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22 febbraio 2010 Storia della Musica moderna e contemporanea Elisa Grossato Il programma diviso in due parti.

. 1 parte generale excursus sul melodramma dall'epoca in cui il melodramma nasce, fine cinquecento, primissimi del seicento, fino a fine ottocento. Nel 900 e nel 00 il melodramma c', ma i secoli d'oro sono quei tre. Quattro nomi fondamentali del melodramma italiano dell'Ottocento: Rossini, Bellini, Loninzetti e Verdi. 2 parte : approfondimento del Rigoletto di Verdi, che fa parte della trilogia popolare Verdiana che comprende il Trovatore, la Traviata e il Rigoletto. Testi consigliati. 1) L. BIANCONI, Il teatro d'opera in Italia, Bologna, Universal Paperbacks, Il Mulino,1993 2) F. DELLA SETA, Italia e Francia nell'Ottocento, Torino, Edt, 1993; 3) G. BUDDEN, Le opere di Verdi. Da Oberto a Rigoletto,vol.1,Torino, EDT, 1986, pp.520-557; 4) M. CONATI, Rigoletto.Unanalisi drammatico-musicale, Venezia, Saggi Marsilio, 1992; 5) F. DELLA SETA, Verdi: la tradizione italiana e lesperienza europea in << non senza pazzia Prospettive sul teatro musicale, Bologna, Carocci editore, 2008, pp.149-170. 1) Lorenzo Bianconi un musicologo che insegna al DAMS di Bologna, uno dei pi prestigiosi musicologi italiani. Il suo libro zeppo di titoli, di date, ecc. Ma la professoressa non verr mai a chiedere titoli e date, fondamentale capire quali siano le linee fondamentali dell'evoluzione del melodramma in Italia. 2) Fabrizio della Seta un musicologo italiano, professore universitario a Cremona (Universit di Pavia). uno specialista dell'ottocento e pone a confronto lo sviluppo musicale del melodramma italiano con l'ambiente culturale francese. Perch? Per un motivo di ordine culturale, proprio nell'ottocento tutti i vari compositori del melodramma italiano vedi i quattro nomi fondamentali sono legati al mondo culturale francese, perch la Francia trainante, pi sviluppata culturalmente. I vari compositori vanno in Francia, abitano a Parigi. Andare a Parigi significa acquisire l'internazionalit. I capitoli pi importanti da studiare sono: il primo capitolo, il secondo capitolo (importantissimo), il terzo fino a pagina 136 (importantissimo), il quarto capitolo (importantissimo), il quinto capitolo (importantissimo). Le letture possono essere lette, ma anche saltate. Fondamentale considerare il contesto culturale e il contesto storico quando si studia musicologia. 3) La professoressa fornir le fotocopie dei capitoli del testo di Budden. Lo studio obbligatorio. 4) Marcello Conati, musicologo italiano, ha scritto un'analisi del Rigoletto. Il testo non obbligatorio, bibliografico. La professoressa, in studio, lo pu prestare per farsi le fotocopie. 5) Fabrizio della Seta, lettura non obbligatoria. Fornir le fotocopie. 1

Fondamentale ASCOLTARE le opere. Procurarsi il LIBRETTO del Rigoletto. Libretto del rigoletto: http://www.opera-guide.ch/libretto.php?id=394&uilang=de&lang=it Musicologia. Nasce nell'Ottocento, i primi sono stati i tedeschi. Gli italiani arrivano nel primo Novecento. Studia l'insieme dei problemi legati alla musica, la scienza della musica. Ci sono varie componenti essenziali: la storia della musica, la filologia musicale, l'organologia, la prassi esecutiva, l'acustica, l'estetica della musica, la critica musicale, la pedagogia della musica, ecc, l'etnomusicologia. Fare musicologia significa studiare con criteri di ricerca scientifica tutto ci che riguarda la musica. Il Melodramma Melodramma (dal greco = canto o musica + = azione scenica) nasce nel tardo Cinquecento e primissimo Seicento a Firenze. il melodramma, cio uno spettacolo teatrale (dramma) interamente cantato e musicato (melo-). C' un circolo, un'accademia fiorentina, che si chiama Accademia del Conte Bardi, di fine Cinquecento. Si ritrovavano personaggi del mondo della letteratura e anche dei musicisti, come Jacopo Peri, Caccini e un famoso librettista, Rinuccini. Un altro nome che apparteva a questo gruppo di letterati era Vincenzo Galilei, padre di Galileo Galilei, che era un musicista. Discutono di problemi in parte legati alla musica e anche legati a problemi che fanno riferimento alle letteratura. In quel periodo, il Rinascimento Italiano, dal pdv musicale fioriva una produzione che era caratterizzata da un tipo di scrittura musicale che si definisce polifonica. La produzione polifonica, sia sacra, sia profana, dove tante voci cantano insieme. Il testo letterario non era intelleggibile. I letterati non vogliono che la musica bistratti il testo letterario e una delle cose discusse proprio questo problema e come risolverlo, ovvero trovare un rapporto di equilibrio tra musica e poesia. Dopo varie discussioni decidono che la musica importante, ma importante anche la letteratura, la poesia, e quindi bisogna dare un taglio alla polifonia e si sosterr quindi un tipo di scrittura musicale diversa, all'opposto della polifonia. La monodia accompagnata, una linea melodica unica, accompagnata da un sostegno, con gli strumenti musicali. Recitar cantando un declamato recitativo musicale. Ispirandosi al mondo classico, questi personaggi pensano di far nascere degli spettacoli musicali nuovi, che cercano di ricordare, di riproporre il teatro classico, come i cori della tragedia greca. L'accompagnamento alla monodia non deve disturbare il testo declamato cantato. Data da ricordare:1600 rappresentazione a Palazzo Pitti, nella Sala delle Statua, una Euridice (la ninfa moglie di Orfeo). Il musicista Peri e il librettista Rinuccini. L'occasione era un importante evento, uno sposalizio famoso: una Maria dei Medici in sposa al re di Francia Enrico IV di Francia.

24-02-2010 Sempre nel 1600 esce un'altra Euridice, con musicista Caccini, librettista sempre Rinuccini. Questa seconda Euridice verr pubblicata nel 1600, per verr rappresentata un paio di anni dopo. La rappresentazione fondamentale quella di Peri. Orfeo, canta e con il suo cantar riesce ad ammansir le fiere, vive in un mondo di ninfe e pastori. La sua amata sar questa ninfa, Euridice, ma il loro matrimonio dura pochissimo, perch questa natura, all'inizio benigna, si rivela come una natura cattiva, e Euridice viene morsa da un serpente velenoso e muore. La natura partecipa in doppio senso, alla felicit e alle disgrazie e ai dolori di coloro che vivono in questo mondo pastorale. Si passa quindi ad un grande dolore, un dolore cos forte che Orfeo dopo essere rimasto quasi impietrito dal dolore di questa notizia, portatogli da la Messaggera, una ninfa amica di Euridice. L'elemento della Messaggera deriva dai Nunzi della Tragedia Greca. Poi Orfeo prende una decisione drastica e decide di andare nell'Ade per convincere Ade e Persefone di farla tornare in vita. Riesce a convincerli, ma ad una condizione, non dovr mai voltarsi a guardarla finch non sono fuori dall'Ade. Orfeo non riesce e si volta e tutto finisce in tragedia, l'anima di Euridice torna nell'Ade e Orfeo. Nella rappresentazione di Peri il finale diverso, la vicenda volge a un lieto fine antitetico alla versione del mito greco, nella quale, perduta per sempre Euridice, Orfeo ripudia lamore, e le donne inferocite, si vendicano e lo fanno letteralmente a pezzi. Nel 1607 a Mantova, alla reggia dei Gonzaga, sempre in occasione di nozze importanti, viene rappresentato un Orfeo di un musicista importantissimo, Claudio Monteverdi, su librettista libretto di Alessandro Striggio, un giovane, figlio di un musicista collega di Monteverdi. L'opera di Monteverdi considerata il primo capolavoro del Melodramma. Striggio decide di cambiare il finale. Fa comparire incredibilmente Apollo con il suo carro di fuoco e prende Orfeo e lo porta in cielo, facendolo diventare una divinit. Monteverdi esperto nella polifonia e anche se nel suo Orfeo domina la monodia, ma ogni tanto inserisce dei piccoli brani di polifonia corale. Cori di pastori e di ninfe che commentano i fatti. Questo stacco, questo contrasto, crea della variet. L'idea stessa del contrasto fondamentale nella musica, crea pi interesse nel pubblico. Monteverdi un compositore attento alla drammaturgia ed attento ai personaggi. Orfeo un personaggio abbastanza seguito da Monteverdi, seguito nelle varie fasi psicologiche, come innamorato, come disperato, risoluto agli inferi... Monteverdi decide quali siano gli stumenti che devono essere suonati a seconda dell'occasione e sceglie quasi tutti gli strumenti disponibili all'epoca. Ci sono archi, ci sono cornetti, ci sono violoni, si sono altri strumenti a fiato, ci sono arpe doppie. Sceglie anche un tipo d'organo quando c' la voce di Caronte, un altro tipo in altri casi, ecc. C' quasi un campionario di tutti gli strumenti disponibili, con una scelta timbrica eccezionale. Monteverdi lascer Mantova e diventer Maestro di Cappella a San Marco a Venezia, ma non dimenticher il Melodramma e negli ultimi anni della sua vita far altre due opere, Il Ritorno di Ulisse in Patria e L'Incoronazione di Poppea. Dalla mitologia classica di inizio 1600, negli anni precedenti la met del 600 cambieranno i titoli, soprattutto a Venezia. Il pubblico cambia, i gusti cambiano. Con Il Ritorno di Ulisse in Patria si maniente un collegamento con la mitologia, con L'Incoronazione di Poppea (Venezia, 1642) si passa ad un tema storico. All'inizio il melodramma viene definito melodramma di corte, opera destinata alle corti, nella citt 3

