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Canto I 1) Indica il luogo e il tempo in cui inizia il viaggio del purgatorio e spiega perch sono significativi per il poeta

Abbandonato linferno, Dante e Virgilio si ritrovano sulla spiaggia di un isola dellemisfero australe dominata la centro dalla montagna del purgatorio (inaccessibile ai vivi per il divieto divino di superare le colonne dErcole). Il canto primo si svolge su una modesta altura (lantipurgatorio) non lontana dalla spiaggia che circonda lisola del purgatorio. Il viaggio inizia sotto i migliori auspici astrologici: allalba della mattina di Pasqua (10 aprile 1300), per poi concludersi a mezzogiorno del mercoled successivo, quando inizia il suo volo verso il paradiso. Questi sono significativi per il poeta poich la domenica pi importante per i cristiani, il giorno della resurrezione di Ges, coincide con la rinascita di Dante a nuova vita dopo la discesa nellabisso infernale del peccato. 2) Perch Dante si rivolge in particolare a Calliope nellinvocazione alle Muse del Proemio? Calliope la Musa della poesia epica. Il richiamo specifico a lei vuole significare linnalzamento della materia trattata e dello stile. Egli invita Calliope ad innalzare il canto, ovvero lo stile, in rapporto alla materia pi elevata ed impegnativa. 3) Che cosa rappresentano simbolicamente le 4 stelle che Dante personaggio vede per la prima volta? Interpretavano allegoricamente le quattro virt cardinali: giustizia, prudenza, fortezza e temperanza. Dante afferma che Catone, in vita, ha praticato a tal punto le virt cardinali che, nonostante sia vissuto prima dellavvento di Cristo, si avvicinato a Dio (simboleggiato dal Sole). 4) Sottolinea i tratti fisici nella descrizione di Catone: quali caratteristiche emergono nel ritratto dantesco? Catone (Uticense) ha un aspetto senile e austero (con barba - che conferisce nobilt al suo aspetto e al suo portamento - e capelli brizzolati), il cui effetto accresciuto dalla luce delle stelle; le sue parole e le domande che pone aumentano il senso di autorit che lui esprime. Un anziano degno di solenne e reverenziale rispetto. 5) Quali funzioni ha catone nel Purgatorio? Considera le domande incalzanti nellapostrofe a Dante e Virgilio. i Catone il guardiano del purgatorio. Egli tende ad assumere la funzione del sacerdote che dirige latto liturgico: niente scalfisce la sua austerit. A lui basta sapere che il viaggio di Dante e Virgilio voluto dal cielo ed conforme alle leggi divine. Molti hanno ritenuto la scelta di Catone come guardiano alquanto strana: in quanto pagano egli avrebbe dovuto essere relegato nel limbo e, in quanto suicida, avrebbe dovuto essere trasformato in un albero esposto al tormento delle arpie (VII cerchio dellinferno, secondo girone). Per Dante vede nel suicidio di Catone la volontaria e consapevole uscita di scena del pagano per far posto alluniversalit cristiana; il suo un sacrificio religioso pi che un suicidio politico o politico. Seguendo le naturali inclinazioni del suo animo e le virt cardinali, Catone ha realizzato al massimo livello ci che poteva essere conseguito con le facolt umane ed ha avuto una fede implicita come gli antichi patriarchi, ai quali lo accumuna il suo aspetto fisico. Catone diventa cos la figura della liberazione del peccato (come custode del purgatorio che il regno della liberazione del peccato e del recupero della libert dellanima immortale. La sua rettitudine morale e linevitabilit del suicidio di fronte alla sicura perdita della libert consentono a dante di inserirlo tra i beati.

6) Quale miracolo avviene nei versi finali del canto e quale significato allegorico assume? Virgilio cinge dante con un giunco ma, per miracolo, lumile pianta che egli scelse ricrebbe identica: un evento miracoloso segna la fine del rito di purificazione. Significa allegoricamente che lumilt non pu mai essere vinta. 7) Quale figura retorica, relativa al viaggio, Dante usa nellincipit del canto? Per quale motivo? Dante usa la METAFORA: la poesia come viaggio navale, come passaggio da una mare tempestoso (linferno) a una navigazione pi pacata (il purgatorio) dove la piccola barca dellingegno poetico affronta temi pi sereni la metafora della materia poetica come mare da percorrere era un topos della poesia classica ma qui la navicella di Dante prende il volo: le sue vele sono mosse dalla grazia divina e possono ormai giungere a contemplare il regno nel quale la pena diventa mezzo di purificazione e speranza per giungere alla visione di DIO.

