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Fenomenologia dello Spirito la Prefazione ammalie a) critica Kant: per la sua pretesa di giudicare la conoscenza dall'esterno (mentre "non

si impara a nuotare stando fuori dall'acqua"); la ragione non pu dubitare della sua validit in generale, dato che pur sempre lei a dubitare (impossibile essere giudice e imputata ad un tempo). Si pu perci mettere in discussione una sapere parziale a partire da un altro sapere, pi perfetto) b) critica Schelling: il suo errore di concepire l'Assoluto come indifferenza, appiattimento dei contorni (una "notte in cui tutte le vacche sono nere"), attingibile perci dall'intuizione, con un "colpo di pistola" immediato. Invece esso l'Intero, in cui le differenze non sono annientate, e che non Sostanza (statica), ma Soggetto (dinamico), si sviluppa realizzandosi progressivamente, mediante tappe o "figure" e cos la filosofia lo raggiunge mediante uno sviluppo, la "fatica del concetto", che ripercorre tali figure. le "le figure" della Fenomenologia La fenomenologia dello Spirito divisa in sei sezioni: coscienza, autocoscienza, ragione, spirito, religione e filosofia. Di esse la pi giustamente famosa la seconda, l'autocoscienza. Accenniamo anche alla prima. 1) la coscienza: Si scandisce nei tre momenti della certezza sensibile (limitata all'hic et nunc), della percezione (coscienza universale e globale ogg) e dell'intelletto (pensa che l'oggetto sia altro). 2) l'autocoscienza: Hegel stesso dice che "l'autocoscienza in s e per s per un'altra; ossia soltanto come un qualcosa di riconosciuto" "per l'autocoscienza c' un'altra autocoscienza". (la dialettica servo/padrone) La prima manifestazione della vita l'appetito, donde lotta per l'autoconservazione vince chi avrebbe accettato di morire pur di non essere schiavo, "soltanto mettendo in gioco la vita si conserva la libert (..). L'individuo che non ha messo a repentaglio la vita pu ben venir riconosciuto come persona, ma non ha raggiunto la verit di questo riconoscimento come riconoscimento di autocoscienza indipendente"; ma al contempo lo schiavo diviene necessario al padrone a) conoscitivamente: ha bisogno di uno che lo riconosca per essere padrone b) praticamente: lo schiavo colui che plasma le cose, e che le media al padrone, che perci dipende da lui. (Stoicismo) Per Hegel dalla schiavit si esce col pensiero (cfr. Epitteto, lo schiavo-filosofo): il suo principio "la coscienza essere pensante" e qualcosa ha valore "solo in quanto la coscienza ivi si comporti come essenza pensante"; "lo stoicismo la libert che (...) ritorna nella pura universalit del pensiero" ma "l'essenza di questa autocoscienza in pari tempo soltanto un'essenza astratta"; "la libert nel pensiero ha soltanto il pensiero puro per sua verit -verit che senza il riempimento della vita- ed quindi soltanto il concetto della libert, ma non proprio la libert vitale" (Scetticismo) Il pensiero, staccato dal mondo reale, finisce col negarlo: lo stoicismo trapassa nello scetticismo "polemico contro la molteplice indipendenza delle cose" ; "il pensiero diventa pensare perfetto che annienta l'essere del mondo molteplicemente determinato" , e "indica l'inessenzialit di ci che ha importanza nel comportamento del dominare e del servire" (coscienza infelice) La coscienza infelice, perch "scissa entro s stessa", tra una coscienza transmutabile (umana) e una instrasmutabile (divina), ponendo l'Assoluto nella trascendenza, nell'Instrasmutabile. Pi che pensiero devozione, subordinazione della coscienza singola a Dio, a cui riconosce di dovere tutto come un dono. Il culmine l'ascetismo, con cui tende a liberarsi dalla miseria della carne unificandosi con l'Immutabile. Ma proprio in questa unificazione la coscienza riconosce di essere lei stessa la coscienza assoluta (possibile allusione ai mistici fiamminghi, o al panteismo). 3) la ragione: la "certezza di essere ogni realt", il che le rende accettabile quel mondo che prima le sembrava diverso da s, antitetico a s. Questa certezza per divenire verit deve giustificarsi: a)dapprima cercandosi nel mondo della natura, contemplandolo (naturalismo Rinascimentale); attraverso la ricerca delle leggi naturali, la ragione cerca nel mondo oggettivo nient'altro che s stessa, bench non lo sappia. b)poi si cerca nell'azione: prima nel piacere (cfr.