di Venezia non sar pi melodramma di corte, ma sar teatro impresariale. Gli imprenditori affitteraranno i teatri e a partire dal 1637 si apriranno i teatri a pagamento, con il San Cassiano. Il pubblico, pagante, influenza il gusto e i lavoro dei librettisti. 01 03 2010 Nel 1609, due anni dopo la rappresentazione viene stampata la partitura de L'Orfeo di Monteverdi. Evento eccezionale, perch all'epoca erano molto pi importanti i letterati dei musicisti e il fatto che abbiano stampato la partitura fa capire quanto importante sia stata la rappresentazione e di quanta fama godeva Monteverdi. L'Orfeo di Monteverdi inizia con un prologo e poi ci sono gli atti. Il prologo una parte introduttiva dove parla la musica. Prima di sentire declamare la musica, quasi a chiedere il permesso di potersi esprimere, Monteverdi decide di aprire questo lavoro con un brano che intitolo Toccata. Un brano solo strumentale, vivacissimo. Sono principalmente squilli di strumenti a fiato, che ci da l'impressione di essere un richiamo per il pubblico, che li informa che sta iniziando qualcosa. Il pezzo viene ripetuto tre volte lo stesso tipo di fanfara, con strumenti a fiato che dominano la scena. Prologo, inizia on gli archi. Ha un andamento danzante, si apre il sipario, un andamento ternario, un-due-tre, un-due-tre, che introduce la musica. La Musica, personaggio allegoricico, canta. Una donna canta, un'unica voce. Il testo valorizzato al massimo, ogni tanto ci sono delle piccole fiorettature su alcune parole. Fiorettatura: Sfoggio di ornamenti; preziosismi, talvolta superflui ed eccessivi, di un brano musicale o di un discorso. Primo atto. Pastore In questo lieto e fortunato giorno ch'ha posto fine a gli amorosi affanni del nostro semideo, cantiam, pastori, in s soavi accenti che sian degni d'Orfeo nostri concenti [...] Declamato disteso, pi cantabile, diverso da come cantava la Musica, personaggio allegorico, pi intellettuale. Qui il pastore che canta, un compagno di vita di Morfeo ed Euridice. Il declamato pi arioso, lirico, pur conservando queste caratteristiche. un esempio di arioso monteverdiano. Poi risponde un coro, ricordiamo che Monteverdi sfrutta le sue esperienze nel settore della polifonia. CORO DI NINFE, PASTORI Vieni, Imeneo, deh vieni, e la tua face ardente sia quasi un sol nascente ch'apporti a questi amanti i d sereni e lunge omai disgombre 4

de gli affanni e del duol le nebbie e l'ombre. Con il coro molto pi difficile capire le voci. Altro coro di ninfe: CORO DI NINFE, PASTORI Lasciate i monti, lasciate i fonti, ninfe vezzose e liete e in questi prati a i balli usati leggiadro il pi rendete. Qui miri il sole vostre carole pi vaghe assai di quelle ond'a la luna, a l'aria bruna, danzano in ciel le stelle. Il Monteverdi gioca sul testo lasciate i monti, lasciate i fonti, gioca con imitazioni vocali (lasciate, lasciate). Andamento ritmico, quasi di danza. E finalmente parla Orfeo ORFEO Rosa del ciel, gemme del giorno, e degna prole di lui che l'universo affrena, sol, ch'il tutto circondi e 'l tutto miri, da gli stellanti giri, dimmi: vedesti mai alcun di me pi fortunato amante? Fu ben felice il giorno, mio ben, che pria ti vidi, e pi felice l'ora che per te sospirai, perch'al mio sospirar tu sospirasti: felicissimo il punto che la candida mano pegno di pura fede a me porgesti! Euridice risponde e poi torna il coro lasciate i monti, lasciate i fonti.

Secondo atto La festa nuziale gi avvenuta, un pastore si rivolge ad Orfeo, si sentono anche delle viole e delle viole da contrabbasso che fanno da accompagnamento: PASTORE (I) Mira, deh mira, Orfeo, che d'ogni intorno ride il bosco e ride il prato, segui pur col plettro aurato d'addolcir l'aria in s beato giorno. MESSAGGIERA qui c' un organo che accompagna la voce Ahi caso acerbo! ahi fato empio e crudele! ahi stelle ingiuriose! ahi cielo avaro! PASTORE (I) Qual suon dolente il lieto d perturba? MESSAGGIERA Lassa, dunque debb'io, mentre Orfeo con sue note il ciel consola con le parole mie passargli il core? PASTORE (I) Questa Silvia gentile, dolcissima compagna de la bella Euridice; o quanto in vista dolorosa! or che fia? Deh, sommi di, non torcete da noi benigni il guardo. MESSAGGIERA Pastor, lasciate il canto, ch'ogni nostra allegrezza in doglia volta. ORFEO Donde vieni? Ove vai? Ninfa, che porti? MESSAGGIERA A te ne vengo, Orfeo, messaggiera infelice di caso pi infelice e pi funesto! La tua bella Euridice... ORFEO Ohim che odo?. MESSAGGIERA La tua diletta sposa morta. ORFEO 6

Ohim. Seguir il racconto della messaggiera che racconter come morta Euridice. MESSAGGIERA In un fiorito prato con l'altre sue compagne, giva cogliendo fiori per farne una ghirlanda a le tue chiome, quando angue insidioso, ch'era fra l'erbe ascoso, le punse un pi con velenoso dente: ed ecco immantinente scolorirsi il bel viso e ne' suoi lumi sparir que' lampi, ond'ella al sol fea scorno. Allor noi tutte sbigottite e meste le fummo intorno, richiamar tentando gli spirti in lei smarriti con l'onda fresca e coi possenti carmi; ma nulla valse, ahi lassa! ch'ella i languidi lumi alquanto aprendo, e te chiamando Orfeo, dopo un grave sospiro spir fra queste braccia, ed io rimasi pieno il cor di pietade e di spavento. [] commento di tre pastori, prima della risposta di Orfeo ORFEO Tu se' morta, mia vita, ed io respiro? tu se', tu se' pur ita per mai pi non tornare, ed io rimango? No, che se i versi alcuna cosa ponno n'andr sicuro a' pi profondi abissi, e intenerito il cor del re de l'ombre meco trarrtti a riveder le stelle. O se ci negherammi empio destino rimarr teco in compagnia di morte, a dio, terra; a dio, cielo; e sole, a dio. CORO DI NINFE, PASTORI piccolo madrigale Ahi caso acerbo! ahi fato empio e crudele! ahi stelle ingiuriose! ahi cielo avaro! Non si fidi uom mortale 7 Citazione da La Divina Commedia di Dante. All'inizio del terzo atto, un personaggio allegorico, Speranza, dir Lasciate ogni speranza o voi ch'entrate.

di ben caduco e frale che tosto fugge, e spesso a gran salita il precipizio presso Madrigale: un componimento musicale vocale, di carattere profano, nato nell'Ars nova, precisamente nella prima met del 1300, che rispecchia lo schema metrico del testo poetico, infatti quest'opera contiene varie figure sintattiche, fonetiche e retoriche; composto da otto fino a quattordici versi per lo pi endecasillabi, raggruppati in stanze di terzine rimate secondo schemi variabili, ma accomunati da una coda a rima baciata, e composta per essere musicata. Inizialmente a due o tre voci e poi, con l'andare del tempo, sempre maggiormente sviluppatosi sia nella forma che nell'organico vocale cui talvolta si associa l'accompagnamento del liuto o del cembalo (basso continuo), fino a raggiungere la sua pi completa perfezione polifonica nella forma a 5 voci con Orlando di Lasso, Luca Marenzio e soprattutto Claudio Monteverdi. Ha come argomenti la natura e l'amore. Era molto diffusa nei madrigali la dissonanza, che era inserita non per errore ma volutamente, ad esempio ne fa un grande uso Gesualdo. Questa dissonanza si creava inserendo tra le varie voci intervalli che non erano di terza, sesta, ottava o quinta. TERZO ATTO Orfeo, agli inferi, riesce ad incontrare Caronte, personaggio che si incontra anche nella Commedia dantesca, e Orfeo si rivolge a lui per ottenere un passaggio. ORFEO Possente spirto e formidabil nume, senza cui far passaggio a l'altra riva alma da corpo sciolta in van presume, non viv'io no, che poi di vita priva mia cara sposa, il cor non pi meco, e senza cor com'esser pu ch'io viva? ORFEO A lei volt'ho il cammin per l'ar cieco, a l'inferno non gi, ch'ovunque stassi tanta bellezza il paradiso ha seco. Ritornello ORFEO Orfeo, son io che d'Euridice i passi seguo per queste tenebrose arene, ove gi mai per uom mortal non vassi. O de le luci mie luci serene; s'un vostro sguardo pu tornarmi in vita, ahi, chi nega il conforto a le mie pene? Sol tu, nobile dio, puoi darmi aita, n temer di che sopra un'aurea cetra sol di corde soavi armo le dita contra cui rigida alma invan s'impetra. 8

Questo brano il pi importante e pi significativo di tutto il melodramma. il clue di tutto il melodramma. Orfeo vuole ottenere di riavere con s la sua Euridice, farla rivivere, riportarla dagli inferi a riveder le stelle e vuole convincere di questo questa potenza infernale, Caronte. Quali sono le armi di Orfeo? Solo la musica e la poesia. Si ha quindi l'esaltazione massima della musica e della poesia. la musica che ha aperto l'opera, la musica la protagonista del prologo, ma qui che la musica si esprime in tutto il suo potere. Questo brano l'acme artistico dell'opera. Monteverdi ha scritto 2 versioni, una con una linea melodica molto semplice, e una seconda piena di gorgheggi, di fioriture, in cui il testo non si capisce quasi pi, quasi quindi in contraddizione con il recitar cantato della nuova tradizione fiorentina. Lo fa proprio per dare massima importanza alla musica e lo fa anche con un uso tutto particolare degli strumenti. Qui Monteverdi usa strumenti diversi i quali, addirittura, si contrapporrano alla voce di Orfeo, saranno anche loro solisti. Strumenti che concertano con la voce. In particolare due violini alla francese che sviluppano un certo virtuosismo parallelo alla voce, che quasi gareggia con la stessa. Poi introduce due cornetti, con un timbro simile alla tromba moderna, che dialogheranno con la voce. E anche due arpe doppie, molto ricche, con un suono dolcissimo, che suoneranno sole e si contrapporranno alla voce. 03-03-2010 ATTO TERZO Dove Orfeo convince Caronte. L'atto inizia con una sinfonia, termine che si trover anche nel 700800. Q u i i s i s e n to n o i v io lin i c h e s i in s e g u o n o , il p i s i v a a v a n ti e p i il v ir tu o s is m o v o c a le a u m e n ta e il te s to s i ORFEO c a p is c e m o lto p o c o . L 'in iz io , P o s s e n te S p ir to , c h ia r is s im o . A lc u n e p a r o le s o n o p i p r e s e d i m ir a d a lle Possente spirto e formidabil nume, f io r e tta tu r a , c o n u n a te c n ic a m a d r ig a lis ta , in q u a n to p i senza cui far passaggio a l'altra riva a d a tte a d e s s e r e d e s c r itte . U n a s o r ta d i p ittu r a alma da corpo sciolta in van presume, m u s ic a le . In v a n , a d e s e m p io , h a u n a fio re tta tu ra non viv'io no, che poi di vita priva e s a s p e r a ta . U n a c o p p ia d i v io lin i a lla f r a n c e s e mia cara sposa, il cor non pi meco, g a re g g ia , c o n c e rta n o c o n la v o c e . C o m b a tto n o e senza cor com'esser pu ch'io viva? in s ie m e , u n a f o r m a d i g a r a , d i c o m b a ttim e n to . S e g u o n o i v io lin i d a s o li, p r o g r a g o n is ti e p o i s i p r o s e g u e c o n n o n v iv 'io . P a r to n o i c o r n e tti, c h e s i in s e g u o n o e d in fin e , d a s o li, c h iu d o n o la s tro fa e f in is c o n o c o n u n tr ille tto . U n a s tr o f a m o lto b a r o c c a . ORFEO A lei volt'ho il cammin per l'ar cieco, a l'inferno non gi, ch'ovunque stassi tanta bellezza il paradiso ha seco.
F o r tis s im a f io r itu r a , a r p e d o p p ie c h e s i in s e g u o n o . P a r a d is o f io r e tta ta in m o d o e s te n s iv o . L e a r p e d o p p ie c o n c lu d o n o la s tr o f a , f in e n d o c o n u n tr ille tto . P a r la n d o d i E u r id ic e , l'u s o d e lle a r p e d o p p ie e s a lta la b e lle z z a e la p u r e z z a d e ll 'a m a ta .

