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KARL R. POPPER BREVIARIO. a cura di Massimo Baldini Rusconi. 1998. KARL R. POPPER 1902-1994.

La nostra conoscenza pu essere solo finita, mentre la nostra ignoranza non pu che essere, di necessit, infinita. Congetture e confutazioni, 56. PREFAZIONE di Massimo Baldini Per quanto rispetti la tradizione e sia consapevole della sua importanza, sono nello stesso tempo un seguace quasi ortodosso della non ortodossia: ritengo che l'ortodossia sia la morte della conoscenza, e ci perch il progredire del sapere dipende interamente dall'esistenza del disaccordo. Certo, il disaccordo pu portare allo scontro e anche alla violenza. E tale esito , penso, profondamente negativo (aborro la violenza). E tuttavia, il disaccordo pu anche condurre alla discussione, al ragionamento e alla reciproca critica. E tali cose sono, a mio avviso, di estrema importanza. KARL R. POPPER Il Novecento , da un punto di vista filosofico, un secolo particolarmente ricco, ricco di grandi filosofi e di importanti correnti di pensiero. E tra i protagonisti della filosofia del ventesimo secolo spicca Karl R. Popper (1902-1994). I suoi contributi all'epistemologia e alla filosofia della politica sono fondamentali e il suo pensiero ha influenzato discipline diversissime: dalla neurofisiologia alla pedagogia, dalla teologia alla politologia. Per il premio Nobel John Eccles tutti gli scienziati dovrebbero "leggere e meditare gli scritti di Popper sulla filosofia della scienza al fine di adottarli come base della loro attivit scientifica". Per Peter Medawar, un altro premio Nobel per la medicina, "Popper certamente il pi grande filosofo della scienza mai esistito". Nel corso della sua lunga vita Popper ha pubblicato numerose opere, ma due sono quelle pi famose: La logica della scoperta scientifica (1934) e La societ aperta e i suoi nemici ( 1946). Tracciando un bilancio della propria avventura umana ed intellettuale egli ha scritto: "Bench abbia conosciuto dispiacere e grande tristezza, come del resto accade a tutti, non credo di aver passato, come filosofo, un momento infelice [...]. Ho lavorato duro, e spesso mi sono immerso fino al collo in difficolt insolubili. Per sono stato felicissimo di aver individuato nuovi problemi, di averli affrontati, e di aver fatto qualche passo avanti. E questo, o almeno cos credo, quanto di meglio possa esserci nella vita".

I nuclei di fondo delle sue riflessioni sono individuabili nella critica all'induttivismo e all'osservativismo, nella proposta della falsificabilit come criterio di demarcazione tra ci che scientifico e ci che scientifico non , nella difesa della societ aperta e della democrazia. Popper stato un critico severo di storicisti e utopisti, filosofi del linguaggio e nichilisti, relativisti e scientisti, statalisti e interventisti, psicoanalisti e sociologi della conoscenza, idealisti e neopositivisti, nazisti e marxisti, intellettuali e filosofi professionisti. Inoltre, ha preso posizione contro numerosi celebri filosofi: da Wittgenstein ("la filosofia di Wittgenstein priva di senso") ad Hegel ("la farsa hegeliana durata anche troppo"), da Platone ("la lezione che noi [...] dovremmo apprendere da Platone esattamente l'opposto di quanto egli vorrebbe insegnarci") a Marx ("nonostante i suoi meriti, Marx fu, a mio avviso, un falso profeta"). Nello stesso tempo, Karl Popper stato anche un difensore strenuo della societ aperta e del liberalismo, ha evidenziato l'importanza della tradizione, ha argomentato in favore della democrazia e della tolleranza, ha preso le difese del senso comune e della filosofia, della metafisica e dell'errore, della chiarezza e della critica. Karl Popper stato un filosofo che ha amato la filosofia (e ne ha preso ripetutamente le difese), ma che ha sinceramente disprezzato molti suoi colleghi accademici. In particolare, ha espresso il proprio disamore nei confronti di coloro che "hanno fatto - come egli scrive - una virt del parlar con se stessi", nei confronti, cio, di coloro che hanno scelto di parlare e di scrivere in modo oscuro. A suo avviso il filosofo, al pari di ogni altro intellettuale, "ha una responsabilit tutta speciale. Ha il privilegio e l'opportunit di studiare. Per questo debitore al suo prossimo (o "alla societ") di esporre i risultati del proprio studio nella forma pi semplice, chiara e modesta. La cosa peggiore - il peccato contro lo Spirito Santo - quando gli intellettuali cercano di atteggiarsi nei confronti del loro prossimo come grandi profeti o di impressionarlo con filosofie oracolanti. Chi non capace di esprimersi semplicemente e chiaramente, deve tacere e continuare a lavorare sino a che capace di dirlo chiaramente". In verit, i filosofi di professione, nella loro stragrande maggioranza (neodialettici e filosofi del linguaggio, idealisti e irrazionalisti), non hanno fornito una buona prova, tuttavia la filosofia, a detta di Popper, una disciplina importante, una disciplina, tra l'altro, che ha una forte vocazione alla popolarit. "Tutti gli uomini sono filosofi - egli afferma nel saggio Come io vedo la filosofia perch in un modo o nell'altro tutti assumono un atteggiamento nei confronti della vita e della morte". Ecco che il filosofo di professione chiamato ad esaminare criticamente i pregiudizi filosofici dell'uomo comune al fine di trasformarli in giudizi. Per Popper il tipo ideale del filosofo deve possedere le seguenti caratteristiche: 1. non deve essere seguace delle mode. Infatti, "un autentico ricercatore di verit non seguir le mode; diffider di esse e le sapr anche combattere se necessario"; 2. non deve rimanere vittima dello

scolasticismo, non deve cio essere afflitto da miopia teorica, in altre parole non deve praticare "una critica minuta di punti minuti, senza una comprensione dei grandi problemi di cosmologia, di conoscenza umana, di etica e di filosofia politica e senza un serio e strenuo tentativo di risolverli"; 3. non deve ammalarsi di specialismo. "La specializzazione - egli afferma pu essere una tentazione per lo scienziato; per il filosofo un peccato mortale". Il filosofo, infatti, un esperto in idee generali, si interroga sull'"enigma del mondo in cui viviamo e sull'enigma della conoscenza che l'uomo ha di questo mondo"; 4. deve praticare la modestia e l'onest intellettuale e rifiutarsi di praticare "il crudele giuoco di esprimere cose facili e banali in modo complicato e difficile"; 5. deve essere sempre pronto a cogliere la rilevanza filosofica dei problemi che sorgono al di fuori della filosofia, ad esempio nel campo della politica della scienza o della religione. Infatti "i problemi filosofici genuini sono sempre radicati in urgenti problemi esterni alla filosofia e scompaiono se tali radici deperiscono". Le tesi filosofiche sostenute da Popper sono state da lui stesso etichettate con la formula razionalismo critico ed esposte come "un completamento del criticismo kantiano". Popper si presentato anche come il teorico del fallibilismo. Il fallibilismo, ha scritto, "non nient'altro che il non-sapere socratico". Ed ha aggiunto: con la fallibilit intendo "l'idea, o l'accettazione del fatto che possiamo errare o che la ricerca della certezza (o anche la ricerca di un'alta probabilit) una ricerca erronea. Al contrario, l'idea di errore implica quella di verit come standard che possiamo anche non riuscire a conseguire e che, per quanto si possa cercare la verit e anche trovarla (il che credo avvenga in moltissimi casi), non possiamo essere assolutamente certi di averla trovata". L'epistemologia di Popper una epistemologia che rende conto dell'immane potenza dell'errore. La tesi di fondo di una delle sue opere principali proprio questa, che "la nostra conoscenza si accresce nella misura in cui impariamo dagli errori". Nella scienza, come nella vita, afferma Popper, vige il metodo di apprendimento per tentativi ed errori, cio di apprendimento dagli errori. L'ameba ed Einstein procedono allo stesso modo: per tentativi ed errori. La sola differenza rilevabile nella logica che guida le loro azioni data dal fatto che i loro atteggiamenti nei confronti dell'errore sono profondamente diversi. "Einstein, infatti, "diversamente dall'ameba, cerca consapevolmente di fare del tutto, ogniqualvolta gli capiti una nuova soluzione, per coglierla in fallo e per scoprire in essa un errore: egli tratta o si avvicina alle proprie soluzioni criticamente". Egli cio assume un atteggiamento consapevolmente critico nei confronti delle proprie idee cosicch, mentre l'ameba morir insieme alle sue soluzioni sbagliate, Einstein sopravviver grazie ai suoi errori. Prima di Popper l'errore godeva presso i filosofi e gli uomini di cultura di una pessima letteratura. Le metafore che pi insistentemente ricorrevano, in molti autori che parlavano dell'errore, erano prese a prestito dal linguaggio della malattia

e della morte. "Gli errori, infatti - scrive Melchiorre Gioia - sono alterazioni della verit, come le malattie lo sono della salute". Per molti filosofi, da Sant'Agostino a Spinoza, da Cartesio a Leibniz, l'errore per sua stessa natura ateoretico, il frutto di un qualcosa (la cattiva volont o la sensibilit) che intervenuto a disturbare il retto funzionamento dell'intelletto. "Dunque - scrive Cartesio -, donde nascono i miei errori? Da ci solo, che la volont essendo molto pi ampia e pi estesa dell'intelletto, io non la contengo negli stessi limiti, ma l'estendo anche alle cose che non intendo, alle quali essendo di per s indifferente, essa si smarrisce assai facilmente". Da Popper, invece, l'errore stato visto come il motore della scienza. "Evitare errori - egli ha scritto un ideale meschino: se non osiamo affrontare problemi che siano cos difficili da rendere l'errore quasi inevitabile, non vi sar sviluppo della conoscenza. In effetti, dalle nostre teorie pi ardite, incluse quelle che sono erronee, che noi impariamo di pi. Nessuno pu evitare di fare errori; la cosa pi grande imparare da essi". L'uomo di scienza sa che non esiste un criterio di verit capace di salvarlo dall'errore, sa che egli pu commettere errori e che, quanto prima li commetter, tanto meglio sar, giacch nella scienza sono proprio gli errori che ci forniscono i deboli segnali rossi che "ci aiutano a trovare a tentoni la via d'uscita dalla oscurit della caverna". Gli errori, dunque, sono i muri maestri del nostro sapere, non solo perch, come dice Roger Martin du Gard in Jean Barois, " gi qualcosa sapere dove non si trova la verit", ma anche e soprattutto perch essi soltanto ci consentono di avvicinarci alla verit. Popper, quando inizi a frequentare l'universit, fu socialista, quindi, per pochi mesi, comunista, successivamente, deluso dal marxismo, di nuovo socialista, infine, dopo qualche anno, fece proprie le tesi del liberalismo. "Per diversi anni - egli ha scritto rimasi socialista, anche dopo il ripudio del marxismo; e se ci fosse stato qualcosa come un socialismo combinato con la libert individuale, sarei ancora oggi un socialista. E, infatti, non potrebbe esserci niente di meglio che vivere una vita modesta, semplice e libera in una societ egalitaria. Mi ci volle un po' di tempo per riconoscere che questo non era nient'altro che un sogno meraviglioso; che la libert pi importante dell'uguaglianza; che il tentativo di attuare l'uguaglianza di pregiudizio alla libert; e che se va perduta la libert, tra non liberi non c' nemmeno uguaglianza". Popper ritiene che non esista un "metodo infallibile per evitare la tirannide" e che le istituzioni democratiche siano le migliori poich consentono ai cittadini di controllare il potere politico e di poter licenziare i governanti incapaci senza ricorrere alla violenza. In breve, solo la democrazia rende possibile l'uso della ragione in campo politico. Il nostro epistemologo ritiene, come Karl Kraus, che la politica consista nello scegliere il male minore e che occorra diffidare di quei politici che promettono troppo. "In politica e in medicina - egli afferma - chi promette troppo non pu essere altro che un ciarlatano. Noi dobbiamo cercare di migliorare le cose, ma

dobbiamo sbarazzarci dell'idea di una pietra filosofale, di una formula che converta senz'altro la nostra corrotta societ umana in puro oro perenne". Popper, che non ha, in genere, un'alta stima dei politici, ritiene tuttavia che il problema centrale della politica sia istituzionale e non gi personale. "Sono portato a ritenere - egli sostiene nel primo volume della Societ aperta e i suoi nemici - che i governanti sono stati raramente, sia moralmente sia intellettualmente, al di sopra della media e spesso al di sotto di essa. E penso che, in politica, sia ragionevole adottare il principio di essere pronti al peggio, nella misura del possibile, anche se, naturalmente, dobbiamo, nello stesso tempo, cercare di ottenere il meglio. Mi sembra stolto basare tutti i nostri sforzi politici sull'incerta speranza che avremo la fortuna di disporre di governanti eccellenti o anche competenti". La societ aperta che il nostro filosofo difende al tempo stesso, come egli ha dichiarato, una realt e un ideale, una societ in cui la critica non solo tollerata, ma viene addirittura stimolata, una societ in cui pi facile che in altre individuare, ed eliminare, gli errori che i politici possono commettere. In breve, la societ aperta consente uno sfruttamento dell'errore migliore di quelle fortemente autoritarie. Popper stato accolto in Italia con molta difficolt a causa delle resistenze del mondo marxista e cattolico, ma anche per l'incomprensione di parte del Greve in Chianti, febbraio 1998 mondo liberale. A ben guardare, se egli diventato un autore noto anche da noi lo si deve essenzialmente all'iniziativa di uno studioso: Dario Antiseri, al quale si devono la prima monografia italiana su Popper e numerose traduzioni italiane delle opere popperiane. Tra i molti giudizi che sulla filosofia popperiana hanno espresso noti studiosi italiani, uno, a mio avviso, particolarmente illuminante. Anni fa, recensendo alcune opere su Popper, Nicola Abbagnano dalle colonne del Giornale afferm che si possono certamente mettere in dubbio alcuni aspetti della sua filosofia, ma "non si pu negare che la dottrina di Popper stata una salutare reazione contro il dogmatismo scientifico del neo-positivismo e il dogmatismo politico delle ideologie marxiste e libertarie. La scienza stessa oggi ha ripudiato quel dogmatismo e la politica attuale, nei suoi aspetti innovatori e vitali, rigetta ogni forma di utopia, diffida dello Stato come fattore assoluto del benessere o della felicit dei cittadini e insiste nel lasciare una parte sempre pi estesa alla critica politica e alla libert di scelta. Nel suo richiamo ad una "ricerca senza fine", che libert, critica e innovazione, Popper pu trovare oggi in tutti i campi sempre pi numerosi compagni di viaggio". MASSIMO BALDINI NOTA DI EDIZIONE. (SIGLE). I passi antologizzati nel presente volume sono tratti dalle edizioni italiane delle opere di Karl R. Popper. Al termine di

ogni passo si indicato attraverso delle sigle e dei numeri arabi il volume di riferimento e la pagina relativa. Nel caso in cui sia stato necessario apportare dei tagli, questi sono sempre stati segnalati con dei puntini di sospensione posti tra parentesi quadre. Diamo qui di seguito l'elenco delle sigle adottate e la loro esplicitazione: ARM: Alla ricerca di un mondo migliore, Armando, Roma, 1989. CEC: Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna, 1972. CDSM: W.W. Bartley, Come demarcare la scienza dalla metafisica, Borla, Roma, 1983. CIVF: Come io vedo la filosofia, in "La cultura" 1976, n. 4, pp. 389-403. CMT: Una patente per fare la TV, in K.R. Popper J. Condry, Cattiva maestra televisione, Reset, Milano, 1994. CO: Conoscenza oggettiva, Armando, Roma, 1975. FA: Il futuro aperto, Rusconi, Milano, 1989. FTC: C. Glossner, I filosofi tedeschi contemporanei, Citt Nuova, Roma, 1980. IF: L'informazione violenta, Societ aperta, Roma, 1996. LDSS: Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino, 1970. Lss: La logica delle scienze sociali,AA VV.;dialettica e positivismo in sociologia, Einaudi, Torino 1972. MDC:il mito della cornicie, IL Mulino,Bologna1955. MDS: Miseria dello storicismo, Feltrinelli, Milano, 1975. PL: Poscritto alla logica della scoperta scientifica, Il Saggiatore, Milano, 1994. RMM: Alla ricerca di un mondo migliore, in G. Brescia, Karl Popper e il pungolo della libert, Editrice Salentina, Galatina, 1995. RNF: La ricerca non ha fine, Armando, Roma, 1976. SAN: La societ aperta e i suoi nemici, Armando, Roma, 1996. SN: La scienza normale e i suoi pericoli, in AA. VV., Critica e crescita della conoscenza, Feltrinelli, Milano, 1976. TV: Tutta la vita risolvere problemi, Rusconi, Milano, 1996. BREVIARIO. I. IO, KARL R POPPER. Io sono, in primo luogo, indeterminista, in secondo luogo, realista, in terzo luogo, razionalista. L'incontro col marxismo fu uno dei principali eventi del mio sviluppo intellettuale. Mi insegn tante di quelle lezioni che non ho mai pi dimenticato. Mi insegn la sapienza del detto socratico: "Io so di non sapere". Mi rese fallibilista, e impresse in me il valore della modestia intellettuale. E mi fece sommamente consapevole delle differenze esistenti tra pensiero dogmatico e pensiero critico. RNF, 49 Non mi considero un esperto n di scienza n di filosofia. Nondimeno, ho cercato con ostinazione, per tutta la vita, di comprendere qualcosa del mondo in cui viviamo. MDC,7

Per molti anni ho cercato di contestare le mode intellettuali nella scienza, e ancor pi in filosofia. Il pensatore alla moda per lo pi prigioniero del proprio conformismo, mentre io considero la libert - la libert politica cos come il pensiero autonomo e aperto - uno dei principali valori che la vita pu offrirci, se non il principale. MDC,7 Preferisco lavorare e formulare le mie idee nel modo pi semplice possibile. Spesso questo non facile. FTC, 358 Io affermo che il nostro mondo, il mondo delle democrazie occidentali, non certamente il migliore di tutti mondi pensabili o logicamente possibili, ma tuttavia il migliore di tutti i mondi politici della cui esistenza storica siamo a conoscenza. Sotto questo punto di vista sono un ottimista incallito. TV, 158 Sono pienamente d'accordo con Hugo von Hofmannsthal quando nel suo Buch der Freunde scrive: "La filosofia il giudice di un'epoca; brutto se essa ne invece l'espressione". TV, 149 Credo di avere risolto un'intera serie di problemi filosofici veramente fondamentali; ad esempio il problema dell'induzione. (Questi tentativi di soluzione - come sempre - hanno prodotto problemi nuovi, fruttuosi). FTC,350 Non disputo mai su parole. FTC, 351 Ritengo che esistano problemi filosofici e perfino che alcuni io li abbia risolti. Ma, come ho scritto altrove, "non c' niente che sembri meno auspicabile di una soluzione semplice per un annoso problema filosofico". RNF, 141 Io nella filosofia del Romanticismo - e specialmente nella filosofia dei tre grandi rappresentanti dell'Idealismo tedesco, Fichte, Schelling ed Hegel -, non riesco a vedere nient'altro che una catastrofe intellettuale e morale - la pi grande catastrofe intellettuale e morale da cui fu mai funestata l'intellighenzia tedesca ed europea. Questa catastrofe, questa reazione a catena intellettuale e morale ha esercitato, come io credo, una disastrosa azione di istupidimento, che sta ancora agendo come una nube atomica in espansione. TV, 148 Sono sempre stato un filosofo del senso comune, e un realista del senso comune. Il mio atteggiamento era di credere che fosse proprio del senso comune ritenere che il senso comune fosse spesso in torto forse pi spesso che dalla parte della ragione; ma che fosse pacifico che in filosofia

dovessimo partire dal senso comune, anche se solo per trovare, con la critica, dove esso fosse in torto. Ero interessato al mondo reale, al cosmo, ed ero del tutto ostile a ogni idealismo, positivismo, o anche neutralismo filosofico. Se non vi era un mondo reale, altrettanto e anche molto pi ricco del mondo che conosciamo cos superficialmente dalla vita quotidiana, e se lo studio di questo mondo non era il compito principale del filosofo, allora non sarei stato interessato alla filosofia. CO, 423 Io sono un realista in due sensi della parola. Anzitutto, credo nella realt del mondo fisico. In secondo luogo, credo che il mondo degli enti teorici sia reale. CO, 441 Posso anche descrivere me stesso come un materialista nella misura in cui credo nella realt della materia, sebbene io decisamente non sia un materialista nel senso in cui il "materialismo" il punto di vista per cui la materia (estesa) qualcosa di ultimo o irriducibile, o essa solo reale. CO, 442 Per diversi anni rimasi socialista, anche dopo il mio ripudio del marxismo; e se ci fosse stato qualcosa come un socialismo combinato con la libert individuale, sarei ancor oggi un socialista. E, infatti, non potrebbe esserci niente di meglio che vivere una vita modesta, semplice e libera in una societ egalitaria. Mi ci volle un po' di tempo per riconoscere che questo non era nient'altro che un sogno meraviglioso; che la libert pi importante dell'uguaglianza; che il tentativo di attuare l'uguaglianza di pregiudizio alla libert; e che se va perduta la libert, tra non liberi non c' nemmeno uguaglianza. RNF, 49 Del mio periodo socialista giovanile ho salvato nella vecchiaia molte idee e ideali. FTC, 346. Io sono un grande ammiratore del sano senso comune; io sostengo addirittura che, se noi ci muoviamo ad un livello non troppo critico, il senso comune in tutte le possibili situazioni problematiche il consigliere pi valido e pi affidabile. TV, 25-26. Io sono convinto che esista almeno un problema al quale sono interessati tutti gli uomini dediti al pensiero. E il problema della cosmologia: il problema di comprendere il mondo, compresi noi stessi e la nostra conoscenza, in quanto parte del mondo. Sono convinto che tutta la scienza sia cosmologia, e per me l'interesse cos della filosofia come della scienza risiede unicamente nei contributi che queste due discipline hanno portato a questo problema. In ogni caso scienza e filosofia cesserebbero di esercitare

su di me qualsiasi attrazione se dovessero rinunciare a proporselo. LDSS, XXI. All'opposto dei miei contemporanei pi giovani, ritengo meravigliosi il mondo e gli uomini. Bench io, naturalmente, sappia che c' molto male, so anche per che il nostro mondo il migliore che mai si sia avuto nel corso della storia. TV, 233-234. Io non sono affatto, come lo sono invece tanti miei colleghi filosofi, una guida che incede su nuove vie; non sono un annunciatore di una nuova direzione in filosofia. Io, piuttosto, sono completamente e assolutamente un filosofo di vecchio stampo, il quale crede ad una filosofia del tutto antiquata e superata. E questa la filosofia di un'epoca passata gi da un bel pezzo, dell'epoca del Razionalismo e dell'Illuminismo. Come uno degli ultimi seguaci rimasti del Razionalismo e dell'Illuminismo, io credo all'autoemancipazione dell'uomo per mezzo della conoscenza, - proprio come vi credeva una volta Kant, l'ultimo grande filosofo dell'Illuminismo, o come vi credette Pestalozzi, il quale volle combattere la povert con la conoscenza. TV, 147-148. Bench abbia conosciuto dispiacere e grande tristezza, come del resto accade a tutti, non credo di aver passato, come filosofo, un momento infelice dacch siamo ritornati in Inghilterra. Ho lavorato duro, e spesso mi sono immerso fino al collo in difficolt insolubili Per sono stato felicissimo di aver individuato nuovi problemi, di averli affrontati, e di aver fatto qualche passo avanti. E questa, o almeno cos credo, la vita pi bella. RNF, 142. Sono un razionalista e credo alla verit e alla ragione. E non significa che io credo all'onnipotenza della ragione umana. Un razionalista non affatto, come asseriscono molti dei nostri oppositori antirazionalisti, un individuo che vorrebbe fare degli altri puri esseri razionali. Questo sarebbe s estremamente irragionevole. Ogni uomo ragionevole, e perci, spero, anche un razionalista, sa molto bene che la ragione pu rivestire solo un ruolo ben modesto nella vita umana. E il ruolo della riflessione critica, della discussione critica. ARM, 208. Viviamo in un'epoca in cui l'irrazionalismo tornato di moda. Voglio perci iniziare confessando che reputo la conoscenza delle scienze naturali la migliore e pi importante forma di conoscenza che possediamo, sebbene non sia certo l'unica. ARM,13 Non sono un materialista, ma ammiro i filosofi materialisti, in particolare i grandi atomisti, Democrito, Epicuro e Lucrezio. Essi furono i grandi illuministi dell'antichit, gli antagonisti della fede nei demoni, i liberatori dell'umanit. Ma il materialismo ha superato se stesso. ARM, 20.

Si d il caso che io non sia solo un empirista e un razionalista di tipo particolare, ma anche un liberale, nel senso inglese del termine; ma proprio perch sono un liberale, credo che per un liberale poche cose siano pi importanti del sottoporre le varie teorie del liberalismo ad un esame critico approfondito. CEC, 17 Io mi vanto di non essere un filosofo della credenza umana: sono interessato soprattutto alle idee, alle teorie, e trovo al confronto non importante se uno "crede" in esse o no. E sospetto che l'interesse dei filosofi nella credenza risulti da quella filosofia erronea che io chiamo "induttivismo". Sono teorici della conoscenza e, partendo da esperienze soggettive, non riescono a distinguere fra conoscenza oggettiva e soggettiva. Questo li porta a considerare la credenza come il genere di cui la conoscenza una specie. CO, 47 Per me l'idealismo assurdo, perch esso implica anche qualcosa del genere: la mia mente che crea questo bel mondo. Ma io so che non ne sono il creatore. CO, 67. Io nell'interesse della pace, sono un avversario del cosiddetto movimento pacifista. Dobbiamo imparare dalle nostre esperienze; e gi due volte il movimento pacifista ha contribuito ad incoraggiare l'aggressore. L'imperatore Guglielmo II si aspettava che l'Inghilterra, nonostante le garanzie fatte al Belgio, non si decidesse alla guerra proprio a motivo del pacifismo; e analogamente pens Hitler, nonostante le garanzie fatte dall'Inghilterra alla Polonia. TV, 216 Personalmente, non mi ha mai interessato il problema del significato; anzi, esso mi apparso sempre un problema verbale, un tipico pseudoproblema. Mi sono interessato soltanto del problema della demarcazione, cio della ricerca di un criterio per valutare il carattere scientifico delle teorie. CEC, 73 Io vorrei essere riuscito a far capire agli scienziati e soprattutto agli intellettuali un fatto, e cio che noi sappiamo tanto poco. TV, 134 Le mie idee sulla metodologia delle scienze sociali sono il risultato della mia ammirazione per la teoria economica: ho cominciato a svilupparle, circa venticinque anni fa, cercando di generalizzare il metodo dell'economia teorica. MDC, 207 Io mi spazientisco troppo spesso quando leggo scritti filosofici. PL, 21 1

Vedo nelle nuove gigantesche organizzazioni della ricerca scientifica un serio pericolo per la scienza. I grandi uomini di scienza erano solitari critici. Questo valeva naturalmente per Schrdinger e Gdel, e anche per Watson e Crick. Lo spirito della scienza mutato, come conseguenza della ricerca organizzata. Dobbiamo sperare che, nonostante tutto, continueranno ad esserci sempre grandi solitari. ARM, 72 E' giusto che sia definito scettico (nel senso classico) nella misura in cui nego la possibilit di un criterio generale di verit non logico-tautologica. Ma questo lo fa ogni pensatore ragionevole, ad esempio Kant, Wittgenstein o Tarski. E come questi anch'io accetto la logica classica, che interpreto come organo della critica; dunque non come organo della prova, bens come organo della confutazione, dell'lenchos. Ma io mi distinguo profondamente da ci che al giorno d'oggi si intende per scettico. Come filosofo non sono interessato al dubbio e all'incertezza, e questo proprio perch si tratta di condizioni soggettive e perch da tempo ho abbandonato la ricerca di una sicurezza soggettiva ritenendola superflua. Quello che mi interessa, sono i motivi razionali, oggettivi e critici che inducono a preferire una teoria all'altra nella ricerca della verit. E certo nessuno scettico moderno ha detto qualcosa di simile prima di me. ARM, 17 In un famoso e intenso passo della sua principale opera, Platone chiede che i filosofi diventino re e che, viceversa, i re - o sovrani - siano filosofi veri e seri. La prima parte della proposta di Platone piaciuta a molti filosofi, e alcuni di essi l'hanno presa alquanto sul serio. Personalmente, non penso si tratti di un suggerimento convincente. A parte il fatto che avverso ogni forma di autocrazia o dittatura, compresa quella dei pi saggi e migliori, i filosofi non mi sembrano particolarmente adatti a questo compito. MDC, 247 Il mio razionalismo non dogmatico. Riconosco pienamente che non posso dimostrarlo razionalmente. Confesso francamente che ho optato per il razionalismo perch odio la violenza e non mi illudo inutilmente che tale odio abbia un qualsiasi fondamento razionale. O, in altri termini, il mio razionalismo non autosufficiente, ma poggia su una fede irrazionale nell'atteggiamento di ragionevolezza. Non vedo come Si possa andare oltre questo. Si pu forse dire che la mia fede irrazionale nei diritti uguali e reciproci di convincere gli altri e di essere da questi persuasi una forma di fiducia nella ragione umana; o semplicemente che credo nell'uomo. CEC, 604-605. II. IL MESTIERE DEL FILOSOFO.