Faust di Goethe), che per la travolge come qualcosa di estraneo: allora si d alla legge del cuore (cfr. i Romantici), che per ancora troppo individuale e urta contro la legge di tutti: cos, per vincere la potenza superiore di tale legge esterna punta sulla virt, che per qualcosa di astratto, donchisciottesco (allusione a Robespierre, secondo Abbagnano): solo nell'eticit, nell'operare nello Stato, la Ragione trova pienamente s stessa, deponendo ogni scissione, ogni infelicit e raggiungendo pace e sicurezza. 4) lo spirito: Nasce dalla ragione diventata eticit, dentro un popolo (sostanza della vita degli individui). Hegel ne segue l'evoluzione in tre momenti essenziali: il mondo greco, quello romano e quello moderno. a) il mondo greco il mondo della "libert bella", spontaneo inserimento dell'individuo nello Stato. Gi in esso per si manifestano antitesi *tra legge umana (quella della polis) e divina (testimoniata dalla Antigone), e *tra consapevolezza umana e Fato (documentata nell'Edipo Re). b) il mondo romano poi il momento della antitesi (tra individuo e legge universale) c) il mondo moderno cos chiamato ad essere la sintesi, destinata ad aversi quando avverr l'alienazione di s da parte degli individui (come enti naturali) nello Stato e nella societ [secondo Hyppolite Hegel pensa qui a Hobbes, Locke e soprattutto Rousseau], costruendo cos la civilt (Bildung). A ci si oppongono: *la fede, che la giudica vanit; e *la pura "intellezione" (l'illuminismo), che si chiude nel finito. SSia Kant sia la Rivoluzione francese, in tal senso non sanno conciliare, rispettivamente: legge e volont, stato e individuo. Il romanticismo vi si avvicina (proclamando la sanit degli impulsi immediati), ma resta ancora soggettivista, con la sua idea di "anima bella" (da Hegel in precedenza approvata e ora criticata). 5) la religione: A differenza di Schleiermacher H. le riconosce la valenza di pensiero, pur indicandone il limite nel suo separare il divino dall'umano. Distigue tre tipi di religione: *quella naturale (che pone il divino in realt materiali, come animali e piante); *la religione artistica (quella greca, che si avvale soprattutto della scultura, degli oracoli, della tragedia) e * quella rivelata, che ha il suo culmine nel Cristianesimo (l'Assoluto come presente). 6) la filosofia: Hegel vi traccia un rapido abbozzo della sua storia, da Cartesio a Schelling. Il suo sistema, com' noto, si divide in tre parti: LA SCIENZA DELLA LOGICA ossia la contraddizione come legge fondamentale del reale, o la teorizzazione programmatica della menzogna. "Sia il vostro parlare s, s, no, no". Definizione: "La logica la scienza dell'idea pura, dell'idea nell'astratto elemento del pensiero" (Scienza della Logica, d'ora in poi WL, 19) Essa studia: -la semplice impalcatura delle forme dello spirito, -i principi, le strutture che stanno a fondamento delle realt concrete date dall'esperienza, -le idee esangui, il "regno delle ombre", il "mondo delle semplici essenzialit, libero da ogni concrezione sensibile", -"Dio come nella sua terna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito". Il pensiero : a. [atto del soggetto] "una delle attivit o facolt spirituali" del soggetto, "accanto alla sensibilit ,all'intuizione, alla fantasia, all'appetizione, al volere, etc" [WL,20] b. [che si rapporto ad un oggetto] "riflessione su qualche cosa", pensiero di qualcosa[WL,21] c. [trasformandolo] mutamento prodotto nell'oggetto, facendolo affiorare alla coscienza nella sua vera natura (oltre la sensazione) [WL, 22] d. [anzi creandolo] il pensiero scopre di essere produttivo dell'oggetto; "quella vera natura [dell'oggetto] il prodotto del mio spirito (..) come soggetto pensante (ossia della mia libert)." [WL,23] Ne segue l'identit di logica e metafisica

