nel piano deve essere considerato sia prima che dopo avere applicato la trasformazione. Vedremo nel seguito come la possibilit` a di cambiare il sistema di riferimento porta a pi` u interpretazioni geometriche di una stessa trasformazione. Consideriamo la trasformazione T : R2 R2 T= cos sin sin cos .

come trasformazione del piano R2 in s e. Sia P un punto di coordinate (x, y ), allora le coordinate del punto trasformato P = TP sono date da x y = T(x, y ) = cos sin sin cos x y = x cos y sin x sin + y cos ,

(x , y ) sono le coordinate rispetto allo stesso sistema di riferimento (O, , ). Cio` e se sul piano si considera uno stesso sistema di riferimento (sia per linterpretazione di P che di P ) si ha che T corrisponde alloperazione geometrica P = O + x + y P = (x , y ) = O + (x cos y sin ) + (x sin + y cos ) che consiste nella rotazione del piano in senso positivo (antiorario) di un angolo . Daltra parte, possiamo anche considerare su il sistema (O, , ) per linterpretazione di P x y , mentre per linterpretazione del trasformato di P si pu` o considerare il sistema ruotato di un angolo : (O, , , k ). In questo caso si ha = cos() + sin() = cos sin = sin() + cos() = sin + cos (4.3.1) Il punto P , nel piano , visto come punto di (O, , ), ha le coordinate (x, y ) che diventano (x , y ) nel nuovo riferimento (O, , ). Figura 4.5

32

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

Se esprimiamo il punto di coordinate (x , y ) nel nuovo sistema di riferimento (O, , ) (ruotato di in senso orario) in funzione del sistema (O, , ) tramite le (??) si ha P = x + y = (x cos y sin ) + (x sin + y cos ) = (x cos y sin )(cos sin ) + (x sin + y cos )(sin + cos ) = x + y , e si trova nuovamente il punto P nel sistema (O, , ). Allora, la trasformazione geometrica di rotazione in senso antiorario nello stesso sistema di riferimento corrispondente a T non si riduce altro che alla banale applicazione identica, se vista nel nuovo sistema di riferimento. Quindi, la trasformazione T ` e lespressione di una eettiva rotazione geometrica antioraria di un angolo di un piano geometrico , se su questo si considera un sistema di riferimento sso; mentre T rappresenta il passaggio da vecchie coordinate a nuove coordinate di tutti i punti geometrici di (e che da un punto di vista geometrico rimangono ssi), nel caso si passi da un sistema di riferimento (O, , ) ad un nuovo sistema (O, , ) ruotato in senso antiorario di un angolo (ovvero in senso orario di un angolo ). Per concludere, la trasformazione T corrisponde ad una rotazione antioraria (positiva) di un angolo quando ` e applicata al sistema di coordinate ssate nel piano R2 , se invece il sistema di coordinate viene ruotato in senso orario di una angolo , rappresenta il passaggio alle nuove coordinate. Si consideri ora un sistema di riferimento R ruotato di un angolo in senso positivo (antiorario). La matrice di trasformazione tra la base (, ) e la nuova base ( , ) = cos sin sin cos ,

4.4. GLI ANGOLI DI EULERO

33

` e proprio la matrice trasposta TT corrispondente alla trasformazione di rotazione T del piano in s e, di un angolo . Esempio 4.1 Mostriamo con un esempio cosa vuol dire ruotare punti o ruotare il sistema. Consideriamo il punto (1, 0, 0) (che corrisponde al vertice del vettore dellasse x), moviamo il punto con una rotazione del piano intorno allasse (di un angolo ) cos sin 0 1 cos sin cos 0 0 = sin . 0 0 1 0 0 cos 1 + sin 1 (riferito sempre al sistema originario). Verichiamo cosa succede se trasformo la terna (1 , 1 , k1 ) con una rotazione positiva. 1 cos sin 0 sin cos 0 1 . 0 0 1 k1

Il punto (0, 0, 0) va a nire in (cos , sin , 0), ovvero il vettore di base si trasforma in

La nuova terna ruotata (, , k ) ` e quindi legata a quella originaria da = cos 1 + sin 1 = sin 1 + cos 1 . k = k1

4.4

Gli angoli di Eulero

Prima di studiare il moto di un corpo rigido ` e necessario scegliere tre parametri indipendenti con cui descrivere le congurazioni del corpo, (tre coordinate sono gi` a servite per individuare la posizione di un suo punto O).

Figura 4.6 Angolo di precessione

Siano ed S i sistemi con origine in O, rispettivamente sso e solidale con il corpo rigido, che supponiamo inizialmente coincidenti. Per passare da ad S sono sucienti tre successive rotazioni eseguite secondo un ordine ben preciso. I tre angoli, corrispondenti alle tre successive rotazioni (in senso antiorario), sono detti angoli di Eulero (Leonard Euler, Basilea 1707 - Pietroburgo 1783).

34

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI di un angolo rappresentata dalla 0 0 . 1

ROTAZIONE del sistema S intorno allasse = z , matrice cos sin A1 = sin cos 0 0

= Angolo di PRECESSIONE, 0 < < 2. La matrice di rotazione A1 applicata ai versori di base di d` a i versori del sistema ruotato in senso antiorario di , in quanto A1 indica i coseni direttori della nuova terna S rispetto a .

2. ROTAZIONE degli assi x, y, z intorno allasse x, di un angolo , rappresentata dalla matrice 1 0 0 sin . A2 = 0 cos 0 sin cos = Angolo di NUTAZIONE, 0 < < .

Figura 4.7 Angolo di nutazione

3. ROTAZIONE degli assi x, y, z intorno al (nuovo) asse z , di un angolo rappresentata dalla matrice cos A3 = sin 0 sin 0 cos 0 . 0 1

= Angolo di ROTAZIONE PROPRIA, 0 < < 2. Figura 4.8 Angolo di rotazione propria

4.5. MOTI RIGIDI

35

Viceversa, per portare la terna S a coincidere con la terna ssa , si pu` o ruotando la terna S di un angolo intorno a z , restando invariati e , lasse x si sovrappone alla cosiddetta linea dei nodi n; ruotando S di un angolo intorno ad x, restando invariati = 0 e , si porta lasse z a coincidere con lasse ; inne ruotando di un angolo intorno allasse z , si porta lasse y a coincidere con lasse sso e lasse x a coincidere con lasse sso . Cos` la terna S ` e stata portata a coincidere con la terna con tre rotazioni tra loro indipendenti, quindi i tre angoli , , e possono essere assunti come coordinate lagrangiane atte ad esprimere lorientamento di uno spazio rigido S rispetto ad un altro spazio rigido . I tre angoli , , e sono detti angoli di Eulero. La trasformazione diretta che porta a sovrapporsi sulla terna S pu` o essere intesa come la composizione delle tre rotazioni sopra denite:

T = A3 A2 A1 .

La trasformazione che si ottiene ` e ancora una trasformazione ortogonale, la cui rappresentazione matriciale ` e data dalla seguente espressione

cos cos sin sin cos sin cos cos sin cos sin sin

cos sin + sin cos cos sin sin + cos cos cos cos sin

sin sin cos sin , cos

che, letta per righe d` a i coseni direttori della terna solidale S rispetto alla terna ssa e letta per colonne d` a i coseni direttori della terna rispetto alla terna S . In conclusione, sia S la terna solidale con un corpo rigido, per individuare S rispetto al riferimento sso occorrono le 3 coordinate di O ed i 3 angoli di Eulero, cio` e 6 coordinate libere, tante quante sono i gradi di libert` a del corpo rigido.

4.5

Moti rigidi

Si dice moto rigido il moto di un qualsiasi corpo rigido S . Dopo quanto detto precedentemente, si associa al corpo rigido un sistema solidale S con il corpo stesso, e quindi lo studio del moto di S ` e ricondotto allo studio del moto del sistema solidale S rispetto a . In un corpo rigido in movimento ` e possibile esprimere la velocit` a e laccelerazione di ogni punto di S . In generale, se S non ` e costituito da un numero nito di punti, per i quali sia semplice esprimere le grandezze cinematiche suddette, occorre assegnare le leggi costitutive che caratterizzano a priori le propriet` a geometriche o siche di S e dedurre da queste, e dalle denizioni generali, la velocit` a e laccelerazione di ogni singolo punto. Comunque per determinare il moto ` e necessario conoscere sia la congurazione che latto di moto iniziali di ogni punto del sistema.

36 Sia S un sistema rigido, continuo o discreto. La velocit` a di un qualsiasi punto P dello spazio solidale S si pu` o esprimere mediante la velocit` a v (O) del punto O rispetto a , pi` u un altro vettore che dipender` a dalle variazioni dei versori solidali rispetto al sistema sso . Premettiamo il seguente teorema. Teorema 4.5.1 In ogni moto rigido esiste uno ed un solo vettore , dipendente dal tempo, tale che per ogni versore solidale e si ha de = e. dt (4.5.1)

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

Dimostrazione. Poich e la derivata di un versore ` e sempre ortogonale al versore stesso, relativamente ai versori , , e k , esisteranno opportuni vettori 1 , 2 , e 3 tali che d = 1 , dt d = 2 , dt dk = 3 k . dt (4.5.2)

Teniamo ora conto delle relazioni di ortogonalit` a fra i versori , , e k , = 0, derivando (rispetto al tempo) si ha d d + = 0, dt dt d dk k+ = 0, dt dt dk d +k = 0. dt dt (4.5.3) k = 0, k = 0,

Sostituendo le (??) nella prima delle (??) 1 + 2 = 0 , ed esprimendo i secondo le componenti i = pi + qi + ri k , si ottiene (r1 q1 k ) + (r2 + p2 k ) = 0, ovvero r1 r2 = 0 = r1 = r2 . Operando in maniera analoga con le altre relazioni in (??), si ottiene p2 = p3 , E quindi p = p2 = p3 , q = q1 = q3 , r = r1 = r2 . Poich e i vettori i nelle (??) possono essere deniti a meno della componente i-esima, possiamo scegliere p1 = p, q2 = q, r3 = r. Quindi in conclusione si pu` o denire = p + q + rk . q1 = q3 .