Tutti gli uomini sono filosofi perch in un modo o nell'altro tutti assumono un atteggiamento nei confronti della vita e della morte. Alcuni filosofi hanno fatto una virt del parlar con se stessi, forse perch si erano convinti che non ci fosse nessuno con cui parlare. Ho paura che l'abitudine di filosofare su questo livello un po' troppo elevato sia un sintomo del declino della discussione razionale. Non c' dubbio che Iddio parli quasi esclusivamente con se stesso, perch non trova nessuno con cui valga la pena di parlare. Ma i filosofi dovrebbero sapere che non sono pi simili a Dio di quanto non lo siano gli altri uomini. LDSS, XXIII. Una delle cose che possono capitare a un filosofo, e che questi pu sicuramente annoverare fra le sue pi alte conquiste, di scorgere un enigma, un problema, o un paradosso, non precedentemente rilevato da alcun altro. E questo un evento ancor pi importante della risoluzione dell'enigma. Il filosofo che per primo scorge e comprende un nuovo problema, scuote la nostra pigrizia e il nostro compiacimento. Egli fa per noi ci che Hume fece per Kant: ci risveglia dal "sonno dogmatico", e apre davanti a noi un nuovo orizzonte. CEC, 317. Come chiunque altro, i filosofi sono liberi di usare qualsiasi metodo per la ricerca della verit. Non esiste un metodo peculiare alla filosofia. LDSS, XXII. Io penso che tutti gli uomini e tutte le donne siano filosofi, anche se alcuni lo sono pi di altri. Concordo sull'esistenza di un gruppo distintivo ed esclusivo di persone, i filosofi accademici, ma sono ben lungi dal condividere l'entusiasmo di Waismann per le loro attivit e il loro approccio. Al contrario, sento che c' molto da dire a favore di coloro (sono, a mio parere, filosofi di un particolare genere) che nutrono sospetti per la filosofia accademica. CIVF, 390. A mio parere, la filosofia professionale non ha dato prove troppo brillanti di s. Ha un urgente bisogno di una apologia pronta sua - una difesa della sua esistenza. Sento perfino che il fatto di essere un filosofo di professione io stesso costituisce un grave capo d'imputazione contro di me: lo sento come una accusa. Devo dichiararmi colpevole e presentare, come Socrate, la mia apologia. CIVF, 390. Ci sono stati pochi filosofi veramente grandi e anche un piccolo numero di filosofi i quali, bench ammirevoli da molti punti di vista, hanno sfiorato ma non raggiunto la grandezza. Ma, sebbene ci che essi hanno prodotto dovrebbe essere di primaria importanza per qualsiasi filosofo accademico la filosofia non dipende da essi, nel senso in cui la pittura dipende dai grandi

pittori o la musica dai grandi compositori. Inoltre, la grande filosofia - per esempio quella dei Presocratici - di data anteriore ad ogni filosofia accademica e professionale. CIVF, 390 Sento che la filosofia non ha dato prove troppo brillanti di s e sento di doverla difendere. CIVF, 392 L'esistenza di problemi filosofici urgenti e seri e la necessit di discuterli criticamente , secondo me, l'unica giustificazione per quella che pu essere chiamata la filosofia professionale o accademica. CIVF, 393 Io vedo la storia della filosofia essenzialmente come parte della storia della ricerca della verit e rigetto la concezione puramente estetica di essa, anche se la bellezza altrettanto importante nella filosofia come nella scienza. CIVF, 394 1. Non vedo la filosofia come la soluzione di enigmi linguistici. 2. Non vedo la filosofia come una serie di opere d'arte, come originali e interessanti quadri del mondo, o intelligenti e insoliti modi di descrivere il mondo. [...] 3. Non vedo la lunga storia dei sistemi filosofici come storia di edifici intellettuali in cui tutte le idee possibili siano saggiate e in cui la verit possa venire casualmente alla luce come un sottoprodotto. [...] 4. Non vedo la filosofia come un tentativo di chiarire o di analizzare o di "esplicare" concetti o parole o linguaggi. [...] 5. Non vedo la filosofia come un modo di essere bravi. 6. Non vedo la filosofia come una specie di terapia intellettuale (Wittgenstein), una attivit per aiutare le persone ad uscire da perplessit filosofiche. [...] 7. Non vedo la filosofia come la ricerca dei modi di esprimere le cose con pi precisione o esattezza. [...] 8. Di conseguenza, non vedo la filosofia come un tentativo di fornire le fondamenta o l'impalcatura concettuale per risolvere problemi che potrebbero sorgere nel vicino o pi lontano futuro. [...] 9. N vedo la filosofia come espressione dello spirito del tempo. Questa un'idea hegeliana, che non regge alla critica. CIVF, 394-395 Vi sono delle mode in filosofia, cos come ve ne sono nella scienza. Ma un autentico ricercatore di verit non seguir le mode: diffider di esse e le sapr anche combattere se necessario. CIVF, 395 Lo sviluppo della dialettica, nel suo complesso, dovrebbe essere un ammonimento contro i pericoli inerenti alla costruzione di sistemi filosofici. Dovrebbe ricordarci che la filosofia non dev'essere posta a fondamento di un

qualsiasi tipo di sistema scientifico, e che i filosofi dovrebbero essere molto pi modesti nelle loro pretese. Un compito assai utile che essi possono svolgere lo studio dei metodi critici della scienza. CEC, 570 Tutti gli uomini e tutte le donne sono filosofi, o meglio, se non sono consapevoli di avere dei problemi filosofici tutti hanno in ogni caso pregiudizi filosofici. La maggior parte di questi sono teorie che essi prendono per scontate inconsapevolmente, o che hanno assorbito dal loro ambiente intellettuale o dalla tradizione. Poich poche di queste teorie sono professate consapevolmente, esse sono pregiudizi nel senso che sono professate senza un esame critico, anche se possono rivestire grande importanza per le azioni pratiche delle persone e per tutta la loro vita. Costituisce una giustificazione dell'esistenza della filosofia professionale il fatto che c' bisogno di uomini che esaminino criticamente queste teorie diffuse ed influenti. CIVF, 395-396 Ogni filosofia deve iniziare dalle dubbie e spesso perniciose concezioni del senso comune acritico. Il suo fine di raggiungere il senso comune illuminato, critico, di raggiungere cio una concezione pi vicina alla verit e che abbia un influsso meno dannoso sulla vita umana. CIVF, 396 A mio modo di vedere, i problemi della teoria della conoscenza costituiscono il nucleo della filosofia, sia della filosofia acritica o popolare del senso comune, sia della filosofia accademica. Sono persino decisivi per la teoria dell'etica (come Jacques Monod ci ha recentemente ricordato). CIVF, 398 Cos come io vedo la filosofia, essa non dovrebbe mai essere e invero non pu mai essere scissa dalla scienza. Storicamente, tutta la scienza occidentale una progenie della speculazione filosofica greca intorno al cosmo, all'ordine del mondo; i comuni antenati di tutti gli scienziati e di tutti i filosofi sono Omero Esiodo e i Presocratici. CIVF, 400 Ammetto che vi sono dei problemi molto sottili in filosofia che hanno la loro naturale ed invero unica sede nella filosofia accademica, per esempio i problemi di logica matematica e pi in generale la filosofia della matematica, e sono molto colpito dai prodigiosi progressi compiuti in questi campi nel nostro secolo. Ma per quanto riguarda la filosofia accademica in generale, sono preoccupato dell'influenza di quelli che Berkeley era solito chiamare "i filosofi al minuto". Senz'altro la critica la linfa vitale della filosofia, eppure una critica minuta di punti minuti, senza una comprensione dei grandi problemi di cosmologia, di conoscenza umana, di etica e di filosofia politica e senza un serio e strenuo tentativo di risolverli, mi pare fatale. CIVF, 401-402

Tutti gli uomini sono filosofi, perch in un modo o nell'altro tutti assumono un atteggiamento nei confronti della vita e della morte. Vi sono quelli che pensano che la vita sia priva di valore perch ha una fine. Non pensano che si potrebbe anche proporre l'argomento opposto: se non vi fosse una fine alla vita, essa non avrebbe valore, ed il pericolo sempre presente di perderla che in qualche misura aiuta a renderci consapevoli del valore della vita. CIVF, 403 Ogni filosofia, e in particolare ogni "scuola" filosofica, soggetta a una degenerazione tale che i suoi problemi diventano praticamente indistinguibili da pseudo-problemi, e il suo gergo, in conseguenza, non pu pi essere distinto in pratica dal chiacchierio privo di significato. CEC, 126 La degenerazione delle scuole filosofiche [...] la conseguenza della credenza erronea che si possa filosofare senza esservi spinti da problemi che sorgono al di fuori della filosofia - nella matematica, per esempio, o nella cosmologia, nella politica, nella religione, o nella vita sociale. La mia prima tesi, in altre parole, questa. I problemi filosofici genuini sono sempre radicati in urgenti problemi esterni alla filosofia, e scompaiono se tali radici deperiscono. Nei loro sforzi volti a risolvere detti problemi, i filosofi sono soggetti a inseguire quello che pare un metodo, o una tecnica filosofica, ovvero una chiave infallibile per il successo della filosofia. Ma metodi o tecniche siffatti non esistono; in filosofia i metodi sono privi di importanza; qualsiasi metodo legittimo se conduce a risultati suscettibili di una discussione razionale. Quel che conta non sono i metodi o le tecniche, ma una certa sensibilit ai problemi, e un'ardente passione per essi; o, come dicevano i Greci, la dote naturale di provare meraviglia. CEC, 126-127 Credo che ci sia un solo argomento a difesa dell'esistenza della filosofia. E questo: lo sappiano o no, tutti gli uomini hanno una filosofia. Certo, pu ben darsi che nessuna delle nostre filosofie valga gran che, ma la loro influenza sui nostri pensieri e sulle nostre azioni grande, e spesso incalcolabile. Ecco perch c' bisogno di un esame critico di tutte queste filosofie: l'esame critico delle filosofie il compito centrale della filosofia in quanto disciplina, la sua raison d'tre. Si tratta di un compito pi modesto della maggior parte di quelli che sono stati proposti alla filosofia, ma un compito che, se impariamo a parlare e a scrivere con chiarezza, pu essere portato a termine. LDSS, XIII La teoria della conoscenza, e, in generale, la filosofia, ha bisogno di un'apologia pro vita sua, di una difesa ragionata della propria esistenza. Infatti, quello che molti filosofi hanno detto e fatto nel corso di questo secolo rappresenta un grave atto d'accusa. LDSS, XIII

Proprio come tutti hanno la loro filosofia, cos tutti hanno la loro teoria della conoscenza. Di solito si tratta di una teoria sostenuta inconsapevolmente, e perci acriticamente, ma si tratta di una teoria che spesso determina il resto della nostra filosofia. LDSS, XIII Uno scienziato impegnato in una ricerca particolare, ad esempio in fisica, pu affrontare direttamente il proprio problema. Pu andare diritto al cuore della materia: al cuore, cio, di una struttura organizzata. Infatti una struttura delle dottrine scientifiche esiste gi, e con essa un orizzonte di problemi generalmente accettato. Per questa ragione lo scienziato pu lasciare ad altri il compito di sistemare il proprio contributo nell'ossatura generale della conoscenza scientifica. Il filosofo si trova in una posizione diversa. Non affronta una struttura organizzata, ma piuttosto qualcosa che ha l'aspetto di un cumulo di macerie (sotto le quali, del resto, forse sepolto qualche tesoro). Non pu fare appello al fatto che esiste un orizzonte di problemi generalmente accettato, perch forse l'unico fatto generalmente accettato che non esiste nulla del genere. In realt, una delle questioni che oggi ricorrono pi sovente nei circoli filosofici se la filosofia arriver mai a porre un problema autentico. LDSS, XVII Ogni razionalista deve dire con Kant: la filosofia non si pu insegnare al massimo si pu insegnare a filosofare; cio ad assumere un atteggiamento critico. TV, 153 Il fine della filosofia (o di qualunque altra attivit razionale o critica) non pu essere quello di chiarire, o di definire idee, o concetti, o nozioni, o significati, o di sostituire idee o concetti o significati dati con altri pi esatti. PL, 276 La negazione del realismo porta alla megalomania (la pi diffusa malattia professionale del filosofo di professione). CO, 67 La scoperta di un problema filosofico pu essere in qualche modo definitiva; la si compie una volta, e per sempre; ma la sua soluzione non mai definitiva. Essa non pu mai basarsi su una dimostrazione o una confutazione definitive, per via dell'inconfutabilit delle teorie filosofiche; n pu fondarsi sulle formule magiche dei profeti ispirati (o annoiati) della filosofia. Essa pu invece basarsi sull'indagine coscienziosa e critica di una situazione problematica e dei suoi presupposti impliciti, come pure dei diversi possibili modi per risolverla. CEC, 344 la Il nostro compito principale come filosofi , penso, quello di arricchire nostra rappresentazione del mondo aiutando a produrre teorie

immaginative e al tempo stesso argomentative e critiche, preferibilmente di interesse metodologico. CO, 209 Ritengo [...] che la funzione di uno scienziato o di un filosofo sia quella di risolvere i problemi scientifici o filosofici, piuttosto che quella di parlare di ci che lui stesso o altri filosofi stanno facendo o potrebbero fare. Qualsiasi tentativo non riuscito di risolvere un problema scientifico o filosofico, se compiuto con onest e dedizione, mi sembra pi significativo di una discussione su questioni del tipo: "Che cos' la scienza?" oppure "Che cos' la filosofia?". E anche se poniamo quest'ultimo quesito, come dovremmo, nella forma un poco pi felice, "Qual il carattere dei problemi filosofici?", io personalmente non me ne preoccuperei molto; avvertirei infatti che esso ha scarso rilievo, anche a confronto di un problema minore della filosofia, come la questione se ogni discussione e ogni critica proceda sempre, di necessit, da "assunzioni" o "supposizioni", che sono di per s fuori discussione. CEC, 117 Penso [...] che vi sia solo una via d'accesso alla scienza - o alla filosofia: imbattervi in un problema, vederne la bellezza e innamorarvene; sposarlo, e convivere felicemente con esso, finch morte non vi separi - a meno che non incontriate un altro e ancor pi affascinante problema, o a meno che, in verit, non ne otteniate una soluzione. Ma anche se riuscite a trovare una soluzione, potreste poi scoprire, con vostra delizia, l'esistenza di un'intera famiglia di incantevoli, anche se forse difficili, figli del problema, per il cui benessere potreste lavorare, con uno scopo, fino alla fine dei vostri giorni. PL, 37-38 Proprio come vi sono religioni del bene e del male religioni che incoraggiano nell'uomo il bene o il male - cos esistono idee filosofiche buone e cattive, e teorie filosofiche vere e false. In quanto tale, dunque, la religione non va n riverita n vituperata, e lo stesso vale per la filosofia. Dobbiamo piuttosto valutare le idee religiose e filosofiche in modo critico e meticoloso. Lo straordinario potere delle idee ci carica tutti di pesanti responsabilit. Non dobbiamo accettarle o rifiutarle senza riflettere, ma giudicarle criticamente. MDC, 253 Un filosofo dovrebbe innanzitutto filosofare: dovrebbe, cio, cercare di risolvere problemi filosofici, piuttosto che parlare della filosofia. CEC, 121 In una teoria filosofica che deve essere respinta come falsa possiamo spesso trovare, purch la cerchiamo, un'idea vera, degna di essere conservata. CEC, 57

Pi un problema filosofico diventa puro, pi vien meno il suo senso originario, e pi la discussione ad esso relativa rischia di degenerare nel vuoto verbalismo. D'altro canto, non esistono soltanto problemi scientifici genuini, ma anche problemi filosofici genuini. Anche se, sottoposti ad analisi, detti problemi risultano avere componenti fattuali, essi non sono necessariamente classificabili come appartenenti alla scienza. CEC, 129 La filosofia, che per venti secoli si preoccupata del significato dei suoi termini, non solo piena di verbosit, ma anche terribilmente vaga e ambigua, mentre una scienza come la fisica, che non si preoccupa tanto dei termini e dei loro significati quanto piuttosto dei fatti, ha conseguito una grande precisione. SAN, II 28 La scienza contemporanea ha qualcosa di interessante da dire al filosofo a proposito di alcune questioni filosofiche classiche, in primo luogo riguardo all'antico problema della materia. MDC, 153 III. LA SCIENZA. La crisi lo stato normale di una scienza razionale altamente sviluppata. Lo spirito della scienza quello di Socrate. SAN, II 290 Non c' nessuna garanzia per il progresso scientifico. TV, 31 La civilt europea l'unica civilt che abbia prodotto una scienza naturale e nella quale questa scienza giuochi un ruolo addirittura decisivo. Ma questa scienza naturale il prodotto diretto del Razionalismo; il prodotto del Razionalismo dell'antica filosofia greca. TV, 156 E' diventato oggi di moda nella scienza invocare la conoscenza specialistica e l'autorit degli esperti, e in filosofia denigrare la scienza e la razionalit. Molto spesso tale denigrazione generata proprio da un'erronea teoria della scienza e della razionalit - una teoria che si esprime in termini di specializzazioni, esperti e autorit. Ma la scienza e la razionalit hanno in realt ben poco a che fare con la specializzazione e l'appello all'autorit degli esperti. E vero il contrario: queste mode intellettuali rappresentano un ostacolo effettivo per entrambe. Proprio come il pensatore alla moda prigioniero del suo mondo, l'esperto schiavo della sua specializzazione, laddove la libert dalle mode intellettuali e dalle specializzazioni a rendere possibile la scienza e la razionalit. MDC, 7

Credo che dovremo abituarci all'idea che non si deve guardare alla scienza come a un "corpo di conoscenza", ma piuttosto come a un sistema di ipotesi; cio a dire, come a un sistema di tentativi di indovinare, o di anticipazioni, che non possono essere giustificati in linea di principio, ma con i quali lavoriamo fintanto che superano i controlli, e dei quali non abbiamo mai il diritto di dire che sappiamo che sono "veri" o "pi o meno certi", o anche "probabili". LDSS, 351 Un certo grado di dogmatismo fecondo, anche nella scienza. RNF,55 La scienza non solo, come l'arte e la letteratura, un'avventura dello spirito umano, ma forse la pi umana delle arti creative: colma di errori e di miopie umane, mostra quelle illuminazioni improvvise che ci schiudono gli occhi sulle meraviglie del mondo e dello spirito umano. Ma non basta. La scienza il risultato diretto del pi umano degli sforzi - quello di liberare noi stessi. Essa parte del nostro tentativo di vedere pi chiaramente, di comprendere il mondo e noi stessi, e di comportarci da adulti, responsabili e illuminati. PL,273 Possiamo considerare la conoscenza oggettiva - la scienza - come un'istituzione sociale, o un insieme o struttura di istituzioni sociali. Come altre istituzioni sociali, essa il risultato di azioni umane, in gran parte non intenzionali, e quasi del tutto impreviste (con buona pace di Bacone). Senza dubbio, vive e cresce in gran parte attraverso la cooperazione e la competizione istituzionalizzata di scienziati che non sono ispirati soltanto dalla curiosit - il desiderio di aumentare la propria conoscenza soggettiva ma ancor pi dal desiderio di recare un contributo alla crescita della conoscenza - cio della conoscenza oggettiva. (Molti grandi contributi consistettero in errori e nella loro identificazione.) PL, 118-119 Parlare dello "scopo" dell'attivit scientifica pu forse sembrare un po' ingenuo; chiaro, infatti, che scienziati diversi hanno scopi diversi e che la scienza stessa (qualunque cosa essa significhi) non ha scopo alcuno. Ammetto tutto ci. Tuttavia, quando parliamo di scienza, ci sembra di avvertire, pi o meno chiaramente, che c' qualcosa di caratteristico nell'attivit scientifica; e dato che l'attivit scientifica assomiglia molto a un'attivit razionale, e che un'attivit razionale deve avere qualche scopo, il tentativo di descrivere lo scopo della scienza pu riuscire non del tutto futile. Suggerisco che scopo della scienza sia trovare spiegazioni soddisfacenti di qualsiasi cosa ci colpisca per il suo bisogno di spiegazione. PL, 152 La mia teoria della scienza [...] estremamente semplice. Siamo noi che produciamo le teorie scientifiche, siamo noi che critichiamo le teorie scientifiche. In ci sta tutta la teoria della scienza. Noi inventiamo le teorie, e

noi uccidiamo le nostre teorie. Portiamo, cos, alla luce nuovi problemi e veniamo a trovarci in una situazione in cui, se ne siamo in grado, inventiamo nuove teorie. Questa , in breve, la scienza e la storia della scienza. FA, 177 Il nostro miglior sapere quello della scienza, di gran lunga il nostro miglior sapere; e tuttavia anche il sapere scientifico solo sapere congetturale. TV, 133 La prima guerra mondiale ha distrutto non solo la comunit del sapere, ma ha anche quasi distrutto la scienza e la tradizione razionalistica, rendendo la scienza tecnica, strumentale. Aumentando la tendenza alla specializzazione, ha tagliato fuori dalla scienza chi dovrebbe esserne il vero fruitore: il dilettante, l'amante della saggezza, il cittadino comune, responsabile, mosso dalla volont di sapere. PL, 274 Considero la scienza una delle pi grandi creazioni della mente umana. E' un progresso confrontabile alla emergenza di un linguaggio argomentativo e descrittivo, o all'invenzione della scrittura. CO, 116 La scienza un fenomeno biologico. La scienza sorta dalla conoscenza prescientifica, essa uno strabiliante sviluppo del modo di conoscere del buon senso comune, che a sua volta pu venir visto come uno sviluppo della conoscenza animale. TV, 24 La scienza un prodotto dello spirito umano, ma questo prodotto altrettanto oggettivo di una cattedrale. TV, 28 Oggigiorno la scienza sta sotto l'influsso di correnti alla moda molto discutibili. Essa viene assalita non solo dall'esterno, ma anche dall'interno. Ma io considero la scienza della natura, insieme con la musica, la poesia e la pittura, come la maggiore realizzazione dello spirito umano. Naturalmente, di tutto si pu fare un cattivo uso. Anche della musica si pu fare un cattivo uso, e ne vien fatto. Anche della pittura si pu fare un cattivo uso, e ne vien fatto. E cos si fa un cattivo uso anche della scienza. La scienza della natura , ci nondimeno, la nostra pi grande speranza. Se possiamo tirarci fuori dalla palude in cui siamo sprofondati, ci riusciremo di certo solo con l'aiuto della scienza. FA, 177 La scienza opera dell'uomo. E come opera dell'uomo la scienza fallibile. Ora, appunto, la consapevolezza della fallibilit della scienza che distingue lo scienziato dallo scientista. Se lo scientismo qualcosa, esso la fede cieca e dogmatica nella scienza. Ma questa fede cieca nella scienza estranea allo scienziato autentico. L'accusa di scientismo vale, quindi, forse

per certe idee popolari che circolano sulla scienza, ma non la si pu rivolgere agli scienziati. FA, 72-73 La scienza ricerca della verit mediante critica. FA, 85 La scienza un prodotto sistematico di idee umane: e sotto questo aspetto l'idealismo ha ragione. Ma queste idee possono scontrarsi con la realt. E per questo che il realismo alla fine nel giusto. TV, 46 Nonostante la mia venerazione per la scienza, non sono uno scientista. Perch uno scientista crede dogmaticamente nell'autorit della scienza mentre io non credo in nessuna autorit ed ho sempre avversato il dogmatismo, e ancora ovunque lo avverso, soprattutto nella scienza. ARM, 16 La scienza [...] nella sua sostanza un fenomeno in crescita; essa essenzialmente dinamica, mai qualcosa di compiuto: non esiste nessun punto nel quale essa trovi in maniera definitiva la sua meta. TV, 37 La scienza comincia con problemi. Tenta di risolverli attraverso ardite e ingegnose teorie. Il pi delle volte la maggior parte delle teorie sono false e/o incontrollabili. Le preziose teorie controllabili vengono esaminate per trovare in esse eventuali errori. Cerchiamo di trovare errori e di eliminarli. Questa , appunto, la scienza: essa consiste di idee selvagge, arrischiate, che vengono poste sotto il rigido controllo della correzione degli errori. TV, 111 Il cosiddetto sapere scientifico non affatto sapere, giacch esso consiste unicamente di congetture o ipotesi - anche se in parte di ipotesi che hanno attraversato il fuoco incrociato di controlli ingegnosi. In breve [...] noi non sappiamo, tiriamo solo ad indovinare. Sebbene il sapere delle scienze naturali non sia sapere, esso la cosa migliore che abbiamo nell'ambito della conoscenza. Io lo chiamo sapere congetturale - sostanzialmente per consolare le persone che vogliono un sapere certo e credono di non poterne fare a meno. Queste sono, in effetti, le persone pericolosamente suggestionabili, persone cui manca il coraggio di vivere senza sicurezza, senza certezza, senza autorit, senza una guida. Potremmo dire: sono persone rimaste abbarbicate alla loro infanzia. Gli altri possono aver bisogno di amici, di familiari o di persone a cui si guarda come a dei possibili modelli; o anche perch hanno fatto qualcosa di straordinario. Le persone che assistono un malato, spesso invocano la presenza di una autorit - di un'autorit medica. Ma questa non esiste; per la ragione che il sapere - il sapere certo - una parola vuota. La scienza ricerca della verit. Ma la verit non verit certa. TV, 109

Nella scienza cerchiamo sempre di spiegare il noto con l'ignoto, l'osservato (e l'osservabile) con ci che non si osserva (e che, forse, non pu essere osservato). CEC, 300 La scienza dovrebbe essere caratterizzata dai suoi metodi: dalla maniera con cui trattiamo i sistemi scientifici, da ci che facciamo con essi e da ci che facciamo ad essi. LDSS, 34 Fra i pericoli reali per il progresso della scienza non va considerata la possibilit che essa giunga a esaurimento. Si deve invece tener conto di altri fattori, quali la mancanza d'immaginazione (conseguenza talora della mancanza di reale interesse); o una malriposta fiducia nella formalizzazione e nella precisione [...]; oppure l'autoritarismo, in qualcuna delle sue numerose forme. CEC,371 Si pu ben dire che la scienza ha sempre come suo punto di partenza il crollo di una teoria; tale crollo, l'eliminazione della teoria, porta poi al problema di sostituire la teoria eliminata per mezzo di una teoria migliore. TV,37 Un argomento spesso ripetuto contro la moralit della scienza che molti dei suoi frutti sono stati usati per fini cattivi, per esempio in guerra. Ma questo argomento non merita neppure di essere preso in seria considerazione. Non c' nulla sotto il sole di cui non si possa abusare e di cui non si sia abusato. Anche l'amore pu diventare strumento di assassinio; e del pacifismo si pu fare una delle armi di una guerra aggressiva. D'altra parte, anche troppo evidente che l'irrazionalismo e non il razionalismo ha la responsabilit di tutte le ostilit e aggressioni nazionali. Ci sono state anche troppe guerre aggressive di religione sia prima che dopo le crociate, ma non mi risulta che si sia combattuta una sola guerra per scopi "scientifici" e ispirata da scienziati. SAN, 11 289 L'accettabilit nella scienza non dipende da una specie di surrogato della verit, ma dalla severit dei con CEC, 476 La scienza un'attivit critica. Noi verifichiamo criticamente le nostre ipotesi. Le critichiamo per trovare gli errori, nella speranza di eliminarli e di avvicinarci cos maggiormente alla verit. TV, 37 ARM, 50 La scienza non un sistema di asserzioni certe, o stabilite una volta per tutte, e non neppure un sistema che avanzi costantemente verso uno stato definitivo. La nostra scienza non conoscenza (episteme): non pu

mai pretendere di aver raggiunto la verit, e neppure un sostituto della verit, come la probabilit. LDSS, 308 La scienza non persegue mai lo scopo illusorio di rendere le sue risposte definitive, e neppure probabili. Piuttosto il suo progresso tende sempre verso lo scopo infinito, e tuttavia raggiungibile, di scoprire problemi sempre nuovi, pi generali e pi profondi, e di sottoporre le sue risposte, sempre date in via di tentativo, a controlli sempre rinnovati e sempre pi rigorosi. LDSS, 3 11 Scienza, filosofia, pensiero razionale, tutto deve cominciare dal senso comune. CO, 58 Tutta la scienza e tutta la filosofia sono senso comune illuminato. CO, 59 Pure nella scienza ci sono le mode, ed alcuni scienziati saltano dalla parte del partito vincente con la rapidit con cui lo fanno certi pittori e certi musicisti. Ma quantunque le mode e i carri dei vincitori possano attrarre il debole, queste cose dovrebbero venir ostacolate piuttosto che incoraggiate. CO, 287 La mia tesi che ci che chiamiamo "scienza" differisce dai pi antichi miti, non perch sia qualcosa di sostanzialmente diverso, ma perch va congiunta a una tradizione, diremo, "di secondo grado" che fa propria la discussione critica dei miti. Precedentemente, esisteva soltanto una tradizione di primo grado, con cui si tramandava una narrazione stabilita. In seguito sussisteva ancora, naturalmente, una narrazione da tramandare, ma con essa si trasmetteva una specie di tacito testo di accompagnamento, con i caratteri peculiari del secondo grado: "Ti trasmetto questa narrazione, ma dimmi cosa ne pensi. Riflettici, e forse ne fornirai una differente". Questa nuova tradizione introduceva l'atteggiamento critico e polemico. Si trattava, credo, di un fatto realmente nuovo, ed ancor oggi una caratteristica fondamentale della tradizione scientifica. Se ce ne rendiamo conto, acquisiamo con ci un diverso atteggiamento nei confronti del metodo scientifico. Comprenderemo allora che, in un certo senso, la scienza creazione di miti al pari della religione. Ma obietterete forse: "Per i miti della scienza sono assai diversi da quelli della religione". E certo cos. Ma perch sono diversi? Perch questa attitudine critica, che modifica la natura dei miti. Essi si trasformano e cambiano, nel senso che ci offrono una descrizione sempre migliore del mondo, dei molteplici oggetti osservabili. Essi, inoltre, ci spingono ad osservare fenomeni che non avremmo mai indagato senza queste teorie o miti. CEC, 219

Poesia e scienza hanno identica origine, l'origine del mito. ARM, 230 Poesia e scienza - e perci anche la musica - sono [...] consanguinee. Scaturiscono dal tentativo di chiarire la nostra origine e il destino del mondo. ARM, 23 1 Il giuoco della scienza , in linea di principio, senza fine. Chi, un bel giorno, decide che le asserzioni scientifiche non hanno pi bisogno di nessun controllo, e si possono ritenere verificate definitivamente, si ritira dal giuoco. LDSS, 37-38 La strada della scienza lastricata di teorie abbandonate che erano state un tempo proclamate assolutamente evidenti. SAN, II 25. La frontiera della scienza assai fluida. MDC, 215 La scienza non usa definizioni al fine di determinare il significato dei suoi termini, ma solo al fine di introdurre maneggevoli etichette stenografiche. Ed essa non dipende dalle definizioni; tutte le definizioni possono essere omesse senza che nulla si perda dell'informazione data. Da ci consegue che nella scienza tutti i termini che sono realmente necessari devono essere termini indefiniti. SAN, 1128 Non intendo filosofeggiare sulla malvagit del potere in generale, per quanto la mia esperienza corrobori la massima di Lord Acton, secondo la quale il potere tende a corrompere, mentre quello assoluto corrompe in modo assoluto. Finch consideriamo la scienza non ho dubbi: guardare ad essa come a un mezzo per accrescere il nostro potere un peccato contro lo Spirito Santo. Il migliore antidoto contro tale tentazione consiste nella consapevolezza di quanto poco sappiamo, nella consapevolezza del fatto che i pi interessanti tra i nostri lenti progressi nella conoscenza hanno rivelato la loro importanza proprio in quanto hanno dischiuso interi nuovi continenti della nostra ignoranza. MDC, 173 Se dovessimo fallire nel perseguimento delle confutazioni, la scienza stagnerebbe e perderebbe il proprio carattere empirico. CEC, 418 IV. IL METODO SCIENTIFICO. Tutta la mia concezione del metolo scientifico pu essere sintetizzata dicendo che consiste nei tre passi seguenti: 1 inciampiamo in qualche problema; 2 tentiamo di risolverlo, per esempio proponendo qualche nuova teoria; 3 impariamo dai nostri errori, in particolare da quelli su cui ci richiama la discussione critica dei nostri tentativi di soluzione, una

discussione che tende a condurci a nuovi problemi. O per dirla in tre parole: problemi - teorie - critica. Io sostengo che non esiste alcun metodo scientifico in nessuno di questi tre sensi. Per esprimersi in modo pi diretto: 1) Non c' alcun metodo per scoprire una teoria scientifica. 2) Non c' alcun metodo per accertare la verit di un'ipotesi scientifica, cio nessun metodo di verificazione. 3) Non c' alcun metodo per accertare se un'ipotesi "probabile", o probabilmente vera. PL, 36 Il metodo della scienza razionale: il migliore che abbiamo. Perci razionale accettare i suoi risultati; ma non nel senso di confidare ciecamente in essi: non sappiamo mai in anticipo dove potremmo essere piantati in asso. PL, 87 E' consigliabile caratterizzare la scienza in base ai suoi metodi piuttosto che in base ai suoi risultati. Supponiamo che un chiaroveggente produca un libro sognandolo o mediante la scrittura automatica. Supponiamo inoltre che anni pi tardi, come risultato di scoperte scientifiche recenti e rivoluzionarie, un grande scienziato (che non ha mai visto quel libro) ne produca uno esattamente uguale. Oppure, per dire la stessa cosa in termini diversi, supponiamo che il chiaroveggente abbia "visto" un libro scientifico che non poteva allora essere prodotto da uno scienziato, dato che molte scoperte rilevanti erano a quel tempo ancora ignote. Possiamo chiederci: giusto dire che un chiaroveggente ha prodotto un libro scientifico? Possiamo supporre che, se fosse stato a quel tempo sottoposto al giudizio di scienziati competenti, esso sarebbe stato considerato in parte incomprensibile e in parte fantastico; perci dovremo dire che il libro del chiaroveggente, quando fu scritto, non era un'opera scientifica, perch non era il risultato del metodo scientifico. Chiamer codesto risultato, il quale, anche se concorda con certi risultati scientifici, non il prodotto del metodo scientifico, un caso di "scienza rivelata". SAN,II 260 Che cosa sono le regole del metodo scientifico, e perch ne abbiamo bisogno? Pu esistere una teoria di tali regole, una metodologia? Il modo in cui si risponde a queste questioni dipender in larga misura dal nostro atteggiamento nei confronti della scienza. Chi, come i positivisti, vede nella Scienza empirica un sistema di asserzioni che soddisfano certi criteri logici, come la significanza o la verificabilit, dar un certo tipo di risposta. Una risposta molto differente sar data da coloro che, come me, tendono a considerare come caratteristica differenziale delle asserzioni empiriche il fatto che esse sono suscettibili di revisione: il fatto, cio, che possono essere criticate e soppiantate da altre migliori. LDSS, 32-33

Se uno pensa al metodo scientifico, o a 11 Metodo Scientifico come a una via per giustificare risultati scientifici, egli sar [...] deluso. Un risultato scientifico non pu essere giustificato. Pu soltanto essere criticato e controllato. E non si pu dire altro in suo favore se non che esso sembra, dopo tutte queste critiche e controlli, migliore, pi interessante, pi potente, pi promettente, e una approssimazione alla verit migliore dei suoi concorrenti. CO, 352 Il metodo scientifico non cumulativo, come hanno per esempio insegnato Bacone di Verulamio o Sir James Jeans, ma essenzialmente rivoluzionario. Il progresso scientifico consiste fondamentalmente nel fatto che le teorie vengono superate e sostituite da altre teorie. TV, 32 Il vero segreto del metodo scientifico sta nella disponibilit ad imparare dagli errori. SAN, I 202 Il primo compito della logica della conoscenza quello di formulare un concetto di scienza empirica allo scopo di rendere l'uso linguistico, ora piuttosto incerto, il pi possibile definito; di tracciare una netta linea di demarcazione tra la scienza e le idee della metafisica, anche se queste idee possono avere favorito il progresso della scienza durante tutta la sua storia. LDSS, 20 L'idea di una pluralit di congetture rivali - che indubbiamente, cerchiamo di ridurre per mezzo della critica - essenziale per la mia metodologia. PL, 93 Ho descritto cos spesso quello che considero il metodo autocorrettivo con cui la scienza procede che posso essere molto breve qui: 11 metodo della scienza il metodo di audaci congetture e ingegnosi e severi tentativi di confutarle. CO, 112 A mio avviso, il metodo scientifico , molto semplicemente, ci che rende sistematico il modo prescientifico di imparare dai nostri errori. Lo fa attraverso un espediente chiamato discussione critica. MDC, 138 Il problema centrale dell'epistemologia sempre stato, e ancora , il problema dell'accrescersi della conoscenza. E l'accrescersi della conoscenza pu essere studiato, meglio che in qualsiasi altro modo, studiando l'accrescersi della conoscenza scientifica. LDSS,XII Le idee guida dell'epistemologia sono logiche piuttosto che fattuali; a dispetto di ci, tutti i suoi esempi e molti dei suoi problemi possono essere suggeriti da studi sulla genesi della conoscenza. CO, 97