Infatti l'oggetto della metafisica l'essere, ma l'essere coincide con pensiero, che l'oggetto della logica. Tale identit non stata riconosciuta da subito nella storia della filosofia, la si guadagnata in una storia, che ha visto tre fondamentali momenti (anche qui: tesi, antitesti e sintesi), ossia TRE POSIZIONI DELL'ESSERE rispetto all'OGGETTIVIT A 1) LA VECCHIA METAFISICA [unit (imperfetta e relativa) pensiero/essere] Cio la prima posizione del pensiero rispetto all'oggettivit [WL, 26/36]. Procedeva ingenuamente, credendo di potersi rivolgere direttamente agli oggetti: l'essere colto dal pensiero, il pensiero in unit con l'essere. Di positivo essa "aveva un concetto pi alto del pensiero, che non nei nostri tempi" -> "metteva infatti per base che ci che per mezzo del pensiero si conosceva delle cose, fosse il solo veramente vero che le cose racchiudevano." [non esiste un al-di-l sconosciuto] "Riteneva perci che il pensiero e le determinazioni del pensiero non fossero un che di estraneo agli oggetti, ma anzi fossero la loro essenza, ossia che le cose e il pensare le cose coincidessero in s e per s". Suoi limiti furono a) credere che le determinazioni fossero qualcosa di dato, di oggettivo, e b) credere che, essendo essenzialmente finite, fossero rette dal principio di non contraddizione, per cui di due opposte, l'una fosse vera e l'altra falsa. Il che viene bollato come dogmatismo. 2) il DUALISMO MODERNO (separazione pensiero/essere) Per questa impostazione l'essere al di l del pensiero. Assume due forme: a) l'empirismo (37/9) esprime un bisogno di concretezza (criticando come astratti i concetti metafisici) e l'esigenza di un punto di appoggio per dimostrare tutto; b) il criticismo (40/60) che ritiene l'esperienza, come per l'empirismo, "unico terreno della conoscenza" ( 40); Hegel valuta positivamente che le categorie siano condizioni di oggettivit (non c' esposizione senza di loro) negativamente che a) restino le cose-in-s, e che b)le opposizioni non si concilino (la ragione che unifica qualcosa di astratto, 52, "unit indeterminata") 3) SAPERE IMMEDIATO (perfetta unit pensiero/essere)

Ci che questo sapere immediato sa, che l'infinito, l'eterno, Dio, che nella nostra rappresentazione, anche (64). Ed non semplice idea (70), n semplice essere, ma unit di idea e di essere; come gi diceva nella Fenomenologia: il vero l'intiero. Le parti della Logica: 1) dottrina dell'essere: - essere: il livello pi povero della realt, in quanto massimamente indeterminato e privo di caratteristiche; Tale concezione si oppone diametralmente a quella dell'esse ut actus di Tommaso d'Aquino, che vede invece nell'essere la massima perfezione e l'attualit suprema (per cui Dio per lui l'Ipsum Esse Subsistens). In tal modo l'essere risulta inferiore tanto al divenire (storicismo) quanto al pensiero (attivismo): sulla contemplazione della verit, predomina cos il progetto. - nulla: pur essendo la antitesi dell'essere, essendo al massimo grado di indeterminatezza, si identifica con esso, dando vita alla sintesi, il divenire. H. peraltro precisa che la identit di essere e nulla non significa che una data cosa concreta sia identica al suo non essere, ma si riferisce ai concetti generali di essere e nulla. Infatti l'unit di essere e nulla non totale appiattimento, al contempo diversit (1). Certo tale identit significa che la realt contraddittoria. - divenire: In polemica esplicita con Parmenide, ma anche contro Aristotele, per lui il divenire ha un primato sull'essere. 2) dottrina dell'essenza: essa la "verit dell'essere", l'interiorit, la profondit, l'internarsi dell'essere; rispetto all'essenza il semplice essere apparenza (schein);

