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SUL CONCETTO DI STORIA IN HANNAH ARENDT Indice: Introduzione 1. Il presente come lacuna tra passato e futuro 2.

Il passato e la tradizione 3. Il concetto di storia

INTRODUZIONE

Prima di addentrarsi nellanalisi del concetto di storia in Hannah Arendt necessario precisare (il che non banale ome sembra) che questa pensatrice non certo una storica1. Il senso della ricerca storica, loggetto cui si indirizza, il metodo dello storico, lanalisi delle fonti, il ruolo sociale dello storico, il suo sempre complicato rapporto alla politica, in altre parole tutte le tematiche che di solito vengono affrontate quando si riflette su questa disciplina, non occupano un posto di rilievo nellopera della Arendt e soprattutto nei saggi da me presi in considerazione. Eppure largomento particolarmente interessante perch, analizzando la situazione di contingenza delluomo contemporaneo, la Arendt individua tra le sue cause proprio la difficolt di riannodare i fili con il proprio passato: essendosi interrotta, in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, una tradizione di millenaria durata, luomo aveva perso le basi su cui poggiava la propria esistenza e il proprio pensiero. E proprio a partire da queste considerazioni Hannah Arendt, pur non essendo una storica, riesce a recuperare per questa disciplina un senso propriamente umano, capace di riconciliare luomo con se stesso e di ricordargli il perch del suo essere al mondo.

Pi che (o meglio prima di) chiedersi a cosa serva la storia (per parafrasare il famoso incipit dellApologia per la storia di Marc Bloch) alla Arendt interessa capire come si possa collocare lazione degli uomini in una societ che ha perso larmamentario concettuale che il passato si era sempre premurato di trasmettere ai posteri tramite la tradizione per comprendere la realt; le interessa capire come sia possibile districarsi tra le contraddizioni del presente senza una tradizione

Come fa notare Simona Forti, le critiche pi consistenti allopera della Arendt sono venute proprio dalla consorteria degli storici, secondo cui le sue analisi, per esempio sul totalitarismo, senza nessuna rilevanza fattuale, avevano trattato il fenomeno come se si trattasse di unastrazione, lasciando libero corso alle associazioni metafisiche, v. S. Forti, Vita della mente e tempo della polis, Milano, Franco Angeli, 1996, p. 18 e ssgg.

che dica cosa giusto e cosa sbagliato e senza nessuna autorit disposta ad assumere su di s il senso del mondo, la sua responsabilit 2. La Arendt dimostra come, seppur in modi diversi, gli uomini abbiano sempre cercato attraverso la storia una collocazione nel cosmo, un significato per le loro azioni (in un rapporto di emulazione o opposizione con natura e religione) e si chiede come questo potrebbe ancora essere possibile trovandosi luomo, nella societ attuale, sospeso tra passato e futuro in una lacuna in cui non sa bene quale partito prendere, avendo perso la capacit di fermarsi a pensare per poter pronunciare un giudizio, avendo messo in ombra la stessa capacit di agire e, in alcuni casi, avendo perso la speranza in un mondo comune che possa continuare trascendendo la breve durata di ciascuna singola esistenza (e la speranza in un mondo comune che pu continuare la condizione prima per ospitare la storia che conserver un ricordo da trasmettere ad altri). In seguito allesperienza della Seconda Guerra Mondiale e del totalitarismo, venuta meno lidea del progresso (che gi aveva iniziato a scricchiolare da qualche decennio), gli uomini hanno perso la visione per cui la storia dellumanit si incamminava verso un fine riconoscibile e perseguibile (e anche pi o meno ineluttabile), che fosse il benessere, la democrazia o qualsiasi altro ideale: come rivolgersi dunque al passato salvando e redimendo il significato dei suoi momenti particolari senza la possibilit di inserirli in un percorso in cui ogni vicenda era dotata di una causa e un fine determinati? Come lei stessa fa notare, la crisi di incertezza delluomo moderno che ha alla base la perdita della tradizione (cui sempre stata legata, dal suo nascere come concetto, lautorit) si estende dalla politica a settori prepolitici, come ad esempio quello dellistruzione in cui questa crisi resa manifesta dallincapacit di educare: cio di assumersi la responsabilit di un mondo da trasmettere (magari da contestare, ma di cui necessario che la generazione pi anziana ne assuma la responsabilit per potervi introdurre i nuovi venuti). Tuttavia, come osservano molti commentatori, per la Arendt non tutto perduto; per esempio, la mancanza di certezza, laver perso il filo che ci guida nel passato, ha il vantaggio di permetterci di ritrovare nel passato concetti che la tradizione aveva oscurato e che possono essere fecondi per la nostra condizione attuale e tra cui, non ultimo, un concetto e un modello di storia, che sorpassando tutti gli storicismi e le filosofie della storia, ci fa riconciliare con noi stessi, svolgendo una funzione catartica.

Riporto un brevissimo passaggio del saggio sulla crisi dellistruzione Che gli adulti abbiano voluto disfarsi dellautorit significa solo questo: essi rifiutano di assumersi la responsabilit del mondo in cui hanno introdotto i loro figli. [] E luomo non poteva trovare altro modo pi chiaro di esprimere il proprio scontento rispetto al mondo, il proprio disgusto di fronte alle cose come sono, del rifiuto di assumersi la responsabilit di tutto questo di fronte ai figli, La crisi dellistruzione, in Tra passato e futuro, Garzanti, 1991, pp.248-249.

1. IL PRESENTE COME LACUNA TRA PASSATO E FUTURO

La premessa alla raccolta di saggi Tra passato e futuro inizia con una citazione, un aforisma molto noto di Rn Char: La nostra eredit non preceduta da alcun testamento3. Rn Char scrisse queste parole durante la seconda guerra mondiale, cercando un modo per esplicitare il senso dellesperienza della Resistenza. Char cercava delle parole che potessero indicare e trasmettere il significato di quellevento (che per lui, come per altri che vi parteciparono, non era stato solo un evento bellico, ma morale4) nella sua compiutezza e nellimmediato trova la possibilit di dire, di dirne alcunch solo nella parola poetica e, nella fattispecie, con questenigmatica frase: uneredit senza testamento. Ovviamente un osservatore superficiale potrebbe pensare che per parlare della Resistenza il poeta avrebbe potuto utilizzare parole come libert, giustizia, democrazia e che forse le eredit con quel che stava accadendo centrassero poco o nulla. Leredit, il testamento, chiamano in causa lasciti, passaggi, passato, il tramandare e forse qualcuno direbbe anche tradizione, dunque proprio sembrerebbe fuori luogo che per parlare di un lotta per la libert, per lavvenire, per la ricostruzione, si dovesse far ricorso ad un testamento, ad unentit che chiama in causa un passato. Ebbene, forse lapparente enigmaticit di questa frase si chiarir con la lettura di un apologo di Kafka che sempre la Arendt si premura di riportare: Egli ha due avversari; il primo lo incalza alle spalle, dallorigine, il secondo gli taglia la strada davanti. Egli combatte con entrambi. Veramente il primo lo soccombe nella lotta col secondo perch vuole spingerlo in avanti, e altrettanto lo soccorre il secondo nella lotta col primo perch lo spinge indietro. Questo per solo in teoria, perch non ci sono soltanto i suoi avversari ma anche lui stesso: e chi pu dire di conoscere le sue intenzioni? Certo, sarebbe il suo sogno uscire una volta, in un momento non osservato vero che per questo ci vuole una notte buia come non stata mai dalla linea di combattimento, e per la sua esperienza nella lotta essere nominato arbitro dei suoi avversari, che combattono tra loro.5 Chi in definitiva il protagonista, Egli? Egli il presente, ma non il presente come comunemente ce lo raffiguriamo, quello del tempo biografico; il presente cos come elaborato nel pensiero ed il luogo di una lotta incessante: una lotta che il presente conduce con un passato che spinge verso il futuro (invece di trascinare verso di s) e un futuro che pare avere gli occhi fissi al passato; anche il passato e il futuro, dunque,

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Rn Char, Feuillets dhipnos, citato in H. Arendt, nella premessa a Tra passato e futuro, ed. cit., p.25 Resistenza solo speranza. Cos la luna di Ipnos, con tutti i suoi quarti stanotte, domani visione sul paesaggio dei pemi, Fogli dIpnos: 1943-1944, Torino, Einaudi, 1968, p. 89. 5 H.Arendt, premessa a Tra passato e futuro, ed. cit., p.25.