Quella che io chiamo "metodologia" non dev'essere scambiata per una scienza empirica. Io non credo che, usando i metodi della scienza, sia possibile decidere questioni controverse come quella se la scienza usi davvero un principio d'induzione o non lo usi. E i miei dubbi aumentano quando rammento che rimarr sempre materia di convenzione o di decisione che cosa si debba chiamare "scienza" e chi si debba chiamare "scienziato". Io credo che le questioni di questo genere dovrebbero essere trattate in modo diverso. Per esempio, possiamo prendere in considerazione e paragonare tra loro due differenti sistemi di regole metodologiche: l'uno fornito e l'altro sfornito di un principio d'induzione. E possiamo poi esaminare se tale principio, una volta introdotto, possa essere applicato senza dare origine a contraddizioni; se ci sia di qualche aiuto, e se ne abbiamo realmente bisogno. LDSS, 36 Il metodo con cui si ricerca una soluzione normalmente sempre lo stesso: il metodo per prova ed errore. E si tratta, fondamentalmente, dello stesso metodo adottato dagli organismi viventi nel processo di adattamento. E chiaro che il suo successo dipende in gran parte dal numero e dalla variet della prove: pi prove compiamo, pi facile che uno dei nostri tentativi abbia successo. CEC, 53 1 La crescita di tutta la conoscenza consiste nella modificazione della conoscenza precedente - nella sua alterazione o nel suo rigetto su larga scala. La conoscenza non comincia mai dal nulla, ma sempre da qualche conoscenza di sfondo - insieme con qualche difficolt, qualche problema. Questi di regola nascono dallo scontro fra aspettative inerenti alla nostra conoscenza di sfondo da un lato e, dall'altro, alcune scoperte nuove, come nostre osservazioni o ipotesi da esse suggerite. CO, 100 Il metodo della scienza naturale la ricerca cosciente degli errori e la correzione di errori attraverso la critica consapevole. Questa critica dovrebbe, nel caso ideale, essere non personale e dirigersi solo su teorie o ipotesi proposte. TV, 112 Lo stesso metodo scientifico ha degli aspetti sociali. La scienza, e in particolar modo il progresso scientifico, non sono il risultato di sforzi isolati, ma della libera concorrenza del pensiero. Poich la scienza ha bisogno di una concorrenza sempre maggiore fra le ipotesi, e di esperimenti sempre pi rigorosi; e le ipotesi concorrenti hanno bisogno, per cos dire, di una rappresentanza personale: hanno bisogno di avvocati, hanno bisogno di una giuria, e perfino di un pubblico. La rappresentazione personale, per funzionare, dev'essere organizzata istituzionalmente. E queste istituzioni devono essere finanziate e protette dalla legge. In ultima analisi il progresso

dipende in larghissima misura da fattori politici; da istituzioni politiche che garantiscono la libert di pensiero: dipende dalla democrazia. MDS, 136 Il metodo empirico ha dimostrato di essere senz'altro capace di prendersi cura di se stesso. SAN, II 262 Dalla metodologia non ci si devono aspettare verit profonde. Nondimeno in molti casi essa pu aiutarci a chiarificare la situazione logica, ed anche a risolvere alcuni problemi di ampia portata che finora non si sono rivelati suscettibili di essere trattati. LDSS, 39 V. FALLIBILISMO, ANTIINDUTTIVISMO E ANTIOSSERVATIVISMO. Il fallibilismo non nient'altro che il non-sapere socratico. Una teoria dell'induzione superflua. Non ha alcuna funzione in una logica della scienza. Io ammetter certamente come empirico, o scientifico, soltanto un sistema che possa essere controllato dall'esperienza. Queste considerazioni suggeriscono che, come criterio di demarcazione, non si deve pretendere la verificabilit, ma la falsificabilit di un sistema. In altre parole: da un sistema scientifico non esiger che sia capace di essere scelto, in senso positivo, una volta per tutte; ma esiger che la sua forma logica sia tale che possa essere messo in evidenza, per mezzo di controlli empirici, in senso negativo: un sistema empirico deve poter essere confutato dall'esperienza. (Cos l'asserzione "Domani qui piover o non piover" non sar considerata un'asserzione empirica, semplicemente perch non pu essere confutata, mentre l'asserzione "Qui domani piover" sar considerata empirica.) LDSS, 22 Il criterio dello stato scientifico di una teoria la sua falsificabilit, confutabilit, o controllabilit. CEC, 67 Dobbiamo distinguere due significati delle espressioni "falsificabile" e "falsificabilit". 1) "Falsificabile" come termine logico-tecnico, nel senso del criterio falsificazionista di demarcazione. Questo concetto puramente logico falsificabilit in linea di principio, si potrebbe dire - si basa su una relazione logica la teoria in esame e la classe degli asserti di base (o dei falsificatori potenziali da essi descritti). 2) "Falsificabile" nel senso che la teoria in questione pu venire definitivamente o conclusivamente o dimostrabilmente falsificata ("dimostrabilmente falsificabile"). Ho sempre sottolineato che persino una teoria che ovviamente falsificabile nel primo senso non lo mai nel secondo. (Per questo motivo, ho usato di norma l'espressione

"falsificabile" solo nella prima accezione tecnica. Per quanto riguarda la seconda accezione, ho parlato di norma non di "falsificabilit", ma piuttosto di "falsificazione" e di relativi problemi). E chiaro che i suffissi "abile" e "abilit" sono usati in maniera alquanto diversa in questi due sensi. Bench il primo senso si riferisca alla possibilit logica di una falsificazione in linea di principio, il secondo si riferisce ad una prova sperimentale pratica conclusiva di falsit. Ma non esiste nulla come una prova conclusiva per venire a capo di una questione empirica. PL, 11-12 Nella scienza l'osservazione piuttosto che la percezione a giocare la parte decisiva. Ma l'osservazione un processo in cui giuochiamo una parte intensamente attiva. Un'osservazione una percezione pianificata e preparata. Non "abbiamo" un'osservazione (come possiamo "avere" un'esperienza di senso), ma "facciamo" un'osservazione. (Un navigatore addirittura "elabora" un'osservazione). Un'osservazione sempre preceduta da un particolare interesse, una questione, o un problema - in breve da qualcosa di teorico. Dopo tutto, possiamo porre ogni questione sotto forma di un'ipotesi o congettura, cui aggiungiamo: "E cos? S o no?". Cos possiamo asserire che ogni osservazione preceduta da un problema, un'ipotesi (o comunque vogliamo chiamarla); ad ogni buon conto da qualcosa che ci interessa, da qualcosa di teorico o speculativo. CO, 447 Rispetto a chi pensa che l'osservazione debba precedere le aspettative e i problemi, capovolgo dunque la situazione e giungo persino a sostenere che l'osservazione non pu precedere tutti i problemi per ragioni logiche, per quanto, ovviamente, ne anticipi talvolta alcuni - per esempio quelli sollevati da un'osservazione che ha deluso certe aspettative o confutato alcune delle nostre teorie. E possibile illustrare questo fatto - il fatto, cio, che l'osservazione non pu precedere tutti i problemi con un semplice esperimento. Se mi consentito, lo eseguir prendendo chi mi legge come cavia. Il mio esperimento consiste nel chiedere di osservare, ora. Spero che si cooperi e osservi! E tuttavia, temo che qualcuno, invece di osservare, provi il forte impulso di chiedermi: "Che cosa vuoi che osservi?". Se questo il modo di reagire, allora il mio esperimento riuscito. Ci che infatti sto tentando di mettere in chiaro che, per poter osservare, dobbiamo avere in mente un ben preciso problema che forse riusciremo a risolvere mediante l'osservazione. Charles Darwin lo sapeva quando scrisse: "Com' strano che nessuno capisca che ogni osservazione non pu che essere pro o contro qualche teoria". MDC, 133 N l'osservazione, n la ragione sono delle autorit. L'intuizione e l'immaginazione intellettuali sono estremamente importanti, ma non possiamo fare affidamento su di esse: pu darsi che ci mostrino le cose molto chiaramente, ma pu anche darsi che ci portino fuori strada. Sono

indispensabili in quanto fonti principali delle nostre teorie, ma la maggior parte delle nostre teorie sono, in ogni caso, false. La funzione pi importante dell'osservazione e del ragionamento, come pure dell'intuizione e dell'immaginazione, quella di aiutarci ad esaminare criticamente quelle congetture ardite che sono i mezzi con cui sondiamo l'ignoto. CEC, 55 L'osservazione sempre selettiva. Essa ha bisogno di un oggetto determinato, di uno scopo preciso, di un punto di vista, di un problema. CEC, 84 L'osservazione "pura", quella priva di ogni componente teorica, non esiste. Tutte le osservazioni - e in particolare tutte quelle sperimentali - sono interpretazioni dei fatti compiute alla luce di questa o quella teoria. MDC, 120 L'induzione, cio l'inferenza fondata su numerose osservazioni, un mito. Non n un fatto psicologico n un fatto della vita quotidiana, e nemmeno una procedura scientifica. CEC, 96 L'induzione un pasticcio e poich il problema dell'induzione pu essere risolto in maniera negativa ma nondimeno diretta, l'induzione non risulta giocare nessuna parte autonoma nell'epistemologia o nel metodo della scienza o nello sviluppo della conoscenza. CO, 117 La conoscenza non pu iniziare dal nulla - dalla tabula rasa - ma non pu nemmeno prendere le mosse dall'osservazione. Il progresso del nostro sapere consiste nella modifica, nella correzione del sapere anteriore. Certamente talvolta possibile un passo avanti grazie ad una osservazione o ad una scoperta fortuita; ma generalmente la portata di un'osservazione o di una scoperta dipende dal fatto che noi siamo in grado o meno di modificare teorie esistenti. ARM, 59 L'insegnante il quale suggerisse al giovane scienziato desideroso di fare scoperte: "Va in giro e osserva", darebbe un cattivo consiglio; mentre lo guiderebbe correttamente se gli dicesse: "Cerca di imparare quali sono i temi dibattuti oggi dalla scienza e di scoprire dove insorgano delle difficolt e interessati delle divergenze di opinione. Sono questi i problemi che devi affrontare". In altri termini, si dovrebbe studiare l'attuale stato dei problemi. Il che significa che si adotta, e si cerca di continuare, una linea di ricerca che ha dietro di s, come presupposto, tutto il precedente sviluppo della scienza, e ci troviamo cos di fronte al tema della tradizione della scienza. Il fatto che, in campo scientifico, non possiamo partire da capo e dobbiamo quindi servirci di ci che stato fatto prima di noi, un dato assai elementare e di importanza decisiva, quantunque spesso non sia adeguatamente compreso

dai razionalisti. Se partissimo da capo, al momento della morte ci troveremmo progrediti all'incirca di quel tanto che era riuscito ad Adamo ed Eva alla fine della loro vita (o, se preferite, quanto l'uomo di Neanderthal). Nella scienza vogliamo progredire, e ci significa che dobbiamo poggiare sulle spalle dei nostri predecessori. Dobbiamo, cio, portare avanti una certa tradizione. CEC, 222 VI. I PROBLEMI E LE TEORIE. Non c' sapere senza problemi; ma neppure problema senza sapere. La soluzione di un problema, che in genere si ottiene per tentativi ed errori, un'acquisizione, un successo, in senso oggettivo. Che qualcosa sia un'acquisizione una congettura, e pu essere una congettura discutibile. L'argomento dovr riferirsi al problema (congetturato), giacch l'acquisizione o successo , come una soluzione, sempre relativa ad un problema. RNF,157 Bench possiamo sentirci disturbati da un problema e possiamo desiderare ardentemente di risolverlo, il problema in se stesso qualcosa di oggettivo - come lo una mosca dalla quale noi siamo disturbati e di cui possiamo desiderare ardentemente di liberarci. Che sia un problema oggettivo, che sia presente, e il ruolo che esso pu giocare in certi eventi, sono congetture (proprio allo stesso modo in cui una congettura la presenza della mosca). RNF, 157 La maggior parte di noi sa che un compito difficile quello di formulare chiaramente i nostri problemi, e che questo compito spesso non ci riesce. Non facile individuare e descrivere i problemi, a meno che non ci venga posto, come in un esame, un problema gi bell'e pronto; ma anche in questo caso possiamo trovare che l'esaminatore non ha formulato bene il suo problema, e che noi possiamo farlo meglio. delle volte, dunque, resta solo il problema di formulare il problema - e il problema se era proprio questo il problema da formulare. RNF, 157 La scienza prende le mosse da e approda a problemi. MDC, 211. Un problema scientifico non altro che un bisogno di spiegazione. RNF, 157 ., MDS, 111 Ogni soluzione di un problema crea nuovi problemi irrisolti. Questi nuovi problemi sono tanto pi interessanti quanto pi era complesso il problema originario e quanto pi audace il tentativo di risolverlo. ARM, 59

L'idea fondamentale della mia teoria della conoscenza che i problemi e i tentativi di risolverli tramite la formazione di ipotesi, teorie o congetture precedano qualsiasi osservazione. Le teorie sono di primaria importanza nella costituzione della nostra esperienza, e lo sono sia logicamente che storicamente - di primaria importanza nella nostra storia personale come pure nella storia dell'umanit. TV, 103 Le teorie sono reti gettate per catturare quello che noi chiamiamo "il mondo": per razionalizzarlo, per spiegarlo, per dominarlo. Ci sforziamo di rendere la trama sempre pi sottile. LDSS, 41 Le scienze empiriche sono sistemi di teorie. La logica della conoscenza scientifica pu pertanto essere descritta come una teoria delle teorie. Le teorie scientifiche sono asserzioni universali. Come tutte le rappresentazioni linguistiche, sono sistemi di segni o simboli. Non credo, dunque, che sia utile esprimere la differenza fra teorie universali e asserzioni singolari dicendo che queste ultime sono "concrete", mentre le teorie sono semplicemente formule simboliche o schemi simbolici. LDSS, 4 1 La scienza, possiamo dire in via provvisoria, comincia con teorie, con pregiudizi, superstizioni e miti. O piuttosto, comincia con la sfida e l'abbattimento di un mito: comincia, cio, quando alcune delle nostre aspettative vengono deluse. Ma ci significa che la scienza comincia con problemi: problemi pratici o teorici. MDC, l30-131 A differenza della grande opera d'arte, la grande teoria resta sempre suscettibile di miglioramenti. ARM, 235 Sono contrario alla tesi secondo la quale lo scienziato deve credere alla sua teoria. Per quanto mi riguarda, I do not believe in belief (non credo nella credenza), come dice E. Foster; in particolare non credo nella scienza. Credo al massimo alla fede nell'etica, e anche l solo in pochi casi. Credo, ad esempio, che la verit oggettiva sia un valore, dunque un valore etico, forse addirittura il pi alto valore, e che la malvagit sia il massimo non-valore. ARM, 16-17 Non possiamo giustificare le nostre teorie, n la credenza che esse siano vere; non possiamo neppure giustificare la credenza che esse siano vicine alla verit. Possiamo, invece, sostenere razionalmente una preferenza - a volte molto forte - per una certa teoria, alla luce degli attuali risultati della nostra discussione. PL, 86-87

Le teorie scientifiche si distinguono dai miti solo in quanto criticabili e suscettibili di modifiche alla luce della critica. Non possono venire n verificate, n rese pi probabili. PL, 36 E' soltanto un accidente storico che una teoria sia confutata dopo sei mesi, anzich dopo sei, o seicento anni. CEC, 416 Noi operiamo sempre con teorie, anche se il pi delle volte non ne siamo consapevoli. L'importanza di tale dato di fatto non dovrebbe mai essere sottovalutata. Dovremmo piuttosto cercare, in ciascun caso, di formulare in modo esplicito le teorie che sosteniamo: ci ci consentir, infatti, di cercare teorie alternative e di distinguerle criticamente l'una dall'altra. MDC, 120 Una teoria appartiene alla scienza empirica se e solo se in contraddizione con possibili esperienze, se dunque di principio falsificabile ad opera dell'esperienza. Io ho chiamato questo criterio di demarcazione col nome di "criterio di falsificabilit". Il criterio di falsificabilit si pu illustrare con molte teorie. Cos, per esempio, la teoria - secondo cui la vaccinazione protegge dal vaiolo - falsificabile: se qualcuno che stato correttamente vaccinato si ammalasse di vaiolo, la teoria sarebbe allora falsificata. TV, 39 Le teorie sono cento volte pi importanti dei concetti. (Le teorie possono essere vere o false; i concetti possono essere nel migliore dei casi adeguati, e fuorvianti nel peggiore dei casi. In confronto con le teorie, i concetti non sono importanti.) TV, 120 Ogni serio controllo di una teoria un tentativo volto a confutarla. La controllabilit equivale pertanto alla confutabilit o falsificabilit. E poich dovremmo dire "empiriche", o "scientifiche", soltanto le teorie che possono essere controllate empiricamente, possiamo concludere che la possibilit di una confutazione empirica a distinguerle dalle altre. CEC,338 Ogni teoria razionale, non importa se scientifica o filosofica, tale nella misura in cui cerca di risolvere determinati problemi. Una teoria comprensibile e ragionevole solo in rapporto a una data situazione problematica, e pu essere discussa razionalmente solo discutendo tale rapporto. Se ora consideriamo una teoria come soluzione proposta per un insieme di problemi, essa si presta subito alla discussione critica - anche se non-empirica e inconfutabile. Possiamo infatti porre domande del tipo: risolve essa il problema? Lo risolve meglio di altre teorie? Si forse limitata a spostarlo? La soluzione semplice? E feconda? Contraddice forse altre teorie filosofiche necessarie alla soluzione di altri problemi? Interrogativi di

questo tipo mostrano che sicuramente possibile una discussione critica, anche per delle teorie inconfutabili. CEC, 34 1 E' mia convinzione che le scoperte siano guidate dalla teoria, in questi come in molti altri casi, e non che le teorie siano il risultato di scoperte "dovute all'osservazione"; anche quest'ultima, infatti, tende ad essere guidata dalla teoria. Persino le scoperte geografiche (si vedano Colombo, Franklin, i due Nordenskjlds, Nansen, Wegener, e la spedizione del KonTiki di Heyerdahl) prendono spesso avvio dal proposito di controllare una teoria. CEC, 203 Da una buona teoria esigiamo, in primo luogo, che abbia successo in alcune delle sue nuove previsioni; in secondo luogo, esigiamo che non sia confutata troppo presto; prima, cio, che abbia ottenuto un pieno successo. CEC, 423 Tutte le teorie fisiche affermano molto pi di quanto possiamo controllare. Non sempre facile dire se questo "di pi" appartiene legittimamente alla fisica, o se dovrebbe essere eliminato dalla teoria come "componente metafisica". CEC, 453 Una teoria falsa pu rappresentare una grande conquista, quanto una vera. E molte teorie false hanno giovato alla ricerca della verit pi di altre, meno interessanti, ancor oggi accettate. Le teorie false possono infatti essere di aiuto in molteplici modi: per esempio, suggerendo alcune modifiche pi o meno radicali, e stimolando la critica. CEC, 243-244 Le teorie scientifiche non sono semplicemente il risultato di osservazioni. Si tratta invece, per lo pi, di prodotti derivanti dalla creazione di miti e dai controlli. CEC, 220 La questione storica, fattuale e psicologica, "Come perveniamo alle nostre teorie?", bench possa essere affascinante, irrilevante per la questione logica, metodologica, ed epistemologica della validit. Qui io seguo ancora una volta Hume. Senz'altro, la netta separazione di questi due problemi fu il pi grande risultato ottenuto da Hume. Dando loro risposte quasi opposte, egli chiar abbondantemente che essi sono del tutto distinti. Alcuni scienziati ritengono, o almeno cos pare, di avere le loro idee migliori mentre fumano; altri mentre bevono caff o whisky. Perci non c' motivo per cui non dovrei ammettere che alcuni possano avere le loro idee mentre osservano, o mentre ripetono le loro osservazioni. E, in questo senso, sarei disposto a mitigare la mia tesi che noi non procediamo mai per induzione: sostituiamo "mai" con "quasi mai". PL, 63

La pratica non il nemico della conoscenza teorica ma il suo pi valido incentivo. Bench una certa dose di disinteresse si addica allo scienziato, ci sono molti esempi che dimostrano che non sempre importante per uno scienziato essere cos disinteressato. Ma importante per lui restare in contatto con la realt, con la pratica, perch coloro che la trascurano ne pagano il fio cadendo nello scolasticismo. SAN, 11264 Le teorie scientifiche possono venir controllate dalle loro conseguenze pratiche. Lo scienziato, nel proprio campo, responsabile di quello che dice; si pu conoscerlo dai suoi frutti e cos distinguerlo dai falsi profeti. SAN, 11 288 Tutti i grandi scienziati avevano ben chiaro che ogni soluzione di un problema scientifico solleva molti nuovi problemi irrisolti. Quanto pi impariamo sul mondo, tanto pi consapevole, tanto pi particolareggiata e precisa si fa la nostra conoscenza dei problemi ancora irrisolti, il socratico sapere del nostro non sapere. La ricerca scientifica infatti i] metodo migliore per illuminarci circa il nostro non sapere. Ci porta all'importante intuizione che noi uomini ci diversifichiamo molto rispetto alle piccolezze delle quali forse sappiamo qualcosa. Ma nella nostra infinita ignoranza siamo tutti uguali. ARM, 51 Una teoria pi precisa, e pi facilmente confutabile di un'altra, sar anche pi interessante. Poich la pi ardita, sar la meno probabile. E tuttavia risulter meglio controllabile, giacch possiamo rendere i nostri controlli pi precisi e pi severi. E se supera controlli severi sar da questi meglio confermata, o attestata. Dunque la confermabilit (attestabilit o corroborabilit) deve aumentare con la controllabilit. Ci mostra che il criterio di demarcazione non pu essere assolutamente netto, ma avr esso stesso dei gradi. Vi saranno teorie ben controllabili, altre difficilmente controllabili, ed altre non controllabili affatto. Quelle non controllabili non rivestono alcun interesse per gli scienziati empirici. Possono essere ritenute metafisiche. CEC, 437 Non possiamo mai giustificare razionalmente una teoria - cio una pretesa a conoscerne la verit - ma possiamo, se siamo fortunati, giustificare razionalmente una preferenza per una teoria fra un insieme di teorie in competizione, per il momento; cio rispetto allo stato presente della discussione. E la nostra giustificazione, sebbene non sia una pretesa che la teoria sia vera, pu essere la pretesa che vi ogni indicazione a questo livello della discussione che la teoria una approssimazione alla verit migliore di qualsiasi teoria rivale finora proposta. CO, 113-114

Noi non abbiamo creato il nostro mondo. Finora non lo abbiamo neppure modificato molto, a paragone delle modificazioni realizzate dagli animali marini e dalle piante. Abbiamo per creato un nuovo tipo di prodotto o artefatto che promette di operare con il tempo modificazioni nel nostro angolo di mondo almeno altrettanto grandi quanto quelle operate dai nostri predecessori, le piante produttrici di ossigeno e i coralli costruttori di isole. Questi nuovi prodotti, che sono decisamente opera nostra, sono i nostri miti, le nostre idee, e soprattutto le nostre teorie scientifiche: teorie intorno al mondo in cui viviamo. CO, 378 VII. LA VERITA E L'ERRORE. Noi siamo cercatori di verit ma non siamo suoi possessori.

Sono sostenitore strenuo della audacia intellettuale Non possiamo essere dei vigliacchi intellettuali e dei ricercatori di verit, nel contempo. Un ricercatore di verit deve osare di essere saggio, deve osare di essere un rivoluzionario nel campo del pensiero. CIVF, 394 La "conoscenza scientifica" pu essere considerata come senza soggetto. Pu essere considerata come un sistema di teorie su cui noi lavoriamo come lavorano i muratori su una cattedrale. Lo scopo di trovare teorie che, alla luce della discussione critica, si avvicinino il pi possibile alla verit. Cos lo scopo l'aumento di contenuto di verit delle nostre teorie. SN, 127-128 Nella scienza possiamo tendere alla verit, e lo facciamo. La verit il valore fondamentale. Quel che non possiamo raggiungere la certezza. Ad essa dobbiamo rinunciare. La sicurezza, la certezza non potremo mai averle. Tutto ci che possiamo fare esaminare autocriticamente le teorie che abbiamo noi stessi costruito, cercare di distruggerle, confutarle. FA, 75 L'idea di avvicinamento alla verit , secondo me, una delle pi importanti idee della teoria della scienza. TV, 42 Compito della scienza la ricerca della verit, cio, di teorie vere (anche se, come rilev Senofane, possiamo non raggiungerle mai, o non riconoscerle come vere se le raggiungiamo). Tuttavia, vogliamo sottolineare anche che la verit non il solo scopo della scienza. Vogliamo qualcosa di pi della semplice verit: quel che cerchiamo una verit interessante - una verit difficile da conseguire. E nelle scienze naturali (in quanto distinte dalla matematica) noi andiamo alla ricerca della verit con un elevato grado di

potere di spiegazione, in un senso che implica che si tratta di una verit logicamente improbabile. CEC, 393-394 Non il possesso della conoscenza, della verit irrefutabile, fa l'uomo di scienza, ma la ricerca critica, persistente e inquieta, della verit. LDSS, 311 Il bisogno di suggestione una grande forza. Ma lo anche la verit, se si lotta per essa. TV, 116 Che cosa sia la verit tutti lo sanno. E l'accordo di una proposizione con quella realt, sulla quale la proposizione dice qualcosa. TV,109 Un grande vantaggio della teoria della verit oggettiva, o assoluta, che ci consente di dire - come gi Senofane - che cerchiamo la verit, ma non possiamo sapere quando l'abbiamo trovata; che non abbiamo un criterio di verit, e siamo tuttavia guidati dalla sua idea come principio regolativo (come avrebbero detto Kant o Peirce); e che, sebbene non vi siano regole generali per riconoscerla - se non forse nel caso della tautologia - esistono tuttavia dei criteri per progredire verso di essa (come spiegher tra breve). Lo status della verit intesa in senso oggettivo, come corrispondenza ai fatti, con il suo ruolo di principio regolativo, pu paragonarsi a quello di una cima montuosa, normalmente avvolta fra le nuvole. Uno scalatore pu, non solo avere difficolt a raggiungerla, ma anche non accorgersene quando vi giunge, poich pu non riuscire a distinguere, nelle nuvole, fra la vetta principale e un picco secondario. Questo tuttavia non mette in discussione l'esistenza oggettiva della vetta; e se lo scalatore ci dice: "Dubito di aver raggiunto la vera vetta", egli riconosce, implicitamente, l'esistenza oggettiva di questa. L'idea stessa di errore, o di dubbio (nella semplice accezione usuale), comporta il concetto di una verit oggettiva, che possiamo essere incapaci di raggiungere. Per quanto sia impossibile allo scalatore accertarsi se ha raggiunto la vetta, gli sar spesso facile rendersi conto se non l'ha raggiunta (o non ancora); per esempio, allorch respinto da una parete che lo sovrasta. Analogamente, vi sono dei casi in cui siamo del tutto certi di non aver raggiunto la verit. CEC, 388 La teoria che la verit manifesta - visibile a tutti, solo che lo vogliano - alla base di ogni forma di fanatismo. Infatti solo la pi depravata malvagit pu rifiutarsi di vedere la verit manifesta; solo coloro che hanno ragione di temere la verit possono cospirare per sopprimerla. Ma la teoria che la verit manifesta non solo educa fanatici, cio uomini convinti che tutti coloro che non vedono la verit manifesta devono essere posseduti dal diavolo, ma pu anche condurre, sebbene forse in modo meno diretto di quanto possa fare una epistemologia pessimistica, all'autoritarismo. E

questo, semplicemente, perch di regola la verit non manifesta. CEC, 2021 La verit spesso difficile da conseguire, e una volta che l'abbiamo trovata pu essere facilmente perduta di nuovo. CEC, 20 Siamo fallibili e soggetti all'errore; ma possiamo imparare dai nostri errori. CO, 351 La differenza tra l'ameba e Einstein che, sebbene ambedue usino il metodo del tentativo e della eliminazione dell'errore, all'ameba dispiace sbagliare mentre Einstein ne stuzzicato: egli cerca consciamente i suoi errori nella speranza di imparare dalla loro scoperta ed eliminazione. Il metodo della scienza il metodo critico. CO, 100 In realt, tutti facciamo seri tentativi per evitare errori; e dovremmo essere scontenti di aver commesso un errore. Tuttavia evitare errori un ideale meschino: se non osiamo affrontare problemi che siano cos difficili da rendere l'errore quasi inevitabile, non vi sar allora sviluppo della conoscenza. In effetti, dalle nostre teorie pi ardite, incluse quelle che sono erronee, che noi impariamo di pi. Nessuno pu evitare di fare errori; la cosa grande imparare da essi. CO, 242 Eliminare gli errori e avvicinare la verit sono esercizi faticosi. E vero, non esiste alcun criterio di verit. Ma esiste qualcosa di simile a un criterio dell'errore: indicano che qualcosa sbagliato i conflitti tra elementi diversi della nostra conoscenza o tra questa e i fatti. E cos che la conoscenza avanza attraverso l'eliminazione critica degli errori. E cos che possiamo avvicinarci alla verit. MDC, 192-193 Come il fisico John Archibald Wheeler ha detto di recente, "tutto il nostro problema sta nel commettere errori il pi presto possibile> Ebbene, questo problema di Wheeler risolto con l'adottare consapevolmente l'atteggiamento critico. CO, 322 E' molto difficile imparare da sbagli molto grandi. MDS, 86 E' soltanto l'idea della verit che ci consente di parlare sensatamente di errori e di critica razionale, e rende possibile la discussione razionale, cio la discussione critica nella ricerca degli errori, con la seria intenzione di eliminarne quanti pi possiamo, al fine di avvicinarci alla verit. Dunque, l'idea stessa di errore, e di fallibilit, comporta quella di una verit oggettiva, come modello che possiamo essere incapaci di eguagliare (in questo senso, l'idea di verit regolativa). CEC, 393

La coerenza non pu stabilire la verit, ma l'incoerenza e la contraddittoriet sanciscono la falsit. E quando li abbiamo individuati, sono i nostri stessi errori a fornirci i deboli segnali rossi che ci aiutano a trovare a tentoni la via di uscita dalla oscurit della caverna. CEC, 55 VIII. IL COMPITO E IL METODO DELLE SCIENZE SOCIALI. Il problema degli effetti non voluti delle nostre azioni, effetti che non solo sono non premeditati ma spesso anche molto difficilmente prevedibili, il problema fondamentale dello scienziato sociale. L'interesse scientifico per le questioni sociali o politiche di pochissimo posteriore a quello per la fisica. Vi furono anzi periodi dell'antichit (penso alla teoria politica di Platone e alla raccolta delle Costituzioni di Aristotele) nei quali la scienza della societ poteva sembrare pi progredita della scienza della natura. Ma con Galileo e Newton la fisica cominci a ottenere successi al di l di ogni attesa, lasciando molto indietro tutte le altre scienze, e dal tempo di Pasteur - il Galileo della biologia - si pu sostenere che anche le scienze biologiche si sono messe su una via analoga. Le scienze sociali, invece, non hanno ancora trovato il loro Galileo. MDS, 17 L'analisi della situazione, la logica situazionale, svolge un ruolo importantissimo sia nella vita sociale che nelle scienze sociali. SAN, II 116 Ritengo opportuno aggiungere qui un'osservazione a proposito dell'asserzione, spesso ripetuta, che le scienze sociali operano con un metodo diverso da quello delle scienze naturali, in quanto noi conosciamo gli "atomi sociali", cio noi stessi, per conoscenza diretta, mentre la nostra conoscenza degli atomi fisici soltanto ipotetica. Da questa premessa si trae spesso la conclusione (lo fa, per esempio, Carl Menger) che il metodo della scienza sociale, poich fa uso della nostra conoscenza di noi stessi, psicologico o magari "soggettivo" in opposizione ai metodi "oggettivi" delle scienze naturali. A questa affermazione possiamo replicare: certamente non c' alcuna ragione per cui non si debba usare qualsiasi conoscenza "diretta" che possiamo avere di noi stessi. Ma tale conoscenza utile nelle scienze sociali soltanto se generalizziamo, cio se presupponiamo che quello che sappiamo di noi stessi valido anche per gli altri. Ma questa generalizzazione ha carattere ipotetico e deve essere provata e corretta dall'esperienza di tipo "oggettivo". (Prima di aver incontrato qualcuno a cui non piace il cioccolato, alcuni possono essere facilmente portati a credere che esso piace a tutti). Senza dubbio, nel caso degli atomi sociali noi ci troviamo per certi rispetti in posizione pi favorevole che nel caso degli atomi fisici, grazie non solo alla conoscenza di noi stessi, ma anche all'uso

del linguaggio. Eppure, dal punto di vista del metodo scientifico, un'ipotesi sociale suggerita dalla auto-intuizione non in condizione diversa da quella di un'ipotesi fisica intorno agli atomi. Anche quest'ultima pu essere suggerita al fisico da una specie di intuizione di quello che sono gli atomi. E, in entrambi i casi, questa intuizione un affare privato dell'uomo che propone l'ipotesi. Ci che "pubblico" e importante per la scienza semplicemente la questione se le ipotesi possono essere controllate dall'esperienza e se resistono a tali controlli. Da questo punto di vista, le teorie sociali non sono pi "soggettive" di quelle fisiche. SAN, II 398-399 L'introduzione di un nuovo genere di assicurazione sulla vita, di un nuovo genere di tassazione, di una nuova riforma penale, sono tutti esperimenti sociali che hanno le loro ripercussioni sul complesso della societ senza tuttavia rimodellare la societ nella sua interezza. Anche un uomo che apre un nuovo negozio o che prenota un biglietto per il teatro va attuando una specie di esperimento sociale su piccola scala; e tutta la nostra conoscenza delle condizioni sociali fondata sull'esperienza acquisita facendo esperimenti di questo genere. SAN, I 201 Una delle singolari circostanze della vita sociale che mai nulla riesce precisamente nel modo prestabilito. Tutto va sempre a finire un poco diversamente. Quasi mai, nella vita sociale, riusciamo a provocare il preciso effetto che desideriamo, e, normalmente, otteniamo conseguenze ulteriori non desiderate Come naturale, agiamo con certi scopi in mente; ma, oltre a questi (che possiamo o meno conseguire di fatto), vi sono sempre certe altre conseguenze non desiderate delle nostre azioni che, in genere, non possono essere eliminate. Spiegare perch ci non sia possibile il compito principale della teoria sociale. CEC. 213 Le scienze naturali, come pure le scienze sociali, partono sempre da problemi; da ci che in qualche modo suscita la nostra meraviglia, come dicevano i filosofi greci. Per la soluzione dei problemi le scienze utilizzano fondamentalmente lo stesso metodo, quello usato dal comune buon senso: il metodo del tentativo e dell'errore. TV, 22 Non c' nessuna scienza che consista nella pura osservazione, ci sono solo scienze che teorizzano in modo pi o meno consapevole e critico. Ci vale anche per le scienze sociali. LSS, 120 Come problemi fondamentali della sociologia teorica pura si potrebbero forse prendere provvisoriamente la logica generale della situazione e la teoria delle istituzioni e tradizioni. Ci includerebbe problemi come i due seguenti: 1. Le istituzioni non agiscono, agiscono solo gli individui nelle o per le istituzioni. La logica situazionale generale di queste azioni sarebbe la

teoria delle quasiazioni delle istituzioni. 2. Si tratterebbe di costruire una teoria delle conseguenze istituzionali volute e non volute, delle azioni compiute in vista di un fine. Ci potrebbe anche condurre a una teoria della genesi e dello sviluppo delle istituzioni. LSS, 122-123. La sociologia autonoma nel senso che pu e deve rendersi largamente indipendente dalla psicologia. Prescindendo dalla condizione di dipendenza della psicologia, ci consegue anche dal fatto che la sociologia posta continuamente di fronte al compito di spiegare conseguenze sociali involontarie e spesso indesiderate dell'agire umano. Ad esempio, la concorrenza un fenomeno sociale che i soggetti concorrenti di solito non desiderano, ma che pu e deve essere spiegato come conseguenza (di solito inevitabile) non voluta delle azioni (coscienti e pianificate) dei concorrenti. LSS, 120 E' mia intenzione criticare la dottrina secondo cui compito delle scienze sociali avanzare delle profezie di carattere storico, essendo queste necessarie ove desideriamo condurre la politica in modo razionale. Definir questa dottrina "storicismo". Ritengo che esso sia il residuo di un'antica superstizione, anche se chi vi crede normalmente convinto che si tratti di una teoria assai moderna, progressista, rivoluzionaria e scientifica. CEC,571 La vita sociale non solo una prova di forza fra gruppi in competizione, ma anche azione entro una pi o meno elastica o fragile struttura di istituzioni e tradizioni, azione che provoca - a parte qualsiasi contro-azione consapevole - molte reazioni impreviste, e alcune di esse forse anche imprevedibili, in seno a questa struttura. Cercare di analizzare queste reazioni e di prevederle per quanto possibile , a mio giudizio, il compito essenziale delle scienze sociali. E il compito di analizzare le inintenzionali ripercussioni sociali delle azioni umane intenzionali, quelle ripercussioni la cui importanza trascurata sia dalla teoria della cospirazione che dallo psicologismo. Un'azione che si attui in piena armonia con l'intenzione non crea problemi per la scienza sociale (a meno che non si imponga la necessit di spiegare perch in quel determinato caso non si siano avute ripercussioni inintenzionali di alcun genere). Una delle pi elementari azioni economiche pu servire da esempio al fine di rendere chiarissima l'idea delle conseguenze inintenzionali delle nostre azioni. Se un uomo desidera acquistare subito una casa, possiamo tranquillamente presumere che egli non desidera certo far salire il prezzo di mercato delle case. Ma il semplice fatto che egli si presenti sul mercato in qualit di acquirente, tender a far salire i prezzi del mercato. E osservazioni analoghe valgono per il venditore. Oppure prendiamo un esempio da un campo assolutamente diverso: se un uomo decide di assicurarsi sulla vita, improbabile che abbia l'intenzione di incoraggiare certa gente a investire il loro denaro in azioni di compagnie

assicurative. Ma egli nondimeno far proprio questo. Noi vediamo gi chiaramente che non tutte le conseguenze delle nostre azioni sono conseguenze intenzionali. SAN, II 114-115 Il compito di una teoria sociale di costruire ed analizzare i nostri modelli sociologici attentamente in termini descrittivi o nominalisti, cio in termini di indivdui, dei loro atteggiamenti, delle loro speranze, dei loro rapporti, ecc. - postulato che possiamo chiamare"individualismo metodologico". MDS, 122 Il problema fondamentale delle scienze sociali sia storiche sia teoriche spiegare e comprendere gli eventi in termini di azioni umane e situazioni sociali. Qui l'espressione chiave "situazione sociale". La descrizione di una concreta situazione sociale corrisponde a ci che nelle scienze naturali l'esposizione delle condizioni iniziali.E i "modelli" delle scienze sociali teoriche sono essenzialmente descrizioni o ricostruzioni di situazioni sociali tipiche. A mio avviso, l'idea di situazione sociale la categoria fondamentale della metodologia delle scienze sociali. Sarei propenso persino ad affermare che, in queste scienze, quasi ogni problema di spiegazione richiede un'analisi della situazione sociale. MDC, 222 La concezione secondo cui compito delle scienze sociali scoprire le conseguenze indesiderate delle nostre azioni avvicina notevolmente tali scienze a quelle naturali sperimentali. L'analogia non pu essere qui sviluppata nei dettagli, ma possiamo rilevare che entrambe ci conducono alla formulazione di regole tecnico-pratiche asserenti ci che non possiamo fare. La seconda legge della termodinamica pu essere espressa nei termini dell'avvertimento, di carattere tecnologico: "Non possibile costruire una macchina efficiente al 100 per cento". Una regola analoga delle scienze sociali sarebbe: "Non possibile elevare il reddito reale della popolazione lavoratrice senza incrementare la produttivit" e "Non possibile eguagliare i redditi reali e nello stesso tempo elevare : la produttivit". Un esempio d'ipotesi probabile in questo campo, generalmente non accettata, o in altre A parole un problema ancora aperto, il seguente: "Non possibile realizzare una politica di pieno ` impiego senza inflazione". Questi esempi possono mostrare il modo in cui le scienze sociali sono rilevanti dal punto di vista pratico. Esse non ci consentono di fare delle profezie storiche, ma possono darci un'idea di ci che si pu fare e di ci che non si pu fare in politica. CEC, 581-582 Il compito delle scienze sociali non quello di predire "direzioni" o "tendenze" dello sviluppo, e non questo neppure il compito delle scienze naturali. SAN, I 339