a) l'essenza strutturata dai principi di: identit (per s "vuota tautologia", contraddetto dalla differenza soggetto/predicato); differenza (per cui ogni cosa diversa dalla altre); ragion sufficiente/contraddizione (sintesi dei due precedenti): gli opposti entrano in rapporto tra loro; b) per questa contraddizione il finito rimanda a un fondamento (Grund); e qui H. parla delle prove dell'esistenza di Dio: contesta le prova cosmologiche, che partono dal finito, per dimostrare l'Infinito "La vera conclusione da un essere finito e accidentale a un essere assolutamente necessario non sta nel concludere a questo assolutamente necessario partendo dal finito e accidentale, come da un essere che si trovi a fondamento" [WL, logica dell'essenza]; approva quella ontologica anselmiana ( impossibile pensare Dio senza pensarlo esistente) 3) dottrina del concetto: "la verit della sostanza" (nel senso che per l'idealismo di H. si d piena e totale intelligibilit del reale). Di per s il concetto *universale, ma poich deve afferrare *l'individuale, deve farsi *giudizio (cio coincidenza di universale e particolare: universale concreto) e sillogismo (cio comprensione del perch di tale coincidenza: la razionalit del reale va dimostrata, non pu essere intuita). Hegel distingue tre momenti del concetto: il c. soggettivo, il c. oggettivo e l'idea. Mentre per Parmenide e Aristotele (sia pur in diverso senso) l'essere non pu non essere, ossia l'essere noncontraddittorio, ossia uno, ossia ogni cosa identica a s stessa per Hegel l'essere e non , contraddittorio, diviso in polarit dialettiche che si contraddicono e si sintetizzano, ossia ogni cosa richiama il suo contrario, ed al contempo s stessa e il suo contrario, e la sintesi di entrambi. Ne segue, ad esempio, che "il falso non che un momento della verit". LA FILOSOFIA DELLA NATURA La filosofia della natura la parte meno originale e meno pensata del Sistema. 1) rapporto filosofia/scienze. Le Scienze empiriche hanno una funzione necessaria, ma puramente preparatoria: la filosofia che attribuisce loro il loro vero significato (non molto diversamente da Schelling, anche H. cerca il senso filosofico delle leggi scientifiche). 2) la natura, in generale. La Natura "l'idea nella forma dell'esser altro", fuori di s, "decaduta", alienata. il momento dell'antitesi, della contraddizione insoluta. peraltro passaggio necessario per la realizzazione dialettica dello Spirito. H. afferma la intelligibilit della natura, per cui sostiene una concezione antimeccanicistica e organicistica: la Ragione infatti non si perde realmente, perch nel mondo dello Spirito si ritrover, superando questa fase di esteriorit. 3) le parti della f. della natura. Anche qui H. tripartisce il discorso: -meccanica: in cui tratta del moto locale, quindi di spazio e tempo, da lui visti (a differenza di Kant) come inerenti alla natura, pur essendo qualcosa di astratto (astratta esteriorit lo spazio, astratta interiorit il tempo). -fisica: a sua volta suddivisa in: 1) individualit universale -> quella degli elementi della materia 2) individualit particolare -> quella delle propriet della materia (peso specifico, coesione, suono, calore) 3) individualit totale -> concernente le propriet magnetiche, elettriche e chimiche. -organica: Vi rifiuta qualsiasi evoluzionismo nella natura: il tempo naturale ripetitivo;tuttavia la vita fa s che l'Idea emerga sempre pi, raccogliendosi in unit dalla dispersione materiale. H. la tripartisce in a) natura geologica, b) natura vegetale e c) organismo animale. Filosofia della natura o del disprezzo per la natura