4.5. MOTI RIGIDI A questo punto ` e facile derivare la formula (??) per ogni versore solidale, e = e1 + e2 + e3 k , infatti si ha de dt = e1 d d dk + e2 + e3 = e1 + e2 + e3 k dt dt dt

37

= e1 + e2 + e3 k = e. Rimane da provare che il vettore trovato ` e unico. Sia un secondo vettore che soddisfa la (??), allora si ha contemporaneamente de = e, dt de = e. dt (4.5.4)

Sottraendo membro a membro si ottiene [ ] e = 0, e per larbitrariet` a del versore e, si ha = . La formula (??) ` e nota col nome di formula di Poisson (Sim eon Denis Poisson, Pithiviers, Loiret, 1781 - Paris, 1840). La formula di Poisson caratterizza completamente i versori solidali, infatti se e ` e un versore che si muove rispetto al sistema sso in modo da soddisfare istante per istante la (??), allora si pu` o mostrare che il versore e ` e un versore solidale. Il vettore si pu` o esprimere anche nella forma seguente = d k + dt dk + dt d k . dt (4.5.5)

Presentiamo ora, per i pi` u curiosi, una dimostrazione diversa della formula di Poisson, che ha il vantaggio di ricavare il vettore nella forma analitica (??). Problema 4.5.1 Sia un versore della terna solidale S , esprimere la Poich e la derivata di un versore ` e ortogonale al versore stesso, si ha derivata
d dt d dt

d . dt = 0. Esprimiamo poi il vettore

tramite le sue componenti rispetto a , , k . d d d d d d = + + k k = + k k. dt dt dt dt dt dt dk d = k, dt dt

(4.5.6)

Derivando k = 0

e quindi la (??) diventa d = dt Sostituendo poi = k e k = d = dt d k+ dt dk dt ! .


d dt

d dt

! dk k. dt

(4.5.7)

(4.5.8) k , ottenendo

Per ottenere una espressione formalmente ciclica si pu` o aggiungere il termine nullo d = dt " d k + dt ! # dk d + k dt dt

38

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

d k e d , otteniamo la stessa espressione che denotiamo con il Se ripetiamo lo stesso ragionamento per dt dt simbolo : ! d dk d = (4.5.9) k + + k . dt dt dt

Con questa espressione ` e facile esprimere in funzione di una coordinata angolare, ad esempio nel caso di una rotazione del piano di un angolo .

Problema 4.5.2 Determinare il vettore , nel caso di un moto di rotazione.

Si consideri il caso particolare di una rotazione intorno ad un asse sso, passante per (vedi gura). Indichiamo come al solito con (O ; x, y, z ) la terna mobile e con (; , , ) la terna ssa. Lasse z ` e diretto secondo lasse di rotazione (sso, ortogonale al foglio e coincidente con lasse ). Scegliendo il senso antiorario di rotazione, langolo scelto cresce nel verso positivo delle rotazioni (antiorario). Indichiamo con p, q ed r le componenti di nel sistema mobile: = p + q + r k. Ricordando il legame fra i versori solidali e quelli ssi in funzione dellangolo fra lasse e lasse x, 8 = cos 1 + sin 1 < = sin 1 + cos 1 : k = k1 (4.5.10)

si ottiene facilmente, dalla (??) p q r Quindi = k = k1 . = = =

d k= ( cos 1 sin 1 ) k1 = 0 dt dk1 dk = = 0 dt dt d = ( sin 1 + cos 1 ) ( sin 1 + cos 1 ) = sin2 + cos2 = . dt

Problema 4.5.3 Esprimere il vettore , che caratterizza il moto rigido dellasta AB vincolata, come in gura, a muoversi con gli estremi su due assi perpendicolari.

Scelto langolo , le relazioni fra i versori solidali e ssi sono 8 < quindi dalla formula (??) per si ottiene : = sin 1 cos 1 = cos 1 + sin 1 k = k1

(4.5.11)

4.6. FORMULA FONDAMENTALE DEI MOTI RIGIDI

39

p q r

= = = =

d k = ( sin 1 + cos 1 ) k1 = 0 dt dk =0 dt d = ( cos 1 + sin 1 ) (cos 1 + sin 1 ) dt cos2 + sin2 = = k = k1

da cui Lasciamo al lettore di vericare che con una scelta diversa dellangolo, ad esempio, , , e come in gura si ha = = = k = k1 k = k1 k = k1 .

Si ricordi la seguente REGOLA GENERALE. Se langolo scelto cresce quando il sistema solidale ruota in senso antiorario (positivo secondo le nostre convenzioni), allora si ha = + k , altrimenti se decresce si ha = k.

4.6

Formula fondamentale dei moti rigidi

Si considerino due punti generici del sistema rigido; derivando rispetto al tempo il vettore solidale (P O) , si ha d(P O) = (P O), dt dove ` e il vettore corrispondente alla variazione dei versori solidali denito dalla (??). Si ottiene cos` la formula fondamentale dei moti rigidi v (P ) = v (O) + (P O) , (4.6.1)

che esprime la velocit` a di un qualunque punto P del sistema S mediante la velocit` a v (O) di un altro punto O di S ed il vettore = (t), (si ricordi che O ` e un punto qualsiasi del sistema rigido, anche se spesso con il punto O viene indicata lorigine del sistema solidale). Quindi se il moto ` e rigido, allora vale la (??). Viceversa valga la (??), proviamo che il moto ` e rigido. Moltiplicando scalarmente la (??) per (P O), si ha v (P ) (P O) = v (O) (P O) , (4.6.2) [v (P ) v (O)] (P O) = 0 . Questultima equivale a d 1 (P O) (P O) = 0 , dt 2 ovvero a P O = costante (indipendente dal tempo), che caratterizza i corpi rigidi. I vettori v (O) ed che compaiono nella (??) (e dipendono in genere dal tempo) caratterizzano completamente il moto rigido e sono dette le caratteristiche del moto rigido, v (O) ` e la caratteristica di traslazione ed ` e la caratteristica di rotazione. Assegnare la velocit` a v (O) = v (O)(t) di un qualsiasi punto O e la velocit` a angolare (t), signica caratterizzare completamente uno degli 6 moti possibili del sistema rigido.

40 Derivando rispetto al tempo ambo i membri della (??) si ottiene lespressione per laccelerazione del punto P (P O) a(P ) = a(O) + + { (P O)}

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

nel sistema . Laccelerazione di P ` e espressa in funzione dellaccelerazione a(O) di O, della velocit` a di ro Il tazione e della sua derivata . termine { (P O)} ` e detto termine centripeto ed ` e diretto da P verso lasse parallelo ad per O. Torniamo alla formula fondamentale dei moti rigidi. La (??) v (P ) (P O) = v (O) (P O) , pu` o essere interpretata nel seguente modo. La componente della velocit` a di due punti qualsiasi P ed O secondo la direzione individuata dai due punti ` e uguale; questa componente pu` o variare da coppie di punti a coppie di punti, ma si mantiene uguale per tutti quei punti appartenenti alla stessa retta. Nella gura si mostra come le velocit` a di due punti di un corpo rigido non possono essere assegnate in modo qualsiasi, le componenti di tali velocit` a sulla retta dei due punti devono essere uguali. Consideriamo il caso in cui (t) = 0. Unaltra propriet` a che si pu` o facilmente derivare dalla formula fondamentale si ottiene moltiplicando scalarmente ambo i membri della (??) per : v (P ) = v (O) , ovvero, allistante t , la componente della velocit` a secondo ` e la stessa. Questa componente (scalare) risulta invariante al variare di O, ed ` e detta invariante scalare del sistema S , allistante t. Indicato il componente della velocit` a secondo la direzione di vp = v (O) , 2

tale componente parallela ad non varia al variare di O ed ` e detta invariante vettoriale. Indicato con vn (O), il componente di v (O) normale alla direzione , la formula (??) si pu` o scrivere v (P ) = vp + vn (O) + (P O). Il termine di variazione (P O) inuisce solamente sulla parte normale vn (O), quindi ` e naturale domandarsi se esistono punti Q dello spazio la cui velocit` a si riduca alla sola parte ` noto dal calcolo vettoriale parallela vp (che eventualmente potr` a essere anche nulla). E che, nel nostro caso in cui vn (O) ed sono fra loro ortogonali, lequazione vn (O) = (Q O) , (4.6.3)

nellincognita (Q O), con = O, ha innite soluzioni. Poich e, moltiplicando scalarmente per (Q O) la (??), si ha vn (O) (Q O) = 0, i punti Q soluzioni di (??) stanno su un piano normale ad vn (O). Se ` e il piano per O ortogonale alla direzione di vn (O), ` e

4.7. RIGATA FISSA E RIGATA MOBILE

41

suciente individuare un punto A su tale piano che soddis la (??), di modo che (A O), e vn (O) costituiscano una terna destrorsa e (A O) = vn (O) . Moltiplicando vettorialmente a destra per , lequazione (??), si ha [(A O) ] [ ](A O) = vn (O) 2 (A O) = vn (O) , ed anche v (O) vn (O) = . 2 2 La retta passante per A parallela ad ha lequazione (A O) = (P A) = (4.6.5) (4.6.4)

(4.6.6)

dove P (x, y, z ) ` e un punto generico della retta ed A (xA , yA , zA ) ` e soluzione di (??). In termini di coordinate, assunto O come origine delle coordinate, siano x , y , z le componenti di , che supponiamo tutte diverse da zero, lequazione della retta cercata x xA y yA z zA = = , x y z dove xA = y vz z vy , 2 yA = z vx x vz , 2 zA = x vy y vx ; 2 (4.6.7)

2 2 2 + y + z . Lasciamo al lettore di adattare le formule con v (O) = vx + vy + vz k ed 2 = x (??) al caso in cui, nel nostro sistema di riferimento, si annullino alcune delle componenti del risultante . La retta che abbiamo individuato, allistante t, ` e il luogo dei punti che si muovono con velocit` a vp . Questa retta ` e detta asse istantaneo di moto (o asse di Mozzi), la cui esistenza ` e assicurata istante per istante quando sia (t) = 0, essa ` e parallella ad , ed i suoi punti o sono istantaneamente fermi (quando vp = 0) o si muovono con velocit` a vp parallela ad .

Se ricordiamo la denizione di asse centrale, come luogo dei punti dello spazio rispetto ai quali il momento risultante ` e parallelo al vettore risultante R, ovvero si riduce alla sola parte parallela e che quindi ha il modulo minimo, si vede la perfetta analogia con lasse istantaneo di moto. Quindi la derivazione dellasse di moto ` e perfettamente analoga a quella dellasse centrale, con la sola dierenza che qui i vettori (velocit` a invece dei momenti) sono dipendenti dal tempo e quindi lasse ha la caratteristica di essere calcolato istante per istante. Vedremo poi cosa succede al variare del tempo di questa asse di moto.

4.7

Rigata ssa e rigata mobile

Abbiamo visto che quando = 0 esiste una retta, allistante t, i cui punti hanno velocit` a diretta secondo il vettore , di equazione P (t) O(t) = (t) v (O)(t) + (t). 2 (t) (4.7.1)

Con riferimento al sistema sso , il luogo delle successive posizioni dellasse di istantanea rotazione ` e una supercie rigata, che viene detta rigata ssa del moto. Analogamente

42

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

nel sistema S solidale al corpo rigido, le posizioni dellasse di istantanea rotazione generano unaltra rigata, detta rigata mobile del moto. Nella rappresentazione del sistema S mobile rispetto a , allistante t, le rigate ssa e mobile hanno la stessa generatrice, lungo la quale le due rigate sono a contatto. Durante il moto, i punti di tale asse o subiscono un momentaneo arresto oppure hanno velocit` a parallela allasse stessa, quindi o le due rigate non strisciano luna sullaltra o al pi` u possono slittare luna sullaltra lungo la generatrice di contatto. In ogni caso per eetto della rotazione , la rigata mobile solidale con il corpo rigido ruota dellangolo dt intorno allasse nellintervallo di tempo innitesimo dt. In questa rotazione vengono a contatto le due nuove generatrici innitamente Figura 4.9 Rigate di moto vicine. In conclusione in un moto rigido, la rigata mobile rotola sulla rigata ssa, scorrendo lungo la generatrice di contatto con velocit` a vp = v (O) . Questi aspetti sono alla base della trasmissione dei movimenti rigidi, mediante laccoppiamento di supercie rigate, di interesse in Meccanica Applicata.