La principale utilit delle scienze fisiche non sta nella previsione delle eclissi; e, analogamente, l'utilit pratica delle scienze sociali non dipende dal loro potere di profetizzare gli sviluppi storici e politici. Soltanto uno storicista acritico, cio convinto che la concezione; storicistica del compito delle scienze sociali sia ovvia, sar indotto a disperare della ragione in seguito alla constatazione che le scienze sociali sono incapaci di compiere profezie: e alcuni, infatti, sono stati indotti addirittura a disprezzare la ragione. CEC, 578-579 IX. IL RUOLO DELLA METAFISICA. Le idee metafisiche sono spesso precorritrici di quelle scientifiche. I filosofi hanno generalmente parlato delle loro idee metafisiche come se fossero non solo una scienza ma una superscienza. Io, invece, considero queste teorie piuttosto come prescientifiche, ad ogni modo non come teorie controllabili e criticabili scientificamente E appena si sia detto ci, si liberi di discutere nella metafisica di tutte le cose possibili. Chi non ne interessato, pu andarsene. FA, 94-95 Il fatto che le proposte che avanzo siano influenzate da giudizi di valore non significa che io stia commettendo lo stesso errore di cui ho accusato i positivisti: quello di tentare di uccidere la metafisica lanciandole improperi. Non mi spingo neppure tanto lontano da asserire che la metafisica non ha nessun valore per la scienza empirica. Infatti, non si pu negare che, accanto alle idee metafisiche che hanno ostacolato il cammino della scienza, ce ne sono state altre - come l'atomismo speculativo - che ne hanno aiutato il progresso. E guardando alla questione dal punto di vista psicologico, sono propenso a ritenere che la scoperta scientifica impossibile senza la fede in idee che hanno una natura puramente speculativa, e che talvolta sono addirittura piuttosto nebulose; fede, questa, che completamente priva di garanzie dal punto di vista della scienza e che pertanto, entro questi limiti, "metafisica". LDSS, 19 Le idee sono ci che l'uomo possiede di pi prezioso. Non abbiamo mai abbastanza idee. Ci di cui soffriamo la povert di idee. E le idee sono un possesso prezioso, per questo bisogna trattare la metafisica con rispetto e discuterla - pu darsi che dalle idee della metafisica venga fuori qualcosa. FA, 100 Per quanto riguarda la scienza e la metafisica, non credo certamente in una netta demarcazione. La scienza stata in ogni tempo profondamente influenzata dalle idee metafisiche; certe idee e certi problemi metafisici (come il problema del mutamento, o il programma cartesiano di una spiegazione di tutto il mutamento mediante l'azione a distanze che si

annullano) hanno dominato lo sviluppo della scienza per secoli come idee regolative; mentre altri (come l'atomismo, un altro tentativo di risolvere il problema del mutamento) si sono gradualmente trasformati in teorie scientifiche. Naturalmente, ci sono stati anche sviluppi nella direzione opposta: come amano dire alcuni positivisti, si pu dimostrare che un numero considerevole di dottrine metafisiche sono l'eco di obsolete dottrine scientifiche. PL, 177-178 La foga dell'antimetafisico spazza via troppo e, nello stesso tempo, troppo poco. CEC, 452 Per ottenere un'immagine, o modello, dell'evoluzione quasi-induttiva della scienza, possiamo visualizzare le varie idee ed ipotesi come particelle sospese in un fluido. La scienza controllabile la precipitazione di queste particelle sul fondo del recipiente: le particelle si depositano in strati (di universalit). Lo spessore del deposito cresce col crescere del numero di questi strati, ognuno dei quali corrisponde a una teoria pi universale di quelle sottostanti. Il risultato di questo processo che talvolta idee che prima fluttuavano nelle regioni metafisiche pi alte possono essere raggiunte dall'accrescersi della scienza e, venute cos in contatto con essa, depositarsi. Esempi di tali idee sono: l'atomismo; l'idea di un "principio" fisico singolo, o elemento ultimo (dal quale derivano gli altri): la teoria del moto della Terra (a cui Bacone si opponeva ritenendolo fittizio); la venerabile teoria corpuscolare della luce; la teoria dell'elettricit come fluido (fatta rivivere con l'ipotesi secondo cui la conduzione dei metalli dovuta a un gas di elettroni). Tutti questi concetti e queste idee metafisiche sono forse stati d'aiuto, anche nelle loro forme pi primitive, nel portare ordine nell'immagine che l'uomo si fa del mondo, e in alcuni casi possono anche aver portato a predizioni dotate di successo. Tuttavia un'idea di questo genere acquista status scientifico soltanto quando venga presentata in una forma in cui possa essere falsificata, cio a dire soltanto quando diventato possibile il decidere empiricamente tra essa e qualche teoria rivale. LDSS, 307-308 Non penso che sia giustificato combattere la metafisica in generale o che si possono ottenere risultati di rilievo da una lotta siffatta. E necessario risolvere il problema della demarcazione fra scienza e metafisica. Ma dobbiamo riconoscere che molti sistemi metafisici hanno portato a importanti risultati scientifici. SAN, II 360 Non credo che la metafisica sia nonsenso, n ritengo possibile eliminare tutti "gli elementi metafisici" della scienza: essi sono troppo strettamente intrecciati con il resto. Credo, tuttavia, che ogniqualvolta possibile scoprire nella scienza un elemento metafisico che si pu eliminare,

l'eliminazione non potr essere altro che un vantaggio. Infatti, l'eliminazione di un elemento non controllabile dalla scienza rimuove un mezzo per evitare le confutazioni; e questo tender ad aumentare la controllabilit, o confutabilit, di ci che resta della teoria. E, invero, in una quantit di casi una teoria scientifica ha tratto considerevoli vantaggi dall'essersi scoperti in essa elementi metafisici che potevano essere eliminati, e dal tentativo di eliminarli. L'ampia linea di demarcazione fra scienza empirica da un lato, e pseudo-scienza o metafisica o logica o matematica pura dall'altro, deve essere tracciata attraverso il cuore stesso della ragione del senso - con teorie dotate di significato da ambo i lati della linea divisoria - piuttosto che fra la regione del senso e quella del non-senso. Rifiuto, pi in particolare, il dogma che la metafisica debba essere priva di significato. Infatti, come abbiamo visto, alcune teorie come l'atomismo furono a lungo non controllabili e inconfutabili (e, incidentalmente, anche non verificabili) e fino a quel momento "metafisiche". Ma, in seguito, divennero parte della scienza fisica. Sono disposto ad ammettere che alcuni metafisici (penso soprattutto a Hegel e agli hegeliani) si siano lasciati andare fino al punto di dire dei nonsensi e, ci che peggio, dei nonsensi pretenziosi. Tuttavia, anche gli scienziati non sono del tutto immuni da questa malattia. PL, 192 Il mio criterio di demarcazione - cio, la controllabilit - necessario tanto allo scienziato quanto al filosofo in certe difficolt concrete. Esso seleziona quelle teorie che possono essere discusse seriamente in termini empirici. Esso suggerisce allo scienziato l'esistenza di altre teorie che non possono venire discusse in questo modo; e attira la sua attenzione sul fatto che queste altre teorie, dal momento che non sono controllabili, devono venire esaminate con metodi diversi dal controllo. Se egli non trova altro modo di esaminarle criticamente, pu considerarsi altrettanto giustificato nell'abbandonarle. ("L'inconfutabilit non un pregio, ma un difetto".) Cos facendo, tuttavia, correr sempre un rischio; infatti possibile imparare a volte qualcosa di molto interessante anche da una teoria pseudo-scientifica o metafisica. PL,205 Keplero, come scienziato, fu guidato dall'intuizione, dal tentativo (ipotesi) e dall'errore (confutazione empirica). Ed egli fu, come ogni scienziato che cerca e trova qualcosa di nuovo, un metafisico, al quale riuscito di imparare dai propri errori. E questo per lui era chiaro come il sole, mentre tanti scienziati non lo comprendono neppure oggi. TV, 140-141 X. SOCIETA' APERTA E SOCIETA' CHIUSA. Il passaggio dalla societ chiusa alla societ aperta pu essere considerato come una delle pi profonde rivoluzioni attraverso le quali passato il genere umano.

Con l'espressione "societ aperta" designo non tanto un tipo di Stato o una forma di governo, quanto piuttosto un modo di convivenza umana in cui la libert degli individui, la non-violenza, la protezione delle minoranze, la difesa dei deboli sono valori importanti. Nelle nostre democrazie occidentali questi valori sono per la maggior parte degli uomini cose ovvie. Il fatto che questi valori siano per noi tanto ovvi uno dei pericoli che minacciano la democrazia. Pochi uomini, infatti, hanno abbastanza fantasia per potersi rappresentare la vita in una societ moderna non democratica. FA, 176 La mia caratterizzazione della societ chiusa come societ magica e della societ aperta come razionale e critica impedisce naturalmente di applicare questi termini senza idealizzare la societ in esame. L'atteggiamento magico non affatto sparito dalla nostra societ, neppure nelle pi "aperte" societ finora realizzate e ritengo improbabile che possa mai sparire completamente. Nonostante ci, sembra sia possibile fornire qualche utile criterio della transizione dalla societ chiusa alla societ aperta. La transizione ha luogo quando le istituzioni sociali sono per la prima volta consciamente riconosciute come fatte dall'uomo e quando la loro consapevole modifica discussa sotto il profilo della sua convenienza per il conseguimento dei fini ed obiettivi umani. O, per indicare la cosa in maniera meno astratta, la societ chiusa si disgrega quando la sovrannaturale riverenza con la quale l'ordine sociale considerato cede il posto alla interferenza attiva e al consapevole perseguimento di interessi personali o di gruppo. E' chiaro che il contatto culturale attraverso la civilizzazione pu determinare siffatta disgregazione e, anche pi, lo sviluppo di una sezione impoverita, cio priva di terra, della classe dirigente. SAN, I 392 Una societ aperta (ossia, basata sulla tolleranza e soprattutto il rispetto delle opinioni altrui) e una democrazia (ossia, una forma di governo consacrata alla protezione di una societ aperta) non possono - sopravvivere se la scienza diventa propriet esclusiva di un gruppo chiuso di specialisti. MDC, 150. La societ chiusa caratterizzata dalla fede nei tab magici, mentre la societ aperta quella nella quale gli uomini hanno imparato ad assumere un atteggiamento in qualche misura critico nei confronti dei tab e a basare le loro decisioni sull'autorit della propria intelligenza (dopo discussione). SAN, I 249 Io penso che ci sono molte societ chiuse che possono patire ogni sorta di destino; ma una "societ aperta" pu, a mio giudizio, soltanto andare avanti, o essere bloccata e risospinta a forza nella gabbia, cio allo stato ferino. SAN, I 296

Nel seguito della nostra discussione, la societ magica o tribale o collettivista sar chiamata anche societ chiusa e la societ nella quale i singoli sono chiamati a prendere decisioni personali societ aperta. Una societ chiusa pu essere giustamente paragonata a un organismo. La cosiddetta teoria organica o biologica dello Stato pu essere applicata in larga misura ad essa. Una societ chiusa assomiglia a un gregge o a una trib per il fatto che un'unit semiorganica i cui membri sono tenuti insieme da vincoli semi-biologici: parentela, vita in comune, partecipazione agli sforzi comuni, ai pericoli comuni, alle gioie comuni e ai disagi comuni. Essa ancora un gruppo concreto di individui concreti, legati tra loro non solo da rapporti sociali astratti come la divisione del lavoro e lo scambio delle merci, ma da relazioni fisiche concrete come il tatto, l'olfatto e la vista. E bench una societ siffatta possa essere fondata sulla schiavit, la presenza degli schiavi non presenta problemi fondamentalmente diversi da quelli degli animali domestici. Cos mancano quegli aspetti che impediscono di applicare con successo la teoria organica a una societ aperta. Gli aspetti ai quali intendo riferirmi sono connessi con il fatto che, in una societ aperta, molti membri si sforzano di elevarsi socialmente e di prendere il posto di altri membri. Ci pu condurre, per esempio, a un fenomeno sociale importante come la lotta di classe. Noi non possiamo trovare niente di simile alla lotta di classe in un organismo. Le cellule e i tessuti di un organismo, che talvolta si dice corrispondono ai membri di uno Stato, possono anche competere tra loro per la nutrizione; ma non c' alcuna tendenza inerente per esempio nelle gambe a diventare cervello o in altre membra del corpo a diventare il ventre. Poich non c' nulla nell'organismo che corrisponda a una delle pi importanti caratteristiche della societ aperta, cio la competizione fra i suoi membri per il conseguimento di uno status superiore, la cosiddetta teoria organica dello Stato fondata su una falsa analogia. La societ chiusa, d'altra parte, non presenta tendenze siffatte in misura rilevante. Le sue istituzioni, comprese le sue caste, sono sacrosante: sono tab. La teoria organica, in questo caso, si adatta abbastanza bene. Non deve quindi sorprenderci la constatazione che molti tentativi di applicazione della teoria organica alla nostra societ sono forme mascherate di propaganda per un ritorno al tribalismo. SAN, I 216-217 Io sostengo che una delle caratteristiche di una societ aperta sia di tenere in gran conto, oltre alla forma democratica di governo, la libert di associazione, e di proteggere ed anche incoraggiare la formazione di sottosociet libere, ciascuna delle quali possa sostenere differenti opinioni e credenze. CO, 280-281 Il passaggio dalla societ chiusa alla societ aperta pu essere considerato come una delle pi profonde rivoluzioni attraverso le quali

passato il genere umano. In conseguenza di quello che abbiamo definito il carattere biologico della societ chiusa, questo passaggio deve avere su coloro che lo vivono un'incidenza profondissima. Perci, quando diciamo che la nostra civilt occidentale deriva dai Greci, dobbiamo renderci esattamente conto di che cosa ci significa. Significa che i Greci dettero inizio per noi a quella grande rivoluzione che, a quanto pare, ancora ai suoi inizi: il passaggio dalla societ chiusa alla societ aperta. SAN, I 218 Forse la causa pi potente della dissoluzione della societ chiusa fu lo sviluppo delle comunicazioni marittime e del commercio. L'intimo contatto con altre trib destinato a minare il senso di necessit col quale vengono considerate le istituzioni tribali; e il commercio, l'iniziativa commerciale, risulta essere una delle poche forme in cui pu affermarsi l'iniziativa e l'indipendenza individuale, anche in una societ nella quale ancora prevale il tribalismo. SAN, I 220 La dissoluzione del tribalismo, delle societ chiuse della Grecia, pu essere fatta risalire al tempo in cui la crescita demografica cominci a far sentire i suoi effetti in seno alla classe dirigente dei proprietari terrieri. Ci signific la fine del tribalismo "organico", perch determin una tensione sociale in seno alla societ chiusa della classe dirigente. SAN, I 219 La dissoluzione della societ chiusa, sollevando, come solleva, problemi di classe e altri problemi di status sociale, deve avere avuto sui cittadini lo stesso effetto che fatalmente ha sui bambini un serio contrasto di famiglia con conseguente dissoluzione del nucleo familiare. Naturalmente, questo genere di disagio fu avvertito dalle classi privilegiate, ora che si sentivano minacciate, pi fortemente che da quanti erano stati precedentemente tenuti in soggezione; ma anche questi ultimi si sentirono a disagio. Anch'essi furono spaventati dalla dissoluzione del loro mondo "naturale". E bench abbiano continuato a combattere la loro battaglia, essi furono spesso riluttanti a sfruttare a fondo le loro vittorie sui nemici di classe che erano sostenuti dalla tradizione, dallo status quo, da un pi alto livello di educazione e da un sentimento di naturale autorit. SAN,I 220 XI. LA POLITICA. Ogni politica consiste nello scegliere il male minore (come disse il poeta e critico viennese K. Kraus). E i politici dovrebbero manifestare il massimo zelo nella ricerca dei mali che le loro azioni devono necessariamente produrre invece di nasconderli. Noi dovremmo tentare di occuparci di politica al di fuori della polarizzazione sinistra-destra. Penso che questo sia un traguardo difficile da

conseguire. Sono, tuttavia, sicuro che si tratta di una cosa praticabile. TV, 285 Una forma che rende possibile un sistema a due partiti mi sembra essere la migliore forma di democrazia. Essa, infatti, conduce sempre, di continuo, all'autocritica dei partiti. Se nel corso di una elezione uno dei due grandi partiti ha subto una sonora sconfitta, allora si avr di norma una riforma radicale all'interno del partito. Questa una conseguenza della concorrenza e di un inequivocabile giudizio di condanna da parte degli elettori che non pu non essere preso in considerazione. E' cos che i partiti, con questo sistema, vengono di tanto in tanto costretti ad imparare dai loro errori o a sparire. Le mie considerazioni contro il sistema proporzionale non significano che io consigli a tutte le democrazie di rinunciare al sistema proporzionale. Desidero soltanto dare una nuova direzione alla discussione su siffatto argomento. Il pensiero che dall'idea della democrazia possa venir logicamente dedotta la superiorit morale del sistema proporzionale e che i sistemi continentali, a causa della proporzionale, siano migliori, pi giusti o pi democratici rispetto ai sistemi anglosassoni, ingenuo e non regge ad una riflessione appena pi approfondita. TV, 194. Considero come una sfortuna partiti troppo numerosi; e perci anche il sistema elettorale proporzionale. E ci per la ragione che un numero elevato di partiti porta a governi di coalizione in cui nessuno responsabile davanti al popolo come tribunale, dato che tutto un compromesso inevitabile. Inoltre, sar proprio molto difficile poter licenziare un governo, dato che il partito al governo, che non ha pi la maggioranza assoluta, ha bisogno solo di trovare un nuovo piccolo partner di coalizione per poter continuare a governare. Se ci sono pochi partiti, allora i governi saranno piuttosto governi di maggioranza e la loro responsabilit sar chiara e precisa. E non vedo alcun valore nel cercare di rispecchiare le opinioni della popolazione proporzionalmente nella rappresentanza popolare e non gi nel governo. Questo conduce alla irresponsabilit del governo, perch lo specchio non pu essere responsabile rispetto al suo originale. TV, 224 L'individualista deve sostenere che la moralit degli Stati (ammesso che una cosa del genere esista) tende ad essere considerevolmente inferiore a quella del cittadino medio, sicch molto pi desiderabile che la moralit dello Stato sia controllata dai cittadini che viceversa. Ci di cui abbiamo bisogno e ci che vogliamo moralizzare la politica, non politicizzare la morale. SAN, I 147 Non dobbiamo mai dimenticare che eccellenti leader non possono essere prodotti da metodi razionali, ma solo dalla fortuna. SAN, I 200

Il denaro uno dei simboli come pure una delle difficolt della societ aperta. Non c' dubbio che noi non abbiamo ancora saputo padroneggiare il controllo razionale del suo uso; il pi grave abuso al quale d luogo quello di poter acquistare il potere politico. SAN, I 425 Tutti abbiamo la debolezza di voler avere sempre ragione, e questa debolezza sembra particolarmente diffusa tra gli uomini politici, sia professionisti che dilettanti. Ma l'unica via che conduce a un metodo pi o meno scientifico in politica agire secondo l'ipotesi che non vi possa essere nessuna mossa politica senza qualche svantaggio, senza conseguenze poco desiderabili. Tenersi pronti a scorgere questi sbagli. trovarli, metterli bene in Vista, analizzarli e imparare da essi, ecco cosa deve fare uno scienziato politico e anche un uomo politico che abbia in giusta considerazione il metodo scientifico. Il metodo scientifico nella politica significa che alla grande arte con cui ci autopersuadiamo di non aver fatto sbagli - o facciamo finta di non vederli, o li nascondiamo, o ne diamo la colpa ad altri sostituiamo l'altra assai pi grande di accettare la responsabilit dei nostri sbagli, di cercare di trarne una lezione e di mettere in atto le conoscenze cos acquisite in modo da evitare gli stessi sbagli in avvenire. MDS, 85-86 Penso che, in politica, sia ragionevole adottare il principio di essere pronti al peggio, nella misura del possibile, anche se, naturalmente, dobbiamo, nello stesso tempo, cercare di ottenere il meglio. Mi sembra stolto basare tutti i nostri sforzi politici sull'incerta speranza che avremo la fortuna di disporre di governanti eccellenti o anche competenti. SAN, I 158 Il potere politico pu essere decisivo ai fini della protezione economica. Il potere politico e il suo controllo tutto. Al potere economico non si deve permettere di dominare il potere politico; se necessario, esso deve essere combattuto dal potere politico e ricondotto sotto il suo controllo. SAN, II 148 Ogni opposizione ha la maggioranza che si merita. SAN, II 190 Tutti i partiti hanno una specie di "interesse acquisito" nei motivi impopolari dei loro oppositori: vivono di essi e, quindi, sono destinati a insistere su di essi, a sottolinearli e anche ad anticiparli. Essi possono anche incoraggiare gli errori politici dei loro oppositori nella misura in cui possono farlo senza condividerne la responsabilit. SAN, 11 191 Uno dei principi fondamentali di qualsivoglia concezione non preconcetta della politica che qualunque cosa possibile negli affari umani e, pi particolarmente, che nessun concepibile sviluppo si pu escludere in base alla considerazione che violerebbe la cosiddetta tendenza del progresso

umano o qualunque altra delle pretese leggi della "natura umana". SAN, 11 230 E' mia convinzione che, esprimendo il problema della politica nella forma: "Chi deve governare?" o "La volont di chi dev'essere decisiva?" ecc., Platone abbia prodotto una durevole confusione nel campo della filosofia politica. In realt, essa analoga alla confusione da lui prodotta nel campo della filosofia morale con la sua identificazione [...] fra collettivismo e altruismo. E evidente che, una volta formulata la domanda: "Chi deve governare?", non si possono evitare risposte di questo genere: "i migliori" o "i pi sapienti" o "il governante nato" o "colui che padroneggia l'arte di governo" (oppure, forse, "La Volont Generale" o "La Razza Superiore" o "I Lavoratori della Industria" o "Il Popolo"). Ma una risposta siffatta, per quanto convincente possa sembrare - infatti, chi potrebbe difendere il governo del "peggiore" o "del pi grande stolto" o "dello schiavo nato"? - , come cercher di dimostrare, assolutamente sterile. Prima di tutto, una risposta siffatta destinata a persuaderci che sono stati risolti alcuni fondamentali problemi di teoria politica. Ma se guardiamo alla teoria politica da un angolo visuale diverso, ci rendiamo ben presto conto che, lungi dall'aver risolto qualche problema fondamentale, noi lo abbiamo semplicemente aggirato, presumendo che sia fondamentale la domanda: "Chi deve governare?". Infatti, anche coloro che condividono questo atteggiamento di Platone ammettono che i dirigenti politici non sono sempre sufficientemente "buoni" o "saggi" (non dobbiamo troppo preoccuparci del preciso significato di questi termini) e che non affatto facile ottenere un governo sulla cui bont e saggezza si possa senz'altro contare. Ammesso ci, dobbiamo chiederci se il pensiero politico non debba fin dal principio prospettarsi la possibilit di un governo cattivo; se non debba cio di norma aspettarsi di avere i leader peggiori e soltanto di sperare di avere i migliori. Ma ci ci porta a un nuovo approccio al problema della politica, perch ci costringe a sostituire alla vecchia domanda: Chi deve governare? la nuova domanda: Come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno? SAN, 1 156 L'uso della violenza giustificato solo sotto una tirannide che renda impossibile le riforme senza violenza e dovrebbe avere soltanto un obiettivo: quello di realizzare uno stato di cose che renda possibile le riforme senza violenza. Io credo che non si debba mai tentare di ottenere pi di questo con mezzi violenti. Sono, infatti, dell'avviso che qualsiasi tentativo del genere comporti il rischio di compromettere ogni prospettiva di riforma ragionevole. L'uso prolungato della violenza pu portare alla fine alla perdita della libert, dato che destinato a portare con s non il governo spassionato della ragione, ma il governo dell'uomo forte. Una rivoluzione violenta che cerchi di ottenere pi che la distruzione della tirannide ha almeno altrettante

probabilit di dar vita ad un'altra tirannide che di raggiungere i suoi reali obiettivi. SAN, 11 179 Chi non amerebbe avere il cielo in terra? Eppure, dev'essere uno dei primi principi di una politica razionale la persuasione che noi non possiamo realizzare il cielo in terra. Noi non siamo in procinto di diventare liberi spiriti o angeli, almeno per qualche secolo ancora. Noi siamo legati a questa terra dal nostro metabolismo, come Marx una volta ebbe saggiamente a proclamare; o, per usare la formula del cristianesimo, noi siamo spirito e carne. Perci dobbiamo essere pi modesti. In politica o in medicina, chi promette troppo non pu essere altro che un ciarlatano. Noi dobbiamo cercar di migliorare le cose, ma dobbiamo sbarazzarci della idea di una pietra filosofale, di una formula che converta senz'altro la nostra corrotta societ umana in puro oro perenne. SAN, 114 12-4 13 Il problema del controllo dei governanti e della limitazione dei loro poteri in sostanza un problema istituzionale, il problema insomma di dar vita a istituzioni capaci di impedire anche ai cattivi governanti di fare troppo danno. SAN, II 153 Le istituzioni sono come fortezze: devono essere ben progettare e gestite. SAN, I 162 Il funzionamento delle istituzioni, come quello delle fortezze, dipende in definitiva dalle persone che le presidiano. CEC, 230 L'instaurazione di istituzioni per il controllo democratico dei governanti la sola garanzia per l'eliminazione dello sfruttamento. SAN, II 165 Tutte le politiche a lungo termine sono istituzionali. SAN. II 165 La libert [...] distrugge se stessa se illimitata. La libert illimitata significa che un uomo forte libero di tiranneggiare un debole e di privarlo della sua libert. Questa la ragione per cui chiediamo che lo Stato limiti in qualche misura la libert, in modo che la libert di ciascuno risulti protetta dalla legge. Nessuno dev'essere alla merc di altri, ma a tutti si deve riconoscere il diritto di essere protetti dallo Stato. SAN, 11 146 Noi dobbiamo costruire istituzioni sociali, imposte dalla forza dello Stato, per la protezione degli economicamente deboli nei confronti degli economicamente forti. Lo Stato deve vigilare a che nessuno sia costretto dalla paura della fame o dalla rovina economica ad assoggettarsi a una transazione iniqua. SAN, 11146-147

Ogni potere, e il potere politico almeno quanto il potere economico, pericoloso. SAN, 11 152 Nessuna emozione, neanche l'amore, pu rimpiazzare il governo di istituzioni controllate dalla ragione. SAN, 11281 Chi insegna che non la ragione, ma l'amore, deve governare, apre la strada a coloro che governano con l'odio. (Socrate, a mio giudizio, intravide qualcosa del genere quando sostenne che la sfiducia e l'odio per l'argomentazione connesso con la sfiducia o con l'odio per l'uomo). Coloro che non si avvedono immediatamente di questa connessione, che credono in un governo diretto dell'amore emozionale, dovrebbero considerare che l'amore come tale non promuove certamente l'imparzialit. E non pu neanche eliminare i conflitti. SAN, II 281 La teoria della rivoluzione trascura l'aspetto pi importante della vita sociale, cio, che abbiamo bisogno non tanto di uomini validi, quanto di buone istituzioni. Anche l'uomo migliore pu essere corrotto dal potere; le istituzioni invece, che permettono ai governati di esercitare un certo controllo efficace sui governanti, costringeranno quelli cattivi a fare ci che i governati giudicano nel loro interesse. O anche, per dirla in altro modo, preferiremmo avere dei buoni governanti, ma l'esperienza storica ci mostra che non probabile che li troviamo. Per questo tanto importante elaborare delle istituzioni che impediscano, anche ai cattivi governanti, di provocare danni eccessivi. CEC, 584-585 XII. LA DEMOCRAZIA E I SUOI PARADOSSI. Solo la democrazia fornisce una struttura istituzionale che permette non solo l'attuazione di riforme senza violenza, ma anche l'uso della ragione in campo politico. Io rifiuto come irrilevante ogni tentativo di scoprire che cosa "realmente" o "essenzialmente" la "democrazia" significhi, per esempio traducendo il termine in "governo del popolo". (Infatti, bench "il popolo" possa influenzare le azioni dei suoi governanti con la minaccia di provocarne le dimissioni, non si governa mai da se stesso in alcun senso concreto, pratico). Se usiamo le due formule nel modo or ora suggerito, possiamo indicare, come principio di una politica democratica, la proposta di creare, sviluppare e proteggere le istituzioni politiche per evitare la tirannide. Questo principio non implica per noi la possibilit di realizzare istituzioni di questo genere che siano senza difetti o esenti da errore o che ci garantiscano che le politiche adottate da un buon governo democratico saranno necessariamente

giuste o buone o sagge o anche necessariamente migliori o pi sagge delle politiche adottate da un tiranno illuminato. SAN, I 160-161 Noi siamo democratici non perch la maggioranza ha sempre ragione, ma perch le tradizioni democratiche rappresentano il male minore rispetto ad altre a noi note. Se la maggioranza (o "l'opinione pubblica") sceglie a favore della tirannide, un democratico non deve per questo supporre che sia emersa una grave incoerenza nel suo ideale politico, quanto piuttosto che nel suo paese la tradizione democratica non abbastanza forte. CEC. 595 Le democrazie non sono [...] governi del popolo, bens prima di ogni altra cosa istituzioni attrezzate contro una dittatura. Non permettono nessun governo di tipo dittatoriale, nessuna accumulazione di potere, tentano piuttosto di limitare il potere dello Stato. TV, 204 Noi in Occidente crediamo alla democrazia soltanto in quest'accezione sobria - come forma statale del male minore. Cos se l' immaginata anche l'uomo che ha salvato la democrazia e l'Occidente. "La democrazia la peggiore di tutte le forme di governo", cos disse una volta Winston Churchill, "eccettuate tutte le altre". ARM, 224 Un uomo che critica la democrazia e le istituzioni democratiche non necessariamente un nemico di esse, bench siano propensi a presentarlo come tale sia i democratici che egli critica sia i totalitari che sperano di trarre profitto da ogni disunione in campo democratico. C' una differenza fondamentale tra una critica democratica e una critica totalitaria della democrazia. SAN, I 1233-234 I democratici che non vedono la differenza tra una critica amichevole e una critica ostile della democrazia sono anch'essi imbevuti di spirito totalitario. Il totalitarismo, naturalmente, non pu considerare come amichevole alcuna critica, perch ogni critica dell'autorit finisce necessariamente col contestare il principio dell'autorit stessa. SAN, I 234 Uno Stato democratico non pu essere migliore dei suoi cittadini. FA, 182 Churchill, che era un buon democratico, disse una volta: "La democrazia la peggiore forma di governo - per migliore di tutte le altre forme di governo che siano mai state tentate". Questa osservazione di Churchill pu forse essere interpretata cos: se tenti di arrivare ad una societ perfetta sarai di certo contro la democrazia. FA, 181