La natura infatti denigrata ( spirito uscito da s, alienato). Hegel rifiut pi volte di andare con gli amici ad ammirare la bellezza delle montagne: per lui non erano davvero reali, non essendo altro che un prodotto dello spirito. In questo senso molto pi onesto era stato Kant, grande ammiratore del "cielo stellato". Se Hegel, fermando la catena macchinosa degli ingranaggi artificiosamente dialettici, si fosse fermato a contemplare il cielo stellato! Avrebbe intuito forse che il mondo esiste davvero, non creazione del nostro spirito, avrebbe forse elevato il suo cuore e la sua mente a Colui di cui la realt sensibile segno, riconoscendo che tutto dipende da Lui. LA FILOSOFIA DELLO SPIRITO Concerne l'Idea ritornata in S, dopo l'estraneazione nella natura, di cui lo Spirito la "verit". Lo svolgimento dello spirito importa, che esso: I. nella forma della relazione con se stesso: dentro di esso la totalit ideale dell'Idea diviene a lui, vale a dire ci che suo concetto, diventa per lui, e il suo essere sta appunto nell'essere in possesso di s, cio nellesser libero. Tale lo spirito soggettivo; II. nella forma della realt, come di un mondo da produrre e prodotto da esso, nel quale la libert sta come necessit esistente. Tale lo spirito oggettivo; III. nell'unit dell'oggettivit dello spirito e della sua idealit o del suo concetto: unit, che in s e per s, ed eternamente si produce: lo spirito nella sua verit assoluta. Tale lo spirito assoluto." LO SPIRITO OGGETTIVO: E l'Idea "nella forma della relazione con s stessa": "11 (387). Lo spirito, che si svolge nella sua idealit, lo spirito in quanto conoscitivo. Ma il conoscere qui non viene concepito meramente come nella determinazione dell'idea in quanto logica (223); sebbene nel modo in cui lo spirito concreto si determina alla coscienza.(...) Nell'anima si desta la coscienza; la coscienza si pone come ragione, che si immediatamente destata alla consapevolezza di s; la quale ragione, mediante la sua attivit, si libera col farsi oggettivit, coscienza del suo concetto." Lo spirito soggettivo : "A) in s o immediatamente. Cos esso anima o spirito naturale: il che loggetto dell'Antropologia; "B) per s o mediatamente, come riflessione ancora identica in s e in altro, lo spirito nella sua relazione o particolarizzamento, la coscienza: il che loggetto della Fenomenologia dello spirito. "C) lo spirito che si determina in s, come soggetto per s: il che loggetto della Psicologia." Lo spirito oggettivo: ossia l'Idea "nella forma della realt, come di un mondo da produrre" vede il succedersi di tre momenti: -il diritto (ossia il momento della pura esteriorit; prescinde dall'intenzione, e considera solo il risultato): concetti centrali nel diritto sono di persona (soggetto capace di propriet, che in quanto tale si rapporta agli altri), di contratto, torto, diritto contro il torto. Non esistendo un diritto naturale, metastorico, sono sempre e comunque giuste le leggi positive: "tutto ci che razionale reale, tutto ci che reale razionale" (Fil. del diritto). -la moralit (ossia il momento della pura interiorit; considera solo l'intenzione): centrale in essa il concetto di soggetto, non pi di persona, come "volont riflessa di s, che accetta consapevolmente la legge, riconoscendola come sua. Suoi elementi sono: l'interiorit, il valore esclusivo dell'intenzione, il carattere universale e formale della legge, la scissione tra virt e felicit. Hegel pensa qui a Kant, contro cui polemizza, per l'irrisolta tensione tra essere e dover essere, che rende la moralit paragonabile a un duello allo specchio, strutturalmente interminabile.