ORFEO Orfeo, son io che d'Euridice i passi seguo per queste tenebrose arene, ove gi mai per uom mortal non vassi. O de le luci mie luci serene; s'un vostro sguardo pu tornarmi in vita, ahi, chi nega il conforto a le mie pene? Sol tu, nobile dio, puoi darmi aita, n temer di che sopra un'aurea cetra sol di corde soavi armo le dita contra cui rigida alma invan s'impetra. CARONTE Ben sollecita alquanto dilettandomi il core, sconsolato cantore, il tuo pianto e 'l tuo canto. Ma lunge, ah lunge sia da questo petto piet, di mio valor non degno affetto. ORFEO Ahi, sventurato amante, sperar dunque non lice ch'odan miei prieghi i cittadin d'Averno? Onde qual ombra errante d'insepolto cadavero infelice, privo sar del cielo e de l'inferno? Cos vuol empia sorte ch'in questi orror di morte da te, mio cor lontano, chiami tuo nome in vano, e pregando e piangendo mi consumi? Rendetemi il mio ben, tartarei numi.
Il te s to m e n o f io r e tta to , m a c o m u n q u e p i f io r e tta to d i q u e llo d i C a ro n te .N o n c i s o n o g li s tru m e n ti c h e a c c o m p a g n a n o il c a n to d i O r fe o . R e n d e te m i il m io b e n u n f o rtis s im o d e c la m a to , rip e tu to tr e v o lte , c o n s a lite p r o g r e s s iv e , e ta rta re i n u m i m o lto f io r e tta to . S e g u e u n a s in to n ia m o lto c u p a , fa tta d i a r c h i, d u r a n te la q u a le C a ro n te s i a d d o r m e n ta . L a v o c e d i C a r o n te p o c o f io r e tta ta , h a u n a v o c e b a rito n o , b a s s o , e s c e n d e in b a s s o m o lto (c o m e in a f fe tto ) e g li s tu m e n ti c h e a c c o m p a g n a n o C a r o n te u n o rg a n o re g a le , o v v e ro u n tip o d i o rg a n o p o c o u s a to , u n s u o n o a c id o , q u a s i fa s tid io s o , n o n b e llo c o m e le a r p e d o p p ie . S o n n e l p rim o v e r s o h a u n a fio re tta tu r a in c r e d ib ile . I v io lin i n o n s o n o s o lo , s o n o in o r c h e s tr a . I l v e r s o a h i, c h i n e g a il c o n fo rto a le m ie p e n e ? r ip e tu to d u v e v o lte . P o i v i u n a p a u s a d i s ile n z io e s i r ip a r te .

08-03-2010 L'Incoronazione di Poppea, firmata da Monteverdi e scritta da Busenello. Ultimo melodramma del Monteverdi, uscito nel 1642, l'anno prima della morte, sicuramente Monteverd stato aiutato, tra questo Francesco Cavalli, musicisa molto importante attivo anche a Venezia e la musicologia monteverdiana ha studiato questo testo monteverdiano e ci sono dei problemi non indifferenti di attribuzione, ma sicuro che non ha scritto tutto. Si parla della storia antica, ma con il pensiero a certe situazioni politiche attuali. L'incoronazione di Poppea molto moderno, graffiante. Stimola il musicista che lo deve mettere in musica. Oltre ai personaggi storici ci sono personaggi di contorno inventati, come il valletto e la damigella. 10

Il valletto un ragazzo giovanissimo, cos pure la damigella, e il personaggio del valletto quasi un'anticipazione di un cherubino mozartiano, mentre la valletta pu essere consdierata una barbarina mozardiana. Amore e Potere sono i due elementi fondamentali de L'Incoronazione di Poppea. L'amore uno stragatemma per ottenere il potere ed sicura che tramite la sua bellezza e le sue doti arriver ad avere il potere. Nerone studiato e indagato psicologicamente in quest'opera, ma molto meno interessante di Poppea. Monteverdi riesce a cogliere i lati di questa particolare psicologia femminile, ma la stessa Arnalta, l'infermiera di Poppea, viene ben definita, la sua saggezza in contrasto dell'apparente inesperienza della giovane Poppea. Lo stesso Seneca, che si uccise su ordine di Nerone, molto ben rappresentato. Ci sono due gruppi, chi sostiene Poppea e chi sostiene la vecchia imperatrice e Seneca sostiene la vecchia imperatric Ottavia e questo uno dei motivi che lo costringono ad uccidersi. Seneca descritto come un personaggio di bassa morale, un vecchio rapace. Ci sono personaggi allegorici molto importanti, Fortuna, Virt e Amore, che cantano nel Prologo e si contrappongono l'uno all'altro. Prologo Fortuna
C i s o n o m o l t e f i o r i t u r e r i s p e t t o a E u r i d i c e

Deh, nasconditi, o Virt, gi caduta in povert, non creduta deit, nume ch' senza tempio, diva senza devoti, e senza altari, dissipata, disusata, aborrita, mal gradita, ed in mio paragon sempre avvilita. Gi regina, or plebea, che per comprarti gl'alimenti e le vesti i privilegi e i titoli vendesti. Ogni tuo professore, se da me sta diviso rimane un vacuo nulla destituto da numeri, che mai non rileva alcun conto, sembra un foco dipinto che n scalda, n splende, resta un calor sepolto in penuria di luce; n alcun de' tuoi seguaci speri mai di conseguir ricchezze

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Primo Atto, Scena II PRIMO SOLDATO Chi parla? OTTONE Tempest di ruine...

PRIMO SOLDATO Chi parla? OTTONE ...il mio raccolto.

PRIMO SOLDATO Chi va l?

SECONDO SOLDATO PRIMO SOLDATO

Camerata? Ohim, ancor non d! Camerata, che fai?

SECONDO SOLDATO Par che parli sognando. PRIMO SOLDATO SECONDO SOLDATO PRIMO SOLDATO Sorgono pur dell'alba i primi rai. Su, risvegliati tosto... Non ho dormito in tutta notte mai. Su, risvegliati tosto, guardiamo il nostro posto.

SECONDO SOLDATO

PRIMO SOLDATO

Sia maledetto Amor, Poppea, Nerone, e Roma, e la milizia, soddisfar io non posso alla pigrizia un giorno, un'ora sola.

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SECONDO SOLDATO

La nostra imperatrice stilla s stessa in pianti, e Neron per Poppea la vilipende; l'Armenia si ribella, ed egli non ci pensa. La Pannonia d all'armi, ed ei se ne ride, cos, per quant'io veggio, l'impero se ne va di male in peggio. Di' pur che il prence nostro ruba a tutti per donar ad alcuni; l'innocenza va afflitta e i scellerati stan sempre a man dritta. Sol del pedante Seneca si fida. Di quel vecchion rapace? Di quel volpon sagace! Di quel reo cortigiano che fonda il suo guadagno sul tradire il compagno! Di quell'empio architetto che si fa casa sul sepolcro altrui. Non ridire ad alcun quel che diciamo. Nel fidarti va scaltro; se gl'occhi non si fidan l'un dell'altro e per nel guardar van sempre insieme.

D a ll'a r m i r ip e tu to tr e v o lte , e c o n e i s e n e r id e il c a n ta n te rid e .

PRIMO SOLDATO

SECONDO SOLDATO PRIMO SOLDATO SECONDO SOLDATO

PRIMO SOLDATO

SECONDO SOLDATO

PRIMO SOLDATO

PRIMO SOLDATO, SECONDO SOLDATO

P o lif o n ia m o n te v e r d ia n a , p o lif o n ia im ita tiv a d o v e i d u e s o ld a ti c a n ta n o in s ie m e .

Impariamo dagl'occhi, R i pil e tu ta p i v o lte , c o n c r e s c e n ti f io r e tta tu r e . Ma, gi s'imbianca l'alba, e vien S o p r a ttu tto il te r m in e im p a r ia m o m o lto d. da sciocchi. a non trattar fio re tta to . PRIMO SOLDATO
P o lifo n ia m o n te v e r d ia n a , p o lifo n ia im ita tiv a d o v e i d u e s o ld a ti c a n ta n o in s ie m e . G ra n d e fio r e tta tu ra c o n il te rm in e N e ro n .

PRIMO SOLDATO, SECONDO SOLDATO Taciam, Neron qui.

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. Il melodramma, quando nasce, non presenta elementi comici, anzi, i testi spesso hanno un finale drammatico. Qui, invece, sono presenti degli elementi comici ed la prima volta che capita una cosa del genere. Ci vorr molto tempo perch nasca l'opera buffa, che nasce nel primo settecento.
D i non s o l i t opartire, N e r o n e e r a u n r u o lo d a s o p r a n o , la v o c e m o lto e le v a ta , n o n m a s c h ile . N e lla Signor, deh t r a d i z i o n e q u e ll'e p o c a c 'e r a u n p o ' d i c o n f u s io n e d e i r u o li, n o n e r a d e tto c h e le i r u o li sostien, che queste abraccia f e m mili ncollo, ili v e n is s e r o f a tti d a g li u o m in i. ti circondino O g g i N e r o n e v ie n e in te r p r e ta to d a s o p r a n i, q u in d i v o c i f e m m in ili, o p p u r e v o c i d i c o n tr a come le tue bellezze t e n il o r cor i , c h mio. e im ita n o c o n te c n ic h e p a r tic o la r ile v o c i d e g li e v ir a ti. circondano

POPPEA

NERONE

Poppea, lascia ch'io parta. Non partir, signor, deh non partire. Appena spunta l'alba, e tu che sei l'incarnato mio sole, la mia palpabil luce, e l'amoroso d della mia vita, vuoi s repente far da me partita? Deh non dir di partire che di voce s amara a un solo accento, ahi perir, ahi spirar quest'alma io sento.

POPPEA

Atto Primo, scena IV Bellissima introduzione strumentale ritmicamente danzante. Speranza, tu mi vai il cor accarezzando, S i h a u n r ito r n e llo s tr u m e n ta le , c h e r ip r e n d e u n p o ' l'in tr o d u z io n e . e di agitarmi non desisti mai. Q u a n d o s i p a r la d i g u e r r a s i h a u n o s tile c o n c ita to , f a tto c o n tr o m b e e c e m b a li.
e l s u o o tta v o lib r i d i M a d r ig a li, d a l tito lo M a d r ig a li G u e r r ie r i e A m o r i. S e c o n d o Speranza, tu miN vai l ' e s te tic a b a r o c c a a m o r e e g u e r r a a n d a v a n o in s ie m e e in q u e s to lib r o M o n te v e r d i in v e n ta il genio lusingando, l o s tile c o n c ita to . e mi circondi intanto di regio s, ma immaginario manto. No, non temo, no, di noia alcuna, per me guerreggia Amor, e la Fortuna. Se a tue promesse io credo gi in capo ho le corone,

POPPEA Ritornello POPPEA

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e gi divo Nerone consorte bramatissimo possiedo, ma se ricerco il vero regina io son col semplice pensiero. Ritornello ARNALTA POPPEA
L a v o c e d i a r n a lta u n a d o n n a , c o n v o c e b a s s a . A v o lte il p e r s o n a g g io d i Ahi figlia, voglia il cielo, A r n a lta v ie n e in te r p r e ta to d a u n u o m o . che questi abbracciamenti non sian un giorno i precipizi tuoi.

