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Corso di Laurea in Matematica

Appunti Analisi di Fourier 2

Francesca Astengo

Universit` a di Genova, A.A. 2011/2012

Edito in proprio. Sono stati adempiuti gli obblighi di legge, in ottemperanza allart. 1, D. Lgs. Lgt. n. 660/1945

Indice
Capitolo 1. La Trasformata di Fourier 1. Lo spazio euclideo Rd 1.1. Integrazione 1.2. Criteri di integrabilit` a locale e globale 2. La convoluzione 2.1. Mean lter 2.2. Gaussian lter 2.3. Laplacian of Gaussian 3. Il Teorema di Riesz Thorin e prime applicazioni 4. Identit` a approssimate 5. La Trasformata di Fourier: il Caso di L1 e lo spazio di Schwartz 6. La formula di inversione 7. Trasformata di funzioni Lp , 1 < p 2 8. Teoremi di incertezza 9. Applicazioni 9.1. Trasformate di immagini 9.2. Filtri 9.3. Riconoscimento caratteri 9.4. Calcolare il diametro di una stella 9.5. Equazione di Laplace sul semipiano 9.6. Equazione del calore 9.7. Equazione delle onde 9.8. Dirazione 10. Esercizi Capitolo 2. Armoniche sferiche 1. Il caso di R2 2. Il caso di Rd 2.1. Polinomi omogenei e armoniche sferiche 2.2. Armoniche sferiche zonali 2.3. Polinomi di Gegenbauer 2.4. Decomposizione di L2 (Rd ) 3. Esercizi Capitolo 3. Wavelet 1. La WFT o STFT 1.1. Pregi 1.2. Difetti 2. La CWT
i

1 1 3 5 7 13 13 14 16 21 24 32 34 37 44 45 49 50 51 53 55 55 56 61 65 65 70 70 74 80 83 86 87 88 90 92 95

2.1. Alcuni scalogrammi 2.2. Rettangoli di Heisenberg 2.3. Un confronto tra STFT e CWT 2.4. Studio della regolarit` a 3. Analisi Multi-Risoluzione (MRA) 3.1. Basi di Riesz 3.2. MRA 4. Wavelet generate da una MRA 4.1. Risoluzione e dettagli 4.2. Filtro passa-basso 4.3. Generazione di wavelet ortonormali 4.4. Wavelet ortonormali e condizione di ammissibilit` a 5. Wavelet ortonormali a banda limitata 5.1. La Shannon wavelet 5.2. Meyer Wavelet 5.3. Una propriet` a delle wavelet a banda limitata 5.4. Journ e wavelet 6. Lalgoritmo di Mallat 6.1. Rimozione del rumore 7. Altri esempi di wavelet ortonormali 7.1. Spline di ordine 1 e la Franklin wavelet 7.2. Splines di ordine pi` u alto e BattleLemarie wavelet 7.3. Daubechies wavelet 8. Cenno al caso di dimensione maggiore 9. Esercizi Elenco delle Figure Riferimenti bibliograci

100 105 107 110 111 111 113 120 121 122 123 128 129 129 130 132 136 140 146 147 147 150 150 152 155 157 159

ii

CAPITOLO 1

La Trasformata di Fourier

Nel corso di Analisi di Fourier avete gi` a visto in cosa consiste il metodo della trasformata di Fourier. In questo capitolo ci occupiamo del caso multidimensionale, ovvero tratteremo prevalentemente della trasformata di funzioni su Rd con d > 1. La teoria si arricchisce perch e entra in gioco linterazione con il gruppo delle rotazioni. 1. Lo spazio euclideo Rd Indichiamo con Rd linsieme delle d-uple di numeri reali (x1 , . . . , xd ) con xj in R per j = 1, . . . , d. Per quanto sia comodo scrivere la d-upla in riga, in realt` a stiamo trattando vettori colonna. Ricordiamo che Rd ` e uno spazio vettoriale rispetto alladdizione dei vettori componente per componente e alla moltiplicazione per scalari anchessa componente per componente. Dato x = (x1 , . . . , xd ) in Rd , deniamo la norma di x come
2 1/2 |x| = (x2 1 + + xd )

ossia come la lunghezza del vettore x. Il prodotto interno sar` a denotato con il puntino e quindi |x|2 = x x. x y = x1 y1 + + xd yd = txy

Se = (1 , . . . , d ) ` e un multiindice in Nd , deniamo il monomio


d 1 x = x 1 xd

e loperatore dierenziale Inne || = 1 + + d .


d 1 = 1 d

Ci sono importanti gruppi di simmetrie per lanalisi su Rd : traslazioni dilatazioni rotazioni

Capitolo 1

Probabilmente avete gi` a visto limportanza delle traslazioni e delle dilatazioni nel caso unidimensionale. Una rotazione ` e una trasformazione lineare che conserva il prodotto interno e si descrive mediante una matrice R del gruppo ortogonale O(d). In formule, una rotazione ` e una mappa d d d : R R lineare, quindi, rispetto alla base canonica di R a ` e associata una matrice che chiamo R: (x) = R x x Rd ; inoltre conserva il prodotto interno, ossia ((x)) ((y )) = x y In termini della matrice R questo vuol dire che quindi R ` e una rotazione se e solo se t R = R1 . Si denota con O(d) linsieme delle matrici reali R quadrate di ordine d tali che t R = R1 . Rispetto al prodotto di matrici O(d) ` e un gruppo che viene detto gruppo ortogonale. Si noti che una mappa lineare ` e una rotazione se e solo se conserva le distanze, ossia se e solo se |(x)| = |x| per ogni x in Rd . Inne, det = det R = 1. Quando det = 1, la rotazione ` e una rotazione propria e la matrice R associata fa parte di SO(d), il gruppo ortogonale speciale; altrimenti la rotazione si dice impropria. Sulla retta reale R ci sono solo due rotazioni, lidentit` a e la riessione x x. Invece in dimensione maggiore il gruppo delle rotazioni ` e molto pi` u ricco e interessante e per questo ci aspettiamo che giochi un ruolo fondamentale nello studio dellanalisi su Rd . Inoltre molti degli operatori fondamentali che si studiano in Rd presentano una simmetria rispetto al 2 gruppo delle rotazioni. Ad esempio, il laplaciano = d j =1 j commuta con lazione del gruppo delle rotazioni in questo senso: (f (R))(x) = (f )(R(x)) x Rn , f C ( Rd ) . Rx Ry = x y x, y Rd tRR = IRd , x, y Rd .

Esempio 1.1. In R2 possiamo descrivere il gruppo delle rotazioni anche usando lidenticazione col piano complesso. Spero vi sia noto che SO(2) = e che O(2) = SO(2) {UR : R SO(2)} dove U = 1 0 0 1 , R = cos sin sin cos : R

ovvero ogni rotazione di R2 ` e una rotazione propria associata alla matrice R (che ruota di un angolo in senso antiorario) oppure ` e composizione di una rotazione propria e della riessione rispetto allasse delle y .

1.1 Lo spazio euclideo Rd

Chiamiamo c : R2 C lidenticazione col piano complesso, ossia la mappa c x y = x + iy x, y R.

Sia : R2 R2 la rotazione propria associata alla matrice R . Analizziamo la mappa = c1 c : C C. Si ha (x + iy ) = c x y =c x y =c cos x sin y sin x + cos y

= (cos + i sin )(x + iy ) = ei (x + iy ), ossia coincide con la moltiplicazione per ei .

= (cos x sin y ) + i(sin x + cos y )

Se invece consideriamo : R2 R2 la rotazione associata alla matrice U e analizziamo la otteniamo mappa (x + iy ) = c coincide con il coniugio. ossia Identicando R2 con il piano complesso, una rotazione propria ` e allora la moltiplicazione per ei con opportuno; una rotazione impropria ` e la composizione del coniugio con una rotazione propria. Esempio 1.2. In R3 una rotazione propria ha sempre un asse di rotazione, ossia esiste un vettore h in R3 tale che Rh = h e inoltre R ` e una rotazione sul piano ortogonale a h. Se invece R` e impropria, allora R ` e propria, ossia una rotazione impropria si ottiene componendo una rotazione propria con la simmetria rispetto allorigine. Esempio 1.3. Un modo ovvio di ottenere una rotazione in Rd ` e quello di scegliere due basi ortonormali e di mandare base ortonormale in base ortonormale. 1.1. Integrazione. In tutto il corso, se non diversamente specicato, ci riferiremo sempre alla algebra e alla misura di Lebesgue. Sia f una funzione integrabile (ossia Lebesgue misurabile e assolutamente integrabile su Rd rispetto alla misura di Lebesgue). Allora se y f (x) = f (x y ) con y in Rd si ha y f (x) dx =
Rd Rd

x y

=c U

x y

=c

x y

= x iy

f (x) dx.

Se r f (x) = r d f (x/r ) con r > 0, allora r f (x) dx =


Rd Rd

f (x) dx.

Capitolo 1

Inne, se R ` e una rotazione, indichiamo con Rf la funzione ruotata, ovvero (Rf )(x) = 1 f (R x). Allora (Rf )(x) dx =
Rd Rd

f (x) dx.

Vi ricordo le formule di integrazione in coordinate polari. Iniziamo dai casi semplici e noti di d = 2, 3. Esempio 1.4. In R2 le coordinate polari sono determinate dal cambio di variabili x = r cos y = r sin con r 0 e [0, 2 ). Questa risulta essere una trasformazione con determinante Jacobiano r e invertibile tra laperto (r, ) (0, ) (0, 2 ) e R2 privato di una semiretta. Siccome la porzione di piano che stiamo trascurando ha misura nulla, possiamo scrivere che
2

f (x, y ) dx dy =
R2 0 0

f (r cos , r sin ) r dr d.

con r 0, [0, ] e [0, 2 ). Questa risulta essere una trasformazione con determinante Jacobiano r 2 sin e invertibile tra laperto (r, , ) (0, ) (0, ) (0, 2 ) e R3 \ {(x, 0, z ) : x 0, z R} Siccome la porzione di spazio che stiamo trascurando ha misura nulla, possiamo scrivere che
2 0 0

Esempio 1.5. In R3 le coordinate polari sono determinate dal cambio di variabili x = r sin cos y = r sin sin z = r cos

f (x, y, z ) dx dy dz =
R3 0

f (r sin cos , r sin sin , r cos ) r 2 sin dr d d.

In Rd il passaggio a coordinate polari ` e denito da x1 = r cos 1 x2 = r sin 1 cos 2 x3 = r sin 1 sin 2 cos 3 r [0, +), j [0, ], [0, 2 ). . . . xd1 = r sin 1 sin 2 sin d2 cos xd = r sin 1 sin 2 sin d2 sin Si pu` o dimostrare che il determinante jacobiano di questa trasformazione ` e r d1 (sin 1 )d2 (sin 2 )d3 sin d2 Indichiamo pi` u brevemente con d () lelemento di supercie della sfera unitaria S d1 in Rd , ossia d () = (sin 1 )d2 (sin 2 )d3 sin d2 .

1.1 Lo spazio euclideo Rd

Si ha f (x) dx =
Rd 0

S d 1

f (r) r d1 d () dr

dove indichiamo pi` u brevemente con = x/|x| un punto sulla sfera unitaria in Rd . In particolare, se f ` e una funzione che dipende solo dalla distanza dallorigine, cio` e f (x) = f0 (|x|), allora f (x) dx = d
Rd 0

f0 (r ) r d1 dr,

dove d1 ` e larea della sfera S d1 in Rd . (Da calcolare per esercizio) Si noti che se f ` e una funzione integrabile sulla sfera e R ` e una rotazione, allora anche (Rf )() d () = Infatti, si estenda f a tutto R ponendo, ad esempio, (x) = f (x/|x|) [1/2,2] (|x|) f dove ` e la funzione indicatrice. Allora luguaglianza )(x) dx = (R f
Rd Rd S d 1 d S d 1

f () d ().

x Rd ,

(x) dx f

scritta in coordinate polari diventa


2 2

(Rf )() d () r d1 dr =
1/2 S d 1 1/2 S d 1

f () d () r d1 dr

da cui linvarianza per rotazioni della misura sulla supercie della sfera. 1.2. Criteri di integrabilit` a locale e globale. Sia > 0 e sia f una funzione misu rabile e tale che |f (x)| C |x| per q.o. x; allora se > d, f |x|>1 ` e integrabile; e integrabile. se < d, f |x|<1 ` Infatti f |x|>1 ` e dominata in modulo dalla funzione |x| |x|>1 , che dipende solo dalla distanza e risulta integrabile
Rd

|x| |x|>1(x) dx = d

r d1 dr

quando > d. Analogamente si verica laltro asserto. Al solito, se 1 p < , indichiamo con Lp lo spazio delle funzioni f misurabili tali che |f |p ` e integrabile, dotato della (semi)norma
1/p

f modulo le funzioni nulle q.o.

=
Rd

|f (x)|p dx

Capitolo 1

Inne indichiamo con L lo spazio delle funzioni f misurabili tali che lestremo superiore essenziale ` e nito, dotato della (semi)norma f

= inf {M > 0 : |f (x)| M per q.o. x }

modulo le funzioni nulle q.o. Gli spazi Lp forniscono una scala con cui misurare la regolarit` a delle funzioni e il loro decadip mento allinnito. Se f sta in un certo L ma anche in un altro Lq con q > p, allora vuol dire che le eventuali singolarit` a al nito della funzione f non sono gravi.
Inne indichiamo con C0 , Cb , Cc , C , Cc rispettivamente gli spazi delle funzioni continue che tendono a zero allinnito, delle funzioni continue e limitate, delle funzioni continue a supporto compatto, delle funzioni innitamente dierenziabili, delle funzioni innitamente dierenziabili e a supporto compatto. Ricordiamo il seguente fatto, trattato nel corso di IAS1.

Proposizione 1.6. Sia 1 p < . Allora linclusione Cc Lp ` e a immagine densa. Una propriet` a importante degli spazi Lp ` e la continuit` a rispetto alle traslazioni. Teorema 1.7. Sia 1 p < e sia f in Lp . Allora limh0 h f f
h 0 p

= 0, ossia

lim

Rd

|f (x h) f (x)|p dx = 0.

Dimostrazione. Iniziamo a supporre che g sia una funzione continua a supporto compatto. Allora g ` e anche uniformemente continua e quindi in corrispondenza di > 0 esiste > 0 tale che se |h| < allora h g g < . Non ` e restrittivo supporre che 0 < < 1. In tal caso, se g ha supporto nella palla Br di raggio r , allora h g g ha supporto contenuto nella palla Br+1 di raggio r + 1. Allora h g g Ne deduciamo che limh0 h g g
p p

|Br+1|1/p

se |h| < .

= 0 per ogni g continua a supporto compatto.

Sia ora f in Lp e > 0 ssato. Esiste allora una g continua a supporto compatto tale che f g p < . Sia g, > 0 tale che se |h| < g, allora h g g p < . Allora per la disuguaglianza triangolare e linvarianza rispetto alle traslazioni h f f
p

h f h g

+ h g g

+ gf

< 3.

1.2 La convoluzione

Osservazione 1.8. Analogamente si dimostra che se f ` e localmente integrabile (ovvero: se d per ogni K compatto di R lintegrale K |f (x)| dx ` e nito), allora per ogni K compatto
h 0

lim

|h f (x) f (x)| dx = lim

h 0

|f (x h) f (x)| dx = 0.

Infatti, siano K compatto e > 0 ssati. Sia K1 = K + B (0, 1). Allora esiste g continua a supporto compatto tale che g 1K1 f 1 < . Come prima, sia g, > 0 tale che se |h| < g, allora h g g Per la diseguaglianza triangolare, se |h| < min{1, g, }
K

< .

|h f (x) f (x)| dx <2

(|h f (x) h g (x)| + |h g (x) g (x)| + |g (x) f (x)|) dx |f (x) g (x)| dx + |K | h g g |f (x) g (x)| dx + |K |
1 dx

+
K1

K +h

|g (x) f (x)| dx

K1

(2 + |K |).

2 1K 1 f g

+ |K |

2. La convoluzione In questa sezione introduciamo unoperazione molto importante sulle funzioni: la convoluzione. Questa operazione, insieme alla struttura di spazio vettoriale, rende L1 unalgebra. Definizione 1.1. Siano f e g due funzioni misurabili. Deniamo la convoluzione f g di f e g come la funzione f g (x) = f (x y ) g (y ) dy x Rd

Rd

tutte le volte che lintegrale esiste nito. Alcuni casi importanti in cui lintegrale esiste nito sono i seguenti. Proposizione 1.9. Se f ` e integrabile e g ` e limitata, allora f g ` e una funzione continua e f g

Dimostrazione. Se f ` e L1 e g ` e limitata, si deduce facilmente che lintegrale ` e assolutamente convergente per ogni x dalla disuguaglianza di H older. Per la continuit` a (che vedremo

Capitolo 1

anche essere uniforme), sia h un vettore di Rd e valutiamo |f g (x + h) f g (x)| = f (x + h y ) f (x y ) g (y ) dy


Rn

Rn

g = g = g

f (x + h y ) f (x y ) dy f (t + h) f (t) dt
1.

Rn

h f f

La tesi segue dalla continuit` a delle traslazioni. Osservazione 1.10. Analogamente, se f ` e in un certo Lp e g ` e in Lp , dove p ` e il coniugato di p, allora f g ` e una funzione (continua e) limitata e f g f p g p . Teorema 1.11. Se f e g sono integrabili, allora f g ` e una funzione integrabile e f g
1

g 1.

Dimostrazione. Supponiamo che f e g siano Borel-misurabili e sia h(x, y ) = f (x y ) g (y ). Allora h ` e ancora una funzione Borel-misurabile (si veda Rudin, Real and Complex Analysis, Theorem 7.14) e dal Teorema di Tonelli |h(x, y )| dx dy = |f (x y )| |g (y )| dx dy = |f (x y )| |g (y )| dy dx

R2d

Siccome il secondo integrale ` e il prodotto delle norme 1 di f e g , tutti gli integrali sono niti. Quindi per quasi ogni x, la funzione y f (x y ) g (y ) ` e (assolutamente) integrabile e la funzione x f g (x) ` e assolutamente integrabile e si ha il controllo desiderato sulla sua norma 1. Se f e g sono Lebesgue misurabili, allora esistono f0 e g0 Borel misurabili che coincidono quasi ovunque con f e g rispettivamente e tutti gli integrali non variano se sostituiamo f e g con f0 e g0 . Unalgebra di Banach ` e uno spazio di Banach X su cui ` e denito un prodotto ossia unoperazione binaria : X X X , (x, y ) (x, y ) = xy che gode delle seguenti propriet` a: a) b) c) d) xy x y per ogni x, y in X ; (legge associativa) (xy )z = x(yz ) per ogni x, y, z in X ; (leggi distributive) (x + y )z = xz + yz x(y + z ) = xy + xz per ogni x, y, z in X ; (xy ) = (x)y = x(y ) per ogni x, y in X e per ogni scalare .

1.2 La convoluzione

Lalgebra di Banach X si dice commutativa se per ogni x, y in X si ha xy = yx. Lalgebra di Banach X ha identit` a (o unit` a) se esiste un elemento e in X tale che ex = xe = x per ogni x in X . Si verichi che L1 ` e unalgebra di Banach commutativa rispetto alla convoluzione. Proposizione 1.12. Siano f e g due funzioni continue e a supporto compatto. Allora f g ` e ancora una funzione continua a supporto compatto e supp (f g ) supp (f ) + supp (g ). Dimostrazione. Sia x in Rn \ (supp (f ) + supp (g )). Allora per ogni y nel supporto di g , il punto x y non ` e nel supporto di f , quindi f g (x) = ovvero Siccome supp (f ) e supp (g ) sono compatti, la loro somma ` e un compatto, in particolare ` e un chiuso, quindi supp (f g ) = {x Rd : f g (x) = 0} supp (f ) + supp (g ). La convoluzione di due funzioni (ad esempio integrabili) pu` o essere pensata come una media pesata: sia g una densit` a, ovvero g (x) 0 per ogni x e Rd g (x) dx = 1. Allora il valore di rispetto alla densit` f g (x) ` e la media dei valori di x f a g (x) dx: f g (x) = (y ) g (y ) dy. x f x Rd : f g (x) = 0 supp (f ) + supp (g ).
Rd

f (x y ) g (y ) dy =

supp(g )

f (x y ) g (y ) dy = 0,

La convoluzione ` e unoperazione molto usata, anche in altri ambiti. Ad esempio, in probabilit` a, siano X e Y due variabili aleatorie indipendenti con densit` a fX e fY rispettivamente. Allora la densit` a congiunta di X e Y ` e fX,Y (x, y ) = fX (x) fY (y ). La densit` a della somma ` e proprio la convoluzione delle due densit` a. Infatti per ogni funzione g continua e limitata, il valore atteso di g (X + Y ) ` e da una parte R g (t) fX +Y (t) dt, dallaltra coincide con g (x + y ) fX,Y (x, y ) dx dy =
R2 R R

g (t)
R

fX (t y ) fY (y ) dy dt

da cui fX +Y (t) =

fX (t y ) fY (y ) dy .

Una propriet` a importante ` e leetto regolarizzante della convoluzione. Teorema 1.13. Se f ` e (localmente) integrabile e g ` e liscia e a supporto compatto, allora la funzione f g ` e liscia e per ogni multiindice (f g ) = f ( g )

10

Capitolo 1

Dimostrazione. Basta vericare che f g ha derivate parziali (continue) in ogni punto e vericare la formula dellenunciato per un multiindice di lunghezza 1. La tesi segue per induzione. Si ssino x0 , un incremento h reale e un versore ej . Allora f g (x0 + hej ) f g (x0 ) f (j g )(x0 ) = h g (x0 + hej y ) g (x0 y ) = f (y ) j g (x0 y ) h Rd g (t + hej ) g (t) = f (x0 t) j g (t) dt h Rd

dy

Se il supporto di g ` e contenuto nella palla di centro 0 e raggio r e ci limitiamo a prendere |h| < 1, allora nellultimo integrale t varia al pi` u nella palla Br+1 . Inoltre per il Teorema di Lagrange (da applicare eventualmente a parte reale e immaginaria di g ) g (t + hej ) g (t) 2 2 g (t + hej )| |h| j g j g (t) = |j g (t + hej ) j g (t)| |h| |j h dove 0 < < < 1. Quindi f g (x0 + hej ) f g (x0 ) 2 f (j g )(x0 ) |h| j g h j (f g )(x0 ) = f (j g )(x0 ) e la continuit` a della j -esima derivata parziale. In maniera analoga si dimostra che Teorema 1.14. Se f ` e integrabile e g ` e liscia e limitata con derivate limitate, allora f g d ` e liscia e per ogni in N (f g ) = f ( g ). Dimostrazione. Verihiamo che f g ha derivate parziali (continue) in ogni punto e la formula dellenunciato. La tesi segue per induzione. Si ssino x0 , un incremento h reale e un versore ej . Allora come prima f g (x0 + hej ) f g (x0 ) f (j g )(x0 ) = h g (x0 + hej y ) g (x0 y ) = f (y ) j g (x0 y ) h Rd g (t + hej ) g (t) = f (x0 t) j g (t) dt h Rd Di nuovo, per il Teorema di Lagrange, g (t + hej ) g (t) 2 2 j g (t) = |j g (t + hej ) j g (t)| |h| |j g (t + hej )| |h| j g h
, Br +1 ,

|f (x0 t)| dt,

da cui segue la formula cercata passando al limite per h tendente a zero:

dy

1.2 La convoluzione

11

dove 0 < < < 1. Quindi f g (x0 + hej ) f g (x0 ) 2 f (j g )(x0 ) |h| j g h j (f g )(x0 ) = f (j g )(x0 )

da cui segue la formula cercata passando al limite per h tendente a zero: e la continuit` a della j -esima derivata parziale.

Nello studio delle immagini si vede bene come la convoluzione sia una media pesata e diventa evidente il suo eetto regolarizzante. Partiamo dallimmagine seguente.

Figura 1.1. Una immagine in bianco e nero

Unimmagine in bianco e nero ` e una funzione su R2 tale che f (x, y ) = h(x, y ) se (x, y ) ` e un punto nellimmagine 0 se (x, y ) ` e al di fuori dellimmagine

e il valore h(x, y ) ` e un intero non negativo che corrisponde alla luminosit` a del grigio nel punto (x, y ). Il valore 0 rappresenta il nero mentre il massimo valore di luminosit` a (in una scala di 256 grigi, ad esempio 255) rappresenta il bianco. In unimmagine digitale, si campiona (come visto lo scorso anno) dividendo limmagine in un numero adeguato di quadratini (=pixel) e scegliendo come valore corrispondente in quel pixel il valore medio di h(x, y ) per tutti i punti (x, y ) che stanno in quel pixel. 1 In sintesi, MatLab legge la nostra immagine come una matrice. Nel nostro caso ` e una matrice 137 180, in cui ogni entrata ` e un valore tra 0 e 255. Ora facciamo la convoluzione della nostra immagine f con due funzioni km e kg , dove km (x, y ) =
1ci

1/25 se |x| 2.5, |y | 2.5 0 altrimenti

kg (x, y ) = e(x

2 +y 2 )/4

sono anche le immagini digitali non rasterizzate o vettoriali, buone a qualsiasi risoluzione, ma non di queste trattiamo

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Capitolo 1

Nel gergo delle applicazioni diciamo che applichiamo due ltri allimmagine. Il primo si chiama m ean lter e, nel nostro caso, fa la media su 25 pixel adiacenti. Il secondo ltro si chiama g aussian lter e fa una media pesata da una gaussiana di deviazione 2. Entrambi i ltri sono discretizzati e quindi realizzati come matrici, il primo ` e una matrice 5 5 in cui ogni entrata vale 1/25; leetto dellapplicazione di questo ltro ` e semplicemente quello di sostituire il valore in ciascun pixel con la media dei 25 pixel che gli stanno intorno (incluso lui stesso). Il secondo ltro ` e realizzato come una matrice 3 3 con entrata centrale pi` u alta e simmetrico in ogni direzione. 1/25 1/25 km = 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 1/25 0.1018 0.1154 0.1018 kg = 0.1154 0.1308 0.1154 0.1018 0.1154 0.1018

Loperazione di convoluzione nel discreto ` e sostanzialmente qualcosa del tipo f k (n1 , n2 ) =


m1 Z m2 Z

f (m1 , m2 ) k (n1 m1 , n2 m2 ).

Nellimplementare questa operazione occorre stare attenti per` o al fatto che lelemento centrale della matrice sarebbe quello che matematicamente indichiamo con k (0, 0) si guarda bene dallessere il primo elemento della matrice corrispondente a k . Il risultato ` e mostrato nella gura 1.2.
Filtered Image, Mean Filtered Image, Gaussian

Figura 1.2. Le immagini ltrate: a sinistra leetto del mean lter a destra del gaussian lter

Si noti come il mean lter realizzi un eetto regolarizzante maggiore (del resto abbiamo adoperato anche una matrice pi` u grande) mentre il gaussian lter privilegi i pixel vicini e fornisca contorni pi` u netti. Si noti che in entrambi i casi compare una cornicetta nera intorno allimmagine, perch e per poter eettuare loperazione di convoluzione anche su un elemento del bordo, limmagine viene circondata di zeri.

1.2 La convoluzione

13

Veniamo ora alla complessit` a computazionale: limmagine di partenza ` e una matrice 137 180, le cui entrate hanno valori tra 0 e 255 (stiamo parlando di ogni entrata come 8 bit; limmagine ` e piccola: 8 137 180 = 197280 bit; in eetti il computer aerma che il le corrispondente ha dimensione 180K). Nel fare il ltraggio, adoperiamo una matrice che ha, per esempio, dimensioni 5 5. A parte problemi di bordo, occorrono moltissime operazioni: sostituire ciascuna entrata con la media delle 25 caselle che la circondano. Circa, ci vorranno 25 137 180 = 616500 operazioni, un numero astronomico per unimmagine cos` piccola. Un possibile codice MatLab per ottenere le immagini ltrate ` e il seguente: I=imread(da_sfocare.tiff); h = ones(5,5) / 25; I2 = imfilter(I,h); imshow(I), title(Original Image); figure, imshow(I2), title(Filtered Image, Mean) h2 = fspecial(gaussian, 3, 2) ; I3=imfilter(I,h2); figure,imshow(I3),title(Filtered Image, Gaussian); In questo codice non sono state eettivamente scritte le convoluzioni, ma abbiamo usato la relazione che gi` a conoscete con la trasformata di Fourier (e tacitamente implementata da MatLab nel comando imfilter) per ridurre la complessit` a computazionale. Molti dei ltri che trovate nei software che trattano immagini sono ltri di tipo convoluzione. 2.1. Mean lter. Abbiamo gi` a parlato di questo ltro, che ` e soprattutto adoperato per rimuovere rumore da unimmagine. Il suo svantaggio consiste nel fatto che ` e sensibile in ugual maniera ai valori buoni dellimmagine e a quelli completamente fuori scala. Ad esempio, quando il rumore ` e del tipo salt and pepper (localizzato e con valori di intensit` a 0 o massima), il risultato del mean lter ` e quello di spargere il salt and pepper ancora di pi` u. Talvolta per ovviare a questo inconveniente si usa il median lter, che per` o non si ottiene tramite convoluzione (non ` e lineare). 2.2. Gaussian lter. Questo ltro ` e molto usato anche in combinazione con altri ltri. Da una parte ha un eetto regolarizzante, dallaltra non riduce di molto i bordi della gura. Ad esempio, se sottraiamo dallimmagine data una sua regolarizzata otteniamo evidenziati i contorni. Possiamo ottenere un miglioramento (nel senso di mettere in maggior evidenza i soggetti) dellimmagine di partenza aggiungendo allimmagine stessa una percentuale dei contorni. f f g f f g f + c (f f g )
regolarizzazione contorni miglioramento

14

Capitolo 1

f ` e limmagine di partenza, g ` e una gaussiana stretta (3 3, con varianza 0.5), c ` e una costante, che di solito ha valori tra 0.2 no a 0.8.
Originale liscia

bordi

Sharpened

Figura 1.3. Altri modi di usare il gaussian lter

2.3. Laplacian of Gaussian. Questo ltro ` e adoperato come edge detector. Lidea ` e basata sul fatto che un bordo ` e solitamente un improvviso cambio dei valori di una funzione; ad esempio, per un soggetto chiaro in campo scuro si passa rapidamente da valori prossimi a 0 sullo sfondo a valori molto pi` u alti sul soggetto. Il problema di edge detection ` e molto studiato e oltre a Laplacian of Gaussian ci sono moltissimi altri ltri da adoperare. Per rimanere nellambito delle convoluzioni, c` e il Sobel lter (metodo del gradiente), Robert Cross, Canny,. . . Descriviamo ora il metodo alla base del ltro Laplacian of Gaussian. Un primo passo consiste nellottenere una versione liscia della nostra immagine f tramite convoluzione con una gaussiana g , per poterla poi derivare. Ottenuta limmagine liscia f g , se ne calcola il laplaciano, che ` e unoperatore isotropico, quindi tiene conto simultaneamente di tutte le direzioni. I valori di (f g ) sono grossi in prossimit` a del bordo. Nel graco, per semplicit` a, vi ho disegnato la situazione relativa al brusco cambiamento di un segnale unidimensionale.

1.2 La convoluzione

15

segnale f

f*g

0 D(f*g)
2

0 D (f*g)

0 0

Figura 1.4. Un segnale unidimensionale: comportamento del ltro LoG

Bidimensional Mexican Hat 0.2 0.1 0 0.1 0.2 0.3 4 2 0 2 4 4 2 0 2 4

Si noti che (f g ) = f (g ), quindi in realt` a ` e suciente calcolare la convoluzione con il laplaciano di una gaussiana, il cosiddetto cappello messicano.

Figura 1.5. Il cappello messicano bidimensionale

Il procedimento termina con la scelta di una soglia: dove f (g ) ha valori al di sotto di questa soglia, limmagine ha valori pressoch e costanti, quindi non vi ` e un bordo (possiamo denire una nuova immagine contenente i bordi e porla uguale a zero in questi punti). Invece dove f (g ) ha valori al di sopra di questa soglia, limmagine presenta un bordo (possiamo denire una nuova immagine contenente i bordi e porla uguale a 255 in questi punti). In questo modo verranno esaltati i punti dove c` e un cambiamento e praticamente annullati i punti dove i valori della funzione sono sostanzialmente gli stessi. Il risultato ` e mostrato nella gura 1.6

16

Capitolo 1

Figura 1.6. Eetto del ltro LoG su una immagine

3. Il Teorema di Riesz Thorin e prime applicazioni Questo ` e un esempio (forse il pi` u noto e facile) di un teorema di interpolazione per operatori 1 1 , q ) del quadrato [0, 1] lineari. Sostanzialmente il Teorema dice che linsieme delle coppie ( p [0, 1], per cui un certo operatore T lineare ` e limitato, ` e convesso. 1

Disegnare un punto (x, y ) nel quadrato signica dire che loperatore lineare che stiamo considerando ` e limitato da 1 Lp a Lq , dove 1 = x e = y . p q Desideriamo applicare questo teorema al caso delloperatore di convoluzione con una funzione L1 , che abbiamo visto essere limitato su L1 e su L : nel disegno questa ipotesi corrisponde ai due punti blu. 1 Ne ricaviamo che loperatore di convoluzione con una funzione L1 ` e limitato su Lp per ogni p (ovvero la linea rossa). Nel teorema si ricava anche una limitazione sulla norma che d` a la diseguaglianza

f g

1.3 Il Teorema di Riesz Thorin e prime applicazioni

17

) (1, 1 q

Sia ora h in un certo Lq . Le informazioni che abbiamo a disposizione sono la limitatezza delloperatore di con voluzione per h da L1 a Lq (appena visto) e da Lq a L (Proposizione 1.9), come prima rappresentate dai punti blu. Ne ricaveremo ancora qualche informazione: la limitatezza sui punti corrispondenti alla linea rossa e una stima della norma operatoriale.

1 (q , 0)

La dimostrazione del Teorema di Riesz Thorin si basa sul Lemma delle tre linee, che fa parte di una famiglia di teoremi di analisi complessa sulla limitazione delle funzioni olomorfe su settori del piano complesso. Lemma 1.15 (Tre linee). Sia F una funzione limitata continua sulla striscia chiusa S = {z C : 0 Re(z ) 1} e olomorfa nellinterno di tale striscia. Sia inoltre Allora |F (iy )| m0 |F (1 + iy )| m1 y R.

x |F (x + iy )| m1 mx 0 1

x + iy S.