sembrano avere delle linee direzionali differenti da quelle che di solito attribuiamo loro e che in questa immagine propostaci finiscono per confliggere; al presente il compito di districarsi in questa lotta e di darle un senso, se vi riesce; il presente deve, in altre parole, assumersi (pu accoglierla o contestarla o filtrarla ma in ogni caso assumersene lonere) leredit del passato e deve agire con ci che ha verso il futuro. Tuttavia, nel racconto di Kafka, Egli non riesce nel compito di dare un senso alla lotta poich continuamente braccato e costretto a lottare: e avrebbe avuto bisogno, per giudicare e riflettere, di ergersi al di sopra della linea del fronte in una notte di oscurit profonda che potesse celarlo alla vista delle due forze. Egli necessita dellallontanamento che, fuor di metafora, la possibilit di pensare, di elaborare lesperienza che si sta vivendo e di darle un nome in modo che possa essere consegnata con un senso a coloro che seguiranno, ma si trova impossibilitato a compiere questa esperienza di riflessione che offre lunica possibilit di compiutezza per gli eventi poich troppo impegnato ad ingaggiare battaglia: La lotta di Kafka inizia quando lazione ha compiuto il suo corso e la storia che ne risultata rimane in attesa di ricevere la propria compiutezza dalla mente che eredita e mette in discussione. Il compito dellintelletto umano comprendere laccaduto; e comprendendo, dice Hegel, luomo si riconcilia con la realt: il vero fine del comprendere mettersi in pace col mondo. Purtroppo, se la mente incapace di pacificare e riconciliare, si trova subito preda della propria guerra6. Il passato si scaraventato addosso a Egli senza un nome, senza una compiutezza, senza essere stato preceduto da un atto di volont, senza, per lappunto, un testamento che dicesse esattamente di cosa si trattasse; invece di trovarsi un passato con una direzione di senso gi stabilita, che offrisse la possibilit di slancio verso un futuro, a partire dalla sua accettazione o contestazione, il passato una pesante eredit senza testamento con cui bisogna quotidianamente ingaggiare battaglia. Ora, il passato stato spesso (e ancora oggi per certi versi) considerato un fardello di cui meglio disfarsi, ma in ogni caso si era, almeno fino alla seconda guerra mondiale, fino ad allora, trattato di un fardello perfettamente riconoscibile, nominabile, con un suo senso che si poteva non condividere, ma in ogni modo immediatamente affrontabile; e magari addirittura una volta per tutte. Quando Char scrive il suo aforisma, invece, il passato era unentit che si era incuneata dolorosamente nel presente poich non aveva un nome, ci si era infiltrato a pezzi, irriconoscibile, smembrato poich luomo aveva perso ci che gli permetteva di interpretarlo, ne aveva perso il filo. Con questo passato innominabile, che non ha il tempo di essere accolto nel pensiero, noi siamo sospinti verso il futuro che, in un certo senso, ci viene addosso senza essere stato atteso, preparato,
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ivi,, p. 30.

senza certezze; cos noi, troppo impegnati a lottare per elaborare ci che ci stato lasciato senza testamento, non riusciamo a nostra volta a lasciare nulla in eredit, nessuna compiutezza, se non questa lotta incessante tra due forze che non si conoscono, una lotta incessante che mantiene in essere non un presente, ma una lacuna del tempo, una sorta di interregno in cui per comprendere la verit si avrebbe bisogno di cessare il combattimento, di meditare, pensare. E cos: [egli muore] per sfinimento, esaurito dalla pressione di una lotta incessante, dimentico delle proprie intenzioni primitive, conscio ormai soltanto dellesistenza di questa lacuna del tempo sulla quale dovr restare per tutta la vita, bench somigli pi a una campo di battaglia che a una patria7. Ritornando alla Resitenza, quello che Char con quellaforisma provava a dire era che la situazione in cui gli uomini si erano venuti trovare era una novit assoluta; erano stati costretti, per cos dire, a improvvisare e a non avere il tempo per meditare poich lurgenza del presente era pi forte. Una volta terminata lazione che aveva spezzato un processo come quello dei totalitarismi, non avrebbero saputo cosa lasciare, non sarebbero stati in grado, nemmeno loro, di redigere un testamento e per questo motivo, tra gli altri, Char credeva che una volta terminato il tempo di quelle azioni, una volta interrotto lautomatismo del processo storico introducendovi un elemento di rottura, sarebbe stato costretto insieme agli altri che vi avevano partecipato a ritirarsi nel pensiero. Non a rinnegare gli anni in cui avevano ricreato uno spazio pubblico in cui discutevano i destini della Nazione futura e in cui la libert (che per la Arendt, vedremo, laltra faccia dellazione, il senso dellagire delluomo) era potuta apparire, ma a farsi da parte8. Ci che Char e gli uomini che avevano agito come lui lasciavano era un tesoro (questo spazio in cui la libert era apparsa) non preceduto da un atto esplicito di volont e non elaborato nemmeno da quelli che ne furono gli attori: I primi a non ricordare come fosse fatto il tesoro furono dunque proprio quanti lo avevano posseduto e lo avevano trovato cos strano da non saper neppure dargli un nome. Sul momento non se ne preoccuparono: anche se non conoscevano il loro tesoro, conoscevano per il senso del loro agire, e sapevano che questo senso andava ben oltre la vittoria o la sconfitta []. La tragedia [] cominci quando divenne chiaro che non cera nessuna mente pronta ad ereditare e mettere in discussione, a meditare e a ricordare. Agli uomini della Resistenza sfugg appunto quella compiutezza che ogni evento reale deve trovare nella mente di quanti dovranno pi tardi raccontare il fatto e rimandarne il senso; e senza questa compiutezza razionale, posteriore allatto,

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Ivi, p.36. Se sopravvivr, so di dover rompere con laroma di questi anni essenziali, di dover tacitamente respingere (non reprimere) il mio tesoro, Rn Char, Fogli dIpnos, citato in H. Arendt, ivi, p. 26.

senza larticolazione effettuata dalla memoria, non restava nessun fatto che potesse essere narrato9. Quello che la Arendt tende a precisare ancora una volta che questa lacuna del tempo, in cui pare non esserci spazio n per la memoria e n per la storia, non appartiene al tempo biografico, ma manifesta la sua esistenza solo nel momento in cui si pensa. Pensare senza riuscire a elaborare un senso delle cose appunto una sorta di sospensione del nostro tempo che lei chiama una lacuna. E questa lacuna, pur non essendo in s un patrimonio degli uomini del XX secolo (essendo piuttosto connaturata allesistenza terrestre delluomo), nel secondo dopoguerra cessa di interessare esclusivamente i filosofi, coloro che tradizionalmente si erano dedicati al pensiero: Per lunghissimi periodi della nostra storia, anzi nei millenni successivi alla fondazione di Roma, condizionati dalla mentalit romana, sulla lacuna era gettato un ponte, formato da quella che dai romani in poi chiamiamo tradizione. Non un segreto che questa tradizione si sia fatta sempre pi sottile con il progredire dellet moderna: e quando il suo filo si infine spezzato, la lacuna tra passato e futuro ha cessato di essere una situazione peculiare alla filosofia, unesperienza limitata a quei pochi per i quali pensare costituiva lattivit fondamentale; diventata per tutti una realt e un dilemma tangibile; insomma, un fatto politico10. In sostanza la tradizione perduta per tutti e tutti si sono rivelati incapaci di resistere, in ogni campo: dalla politica, allistruzione, alla cultura. Eppure, come la stessa Arendt ci dice, la tradizione non coincide col passato dunque il passato di per s non perduto e anzi, forse da esso, e proprio da quello pi remoto, provengono i germi pi fecondi per il nostro agire11, a patto che, pur con grande difficolt, si riesca ad ascoltarlo: forse soltanto adesso il passato si apre davanti a noi con inattesa freschezza, per dirci cose che nessuno finora aveva orecchie per ascoltare. Ma non si pu negare che senza una tradizione saldamente radicata [] lintera dimensione del passato risulta compromessa. Corriamo il rischio di dimenticare: e questo oblio, a parte i contenuti che potrebbero andare perduti, equivarrebbe, umanamente parlando, a restare privi della dimensione della profondit nellesistenza umana12. A non dimenticare: ecco, per esempio, a cosa serve la storia. Ma prima di addentrarci nellanalisi di questo aspetto necessario dire ancora qualcosa sul passato e la tradizione.

Ivi. p. 28. ivi, p.37. 11 Linterpretazione critica del passato presenta anche un aspetto sperimentale, in quanto suo scopo precipuo scoprire le origine autentiche dei concetti tradizionali per ridistillarne quellessenza originaria che ormai svanita perfino dalle parole chiave del linguaggio politico (libert e giustizia, autorit e ragione, responsabilit e virt, potere e gloria), lasciando soltanto gusci vuoti con i quali si vorrebbero accomodare quasi tutti i problemi, senza considerarne le implicazioni fenomeniche reali, ivi, p. 38 12 H. Arendt, Che cose lautorit?, in Tra passato e futuro, ed. cit., p. 133.
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2. IL PASSATO E LA TRADIZIONE