No, non temo, no, di noia alcuna.

L'imperatrice Ottavia ha penetrati di Neron gli amori, ARNALTA ond'io pavento e temo ch'ogni giorno, ogni punto sia di tua vita il giorno, il punto estremo. POPPEA Per me guerreggia Amor, e la Fortuna. La pratica coi regi perigliosa, ARNALTA l'amor e l'odio non han forza in essi, sono gli affetti lor puri interessi. Ritornello Se Neron t'ama, mera cortesia, ARNALTA s'ei t'abbandona, non te n' puoi dolere. Per minor mal ti converr tacere. POPPEA No, non temo, no, di noia alcuna. Il grande spira onor con la presenza, ARNALTA lascia, mentre la casa empie di vento, riputazione e fumo in pagamento. Atto Primo, Scena Quinta OTTAVIA Disprezzata regina, del monarca romano afflitta moglie, che fo, ove son, che penso? O delle donne miserabil sesso: se la natura e 'l cielo libere ci produce, il matrimonio c'incatena serve.

S tile c o n c ita tis s im o , te s to rip e tu to p i v o lte

O tta v ia r a g io n e a n c h e s u lla c o n d iz io n e d i d o n n a , d o v e M o n te v e r d i u s a u n m o d e r n is s im o d e c la m a to .

15-03-2010

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ATTO II SCENA III SENECA Amici giunta l'ora di praticare in fatti quella virt, che tanto celebrai. Breve angoscia la morte; un sospir peregrino esce dal core, ov' stato molt'anni, quasi in ospizio, come forestiero, e se ne vola all'Olimpo, della felicit soggiorno vero. FAMIGLIARI Non morir, Seneca, no. Io per me morir non vo'. FAMIGLIARE I Questa vita dolce troppo, FAMIGLIARE II questo ciel troppo sereno, FAMIGLIARE III ogni amar, ogni veleno I TRE finalmente lieve intoppo. FAMIGLIARE I Se mi corco al sonno lieve, FAMIGLIARE II mi risveglio in sul mattino, FAMIGLIARE III ma un avel di marmo fino, I TRE mai no d quel che riceve. FAMIGLIARI Non morir, Seneca, no. Io per me morir non vo'. SENECA Sopprimete i singulti, rimandate quei pianti dai canali degl'occhi 16
P e z z o p o lif o n ic o

P o lif o n ia d i tip o m a d r ig a le s c o , u n c r o m a tis m o c o n tin u o c re s c e n te d i s e m ito n o in s e m ito n o . F r a s i r ip e tu te p i v o lte .

P e z z o p o lif o n ic o

P o lifo n ia d i tip o m a d rig a le s c o , u n c r o m a tis m o c o n tin u o c re s c e n te d i s e m ito n o in s e m ito n o . F ra s i r ip e tu te p i v o lte .

alle fonti dell'anime, o i miei cari. Vada quell'acqua omai a lavarmi dai cori dell'incostanza vil le macchie indegne. Altr'esequie ricerca, che un gemito dolente Seneca moriente. Itene tutti, a prepararmi il bagno, che se la vita corre come il rivo fluente, in un tepido rivo questo sangue innocente io vo' che vada a imporporarmi del morir la strada. Nella scena IV si ha la morte di Seneca alternata ad un coro polifonico di virt. Scena V Il gusto del contrasto, dopo una scena di morte viene introdotto un personaggio divertente, il valletto, e poi seguir la damigella. Servono per creare un clima pi disteso. Il valletto un paggio, la damigella della corte dell'imperatrice e si esprime VALLETTO Sento un certo non so che, che mi pizzica, e diletta, dimmi tu che cosa egli , damigella amorosetta. Ti farei, ti direi, ma non so quel ch'io vorrei. VALLETTO Se sto teco il cor mi batte, se tu parti, io sto melenso, al tuo sen di vivo latte, sempre aspiro e sempre penso. Ti farei, ti direi, ma non so quel ch'io vorrei. DAMIGELLA Astutello, garzoncello, bamboleggia amor in te. Se divieni amante, aff, perderai tosto il cervello. Tresca Amor per sollazzo coi bambini, ma siete Amor, e tu, due malandrini. ATTO TERZO SCENA OTTAVA 17
A n tic ip a z io n e d e l p e rs o n a g g io C h e ru b in o d e lle n o z z e d e l p e r s o n a g g io m o z a r tia n o F ig a ro . L a v o c e d e l v a lle tto d i u n a d o n n a , c o m e il C h e ru b in o m o z a r tia n o .

NERONE Ascendi, o mia diletta, della sovrana altezza all'apice sublime; circondata di glorie ch'ambiscono servirti come ancelle; acclamata dal mondo e dalle stelle; siano del tuo trionfo tra i pi cari trofei, adorata Poppea, gl'affetti miei. POPPEA Il mio genio confusa, al non usato lume, quasi perde il costume, signor, di ringraziarti. Su quest'eccelse cime, ove mi collocasti, per venerarti a pieno, io non ho cor che basti. Doveva la natura, al soprappi degli eccessivi affetti, un core a parte fabbricar ne' petti. Il dialogo tra questi due personaggi continua e alla fine ci sar un duetto dei due protagonisti, un duetto amoroso. POPPEA, NERONE Pur ti miro, pur ti godo, pur ti stringo, pur t'annodo, pi non peno, pi non moro, o mia vita, o mi tesoro. POPPEA Io son tua... NERONE Tuo son io... POPPEA, Speme mia, dillo, d, tu sei pur, l'idol mio, s, mio ben, s, mio cor, mia vita, s. Pur ti miro, pur ti godo, pur ti stringo, pur t'annodo, pi non peno, pi non moro, o mia vita, o mi tesoro. GIUSEPPE VERDI E IL RIGOLETTO 18
P e z z o c o n u n a n o te v o le f io r e tta tu r a , s o p r a ttu tto in a lc u n e p a r o le c o m e a c c la m a ta . G r a n d i s ta c c h i a c u ti f a tti c o n v o c e fe m m in ile .

P e z z o c o n u n a n o te v o le f io r e tta tu r a , s o p r a ttu tto in a lc u n e p a r o le c o m e r in g r a z ia r ti , e c c e s s iv i a f f e tti e f a b r ic a r n e ' p e tti . A lc u n e p a r o le , c o m e n o n h o c o r s o n o r ip e tu te d u e v o lte .

Giuseppe Verdi nasce nel 1813 a Roncole di Busseto e morir nel 1901 a Milano. Giuseppe Verdi nacque nelle campagne di Roncole, una frazione di Busseto in provincia di Parma, il 10 ottobre 1813 da Carlo, oste e rivenditore di generi alimentari, e Luigia Ottini, filatrice. Carlo proveniva da una famiglia di agricoltori piacentini (stesse origini della moglie) e, dopo aver messo da parte un po' di denaro aveva aperto una modesta osteria nella casa di Roncole, la cui conduzione alternava al lavoro dei campi. L'atto di nascita fu redatto in francese, appartenendo in quegli anni Busseto e il suo territorio all'Impero francese creato da Napoleone. Pur essendo un giovane di umile condizione sociale, riusc tuttavia a seguire la propria vocazione di compositore grazie alla buona volont e al desiderio di apprendere dimostrato. L'organista della chiesa di Roncole, Baistrocchi, lo prese infatti a benvolere e gratuitamente lo inizi allo studio della musica e alla pratica dell'organo. Pi tardi, Antonio Barezzi, un negoziante amante della musica e direttore della locale societ filarmonica, convinto che la fiducia nel giovane non fosse mal riposta, divenne suo mecenate e protettore aiutandolo a proseguire gli studi intrapresi. Verdi manifest precocemente il proprio talento musicale, come testimonia la scritta posta sulla spinetta dal cembalaro Cavalletti, che nel 1821 la ripar gratuitamente "vedendo la buona disposizione che ha il giovinetto Giuseppe Verdi d'imparare a suonare questo istrumento". La prima formazione del futuro compositore avvenne tuttavia sia frequentando la ricca biblioteca della Scuola dei Gesuiti a Busseto, ancora esistente, sia prendendo lezioni da Ferdinando Provesi, maestro dei locali filarmonici, che gli insegn i principi della composizione musicale e della pratica strumentale. Verdi aveva solo quindici anni quando, nel 1828, una sua sinfonia d'apertura venne eseguita, in luogo di quella di Rossini, nel corso di una rappresentazione de Il barbiere di Siviglia al teatro di Busseto. Nel 1832 si stabil a Milano, grazie all'aiuto economico di Antonio Barezzi e ad una "pensione" elargitagli dal Monte di Piet di Busseto. A Milano tent inutilmente di essere ammesso presso il locale prestigioso Conservatorio e fu per diversi anni allievo di Vincenzo Lavigna, maestro concertatore alla Scala. Nel 1836 spos Margherita Barezzi, ventiduenne figlia del suo benefattore, con la quale due anni pi tardi and a vivere a Milano, in una modesta abitazione. Nel 1839 riusc finalmente, dopo quattro anni di lavoro, a far rappresentare la sua prima opera alla Scala: era l'Oberto, Conte di San Bonifacio, su libretto originale di Antonio Piazza, largamente rivisto e riadattato da Temistocle Solera. L' Oberto era un lavoro di stampo donizettiano, ma alcune sue peculiarit drammatiche piacquero al pubblico tanto che l'opera ebbe un buon successo e quattordici repliche. 17-03-2010 Studiare la biografia di Giuseppe Verdi. Per il maestro Lavinia il Don Giovanni di Mozart un capolavoro e ogni studioso di musica doveva studiarlo. Verdi lo studia a fondo, tanto da tenere sempre la partitura sul suo comodino. Il Don Giovanni di Mozard un dramma gioioso, dove si alternano elementi drammatici ed elementi gioiosi. Verdi, proprio nell'opera Il Rigoletto, ha tenuto presente il Don Giovanni di Mozart. Nel 1839 Verdi riesce a far rappresentare a La Scala la sua prima opera Oberto, Conte di San Bonifacio, e ha anche un discreto successo. Roberto Merelli, impresario della Scala, cos soddisfatto che decide di fargli un contratto per tre 19

opere e la prima delle tre dev'essere un'opera buffa. Verdi in questi anni viene colpito negli affetti familiari perch la moglie, Margherita, figlia del Barezzi, muore nel 1840. Anche i suoi figli perdono la vita. La sua prima opera dev'essere un'opera buffa e il dolore per la perdita dei familiari non era certo d'aiuto. Un giorno di regno, ovvero Il finto Stanislao, del librettista Felice Romani, un famoso letterato che aveva collaborato, per esempio, con Vincenzo Bellini. La rappresentazione alla scala del 1840 un grande fiasco e dopo questo fiasco clamoroso inizia un periodo molto difficile per la vita del compositore Verdi, che pens addirittura di abbandonare questo tipo di vita. Merelli, che gli aveva dato fiducia, lo incontra e si ostina ad affidargli un altro libretto, il libretto di Nabucco. Verdi non molto convinto, depresso, ma stando alle memorie verdiane tardive - una sera lo guarda e si apre il pezzo proprio del Va Pensiero e viene preso dal desiderio di comporre. Il titolo Nabuccodonosor, scritto da Temistocle Solera, ma visto che il nome era molto lungo venne stampato su due righe Nabucco e, a capo, donosor. Ma tutti leggevano solamente Nabucco. Il libretto diviso in quattro parti, ognuna delle quali con un proprio sottotitolo. La storia tratta dalla bibbia, in particolare dall'antico testamento, e ha un fortissimo impatto su Verdi.