Canto VI 1) Quante sequenze si possono individuare nelle due parti in cui diviso il canto? Il sesto canto si presenta diviso a met, in due parti ben distinte. Nei primi 75 versi si possono individuare tre sequenze: - 1-24, il poeta completa la rassegna dei morti per forza; qui Dante circondato dai morti di morte violenta, tra cui alcuni noti personaggi del Duecento; - 25-57 Dante affronta il problema teologico-morale della validit delle preghiere in suffragio dei defunti; - 58-75 Nellabbraccio commosso tra Virgilio e il conterraneo Sordello da Goito viene preannunciato il clima dellinvettiva politica. La seconda parte occupa la celebre apostrofe allItalia. Si tratta di una digressione non attinente alla narrazione del viaggio nelloltretomba. 2) Che cosa vuole esprimere Dante con lapostrofe? Quali sono i suoi 5 blocchi principali? Dante esprime la sua accorata indignazione per la Nazione serva, cio corrotta moralmente e schiava di tiranni locali (Signori e Comuni), divisa e non unita sotto lImpero. Pi che una pagina di fede patriottica , linvettiva un compianto angosciato del poeta di fronte allurgenza dellattualit, alla realt negativa dellItalia. Dalle argomentazioni incalzanti e dalle accuse polemiche trapela il tormento per la crisi italiana e soprattutto fiorentina. Il discorso politico verte sullassenza dellimperatore dallItalia, aggravata dalla riottosit degli italiani nei suoi confronti e dallostilit della Ciesa che tende ad occuparne il legittimo potere. Per il buon governo del paese, la presenza dellimperatore indispensabile come quella del nocchiero in un nave. Lapostrofe pu essere suddivisa in 5 blocchi principali in rapporto ai diversi destinatari: a) LITALIA: in contrasto con lItalia dellet antica, cio con la Roma imperiale, il poeta denuncia lattuale decadenza, fatta di servit, di anarchia, di corruzione e di dolore. In antitesi con la festosa accoglienza fatta da Sordello a Virgilio, egli si rammarica per lo stato di guerra diffusa e fratricida, presente ormai su tutto il territorio, con il declino delle casate di antica nobilt e la lotta tra le fazioni. La vera vergogna nasce dal fatto che in Italia esistono leggi valide, quelle del codice di Giustiniano, ma nessuno se ne avvale. b) Il CLERO: Dante rimprovera i membri del clero di aver usurpato il potere dellimperatore, non rispettando il precetto evangelico d a cesare quel che di Cesare e a Dio quel che di Dio e mostrandosi poi incapaci di governare e peggiorando cos lo stato di anarchia dellItalia; c) LIMPERATORE: allimperatore il poeta rimprovera di non essere sceso in Italia, favorendo cos le mire della Chiesa e la crescente conflittualit interne del paese, e anche di essere restato in Germania per cupidigia e noncuranza dei suoi doveri, preferendo gli interessi tedeschi alluniversalit di Roma e dellItalia. d) CRISTO: le parole di dante ricordano quelle dei profeti e sono espressione dellincrollabile certezza nellaiuto di Dio, che tollera forse tanto disordine (in cui qualsiasi villano inurbato che entra in un partito diventa un eroe9 in preparazione a un misterioso bene futuro. e) FIRENZE: la terra di dante viene nominata qui per la prima e unica volta nella cantica con il possessivo mia che indica laffetto del poeta, nonostante tutta linvettiva sia basata sullantifrasi: dietro lelogio apparente emerge un ritratto ironico e negativo. Dante ne fa una citt emblematica della rovina nazionale per lassenza del senso di giustizia e di consiglio, per il degrado morale della popolazione, avida ed arrivista, che corre ad accaparrarsi gli incarichi politici, per la fragilit ed il continuo cambiamento delle leggi. La ricchezza materiale, la diffusa rissosit, linstabilit istituzionale vengono messe in contrapposizione ai modelli di Atene e Sparta, citate come origine del diritto e del vivere civile. Dante dipinge un exemplum in negativo in cui tutto cambia con grande velocit, persino gli abitanti che diventano metaforicamente le membra strappate con il bando e lesilio, dal corpo cittadino. Nel finale lo sdegno e il sarcasmo cedono il posto alla piet per Firenze, una malata che soffre e non trova una cura. 3) Perch solo Beatrice potr risolvere il dubbio che Dante espone nei versi 28-33? Riferimento alle parole di Virgilio. Il dubbio, il dilemma di Dante quello che riguarda la questione dei suffragi (le preghiere nella speranza che vengano cambiati i decreti del cielo). Dante dice: o le anime dellantipurgatorio hanno una speranza infondata oppure non gli sono ben chiare le parole del maestro Virgilio. Virgilio ribadisce che Dante ha capito bene la sua