Dimostrazione. Iniziamo a dimostrare il lemma nel caso in cui m0 = m1 = 1. Supponiamo quindi che m0 = m1 = 1 e dimostriamo che |F (z )| 1, per ogni z in S . Se valesse lipotesi aggiuntiva (1.1)
|y |+

lim F (x + iy ) = 0,

uniformemente rispetto a x,

allora potremmo concludere applicando il principio del massimo. Infatti, esisterebbe un certo y0 > 0 tale che |F (x + iy )| 1 |y | y0 x e quindi F sarebbe una funzione continua sul rettangolo R = {x + iy : |y | y0 } (che ` e un insieme limitato) olomorfa allinterno di questo rettangolo. La funzione F avrebbe quindi massimo modulo sulla frontiera. Ma sui lati del rettangolo il modulo di F sarebbe minore o uguale a 1, quindi |F (z )| 1 anche per ogni z nel rettangolo R. Siccome S = R {x + iy : |y | y0 }, si avrebbe |F (z )| 1 per ogni z in S . Una famiglia di funzioni che godono della propriet` a (1.1) ` e f (z ) = e(z 1) , con > 0. Infatti 2 2 2 2 se 0 x 1 si ha |f (x + iy )| = eRe((x+iy) 1) = e(x 1) e y e y . Cerchiamo quindi di ridurci al caso facile (1.1), considerando per > 0 G (z ) = F (z ) e(z
2 1) 2

18
2 2

Capitolo 1

Si ha |G (iy )| = |F (iy )| e e y 1, |G (1 + iy )| = |F (1 + iy )| e y 1 e, siccome F ` e limitata, 2 |G (x + iy )| M e y 0,


|y |

ovvero vale ancora la (1.1) per la funzione G . Possiamo concludere che |G (z )| 1 per ogni z nella striscia S . Quindi per ogni > 0 |F (z )| = |G (z )| |e(z
2 1)

| eRe(z

2 1)

z S.

La tesi (nel caso m0 = m1 = 1) segue facendo tendere a zero. (z ) = F (z ) mz 1 mz che permette di Se poi m0 , m1 > 0, basta ragionare sulla funzione F 0 1 riportarsi al caso m0 = m1 = 1. Se inne m0 (oppure m1 ) ` e uguale a zero, allora usando il teorema con m0 = > 0, si ha 1x x |F (x + iy )| m1 . Quindi, passando al limite per 0 si ha F (x + iy ) = 0 se 0 x < 1 e per continuit` a F (z ) = 0 su S .
t = 1p + pt1 e inoltre Osservazione 1.16. Se f ` e in Lp0 Lp1 , allora f ` e in Lp dove 1 p 0 t f p f 1 f t older) p0 p1 . (Da fare per esercizio, usando la diseguaglianza di H

Osservazione 1.17. Ricordiamo che per h in Lp (Rd ), 1 p , h dove h, =


Rd p 1 p

= sup {| h, | : +
1 p

= 1} ,

h(x) (x) dx e

= 1.
p

Infatti, dalla diseguaglianza di H older | h, | h sup {| h, | :


p

segue banalmente

= 1} h p .
p

Verichiamo la diseguaglianza opposta. Un caso banale ` e quello in cui h quindi che h p = 0 e, inizialmente, 1 p < . Deniamo (x) = Si noti che ` e in Lp ,

= 0. Supponiamo

h 0

1p |h(x)| p h(x)

se h(x) = 0 altrimenti.

= 1 e h, = h p . Quindi per 1 p < abbiamo trovato che h


p

= max {| h, | :

= 1} .

Se p = (e h = 0), verichiamo che per ogni 0 < < 1 ssato, (1 ) h maggiorante per linsieme {| h, | : 1 = 1}. Consideriamo linsieme E = x Rd : |h(x)| > (1 ) h

non ` e un

Linsieme E ` e misurabile e ha misura positiva, per la denizione di estremo superiore essenziale. Potrebbe avere misura innita, ma siccome la misura di Lebesgue ` e -nita, possiamo

1.3 Il Teorema di Riesz Thorin e prime applicazioni

19

misurabile di E di misura positiva e nita. Poniamo trovare un sottoinsieme E (x) = Allora


1

h(x) 1 | |h(x)| |E

se x E

altrimenti.

= 1. Daltra parte h, =
E

1 h(x) h(x) dx = | |h(x)| |E

1 |h(x)| dx > (1 ) h | |E

Allora ` e facile vedere che T si estende (in modo unico) a un operatore lineare e continuo da Lp a Lq . Pi` u brevemente diremo che T ` e un operatore lineare e continuo da Lp a Lq .

Sia T un operatore lineare denito su un qualche sottospazio D delle funzioni misurabili in Rd tale che T f sia ancora una funzione misurabile. Supponiamo che D sia denso in Lp e che valga Tf q C f p f D .

Teorema 1.18 (Riesz Thorin). Siano 1 p0 , p1 , q0 , q1 , e sia T un operatore lineare e continuo da Lp0 a Lq0 e da Lp1 a Lq1 . 2 Allora, dato t in [0, 1] e posto 1t t 1t t 1 1 = + = + , pt p0 p1 qt q0 q1 T ` e continuo da Lpt a Lqt e T
Lpt Lqt

1t Lp0 Lq0

t Lp1 Lq1 . Lp1 Lq1 .

Dimostrazione. Poniamo M0 = T che T ` e ben denito su Lpt e che Tf Siccome h


qt qt 1t t M0 M1

Lp0 Lq0

e M1 = T

Dobbiamo vericare f
pt

f Lpt (o in un sottospazio denso),


qt

= 1.

= sup | h, g | : g

= 1 , dobbiamo stimare
pt

Supponiamo dapprima che p = pt sia nito e q = qt > 1 ovvero q sia nito. Allora le funzioni limitate e a supporto compatto sono dense in Lp e Lq e basta quindi considerare f e g siatte nel calcolo del sup. Per z complesso deniamo p(z ) e q (z ) ponendo 1 1z z = + p( z ) p0 p1 Inoltre per q.o. x, y in Rd deniamo z (x) = |f (x)|p/p(z )
2pi` u

sup | T f, g | : f

= g

qt

=1 .

1 q (z )

1z z + . q0 q1

f (x) |f (x)|

z (y ) = |g (y )|q /q (z )

g (y ) | g (y )|

precisamente sarebbero due operatori, che tuttavia coincidono sullintersezione dei domini

20

Capitolo 1

(dove i denominatori sono nulli, le funzioni si deniscano nulle). Siccome f e g sono limitate e a supporto compatto, z e z sono in Lpj e in Lqj rispettivamente (si noti che |z | = |f |Re(p/p(z )) e |z | = |g |Re(q /q (z )) ). Allora T z per ipotesi ` e in Lqj con j = 0, 1 e ha senso considerare la funzione F (z ) = T z , z , che ` e olomorfa nellinterno della striscia S , continua in S , limitata: | F (z )| T z |F (iy )| T iy Infatti, notiamo che iy Analogamente, |F (1 + iy )| T 1+iy
q1 p0 q0 p/p0 p q0

q0

M0 f
p0

p0

. q0

Con lidea di applicare il lemma delle tre linee, controlliamo iy


q0

M0 iy
q0

iy
q /q0 q

q0

M0 .

= f

= 1 e iy

= g

= 1.

1+iy

q1

1x x . Questo vale per ogni f e g come sopra e quindi Ne deduciamo che |F (x)| M0 M1 abbiamo il risultato voluto.

M1 1+iy

p1

1+iy

q1

M1 .

Se fosse p = , allora in tal caso p0 = p1 = . Se fosse q = 1, allora q0 = q1 = 1. Quindi il caso p = e q = 1 ` e banale. Supponiamo p = (e q = 1). Per losservazione 1.16 per ogni f in L Tf
q 1t q0 t q1 1t t M0 M1 f

Tf

Tf

Inne quando q = q0 = q1 = 1 si pu` o ripetere il ragionamento scegliendo z = g non necessariamente a supporto compatto. Teorema 1.19 (Disuguaglianza di Young). Siano f in Lp e g in Lq , con 1 f g ` e in Lr , dove p +1 =1+ 1 e q r f g
r 1 p

1 q

1. Allora

g q.

Dimostrazione. Osserviamo che se q = allora p = 1 e quindi r = e ricadiamo in un caso gi` a noto: la Proposizione 1.9. Iniziamo con il caso q = 1, e quindi r = p; dobbiamo dimostrare che se f ` e in Lp e g ` e in L1 , allora f g ` e in Lp e vale f g p f p g 1. Si consideri loperatore Tg di convoluzione per la funzione g : Tg (f ) = f g . Tale operatore ` e lineare e continuo su L1 e su L per quanto visto nella Proposizione 1.9 e nel Teorema 1.11. Inoltre, Tg
L1 L1

Tg

L L

g 1.

1.4 Identit` a approssimate

21
1 t t = 1 +1 per 0 < t < 1, ovvero p t 1 = g 1 , il che fornisce appunto 1

Quindi per interpolazione possiamo dire che se p ` e tale che t p g per ogni p, si ha Tg limitato su L e Tg Lp Lp g 1 1 f g
p

= Tg (f )

Supponiamo ora che g sia in Lq , 1 < q < , e consideriamo di nuovo loperatore Tg di convoluzione per g . Per quanto appena visto, Tg risulta essere limitato da L1 a Lq e e limitato da Lq a L e di Tg L1 Lq g q . Inoltre, come detto nellosservazione 1.10, Tg ` nuovo Tg Lq L g q . Per il Teorema di Riesz Thorin, se p ` e tra 1 e q in modo che 1 1t t t 1 = + = 1t+ =1t 1 p 1 q q q er` e tra q e in modo che =1 t q

Tg

Lp Lp

f Lp .

1t t 1t 1 = + = r q q p r allora Tg ` e limitato da L a L con norma controllata da g q . Il che vuol dire che quando
1 r

1t q

1 q

t q

1 q

1 +p 1.

f g

f Lp

La disuguaglianza di Young si poteva ottenere anche mediante ripetute applicazioni della diseguaglianza di H older. Useremo il Teorema di RieszThorin anche in seguito riguardo alla trasformata di Fourier. 4. Identit` a approssimate Abbiamo detto che L1 ` e unalgebra (rispetto al prodotto di convoluzione). Nella prossima proposizione verichiamo che ` e senza identit` a: Proposizione 1.20. Non esiste h in L1 tale che h g = g per ogni g in L1 . Dimostrazione. Si verica facilmente che
Rd

f g (x) dx =

f (x) dx
Rd Rd

g (x) dx

f, g L1 .

Supponiamo per assurdo che esista una funzione h tale che h g = g per ogni g in L1 . Allora h(x) dx
Rd Rd

g (x) dx

=
Rd

h g (x) dx =

g (x) dx
Rd

g L1 ,

da cui

Rd

h(x) dx = 1.

Siccome lidentit` a hg =g ` e vera per ogni g , in particolare essa vale per ogni g continua a supporto compatto e tale che 0 non ` e nel supporto di g . Ma allora, dal fatto che g ` e continua

22

Capitolo 1

a supporto compatto segue che h g ` e continua e quindi h g = g ovunque, perch e si tratta di funzioni continue. A questo punto da h g (0) = g (0) = 0 segue
Rd

h(y ) g (y ) dy = 0

g Cc (Rd ),

0 suppg.
Rd

Si conclude che h deve essere nulla q.o. e quindi non pu` o essere

h(x) dx = 1.

Unaltra dimostrazione di questo fatto si pu` o ricavare utilizzando la trasformata di Fourier. Ci sono tuttavia delle identit` a approssimate. Definizione 1.2. Una successione di funzioni integrabili (Kn ) ` e una identit` a approssimata se (1) Kn (x) 0 quasi ovunque; (2) Rd Kn (x) dx = 1 per ogni n; (3) per ogni > 0, limn |x| Kn (x) dx = 0. Teorema 1.21. Sia (Kn ) unidentit` a approssimata. Allora se f ` e in L1 si ha se f ` e C0 , allora f Kn converge a f uniformemente; se f ` e limitata allora f Kn converge a f nei punti ove f ` e continua. Dimostrazione. Siccome
Rd n

lim f Kn f

= 0;

Kn (x) dx = 1 per ogni n, possiamo scrivere


Rd

f Kn (x) f (x) = =

f (x y ) Kn (y ) dy f (x)

Kn (y ) dy
Rd

Rd

(f (x y ) f (x)) Kn (y ) dy. y f f Kn (y ) dy.

Fissiamo > 0. Nel primo caso, in cui f ` e integrabile, per il Teorema di Tonelli, f Kn f
1

Rd

Rd

|f (x y ) f (x)| Kn (y ) dy dx =

Rd

In corrispondenza di > 0, per la continuit` a delle traslazioni in L1 , esiste > 0 tale che se |y | < si abbia y f f 1 < . Inoltre Kn (x) 0, quindi
|y |< |y |<

Kn (y ) dy

Rd

Kn (y ) dy = 1 e <
|y |< 1,

y f f
1

1 Kn (y ) dy

Kn (y ) dy .

Daltra parte, y f f

y f

+ f

=2 f

quindi
1 |y | |y |

|y |

y f f

1 Kn (y ) dy

2 f

Kn (y ) dy. Kn (y ) dy < per ogni n n .

Siccome limn

|x|

Kn (x) dx = 0, esiste n in N tale che

1.4 Identit` a approssimate

23

Concludendo, se n n , f Kn f
1

Rd

y f f

Kn (y ) dy
1 Kn (y ) dy

|y |<

y f f
1 |y |

+
|y |

y f f

Kn (y ) dy

<+2 f

Kn (y ) dy

< (1 + 2 f 1).

Nel caso in cui f sia in C0 , possiamo dire che f ` e limitata e uniformemente continua, quindi che esiste > 0 tale che se |y | < si abbia y f f < . Da cui
xRd

sup |f Kn (x) f (x)| sup sup <

xRd

Rd

|y f (x) f (x)| Kn (y ) dy |y f (x) f (x)| Kn (y ) dy + sup


xRd |y |

xRd Rd

|y |<

|y f (x) f (x)| Kn (y ) dy

Kn (y ) dy + 2 f
1 ),

Kn (y ) dy
|y |

< (1 + 2 f per n abbastanza grande.

Nel caso di f limitata e continua in un punto (diciamo sia x0 ) possiamo ragionare nello stesso modo: in corrispondenza di > 0, sia > 0 tale che se |y | < si abbia |f (x0 y ) f (x0 )| < . Allora |f Kn (x0 ) f (x0 )| =
|y |< Rd

|y f (x0 ) f (x0 )| Kn (y ) dy |y f (x0 ) f (x0 )| Kn (y ) dy + Kn (y ) dy + 2 f


|y | |y |

|y f (x0 ) f (x0 )| Kn (y ) dy

<
Rd

Kn (y ) dy

< (1 + 2 f 1), per n abbastanza grande.

Bella denizione e bel risultato, ma esiste almeno una successione che ha queste propriet` a? Un modo semplice di generare identit` a approssimate ` e partire da una funzione non banale, integrabile e non negativa . A meno di dividere per la sua media, possiamo supporre che soddis anche la seconda propriet` a, ovvero Rd (x) dx = 1.

24

Capitolo 1

A questo punto si ponga Kn (x) = 1/n (x) = nd (nx) ` facile vericare che (Kn )n ` E e unidentit` a approssimata; infatti, la prima e la seconda propriet` a sono banalmente vericate; la terza segue per convergenza dominata Kn (x) dx =
|x|> |x|>

x Rd ,

n 1.

nd (nx) dx (y ) dy
|x|>n

= =
Rd

(y ) 1{|x|>n}(y ) dy 0,
n d

perch e 1{|x|>n} con integrabile e 1{|x|>n} 0 puntualmente. Esempio 1.22. Sia G(x) = e|x| per ogni x in Rd . Allora Poniamo 2 2 Gn (x) = nd en |x| x Rd ,
2

Rd

G(x) dx =

ex dx

= 1.

La famiglia (Gn )n ` e una identit` a approssimata.

n 1.

Esempio 1.23. Unaltra famiglia importante parte da una funzione liscia e a supporto compatto nella palla unitaria (x) = dove la costante c ` e 1/
B1

ce 0

1 1|x|2

|x| < 1 altrimenti

1 1|x|2

dx. Poniamo x Rd , n 1.

n (x) = nd (nx)

La famiglia (n )n ` e una identit` a approssimata in cui ciascun termine ` e una funzione liscia a supporto compatto.
Per esercizio, si verichi che Cc ` e denso in C0 (rispetto alla norma della convergenza uni forme) e che per 1 p < , Cc ` e denso in Lp (rispetto alla norma Lp ).

5. La Trasformata di Fourier: il Caso di L1 e lo spazio di Schwartz La trasformata di Fourier ` e nata come un modo ecace per studiare le equazioni dierenziali come lequazione del calore e quella delle onde. In generale, si desidera scrivere una funzione in termini di funzioni elementari cio` e facili da trattare, dove facile vuol dire che la funzione elementare ` e autofunzione rispetto alla derivazione. Stiamo quindi cercando funzioni e tali che j e(x) = j e(x)

1.5 La Trasformata di Fourier: il Caso di L1 e lo spazio di Schwartz

25

per ogni j = 1, . . . , d. Si tratta di un sistema di equazioni dierenziali alle derivate parziali molto semplice. Siccome 1 e = 1 e, ne ricaviamo che e(x1 , x2 , . . . , xd ) = c(x2 , . . . , xd ) e1 x1 . Ragionando induttivamente ne concludiamo che una tal funzione e deve essere un multiplo di un esponenziale del tipo ex . Per descrivere in questo modo le funzioni L1 vorremmo poter sapere quale ` e il peso, ossia la correlazione, della funzione elementare e allinterno di ciascuna funzione integrabile: ` e meglio che tali autofunzioni e siano limitate, quindi che ciascun j sia un immaginario puro. Appare quindi ragionevole la seguente denizione. Definizione 1.3. Sia f una funzione integrabile su Rd . La trasformata di Fourier di f ` e la denita da funzione f ( ) = f
Rd

f (x) e2ix dx

Rd .

` ` una buona denizione: lintegrale converge assolutamente e f E e limitata: ( )| f |f


1

Rd .

` Inoltre, per il Teorema di convergenza dominata, f e continua. Spesso si usa anche denire la trasformata di Fourier mediante la formula ( ) = f
Rd

f (x) eix dx

Rd .

La denizione ` e sostanzialmente equivalente, infatti (1.2) ( ) = f (2 ) f Rd ,

ovvero una funzione ` e la dilatata dellaltra di un fattore 2 . Alcune formule variano, ma si possono ricavare facilmente dalla 1.2. Indichiamo con e (x) = e2ix ` quella che i sici la funzione elementare che compare nella denizione della trasformata. E o gli ingegneri chiamano onda piana, nel senso che ` e costante su un piano e si propaga nella direzione ortogonale a esso. Il vettore rappresenta una frequenza, nel senso di j cicli nellunit` a di spazio nella direzione xj , j = 1, . . . d. Il prodotto x rappresenta il numero di cicli della funzione x e2ix che un osservatore nota partendo dallorigine e arrivando nel punto x. Se non si mette il fattore 2 allesponente, rappresenta di nuovo una frequenza, ma ` e misurata in radianti per unit` a di spazio. x Rd

26

Capitolo 1
2

Esempio 1.24. Calcoliamo la trasformata della gaussiana G(x) = e |x| : G( ) =


Rd

e |x| e2ix dx e x1 e2ix1 1 dx1 = G( ) .


2

= =e

e xd e2ixd d dxd
R

R | | 2

Quindi la trasformata della Gaussiana ` e la Gaussiana stessa. Si noti che in questo modo possiamo vericare che loperatore (lineare) L1 (Rd ) C b ( Rd ) ha norma 1. Esempio 1.25. Calcoliamo la trasformata della funzione caratteristica del quadrato in R2 :

f f

[1,1][1,1](1 , 2 ) =
=

e
1

2ix1 1

dx1
1

e2ix2 2 dx2

sin(21) sin(22) . 1 2

Esempio 1.26. Calcoliamo la trasformata della funzione caratteristica della palla in R3 : se utilizziamo le coordinate polari

|x|1 (1 , 2, 3 ) =

1 0 0

e2ir(sin cos 1 +sin sin 2 +cos 3 ) d sin d r 2 dr

sembra un conto impossibile! Vediamo ora interazione tra trasformata e le solite operazioni sulle funzioni. Se A ` e una matrice invertibile, denotiamo con Af la funzione (Af )(x) = f (A1 x) x Rd .

Proposizione 1.27. La trasformata di Fourier ` e un operatore lineare. Inoltre, per ogni funzione f integrabile, valgono le seguenti propriet` a. ; (1) se h ` e in Rd , allora h f = eh f = eh f ; (2) se h ` e in Rd , allora h f 1 (3) se A ` e una mappa lineare invertibile, allora Af = |detA| tA f ; in particolare se r > 0, allora r f = f (r ); ; se R ` e una rotazione, allora Rf = Rf ` se f ` e radiale, allora f e radiale.

1.5 La Trasformata di Fourier: il Caso di L1 e lo spazio di Schwartz

27

Dimostrazione. La (1) ` e banale. Per la (2), si ha h f ( ) =


Rd

e2ix f (x h) dx e2i(y+h) f (y ) dy

=
Rd

( ) = eh ( ) f ( ) = e2ih f Per la (3) si scriva eh f ( ) =


Rd

e2ix e2ihx f (x) dx e2ix(+h) f (x) dx


Rd

( + h) = h f ( ) =f Inne Af ( ) =
Rd

e2ix f (A1 x) dx e2iAy f (x) |detA| dx e2iy A f (x) dx


Rd t
t

=
Rd

= |detA|

In particolare, quando A = diag(r, . . . , r ), si ha tA ottiene la prima relazione.

1 = |detA| f ( A ) = |detA| tA f ( ) 1

= diag(r 1 , . . . , r 1), |detA| = r d e si


1

Se la matrice A ` e nel gruppo ortogonale, allora A = tA di Fourier commuta con le rotazioni.

e |detA| = 1, quindi la trasformata

Inne, quando f ` e una funzione radiale, equivalentemente Af = f per ogni A nel gruppo = Af = Af per ogni A nel gruppo ortogonale, ovvero anche f ` ortogonale, allora f e radiale. Esempio 1.28. Ritorniamo alla trasformata della caratteristica del quadrato: basta dilatare per ottenere rettangoli; ruotare per ottenere rombi... Esempio 1.29. Ritorniamo alla trasformata della caratteristica della palla: ` e suciente calcolarla in un punto (e conviene (0, 0, 3)) e poi cavarsela con linvarianza per rotazioni. Risulta 1 B ( ) = 1 | |3 sin(2 | |) | | cos(2 | |) . 2

Pi` u in generale, abbiamo visto che se f ` e radiale, ovvero f (x) = f0 (|x|), allora ( ) = F0 (| |) f

28

Capitolo 1

per unopportuna funzione F0 . C` e qualche relazione fra f0 e F0 ? La risposta ` e semplice in dimensione 1 e 3. Quando d = 1 dire che f ` e radiale vuol semplicemente dire che f ` e pari, perch e ci sono solo ` quindi immediato trovare la relazione, se | | = due rotazioni. E (| |) = F0 () = f = = =
0

f (x) e2ix|| dx
R

R 0

f0 (|x|) e2ix|| dx
0

f0 (x) e2ix|| dx +

f0 (x)e2ix|| dx

f0 (r ) (e2ir|| + e2ir|| ) dr f0 (r ) cos(2ir) dr.

=2
0

Quando d = 3, si ragiona come nellesercizio precedente; sempre supponendo che sia un qualunque punto con | | = ( ) = F0 () = f
R3

f (x) e2ix dx
0 0

= =

f0 (r )
S2

e2ir d ( ) r 2 dr 2 sin(2r ) 2 r dr r

f0 (r )
0

= 21

f0 (r ) sin(2r ) r dr.

Per altre dimensioni, c` e una descrizione in termini di funzioni di Bessel, che sono funzioni che si trovano spesso in problemi a simmetria radiale. (si vedano gli esercizi). Esempio 1.30. Sia t positivo e valutiamo la trasformata di Pt (x) = et|x| . Basta anche t = 1, ` una funzione radiale, quindi la sua trasformata sar` per le dilatazioni. E a radiale. t ( ) = P t (| |, 0, . . . , 0) P =
0 d2 j =2 0

tr 0

2i| |r cos 1

sin

d2

1 d1 r

d1

dr

sin

dj 1

j dj
0

=??? In una dimensione si usa integrazione complessa. In dimensione 3 non viene un conto bruttissimo. In generale, si usa il principio di subordinazione (si veda lesercizio 11 alla ne di questo capitolo).

1.5 La Trasformata di Fourier: il Caso di L1 e lo spazio di Schwartz

29

Proposizione 1.31. Siano f e g due funzioni integrabili. Allora g f g =f . Dimostrazione. Esercizio. Proposizione 1.32. Sia f di classe C 1 integrabile e inoltre sia j f integrabile per un certo j = 1, . . . , d. Allora ( ) j f ( ) = 2ij f Rd . Dimostrazione. Sia f una funzione di classe C 1 a supporto compatto. Integrando per parti nella j -esima variabile con le altre variabili ssate si ottiene la tesi.
1 Se invece il supporto non ` e compatto, si tagli f con una funzione r Cc a supporto nella palla di raggio r e tale che r (0) = 1. Basta prendere (0) = 1 a supporto nella palla di raggio 1 e porre r (x) = (x/r ). Allora per convergenza dominata

r +

lim f r ( ) = lim =
Rd

r +

f (x) (x/r ) e2ix dx


Rd

f (x) e2ix dx

( ). =f Inoltre
r +

lim j (f r )( ) = lim = lim

r +

j (f r )(x) e2ix dx
Rd

r +

j f (x) (x/r ) e2ix dx +


Rd

1 r

f (x) (j )(x/r ) e2ix dx


Rd

Il primo addendo per convergenza dominata tende a j f ; il secondo addendo ` e 1/r per un integrale che ` e limitato indipendentemente da r . Quindi, siccome la formula ` e vera per f in 1 Cc si ha ( ). j f ( ) = lim j (f r )( ) = 2ij lim f r ( ) = 2ij f
r + r +

` Teorema 1.33 (RiemannLebesgue). Sia f una funzione integrabile. Allora f e uniforme( ) = 0. mente continua e lim f Osservazione 1.34. Usando il fatto che la trasformata di Fourier porta la convoluzione di due funzioni nel prodotto delle loro trasformate e il Lemma di RiemannLebesgue si pu` o 1 vericare in maniera alternativa che L non ha identit` a (rispetto alla convoluzione). Le identit` a approssimate hanno trasformate che tendono a uno.

30

Capitolo 1

Dimostrazione. Fissiamo > 0 e sia h un vettore. Allora esiste r > 0 tale che |f (x)| dx < perch ef ` e integrabile. Scriviamo |x|>r ( + h) f ( )| = |f (e2ix(+h) e2ix ) f (x) dx |e2ixh 1| |f (x)| dx
|x|r

|2 ||h||x| |f (x)| dx +
1

` se si prende |h| < /(2r f 1). Ne segue che f e uniformemente continua.


1 Se poi g ` e Cc , allora

2r |h| f

+ 2 < 3

|x|>r

2 |f (x)| dx

2 | j | | g ( )| = |j g ( )| j g Quindi elevando al quadrato e sommando su j 4 2 | | 2 | g ( )|2 j g


j 2 1

=C

1 dove C ` e una costante che dipende da g ma non da . Quindi se g ` e Cc , allora lim g ( ) = 0, ovvero, se > 0 ` e ssato, allora esiste R tale che per | | > R si abbia |g ( )| < . 1 A questo punto, usiamo la densit` a di Cc in L1 : sia f in L1 e sia > 0 ` e ssato. Allora esiste 1 g in Cc tale che f g 1 < , da cui ( )| |f ( ) g |f ( )| + |g ( )|

f g

+ |g ( )| < 2

: | | > R.

Corollario 1.35. Se f ` e di classe C k e sia f sia tutte le sue derivate no allordine k sono ( ) = o(| |k ) per . integrabili, allora f ( ) = f ( ) tutte le volte che || k . Per il Dimostrazione. Nelle ipotesi (2i )f Lemma di RiemannLebesgue, f ( ) tende a zero per . Ora | |k si controlla con d k j =1 |j | , ovvero esistono due costanti c1 , c2 > 0 tali che
d

(1.3)

c1 | | k

j =1

| j | k c2 | | k

Rn .

Infatti la (1.3) ` e banale per = 0. Daltra parte, se = 0, la (1.3) ` e equivalente a


d

(1.4)

c1

j =1

j | |

c2

Rn \ {0} .

k La funzione denita da ( ) = d e continua, positiva e quindi sulla sfera S = j =1 |j | ` ` {| | = 1} ha massimo e minimo positivi. Poniamo quindi c1 = minS e c2 = maxS . E immediato vericare che vale la (1.4).

1.5 La Trasformata di Fourier: il Caso di L1 e lo spazio di Schwartz

31

Quindi per una opportuna costante C


d d

( )| | | |f
k

1 c1 j =1

( )| C |j | |f
k

j =1

k |j f ( )| 0.

: pi` Quindi la regolarit` a di f si ripercuote sul decadimento allinnito di f uf ` e una funzione regolare, maggiore sar` a il decadimento allinnito di f . Nella prossima proposizione invece vediamo come propriet` a sul decadimento di f inuenzino la derivabilit` a di f . Per comodit` a poniamo Dj =
i 2 j

e D = (D1 , . . . , Dd ).

Proposizione 1.36. Supponiamo che f sia una funzione integrabile e xj f sia ancora integrabile. Allora f ` e parzialmente derivabile e xj f ( ) = Dj f ( ) Rd .

Osservazione 1.37. Si noti anche che, nelle ipotesi precedenti, la derivata parziale risulta continua. ` Ragionando induttivamente possiamo anche dire che se f e |x|k f sono integrabili, allora f e k di classe C e per || k ( ) = x f ( ) Df Rd . Innanzi tutto si noti che se || k allora x f sta in L1 . Infatti se |x| 1, allora |x f | |f | e se |x| 1 allora |x f | |x|k |f |. Il resto ` e lasciato per esercizio. Dimostrazione. Si ha ( + hej ) f ( ) f h

e2ix(+hej ) e2ix dx h Rd 2ixhej 1 2ix e dx = f (x) e h Rd f (x)

Siccome | e

2ixhej

| 2 |xj | concludiamo per convergenza dominata.

Introduciamo ora uno spazio di funzioni molto importante per la trasformata di Fourier: lo spazio di Schwartz. Esso ` e uno spazio di funzioni test altamente regolari e preservato dalla trasformata di Fourier. Ne ricaviamo che le sue funzioni devono anche essere rapidamente decrescenti. Definizione 1.4. Si chiama spazio di Schwartz S (Rd ) lo spazio delle funzioni f di classe C e tali che | f (x)| C,N (1 + |x|2 )N x Rd .

32

Capitolo 1

Lo spazio di Schwartz ` e uno spazio vettoriale; ` e normato rispetto a una qualsiasi delle norme seguenti: f
(N,k )

= sup (1 + | |2 )N f
||k

ma non ` e completo. Risulta completo rispetto alla metrica indotta dalla distanza d(f, g ) =
N,k

2 N k

f g (N,k) . 1 + f g (N,k)

` ovvio che lo spazio di Schwartz si immerge in Lp per ogni p. In Osservazione 1.38. E termini di norme risulta
1/p Rd 1/p

|f (x)| dx

(N,0) Rd (N,0)

(1 + |x| )

2 N p

dx

C f quando 2Np > d.

Si noti anche che tutte le funzioni Cc sono nello spazio di Schwartz, quindi siccome Cc ` e p p denso in L , 1 p < , anche lo spazio di Schwartz ` e denso in L , 1 p < .

` Corollario 1.39. Se f ` e in S (Rd ), allora anche f e in S (Rd ). 6. La formula di inversione Vediamo ora come ricostruire una funzione, nota la sua trasformata di Fourier, ovvero noti i suoi contributi lungo le onde piane. Gli ingredienti sono gli stessi del caso unidimensionale: il fatto che la trasformata della gaussiana sia la gaussiana stessa, ovvero la formula di inversione ` e vera per la gaussiana; 2 2 il fatto che, usando le dilatazioni (e|x| ) = d/2 e|| / ; 2 il fatto che la famiglia G ( ) = d/2 e|| / sia unidentit` a approssimata e quindi
Rd

G ( ) f ( ) d f (0)
0

tutte le volte che f ` e limitata e continua nellorigine. la formula di moltiplicazione, che ora vediamo. Teorema 1.40 (Formula di Moltiplicazione). Siano f e g in L1 . Allora ( ) g ( ) d = f
Rd Rd

f (x) g (x) dx.

1.6 La formula di inversione

33

Dimostrazione. Si noti che gli integrali hanno senso per la diseguaglianza H older. Per dimostrare la formula ` e suciente applicare il teorema di Fubini alla funzione h(x, ) = e2ix f (x) g ( ) che ` e banalmente assolutamente integrabile in R2d , perch e prodotto di due funzioni L1 , ciascuna dipendente da un diverso gruppo di variabili in Rd . sono integrabili, allora Teorema 1.41 (Formula di Inversione). Se f e f f (x) = per quasi ogni x. Dimostrazione. A scopo esemlicativo, premettiamo la seguente dimostrazione semplicata nellipotesi aggiuntiva che f sia continua. Mostriamo che allora f (0) =
Rd

( ) e2ix d, f

( ) d. f

Dalla formula di moltiplicazione ( ) G ( ) d = f


Rd Rd

f (x) G (x) dx = f G (0).