Trama
Parte I - Gerusalemme
Gli Ebrei riuniti nel tempio di Gerusalemme piangono la loro sconfitta nella guerra contro i babilonesi. Zaccaria, il Gran Sacerdote, li invita a non disperare perch il Dio di Israele ha dato un segno del suo potere: Fenena, la figlia del re babilonese, loro prigioniera. Il giovane Ismaele, nipote di Sedecia re di Giuda, reca la notizia dell'imminente arrivo di Nabucco e del suo esercito. Quando Zaccaria gli affida la custodia di Fenena, egli riconosce la fanciulla che l'ha salvato dalla prigione al tempo della sua missione di ambasciatore a Babilonia. Ismaele, che ama ricambiato la figlia del suo nemico, intende ora ricambiare tanta generosit ma, mentre sta per trarre in salvo la fanciulla, viene fermato da Abigaille - una schiava ambiziosa ritenuta la seconda figlia di Nabucco che irrompe nel tempio alla testa di un manipolo di guerrieri assiri travestiti da ebrei. La donna propone al giovane, di cui anch'essa innamorata, uno scambio: il suo amore contro la salvezza del popolo ebraico. Ma Ismaele la respinge. Una folla di ebrei in fuga cerca invano rifugio nel Tempio invaso dai nemici. Nabucco giunge con i suoi fino alla sacra soglia e Zaccaria lo sfida avvertendolo che se tenter di profanarla Fenena sar uccisa. Il re dapprima finge di esitare ma poi, deciso a distruggere a ogni costo il regno di Giuda, sfida il Sacerdote e ordina agli ebrei di prostrarsi davanti a lui. Zaccaria reagisce alzando il pugnale su Fenena ma Ismaele ferma la sua mano e libera la fanciulla attirando su di s l'ira del suo popolo, che lo accusa di tradimento. Nabucco ordina di saccheggiare il Tempio, mentre Abigaille si ripromette di cancellare dalla faccia della terra il popolo maledetto cui appartiene l'uomo che l'ha respinta.

Parte II - L'empio
Abigaille, sola negli appartamenti reali, tiene fra le mani una pergamena sottratta a Nabucco, che attesta le sue umili origini di schiava. La sua rabbia esplode in una furia incontenibile alla notizia che Fenena, nominata Reggente dal padre, ha dato ordine di liberare tutti gli ebrei. Ormai Abigaille decisa a tutto pur di impossessarsi del trono. 20

Zaccaria, prigioniero degli assiri, entra in una sala della reggia seguito da un Levita che reca le Tavole della Legge e, dopo aver sollecitato Iddio a parlare attraverso il suo labbro, si ritira. Ismaele, convocato dal Pontefice per rispondere del suo tradimento, maledetto dai Leviti, ma Anna, sorella di Zaccaria, lo difende; il giovane infatti non ha salvato la vita ad un'infedele bens ad un'ebrea, giacch la figlia del re nemico si nel frattempo convertita alla Legge. La situazione precipita: in un rapidissimo susseguirsi di eventi Abigaille irrompe in scena con il suo seguito e pretende da Fenena la corona, ma Nabucco, creduto morto in battaglia, giunge e richiede per s la corona. Poi comincia a deridere il Dio Belo, che avrebbe spinto i prigionieri a tradirlo, e dopo anche il Dio degli ebrei. Esige di essere adorato come l'unico Dio, minacciando di morte Zaccaria e gli ebrei se non si piegheranno al suo volere. Subito dopo il Dio degli Ebrei scaglia un fulmine sul suo capo, la corona cade al suolo e il re comincia a manifestare segni di follia. La corona viene prontamente raccolta da Abigaille.

Parte III La profezia


Abigaille, seduta sul trono accanto alla statua d'oro di Belo, nei giardini pensili di Babilonia, riceve l'omaggio dei suoi sudditi. Quando il Gran Sacerdote le consegna la sentenza di condanna a morte degli ebrei, la regina si finge ipocritamente incerta sul da farsi. All'arrivo del re spodestato in vesti dimesse e con lo sguardo smarrito l'usurpatrice cambia atteggiamento e gli si rivolge con ironica arroganza, dando ordine di ricondurlo nelle sue stanze. Quindi lo avverte di essere divenuta la custode del suo seggio e lo invita perentoriamente a porre il regale suggello sulla sentenza di morte degli ebrei. Il vecchio re esita, Abigaille lo incalza accusandolo di vilt e alla fine Nabucco cede. Ma lo coglie un dubbio: che ne sar di Fenena? Abigaille, implacabile, afferma che nessuno potr salvare la fanciulla e gli ricorda che anch'essa sua figlia. Ma il re la sconfessa: ella solo una schiava. La donna trae dal seno la pergamena che attesta la sua origine e la fa a pezzi. Il re, ormai tradito e detronizzato, nell'udire il suono delle trombe che annunciano l'imminente supplizio degli ebrei chiama le sue guardie, ma esse giungono per arrestarlo obbedendo agli ordini della nuova regina. Confuso e impotente, Nabucco chiede invano ad Abigaille un gesto di perdono e di piet per la povera Fenena. Sulle sponde dell'Eufrate gli ebrei, sconfitti e prigionieri, ricordano con nostalgia e dolore la cara patria perduta (coro: Va', pensiero, sull' ali dorate). Il Pontefice Zaccaria li incita a non piangere come femmine imbelli e profetizza una dura punizione per il loro nemico: il Leone di Giuda sconfigger gli assiri e distrugger Babilonia.

Parte IV L'idolo infranto


Nabucco, solo in una stanza della reggia, si sveglia da un incubo udendo alcune grida e, credendole segnali di guerra, chiama i suoi prodi a raccolta per marciare contro Gerusalemme. Tornato in s all'udire altre voci che ripetono il nome di Fenena, egli si affaccia alla loggia e vede con orrore la figlia in catene. Disperato, corre alla porta, tenta invano di aprirla e infine, rendendosi conto di essere prigioniero, cade in ginocchio e si rivolge al dio di Giuda invocando il suo aiuto e chiedendogli perdono. Come in risposta alla sua preghiera, sopraggiunge il fedele ufficiale Abdallo con un manipolo di soldati, restituendogli la spada e offrendosi di aiutarlo a riconquistare il trono. Nei giardini pensili di Babilonia passa il triste corteo degli ebrei condotti al supplizio. Zaccaria conforta Fenena incitandola a conquistare la palma del martirio; la fanciulla si prepara a godere delle gioie celesti. L'atmosfera mistica interrotta dall'arrivo di Nabucco che, alla testa delle sue truppe, ordina di infrangere la statua di Belo. Miracolosamente, l'idolo cade infranto da s. Tutti gridano al divino prodigio, Nabucco concede la libert agli ebrei, annunzia che la perfida Abigaille si avvelenata e ordina al popolo d'Israele di costruire un tempio per il suo Dio grande e forte, il solo degno di essere adorato. Mentre tutti, ebrei ed assiri, s'inginocchiano invocando 21

l'immenso Jehova, entra Abigaille sorretta da due guerrieri: la donna confessa la sua colpa e invoca il perdono degli uomini e di Dio prima di cadere esanime. Zaccaria rivolge a Nabucco l'ultima profezia: Servendo a Jehova sarai de' regi il re!. Due grandi personaggi, Nabucco, che cambier e si convertir alla religione ebraica, e Abigaille, una schiava, assetata di potere, presunta figlia di Nabucco. I debutto al teatro della Scala il 9 marzo 1842 e il successo trionfale, non solo in Italia, ma a livello internazionale, anche in Francia. Il Nabucco viene anche rappresentato al teatro di Vienna. Altra opera famosa di Verdi Ernani, quarta opera di Verdi, tratta da un libretto che deriva da un'opera di Victor Hugo, e prima opera dove Verdi scegli il libretto grazie ad una propria riecerca, non per imposizione dall'esterno. In quest'opera ci sono 3 personaggi maschili e uno femminile. Tre personaggi innamorati della stessa donna. 22 03 2010 Andrea Maffei, librettista, amico di Verdi. Conosceva molto bene la lingua tedesca. Macbeth un lavoro sperimentale, importantissimo perch segna l'innamoramento di Verdi per Shakespeare. Di Macbeth Verdi ne ha pi d'una versione, con interventi nuovi, ritocchi. Nel 1847, anno fondamentale, perch oltre alla prima del Macbeth nel marzo presso il teatro La Pergola di Firenze, Verdi vuole anche saggiare la sua popolarit e compone un'altra opera, intitolata, I Masnadieri, con librettista sempre Andrea Maffei. Tratto da Shindler, letteratura tedesca molto elevata e composta appositamente per il teatro della regina a Londra. A Novembre, sempre nel 1847, a L'Oper di Parigi, va in scena la prima della seconda versione di Jerusalem, in lingua francese, che il rifacimento de I Lombardi. Nel 1948 esce Il Corsaro, librettista Francesco Maria Piave, grande amico di Verdi. Nel 1949 esce La Battaglia di Legnano, e con questo melodramma si ha il ritorno ad argomenti storici. Il librettista Salvatore Cammarano, librettista di grande valore storico. Il testo non italiano, ha origine francese. La prima a Roma al teatro argentina, nel gennaio del 1949. Il periodo di grande fervore patriottico e la scelta di Roma non affatto casuale. Forte tema patriottico, come quello compreso dal pubblico nel Nabucco, riproposto poi ne I Lombardi e ne La Battaglia di Legnano, ma anche negli stessi Arnani, ambientato in Spagna, presente il tema del patriottismo. Con i frutti del suo lavoro Verdi ha comprato un palazzo e una tenuta a Sant'Agata, nei pressi di Busseto, e qui si trasferisce nel 1951 con la futura moglie Giuseppina Strepponi. 22