scrittura, che chiara, e che le anime non sbagliano sperando nelle preghiere dei vivi. La pena per non cambia per i suffragi ma viene abbreviata lattesa dellespiazione. Le anime dellantipurgatorio sostano infatti in attesa di salire nelle cornici del purgatorio. Tuttavia Virgilio invita Dante a non fermarsi di fronte a un cosi forte dubbio perch Beatrice sar la luce (lume) tra lintelletto di Dante e la verit. Solo lei potr chiarire il dubbio teologico: Virgilio e Beatrice sono lallegoria della Ragione e della Fede, le quali svolgono una diversa funzione: ancora una volta Dante ribadisce i limiti della Ragione (Virgilio) per giungere a comprendere pienamente il mistero divino. La Ragione (Virgilio) svolge una funzione di guida, con la consapevolezza dei propri limiti ma indispensabile a giungere alla verit: ma in termini di salvezza non sufficiente e soltanto la Fede (Beatrice) potr risolvere del tutto i dubbi sullefficacia dei suffragi per i defunti. E la scelta della parola lume per Beatrice e luce per Virgilio evidenzia, anche nel lessico, la differenza tra la Fede e la Ragione, entrambe illuminanti per fare chiarezza ed individuare la via del Bene. 4) Individua le parole e le immagini che Dante usa per descrivere Sordello e confrontale con quelle riservate alle anime dei morti per forza. Sordello di Goito fu uno dei pi celebri poeti in lingua doc. Nato vicino a Mantova, cavaliere di bellaspetto e valore, trovatore ammirato dalle dame, fu accolto nelle corti europee. Non si hanno notizie sulla morte: il luogo assegnatogli da Dante nel purgatorio pu essere legato alla sua presunta morte violenta o ala dignit di principe negligente. Sordello scrisse il famoso Compianto in morte di ser Blacatz nel quale egli accusa i signori del suo tempo per la loro ignavia e vilt. Questo rappresenta un insegnamento donore in lingua doc e rappresenta un modello di poesia politico-morale. Denunciando senza paura la vilt dei potenti, a partire dallimperatore, e rimpiangendo le virt cortesi del coraggio e delle lealt, il poeta Sordello rappresenta anche lintellettuale cortigiano ideale. Dante ne fa il protagonista dei canti VI, VII e VIII, exemplum di poesia epica e civile, di consigliere politico, di intellettuale saggio e giusto, al servizio della cosa pubblica. Nobile, sapiente, ottimo oratore, Sordello pu insegnare la via da seguire anche allegoricamente, nellazione politica, che la stessa di Dante, quella del consigliere giusto e del mediatore di pace. Sordello diventa anche il simbolo della solidariet tra concittadini, dellamore per la propria terra ma anche della concordia che regna nellaldil mentre nella realt terrena questi valori sono scomparsi. La sequenza che dante dedica allincontro con Sordello mette in evidenza la sua differenza rispetto alle altre anime del purgatorio nonch la sua importanza. Egli compare in completa solitudine, silenzioso e immobile, lento e dignitoso anche nello sguardo, regale e sdegnoso come il leone che riposa. Gli aggettivi usati da Dante non lasciano dubbi sullammirazione e la stima che suscita Sordello: onesto e altero, quasi simile a Farinata per alcune caratteristiche. Poi c un colpo di scena: il dolce nome della sua terra, Mantova, ha il potere di trasformare questa figura statuaria e disdegnosa, che si anima improvvisamente, mossa dallentusiasmo e da uno slancio di affetto per il mantovano Virgilio. Al contrario, la schiera dei morti per forza (di morte violenta) che chiedono preghiere definita turba spessa ed paragonata alla folla opprimente che assedia e mette a disagio il giocatore del gioco della zara. 5) A cosa si riferisce la similitudine iniziale del gioco della zara? Il gioco della zara il gioco dei dadi che era molto diffuso nel medioevo e spesso era gestito in strada da biscazzieri. Si lanciavano tre dadi e vinceva chi indovinava la combinazione. Se uscivano i numeri pi improbabili, la scommessa era nulla. Dante descrive il momento finale di una partita, quando i due giocatori si separano. Il perdente resta solo e addolorato e ripete le gettate, cercando di imparare a lanciare meglio e ripensando alle cause della sua sconfitta, Laltro, il vincitore del gioco, attorniato dal pubblico, cerca di liberarsi dalla calca del pubblico. Continuando a camminare, il vincitore ascolta chi lo assilla e porge la mano a qualcuno, cio d una mancia per sbarazzarsene. Questa situazione paragonata a quella di dante, che si libera dei morti per forza, ascoltandoli e promettendo loro preghiere. La similitudine ha la funzione di riprendere, per contrasto, il racconto del viaggio dopo lincontro toccante con Pia dei Tolomei (lautore conclude il discorso trattato precedentemente ed introduce un nuovo argomento e un nuovo clima). Il successivo riferimento alla breve galleria di personaggi, italiani e toscani, che ne segue, sottolinea la violenza delle lotte per il potere nella cronaca del tempo, sfociate nel sangue. Questi personaggi sono sconfitti nel gioco politico, vittime della stessa ferocia che ha colpito Dante, esiliato, perch sono accomunati dal ben fare, dal ruolo di consiglieri e uomini saggi. Sono tutti importanti funzionari di corte o della vita comunale che introducono il tema politico-morale dellinvettiva di dante, ma anche la questione delle indulgenze, che riporta il discorso del perdere e del vincere, del vero e del falso, al tema della salvezza umana.