La Arendt scrive che la nostra tradizione di pensiero, bench come concetto sia di origine romana, ha una precisa origine in Platone e una fine in Marx. La tradizione, oltre che una guida nel nostro passato, che conserva alcuni avvenimenti a scapito di altri dicendoci ci che bene e ci che male, prima di tutto una serie di categorie per pensare la realt. E attraverso queste categorie (che, come abbiamo detto, hanno un inizio con la filosofia di Platone e una fine simbolica in Marx, ma anche Kierkegaard e Nietzsche poich il vero momento di rottura la Seconda Guerra Mondiale) che noi pensiamo il passato e lo tramandiamo (o pensiamo il passato che ci stato tramandato e riusciamo a farlo perch concettualmente non c discrepanza tra noi e coloro che ci hanno preceduto) e pensiamo il presente per agire guardando al futuro. Se volessimo sintetizzare questo filo rosso che lega per circa due millenni la nostra storia potremmo dire che linizio sta nellaffermazione di Platone secondo cui la sfera degli affari umani un mondo di tenebre e confusione cui solo la sfera delle idee (trascendenti) pu portare ordine; cos facendo, Platone rende la polis greca abitabile dal filosofo che pu occuparsi di politica imponendo il proprio criterio13. Platone stabilisce il primato della vita contemplativa sullazione, primato che rester indiscusso almeno fino agli inizi dellet moderna. La fine (o per lo meno linizio della fine) starebbe in Marx che, in seguito ai cambiamenti avvenuti nei secoli che lo avevano immediatamente preceduto, incita i filosofi realizzare in politica la propria filosofia, stabilendo come capacit essenziale delluomo non un vedere, il contemplare, ma il fare, lagire. Questa svolta di Marx, dal pensiero ad un non meglio specificato fare14, non era, ad avviso della Arendt, che il frutto dellimpossibilit di pensare quello che stava accadendo in termini tradizionali e la ricerca di un nuovo modo di porsi di fronte alla realt. Il problema di pensatori come Marx era che, pur cercando di pensare contro la tradizione, lo facevano pur sempre con le sue armi poich non ne avevano altre. Dunque, invece di ripensare la tradizione (cosa forse impossibile), non facevano che ribaltarla riabilitando il termine dellopposizione che fino ad allora aveva avuto la peggio (nel caso della nostra tradizione il fare) e
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Ad avviso della Arendt, come aveva dimostrato la morte di Socrate, la polis greca non offriva al filosofo uno spazio in cui vivere; solo introducendo un criterio di ordine e obbedienza (che non fosse luso coercitivo della forza) il filosofo avrebbe potuto continuare la su attivit. Non esistendo in Grecia il concetto di autorit cos come lo intendiamo noi oggi e non potendo fare riferimento ai modelli di vita domestica in cui pur vigevano rapporti che noi oggi definiremmo autoritari perch questi non presupponevano nessuna forma di libert (che era propria dello spazio pubblico e veniva esercitata da coloro che erano liberati dalla necessit delle cure private, cui provvedevano gli schiavi), Platone invent il potere regolante dellidea, quale criterio trascendente che governasse gli affari umani. E lo pot fare perch ci che accomunava gli uomini (dal filosofo alluomo comune, seppure questultimo la esercitasse verso oggetti falsi) era la capacit di vedere, cio di contemplare (una categoria dellintelletto superiore al fare); ivi, pp. 149 e ssgg. 14 Nel prossimo paragrafo vedremo meglio il significato per la Arendt di termini come contemplare e fare.

producendo in linea di massima numerose contraddizioni di cui essi stessi sentivano il peso: ma daltronde era quello cui si arrivava cercando di rimodellare le categorie della tradizione su di una realt che non si prestava pi ad essere interpretata tramite esse: Marx, come altri grandi autori del secolo scorso, nasconde la perplessit causata dal dover analizzare fenomeni nuovi con gli strumenti invecchiati del pensiero tradizionale (ma fuori da quel contesto si credeva di non poter pensare), sotto una vena paradossale, apparentemente giocosa e proterva. Quasi che, come Kierkegaard e Nietzsche, egli cercasse disperatamente di pensare contro la tradizione pur utilizzandone la armi concettuali15. A precedere questi tre pensatori era stato Hegel16; Kierkegaard poi con la sua filosofia non aveva fatto altro che portare il dubbio nella fede rendendo anchessa sottoposta al dubbio; Marx aveva privilegiato il lavoro come qualit umana per eccellenza dando luogo per ad una serie di aporie: ad esempio che ne sarebbe stato delluomo in una societ futura in cui la funzione lavoro si sarebbe ridotta fin quasi a scomparire (grazie allaumento della produttivit)? Ma Marx, come vedremo pi avanti, era incappato in un errore maggiore, quello di confondere il significato col fine, finendo per svilire luno e laltro e per giustificare, involontariamente, gli utilitarismi17. Nietzsche, dal canto suo, con una sorta di platonismo capovolto, privando il sensibile della sua vidimazione ultrasensibile non riusc pi a trovare la ragion dessere del primo18.

I tentativi di questi tre filosofi costituiscono in ogni modo delle sfide lanciate alla tradizione, ai presupposti fondamentali della religione, della filosofia politica e della metafisica tradizionale, ma non costituirono la causa della rottura e della perdita della tradizione. Se la loro sfida non riusc, in un certo senso, poich rimasero invischiati essi stessi dalle contraddizioni che avrebbero voluto risolvere e spiegare, fu perch per loro, pur essendo possibile pensare contro la tradizione non lo era pensare al di l di essa. Ma la strada allo sgretolamento delle millenarie categorie del pensiero era aperta e non furono certo i tre filosofi ad accelerarla (essi ne furono in un certo senso le vittime poich, accortisi di quello che stava accadendo provarono quanto meno a ribaltare il pensiero, ma non rinunciarono a pensare e capire) anche se il vero momento di rottura fu il XX secolo: Tuttavia n il periodo posteriore, nel XX secolo, n quello della vera e propria sfida alla tradizione, nel secolo precedente, costituirono le cause autentiche della frattura nella nostra storia. Questultima si verific in seguito alle caotiche perplessit di massa suscitate dalla politica e alle opinioni di massa

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H. Arendt, La tradizione e let moderna, in Tra passato e futuro, ed. cit., p. 50. Hegel con la sua idea della storia come un fatto unitario in continua evoluzione dialettica respingeva lautorit della tradizione, ivi, p. 54. 17 Ma su questo torneremo pi avanti. 18 Non sempre i filosofi hanno condiviso in tutto e per tutto queste interpretazioni arendtiane; tuttavia quel che conta in questa sede cercare di capire come secondo lei si svolta la parabola della nostra tradizione.

dominanti nella sfera spirituale, che i movimenti totalitari, coi mezzi del terrore e dellideologia, cristallizzarono in una nuova forma di governo e di dominio. Il totalitarismo (in quanto fatto determinato che, per essere privo di precedenti, non pu esser interpretato mediante le categorie usuali della filosofia politica, i cui delitti non possono esser giudicati secondo letica tradizionale o puniti allinterno della struttura giuridica della nostra civilt) ha infranto la continuit della storia dellOccidente. La frattura della nostra tradizione oggi un fatto compiuto, che non nasce per scelta deliberata di qualcuno n pu esser cancellato da un ripensamento19. Siamo ritornati al punto in cui la lacuna del presente diventata un fatto di tutti, come avevamo detto: un fatto politico; al momento in cui, privati di una tradizione, il nostro passato ci appare niente pi che uneredit senza testamento: che non capiamo, che non ci piace, di cui non vogliamo sentirci responsabili e di cui forse non sappiamo nemmeno bene cosa fare. Senza una tradizione il passato uneredit senza testamento e rischia di essere tale per le future generazioni quello che noi nel presente compiamo se non riusciamo a dargli un nome, se non riusciamo a dare al tesoro che ci ritroviamo tra le mani una compiutezza che gli consenta di essere tramandato con un atto esplicito di volont.

3. IL CONCETTO DI STORIA

A questo oblio e a questa incapacit di riprendere in mano il filo del passato dellOccidente interrotto dal totalitarismo, pu supplire, finalmente, la narrazione storica. Tuttavia, per comprendere il ruolo che la storia, secondo la Arendt, pu giocare nella nostra contemporaneit necessario ripercorrere levoluzione del concetto di storia, dallepoca presocratica a oggi perch gli uomini, nel modo di concepire la storia, hanno sempre riflettuto il modo in cui percepivano se stessi in rapporto al mondo; per cui, per capire il punto in cui siamo giunti, necessario ripartire da ci che abbiamo perduto con lavvento della nostra tradizione a partire da Platone e che ora, proprio perch questa tradizione si interrotta, forse possiamo recuperare20.
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H. Arendt, La tradizione e let moderna, op. cit., p. 52. Una tradizione che si spezza alla met del XX secolo ma che scricchiolava da secoli, gi con linizio dellet moderna. Per la Arendt la tradizione nasce come concetto in epoca romana quando lautorit del passato si lega al fatto sacro della fondazione della citt: da allora tradizione, autorit e religione sono sempre state strettamente legate e non mai stato possibile metterne in discussione una senza minare le fondamenta delle altre due. Curiosamente, per la Arendt le rivoluzioni dellet moderna, in primis quella francese, sono stati dei disperati tentativi di rifondare (collegandosi allidea della sacralit di qualcosa che si fonda) lautorit attraverso linizio di un nuovo ordine (laddove regnava ormai il caos) che doveva segnare lavvio di una nuova tradizione. Autorit, tradizione e sacralit (della fondazione) di nuovo insieme (indicando, a suo avviso, la persistenza della tradizione concettuale iniziata col mondo antico); v. Hannah Arendt, Che cos lautorit? Op. cit., p. 165 e ssgg. 20 Quel che mi pare il caso di precisare allinizio che in questo excursus la Arendt risponde anche polemicamente alle correnti dello storicismo e alle nuove tendenze della ricerca che inglobavano sempre pi la storia allinterno delle scienze sociali in una distinzione poco netta tra storia, sociologia e statistica. E probabile, come dice la Cedronio. che la Arendt portasse nelle sue riflessioni un pregiudizio di principio verso questi aspetti della ricerca, ma in questa sede non conta tanto lattendibilit di uninterpretazione; non conta cio capire e mostrare se e come la Arendt avesse