-l'eticit (ossia la sintesi di interiorit ed esteriorit; il vero ambito in cui il singolo uomo pu attuarsi moralmente): famiglia -> unita, ma particolare; societ civile -> universale, ma divisa; Stato -> massimo della unit e della universalit IN SINTESI: 1) Hegel nega che esista una legge naturale (=precedente le leggi poste dagli stati): vano affannarsi con la legge morale, come faceva Kant (certo, prendendosela con lui ha miglior gioco: Kant era la caricatura della moralit naturale); la moralit non faccenda personale, non il mio rapporto con la legge (e questo passi) n il mio rapporto col Destino (e qui Hegel sbaglia). Avrebbe ragione a dire che una lotta senza tregua contro la propria non-moralit (quale la pensava Kant) controproducente e insostenibile, se si fonda sulle proprie forze e in virt di un proprio progetto e non avendo presente altro che il proprio io, da rendere perfetto: senza rapporto con un TU non c' vera morale. Ma ha avuto torto a buttar via, col moralismo kantiano, la stessa idea di morale, di dovere che l'individuo, anzi la persona avverte in s e che non condizionabile o cancellabile dalla societ. 2) Di conseguenza affida tutto alla legge positiva: "tutto ci che reale razionale", ossia la legge dello stato (ci che "reale") ha sempre ragione ( "razionale"). Anche quando chiede di uccidere, o di torturare: ha sempre ragione. Inutile tormentarsi: in piena tranquillit si pu e deve obbedire allo Stato. Non esiste termine di paragone per la legge positiva. 3) Nello stato e solo in esso quindi si attua pienamente l'uomo: n la famiglia (importante s, ma solo se relazionata alla totalit statale), n la societ (che secondo Hegel minata dagli egoismi individuali, non ha una vera unit ma solo una somma di tanti interessi particolari) costituiscono ambiti degni di una stima e di un rispetto incondizionati, ma solo lo Stato "la realt della libert concreta volont divina, in quanto spirito esplicantesi a forma reale e ad organizzazione di un mondo" , " totalit organica che precede gli individu o "tutto ci che l'uomo , lo deve allo Stato: solo in esso egli ha la sua essenza.[..] Lo stato l'unit della volont universale, essenziale, e di quella soggettiva. "Lo Stato non esiste per i cittadini: si potrebbe dire che esso il fine, e quelli sono i mezzi." LA STORIA Non esiste un solo stato, e il rapporto tra gli stati non qualcosa di statico: dalla molteplicit degli stati, in dinamica evoluzione nasce la storia. IN GENERALE: E' possibile comprendere la storia, la sua logica. Infatti solo apparentemente la storia un succedersi di eventi casuali, contingenti. In realt essa razionale, di una razionalit che non deve essere creduta, come potrebbe essere nel caso di una teologia della storia, ma pu essere saputa, compresa dalla ragione. Dunque esiste una filosofia della storia. E questa coglie non solo delle linee generali, delle leggi universali, delle costanti, ma capisce esaurientemente ogni dettaglio concreto della storia. Che cosa allora la storia? In generale essa attuazione e manifestazione progressiva della ragione, dell'Assoluto, dello Spirito. Infatti Dio diviene, si realizza, nella storia. L'Assoluto quindi esaurientemente nella storia. Non esiste perci niente di metastorico. Non esiste giustizia metastorica (lo si gi visto: non esiste un diritto naturale metastorico): piuttosto "la storia universale in giudizio universale". Dunque: 1) tutto ci che accade nella storia ha una sua ragione, una sua necessit, come momento inevitabile del dispiegarsi della Ragione assoluta; 2) anche la guerra giustificata, ed bene, n pu essere eliminata (in ci H. si stacca non solo dal Cristianesimo ma anche da Kant). Il fine della storia in questa prospettiva "che lo spirito giunga al sapere di ci che esso realmente (...) manifesti ogettivamente s stesso", ossia la piena automanifestazione dello spirito in una realt storico-oggettiva. La modalit attraverso cui si giunge a tale fine :