6) Il canto ricco di metafore, quali? - quella della nave e del nocchiero (cio lo Stato e limperatore): lItalia come una nave senza timoniere in mezzo a una grande tempesta; - quella della freccia e dellarco: molti hanno la giustizia nel cuore eppure la manifestano tardi, per evitare di parlare senza ponderazione (come una freccia che scoccano tardi, tendendo larco lentamente). Questi molti sono gli abitanti di altre citt che prendono decisioni sagge e ponderate, per le quali occorrono tempo e riflessione e sono messi in contrapposizione con i fiorentini che invece hanno la giustizia solo a parole. - quella della filatura : riferita alla fragilit delle leggi di Firenze. Firenze, in contrapposizione a Atene e Sparta che fecero le antiche leggi, emana provvedimenti cos sottili che non dura fino a novembre ci che dispone (fili) a ottobre. - quella del cavaliere-cavalla che sta per imperatore-Italia, mantenuta per tutta lapostrofe. 7) In che cosa consiste il giusto giudicio del cielo ai versi 121-123 e contro chi invocato da Dante? Dante si rivolge a Ges Cristo (sommo Giove). Linterrogativo riguarda i giusti occhi di Dio che non sembrano pi rivolti allItalia. I mali italiani sono forse la preparazione di un bene futuro da parte dell abisso del consiglio divino, cio dellimperscrutabile sapienza divina?