La Grecia Il concetto di storia era nato nellantichit greca come tentativo di rendere immortali le gesta delluomo. Luomo partecipava delleternit della natura solo attraverso il suo ciclo biologico, attraverso il ciclo ricorrente della vita con cui la natura assicurava lo stesso tipo di essere-per-sempre alle cose che nascono e muoiono come alle cose che sono e che non mutano21. Tuttavia questo ciclo ricorrente non assicurava limmortalit al singolo uomo la cui esistenza, al contrario, con un inizio e una fine, spezzava i ricorsi circolari della natura e dellesistenza biologica: questo lessere mortale: muoversi in linea retta in un universo dove tutto ci che si muove segue, semmai, un moto ciclico22. La storia nasce nellantica Grecia proprio sullo sfondo di questa concezione delluomo per cui tutto ci che luomo fa, ogni sua azione per sua natura peritura e si inserisce, interrompendola, nella ciclicit eterna della Natura: la distinzione tra uomini mortali e natura immortale era il tacito presupposto della storiografia23. La materia prima della storia stava, per i greci, in queste fratture delleternit e il compito della storia era quello di immortalarle poich esse esprimevano lessenza delluomo e al tempo stesso il suo paradosso: quello dellunico essere che biologicamente non ritornava mai a se stesso, che era mortale e perituro ma che poteva elevarsi allimmortalit attraverso le azioni degne di essere tramandate ai posteri. La memoria era connaturata alle categorie della storia perch ricordando, attraverso la parola, luomo si riconciliava con la realt (e dunque con se stesso) realizzando in questa riconciliazione, in questa catarsi, limmortalit che dal punto di vista dellesistenza biologica gli era negata: La storia accoglie nel suo bagaglio di memorie i mortali che con le loro gesta e parole si sono dimostrati degni della natura. Per essi, laver acquisito fama imperitura significa poter rimanere in compagnia delle cose durevoli, pur essendo mortali24. La storia e la poesia allinizio erano legate poich avevano entrambe questo stesso scopo e il loro legame si suggella (poeticamente) con Ulisse che narrando le proprie gesta si commuove. Grazie alla parola quello che era stato pura evenienza diventava storia25. E in questo stava per la Arendt
frainteso le nuove scienze sociali, ma il fatto che per lei queste fossero il riflesso di una condizione umana in cui dominava lanimal laborans che oramai non agiva pi ma si comportava, cio assumeva verso il mondo atteggiamenti e scelte prevedibili, ci che la Arendt deprecava perch per lei, come vedremo, lessenza delluomo era il suo agire inaspettato e assolutamente non prevedibile. 21 H.Arendt, Il concetto di storia: nellantichit e oggi, in Tra passato e futuro, ed. cit., p. 71. 22 Ivi. 23 ivi, p. 72. 24 Ivi, p. 78. 25 Il motivo pi profondamente umano della storia della poesia si rivela qui con purezza ineguagliabile: poich ascoltatore, attore e paziente sono la stessa persona, ogni motivo di pura curiosit, di morbosa sete di novit [] mancano del tutto in Ulisse, il quale, se la storia fosse solo notizia e la poesia soltanto divertimento, si sarebbe annoiato anzich commuoversi, ivi, p.75.

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la grandezza di questa concezione della storia: rendere immortale e quindi glorificare lazione, ci che per lei meno prevedibile, fissabile ma che costituisce lessenza delluomo. Questo piacevole paradosso proprio della cultura greca pre-socratica venne sciolto con lavvento della filosofia platonica (in cui la Arendt vede anche linizio della nostra tradizione filosofica e politica messa in crisi solo nel XIX secolo): in sostanza da allora in poi lambito di immortalit che luomo poteva ritagliarsi non sarebbe consistito nelle sua azioni e nella capacit di raccontarle, ma nel dimorare col pensiero presso le cose immortali26. Laddove il mondo pre-socratico aveva elevato a prima delle facolt delluomo lazione, da Platone in poi il primato appartenne allambito del pensiero. Ma come mai questo capovolgimento? Come abbiamo detto, il mondo greco credeva che solo lazione potesse consentire alluomo di dimorare presso le cose immortali se essa veniva consacrata al ricordo tramite la parole. Abbiamo anche visto che questo era un paradosso proprio perch a rendere immortale luomo potevano essere lazione e il discorso, cio due attivit tra le pi ineffabili poich non lasciano dietro di s alcuna traccia concreta. Eppure azione e discorso costituiscono (questo per la Arendt) la modalit in cui gli esseri umani appaiono gli uni agli altri in quanto uomini. Mentre le altre attivit delluomo, seppur con fatica, possono essere immaginate in un contesto di isolamento, lazione e il discorso possono sussistere solo in virt di un intreccio di relazioni umane che li possa accogliere, nel quale si possano inserire. Lazione ha inoltre altre peculiarit. Per prima cosa, essa imprevedibile nelle sue conseguenze, non tanto perch da un punto di vista logico non si riescono a calcolare gli esiti, quanto perch ogni azione si inserisce in una rete di relazioni in cui anche altri attori agiscono; il risultato che le azioni degli uomini sfuggono al controllo di chi le ha, anche consapevolmente, iniziate, e proprio in questa imprevedibilit, come abbiamo detto, sta la materia della storia. La storia per, regno delle azioni umane, si rivela nella sua compiutezza solo a posteriori, alla mente e alla penna del narratore: chi infatti il protagonista delle azioni non arriva a comprenderne pienamente il significato poich lazione in s sfugge alla sua volont ed egli stesso rimane imprigionato dalle conseguenze non previste del proprio agire. Secondo la Arendt la polis greca fu inventata proprio per far fronte alle conseguenze dellazione: creando uno spazio pubblico protetto dalle leggi, le azioni degli uomini, pur imprevedibili, non avrebbero superato certi limiti imposti dalle leggi, non avrebbero avuto bisogno della parola di poeti e storici per essere rese immortali in quanto sarebbe stato lo spazio

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La Arendt offre un particolare interpretazione della teoria platonica delle idee: a suo avviso la priorit del contemplare (livello situato subito dopo il pensiero, che richiede, anche se solo mentalmente, una certa attivit) sul fare (sullazione dunque che renderebbe luomo degno di essere immortalato) viene teorizzata da Platone per riuscire ad inserire lattivit del filosofo nel contesto della vita politica. Platone inventa lidea come un criterio di misurazione trascendente e vincolante sia per il filosofo che per luomo comune poich ci che caratterizza lessenza delluomo il primato del vedere, del contemplare, sul fare, sullazione; v. nota 13.

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della polis ad accoglierle e ricordarle; e, non da ultimo, per agire e compiere gesta immortali gli uomini non avrebbero dovuto attendere circostanze particolari, come poteva essere stata la guerra di Troia, materia di Omero. Lo spazio pubblico della polis, come una seconda vita rispetto agli spazi del privato, consentiva agli uomini di apparire in quanto tali, cio di esercitare le facolt in grado di rendere immortale luomo, le facolt che lo elevavano al di sopra delle altre specie viventi. La gerarchia delle facolt umane venne, una volta per tutte, modificata dallavvento della filosofia platonica che rispondeva per la Arendt allesigenza di rendere la polis abitabile dal filosofo (cosa difficile dopo la morte di Socrate). Platone esprimeva il desiderio di sottoporre la vita politica a leggi che tutelassero il filosofo e per questo elabor la teoria delle idee: la teoria del bene come modello e norma per lazione che cessava quindi di essere libera e imprevedibile. Se per agire era necessario conoscere, evidentemente la facolt umana per eccellenza diventava il pensiero anzi, per essere esatti, il pensiero come via che conduceva alla contemplazione della verit. E la contemplazione non aveva bisogno n di azione n di parola. Per Platone la verit eterna era larrethon, lineffabile, e per Aristotele aneu logou, senza parola. Cosi la vita contemplativa (pensiero e contemplazione) consacr il suo primato su quella activa, allinterno della quale per vigeva la seguente gerarchia: lazione era in ogni caso la prima delle attivit delluomo, che continuava ad esercitarsi nella vita politica alla quale poteva partecipare solo chi era libero, poi veniva la fabbricazione, che lasciava nel mondo oggetti durevoli e poi il lavoro, visto come unattivit faticosa che non lasciava dietro di s traccia poich consumava tutto nel processo vitale (il lavoro era lattivit che provvedeva al puro sostentamento vitale delluomo) e che veniva annoverata al campo della necessit e dunque confinata in una sfera domestica e privata27. Questo, ai fini del nostro discorso, significa che la storia viene privata della sua materia: lazione imprevedibile, che spezza il processo ciclico della natura e che consente alluomo di dimorare presso le cose immortali, raggiungibili ormai solo grazie al pensiero che non ha bisogno n degli altri, n di uno spazio pubblico, n di una memoria collettiva che lo conservi.

Il cristianesimo Questa gerarchia tra le attivit umane si mantenne costante fino allavvento dellet moderna. Anche se un posto a parte meriterebbero alcuni anni della storia romana28, si pu dire che la fine del mondo antico e lavvento del cristianesimo non portarono modifiche alla concezione che era nata con Platone29, n un tentativo di riabilitare il ruolo della storia cos come nella remota

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Si tralascia qui, per motivi di spazio, unanalisi delle differenza tra Aristotele e Platone sul modo di concepire la vita activa su cui invece la Arendt pure si sofferma. 28 I romani inventarono la tradizione e lautorit. 29 Pi avanti ci soffermeremo sul concetto di perdono, che per la Arendt fu una prerogativa del messaggio evangelico.

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antichit greca era concepito. Nella concezione cristiana del mondo, infatti, alla storia sarebbe rimasto ben poco da immortalare (e bench la filosofia di Agostino avesse, per la Arendt, riconosciuto come attraverso la creazione delluomo Dio avesse introdotto nel mondo la facolt della libert, attraverso lazione che dava inizio al nuovo). Infatti, mentre nella Grecia La grandezza si riconosceva subito come una cosa che di per s aspirava allimmortalit: ossia, in termini negativi, un eroico disprezzo per tutto ci che si limita ad avvenire e trascorrere, per tutto quanto vita individuale, non esclusa la propria [, tale] accezione della grandezza non poteva venir accolta senza modifiche dallera cristiana, in quanto il cristianesimo pone la vita e il mondo in un rapporto che lesatto contrario del rapporto vigente nella cultura classica, greca e latina.. Per il cristiano immortali non sono n il mondo, n il ricorrente ciclo della vita, ma soltanto i singoli viventi30.