Siccome G ` e unidentit` a approssimata, lintegrale a secondo membro tende a f (0). Lintegrale ( ) d . A questo punto usia primo membro invece per convergenza dominata tende a Rd f amo le traslazionimodulazioni e otteniamo la tesi: f (x) = x f (0) =
Rd

x f ( ) d =

( ) d. e2ix f
Rd

La dimostrazione funziona quasi allo stesso modo se f ` e solo L1 . Dal fatto che G ` e unidentit` a 1 approssimata, segue che G f f in norma L . Daltra parte, per la formula di moltiplicazione, G f (x) = =
Rd Rd

G (x y ) f (y ) dy G (y x) f (y ) dy x G (y ) f (y ) dy

=
Rd

=
Rd

ex G (y ) f (y ) dy ( ) d ex ( ) G ( ) f ( ) d e2ix G ( ) f
0

=
Rd

=
Rd

( ) e2ix d f
Rd

quasi ovunque per convergenza dominata. Ma allora i due limiti coincidono quasi ovunque, ossia vale la formula di inversione q.o.

34

Capitolo 1

)(x). Siccome la trasformata di Fourier In particolare abbiamo quindi ottenuto che f = (f di una funzione integrabile ` e continua, ne concludiamo il seguente corollario. sono in L1 , allora f coincide quasi ovunque con una funzione Corollario 1.42. Se f e f continua e quindi, cambiando f su un insieme di misura nulla, la formula di inversione vale per ogni x. Unaltra conseguenza ` e liniettivit` a della trasformata: = 0, allora f = 0 (q.o.) Corollario 1.43. Se f Inne, per quanto riguarda funzioni di Schwartz, abbiamo detto che la trasformata di Fourier porta S in s ee` e iniettiva. Nel prossimo teorema diciamo che ` e anche suriettiva e che ha un buon comportamento per quanto riguarda le norme di Schwartz. Teorema 1.44. La trasformata di Fourier ` e un isomorsmo dello spazio di Schwartz. Dimostrazione. Sulla suriettivit` a basta dire che se g ` e di Schwartz, allora g ` e ancora . Ma allora g = f . di Schwartz e quindi lo ` ef =g Inne il controllo sulla continuit` a delloperatore in ogni norma. Corollario 1.45. Se f e g sono di Schwartz, allora la loro convoluzione f g ` e di Schwartz. Dimostrazione. Basta controllare il decadimento di f g e di tutte le sue derivate; ` e immediato sul lato della trasformata. 7. Trasformata di funzioni Lp , 1 < p 2 Teorema 1.46 (Plancherel). Sia f una funzione in S (Rd ). Allora f mata di Fourier si estende a unisometria suriettiva di L2 (Rd ).
2

= f

e la trasfor-

Dimostrazione. Dimostriamo innanzi tutto luguaglianza delle norme. Sia f (x) = ( ). Poniamo a questo punto h = f f . Si tratta della convoluzione f (x). Allora f ( ) = f di due funzioni L1 , quindi ` e L1 . Inoltre anche la trasformata ` e in S (Rd ), che ` e dentro L1 , quindi dai fatti ( ) = | f ( )|2 h h(0) = f f (0) = |f (x)|2 dx
Rd

Ricaviamo che f
2 2

= h(0) =
Rd

( ) d = f 2. h 2

Ne segue che la trasformata di Fourier si estende a tutto L2 e per questa estensione che chiamiamo momentaneamente F vale f 2 = Ff 2 . Infatti, se f ` e in L2 (Rd ), esiste una

1.7 Trasformata di funzioni Lp , 1 < p 2

35

successione (n ) di funzioni di Schwartz che tende a f in norma L2 . Pertanto la successione n ). Siccome L2 ` (n ) ` e di Cauchy in L2 e lo ` e anche la successione ( e completo, esiste una 2 funzione g in L tale che n g
2

0.
n

` semplice vericare che ` Deniamo allora Ff = g . E e una buona denizione, ovvero che g non dipende dalla scelta della successione (n ) convergente a f . Inoltre, per la continuit` a della norma, Ff 2 = limn n 2 = limn n 2 = f 2 . Mostriamo che F ` e suriettiva: se g ` e ortogonale al rango di F, in particolare g ` e ortogonale al rango della trasformata di Fourier di funzioni di Schwartz, che ` e tutto lo spazio di Schwartz 2 e quindi ` e denso in L . Per la continuit` a del prodotto scalare allora g ` e ortogonale alla chiusura dello spazio di Schwartz dentro L2 (Rd ). Ne segue che g ` e ortogonale a tutto L2 e quindi g = 0.

, quindi Mostriamo ora che la trasformata Ff di una funzione f in L1 L2 ` e semplicemente f non abbiamo introdotto una nuova operazione, ma stiamo semplicemente estendendo quella precedente. Questo fatto discender` a dal poter approssimare una funzione f in L1 L2 con una successione di funzioni di Schwartz (n )n sia rispetto alla norma 1 sia rispetto alla norma 2. Lemma 1.47. Sia f in L1 L2 . Allora esiste una successione di funzioni di Schwartz (n )n tale che n f p 0 per p = 1, 2. Dimostrazione. Supponiamo inizialmente che f sia a supporto in una palla di raggio R, ovvero che |x|>R |f | dx = 0.
Siccome le funzioni Cc sono dense in L2 , allora esiste una successione n di funzioni Cc e quindi di Schwartz tale che n f 2 0.

Non ` e restrittivo supporre che le funzioni n siano ancora a supporto compatto, ad esempio nella palla di raggio R + 1. Altrimenti, si taglino le funzioni n con un cuto liscio, ovvero si considerino n , dove ` e una funzione liscia, a supporto nella palla di raggio R + 1 tale che 0 (x) 1 per ogni x e (x) = 1 se |x| R; in questo caso ` e semplice vericare che n f 2 = (n f ) 2 n f 2 0. Quindi supponiamo che n siano a supporto nella palla di raggio R + 1. Ma allora per la diseguaglianza di CauchySchwarz, n f
1

|BR+1 |1/2 n f

0.
n

36

Capitolo 1

Inne, se f non ha supporto compatto, per ogni n ssato, esiste Rn > 0 tale che
|x|>Rn

|f (x)| dx <

1 n

e
|x|>Rn

1 |f (x)|2 dx < n .

Poniamo fn = f allinterno di B (0, Rn ) e zero al di fuori. fn ha supporto compatto e abbiamo visto che esiste una successione (m ) di funzioni lisce a supporto compatto che approssima fn sia rispetto alla norma 1 sia rispetto alla norma 2. In particolare esiste m (dipendente da 1 1 e m fn 1 < n . Si ponga n = m . Allora per p = 1, 2 n) tale che m fn 2 < n f n da cui f n
p p

f fn

+ fn n

<

2 n

0 per p = 1, 2.

= Ff . Corollario 1.48. Se f ` e in L1 L2 , allora f Dimostrazione. Siano n le funzioni del lemma precedente. Dal fatto che (n ) con n f 1 0, ovvero che n f n converge a f verge a f in L1 , si ricava che uniformemente. n Ff 2 0, ovvero che n converge a Ff in Dal fatto che n f 2 0 si ricava che 2 q.o. L . Ma allora esiste unestratta che converge q.o. a Ff . Quindi Ff = f Nel seguito useremo sempre il cappello per indicare la trasformata di Fourier. Si noti che per f in L2 ( ) = Ff ( ) = lim f
n 2

e2ix f (x) dx,


|x|n

dove il limite si intende rispetto alla norma L . 1 Inne, usando il Teorema di Riesz Thorin, otteniamo che la trasformata di Fourier F (denita almeno su S , sottospazio denso in Lp , 1 p 2) ` e un operatore continuo di L1 in L e su L2 , in entrambi i casi la norma ` e 1. Ne consegue che F si estende a un operatore continuo da Lp t t t t 1 t = 1 +2 e 1 = 1 +2 , ovvero p = 1 2 e a Lq , dove 1 p 1 q t 1 1 = 2 = p . q
1 2

1 2

Corollario 1.49 (Diseguaglianza di Young). Sia f in Lp , 1 p 2. Allora la trasformata di Fourier di f ` e in Lp e p f p . f

1.8 Teoremi di incertezza

37

8. Teoremi di incertezza In questa sezione ci occupiamo del fatto che una funzione e la sua trasformata non possono essere entrambe ben localizzate. Questo comporta una serie di problemi nelle applicazioni; numerose sono state le risposte a questo tipo di problema: avete visto la trasformata di Gabor, vedremo un cenno alla trasformata wavelet alla ne del corso. Teorema 1.50. Se f ` e una funzione integrabile a supporto compatto (ovvero esiste R tale ha supporto compatto, allora f = 0. che |x|>R |f (x)| dx = 0) e anche f Dimostrazione. Iniziamo con il caso d = 1. Se f ha supporto compatto, la funzione di variabile complessa F ( ) =
R

f (x) e2ix dx

` e ben denita. Inoltre ` e olomorfa per il Teorema di Morera (oppure non ` e dicile vericare ` le condizioni CauchyRiemann). F ` e unestensione di f . Ma allora, siccome f e a supporto compatto, F ha degli zeri non isolati. Per il Teorema sugli zeri delle funzioni olomorfe, F ` e identicamente nulla. Allora per la formula di inversione f = 0. In dimensione maggiore, si ragioni per assurdo, supponendo che f non sia nulla quasi ( ) = 0 per liniettivit` ovunque. Allora esiste in Rd tale che f a della trasformata. A (0) = 0. Infatti, la funzione meno di moltiplicare f per unonda piana, possiamo supporre f g denita da g (x) = e2ix f (x) = e (x) f (x) ha ancora supporto compatto come f , ( ), g ( ) = f ( ) = 0. quindi g ha supporto compatto (perch e` e il traslato di un compatto) e g (0) = f Daltra parte, g ` e nulla se e solo se f ` e nulla. (0) = 0 e ragioniamo, ad esempio, sulla prima coordinata. ConsidQuindi supponiamo che f eriamo la funzione C F ( ) = f (x) e2ix1 dx
Rd

x Rd

(, 0, . . . , 0). La funzione F risulta essere olomorfa e, siccome che per reale coincide con f non ` e nulla, deve essere dotata di zeri isolati. Tuttavia F si annulla quando ` e reale e al di fuori di un compatto. Quello che vediamo in questa sezione riguarda una stima della grandezza della coda di una funzione. Mostriamo alcuni risultati, uno che riguarda stime di energia , quindi L2 , gli altri invece danno stime qualitative (puntuali oppure in misura).

38

Capitolo 1

Se pensiamo a funzioni caratteristiche, il prossimo risultato dice che se f ha supporto in un insieme di volume V , allora la sua trasformata vive in un insieme che ha volume essenzialmente del tipo 1/V . Teorema 1.51 (Disuguaglianza di Heisenberg). Sia f una funzione in S (Rd ) tale che f 1. Allora 2 2 d |x| f 2 | | f 2 2 16 2 e inoltre per ogni x0 , 0 in Rd |x x0 | f
2 2 2

| 0 | f

2 2

d2 . 16 2

Dimostrazione. La seconda diseguaglianza si riduce alla prima quando x0 = 0 = 0. Inoltre, supposto di aver provato la prima disuguaglianza, la seconda segue banalmente applicando la prima disuguaglianza alla funzione g (x) = e2ix0 f (x + x0 ). Cerchiamo di risolvere quindi il primo caso. Supponiamo d = 1 e integriamo per parti 1= f
2 2

=
R

|f (x)|2 dx

d = x |f (x)|2 dx dx R = = 2
R

x f (x)f (x) + x f (x)f (x) dx Re x f (x)f (x) dx.


R

Siccome per ogni numero complesso z si ha |Re(z )| |z | e usando la diseguaglianza di CauchySchwarz, otteniamo 12
R

|x| |f (x)| |f (x)| dx 2 xf

f 2.
2 2

Inne, per il Teorema di Plancherel e la formula per le derivate, f

= f

2 2

2. = 4 2 f 2

In dimensione maggiore si ragiona similmente utilizzando le derivate parziali: analogamente a prima, la derivata parziale j -esima di |f |2 ` e 2 Ref j f . Integrando per parti otteniamo: 1= f = =
2 2

=
Rd

|f (x)|2 dx

Rd

xj j |f (x)|2 dx xj 2Re(f j f ) dx.

Rd

1.8 Teoremi di incertezza

39

Quindi per la diseguaglianza di CauchySchwarz e per il Teorema di Plancherel 12


Rd

|xj | |j f (x)| |f (x)| dx


2 2

2 xj f = 4 xj f

j f

2. j f

Sommiamo ora su j e, per la diseguaglianza di CauchySchwarz (applicata alla somma nita) otteniamo
d d 1/2 d 1/2

d = d 1 4 ovvero d2 16 2 come volevasi.

xj f
j =1 d Rd

j f

xj f
j =1 d

2 2 j =1

j f

2 2

j =1

|xj | |f (x)| dx

k =1

Rd

(x)|2 dx |j |2 |f

La prima applicazione di questo principio ` e stata nello studio della meccanica quantistica; un elettrone (o una particella) secondo le leggi della meccanica quantistica ha una certa probabilit` a di trovarsi in un certo posto; supponiamo che la particella sia vincolata a muoversi b sulla retta reale, allora diciamo che si trova nellintervallo (a, b) con probabilit` a a |f (x)|2 dx. Quindi |f |2 ` e una densit` a ovvero f 2 = 1. Non possiamo sapere dove si trovi la particella precisamente, ma interessante ` e il suo valore atteso (dove ci aspettiamo che si trovi) x0 =
R

x |f (x)|2 dx.

Con quale errore la particella si trova nella posizione attesa x0 ? Questo si misura mediante la varianza
R

(x x0 )2 |f (x)|2 dx.

Laltra quantit` a sica in gioco nella meccanica quantistica ` e il momento (cio` e la quantit` a di moto) e la regola che governa posizione e momento ` e il fatto che la particella ha quantit` a di b 2 moto nellintervallo (a, b) con probabilit` a a |f | dx. Si noti che per la formula di Plancherel 2 | ` anche |f e una densit` a. Potr` o parlare di valor medio per il momento e di varianza. La diseguaglianza di Heisenberg aerma che il prodotto delle due varianze non pu` o mai 2 scendere sotto un certo valore critico 1/16 , ovvero se con maggior certezza misuriamo la posizione della particella allora avremo minore certezza sulla sua quantit` a di moto, perch e 2 il prodotto degli errori si deve mantenere maggiore di 1/16 . In realt` a, se si tiene conto 2 delle unit` a di misura il valore critico ` e /16 , dove ` e la costante di Planck (un numero 34 piccolo dellordine di 10 Js).

40

Capitolo 1

Dal punto di vista dellanalisi del segnale, questa stima talvolta non ` e soddisfacente: se si considera un segnale di ampiezza f , allora f ` e reale, quindi la sua trasformata di Fourier soddisfa ( ) = f ( ) |f |2 ` f e pari. Quindi se vogliamo dire che un segnale ` e localizzato in frequenza, dobbiamo tener conto di |2 ha un picco in 0 e uno analogo in 0 . Ma se 0 ` questa parit` a e dire che |f e grande, la 2 varianza di |f | sar` a sempre grande anche se i due picchi sono molto stretti. Sono quindi state studiate moltissime variazioni della diseguaglianza di Heisenberg. In alcuni casi pu` o essere utile anche una stima puntuale. Teorema 1.52 (Principio di Incertezza di Hardy). Sia f una funzione misurabile in Rd che soddisfa le stime 2 ( )| C eb||2 |f (x)| C ea|x| |f per q.o. x, , dove a e b sono costanti positive. (1) Se ab > 2 allora f = 0. 2 (2) Se ab = 2 allora f ` e multipla di una gaussiana, ovvero f (x) = C ea|x| . Osservazione 1.53. Se ab < 2 ci sono innite funzioni: si veda lesercizio sulle funzioni di Hermite. La dimostrazione del teorema usa il seguente argomento di Analisi Complessa. Lemma 1.54. (PhragmenLindel of ) Supponiamo che F sia una funzione analitica su un settore di ampiezza minore di e tale che |F (z )| C eK |z | su , F continua sul settore chiuso Allora F ` e limitata su tutto . | F (z )| M z .

Esercizio. La tesi rimane vera se il settore ha ampiezza ? Dimostrazione. (Lemma di PhragmenLindel of) Supponiamo che il settore sia del tipo Allora esiste B > 1 tale che B < /2. Fissiamo A > 0; la funzione FA (z ) = F (z ) eAz ` e allora olomorfa su e se z = Rei risulta quando R . Quindi possiamo dire che esiste R tale che |FA (z )| M |FA (z )| C eKR eAR
B B

= {z C : |arg z | < }

< /2.

cos(B )

C eKR eAR

cos(B)

z {|z | > R} .

1.8 Teoremi di incertezza

41

Per il principio del massimo modulo applicato a R = {|z | R} concludiamo che R , quindi in tutto . Per larbitrariet` |FA (z )| M anche in a di A > 0 ne concludiamo che |F (z )| M in tutto . Dimostrazione. (Teorema di Hardy) Ci sono molte semplicazioni, che elenchiamo. (A) Grazie allazione delle dilatazioni, possiamo pensare che il parametro in gioco sia (come sembra dalla tesi) uno solo: il prodotto ab. Infatti, se consideriamo la funzione g (x) = r d f (x/r ), allora 2 2 |g (x)| C ea|x| /r (r )| C ebr2 ||2 . Quindi se prendiamo r 2 = a/b otteniamo le seguenti e inoltre |g ( )| = |f |g (x)| C e
ab |x|2

stime su g :

|g ( )| C e

ab | |2

(B) Il caso (1) segue banalmente una volta che si sar` a dimostrato il caso (2). Procediamo quindi a dimostrare il caso (2), quello in cui ab = 2 . (C) Iniziamo dal caso unidimensionale. Supponiamo che g sia una funzione su R soddisfacente le stime 2 2 |g ( )| C e || |g (x)| C e |x| Il decadimento pi` u che esponenziale di g permette di estendere la trasformata di Fourier a una funzione intera in questo modo g ( + i ) =
R

f (x) e2ix(+i) dx =
R

f (x) e2ix e2x dx

per + i complesso. Possiamo vericare che si tratta di una funzione intera facendo la derivata sotto il segno di integrale, oppure con il Teorema di Morera. Inoltre otteniamo una limitazione completando il quadrato allesponente: |g ( + i )|
R

|f (x)| |e2ix | |e2x | dx ex e2x dx


R
2 2

= C e

e(x) dx = C e .
R

(D) Supponiamo ora g pari. Allora anche g ` e pari e olomorfa quindi ammette uno sviluppo in potenze pari. Allora anche la funzione h denita da z C. h(z ) = g ( z ) ` e intera. Inoltre h soddisfa le stime |h(R)| = |g ( R)| C eR R 0,

42

Capitolo 1

Potremmo considerare ez h(z ) che ` e limitata sullasse x e di tipo esponenziale, tuttavia non potremmo applicare il lemma di PhragmenLindel of, perch e questo lemma non vale su settori z di ampiezza . Correggiamo la funzione e h(z ) un pochino, per poter applicare il lemma di PhragmenLindel of: prendiamo 0 < < e consideriamo la funzione F denita da F (z ) = h(z ) exp izei/2 sin /2 z C. C eR exp(R) = C 2 C eR sin (/2) exp(R) C

|h(Rei )| = |g (R1/2 ei/2 )| C eR sin

2 (/2)

C eR .

Allora F ` e ancora di tipo esponenziale, ma soprattutto per = 0 e per = otteniamo |F (Rei )| |h(Rei )| exp Re Rei(+/2/2) sin /2 =0 =

A questo punto applichiamo il lemma di PhragmenLindel of sul settore e diciamo che F ` e limitata dalla costante C su tutto . Ma allora |h(z )| C exp R Re(iei(/2) ) sin /2 = C exp R sin( /2) sin /2

e 0 < < . Facendo tendere a otteniamo |h(z )| C eRez per ogni z in purch per z = Rei sul semipiano superiore. Analogamente si ottiene la stessa stima sul semipiano inferiore, quindi sullintero piano complesso. Ma allora per il Teorema di Liouville ez h ` e z 2 costante, ovvero g (z ) = c e . (E) Se invece g ` e dispari, allora anche g ` e dispari, quindi g (0) = 0 e possiamo ragionare su 2 h=g /z , che ` e pari; ne concludiamo che h ` e uguale a C ez ; ma allora se anche g deve soddisfare le stesse maggiorazioni, ne segue che la costante deve essere nulla. Inne, in generale, si decomponga g nella sua parte pari e in quella dispari e quindi la trasformata nella parte pari e quella dispari e si applichi il ragionamento precedente, dato che 2 2|geven (x)| = |g (x) + g (x)| C e|x| e cos` sul lato della trasformata. (F) Il caso di dimensione d segue adoperando la trasformata di Radon. Infatti se g : Rd C soddisfa le ipotesi con = = , allora la trasformata di Radon di g soddisfa |Rg (t, )| = C
R d 1

g (t + x1 e1 + + xd1 ed1 ) dx1 dxd1 e(t


2 +x2 ++x2 1 d 1 )

=Ce

R d 1 t2

dx1 dxd1

Inoltre la trasformata di Fourier unidimensionale di Rg (, ) soddisfa |Rg (, )( )| = |g ( )| C e .


2

1.8 Teoremi di incertezza


2

43

Quindi nel caso (2) concluderemmo che Rg (t, ) = c( ) et e quindi g ( ) = g (| | ) = 2 Rg (, )(| |) = c( ) e|| . Poich eg` e integrabile, allora g ` e continua in 0, quindi g (0) = c( ), 2 cio` e c non dipende da e quindi g ( ) = g (0) e|| . Un altro principio qualitativo ` e il seguente. Se f ` e una funzione in un qualche Lp , indichiamo con (f ) = {x : f (x) = 0} . Linsieme (f ) non ` e ben denito, perch e se f e g sono due funzioni nella stessa classe di p equivalenza in L , allora potrebbe essere (f ) = (g ). Tuttavia la sua misura di Lebesgue ` e ben denita (ovvero |(f )| = |(g )|) e la sua funzione indicatrice ha senso quasi ovunque (ovvero 1(f ) = 1(g) q.o.). )| < , allora f = 0 Teorema 1.55 (Benedicks, 1974). Se f ` e in L1 (Rd ) e |(f )| |(f quasi ovunque. Dimostrazione. A meno di dilatare la funzione f , possiamo supporre che |(f )| < 1. Abbiamo
[0,1]d

1(f) ( + k ) d =
k Zd

Rd

)| < 1(f) ( ) d = |(f 1(f ) (x) dx = |(f )| < 1.

1(f ) (x + k ) dx =
[0,1]d k Zd Rd

Ne concludiamo che i) esiste un insieme E [0, 1]d di misura 1 tale che kZd 1(f) (a + k ) < per ogni (a + k ) = 0 solo per un numero nito di k ; a in E , ovvero per ogni a in E , f d ii) esiste un insieme F [0, 1] di misura positiva tale che kZd 1(f ) (x + k ) = 0 per x in F , quindi f (x + k ) = 0 per ogni k quando x ` e in F . Usiamo questa versione della formula di sommazione di Poisson (valida anche per funzioni su Rd ): se g ` e una funzione integrabile, la serie kZd g (x + k ) converge in L1 ([0, 1]d ) a una funzione la cui serie di Fourier ` e kZd g (k ) e2ikx . Dato a in E , desideriamo applicare la formula di sommazione di Poisson alla funzione x ga (x) = f (x) e2iax . Otteniamo che la funzione a denita da a (x) =
k Zd

f (x + k ) e2ia(x+k)

44

Capitolo 1

` e integrabile sul cubo [0, 1]d e la sua serie di Fourier ` e a (x) g a (k ) e2ikx =
k Zd k Zd

(a + k ) e2ikx . f

Siccome a ` e in E , la funzione a ` e un polinomio trigonometrico. In particolare, ` e analitica. Se a non fosse identicamente nulla, allora {x : a (x) = 0} intersecherebbe ogni retta parallela agli assi in un insieme discreto. Quindi potremmo dire che a (x) = 0 per quasi ogni x. Daltra parte, |a (x)| kZd |f (x + k )| = 0 per ogni x in F , che ` e un insieme di misura (a + k ) = 0 per positiva. Quindi a deve essere identicamente nulla per ogni a in E , da cui f ogni a in E e ogni k in Zd . = 0 quasi ovunque e quindi f = 0 Siccome linsieme E ha misura 1, ne concludiamo che f per liniettivit` a della trasformata di Fourier. ` Tenete conto che se f ` e in L1 L2 , allora f e in L2 L e per ogni insieme misurabile E si ha ( )|2 d |E | f 2 |E | f 2 |E | |(f )| f 2. |f 1 2
E

), allora otteniamo In particolare, se scegliamo E = (f f quindi


2 2

) (f

( )|2 d |(f )| |(f )| f |f )| |(f )| 1. |(f

2 2

)| |(f )| f 2, = |(f 2

Un altro risultato, pi` u recente e pi` u preciso, ` e dovuto a Donoho e Stark. Definizione 1.5. Sia > 0 e f in L2 (Rd ). Diciamo che f ` e -concentrata su un insieme misurabile E se esiste una funzione g di quadrato integrabile, nulla al di fuori di E e tale che f g 2 . Teorema 1.56 (Donoho e Stark, 1989). Sia f una funzione di quadrato integrabile con sia -concentrata su F per f 2 = 1. Supponiamo inoltre che f sia -concentrata su E e f opportuni , > 0 e E, F insiemi misurabili. Allora |E | |F | (1 ( + ))2 . 9. Applicazioni Le applicazioni classiche del metodo della trasformata di Fourier consistono nello studio delle equazioni dierenziali, in particolare le equazioni classiche della Fisica Matematica. Vedremo tuttavia altre applicazioni allanalisi del segnale: il calcolo del diametro di una stella, una infarinatura sul riconoscimento di caratteri e altri ltri. Inne un campo in cui interviene la trasformata di Fourier ` e lottica, nella dirazione nelle ipotesi di Sommerfeld e Fraunhofer.

1.9 Applicazioni

45

9.1. Trasformate di immagini. Unimmagine fotograca a colori nasce dalla sovrapposizione dei tre canali rosso, verde e blu e possiamo quindi realizzarla come una funzione su R2 tale che I (x, y ) = h(x, y ) se (x, y ) ` e un punto della fotograa se (x, y ) ` e al di fuori della fotograa 0 R3

dove h(x, y ) ` e una terna di valori non negativi h(x, y ) = (hR (x, y ), hG (x, y ), hB (x, y )), in cui ciascuna componente ` e legata a un canale (rosso, verde, blu) e quindi ciascuna entrata indica la luminosit` a del colore in questione nel punto (x, y ). Quindi unimmagine digitale a colori ` e in corrispondenza con tre matrici. Non desideriamo addentrarci in problemi di percezione dei colori e dei livelli di grigio. Sono problemi legati allocchio umano, che rimane inuenzato dai colori circostanti. Testate la vostra percezione dei livelli di grigio e dei colori sugli esempi della gura 1.7.

Il livello di grigio di ogni striscia ` e uniforme?

Le due strisce piccole sono dello stesso grigio?

Quanti colori contiene questa gura?

Sembra che a=d e b=c, ma lunica vera ` e b=d

Figura 1.7. Percezione di colori e livelli di grigio

In generale, il nostro occhio ` e meno sensibile alla luce blu e alla bassa lunghezza donda (alta frequenze), il massimo della sensibilit` a si ha in corrispondenza di della lunghezza donda

46

Capitolo 1

550nm (giallo-verde). Se volete approfondire queste tematiche, potete consultare un libro di Computer Vision (ad esempio K.N Plataniotis e A.N. Venetsanopoulos, Color image processing and applications, Springer, Berlin 2000). Il nostro scopo ` e capire come funziona la trasformata di Fourier di immagini. Questa agisce separatamente su ciascun canale (RGB), quindi per semplicit` a ci limitiamo per il momento a desrivere le trasformate di immagini in bianco e nero. Il comando MatLab per la trasformata di Fourier ` e fft2 che corrisponde a due fft, una prima fatta rispetto alle righe e una seconda, sul risultato precedente, fatta rispetto alle colonne. Siccome il segnale (cio` e la funzione I ) ` e reale, la sua trasformata sar` a una funzione pari quindi si pu` o usare anche dct2. In formule, se I ` e una matrice m n, allora FI = fft2(I) ` e una matrice m n e
m n

F I (j, k ) = I (j, k ) = dove n = e


2i/n

(j 1)(1) (k 1)(p1) I (, p) m n

1 nm

=1 p=1 m

n (j 1)(1) (k 1)(p1) F I (, p) m n ,

=1 p=1

` e una radice n-esima dellunit` a.

(0, 0) rappresenta la luminosit` Il valore I a media di unimmagine e ` e sempre positivo (altrimenti limmagine risulta nera). Questo coeciente si chiama anche DCcomponent 3 e si trova nel posto (1,1) della matrice fft2(I); per porlo al centro dellimmagine, si usi il comando fftshift. Guardiamo alcune immagini corrispondenti a particolari trasformate. Partiamo da una matrice quadrata 128128 con un solo coeciente non nullo: il primo. Siccome nel calcolare la trasformata inversa si divide per 1282 , per ottenere qualcosa di signicativo prendiamo il coeciente dellordine di 1282 .

Figura 1.8. A sinistra fftshift(K), a destra ifft2(K) dove K(1,1)=10000 e altrove nulla

In gura 1.9 vediamo cosa succede aggiungendo un altro coeciente non nullo (ovvero due, visto che la trasformata deve essere pari). Frequenze pi` u alte corrispondono a onde con
` e labbreviazione di Direct Current. La terminologia deriva dallelettromagnetismo e ` e stata estesa ai segnali.
3DC

1.9 Applicazioni

47

Due coeff, direzione orizz

Immagine

Due coeff, direzione vert

Immagine

Figura 1.9. In alto K(1,1)=10000 e K(1,2)=K(1,128)=100; in basso la trasposta.

frequenza pi` u alta, come si nota nella gura 1.10; inoltre si noti come le strisce bianche e nere dellimmagine siano ortogonali alla direzione dei coecienti di Fourier non nulli.
Due coeff, il secondo con freq piu alta Immagine

due coeff, direzione obliqua

Immagine

Figura 1.10. In alto K(1,1)=10000 e K(1,5)=K(1,125)=100; in basso K(4,4)=K(126,126)=100.

Inne nella gura 1.11 vediamo la sovrapposizione delle immagini precedenti. Da questa discussione si capisce che i contorni e i particolari sono responsabili delle frequenze pi` u alte, mentre il grosso dellimmagine ` e concentrato nelle frequenze basse. Vediamo ora unimmagine vera e la sua trasformata. Per leggere unimmagine si pu` o usare il comando imread, ad esempio I=imread(football.jpg). I risulta una matrice a entrate uint8. Prima di eettuare la FFT, occorre convertire la matrice I a precisione doppia I=double(original). Abbiamo gi` a detto che la FFT si applica a ciascun canale separatamente, quindi ad esempio il comando

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Capitolo 1

Trasformata

Immagine

Trasformata

Immagine

Figura 1.11. In alto la sovrapposizione delle immagini di gura 1.9; in basso quella delle immagini di gura 1.10.

FIR=fft2(I(:,:,1)) permette di calcolare la FFT del canale rosso e memorizzarla nella matrice FIR. Spesso i valori assoluti della trasformata hanno una grossa dinamica, quindi se guardassimo unicamente il valore assoluto della matrice FIR (eventualmente traslata mediante fftshift) vedremmo un graco quasi insignicante (pochissimi coecienti centrali molto grandi e tutti gli altri praticamente nulli); per dierenziare meglio i valori piccoli ` e quindi opportuno usare una trasformazione di scala logaritmica imshow(log(abs(FIR)),[]).

Trasformata fft2 Rosso

Trasformata fft2 shift

Trasformata fft2 Verde

Trasformata fft2 shift

Trasformata fft2 Blu

Trasformata fft2 shift

Figura 1.12. Unimmagine reale e la sua trasformata.

Dalla trasformata traslata notiamo le direzioni principali in cui si sviluppa limmagine e il fatto che le frequenze di maggior peso sono concentrate al centro, ovvero le frequenze pi` u basse contengono maggior quantit` a di informazione sullimmagine. Tuttavia la sola grandezza dei coecienti non ` e in grado di ricostruire limmagine: questo ` e mostrato in gura 1.13.

1.9 Applicazioni

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Inversione senza la fase

Iabs(:,:,1)=ifft2(abs(FIR)); Iabs(:,:,2)=ifft2(abs(FIG)); Iabs(:,:,3)=ifft2(abs(FIB)); Iabs=uint8(abs(Iabs)); imshow(Iabs), title(Inversione senza la fase)

Figura 1.13. Inversione senza la fase

9.2. Filtri. In generale un ltro ` e unoperazione che si compie sulla trasformata; pu` o essere lineare oppure non lineare. Applicare un ltro K a unimmagine f signica valutare ). F 1 (K f Il Mean lter, il Gaussian lter e LoG lter che abbiamo visto nella sezione sulla convoluzione sono esempi di ltri lineari. Altri esempi molto semplici di ltri lineari sono i ltri passa-basso (e passa-alto, passabanda), ovvero ltri che lasciano passare frequenze basse (risp. alte, una banda) e smorzano o annullano tutte le altre. Si ottengono scegliendo come K loperatore di moltiplicazione per una funzione che ha supporto in determinate zone. I ltri passa-basso venivano usati nel vecchio algoritmo JPEG. Ecco un esempio di un ltro passa-basso molto crudo (` e una funzione caratteristica di un insieme abbastanza piccolo), da cui si comprende come la maggior parte dellinformazione sullimmagine sia concentrata in pochissimi coecienti. original=imread(peppers.png); I=double(original); FIR=fft2(I(:,:,1)); FIG=fft2(I(:,:,2)); FIB=fft2(I(:,:,3)); Z=I(:,:,1); [m,n]=size(Z); qualita=30; LpF1=ones(qualita); LpFub=zeros((m-qualita)/2,n); LpFlr=zeros(qualita,(n-qualita)/2);

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Capitolo 1

LpF=[LpFub; LpFlr LpF1 LpFlr; LpFub]; figure(2) subplot(1,3,1), imshow(original), title(Original Image); subplot(1,3,2), imshow(log(abs(LpF)),[]), title(Low pass (30) filter), colormap(jet(64)) LpF=fftshift(LpF); FIR2=FIR.*LpF; FIG2=FIG.*LpF; FIB2=FIB.*LpF; I2(:,:,1)=ifft2((FIR2)); I2(:,:,2)=ifft2((FIG2)); I2(:,:,3)=ifft2((FIB2)); I2=uint8(abs(I2)); subplot(1,3,3), imshow(I2), title(Compression quality low)

Original Image

Low pass (30) filter

Compression quality low

Figura 1.14. Un ltro passa-basso.