Canto XVI 1) Indica le caratteristiche del luogo in cui ambientato il canto e spiegane la diversit apparente rispetto allatmosfera consueta del purgatorio. Siamo nella terza cornice. Essa avvolta da un fummo denso e nerastro che ricorda il terribile buio dinferno e le notti senza stelle. Si tratta di un immenso spazio completamente immerso nelle tenebre, unatmosfera cupa e angosciante. La nebbia cos pungente e sozza che impedisce a Dante di aprire gli occhi e lo priva del senso della vista. Il canto inizia quindi con un clima che ricorda linferno per il luogo e lo stile, che anticipa il tema delle due guide luminose per un mondo ormai immerso nelle tenebre del peccato. 2) Quale preghiera cantano le anime degli iracondi e che collegamento si pu stabilire con il loro peccato? Alle orecchie di Dante giunge il canto soave di un coro di voci che recita la preghiera dell Agnus Dei per ricordare al lettore che questo il purgatorio e non linferno, che queste sono anime espianti che invocano la pace e la misericordia di Ges, lAgnello di Dio, simbolo della mansuetudine. Essi sulla terra furono infiammati dallodio per il prossimo, dalla violenza e dalla discordia ed ora recitano in coro la preghiera della mansuetudine - che la virt opposta allira e tra di loro vi piena concordia. La concordia ha un valore morale-politico per Dante: sta ad indicare che lunit e laccordo sono valori da coltivare per il bene terreno supremo, la pace. 3) Illustra il contrappasso degli iracondi e considera se anche Dante e Virgilio siano coinvolti dalla pena della cornice: quale significato puoi trarne? Il contrappasso degli iracondi un contrappasso per analogia: gli iracondi in terra persero il senno e furono ciechi a causa dellira, cos nel purgatorio sono immersi in una nebbia fitta e densa che li tormenta negando loro la vista e chiudendone gli occhi, ma offende anche lolfatto, il gusto (aere amaro e sozzo), il tatto (aspro pelo). Con questa pena, Dante sottolinea gli aspetti devastanti della colpa, sottintesi allegoricamente: lira fa ribollire il sangue come un fuoco che brucia e produce fumo, accecando la mente e portando alla vendetta, allodio e allatto violento, che possono smarrire chi la subisce. Anche Dante e Virgilio procedono senza vedersi e il maestro offre la sua spalla come appoggio affinch lallievo non si ferisca o si perda, invitandolo a non allontanarsi da lui: lallegoria indica che la Ragione (=Virgilio) una scorta saggia e fidata indispensabile per controllare le passioni distruttive dellira. Luomo ottenebrato dallira rischia di perdersi senza la sua luce. Dante qui si paragona al cieco che segue la sua guida (=similitudine: cos come il cieco va dietro la sua guida per non perdersi e non urtare in qualcosa che lo pu ferire, o anche uccidere, cosi Dante segue da vicino la sua guida per non smarrirsi e non farsi male. Dante quindi soffre la stessa pena degli iracondi, che rende ciechi, segno che in vita fu soggetto allira come alla superbia. Tra tutti i sensi, solo ludito resta immune, vero e proprio senso-protagonista del canto XVI: in questo canto la voce acquista unimportanza decisiva. 4) Quale dubbio esprime Dante a Marco Lombardo e perch lo definisce doppio? Il duplice dubbio che Dante chiede di risolvere a Marco Lombardo, dopo aver ascoltato le se parole e quelle di Guido Del Duca, fondamentale: qual la causa della mancanza di virt nel mondo? Rievocando le discussioni dotte tra i seguaci del pensiero aristotelico e quelli della Scolastica sulla libert delluomo, Dante si chiede se abbiano ragione i primi che attribuivano molta importanza agli influssi celesti, o i secondi, che affermavano la libera volont degli uomini. Lo definisce doppio perch prima il dubbio era semplice e ora invece raddoppiato dal parere di Marco che conferma quel giudizio, cio la corruzione del mondo, in questa cornice (qui) e nella precedente (altrove), quando ha ascoltato per parole di Guido del Duca. Dante unisce le due affermazioni udite e la sua perplessit aumenta. 5) Riassumi i versi 64-84 e spiega la dottrina del libero arbitrio esposta da Marco, individuando la funzione degli influssi astrali sulluomo. La prima parte del ragionamento di Marco spiega la dottrina del libero arbitrio, tratta da San Tommaso, che consente alluomo di scegliere tra il male e il bene grazie al lume della Ragione, creata da Dio per distinguerli. Le stelle, quindi,

non sono la causa del male, in quanto influiscono solo sulle disposizioni naturali e sugli istinti delluomo, che pu vincerli rafforzando la sua virt. Se cos non fosse, infatti, non avrebbe senso punire nellinferno i dannati e premiare nel paradiso i beati: unassurdit che conferma la validit della tesi sostenuta. Marco definisce il mondo cieco, come cieco Dante, che con il suo dubbio dimostra di venire da l. Poi afferma che gli uomini addossano ogni causa sempre e solo alle influenze astrali proprio come se esse determinassero il moto di tutto ci che succede sulla Terra. Se cos fosse sarebbe distrutto il libero arbitrio, cio la libera volont delluomo, sicch non sarebbe giusto premiarlo per aver scelto il bene o punirlo per aver commesso il male. Le stelle danno il primo impulso alle inclinazioni naturali degli uomini, cio quelle del corpo, ma non ai moti dellanima razionale. Il lume della Ragione aiuta luomo a distinguere tra bene e male. Il libero arbitrio il secondo mezzo donato alluomo: esso incontra difficolt nel contrastare gli influssi celesti, ma poi supera tutto se rafforzato con la virt. Gli uomini sono sottoposti ad una forza pi potente ed a una natura migliore rispetto ai cieli, che Dio: rispetto alle altre creature, luomo insieme libero e soggetto al creatore , perch da lui ha ricevuto la mente, su cui gli atri non hanno alcun potere. Infatti, grazie alla ragione e alla volont, luomo ha la capacit di scegliere. Perci se il mondo attuale non segue pi la diritta via e si svia, la colpa degli uomini, in essa va ricercata.