Dallet moderna: la storia come processo Le cose cambiarono con lavvento dellera moderna, che, attraverso un ribaltamento della gerarchia delle facolt delluomo forgi un suo proprio concetto della storia. Lepoca moderna ha, per la Arendt, alla sua base tre avvenimenti che provocarono uno sconvolgimento della visione che luomo aveva del mondo, del suo posto nel mondo e quindi anche del modo di concepire la storia: la secolarizzazione, che nei fatti fu una separazione della sfera politica da quella religiosa, le scoperte geografiche e la rivoluzione scientifica, che fu levento principale: Let moderna ebbe inizio quando, con laiuto del telescopio, luomo volse i propri occhi corporei alluniverso, sul quale congetturava da tanto tempo (vedendolo con gli occhi dello spirito, ascoltando con le orecchie del cuore e guidato dalla luce interiore della ragione) e scopr che i propri sensi non erano fatti per luniverso, che la sua esperienza quotidiana, lungi dal poter costituire il modello per recepire la verit e acquisire la conoscenza era una fonte di continui errori e disillusioni31. Le dimostrazioni sullesattezza del modello eliocentrico non provocarono nessun tipo di entusiasmo, secondo la Arendt, tra gli uomini di cultura, anzi essi divennero preda del dubbio il cui risultato fu una progressiva alienazione delluomo dal mondo. Senza addentrarci in analisi filosofiche, il famoso dubbio cartesiano rappresenta per la Arendt il ritrarsi delluomo allinterno dei processi della propria coscienza del cui funzionamento solo poteva avere certezza. Invece di avere in comune un mondo nel quale agire e parlare, luogo del proprio apparire, gli uomini iniziarono ad avere in comune la struttura delle proprie menti. Invece di inseguire una verit (che tradizionalmente era una verit rivelata che si poteva solo contemplare) che non si rivelava n ai sensi n alla ragione (dato che per scoprire la verit sulluniverso cera stato bisogno di uno
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Hanna Arendt, Il concetto di storia,op. cit., p. 83 Ivi, p. 86.

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strumento, del telescopio, costruito dalluomo), occorreva concentrarsi sul successo pratico. La verit non pi raggiunta con la contemplazione, proprio perch non cera pi un mondo oggettivo da contemplare, venne raggiunta attraverso il fare32. La vita activa ritrovava cos tutta la sua dignit ma con una gerarchia diversa da quella elaborata dal passato. Al primo posto non vi era lazione imprevedibile e irreversibile, ma il fabbricare, che conduceva ad oggetti finiti e conoscibili, proprio perch fatti dalluomo e che potessero servire degli scopi, proprio come si era costruito un cannocchiale per osservare le verit del cielo. Tuttavia gli scienziati non erano i soli a costruire i propri strumenti e a verificare praticamente le proprie scoperte. Anche i filosofi (che certo almeno fino a Newton erano anche scienziati) si misero a fabbricare qualcosa: adottando la logica teleologica tipica della fabbricazione, gli autori delle teologie politiche come Hobbes iniziarono a pensare ai mezzi per fare un animale artificiale, si chiami esso Commonwealth o Stato33 e Vico scriveva che la storia era un processo fatto da mano duomo e dunque perfettamente conoscibile: lautore era lumanit nella sua interezza e il prodotto il processo storico nella sua totalit. Il termine processo utilizzato da Vico per parlare di storia non era affatto casuale poich lidea di processo era diventata una delle idee chiave di tutta let moderna; abbiamo, per esempio, gi detto dellidea dei processi della mente come unica certezza da opporre al dubbio. Tuttavia alla base di questa concezione vi erano anche altri fatti. Lidea di pensare la storia come un processo fu innanzitutto il frutto della secolarizzazione, iniziata con let moderna, che, nei fatti, fu una separazione della sfera politica da quella religiosa. Detto in altri termini, si venne a creare una sfera degli affari umani in cui la religione non aveva pi posto: nellambito secolare gli uomini erano ridiventati mortali. Questa idea di una sfera di mortalit che potesse sfiorare luomo era allora insostenibile (e nessuno degli uomini protagonisti di questa svolta avrebbe negato la validit dellinsegnamento religioso tradizionale: si trattava di uomini credenti per cui luomo era per definizione immortale) per cui si venne elaborando lidea della storia come
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Ritirarsi allinterno della propria mente signific, per Arendt, nientaltro che alienazione del mondo. Vi contribu notevolmente anche la matematica: liberandosi dalla geometria liber luomo dalle angustie di unesperienza legata alla terra, calcolando entit che non potevano essere viste nemmeno dallocchio della mente. Luomo poteva, attraverso la matematica, assumere una prospettiva universale anche restando sulla terra: come se anche la scienza, oltre alle teologia gli dicesse che non era fatto per questo mondo. Non potendo pi osservare i fenomeni come se gli venissero semplicemente dati, inizi a sottoporre la natura alle condizioni della sua mente, cio inizi a compiere esperimenti. Poich la matematica fatta da noi, i nostri esperimenti sono solo un modo per avere a che fare con la nostra mente. E poich il nuovo metodo scientifico sperimentale proponeva lesperimento come una serie di domande si capiva facilmente come risposte indipendenti dalle domande (cio un presunto nucleo di verit oggettive) non potessero esistere. Le conseguenze di questo atteggiamento sono state assunte pienamente dai matematici solo nel XX secolo, insieme ad altre scoperte sullinscindibilit dei nostri processi mentali dalle percezioni sensibili: Daltronde questa fiducia nella capacit di interrogare la natura si persa oggi con la scoperta del nesso inscindibile tra pensiero e percezione sensoria: in altri termini, qualunque domanda in realt legata ad una nostra visione del mondo, ad una nostra percezione sensoria; un esperimento che non tiene conto dellesperienza sensibile semplicemente inattuabile: ci significa che la natura impensabile in termini di razionalit pura ivi, p. 87. 33 T. Hobbes, Introduzione al Leviatano, cit. da Hanna Arendt, La condizione umana, Milano, Bompiani, 1991, p. 221.

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un processo infinito dal punto di vista cronologico (si pensi al calendario cristiano che vedeva un tempo infinito in due direzioni: tuttaltro che un tentativo di introdurre un tempo della religione, di cristianizzare il tempo: un tempo infinito in due direzioni non d luogo a nessuna attesa escatologica), una sfera di durevolezza tutta terrena che racchiudesse questi affari umani. La scrittura della Arendt al riguardo molto chiara: Oggi noi potremo difficilmente concepire come questa situazione di mortalit assoluta potesse risultare insostenibile agli uomini. Tuttavia riandando col pensiero allevoluzione dellet moderna fino alla nascita del nostro mondo contemporaneo, vedremo come siano trascorse centinaia danni prima che il concetto di una mortalit assoluta divenisse abituale al punto di non riuscire pi a turbarci e di togliere significato allantica alternativa tra unimmortalit individuale in un mondo mortale e una mortalit individuale in un mondo immortale []. Il nostro concetto di storia, bench in sostanza appartenente alla nostra epoca, frutto di quel periodo di transizione in cui la fede religiosa nellimmortalit non aveva pi influenza sulla sfera secolare, mentre ancora non era sorta quella nuova indifferenza di fronte al problema dellimmortalit34. La peculiarit rispetto alla storia del mondo presocratico era che non era possibile immortalare le presunte gesta eroiche degli uomini perch la secolarizzazione non signific la fine della fede dunque gli uomini, presi singolarmente, continuavano a considerarsi immortali. Ad avere bisogno di una sfera di eternit in cui collocarsi erano le azioni degli uomini nella loro totalit, cio dellumanit in generale. Lidea di storia manifest relativamente tardi il proprio influsso sulla coscienza dellet moderna [] e tuttavia trov il proprio acme con relativa rapidit, sfociando nella filosofia di Hegel []. In qualunque forma si esprima, esplicitamente hegeliana o no, la coscienza storica moderna pensa, con Hegel, che la verit risieda e si riveli proprio nel processo cronologico35. Gli uomini, in altre parole, che sapevano della caducit del mondo nel quale vivevano quotidianamente, avevano nondimeno la necessit di postulare un percorso senza fine nel quale poter inserire, come in delle caselle, tutto ci che avveniva nella sfera temporale. Solo in questo modo i singoli avvenimenti mondani acquistavano un senso. Bisogna rammentare, a questo punto, che questi affari umani non avrebbero potuto costituire un oggetto degno di essere immortalato in senso classico anche per un altro motivo. Per prima cosa la politica non costituiva pi il regno dellazione poich questa, per la sua natura imprevedibile era

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H. Arendt, Il concetto di storia, op. cit., p. 110. Inoltre, scrive ancora la Arendt: Nella sua versione moderna la storia [] bench non sia riuscita a salvare la politica vera e propria dallantico discredito, bench non abbia potuto far uscire dal loro limbo le singole azioni e atti che costituiscono il regno della politica propriamente detto, [] ha se non altro concesso agli eventi del passato quella posizione dimmortalit terrena alla quale lepoca moderna necessariamente aspirava, ma che i protagonisti dellazione non osavano pi pretendere dalla posterit, ivi, p. 124. 35 Ivi, p. 103.