Figure che hanno un forte contorno (come le monete di gura 1.15) non vengono altrettanto bene con un ltro passa-basso cos` piccolo. Si noti leetto ringing, ovvero la ripetizione del contorno della moneta nellimmagine trattata col ltro passa-basso, in gura 1.16.
Original Image

Figura 1.15. Unimmagine con forte contorno.

9.3. Riconoscimento caratteri. In questo esempio vediamo come far riconoscere la posizione di una lettera in un testo. Lalgoritmo ` e molto semplice: si isola la lettera prescelta

1.9 Applicazioni

51

Figura 1.16. Filtri passa-basso e passa-alto applicati allimmagine di gura 1.15.

(nel nostro esempio la X) e si chiede al programma di mostrarne la presenza. Si chiami g limmagine della lettera X e si chiami f limmagine contenente il testo. Lidea ` e di sovrapporre limmagine g della lettera (detta maschera) al testo f , ovvero farne una sorta di convoluzione; il valore pi` u alto di intensit` a si trover` a esattamente dove la maschera coincide con la lettera nel testo. Si osservi che abbiamo riesso la maschera per scrivere la convoluzione. Infatti, possiamo pensare alla convoluzione f g calcolata in un punto x f g (x) =
R2

f (x y ) g (y ) dy

come a un prodotto scalare tra le funzioni y f (x y ) e y g (y ). Talvolta questa operazione, che esalta somiglianze tra la maschera e il testo, viene anche chiamata correlazione. Si noti che il metodo funziona con solo una soglia del 80%. Altri valori grandi si notano dalla lettera K che in eetti ha somiglianza con la X. testo=imread(txt2.gif); figure(1) subplot(2,2,1), imagesc(testo), colormap(gray); maskx=testo(90:109,132:150)*500; %estrae dal testo la lettera x dt=fft2(testo); dm=fft2(rot90(maskx,2),256,256); conv=real(ifft2(dt.*dm)); % correla subplot(2,2,2),imagesc(conv), colormap(gray) M=max(conv(:)); thresh1=M*0.70; subplot(2,2,3), imagesc(conv>thresh1), title(thresh=70%) thresh2=M*0.80; subplot(2,2,4), imagesc(conv>thresh2), title(thresh=80%)

9.4. Calcolare il diametro di una stella. (questo esempio ` e tratto dal libro di K orner [8], lidea ` e dovuta a Labeyrie) Quando osserviamo le stelle nel cielo a occhio nudo,

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Capitolo 1

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250 50 100 150 200 250

thresh=70%

thresh=80%

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250 50 100 150 200 250

Figura 1.17. Loutput della routine per riconoscere i caratteri

vediamo dei piccoli puntini che brillano. Il brillio ` e un eetto dovuto al nmovimento delle particelle dellatmosfera. Il problema ` e quello di calcolare il diametro di una stella, in base alle osservazioni fatte con un telescopio, che, pur risentendo dello sfocamento dovuto allatmosfera, ` e in grado di riprodurre unimmagine abbastanza simile a un piccolo disco, di cui possiamo misurare il diametro. Il risparmio notevole sarebbe quello di non avere un telescopio su un satellite in orbita, ma usare un semplice telescopio sulla terra. Ovviamente stiamo parlando di stelle vicine, per cui ` e nota la distanza dalla terra determinata con la tecnica della parallasse. Se le fotograe della stella eettuate dal telescopio non fossero danneggiate dalleetto dellatmosfera, avremmo una informazione precisa del diametro apparente della stella sulla fotograa; questa informazione, unita al fatto che conosciamo la distanza dalla terra di questa stella, permette di risalire al diametro eettivo della stella. Sulla fotograa abbiamo una immagine sfocata, dovuta allatmosfera, di quella che ` e una stella. Possiamo pensare che lo sfocamento sia semplicemente una convoluzione con un nucleo che varia casualmente nel tempo (dipende come le particelle dellatmosfera si trovano nel momento in cui scattiamo la fotograa). Quindi se f ` e la funzione che indica (in R2 ) la stella, allora f Kt ` e limmagine sfocata che vediamo al tempo t. Supponendo che f sia la funzione caratteristica di un cerchio, di cui vogliamo determinare il diametro, abbiamo a

1.9 Applicazioni

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K t . Se studiamo semplicemente gli zeri di questa funzione, studiamo gli zeri disposizione f t varieranno in maniera casuale nel tempo, facendo pi` di f e di Kt . Ma siccome quelli di K u osservazioni dovremmo riuscire a capire quali sono gli zeri di f . Questo ci pu` o dire quanto ` e il diametro della stella? Cio` e, sapendo solo gli zeri di f , sappiamo qualcosa sul diametro del cerchio? Iniziate a fare il calcolo supponendo la stella quadrata. In [8], trovate i dettagli del caso pi` u realistico in cui si suppone che la stella sia circolare. La parallasse stellare consiste nel cambiamento della posizione apparente di una stella sulla volta celeste a seconda del periodo dellanno. Il fenomeno ` e dovuto al fatto che la Terra, durante lanno, cambia la sua posizione nello spazio muovendosi attorno al Sole. Sperimentiamo la parallasse ogni giorno, quando guardiamo oggetti mentre ci muoviamo rispetto a loro. Se ad esempio un certo oggetto si trova dritto di fronte a noi, nel momento in cui ci spostiamo (di lato) esso apparir` a in generale non pi` u nella posizione in cui era prima. Ovviamente loggetto non si ` e mosso, si tratta solo di un eetto prospettico. Succede lo stesso per le stelle: la loro posizione angolare nel cielo apparentemente cambia mano a mano che la Terra si sposta attorno al Sole. Noto il raggio dellorbita terrestre, si pu` o ricavare la distanza della stella dalla terra e quindi ricavare il suo diametro eettivo noto quello apparente sulla fotograa.

9.5. Equazione di Laplace sul semipiano. Lequazione u = 0 si chiama equazione di Laplace e si presenta frequentemente in sica, anche in campi molto diversi. Un esempio ` e quello in cui u rappresenta la temperatura di un corpo, in assenza di apporto di calore. Allora usso di calore entrante in ogni sottoregione V del corpo uguaglia il usso del calore uscente (in ogni istante). Se F ` e il campo vettoriale che descrive il usso di calore,

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Capitolo 1

allora
V

F dS = 0

dove ` e la normale esterna e dS lelemento di supercie (supponendo che V sia un aperto con frontiera regolare). Ma allora se F ` e C 1 , possiamo aermare che per il Teorema di GaussGreen divF dx =
V V

F dS = 0.

Per larbitrariet` a di V , concludiamo che divF = 0 sul corpo. Daltra parte il usso di calore F ha intensit` a proporzionale al modulo del gradiente della temperatura. Quindi F = c gradu, da cui concludiamo che u = div gradu = 0. Alla stessa equazione arriviamo se u indica la concentrazione di una determinata sostanza chimica, oppure il potenziale gravitazionale o elettrico. Lequazione che studiamo ` e:
+1 u = 0 in Rd +

u(x, 0) = f (x) x Rd ,

+1 dove f ` e una funzione di Schwartz e Rd = (x, y ) Rd+1 : x Rd , y > 0 . +

Si noti che il semipiano ` e conformemente equivalente a una palla e le trasformazioni conformi conservano le funzioni armoniche. Cerchiamo di risolvere il problema utilizzando la trasformata di Fourier della funzione uy (x) = u(x, y ), con y > 0. Lequazione dierenziale diventa pi` u semplice d2 d2 u + u = u y 4 2 | | 2 u y = 0, y x y dy 2 dy 2 perch e` e unequazione dierenziale ordinaria a coecienti costanti. e2||y . Ma allora uy (x) = Quindi, ricordando la condizione iniziale, scegliamo uy = f u(x, y ) = f Py . A questo punto possiamo vericare che questa soluzione ` e in eetti quella desiderata, nel senso che: a) u ` e di classe C 2 nel semipiano e u = 0; b) u(x, y ) f (x) uniformemente quando y 0; c) posto u(x, 0) = f (x), allora u ` e continua sul semipiano chiuso e tende a zero allinnito. Si pu` o dimostrare che una soluzione che soddis a) c) ` e unica.

1.9 Applicazioni

55

9.6. Equazione del calore. Il modello sico ` e quello della diusione del calore in rapporto al tempo. Il problema consiste nel determinare u tale che t u(t, x) = x u(t, x) t > 0, x Rd u(0, x) = f (x) x Rd . Di nuovo cerchiamo di risolvere il problema ponendo ut (x) = u(t, x) e trasformando. Otteniamo d ut = 4 2 | |2 ut u0 = f dt e42 ||2t . Ricordando la trasformata della gaussiana, ut (x) = che ha come soluzione ut = f u(t, x) = f Gt . Si verica che questa soluzione ` e in eetti quella desiderata. 9.7. Equazione delle onde. Il comportamento delle onde elettromagnetiche nel vuoto si studia tramite lequazione 1 2u = x u c2 t2 dove c ` e la velocit` a della luce, che supponiamo per comodit` a uguale a 1. Poniamo condizioni iniziali u(0, x) = f (x) t u(0, x) = g (x) e otteniamo quello che si chiama problema di Cauchy per lequazione delle onde d-dimensionale. Operando al solito, otteniamo d2 ut = 4 2 | |2 ut 2 dt la cui soluzione ` e data da ut ( ) = A( ) cos(2 | |t) + B ( ) sin(2 | |t) Imponendo le condizioni iniziali, otteniamo ( ) A( ) = f 2 | | B ( ) = g ( ), sin(2 | |t) . 2 | | Qui notiamo una dierenza rispetto ai casi precedenti: non sappiamo nulla sulla parte col coseno, che non ` e qualcosa che tende a zero allinnito, n e` e in L2 , quindi non ` e la trasformata di un oggetto che conosciamo. Tuttavia, si pu` o vericare che se f e g sono funzioni di Schwartz, allora la formula si pu` o invertire e porta proprio alla soluzione del problema di Cauchy cercata. (Lunicit` a si ricava con altri metodi, ad esempio col metodo di conservazione dellenergia). Vediamo in dettaglio il caso d = 3; d = 1 ` e simile e pi` u semplice, d = 2 ` e pi` u dicile. ( ) cos(2 | |t) + g u t ( ) = f ( ) Si pu` o iniziare notando che ` e suciente considerare f = 0, perch e, posto di saper risolvere il problema di Cauchy con f = 0, allora si sa risolvere quello con f = 0: basta notare che | |t) t ( g ( ) sin(2 )=g ( ) cos(2 | |t). Quindi se u soddisfa il problema di Cauchy con f = 0, 2 | | allora t u soddisfa il problema con f = g e g = 0. da cui

56

Capitolo 1

Come abbiamo pi` u volte notato, e2i d ( ) =


S2

2 sin(2 | |) . | |

Appare quindi naturale pensare al secondo termine come a una media su sfere di raggio opportuno della funzione g . Precisamente se poniamo 1 f (x t ) d ( ), Mt (g )(x) = 4 S 2
| |t) allora t Mt (g )( ) = g ( ) sin(2 . 2 | |

9.8. Dirazione. In questa sezione vediamo come la trasformata di Fourier compaia nello studio della dirazione, non come metodo per la risoluzione del problema, ma nellapprossimazione del risultato. Il problema ` e quello di un raggio di luce polarizzata monocromatica, come quella emessa da un laser, (ovvero vi ` e una sola lunghezza donda e londa si propaga in una sola direzione, quindi il campo generato ` e uno scalare) che attraversa una fenditura. Stiamo supponendo che il campo elettrico nel punto P dello spazio e al tempo t sia del tipo E (P, t) = E0 (P ) ei(P ) e2ict/ .
2 Il campo elettrico soddisfa lequazione delle onde onde E 1/c2 t E = 0. Siccome ` e nota la dipendenza dal tempo, poniamo

u(P ) = E0 (P ) ei(P ) . Lequazione delle onde diventa ( + k 2 )u = 0 equazione di Helmholtz dove k = 2/ ` e il numero donda (ed ` e un numero molto grande, dellordine di 106 , perch e 6 6 4 10 m per il violetto e 7 10 m per il rosso). Note sono le condizioni al contorno, ovvero ` e noto il campo elettrico su una supercie che circonda un punto P0 , dove desideriamo calcolare il campo elettrico. Nel seguito, con P1 indichiamo un punto sulla supercie dove ` e noto il campo elettrico. Per il teorema di GaussGreen
intS

(G u u G) dV =

(G n u u n G) ds

dove n ` e la normale esterna alla supercie S . Una funzione che ` e singolare in P0 , ma soddisfa lequazione di Helmholtz e si determina facilmente perch e radiale attorno a P0 , ` e G( P ) = eikdist(P0 ,P ) . dist(P0 , P )

1.9 Applicazioni

57

Questa funzione rappresenta unonda sferica con sorgente in P0 . Usiamo la funzione G escludendo nella formula precedente una piccola sferetta attorno a P0 . Poniamo quindi V = intS \ {P : dist(P0 , P ) < } e la formula di Green per questa scelta del dominio e della funzione di Green G diventa:
V

(G u u G) dV =

S + S

(G n u u n G) ds.
V

Daltra parte, siccome sia G sia u soddisfano lequazione di Helmholtz, 0, da cui


S + S

(G uu G) dV =

(G n u u n G) ds = 0.

Siccome u e le sue derivate sono continue in P0 , si pu` o dimostrare che lintegrale sulla sferetta piccola per 0 tende a 4 u(P0 ), quindi (1.5) u (P0 ) = 1 4
S

(G n u u n G) ds.

Infatti, siccome G ` e radiale, il suo valore sulla sferetta ` e costante e quindi G n u ds 1 n u


| S |

= C 0.

1 Inoltre la derivata normale di G ` e la derivata rispetto al raggio, quindi n G(P ) = eik ik 2 quando P ` e sulla sferetta S . Quindi per convergenza dominata quando 0,

n G u ds =
S S2

eik

ik 1 u(P0 + ) 2 d ( ) 2 u(P0 + ) d ( )
S2

= eik (ik 1) 4u(P0 ),


0

e la (1.5) segue. Nei casi sici interessanti, possiamo pensare alla supercie S come a una parete verticale dove si presenta una fenditura + una coppa sferica grande. Nelle condizioni di radiazione di Sommerfeld (che sono spesso vericate) si richiede che n u iku decada pi` u rapidamente di 1/dist(P0 , P1 ), cio` e fenditura n u(P1 ) iku(P1 ) = S (P1 ) dist(P0 , P1 )

P0

dove limP1 (P1 ) = 0, uniformemente rispetto a P1 .

58

Capitolo 1

Si ricordi che sulla coppa sferica la derivata normale di G ` e circa ik G, cosicch e nella formula (1.5) rimane solo da valutare il valore sulla parte di S che contiene la fenditura, perch e
coppa raggio R

(G n u u n G) ds

1 R 1 2 R
S2

coppa

|n u iku| ds || ds

coppa

|(P0 + R )| d ( )

e lultimo integrale converge a zero per convergenza dominata. Sicch e se S1 indica il piano che contiene la fenditura 1 u (P0 ) = (G n u u n G) ds. 4 S1 Possiamo ripetere lo stesso discorso a partire dalla funzione di Green uguale alla somma di quella precedente con quella generata dallonda sferica generata nel punto immagine P0 di P0 rispetto alla supercie S1 e sfasata di , ossia scegliamo eikdist(P0 ,P ) eikdist(P0 ,P ) . G( P ) = dist(P0 , P ) dist(P0 ,P) Il vantaggio ` e che nei punti della supercie S1 (dove c` e la fenditura) questa funzione G di Green ` e nulla. Quindi 1 u (P0 ) = u n G ds. 4 S1

P1 P0

n
P0

S1

Ora calcoliamo n G, derivando ripetto alla distanza e poi proiettando sulla normale. Otte niamo che nei punti P1 della supercie cos(n, (P1 P0 )) = cos(n, (P1 P0 )), quindi n G(P1 ) = 2 cos(n, (P1 P0 )) ik
1 dist(P0 ,P1 ) eikdist(P0 ,P1 ) . dist(P0 ,P1 )

Se dist(P0 , P1 ) ` e molto maggiore della lunghezza donda (nella pratica questa condizione ` e sempre vericata, infatti k = 2/ e le lunghezze donda visibili sono dellordine 0.4 0.7

1.9 Applicazioni

59

106 m), allora 1/dist(P0 , P1 ) ` e trascurabile rispetto a ik e quindi otteniamo u (P0 ) = 1 i u (P1 )
R2

eikdist(P0 ,P1 ) cos(n, (P1 P0 )) dP1 dist(P0 , P1 )

dove S1 R2 e il campo u ` e non nullo solo sulla fenditura. Questa formula mostra che leetto della dirazione ` e una sovrapposizione di onde sferiche. Una ulteriore approssimazione (e qui nalmente compare la trasformata di Fourier) ` e quella dovuta a Fraunhofer, nellipotesi in cui guardiamo leetto molto lontani dalla fenditura. Modellizzando la situazione, possiamo pensare di avere due piani paralleli, uno contenente la fenditura (e quindi il punto P1 di coordinate (x1 , y1 )) e laltro contenente il punto P0 di coordinate (x0 , y0 ) in cui facciamo le osservazioni; i due piani distino fra loro di z . La fenditura ` e posta in una regione centrata attorno allasse z . Supponiamo che z sia molto maggiore delle dimensioni lineari della fenditura e inoltre le nostre osservazioni avvengano in una zona anchessa di dimensioni molto minori di z (numericamente per unapertura dellordine di 103 104 m bisogna guardare a distanza di almeno 1 2m). Si ha dist(P0 , P1 ) = =z z 2 + (x1 x0 )2 + (y1 y0 )2 1+ 1 2 x0 x1 z
2

1 2

y0 y1 z

+ o(z 2 )

= z + o(z ) e cos(n, (P1 P0 )) = z dist(P0 , P1 ) = 1 + o(1).

Queste approssimazioni sono corrette, nel senso che trascuriamo termini dellordine di 108 , ma si presti attenzione al termine k dist(P0 , P1 ) = 2/ dist(P0 , P1 ): esso contiene che stiamo supponendo piccolo rispetto a z ; per ottenere unapprossimazione pi` u corretta, occorre sviluppare di un ordine pi` u alto il termine di fase (il termine che aggiungiamo ` e dellordine 2 di 10 : 1 1 dist(P0 , P1 ) z 1 + ((x0 x1 )/z )2 + ((y0 y1 )/z )2 . 2 2 In questo modo si ottiene u (P0 ) = eikz iz u(P1 ) e2i[ 2 ((x0 x1 )
1 2 /2z + 1 ((y y ))2 /2z 0 1 2

] dx dy 1 1

R2

60

Capitolo 1

eikz 2i(x2 2 0 +y0 )/2z u(P1) e2i(fx x1 +fy y1 ) dx1 dy1 . e iz R2 Lapprossimazione di Fraunhofer consiste quindi nel supporre che avvenga sostanzialmente un inviluppo di onde piane (non pi` u di onde sferiche) qualora si guardi il risultato a distanza grande rispetto alle dimensioni della fenditura. I numeri fx = x0 /z e fy = y0 /z sono dette frequenze spaziali. u (P0 ) =

Sviluppiamo i quadrati e usiamo lapprossimazione di Fraunhofer con distanza z molto mag2 giore di k per lampiezza della fenditura, ossia k max{x2 1 + y1 }/2z 1; otteniamo la formula

Realizzate, con lausilio di MatLab , cosa si ottiene come campo diratto pensando a una fenditura come un piccolo rettangolo, due rettangoli (vicini), variate la lunghezza donda. Le fenditure vanno sempre centrate nellorigine degli assi (ad esempio, i due rettangoli vanno posti coi centri in punti del tipo (x, 0) e (x, 0), in modo che lorigine sia al centro della gura). Il seguente esempio tratta il caso di un rettangolo. lambda=.00007; % lunghezza onda rosso in centimetri % lambda=0.0000005; % lunghezza onda verde in metri a=0.02; % (dimensioni della fenditura in cm --RETTANGOLO) b=0.04; M=50; % (dimensione dello schermo in cm) x=-M:.1:M; y=-M:.1:M; [xx,yy]=meshgrid(x,y); % poniamo lo schermo a distanza z=2 metri z=200; % supponiamo che lintensita del raggio sia costante sulla fenditura % quindi la omettiamo; calcoliamo la tdF della caratteristica del rettangolo % di cui interessa lintensita quindi il modulo quadrato EE xxa=((pi*a).*xx)./(lambda*z); yyb=((pi*b).*yy)./(lambda*z); g=abs(sinc(xxa)); h=abs(sinc(yyb)); EE=(g.^2).*(h.^2)*b^2*a^2/(lambda^2*z^2); EE=10000000.*EE; % va ingrandito, ci sono costanti che abbiamo omesso. j=0:0.01:1; R=j; G=(j.*0); B=G; mhot=[R G B]; figure(1), imshow(EE(100:400,100:400)), colormap(mhot) Loutput del programma ` e la gura 1.18 che mostra quello che un osservatore vede sullo schermo:

1.10 Esercizi

61

Figura 1.18. Frange di dirazione

10. Esercizi 1.10.1. Completare i dettagli dellesempio 1.2. 1.10.2. Sia A ` e una matrice d d. Vericare che per ogni f di classe C 2 (f A)(x) =
t

bj,k j k f (Ax)
j,k

dove (bj,k ) ` e la matrice A A. Dedurne che il laplaciano commuta con lazione delle rotazioni, ossia che per ogni f di classe C 2 e per ogni rotazione R, R(f ) = (Rf ). 1.10.3. Si valuti la misura della sfera S d1 in Rd . ` vero il Teorema 1.7 anche per L ? 1.10.4. E 1.10.5. Si verichi che le funzioni lisce a supporto compatto sono dense in Lp , 1 p < . 1.10.6. Vericare che se f ` e in Lp0 Lp1 , allora f ` e in Lp dove t f p f 1 f t p0 p1 .
1 p

1t p0

t p1

e inoltre

1.10.7. Calcolare la Trasformata di Fourier della convoluzione di due funzioni. 1.10.8. (Trasformata di Fourier di funzioni radiali in R2 ) La funzione di Bessel di ordine n in Z ` e denita come lennesimo coeciente di Fourier della funzione eit sin , ovvero 2 1 eit sin ein d, Jn (t) = 2 0 Vericare che F0 () = 2 J0 (2r) f0 (r ) r dr
0

62

Capitolo 1

1.10.9. Si verichino le seguenti propriet` a delle funzioni di Bessel: a) Jn () ` e reale per reale; b) Jn = (1)n Jn ; c) 2Jn = Jn1 Jn+1 ; 2n d) Jn () = Jn1 () + Jn+1 (); e) (n Jn ()) = n Jn+1 (); f) (n Jn ()) = n Jn1 (); g) la funzione Jn soddisfa lequa di

n2 1 () + 1 2 Jn () + Jn 1.10.10. Sia n reale, n > 1/2 e poniamo (1.6) Jn () = (/2)n (n + 1/2)


1 1

Jn () = 0.

eit (1 t2 )n(1/2) dt.

a) Vericare che J0 = J0 ; b) vericare che Jn = Jn quando n ` e naturale, usando la formula ricorsiva e) dellesercizio precedente. Ne segue che la (1.6) costituisce unestensione a parametri n non interi delle funzioni di Bessel Jn . Nel seguito non distinguiamo pi` u tra J e J . 2 c) vericare che J1/2 () = sin ; d) provare che
n1/2

lim Jn () =

2 cos .

e) Sia f integrabile e radiale, ovvero f (x) = f0 (|x|), e sia F0 la funzione di variabile ( ) = F0 (| |). Notare che reale denita da f F0 () = 2(d/2)+1
0

J(d/2)1 (2r) f0(r ) r d/2 dr

nei casi d = 1, 2, 3 dove si prenda J1/2 () = limn1/2 Jn (); f) vericare che la relazione precedente ` e valida in ogni dimensione. Nota: le funzioni di Bessel che compaiono nella trasformata di Fourier di funzioni radiali sono funzioni elementari per d dispari, ma non d pari. ` un principio che permette di scrivere espressioni 1.10.11. Il principio di subordinazione. E 2 che contengono ex in termini di corrispondenti espressioni che coinvolgono e|x| . a) Provare che per ogni 0 e =
0

eu 2 e /4u du u

usando la trasformata di Fourier unidimensionale con = 2 |x|.

1.10 Esercizi

63

t , dove per t > 0 Pt : Rd R ` b) calcolare P e def da Pt (x) = e2t|x| , ovvero che per una opportuna costante che dipende dalla dimensione t t ( ) = const P Rd . 2 (t + | |2)(d+1)/2 1.10.12. Provare che se f ` e di Schwartz su R e R f (y ) ey e2xy dy = 0 per ogni x in R, 2 allora f = 0 (suggerimento: si consideri f ex ). = cf per una opportuna f = 0. Quanto pu` 1.10.13. Sia c un numero complesso tale che f o valere c? (Si veda anche il prossimo esercizio.) 1.10.14. Le funzioni di Hermite hk sono denite su R mediante (1.7) e(x a) mostrare che d k x 2 e , x R, k = 0 , 1 , . . . . dxk 2 Dedurne che hk (x) ` e il prodotto di un polinomio di grado k in x per ex /2 , quindi hk ` e di Schwartz. b) Calcolare h0 , h1 . 1/2 c) Mostrare che h x) soddisfa k (x) = hk ((2 ) hk (x) = (1)k ex
2 /2 2 /22tx+t2 ) 2

k =0

hk (x)

tk k!

x, t R.

(vericare per induzione, dato che hk soddisfa hk xhk = hk+1 ) d2 2 d) Mostrare che le hk sono autofunzioni delloperatore (di Hermite) L = dx 2 +x con autovalore 2k + 1 (si proceda in questo modo: provare che L(e(x
2 /22tx+t2 )

k h k ( ) = (i) hk ( ).

)=

2t

d 2 2 + 1 e(x /22tx+t ) dt

e poi usando la (1.7) ragionare termine a termine). e) Usare questo fatto per provare che {hk : k N} ` e parte ortogonale (integrando per parti, si provi che (2k + 1) hk , h
+ k =0 L2

= Lhk , h

L2

= hk , Lh

L2

. . .)
+ k =0

f) Usare ancora la (1.7) e lortogonalit` a delle hk per provare che t2k |hk (x)| dx = (k !)2 R
2

e
R

2t2 (x2t)2

dx = e

2t2

1/2

1/2

(2t2 )k . k!

1/2 k Comparando i termini, ricavare hk 2 2 k !. 2 = g) Mostrare che se f S (R) e f, hn L2 = 0 per ogni n allora f = 0 (usare lesercizio 12). Sapendo che Cc ( R) ` e denso in L2 (R), concludere che {Hn : n N} ` e una base ortonormale di L2 (R), dove Hn = hn / hn 2 . h) Per il caso d-dimensionale, notare che si possono considerare prodotti tensoriali di funzioni di Hermite.

64

Capitolo 1

1.10.15. Vericare che la diseguaglianza di Heisenberg ` e precisa. Come si deve modicare la diseguaglianza quando la norma di f non ` e 1? 1.10.16. Si dice che una funzione di Schwartz f su Rd ha massa in una palla I se
I

|x|2 |f (x)|2 dx

1 2

Rd

|x|2 |f (x)|2 dx

con massa in J . Cosa possiamo dire delle misure Si supponga f con massa in I e f di I e J ? 1.10.17. Si scriva un programma il cui output sia il risultato della dirazione di un raggio attraverso una doppia fenditura; si faccia variare la lunghezza donda. Implementare anche il caso della fenditura circolare. (Dentro MatLab , il comando besselj(n,x) calcola il valore della funzione di Bessel Jn (x). )

CAPITOLO 2

Armoniche sferiche
In R il gruppo delle rotazioni ` e piccolo e d` a luogo alla decomposizione L2 (R) = L2 (R)even L2 (R)odd in somma diretta ortogonale. Inoltre la trasformata di Fourier porta ciascun spazio in s e e ha una forma abbastanza semplice: anzich e lesponenziale, per le funzioni pari si usa il coseno, per quelle dispari il seno. Cosa pu` o succedere in dimensione maggiore? Il gruppo delle rotazioni ` e molto pi` u grande, ma ` e ancora vero che se f ` e invariante per rotazioni, anche la sua trasformata lo ` e. Questo d` a 2 d luogo al seguente risultato: sia D0 il sottospazio (chiuso) delle funzioni radiali in L (R ); la trasformata di Fourier ` e una biiezione dello spazio D0 e preserva la decomposizione L2 (Rd ) = D0 D0 .
Tuttavia, ` e possibile decomporre ulteriormente D0 in sottospazi invarianti sia per lazione delle rotazioni sia per lazione della trasformata di Fourier.

Iniziamo osservando pi` u in dettaglio il caso di R2 , che, grazie allidenticazione con il piano complesso e alla teoria delle serie di Fourier, ` e di pi` u semplice comprensione.

1. Il caso di R2 Ricordiamo che nellidenticazione di R2 col piano complesso c : R2 C data da c(x, y ) = cos sin x + iy , una rotazione propria descritta dalla matrice R = diventa la moltisin cos plicazone per ei . In formule c cos sin sin cos x y = ei (x + iy ) R (x, y ) = c1 (ei c(x, y )).

Inoltre i punti della sfera S 1 = {(x, y ) R2 : x2 + y 2 = 1} si identicano (sempre tramite c) con i numeri complessi U(1) di modulo 1, che formano un gruppo rispetto alla moltiplicazione. La sfera unitaria U(1) del piano complesso pu` o essere descritta tramite la mappa R i e U(1). Pi` u precisamente questa mappa ` e un omomorsmo surgettivo del gruppo additivo R nel gruppo moltiplicativo U(1) con nucleo 2 Z. Quindi S 1 U(1) R/2 Z [0, 2 ).

66

Capitolo 2

Nel seguito talvolta omettiamo queste identicazioni. Una funzione g denita sulla sfera S 1 d` a luogo quindi a una funzione di variabile reale f periodica di periodo 2 : basta denire la funzione f mediante f () = g c1 (ei ) per ogni reale. Ricordiamo brevemente due risultati importanti sulle serie di Fourier. Sia f una funzione di variabile reale, periodica di periodo 2 e di quadrato integrabile sullintervallo [0, 2 ). Il k -esimo coeciente di Fourier di f ` e denito da (k ) = 1 f 2 Vale la formula di Parseval 2 1 |f (t)|2 dt = 2 0
K K 2

f (t) eikt dt.


0

e la formula di inversione, dove il limite si intende in norma L2 ([0, 2 )): lim (k )eik = f () f
K

k Z

(k )|2 |f

f L2 ([0, 2 ))

f L2 ([0, 2 )).

Sia ora f in L2 (R2 ). A r ssato consideriamo la funzione fr denita da Ovviamente la funzione fr ` e periodica di periodo 2 . Siccome f ` e in L2 (R2 ), dal Teorema di FubiniTonelli possiamo dedurre che per quasi ogni r la funzione fr ` e una funzione a quadrato integrabile su [0, 2 ). Infatti ` e nito lintegrale
R2

fr () = f c1 (rei )

R.

|f (x, y )| dx dy =

0 0

|fr ()|2 d r dr

e quindi per quasi ogni r deve essere nito lintegrale interno. Quindi per quasi ogni r ssato, fr si pu` o espandere in serie di Fourier con serie convergente 2 in L ([0, 2 )) ik f . fr () = f c1 (rei ) = r (k ) e
k Z

Proposizione 2.1. Sia f in L2 (R2 ). Per ogni k in Z lintegrale

2 |f e nito. r (k )| r dr `

Dimostrazione. Basta osservare che per la formula di Parseval si ha


k 0 2 |f r (k )| r dr = 0 k 2 |f r (k )| r dr = 0

1 2

2 0

|f c1 (rei )|2 d r dr =

1 f 2

2 2,

dove lo scambio tra serie e integrale pu` o essere giusticato con il Teorema di FubiniTonelli oppure con il Teorema di convergenza monotona di Beppo Levi. Ovviamente, se la somma di una serie a termini non negativi ` e nita, allora ogni termine ` e nito.

2.1 Il caso di R2

67

Definizione 2.1. Denotiamo con Dk il sottospazio di L2 (R2 ) delle funzioni g della forma g c1 (rei ) = f (r )eik , per qualche funzione misurabile f su [0, ) e tale che 0 |f (r )|2 r dr sia nito. Proposizione 2.2. Dk ` e un sottospazio chiuso di L2 (R2 ). Dimostrazione. Si noti che se g ` e in Dk e f ` e associata a g come nella denizione g
2 2

=
0

|f (r )|2 r dr.

` facile vericare che Dk ` E e un sottospazio. Dimostriamo che Dk ` e chiuso: se (gn ) ` e una 2 successione di elementi di Dk convergente a g in L , allora ` e di Cauchy. Inoltre esistono delle funzioni fn tali che gn c1 (rei ) = fn (r ) eik per ogni r 0 e per ogni in R. Possiamo dedurre che la successione (fn ) ` e di Cauchy in L2 (r dr ), che ` e uno spazio completo. Quindi 2 esiste f in L (r dr ) tale che fn f L2 (rdr) 0.
n

Deniamo allora una funzione h mediante ` facile vericare che h ` E e in Dk , che gn h in L2 (R2 ) e quindi che g = h Dk .
n

h c1 (rei ) = f (r )eik

r 0, R.

Il sottospazio Dk ` e ovviamente ortogonale a D0 se k = 0 e ` e formato da funzioni che hanno un facile comportamento rispetto alle rotazioni proprie di R2 . Proposizione 2.3. Se g ` e in Dk e R ` e la rotazione di angolo , allora R g Dk e R g = eik g. Viceversa, se g ` e in L2 (R2 ) e R g = eik g per ogni rotazione R , allora g ` e in Dk . Dimostrazione. Ricordiamo che per ogni funzione g abbiamo denito R g = g R e che R (c1 (z )) = c1 (ei z ) per ogni z in C. Se g ` e una funzione in Dk , allora

[(R g ) c1 ](rei ) = g (R (c1 (rei ))) = g c1 (rei() ) = f (r ) eik() = [g c1 ](rei ) eik . Questo ci dice anche che R g ` e in Dk per ogni rotazione R . Il viceversa ` e banale. La formula appena trovata ci permetter` a di dire qualcosa sulla trasformata di una tale 2 2 funzione. Ora mostriamo che L (R ) si descrive tramite gli spazi Dk . Teorema 2.4. L2 (R2 ) = k Dk , somma diretta ortogonale di sottospazi chiusi.