4.8

Ancora sulle rigate del moto

Lequazione P (t) O(t) = (t) v (O)(t) + (t). 2 (t) (4.8.1)

al variare di d` a una retta parallela ad e passante per A. Al variare del tempo la retta genera una supercie.

4.8. ANCORA SULLE RIGATE DEL MOTO

43

Indichiamo con la supercie generata dalla retta per P (t) nel sistema sso , e con S la supercie generata dalla retta per P (t) nel sistema mobile S ; e distinguiamo P (t) da PS (t) per indicare quando vediamo il punto P (t) come visto dal sistema sso e dal sistema mobile, rispettivamente. In ogni istante il punto P d` a un P (t) in ed un PS (t) in S . Passando alle rette, sia r(t) la retta ottenuta al variare di , allistante t. Allistante di tempo t1 si ha r(t1 ) = r (t1 ) = rS (t1 ) , ovvero lasse istantaneo di moto si pu` o vedere sia come retta nel sistema sso , sia come retta nel sistema mobile S . In un istante di tempo successivo t2 > t1 , la retta r(t2 ) ` e in genere diversa da r(t1 ). La retta r(t1 ) = rS (t1 ) ha perso la propriet` a di essere asse istantaneo di moto, comunque r (t1 ) e rS (t1 ) rimangono due rette delle due supercie e S . La nuova retta r(t2 ) ha ora la propriet` a di essere asse istantaneo di moto, che r (t1 ) e rS (t1 ) hanno perso e che r (t2 ) e rS (t2 ), che coincidono allistante t2 , hanno in questo istante. Disegnamo allistante t la supercie e la supercie S a contatto, lungo la retta r(t). Vediamo ora il moto del punto P = P (t), ssato un certo valore di , come punto che ha la propriet` a di appartenere allasse istantaneo di moto allistante t. Quel punto dellasse istantaneo di moto, ovvero che ha la propriet` a di appartenere allasse istantaneo di moto, si sposta sia su , che su S , con velocit` a (in genere diverse), che indichiamo con v (P ) e vS (P ) allistante t .

Con riferimento alla gura, v (P ) indica la velocit` a con cui il punto P , quello che ha la propriet` a di appartenere allasse istantaneo, si sposta su , vS (P ) indica la velocit` a con cui il punto P si sposta su S . La velocit` a relativa vS (P ) e la velocit` a assoluta v (P ) sono legate dalla relazione v (P ) = vS (P ) + vT (P ), (4.8.2)

44

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

dove la velocit` a di trascinamento vT ` e proprio data dalla componente parallela della velocit` a v (O) , vp = 2 cio` e il punto P si muove sullasse istantaneo di moto di trascinamento con velocit` a pari alla componente parallela (di P , come punto del corpo rigido).

Le due supercie mobile e ssa sono tangenti fra loro istante per istante, la supercie mobile rotola su quella ssa, durante il moto, e, se la parte parallela ` e diversa da zero, allora i punti della retta generatrice della rigata mobile slittano sulla generatrice della rigata ssa con velocit` a vp .
Si osservi n da ora, che nel caso di moti con invariante scalare nullo (vedi avanti i moti rigidi piani) allora v (P ) = vS (P ), ed il centro istantaneo di moto ` e istantaneamente fermo.

Nota 4.2

Figura 4.10 Punti sulla generatrice

4.9

Moti rigidi: casi particolari

Traslazioni: = 0. Il moto rigido conserva le direzioni ed in ogni istante si ha v (P ) = v (O) . In questo caso lasse istantaneo di moto ` e indeterminato, come nel caso analogo dellasse centrale indeterminato quando il risultante ` e nullo. Precessioni. Si chiama moto di precessione (o moto polare) ogni moto rigido con un punto sso. Sia O il punto sso ed = 0, allora la formula fondamentale del corpo rigido diventa v (P ) = (P O), e lasse di istantanea rotazione passa per il punto sso O. In questo caso le rigate sono due coni (detti coni di Poinsot ) non necessariamente rotondi, con il vertice comune in O e tangenti fra loro lungo la generatrice che nellistante considerato coincide con lasse di moto.

Figura 4.11 Coni di Poinsot

4.10. MOTI RIGIDI PIANI

45

Le precessioni che si ottengono dalla composizione di una rotazione uniforme intorno ad un asse sso e di una rotazione uniforme intorno ad un asse solidale si dicono precessioni regolari ; in questo caso i coni sono rotondi. Rotazioni. Questo ` e un caso particolare di precessione con il vettore con direzione ssa, ovvero la precessione ha un asse sso. Un punto P descrive una circonferenza intorno allasse di , e per questo motivo prende il nome di velocit` a di rotazione. In questo caso i coni di Poinsot degenerano in una retta. Moti elicoidali. Si chiama moto elicoidale il moto rigido che ha sso lasse di istantanea rotazione, ma linvariante scalare v (O) ` e diverso da zero. Esempio di moto elicoidale ` e dato dal moto della vite.

4.10

Moti rigidi piani

Un moto rigido si dice moto rigido piano se le caratteristiche del moto v (O) e sono tali che 1. ha direzione costante (nel tempo), 2. v (O) = 0. Quindi esiste un versore sso (o solidale), diciamo k , tale che k = 0, ad ogni istante di tempo. La seconda propriet` a equivale a richiedere che la velocit` a di O, e quindi la velocit` a di ogni altro punto del sistema rigido, sono normali alla direzione k dellasse istantaneo di moto. Si pu` o dimostrare che ogni punto P che inizialmente sta su un piano (normale a k ) si mantiene sul piano anche durante il moto. Inoltre tutti i punti che si trovano sulla stessa retta parallela ad hanno la stessa velocit` a. Infatti, sia P un punto su tale retta, si ha v (P ) = v (O) + (P O) , v (P ) = v (O) + (P O) , e sottraendo membro a membro v (P ) v (P ) = (P P ) . Essendo (P P ) parallelo ad , si ha v (P ) = v (P ). Al piano (o ad uno ad esso parallelo) si d` a il nome di piano rappresentativo del moto. Si noti che il vettore (t) ha direzione costante sia nello spazio sso che in quello solidale, infatti d (t) dt =

d (t) dt

+ (t) (t) =
S

d (t) dt

.
S

Nei moti rigidi piani linvariante scalare v (O) ` e nullo. Lasse istantaneo di moto mantiene la stessa direzione e viene chiamato asse di istantanea rotazione. Lintersezione di tale asse con il piano rappresentativo , si chiama centro istantaneo di moto C (t).

46

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

La velocit` a vC (t) di tale punto allistante t ` e nulla, quindi per un punto generico P si ha vP (t) = vC (t) + (t) (P (t) C (t)) = (t) (P (t) C (t)). Dalla precedente relazione si deduce subito il seguente teorema. Teorema 4.10.1 Teorema di Chasles. Se = 0, la retta per un punto P perpendicolare alla sua traiettoria passa per il centro istantaneo di moto C (t) allistante t. Il teorema di Chasles serve per individuare il centro istantaneo di moto nei moti rigidi piani, una volta che si conosca la traiettoria di due punti istante per istante, oppure la loro velocit` a.

Figura 4.12 Rigate cilindriche

Nei moti rigidi piani le rigate del moto sono dei cilindri. Le intersezioni della rigata ssa e della rigata mobile con il piano rappresentativo sono dette rispettivamente base e rulletta. La rulletta, solidale al piano mobile, rotola senza strisciare sulla base, solidale al piano sso . La base e rulletta sono chiamate anche le polari del moto. Le polari caratterizzano il moto dal punto di vista geometrico. Si pu` o dedurre da esse le traiettorie dei punti, ma non le loro leggi orarie.

4.11

Il teorema di Eulero

Abbiamo visto come il moto di un corpo rigido si possa pensare come il moto di un suo punto O composto con il moto del corpo intorno a quel punto. Quindi poniamo lattenzione a questo moto, cos` come se il corpo rigido avesse un punto sso in O. Sia la terna ssa con origine in O (in generale tale terna si muove di moto traslatorio con velocit` a uguale a quella del punto O) e sia S la terna solidale, si pu` o supporre che inizialmente S coincida con . Istante per istante lorientamento del corpo, ovvero di S , ` e caratterizzato da una matrice ortogonale T dipendente in generale dal tempo. Allistante iniziale T(0) = I cio` e essa coincider` a con lidentit` a I. Levoluzione di questa matrice, ovvero dei suoi elementi, in dipendenza del tempo d` a il moto del sistema rigido. In accordo con la continuit` a del moto sico, si suppone che gli elementi di T(t) siano funzioni continue del tempo.

4.11. IL TEOREMA DI EULERO

47

Supponiamo che la matrice evolva, durante il moto, a partire dallidentit` a per t = 0 no alla forma T( ) per t = . Sia s = (P O) il vettore posizione di un punto solidale al corpo rigido, T( )s d` a il vettore posizione allistante . Indipendente dal moto che effettivamente il corpo realizza fra t = 0 e t = , si pu` o andare dalla congurazione iniziale a quella nale al tempo con un semplice moto: quello di rotazione intorno ad un opportuno asse. Questa rotazione pu` o essere ben diversa dal reale movimento che il corpo compie fra i tempi 0 e , ma ` e un modo semplice per poter raggiungere al tempo la congurazione eettiva. Tale rotazione ` e assicurata dal seguente teorema.

Figura 4.13 Rotazione intorno allasse OR

Teorema 4.11.1 Teorema di Eulero. Si consideri un corpo rigido S con un punto sso. In ogni moto di S , la congurazione raggiunta al tempo si pu` o realizzare (anche) con la semplice rotazione del corpo intorno ad un asse pressato, passante per il punto sso. Dimostrazione. La dimostrazione si basa su alcune propriet` a delle trasformazioni ortogonali riportate al termine del paragrafo. Sia T( ) la matrice relativa alla congurazione raggiunta al tempo . Poich e ogni matrice reale ortogonale ammette lautovalore 1, se r ` e lautovettore corrispondente allautovalore 1, T( )r = r allistante t = , quindi la direzione di r ` e lasciata invariata dalla trasformazione T( ) e d` a proprio lasse di rotazione cercata. Osservazione 4.1 Tale asse di rotazione (da non confondersi in genere con lasse di moto o asse di istantanea rotazione) dipende dallistante . Nella gura il corpo, una specie di cartello stradale, ` e sdraiato sul piano = 0 al tempo t = 0 e sul piano = 0 al tempo t = . Si pu` o passare dalluna allaltra congurazione ruotando intorno allasse OR. Da quanto provato possiamo dunque concludere che in generale un qualsiasi spostamento nito di un corpo rigido ` e dato dalla somma di una traslazione e di una rotazione, intorno ad un opportuno asse. Nota 4.3 Ancora sulle matrici ortogonali
` noto dal corso Sia A una matrice reale ortogonale. E di Geometria che A ammette sempre lautovalore +1. Limitiamoci qui ad elencare i risultati sui quali si basa la propriet` a delle matrici reali ortogonali, diverse dallidentit` a, di avere uno ed un solo autovalore = +1. Una matrice reale 3 3 ha almeno un autovalore reale (lequazione caratteristica ` e una cubica a coecienti reali). Lortogonalit` a di A implica che gli autovalori hanno modulo unitario.