La democrazia inglese deve la sua genesi all'orgoglio e al senso di indipendenza dell'alta nobilt e, nel suo sviluppo successivo, al pensiero protestante, alla consapevolezza personale e alla tolleranza religiosa conseguenza dei grandi conflitti politici e religiosi che furono provocati dalla rivoluzione puritana. La democrazia svizzera non nacque dall'orgoglio, dal senso di indipendenza e dall'individualismo della nobilt, ma dall'orgoglio, dal senso di indipendenza e dall'individualismo dei contadini delle alte montagne. TV, 145-146 Ci sono, in realt, solo due forme di Stato: quella in cui possibile liberarsi del governo senza spargimenti di sangue, con una votazione; e quella in cui questo non possibile. Questo ci che conta, e non come viene chiamata una forma di governo. Generalmente si designa come "democrazia" la prima forma e la seconda come "dittatura" o "tirannide". TV, 190 Come ognuno sa, "democrazia" sta a significare "governo del popolo" o "sovranit del popolo", in contrapposizione ad "aristocrazia" (governo dei migliori o dei notabili) e a "monarchia" (governo di uno solo). Il significato della parola, per, non ci di molto aiuto. E ci perch da nessuna parte il popolo governa: a governare ovunque sono i governi (e purtroppo anche la burocrazia, cio gli impiegati statali, che possono essere soltanto difficilmente o per niente affatto richiamati alla loro responsabilit). TV, 189 So, naturalmente, che si ha bisogno dei partiti: nessuno ha finora inventato un sistema democratico che possa fare a meno dei partiti. Ma i partiti politici non sono affatto fenomeni pienamente soddisfacenti. Dall'altro lato, senza partiti la faccenda non va. Tutte le nostre democrazie non sono governi del popolo bens governi di partiti. Cio, governi dei leaders di partito; difatti, pi grande un partito, meno unito, e meno democratico, tanta meno influenza hanno quanti votano per esso sulla direzione del partito e sul programma di partito. TV, 192 La difesa della democrazia deve consistere nel rendere gli esperimenti anti-democratici troppo onerosi per coloro che li tentano; molto pi onerosi di un compromesso democratico. SAN, 11 192 La pretesa che, se si vuole la sicurezza bisogna rinunciare alla libert, diventata uno dei fondamenti della rivolta contro la libert. Ma non c' nulla di meno vero. Non c', naturalmente, alcuna sicurezza assoluta nella vita. Ma quel tanto di sicurezza che si pu conseguire dipende dalla nostra vigilanza, rafforzata da istituzioni che ci aiutino a vigilare, cio istituzioni democratiche che hanno il fine (per usare il linguaggio Dlatonico) di consentire al gregge di vigilare e di giudicare i suoi cai . SN, 1424

Quella che i marxisti definiscono sprezzantemente come "mera libert formale" diventa la base di ogni altra cosa. Questa "mera libert formale", cio la democrazia, il diritto del popolo di giudicare e di far cadere il proprio governo, il solo strumento noto per mezzo del quale possiamo tentare di proteggerci contro l'abuso del potere politico; essa significa il controllo dei governanti da parte dei governati. E poich il potere politico pu controllare il potere economico, la democrazia politica anche il solo mezzo di controllo del potere economico da parte dei governati. Senza controllo democratico, non ci pu essere alcuna ragione al mondo per cui qualsiasi governo non debba usare il suo potere politico ed economico per fini molto diversi dalla protezione della libert dei suoi cittadini. SAN, 11 149 E'assolutamente sbagliato imputare alla democrazia le carenze politiche di uno Stato democratico. Dobbiamo piuttosto imputarle a noi stessi, cio ai cittadini dello Stato democratico. In uno Stato nondemocratico il solo mezzo per ottenere ragionevoli riforme quello del rovesciamento violento del governo e dell'introduzione di una struttura democratica. Coloro che criticano la democrazia in base a considerazioni "morali" non riescono a distinguere fra problemi personali e problemi istituzionali. Dipende da noi migliorare le cose. Le istituzioni democratiche non possono migliorare se stesse. Il problema del loro miglioramento sempre un problema che riguarda le persone piuttosto che le istituzioni. Ma se vogliamo dei miglioramenti, dobbiamo mettere in chiaro quali istituzioni vogliamo migliorare. SAN, I 163 La democrazia di per s non pu accordare alcun vantaggio al cittadino, e non ci si dovrebbe aspettare che fosse altrimenti. Di fatto la democrazia non pu far nulla - soltanto i cittadini che vivono in una democrazia possono agire (compresi, naturalmente, quanti partecipano al governo). La democrazia non costituisce pi che un'intelaiatura nel cui ambito i cittadini possono agire in forme pi o meno organizzate e coerenti. CEC, 595 Io non sono contrario, in tutti i casi e in tutte le circostanze, alla rivoluzione violenta. Io credo, con alcuni pensatori cristiani del Medioevo e del Rinascimento, i quali ammisero il ricorso al tirannicidio, che, sotto una tirannide, pu davvero non esserci alcuna altra possibilit e che una rivoluzione violenta pu essere giustificata. Ma credo anche che qualsiasi rivoluzione del genere debba avere come scopo so tanto l'instaurazione di una democrazia. SAN, 11178-179 Sebbene consideri il nostro mondo politico come il migliore di tutti i mondi di cui abbiamo notizia storica, dobbiamo ben guardarci dall'attribuirlo

all'opera della democrazia o della libert. La libert non un fornitore che ci recapita a casa i beni della vita. La democrazia non crea nulla - neanche un miracolo economico. E sbagliato e soprattutto pericoloso elogiare la libert, dicendo agli uomini che andr loro sicuramente bene solo se sono prima liberi. Come a uno vada nella vita principalmente opera della fortuna o della grazia e, in parte relativamente piccola, forse anche il risultato della capacit, della diligenza e di altre virt. Ci che si pu dire della democrazia o della libert , nel migliore dei casi, che essa rende un po' pi efficace l'effetto della nostra capacit personale sulla nostra prosperit. TV, 159 Per democrazia non intendo affatto qualcosa di vago come "il governo del popolo" o "il governo della maggioranza", ma un insieme di istituzioni (e fra esse specialmente le elezioni generali, cio il diritto del popolo di licenziare il governo) che permettano il controllo pubblico dei governanti e il loro licenziamento da parte dei governati e che consentano ai governati di ottenere riforme senza ricorrere alla violenza e anche contro la volont dei governanti. SAN, 11 179 Di fatto, il funzionamento della democrazia si fonda in larga misura sulla convinzione che un governo il quale cerchi di abusare dei suoi poteri e di costituirsi in tirannide (o che tolleri l'instaurazione di una tirannide da parte di chiunque altro) si mette da se stesso fuori legge, e che i cittadini hanno non solo il diritto, ma anche il dovere di considerare l'azione di un governo siffatto come un crimine e i suoi membri come una pericolosa banda di criminali. Ma sostengo che una siffatta resistenza ai tentativi di rovesciamento della democrazia deve avere inequivocabilmente carattere difensivo. Neppure la pi piccola ombra deve sussistere che il solo fine della resistenza quello di salvare la democrazia. La minaccia di sfruttare la situazione per l'instaurazione di una controtirannide altrettanto criminale che il tentativo originario di introdurre una tirannide; l'uso di una minaccia del genere, anche se fatto con la sincera intenzione di salvare la democrazia spaventando i suoi nemici, sarebbe quindi un cattivissimo metodo di difesa della democrazia; infatti, una minaccia del genere genererebbe la confusione nelle file dei democratici nell'ora del pericolo e quindi probabilmente finirebbe con l'aiutare il nemico. SAN, 11 179-180 Il cosiddetto paradosso della libert l'argomento per cui la libert, nel senso dell'assenza di qualsiasi controllo restrittivo, deve portare a un'enorme restrizione, perch rende i prepotenti liberi di schiavizzare i mansueti. Questa idea, in una forma un po' diversa e con una tendenza del tutto diversa, chiaramente espressa da Platone. Meno noto invece il paradosso della tolleranza: la tolleranza illimitata deve portare alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l'illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una societ tollerante contro

l'attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti, e la tolleranza con essi. In questa formulazione, io non implico, per esempio, che si debbano sempre sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti; finch possiamo contrastarle con argomentazioni razionali e farle tenere sotto controllo dall'opinione pubblica, la soppressione sarebbe certamente la meno saggia delle decisioni. Ma dobbiamo proclamare il diritto di sopprimerle, se necessario, anche con la forza; perch pu facilmente avvenire che esse non siano disposte a incontrarci a livello dell'argomentaziOne razionale, ma pretendano ripudiare ogni argomentazione; esse possono vietare ai loro seguaci di prestare ascolto all'argomentazione razionale, perch considerata ingannevole, e invitarli a rispondere agli argomenti con l'uso dei pugni o delle pistole. Noi dovremmo quindi proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti. Dovremmo insomma proclamare che ogni movimento che predica l'intolleranza si pone fuori legge e dovremmo considerare come crimini l'incitamento all'intolleranza e alla persecuzione, allo stesso modo che consideriamo un crimine l'incitamento all'assassinio, al ratto o al ripristino del commercio degli schiavi. Un altro paradosso poco preso in considerazione il paradosso della democrazia o, pi precisamente, del governo maggioritario, cio la possibilit che la maggioranza decida che il governo venga affidato a un tiranno. Che la critica platonica della democrazia possa essere interpretata nel modo qui delineato, e che il principio del governo maggioritario possa portare ad autocontraddizioni, fu indicato per la prima volta, a quanto ne so, da Leonard Nelson [...]. Non penso, tuttavia, che Nelson, il quale, nonostante il suo appassionato umanitarismo e la sua ardente lotta per la libert, fece propria buona parte della teoria politica di Platone e specialmente il principio platonico della leadership, fosse consapevole del fatto che argomenti analoghi possono essere opposti a tutte le varie forme particolari della teoria della sovranit. SAN, I 346-347 Le osservazioni che seguono sui paradossi della libert e della sovranit pu forse sembrare che spingano l'argomentazione troppo lontano; tuttavia, poich gli argomenti discussi in questa sede sono di carattere piuttosto formale, pu essere opportuno e conveniente renderli pi rigorosi, anche se la cosa comporta sottigliezze nella loro trattazione. Inoltre, la mia esperienza in dibattiti di questo genere mi induce a ritenere che i difensori del principio del leader, cio della sovranit del migliore o del pi saggio, possono di fatto proporre il seguente contro-argomento: a) se "il pi saggio" decidesse che la maggioranza deve governare, allora egli non sarebbe effettivamente saggio. Ad ulteriore sostegno di questa considerazione essi possono avanzare l'affermazione b) che un uomo saggio non enuncerebbe mai un principio che potrebbe condurre a contraddizioni, come quella del governo della maggioranza. All'affermazione b) posso replicare che dobbiamo solo modificare questa decisione dell'uomo "saggio" in modo tale

che risulti libera da contraddizioni. (Per esempio, egli potrebbe decidere in favore di un governo che si impegni a governare secondo il principio dell'egualitarismo e del protezionismo e sia controllato dal voto della maggioranza. Questa decisione dell'uomo saggio abbandonerebbe il principio della sovranit; e poich diventerebbe quindi libera da contraddizioni, essa pu essere presa da un uomo "saggio". Ma, naturalmente, ci non libererebbe dalle sue contraddizioni il principio che il pi saggio deve governare. Diversa la questione che pone il contro-argomento a). Esso giunge pericolosamente vicino al punto di definire la "saggezza" o la "bont" di un politico in maniera tale che quest'ultimo chiamato "saggio" o "buono" solo se deciso a non rinunciare al suo potere. E, in realt, la sola teoria della sovranit che sia libera da contraddizioni sarebbe la teoria secondo la quale dovrebbe governare soltanto un uomo che sia assolutamente deciso a rimanere aggrappato al proprio potere. Coloro che credono nel principio del leader dovrebbero apertamente accettare questa conseguenza logica del loro credo. Se liberato dalle contraddizioni che esso implica, non dunque il governo del migliore o del pi saggio, ma il governo dell'uomo forte, dell'uomo di potere. SAN, I 347-348 XIII. I PRINCIPI DEL LIBERALISMO. I principi del liberalismo si possono descrivere come principi con il cui ausilio si valutano le istituzioni esistenti e con cui queste possono, se necessario, essere limitate o modificate. Essi non sono in grado di sostituire le istituzioni esistenti. Il liberalismo , in altri termini, una condizione evoluzionista piuttosto che rivoluzionaria (eccetto che di fronte ad una dittatura). Il nostro sistema sociale liberale il migliore e il pi giusto che sia mai finora esistito sulla terra. TV, 261 Ma che cos' un ideale liberale? Il pi importante di tutti gli ideali liberali: ogni potere dovrebbe essere limitato da altri poteri. Il potere del governo dovrebbe essere controllato dal potere del Parlamento. In particolare ci dovrebbe essere la possibilit di controllare l'esecutivo. Bisognerebbe poter accedere alle amministrazioni e vedere quello che si fa. Una parte di questo controllo esercitata dal Parlamento. IF, 23 Il liberalismo si fonda sul dualismo di fatti e standard nel senso che crede nella ricerca di standard sempre migliori, specialmente nel campo della politica e della legislazione. SAN, Il 493 Per evitare malintesi, desidero chiarire compiutamente che uso sempre i termini "liberale", "liberalismo", ecc., nel senso in cui questi sono tuttora

generalmente usati in Inghilterra (anche se non forse in America): per liberale non intendo una persona che simpatizza per un qualche partito politico, ma semplicemente un uomo che d importanza alla libert individuale ed consapevole dei pericoli inerenti a tutte le forme di potere e di autorit. CEC, 5 Un libero mercato pu esistere solo all'interno di un sistema legale creato e garantito dallo Stato. A tale sistema o ordine appartiene, per esempio, la norma che siano proibiti partiti armati, la quale cosa implica una limitazione del libero commercio delle armi implica dunque apertamente una limitazione del libero mercato e della libert personale. Ma chiaro che questa limitazione ad opera dello Stato da preferire a quelle limitazioni imposte da capibanda che sicuramente sono da attendersi l dove mancano le limitazioni ad opera dello Stato. TV, 236 La libert di pensiero e la libera discussione sono valori fondamentali del liberalismo che non hanno certo bisogno di ulteriori giustificazioni. Ci nondimeno, essi sono suscettibili anche di una giustificazione pragmatica, in base al ruolo che svolgono nella ricerca della verit. CEC, 597 E' chiaro che l'idea di un mercato libero paradossale. Se lo Stato non interferisce, possono in tal caso interferire altre organizzazioni semi-politiche come monopoli, trust, sindacati, ecc., riducendo a una finzione la libert del mercato. D'altra parte, molto importante rendersi conto del fatto che, senza un mercato libero accuratamente protetto, l'intero sistema economico deve cessare di servire all'unico suo fine razionale, che quello di soddisfare le richieste I del consumatore. Se il consumatore non pu scegliere, se deve prendere quello che il produttore gli offre, se il produttore, sia esso un produttore privato o lo Stato o un'agenzia commerciale, padrone del mercato invece del consumatore, viene a determinarsi una situazione per cui, in ultima analisi, il consumatore svolge la funzione di fornire danaro e di assorbire scarti per conto del produttore, e non invece il produttore a soddisfare i bisogni e i desideri del consumatore. Qui ci troviamo evidentemente di fronte a un importante problema di ingegneria sociale: il mercato deve essere controllato, ma in modo tale che il controllo non impedisca la libera scelta del consumatore e non faccia venire meno per i produttori la necessit di competere a vantaggio del consumatore. La "pianificazione" economica che non pianifica per la libert economica in questo senso ci spinger pericolosamente verso sbocchi totalitari. SAN, II 434 Liberalismo e intervento statale non sono tra loro in antitesi. Al contrario, qualsiasi genere di libert chiaramente impossibile se non garantito dallo Stato. Una certa quantit di controllo statale nell'educazione,

per esempio, necessaria, se i giovani devono essere protetti da una trascuratezza che li renderebbe incapaci di difendere la loro libert e se lo Stato deve provvedere a che tutte le attrezzature educative siano a disposizione di tutti. Ma un eccessivo controllo statale in campo educativo un fatale pericolo per la libert, dato che porta fatalmente all'indottrinamento. Come abbiamo gi detto, l'importante e difficile questione delle limitazioni della libert non pu essere risolta da una formula rigida e sbrigativa. E il fatto che ci saranno sempre dei casi dubbi dev'essere considerato positivamente perch, senza lo stimolo di problemi politici di contrasti politici di questo genere, la disponibilit dei cittadini a battersi per la loro libert scomparirebbe ben presto e, con essa, la libert. SAN, I 145 Il liberalismo non ripone la propria speranza in una concordia di princpi, bens sul reciproco fecondo influsso e sull'ulteriore sviluppo delle opinioni che ne consegue. Persino quando riusciamo a risolvere un problema con generale soddisfazione, con la soluzione creiamo daccapo nuovi problemi che condurranno a nuove divergenze d'opinioni; cosa che non per da deplorare. ARM, 158 Quella vaga e non ben afferrabile essenza chiamata "opinione pubblica" molto spesso pi illuminata e saggia dei governi, ma senza i freni di una forte tradizione liberale rappresenta un pericolo per la libert. Non bisogna riconoscere nell'opinione pubblica la vox dei, l'arbitro su verit e falsit, ma essa talvolta un giudice pi illuminato riguardo alla giustizia ed altri valori morali. (La vendita degli schiavi nelle colonie inglesi). E pericolosa come arbitra su questioni di gusto. Purtroppo pu essere "lavorata", "messa in scena" e "pianificata". Possiamo combattere tutti questi pericoli soltanto rafforzando le tradizioni del liberalismo; e tutti possono collaborare a questo proposito. ARM., 161 Personalmente credo s alla superiorit economica di una libera economia di mercato e all'inferiorit della cos detta economia pianificata. Ma ritengo fondamentalmente errato motivare con la superiorit economica il nostro rifiuto della tirannia. Anche se l'economia statale, pianificata con criteri centralistici, fosse superiore alla libera economia di mercato, io sarei contrario all'economia pianificata, proprio perch accresce fino alla tirannia il potere dello Stato. Non il carattere antieconomico del comunismo che noi combattiamo: la sua illibert e la sua mancanza d'umanit. Non siamo disposti a vendere la nostra libert per un piatto di lenticchie - nemmeno in cambio della massima produttivit e della pi grande ricchezza, della massima sicurezza economica - ammesso che cose simili si possano pagare con la mancanza di libert. ARM 227

Si pu affermare che i principi del liberalismo concernono la valutazione, e se necessario la modificazione e il cambiamento delle istituzioni esistenti, piuttosto che la loro sostituzione. In altre parole, il liberalismo crede nell'evoluzione piuttosto che nella rivoluzione (a meno che non si sia posti di fronte a una tirannide). CEC,596 Lo Stato un male necessario. I suoi poteri non dovrebbero essere accresciuti oltre il necessario. Si potrebbe chiamare questo principio il "rasoio liberale" (sulla scorta del rasoio di Ockham, del celebre principio ciop secondo il quale gli enti metafisici non devono esser moltiplicati pi del necessario). ARM, 154. Abbiamo bisogno di libert, per evitare gli abusi del potere dello Stato; e abbiamo bisogno dello Stato, per evitare l'abuso della libert. Questo un problema che non potr mai essere risolto completamente in modo astratto e mai di principio tramite leggi. TV, 207 L'intervento dello Stato deve essere limitato a quanto veramente necessario per la protezione della libert. SAN, II 153 L'interventismo [...] estremamente pericoloso. Questo non un argomento decisivo contro di esso; il potere dello Stato fatalmente destinato a restare sempre un male pericoloso, anche se necessario. Ma ci deve servire ad ammonirci che, se allentiamo la nostra vigilanza e se non rafforziamo le nostre istituzioni democratiche, nel momento stesso in cui conferiamo maggior potere allo Stato mediante la "pianificazione" interventista possiamo perdere la nostra libert. E se la libert perduta, tutto perduto, compresa la "pianificazione". Infatti, perch dovrebbero essere realizzati piani per il benessere del popolo se il popolo non ha il potere d'imporli? Soltanto la libert pu rendere sicura la sicurezza. Vediamo cos che non c' soltanto un paradosso della libert, ma anche un paradosso della pianificazione di Stato. Se pianifichiamo troppo, se diamo troppo potere allo Stato, allora la libert andr perduta e ci significher la fine della pianificazione. SAN, II 152-153 L'illimitata libert economica pu essere auto-distruttiva allo stesso modo dell'illimitata libert fisica, e il potere economico pu essere quasi altrettanto pericoloso che la violenza fisica; infatti, coloro che dispongono di un'eccedenza di derrate possono costringere coloro che non hanno niente da mangiare ad una servit "liberamente" accettata, senza usare violenza. E, supponendo che lo Stato limiti le sue attivit alla soppressione della violenza (e alla protezione della propriet), una minoranza che economicamente forte pu in questo modo sfruttare la maggioranza di coloro che sono economicamente deboli. SAN, II 146

In qualche misura, apprezzo l'interventismo gradualistico democratico. SAN, II 226 Il massimo pericolo dell'interventismo - specialmente di qualsiasi intervento diretto - che esso porta a un aumento del potere dello Stato e della burocrazia. La maggior parte degli interventisti non si preoccupa di questo fatto, o chiude gli occhi di fronte ad esso, e ci accresce il pericolo. Ma io credo che, una volta che il pericolo sia fronteggiato apertamente, possibile dominarlo. SAN, II 226 XIV. I PERICOLI DELL'UTOPIA. Il sognare una societ perfetta pernicioso: i puritani speravano di fondarla ed altrettanto fece Robespierre, ma quel che essi realizzarono non fu il cielo in terra bens l'inferno di una spietata tirannia. Giudico il cosiddetto utopismo una dottrina attraente, anzi, fin troppo attraente, e addirittura pericolosa e nociva. Dal mio punto di vista essa si vota da sola alla sconfitta e conduce alla violenza. Che si sconfigga da sola una conseguenza del fatto che impossibile determinare dei fini con criteri scientifici. Non esiste alcun metodo scientifico per scegliere fra due fini. CEC, 607 Che il metodo utopistico, che elegge uno stato ideale della societ come scopo cui tutte le azioni politiche devono tendere, possa generare violenza, dimostrabile nel modo seguente. Dato che non possibile determinare i fini ultimi delle azioni politiche scientificamente, o con metodi puramente razionali, le differenze d'opinione circa le caratteristiche dello stato ideale non possono sempre venire appianate col metodo dell'argomentazione. Esse avranno almeno in parte il carattere dei contrasti di natura religiosa, e non pu esservi tolleranza fra religioni utopistiche diverse. Le mete utopistiche sono concepite per servire da fondamento all'azione e alla discussione politiche razionali, e una tale azione sembra possibile solo se lo scopo stabilito in modo definitivo. L'utopista dunque deve riuscire vincitore o vinto nei confronti dei rivali suoi simili che non condividono gli stessi ideali, non professando la medesima religione utopistica. Ma egli deve fare di pi. Dev'essere molto severo nell'eliminare e soffocare tutte le posizioni eretiche rivali. La via che conduce alla meta utopistica lunga. La razionalit dell'azione politica esige quindi costanza di intenti per molto tempo a venire; e ci pu realizzarsi soltanto se non ci si limita a sconfiggere le religioni utopistiche rivali, ma si elimina il pi possibile ogni loro memoria. CEC, 608-609

Il razionalismo utopico si vota da solo alla sconfitta. Per quanto buoni siano i suoi fini, esso non procura la felicit, ma soltanto la nota sofferenza derivante dall'esser costretti a vivere sotto un governo tirannico. CEC, 610 Quella che io critico sotto il nome di ingegneria utopica la pretesa di una ricostruzione globale della societ, cio di cambiamenti di immensa portata, le cui conseguenze pratiche impossibile prevedere, data la limitatezza delle nostre esperienze. Essa pretende di pianificare razionalmente la societ nella sua interezza, bench non si disponga neanche in minima parte della conoscenza fattuale che sarebbe necessaria per legittimare una pretesa cos ambiziosa. Noi non possiamo possedere siffatta conoscenza perch abbiamo insufficiente esperienza pratica di questo genere di pianificazione e la conoscenza dei fatti deve essere fondata sull'esperienza. Allo stato delle cose, la conoscenza sociologica per l'ingegneria in larga scala semplicemente inesistente. SAN, I 200 Se dovessi dare una semplice formula o ricetta per distinguere fra quelli che considero piani di riforma sociale ammissibili e gli inammissibili progetti utopici, direi: Agisci per l'eliminazione dei mali concreti piuttosto che per realizzare dei beni astratti. Non mirare a realizzare la felicit con mezzi politici. Tendi piuttosto ad eliminare le miserie concrete. Oppure, in termini pi pratici, lotta per l'eliminazione della povert con mezzi diretti - per esempio assicurando che ciascuno abbia un reddito minimo. Oppure lotta contro le epidemie e le malattie erigendo ospedali e scuole di medicina. Combatti l'ignoranza al pari della criminalit. Ma fa tutto ci con mezzi diretti: individua quello che ritieni il male pi urgente della societ in cui vivi e cerca pazientemente di convincere la gente che possibile eliminarlo. Ma non cercare di realizzare questi obiettivi per via indiretta, concependo e cercando di attuare un ideale remoto di societ in tutto valida. CEC, 610-61 1 Non permettere che i sogni di un mondo perfetto ti distolgano dalle rivendicazioni degli uomini che soffrono qui ed ora. I nostri simili hanno diritto ad essere aiutati; nessuna generazione dev'essere sacrificata per il bene di quelle future, in vista di un ideale di felicit che pu non realizzarsi mai. CEC, 61 1 L'atteggiamento utopistico [...] opposto a quello di I ragionevolezza. L'utopismo, anche se pu spesso presentarsi nelle forme di un razionalismo, non pu essere altro che uno pseudorazionalismo. CEC, 612

Il fascino che il futuro esercita sugli utopisti non ha niente a che fare con la previdenza razionale. Considerata in questa luce, la violenza alimentata dall'utopismo assomiglia assai alla pazzia sanguinaria di certa metafisica evoluzionistica, di certa isterica filosofia della storia, desiderosa di sacrificare il presente agli splendori del futuro, e inconsapevole del fatto che questo suo principio porterebbe a sacrificare ogni particolare periodo futuro a quello successivo; e parimenti ignara della verit banale che il futuro ultimo dell'uomo - checch gli riserbi il destino - non pu essere niente di meglio della sua definitiva estinzione. CEC, 613. L'appello all'utopismo deriva dall'incapacit di comprendere che non possiamo realizzare il paradiso in terra. Ritengo invece che possiamo, di generazione in generazione, rendere la vita un poco meno terribile ed ingiusta. CEC, 613 L'approccio utopico presenta le seguenti caratteristiche. Ogni azione razionale deve avere un determinato fine. Essa razionale nella misura in cui persegue il suo fine consapevolmente e coerentemente, e nella misura in cui stabilisce i suoi mezzi in funzione di questo fine. Scegliere il fine quindi la prima cosa che dobbiamo fare se vogliamo agire razionalmente; inoltre dobbiamo far attenzione a determinare i nostri fini reali o ultimi, dai quali dobbiamo distinguere chiaramente quei fini intermedi o parziali che, di fatto, sono soltanto mezzi, o fasi lungo la via che porta al fine ultimo. Se rinunciamo a tale distinzione, dobbiamo anche rinunciare a chiederci se questi fini parziali sono verosimilmente idonei ad avvicinarci al fine ultimo e, quindi, non possiamo agire razionalmente. Questi principi, se applicati al campo dell'attivit politica, richiedono da noi la determinazione del nostro fine politico ultimo, cio dello Stato Ideale, prima che sia intrapresa qualunque azione pratica. Soltanto quando questo fine ultimo stabilito, almeno nelle sue linee essenziali, soltanto quando siamo in possesso di una specie di modello della societ alla quale aspiriamo, soltanto allora possiamo cominciare a considerare i mezzi e i metodi migliori per la sua realizzazione e a stendere un piano per l'azione pratica. Questi sono i presupposti necessari di qualsiasi iniziativa politica che si possa chiamare razionale, e specialmente dell'ingegneria sociale. Questo , in sintesi, l'approccio metodologico che chiamo ingegneria utopica. Esso convincente e attraente. Di fatto, proprio il genere di approccio metodologico che capace di attrarre tutti coloro che o non sono influenzati da pregiudizi storicistici o reagiscono contro di essi. Ma appunto ci lo rende ancora pi pericoloso e rende ancor pi necessaria la sua critica. SAN. I 195-196 XV. CONTRO LO STORICISMO.

Lo storicismo confonde interpretazioni e teorie. Questo uno dei suoi errori principali. Per "storicismo" intendo una interpretazione del metodo delle scienze sociali che aspiri alla previsione storica mediante la scoperta dei "ritmi" o dei "patterns", delle "leggi", delle "tendenze" che sottostanno all'evoluzione storica. MDS, I 8 Per informare il lettore dei miei risultati pi recenti, mi propongo di fornire, in poche parole, una traccia di questa confutazione dello storicismo. L'argomento pu essere sintetizzato nelle cinque proposizioni seguenti: 1. Il corso della storia umana fortemente influenzato dal sorgere della conoscenza umana. (La verit di questa premessa deve essere ammessa anche da coloro che nelle nostre idee, comprese quelle scientifiche, altro non vedono se non il sottoprodotto di sviluppi materiali di questo o quel genere.) 2. Noi non possiamo predire, mediante metodi razionali o scientifici, lo sviluppo futuro della conoscenza scientifica. (Questa asserzione pu essere logicamente provata in base ad alcune considerazioni che seguono.) 3. Perci, non possiamo predire il corso futuro della storia umana. 4. Ci significa che dobbiamo escludere la possibilit di una storia teorica; cio, di una scienza sociale storica che corrisponda alla fisica teorica. Non vi pu essere alcuna teoria scientifica dello sviluppo storico che possa servire di base per la previsione storica. 5. Lo scopo fondamentale dello storicismo [...] , quindi, infondato. E lo storicismo crolla. MDS, 13-14 La tendenza dello storicismo (e delle visioni ad esso connesse) a fare da supporto alla rivolta contro la civilt pu essere dovuta al fatto che lo storicismo stesso , in larga misura, una reazione contro il peso della nostra civilt e la sua richiesta di responsabilit personale. SAN, I 24 L'astrologia, val la pena di rilevarlo, condivide con lo storicismo la credenza in un destino predeterminato che pu essere predetto, ed essa condivide con alcune importanti versioni dello storicismo (specialmente col platonismo e col marxismo) la credenza che, nonostante la possibilit di predire il futuro, noi possiamo in qualche modo influenzarlo, soprattutto se effettivamente conosciamo ci che sta avvenendo. SAN, I 260 Il mio atteggiamento nei confronti dello storicismo di aperta ostilit, ostilit fondata sulla convinzione che lo storicismo una teoria non valida o anche peggio. SAN, 156 Lo storicismo una filosofia sociale e politica e morale (o, direi piuttosto, immorale) e, in quanto tale, ha esercitato una grande influenza fin dall'inizio della nostra civilt. SAN, 11 307

Lo storicismo impegnato a scoprire il cammino sul quale il genere umano destinato a marciare; impegnato a scoprire la chiave della storia (come la chiama J. Macmurray) o il senso della storia. SAN, 11 318 Lo storicismo [...] pu essere bene illustrato da una delle pi semplici e pi antiche delle sue forme, la dottrina del popolo eletto. Questa dottrina uno dei tentativi fatti per rendere comprensibile la storia mediante una interpretazione teistica, cio riconoscendo Dio come autore del dramma che si svolge sulla Scena Storica. La teoria del popolo eletto, pi specificatamente, sostiene che Dio ha scelto un popolo perch adempia alla funzione di strumento privilegiato della sua volont e che questo popolo erediter la terra. In tale dottrina, la legge dello sviluppo storico fissata dalla Volont di Dio. Questa la differenza specifica che distingue la forma teistica da altre forme di storicismo. Uno storicismo naturalistico, per esempio, tratter la legge di sviluppo come una legge di natura; uno storicismo spiritualistico la considera alla stregua di una legge di sviluppo spirituale; uno storicismo economicistico la tratta alla stregua di una legge di sviluppo economico. Lo storicismo teistico condivide con queste altre forme la dottrina secondo la quale ci sono specifiche leggi storiche che si possono scoprire e sulle quali si possono fondare predizioni concernenti il futuro dell'umanit. SAN, I 28-29 Come il gioco d'azzardo, lo storicismo figlio della nostra sfiducia nella razionalit e responsabilit delle nostre azioni. Esso una falsa speranza e una falsa fede, un tentativo di sostituire alla speranza e alla fede che scaturiscono dal nostro entusiasmo morale e dal disprezzo del successo una certezza che scaturisce da una pseudo-scienza, una pseudo-scienza delle stelle o della "natura umana" del destino storico. Sostengo che lo storicismo non soltanto insostenibile razionalmente ma anche in conflitto con qualsiasi religione che predichi l'importanza della coscienza. Infatti, una religione siffatta deve concordare con l'atteggiamento razionalistico nei confronti della storia nella sua accentuazione della nostra responsabilit suprema per le nostre azioni e per le ripercussioni di esse sul corso della storia. Certo, abbiamo bisogno di speranza; agire, vivere senza speranza va oltre le nostre forze. Ma non abbiamo bisogno di avere di pi e non ci deve essere dato di pi. Noi non abbiamo bisogno di certezza. La religione, in particolare, non deve essere un surrogato dei sogni e dei desideri; essa non deve somigliare n al possesso di un biglietto di lotteria n al possesso di una polizza di una societ di assicurazione. La componente storicistica nella religione un elemento di idolatria e di superstizione. SAN, 11 329 La dottrina storicistica secondo cui compito delle scienze sociali di prevedere gli sviluppi storici , a mio avviso, insostenibile. Indubbiamente,

tutte le scienze storiche sviluppano delle previsioni e, senza dubbio, vi sono delle scienze sociali teoriche. Ma ci comporta davvero - come credono gli storicisti - che compito delle scienze sociali sia la profezia storica? Sembrerebbe di s: ma quest'impressione vien meno appena introduciamo una chiara distinzione fra ci che dir "previsione scientifica", da un lato, e la "profezia storica incondizionata", dall'altro. Lo storicismo incapace di fare questa importante distinzione. CEC, 575 Lo storicismo una teoria antichissima. Nelle sue forme pi antiche, come nelle dottrine dei cicli vitali di citt e di razze, in realt antecedente al primitivo punto di vista teologico secondo il quale vi sono scopi reconditi sotto ai decreti apparentemente ciechi del fato. Sebbene questa divinazione degli scopi reconditi sia ben lontana dal modo di pensare scientifico, ha lasciato tracce inconfondibili anche nelle teorie storicistiche pi moderne: infatti ogni versione dello storicismo esprime la sensazione di essere trascinata nel futuro da forze irresistibili. MDS, 140 Tanto lo storicista quanto l'utopista sembrano impressionati, talora profondamente, quando sperimentano in modo diretto il mutare di un ambiente sociale (esperienza spesso paurosa, che qualche volta viene denominata "crollo sociale"). Perci cercano ambedue di razionalizzare tali mutamenti, l'uno profetizzando il corso dello sviluppo sociale, l'altro reclamando che lo sviluppo va severamente e completamente controllato, o magari anche fermato del tutto. Il controllo dev'essere totale, poich, se una qualunque zona della vita sociale non fosse controllata in tal modo, vi si potrebbero annidare quelle forze pericolose che conducono a cambiamenti imprevisti. MDS, 75 L'elemento pi forte dell'alleanza fra lo storicismo e l'utopismo indubbiamente l'atteggiamento olistico che essi hanno in comune. Lo storicismo si occupa E dello sviluppo della societ considerata come "un tutto unico", e non dello sviluppo di particolari aspetti di essa; la meccanica utopistica ugualmente olistica. MDS, 75 Lo storicismo un metodo erroneo che produce risultati privi di valore. SAN, I 28 XVI. IL TEMA DELLA TRADIZIONE. Le tradizioni hanno la rilevante, duplice, funzione non solo di creare un certo ordine, o qualcosa di simile a una struttura sociale, ma anche di offrirci una base su cui possiamo operare, e che possibile sottoporre a critica e cambiare.