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stata scalzata dal fare, dal fabbricare e il fatto che le filosofie politiche volessero fabbricare, fare uno Stato, comera il caso di Hobbes, ne un esempio. La nuova visione del mondo che cercava il successo pratico di ogni esperimento diffidava del carattere aleatorio e non prevedibile dellazione. Inoltre la vita politica cos come la avevano concepita i greci aveva del tutto perso il suo significato. Alla base della politica non vi era pi lintreccio delle relazioni umane, un mondo comune in cui apparire, cio agire e parlare; alla politica si era sostituito il governo i cui sostenitori avevano in comune linteresse privato, hanno in comune il desiderio che il governo non disturbi o tuteli i loro privati interessi. Laddove nel mondo in cui lazione troneggiava tra le facolt umane il privato e il pubblico erano due sfere separate, la prima quella in cui ogni uomo provvedeva alle proprie necessit vitali, la seconda quella in cui, libero dalle necessit, luomo poteva agire, nellepoca moderna il privato aveva invaso la dimensione pubblica finendo per distruggere luna e laltra: il privato che non pi tale36, il pubblico perch vi si trattano non gli affari umani, ma il luogo in cui si tutelano i propri interessi privati. Questa specie di ponte a met tra il privato e il pubblico chiamato dalla Arendt sfera del sociale, una sfera che invece di unire gli uomini (come faceva il mondo comune fatto di cose durevoli e intreccio delle relazioni umane) li separa perch li radica in unattivit di tutela e ampliamento del proprio privato37. Daltronde lidea del sociale per la Arendt strettamente connessa a quella di processo essendo il sociale un ampliamento della sfera privata, domestica, caratterizzata proprio dal soddisfacimento delle necessit del processo vitale e dallassenza di libert e spontaneit.

La storia, dunque, in questo contesto, era un processo infinito in cui collocare le attivit degli uomini per dare loro senso. Le azioni umane finirono per perdere significato prese in se stesse e per acquistarlo solo allinterno di un processo. Inoltre, come aveva detto Vico, essendo fatto da mano duomo, questo processo storico era perfettamente conoscibile e forse se ne poteva individuare perfino la direzione, il fine. Questa era unottica puramente utilitaristica perch si cominci anche a valutare lagire delluomo in base al presunto fine che il processo doveva perseguire. Quello di cui non si resero conto questi pensatori che la storia non poteva essere fatta perch era pur sempre il risultato dazione imprevedibile. E lazione, diversamente dal fabbricare che termina in prodotti
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A questo proposito la Arendt fa notare come il moderno concetto di privacy nasce proprio per proteggere lintimit in opposizione alla sfera sociale. A dare lavvio alla ribellione contro la societ fu Rousseau in nome della specificit dellinteriorit contro le esigenze di livellamento della societ, v. H. Arendt, La condizione umana, ed. cit., p. 29. 37 Anticipando ci che diremo oltre, mi pare opportuno per fare la seguente citazione: pubblico significa il mondo stesso in quanto comune a noi tutti e distinto dallo spazio che ognuno di noi vi occupa privatamente. Questo mondo, tuttavia, non si identifica con la terra o con la natura []. Esso connesso, piuttosto, con lelemento artificiale, il prodotto delle mani delluomo, come pure con i rapporti tra coloro che abitano insieme il mondo fatto dalluomo. Vivere insieme nel mondo significa essenzialmente che esiste un mondo di cose tra coloro che lo hanno in comune, come un tavolo posto tra quelli che vi si siedono intorno []. Ci che rende la societ di massa cos difficile da sopportare non , o almeno non principalmente, il numero delle persone che la compongono, ma il fatto che il mondo che sta tra loro ha perduto il suo potere di riunirle insieme, di metterle in relazione, ivi, p. 39.

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finiti, non porta a nessun prodotto, non ha fini e nemmeno scopi. Anche se in determinati momenti la capacit di agire delluomo pare offuscata essa sempre presente e dunque in grado, inaspettatamente, di compiere il miracolo di un nuovo inizio, di dare spazio alla libert e di ricreare un mondo comune per permettere alla libert di apparire. Ma su questo torneremo pi avanti; concentriamoci meglio ora sulla storia come processo e sul suo pi coerente interprete dellet moderna, cio Marx. Marx fu il principale interprete del concetto di storia come processo poich sintetizz perfettamente nella sua filosofia le principali idee dei filosofi che lo avevano preceduto (confluiscono nella sua visione le teologie politiche38, Vico, Hegel) combinandole con unaltra trasformazione dellet moderna che egli si incaric di sistematizzare teoricamente (dato che ne avevano parlato anche gli economisti come Smith): la glorificazione, tra le attivit umane, non pi del fare, ma del lavoro, che tradizionalmente era considerata la meno nobile. Come abbiamo visto, infatti, Marx per la Arendt rappresenta linizio della fine della tradizione cui aveva dato avvio la filosofia di Platone (anche se non fa che capovolgere le categorie della tradizione). Ma, anche qui, andiamo con ordine. Le teologie politiche del XVI e XVII secolo, tra cui rientra la visione di Hobbes, avevano teorizzato che la filosofia, pi che occuparsi di questioni metafisiche, avrebbe dovuto indirizzare i suoi sforzi verso la politica, fabbricando un animale artificiale come lo Stato e offrire una guida delle mete e dei fini, determinando una razionale teleologia dellazione39. Un secondo tassello venne da filosofi come Vico ma soprattutto Hegel, poich il concetto marxiano di storia era in stretta relazione sia con lidea di Vico che la storia fosse opera delluomo sia, ovviamente, con la filosofia hegeliana che aveva tramutato la metafisica in filosofia della storia. Marx, ad avviso della Arendt, non fece che comporre queste idee di filosofia della storia con le teologie politiche dei secoli passati: il senso della storia scoperto dalla filosofia divenne il fine perseguibile, unintenzione pianificata. Quello che per Hegel era solamente un fine teoretico (spiegamento del concetto di libert) divenne per Marx il fine della storia. Dove stava lerrore principale? Nel fatto che Marx confuse un significato con un fine, scambi, in sostanza, il significato dellesistenza umana (azione e libert, azione che espressione della libert) con un fine, inteso alla stregua del prodotto finale di un processo di fabbricazione, laddove lazione ha sempre delle conseguenze imprevedibili: n la

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Cos chiama la Arendt le filosofie politiche dellet moderna il cui principale esponente per lei Hobbes. H. Arendt, Il concetto di storia, op. cit., p. 112. Tra laltro, fa notare la Arendt, lidea che solo ci che sto facendo reale pu essere vera solo nellambito della fabbricazione, ma viene smentita dal corso degli eventi durante il quale, in virt dellazione degli uomini accade linaspettato. Per cui Hobbes, nella sua teologia politica pare inciampare nella realt. Egli venne superato da Hegel che, resosi conto dellintoppo, cerc con la sua filosofia di riconciliare spirito e realt, v. Hannah Arendt, La condizione umana, ed. cit., p. 221 e ssgg.

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libert, n alcun altro significato potranno mai essere il prodotto di unattivit umana nello stesso senso in cui un tavolo indiscutibilmente il prodotto finale dellattivit di un falegname40. Quello di Marx, e di tutti gli altri pensatori dellet moderna, fu in un certo senso uno sforzo per eludere la fragilit dellazione umana: assimilandola alla fabbricazione si sarebbe pur dovuti arrivare, ad un certo momento, al prodotto finito. Laddove nel passato la politica accoglieva le azioni e le parole delluomo, con Marx in un certo senso la politica venne sostituita dalla storia (o meglio dalla filosofia della storia): un processo che ha regole e fini perseguibili e solo allinterno del quale possono essere collocate le attivit delluomo. Ora, il processo non pu accogliere lazione poich ne il contrario. Il processo automatismo, prevedibilit ed dominato, soprattutto nellottica di pensatori come Marx, da uno spirito teleologico. Qual dunque lattivit umana che il processo poteva contenere? Essa non sar nemmeno la fabbricazione; questa attivit infatti presuppone che si crei il prodotto in base al modello (dunque presuppone una certa superiorit della capacit contemplativa, laddove la contemplazione era stata eliminata dalle attivit delluomo in seguito alla rivoluzione scientifica poich si era giunti alla conclusione che non vi era nessun mondo e nessuna verit da contemplare) e che il prodotto vada a costituire un mondo stabile fatto di cose durevoli. Questo mondo comune la condizione in cui la vita umana pu avere dimora sulla terra, ed stimolo allazione perch chi agisce e d inizio, in questo modo, al nuovo, sa anche che ci sar una continuit di mondo che accoglier la sua azione. Il processo invece non pu svolgersi su di un mondo stabile poich per svilupparsi esso deve consumare e metabolizzare tutto ci con cui viene a contatto e lattivit umana per eccellenza in questo contesto diviene il lavoro, il cui unico scopo mantenere la vita. Preceduto da Locke (il lavoro come fonte di ogni propriet) e da Smith (il lavoro come fonte di ogni ricchezza), Marx afferm che il lavoro costituiva la vera espressione dellumanit delluomo. In un mondo in cui lidea di processo era diventata dominante (processi fatti dalla mente,

esperimenti applicati alla natura, attenzione non al perch ma al come, accrescimento che pareva infinito della ricchezza), pareva non esserci pi tanto posto n per lazione n per la fabbricazione. La prima perch essendo imprevedibile non era conoscibile (mentre luomo aveva scoperto che i processi si potevano conoscere); la seconda perch per realizzarsi aveva pur sempre bisogno della superiorit del modello, mentre quello che contava per la verit, gli uomini avevano scoperto, era il fare in s; la fuga nel processo che genererebbe la libert, lutile o il progresso, ha avuto luogo sia per la paura dellassoluta contingenza, sia perch lazione umana imprevedibile e aleatoria41.
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A. Arendt, Il concetto di storia, op. cit., p. 115. M.Cedronio, La democrazia in pericolo. Politica e storia nel pensiero di Hannah Arendt, Bologna, il Mulino, 1994. p.226

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Infine, confondere, come fece Marx, i due livelli di significato e fine (come abbiamo detto, libert come fine dellagire umano) ha inoltre delle pericolose conseguenze soprattutto perch questa confusione tipica di ogni utilitarismo, che in nome dellutile (il fine) porterebbe a giustificare i mezzi. Soprattutto, niente vieterebbe di trovare il fine in un qualcosa di diverso dalla libert ma ugualmente perseguibile; proprio su questo si sono basati i totalitarismi: perseguire unipotesi di partenza e vedere nella sua (parziale) realizzazione la conferma dellipotesi iniziale: si capisce che un circolo vizioso che rende inattaccabile dalla realt effettiva questo processo. Inoltre, scambiare un modello interpretativo per la realt, confondere il significato con un fine perseguibile non fa altro che svilire il significato stesso. Pensare che la libert sia solo un fine realizzabile significa svilire limportanza, il miracolo che la libert delluomo compie quando riesce a dispiegarsi: illuminare i tempi oscuri, agire e creare il nuovo, anche nella desolante contingenza della vita e della storia42. Un posto a parte nellet moderna merita per la Arendt il filosofo Kant che, pur ammettendo che la storia avesse un senso osservata nellinsieme, non si rassegnava allidea di una contingenza che nel presente non abbandonava gli uomini: Lascer sempre perplessi che tutte le generazioni sembrino portare avanti le loro gravose occupazioni soltanto nellinteresse dei posteri e che solo lultima generazione debba potersi stabilire nelledificio terminato43.