68

Capitolo 2

Dimostrazione. Abbiamo gi` a vericato che gli spazi Dk sono chiusi e ` e facile vericarne lortogonalit` a. Rimane da vericare che la loro somma diretta ` e L2 (R2 ), ovvero che se f ` e in L2 (R2 ), allora esistono funzioni gk in Dk tali che f = kZ gk con serie convergente in L2 (R2 ). Fissiamo quindi f in L2 (R2 ). Allora, come gi` a detto possiamo scrivere fr () = f c1 (rei ) = dove la serie converge in L2 ([0, 2 )).
ik Poniamo allora gk c1 (z ) = f , dove fk (r ) = f r (k ) e r (k ). ik f r (k ) e k Z

` facile controllare che gk ` E e in Dk , perch e Proposizione 2.1. Inne siccome


N N

|fk (r )|2 r dr ` e nito, come gi` a visto nella


N N ik f ) r (k )e N N ik f d r dr = 0 r (k )e

gk ,
N 2 2 N

gk =
0

(f c(re ) +
2 N N

otteniamo f
N

= f
N N

N N

gk

2 2

gk

2 2 N N

da cui gk
2 2

lim

gk

2 2

= limN f

= f

2 2

limN

N N

gk

2 2

= 0.

Infatti, usando nellordine il Teorema di Pitagora, la denizione delle funzioni gk , la convergenza monotona e la formula di Parseval
N 2 N N

gk
N 2

=
N N

gk 2 2
0

=
N 0

2 |f r (k )| d r dr N 0 N 2 |f r (k )| r dr

=
N N

2 2 | f r (k )| r dr = 2 0 k Z 2 0 2 |f r (k )| r dr

2 = 2
0

1 2

|fr ()|2 d r dr = f

2 2.

Inne scopriamo quale ` e la trasformata di funzioni in Dk . Teorema 2.5. La trasformata di Fourier ` e una bigezione di Dk in s e. Inoltre, se g ` e in 1 1 i ik 1 i ik Dk L ` e della forma g c (re ) = f (r ) e allora g c (e ) = F () e dove F () = 2ik
0

f (r )Jk (2r ) r dr.

2.1 Il caso di R2

69

Dimostrazione. Usando la formula della Proposizione 2.3 ` e facile vedere che la trasformata di Fourier ` e una bigezione di Dk in s e. Infatti, sia g in Dk L1 ; siccome la trasformata di Fourier commuta con le rotazioni otteniamo che per = c1 ( ei ), g ( ) = g c1 ( ei ) = (R g ) c1 () = R g c1 () = eik g c1 (). Questo ci permette di concludere che anche g ` e in Dk . Per densit` a si ottiene che la trasformata di Fourier porta Dk in s e. Per vedere la surgettivit` a, si pu` o notare che F 1 f ( ) = F f ( ), quindi se g ` e in Dk allora k = g. g ( ) = (1) g lo ` e ancora. Poniamo quindi f ( ) = F g ( ). Allora f ` e in Dk e f Si supponga inne la funzione g anche integrabile. Ricordiamo che Jn (t) = 1 2
2

eit sin ein d


0

= Jn (t)
2 1 eit sin ein d 2 0 2 1 eit sin(+/2) ein(+/2) d = 2 0 in 2 it cos in = e e d, 2 0 quindi si arriva banalmente alla formula scrivendo

F (R ) = g c1 (Rei0 ) = =
0 2

0 0

e2ire

i Rei0

f (r ) eik d r dr

f (r )
0 0

eik e2irR cos d r dr f (r ) ik 2


2

= 2 (i)k = 2 (i) = 2i perch e Jk = (1)k Jk .


k 0 k

eik e2irR cos d r dr


0

f (r )Jk (2rR) r dr

f (r )Jk (2rR) r dr

Osservazione 2.6. In questa sezione ci siamo limitati a considerare rotazioni proprie. Se anzich e rotazioni proprie considerassimo tutte le rotazioni (anzich e SO (2) considerassimo O (2)), allora il risultato sarebbe diverso. Infatti, una particolare rotazione impropria ` e quella che nel piano complesso diventa il coniugio e lo spazio Dk non ` e invariante per lazione del coniugio (possiamo dire che se U ` e la rotazione corrispondente al coniugio e g ` e in Dk , allora Rg ` e in Dk ). Nella decomposizione in sottospazi invarianti si dovrebbe tener conto del fatto che se f (rei ) = fk (r )eik allora deve essere f (rei ) = f (rei ), ovvero fk (r ) = fk (r ).

70

Capitolo 2

2. Il caso di Rd Cerchiamo di capire quali funzioni possano svolgere il ruolo degli esponenziali eik nel caso di sfere di dimensione maggiore. Analizziamo quindi ancora il caso di S 1 , partendo da una funzione a quadrato integrabile in S 1 . Una tale funzione f ha uno sviluppo del tipo f c ( e ) = c0 +
1 i k =1

ck eik + ck eik .

Se supponiamo che inoltre f sia reale, allora ck = ck e quindi abbiamo che f si approssima mediante sovrapposizione di funzioni del tipo Y (k) dove Y (k) c1 (ei ) = ck eik + c k eik . Se f non fosse reale, si ragioni separatamente sulla parte reale e su quella immaginaria. Proposizione 2.7. Y (k) ` e la restrizione alla sfera unitaria di un polinomio reale armonico omogeneo di grado k . Dimostrazione. Si noti che Y (k) c1 (ei ) = 2Re(qk (ei )) dove qk (z ) = ck z k . Ora qk ` e un polinomio, quindi ` e una funzione olomorfa; la sua parte reale sar` a quindi un polinomio armonico e reale. Dal fatto che qk ` e omogeneo di grado k segue che anche la sua parte reale lo ` e. Viceversa: Proposizione 2.8. La restrizione alla sfera unitaria di un polinomio reale armonico omogeneo di grado k ` e del tipo Y (k) . Dimostrazione. Un polinomio p su R2 omogeneo di grado k ` e del tipo
k

p c 1 ( z ) =

cj z j z kj .
j =0

1 Il polinomio ` e armonico se cj = 0 con j = 0, k , perch e p = (4z z (p c )) c. Quindi 1 k k p c ( z ) = ck z + c0 z . Inne p ` e reale quando c0 = ck .

Nelle prossime sezioni vediamo che eettivamente il ruolo delle funzioni esponenziali sul toro pu` o essere svolto dai polinomi armonici e omogenei. 2.1. Polinomi omogenei e armoniche sferiche. Indichiamo con P lo spazio dei polinomi su Rd a coecienti complessi e con Pk il sottospazio formato dai polinomi omogenei di grado k . Allora P = k =0 Pk ,

ovvero ogni polinomio ` e somma di polinomi omogenei di grado k .

2.2 Il caso di Rd

71

Questa ` e una buona decomposizione se pensiamo allazione delle rotazioni, perch e Rp Pk se p Pk , per` o non ` e soddisfacente come decomposizione a livello della sfera (ad esempio i polinomi 1 e |x|2 sono distinti, tuttavia sulla sfera sono uguali 1 = |x|2 ). Studiamo inizialmente pi` u in dettaglio i polinomi di grado k ssato. Una base di Pk ` e costituita dai monomi, x con || = k . Quanti sono? Proposizione 2.9. Lo spazio Pk ha dimensione dk =
d+k 1 k

Dimostrazione. Dobbiamo trovare la cardinalit` a di Nd : || = k . Per far questo mettiamo tale insieme in corrispondenza biunivoca con le disposizioni di d 1 palline in k + d 1 scatole (ordinate). Questa corrispondenza si descrive nel seguente modo: dato (1 , . . . , d ) tale che j = k , lasciamo vuote le prime 1 scatole e mettiamo la prima pallina nella 1 + 1-esima scatola; lasciamo vuote altre 2 scatole e mettiamo la seconda pallina nella scatola successiva, eccetera; procedendo in questo modo, dopo aver messo la d 1-esima pallina nella scatola opportuna, le scatole successive saranno esattamente d . Infatti il numero totale delle scatole ` e k + d 1, ne abbiamo riempite d 1 con le palline e lasciate libere 1 + 2 + + d1 = k d . Viceversa, data una disposizione di d 1 palline in k + d 1 scatole, possiamo costruire una sequenza (1 , . . . , d ) ottenuta contando le scatole vuote tra una pallina e laltra. Siccome le scatole sono k + d 1 e le palline sono d 1, le scatole rimaste vuote sono 1 + + d = k + d 1 (d 1) = k . Deniamo ora un prodotto interno sullo spazio dei polinomi ponendo p, q = p( ) q (0) p, q P .

Per esercizio si verichi che se x e x sono monomi, allora il loro prodotto interno ` e , !. Da questo si ricavi che la formula indicata fornisce un prodotto scalare. Si noti anche che se i polinomi sono omogenei dello stesso grado, allora p, q = p( ) q. Definizione 2.2. Denotiamo con Ak lo spazio dei polinomi armonici di Pk . In formule Ak = {p Pk : p = 0} . Teorema 2.10. Sia k 2. Allora Pk = Ak |x|2 Pk2 e la somma diretta ` e ortogonale rispetto al prodotto interno ssato. Dimostrazione. Si consideri loperatore T : Pk2 Pk denito da T p = |x|2 p. Si ha che Pk = Im(T ) Im(T ) somma diretta ortogonale. Inoltre Im(T ) = ker(T ). Si verica banalmente che T q = q , ovvero ker(T ) = Ak .

72

Capitolo 2

Corollario 2.11. Se p ` e un polinomio in Pk allora dove pj ` e armonico di grado k 2j e = [k/2].

p(x) = p0 (x) + |x|2 p1 (x) + |x|2 p (x)

Dimostrazione. La tesi ` e ovvia se k = 0, 1 perch e i polinomi di grado minore o uguale a 1 sono armonici. Quando k 2, si applica il Teorema precedente pi` u volte e si ottiene la decomposizione richiesta. Corollario 2.12. La restrizione di ogni polinomio alla sfera ` e somma di restrizioni di polinomi armonici. Definizione 2.3. Si dice armonica sferica di grado k la restrizione alla sfera di un polinomio armonico e omogeneo di grado k . Indichiamo con Hk lo spazio delle armoniche sferiche di grado k . Proposizione 2.13. Gli spazi Hk e Ak sono isomor e quindi hanno la stessa dimensione ak = dk dk2 . Dimostrazione. Consideriamo la mappa S : Ak Hk data dalla restrizione di un polinomio alla sfera. S ` e lineare. Per denizione di Hk , S ` e surgettiva. Verichiamo che S ` e iniettiva, utilizzando lomogeneit` a dei polinomi: prendiamo p nel nucleo di S , quindi p ` e un polinomio in Ak la cui restrizione alla sfera ` e nulla (ovvero Sp = 0). Questo signica che per ogni x in S d1 si ha p(x ) = (Sp)(x ) = 0 e, per lomogeneit` a di p, se x Rd \ {0}, allora p(x) = |x|k p(x/|x|) = |x|k (Sp)(x/|x|) = 0. Quindi p(0) = 0 per continuit` a e il nucleo di S ` e banale. La dimensione si ricava dal fatto che Pk = Ak |x|2 Pk2 , quindi

dk = dimPk = dimAk + dim|x|2 Pk2 = ak + dk2 .

La proposizione precedente giustica la seguente terminologia. Una armonica sferica in un certo Hk viene anche detta superciale e Ak si chiama spazio delle armoniche sferiche solide. Esempio 2.14. In ogni dimensione, H0 = A0 = P0 ` e costituito dai polinomi costanti e ha dimensione 1. H1 A1 = P1 ` e generato dai monomi di grado 1 e quindi ha dimensione d. Quando d = 2, allora ak = 2 per ogni k 1. Infatti, come abbiamo visto, Ak c = sp z k , z k e Hk c = sp eik , eik . Quando d = 3, allora ak = 2k + 1 per ogni k 1. In generale, ak cresce al crescere di k . Teorema 2.15. Lo spazio delle combinazioni lineari nite di armoniche sferiche ` e uniforme2 d1 mente denso nelle funzioni continue sulla sfera e quindi denso in L (S ). Dimostrazione. Bisognerebbe conoscere il seguente risultato:

2.2 Il caso di Rd

73

Teorema 2.16 (StoneWeierstrass). Sia X uno spazio T2 e compatto e sia A unalgebra di funzioni continue chiusa per coniugazione, che contiene le costanti e separa i punti (cio` e se x, y X allora esiste f tale che f (x) = f (y )). Allora A ` e (uniformemente) densa in C (X ). Noto questo, lo spazio delle combinazioni lineari nite di armoniche sferiche coincide con lo spazio delle restrizioni alla sfera dei polinomi in d variabili. Lo spazio dei polinomi in d variabili P ` e unalgebra di funzioni continue chiusa per coniugazione, che contiene le costanti e separa i punti della sfera, perch e se x = y sono sulla sfera, esiste j tale che xj = yj e si prenda quindi p(x) = xj separa x e y . Allora P ` e denso in C (S d1 ) rispetto alla norma 2 d1 . La densit` a in L (S ) segue dalla densit` a delle funzioni continue e dal fatto che lo spazio ` e compatto. Teorema 2.17. L2 (S d1 ) = k =0 Hk , somma diretta ortogonale di sottospazi chiusi rispetto 2 d1 al prodotto interno di L (S ). Dimostrazione. Siccome Hk ha dimensione nita, ` e chiuso. Abbiamo gi` a mostrato che le combinazioni lineari nite di elementi di Hk sono dense. Dobbiamo ancora vericare lortogonalit` a: siano Yk unarmonica in Hk e Y in H . Allora esistono pk in Ak e p in A loro corrispondenti armoniche solide, ovvero Spk = Yk e Sp = Y . Si ha pk (rx) = r k pk (x), quindi x pk (rx) = r pk (rx) = kr k1 pk (x). In particolare, per r = 1, luguaglianza precedente implica che n Yk = kYk dove n ` e la derivata nella direzione normale uscente dalla sfera unitaria. Quindi, usando il Teorema di GaussGreen, ( k )
S d 1

Yk (x ) Y (x ) d (x ) = =

S d 1

Yk (x ) n Y (x ) Y (x )n Yk (x ) d (x ) pk (x) p (x) p (x)pk (x) dx

B (0,1)

=0 Quindi se = k allora le due armoniche sono ortogonali. La decomposizione che abbiamo trovato ` e interessante per lazione delle rotazioni: Proposizione 2.18. Gli spazi Hk sono O (d)invarianti Dimostrazione. Basta dimostrarlo per gli spazi Ak delle armoniche solide e questo segue dal fatto che il laplaciano commuta con le rotazioni (Si veda lesercizio del Capitolo 1.10.2).

74

Capitolo 2

Ciascuno degli spazi Hk ha dimensione nita ak . Possiamo quindi derterminarne una base ortonormale. Manteniamo un indice tra parentesi in alto per indicare il grado di omogeneit` a; gli (eventuali) indici in basso indicano gli elementi della base. Per ogni k , prendiamo Y1 , . . . , Yak una base ortonormale di Hk e ricaviamo una base ortonormale di L2 (S d1 ), data dallunione di queste basi. Si verichi per esercizio che (k ) (k ) e una base ortonormale di L2 (S d1 ). k =0 {Y1 , . . . , Yak } eettivamente ` 2.2. Armoniche sferiche zonali. A questo punto sappiamo che se f ` e in L2 (S d1 ) allora esiste ununica rappresentazione f = k=0 Y (k) dove Y (k) ` e in Hk e pi` u precisamente (k ) (k ) ak (k ) u di questa decomposizione. Y = j =1 f, Yj Yj . Vorremmo ora sapere qualcosa in pi` Fissata una base ortonormale, allora il proiettore ortogonale k di L2 (S d1 ) su Hk ` e dato da
ak ak (k ) (k )

k f ( ) =
j =1

f, Yj Yj ( ) =

(
S d1 j =1

Yj ( ) Yj ( ))f ( )d ( )

f L2 (S d1 ), S d1 ,

dove, siccome pensiamo k ssato, sopprimiamo (k ) in alto. Poniamo per ogni , in S d1


ak

Zk (, ) =
j =1

Y j ( ) Y j ( ).

In particolare se f ` e unarmonica in Hk allora k f = f e f ( ) =


S d 1

Zk (, )f ( )d ( )

S d1 .

Lemma 2.19. La funzione Zk soddisfa le seguenti propriet` a: (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7)
per ogni ssato, la funzione Zk ( ) = Zk (, ) ` e in Hk . Zk non dipende dalla scelta della base di Hk . Zk ` e reale e simmetrica. Per ogni , in S d1 e per ogni g O (d) si ha Zk (g, g ) = Zk (, ). Per ogni , in S d1 si ha Zk (, ) = S d1 Zk (, )Zk (, )d ( ). 1 2 Per ogni in S d1 vale Zk (, ) = Zk 2 = d1 ak . ak . Per ogni , in S d1 si ha |Zk (, )| d1 1

Dimostrazione. La (1) ` e ovvia. Fissato sulla sfera si considera il funzionale lineare denito su Hk da Y Y ( ). Per il teorema di rappresentazione di Riesz esiste una e una sola funzione W Hk tale che Y ( ) =
S d 1

Y ( )W ( ) d ( ).

2.2 Il caso di Rd

75

Quindi W ( ) = Zk (, ) e questo mostra la (2). Per la (3) si noti che si pu` o scegliere una base a elementi reali. Un altro modo per vericare Hk e quindi per ogni sulla sfera la (3) consiste nel notare che se f Hk , allora f ( ) = f
S d 1

( ) Zk (, ) d ( ) f f ( ) Zk (, ) d ( )

=
S d 1

Ovvero f ( ) =
S d 1

f ( ) Zk (, ) d ( )

Daltra parte f () = S d1 f ( ) Zk (, ) d ( ) e quindi per lunicit` a, Zk = Zk . A questo punto segue banalmente la simmetria:
ak

Zk (, ) =
j =1 ak

Yj ( ) Yj ( ) = Zk (, ) Y j ( ) Y j ( )
j =1 ak

= =
j =1

Y j ( )Y j ( )

= Z k ( , ).

Per la (4), basta notare che {Yj g : j = 1, . . . , ak } ` e una base ortonormale perch e la misura sulla sfera ` e invariante per rotazioni. Poich e Zk non dipende dalla base ortonormale scelta si ha luguaglianza richiesta.
( ) per ogni , in S d1 . La (5) segue dal fatto che Zk (, ) = Zk ( ) = k Zk

Per ottenere (6) si prenda = nella (5) e si usi la (3): Zk (, ) =


S d 1

Zk (, )Zk (, )d ( ) =
S d 1

| Zk ( )|2 d ( ).

76

Capitolo 2

Per la propriet` a (4), Zk (, ) non dipende da , perch e` e invariante per rotazioni. Quindi ak 2 2 anche Zk 2 = j =1 |Yj ( )| non dipende da . Allora
Zk 2 2

= = =

d1 1 d1 1 d1

S d 1 ak

Zk

2 2

d ( )

j =1

S d 1

|Yj ( )|2 d ( )

ak .

Inne la (7) segue applicando la diseguaglianza di Schwarz alla (5) e usando la (6):
|Zk (, )| Zk 2 Zk

2.

Definizione 2.4. Sia k ssato in N e sia in S d1 . La funzione Zk si chiama armonica sferica zonale di grado k con polo in .

Spiegheremo poi il signicato del termine zonale. Ora vediamo lutilit` a delle armoniche sferiche zonali. Teorema 2.20. Sia f in L2 (S d1 ) e per ogni k deniamo la funzione pk sulla sfera ponendo pk ( ) = f, Zk per ogni in S d1 . Allora pk ` e in Hk e f=

pk

(in senso L2 ).

k =0

Dimostrazione. Sappiamo gi` a che f = d1 L (S ).


2

hk dove hk ` e in Hk e la somma converge in

Basta quindi descrivere le funzioni hk . Per lortogonalit` a delle armoniche e la propriet` a d1 riproducente, per ogni in S pk ( ) =
f, Zk

m=0

= hk , Zk = hk ( ) hm , Zk

Esempio 2.21. Nel caso d = 2 ` e facile scrivere le armoniche sferiche zonali. Infatti, come abbiamo notato, una base di Hk c ` e data da eik , eik . Quindi Zk (c1 (ei ), c1 (ei )) = eik eik + eik eik = 2 cos( ). Definizione 2.5. Sia in S d1 . Una funzione f sulla sfera si dice zonale con polo se f g = f per ogni g O (d) tale che g = . 1 0 ovvero, 0 1 nella notazione complessa, se e solo se c1 gc ` e lidentit` a oppure il coniugio. Quindi una Esempio 2.22. In R2 ssiamo = (1, 0). Allora g = se e solo se g =

2.2 Il caso di Rd

77

funzione f sulla sfera ` e zonale se e solo se h() = f c(ei ) = f c(ei ) = h(), ovvero se e solo se h ` e pari. 1 0 0 Esempio 2.23. In R3 ssiamo = (1, 0, 0). Allora g = se e solo se g = 0 e 0 la matrice ` e una matrice di O (2). Il gruppo O (2) agisce transitivamente su ogni parallelo Sa = { S : 1 = a} dove a [1, 1]. Quindi f ` e zonale con polo (1, 0, 0) se e solo se f ` e costante sui paralleli ad esso ortogonali, ovvero se e solo se dipende solo dalla coordinata 1 . Esempio 2.24. Nel caso di dimensione generale, ssiamo = e1 = (1, 0, . . . , 0). Allora ge1 = e1 se e solo se 1 0 0 0 g= . . . g 0

e la matrice g ` e in O (d 1). Il gruppo O (d 1) agisce transitivamente su ogni parallelo d1 Sa = S : 1 = a dove a [1, 1]. Quindi f ` e zonale con polo e1 se e solo se f ` e costante sui paralleli ad esso ortogonali, ovvero se e solo se dipende solo dalla coordinata 1 . Pi` u in generale, ssato un punto sulla sfera, un parallelo ortogonale a ` e lintersezione della sfera con un iperpiano (ane) con normale . In formule ` e un insieme della forma S d1 : = a

dove a ` e una costante compresa tra [1, 1]. Indicheremo con O (d) lo stabilizzatore di in O (d). In formule O (d) = {g O (d) : g = } . Il gruppo O (d) agisce in maniera transitiva sui paralleli ortogonali a . Quindi larmonica sferica zonale con polo in ` e costante su questi paralleli, perch e
Zk (g ) = Zk ( )

S d1 ,

g O (d) .

Mostriamo ora lunicit` a rispetto a questa propriet` a. Premettiamo un lemma. Lemma 2.25. Sia p un polinomio in Rd invariante per rotazioni. Allora esiste un polinomio q di una sola variabile tale che p(x) = q (|x|2 ) x Rd .

Dimostrazione. Si scriva il polinomio come somma dei suoi termini omogenei


r

p(x) =
=0

p (x)

p P .

78

Capitolo 2

Si ha per ogni > 0 e per ogni rotazione R


r r

p (x) =
=0 =0

p (x)

= p(x) = p(Rx)
r

=
=0 r

p (Rx) p (Rx).
=0

Allora come polinomi in le identit` a precedenti dicono che p (x) = p (Rx), per ogni rotazione R, ovvero che tutte le componenti omogenee sono invarianti per rotazioni. Ma allora la funzione x Rd \ {0} |x| p (x) ` e omogenea di grado zero e invariante sotto lazione di O (d), quindi ` e costante. Sia c = |x| p (x). Ne segue che p (x) = c |x| . Questa funzione ` e un polinomio solo quando ` e pari. Abbiamo quindi ottenuto che
[r/2]

p(x) =
=0

c2 |x|2 = q (|x|2 )

dove q (t) =

[r/2] =0

c2 t .

Teorema 2.26. Sia S d1 . Unarmonica Y in Hk ` e costante sui paralleli di S d1 ortogonali a se e solo se esiste una costante c tale che Y = c Zk .
Dimostrazione. Abbiamo gi` a detto che le funzioni armoniche sferiche zonali Zk di grado k sono in particolare in Hk e inoltre sono costanti sui paralleli ortogonali a .

Viceversa, supponiamo che Y sia unarmonica in Hk costante sui paralleli di S d1 ortogonali a . Dobbiamo vericare che Y ` e un multiplo di Zk . Siccome il gruppo delle rotazioni agisce transitivamente sulla sfera e sia Y sia Zk hanno la stessa propriet` a di invarianza rispetto alle rotazioni, ` e suciente controllare questo fatto nel caso in cui = e1 . Infatti, esiste una rotazione g tale che g e1 = g (1, 0, . . . , 0) = . Allora larmonica sferica W tale che W ( ) = Y ( g ) ` e ortogonale sui paralleli ortogonali a e1 . Se avessimo gi` a dimostrato che e1 W ` e un multiplo costante di Zk , allora potremmo concludere che Y ( ) = W ( g 1 )
e 1 1 ( g ) = c Zk g = c Zk
1

( g 1 )

= c Zk ( )

2.2 Il caso di Rd

79

ovvero la tesi per generico. Supponiamo quindi ora che Y sia unarmonica in Hk costante sui paralleli di S d1 ortogonali e1 . a e1 e dimostriamo che Y ` e un multiplo costante di Zk Siccome il caso k = 0 ` e banale (ak = 1 e c` e una sola armonica, quella costante), supponiamo anche che k > 0. Consideriamo il polinomio p denito da p(x) = |x|k Y (x/|x|) e p(0) = 0, ovvero prendiamo p larmonica sferica solida di grado k > 0 associata a Y . Indichiamo i punti di Rd come x = (x1 , x ) con x = (x2 , . . . , xd ) in Rd1 . Se g ` e in O (d)e1 , allora 1 0 0 0 g= . . . g 0 con g in O (d 1) e sappiamo che p(gx) = p(x) per ogni x in Rd , ovvero

p(x1 , g x ) = p(x1 , x )

Segue dal Lemma 2.25 che p(x1 , x ) ` e un polinomio in x1 e |x |2 . Pi` u precisamente, siccome p ` e omogeneo di grado k , possiamo scriverlo ordinandolo secondo le potenze di x1 per opportuni polinomi pj omogenei di grado j :
k

g O (d 1).

p(x) =
j =0

k j x1 pj (x )

e i pj sono invarianti per lazione delle rotazioni di O (d 1). Quindi pj (x ) = 0 se j ` e dispari j e pj (x ) = cj |x | se j ` e pari, ovvero Siccome p ` e unarmonica solida, p = 0. Un calcolo esplicito (da fare per esercizio) mostra che
k 2j k 2j 2j 2 (|x |2j x1 ) = 2j (d + 2j 3)|x |2j 2x1 + (k 2j )(k 2j 1)|x |2j xk 1 k 2j 2j 2 = j |x |2j 2x1 + j |x |2j xk 1 k 2 2 k 2 2 p(x) = c0 xk |x | . 1 + c2 x1 |x | + + c2 x1

con 0 = 0 e j = 0 per j 1. Ma allora la condizione (completare i dettagli per esercizio) implica che
k 4 k 2 + (c1 1 + c2 2 )|x |2 x1 + 0 = P = (c0 0 + c1 1 )x1

0 1 c0 , c2 = c1 , . . . 1 2 ovvero i coecienti cj risultano essere determinati univocamente dalla scelta di c0 e ad esso proporzionali. Perci` o il polinomio p ` e univocamente determinato da c0 . c1 = Corollario 2.27. Supponiamo che F (, ) sia denita su S d1 S d1 e soddis: i) per ogni in S d1 ssato, F (, ) ` e unarmonica sferica di grado k . ii) se g ` e una rotazione in O (d), allora F (g, g ) = F (, ) per ogni . in S d1 .

80

Capitolo 2

Allora esiste una costante c tale che F = c Zk . Dimostrazione. Si noti che se g ` e una rotazione in O (d) , allora F (, g ) = F (g, g ) = F (, ). Quindi F (, ) ` e unarmonica sferica di grado k costante sui paralleli ortogonali a . Allora esiste una costante, che dipende da , tale che F (, ) = c( ) Zk (, ). Dimostriamo che tale dipendenza non c` e. Sia g una rotazione tale che g = , con = . Allora c( ) Zk (, ) = F (, ) = F ( g , g ) = F (, ) = c( ) Zk (, ) Quindi, siccome Zk (, ) = Zk (, ) = 0, c( ) = c( ), ovvero c ` e costante. 2.3. Polinomi di Gegenbauer. Per z complesso nel disco aperto 0 |z | < 1 e t reale 1 t 1 consideriamo il polinomio z 2 2tz + 1. Tale polinomio non si annulla sul disco e quindi la funzione, dipendente da > 0, 1 z 2 (z 2tz + 1) ` e olomorfa nel disco. Allora essa ammette uno sviluppo di Taylor 1 = 2 (z 2tz + 1)
k =0 Pk (t) z k .

Definizione 2.6. Il coeciente Pk ` e detto il polinomio di Gegenbauer (o anche polinomio ultrasferico) di grado k associato al parametro .

Vericheremo alcune propriet` a, fra cui quella di essere proprio un polinomio, che non ` e immediata dalla denizione. Proposizione 2.28. Valgono (1) (2) (3) (4) (5) (6)
P0 (t) = 1 +1 d Pk (t) = 2Pk se k 1, dt 1 (t) +1 d P (t) = 2P0 (t) = 2 dt 1 Pk ` e un polinomio di grado k i monomi 1, t, t2 , . . . sono combinazioni lineari nite dei P0 , P1 ,... le combinazioni lineari nite dei Pk sono dense in C ([1, 1])

2.2 Il caso di Rd
(7) Pk (t) = (1)k Pk (t), cio` e P ha la stessa parit` a di k .

81

Dimostrazione. Diamo un cenno di come si possano vericare queste propriet` a. La verica ` e lasciata per esercizio. La 1) ` e facile. Per la 2), si noti che, per la formula integrale di Cauchy,
Pk (t) =

1 2i

z k+1 (z 2

1 dz 2tz + 1)

dove C e una curva che allaccia lorigine e contenuta nel disco unitario. La 3) segue da 2) e 1).
` e un polinomio di grado uno in t; usando la 2) segue la 4) per La 4): la 3) implica che P1 induzione.

La 5) si verica per induzione e la 6) per la densit` a dei polinomi in C ([1, 1]), che segue dal Teorema di StoneWeierstass. Per la 7) si uguaglino gli sviluppi di (z 2 1 1 = . 2 2(t)z + 1) ((z ) 2t(z ) + 1)
d2 . 2

Teorema 2.29. Sia d > 2 e =

Allora esiste una costante ck,d tale che , S d1 .

Zk (, ) = ck,d Pk ( )

Dimostrazione. Basta controllare che valgono le ipotesi del Corollario 2.27. Deniamo la funzione Fk su S d1 S d1 mediante
Fk (, ) = Pk ( )

, S d1

e verichiamo che Fk (, ) ` e armonica sferica di grado k . Che sia invariante per rotazioni ` e ovvio, perch e dipende dal prodotto scalare. La dimostrazione consiste quindi nel vericare che Fk (, ) ` e la restrizione alla sfera di un polinomio omogeneo di grado k e armonico. k (x) = |x|k F (, x/|x|) = |x|k P ( x/|x|). Per in x in Rd deniamo F k

82

Capitolo 2

Allora per le 4) e 7) si ha nel caso k = 2m pari


m m

k (x) = |x|k P ( x/|x|) = F k nel caso k = 2m + 1 dispari


m

j =0

j |x|

2m

( x/|x|)

2j

=
j =0

j |x|2m2j ( x)2j

k (x) = |x|k P ( x/|x|) = F k

j =0

j |x|

2m+1

( x/|x|)

2j +1

=
j =0

j |x|2m2j ( x)2j +1

in entrambi i casi si tratta di un polinomio in x, omogeneo di grado k . k ` k ` k Ora ci chiediamo se F e armonico. Siccome F e un polinomio omogeneo di grado k , F k ` ` e ancora un polinomio (di grado k 2). In particolare, F e una funzione analitica su d k (x) = 0 per ogni x in una certa regione non vuota (con un punto di R , quindi se F k (x) = 0 per ogni x in Rd . accumulazione), allora F Ci basta quindi vericare larmonicit` a in una qualche regione non vuota. Non ` e dicile vericare (lo avete visto a equazioni dierenziali) che la funzione x |xx0 |2d ` e armonica in Rd \ {x0 }. In particolare, per ogni scelta di c, s = 0, una funzione della forma ` e armonica in {x : 0 < |x| < 1/s} Rd \ {/s}. Prendiamo c = s2 e, siccome s|x| < 1, scriviamo la funzione generatrice utilizzando i polinomi di Gegenbauer c |x /s|
(d2)

c |x /s|(d2) = c |x|2 2x /s + 1/s2

= c s2 1 2sx + s2 |x|2

= = = =

x + (s|x|)2 1 2(s|x|) |x|


Pk

k =0 k =0 k =0

x |x|

(s|x|)k sk

|x|k Pk

x |x|

k (x) sk F

Siccome il primo membro ` e armonico, esso soddisfa la propriet` a del valor medio su ogni sfera di raggio r , contenuta in s = {y : 0 < |y | < 1/s}, ovvero per ogni x in {y : 0 < |y | < 1/s} e r < dist(x, frs ) = min(1/s |x|, |x|)

k (x) sk = F =

k =0

1 |S (x, r )|
k =0

k (y ) sk F

dr (y ) sk ,

S (x,r )

k =0

1 |S (x, r )|

k (y ) dr (y ) F
S (x,r )

dove abbiamo potuto possiamo scambiare la serie con loperazione di media per convergenza k uniforme. Per il principio di identit` a delle serie di potenze, ricaviamo che i coecienti F

2.2 Il caso di Rd

83

k sono devono soddisfare la propriet` a della media. Per linverso del Teorema della media le F armoniche. Osservazione 2.30. Il valore della costante si pu` o calcolare notando che
Inoltre Pk (1) = k+2k1 . Infatti, Pk (1) ` e il coeciente di z k nello sviluppo di Taylor di z ((z 1)2 ) , quindi Pk (1) = ak /d1 = Zk (, ) = ck,d Pk ( ) = ck,d Pk (1).