Indubbiamente, vi una tradizionale ostilit fra razionalismo e tradizionalismo. I razionalisti sono inclini ad adottare un atteggiamento di questo tipo: "Non mi interessa la tradizione. Voglio giudicare ogni cosa in base ai suoi propri meriti; voglio scoprire i suoi aspetti positivi e negativi, e intendo farlo del tutto indipendentemente da qualsiasi tradizione. Voglio giudicarla con la mia testa, e non con la testa di altri vissuti molto tempo fa". Che la faccenda non sia proprio cos semplice come suppone un tale atteggiamento, emerge dal fatto che il razionalista, che afferma queste cose, egli stesso in gran parte legato a una tradizione razionalistica che lo sostiene tradizionalmente. Il che mostra la debolezza di certi inveterati atteggiamenti nei confronti del problema della tradizione. CEC, 208 Alcuni tipi assai importanti di tradizione sono propri di un luogo, e non possono essere facilmente trapiantati. Si tratta di beni preziosi, ed assai difficile ristabilirli una volta che siano andati perduti. Mi riferisco alla tradizione scientifica, che mi sta particolarmente a cuore. Ho constatato che difficilissimo trapiantarla dai pochi luoghi in cui ben radicata. Essa fu distrutta in Grecia duemila anni fa, e non si riafferm per un tempo assai lungo. Analogamente, recenti tentativi di trapiantarla dall'Inghilterra oltremare non hanno avuto un grande successo. In alcuni paesi esteri, nulla colpisce quanto la mancanza di una tradizione di ricerca. Chi voglia farla attecchire in un paese dove non esiste, ha da condurre una vera lotta. CEC, 209-210. Il razionalista critico pu apprezzare le tradizioni: infatti, sebbene creda nella verit, non pensa in ogni caso di esserne egli stesso sicuramente in possesso. Egli pu apprezzare il valore inestimabile di ogni accostamento ad essa; e pu vedere che le tradizioni spesso giovano ad incoraggiare simili progressi, e che, senza una tradizione intellettuale, l'individuo difficilmente potrebbe compiere un solo passo verso la verit. E dunque l'accostamento critico al razionalismo, il compromesso fra razionalismo e scetticismo che per lungo tempo stato il fondamento della giusta via di mezzo britannica: rispetto delle tradizioni e, nello stesso tempo, riconoscimento della necessit di riformarle. CEC,636 Si dovrebbe comprendere chiaramente che possono esservi soltanto due atteggiamenti fondamentali nei confronti della tradizione. L'uno consiste nell'accettarla acriticamente, spesso senza neppure esserne consapevoli. In molti casi non possibile evitarlo; infatti, spesso, non ci rendiamo conto di trovarci di fronte a una tradizione. Se porto l'orologio al polso sinistro, non occorre che sia consapevole di accettare una tradizione. Ogni giorno facciamo centinaia di cose influenzati da tradizioni di cui non siamo coscienti. E se non sappiamo di agire sotto l'influenza di una tradizione, non possiamo

fare a meno di accettarla acriticamente. L'altra alternativa rappresentata da un atteggiamento critico, che pu risolversi tanto nell'accettazione quanto nel rifiuto, o magari in un compromesso. In ogni caso dobbiamo essere a conoscenza di una certa tradizione, e averla compresa, prima di essere in grado di criticarla, prima cio di poter dire: "Rifiutiamo questa tradizione in base a motivazioni di carattere razionale". CEC, 210-211. Non penso che possiamo mai liberarci completamente dai vincoli della tradizione. Il cosiddetto processo di liberazione in realt soltanto il passaggio da una tradizione a un'altra. Siamo tuttavia in grado di liberarci dai tab di una tradizione, e possiamo farlo non solo rifiutandola, ma anche accettandola criticamente. Ci liberiamo da un tab se vi riflettiamo, e ci domandiamo consapevolmente se dobbiamo accettarlo o rifiutarlo. A questo scopo, dobbiamo innanzitutto avere con chiarezza davanti a noi una certa tradizione, e dobbiamo comprendere, da un punto di vista generale, quali possano esserne la funzione e il senso. Per questo tanto importante che i razionalisti affrontino il problema: essi infatti sono pronti a sfidare e a criticare tutto, compresa, mi auguro, la loro propria tradizione. Pronti a porre degli interrogativi di fronte a ogni cosa, almeno idealmente essi non si sottometteranno ciecamente a nessuna tradizione, nemmeno alla loro. CEC, 211. La tradizione - astraendo da ogni nostro sapere innato - di gran lunga la principale fonte del nostro sapere. ARM, 58 La cosiddetta vita sociale pu sussistere soltanto se siamo in grado di sapere, e di ritenere con sicurezza, che vi sono cose ed eventi che devono stare in un certo modo e non altrimenti. Da ci si comprende la parte svolta dalla tradizione nella nostra vita. Saremmo ansiosi, spaventati, frustrati, e non potremmo vivere nel mondo sociale, se questo non contenesse una notevole misura di ordine e molteplici forme di regolarit su cui basarci. La semplice esistenza di queste ultime forse pi importante dei loro peculiari pregi o difetti. Esse sono necessarie come tali e vengono perci tramandate indipendentemente dal fatto che siano o meno, per altri aspetti, razionali o necessarie, giuste, belle, o quel che si vuole. La vita sociale esige una tradizione. CEC,225 La creazione delle tradizioni svolge [...] un ruolo analogo a quella delle teorie. Le teorie scientifiche sono strumenti con cui cerchiamo di mettere ordine nel caos in cui viviamo, per introdurvi la previsione razionale. Non voglio che prendiate questo rilievo come una profonda affermazione filosofica. E soltanto l'enunciazione di una delle funzioni pratiche delle nostre teorie. Analogamente, la creazione di tradizioni, come tanta parte della legislazione, svolge proprio la stessa funzione, consistente nell'introdurre nel

mondo sociale in cui viviamo un certo ordine e la prevedibilit razionale. Non possibile agire razionalmente nel mondo se non si ha idea di come esso risponder alle nostre azioni. Ogni azione razionale presuppone un certo sistema di riferimento che risponda in modo del tutto, o in parte, prevedibile. La creazione di tradizioni nel campo sociale svolge una propria funzione, al pari dell'invenzione di miti o teorie nel dominio della scienza naturale: quella di aiutarci a mettere ordine negli eventi della natura. CEC, 225 Tradizioni e istituzioni sono per molti aspetti strettamente affini. CEC, 228 Solo molto raramente avviene che la gente desideri consapevolmente instaurare una tradizione, e anche in simili casi improbabile che vi riesca. D'altra parte, chi non si mai sognato di creare una tradizione, pu nondimeno pervenirvi senza avere alcuna intenzione in tal senso. CEC, 216. Certamente, noi dobbiamo molto alla tradizione, e la tradizione molto importante, ma anche la "tradizione" dev'essere analizzata in termini di relazioni personali concrete. E, cos facendo, possiamo liberarci di quell'atteggiamento che considera ogni tradizione come sacrosanta, o come preziosa in s, sostituendo ad esso un atteggiamento che considera le tradizioni come preziose o dannose, a seconda dei casi, in relazione all'influenza che esercitano sugli individui. Cos possiamo renderci conto del fatto che ciascuno di noi (per mezzo dell'esempio e della critica) pu contribuire al consolidamento o alla liquidazione di codeste tradizioni. SAN, Il, 270 Alle tradizioni pi importanti vanno ascritte quelle che costituiscono la "cornice morale" di una societ (corrispondente alla costituzionale "cornice legislativa"), e che incarnano il suo senso tramandato della giustizia e della moralit, cos come il grado di sentimento morale da essa raggiunto. Questa cornice morale serve da base sulla quale diventa possibile conseguire un compromesso giusto e ragionevole tra interessi contrastanti, l dove sia necessario. Questa cornice morale non naturalmente immutabile, ma essa muta con relativa lentezza. Niente pi pericoloso della distruzione di questa cornice, di questa tradizione. (Questa distruzione fu perseguita consapevolmente dal nazismo). Deve portare alla fin fine ad un cinico nichilismo - al disprezzo e al dissolvimento di ogni valore umano. ARM, 156157. Le istituzioni da sole non sono sufficienti se non si radicano in tradizioni. Le istituzioni sono sempre "ambivalenti" nel senso che - prive dell'appoggio d'una solida tradizione - possono agire talvolta addirittura nel senso opposto rispetto a quello in cui avrebbero dovuto agire. Ad esempio

l'opposizione parlamentare deve - in parole semplici - impedire alla maggioranza di rubare il denaro dei contribuenti. Ma io ricordo di un piccolo scandalo avvenuto in un paese dell'Europa sudorientale, che esemplific l'ambivalenza di quest'istituzione. Fu il caso in cui maggioranza ed opposizione si fecero corrompere da una forte somma di denaro, che spartirono fra loro. Le tradizioni sono necessarie per creare una specie d'anello di congiunzione tra istituzioni da una parte, ed intenzioni e senso del valore individuale dall'altra. ARM, 155-156 Sotto l'aspetto quantitativo, come pure sotto quello qualitativo, la fonte di gran lunga pi importante della nostra conoscenza - a parte la conoscenza innata - la tradizione. La maggior parte delle cose che conosciamo le abbiamo imparate da esempi, o perch ci sono state dette, o perch le abbiamo lette nei libri, o imparando come criticare, come accogliere e accettare le critiche, come rispettare la verit. CEC, 54 XVII. CRITICHE A PLATONE. Da Platone in poi la megalomania stata la malattia sul lavoro pi diffusa tra i filosofi. Bench io ammiri molte cose nella filosofia di Platone, anche al di l delle parti che penso siano strettamente socratiche, non ritengo sia mio compito quello di aggiungere agli altri, gi innumerevoli, un nuovo atto di omaggio al suo genio. Mi propongo piuttosto di smantellare ci che, a mio giudizio, vi di nocivo in questa filosofia. E la tendenza totalitaria della filosofia politica di Platone che io cercher di analizzare e di criticare. SAN, I 56 E' inerente al programma di Platone un tipo di approccio alla politica che , a mio giudizio, estremamente pericoloso. La sua analisi di grande importanza pratica dal punto di vista di una ingegneria sociale razionale. L'approccio platonico al quale alludo pu essere considerato come tipico dell'ingegneria utopica, in contrapposizione a un altro genere di ingegneria sociale che io ritengo il solo veramente razionale e che pu essere definito come ingegneria gradualistica. SAN, I 195 La politica, per Platone, l'arte suprema. Essa un'arte, ma non nel senso metaforico per cui possiamo parlare dell'arte di governare gli uomini o dell'arte di fare certe cose, ma nel senso pi letterale della parola. E un'arte della composizione, come la musica, la pittura e l'architettura. Il politico platonico compone la citt per amore della bellezza. Ma, a questo punto, sento il bisogno di protestare. Io non credo che le vite umane possano essere ridotte a strumenti al fine di soddisfare il desiderio di autoespressione

di un artista: dobbiamo piuttosto pretendere che ad ogni uomo sia riconosciuto, se lo vuole, il diritto di foggiarsi da s la propria vita, nella misura in cui non ne risulta impedito l'analogo diritto degli altri. Per quanto grande possa essere la mia simpatia per l'impulso estetico, affermo che l'artista deve cercare di esprimersi servendosi di materiale. La politica, a mio giudizio, deve attenersi ai principi egualitari e individualistici; i sogni di bellezza devono essere subordinati alla necessit di aiutare gli uomini che sono in difficolt e che subiscono ingiustizia e alla necessit di costruire istituzioni che servono a questi fini. SAN, 1204 La descrizione platonica della democrazia una vivida, ma fortemente ostile e ingiusta parodia della vita politica di Atene e del credo democratico che Pericle aveva formulato in una maniera che rimasta sempre insuperata, circa tre anni prima che Platone nascesse. SAN, 166. Platone [...] divenne, inconsciamente, il pioniere di molti propagandisti che, spesso in buona fede, svilupparono la tecnica di fare appello a sentimenti morali, umanitari, per fini immorali e anti-umanitari. Ed egli ottenne l'effetto piuttosto sorprendente di convincere anche grandi umanitari dell'immoralit e dell'egoismo del loro credo. Io non dubito che riusc a persuadere anche se stesso. Egli trasfigur il suo odio nei confronti dell'iniziativa individuale e la sua volont di arrestare ogni cambiamento, in amore della giustizia e temperanza, di uno stato celeste nel quale ognuno soddisfatto e felice e in cui la brutalit della caccia al denaro sostituita da leggi di generosit e di amicizia. Il suo sogno di unit e bellezza e perfezione, questo estetismo ed olismo e collettivismo, il prodotto e, nello stesso tempo, il sintomo del perduto spirito di gruppo del tribalismo. SAN, I 244 Ritengo che il programma politico di Platone, lungi dall'essere moralmente superiore al totalitarismo, sia fondamentalmente identico ad esso. Io credo che le obiezioni contro questa mia concezione si fondino su un vecchio e profondamente radicato pregiudizio che tende a idealizzare Platone. SAN, I 119 Molti filosofi, e fra essi alcuni dei pi grandi, non hanno dato una prova troppo brillante di s. Persino Platone, il pi grande, il pi profondo e il pi dotato di tutti i filosofi, aveva una concezione della vita umana che io trovo ripugnante e addirittura terrificante. Eppure fu non solo un grande filosofo e il fondatore di una delle pi grandi scuole professionali di filosofia, ma un grande e ispirato poeta e scrisse, tra altre belle opere, L'apologia di Socrate. CIVF, 391

La sociologia di Platone un geniale miscuglio di speculazione e di acuta osservazione dei fatti. SAN, 159 Platone [...] odiava l'individuo e la sua libert allo stesso modo che odiava le varie esperienze particolari, la variet del mutevole mondo delle cose sensibili. Nel campo della politica, l'individuo per Platone il Sommo Male in senso assoluto. SAN, I 137 Coloro i quali [...] esaltano la reputazione di Platone come maestro di morale e proclamano al mondo che la sua etica , fra quelle proposte prima di Cristo, la pi vicina al cristianesimo, spianano in realt la strada al totalitarismo e, pi particolarmente, a un'interpretazione totalitaria, anticristiana del cristianesimo. SAN, I 137-138 Platone riconosce soltanto un criterio supremo di giudizio, l'interesse dello Stato. Ogni cosa che lo rafforza buona e virtuosa e giusta; ogni cosa che lo minaccia cattiva e perversa e ingiusta. Le azioni che servono ad esso sono morali; le azioni che lo mettono in pericolo sono immorali. In altre parole, il codice morale di Platone strettamente strumentale; un codice di utilitarismo collettivistico o politico. Il criterio della moralit l'interesse dello Stato. La moralit non altro che igiene politica. Questa la teoria collettivistica, tribale, totalitaria della morale. SAN, I 141 Desidero mettere in chiaro che credo nella sincerit del totalitarismo di Platone. La sua pretesa dell'incontestato dominio di una classe sul resto della societ era intransigente, ma il suo ideale non era certo quello del massimo sfruttamento delle classi lavoratrici ad opera della classe superiore; il suo ideale era la stabilit dell'insieme. SAN, I 142 Noi non sapremo mai se negli scritti di Platone ci troviamo di fronte a un cinico e cosciente tentativo di utilizzare ai propri fini i sentimenti morali del nuovo umanitarismo oppure se ci troviamo di fronte a un tragico tentativo di persuadere la sua alta coscienza dei mali dell'individualismo. La mia personale impressione che la seconda alternativa sia vera e che questo intimo conflitto sia il fondamentale segreto del fascino di Platone. Penso che Platone si sent scosso fin nel profondo della sua anima dalle nuove idee e specialmente dal grande individualista Socrate e dal suo martirio. E penso che egli combatt contro questa influenza in se stesso e negli altri con tutto il vigore della sua superiore intelligenza, bench non sempre apertamente. Ci spiega anche perch, di tanto in tanto, nel pieno della sua impostazione totalitaria, incontriamo alcune idee umanitarie. E ci spiega perch fu possibile ai filosofi presentare Platone come un umanitario. SAN, 1142-143.

La teoria platonica della giustizia quale presentata nella Repubblica e nelle opere successive, un cosciente tentativo di aver la meglio sulle tendenze egualitarie, individualistiche e protezionistiche del tempo, e di rilanciare le rivendicazioni del tribalismo sviluppando una teoria morale totalitaria. Nello stesso tempo Platone era profondamente colpito dalla nuova morale umanitaria; ma, invece di combattere l'egualitarismo con adeguate argomentazioni, evit perfino di discuterlo. E utilizz con successo i sentimenti umanitari, di cui conosceva bene la forza, mettendoli al servizio del dominio totalitario di classe di una razza dominatrice naturalmente superiore. SAN, I 154 Socrate ebbe soltanto un successore degno di lui, il suo vecchio amico Antistene, l'ultimo della Grande Generazione. Platone, il suo discepolo pi dotato, mostr ben presto di essere il meno fidato. Egli trad Socrate, proprio come avevano fatto i suoi zii. Questi, oltre a tradire Socrate, avevano anche tentato di implicarlo nei loro atti terroristici, ma non riuscirono nel loro intento, perch egli resistette. Platone tent di coinvolgere Socrate nel suo grandioso tentativo di costruire la teoria della societ bloccata, e riusc senza difficolt nel suo intento, perch Socrate era morto. SAN, I 239 Socrate aveva rifiutato di compromettere la sua integrit personale. Platone, con tutto il rigore della sua ripulitura della tela, fu spinto su una strada lungo la quale compromise la sua integrit ad ogni passo che fece. Egli fu spinto a combattere il libero pensiero e il perseguimento della verit; fu indotto a difendere la menzogna, i miracoli politici, la superstizione dei tab, la soppressione della verit e, alla fine, la violenza brutale. Nonostante l'avvertimento di Socrate a guardarsi dalla misantropia e dalla misologia, fu indotto ad avere sfiducia nell'uomo e a temere l'argomentazione razionale. Nonostante il proprio odio della tirannide, fu spinto a vedere nel tiranno un possibile aiuto e a difendere le pi tiranniche misure. Dalla logica intima del suo finalismo antiumanitario, dalla logica intima del potere, egli fu spinto inconsapevolmente allo stesso punto al quale un tempo erano giunti i Trenta e al quale, pi tardi, giunsero il suo amico Dione e altri fra i suoi numerosi discepoli-tiranni. Egli non riusc ad arrestare il cambiamento sociale. (Solo molto pi tardi, nelle et oscure, esso fu arrestato dal magico incantesimo dell'essenzialismo platonico-aristotelico). Invece egli riusc a legarsi, col proprio fascino, a potenze che una volta aveva odiato. La lezione che noi dunque dovremmo apprendere da Platone esattamente l'opposto di quanto egli vorrebbe insegnarci. E una lezione che non deve essere dimenticata. Per quanto eccellente fosse la sua diagnosi sociologica, lo sviluppo stesso di Platone dimostra che la terapia che raccomandava peggiore del male che tentava di combattere. Arrestare il cambiamento politico non costituisce un rimedio e non pu portare la felicit. Noi non possiamo mai pi tornare .alla presunta ingenuit e bellezza della societ chiusa. SAN. I 245.

XVIII. CRITICHE A HEGEL. La farsa hegeliana durata anche troppo. Noi dobbiamo por fine ad essa.

Hegel, la fonte di tutto lo storicismo contemporaneo, fu un diretto seguace di Eraclito, Platone e Aristotele. Hegel realizz le cose pi miracolose. Logico sommo, fu un gioco da bambini per i suoi efficacissimi metodi dialettici estrarre veri conigli fisici da cappelli puramente metafisici. SAN, II 37 La fama di Hegel stata costruita da coloro che preferiscono una rapida iniziazione nei pi profondi segreti di questo mondo ai faticosi tecnicismi di una scienza che, dopo tutto, pu solo deluderli con la sua incapacit di svelare tutti i misteri. Infatti essi ben presto scoprirono che nulla poteva essere applicato con tanta facilit a qualsivoglia problema e nello stesso tempo con tanto impressionante (anche se solo apparente) difficolt e con un cos rapido e sicuro ma imponente successo, nulla poteva essere usato a cos buon mercato e con cos piccola conoscenza e formazione scientifica, e nulla poteva dare una cos spettacolare aria scientifica, quanto la dialettica hegeliana, l'arcano metodo che sostituiva la "sterile logica formale". Il successo di Hegel segn l'inizio dell'"era della disonest" (come Schopenhauer qualific il periodo dell'idealismo tedesco) e dell'"era della irresponsabilit" (come K. Heiden qualifica l'era del totalitarismo moderno); prima di irresponsabilit intellettuale e poi, come una delle sue conseguenze, di irresponsabilit morale; l'inizio di una nuova era dominata dalla magia di parole altisonanti e dalla potenza del gergo. SAN, II 38 Sorge la domanda se Hegel abbia ingannato se stesso, ipnotizzato dal suo stesso gergo ispirato, oppure se si sia audacemente proposto di ingannare e incantare gli altri. Sono convinto che questa seconda alternativa sia la vera. SAN, II 39 Sembra improbabile che Hegel sarebbe mai diventato la pi influente figura della filosofia tedesca se non avesse avuto alle sue spalle l'autorit dello Stato prussiano SAN, II 39. Fuori del continente europeo, specialmente negli ultimi vent'anni, l'interesse dei filosofi per Hegel andato pian piano svanendo. Ma, se cos stanno le cose, perch preoccuparsi pi oltre di Hegel? La risposta che l'influenza di Hegel rimasta una forza potentissima, nonostante che gli

scienziati non lo abbiano mai preso sul serio e che (a parte gli "evoluzionisti") molti filosofi comincino a perdere interesse per lui. L'influenza di Hegel, e specialmente quella del suo linguaggio, ancora potentissima nella filosofia morale e sociale e nelle scienze sociali e politiche (con la sola eccezione dell'economia). Specialmente i filosofi della storia, della politica e dell'educazione subiscono ancora in larghissima misura la sua influenza. SAN, II 40 Per una ragione o per l'altra, i filosofi hanno mantenuto attorno a se stessi, anche ai nostri giorni, una certa aura di magia. La filosofia considerata come qualcosa di strano e di assurdo, che si occupa di quei misteri di cui si occupa la religione, ma non in modo tale da poter essere "rivelata ai bambini" o alla gente comune; essa considerata troppo profonda per questo: la si considera la religione e la teologia degli intellettuali, degli uomini colti e sapienti. L'hegelismo si adatta perfettamente a queste opinioni; esso esattamente ci che questo genere di superstizione popolare ritiene che la filosofia sia. Esso sa tutto su tutto. Ha una risposta pronta per ogni domanda. E, del resto, chi pu avere la certezza che la risposta non sia vera? SAN, II 40 Come la Rivoluzione Francese riscopr le idee perenni della Grande Generazione e del cristianesimo, libert, uguaglianza e fraternit di tutti gli uomini, cos Hegel riscopr le idee platoniche che stanno dietro la rivolta perenne contro la libert e la ragione. L'hegelismo la rinascita del tribalismo. L'importanza storica di Hegel pu essere vista nel fatto che egli rappresenta l'"anello mancante", per cos dire, fra Platone e la forma moderna del totalitarismo. La maggior parte dei totalitarismi moderni sono assolutamente ignari del fatto che le loro idee possono essere fatte risalire a Platone. Ma molti sono consapevoli del loro debito verso Hegel e tutti sono cresciuti nella chiusa atmosfera dell'hegelismo. Ad essi stato insegnato di venerare lo Stato, la storia e la nazione. SAN, II 41 Lo storicismo di Hegel diventato il linguaggio di larghe cerchie di intellettuali, anche di "anti-fascisti" dichiarati e "uomini di sinistra". Esso fa ormai cos intrinsecamente parte del loro clima intellettuale che molti neppure se ne accorgono pi, sicch la sua sconvolgente disonest non neanche pi avvertita, al pari dell'aria che si respira. Tuttavia, alcuni filosofi della razza sono pienamente coscienti del debito che hanno verso Hegel. SAN, II 92-93 La farsa hegeliana durata anche troppo. Noi dobbiamo por fine ad essa. Noi dobbiamo parlare - anche a costo di sporcarci maneggiando questa cosa scandalosa che, sfortunatamente invano, fu denunciata con tanta

chiarezza un centinaio di anni fa. Troppi filosofi hanno trascurato gli ammonimenti, tante volte ripetuti, di Schopenhauer; li hanno trascurati non tanto a loro rischio e pericolo (ad essi non poi andata male), quanto piuttosto a rischio e pericolo di coloro ai quali loro hanno insegnato, a rischio e pericolo del genere umano. SAN, II 93-94 La filosofia, che al tempo di Platone aveva rivendicato la propria supremazia sullo Stato, diventa con Hegel la pi servile ancella di esso. SAN, II 58 Ai nostri tempi, l'isterico storicismo di Hegel ancora il fertilizzante al quale il totalitarismo moderno deve la sua rapida crescita. La sua diffusione ne ha preparato il terreno ed ha educato l'intelligenza alla disonest intellettuale. SAN,II 71 Io sostengo che la dialettica di Hegel in larghissima misura concepita al fine di pervertire le idee del 1789. Hegel era perfettamente consapevole del fatto che il metodo dialettico pu essere usato per distorcere un'idea nel suo contrario. SAN, 11 53 Lo stato che Hegel ci ordina di venerare come l'Idea Divina in terra precisamente la Prussia di Federico Guglielmo dal 1800 al 1830. E mi domando se possibile un pi spregevole pervertimento di tutto ci che degno nella vita dell'uomo; un pervertimento non solo della ragione, della libert, dell'uguaglianza e delle altre idee della societ aperta, ma anche di una sincera fede in Dio e persino di un sincero patriottismo. SAN, II 60-61. Seguo la distinzione di Schopenhauer fra la "verbosit" di Fichte e il "ciarlatanesimo" di Hegel, bench riconosca che forse un po' pedantesco insistere su questa distinzione. L'intera vicenda interessante soprattutto per la luce che getta sulla "storia della filosofia" e sulla "storia" in generale. Non intendo riferirmi solo al fatto, forse pi umoristico che scandaloso, che clowns siffatti vengano presi sul serio e siano fatti oggetto di una specie di venerazione di studi solenni anche se spesso noiosi (e di tesi scritte da esaminare). Non intendo riferirmi solo al fatto sconcertante che il parolaio Fichte e il ciarlatano Hegel sono posti allo stesso livello di uomini come Democrito, Pascal, Cartesio, Spinoza, Locke, Hume, Kant, J. S. Mill e Bertrand Russell e che il loro insegnamento morale preso sul serio e forse anche considerato superiore a quello dei pensatori or ora citati. Ma intendo riferirmi pi particolarmente al fatto che molti di questi storici panegiristi della filosofia, incapaci di distinguere fra pensiero e fantasticheria, per non parlare del buono e del cattivo, osano affermare che la loro storia il nostro giudice o che la loro storia della filosofia una critica implicita dei "diversi sistemi di pensiero". Infatti chiaro, a mio avviso, che la loro adulazione pu

essere solo una critica implicita delle loro storie della filosofia e di quella pomposit e cospirazione del rumore con cui viene glorificata l'attivit della filosofia. Mi sembra che sia una legge di quella che questa gente si compiace di chiamare "natura umana" il fatto che la presunzione cresca in proporzione diretta della deficienza di pensiero e in proporzione inversa della somma dei servigi resi al bene comune. SAN, 11 66-67 Semel hegeliano, semper hegeliano. SAN, 11 264 Non considero n Fichte n Hegel come veri filosofi: diffido della loro dedizione alla verit. CIVF, 394 Il mio capitolo su Hegel stato molto criticato, ma io non posso accettare la maggior parte di tali critiche, perch esse non riescono a rispondere alle fondamentali obiezioni che ho sollevato contro Hegel; e cio che la sua filosofia, se confrontata con quella di Kant (continuo a ritenere quasi sacrilego mettere accanto l'uno all'altro questi due nomi), rappresenta un terribile declino in fatto di sincerit intellettuale e di onest intellettuale; che i suoi argomenti filosofici non devono essere presi sul serio; e che la sua filosofia ha avuto una funzione decisiva nel promuovere l'"era della disonest intellettuale", come la chiam Konrad Heiden, e nello spianare la strada a quella trahison des clercs contemporanea (alludo al grande libro di Julien Benda) che ha contribuito a provocare finora due guerre mondiali. Non bisogna dimenticare che ho concepito il mio libro come un mio personale sforzo di guerra: credendo, come credevo, nella responsabilit di Hegel e degli hegeliani per buona parte di quanto era avvenuto in Germania, sentivo che, come filosofo, avevo il dovere di dimostrare che questa filosofia una pseudo-filosofia. SAN, II 494-495. La] filosofia dell'identit (nonostante contenesse alcune indicazioni "progressiste" e alcune tiepide espressioni di simpatia nei confronti di vari movimenti "progressisti") ha avuto un ruolo decisivo nel crollo del movimento liberale in Germania, movimento che sotto l'influenza della filosofia di Kant, aveva prodotto grandi pensatori liberali come Schiller e Wilhelm von Humboldt e opere importanti come il Saggio sulla determinazione dei limiti dei poteri dello Stato di Humboldt. Questa la prima e fondamentale accusa. La mia seconda accusa, strettamente connessa con la prima, che la filosofia dell'identit di Hegel, con il contributo da essa recato allo storicismo e all'identificazione di forza e diritto, ha incoraggiato la diffusione di modi totalitari di pensiero. La mia terza accusa che l'argomentazione di Hegel (che certamente richiedeva da lui un certo grado di sottigliezza, bench non maggiore di quella di cui legittimo aspettarsi sia dotato un grande filosofo) piena di artifici e di errori logici presentati con pretenziosa solennit. Ci non solo ha minato e alla fine

abbassato i livelli tradizionali di onest e responsabilit intellettuale, ma ha contribuito anche alla diffusione del filosofare totalitario e, cosa ancora pi grave, ha fatto venir meno ogni risoluta resistenza .intellettuale ad esso. SAN, II 496-497 XIX. CRITICHE A MARX. Nonostante i suoi meriti, Marx fu, a mio avviso, un falso profeta. Non si pu rendere giustizia a Marx senza riconoscere la sua sincerit. La sua apertura di mente, il suo senso dei fatti, il suo disprezzo per la verbosit, e specialmente la verbosit moraleggiante, hanno fatto di lui uno dei pi importanti combattenti, a livello mondiale, contro l'ipocrisia e il fariseismo. Egli provava un bruciante desiderio di andare in aiuto degli oppressi ed era pienamente conscio della necessit di cimentarsi nei fatti e non solo a parole. Essendo dotato di un'intelligenza essenzialmente teorica, egli consacr immense fatiche alla messa a punto di quelle che riteneva fossero armi scientifiche per la lotta in vista del miglioramento della sorte della stragrande maggioranza degli uomini. La sua sincerit nella ricerca della verit e la sua onest intellettuale lo distinguono, a mio giudizio, da molti dei suoi seguaci (bench disgraziatamente egli non si sia del tutto sottratto all'influenza corruttrice di un'educazione che matur nell'atmosfera della dialettica hegeliana, denunciata da Schopenhauer come "distruttiva di ogni intelligenza"). L'interesse di Marx per la scienza sociale e per la filosofia sociale fu fondamentalmente un interesse pratico. Egli vedeva nella conoscenza un mezzo per promuovere il progresso dell'uomo. Perch, allora, attaccare Marx? Nonostante i suoi meriti, Marx fu, a mio avviso, un falso profeta. Egli fu un profeta del corso della storia e le sue profezie non sono risultate vere; ma questa non la mia accusa maggiore. E molto pi importante il fatto che egli svi un gran numero di persone intelligenti portandole a credere che la profezia storica sia il modo scientifico di approcciare i problemi sociali. Marx responsabile della rovinosa influenza del metodo di pensiero storicista tra i ranghi di quanti vogliono far avanzare la causa della societ aperta. SAN, II 98 La mia critica del "materialismo storico" di Marx non deve certamente essere considerata come una prova della mia preferenza per l'"idealismo" hegeliano nei confronti del materialismo di Marx; io spero di aver messo in chiaro che in questo conflitto fra idealismo e materialismo le mie simpatie sono per Marx. Quello che io desidero dimostrare che l'"interpretazione materialistica della storia" di Marx, per quanto apprezzabile possa essere, non deve essere presa troppo sul serio; che noi non possiamo considerarla pi che un apprezzabilissimo invito a guardare le cose nel loro rapporto con il proprio sfondo economico. SAN, II 129-130

Marx fu l'ultimo dei creatori di grandi sistemi olistici. Noi dovremmo aver cura di fermarci a questo punto e di non sostituire al suo un altro Grande Sistema. Non abbiamo bisogno di olismo: abbiamo invece bisogno di ingegneria sociale gradualistica. SAN, II 156-157. Marx era un razionalista. Come Socrate e come Kant, egli credeva nella ragione quale base dell'unit del genere umano. Ma la sua dottrina che le nostre opinioni sono determinate dall'interesse di classe acceler il declino di questa fede. Come la dottrina di Hegel che le nostre idee sono determinate da tradizioni e interessi nazionali, cos la dottrina di Marx ha finito col minare dalle fondamenta la fiducia razionalistica nella ragione. Cos minacciato sia da destra che da sinistra, l'atteggiamento razionalistico nei confronti dei problemi sociali ed economici non pot opporre resistenza quando la profezia storicistica e l'irrazionalismo oracolare sferrarono un attacco frontale contro di esso. Questa la ragione per cui il conflitto fra razionalismo e irrazionalismo diventato il pi importante problema intellettuale e forse anche morale del nostro tempo. SAN, II 267 Sono ben lontano dal difendere la teoria dello Stato di Marx. Soprattutto la sua teoria dell'impotenza di ogni politica e la sua concezione della democrazia mi sembra siano non solo errori, ma errori fatali. Bisogna riconoscere che, dietro queste cupe e ingegnose teorie, stava una cupa e deprimente esperienza. E bench Marx, a mio giudizio, non sia riuscito a capire il futuro che cos ardentemente desiderava prevedere mi sembra che anche le sue teorie sbagliate siano prove della sua acuta intuizione sociologica delle condizioni del suo tempo e del suo profondissimo umanitarismo e senso della giustizia. SAN, II 142 La teoria del valore di Marx una teoria essenzialistica o metafisica. SAN, II 203 La scienza progredisce attraverso tentativi ed errori. Marx tent e, bench abbia sbagliato nelle sue dottrine fondamentali, non ha tentato invano. Egli ci ha aperto gli occhi e ce li ha resi pi acuti in molti modi. Un ritorno alla scienza sociale pre-marxiana inconcepibile. Tutti gli autori contemporanei hanno un debito nei confronti di Marx, anche se non lo sanno. Ci specialmente vero nel caso di coloro (e questo anche il mio caso) che dissentono dalle sue dottrine. SAN, II 98 Nutrendo un profondo disprezzo per il moralista, che di solito predica bene e razzola male, Marx fu restio a formulare esplicitamente le sue convinzioni etiche. I principi di umanit e di decoro erano per lui cose che non avevano bisogno di discussione, cose che si dovevano dare per scontate.