Giuseppina Strepponi era una cantante, che all'epoca si era gi ritirata dalla scena, ed stata la prima interprete dei Abigaille del Nabucco. Sempre nel 1949 esce Luisa Miller, altro melodramma molto sperimentale e qui c' ancora la collaborazione con il napoletano Salvatore Cammarano e il testo tratto di Schiller. La prima nel dicembre del 49 al teatro San Carlo di Napoli. Nel 1850 esce Stifelio, opera in tre atti che ha come librettista l'amico Francesco Maria Piave e la prima e al teatro Grande di Trieste. Nel 1851 nasce la famosissima trilogia popolare con i tre capolavori Rigoletto, Trovatore e Traviata. Rigoletto, Fenice di Venezia 1851 Il Trovatore, Apollo di Roma 1851 La Traviata, Fenice di Venezia, 1853 La Traviata fu un fiasco e l'anno dopo una seconda versione venne messa in scena e fu un grande successo. Rigoletto, sottotitolo La Maledizione, librettista Piave, tratto da Hugo. Questa la seconda opera verdiana tratta da Hugo. Trovatore, librettista Cammarano, tratto da Antonio Garca Gutirrez. Verdi non era mai andato in Spagna e non conosceva lo spagnolo, ma aveva persone che lo informavano e capisce che questo dramma fa per lui. Traviata, elaborato contemporanemante a Il Trovatore, librettista Piave, tratto da Alexandre Dumas figlio. Quasi sempre per Verdi lo spunto letterario non arriva dall'Italia, che un po' una tendenza non solo verdiana. Nel primo Ottocento riscontrabile anche nelle opere di altri musicisti italiani, come Doninzetti e Bettini. Spesso, nel caso di Doninzetti, le fonti letterarie sono francesi, perch la Francia, dal pdv della cultura, molto importante. Il Rigoletto Nellaprile del 1850 Verdi aveva firmato un contratto con il Teatro La Fenice di Venezia per lallestimento di una nuova opera. Il librettista doveva essere Piave, la data per la messa in scena il periodo compreso fra il carnevale e la quaresima del 1851; largomento dellopera non era ancora stato scelto, anche se il Kean di Dumas era fra i primi nellelenco dei possibili. I realt, Verdi e Piave non si erano ancora messi daccordo sul contenuto del lavoro che avrebbero dovuto consegnare a Ricordi ai primi dautunno. Quindi verso la fine del mese, mentre attendeva ancora di saperne di pi sulla trama di Stiffelio, Verdi scrisse a Piave con una nuova idea, introducendola con una cautela quasi furtiva che indica quanto fosse consapevole dei rischi impliciti nella proposta. Difficilmente troveremo cosa migliore di Gusmano il Buono, nonostante avrei un altro soggetto che se la polizia volesse permettere sarebbe una delle pi grandi creazioni del teatro moderno. Chi sa! Hanno permesso lErnani potrebbe (la polizia) permettere anche questo, e qui non ci saranno congiure. Tentate! Il soggetto grande, immenso, ed avvi un carattere che una delle pi grandi creazioni che vanti il teatro di tutti i paesi e di tutte le epoche. Il soggetto Le Roi samuse, ed il carattere di cui parlo sarebbe Tribolet che se Varese scritturato nulla di meglio per lui e per noi. 23

P.S. Appena ricevuta questa lettera mettiti quattro gambe: corri per tutta la citt, e cerca una persona influente che possa ottenere il permesso di fare Le Roi samuse. Non addormentarti: scuotiti: fa presto. Ti aspetto a Busseto ma non adesso, dopo che avremo scelto il soggetto. Era il librettista il personaggio che doveva saper svicolare la censura, diversa a seconda del luogo di rappresentazione del melodramma. Le Roi samuse Il Re si diverte. Varese un baritono che aveva gi lavorato in opere di Verdi. Alcuni giorni dopo, nella stessa lettera nella quale dava il proprio assenso allo Stiffelio per Ricordi, Verdi scriveva: Oh Le Roi samuse il pi gran soggetto e forse il pi gran dramma dei tempi moderni. Tribolet creazione degna di Shakespeare!! Altro che Ernani!! soggetto che non pu mancare. Tu sai che 6 anni fa quando Mocenigo mi sugger Ernani, io esclamai: s, per Dio ci non sbaglia. Ora riandando diversi sogetti quando mi pass per la mente Le Roi fu come un lampo, unispirazione e dissi listessa cosa s, per Dio ci non sbaglia. Verdi sempre pi convinto dell'importanza di questo lavoro di Hugo e che vale veramente la pena metterlo in scena. Come sempre Verdi aveva le sua idee, Piave avrebbe dovuto attenersi il pi strettamente possibile alloriginale, anche nella doppia scena dellultimo atto e nel particolare del corpo nel sacco (il librettista aveva sollevato obiezioni in entrambi i casi). Se non avessero potuto mantenere il titolo di Hugo (il che sarebbe stato un peccato), lopera sarebbe stata ribattezzata La Maledizione di SaintVallier, in quanto lintera vicenda si impernia sugli avvenimenti che portano al compimento di tale maledizione. Il personaggio di Saint-Vallier sarebbe apparso in scena solo due volte, come avveniva nel testo di Hugo. Ad agosto suon il primo campanello dallarme. Piave si trovava a Busseto e Verdi lo risped immediatamente a Venezia, con una lettera per Marzari, presidente della Fenice: Il dubbio che Le Roi samuse non si permetta mi mette in grave imbarazzo. Fui assicurato da Piave che non eravi ostacolo per quel soggetto, ed io, fidando nel suo poeta, mi misi a studiarlo, a meditarlo profondamente, e lidea, la tinta musicale erano nella mia mente trovate. Posso dire che per me il principale lavoro era fatto. Se ora fossi costretto appigliarmi ad altro soggetto, non basterebbe pi il tempo di fare tale studio, e non potrei scriver unopera di cui la mia coscienza [non] fosse contenta. Per il mese di ottobre Verdi aveva la stesura completa del libretto di Piave e autorizzava Ricordi a pagare al librettista la prima rata, come dagli accordi stabiliti. Quindi mentre Verdi e Piave erano ancora a Trieste per le prove di Stiffelio, giunse una lettera di Marzari, ancora pi di cattivo augurio, che chiedeva loro di inviargli il libretto, per sottoporlo alla Direzione dOrdine Pubblico. Correva infatti voce che, alla sua prima apparizione in Francia e in Germania, Le Roi samuse avesse suscitato reazioni sfavorevoli per la dissolutezza di cui va gonfio. Nondimeno la Direzione Centrale confidava che, in considerazione dellonest del poeta e del maestro, largomento sarebbe stato trattato in modo adeguato. Sembrava che la storia di questopera fosse destinata a ripetere quella del dramma originale. La prima di Le Roi samuse ebbe luogo al Thtre Franais di Parigi, nel novembre del 1832. Laccoglienza fu tempestosa. Il giorno seguente, Hugo pot leggere nella bacheca del teatro 24

lannuncio che, per ordine del Governo, ogni successiva replica del dramma era sospesa. Lo scrittore peror la sua causa di fronte al Tribunal de Commerce, ma invano. Le Roi samuse non and pi in scena a Parigi fino al 1882. Fu tuttavia pubblicato e lautore ne approfitt per aggiungere una vigorosa difesa della sua opera nella prefazione.
Triboulet deforme, Triboulet malato, Triboulet il buffone di corte; triplice infelicit che lo rende cattivo. Triboulet odia il re perch re, i gentiluomini perch sono gentiluomini, gli uomini perch non hanno tutti una gobba sulla schiena. Il suo passatempo di mettere continuamente in urto tra di loro gentiluomini e il re, facendo spezzare il pi debole contro il pi forte. Deprava il re, lo corrompe, lo abbrutisce; lo spinge alla tirannide, allignoranza, al vizio; lo sguinzaglia attraverso tutte le famiglie dei gentiluomini, indicandogli continuamente la moglie da sedurre, la sorella da rapire, la figlia da disonorare. Il re fra le mani di Triboulet non che un fantoccio onnipotente che spezza tutte le esistenze in mezzo alla quali il buffone lo fa muovere. Un giorno durante una festa, nel momento stesso in cui Triboulet spinge il re a rapire la moglie del signor di Coss, il signor di Saint-Vallier penetra fino al re e lo rimprovera aspramente per il disonore di Diana di Poitier. Questo padre, al quale il re ha preso la figlia, Triboulet lo deride e lo insulta. Il padre alza il braccio e maledice Triboulet. Da qui si svolge tutto il lavoro. Largomento reale del dramma La maledizione del signor di Saint-Vallier. Ascoltate. Siete al secondo atto. Quella maledizione su chi piombata? Su Triboulet buffone del re? No. Su Triboulet uomo e padre, che ha un cuore, che ha una figlia. Triboulet ha una figlia, tutto qui. Triboulet non ha al mondo che la figlia; la tiene nascosta a tutti gli occhi, in un quartiere deserto, in una casa solitaria. Pi fa circolare nella citt il contagio della sregolatezza e del vizio, pi tiene la figlia isolata e murata. Educa la sua bambina nellinnocenza, nella fede e nel pudore. La sua pi grande paura che ella cada nel male, perch lo sa, lui, il cattivo, quanto il male faccia soffrire. Ebbene! La maledizione del vecchio raggiunger Triboulet nellunica cosa che egli ami al mondo: in sua figlia. Quel medesimo re che Triboulet spinge al ratto, rapir la figlia di Triboulet. Il buffone verr colpito dalla provvidenza esattamente nel medesimo modo del signor di Saint-Vallier. Poi, una volta sua figlia sedotta e perduta, egli preparer una trappola al re per vendicarla; ed sua figlia che vi cadr. Cos Triboulet ha due allievi, sua figlia e il re: il re che educa al vizio, la figlia che alleva nella virt. Luno perder laltra. Vuol rapire per il re la signora di Coss, e invece rapisce la propria figlia. Vuole assassinare il re per vendicare la figlia, ed la figlia che egli assassiner. Il castigo non si ferma a met strada; la maledizione del padre di Diana si compie sul padre di Bianca.

29 03 10 L'ambientazione de Il Rigoletto del 500. Nel primo atto Tribolet solo buffone di corte, cattivo, malvagio. Nel secondo atto Tribolet anche uomo e padre. Su suggerimento di Marzari, e con lapprovazione di Martelli, Piave e Brenna si recarono a Busseto per sistemare, una volta per tutte, la questione della nuova opera per la stagione del carnevale gi cominciata. I tre stilarono e firmarono un memorandum in sei punti.

Laccordo proponeva che: (1) lazione fosse spostata dalla corte di Francia e trasferita in un ducato indipendente, non importa se italiano o francese; (2) che si mantenessero i personaggi del dramma di Hugo, cambiando loro solo il nome; 25

(3) che si omettesse la scena con la chiave della camera da letto; (4) che il Duca fosse attirato con linganno nella taverna di Maguelonne; (5) che a Verdi solo spettasse decidere, al momento della stesura, sullopportunit o no di modificare la scena in cui Triboulet scopre il corpo di sua figlia chiuso in un sacco; (6) che, in conseguenza di tutti questi cambiamenti, la prima dellopera dovesse essere rimandata sino alla fine di febbraio o i primi di marzo. Il censore approv tutti questi suggerimenti, divenuti pertanto esecutivi. Francesco I si tramut nel Duca di Mantova, forse proprio quel famoso, o famigerato, Vincenzo Gonzaga, patrono di Monteverdi e di Tiziano. pur vero che il suo nome non doveva essere menzionato, ma ci a noi poco deve importare, perch gi si sa chi regnava in quellepoca (Verdi). Triboulet divenne Rigoletto; Bianca, Gilda; il sicario Saltabadil, Sparafucile; sua sorella Maguelonne, Maddalena; e cos via. I signori di Saint-Vallier e Coss subirono una duplice trasformazione, in quanto i nomi loro attribuiti dapprima appartenevano a famiglie nobili ancora viventi (Castiglione e Cepriano) che indubbiamente avrebbero potuto risentirsi; pertanto furono modificati rispettivamente in Monterone e Ceprano. Lopera stessa, il cui titolo originale doveva essere La Maledizione, fu ribattezzata secondo il nome del protagonista. Per il 26 di gennaio, Piave pot annunciare con un Te Deum Laudamus che il Rigoletto era ritornato sano e salvo alla Presidenza della Fenice, senza fratture o amputazioni (Piave). Fu un ammirevole trionfo di pazienza e diplomazia.