48

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

Il determinante uguale al prodotto dei tre autovalori ` e 1, ma non pu` o essere 1 perch e una trasformazione con determinante 1 corrisponde ad invertire gli assi in modo da rendere la terna sinistrorsa in destrorsa, o viceversa, e questa inversione non ` e una trasformazione rigida. In altre parole una matrice, inizialmente per t = 0, con determinante +1 non pu` o diventare una matrice con determinante negativo 1 perch e il determinante ` e continuo. Il complesso coniugato di un autovalore ` e ancora un autovalore. Se la matrice si riduce allidentit` a, allora essa ha lautovalore 1 triplo, altrimenti avr` a lautovalore +1 pi` u una coppia di numeri complessi coniugati con prodotto uguale a +1.

4.12

Rotazioni nite ed innitesime

Sia U una traslazione del corpo rigido, ad essa possiamo associare un vettore u, di modo che ogni punto traslato x sia dato da x = x + u. Se consideriamo due traslazioni U1 e U2 con associati i vettori u1 e u2 , si ha che la composizione delle due traslazioni pu` o essere ` ovvio che nel caso di traslazioni denita da U1 U2 con associato il vettore somma u1 + u2 . E U2 U1 = U1 U2 con lo stesso vettore somma. Daltronde la somma dei vettori ` e commutativa e questa propriet` a si ripercuote sulla composizione delle traslazioni. Lo stesso ragionamento non pu` o essere ripetuto per una rotazione R del corpo rigido; vediamone il perch e. Se pensiamo di associare ad ogni rotazione R un vettore r , allora la commutativit` a della somma di due vettori r1 , r2 implicherebbe la commutativit` a delle rotazioni. E questo ` e in genere falso: R2 R1 = R1 R2 . Si pensi ad esempio alle rotazioni date dalle matrici 0 1 0 1 R1 = 1 0 0 , R2 = 0 0 0 1 0

si ha

0 0 0 1 , 1 0 0 1 . 0

R1 corrisponde ad una rotazione intorno allasse z di un angolo pari a 2 (in senso orario) e R2 ad una rotazione intorno allasse x di un angolo pari a (in senso orario). Quindi 2 non possiamo associare ad una rotazione nita un vettore, cos` come si pu` o fare per una generica traslazione. Consideriamo invece una rotazione innitesima denita da S=I+E con E = {ij }, con i, j = 1, 2, 3, elementi che vanno considerati come innitesimi. A meno di innitesimi dordine superiore si ha, per S1 = I + E1 e S2 = I + E2 , S1 S2 = S2 S1 = I + E1 + E2 , ovvero per matrici innitesime vale la propriet` a commutativa. Tale propriet` a permette ora di associare ad ogni rotazione innitesima un vettore.

0 0 1 0 1 R1 R2 = 1 0 0 = R2 R1 = 0 0 0 1 0 1 0

4.12. ROTAZIONI FINITE ED INFINITESIME

49

Inoltre S deve essere una trasformazione ortogonale, cio` e ST = S1 , e quindi poich e T 1 S = I + E e S = I E, sempre trascurando gli innitesimi di ordine superiore:
T

ET = E.

Ovvero ogni matrice corrispondente a rotazioni innitesime ` e antisimmetrica. Facciamo un esempio. Pensiamo alla solita rotazione intorno ad un asse, ad esempio lasse z . La rotazione nita, di un angolo , ` e data da cos sin 0 sin cos 0 0 0 ; 1

la corrispondente rotazione innitesima, dove d ` e langolo innitesimo, ` e data da 1 d 0 d 1 0 0 0 0 = I + d 0 1 d 0 0 0 0 0

la cui corrispondente matrice innitesima ` e chiaramente antisimmetrica. Torniamo al caso generale. Una rotazione innitesima sar` a caratterizzata al pi` u da tre elementi (quelli fuori della diagonale) che daranno una matrice innitesima del tipo 0 E = d3 d2 d3 0 d1 d2 d1 0

Con essa vediamo come cambiano le componenti di un vettore x = (x1 , x2 , x3 ) x3 d2 x2 d3 dx1 Ex = dx = dx2 = x1 d3 x3 d1 , x2 d1 x1 d2 dx3 ed ` e facile riconoscere la forma delle componenti di un prodotto vettoriale di due vettori. Se deniamo d = (d1 , d2 , d3 ) allora dx = d x.

50

CAPITOLO 4. CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI

Figura 4.14 Vettore

Si noti che d ha in realt` a tutte le propriet` a di un vettore tranne che quella di cambiare di segno con una inversione degli assi. d ` e detto per questo anche pseudovettore. Si noti altres` che nella maggior parte dei casi lessere non del tutto un vettore non ha alcuna importanza, per questo noi tratteremo d come tale. Quando abbiamo posto il problema di associare un vettore ad una rotazione, si ` e pensato di dare a tale vettore la direzione dellasse di rotazione e di assegnare al suo modulo il valore dellangolo di rotazione. Siamo riusciti a rappresentare con un vettore d caratteristico della rotazione solo le rotazioni innitesime. Vediamo come possiamo interpretare direzione e modulo di d.

Lasse di (istantanea) rotazione ha la stessa direzione di d e langolo di rotazione ` e dato dal modulo d di d . A meno di innitesimi dordine superiore in d, si ha dx = x sin d, che coincide con il modulo di d x. dx ` e perpendicolare a d e ad x . Alla luce di quanto detto, un qualsiasi spostamento nito di un corpo rigido (con un punto sso) si pu` o pensare come il susseguirsi di tanti spostamenti innitesimi (detti anche atti istantanei di rotazione). Se ogni spostamento innitesimo ` e una rotazione, allora risulter` a una rotazione anche lo spostamento nito, come accade quando il moto ` e di rotazione intorno ad un asse sso. Per concludere, deniamo d , = dt allora la velocit` a di un punto di un corpo rigido con O sso ` e data dalla formula v (P ) = (P O) che ben conosciamo.

Capitolo 5

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI


5.1 Disco che rotola senza strisciare

Esercizio 5.1 Si consideri un disco di raggio r che si muove rigidamente su un piano, rotolando senza strisciare sopra una guida rettilinea del piano. Il moto rigido in esame ` e piano. Sia O il centro del disco e vO la sua velocit` a. Se indichiamo con C il punto di contatto del disco con la guida rettilinea, si ha rotolamento puro quando la sua velocit` a istantanea ` e nulla, cio` e vC = 0. Il punto C ` e il centro istantaneo di moto, lunico punto del disco (e del sistema solidale) ad avere nellistante considerato velocit` a nulla. Nellistante considerato ` e come se il disco ruotasse intorno al punto C , ma questo solo per un istante, perch e nellistante successivo il centro istantaneo di moto C si muove sulla guida con la stessa velocit` a del punto O. Durante il moto il centro istantaneo di moto C percorre la guida nel sistema di riferimento sso, invece nel sistema di riferimento solidale il punto C percorre la circonferenza di raggio r. Se si studia la traiettoria di un punto del disco, ogni punto P sulla circonferenza esterna del disco descrive una cicloide, ogni punto interno alla circonferenza descrive una cicloide accorciata, mentre ogni punto esterno a descrive una cicloide allungata.

5.2

Disco che rotola e striscia

Esercizio 5.2 Si consideri un disco che si muova rigidamente su un piano, rotolando e strisciando sopra una guida rettilinea del piano.

Figura 5.1 Disco che rotola

Il moto rigido in esame ` e piano. Sia O il centro del disco ` e vO la sua velocit` a, sia Q il punto di contatto fra la guida ed il disco e vQ la sua velocit` a. Il centro istantaneo di moto 51

52

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

C si trova sullintersezione della retta OQ con la congiungente i vertici dei vettori velocit` a vO e vQ . Infatti se scriviamo la velocit` a del centro istantaneo di moto C tramite la velocit` a di O e di Q si ha v (C ) = vO + (C O) = 0 ,

v (C ) = vQ + (C Q) = 0 , e quindi prendendone i moduli

vO = CO Ne segue che

vQ = CQ .

vO CO = . vQ CQ ` facile vedere che il punto C si mantiene E equidistante dal punto O, quindi la circonferenza di centro O e raggio OC rappresenta la rulletta. Inoltre nel sistema sso, C si mantiene a distanza costante dalla guida. La retta per C parallela alla guida ` e la base del moto rigido.

Figura 5.2 Ruota che striscia

vO Nel caso v = costante, il moto del disco con velocit` a di avanzamento vO e di strisciaQ mento vQ pu` o essere realizzato con il rotolamento puro senza strisciamento della rulletta sulla base del moto.

5.1. DISCO CHE ROTOLA SENZA STRISCIARE

53

Figura 5.3 Casi in cui la ruota striscia Nella pratica si pu` o realizzare questo movimento con due ingranaggi, uno sso pari alla nostra base, ed uno mobile a forma circolare come la rulletta. La teoria degli ingranaggi studia le caratteristiche tecniche della realizzazione di questi dispositivi per la trasmissione dei movimenti. Nella Figura(??) vediamo alcuni casi particolari con vO e vQ equiversi e non.
Il lettore pu` o trovare una simulazione di questi movimenti nel programma DISCO, realizzato da R.Posanzini e S.Tinti nel 1993, presso lUniversit` a di Ancona. Tale programma pu` o essere scaricato dal laboratorio virtuale sito in www.dma.uni.it/ frosali/laboratorio/. Il programma simula un disco che rotola e striscia su una guida orizzontale, un men` u consente di variare le velocit` a di O e di Q, di mostrare la base, la rulletta ed il moto di un qualunque punto solidale al disco. In questo semplice esempio vediamo nei dettagli come si muove il punto che ha la propriet` a di essere centro istantaneo di moto. Facciamo riferimento allespressione (??) che esprime la velocit` a assoluta e la velocit` a relativa del centro istantaneo di moto tramite la velocit` a di trascinamento. Come abbiamo detto nella nota (??), nel caso dei sistemi piani si verica v (P ) = vS (P ). (5.2.1)

Nota 5.1

Allistante t 1

Allistante t 2

v0 C(t 1)

v0

C(t 2) C(t )

111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 2 1 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111 000000000000000000000000000000000000000000000000 111111111111111111111111111111111111111111111111

C(t )

Figura 5.4 Disco su di un cuneo Nella gura precedente si mostrano le posizioni del centro istantaneo di moto a due istanti diversi. Ora illustriamo nel sistema solidale e nel sistema sso la velocit` a del centro istantaneo di moto.