(Anche in questo campo egli era un ottimista). Egli attaccava i moralisti perch vedeva in essi gli apologeti servili di un ordine sociale che considerava immorale; attaccava gli esaltatori del liberalismo, perch si mostravano soddisfatti e perch identificavano la libert con la libert formale allora vigente nell'ambito di un sistema sociale che di fatto distruggeva la libert. Cos, per via implicita, egli ammetteva il suo amore per la libert, e nonostante la sua propensione, come filosofo, per l'olismo, egli non fu certamente un collettivista, perch sperava nella "estinzione" dello Stato. La fede di Marx era, a mio giudizio, fondamentalmente una fede nella societ aperta. SAN, II 236 La teoria di Marx si pu considerare confutata dal corso degli eventi accaduti durante la Rivoluzione Russa. Per Marx i cambiamenti rivoluzionari cominciano alla base: vale a dire: i mezzi di produzione cambiano per primi, poi cambiano le condizioni sociali della produzione, quindi il potere politico, e infine le credenze ideologiche che sono le ultime a cambiare. Ma nella Rivoluzione Russa il primo a cambiare fu il potere politico, e quindi l'ideologia (dittatura pi elettrificazione) cominci a cambiare le condizioni sociali e i mezzi di produzione dall'alto. Per eludere questa falsificazione, la reinterpretazione della teoria marxiana della rivoluzione immunizz questa stessa teoria contro ulteriori attacchi trasformandola nella teoria volgarmarxista (o socioanalitica), che ci dice che il "motivo economico" e la lotta di classe pervadono la vita sociale. RNF, 56 Marx, lo riconosco, fu spesso intollerante. Nondimeno ho l'impressione - ma pu darsi benissimo che mi sbagli - che egli avesse sufficiente senso critico, da rendersi conto della debolezza di ogni dogmatismo e che avrebbe certo detestato il modo in cui le I sue teorie vennero trasformate in un complesso di dogmi. SAN, II 402 In certe circostanze, le idee possono rivoluzionare le condizioni economiche di un paese, invece di essere modellate da queste condizioni. Usando la terminologia di Marx, potremmo dire che egli aveva sottovalutato la forza del regno della libert e le sue possibilit di conquista del regno della necessit. SAN, II 128 Marx scopr l'importanza del potere economico, ed comprensibile che ne abbia esagerato la portata. Egli e i marxisti vedono il potere economico dappertutto Il loro argomento in sostanza questo: chi ha il denaro ha il potere; infatti, se necessario, pu comprarsi delle armi e anche dei gangsters. Ma si tratta di un argomento vizioso. SAN, II 149 Gli argomenti sui quali si fonda la profezia storica di Marx non sono validi. Il suo ingegnoso tentativo di trarre conclusioni profetiche

dall'osservazione delle tendenze economiche contemporanee fallito. La ragione di questo fallimento non sta in qualche insufficienza della base empirica dell'argomento. Le analisi sociologiche ed economiche della societ contemporanea lasciateci da Marx possono essere state alquanto unilaterali ma, nonostante questa loro distorsione, appaiono eccellenti nella misura in cui si limitano ad essere descrittive. La ragione del suo fallimento come profeta va esclusivamente ricercata nella povert dello storicismo in quanto tale, nel semplice fatto che, anche se constatiamo oggi il manifestarsi di una certa tendenza o direzione storica, non possiamo sapere quale aspetto essa potr assumere domani. Dobbiamo riconoscere che Marx vide molte cose nella giusta luce. Se consideriamo soltanto la sua profezia che il sistema di capitalismo sfrenato, quale lo conobbe, non sarebbe durato molto a lungo, e che i suoi apologeti, i quali pensavano che sarebbe durato per sempre, avevano torto, dobbiamo senz'altro dire che aveva ragione. Egli aveva anche ragione quando sosteneva che sarebbe stata in larga misura la "lotta di classe", cio l'associazione dei lavoratori, a provocare la trasformazione di esso in un sistema economico nuovo. SAN,II 225 L'elemento profetico nel credo di Marx rimasto predominante nelle menti dei suoi seguaci, inducendoli a mettere da parte tutto il resto, bandendo la forza del giudizio spassionato e critico e distruggendo la convinzione che con l'uso della ragione possiamo cambiare il mondo. Tutto quel che rimasto dell'insegnamento di Marx fu la filosofia oracolare di Hegel che, nei suoi travestimenti marxisti, minaccia di paralizzare la lotta per la societ aperta. SAN, II 231 Nel marxismo l'elemento religioso inequivocabile. Nell'ora della pi profonda miseria e degradazione, la profezia di Marx diede ai lavoratori un'ispirata fede nella loro missione e nel grandioso futuro che il loro movimento avrebbe preparato per l'intero genere umano. SAN, II 230-231 Per dirla brutalmente, Marx condivideva la fede del industriale progressista, del "borghese" del suo tempo: la fede nella legge del progresso. Ma questo ingenuo ottimismo storicistico, di Hegel e di Comte, di Marx e di Mill, non meno superstizioso di uno storicismo pessimistico quale quello di Platone o di Spengler. Ed veramente un cattivo utensile per un profeta, dato che finisce fatalmente con l'imbrigliare l'immaginazione storica. SAN, II 230 Il "capitalismo", nel senso in cui ne parla Marx, non c' pi. La societ, conosciuta da Marx, ha subto grandi, anzi, meglio, colossali rivoluzioni. Quel lavoro manuale, un tempo insopportabilmente duro ed estenuante, che doveva venir fatto da milioni di uomini, e da un numero ancor pi grande di donne, quel lavoro, dunque, nelle nostre societ occidentali scomparso TV, 283

In contrasto con gli hegeliani dell'ala destra, Marx fece un onesto tentativo di applicare metodi razionali ai pi urgenti bisogni della vita sociale. Il valore di questo tentativo non risulta compromesso dal fatto che esso, come cercher di dimostrare, in larga misura fallito. SAN, II 97 Marx combatt, ed aveva ragione di farlo, contro quello che chiamava "utopismo". [...] Ma, poich era anch'egli un romantico, non riusc a individuare la I pi pericolosa componente dell'utopismo, cio l'isterismo romantico, l'irrazionalismo estetizzante. SAN, II 412 Nonostante tutto il suo acuto modo di ragionare e tutti i suoi sforzi per usare il metodo scientifico, Marx lasci che i sentimenti irrazionali ed estetici prendessero, in certi casi, completo controllo dei suoi pensieri. SAN, 11412 La speranza di ridurre la miseria e la violenza, di aumentare la libert, fu, ritengo, fra i motivi ispiratori di Marx e di molti suoi seguaci, ed una speranza che anima molti di noi. Sono convinto tuttavia che questi obiettivi non possono essere realizzati con metodi rivoluzionari. Al contrario, penso che questi ultimi possono soltanto peggiorare le cose, aumentando le sofferenze non necessarie, generando una sempre pi diffusa violenza e distruggendo inevitabilmente la libert. Ci appare chiaro se ci rendiamo conto che una rivoluzione distrugge sempre l'intelaiatura istituzionale e tradizionale della societ. Essa dunque mette necessariamente in pericolo lo stesso insieme di valori per la realizzazione dei quali stata intrapresa. In realt, un insieme di valori pu avere un significato sociale, solo nella misura in cui esiste una tradizione sociale che li sostiene. Ci vero per gli obiettivi che si propone una rivoluzione, come per qualsiasi altro valore. Ma se si comincia a rivoluzionare la societ, e a sradicarne le tradizioni, non possibile fermare questo processo se e quando si vuole. In una rivoluzione tutto messo in discussione, compresi i propositi dei rivoluzionari animati dalle migliori intenzioni; poich tali propositi sono nati, e sono stati alimentati, dalla societ che la rivoluzione distrugge. CEC, 583 Provo molta simpatia per la dell'influenza dello Stato. SAN, II 226 speranza di Marx in un declino

La divergenza di interessi in seno sia alle classi governanti che alle classi governate tanto forte che la teoria delle classi di Marx deve essere considerata come un'eccessiva e pericolosa semplificazione, anche se siamo disposti ad ammettere che il contrasto fra ricchi e poveri sempre di fondamentale importanza. Uno dei grandi temi della storia medioevale, la lotta fra Papi e Imperatori, un esempio di dissenso in seno alla classe dirigente. SAN, II 132

XX. CRITICHE ALLA PSICOANALISI. La psicoanalisi [...] attraversa, a mio avviso, una fase metafisica. Non sembra esserci nessun pensabile comportamento umano che possa contraddire la psicoanalisi. Se un uomo salva la vita ad un altro uomo e se, egli, invece, mette in pericolo la vita di un suo vecchio amico - e qualsiasi cosa noi potremmo immaginare circa comportamenti umani i pi strani, niente di tutto ci potr contraddire la psicoanalisi. La psicoanalisi pu di principio spiegare ogni pi insolito comportamento umano. Essa, pertanto, non empiricamente falsificabile, non controllabile. Con ci non intendo dire che Freud non abbia visto molte cose correttamente. Quello che, per, io affermo che la sua teoria non ha natura di scienza empirica: essa non affatto controllabile. TV, 40 41 Il metodo della ricerca delle verifiche mi sembrava errato - mi sembrava, in realt, il tipico metodo di una pseudo-scienza. Mi resi conto della necessit di distinguere, con tutta la chiarezza possibile, questo metodo dall'altro - il metodo consistente nel controllare il pi severamente possibile una teoria, cio, il metodo della critica, il metodo della ricerca di esempi che la falsificano. Il metodo della ricerca di verifiche non era soltanto acritico: incoraggiava altres un atteggiamento acritico sia nell'espositore che nel lettore. Esso minacciava, in questo modo, di distruggere l'atteggiamento della razionalit, dell'argomentazione critica. Freud era di gran lunga il pi lucido e persuasivo fra gli espositori delle teorie di cui sto parlando. Ma qual era il suo metodo di argomentazione? Egli proponeva esempi, li analizzava, e mostrava che si adattavano alla sua teoria, o che la sua teoria si poteva descrivere come una generalizzazione dei casi analizzati. A volte, faceva appello ai suoi lettori perch rimandassero le loro critiche, e dichiarava che avrebbe risposto a tutte le critiche ragionevoli in un'occasione successiva. Ma quando considerai un po' pi da vicino un certo numero di casi importanti, scoprii che le risposte non arrivavano mai. Tuttavia, fatto abbastanza strano, molti lettori si ritenevano soddisfatti. PL, 180-181 Sono convinto che esista un mondo dell'inconscio, e che le analisi dei sogni esposte da Freud nel suo libro siano fondamentalmente corrette, anche se indubbiamente incomplete (come lo stesso Freud mette in chiaro) e, necessariamente, alquanto unilaterali. Dico "necessariamente" perch persino la "pura" osservazione non mai neutra - il risultato necessario di un'interpretazione. (Le osservazioni vengono sempre raccolte, ordinate, decifrate, valutate alla luce delle nostre teorie. In parte per queste ragioni, le osservazioni tendono a sostenere le nostre teorie. Questo sostegno di poco o nessun valore, a meno che non adottiamo, consapevolmente un

atteggiamento critico e cerchiamo confutazioni, piuttosto che "verifiche", delle nostre teorie.) Ci che vale persino per le osservazioni pi distaccate varr anche per l'interpretazione dei sogni. PL, 181-182 Sono, in realt, convinto che Freud avrebbe potuto enormemente migliorare la sua teoria, se il suo atteggiamento nei confronti della critica nei confronti, soprattutto, della "critica disinformata", come gli psicanalisti amano chiamarla - fosse stato diverso. E, tuttavia, non pu esserci dubbio che Freud fosse assai meno dogmatico della maggior parte dei suoi seguaci, che tendevano a fare della nuova teoria una religione, completa di martiri, di eretici, e di scismi, e che consideravano ogni critico come un nemico - o almeno come una persona "disinformata" (che aveva bisogno, cio, di essere analizzata). PL, 185 Penso che L'interpretazione dei sogni di Freud sia una grande conquista. Essa, tuttavia, ha il carattere dell'atomismo pre-democriteo - o forse della raccolta dei miti olimpici di Omero - piuttosto che quello di una scienza controllabile. Certamente, essa mostra che anche una teoria metafisica infinitamente meglio della mancanza di una teoria; ed , suppongo, un programma per una scienza psicologica paragonabile all'atomismo o al materialismo, o alla teoria elettromagnetica della materia, o alla teoria del campo di Faraday, che erano tutti programmi per la scienza fisica. Ma un fondamentale errore credere che, poich viene costantemente "verificata", debba essere una scienza, basata sull'esperienza. PL, 189 Gli psicoanalisti tendono a parlare delle cosiddette "osservazioni cliniche" presentandole come osservazioni che invariabilmente sostengono la teoria psicoanalitica. Senonch, tali osservazioni sono sempre interpretate: e lo sono in accordo con la teoria psicoanalitica stabilita. Ci solleva la seguente domanda: legittimo pretendere che le osservazioni confermino la teoria? O detto in altro modo: possiamo forse concepire un comportamento umano non interpretabile in termini psicoanalitici? Se la risposta a questa domanda negativa, allora possiamo sostenere, prima di ogni osservazione, che ogni concepibile esame dei fatti risulter interpretabile alla luce della teoria psicoanalitica e che perci sembrer confermarla. Il punto che, se questo pu essere affermato prima di ogni osservazione, allora il tipo di sostegno da questa assicurato non pu essere considerato come genuinamente empirico o frutto di osservazioni. MDC, 121 Le due teorie psicanalitiche [di Freud e di Adler ...] semplicemente non erano controllabili, erano inconfutabili. Non c'era alcun comportamento umano immaginabile che potesse contraddirle. Ci non significa che Freud e Adler non vedessero correttamente certe cose: personalmente non ho dubbi che molto di quanto essi affermano ha una considerevole importanza, e potr ben svolgere un suo ruolo, un giorno, in una scienza psicologica

controllabile. Ma questo non significa che le "osservazioni cliniche", che gli analisti ingenuamente considerano come conferme delle loro teorie, di fatto confermino queste ultime pi di quanto facessero le conferme quotidiane riscontrate dagli astrologi nella loro pratica. E, quanto all'epica freudiana dell'Io, del Super-Io e dell'Es, non si pu avanzare nessuna pretesa ad un suo stato scientifico, pi fondatamente di quanto lo si possa fare per l'insieme delle favole omeriche dell'Olimpo. Queste teorie descrivono alcuni fatti, ma alla maniera dei miti. Esse contengono delle suggestioni psicologiche assai interessanti, ma in una forma non suscettibile di controllo. CEC, 68-69 XXI. L'IMPORTANZA DEL PENSIERO CRITICO. Il segreto dell'eccellenza intellettuale lo spirito di critica. Il metodo critico o razionale consiste nel far morire le nostre ipotesi al nostro posto. Tutte le critiche sono preziose, sebbene alcune siano pi preziose di altre. Il pi prezioso un genere di critica che prenda una teoria, la formuli chiaramente e nettamente quanto pi possibile, la metta, per cos dire, nella sua migliore forma possibile e cerchi poi di mostrare come, ciononostante, essa contenga qualcosa di sbagliato. Il meno prezioso un genere di critica che fraintenda una teoria, o ne dia un'interpretazione errata, e mostri che nella teoria, cos fraintesa e male interpretata, c' qualcosa che non va. E mia ferma convinzione che perfino questo genere di critica possiede di solito un qualche valore intellettuale: ci pu insegnare dove il nostro modo di affrontare la questione sia esposto a fraintendimenti e a interpretazioni errate; dove si sarebbe potuto scegliere una formulazione migliore; e forse pi importante, dove il modo generale di affrontare la questione adottato dal nostro critico differisca dal nostro modo, cos che, per risolvere i fraintendimenti e le errate interpretazioni, dobbiamo discutere i nostri problemi a un livello pi profondo. CDSM, 62 Ho sempre sottolineato il bisogno di un po' di dogmatismo: lo scienziato dogmatico ha un importante ruolo da svolgere. Se ci arrendiamo troppo facilmente alla critica non troveremo mai dove sta il reale potere delle nostre teorie. SN, 126 Tutta la conoscenza prescientifica, sia essa animale o umana, dogmatica; e con la scoperta del metodo non-dogmatico, cio del metodo critico, comincia la scienza. La scoperta del metodo critico presuppone, in ogni caso, un linguaggio umano descrittivo e un linguaggio in cui si possano sviluppare argomentazioni critiche. Possibilmente, il metodo critico

presuppone pure una scrittura. Il metodo critico, infatti, consiste sostanzialmente nel fatto che i nostri tentativi di soluzione, le nostre teorie e le nostre ipotesi possano venirci presentati oggettivamente, linguisticamente formulati, in modo tale da poterli fare oggetto di una indagine consapevolmente critica. TV, 27 La cosa essenziale nella scienza l'atteggiamento critico. Dapprima, quindi, costruiamo teorie, e poi queste teorie noi le critichiamo. Il fatto che abbiamo un atteggiamento molto umano nei confronti delle nostre teorie, e che normalmente tentiamo di difenderle, invece di criticarle - le nostre proprie teorie -, produce qualcosa come una competizione amichevole-ostile tra gli scienziati. Se riguardo alla mia teoria non sono io stesso sufficientemente critico, vi saranno cento persone che la considereranno in modo molto critico. E bisogna rallegrarsi di questo atteggiamento critico. Non bisogna invece rallegrarsi del fatto che la critica spesso personale. Anche questo molto umano. Quasi sempre le critiche alle teorie diventano critiche pi o meno personali contro coloro che hanno prodotto tali teorie. Questa una debolezza umana contro la quale si dovrebbe insorgere, ma c' ben poca speranza. Talch, occorre rassegnarsi a questo fenomeno, che ricompare di continuo. Ma molto importante, ed anche enormemente importante per motivi educativi, di enorme rilievo per la democrazia, che si dia il buon esempio e si cerchi di fare la critica il pi oggettiva possibile. Si tratta forse d'un ideale irraggiungibile; ma , comunque, per lo scienziato almeno un ideale molto urgente e importante che ogni critica la si faccia in maniera oggettiva. FA, 75-76 La discussione razionale e il pensiero critico non sono come i sistemi primitivi di interpretazione del mondo; non sono una struttura alla quale siamo vincolati e legati. Al contrario, essi sono i mezzi per evadere dalla prigione - per liberarci. PL, 173 La critica richiede sempre un certo grado di immaginazione, mentre il dogmatismo la sopprime. SAN, II 284. Una critica detta "immanente" se attacca una teoria dall'interno, adottandone tutte le assunzioni o le presupposizioni, e solo queste; ed detta "trascendente" se attacca una teoria dall'esterno, procedendo da assunzioni e presupposizioni estranee alla teoria criticata. PL,57 La nostra discussione critica controllata dal nostro interesse alla verit. CO, 407 Le argomentazioni critiche sono uno strumento di controllo: esse sono uno strumento per eliminare errori, uno strumento di selezione. Noi

risolviamo i nostri problemi cercando di proporre varie ipotesi e teorie in competizione, come palloni sonda, per cos dire, e sottomettendo tali ipotesi e teorie alla discussione critica e alle prove empiriche, allo scopo di eliminare l'errore. CO, 313 Possiamo distinguere due tipi di critica: una critica orientata secondo criteri estetico-letterari ed una critica con orientamento razionale. La prima porta dal mito alla poesia, la seconda porta dal mito alla scienza o, pi precisamente, alla scienza della natura. La prima ricerca la bellezza del linguaggio, l'energia del ritmo, il potere illuminante e la plasticit delle immagini, delle metafore, la tensione drammatica e la forza di persuasione. Questo genere di giudizio critico porta alla poesia, soprattutto alla poesia epica e drammatica, al canto poetico e infine anche alla musica classica. ARM, 230-231. Anche se si deve ammettere che ogni critica prende le mosse da determinati presupposti, ci non significa necessariamente che, affinch la critica sia valida, questi presupposti debbano essere dimostrati e giustificati. Infatti i presupposti possono, per esempio, essere parte della teoria contro la quale diretta la critica. (In questo caso parliamo di "critica immanente"). Ovvero pu trattarsi di presupposti che sono in genere considerati accettabili anche se non fanno parte della teoria criticata. In questo caso la critica equivale a mettere in evidenza che la teoria criticata contraddice (senza che i suoi difensori se ne avvedano) ad alcune concezioni generalmente accettate. Questo genere di critica pu essere molto apprezzabile anche quando non riesce nel suo intento: pu infatti spingere i difensori della teoria criticata a contestare simili concezioni generalmente accettate, e ci pu portare a importanti scoperte. (Un esempio interessante la storia della teoria delle anti-particelle di Dirac.) Oppure pu trattarsi di presupposti che sono inerenti ad una teoria concorrente (in questo caso la critica si pu chiamare "critica trascendente", in opposizione alla "critica immanente"): presupposti possono essere, per esempio, ipotesi o congetture, che possono essere criticate e controllate indipendentemente. In questo caso, la critica proposta equivale a un invito a effettuare certi controlli cruciali al fine di decidere due teorie concorrenti. SAN, II 479 Sono esistiti pensatori critici anche fuori dall'Europa. Ma, per quanto ne so, una tradizione critica o razionalista non si formata in nessun luogo. E dalla tradizione critica e razionalista europea nata, alla fine, la scienza europea. MDC, 253 Ogni supposizione pu, in linea di principio, essere criticata. E nel fatto che chiunque pu esercitare la critica consiste l'oggettivit scientifica. SAN, II 263

Mentre nel campo dell'arte la critica che pi importa l'autocritica creativa dell'artista, la critica nella scienza non si limita all'autocritica, ma anche critica attraverso un lavoro comune: se ad un indagatore della natura sfugge un errore o egli tenta di nasconderlo - cosa che fortunatamente capita davvero di raro - quest'errore viene scoperto quasi sempre con il tempo da altri studiosi. Perch proprio in questo consiste il metodo della scienza: nell'autocritica e nella critica reciproca. Questa critica misura il rendimento della teoria nella ricerca della verit. Ci ne fa una critica razionale. ARM, 234-235 Nulla esente da critica, [...] nulla deve essere considerato esente da critica: neppure questo stesso principio del metodo critico. SAN, II 479 La critica pu essere importante, illuminante, e anche fruttuosa, senza essere tuttavia valida. SAN, II 479 La ragione, come la scienza, cresce per via di mutue critiche; il solo modo possibile di "pianificare" la sua crescita consiste nello sviluppo di quelle istituzioni che salvaguardano la libert di queste critiche, cio la libert di pensiero. SAN, II 270 La critica valida di una teoria consiste nel mettere in evidenza che tale teoria non riesce a risolvere i problemi che si proponeva di risolvere. SAN, II 480 L'invenzione del linguaggio descrittivo degli uomini (o rappresentativo, come lo chiama Bhler) rende possibile un ulteriore passo avanti, una nuova invenzione: quella della critica. Si tratta della creazione di una selezione consapevole, di una scelta conscia di teorie che subentra al posto di una selezione naturale. Come il materialismo supera se stesso, allo stesso modo potremmo dire che la selezione naturale supera t se stessa, portando allo sviluppo di un linguaggio provvisto di frasi vere e false. E questo porta poi all'invenzione della critica, e con ci ad una nuova fase della selezione: la selezione naturale viene completata e in parte superata dalla selezione critica, culturale. Questo ci permette di perseguire i nostri errori in maniera critica e consapevole: possiamo cercarli ed estirparli, e siamo in grado di giudicare consapevolmente una teoria meno convincente di un'altra. Questo secondo me il punto decisivo. Qui ha inizio ci che il titolo assegnatomi chiama "conoscenza": la conoscenza umana. Non si d conoscenza senza critica razionale, critica al servizio della ricerca della verit. In questo senso gli animali non hanno conoscenza. Naturalmente essi riconoscono tutto: il cane riconosce il padrone. Ma ci che chiamiamo conoscenza e, ci che pi importante conoscenza scientifica, connesso alla critica razionale. Qui sta

dunque il passo decisivo, il passo che dipende dall'invenzione di frasi vere o false. Ed questo il passo che, come ritengo, fonda il Mondo 3, la cultura umana. ARM. 3 1-32 Il nostro metodo critico ha avuto, in passato, un sorprendente successo. Ma non dobbiamo concludere che lo avr anche in futuro. I nostri problemi potrebbero diventare troppo difficili per noi, o i nostri intelletti potrebbero deteriorarsi. Dopo tutto, solo pochissimi fra le migliaia di scienziati di valore riescono a contribuire ai problemi pi difficili e fondamentali della scienza; e se questi pochi non dovessero pi esserci, la scienza potrebbe ristagnare. Oppure il nostro sfacelo potrebbe essere causato da pregiudizi: il culto di tecnicismi d'effetto o della precisione potrebbe avere la meglio su di noi, e interferire con la nostra ricerca di chiarezza, semplicit, e verit. Non esiste alcuna via regia che conduca alla scienza; non esiste alcun metodo che garantisca il successo; e una teoria della conoscenza che, spiegando perch abbiamo successo, ci permetta di predire che continueremo ad averne, spiega e predice troppo. PL, 85-86 XXII. L'ETICA. I problemi pi importanti e difficili sono quelli morali. Tutti i nostri valori hanno dei limiti. Ed difficile tracciare questi limiti. FA, 177 Il pi importante dei dieci comandamenti dice: Non uccidere ! Esso contiene quasi tutta l'etica. Il modo in cui, per esempio, Schopenhauer formula l'etica solo una specificazione di questo basilare comandamento. L'etica di Schopenhauer semplice, diretta, chiara. Dice: Non danneggiare nessuno e non offendere nessuno; piuttosto, aiuta tutti, per quanto ti possibile. TV, 226 Io credo che, dal punto di vista etico, non ci sia alcuna simmetria tra sofferenza e felicit o fra dolore e piacere. Sia il principio della pi grande felicit degli utilitaristi che il principio di Kant "Promuovi la felicit degli altri" mi sembrano (almeno nelle loro formulazioni) erronei su questo punto che, tuttavia, non pu essere completamente deciso sulla base di argomentazioni razionali. [...] A mio giudizio, [...] la sofferenza umana esige un impegno morale diretto, cio la richiesta di aiuto, mentre non c' alcun invito simile ad accrescere la felicit di un uomo che sta comunque bene. (Un'ulteriore critica della formula utilitaristica "Massimizzare il piacere" che essa presuppone, in linea di principio, una scala continua piacere-dolore che ci consente di trattare i gradi di dolore come gradi negativi di piacere. Ma, dal punto di vista morale, il dolore non pu essere controbilanciato dal piacere e

soprattutto il dolore di un uomo non pu essere controbilanciato dal piacere di un altro. Invece della massima felicit per il massimo numero possibile, si dovrebbe chiedere, pi modestamente, la minor quantit di sofferenza evitabile per tutti; e inoltre che la sofferenza inevitabile - come per esempio la fame in periodi di inevitabile carenza di alimentari - sia ripartita il pi equamente possibile). Mi pare che ci sia una certa analogia fra questa concezione dell'etica e la concezione della metodologia scientifica che ho proposto nella mia Logica della scoperta scientifica. Il campo dell'etica ne guadagna in chiarezza se formuliamo le nostre domande negativamente, cio se domandiamo l'eliminazione della sofferenza piuttosto che la promozione della felicit. Analogamente, conveniente formulare il compito del metodo scientifico come eliminazione di teorie false (tra le varie teorie ipoteticamente avanzate) piuttosto che come conseguimento di verit stabilite. SAN, I 377 E' stato spesso affermato che l'etica soltanto una parte dell'estetica, dato che le questioni etiche sono in ultima analisi una questione di gusto. [...] Se con questa affermazione si intende semplicemente dire che i problemi etici non possono essere risolti dai metodi razionali della scienza, sono senz'altro d'accordo. Ma non dobbiamo trascurare la profonda differenza fra i "problemi di gusto" in morale e i problemi di gusto in estetica. Se non mi piace un romanzo, o un brano di musica, o un quadro, non sono obbligato a leggerlo, ad ascoltarlo o a guardarlo. I problemi estetici (con la possibile eccezione dell'architettura) sono in larga parte di carattere privato, ma i problemi etici riguardano gli uomini e le loro vite. Da questo punto di vista, c' una fondamentale differenza fra gli uni e gli altri. SAN, I 388-389 Esistono sempre insolubili conflitti di valori: ci sono molti problemi morali insolubili perch i principi morali possono essere fra loro in conflitto. RNF, 132 Noi abbiamo bisogno di un'etica che disprezzi compenso. E un'etica siffatta non bisogna inventarla e non stata insegnata dal cristianesimo, almeno ai suoi inizi. insegnata dalla cooperazione sia industriale che scientifica SAN, II 327 il successo e il neppure nuova: Ed ancora oggi del nostro tempo.