Rigoletto

P E R S O N AG G I
Il DUCA di Mantova .......... TENORE RIGOLETTO, buffone di corte .......... BARITONO
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GILDA, figlia di Rigoletto .......... SOPRANO SPARAFUCILE, bravo .......... BASSO MADDALENA, sorella di Sparafucile .......... CONTRALTO GIOVANNA, custode di Gilda .......... MEZZOSOPRANO Il conte di MONTERONE .......... BARITONO MARULLO, cavaliere .......... BARITONO BORSA, Matteo, cortigiano .......... TENORE Il conte di CEPRANO .......... BASSO La CONTESSA, sposa del conte di Ceprano .......... MEZZOSOPRANO USCIERE di corte .......... BASSO PAGGIO della duchessa .......... MEZZOSOPRANO
Cavalieri, Dame, Paggi, Alabardieri. La scena si finge nella citt di Mantova e suoi dintorni. Epoca, il secolo XVI. N. B. Le indicazioni di destra o sinistra s'intendono sempre dal lato dello spettatore.
DUCA De la mia bella incognita borghese

toccare il fin dell'avventura io voglio. BORSA Di quella giovin che vedete al tempio? DUCA Da tre lune ogni festa. BORSA La sua dimora? DUCA In un remoto calle; misterioso un uom v'entra ogni notte. BORSA E sa colei chi sia l'amante suo? DUCA Lo ignora.
(un gruppo di dame e cavalieri attraversano la sala)

BORSA Quante belt!... mirate. DUCA Le vince tutte di Cepran la sposa. BORSA
(piano)

Non v'oda il conte, o Duca... DUCA A me che importa? BORSA Dirlo ad altra ei potria... DUCA N sventura per me certo saria.
DUCA

Questa o quella per me pari sono a quant'altre d'intorno mi vedo; del mio core l'impero non cedo meglio ad una che ad altra belt. La costoro avvenenza qual dono di che il fato ne infiora la vita; s'oggi questa mi torna gradita, forse un'altra doman lo sar. La costanza, tiranna del core, detestiamo qual morbo crudele; sol chi vuole si serbi fedele; non v'ha amor, se non v' libert. De' mariti il geloso furore, 27

degli amanti le smanie derido; anco d'Argo i cent'occhi disfido se mi punge una qualche belt.

Scena seconda
Detti, il conte di Ceprano che segue da lungi la sua sposa servita da altro Cavaliere. Dame e Signori entrano da varie parti.
[N. 3 - Minuetto e Perigordino]

DUCA (alla signora di Ceprano movendo ad incontrarla con molta galanteria)

Partite?... crudele!... CONTESSA Seguire lo sposo m' forza a Ceprano. DUCA Ma de luminoso in corte tal astro qual sole brillar. Per voi qui ciascuno dovr palpitar.
(con enfasi baciandole la mano)

Per voi gi possente la fiamma d'amore inebria, conquide, distrugge il mio core. CONTESSA Calmatevi... DUCA No.
(le d il braccio e esce con lei)

31-03-2010 Venezia, citt importante per il melodramma del 600. Nascita di molti teatri, anche piccoli, che si fanno concorrenza tra loro. Francesco Cavalli Altra importante citt Roma. Anche a Roma ci sono molti teatri, c' un forte gusto per lo sfarzo, le rappresentazioni sono molto sfarzose. Le scenogreafie sono molto immaginifiche, atraenti. Il balletto ancora agli inizi, in Francia invece il balletto fondamentale, gi nel '600. A Roma nasce un'altra formula, diversa dal melodramma, chiamata l'oratorio. Si tratta di una composizione molto simile all'opera, ma la storia viene raccontata, narrata, non rappresentata. Altra differenza l'argomento, dove spesso di derivazione biblica o comunque devozionale, che fa riflettere chi ascolta, chi assiste l'esecuzione. L'Oratorio destinato al periodo della Quaresima, periodo nel quale le rappresentazioni teatrali, come il Melodramma, erano vietati. Nasce a Roma, per merito di Filippo Neri e delle congregazioni filippine, e quindi l'oratorio si diffonde in citt diverse da Roma, nelle varie congreazioni distribuite sul territorio.

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Il primo oratorio si intitola Rappresentazione di Anima e Corpo, musicata da Emilio Cavalieri, un toscano della camerata fiorentina. 07-10-2010 Gia a fine del 600 c'erano due tipi di Aria Arietta bipartita (piccola Aria divisa in due sezioni, la prima A e la seconda B) Aria col da capo, la cui definizione deriva da Alessandro Scarlatti. ABA (A, B e A primo). L'Aria era il veicolo pi importante che metteva in luce la bravura dei cantanti, dove si metteva in luce il notevole virtuosismo vocale. A fine seicento, inizio settecento, i cantanti erano gi delle star, ed erano spesso loro che portavano il pubblico in sala, pi che l'opera in s. Aria di sortita: aria intonata quando il cantante entra in scena (e quindi esce dalle quinte), dove il cantante spesso esprimeva tutta la sua vocalit. Spesso le arie di sortita erano proprio create pensando al cantante che l'avrebbe interpretata. L'Aria di sortita viene chiamata cavatina da fine Settecento e perdura anche per tutto l'Ottocento (la famosa Cavatina di Figaro). Aria di bravura: aria volta a valorizzare le doti di agilit del cantante. Figurava una sorta di campionario di tutti gli abbellimenti che la voce umana era in grado di sostenere. Aria di portamento: aria in tempo lento, nella quale fondamentale come il cantante porta la voce, ovvero come sostiene il suono. La voce si portava, si muoveva molto moderatamente, passando da un suono all'altro per gradi, senza salti. Aria cantabile: aria che portava alla cantabilit, dove si dava molta importanza allo sfogo lirico. Non virtuosistica, dove anche l'accompagnamento dell'orchestra era molto semplice, tale da non superare e disturbare la linea vocale affidata alla voce del cantante. Aria di mezzocarattere: aria in cui la parte pi musicale, pi rilevante,veniva affidata agli strumenti, all'orchestra. L'accompagnamento era spesso elaborato. Aria di sdegno (di collera, infuriata, d'ira) : collocata in un momento particolare dove il personaggio doveva esprirere sentimenti di collera, di ira, di furia. Questo tipo d'aria era drammatica e sicuramente era caratterizzata, per quanto riguarda la voce, da salti molto vistosi. La ritmica era molto marcata. Aria di caccia: aria nella quale il corno accompagna il cantante. Spesso veniva 29

inserita in contesti di caccia, ma la costante era il corno, che aveva una parte di rilievo. Aria di guerra: aria nella quale la tromba accompagna il cantante. Veniva usata durante scene di guerra e la tromba aveva una parte di rilievo nell'accompagnare il cantante. A volte l'aria di guerra veniva usati in temi guerreschi, anche se lontani dalla guerra e propria. Aria del sonno: aria con la quale un personaggio ne addormenta un altro. Andamento cullante, lento, disteso. Andamento ondulante, spesso in sei ottavi. Come una ninnananna. Siamo nel seicento, et barocca, e il tema del sonno molto caro al barocco. Aria di confronto o di paragone: di solito si tratta di un testo letterario e il personaggio viene confrontato con una scena della natura, come una procella, con una tempesta, o idillica, con il canto di usignoli, il mormorio dei ruscelli,ecc. A seconda del contesto, o il personaggio in una situazione molto drammatica, e quindi viene confrontato con una situazione di tempesta, per esempio, o in una situazione idilliaca e viene confrontato con una situazione di pari caratura. Fino al tardo settecento esistono ancora queste arie di paragone. Permettono al cantante di mettere in luce la propria abilit locale. Aria in catene: aria cantata da un cantante quando si trovava in prigione o comunque incatenato. Aria di sorbetto: aria affidata alle seconde parti, che interpretano personaggi minori, durante la quale il pubblico si dedicava talvolta a mangiare un sorbetto. Aria di baule: cavallo di battaglia di cantanti, che la eseguivano anche all'interno di altre opere. Era l'aria prediletta di un certo cantante, che si metteva nel proprio baule come un costume di scena. Opera buffa La Serva Padrona di Pergolesi. Un ricco e non pi giovane signore di nome Uberto ha al suo servizio la giovane e furba Serpina che, con il suo carattere prepotente, approfitta della bont del suo padrone. Uberto, per darle una lezione, le dice di prendere moglie: Serpina gli chiede di sposarla, ma lui, anche se interessato, rifiuta. Per farlo ingelosire Serpina gli dice di aver trovato marito, un certo capitan Tempesta che in verit il servo Vespone che, travestito da soldato, chiede a Uberto una dote di 4000 scudi. Per non pagarli Uberto sposa Serpina, la quale da serva diventa padrona. Il padrone Uberto un baritono ed una classica voce buffa.