54

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI


Nel sistema fisso

Nel sistema solidale S

C(t)

C(t+h) vS(C)(t)

C(t)

C(t+h) v(C)(t)

Figura 5.5 Disco che rotola

Figura 5.6 Disco che rotola

Con riferimento alla Nota ??, si osservi che il centro istantaneo di moto (come punto che ha la propriet` a di essere istantaneamente fermo) si muove con velocit` a vO rispetto a e con velocit` a vO rispetto ad S . Come conseguenza si ha anche per il punto C come punto del corpo rigido

v (C ) = v (C ) vS (C ) = vO vO = 0 .

5.3

Moto di unasta con gli estremi di muoversi su due assi ortogonali

Determinare il centro istantaneo di moto e studiare le polari ssa e mobile del moto (base e rulletta) di una asta con gli estremi liberi di muoversi su due assi ortogonali. Si consideri unasta rigida AB di lunghezza l che ` e libera di muoversi in un piano, con gli estremi vincolati a due guide lisce rettilinee ortogonali. Si ssi un sistema di riferimento solidale con lasta, come in gura; scelto langolo , i legami fra i versori sono dati da

= sin 1 cos 1 = cos 1 + sin 1

(5.3.1)

e la velocit` a angolare del sistema solidale ` e

= k = k1 .

5.3. MOTO DI UNASTA CON GLI ESTREMI DI MUOVERSI SU DUE ASSI ORTOGONALI55

Il centro istantaneo di moto C si trova nel punto di intersezione delle rette ortogonali agli assi ed , nei punti A e B , per il teorema di Chasles. Vediamo innanzitutto la soluzione geometrica. Il punto C si trova sul vertice di un rettangolo ACB , quindi C = AB , ovvero il punto C mantiene, durante il moto, la distanza costante dal punto . Quindi nel sistema sso la polare (base) ` e una circonferenza di raggio uguale alla lunghezza dellasta AB = l. Figura 5.7 Base e rulletta Nel sistema mobile, solidale allasta, il punto C vede lasta stessa sotto lo stesso angolo, ovvero langolo ACB si mantiene retto, pertanto nel sistema solidale, il punto C si muove su una circonferenza di raggio l/2. Le equazioni della base e della rulletta sono pertanto 2 + 2 = l2 l2 x2 + y 2 = 4 BASE RULLETTA

Vediamo ora la soluzione analitica. Anche se il metodo geometrico illustrato sopra risponde con semplicit` a e in maniera sintetica alla ricerca della base e della rulletta, vogliamo derivare qui le stesse equazioni operando in maniera analitica. Questo metodo ` e del tutto generale ed applicabile in ogni altra situazione, quando ad esempio la soluzione geometrica non ` e immediata. Si parta dalla relazione che lega la velocit` a di un punto del sistema, di cui conosciamo la sua velocit` a in funzione di (e di ), con la velocit` a del centro istantaneo di moto che istante per istante ` e nulla 0 = vC = vB + (C B ) . Scriviamo questa relazione nel sistema sso, tenendo conto che derivando B = l sin 1 , si ha la velocit` a di B vB = l cos 1 , mentre il vettore (C B ) assume la forma (nel sistema sso) (C B ) = (C B )1 + (C B )1 = (C l sin )1 + C 1 .

56

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

Quindi nel sistema sso possiamo scrivere: 0 = vB + (C B ) = l cos 1 + k1 [(C l sin )1 + C 1 ] = l cos 1 + (C l sin )1 C 1 = (l cos C )1 + (C l sin )1 . Lannullarsi della velocit` a di C in ogni istante, comunque si svolga il moto e quindi per qualsiasi , implica l cos C = 0 = C l sin = 0 C = l sin = 2 + 2 = l2 , C = l cos

ottenendo cos` lequazione della polare ssa (base). Riscriviamo la relazione 0 = vC = vB + (C B ) nel sistema di riferimento mobile, facendo uso delle relazioni (??) si ha vB = l cos 1 = l sin cos + l cos2 l + yC (C B ) = xC 2 e quindi 0 = l sin cos + l cos2 + k xC l 2 l 2 + yC

0 = l sin cos + l cos2 + xC 0= (l sin cos yC ) + xC

y C

l + l cos2 2

Lannullarsi della velocit` a di C in ogni istante, comunque si svolga il moto e quindi qualsiasi, implica l sin cos yC = 0 l xC + l cos2 = 0 2 ottenendo alla ne lequazione della polare mobile (rulletta) : x2 + y 2 = Nota 5.2 l2 . 4

Lesercizio precedente ` e di carattere puramente cinematico. Non ` e stata assegnata una legge di moto del sistema solidale, ma bens` la modalit` a geometrica con cui si realizza il cinematismo in esame. Vincolare i punti A e B a scorrere sulle due guide (con due pattini) corrisponde ad imporre (A) = 0 e (B ) = 0. Si conoscono quindi le relazioni geometriche fra gli angoli in modo che i punti A e B si mantengano sugli assi ssi, le velocit` a dei punti dipendono da , ma non sappiamo come tale velocit` a angolare varia in funzione del tempo.

Studiare il moto di un punto P di unasta ridida AB di lunghezza l che si muove in un piano, con gli estremi vincolati a due guide rettilinee ortogonali Si faccia riferimento allesercizio precedente. Si consideri il punto P a distanza 0 dallestremo B e studiamone il moto.

5.3. MOTO DI UNASTA CON GLI ESTREMI DI MUOVERSI SU DUE ASSI ORTOGONALI57 Scriviamo la formula fondamentale, con riferimento al centro istantaneo di moto C = (l sin , l cos ), vP = vC + (P C ) . Tenendo conto che P = 1 + 1 , si ha 1 + vP = 1, e dalla formula fondamentale si ha 1 + 1= k1 [( C )1 + ( C )1 ] . Si ottiene cos` il sistema da cui, eliminando il tempo, d d con le condizioni per = 0: d d = = + C C

= =

( C ) ( C )

(0) = 0 (0) = 0

Il sistema precedente si pu` o trasformare nellequazione dierenziale del secondo ordine d d2 = l sin = + l sin l sin = , d2 d da cui d d = = A sin( + ) A cos( + )

con le costanti A ed da determinarsi dalle condizioni per = 0. (0) = A sin = 0 implica = 0, mentre Quindi la soluzione ` e = (l 0 ) sin .
d d (0)

= A cos = 0 + l implica A = l 0 .

58

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI


A

Passando alla seconda equazione d d = (l 0 ) sin l sin = 0 sin , si ottiene subito = 0 cos . Si pu` o ora eliminare il parametro , ottenendo cos` lellisse: 2 2 + 2 = 1 . (l 0 )2 0 Nota 5.3 (5.3.2) Figura 5.8 Ellisse

0 B l 0 B

Il punto P percorre quindi una ellisse, che diventa una circonferenza quando P coincide col punto medio dellasta. Un meccanismo basato sul movimento di unasta su due guide ortogonali, e quindi capace di disegnare una ellisse, ` e anche chiamato ellissografo.

5.4

Esercizi di ricerca di Base e Rulletta

Esercizio 5.3 I un piano un disco di raggio r ha il centro O vincolato a scorrere su una guida rettilinea = 0. Il disco rotola senza strisciare su di un cuneo di lato inclinato AB , la base del cuneo scorre liberamente su una retta s ortogonale alla guida. Determinare base e rulletta del moto del disco.

Figura 5.9 Disco su di un cuneo

5.4. ESERCIZI DI RICERCA DI BASE E RULLETTA

59

Scegliamo come coordinata langolo che lasse x solidale al disco forma con lorizzontale. Inizialmente per t = 0, = 0 (e Q dista d0 dal vertice A) 0 (0) = 0 (0) = 0 () 0 () = = 0 Q (0) + r cos = d0 sin + r cos

0 Q () + r cos = (d0 r) sin + r cos

dove Q () = (d0 r) sin . Scriviamo posizione e velocit` a di O, nel sistema sso: O v (0) = [(d0 r) sin + r cos ] 1 = r sin 1 .

Inoltre la posizione del centro istantaneo di moto sar` a data da C O = C 1 + (C 0 )1 . Il punto di partenza ` e la relazione che ci d` a la velocit` a del centro istantaneo di moto v (C ) = 0 = v (O) + (C O) . Siamo ora in grado di scrivere la relazione (??) nel sistema sso 0 = = da cui r sin 1 + k1 [C 1 + (C 0 )1 ] r sin 1 + C 1 (C 0 )1 (C 0 ) C r sin = 0 = 0 (5.4.1)

Ponendo = 0, si ottiene lequazione della base : C C = = 0 r sin .

Si noti che C = 0 dove 0 varia durante il moto, rimanendo O sulla guida verticale. La base ` e la retta parallela allasse C = r sin BASE .

Passiamo ora alla rulletta. Tenendo conto del fatto che i versori sono legati dalle relazioni 1 1 = cos sin = sin + cos .

riscriviamo la relazione (??) nel sistema mobile, 0 = = = r sin (sin + cos ) + k (xC + yC ) r sin sin r sin cos + x C y C [yC + r sin sin ] + [xC r sin cos ] .

Ponendo = 0, si ottiene lequazione della rulletta : xC yC = = r sin cos r sin sin .

60

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

Quadrando e sommando, la rulletta ` e la circonferenza di equazione


2 2 2 x2 C + yC = r sin

RULLETTA .

Risolviamo ora il problema precedente in maniera geometrica. Il punto Q di contatto (nel senso del punto del disco che allistante considerato ` e a contatto) si sposta con la velocit` a del cuneo, pari a v . Quindi per il Teorema di Chasles il centro istantaneo di moto appartiene alla retta per Q parallela allasse (vedi gura). Il punto O si sposta con velocit` a verso il basso e quindi il punto C si trova come intersezione della retta perpendicolare allasse per O e la retta per Q parallela ad . Il segmento OC ` e lungo r sin , quindi il punto C nel sistema sso si mantiene a distanza OC dallasse delle , quindi la base ha lequazione C = r sin BASE .

Nel sistema mobile il punto C si mantiene a distanza OC dal centro O. Quindi la rulletta ` e una circonferenza di equazione
2 x2 C + yC

= r2 sin2 RULLETTA .