Il sacrificio pu avere un alto, e anche superiore, significato quando fatto in maniera anonima. La nostra educazione etica deve seguirne l'esempio. Devono insegnarci a fare il nostro lavoro; a fare il nostro sacrificio per amore di questo lavoro, e non per conseguire lode o evitare il biasimo. (Il fatto che noi tutti abbiamo bisogno di qualche incoraggiamento, speranza, lode e anche biasimo tutt'altra faccenda). Noi dobbiamo cercare la nostra

giustificazione nel nostro lavoro, in ci che facciamo noi stessi e non in un fittizio "senso della storia". SAN, Il 327 Prendere una decisione, adottare una norma o uno standard, un fatto. Ma la norma o lo standard che stato adottato, non un fatto. Che la maggior parte della gente accetti la norma "Non rubare" un fatto sociologico. Ma la norma "Non rubare" non un fatto e non pu mai essere dedotta da enunciati che descrivono fatti. Ci si render pi chiaramente conto di ci se teniamo presente che sono sempre possibili varie ed anche opposte decisioni nei confronti di un certo fatto rilevante. Per esempio, di fronte al fatto sociologico che la maggior parte della gente segue la norma "Non rubare", ancora possibile decidere se adottare questa norma o se contrastarne l'adozione; possibile incoraggiare quelli che hanno adottato la norma o scoraggiarli e persuaderli ad adottare un'altra norma. Insomma, impossibile dedurre una asserzione che enuncia una norma o una decisione ovvero una proposta per una politica da una asserzione che enuncia un fatto; il che equivale a dire che impossibile dedurre norme o decisioni o proposte da fatti. SAN, I 91 E' stata spesso male intesa l'affermazione che le norme sono fatte dall'uomo (fatte dall'uomo non nel senso che furono coscientemente elaborate, ma nel senso che gli uomini possono giudicarle e modificarle cio nel senso che la responsabilit per esse interamente nostra). Quasi tutti i malintesi possono essere fatti risalire a un equivoco fondamentale, cio alla credenza che "convenzione" implichi "arbitrio"; che, se noi siamo liberi di scegliere qualsiasi sistema di norme che vogliamo, allora un sistema buono quanto un altro. Si deve, naturalmente, riconoscere che la tesi che le norme sono convenzionali o artificiali indica che implicato in esse un certo elemento di arbitrio, cio che ci possono essere diversi sistemi di norme fra i quali non c' molto da scegliere (un fatto che stato opportunamente sottolineato da Protagora). Ma l'artificialit non implica affatto totale arbitrariet. SAN, I 91-92 Siamo noi e noi soli responsabili di approvare o respingere certe leggi morali che ci sono proposte, siamo noi che dobbiamo distinguere fra i veri profeti e i falsi profeti. SAN, I 93 L'etica "scientifica" , nella sua assoluta sterilit, uno dei pi stupefacenti fenomeni sociali. Quale obiettivo si propone? Quello di dirci che cosa dovremmo fare, cio di costruire un codice di norme, su una base scientifica, sicch non abbiamo da far altro che consultare l'indice del codice se ci troviamo di fronte a una difficile decisione morale? Ci sarebbe evidentemente assurdo, anche a prescindere dal fatto che una realizzazione del genere distruggerebbe ogni responsabilit personale e quindi tutta

l'etica. Oppure si propone di fornire criteri scientifici della verit e falsit dei giudizi morali, cio giudizi implicanti termini come "buono" e "cattivo"? Ma evidente che i giudizi morali sono assolutamente irrilevanti. Soltanto un seminatore di scandali pu avere interesse a giudicare gli altri o le loro azioni; "non giudicare" sembra ad alcuni di noi una delle fondamentali e troppo poco apprezzate leggi dell'etica umanitaria. (Possiamo trovarci nella necessit di disarmare e di imprigionare un criminale per impedirgli di ripetere i suoi crimini, ma un eccesso di giudizio morale e specialmente di indignazione morale sempre un segno di ipocrisia e di fariseismo). Cos un'etica di giudizi morali sarebbe non solo irrilevante ma addirittura qualcosa di immorale. L'importanza decisiva dei problemi morali si fonda, naturalmente, sul fatto che possiamo operare con intelligente preveggenza e che possiamo chiederci quali debbano essere i nostri fini, cio come dobbiamo operare. SAN, I 303-304 La riluttanza ad ammettere che le norme sono qualcosa di importante e di irriducibile una delle maggiori fonti delle debolezze intellettuali e d'altro genere dei circoli pi "progressisti" del nostro tempo. SAN, I 298 Le decisioni morali degli altri devono essere trattate con rispetto, finch tali decisioni non entrano in conflitto con il principio della tolleranza. SAN, I 299 Tutte le discussioni intorno alla definizione del bene o intorno alla possibilit di definirlo sono [...] assolutamente inutili. Esse stanno soltanto a dimostrare quanto lontana sia l'etica "scientifica" dagli assillanti problemi della vita morale. Ed esse quindi rivelano che l'etica "scientifica" una specie di scappatoia, di fuga dalle realt della vita morale, cio dalle nostre, responsabilit morali. SAN, I 30 . E' impossibile dimostrare la giustezza di qualsivoglia principio etico o anche argomentare in suo favore esattamente allo stesso modo in cui argomentiamo in favore di un enunciato scientifico. L'etica non una scienza. Ma, bench non ci sia alcuna "base scientifica razionale" dell'etica, c' una base etica della scienza e del razionalismo. SAN, II 283 XXIII. SCRIVERE FACILE E DIFFICILE. La chiarezza di per s un valore intellettuale. Credo sia dovere di ogni intellettuale essere consapevole della propria posizione privilegiata. Ha il dovere di scrivere nel modo pi semplice e chiaro possibile e nel modo pi civile possibile e di non dimenticare mai n i grandi problemi che assediano l'umanit e che esigono pensiero nuovo e audace, ma paziente, n la modestia socratica dell'uomo che sa quanto poco egli sa. CIVF, 403

Ogni intellettuale ha una responsabilit tutta speciale. Ha il privilegio e l'opportunit di studiare. Per questo debitore al suo prossimo (o "alla societ") di esporre i risultati del proprio studio nella forma pi semplice, chiara e modesta. La cosa peggiore - il peccato contro lo Spirito Santo - quando gli intellettuali cercano di atteggiarsi nei confronti del loro prossimo come grandi profeti o di impressionarlo con filosofie oracolanti. Chi non capace di esprimersi semplicemente e chiaramente, deve tacere e continuare a lavorare sino a che capace di dirlo chiaramente. FTC, 346 Il culto dell'oscuro, oggi alla moda, il nebuloso e l'apparentemente profondo devono essere abbandonati: in loro luogo dobbiamo adottare di nuovo un atteggiamento razionale, cio un atteggiamento critico. E dobbiamo smetterla di preoccuparci delle parole e dei loro significati, per preoccuparci invece delle teorie criticabili, dei ragionamenti e della loro validit. LDSS, XIII. Il libro che scrissi era dedicato a due problemi - i problemi dell'induzione e della demarcazione - e alla loro interrelazione. Lo intitolai perci I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza (Die beiden Grundprobleme der Erkenntnistheorie), che ricordava il titolo di un'opera di Schopenhauer (Die beiden Grundprobleme der Ethik). Non appena mi trovai con alcuni capitoli dattiloscritti li sottoposi al mio amico e gi collega all'Istituto Pedagogico, Robert Lammer. Questi era il lettore pi coscienzioso e critico nel quale mi sia mai imbattuto egli esprimeva le sue riserve su ogni punto che non trovava chiaro e cristallino, su ogni lacuna dell'argomentazione, su ogni conclusione che avevo lasciato in termini vaghi. La prima stesura l'avevo scritta molto in fretta ma, grazie a quel che appresi dalle insistenti critiche di Lammer, non scrissi pi nulla affrettatamente. Imparai anche a non difendere mai qualche cosa che avevo scritto dall'accusa di non essere sufficientemente chiara. Se un lettore coscienzioso trova che un passaggio oscuro, questo deve essere riscritto. Cos mi abituai a scrivere e riscrivere continuamente, chiarificando e semplificando sempre di pi. Credo di dovere questa abitudine quasi interamente a Robert Lammer. Io scrivo, per dir cos, come se avessi sempre qualcuno alle spalle che mi guarda e continuamente mi indica dei passi che non sono chiari. Naturalmente so benissimo che non si pu mai prevenire ogni possibile malinteso; ma credo che sia possibile evitare alcuni malintesi, supposto che i lettori vogliano capire. RNF, 98 Il crudele gioco di esprimere cose facili e banali in modo complicato e difficile visto tradizionalmente, purtroppo, da molti sociologi, filosofi, ecc. come loro compito legittimo. Cos hanno imparato e cos insegnano. Qui non

si pu fare nulla. Nemmeno Faust poteva farci nulla. Anche le orecchie sono gi sformate; possono ascoltare ormai soltanto grandi discorsi. FTC, 357-358 E' forse ragionevole supporre che quello che abitualmente si dice lo "spirito di una lingua" in larghissima misura il tradizionale standard di chiarezza introdotto dai grandi scrittori di quella data lingua. Ci sono anche alcuni altri standard tradizionali in una lingua, oltre alla chiarezza, per esempio standard di semplicit, di ornamentazione, di brevit, ecc.; ma lo standard di chiarezza forse il pi importante di tutti; ed esso un retaggio culturale che si deve gelosamente preservare. La lingua una delle pi importanti istituzioni della vita sociale e la sua chiarezza una condizione essenziale perch essa possa funzionale come mezzo di comunicazione razionale. Il suo uso per la comunicazione di emozioni molto importante, perch possiamo comunicare una grande quantit di emozioni senza dire una parola. SAN, II 373 Vogliamo metterci in mostra e parliamo un linguaggio incomprensibile, fatto solo per impressionare, erudito, artificioso, che abbiamo imparato dai nostri insegnanti hegeliani e che unisce tutti gli hegeliani. E questo l'inquinamento del linguaggio, l'inquinamento della lingua tedesca, in cui cerchiamo tutti di rivaleggiare. E l'inquinamento della lingua che rende proprio impossibile agli altri di parlare con noi intellettuali in modo razionale e non permette loro di capire che spesso noi parliamo senza senso e che peschiamo nel torbido. TV, 227 La ricerca della verit possibile soltanto se parliamo chiaramente e semplicemente ed evitiamo tecnicismi e complicazioni non necessari. Dal mio punto di vista, mirare alla semplicit e alla chiarezza un dovere morale degli intellettuali: la mancanza di chiarezza un peccato e la pretenziosit un delitto. (Anche la brevit importante, vista l'esplosione delle pubblicazioni, ma meno urgente, ed talora incompatibile con la chiarezza). Spesso siamo incapaci di essere all'altezza di queste esigenze, e non riusciamo a dire le cose chiaramente e comprensibilmente, ma questo dimostra soltanto che noi tutti non siamo dei filosofi abbastanza bravi. CO. 70 E' importante non dimenticare mai la nostra ignoranza. Pertanto non dobbiamo mai dare da intendere di sapere e non dobbiamo mai adoperare paroloni. FTC, 349 Quello che [...] ho chiamato peccato contro lo Spirito Santo - la superbia dei sapienti a tre quarti - il fanfaronare, il dare da intendere una verit che non possediamo. La ricetta tautologie e banalit condite con senso paradossale. Un'altra ricetta : scrivi cose difficili con arroganza e

aggiungi di tanto in tanto delle banalit. Ci gradito al lettore che si sente lusingato di trovare in un libro cos "profondo" dei pensieri che egli stesso ha gi qualche volta pensato. FTC, 349 Credo che la semplicit e la chiarezza siano valori in se stesse, ma non che lo siano la precisione o l'esattezza. La chiarezza e la precisione sono obiettivi diversi e, a volte, persino incompatibili. Non credo in quella che viene spesso chiamata una "terminologia esatta": non credo nelle definizioni, e nemmeno nel fatto che esse possano aumentare l'esattezza e disprezzo in special modo la terminologia pretenziosa e la pseudoesattezza che vi connessa. Ci che si pu dire lo si pu, e lo si dovrebbe di regola dire, con sempre maggiore semplicit e chiarezza. PL,37 La chiarezza di per s un valore intellettuale. ARM, 59 La chiarezza e la distinzione non sono di per s criteri di verit, ma elementi quali l'oscurit e la confusione possono essere indizio di errore. CEC, 55 Oltre all'intolleranza vi sono ancora altre follie che non dobbiamo tollerare; in primo luogo, quella che induce gli intellettuali a seguire l'ultima moda; una follia che ha portato molti a scrivere in uno stile oscuro e d'effetto, in quello stile oracolare che Goethe nell'abbicc delle streghe e in altri passi del Faust ha criticato in maniera tanto distruttiva. Questo stile, lo stile delle parole altisonanti, oscure, d'effetto ed incomprensibili, non dovrebbe pi essere ammirato, addirittura non dovrebbe pi essere tollerato dall'intelletto. Dal punto di vista intellettuale irresponsabile. ARM, 193-194 Il compito pi importante degli scienziati consiste, ovviamente, nel portare avanti un buon lavoro nel proprio campo specifico, ma quello immediatamente successivo evitare il rischio della specializzazione angusta: uno scienziato che non guardi con vivo interesse alle discipline scientifiche diverse dalla propria si esclude dalla partecipazione a quella autoliberazione attraverso la conoscenza che la missione culturale della scienza. Un terzo compito consiste nell'aiutare gli altri a comprendere la loro disciplina e il loro lavoro, e non si tratta di un compito facile. Richiede di ridurre al minimo il gergo scientifico, quel gergo di cui molti di noi vanno orgogliosi, quasi fosse un blasone o un accento oxfordiano. Un orgoglio di questo tipo comprensibile, e tuttavia sbagliato. Dovremmo basare la nostra fierezza sulla capacit di imparare a parlare tanto semplicemente, chiaramente e umilmente quanto possibile, e infine sulla capacit di evitare come la peste la convinzione che la conoscenza in nostro possesso sia troppo profonda per essere esposta in modo piano e limpido. MDC, 149

XXIV. PER UNA SCUOLA MIGLIORE. Sognavo di poter un giorno fondare una scuola in cui si potesse apprendere senza annoiarsi, e si fosse stimolati a porre dei problemi e a discuterli; una scuola in cui non si dovessero sentire risposte non sollecitate a domande non poste; in cui non si dovesse studiare alfine di superare gli esami. Che cosa si deve insegnare? Penso che si debba insegnare ci che in inglese si chiamano le "tre r" - (w)riting, reading, (a)rithmetic, - cio leggere, scrivere e far di conto. Il problema comunque non dovrebbe essere preso troppo sul serio. I ragazzi non dovrebbero rispondere a domande che non hanno sollevato. Parlo per esperienza. Attualmente essi sono schiacciati da una grande quantit di cose che non li riguardano. Questo si connette anche alla questione dell'io. I ragazzi dovrebbero avere l'opportunit di fare domande e l'insegnante dovrebbe rispondere in assoluta modestia, facendo loro ben capire che egli non sa bene come rispondere. Ecco ci che dovremmo insegnare: ad essere intellettualmente onesti e non a pretendere delle conoscenze o a prepararsi agli esami, s che qualche settimana dopo tutto bell'e dimenticato. Purtroppo, questo il nostro sistema e l'onest intellettuale cosa rara. RMM, 25-26 L'etica si pu insegnare ai bambini soltanto fornendo loro un ambiente attraente e buono e fornendo loro, soprattutto, buoni esempi. CMT, 15 La nostra pedagogia consiste nel riversare sui fanciulli risposte senza che essi abbiano posto domande, e alle domande che pongono non si d ascolto. FA, 77 Questa la pedagogia che vige nella pratica: risposte senza domande e domande senza risposte. FA, 77 Fui tra i primi studenti dell'Istituto di Pedagogia di Vienna, era il primo anno accademico, 1925-26. [...] Ero un entusiasta riformatore della scuola. Contrariamente alla prassi dei riformatori scolastici ho sempre diffidato delle teorie sulla riforma scolastica; e sono sempre stato critico nei loro confronti. Ho riflettuto, a quel tempo, su cosa sia pi importante in una riforma scolastica. Come si pu riformare davvero la scuola? Poich riflettevo sulle mie esperienze come giovane insegnante in cattive scuole, sono arrivato alla conclusione che la cosa pi importante sia di dare ai cattivi insegnanti la possibilit di lasciare la scuola. FA, 153 Solo persone che hanno una certa dote - non si tratta di una dote propriamente intellettuale, si tratta di un rapporto interiore con i bambini -

possono essere buoni insegnanti. Molti insegnanti vengono, per cos dire, fatti prigionieri dalla scuola, vi stanno dentro da infelici e non possono pi uscirne. Ho fatto una proposta molto semplice: a queste persone, che non sono affatto peggiori delle altre, bisogna costruire ponti d'oro perch se ne possano andare dalla scuola; al loro posto verranno dei giovani che in parte sono insegnanti nati. Fino a quando molti insegnanti sono insegnanti amareggiati, amareggeranno i bambini e li renderanno infelici. Rimangono nella scuola fino al pensionamento, e tirano un sospiro di sollievo quanto la pensione arriva. Fintantoch nella scuola restano insegnanti amareggiati, e molti insegnanti amareggiati, che per comprensibili motivi terrorizzano i bambini - anche perch essi vengono intimoriti dai loro superiori, ad esempio dagli ispettori -, la scuola non potr diventare migliore. FA, 153-154 Riconosco che, in fatto di educazione professionale, c' un grosso problema, quello della ristrettezza mentale. Ma non credo che un'educazione letteraria costituisca il rimedio; infatti essa pu provocare il suo proprio genere peculiare di ristrettezza mentale, il suo peculiare snobismo. E ai nostri giorni nessun uomo dovrebbe essere considerato colto se non ha interesse per la scienza. SAN, II 336-337 La scienza non soltanto una raccolta di fatti intorno all'elettricit, ecc.; essa uno dei pi importanti movimenti spirituali dei nostri tempi. Chi non si sforza di acquisire una comprensione di questo movimento si taglia fuori dal pi rilevante sviluppo che si registrato nella storia degli affari umani. Le nostre cosiddette Facolt di Lettere, fondate sulla teoria che per mezzo di un'educazione letteraria e storica si pu introdurre lo studente nella vita spirituale dell'uomo, sono quindi diventate obsolete nella loro forma attuale. Non ci pu essere storia dell'uomo che escluda la rievocazione delle sue lotte e conquiste intellettuali, e non ci pu essere storia delle idee che escluda la rievocazione delle idee scientifiche. Ma l'educazione letteraria ha anche un aspetto pi grave. Non solo essa non riesce a educare lo studente, che spesso poi diventer un insegnante, alla comprensione del pi grande movimento spirituale del proprio tempo, ma spesso non riesce neppure a educarlo all'onest intellettuale. Soltanto se lo studente fa la diretta esperienza di quanto facile sia errare e di quanto difficile sia fare anche un piccolo progresso nel campo della conoscenza, soltanto in tal caso egli pu percepire il significato dei criteri di onest intellettuale, pu giungere al rispetto della verit e al disprezzo dell'autorit e della presunzione. SAN, II 337 Molti corsi scientifici [...] da alcuni insegnanti sono ancora trattati come se la scienza fosse un "corpo di conoscenze", per usare una vecchia espressione. Ma questa idea, almeno lo spero, finir un giorno con lo sparire:

infatti la scienza pu essere insegnata come un'affascinante parte della storia umana, come un insieme, in rapido sviluppo, di audaci ipotesi controllate dall'esperimento e dalla critica. Insegnata in questo modo, come parte della storia della "filosofia naturale" e della storia dei problemi e delle idee, essa pu diventare la base di una nuova educazione universitaria liberale; di un'educazione il cui scopo, quando non pu produrre degli esperti, sia quello di produrre almeno uomini che sappiano distinguere fra un ciarlatano e un esperto. Questo obiettivo modesto e liberale trascender di gran lunga tutto ci che oggigiorno le nostre Facolt di Lettere riescono a realizzare. SAN, 11 337 Si pu considerare l'educazione da un punto di vista psicologico, dal punto di vista della psicologia del bambino o dell'adulto in quanto soggetto dell'educazione. E in termini biologici che si pu spiegare meglio la psicologia del bambino. Il bambino che cresce ha un compito essenziale iscritto in lui: apprendere i fatti del mondo. Deve apprendere, perch si deve adattare al suo ambiente. Il bambino viene al mondo con tutta una serie di aspettative. Egli si aspetta, innanzi tutto, di essere nutrito e di essere amato. Queste sono le principali aspettative del bambino. Aspettative che possono essere deluse: un bambino pu morire di fame o essere trattato con odio piuttosto che con amore. I casi ordinari si sviluppano in una via di mezzo fra questi estremi. Il bambino deve imparare ad adattarsi alla realt del suo piccolo ambiente particolare. Il suo ambiente diventa sempre pi grande man mano che lui cresce. E in un ambiente sempre pi complesso le sue aspettative saranno sempre pi difficili da realizzare e lui sar quindi portato a cambiarle. Dal punto di vista della biologia la trasformazione delle aspettative identica all'adattamento all'ambiente. IF, 18-19 Le nostre menti, le nostre opinioni, dipendono solo in larga misura, non totalmente, dalla nostra educazione. Se fossero totalmente dipendenti dalla nostra educazione, se noi fossimo incapaci di autocritica, di imparare dal nostro proprio modo di trattare le cose, dalla nostra esperienza, allora, naturalmente, il modo in cui noi siamo stati educati dall'ultima generazione determinerebbe il modo in cui noi educhiamo la prossima. Ma assolutamente certo che le cose non stanno cos. Quindi noi possiamo concentrare le nostre facolt critiche sul difficile problema di educare la prossima generazione in un modo che riteniamo migliore di quello in cui siamo stati educati noi stessi. SAN, II 246 Mentre sufficientemente chiaro [...] che il politico deve limitarsi a combattere contro i mali, invece di combattere per valori "positivi" o "superiori" come la felicit, ecc., il maestro, in linea di principio, si trova in una condizione diversa. Bench non debba imporre la sua scala di valori "superiori" ai suoi allievi, egli deve certamente cercare di stimolare il loro

interesse per questi valori. Egli deve aver cura delle anime dei suoi allievi. (Quando Socrate diceva ai suoi amici di aver cura delle loro anime, egli si prendeva cura di essi). Perci, inevitabilmente, c' una specie di componente romantica o estetica nell'educazione, che invece deve restare estranea alla politica. Ma bench ci sia vero in linea di principio, non risulta affatto applicabile al nostro sistema educativo. Infatti, presuppone un rapporto di amicizia fra maestro e allievo, un rapporto al quale [...] ciascuna delle parti deve essere libera di por fine. (Socrate sceglieva i suoi compagni ed essi sceglievano lui). Il numero stesso degli scolari rende tutto ci impossibile nella nostra scuola. Quindi, i tentativi di imporre valori superiori non solo non hanno successo, ma si deve anche rilevare che si risolvono in un danno, in qualcosa di molto pi concreto e pubblico di quanto non siano gli ideali ai quali si tende. E il principio che coloro i quali sono affidati a noi devono, prima di ogni altra cosa, non essere danneggiati, dev'essere riconosciuto altrettanto fondamentale per l'educazione di quanto lo per la medicina. "Non danneggiare" (e quindi "dare ai giovani ci di cui hanno maggiormente bisogno affinch diventino indipendenti da noi e siano messi in grado di fare autonomamente le loro scelte"), dovrebbe essere un importantissimo obiettivo per il nostro sistema educativo, un obiettivo la cui realizzazione alquanto difficile anche se sembra modesto. Invece sono di moda i fini "superiori", fini che sono tipicamente romantici e, in sostanza, privi di senso, come quello del "pieno sviluppo della personalit". SAN, 11326 Io senza esitazione credo che compito dello Stato sia quello di vigilare affinch ai suoi cittadini sia data un'educazione che li abiliti a partecipare alla vita della comunit e di mettere in opera tutti i mezzi che promuovono lo sviluppo dei loro particolari interessi e talenti; e lo Stato dovrebbe anche provvedere (come Crossman giustamente mette in rilievo) a che le "insufficienti disponibilit finanziarie dei singoli" non impediscano loro l'accesso agli studi superiori. Ci rientra, a mio giudizio, nelle funzioni protettive dello Stato. SAN, I 168 XXV. TV E VIOLENZA. La televisione ha un ruolo enorme e molto pericoloso nel processo di adattamento all'ambiente. In ci consiste il suo immenso potere. Essa pu distruggere la civilt. Io sarei piuttosto dell'opinione che la televisione, potenzialmente certo, cos come una tremenda forza per il male, potrebbe essere una tremenda forza per il bene. Potrebbe, ma assai improbabile che questo accada. La ragione che il compito di diventare una forza culturale per il bene terribilmente difficile. Per dire la cosa nel modo pi semplice, non abbiamo

gente che possa realizzare, per pi o meno venti ore al giorno, materia buona, programmi di valore. CMT, 14 La televisione ha fatto per anni dei bei programmi e ancora ne fa di tanto in tanto. Il problema che si pone il problema della selezione. C' gi abbastanza violenza nel mondo, non c' affatto bisogno di aggiungere delle violenze inventate per mostrarle a gente divenuta gradatamente insensibile a qualsiasi tipo di violenza, che non sia quella fatta a loro stessi. IF, 22 Il fatto che la gente si abitui a vedere violenza, che essa diventi il suo pane quotidiano, distrugge la civilt. IF, 22 Coloro che lavorano per la televisione non hanno sufficiente coscienza di ci che fanno. Vogliono mostrare cose che impressionino, vogliono "essere realisti". Non si rendono conto dei guasti che fanno in questo modo. IF, 2223 La gente deve capire [...] che la civilt messa in pericolo dalla televisione. IF, 29 Nel corso della mia vita mi sono a lungo occupato di educazione. In particolare ho imparato molto nel rapporto con i soggetti pi difficili, che provenivano quasi sempre da case in cui c'era violenza. Per lo pi si trattava di violenza esercitata sulle madri da parte dei padri di questi piccoli e in generale questi padri erano alcolizzati che condizionavano con la violenza l'intera vita famigliare. Questo era il modo tipico in cui l'ambiente di bambini sfortunati poteva venire influenzato dalla violenza. Adesso la violenza in casa sostituita ed estesa dalla violenza che appare sullo schermo televisivo. E attraverso questo mezzo che essa viene messa davanti ai bambini per ore ogni giorno. La mia esperienza mi porta a considerare questo punto molto importante, direi decisivo. La televisione produce violenza e la porta in case dove altrimenti violenza non ci sarebbe. CMT, 20 In tutti i paesi civili c' un'organizzazione attraverso la quale i medici controllano se stessi, e c' anche naturalmente, una legge dello Stato che definisce le funzioni di questa organizzazione. Io propongo che una organizzazione simile sia creata dallo Stato per tutti coloro che sono coinvolti nella produzione di televisione. Chiunque sia collegato alla produzione televisiva deve avere una patente, una licenza, un brevetto, che gli possa essere ritirato a vita qualora agisca in contrasto con certi principi. Questa la via attraverso la quale io vorrei che si introducesse finalmente una disciplina in questo campo. Chiunque faccia televisione deve necessariamente essere organizzato, deve avere una patente. E chiunque faccia qualcosa che non avrebbe dovuto fare secondo le regole

dell'organizzazione, e sulla base del giudizio dell'organizzazione, pu perdere questa patente. CMT, 21 CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE DI KARL R. POPPER. 1902 28 luglio Karl Raimund Popper nasce a Himmelhof, nei pressi di Vienna, da una famiglia di origine ebraica. Il padre (Simon Siegmund Carl Popper) un celebre avvocato viennese. La madre (Jenny Schiff) gli trasmette la sua passione per la musica. E il pi piccolo di tre figli. 1918 Decide di abbandonare il Realgymnasium e si iscrive all'Universit di Vienna come studente non immatricolato. Diviene membro dell'associazione degli allievi socialisti delle scuole secondarie (Sozialistische Mittelschler) e partecipa alle loro riunioni. 1919 Primavera "Per due o tre mesi circa - egli ha scritto - mi considerai comunista. Ma ne fui presto disincantato. L'incidente che mi mise contro il comunismo, e che presto mi port lontano dal marxismo in generale, fu uno degli avvenimenti pi importanti della mia vita." Il 15 giugno a Vienna, durante una manifestazione di giovani socialisti e comunisti, vi sono 20 morti e 70 feriti in uno scontro con la polizia. Questo fatto porta Popper a riflettere pi profondamente di quanto avesse sino ad allora fatto sul marxismo. Ai suoi occhi gli appare allora come un "credo pericoloso", "dogmatico", pieno di "lacune", "scappatoie", "incoerenze". Il nostro epistemologo rimane ancora per alcuni anni socialista per poi approdare al liberalismo. 1920 Dopo aver lasciato, nell'inverno dell'anno precedente, l'abitazione paterna, va a vivere in un ex ospedale militare che gli studenti avevano trasformato in una casa dello studente. Frequenta la clinica di consulenza infantile di Alfred Adler. "All'universit egli ha scritto - scelsi corsi di lezioni in varie materie: storia, letteratura, psicologia, filosofia e persino lezioni della facolt di medicina. Ma presto smisi di frequentare le lezioni, eccettuate quelle di matematica e di fisica teorica." Autunno Pensa "abbastanza seriamente" di dedicarsi alla musica. Da bambino aveva preso lezioni di violino. Compone "qualche cosetta" avendo come modello Bach. Viene ammesso al conservatorio. 1922 Consegue il suo "Matura" come privatista. 1925 Frequenta l'Istituto Pedagogico fondato in quell'anno a Vienna e qui incontra Josephine Anna Henninger che in seguito diventer sua moglie.

"Era egli ha scritto - una mia compagna di studi e sarebbe divenuta una dei pi severi giudici del mio lavoro." 1928 Si laurea in filosofia. 1929 Ottiene l'abilitazione all'insegnamento della matematica e della fisica nelle scuole secondarie inferiori. In un incontro con Herbert Feigl, membro del Circolo di Vienna, si convince dell'opportunit di scrivere un'opera nella quale raccogliere le critiche da lui fatte ai circolisti. 1930 Ottiene l'incarico di insegnante e si sposa con Josephine Henninger. 1932 Nei primi mesi di quest'anno Popper completa il primo volume di un'opera intitolata: I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza. "Fin da principio - egli scrive - era stato concepito in larga misura come una discussione critica e una correzione delle dottrine del Circolo di Vienna; lunghi capitoli erano dedicati anche alla critica di Kant e Fries. Il libro, tuttora inedito, viene letto prima da Feigl e poi da Carnap, Schlick, Frank, Hahn, Neurath e da altri membri del Circolo; ed anche da Gomperz." 1934 Esce, con data 1935, la Logik der Forschung nella collana diretta da Schlick e Frank. E il frutto di un radicale accorciamento, voluto dall'editore Springer, dell'opera I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza, accorciamento operato dallo zio di Popper, Walter Schiff, professore di statistica e di economia all'Universit di Vienna. 1935 La Logik der Forschung ottiene "un successo sorprendente ben oltre i confini di Vienna". Numerose le recensioni. In Italia verr recensito da Ludovico Geymonat nel 1936. Incontra Alfred Tarski, dal quale, afferma, "credo di aver imparato pi che da chiunque altro". Autunno Tiene due conferenze al Bedford College di Londra. 1936 Lascia l'insegnamento nelle scuole secondarie e compie un secondo viaggio in Inghilterra. Qui incontra Bertrand Russell, Ernst Gombrich, Isaiah Berlin e Friedrich A. von Hayek. Data la difficile situazione politica in Austria e in Europa, decide di lasciare il suo paese natale. "La vigilia di Natale del 1936 - egli ha scritto - ricevetti un telegramma in cui mi si offriva una cattedra al Canterbury University College, Christchurch, in Nuova Zelanda (...) Mia moglie ed io ci dimettemmo dai nostri incarichi di insegnamento e nel giro di un mese lasciammo Vienna per Londra. Dopo una sosta di cinque giorni a Londra salpammo alla volta della Nuova Zelanda, e

arrivammo a Christchurch durante la prima settimana del marzo 1937, giusto in tempo per l'inizio dell'anno accademico della Nuova Zelanda." 1938 marzo Gli giunge la notizia dell'occupazione dell'Austria da parte di Hitler. Decide di scrivere La miseria dello storicismo e La societ aperta e i suoi nemici, due opere che costituiscono "una difesa della libert contro le idee totalitarie e autoritarie". 1943 Invia La miseria dello storicismo alla rivista filosofica "Mind", ma l'opera viene respinta. Nel febbraio termina anche La societ aperta, che viene anch'essa rifiutata da un editore americano. 1944 Esce in tre parti sulla rivista "Economica", diretta da Hayek, La miseria dello storicismo. 1945 Hayek gli offre un lettorato presso la London School of Economics and Political Science (LSE) di Londra. Decide di lasciare la Nuova Zelanda. 1946 gennaio Arriva a Londra ed inizia ad insegnare alla London School. Tra i suoi primi allievi c'era un ex-ufficiale della Regia Marina, John Watkins, che diverr il suo successore alla LSE. Esce La societ aperta e i suoi nemici. In Italia l'opera sar subito recensita da Norberto Bobbio. 1949 15 febbraio Viene nominato professore di logica e metodo scientifico alla LSE e diviene direttore del neonato Dipartimento di Filosofia, Logica e Metodo Scientifico. 1950 Compie il suo primo viaggio negli Stati Uniti. Qui incontra Albert Einstein. 1952 Esce la prima traduzione italiana de La miseria dello storicismo. E ospitata sulla rivista "L'Industria". 1957 E colpito da un grave disturbo agli occhi e per un lungo periodo di tempo non pu dedicarsi al lavoro. 1959 Esce la traduzione inglese dell'opera Logik der Forschung, per quella italiana si dovr aspettare il 1970. 1961 ottobre Partecipa a Tubinga ad un dibattito sulla logica delle scienze sociali che vede contrapporsi le tesi del razionalismo critico (Popper e Albert) a quelle della scuola di Francoforte (Adorno, Horkheimer, Habermas).

1963 D alle stampe Congetture e confutazioni, un'opera in cui raccoglie saggi gi pubblicati su varie riviste negli anni precedenti. 1965 Viene insignito dalla Regina d'Inghilterra del titolo di baronetto. 1969 Si ritira dall'insegnamento universitario. Appaiono in traduzione italiana alcuni suoi saggi epistemologici. Il titolo della raccolta Scienza e filosofia. 1972 Pubblica Conoscenza oggettiva. 1974 Escono nella collana "The Library of Living Philosophers", diretta da Paul A. Schilpp, i due volumi di The Philosophy of Karl Popper. Questi contengono la sua autobiografia intellettuale, i saggi critici di alcuni tra i pi grandi filosofi e scienziati del Novecento e le sue puntuali repliche (Replies to my aitics). 1976 Diviene membro della Royal Society. 1977 Insieme al premio Nobel per la medicina, John Eccles, pubblica L'io e il suo cervello. 1979 Vede finalmente luce la versione integrale dell'opera da lui scritta all'inizio degli anni Trenta, I due problemi fondamentali della teoria della conoscenza. 1983 Esce, diviso in tre volumi, il Poscritto alla logica della scoperta scientifica a cui aveva lavorato dal 1951 al 1956. E curato da un suo allievo: William Bartley III. 1984 D alle stampe un volume (Alla ricerca di un mondo migliore) in cui raccoglie saggi e conferenze. 1985 Gli muore la moglie Josephine. "Senza di lei - ha scritto Popper molto di ci che ho fatto non sarebbe mai stato realizzato." 1990 Pubblica Un mondo di propensioni. In questi ultimi anni della sua vita rilascia numerose interviste a quotidiani e reti televisive. Riceve numerosi e prestigiosi riconoscimenti internazionali. Le sue opere vengono tradotte in pi di 25 lingue. 1994 17 Inghilterra. settembre Muore all'ospedale Mayday di Croydon in

Nella stessa collana

Aristotele, a cura di Elisabetta Cattanei Buddha, a cura di Gabriele Mandel Confucio, a cura di Gabriele Mandel Lutero, a cura di Claudio Pozzoli Machiavelli, a cura di Gabriella Brusa Zappellini Maometto, a cura di Gabriele Mandel Marx, a cura di Gabriella Brusa Zappellini Montaigne, a cura di Remigio Allegri Nietzsche, a cura di Claudio Pozzoli Pascal, a cura di Claudio Marcellino Platone, a cura di Claudio Marcellino Plotino, a cura di Claudio Marcellino Rousseau, a cura di Raiko Mancini Schopenhauer, a cura di Carla Buttazzi Seneca, a cura di Giovanni Reale Voltaire, a cura di Gabriele Mandel Kierkegaard, a cura di Dario Antiseri

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