6) Quali sono le due istituzioni create da Dio per la salvezza dellumanit? Perch sono definite due soli? Si tratta di un allegoria che sostituisce limmagine del Sole e della Luna nella Monarchia ma riprende la stessa concezione con cui Dante afferma la parit tra i due poteri, quello papale e quello imperiale, entrambi creati da Dio con compiti diversi ma per fini complementari. Roma la sede dellImpero e del Papato, quindi la citt che nel passato ha ordinato e pacificato la terra per accogliere la fede cristiana. Il suo duplice ruolo, voluto dalla provvidenza, consiste nellaver avuto entrambi i poteri, paragonati a due Soli, per indicare agli uomini il cammino della felicit terrena e quello della felicit celeste. Il sesto canto si presenta diviso a met, in due parti ben distinte. Nei primi 75 versi si possono individuare tre sequenze: 7) Spiega il significato della similitudine dellanima-fanciulla. Questa similitudine fa parte del discorso elevato di Marco Lombardo. Lanima umana come una bambina che ride e piange senza sapere perch, dimostrando la sua et infantile. In questa similitudine lanima umana per Dante ha una natura buona, semplicetta = ingenua, e ignara, eccetto che essendo creata da Dio, padre amoroso e lieto - attratta da ci che la le da piacere, ingannandosi e inseguendo i falsi beni terreni se una guida o un freno non piega il suo desiderio amoroso. Perci, come lanima deve essere guidata e frenata con la Ragione , cos indispensabile nel mondo avere le leggi come freno per gli uomini ed un imperatore come guida per attuare e garantire la giustizia. Solo cos si potr realizzare la felicit terrena, preludio di quella celeste. Purtroppo le leggi ci sono ma nessuno le attua perch il papa, il pastore che la guida del gregge cristiano, non sa farlo, essendo questo il compito dellimperatore. Inoltre il papa mira solo ai beni materiali e d il cattivo esempio, trascurando i beni spirituali che gli competono. Marco conclude il suo discorso per dimostrare la causa per cui il mondo malvagio affermando che non la natura umana, corrotta dalle stelle, la cattiva condotto della guida religiosa: la cattiva condotta e il malgoverno dei papi ha corrotto i fedeli e ha portato il mondo sulla cattiva strada.

Canto XX
Maladetta sie tu, antica lupa, che pi che tutte laltre bestie hai preda per la tua fame sanza fine cupa! O ciel, nel cui girar par che si creda le condizion di qua gi trasmutarsi, quando verr per cui questa disceda? Che tu sia maledetta, antica lupa, che pi di ogni altra belva trovi vittime per la tua fame eterna e profonda! 12 O Cielo, dal cui movimento gli uomini credono che le vicende umane siano influenzate, quando verr colui per il quale la lupa sar cacciata dal mondo?

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Ed elli: Io ti dir, non per conforto chio attenda di l, ma perch tanta grazia in te luce prima che sie morto. Io fui radice de la mala pianta che la terra cristiana tutta aduggia, s che buon frutto rado se ne schianta. Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia potesser, tosto ne saria vendetta; e io la cheggio a lui che tutto giuggia. Chiamato fui di l Ugo Ciappetta; di me son nati i Filippi e i Luigi per cui novellamente Francia retta. Figliuol fu io dun beccaio di Parigi: quando li regi antichi venner meno tutti, fuor chun renduto in panni bigi, trovami stretto ne le mani il freno del governo del regno, e tanta possa di nuovo acquisto, e s damici pieno, cha la corona vedova promossa la testa di mio figlio fu, dal quale cominciar di costor le sacrate ossa. Mentre che la gran dota provenzale al sangue mio non tolse la vergogna, poco valea, ma pur non facea male. L cominci con forza e con menzogna la sua rapina; e poscia, per ammenda, Pont e Normandia prese e Guascogna. Carlo venne in Italia e, per ammenda, vittima f di Curradino; e poi ripinse al ciel Tommaso, per ammenda. Tempo veggio, non molto dopo ancoi, che tragge un altro Carlo fuor di Francia, per far conoscer meglio e s e suoi. Sanzarme nesce e solo con la lancia con la qual giostr Giuda, e quella ponta s cha Fiorenza fa scoppiar la pancia. Quindi non terra, ma peccato e onta guadagner, per s tanto pi grave, quanto pi lieve simil danno conta. Laltro, che gi usc preso di nave, veggio vender sua figlia e patteggiarne come fanno i corsar de laltre schiave. O avarizia, che puoi tu pi farne, poscia cha il mio sangue a te s tratto, che non si cura de la propria carne? Perch men paia il mal futuro e l fatto, veggio in Alagna intrar lo fiordaliso, e nel vicario suo Cristo esser catto.