Nota 5.4

Si osservi che lespressione ottenuta sopra per la velocit` a di O v(0) = r sin 1 corrisponde alla velocit` a del punto di contatto disco-cuneo, non del punto Q come solidale al disco. Studiamo il moto del punto Q come punto del disco. Il moto del disco si pu` o ottenere come una traslazione (lungo lasse ) corrispondente alla velocit` a di O (o di Q come punto di contatto, ma non solidale al disco) e di una rotazione intorno ad O caratterizzata dalla velocit` a angolare . Il punto del disco, che allistante considerato, si trova a contatto, ha quindi la velocit` a v che deve essere uguale alla somma della velocit` a (di traslazione) di O e della velocit` a di rotazione r del disco che rotola senza strisciare sul cuneo, cio` e v (Q) = = = v (O ) + k1 (Q O ) r sin 1 + k1 (r sin 1 r cos 1 ) r sin 1 + r sin 1 + r cos 1 = r cos 1 . Con riferimento alla gura, la componente orizzontale r cos pu` o essere vista come la somma della velocit` a di O pi` u r diretta secondo il piano inclinato, e corrispondente allaver imposto il rotolamento puro del disco sul cuneo (r ` e pari alla componente di v sul piano inclinato). Studiamo ora il moto del punto Q, come punto di contatto Qcont (non solidale al disco), la cui velocit` a assoluta ` e data da v(Qcont ) = r sin 1 . Questa pu` o essere vista come somma della velocit` a v del cuneo (di trascinamento), pi` u la velocit` a relativa dovuta al rotolamento del disco sul piano inclinato (vedi gura). Si noti che vT ` e proprio la velocit` a di Q come punto del disco.

Esercizio 5.4 In un piano un disco di raggio rA e centro A ha il centro vincolato a scorreresu una guida rettilinea l. Il disco rotola senza strisciare su un secondo disco di

5.4. ESERCIZI DI RICERCA DI BASE E RULLETTA

61

raggio r e centro O. Tale centro ` e vincolato a scorrere su una guida rettilinea parallela alla guida l = 0 ed il disco rotola a sua volta su un cuneo di lato inclinato AB , la base del cuneo scorre liberamente su una retta s ortogonale alle due guide. Determinare base e rulletta del moto del disco di centro A.

Figura 5.10 Due dischi su di un cuneo Con riferimento alla gura, sia la terna ssa, sia S la terna solidale al disco di centro A, e sia S la terna solidale al disco intermedio di centro O. Scegliamo come coordinata langolo che lasse x solidale al disco forma con lorizzontale. Inizialmente per t = 0, = 0 (e Q dista d0 dal vertice V del cuneo) Innanzitutto esaminiamo il punto di contatto T fra i due dischi. Se luno rotola senza strisciare sullaltro, allora rA = r (5.4.2) r ovvero = rA , quindi r = k = k. rA Per passare dal moto rigido di un disco allaltro, bisogna passare tramite il punto di contatto v (A) = v (T ) + (A T ) dove T , punto del disco di centro O, si muove con velocit` a k1 (T O) . v (T ) = v (O) + Sostituendo (tenendo conto che il contatto fra i due dischi ` e di rotolamento puro k1 (T O) + v (A) = v (O) + k1 (A T ) . Ma T O AT O v (O) = = = = r sin 1 + r cos 1 rA sin 1 + rA cos 1 [(d0 r ) sin + r cos ]1 sin 1 . r

62 Sostituendo

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

sin 1 + k1 r( sin 1 + cos 1 ) + v (A) = r k1 rA ( sin 1 + cos 1 ) . , si ottiene Tenendo conto della relazione (??) fra e sin 1 = v (O) . v (A) = r Determiniamo ora lequazione della base, partendo dalla relazione

v (C ) = 0 = v (A) + k1 (C A) . Ovvero nel sistema sso, tenendo conto anche della relazione (??) 0 sin 1 + = r k1 [(C A )1 + (C A )1 ] = rA sin 1 + (C A )1 (C A )1 da cui C A C A = = rA sin = 0 C C = = (r + rA ) sin rA sin A .

Lequazione della base ` e quindi una retta parallela allasse ed a distanza rA sin a sinistra del centro A del disco. Determiniamo ora lequazione della rulletta. Scriviamo nel sistema mobile 0 = = = da cui xC yC Eliminando si ottiene
2 2 2 x2 C + yC = rA sin

v (A) + k1 (C A) rA sin (sin + cos ) + k (xC + yC ) rA sin sin + rA sin cos + x C y C

= =

rA sin sin rA sin cos

Lequazione della rulletta ` e quindi una circonferenza di raggio rA sin e centro A. Gracamente il centro istantaneo di moto si determina col teorema di Chasles, come intersezione della perpendicolare alla traiettoria del punto A, centro del disco pi` u in alto, e della retta che unisce il punto di contatto T col centro istantaneo di moto del disco pi` u in basso (ovvero della perpendicolare alla traiettoria di T ).

5.4. ESERCIZI DI RICERCA DI BASE E RULLETTA

63

Figura 5.11 Nella gura si noti la similitudine fra i triangoli costruiti con il teorema di Chasles, per cui si ricava subito la distanza del centro istantaneo di moto C dal centro A del disco pi` u in alto. Infatti r sin : r = CA : rA , da cui CA = rA sin in accordo con quanto trovato analiticamente. Si noti che tale distanza non dipende dallangolo .

64

CAPITOLO 5.

ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI

Capitolo 6

COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI


6.1
6.1.1

RICHIAMI DI CINEMATICA RELATIVA


Cinematica relativa

In questo paragrafo si ricordano brevemente alcune nozioni di cinematica relativa. Sia un sistema di riferimento sso con origine , assi (, , ) e versori (1 , 1 , k1 ) e sia S un sistema mobile rispetto a con origine O, assi (x, y, z ) e versori (, , k ). Il moto rigido di tale sistema ` e caratterizzato dai vettori v (O)(t) (velocit` a dellorigine O, dipendente dal tempo) ed (t). Si consideri un punto P in movimento nel sistema S . Si dice moto relativo il moto del punto P rispetto al sistema S . Indicate con (x, y, z ) le coordinate del punto P nel sistema S , si chiama velocit` a relativa vR (P ) = x + y +z k la derivata di (P O) rispetto al tempo tenendo (, , k) costanti. Si dice moto di trascinamento il moto del punto P pensato solidale al sistema S , ovvero il moto di S rispetto a . Si chiama velocit` a di trascinamento vT (P ) = v (O) + (P O) la velocit` a di P data dalla legge del moto rigido del sistema mobile S. Derivando successivamente si ottengono laccelerazione relativa e laccelerazione di trascinamento aR (P ) = x + y + z k , aT (P ) = a(O) + (P O) + [ (P O)]. Derivando rispetto al tempo il vettore (P O) = x + y + z k, si ottiene d(P O) d d dk = x + y +z k + x + y + z = x + y +z k + (P O), dt dt dt dt e quindi v (P ) v (O) = vR (P ) + (P O) . 65

66

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI

Si prova cos` la relazione fondamentale della cinematica relativa, nota anche come legge di addizione delle velocit` a (della meccanica classica) v (P ) = vR (P ) + vT (P ) . Passiamo ora allaccelerazione. Derivando nuovamente rispetto al tempo la derivata del vettore (P O) si ha d2 (P O) dt2 = = = = Quindi (P O) + [ (P O)] + 2 vR (P ) , a(P ) a(O) = aR (P ) + ovvero denotando con aC (P ) = 2 vR (P ) il termine detto accelerazione di Coriolis o complementare, si ottiene la formula nale che esprime laccelerazione assoluta (rispetto a ) di P a(P ) = aR (P ) + aT (P ) + aC (P ) , nota col nome di formula o teorema di Coriolis. d x + y +z k + (P O) dt d d dk (P O) + d (P O) x + y + z k + x +y +z + dt dt dt dt (P O) x + y + z k + (x + y +z k) + + [vR (P ) + (P O)] (P O) + vR (P ) + [ (P O)]. aR (P ) + vR (P ) +

Figura 6.1 Esempio: punto su una guida ruotante Da quanto detto sopra si pu` o ricavare che le variazioni della velocit` a relativa e di quella di trascinamento nel sistema sono date dalle formule dvR dt dvT dt = aR (P ) + vR (P ) ,

= aT (P ) + vR (P ) .

6.1.

RICHIAMI DI CINEMATICA RELATIVA

67

Il signicato del termine vR (P ) come correzione per ottenere la derivata assoluta pu` o essere approfondito esaminando il seguente esempio.

6.1.2

Esempio: Moto uniforme di un punto su una guida ruotante.

Si consideri il moto di un punto P su una guida ruotante r. Il punto P si muove su r con velocit` a costante v a partire allistante t = 0 dal punto ; la guida r ruota con velocit` a angolare . Sia (; , ) il sistema sso, con versori (1 , 1 ) e sia S (; x, y ) il sistema mobile, con versori (, ) nel piano del moto. Sia = k ; le velocit` a relativa e di trascinamento sono rispettivamente vR vT = = v , (P ) = k vt = vt.

Applicando le ben note formule si calcola laccelerazione aR aT aC Quindi v a = v + vt , = 2 vt + 2v . = = = 0, k k (P ) = k k vt = 2 vt, 2 k v = 2v .

Vediamo la genesi del valore dellaccelerazione complementare 2v . dvR = Verichiamo la formula dt aR (P ) + vR (P ), valutando direttamente la derivata temporale: vR (t + t) vR (t) t0 t v t + o(t) = v , = lim t0 t lim dove o(t) ` e un innitesimo dordine superiore, si ottiene il termine vR , pari alla met` a del termine di Coriolis.

Figura 6.2 Variazione della velocit` a relativa

Vediamo ora come varia la velocit` a di trascinamento dal tempo t al tempo t + t. Pensiamo a questa variazione come somma di una variazione in assenza di moto relativo e di una dovuta al moto relativo. Pi` u precisamente
vT (t + t) vT (t) vT (t + t) vT (t + t) v (t + t) vT (t) = lim + lim T t0 t0 t0 t t t

lim

dove vT (t + t) ` e la velocit` a di trascinamento al tempo t + t, come se il punto non si fosse mosso relativamente alla guida. Essendo vT (t + t) vT (t) = vt t a meno di

68

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI

innitesimi di ordine superiore, il secondo limite si riduce a v 2 tt + o(t) = 2 vt ; t0 t lim essendo, analogamente
vT (t + t) vT (t + t) = [v (t + t) vt] ,

il primo limite si riduce a lim v t + o(t) = v . t

t0

In conclusione si ottiene la dedvT = aT (P ) + rivata dt vR (P ) , dove aT (P ) = 2 vt e vR (P ) = v. Si noti che il termine vR (P ) che nasce dalla derivata della velocit` a di trascinamento, ` e dovuto al fatto che il punto P attraversa punti con diversa velocit` a di trascinamento

Figura 6.3 Variazione della velocit` a di trascinamento

6.1.3

Esercizi sui moti relativi

Esercizio 6.1 Si considerino due terne di riferimento (; , , ) (terna ) e (; x, y, z ) (terna S) aventi lorigine e lasse z = in comune. La terna ` e ssa, la terna S ruota intorno a z con velocit` a angolare = k di modulo costante. Supposto che inizialmente lasse x coincida con lasse , calcolare la velocit` a e laccelerazione rispetto ad S di un punto P che si muove di moto rettilineo uniforme rispetto a sopra lasse . P si muove sullasse di moto uniforme, quindi v1 ` e la velocit` a assoluta, ovvero la velocit` a di P relativa a , mentre la velocit` a che P avrebbe in se fosse solidale ad S , ovvero se trascinato da S , ` e vT = (P ) = 1 . Noi siamo interessati alla velocit` a vR , relativa ad S , quindi vR (P ) = vA (P ) vT (P ) = v1 1 = v (1 t1 ).