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Ci sono solo due personaggi, due intermezzi (un primo e un secondo). 12 04 2010 COPIARE APPUNTI opera seria: sequenza di recitativi ed arie, con un'introduzione strumentale. Opera buffa: introduce il concertato. Si definisce concertato (o pezzo concertato) la parte di un'opera lirica in cui i personaggi e il coro intrecciano le loro linee vocali in forma polifonica. Sin dal Settecento, i concertati dell'opera italiana si collocano di preferenza nei finali d'atto intermedi, pi raramente a fine quadro o alla fine dell'opera. In origine si articolano in pi sezioni, che nelle opere italiane del primo Ottocento seguono la struttura nota alla musicologia come "solita forma": un tempo d'attacco seguito da un largo (o cantabile), un tempo di mezzo e una stretta. Il concertato un problema per l'intelleggibilit del testo, ma dal pdv musicale sono una parte molto bella dell'opera. Anche dal pdv drammaturgico sono molto belli, visto che la trama in quel momento molto intrecciata. La massima espressione di concertato quello mozartiano L'Ottocento Il recitativo e l'aria si trasformano in una scena. Tempo d'attacco (c'e sempre un dialogo breve tra 2 personaggi. equivalente al recitativo del settecento.) Potrebbe anche esserci il dialogo tra un personaggio e il coro. Cantabile (quella che nel settecento era l'aria vera e propria). Si pu anche chiamare cavatina (quella che veniva identifiata nel settecento come aria di sortita. Tempo di mezzo. Ricomparir, o potrebbe ricomparire, l'orchestra, con dei piccoli spunti del Tempo d'attacco e ancora una volta il personaggio in scena dialogher con un altro personaggio (l'amico, la dama di corte, ecc.). Potrebbe anche esserci un coro. Questo il recitativo settecentesco. Come nel recitativo, dal pdv drammaturgico, sia il tempo di mezzo sia il tempo d'attacco sono molto dinamici, cinetici, con l'azione che prosegue. Cabaletta, passaggio finale soprattutto italiano con spesso virtuosismo vocale. Aveva una struttura strofica, con due strofe, con testi 31

diversi, ma musicalmente identici. La stessa musica con diversi testi. La musica era abbastanza orecchiabile, facile da ricordare, nonostante i virtuosismi. Tra settecento e ottocento, e tra aria e scena, c' una grande differenza. La scena pi dilatata nello spazio e nel tempo. Nel settecento ci sono anche settanta arie in un'opera, mentre nell'ottocento diminuiscono di gran lunga le arie in un'opera, soprattutto dei brani solistici. Il concertato diventa importante e viene inserita nell'opera seria del primo romanticismo. Nata come struttura tipica dell'opera buffa, ma diventa un elemento importantissimo dell'opera seria. Bellini, Doninzetti, Verdi, inseriscono pochi concertati, ma in punti chiave, dove la tensione alle stelle. Nell'Ottocento nasce la figura del Tenore come eroe romantico, non pi la voce dell'evirato settecentesco, ma una voce naturale, con uno slancio eroico, una forza. Si contrappone alla voce di soprano. Nell'Ottocento c' anche il baritono, ma nel 700 si usavano frequentemente ed erano spesso buffi non c'era nemmeno la distinzione tra basso o baritono. Nell'Ottocento ci sar una netta distinzione tra basso e baritono. Il baritono, specialmente con Verdi, diventa un personaggio che veramente l'alter ego del tenore, che si contrappone al tenore non solo vocalmente, ma anche psicologicamente. Pu essere un rivale in amore, un altro amoroso, ecc. Anche il ruolo del basso si definisce il maniera forte con Verdi. Il basso fa il personaggio austero, vecchio. Con Verdi si introducono spesso due voci femminili, una pi chiara e una pi scura, due soprani con diverso timbro che si contrappongono. Ad esempio possono essere in contrapposizione amorosa, vogliono lo stesso uomo. 14 04 2010 Rigoletto di Verdi Il preludio ha lo scopo di far entrare lo spettatore nello spirito, nell'atmosfera, che poi comprender maggiormente quando inizia lo spettacolo. Il preludio di rigoletto, molto breve, circa una trentina di battute musicali, una sintesi del dramma che si sta per rappresentare. La tonalit prescelta di do minore, estremamente drammatica. Il tema cardine la maledizione e la nota viene ribattuta dagli strumenti a fiato, ottoni (tromba, trombone...) che continuano inesorabilmente a scandire l'incalzante ritmo della maledizione, che quasi un ritmo di morte. Poi iniziano 32

gli archi, con un tremolo e una progressione drammatica in pianissimo e di nuovo un'altra scarica che esplode su tre accordi di fortissimo. 19 04 2010 [] Nel primo atto del Rigoletto, Giuseppe Verdi utilizza il perigordino. Il perigordino (dalla regione francese del Prigord) una danza di origine francese in movimento molto vivace e in tempo di 6/8, apparsa nel XVIII secolo. Scena quarta Detti e Marullo premuroso. [N. 4 - Coro] MARULLO Gran nuova! gran nuova! CORO Che avvenne? parlate! MARULLO Stupir ne dovrete... CORO Narrate, narrate... MARULLO Ah, ah!... Rigoletto... (ridendo) CORO Ebben? MARULLO Caso enorme!... CORO Perduto ha la gobba? non pi difforme? MARULLO Pi strana la cosa! Il pazzo possiede... CORO Infine? MARULLO Un'amante... CORO Un'amante! Chi il crede? MARULLO Il gobbo in Cupido or s' trasformato!... 21 04 -2010 Scena ottava Rigoletto, guardando dietro a Sparafucile. [N. 7 - Recitativo e Duetto] RIGOLETTO Pari siamo!... io la lingua, egli ha il pugnale; l'uomo son io che ride, ei quel che spegne!... Quel vecchio maledivami!... o uomini!... o natura!... Vil scellerato mi faceste voi!... Oh rabbia!... esser difforme!... esser buffone!... Non dover, non poter altro che ridere!... Il retaggio d'ogni uom m' tolto... il pianto!... Questo padrone mio, giovin, giocondo, s possente, bello, 33

sonnecchiando mi dice: fa' ch'io rida, buffone... Forzarmi deggio, e farlo!... Oh, dannazione!... Odio a voi, cortigiani schernitori!... Quanta in mordervi ho gioia!... Se iniquo son, per cagion vostra solo... ma in altr'uom qui mi cangio!... Quel vecchio maledivami!... tal pensiero perch conturba ognor la mente mia!... Mi coglier sventura?... Ah no, follia. (apre con chiave, ed entra nel cortile) 05 05 2010 All'inizio del secondo atto il duca in preda al panico perch ha scoperto il rapimento della sua amata. La psicologia del personaggio un po' diversa da quella a cui eravamo abituati per problemi legati alla censura dell'epoca.

AT T O S E C O N D O
Scena prima
Salotto nel palazzo ducale. Vi sono due porte laterali, una maggiore nel fondo che si chiude. A' suoi lati pendono i ritratti, in tutta figura, della duchessa e del Duca, a destra della sua sposa. V'ha un seggiolone presso una tavola coperta di velluto. Il Duca dal mezzo agitato.
DUCA Ella mi fu rapita!

E quando, o ciel... ne' brevi istanti, prima che il mio presagio interno sull'orma corsa ancora mi spignesse! Schiuso era l'uscio!... la magion deserta! E dove ora sar quell'angiol caro?... colei che pot prima in questo core destar la fiamma di costanti affetti?... colei s pura, al cui modesto accento quasi tratto a virt talor mi credo!... Ella mi fu rapita! E chi l'ardiva?... Ma ne avr vendetta: lo chiede il pianto della mia diletta.
DUCA

Parmi veder le lagrime scorrenti da quel ciglio, quando fra il duolo e l'ansia del subito periglio, 34

dell'amor nostro memore, il suo Gualtier chiam. Ned ei potea soccorrerti, cara fanciulla amata, ei che vorria coll'anima farti quaggi beata; ei che le sfere agli angeli, per te non invidi.

Scena seconda
Marullo, Ceprano, Borsa ed altri Cortigiani.
TUTTI Duca, duca? DUCA Ebben? TUTTI L'amante

fu rapita a Rigoletto. DUCA Bella! e donde? TUTTI Dal suo tetto. DUCA Ah, ah! dite, come fu?
(siede)

TUTTI

Scorrendo uniti remota via, brev'ora dopo caduto il d, come previsto ben s'era in pria, rara beltade ci si scopr. Era l'amante di Rigoletto, che, vista appena, si dilegu. Gi di rapirla s'avea il progetto, quando il buffone ver noi spunt; che di Ceprano noi la contessa rapir volessimo, stolto cred; la scala, quindi, all'uopo messa, bendato, ei stesso ferma ten. Salimmo, e rapidi la giovinetta a noi riusciva quindi asportar. Quand'ei s'accorse della vendetta rest scornato ad imprecar. DUCA (Che sento! dessa! la mia diletta! Ah, tutto il cielo non mi rap!)
(al coro)

Ma dove or trovasi la poveretta? TUTTI Fu da noi stessi addotta or qui.


DUCA
(alzandosi con gioia)

(Possente amor mi chiama, volar io deggio a lei; il serto mio darei per consolar quel cor. Ah! sappia alfin chi l'ama, conosca alfin chi sono, 35

apprenda ch'anco in trono ha degli schiavi amor.)


(esce frettoloso dal mezzo)

TUTTI (Quale pensiero or l'agita,

come cangi d'umor!)

Scena terza
Marullo, Ceprano, Borsa, altri Cortigiani, poi Rigoletto dalla destra.
MARULLO Povero Rigoletto!... CORO Ei vien!... Silenzio.
(Rigoletto entra la scena affettando indifferenza)

TUTTI Oh buon giorno, Rigoletto... RIGOLETTO (Han tutti fatto il colpo!) CEPRANO Ch'hai di nuovo,

buffon?... RIGOLETTO Che dell'usato pi noioso voi siete. TUTTI Ah! ah! ah!

RIGOLETTO (spiando inquieto dovunque)

(Dove l'avran nascosta?) TUTTI (Guardate com' inquieto!) RIGOLETTO Son felice che nulla a voi nuocesse l'aria di questa notte. MARULLO Questa notte!... RIGOLETTO L... Ah fu il bel colpo!... MARULLO S'ho dormito sempre! RIGOLETTO Ah, voi dormiste!... Avr dunque sognato!...
(s'allontana, e vedendo un fazzoletto sopra la tavola ne osserva inquieto la cifra)

TUTTI (Ve', come tutto osserva!) RIGOLETTO (Non il suo.)

Dorme il Duca tuttor? TUTTI S, dorme ancora.

Scena quarta
Detti e un Paggio della duchessa.
PAGGIO Al suo sposo parlar vuol la duchessa. CEPRANO Dorme. PAGGIO Qui or or con voi non era? BORSA a caccia... PAGGIO Senza paggi!... senz'armi!... TUTTI E non capisci

che vedere per ora non pu alcuno?...

RIGOLETTO (che a parte stato attentissimo al dialogo, balzando improvviso tra loro prorompe)

Ah! ella qui dunque!... Ella col Duca!... TUTTI Chi? RIGOLETTO La giovin che sta notte al mio tetto rapiste... TUTTI Tu deliri! 36

RIGOLETTO Ma la sapr riprender... Ella qui... TUTTI Se l'amante perdesti, la ricerca

altrove. RIGOLETTO Io vo' mia figlia... TUTTI La sua figlia... RIGOLETTO S... la mia figlia... D'una tal vittoria... Che?... adesso non ridete?... Ella l!... la vogl'io... la renderete.
(corre verso la porta di mezzo, ma i cortigiani gli attraversano il passaggio)

RIGOLETTO

Cortigiani, vil razza dannata, per qual prezzo vendeste il mio bene? A voi nulla per l'oro sconviene!... ma mia figlia impagabil tesor. La rendete... o se pur disarmata, questa man per voi fora cruenta; nulla in terra pi l'uomo paventa, se dei figli difende l'onor. Quella porta, assassini, m'aprite:
(si getta ancora sulla porta che gli nuovamente contesa dai gentiluomini; lotta alquanto, poi torna spossato sul davanti)

ah! voi tutti a me contro venite!...


(piange)

Ebben, piango... Marullo... signore, tu ch'hai l'alma gentil come il core, dimmi or tu dove l'hanno nascosta?... l? vero?... tu taci!... perch? Miei signori... perdono, pietate... al vegliardo la figlia ridate... ridonarla a voi nulla ora costa, tutto al mondo tal figlia per me.

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