E lui: Ti risponder, non perch io aspetti conforto dalle preghiere dei vivi, ma poich in te riluce tanta grazia prima della tua morte. 42 Io fui la radice della pianta maligna (i Capetingi) che fa ombra a tutta la Cristianit, cosicch raramente se ne colgono buoni frutti. 45 Ma se Douai, Lille, Gand e Bruges potranno, la vendetta avverr presto; e io la chiedo a Colui (Dio) che tutto giudica. 48 In vita fui chiamato Ugo Capeto; da me sono nati i Filippi e i Luigi da cui la Francia stata governata di recente. 51 Io fui figlio di un macellaio di Parigi: quando i re antichi (i Carolingi) scomparvero tutti, tranne uno che indoss la tonaca di monaco, io mi trovai stretto in mano il governo del regno, ed ebbi un tale potere per il nuovo acquisto e fui cos pieno di amici, che la corona rimasta vacante fu destinata alla testa di mio figlio, da cui ha avuto inizio la dinastia dei Capetingi.

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60 Fino al giorno in cui la gran dote della Provenza non tolse ai miei discendenti ogni ritegno, la dinastia comp poche imprese ma nondimeno non commise malefatte. Da quel momento inizi la sua rapina con la violenza e l'inganno; e in seguito, per fare ammenda di ci, si impadron del Ponthieu, della Normandia e della Guascogna. Carlo I d'Angi venne in Italia e, per fare ammenda, uccise Corradino; poi fece morire san Tommaso, sempre per ammenda. 69 Vedo che tra non molto tempo un altro Carlo (di Valois) uscir di Francia, per far conoscere meglio se stesso e la sua casata. 72 Ne uscir senz'armi, tranne che la lancia del tradimento con cui si batt Giuda, e la user in modo tale da fare scoppiare la pancia a Firenze. Per questo non otterr una terra ma peccato e vergogna, tanto pi grave quanto meno grave egli considera tale danno. 78 Vedo poi l'altro (Carlo II d'Angi), che gi fu catturato sul mare, che vende sua figlia e ne fa mercato, come i pirati fanno con le schiave. 81 O avarizia, che cosa puoi farci pi di questo, dopo che hai avvinto a te il mio sangue al punto che non si cura neppure dei propri congiunti? 84 E perch il male futuro e quello passato sembrino minori, vedo il giglio di Francia entrare ad Anagni, e vedo Cristo essere catturato nella persona del suo vicario. 87 Lo vedo deriso un'altra volta; vedo nuovamente l'aceto e il fiele, e

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Veggiolo unaltra volta esser deriso; veggio rinovellar laceto e l fiele, e tra vivi ladroni esser anciso.

vedo che viene ucciso tra due ladroni vivi (Guglielmo di Nogaret e Sciarra Colonna). 90

LUPA = avidit/avarizia

Il Canto completa il discorso di Dante intorno al peccato di avarizia, presentando come exemplum morale il personaggio di Ugo Capeto che, in quanto re di Francia e capostipite della dinastia capetingia, speculare rispetto a quello di papa Adriano V protagonista del Canto XIX (il peccato pi grave e fonte della decadenza morale del tempo condannato attraverso due esponenti delle massime cariche nell'Europa cristiana, un sovrano e un pontefice ). L'incontro con Ugo Capeto preceduto dalla dura invettiva del poeta contro la lupa, simbolo del peccato di cupidigia, cui seguono gli esempi di povert e liberalit recitati dalle anime dei penitenti. L'anima che secondo il poeta ha parlato proprio quella di Ugo Capeto, a cui Dante si avvicina e attraverso il quale svolge un importante discorso di condanna dell'avarizia e, al tempo stesso, di dura critica ai discendenti della sua dinastia.