6.1.

RICHIAMI DI CINEMATICA RELATIVA

69

Ricordando i legami fra i versori ssi ed i versori mobili = cos t 1 + sin t 1 = sin t 1 + cos t 1 1 1 si ottiene vR (P ) = v ((cos t sin t ) t(sin t + cos t )) = v [(cos t t sin t] v [sin t + t cos t]. = cos t sin t = sin t + cos t

Il moto di P (uniforme in ) non ` e pi` u uniforme in S , infatti quadrando e sommando le componenti della velocit` a in S , si ottiene
2 vR (P ) = v 2 [1 + 2 t2 ] .

La traiettoria di P nel sistema mobile S pu` o essere ottenuta integrando le relazioni x y = v [cos t t sin t] , = v [sin t + t cos t]

ma si pu` o direttamente ricavare dalla relazione (P ) = 1 = vt1 = vt cos t vt sin t. Quindi x(t) y (t) = = vt cos t . vt cos t

y . Conviene ora passare a Quadrando e sommando x2 + y 2 = v 2 t2 , con t = arctan x coordinate polari per eliminare il parametro t, Ponendo

x y

= r cos . = r cos

v . Si ha cos` si ottiene x2 + y 2 = r2 , e quindi r = vt =

v r = con = t , ( < 0, perch e cresce in senso orario) ovvero una spirale di Archimede. Riguardo allaccelerazione, laccelerazione assoluta ` e nulla, in quanto v ` e costante, quindi aR (P ) = aT (P ) aC (P ) . Essendo aT (P ) = = aC (P ) = si ha [ (P )] 2 k [k 1 ] = 2 1 , 2 vR = 2 k (v1 1 ) ,

70

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI

aR (P ) = =

2 vt1 2v1 v (t cos t + 2 sin t) + v (t sin t 2 cos t) .

Esercizio 6.2 Con riferimento alle terne ed S introdotte sopra, calcolare la velocit` ae laccelerazione rispetto a di un punto P che si muove di moto rettilineo uniforme rispetto ad S sopra lasse x. Esercizio 6.3 Si consideri un punto materiale che ` e libero di muoversi su un piano orizzontale che ruota uniformemente con velocit` a angolare (costante) intorno ad un asse sso passante per il punto O del piano e che ` e soggetto ad una forza elastica di centro nel punto e costante elastica. Nota 6.1
Anche se si pu` o pensare in pratica di realizzare questo movimento con una pallina che si muove sul piano ruotante, abbiamo modellato la pallina come un punto in modo da evitare il problema di precisare il vincolo fra pallina e piano. In questa maniera si pu` o pensare come se sul punto agisse un campo centrifugo. Il lettore interpreti il problema anche come un sistema di riferimento ruotante.

Derivata assoluta e relativa Si consideri un sistema S , con origine O, che si muove rispetto ad un sistema sso con caratteristiche v (O) ed . Si consideri un vettore (P P ) di estremi P e P mobili nel sistema S e si valutino le velocit` a di ciascun punto singolarmente v (P ) = v (P ) = vR (P ) + vT (P ) = vR (P ) + v (O) + (P O) vR (P ) + vT (P ) = vR (P ) + v (O) + (P O) vR (P ) vR (P ) + (P P ).

e sottraendo membro a membro v (P ) v (P ) =

Il primo termine pu` o essere considerato come la derivata rispetto al tempo del vettore (P P ) con riferimento al sistema , mentre vR (P ) vR (P ) pu` o essere considerato come la derivata rispetto al tempo del vettore (P P ) con riferimento al sistema S . Si suole cos` scrivere con ovvio signicato dei simboli d(P P ) dt =

d(P P ) dt

+ (P P ) .
S

Quindi in generale per un qualsiasi vettore dipendente dal tempo v (t), a cui si pu` o associare il vettore geometrico dato dalla coppia di due punti P e P , la variazione rispetto al tempo si pu` o scrivere come dv dv = + v (t) , dt A dt R dove i pedici A ed R stanno per derivata assoluta e derivata relativa. Il moto rigido del sistema S relativo interviene nella variazione di v solo tramite la velocit` a angolare . Infatti una traslazione di S non porta a nessun apprezzamento della variazione di v . Nota 6.2 Il vettore = (t) varia nel tempo con la propriet` a che la sua derivata assoluta e relativa coincidono, infatti d d d = + (t) (t) = . dt A dt R dt R Nel caso particolare di una rotazione uniforme rispetto a , essa ` e uniforme anche rispetto ad S .

6.2.

COMPOSIZIONE DI MOTI

71

6.2
6.2.1

COMPOSIZIONE DI MOTI
Composizione di moti rigidi

Dalla cinematica del punto, ricordiamo che se P1 si muove rispetto ad un sistema di moto caratterizzato dalla legge P1 = P1 (t) (e dalla velocit` a v1 (t)) e se P2 si muove di moto caratterizzato dalla legge P2 = P2 (t) (e dalla velocit` a v2 (t)), allora si chiama moto composto il moto del punto P denito da P =
i=1,2

(Pi )

(dove ` e un punto qualsiasi del sistema, ad esempio lorigine). Lasciamo al lettore di generalizzare la denizione della composizione di n moti. Esempio 6.1 Il moto elicoidale pu` o essere considerato la composizione del moto di un primo punto che percorre una circonferenza di moto circolare ed il moto di un secondo punto che si muove su una retta ortogonale alla circonferenza. Altri esempi verranno illustrati nella composizione di moti armonici. Passiamo ora ai moti rigidi. Si considerino tre terne , S e S , con origini , O ed O e versori (1 , 1 , k1 ), (, , k) e ( , , k ) rispettivamente. Il moto di S rispetto a sia caratterizzato dalla velocit` a di O rispetto a , diciamo vT (O) e dalla velocit` a angolare T . Il moto di S rispetto ad S sia caratterizzato dalla velocit` a di O rispetto a S , diciamo vR (O ) e dalla velocit` a angolare R . Si consideri un punto P solidale al sistema S . Scriviamo la velocit` a di P rispetto ad S (indipendentemente dal moto di S ), che chiamiamo velocit` a relativa ad S , vR (P ) = vR (O ) + R (P O ) . Supponiamo ora P solidale ad S e calcoliamo la velocit` a di trascinamento di P vT (P ) = vT (O) + T (P O) . Sommando membro a membro si ottiene v (P ) = = = vR (P ) + vT (P ) = vR (O ) + vT (O) + T (P O) + R (P O ) vR (O ) + vT (O) + T (O O) + T (P O ) + R (P O ) vR (O ) + vT (O ) + (R + T ) (P O )

dove vT (O ) = vT (O) + T (O O) ` e la velocit` a di trascinamento di O . In conclusione ponendo v (O ) = vR (O ) + vT (O ) e = R + T si ha v (P ) = v (O ) + (P O ) . e quindi il moto assoluto di S ` e rigido, visto che due suoi punti P ed O soddisfano la legge fondamentale che caratterizza i moti rigidi. Se abbondoniamo il simbolismo sopra adottato, ed indichiamo con v1 , 1 e con v2 , 2 le caratteristiche del primo moto rigido di S1 rispetto al sistema assoluto e del secondo moto di S2 rispetto ad S1 , rispettivamente, come in gura la formula ottenuta sopra prende la forma v (P ) = v (O2 ) + (P O2 ) , dove v (O2 ) = v1 (O2 ) + v2 (O2 ) , = 1 + 2 .

72

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI


z2 y2 z1

O2
v2 , 2

O1
v1 , 1

x2

x1

Figura 6.4 Composizione di moti rigidi

6.2.2

Composizioni di rotazioni intorno ad assi incidenti

Si consideri il moto di rotazione di un sistema intorno ad un asse z passante per il punto sso , poi si consideri la rotazione dellasse z intorno ad un asse sso passante per . Il moto di precessione che ne deriva si pu` o pensare come la composizione di due rotazioni intorno a due assi incidenti in . Sia R la velocit` a di rotazione del sistema intorno allasse z , costante in S e sia T la velocit` a di rotazione del sistema S intorno allasse z , costante in . Il punto ` e sso sia nel moto relativo che in quello di trascinamento, quindi la velocit` a di un qualsiasi punto di S si esprime come somma delle velocit` a vR (P ) = R (P ) e vT (P ) = T (P ) . La velocit` a del moto composto ` e quindi Figura 6.5 Composizione di rotazioni

v (P ) = (R + T ) (P ) . La composizione di una rotazione uniforme intorno ad un asse sso e di una rotazione

6.2.

COMPOSIZIONE DI MOTI

73

uniforme intorno ad un asse solidale viene detta precessione regolare. Le rigate sono due coni rotondi, uno sso, laltro mobile che rotola sul sso senza strisciare, i coni sono detti coni di Poinsot.

6.2.3

Il dierenziale di un autoveicolo

In Lautomobile e la sua circolazione di B.Toni, si legge che il dierenziale in rettilineo trasmette alle ruote uguale numero di giri, mentre in curva la ruota interna pu` o diminuire di giri e trasferirli a quella esterna. Il dierenziale ` e un organo che ha lo scopo di evitare che le due ruote motrici striscino sul terreno per eetto della diversa traiettoria che le ruote devono percorrere. Ci limitiamo a schematizzare il meccanismo del dierenziale, come in gura, osservando che il cono folle C , rimanendo a contatto di puro rotolamento con i coni coassiali collegati con le ruote motrici, consente, ruotando intorno al proprio asse, di far ruotare i coni C1 e C2 con dierenti velocit` a angolari. Siano 1 ed 2 le velocit` a angolari delle due ruote motrici (e quindi dei due coni C1 e C2 , ciascuno di raggio R), sia la velocit` a angolare del motore e sia la velocit` a del cono folle, se si impone che il cone folle rotoli senza strisciare sui coni coassiali si ottiene , 2 R = R r

Figura 6.6 Il dierenziale 1 R = R + r

e sommando si trova la relazione fra le velocit` a angolari dei due coni coassiali (e quindi delle due ruote) e quella del motore 1 = 2 2 .

74

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI Figura 6.7 Schema del dierenziale Lasciamo allo studente di approfondire gli aspetti meccanici del dierenziale.