1 dk (z 1)2 k ! dz k z =0 1 = (2)(2 1) (2 k + 1)(z 1)2k k! 1 = (2)(2 + 1) (2 + k 1) . k!

z =0

2.4. Decomposizione di L2 (Rd ). Ottenuta la decomposizione a livello della sfera, possiamo ripetere quanto visto nel caso bidimensionale per decomporre L2 (Rd ) in sottospazi invarianti per le rotazioni e per la trasformata di Fourier. Poniamo Dk = span x g (x) = f (x) P (x) : f radiale, P Ak , f P L2 (Rd ) . Se {Y1 , . . . , Yak } ` e una base ortonormale di Hk e g ` e in Dk , allora si ha
ak

g (x) =
j =1

f j (|x|) |x|k Yj (x/|x|),

per opportune funzioni f j di variabile reale. Per lortonormalit` a della base scelta, si ha |g (x)| dx = =
j =1 0 2 0 ak S d 1 ak 2

f (r ) r Y j ( )
j =1

d ( ) r d1 dr

Rd

|f j (r )|2 r 2k+d1 dr,

ovvero g ` e in L2 (Rd ) se e solo se le funzioni f j sono in L2 ([0, ), r 2k+d1 dr ) per ogni j = 1, . . . , ak . Notiamo che Dk ` e un sottospazio chiuso di L2 (Rd ). Infatti se (gn )n ` e una successione di 2 d elementi di Dk convergente in L (R ) a una funzione g , allora
ak

gn (x) =
j =1

j (|x|) |x|k Yj (x/|x|) fn

j e le successioni (fn )n sono di Cauchy, quindi convergenti, in L2 ([0, ), r 2k+d1 dr ) per ogni j = 1, . . . , ak .

84
j Ne segue che esistono funzioni hj in L2 ([0, ), r 2k+d1 dr ) tali che fn hj 0 per ogni j = 1, . . . , ak .

Capitolo 2

L2 ([0,),r 2k+d1 dr )

Deniamo h ponendo h(x) = h` e in Dk e gn h 2 0.

ak j k j =1 h (|x|) |x|

Yj (x/|x|) per x in Rd \ {0} e osserviamo che

Ma allora h = g quasi ovunque, quindi g ` e in Dk . Teorema 2.31. Vale la decomposizione in somma diretta ortogonale L2 (Rd ) = Dk . Inoltre gli spazi Dk sono invarianti per lazione del gruppo ortogonale e la trasformata di Fourier porta ciascun Dk in s e. Dimostrazione. Lunica novit` a rispetto al caso bidimensionale ` e il comportamento 1 rispetto alla trasformata di Fourier. Proviamo che se g ` e in L Dk allora anche g ` e in Dk . 2 P Poi si ragiona per linearit` a e densit` a. Si noti che g ` e in L , quindi, se g = f P , allora f 2 sar` a ovviamente in L . Supponiamo quindi che g sia della forma g (x) = f (x) P (x) = |x|k f0 (|x|) Y (x/|x|). Se ` e in Rd , scriviamo = con 0 e in S d1 . Si ha g ( ) = g ( ) =
Rd

e2ix g (x) dx =
0

f0 (r ) r k+d1
S d 1

e2ir Y ( ) d ( )dr

Mostriamo che esiste una funzione denita sul semiasse positivo tale che (2.1)
S d 1

e2ir Y ( ) d ( ) = (r) Y ( )

per ogni r, > 0 e ogni sulla sfera. Dalla (2.1) la tesi segue facilmente. Verichiamo quindi la (2.1), utilizzando le armoniche sferiche zonali e la loro propriet` a riproducente. Si ha e2ir Y ( ) d ( ) =
S d 1 S d 1

e2ir Y ( )
S d 1

Y ( ) Zk (, ) d ( ) d ( )
S d 1

e2ir Zk ( , ) d ( ) d ( )
S d 1

Ma, per ogni s = r ssato, la funzione dentro le parentesi tonde ` e una funzione su S d1 S d1 del tipo (, ) Fs ( , ).

2.2 Il caso di Rd

85

` semplice vericare che ` E e Fs invariante per le rotazioni, utilizzando linvarianza per rotazioni della misura sulla sfera e quella delle armoniche sferiche zonali: per ogni g in O (d) Fs (g , g ) =
S d 1

e2irg Zk (g , ) d ( ) e2ir g Zk (g , ) d ( )
S d 1
t

= =
S d 1

e2ir Zk (g , g ) d ( ) e2ir Zk ( , ) d ( ) = Fs ( , ).
S d 1

Inoltre per ogni ssato, Fs ( , ) ` e in L2 (S d1 ) perch e limitata e ` e facile vedere che Fs ( , ) ` e ortogonale a tutti gli spazi Hj con j = k . Siccome vale la decomposizione L2 (S d1 ) = Hj , allora Fs ( , ) ` e in Hk . Allora esiste una costante dipendente da s, che chiamiamo (s) tale che Fs ( , ) = (s) Zk ( , ). Per ottenere la (2.1), usiamo di nuovo la propriet` a riproducente: e2is Y ( ) d ( ) =
S d 1 S d 1

Y ( ) Fs ( , ) d ( ) Y ( ) Zk ( , ) d ( )
S d 1

= ( s)

= ( s) Y ( ) . Si potrebbe anche dimostrare che sotto lazione della trasformata di Fourier la parte radiale f0 viene trasformata di nuovo tramite funzioni di Bessel, dipendenti dalla dimensione e dal grado di omogeneit` a dellarmonica sferica.

86

Capitolo 2

3. Esercizi 3.1. Vericare che se x e x sono monomi, allora x , x = , !. Si verichi che la formula (0) P, Q = P ( )Q denisce un prodotto scalare sullo spazio dei polinomi. Si noti anche che se i polinomi . sono omogenei dello stesso grado, allora P, Q = P ( )Q
3 5 3.2. Vericare che la funzione f (1, 2 , 3 ) = 151 701 + 631 ` e la restrizione alla 2 sfera S di un polinomio omogeneo e armonico di grado 5. 2 2 3.3. Sia p(x1 , x2 , x3 ) = x2 1 + x2 x3 . Scrivere il polinomio p come somma di armoniche sferiche.

P, Q P

3.4. Vericare che i polinomi Pk prodotto (f, g ) =

d2/2

, k = 0, 1, . . . sono a due a due ortogonali rispetto al f (t)g (t) (1 t2 )(d3)/2 dt

Si pensi al prodotto di due armoniche zonali sulla sfera, polo (1, 0, . . .); si integri dapprima sui paralleli { : 1 = cos } ortogonali al polo con [0, ]. Qual ` e la misura del parallelo? Si deduca che i polinomi di Gegenbauer formano una bon per L2 ([1, 1], (1 t2 )(d3)/2 dt). (Fare almeno il caso d = 3).

[1,1]

CAPITOLO 3

Wavelet

Per semplicit` a, ci limitiamo al caso unidimensionale; un cenno alle problematiche nel caso di dimensione maggiore saranno fatte alla ne del corso. Pensiamo di voler eettuare la trasformata di Fourier di un brano musicale; questo pu` o essere pensato come una certa funzione del tempo f . Per descrivere le frequenze contenute nel brano musicale, non si pu` o agire in tempo reale (o quasi) ma occorre prima ascoltare tutto il brano e a questo punto, nota tutta la funzione f , possiamo calcolarne la trasformata. ( ) contiene Questo ` e abbastanza scomodo. Oltretutto, data una frequenza , il valore f lampiezza totale della frequenza relativa a tutto il brano musicale. Il nostro orecchio ` e in grado di fare di meglio, nel senso che ` e in grado di capire cambiamenti sia continui sia improvvisi dei toni. Ascoltiamo per esempio una chirp lineare, ovvero il suono prodotto da t sin(t2 ), una funzione che oscilla sempre pi` u rapidamente (chirp letteralmente vuol dire cinguettio, ` e un termine che proviene dallo studio dei segnali radar). Il nostro orecchio percepisce questo cambio (continuo) di frequenza. Per descrivere segnali periodici, ovvero quando si ascolta una nota, le serie di Fourier sono lo strumento pi` u adatto, perch e` e suciente ascoltare il suono solo su un periodo. Tuttavia, siccome gli esponenziali non sono funzioni ben localizzate, le serie di Fourier e la trasformata di Fourier non sono un buono strumento per descrivere funzioni vicine alla di Dirac o comunque con supporto piccolo, in modo da approssimare un impulso o un improvviso cambio di frequenza. Queste funzioni compaiono frequentemente nelle applicazioni e si approssimano con moltissimi coecienti di Fourier (al limite, la trasformata della ` e la funzione identicamente 1), quindi sono molto scomode da guardare in frequenza. Vi ` e quindi un problema nellanalisi (nelleettuare la trasformata) e nella sintesi (nellinversione: non si leggono facilmente dalla trasformata improvvisi cambi di frequenza nel tempo ovvero, nellesempio del brano musicale, un improvviso cambio di note). Una prima soluzione a questi problemi ` e stata proposta da Gabor e ` e la WFT (Windowed Fourier Transform, nota anche con il nome STFT Short Time Fourier Transform) che avete studiato lo scorso anno. Nella prossima sezione richiamiamo brevemente la WFT, per confronto futuro.

88

Capitolo 3

1. La WFT o STFT Torniamo al modello dellorecchio (anche se non ` e siologicamente corretto) e pensiamo al brano musicale f in funzione del tempo. Il nostro orecchio ` e in grado di analizzare f in tempo reale sia in tempo sia in frequenza. Quindi il nostro orecchio ` e in grado di generare una funzione Gf (, t), che descriva le frequenze udite al tempo t. Ovviamente, in questa modellizzazione devono intervenire solo i valori di f a tempi minori di t (quello che non abbiamo ancora ascoltato non importa) e inoltre ` e ragionevole supporre che lorecchio abbia memoria nita, ovvero lorecchio ricordi quello che ` e successo in un intervallo di lunghezza nita T . Per questi motivi, proponiamo un modello di analisi che, per un certo t ssato, tenga conto dei valori del segnale f in [t T, t]. Inne, nelleettuare lanalisi, peseremo i valori del segnale f , in modo che risultino pi` u importanti i valori nel mezzo di questo intervallo e meno importanti siano quelli vicino agli estremi. Sia quindi g una funzione (che chiamiamo nestra) a supporto nellintervallo [T, 0] e possiamo pensarla a campana. Per ogni t reale deniamo ft (u) = g (u t) f (u) Allora il supporto di ft ` e in [t T, t]. La trasformata di Gabor di f con nestra g ` e quindi la trasformata di Fourier della versione localizzata ft , ovvero t ( ) = Gf (, t) = f
R

g (u t) f (u) e2iu du.

Questa denizione ha senso in realt` a per g in L2 (R). La condizione di supporto che abbiamo introdotto deriva da una motivazione sica e da questo momento in poi supporremo che g sia in L2 (R). Un altro modo di vedere la trasformata di Gabor Gf ` e come prodotto interno: sia g,t (u) = e2iu g (u t) Allora g,t ` e in L2 (R), g,t
2

= g

Gf (, t) = f, g,t , da cui si ricava Gf

g,t

= f

g 2.

Avete visto poi una formula di ricostruzione e una di Plancherel f (u ) = 1 g Gf (, t) g,t(u) d dt


2

3.1 La WFT o STFT

89

1 |Gf (, t)|2 d dt, g 2 da cui si ricava che lo spazio delle trasformate di Gabor di funzioni L2 (R) ` e fatto da funzioni 2 2 2 limitate e a quadrato integrabile, ossia in L (R ) L (R ). f
2 2

Nella formula di ricostruzione si pu` o pensare alla funzione g,t come a una nota di frequenza localizzata nel tempo (se g ha supporto compatto), nelle applicazioni pi` u sovente ` e concentrata attorno allistante t. Inne, un fatto importante di cui tenere conto quando si vogliono usare ltri o, pi` u in generale, elaborare segnali in frequenza, ` e il seguente: lo spazio ` e un sottospazio proprio di L2 (R2 ), come gi` a detto. Questo sottospazio ` e descritto da un nucleo riproducente. Teorema 3.1. Una funzione h di L2 (R2 ) ` e in G se e solo se h( , t ) = dove K ( , t , , t) = g ,t , g,t Quindi tutte le volte che applichiamo un generico ltro a una trasformata Gf , otteniamo una funzione h che non ` e detto sia ancora in G , ovvero non ` e detto che h sia la trasformata di Gabor di un qualche segnale. Tuttavia la formula di inversione fh = h(, t) g,t d dt K ( , t , , t) h(, t) d dt G = Gf : f L2 (R)

ha ancora senso e risulta che fh ` e la miglior approssimazione che possiamo trovare del segnale ltrato: Teorema 3.2. fh ` e in L2 (R) e per ogni altro segnale f L2 (R) h Gf
2

> h G(fh ) 2 .

In altre parole, possiamo approssimare il risultato del ltro nel senso dei minimi quadrati. Molto usato nelle applicazioni ` e il caso in cui si scelga come funzione nestra g una gaussiana, che d` a una buona localizzazione in tempo e frequenza. Infatti, la funzione gaussiana ` e quella che fornisce luguaglianza nel Teorema 1.51. In generale, se g ` e una nestra di Schwartz con g 2 = 1, la funzione g,t ` e una densit` a di probabilit` a e per la formula di Plancherel anche e g ,t ` e una densit` a di probabilit` a. Esse hanno con un certi valori attesi t = t
R

u |g,t(u)|2 du

=
R

u |g ,t(u)|2 du

90

Capitolo 3

e concentrazione attorno ai valori attesi che si pu` o misurare attraverso le varianze 2 (g ) =


R

)2 |g,t (u)|2 du (u t

2 ( g) =
R

(u )2 | g ,t (u)|2 du

(oppure in altri modi: abbiamo visto vari principi di indeterminazione). Si costruisce quindi nel piano tempo-frequenza un rettangolo (detto rettangolo di Heisenberg , o Heisenberg box) che ` e centrato in (t ) e ha lati (g ) e ( g ). Questo rettangolo rappresenta la risoluzione che si pu` o ottenere in tempo-frequenza utilizzando la nestra g . , (t ) ( g) La diseguaglianza di Heisenberg aerma che larea di questo rettangolo ` e (g ) ( g) (g )
1 4

e il valore minimo dellarea (quindi il miglior compromesso di risoluzione in tempo-frequenza) si ottiene quando g ` e una gaussiana.

1.1. Pregi. Il problema di partenza ` e quella di misurare insieme tempo e frequenza. Questo purtroppo non si pu` o fare con precisione, sia per la disuguaglianza di Heisenberg, sia per buon senso (per poter dire che un segnale ha una determinata frequenza , dobbiamo almeno misurarlo su un periodo, quindi almeno su un intervallo di lunghezza 1/ e se osserviamo il segnale su un numero maggiore di periodi, tanto pi` u sar` a signicativa la nostra misurazione della frequenza). La soluzione che la trasformata di Gabor propone a questo problema ` e quella di sostituire al parametro tempo t un intervallo di tempo (ad esempio se g ha supporto in [T, 0], si guarda il segnale su [t T, t]) e alla frequenza una banda di frequenze (che dipende da quanto ` e sparsa la funzione g ). Un esempio in cui si vede bene questo concetto ` e quello in cui misuriamo la chirp, ovvero una funzione che localmente (diciamo su [0, 40]) assomiglia a f (t) = sin( t2 ) ovvero ` e una funzione che oscilla in maniera sempre pi` u rapida. Abbiamo appena detto che non ha senso parlare di frequenza istantanea, ma vorremmo saper misurare in qualche modo laumentare delle oscillazioni della funzione f . Osserviamo che la frequenza per una funzione periodica ` e il numero delle oscillazioni nellunit` a di tempo e che linverso della frequenza ` e la distanza tra due massimi uguali.

3.1 La WFT o STFT

91

Per una funzione, come in questo esempio, del tipo sin((t)) non periodica, con monotona, possiamo calcolare la distanza tra due massimi consecutivi tk e tk+1 e darne una stima con il Teorema di Lagrange. Infatti, (tk ) = + 2k 2 sono i punti in cui il seno vale 1. Allora per il Teorema di Lagrange 2 = (tk+1 ) (tk ) = (sk ) (tk+1 tk ) con sk (tk , tk+1 ).

Quindi vicino allistante t, la dierenza tra due massimi consecutivi ` e circa 2/ (t). Possiamo quindi ragionevolmente aermare che la frequenza istantanea sia (t)/2).

2 1.5 1 0.5 0 0.5 1 1.5 2

10

Figura 3.1. Il graco della chirp quadratica

Se facciamo la trasformata di Fourier ordinaria, questo concetto di frequenza istantanea si perde: lo spettro in frequenza ` e molto ampio, come si nota in gura 3.2.

1 0.9 0.8 0.7 0.6 0.5 0.4 0.3 0.2 0.1 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Figura 3.2. Il valore assoluto della trasformata della chirp quadratica

92

Capitolo 3
2.5

Per analizzare f usiamo la nestra g (u ) = 1 + cos(u) 1 u 1 0 altrimenti

1.5

0.5

che ` e a supporto compatto.


0 0.5 2 1.5 1 0.5 0 0.5 1 1.5 2

Calcoliamo Gf (, 3), ovvero la trasformata della funzione f3 ; nella gura 3.3 a sinistra vediamo la funzione f3 , ossia una versione di f localizzata attorno a 3. Nella gura 3.3 a destra troviamo |Gf (, 3)|3, in cui si nota un picco per la frequenza istantanea 3.
2 1.5 1 0.5 0 0.5 1 1.5 2 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0.4 0.2 0.8 0.6 1

Figura 3.3. Il segnale localizzato attorno alla frequenza 3 e la sua trasformata

Analogamente in gura 3.4 a destra vediamo il graco di |Gf (, 7)|2 in cui di nuovo spicca la frequenza istantanea 7.
2 1.5 0.8 1 0.5 0 0.5 1 0.2 1.5 2 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 0.4 0.6 1

Figura 3.4. Il segnale localizzato attorno alla frequenza 7 e la sua trasformata

Come abbiamo detto allinizio, la trasformata di Gabor di f ` e una funzione su R2 . In gura 3.5 ne troviamo lo spettrogramma (ovvero il graco di |Gf |), ottenuto facendo un campionamento pi` u basso. Spicca nettamente la crescita lineare nel tempo della frequenza. 1.2. Difetti. Quello che pu` o non funzionare bene nellesempio della nestra g precedente ` e la risoluzione in frequenza. Stiamo usando una nestra di ampiezza 2 quindi si sommano bene le note che hanno frequenze in un intervallo di ampiezza 2 o maggiore. Invece le note con frequenze in un intervallo di ampiezza 1 danno una cattiva risoluzione in frequenza.

3.1 La WFT o STFT


10 9 8 7 Frequency (Hz) 6 5 4 3 2 1 0

93

5 Time

Figura 3.5. Spettrogramma della trasformata di Gabor della chirp quadratica

Si provi con la funzione h(u) = Re(g2,4(u) + g4,6 (u)) somma di due note, una centrata in t = 4 e con frequenza 2 e laltra concentrata in t = 6 con frequenza 4. Come mostra la gura 3.6 in basso, in frequenza si vedono due picchi, uno centrato sulla frequenza 2 e uno sulla frequenza 4.
2 1 0 1 2

10

1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Figura 3.6. Sopra: la somma delle note g2,4 e g4,6 ; sotto lo spettro.

Invece per la funzione (u) = Re(g2,4 (u) + g3,6 (u)) si scopre che la nestra non riesce a separare le frequenze 2 e 3. In basso nella gura 3.7 ci sono diversi picchi e lo spettro si mantiene su valori grandi tra 1.5 e 3.5. Per misurare la questione pi` u matematicamente, calcoliamo g . Risulta sin(2 ) g ( ) = = 0, (1 4 2)

94
2 1 0 1 2

Capitolo 3

10

1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Figura 3.7. Sopra: la somma delle note g2,4 e g3,6 ; sotto lo spettro

che non ` e a supporto compatto, ma abbastanza concentrata in un intervallo di grandezza 2 (nella gura 3.8, trovate il graco della nestra g e quello di |g |2 ). Inoltre, notiamo che , g Gf (, t) = f ,t = e2it
R

( ) g ( ) e2it d, f

quindi verranno ben separate frequenze che distano 2.


La finestra g 2.5 2 1.5 1 0.5 0 0.5 2 1.5 1 0.5 0 0.5 1 1.5 2

Il quadrato della sua trasformata 5 4 3 2 1 0 2 1.5 1 0.5 0 0.5 1 1.5 2

Figura 3.8. La nestra e la sua trasformata.

3.2 La CWT

95

I problemi della trasformata di Gabor risiedono nel fatto che la nestra ha dimensione ssa T e il segnale viene ricostruito tramite le note g,t che anchesse hanno dimensione T . Quindi ogni caratteristica del segnale che riguarda intervalli pi` u piccoli di T (ad esempio un impulso) ` e sottolocalizzata in tempo, quindi avremo bisogno di molte note (che sommate diano contributo nullo) per ottenere il segnale e quindi Gf sar` a grande per molte frequenze. Similmente, ogni caratteristica del segnale che riguarda intervalli pi` u grandi di T produce ancora molte note, questa volta rispetto al tempo ovvero Gf sar` a molto grande per tanti tempi. Entrambi questi problemi vengono risolti con le wavelet, che sostituiscono la modulazione con il cambiamento di scala.

2. La CWT La WFT usa due operazioni: traslazioni e modulazioni di una stessa funzione, la nestra. La trasformata wavelet sostituisce la modulazione con la dilatazione di una stessa funzione, che ` e la wavelet. Si ottengono cos` nestre di dimensione variabile e si parla di analisi multiscala. In questa sezione trattiamo la trasformata wavelet continua, che ` e stata soprattutto adoperata nello studio di fenomeni geosici. Esiste anche la trasformata wavelet discreta e allinterno della trasformata discreta si distingue quella legata a basi ortonormali di wavelet e allanalisi multirisoluzione, che vediamo nella prossima sezione. Definizione 3.1. Una wavelet (o ondina) unidimensionale ` e una funzione in L2 (R) (ovvero che abbia energia nita) e non banale. Talvolta si parla di wavelet ammissibili, ovvero che soddisfano la condizione, detta condizione di ammissibilit` a: (3.1)
0

( )|2 | d =

( )|2 | d < .

Per comodit` a supporremo sempre che

= 1.

Osserviamo che se ` e anche in L1 (R), allora la condizione di ammissibilit` a implica che (0) = 0, ovvero che abbia media nulla. Quindi la Gaussiana, che ha tanta fortuna nella trasformata Gabor, ` e una wavelet , ma non soddisfa la condizione di ammissibilit` a. Le sue derivate invece la soddisfano. In particolar modo sono molto apprezzate nelle applicazioni

96

Capitolo 3

londa Gaussiana ovvero la derivata prima della gaussiana, x (x) = c x ex (dove la costante ` e scelta in modo che 2 = 1);

il cappello messicano, che ` e la derivata seconda della gaussiana, ovvero la funzione 2 x 2 x (x) = c (1 x ) e (di nuovo la costante ` e scelta in modo che 2 = 1);
Gaussian wavelet 0.8 0.6 0.4 0.2 0.4 0 0.2 0.2 0.4 0.6 0.8 5 0 0.2 0.4 5 1 0.8 0.6 Mexican hat wavelet

Figura 3.9. Alcune wavelet

non tutte le wavelet sono a valori reali. Un esempio ` e la wavelet di Morlet (x) = x2 2ix c1 e ( e c2 ) (qui ci sono due costanti da scegliere in modo che sia ammissibile e 2 = 1);

Complex Morlet wavelet 0.6 0.4 0.2 0 0.2 0.4 8 6 4 2 0 Real part 2 4 6 8

0.5

0.5 8

0 2 Imaginary part

Figura 3.10. Una wavelet complessa

e molte altre di Meyer, Coifman (chiamate coiet), Daubechies, Shannon,. . .

3.2 La CWT

97

Altra wavelet, molto nota, ma non abbastanza regolare per avere successo nelle applicazioni ` e quella di Haar: 0x< 1 1 2 1 (x) = 1 2 x<1 0 altrove

Tranne la wavelet di Haar, le wavelet che abbiamo visto non sono a supporto compatto, per` o sono fortemente localizzate, quindi in un certo senso introducono una sorta di nestra. Quello che facciamo ` e variare la dimensione della nestra e la sua posizione (traslando come prima). Data una , detta anche mother wavelet poniamo, per a > 0 e b reale a,b (x) = xb a a1/2 x R.

Il parametro a tiene conto del fattore di scala della nestra; pi` u precisamente, se a > 1 la nestra viene allungata, se 0 < a < 1 la nestra viene compressa. Il parametro b tiene conto del centro della posizione della nestra, come nella trasformata di Gabor. Si noti che lampiezza in tempo delle wavelet ` e adattata alla loro frequenza. Quando b ` e ssato e a 0, guardiamo la nostra funzione in intervalli sempre pi` u piccoli, giungendo cos` a avere maggior dettaglio alle scale molto piccole. Ovviamente per linvarianza rispetto alle traslazioni e il comportamento rispetto alle dilatazioni della misura di Lebesgue si ha che a,b ` e in L2 e a,b 2 = 2 . Nella gura 3.11 in blu londa gaussiana madre delle altre due: in rosso la 2,15 (che possiamo pensare avere u alta). frequenza pi` u bassa) e in magenta la 1 ,10 (che possiamo pensare avere frequenza pi`
2

Definizione 3.2. La trasformata wavelet di una funzione f in L2 (R) secondo la wavelet (analizzante) ` e la funzione W f denita da (W f )(a, b) =
R

f (t) a,b (t) dt = f, a,b

a > 0 , b R.
2

Osserviamo che

Per la diseguaglianza di CauchySchwarz risulta |(W f )(a, b)| f una funzione limitata e W f f 2 2 . (a ) a,b ( ) = a1/2 b a ( ) = a1/2 eb ( )

2 , quindi W f ` e

e quindi, per la formula di Plancherel polarizzata, si ha che per ogni a > 0 e b reale , a,b = f , a1/2 eb (a) = a1/2 (W f )(a, b) = f (a ) d. ( ) e2ib f
R

98

Capitolo 3

1.5

0.5

0.5

1.5 15

10

10

15

20

25

Figura 3.11. Dilatazioni e traslazioni della Gaussian wavelet

sia altamente concentrata come nel caso A parte il fattore di fase, se pensiamo che anche (a) ` dellonda gaussiana, quando a 0, la funzione e sempre meno concentrata. In altro modo ci accorgiamo che per a 0 recuperiamo le frequenze grandi comprese nel segnale f . Un altro modo in cui possiamo scrivere la trasformata wavelet ` e adoperando la convoluzione. Introduciamo la seguente notazione: data una funzione g in L2 (R), deniamo la funzione g mediante la formula g (x) = g (x) x R. Risulta (W f )(a, b) =
R

f (x)

xb a

a1/2 dx = f a, 0 (b).

Valgono le seguenti relazioni di ortogonalit` a. Teorema 3.3 (Relazioni di ortogonalit` a). Se ` e in L2 (R) e soddisfa la condizione di ammissibilit` a + + 2 d ( )|2 d (3.2) | ( )| = | 0 0 allora per ogni f1 e f2 in L2 (R) vale
+ 0 R

W f1 (a, b) W f2 (a, b)

db da = C f1 , f2 , a2

dove C ` e il valore comune dei due integrali della formula (3.2).

3.2 La CWT

99

Dimostrazione. Supponiamo che f1 e f2 siano ad esempio di Schwartz (il caso generale segue per densit` a). Abbiamo osservato che la trasformata wavelet ` e una convoluzione. Precisamente W f (a, b) = f a, ( b ). Quindi per ogni a > 0 ssato, siccome a, e in L2 (R) 0 0 ` ef ` e integrabile, si ha che b W f (a, b) in L2 (R).
Calcoliamo la trasformata di a, e facile controllare che ( ) = e 0 : per ogni di Schwartz ` per la formula di Plancherel polarizzata si ha a, 0 , = a,0 , = a,0 , =

a,0 (x) (x) dx


R

=
R

(x/a) a1/2 (x) dx = a1/2

(t) (at) dt

= a1/2 , a

()

dove a (x) = a1 (x/a)


R

= a1/2 , a () = a1/2 , a = a1/2


1/2 (a ). Quindi a, 0 ( ) = a

(a), . (a ) ( ) d = a1/2

Utilizziamo allora la formula di Plancherel (polarizzata) nellintegrale su R rispetto alla variabile b. Risulta + + db da db da f1 a, W f (a, b)W f2 (a, b) 2 = 0 (b) f2 a,0 (b) a a2 0 R 0 R + d da f1 a, = 0 ( ) f2 a,0 ( ) a2 0 R + (a ) f2 ( ) a1/2 (a ) d da = f1 ( ) a1/2 a2 0 R + (a )|2 da d | = f1 ( ) f2 ( ) a 0 R + (sgn( )t)|2 dt d = f1 ( ) f2 ( ) | t R 0 = f1 , f2 C . e integrabile e | |2 ` Si noti che si pu` o applicare Fubini perch e |f e integrabile rispetto a 1 f2 | ` da/a per la condizione di ammissibilit` a (3.2). Siccome W f2 (a, b) = a,b , f2 , ne segue che Teorema 3.4 (Formula di inversione per la trasformata wavelet continua). Se ` e una wavelet ammissibile e C ` e il valore comune degli integrali della formula (3.2), allora per ogni f in L2 si ha la seguente formula di ricostruzione (valida in senso L2 ) 1 f= C
+ 0 R

W f (a, b) a,b

db da , a2

100

Capitolo 3

nel senso che per ogni g in L2 vale 1 f, g = C


+ 0 R

W f (a, b) a,b , g

db da . a2

Osserviamo che si potrebbero adoperare per lanalisi e la sintesi due wavelet distinte. In tal caso si complica un pochino largomento di densit` a e i risultati precedenti diverrebbero Teorema 3.5 (Relazioni di ortogonalit` a e inversione 2). Se 1 e 2 sono in L2 (R) e soddisfano le condizioni di ammissibilit` a (3.3)
0 +

1 ( ) 2 ( )| d < |
+ 0

(3.4)
0

1 ( ) 2 ( ) d =

1 ( ) 2 ( ) d

allora per ogni f1 e f2 in L (R) vale db da = C1 ,2 f1 , f2 , a2 0 R dove C1 ,2 ` e il valore comune dei due integrali della formula (3.4). Inoltre per ogni f in 2 L (R) si ha la seguente formula di ricostruzione (valida in senso L2 ) W1 f1 (a, b)W2 f2 (a, b) f= 1 C1 ,2
2 0 + R +

W1 f (a, b) 2,a,b

db da , a2 db da . a2

nel senso che per ogni g in L (R) vale f, g = 1 C1 ,2


0 + R

W1 f (a, b) 2,a,b , g

Osservazione 3.6. Ovviamente, se prendiamo = 1 = 2 , allora le condizioni (3.3) e (3.4) diventano la condizione di ammissibilit` a (3.2). 2.1. Alcuni scalogrammi. Iniziamo con il comportamento della wavelet analizzante una funzione oscillante con una determinata frequenza. Sia f (x) = cos(x/2) il nostro segnale nellintervallo [5, 5]. Esister` a una scala in cui la wavelet abbia una forma adattabile a quella del coseno. Per questa scala, utilizzando le traslazioni, si passer` a da forte correlazione quando la wavelet e il coseno si trovano in fase, a pressoch e nulla correlazione. Si veda la gura 3.12, in cui abbiamo utilizzato la Mexican Hat wavelet. A scale (sensibilmente) pi` u grandi o pi` u piccole, intervengono le cancellazioni del coseno o della wavelet che rendono i coecienti praticamente nulli. Lo scalogramma che otteniamo sar` a quindi del tipo in Figura 3.13 o 3.14. Si notino le dierenze tra i due scalogrammi, uno ottenuto con la Haar wavelet (pi` u allungato e con quattro lobi rossi) e laltro con la Mexican Hat wavelet.

3.2 La CWT

101

forte correlazione positiva 1 0.5 0 0.5 1 5 1 0.5 0 0.5 1 5

forte correlazione negativa

0 correlazione praticamente nulla

0 correlazione praticamente nulla

1 0.5 0 0.5 1 5

1 0.5 0 0.5 1 5

Figura 3.12. Correlazione a una determinata scala della MexHat wavelet (rosso) e di un coseno (blu)

Analyzed Signal 1 0 1

100

200

300

400

500

600

700

800

900

1000

CWT coseno Ondina di Haar 992 940 888 836 784 732 680 628 576 524 472 420 368 316 264 212 160 108 56 4

x 10 6

Scales

100

200

300

400

500 Time

600

700

800

900

1000

Figura 3.13. Scalogramma della funzione coseno ottenuto con Haar wavelet

Vi ` e una maniera di associare a una determinata scala una pseudo-frequenza; questa corrispondenza dipende ovviamente dalla wavelet scelta. Come in Figura 3.15 e 3.16, possiamo notare che la riga dei massimi disegnata in rosa corrisponde approssimativamente alla scala 8; nella tabella delle corrispondenze, notiamo che per la wavelet adoperata (Mexihan Hat), tale scala corrisponde alla frequenza 30Hz (che eettivamente ` e quella del segnale in input).