L'esempio di Ugo Capeto gi di per s significativo, in quanto il giunse al regno nonostante le sue umili origini e divenne avido di potere, salvo poi pentirsi dei suoi peccati e guadagnare la salvezza eterna; non cos si pu dire per i suoi discendenti, verso i quali il re lancia un duro atto d'accusa che colpisce soprattutto Filippo il Bello e i due Carlo d'Angi, ovvero i capetingi verso cui Dante aveva maggiori motivi di risentimento e di condanna politica. Il penitente individua un momento storico a partire dal quale la casata inizi il suo declino morale, ovvero l'acquisizione della gran dota provenzale avvenuta nel 1245 col matrimonio di Beatrice (figlia di Raimondo IV Berlinghieri) con Carlo I d'Angi: da l in poi inizi la rapina della dinastia francese, sia perch il matrimonio fu concluso con la rottura fraudolenta del fidanzamento tra Beatrice e Raimondo di Tolosa, sia perch in seguito le truppe francesi invasero la Provenza con un vero atto di guerra. Ugo Capeto usa la tecnica dell'antifrasi per biasimare le ulteriori malefatte dei suoi discendenti, in quanto afferma che per fare ammenda di quel torto Carlo I d'Angi invase il regno di Napoli e fece decapitare Corradino nel 1268, dopo la battaglia di Tagliacozzo, e in seguito fece avvelenare san Tommaso d'Aquino per timore di ci che avrebbe detto contro di lui al Concilio di Lione (Dante d credito a questa versione della morte del santo, usando l'espressione ironica ripinse al ciel). Ugo Capeto profetizza poi l'azione di Carlo di Valois quando sar paciaro a Firenze e favorir l'ascesa violenta al potere dei Guelfi Neri, causando indirettamente l'esilio di Dante, nonch la condotta di Carlo II d'Angi il quale, dopo essersi coperto di vergogna nella battaglia del Golfo di Napoli del 1284 in cui fu fatto prigioniero dagli Aragonesi, arriver nel 1305 a vendere la giovane figlia Beatrice ad Azzo VIII d'Este come fanno i pirati con le schiave (entrambe le immagini si rifanno all'ambito marinaresco e ai prigionieri fatti sul mare). Naturalmente il principale bersaglio polemico del penitente il re di Francia sul trono al momento della visione dantesca e della composizione del Canto, ovvero Filippo il Bello di cui Ugo Capeto gi all'inizio biasima la guerra condotta contro i Fiamminghi nel 1297-1299: Filippo aveva consumato l'indegno tradimento del conte di Fiandra che indusse ad arrendersi e poi fece prigioniero, salvo poi scatenare la ribellione delle citt fiamminghe che nel 1302 sconfissero i Francesi (il fatto qui profetizzato da Ugo Capeto come prossima punizione delle malefatte del sovrano). Altri due gravi fatti vengono predetti dal penitente con un discorso retoricamente elevato e solenne, attraverso l'anafora Veggio... con cui egli prefigura l'oltraggio di Anagni e lo scioglimento dell'Ordine dei Templari: in entrambi i casi il penitente usa immagini tratte dal testo evangelico e relative alla vicenda di Cristo, a iniziare dall'offesa subta da Bonifacio VIII ad opera di Sciarra Colonna e Guglielmo di Nogaret, paragonati ai due ladroni con cui Ges venne crocifisso e indicando il papa stesso come Cristo oltraggiato e umiliato sulla via crucis. chiaro che Dante condanna l'offesa perpetrata non alla persona di Bonifacio ma all'abito che egli indossa come vicario di Cristo in Terra, per cui l'azione compiuta dai due complici di Filippo degna della massima esecrazione. L'azione di Filippo condannata anche per il movente dettato dall'avarizia, per cui in ultima analisi la condanna dei discendenti di Ugo Capeto anche un ulteriore esempio di cupidigia come causa del malcostume politico del mondo, il che spiega il particolare malanimo sempre dimostrato da Dante verso il sovrano che fece iniziare la cattivit avignonese (Filippo il Bello non mai nominato direttamente nel poema e verr sempre colpito con amara irrisione.

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