Tuttavia alla Arendt non interessa tanto criticare o sottolineare le aporie del pensiero di Marx44, quanto mettere in evidenza la stretta relazione tra il concetto di storia di questo pensatore e i cambiamenti avvenuti nella societ. Il risultato di tutto quello che stato detto (il processo, il fare che scalza il primato dellazione e poi a sua volta scalzato dal lavoro) perfettamente assunto dalla filosofia di Marx ed pienamente realizzato nella nostra societ contemporanea: cio il primato dellanimal laborans. Per la Arendt questo significa che Marx aveva intuito il peso preponderante assunto dal lavoro e su questo aveva costruito la sua teleologia. Oggi, ad avviso della Arendt, noi siamo una societ di lavoratori, in cui il lavoro la dimensione fondamentale della nostra esistenza. Noi siamo privi di un mondo comune che ci metta in relazione poich ci che costituisce ormai il pubblico la societ, cio lorganizzazione pubblica dello stesso processo vitale45. Soggetto di questo pubblico non sono i singoli uomini, ma la societ nel
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ivi, p.211. H. Arendt, Il concetto di storia, op. cit., p. 120. 44 Ad esempio, se la storia ha un fine, che cosa accadr quando verr perseguito? Se nella futura societ il lavoro sar eliminato che ne sar delluomo la cui essenza proprio il lavoro? 45 H. Arendt, La condizione umana, ed. cit., p. 34

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suo complesso. La vittoria delleguaglianza del mondo moderno, per la Arendt, non che il riconoscimento giuridico che la societ ha ormai conquistato lambito pubblico, relegando la distinzione e la differenza tra le faccende private dellindividuo. Nella societ, il nuovo dominio pubblico, il comportamento ha sostituito lazione come modalit primaria di relazione tra gli uomini46. E infatti, nel XX secolo, la storia si ormai, purtroppo secondo la Arendt, sostituita con le scienze sociali, cio un misto non meglio definito di sociologia, economia e statistica. La storia, invece di essere custode delle novit, ha iniziato ad occuparsi della prevedibilit, della continuit e della ripetitivit, di come luomo inserito nellautomatismo del processo. La differenza rispetto a Marx (e anche allo storicismo che pure la Arendt critica) che in seguito alle esperienze della Seconda Guerra Mondiale, luomo ha perso ogni fiducia in un possibile progresso illimitato o in un fine della storia chiaramente perseguibile e vive al contrario immerso nella contingenza e nella ripetitivit di un processo che consuma tutto ci che incontra nel suo metabolismo. In un processo di continua produzione necessario che ci sia consumazione: la societ di consumatori che noi siamo ha smesso di credere in un mondo comune di cose che trascende la nostra esistenza individuale. E proprio questo, per esempio, il senso della crisi dellistruzione e della cultura. Ad aggravare la condizione di contingenza delluomo hanno contribuito anche le scoperte scientifiche, che, alla fin fine hanno privato luomo della possibilit di poter conoscere effettivamente un qualunque processo, perch pare che in realt lunico processo conoscibile sia solo quello della nostra mente e alla fine, come ebbe a dire uno scienziato: quando luomo cerca di studiare le cose che non sono lui stesso, n devono la loro esistenza a lui, si trover di fronte in definitiva soltanto se stesso, le proprie costrizioni e i moduli delle proprie azioni47. In definitiva, dopo la confusione marxiana tra significato e fine si persa ogni fiducia nella possibilit di scoprire un significato. Non esistono domande a cui non possa seguire un sistema di risposte logicamente connesse e addirittura possiamo fondarci su unipotesi qualunque per agire ottenendo una serie di risultati reali che non si limitano a essere coerenti, bens funzionano. Il significato strettamente letterale di tutto questo che tutto possibile, non solo nel campo delle idee, ma altres nella realt48. E questo vale anche per la storia: lo storico non solo pu ritrovare nel passato qualsiasi significato a partire da qualunque modello, ma preoccupato di stabilire il senso e la direzione del suo processo trascura di comprendere quanto effettivamente avvenuto.

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ivi, p 31 H. Arend, Il concetto di storia, op. cit., p. 125. 48 Ivi, p. 126.

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Il pensare in termini di processo da un lato, e dallaltro la convinzione di poter conoscere soltanto quello che noi stessi abbiamo fatto, ha portato allassoluta mancanza di significato inevitabilmente connessa allintuizione di poter decidere di fare qualunque cosa, poich ne risulter sempre un significato di qualche specie. In entrambi i casi la difficolt nasce in quanto lincidente particolare, il fatto osservabile o la circostanza singola del regno naturale, o il fatto o levento storico riferiti, non hanno pi significato fuori da un processo universale nel quale si presumono incastonati; eppure non appena luomo si avvicina a questo processo per sfuggire alla casualit del particolare, per trovare un significato ossia un ordine e una necessit le sue fatiche sono rintuzzate da ogni parte dalla risposta: qualsiasi necessit, qualsiasi ordine, qualsiasi significato tu voglia applicare andr benissimo. E la dimostrazione pi chiara possibile che in simili condizioni non visite necessit n significato, quasi la desolante casualit del particolare, nellinseguirci, cincalzasse ormai anche nella regione in cui si erano rifugiate, per eluderla, le generazioni precedenti alla nostra49.

La storia oggi Tuttavia, per la Arendt, anche in una situazione di assoluta impossibilit di conoscere significati o di riconoscere direzioni della storia del mondo, luomo non ha mai perso n perder mai del tutto la facolt di agire. Anche se si persa la fiducia nella possibilit di costruire o anche solo di conoscere un ordine delle cose del mondo, esiste sempre la possibilit inattesa che alcuni uomini possano attraverso le loro azioni illuminare i tempi bui. Nonostante il discredito dellazione essa costituiva delluomo e questa capacit di creare il nuovo, di irrompere con la propria vita in un mondo che appare desolatamente senza significato, esiste potenzialmente ovunque le persone si raccolgano insieme. Questo per esempio era accaduto con la Resistenza ed era il tesoro di cui parlavano Char e gli altri uomini che vi avevano partecipato. Le persone che si raccolgono insieme costituiscono lo spazio dellintreccio delle relazioni umane, che un mondo comune non reificato e che pure reale quanto il mondo fatto di cose stabili e durevoli. Lazione degli uomini in questo spazio la condizione della storia, il cui compito da una parte quello di trasmettere la compiutezza di un evento che sfugge a colui che lo ha iniziato, dallaltra conservare ci che delluomo non pu essere ridotto a cosa, conservare la memoria della sua capacit di compiere dei miracoli illuminando con la sua azione le epoche in cui pareva che la possibilit di modificare lautomatismo di un processo che magari lo stesso uomo aveva iniziato pareva impossibile. La storia mostrava come luomo pu sempre opporsi al conformismo e al
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Ivi, p. 127.

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male, e pu sempre produrre linfinitamente probabile che gli restituisce la dignit di essere libero e capace di affrontare e superare lalienazione e la contingenza della vita, della storia e della sua stessa azione50

In altri termini la storia per la Arendt ha il compito di trasmettere il famoso tesoro, ci a cui gli uomini della Resistenza non avevano saputo dare un nome, cio la memoria di uno spazio in cui la libert ha potuto manifestarsi. I protagonisti della storia sono gli eroi, capaci di trascendere la propria esistenza individuale per agire in uno spazio pubblico in cui la cura della propria vita privata non ha cittadinanza. Questa esperienza della storia ci viene, come abbiamo visto, da molto lontano: Ulisse ne un primo esempio. Tuttavia occorre precisare che la storia appartiene alla scrittura del narratore poich solo retrospettivamente, quando cessa, che si rivela il senso dellazione. La storia ha dei protagonisti, ma non ha dei veri e propri autori poich non pu essere fatta. Scrive la Arendt, constatando la naturale imprevedibilit dellazione: Non si tratta soltanto di unincapacit di prevedere le conseguenze logiche di un atto particolare nel qual caso un calcolatore sarebbe capace di prevedere il futuro; la difficolt deriva direttamente dalla storia che, come risultato dellazione, inizia a procede non appena sia passato il fugace momento dellatto. La difficolt che qualunque sia il carattere e il contenuto della storia in questione, [] il suo pieno significato pu apparire solo quando si conclude. Contrariamente alla fabbricazione, dove la luce con cui valutare il prodotto fornita dallimmagine o dal modello percepito in anticipo dallartefice, la luce che illumina i processi dellazione, e perci tutti i processi storici, appare solo alla fine, e spesso quando i protagonisti sono morti. Lazione si rivela pienamente solo al narratore, cio allo sguardo retrospettivo dello storico, che quindi conosce sempre meglio dei partecipanti ci che accaduto. Tutti i resoconti degli stessi attori [] nelle mani dello storico diventano semplicemente delle fonti utili []. Ci che il narratore racconta devessere necessariamente celato allattore, almeno fin quando egli agisce o implicato nelle conseguenze dellagire, perch per lattore il significato dellatto non consiste nella storia che lo segue. Anche se le storie sono i risultati inevitabili dellazione, non lattore, ma il narratore che comprende e fa la storia51. Anche per questo motivo, non rassegnandosi al fatto che la storia non avesse autori individuabili, le moderne filosofie della storia dellet moderna avevano inventato un attore dietro le scene: la mano invisibile, linteresse di classe, la Natura, la Provvidenza

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M. Cedronio, La democrazia in pericolo, ed. cit., p. 237. H. Arendt, La condizione umana, ed. cit., 140.