6.2.4

Rotolamento puro di un disco su un altro

Si consideri un disco di centro O e raggio R, sso, ed un disco di centro H e raggio r, a contatto in C col disco . Si vogliono studiare gli aspetti cinematici del moto del disco che rotola senza strisciare sul disco . Siano A ed A i punti dei due dischi che inizialmente si trovano a contatto (vedi gura). Se misuriamo langolo che forma una direzione (caratterizzata da A ) solidale col disco ed una direzione ssa (ad esempio quella verticale), allora = r + CA r + R r+R H A = = = . (6.2.1) r r r r La relazione fra le velocit` a angolare (in modulo) ` e la seguente

A r C H H

= r + R . r

O
Figura 6.8 Dischi a contatto Da cui per R + ed R = x, si ha = x , r

Esaminiamo ora il caso limite in cui R +, ovvero il disco rotoli su un piano. Quando R +, allora 0, allora eseguiamo il limite nellipotesi che il prodotto R sia mantenuto costante, ovvero se il centro C si allontana allinnito allora R + e contemporaneamente 0. Indichiamo con x il prodotto R. La relazione (??) pu` o essere scritta come 1+ = r r R R . (6.2.2)

=x ed anche in termini di velocit` a r , dove x ` e la velocit` a del centro del disco, relazione che ben conosciamo come caratterizzante del fatto che il punto C sia istantaneamente fermo.

6.2.5

Composizione di moti rigidi di rotazione

Esercizio 6.4 Si consideri il moto di una piattaforma, circolare di raggio r1 , ruotante intorno al punto O1 (sso) con velocit` a angolare 1 . Sopra alla piattaforma, sulla sua periferia, ` e montata una seconda piattaforma, circolare di raggio r2 , che ruota intorno al punto O2 (solidale alla prima piattaforma) con velocit` a angolare 2 , rispetto alla prima piattaforma stessa.

6.2.

COMPOSIZIONE DI MOTI

75

Siano S1 ed S2 i sistemi solidali alla prima ed alla seconda piattaforma (vedi gura). Le caratteristiche di S1 rispetto al sistema sso sono 0 e 1 . Le caratteristiche di S2 rispetto al sistema mobile S1 sono 0 e 2 . Con riferimento al paragrafo ?? , la velocit` a assoluta di O2 ` e data da v (O2 ) = vR (O2 ) + vT (O2 ) = vR (O2 ) + vT (O1 ) + 1 (O2 O1 ) = 1 (O2 O1 ) e = 1 + 2 . Quindi v (P ) = v (O2 ) + (1 + 2 ) (P O2 ) . Determiniamo ora il centro instantaneo di moto C 0 = v (O2 ) + (1 + 2 ) (C O2 ) . Moltiplicando vettorialmente a destra per 1 + 2 , si ottiene 1 (O2 O1 ) + (1 + 2 )(C O2 ) = 0 , 2 (C O2 ) = 1 (O1 C ) . CO2 1 = , ovvero il centro istantaneo di moto divide il segmento O1 O2 in 2 O1 C parti inversamente proporzionali ai moduli delle velocit` a angolari. Geometricamente si pu` o ricavare la posizione del centro istantaneo di moto sapendo che le velocit` a di O2 e di P , punto periferico (vedi gura) sono in modulo 1 r1 e 1 (r1 + r2 ) + 2 r2 , rispettivamente. La base ` e un cerchio di centro O1 , la rulletta ` e un cerchio di centro O2 . Il moto ` e epicicloidale. Quando 1 e 2 sono discordi, C ` e esterno ad O1 O2 , ed il moto ` e ipocicloidale. Ricordiamo un po di nomenclatura. Il moto di una ruota su una retta senza strisciare ` e detto moto cicloidale, perch e le curve descritte dai punti della ruota sono curve denominate cicloidi. Il moto epicicloidale ` e il moto di una circonferenza che rotola senza strisciare allesterno di una circonferenza ssa. Il moto ipocicloidale ` e il moto di una circonferenza che rotola senza strisciare internamente ad una circonferenza ssa. I punti della gura mobile descrivono curve dette rispettivamente epicicloidi ed ipocicloidi. Da cui

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CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI

Rivediamo il problema precedente da un altro punto di vista, scegliendo di misurare la rotazione del secondo disco rispetto ad un riferimento assoluto. Esercizio 6.5 Si consideri il moto di una piattaforma, circolare di raggio r1 , ruotante intorno al punto (sso) con velocit` a angolare 1 , con una seconda piattaforma, sulla sua periferia, circolare di raggio r2 , che ruota intorno al punto O2 (solidale alla prima piattaforma). Si denoti con 2 la velocit` a angolare della seconda piattaforma rispetto al sistema sso di centro . Sia S1 il sistema con origine in O1 = O2 che trasli rispetto al sistema sso e sia S2 il sistema solidale alla seconda piattaforma con O2 (vedi gura). Le caratteristiche di S1 rispetto al sistema sso sono v (O2 ) e 0. Le caratteristiche di S2 rispetto al sistema mobile S1 sono 0 ed 2 . Quindi si ha vR (P ) = 2 (P O2 ) , e vT (P ) = v (O2 ) = 1 (O2 ) , e la velocit` a assoluta ` e v (P ) = v (O2 ) + 2 (P O2 ) = 1 (O2 ) + 2 (P O2 ) .

Il centro istantaneo di moto ` e dato da 0 = 1 (O2 ) + 2 (C O2 ) , da cui 1 ( O2 ) = 2 (C O2 ) . Essendo il moto piano 1 C2 = CO2 1 = . Sia S1 2 CO2 , ovvero 2 O2 il sistema con origine in O1 O2 che trasli rispetto al sistema sso e sia S2 il sistema solidale alla seconda piattaforma con O2 (vedi gura). Geometricamente si pu` o ricavare la posizione del centro istantaneo di moto sapendo che le velocit` a di O2 e di P , punto periferico (vedi gura), sono in modulo 1 r1 e 1 r1 + 2 r2 , rispettivamente. Nota. Si osservi che 1 non ` e la velocit` a angolare di S1 rispetto a . Si osservi che la scelta dei sistemi S1 ed S2 non ` e la pi` u adatta in quanto non compare 1 fra le caratteristiche di S1 ed S2 . Ci` o nonostante la ricerca graca del centro istantaneo di rotazione risulta pi` u semplice. Concludendo le scelte nella soluzione di un problema si rivelano a volte vantaggiose per certi aspetti, ma non per altri.

6.2.6

Esercizi sulla composizioni di moti rigidi

Esercizio 6.6 Si consideri in un piano un parallelogramma articolato ABCD costituito da 4 aste con AB = CD e AC = BD come in gura. Se lasta AB ` e ssata nel piano, come si muovono le altre aste?

6.2.

COMPOSIZIONE DI MOTI

77

I moti delle aste AC e BD sono di rotazione intorno al loro estremo sso, mentre lasta CD si muove di moto traslatorio con velocit` a v (C ) = v (D) = (C A).

C
Figura 6.9 Parallelogramma

Esercizio 6.7 Si considerino in un piano due parallelogramma articolati ABCD e A B C D . Lasta AB ` e ssata nel piano, lasta CD del primo parallelogramma e lasta A B del secondo parallelogramma sono rigidamente collegate fra loro. Come si muove lasta C D ? Come abbiamo visto nellesercizio precedente, lasta CD e quindi anche lasta A B si muovono di moto traslatorio. Di conseguenza il moto di C D , composizione di due moti traslatori, ` e traslatorio. Si noti in particolare come sia possibile raggiungere un qualsiasi punto del piano con opportune rotazioni delle aste BC (AD) e B C (A D ). Questi movimenti sono alla base del tecnigrafo, che per tanti anni ` e stato lo strumento classico dellingegnere per disegnare, e che ormai ` e stato quasi completamente sostituito dai computer e dai programmi CAD.

D C

A B

Figura 6.10 Schema di un tecnigrafo (la base AB ` e ssa)

78

CAPITOLO 6. COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI

Indice
1 INTRODUZIONE ALLA MECCANICA RAZIONALE 1.1 Che cos` e la Meccanica Razionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.2 Un esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 Spazio e tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 RICHIAMI DI CALCOLO VETTORIALE 2.1 Vettori geometrici, spazio vettoriale e spazio 2.2 Rappresentazione cartesiana di vettori . . . 2.3 Cambiamento di coordinate . . . . . . . . . 2.4 Vettori dipendenti da un parametro . . . . 3 TEORIA DEI MOMENTI 3.1 Denizioni . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Legge di variazione dei momenti . . . 3.3 Asse centrale . . . . . . . . . . . . . . 3.4 Sistemi equivalenti e sistemi equilibrati 3.5 Complementi . . . . . . . . . . . . . . 3.5.1 Ancora sullasse centrale . . . . 3.5.2 Vettori paralleli . . . . . . . . . 3.5.3 Esercizi sullasse centrale . . . 3.5.4 Esercizi graci . . . . . . . . . 4 CINEMATICA DEI CORPI RIGIDI 4.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Sistemi di riferimento sso e solidale . 4.3 Rotazione nel piano . . . . . . . . . . 4.4 Gli angoli di Eulero . . . . . . . . . . . 4.5 Moti rigidi . . . . . . . . . . . . . . . . 4.6 Formula fondamentale dei moti rigidi . 4.7 Rigata ssa e rigata mobile . . . . . . 4.8 Ancora sulle rigate del moto . . . . . . 4.9 Moti rigidi: casi particolari . . . . . . 4.10 Moti rigidi piani . . . . . . . . . . . . 4.11 Il teorema di Eulero . . . . . . . . . . 4.12 Rotazioni nite ed innitesime . . . . 79 1 1 2 5 7 7 8 10 11 13 13 14 15 16 19 19 19 21 24 27 27 27 31 33 35 39 41 42 44 45 46 48

ane . . . . . . . . . . . .

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80 5 ESERCIZI SUI MOTI RIGIDI 5.1 Disco che rotola senza strisciare . . . . . . . . . . . . . 5.2 Disco che rotola e striscia . . . . . . . . . . . . . . . . 5.3 Moto di unasta con gli estremi di muoversi su due assi 5.4 Esercizi di ricerca di Base e Rulletta . . . . . . . . . .

INDICE 51 51 51 54 58 65 65 65 67 68 71 71 72 73 74 74 76

. . . . . . . . . . . . . . ortogonali . . . . . . . .

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6 COMPOSIZIONE DI MOTI RIGIDI 6.1 RICHIAMI DI CINEMATICA RELATIVA . . . . . . . 6.1.1 Cinematica relativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6.1.2 Esempio: Moto uniforme di un punto su una guida 6.1.3 Esercizi sui moti relativi . . . . . . . . . . . . . . . 6.2 COMPOSIZIONE DI MOTI . . . . . . . . . . . . . . . . 6.2.1 Composizione di moti rigidi . . . . . . . . . . . . . 6.2.2 Composizioni di rotazioni intorno ad assi incidenti 6.2.3 Il dierenziale di un autoveicolo . . . . . . . . . . . 6.2.4 Rotolamento puro di un disco su un altro . . . . . 6.2.5 Composizione di moti rigidi di rotazione . . . . . . 6.2.6 Esercizi sulla composizioni di moti rigidi . . . . . .

. . . . . . . . . . . . ruotante. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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