1) il succedersi di vari popoli (in effetti l'azione dell'individuo, dice H., tanto pi efficace, quanto pi si innerva nella vita del suo popolo), in cui via via si incarna lo Spirito universale; 2) quest'ultimo si serve anche di motivazioni passionali e particolari per raggiungere attraverso di esse dei fini universali: si attua cos la astuzia della ragione; 3) nella storia si evidenziano dei personaggi di speciale portata, degli eroi o weltgeschichtlichen individuen (individui storico-universali), che sanno cogliere il sebso in cui va la storia, e sanno collocarsi su un punto di vista superiore (bech in qualche modo anche loro soggiacciano alla Astuzia della Ragione); il loro segno il successo, e la gente comune sente che li deve seguire (si pensi a personaggi come Alessandro Magno, Cesare, Napoleone). IN PARTICOLARE Hegel ripartisce la storia in tre grandi momenti: 1) il mondo orientale (caratterizzato dalla sottomissione di tutti (al monarca, solo libero); 2) il mondo greco-romano (caratterizzato dalla libert di alcuni (accanto per alla schiavit di altri); 3) il mondo cristiano-germanico (caratterizzato dalla libert di tutti) LO SPIRITO ASSOLUTO: Si scandisce, ancora una volta, in tre momenti: arte, religione e filosofia. 1) Nell'arte l'Idea si coglie ancora avviluppata in un involucro materiale, il contenuto (l'Idea) racchiuso in una forma (materiale): a seconda di come si rapportino contenuto ideale e forma materiale Hegel distingue tre tipi di arte: a) simbolica, in cui l'Idea come sommersa dall'involucro materiale-oggettivo; b) classica, in cui si raggiunge un equilibrio tra forma e contenuto (Hegel apprezza molto la bellezza dell'arte classica, e in particolare greca, quale vertice estetico insuperabile); c) romantica, in cui la soggettivit creativa tende a prevalere sulla oggettivit materiale, per cui la forma trabocca del contenuto, che sempre meno ne soporta le regole e i vincoli; si prefigura, al termine della parabola dell'arte romantica (non limitata peraltro a ci che comunemente si intende con tale espressione) una fine dell'arte, che deve trapassare in forme pi alte e adeguate di autocoscienza spirituale. 2) Nella religione lo Spirito si coglie stavolta non pi in un dato materiale, ma nel suo essere spirito; tuttavia lo struimento di tale cogliersi non ancora la ragione, ma l'immaginazione, la rappresentazione, per cui permane una distanza tra finito e Infinito: Dio viene immaginato come un Essere trascendente (ci che per Hegel sbagliato). Tra tutte le religioni sono da ritenersi privilegiate quelle monotestiche, che ammettono che il Divino sia Infinito. E tra i monoteismi eccelle il Cristianesimo, che i seguenti pregi: - concepisce l'Infinito come dinamico e non statico (a differenza di Ebraismo e Islam): Dio Trinit, prefigurazione, ai suoi occhi, della sua dialettica di tesi/antitesi e sintesi; - la sua idea di Incarnazione di Dio prefigura (mitologicamente) l'idea razionale della identit tra umano e divino; quello che la fede cristiana ritiene essere vero solo dell'Uomo Ges di nazaret, la filosofia hegeliana lo ritiene vero per l'umanit in quanto tale; 3) solo nella filosofia si ha una piena e perfetta autocoscienza dello Spirito, che valendosi finalmente della ragione, del concetto, si sa ormai Dio, sa di essere la totalit, l'infinito.

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