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Detto in altre parole, le storie [] rivelano un agente che non ne per lautore e non le ha prodotte52. Se gli attori mettono in scena quegli intrecci di relazioni che costituiscono la trama storica non per verosimile pensare e loro come veri e propri autori che portano a compimento lopera che hanno iniziato53. Lunico approccio della storia alle vicende umane devessere quello della comprensione che vada nella direzione non della ricerca di una causa, un fine o un ordine superiore (poich nulla di tutto ci pu esistere nel regno delle azioni umane) ma in quella della riconciliazione: La causalit storica categoria estranea e ingannevole nelle scienze storiche.Non solo il vero significato di un evento trascende sempre ogni numero di cause passate che gli si possono imputare, ma lo stesso passato viene ad esistere solo assieme allevento. Solo quando accaduto qualcosa di irrevocabile possiamo tentare di tracciarne la storia; levento illumina il suo passato, ma non pu essere dedotto da esso54.

Proprio perch la storia non si rivela ai suoi attori, coloro che, per esempio, avevano partecipato alla Resistenza non riuscivano a dare un nome al loro tesoro n a trasmetterlo nella sua compiutezza. Allattore Char poteva servire solo la parola poetica, poich la narrazione storica sarebbe appartenuta solo a coloro che sarebbero venuti dopo di lui. Altre volte per la Arendt lapparizione della libert aveva fatto irruzione nel XX secolo e i protagonisti ne erano stati proprio i lavoratori: le esperienze dei soviet, la rivoluzione ungherese del 1956. Questo perch allinterno dei ranghi del movimento operaio si era venuto a creare uno spazio di relazioni umane in cui apparire in quanto uomini che aveva fatto breccia nel mondo: Se la tragedia della rivoluzione ungherese fosse soltanto riuscita a mostrare al mondo che, nonostante tutte le disfatte e tutte le apparenze, questo slancio politico non ancora morto, il suo sacrificio non sarebbe stato vano55. Ritornando a noi, il pericolo pi insinuante che la Arendt individua nella nostra societ lassoluta mancanza di percezione che si potrebbe arrivare ad avere della contingenza in cui siamo immersi: talmente abbagliati dallabbondanza e assorbiti in un interminabile processo di produzione e consumo da non riuscire pi a riconoscere la futilit delle nostre vite, cio la futilit di vite che non si fissano in niente. Per questo la storia ha il compito di tenere desto il ricordo e la memoria della nostra capacit di agire e per questo la Arendt ha cos a cuore la narrazione biografica, poich essa mette in rilievo leccezionalit di personaggi che si erano rifiutati di assecondare i tempi in cui

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Ivi, p. 134. S. Forti, Vita della mente e tempo della polis, ed. cit., p. 228. 54 H. Arednt, citato da S. Forti, ivi, p. 235. 55 H. Arendt, La condizione umana, ed. cit., p. 159.

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avevano vissuto e che avevano, con eroismo, cercato di mettere in luce le qualit pi umane delluomo che pure venivano costantemente oscurate dalle societ e dalle epoche che avevano ospitato le loro vite. A questo scopo risponde la galleria di ritratti Il futuro alle spalle56. Nella premessa alledizione americana del teso scritto: Anche nei tempi pi oscuri abbiamo il diritto di attenderci qualche illuminazione. Ed molto probabile che [essa] ci giunger non tanto da teorie o da concetti, quanto dalla luce incerta, vacillante e spesso fioca che alcuni uomini e donne, nel corso della loro vita e del loro lavoro, avranno acceso in ogni genere di circostanze, diffondendola sullarco di tempo che fu loro concesso di trascorrere sulla terra57. Scrive ad esempio a proposito di Kafka: Non era certo innamorato del mondo pi di quanto lo siamo noi, ed anche della natura pensava che la sua superiorit sugli uomini non durasse che fino al momento del vi lascio in pace. A lui interessava un mondo costruito dagli uomini nel quale e azioni umane non dipendessero che dalluomo stesso e dalla sua spontaneit ed in cui la societ umana fosse retta da leggi sancite dagli uomini58. E proprio nel disperato tentativo di vivere la pi elementare delle vite umane termina la vita di K., protagonista de Il castello, di cui infatti poich nel perseguire questo proposito non si sottomette [] allapparente necessit, [] rester non la vergogna, ma il ricordo59 degli abitanti del villaggio60.

Noi abbiamo pur perso la tradizione che ci guidava sicuri nel passato e che rendeva stabili le nostre societ e di certo in un mondo in cui tradizione, autorit e anche libert abbiano (come hanno avuto) ognuna un posto definito sarebbe pi facile pensare nel senso che starebbe alla tradizione stessa fornirci le armi concettuali per stare tra passato e futuro, mentre il passato non legato da un testamento ci pone in una realt che abbiamo il compito di ripensare interamente e per la quale magari non abbiamo nemmeno parole appropriate, come era accaduto a Char. Tuttavia, come fa notare la Arendt, non abbiamo perduto totalmente il passato e (lo abbiamo accennato allinizio) possiamo di esso ascoltare delle cose che uno sguardo guidato dalla tradizione poteva addirittura celarci. A questo serve la storia, a riconciliarci, per vie diverse da quelle tradizionali, con un passato che non ci stato tramandato, custodendo, come una vestale col fuoco, il ricordo della capacit delluomo di compiere miracoli, di trascendere la sua esistenza individuale per illuminare loscurit
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H.Arendt, Il futuro alle spalle, Bologna, Il Mulino, 1995. La Arendt scrisse negli anni Trenta anche unaltra biografia, quella dellebrea Rahel Varnhagen, vissuta nel XIX secolo. 57 H. Arendt Prefazione a unedizione americana de Il futuro alle spalle [Men in Dark Times, 1968], testo riportato da E. Young-Bruehl, Hannah Arendt 1906-1975. Per amore del mondo, Torino, Bollati Boringhieri, 1990, p.10; nelledizione italiana del 1995 de Il futuro alle spalle da me consultata non presente alcuna premessa dellautrice. I personaggi presi in considerazione dalla Arendt sono il poeta Heinrich Heine, Franz Kafka, Walter Benjamin, Bertold Brecht e Charlie Chaplin. 58 H. Arendt, Il futuro alle spalle, ed. cit., p. 40. 59 Sottolineato di chi scrive. 60 Fur p. 30

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del suo tempo. Scrive la Arendt: La via naturale sempre quella del declino e della fine, ed una societ che si rimetta ciecamente al carattere di necessit delle leggi che si data non potr che finire. I profeti, da parte loro, non possono essere altro che profeti di disgrazie dal momento che delle catastrofi si possono sempre prevedere. Il miracolo rappresentato dalla salvezza, e non dalla fine perch solo la salvezza, e non la fine, dipende dalla libert delluomo e dalla sua capacit di modificare il mondo e il suo corso naturale61. La storia, per la Arendt, trasmettendoci questo ricordo, il ricordo di questo miracolo, ci rammenta che anche se le nostre esistenze individuali costituiscono uninesorabile corsa verso la morte, gli uomini possono trascenderle, mostrando che, anche se costretti a morire, sono in verit nati per incominciare62.

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H. Arendt, Il futuro alle spalle, ed. cit., p.31. Portando la riconciliazione e la comprensione la storia porta anche la capacit di perdonare che una capacit tutta umana di agire. Infatti, mentre rispetto a ci che ha causato la nostra sofferenza la vendetta sarebbe la reazione pi scontata, il perdono inaspettato e, non limitando il campo di possibilit delluomo ad una re-azione prevedibile (la vendetta), lo fa agire in maniera inaspettata. 62 H. Arendt, La condizione umana, ed. cit., p. 182.

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Bibliografia

Hannah Arendt, La condizione umana, Milano Bompiani, 1991 [1958]. Id, Tra passato e futuro, Milano, Garzanti, 1991 [1961]. Id, Il futuro alle spalle, Bologna, Il Mulino, 1995 [1966]. Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt 1906-1975. Per amore del mondo, Torino, Bollati Boringhieri, 1990 [1982]. Marina Cedronio, La democrazia in pericolo. Politica e storia nel pensiero di Hannah Arendt, Bologna, il Mulino, 1994. Laura Bazzicalupo, Hannah Arendt: la storia per la politica, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1995. Simona Forti, Vita della mente e tempo della polis, Milano, Franco Angeli, 1996. Ren Char, Fogli dIpnos: 1943-1944, Torino, Einaudi, 1968.

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