102

Capitolo 3

Analyzed Signal 1 0 1

100

200

300

400

500

600

700

800

900

1000

CWT coseno Mex Hat 289 274 259 244 229 214 199 184 169 154 139 124 109 94 79 64 49 34 19 4

x 10

1.5

Scales

0.5

100

200

300

400

500 Time

600

700

800

900

1000

Figura 3.14. Scalogramma della funzione coseno ottenuto con Mexican Hat wavelet

Analyzed Signal 1 0 1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9
3

Scalogram Percentage of energy for each wavelet coefficient 15.25 14.25 13.25 12.25 11.25 10.25 9.25 8.25 7.25 6.25 5.25 4.25 3.25 2.25 1.25 0.25 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 Time (or Space) b 0.7 0.8 0.9

x 10 7 6 5 4 3 2 1

Scales a

Figura 3.15. La trasformata wavelet (MexHat) di un segnale con frequenza 30Hz

3.2 La CWT

103

Correspondence Table of Scales and Frequencies 80 60 Frequency 40 20 0

8 Scale

10

12

14

16

Figura 3.16. La tabella di corrispondenza scale-pseudofrequenze per la Mexican Hat wavelet

Totalmente diverso ` e invece lo scalogramma e lassegnazione della corrispondenza scalapseudofrequenza che si ottiene con la Morlet wavelet. Lo scalogramma assomiglia di pi` u al risultato della trasformata di Gabor (si vedano le gure 3.17 e 3.18).
Correspondence Table of Scales and Frequencies 200

150 Frequency

100

50

8 Scale

10

12

14

16

Figura 3.17. La tabella di corrispondenza scale-pseudofrequenze per la Morlet wavelet

Le gure che seguono mostrano gli scalogrammi relativi a segnali che contengono due frequenze. In particolare, nella gura 3.19 mostriamo lo scalogramma del segnale f (x) = sin(60x) + sin(140x), con durata 1 secondo. Questo segnale ` e la somma di due sinusoidi, una con frequenza 30Hz e laltra con frequenza 70Hz. Lo scalogramma ` e stato ottenuto con la Morlet wavelet; pi` u netto ` e il contributo della frequenza pi` u bassa (che corrisponde a una scala pi` u alta), ma le frequenze vengono ben separate e appaiono nettamente. Nella gura 3.20 mostriamo invece un brusco cambiamento nella frequenza di un segnale. La wavelet adoperata ` e quella gaussiana. Il segnale per 1/4 di secondo ` e un seno con frequenza 10Hz e improvvisamente cambia frequenza e si porta a 40Hz.

104

Capitolo 3

Analyzed Signal 1 0 1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9
3

Scalogram Percentage of energy for each wavelet coefficient 15.25 14.25 13.25 12.25 11.25 10.25 9.25 8.25 7.25 6.25 5.25 4.25 3.25 2.25 1.25 0.25 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 Time (or Space) b 0.7 0.8 0.9

x 10 6 5 4 3 2 1

Nella gura 3.21 esaminiamo lo scalogramma della funzione gradino, che presenta una discontinuit` a a salto nellorigine. La wavelet adoperata ` e quella gaussiana. In corrispondenza della discontinuit` a si viene a formare un cono, la cui ampiezza diventa sempre pi` u piccola alle scale basse. Queste caratteristiche si comprendono facilmente se pensiamo a come ` e denita la trasformata wavelet: a una scala ssata, quando la wavelet si trova lontano dal salto, avr` a correlazione nulla con la funzione salto, perch e la wavelet ha media nulla. Diversa ` e la situazione quando invece parte della wavelet si trova da una parte del salto e parte dallaltro: in questa situazione la correlazione sar` a forte (eventualmente, come nel caso della Mexican hat wavelet o di wavelet pari, quando il centro della wavelet si trova in esatta corrispondenza con il salto, ci sar` a contributo nullo). Inne questo processo ` e identico, ma si svolge in uno spazio pi` u piccolo quando si trattano le scale piccole, mentre si svolge in uno spazio pi` u grande quando le scale sono grandi. A questo ` e dovuta la forma a cono. Tutti questi scalogrammi risentono dei cosiddetti side eects: ai lati lo scalogramma non ` e adabile, perch e per calcolare la trasformata wavelet in questi punti occorre prolungare il segnale a un intervallo pi` u grande.

Scales a

Figura 3.18. La trasformata wavelet (Morlet) di un segnale con frequenza 100Hz

3.2 La CWT

105

Correspondence Table of Scales and Frequencies 150

Frequency

100

50

10

15

20

25 Scale
Analyzed Signal

30

35

40

2 0 2 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9

Scalogram Percentage of energy for each wavelet coefficient 39.5 37.75 36 34.25 32.5 30.75 29 27.25 25.5 23.75 22 20.25 18.5 16.75 15 13.25 11.5 9.75 8

x 10 18 16 14 12 10 8 6 4 2

Scales a

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5 Time (or Space) b

0.6

0.7

0.8

0.9

Figura 3.19. La trasformata wavelet (Morlet) di un segnale con due frequenze

Solitamente si pone il segnale nullo al di fuori dellintervallo, oppure lo si prolunga costante agli estremi, oppure lo si periodicizza. In tutti i modi, spesso vengono introdotte delle asperit` a che non corrispondono al vero segnale. 2.2. Rettangoli di Heisenberg. Consideriamo una wavelet reale e simmetrica, in sia reale e simmetrica e valutiamo il valore atteso del tempo (|a,b |2 ) modo che anche della densit` a di probabilit` a |a,b |2 e il suo discostamento da tale valore atteso. Per semplicit` a 2 indichiamo con la varianza (| | ). Si ha (|a,b |2 ) = 2 (|a,b |2 ) =
R R

x |a,b (x)|2 dx =
R

(au + b) | (u)|2 du = b

(x b)2 |a,b (x)|2 dx =

(au)2 | (u)|2 du = a2 2 (| |2) = a2 2 .

(0) = 0, cosicch sia Supponiamo anche che sia ammissibile e e possiamo pensare che non nulla in una sorta di anello simmetrico rispetto a 0. Quindi, anzich e cercare il valore 2 atteso della frequenza della densit` a di probabilit` a |a,b | (che sarebbe 0), ci limitiamo a cercare il valore atteso della frequenza restringendoci a una parte dellanello, ad esempio

106
Correspondence Table of Scales and Frequencies 60 Frequency

Capitolo 3

40

20

20

40

60 Scale

80

100

120

Analyzed Signal 1 0 1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

Scalogram Percentage of energy for each wavelet coefficient 127 120 113 106 99 92 85 78 71 64 57 50 43 36 29 22 15 8 1 0.02

0.015

Scales a

0.01

0.005

0.1

0.2

0.3

0.4 0.5 0.6 Time (or Space) b

0.7

0.8

0.9

Figura 3.20. La trasformata wavelet (gaussian) di un segnale con due frequenze una di seguito allaltra

quella positiva, ovvero consideriamo la densit` a di probabilit` a a,b denita da 2|a,b ( )|2 0 0 <0

a,b ( ) =

= ( ). Si ha Per semplicit` a scriviamo (a,b ) = 2


0

|a,b ( )|2 d = 2

(a )|2 d = 2 a | a

( )|2 d = 1 . | a

3.2 La CWT

107

Analyzed Signal 1 0 1 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8

Scalogram Percentage of energy for each wavelet coefficient 31 29 27 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1 1 0.16 0.14 0.12 0.1 0.08 0.06 0.04 0.02 0.8 0.6 0.4 0.2 0 Time (or Space) b 0.2 0.4 0.6 0.8

Figura 3.21. La trasformata wavelet (gaussian) di una discontinuit` a a salto

Il discostamento dalla frequenza attesa ` e 2 (a,b ) = 2


0 0 1 2 ) |a,b ( )|2 d = 2 ( a 0

Scales a

)2 (a (a )|2 d | a

=2

)2 ( ( )|2 d = 1 2 ( ). | a2 a2

1 ) e con lati di Quindi il rettangolo che associamo a a,b ` e un rettangolo centrato in (b, a 1 lunghezza a nella direzione dei tempi e lunghezza a ( ) nella direzione delle frequenze.

La situazione che si presenta ` e quindi quella di rettangoli le cui dimensioni variano al variare della scala. Precisamente, le dimensioni del rettangolo relativo alla wavelet scelta sono invariate per spostamenti in tempo, mentre variano al variare della scala, mantenendo la stessa area: a scale pi` u grandi il rettangolo risulta pi` u largo in tempo e pi` u stretto intorno a una bassa frequenza, viceversa a scale piccole il rettangolo risulta pi` u stretto in tempo e pi` u largo intorno a unalta frequenza. Si veda la gura 3.22. Si noti che invece i rettangoli di Heisenberg relativi alla STFT sono sempre uguali, indipendentemente da dove essi vengano centrati. 2.3. Un confronto tra STFT e CWT. In questo esempio confrontiamo lanalisi di Gabor con nestra gaussiana con lanalisi tramite la wavelet di Morlet (che ` e quella che ha la forma pi` u simile). Scopo di questo esempio ` e di far vedere la essibilit` a dellanalisi tramite la trasformata wavelet, che permette di trattare simultaneamente e con buona approssimazione sia fenomeni molto localizzati, come due impulsi molto vicini, sia fenomeni pi` u ampi, come due sinosoidi. Il segnale che analizziamo, durata 2 secondi e campionato a 1/8000 di sec, ` e la somma di due sinusoidi, una di 500Hz e una di 1kHz, pi` u due impulsi, molto vicini, uno al tempo

108

Capitolo 3

1 4

) 4 (

1 2 ) ( 2
1 ) ( 2

Figura 3.22. Rettangoli di Heisenberg per la CWT: in verde il rettangolo corrispondente a 1,2 , in rosso quello relativo a 1/4,2 ; in blu quello corrispondente a 2,6

t1 = 0, 625 e laltro al tempo t2 6, 25 millisecondi pi` u tardi f (t) = sin(2 500 t) + sin(2 1000 t) + 4.5 t1 (t) + 4.5 t2 (t).

4 3 2 1 0 1 2 0.58 0.6 0.62 0.64 0.66 0.68 0.7

Figura 3.23. Un segnale con due frequenze e due impulsi

Lanalisi di Gabor con nestra gaussiana 128 non separa i due impulsi, ma separa molto bene le frequenze delle due sinusoidi (gura 3.24 in alto). Restringendo la nestra a 64, iniziano a distinguersi i due impulsi, ma peggiora la situazione con le frequenze, che risultano pi` u sparse (gura 3.24 in basso). Con la nestra di dimensione 32 si vedono bene i due impulsi, ma le frequenze sono indistinguibili (gura 3.25 in basso) e il costo computazionale ` e alto. Lo scalogramma che otteniamo con la wavelet di Morlet e pochissime scale (solo 6 dilatazioni) ` e nella gura 3.26 e ha costo computazionale molto basso.

3.2 La CWT

109

Figura 3.24. Trasformate di Gabor del segnale di gura 3.23 con nestra di dimensione 128 in alto, di dimensione 64 in basso.

Figura 3.25. Trasformata di Gabor del segnale di gura 3.23 con nestra di dimensione 32.
CWT 0 10 20 Scales 30 40 50 60 70

0.2

0.4

0.6

0.8

1 Time

1.2

1.4

1.6

1.8

Figura 3.26. Trasformata wavelet continua di note e impulsi.

110

Capitolo 3

Nota 1. Importante per le applicazioni come per la STFT ` e il fatto che ancora si 2 ottiene che lo spazio {W f : f L } ` e uno spazio con un nucleo riproducente (si veda il libro di I. Daubechies [3], p. 31).

2.4. Studio della regolarit` a. Una delle pi` u importanti applicazioni della trasformata wavelet ` e nellindividuazione delle singolarit` a di un segnale. Se supponiamo che la wavelet abbia media nulla, il valore della trasformata wavelet W f (a, b) misura la variazione di f in un intorno di b di ampiezza a. Siccome una funzione liscia in b cambia poco in un intorno piccolo di b, la trasformata wavelet di una funzione liscia dovrebbe essere piccola alle scale piccole. Viceversa, a una singolarit` a dovrebbe corrispondere un grosso cambiamento di f e quindi dovremmo ottenere valori grandi della trasformata wavelet. Per rendere pi` u precise le considerazioni precedenti, supponiamo che la wavelet abbia supporto compatto e m momenti nulli, ovvero supponiamo che xk (x) dx = 0
R

k = 0, . . . , m 1.

Supponiamo inoltre che il segnale f in un intorno di un punto b soddis la seguente stima in un opportuno intorno di b: (3.5) f (x)
m1 k =0

f (k) (b) (x b)k K |x b|m k!

x (b , b + ).

Ad esempio, se f ` e un segnale reale di classe C m (o anche leggermente meno), per la formula di Taylor con resto di Lagrange tale stima ` e soddisfatta. Allora, siccome ogni dilatata di ha ancora m 1 momenti nulli, possiamo scrivere |W f (a, b)| = f (x) a,b (x) dx
R

= a1/2
R

f (x)

x b a

dx

= a1/2
R

f (t + b) (t/a) dt f (t + b) f (x) f (x)


m1 k =0

=a

1/2 R

f (k) (b) k t k!

(t/a) dt
x b a

= a1/2
R

m1 k =0

f (k) (b) (x b)k k!

dx dx.

a1/2

m1 k =0

f (k) (b) (x b)k k!

x b a

3.3 Analisi Multi-Risoluzione (MRA)

111

La wavelet ` e centrata e a supporto compatto, quindi possiamo pensare che il suo supporto sia contenuto nellintervallo simmetrico [A, A]. Quindi lultimo integrale ` e esteso alla reb gione | x | A . Se a ` e abbastanza piccolo, ovvero aA < , allora tale regione ` e contenuta a nellintorno dove vale la stima del resto enunciata, quindi |W f (a, b)| K a1/2 |x b|m
x b a

dx = K am+1/2
R

|t|m | (t)| dt.

In particolare, a W f (a, b) tende a zero per a 0 con ordine m + 1/2. Viceversa, se ` e a supporto compatto e con m momenti nulli e vale una stima analoga su W f , allora f soddisfa la (3.5). Nella gura 3.27 esaminiamo gli scalogrammi della funzione gradino, che non ` e continua nellorigine, e della funzione triangolo, che presenta una punto di non derivabilit` a nellorigine. La wavelet adoperata ` e il Mexican Hat. In entrambi i casi, in corrispondenza dellorigine si viene a formare un cono, la cui ampiezza ` e trascurabile alle scale basse. Si noti che lampiezza del cono relativa alla funzione gradino ` e pi` u grande (inoltre al centro del cono si evidenzia una riga blu dovuta al fatto che la Mexican Hat wavelet ` e pari).

3. Analisi Multi-Risoluzione (MRA) Nelle applicazioni ` e ovviamente necessaria una discretizzazione. Si tratta di un problema molto delicato, perch e non tutte le scelte delle discretizzazioni dei parametri a, b portano a algoritmi buoni. Vediamo quella che ` e una sorpresa, ovvero il fatto che esistono wavelet per cui la famiglia delle dilatate tramite potenze diadiche e traslate di interi risulta una base ortonormale di L2 (R). Queste wavelet si chiamano wavelet ortonormali. Un modo standard per generare wavelet ortonormali ` e quello dellanalisi multirisoluzione. Ne nasce un algoritmo ricorsivo, che rende molto ecace la programmazione. Per maggiori dettagli su questa sezione si vedano i libri di Hernandez e Weiss [6] e di Soardi [11].

3.1. Basi di Riesz. Definizione 3.3. Diciamo che {xk : k Z} ` e una base di Riesz per lo spazio di Hilbert H, se: per ogni x in H esiste una successione (k ) in 2 (Z) tale che x = serie convergente in H;
k Z k

xk con

112

Capitolo 3

Analyzed Signal 1 0 1 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8

Scalogram Percentage of energy for each wavelet coefficient 31 29 27 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1 1 0.08

Scales a

0.06

0.04

0.02

0.8

0.6

0.4

0.2 0 0.2 Time (or Space) b

0.4

0.6

0.8

Analyzed Signal 1 0.5 0 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8

Scalogram Percentage of energy for each wavelet coefficient 31 29 27 25 23 21 19 17 15 13 11 9 7 5 3 1 1 0.2

0.15

Scales a

0.1

0.05

0.8

0.6

0.4

0.2 0 0.2 Time (or Space) b

0.4

0.6

0.8

Figura 3.27. La trasformata wavelet (Mexican Hat) di una funzione con discontinuit` aa salto (sopra) e con un punto di non derivabilit` a (sotto)

esistono due costanti A, B > 0 tali che se x ha come sopra la decomposizione x = kZ k xk , allora A
k

| k | 2 x

2 H

| k | 2 .

3.3 Analisi Multi-Risoluzione (MRA)

113

Ovviamente una base ortonormale ` e una base di Riesz con A = B = 1. 3.2. MRA. UnAnalisi Multi-Risoluzione (MRA) ` e una successione (Vj )j Z di sot2 tospazi chiusi di L (R) tali che (1) (2) (3) (4) (5) Vj Vj +1 per ogni j Z; per ogni j Z vale: f Vj se e solo se f (2) Vj +1 ; j Z Vj = {0} ; j Z Vj = L2 (R) ; esiste una funzione in V0 tale che la famiglia {k } sia una base ortonormale di V0 . Tale funzione si chiama funzione di scala.

Vedremo che non tutte le condizioni sono indipendenti. Talvolta la condizione (5) viene rimpiazzata da una pi` u debole: (5) esiste una funzione in V0 tale che la famiglia {k } sia una base di Riesz per V0 . In questo caso, parleremo di MRA con base di Riesz. Come vedremo, la condizione (5) non ` e realmente pi` u restrittiva della (5), nel senso che se abbiamo una MRA con base di Riesz allora tale MRA pu` o essere anche realizzata con unaltra funzione di scala le cui traslate forniscono una base ortonormale. Esempio 3.7. Per j Z deniamo Vj = {f : f ` e costante su [2j k, 2j (k + 1)], k Z} = e una MRA. Possiamo scegliere come funzione di scala span 1[2j k,2j (k+1)] . Si verichi che ` = 1[1,0] (oppure = 1[0,1] ,...) La dicolt` a maggiore risiede nel provare la (4). Una possibilit` a ` e adoperare un criterio successivo, il Teorema 3.10. Si noti che, posto j,k (x) = 2j/2 (2j x k ), allora la funzione 0,k = k ` e in V0 e quindi j,k ` e in Vj . Inoltre, al variare di k , le j,k formano una base ortonormale di Vj . Ma non ` e vero che le j,k formano una base ortonormale di L2 (R) se facciamo variare j e k , perch e i sottospazi Vj sono uno contenuto nellaltro e non vi ` e ragione di dire che a diverse scale queste funzioni siano ortogonali. Osservazione 3.8. Sia (Vj ) una successione di sottospazi chiusi con le propriet` a (1) e (4) e 2 denotiamo con Pj : L (R) Vj il proiettore ortogonale sullo spazio Vj . Allora per ogni f in L2 (R) (1 Pj )f 2 0. 2
j +

Infatti se f ` e in L2 (R), per la (1) e la (4), esiste una successione (fj ), con fj in Vj , tale che f fj 2 0. Daltra parte f Pj f 2 f fj 2 0.
j + j

114

Capitolo 3

Analizziamo pi` u in dettaglio le altre condizioni. Teorema 3.9. Le condizioni (1), (2) e (5) implicano la (3). Dimostrazione. Per assurdo, sia f un elemento non nullo di Vj . Possiamo supporre che f 2 = 1. Dal fatto che, per j ssato, f ` e in Vj , segue che fj (x) = 2j/2 f (2j x) V0 fj
2

= f

= 1.

Possiamo quindi rappresentare la funzione fj tramite la base di Riesz generata dalla funzione di scala mediante una serie convergente in L2 (R) fj (x) =
k Z j k (x k )

con la condizione A
k Z j 2 | k | fj 2 2

= 1.

Quindi, passando alla trasformata di Fourier, (2j ) = f j ( ) = 2j/2f


k Z j k k ( ) = k Z j 2ik k e ( ) = mj ( ) ( )

dove mj ` e una funzione periodica di periodo 1 e, per la formula di PlancherelParseval, j mj L2 [0,1] = (k )k 2 1/A. ( ) = 2j/2 f j (2j ) = 2j/2 mj (2j ) In altri termini, si ha f (2j ) e quindi per ogni j 1
2 1

( )| d 2j/2 |f = 2j/2

2 1

1/2

2 1

1/2

| (2 )| d
2j +1 2j 1/2

|mj (2 )| d
2j +1 2j 1/2

| ( )|2 d
1/2 2

|mj ( )|2 d
1/2 2

2j 2j 2j

| ( )| d
1/2

1 2j 1 2j

2j +1 2j 2j 1 =0

|mj ( )| d
2j ++1 2j +

| ( )|2 d
1/2

| ( )|2 d

1/ A

|mj ( )|2 d

1/2

perch e ciascun addendo ` e minore o uguale a 1/A. Siccome L2 , passando al limite per ( ) = 0 q.o. su [1, 2]. j + otteniamo che f Ripetendo lo stesso ragionamento sulla funzione f , che anchessa sta nellintersezione dei Vj si ottiene f ( ) = 0 q.o. su [1, 2], quindi f ( ) = 0 q.o. su (0, ).

3.3 Analisi Multi-Risoluzione (MRA)

115

( ) = 0 q.o. su Ragionando in maniera analoga a partire dallintervallo [2, 1] otteniamo f (, 0). Ma allora non pu` o essere f 2 = 1. Teorema 3.10. Sia (Vj ) una successione di sottospazi chiusi di L2 (R) tale che valgano (1), (2) e (5). Supponiamo inoltre che la funzione di scala sia tale che | | ` e continua in 0. Allora le aermazioni seguenti sono equivalenti: i) (0) = 0 ii) Inoltre, se vale i) o ii), allora | (0)| = 1. vale (4), ovvero Vj ` e denso in L2 .

Dimostrazione. Iniziamo a provare che da i) segue ii). Supponiamo che (0) = 0. Poniamo W = Vj . Il nostro scopo ` e provare che W = {0}. Iniziamo a vericare che W ` e invariante per traslazioni. Prima verichiamo che ` e invariante per quelle diadiche del tipo 2 m con , m Z. Prendiamo f in W . Per ogni > 0 esistono j0 in Z e h in Vj0 tali che f h 2 < . Siccome i Vj sono uno contenuto nellaltro, h sta in Vj per ogni j j0 e quindi possiamo scrivere h(x) =
k Z

ck 2j/2 (2j x k )

con ck = h, j,k e serie convergente in L2 (R). Quindi (2 m h)(x) =


k Z

ck 2j/2 (2j (x 2 m) k ) =

k Z

ck 2j/2 (2j x 2j m k ).

Se prendiamo j , allora (2j x 2j m k ) ` e un elemento di Vj , perch e ` e del tipo (2j x k ) con k Z. Inoltre la serie converge in L2 (R), quindi 2 m h ` e in Vj . Ne segue che 2 m f ` e ancora in W , perch e 2 m f 2 m h
2

= f h

< .

Se x ` e reale, allora possiamo trovare m, interi tali che 2 m ` e arbitrariamente vicino a x. Quindi, per la continuit` a delle traslazioni x f 2 m f 2 < . Quindi W ` e invariante per traslazioni generali. Siccome (0) = 0 e | | ` e continua in 0, allora ( ) = 0 per ogni in (, ) con > 0 opportuno. Supponiamo che g sia in W ; allora, utilizzando linvarianza per traslazioni di W risulta 0 = x f, g = f (t + x) g (t) dt
R

per ogni x reale e per ogni f in W . Per la formula di Plancherel (polarizzata) 0 = x f , g = ( ) g e2ix f ( ) d
R

x R.

g ( ) Siccome f ` e integrabile, questo vuol dire che f g ( ) = 0 per q.o. .

116

Capitolo 3

Se scegliamo in particolare come funzioni f in W quelle del tipo f (x) = 2j (2j x), con j ( ) = intero, si ha f (2j ) e quindi otteniamo (2j ) g ( ) = 0 q.o. Siccome (2j ) = 0 quando (2j , 2j ), si ha g ( ) per q.o. (2j , 2j ). Se facciamo ora tendere j , ne ricaviamo che g = 0. Viceversa, supponiamo che valga ii), ovvero L2 (R) = j Z Vj e mostriamo che segue i). Sia = 1[1/2,1/2] . Allora f tale che f 2 f 2 2 = f 2 = 1. Inoltre, come visto nellosservazione 3.8, se denotiamo con Pj il proiettore ortogonale sullo spazio Vj , si ha (1 Pj )f 2 0. 2
j

j Z.

Quindi Pj f di Vj quindi (3.6)

f
j

2.

Per la (2) e la (5), le funzioni j,k formano una base ortonormale


2

Pj f

2 2

=
k Z

f, j,k j,k
2

f
j

= 1.

Calcoliamo questo limite in un altro modo. Per la formula di Plancherel e dal fatto che = 1[1/2,1/2] abbiamo f Pj f
2 2

=
k Z

| f, j,k |2 , j,k f
2

=
k Z

1/2

=
k Z 1/2 j k Z

2j/2 e
2(j +1)

2ik 2j

(2j ) d
2

=2

e
2(j +1)

2ik

( ) d .

Se j ` e grande, lintervallo [2(j +1) , 2(j +1) ] ` e contenuto in [1/2, 1/2] e quindi lultimo integrale che abbiamo scritto ` e il (k )-esimo coeciente della serie di Fourier della funzione 1[2(j+1) ,2(j+1) ] . Quindi per la formula di Parseval
2

Pj f

2 2

=2 =2 =

j k Z j

(k ) 1[2(j+1) ,2(j+1) ] | ( )|2 d


j

2j +1

2(j +1) 1/2 j 1/2

| (2 )|2 d | (0)|2 ,

perch e | | ` e continua in 0. Per la (3.6), ne concludiamo che | (0)| = 1 = 0.

3.3 Analisi Multi-Risoluzione (MRA)

117

Se ripercorriamo la dimostrazione appena fatta, ci accorgiamo che in realt` a abbiamo dimostrato due fatti leggermente pi` u forti. Corollario 3.11. Supponiamo che valgano le condizioni (1), (2), (5) e inoltre esista > 0 tale che ( ) = 0 su (, ). Allora vale la (4). Corollario 3.12. Se (Vj ) ` e una MRA con base ortonormale, allora
j

lim

1 2j +1

2j 2j

| ( )|2 d = 1.

Analizziamo ora la condizione (5 ) e mostriamo che una MRA con base di Riesz non ` e un concetto realmente pi` u debole. Un criterio molto importante per stabilire quando le traslate intere di una funzione forniscano un sistema ortonormale ` e il seguente. Proposizione 3.13. Sia g in L2 (R). Le traslate intere di g formano un sistema ortonormale se e solo se |g ( + k )|2 = 1 q.o. R.
k Z

Dimostrazione. Supponiamo che le traslate intere di g formino un sistema ortonormale. Allora k,0 =
R

g (x) g (x k ) dx |g ( )|2 e2i k d


+1 1 0

=
R

=
Z

|g ( )|2 e2i k d |g ( + )|2 e2i k d |g ( + )|2 e2i k d.

=
Z 1

=
0 2i k Z

Siccome e al variare di k sono una base ortonormale di L2 [0, 1] deve risultare ( + )|2 = 1 q.o. Z |g Viceversa, si ripercorrono le stesse uguaglianze e si arriva alla tesi. Si noti che lo scambio tra serie e integrale si pu` o giusticare tramite il Teorema di Fubini e 1 Tonelli; infatti, dai calcoli che abbiamo fatto, ` e nito g 2 ( + )|2 d. 2 = 0 Z |g Unimportante conseguenza, che limita la scelta di funzioni di scala, ` e la seguente.

118

Capitolo 3

Corollario 3.14. Sia g una funzione in L2 (R), le cui traslate intere formino un sistema ortonormale. Allora |supp( g )| 1. Luguaglianza vale se e solo se |g | ` e la funzione caratteristica di un insieme misurabile K di R di misura 1. Dimostrazione. Si noti che g 2 = 1 = g 2 . Inoltre dalla proposizione 3.13 k )|2 = 1 per q.o. R, quindi |g ( )| 1 q.o. Ne deduciamo che |supp( g )| =
supp( g)

( + k Z |g

1 d

|g ( )|2 d = 1.

Supponiamo ora che |supp( g )| = 1 (laltra implicazione ` e banale) e, per assurdo, supponiamo che |g | non sia una funzione caratteristica, ovvero che 0 < |g ( )| < 1 su un qualche insieme E di misura positiva. Allora arriviamo a una contraddizione: 1= g
2 2

=
supp( g)

|g ( )|2 d =

+
E supp( g )\E

< |E | + |supp( g ) \ E | = |supp( g )| = 1 .

Quindi |g ( )| = 1 sul suo supporto, ovvero |g | ` e la funzione caratteristica di K = supp( g) e 2 ovviamente |K | = g 2 = 1 per lortonormalit` a di g . Come dicevamo, la condizione (5) non ` e realmente pi` u debole della (5). Tuttavia vedremo che linteresse verso le basi di Riesz ` e nelle applicazioni. Teorema 3.15. Se vale (5) allora si pu` o trovare una funzione di scala in V0 le cui traslate formino una base ortonormale. Il teorema discende abbastanza agevolmente dal fatto seguente. Lemma 3.16. Supponiamo che in L2 (R) sia tale che {k : k Z} sia una base di Riesz con costanti A e B dello spazio da loro generato. Inoltre deniamo
1/2

( ) = Allora A ( )
k Z

| ( + k )|

B per q.o. R.

Dimostrazione del Lemma 3.16. Notiamo innanzi tutto che la funzione ` e sempre ben denita quando ` e di quadrato integrabile, perch e
[0,1]

| ( )|2 d =

[0,1] k Z

| ( + k )|2 d =

k Z

[k,k +1]

| ( )|2 d = 2 2,

quindi | ( )| < per quasi ogni . Sia c = (ck ) una successione in 2 (Z) e poniamo Sc =
k

ck 0,k

3.3 Analisi Multi-Risoluzione (MRA)

119

Siccome {k k Z} ` e una base di Riesz, si ha A


k

| c k | 2 Sc

| ck | 2 .

Notiamo che c ( ) = S
k

ck e2ik ( ) = c ( ) ( )
2 L2 [0,1]

dove c ` e una funzione 1periodica e in L2 sul periodo con c il teorema di Plancherel e per quello di Tonelli, Sc
2 2

|ck |2 . Inoltre per

c = S

2 2

=
R

|c ( ) ( )|2 d
k +1 k

=
k 1

|c ( ) ( )|2 d | ( + k )|2 d

=
0 1

|c ( )|2

=
0

|c ( ) ( )|2 d.

Allora = c ( ) ( ) nel modo seguente A c

Sc 2 2

2 L2 [0,1]

e la propriet` a di essere base di Riesz pu` o essere riscritta c


2 L2 [0,1]

2 L2 [0,1]

Scegliamo ora la successione c in modo che c ( ) = [0, 1]. Allora |c ( )|2 =


m1 j =m+1

B c
1 m

2 L2 [0,1] . m1 2ik ( ) , k =0 e

dove ` e ssato in

|j | m

e2ij () =

1 m

sin(m( )) sin( ( ))
L2 [0,1]

= Km ( )

` banale controllare che c e Km ` e il nucleo di Fej er. E essere base di Riesz diventa (3.7)
2 A (Km )( ) B

= 1 e quindi la propriet` a di

2 Siccome il nucleo di Fej er ` e unidentit` a approssimata e ` e in L2 ([0, 1]) L1 ([0, 1]), si ha 2 2 (Km )( ) ( ) per q.o. . La tesi segue facendo tendere m a innito nella (3.7). m

q.o. [0, 1].

Dimostrazione del Teorema 3.15. Deniamo la funzione ponendo = / . Siccome ` e limitata dallalto e dal basso con costanti positive, si ha 1 1 1 0< per q.o. ( ) B A e quindi ` e in L2 . Ne concludiamo che anche ` e in L2 . Inoltre per la denizione di 1 | ( + k )|2 = 1. | ( + k )| 2 = 2 ( ) k Z k Z Per la Proposizione 3.13, le traslate intere di formano un sistema ortonormale.

120

Capitolo 3

Inne, siccome e 1/ sono funzioni limitate e periodiche di periodo 1 possiamo trovare le loro serie di Fourier: esisteranno due successioni (ak ) e (bk ) in 2 (Z) tali che 1 bk e2ik , ak e2ik e ( ) = = ( ) kZ k Z con convergenza in L2 [0, 1]. Quindi ( ) ( ) = = ( ) ak e2ik ( ) k Z (x) =
k Z

( ) = ( ) ( ) = ( )
k Z

bk e2ik .

Invertendo la trasformata di Fourier otteniamo ak 0,k (x) e (x) =


k Z

bk 0,k (x),

e in sp {0,k : k Z}. ovvero ` e in sp {0,k : k Z} = V0 . Inoltre (e le sue traslate intere) ` Quindi sp {0,k : k Z} = sp {0,k : k Z} = V0 e le traslate intere di formano una base ortonormale di V0 . 4. Wavelet generate da una MRA Vediamo ora come costruire le wavelet a partire da una MRA con base ortonormale. Le wavelet che costruiremo sono wavelet ortonormali, ovvero Definizione 3.4. Una funzione in L2 (R) si dice wavelet ortonormale se {j,k : j, k Z} ` e una base ortonormale di L2 (R) dove j,k (x) = 2j/2 (2j x k ) . Sia W0 il complemento ortogonale di V0 in V1 : ovvero V0 ` e un sottospazio chiuso di V1 , quindi V1 = V0 V0 e poniamo W0 = V0 . Si noti che W0 ` e un sottospazio chiuso di V1 . Se dilatiamo gli elementi di W0 per 2j otteniamo un sottospazio chiuso Wj di Vj +1 tale che Inoltre la somma diretta ` e ancora ortogonale, perch e se f ` e in Vj e g ` e in Wj , allora f (2j ) j e g (2 ) sono in V0 e W0 rispettivamente e quindi Quindi Wj ` e il dilatato di W0 , ma ` e anche il complemento ortogonale di Vj in Vj +1. Siccome Vj {0} quando j , ci aspettiamo che f, g = 2j f (2j ), g (2j ) = 0. Vj +1 = Vj Wj .

Inne Vj L2 (R) quando j +, quindi sembra sensato concludere che Questa decomposizione ` e molto interessante, perch e` e ortogonale. Infatti, se j < k , allora Vk+1 = Wk Vk e Wj ` e contenuto in Vk . L2 (R) = Wj .

Vj +1 = Vj Wj = Vj 1 Wj 1 Wj = . . . = j h= Wh

3.4 Wavelet generate da una MRA

121

Il nostro scopo diventa quello di trovare in W0 le cui traslate intere formino una base ortonormale di W0 . Infatti se la troviamo, allora j,k al variare di k formano una base ortonormale di Wj e al variare anche di j di L2 (R), visto che i Wj sono ortogonali. 4.1. Risoluzione e dettagli. Data una MRA (Vj )j , abbiamo denotato con Pj la proiezione da L2 (R) sullo spazio a risoluzione Vj . Se scegliamo una risoluzione Vj si ha f = Pj +1 f + (1 Pj +1 )f f L2 (R)

e a sua volta Pj +1 f si potr` a ulteriormente proiettare alle risoluzioni pi` u basse. Siccome Vj Vj +1 si ha Pj Pj +1 = Pj +1 Pj = Pj , quindi Pj +1f = Pj Pj +1f + (1 Pj )Pj +1 f = Pj f + (Pj +1 Pj )f da cui in cui i tre addendi sono a due a due ortogonali. Siccome Pj f ` e in Vj , (1 Pj +1)f ` e nel 2 complemento ortogonale di Vj +1 in L (R), laddendo in mezzo rappresenta la proiezione sul complemento ortogonale di Vj in Vj +1, ossia sullo spazio Wj . Indichiamo con Dj la proiezione ortogonale su Wj . Dalla relazione precedente segue che Dj f = (Pj +1 Pj )f . Possiamo pensare a Dj f come al dettaglio da aggiungere a Pj f per passare alla risoluzione pi` u alta. Iterando questo procedimento, per ogni f in L2 (R) e ogni k > 0 otteniamo la decomposizione in addendi ortogonali
k k

f = Pj f + (Pj +1 Pj )f + (1 Pj +1 )f

f = (1 Pk+1 )f + La serie Dj f
2 2

j =k

(Pj +1 Pj )f + Pk f = (1 Pk+1 )f +

j =k

Dj f + Pk f.

j Z

` e convergente, perch e dalla relazione precedente si ricava che


k

Dj f
j =k

2 2

2 2

k Z,

quindi la serie spazio completo.

j Z

Dj f ` e convergente in L2 (R), perch e` e normalmente convergente in uno

Come visto nellosservazione 3.8, per la densit` a di Vj in L2 si ha (1 Pk+1)f

2 2

0.
k +

Quindi anche Pk f converge in L2 (R) a una funzione g ; tale funzione g deve stare in Vj per ogni j , quindi g = 0. Abbiamo cos` pi` u formalmente provato che f ` e una somma in L2 (R)

122

Capitolo 3

di addendi ortogonali f=
j Z

Dj f

ossia L2 (R) = j Z Wj .

4.2. Filtro passa-basso. Consideriamo ora la decomposizione V0 = V1 W1 e si 1 osservi che 2 (/2) ` e in V1 V0 . Siccome le traslate intere di sono una base ortonormale di V0 allora in senso L2 (3.8) dove k =
1 2 1 2 x 2

=
k

k ( x + k ) ,

x 2

(x + k ) dx e la successione (k ) ` e in 2 (Z). Ma allora (2 ) = ( )


k

k e2ik = ( ) m0( ).

Si noti che la funzione m0 che abbiamo appena denito, ossia m0 ( ) =


k

k e2ik

R,

` e una funzione periodica di periodo 1 e in L2 ([0, 1]). La funzione m0 si chiama ltro passabasso associato alla funzione di scala . Esempio 3.17. Continuando lesempio 3.7, Vj = span 1[2j k,2j (k+1)] , scegliamo come funzione di scala = 1[1,0) . Siccome
1 ( x ) 2 2 1 1 =2 1[2,0) (x) = 1 (x) + 2 (x + 1) 2

il ltro passa-basso ` e m0 ( ) = 1 (e2i + 1). 2 Proposizione 3.18. Il ltro passa-basso m0 associato a una funzione di scala di una MRA con base ortonormale ` e in L (R) e soddisfa |m0 ( )|2 + |m0 ( + 1/2)|2 = 1 q.o. . | ( + k )|2 = 1

Dimostrazione. Per la Proposizione 3.13 con g = , otteniamo per q.o. . In particolare per = 2 , abbiamo | (2 + k )|2 = 1 q.o. .

k Z

k Z

Per la denizione del ltro (2 + k ) = (2( + k/2)) = ( + k/2) m0( + k/2) e quindi luguaglianza precedente diventa | ( + k/2)|2 |m0 ( + k/2)|2 = 1 q.o. .

k Z

3.4 Wavelet generate da una MRA

123

Separando la somma con k pari e dispari e usando il fatto che m0 ` e periodica di periodo 1, troviamo 1=
k Z

| ( + k/2)|2 |m0 ( + k/2)|2 | ( + k )|2 |m0 ( + k )|2 +


2 k Z 2 k Z

=
k Z

| ( + k + 1/2)|2 |m0 ( + k + 1/2)|2


k Z

= |m0 ( )|

| ( + k )| + |m0 ( + 1/2)|2
2

| ( + 1/2 + k )|2

= |m0 ( )| + |m0 ( + 1/2)| ,

per la solita Proposizione 3.13. Dalla relazione si ricava |m0 ( )|2 1, quindi m0 ` e limitata quasi ovunque. Una conseguenza di questa propriet` a ` e il fatto che il ltro m0 ( + 1/2) ` e un ltro passa-alto. 4.3. Generazione di wavelet ortonormali. Per determinare cerchiamo di capire meglio come ` e fatto lo spazio W1 . Questo dipende dalla caratterizzazione degli spazi V1 e V0 , che vediamo sul lato della trasformata di Fourier. Premettiamo una osservazione. Proposizione 3.19. Se h L2 [0, 1] ` e 1-periodica e ` e la funzione di scala di una MRA, allora h ` e in L2 (R). |2 d come serie di integrali su intervalli a coorDimostrazione. Basta calcolare R |h dinate intere, usare la periodicit` a di h, il solito criterio 3.13 e il fatto che h ` e in L2 [0, 1]. In formule:
k +1 R

|h( ) ( )|2 d = =

k 1

|h( ) ( )|2 d |h( )|2 | ( + k )|2 d

k 1

=
0

|h( )|2 d.

Lemma 3.20. Sia la funzione di scala della MRA (Vj ) e sia m0 il ltro passa basso associato. Allora ( ) = m(2 ) m0 ( ) V1 = f L2 (R) : f ( ) dove m L2 [0, 1] e 1-periodica ( ) = ( ) V0 = f L2 (R) : f ( ) dove L2 [0, 1] e 1-periodica Si osservi che, siccome m0 ` e limitata, le funzioni m possono essere prese in maniera arbitraria.

124

Capitolo 3

Dimostrazione. Siccome la descrizione di V0 ` e pi` u facile, ci limitiamo a quella di V1 . Si ha che f ` e in V1 se e solo se f (2) ` e in V0 e per la (5) questo avviene se e solo se esiste (ck ) 2 (Z) tale che f (2) = k ck k con serie convergente in senso L2 (R).
1 Ancora, questo ` e equivalente a dire che esiste (ck ) 2 (Z) tale che 2 f(2) = 2 serie convergente in senso L (R), ovvero k ck k

con

( ) = f
k

2ck e4ik (2 ) = m(2 ) m0( ) ( ),


k

dove abbiamo posto m( ) = (ck ) 2 (Z).

2ck e2ik , che ` e una funzione 1-periodica e in L2 [0, 1] perch e

Deniamo un operatore U : V0 L2 [0, 1] ponendo Uf = per f in V0 , dove ` e data dal lemma precedente. ` facile vericare, usando la Proposizione 3.13, che U : V0 L2 [0, 1] ` E e lineare e unitario, quindi f, g L2 (R) = Uf, Ug L2 ([0,1]) f, g V0 . Se f ` e in W1 ` e quindi in V0 e ` e ortogonale a V1 . Il prossimo lemma caratterizza W1 . Lemma 3.21. Si ha ( ) = e2i s(2 ) m0 ( + 1/2) W1 = f : f ( ) dove s L2 [0, 1] e 1-periodica Notiamo che nel passaggio da V0 a V1 abbiamo adoperato il ltro passa-basso m0 , mentre W1 ` e descritto tramite il ltro passa-alto m0 ( + 1/2), quindi ci aspettiamo che V1 contenga la parte con frequenze basse e quindi con le caratteristiche macroscopiche, mentre in W1 sono contenute le frequenze pi` u alte ovvero i dettagli. Dimostrazione. Se f ` e ortogonale a V1 , allora f, g = 0 per ogni g in V1 . Siccome f ` e anche in V0 , utilizzando lisometria U , possiamo dire che = Uf soddisfa
1

0 = f, g = Uf, Ug

L2 ([0,1])

=
0

( ) Ug ( ) d

per ogni g in V1 . Poich e Ug ` e della forma Ug ( ) = m(2 ) m0 ( ) con m 1-periodica e in L2 [0, 1], ne ricaviamo che la condizione di ortogonalit` a diventa
1

( ) m(2 ) m0( ) d = 0
0

m 1-periodica e in L2 [0, 1].

Notiamo che m(2) ` e una generica funzione periodica di periodo 1/2 e L2 [0, 1/2] e possiamo spezzare lintegrale in due parti e usare la periodicit` a di m per ottenere
1/2

0=
0

m(2 ) ( ) m0( ) + ( + 1/2) m0 ( + 1/2) d.

3.4 Wavelet generate da una MRA

125

ovvero, per quasi ogni ssato, i vettori (( ), ( + 1/2)) e (m0 ( + 1/2), m0 ( )) sono linearmente dipendenti.

Anche la funzione tra parentesi quadre ` e L2 [0, 1/2] e ha periodo 1/2; siccome ` e ortogonale a 2 una qualsiasi periodica di periodo 1/2 e L [0, 1/2] deve essere ( ) m0 ( + 1/2) =0 ( ) m0 ( ) + ( + 1/2) m0( + 1/2) = det q.o. ( + 1/2) m0 ( )

Ricordiamo che per la Proposizione 3.18, il vettore (m0 ( + 1/2), m0 ( )) ha modulo 1 per q.o. , quindi ` e non nullo. Allora la condizione di lineare dipendenza diventa il fatto che per quasi ogni ssato esiste una costante ( ) tale che (3.9) In particolare (3.10) ( ) = ( + 1/2) m0 ( + 1/2). (( ), ( + 1/2)) = ( + 1/2) (m0 ( + 1/2), m0 ( )).

Vediamo le propriet` a della funzione . Precisamente, proviamo ora che la funzione ` e in 2 L [0, 1] e ` e periodica di periodo 1. Dalla (3.9) e per la Proposizione 3.18 quindi ` e in L2 [0, 1], perch e lo ` e . |( )|2 = |( + 1/2)|2 + |( + 1)|2 q.o. ,

Inoltre moltiplicando scalarmente la (3.9) per (m0 ( + 1/2), m0 ( )) otteniamo ( )m0 ( + 1/2) ( + 1/2)m0 ( ) = ( + 1/2), ovvero Per la 1-periodicit` a di m0 e , anche ` e 1-periodica. Inoltre ` e semplice vericare che ( + 1/2) = ( ). Sia s denita da s( ) = ei (/2) Si verica che s ` e in L2 [0, 1] e 1-periodica. Inoltre dalla (3.10) ricaviamo che ( ) = e2i(+1/2) s(2 + 1) m0 ( + 1/2) = e2i s(2 ) m0 ( + 1/2) come volevasi. Viceversa, ` e facile vericare che una f siatta ` e ortogonale a V1 (esercizio). R. ( ) = ( ) m0 ( 1/2) ( 1/2) m0 ( ).

126

Capitolo 3

Riscalando tutto otteniamo la seguente proposizione. Proposizione 3.22. Sia la funzione di scala per la MRA (Vj ) e sia m0 il ltro passa-basso associato. Allora (2 ) = e2i s(2 ) m0( + 1/2) W0 = f : f ( ) dove s L2 [0, 1] e 1-periodica e W0 ` e invariante per traslazioni intere. Inoltre (2j +1 ) = e2i s(2 ) m0( + 1/2) Wj = f : f ( ) dove s L2 [0, 1] e 1-periodica . Lunico fatto nuovo ` e linvarianza per traslazioni intere, che segue banalmente: se f ` e della forma scritta, k f ` e della stessa forma corrispondentemente a sk ( ) = e2ik s( ). ` il A questo punto, per esempio in corrispondenza a s( ) = 1, otteniamo londina madre. E contenuto del prossimo teorema. Teorema 3.23. Sia la funzione di scala per lMRA (Vj ) e sia m0 il ltro passa-basso associato. Una funzione in W0 ` e una wavelet ortonormale per L2 (R) se e solo se (2 ) = e2i (2 ) m0 ( + 1/2) (3.11) ( ), per q.o. dove ` e una funzione misurabile 1-periodica e | ( )| = 1 q.o. sia come nella formula (3.11). Siccome ` Dimostrazione. Supponiamo che e di quella particolare forma, ` e in W0 . Verichiamo che le traslate intere di generano W0 : se g ` e una funzione in W0 , allora ` e di una forma particolare, Quindi g (2 ) = e2i s(2 ) m0( + 1/2) ( ) dove s L2 [0, 1] e 1-periodica. ( ). g ( ) = ei s( ) | ( )|2 m0 (( + 1)/2) (/2) = s( ) ( )
k ck

Ora s ` e in L2 [0, 1] e 1-periodica, quindi s( ) ( ) = tendo la trasformata di Fourier otteniamo g (x) =


k

e2ik con (ck ) 2 (Z). Inver-

ck ( x k ) .

Il fatto che il sistema {k : k Z} sia ortonormale segue dalla Proposizione 3.13, separando la somma sugli interi pari e dispari, usando la periodicit` a e la Proposizione 3.18:
k Z

( + k )|2 = | =

k Z k Z

| (( + k )/2)|2 |m0 (( + k + 1)/2)|2 | (/2 + k )|2 |m0 (( + 1)/2)|2 +


2 2 k Z

| (( + 1)/2 + k )|2 |m0 (/2)|2

= |m0 (( + 1)/2)| + |m0 (/2)| = 1.

Si noti che abbiamo anche usato il fatto che k generano un sistema ortonormale.

3.4 Wavelet generate da una MRA

127

Quindi {j,k : k Z} ` e una base ortonormale per Wj . Siccome i Wj sono ortogonali e la 2 loro somma ` e L (R), abbiamo ottenuto una base ortonormale per L2 (R). Viceversa, verichiamo ora che tutte le wavelet ortonormali in W0 sono di questa forma. Siccome ` e in W0 , la deve essere della forma data, per una opportuna in L2 [0, 1] e 1-periodica. Dallortonormalit` a delle traslate segue 1=
k Z

( + k )|2 | | ( )| 2 | (( + k )/2)|2 |m0 (( + k + 1)/2)|2 | (/2 + k )|2 |m0 (( + 1)/2)|2 +


2 2

=
k Z

= | ( )| 2 = | ( )| 2 , = | ( )|
2

|m0 (( + 1)/2)| + |m0 (/2)|

k Z

k Z

| (( + 1)/2 + k )|2 |m0 (/2)|2

ovvero | ( )| = 1 q.o. Osservazione 3.24. Se prendiamo = 1, allora in termini dei coecienti (k ) del ltro m0 si ha (2 ) = e2i m0 ( + 1/2) ( ) = e2i
k Z

k e2ik(+1/2) ( )

=
k Z

(1)k k e2i(k1) ( ) (1)k k k1 ( )

=
k Z

quindi (3.12)

1 2

( x )= 2

k Z (1)

k k1 (x) o anche
k Z

(x) = 2

(1)k k (2x (k 1)).

Esempio 3.25. Continuando lesempio 3.7, calcoliamo la wavelet associata (corrispondente (2 ) = e2i m0 ( + 1/2) alla scelta = 1). Possiamo farlo tramite la relazione ( ) oppure dalla formula (3.12). Tenuto conto che (x) = 1[1,0) (x) e ( ) = ei sinc ( ), m0 ( ) = ei cos( ), si ottiene che 2 ( ) = ei ei(/2+1/2) cos( (/2 + 1/2))ei sinc ( ) = i ei sin (/2) . /2 Antitrasformando si ottiene = 1[1,1/2) 1[1/2,0) .

128

Capitolo 3

Pi` u semplicemente, dalla formula (3.12), considerando che solo due tra i coecienti k sono non nulli: 0 = 1 = 1 e si ottiene 2 (x) = 2
k

(1)k k (2x (k 1)) = (2x + 1) (2x) = 1[1,1/2) (x) 1[1/2,0) (x)

come prima. ` la Haar wavelet gi` E a incontrata (a meno di traslazione). Siccome ` e ben localizzata in tempo, il ltro passa-basso ` e molto semplice, perch e si descrive tramite una somma nita. Questo rende comoda lanalisi e la sintesi tramite questa wavelet. Tuttavia la sua trasformata ha un insuciente decadimento allinnito, perch e la wavelet di Haar non ` e regolare. Osservazione 3.26. Si pu` o anche calcolare || in termini di | |. Infatti per quasi ogni (2 )|2 | ( )|2 = | ( )|2 (|m0 ( )|2 + |m0 ( + 1/2)|2 ) = | (2 )|2 + | Iterando questa formula arriviamo a
N

| ( )|2 = | (2N )|2 +

j =1

(2j )|2 . |

j 2 e crescente e, siccome | ( )| 1, ` e anche limitata. Pertanto La successione ( N j =1 | (2 )| )N ` N 2 ammette limite. Quindi anche la successione (| (2 )| )N ammette limite. Per il lemma di Fatou
R N

lim | (2N )|2 d lim inf


N

| (2N )|2 d = lim inf


N

1 2N

| ( )|2 d = 0.

Quindi limN | (2N )|2 = 0 per q.o. e abbiamo la relazione | ( )| =


2 j =1

(2j )|2 |

q.o. R.

4.4. Wavelet ortonormali e condizione di ammissibilit` a. Se supponiamo che sia anche L1 (R), allora ` e continua in 0 e necessariamente (0) = 0 (per il Teorema 3.10 questo equivale alla richiesta (4) della MRA). Sempre per il Teorema 3.10, si ha | (0)| = 1 e allora anche m0 ` e continua in un intorno di 2 2 0 e m0 (0) = 1. Siccome |m0 ( + 1/2)| = 1 |m0 ( )| , la funzione |m0 |2 ` e continua anche in un intorno di 1/2 e m0 (1/2) = 0. ( ) = ei ( ) m0 (( + 1)/2) Sia data da (/2), con | ( )| = 1. | ` (0) = 0. Questa non ` Ne ricaviamo che | e continua in 0 e e la condizione di ammissibilit` a, ma vi si avvicina molto.

3.5 Wavelet ortonormali a banda limitata

129

Si pu` o dimostrare che una wavelet ortonormale verica la condizione (3.13)


k Z

(2k )|2 = 1 |

q.o. ,

da cui si ricava la condizione di ammissibilit` a. Infatti dalla relazione (3.13) si ottiene [1, 2] otteniamo
2 k Z | (2

)|2 / = 1/ e integrando sullintervallo

log 2 =
1 2

1 d (2k )|2 | d 2k+1 | ( )|2 d 2k


k

=
1

=
k

=
0

( )|2 | d

ovvero la condizione di ammissibilit` a (3.2). Nella sezione successiva vedremo che le wavelet a banda limitata soddisfano la condizione (3.13). La relazione ` e vera per tutte le wavelet ortonormali, ma la dimostrazione non ` e semplice (si veda [6, Capitolo 7]).

5. Wavelet ortonormali a banda limitata In questa sezione ci occupiamo inizialmente di descrivere alcune famiglie di wavelet ortonormali. Abbiamo gi` a visto lesempio di analisi multirisoluzione che genera la Haar wavelet. In questa sezione vedremo la Shannon wavelet e la Meyer wavelet, che provengono da analisi multirisoluzione. Entrambe queste wavelet sono a banda limitata. Successivamente mostreremo che le wavelet ortonormali a banda limitata soddisfano la condizione (3.13). Inne vedremo la wavelet di Journ e, che ` e un esempio di una wavelet ortonormale a banda limitata ma che non ` e associata ad alcuna analisi multirisoluzione. 5.1. La Shannon wavelet. Questo esempio ` e duale rispetto a quello di Haar. Si ottiene una wavelet ben localizzata in frequenza, ma sparsa in tempo. Si ricordi che per il Corollario 3.14, per ottenere una base ortonormale costruita tramite traslate intere di una funzione caratteristica 1K , linsieme K deve avere misura 1.

130

Capitolo 3

Si prenda tale che = 1K dove K = [1/2, 1/2), quindi (x) = sinc (x). Le traslate intere di formano un sistema ortonormale. ( ) = 0 se [2j 1 , 2j 1) . E ` semplice vericare che (Vj ) Si prenda Vj = f L2 (R) : f formano una MRA con funzione di scala . Il ltro passa-basso m0 ` e una funzione 1-periodica e tale che 1[1/4,1/4) ( ) = (2 ) = m0 ( ) ( ) = m0 ( ) 1[1/2,1/2) ( ) Quindi m0 ( ) = 1[1/4,1/4) per [1/2, 1/2) e estesa in modo da essere periodica di periodo 1, quindi per reale m0 ( ) =
k Z

1[1/4,1/4] ( + k ).

( ) = 0 se [2j , 2j 1 ] [2j 1, 2j ] . Si ha Wj = f L2 (R) : f La Shannon wavelet si determina pi` u semplicemente con la formula sulla trasformata (2 ) = e2i
k 1 1[1/4,1/4] ( + 2 + k ) 1 K ( )

=e

2i

( ) = ei (1[1,1/2] ( ) + 1[1/2,1] ( )). Ovviamente non ` e ben localizzata in tempo: (x) =

1 1 ) + 1[1/4,1/4] ( 2 )) 1K ( ) (1[1/4,1/4] ( + 2

sin(2 (x + 1/2)) sin( (x + 1/2)) . (x + 1/2)

1 0.8

1.5

1 0.6 0.4 0.2 0 0.5 0.2 0.4 5 1 5 0.5

Figura 3.28. A sinistra la funzione di scala, a destra la Shannon wavelet

5.2. Meyer Wavelet. Si tratta di una versione regolarizzata della Shannon wavelet, quindi ` e ben localizzata in frequenza come la Shannon wavelet, ma, grazie al fatto che risulta a decrescenza rapida, ` e meglio localizzata in tempo.

3.5 Wavelet ortonormali a banda limitata

131

Partiamo col costruire una funzione C che goda delle seguenti propriet` a 0 (x) 1 (x) = 1 (1 x) (x) = 0 x 0 x

(x) = 1 x 1.

Ad esempio, sia (x) = exp( x(11 ) se 0 < x < 1 e (x) = 0 altrove e poniamo x ) (x) =
x (t) dt . 1 ( t ) dt 0

Siccome (x) = (1 x), ` e facile vedere che soddisfa le propriet` a richieste. A questo punto poniamo | | 1/3 1 ( ) = cos[ 2 (3| | 1)] | | (1/3, 2/3) 0 altrove 2 ( ) + 2 ( 1) = 1 [0, 1].

Allora ` e liscia, pari, ha supporto in [2/3, 2/3], i suoi valori sono tra 0 e 1 e, con un po di calcoli, si pu` o vericare che soddisfa la relazione

Prendiamo tale che = e per ogni j sia Vj il sottospazio chiuso in L2 (R) generato dalle j traslate di (2 ). In formule Vj = span {x (2j x k ) : k Z}. Proviamo ora che abbiamo costruito una MRA. La propriet` a (5) ` e immediata, usando la Proposizione 3.13. Infatti,
k Z

| ( + k )|2 =

e, siccome

k Z

| ( + k )|2 ` e periodica di periodo 1, lidentit` a vale per ogni .

k Z

|( + k )|2 = 2 ( ) + 2 ( 1) = 1

[0, 1]

La condizione (2) ` e immediata dalla denizione, la condizione (3) discender` a dalla validit` a delle altre, la (4) dipende dal fatto che = 1 in un intorno di 0 e dal Corollario 3.11. La condizione pi` u dicile da vericare ` e la (1), ossia il fatto che Vj Vj +1 . Ad esempio, proviamo che V1 V0 . Ragionando come nel Lemma 3.20, si verica che ( ) = ( ) ( ), per qualche L2 [0, 1], 1-periodica V0 = f : f Quindi f ` e in V1 se e solo se f (2) ` e in V0 , ovvero se e solo se esiste m in L2 [0, 1] e 1-periodica tale che ( ) = m( ) ( ). f 2

132

Capitolo 3

( ) = m(2 ) (2 ). Mostriamo che allora f ` e anche in V0 : dalla formula precedente segue f Deniamo la funzione m0 ponendo m0 ( ) = (2 )/( ) | | 1/2.

1 1 1 1 Allora m0 C [ 2 , 2 ] e quindi L2 [ 2 , 2 ] e limitata; chiamiamo ancora m0 la sua estensione a una funzione 1-periodica (quindi m0 ` e in L2 [0, 1], limitata, 1-periodica).

Notiamo che m0 ( ) = 0 per

1 3

1 | | 2 . Si ha

(2 ) = m0 ( ) ( )

R.

Infatti la relazione ` e vera se | | 1/2 e si noti che (2 ) = ( ) = 0 se | | 2/3 per cui rimane da controllare che la relazione funzioni anche per | | [1/2, 2/3], dove (2 ) = 0; 1 2 si ha 1 1 1 e quindi m0 ( ) = m0 ( 1) = 0 e daltra parte, se 2 3 2 3 2 1 1 1 analogamente se 3 2 si ha 3 + 1 2 e quindi m0 ( ) = m0 ( + 1) = 0. A prescindere dallespressione di m0 , si ha ( ) = m(2 ) m0 ( ) ( ) = ( ) ( ) f dove ( ) = m(2 ) m0 ( ) ` e 1-periodica, L2 [0, 1]. Questo signica che f ` e in V0 . La verica con j arbitrario ` e analoga. La funzione m0 ` e il ltro passa-basso associato alla funzione di scala ; si noti che siccome 1 (2 ) = 0 se | | 1/3 e se | | 1/3 si ha ( ) = 1, allora se | | 2 si ha m0 ( ) = (2 ), da cui m0 ( ) =
k Z

(2( + k )).

La wavelet associata ` e ( ) = ei m0 ( +1 ) (/2), 2 quindi ( ) = ei


k Z

( + 2k + 1) (/2) = ei (( + 1) + ( 1)) (/2)

R.

Si noti che la Meyer wavelet ha trasformata liscia e a supporto compatto. Questo comporta una buona localizzazione in frequenza, ma, rispetto alla Shannon wavelet, una miglior localizzazione in tempo, perch e risulta a decadimento rapido.

5.3. Una propriet` a delle wavelet a banda limitata. Stabiliamo il fatto che le wavelet a banda limitata sono ammissibili. Questo comporta che le wavelet ortonormali forniscono una discretizzazione (senza perdita) della CWT.

3.5 Wavelet ortonormali a banda limitata

133

1.2 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 0.2 0.4 8 6 4 2 0 2 4 6 8

1.5

0.5

0.5

1 8

Figura 3.29. A sinistra la funzione di scala, a destra la Meyer Wavelet

Proposizione 3.27. Sia una wavelet ortonormale a banda limitata. Allora (2j )|2 = 1 | q.o. R.

j Z

La dimostrazione si basa sui seguenti risultati. Lemma 3.28. Sia una wavelet ortonormale e sia Dj il proiettore ortogonale sul sottospazio chiuso Wj = sp {j,k : k Z}. Allora (2j ) Dj f ( ) =
Z

( + 2j ) (2j + ). f

Dimostrazione. Siccome {j,k : k Z} ` e una base ortonormale di Wj e per la polarizzazione della formula di Plancherel si ha Dj f =
k Z

f, j,k j,k f , j,k j,k


k Z

= =
k Z

f , j,k j,k ,

dove abbiamo posto j,k = j,k . In formule j,k ( ) = 2j/2 e2i2 dove
k Ej ( ) = 2j/2 e2i2 j 2 j
j k j k

(2j ) = E k ( ) (2j ), j

che di periodo 2 e L [0, 2 ].

: kZ ` e una base ortonormale delle funzioni periodi-

134

Capitolo 3

Ora f , j,k =
R

( ) (2j ) E k ( ) d f j
2j (+1)

=
Z 2j 1 0

(2j ) E k ( ) d ( ) f j

=
Z 1

( + 2j ) (2j + ) E k ( ) d f j

=
0

k Fj ( ) Ej ( ) d,

dove Fj ( ) =
j 2 j Z

(2j + ) ( + 2j ) f

` e periodica di periodo 2 e e L [0, 2 ]. Ne segue che in senso L2 Fj =


k Z k Fj , Ej L2 [0,2j ] k Ej = k Z k f , j,k Ej .

Pi` u esplicitamente, ( + 2j ) (2j + ) = Fj ( ) = f


Z k j Ricordando che j,k = Ej (2 ), otteniamo k Z k f , j,k Ej ( ).

Dj f ( ) =
k Z

f , j,k j,k ( ) (2j ) E k ( ) f , j,k j ( + 2j ) (2j + ) f


Z

=
k Z

(2j ) =

Lemma 3.29. Supponiamo che sia una wavelet ortonormale a banda limitata in (2J , 2J ) e sia nellintervallo I = (a, b), di ampiezza ba 2J 1 sia f in L2 (R) tale che il supporto di f e tale che I [ 1 , 1 ] = . Allora 2 2 ( ) | (2j )|2 Dj f ( ) = f q.o. I.

per Dimostrazione. Sia in I . Se j J + 1, allora + 2j non ` e nel supporto di f ogni = 0. Quindi la serie del Lemma 3.28 si riduce al solo addendo con = 0. , 1 ] = . Ne deduciamo Se invece j > J + 1, allora |2j | 2J +1 | | > 2J , perch e I [ 1 2 2 (2j ) = 0. che ( ) | (2j )|2. In entrambi i casi, Dj f ( ) = f

3.5 Wavelet ortonormali a banda limitata

135

Dimostrazione della Proposizione 3.27. Iniziamo a vericare che ( ) =


j Z

(2j )|2 = 1 |

1 1 q.o. ( 2 , 1) (1, 2 ).

La tesi seguir` a dal fatto che per ogni n in Z si ha (2n ) = ( ). Notiamo che possiamo scrivere, a meno di un insieme nito di punti, lintervallo ( 1 , 1) (o 2 il suo simmetrico) come unione di 2J intervalli aperti di ampiezza 2J 1 che soddisfano le ipotesi del Lemma 3.29. Chiamiamo I uno di questi intervalli e osserviamo che ` e suciente dimostrare la tesi per in I . sia nellintervallo I . Allora, siccome Sia f una funzione in L2 (R) tale che il supporto di f abbiamo decomposto L2 (R) nella somma diretta ortogonale j Z Wj e i proiettori decrescono la norma, osserviamo che
M M

a)
j =M

Dj f
2

M 0

b)

Dj f
j =M 2

0
M

e quindi per la formula di Plancherel


M M

a)
j =M

Dj f
2

M 0

b)

Dj f
j =M 2

0
M

Dallosservazione a) e dal Lemma 3.29 segue che


M I 2 M 2

( )| |f

2 j =M

(2 )| |
j

d =
I j =M M

( ) | (2 )| f
j 2

=
I j =M M

Dj f ( )
2

d
M 2

Dj f ( )
R j =M 2 2

d =
j =M

Dj f
2

=
I

( )|2 d. |f

Per larbitrariet` a della funzione f , concludiamo che per quasi ogni in I e per ogni M
M

j =M

(2j )|2 1. |
j Z

Questo implica che la serie a termini non negativi ogni in I e la sua somma ` e minore o uguale a 1.

(2j )|2 ` | e convergente per quasi

136

Capitolo 3

Per il Lemma di Fatou e losservazione b)


2

0 =

( )|2 1 |f ( )| lim inf |f

j Z 2

(2j )|2 |
M

d
2

I M

1 1
M

j =M M

(2 )| |
j j

d
2

lim inf
M

( )| |f

j =M

(2 )| |
2

= lim inf
M I

( ) f
M

Dj f ( )
j =M 2

lim inf f
M

Dj f
j =M 2

= 0.

Allora 1

j Z

(2j )|2 = 0 per quasi ogni in I . |

5.4. Journ e wavelet. Questo esempio mostra che non tutte le wavelet ortonormali sono associate a una MRA. Iniziamo col caratterizzare gli insiemi misurabili K le cui funzioni indicatrici sono trasformate di wavelet ortonormali. Ricordando il Corollario 3.14, occorre che |K | = 1. Proposizione 3.30. Sia K R un insieme misurabile tale che |K | = 1. Allora tale che = 1K ` e una wavelet ortonormale se e solo se valgono i) ii)
k Z 1K (

+ k ) = 1 per q.o. R; j Z 1K (2 ) = 1 per q.o. R.


j

Notiamo che la condizione i) ` e equivalente al fatto che i traslati dellinsieme K si possano sovrapporre al pi` u su un insieme di misura nulla e la loro unione sia praticamente R. In formule: kZ (K + k ) = R \ E con |E | = 0 e se k = allora |(K + k ) (K + )| = 0. Analogamente, la condizione ii) ` e equivalente al fatto che se i = j allora |2i K 2j K | = 0 (ovvero che i due insiemi 2i K e 2j K si possano sovrapporre al pi` u su un insieme di misura nulla) e che j Z 2j K = R \ E con |E | = 0. Dimostrazione. Supponiamo che sia una wavelet ortonormale. Allora per la Proposizione 3.13, vale la condizione i). Per K limitato, la condizione ii) ` e conseguenza della

3.5 Wavelet ortonormali a banda limitata

137

Proposizione 3.27. In generale, per vericare che vale anche ii), si procede per assurdo: supponiamo innanzi tutto che esista un insieme F di misura positiva tale che j Z 1K (2j ) > 1 per F (in seguito ci occuperemo del caso in cui j Z 1K (2j ) < 1). Allora esistono i = j tali che |2i K 2j K | > 0. Per la formula di Plancherel polarizzata otteniamo 0 = j,0 , i,0 =
R

2(i+j )/2 (2i x) (2j x) dx (2i ) (2j ) d 2(i+j )/2

=
R

=2 =2 Ne deduciamo che
j Z 1K (2 j

(i+j )/2 (i+j )/2

1K (2i x) 1K (2j x) dx | 2 K 2 j K | > 0 .


R i

) 1 per q.o. R.

Daltra parte se esistesse un insieme F di misura positiva tale che j Z 1K (2j ) < 1 per in F (e possiamo supporre che F sia di misura nita), allora F 2j K = per ogni j . Quindi = 1F sarebbe in L2 (R), non nulla, ma ortogonale a tutte le wavelet la funzione f tale che f generate da , infatti
R

f (x) j,k (x) dx =

1F ( ) 2j/2 1K (2j ) ei2


R

j kx

d = 0.

Ma allora {j,k : j, k Z} non sarebbe base ortonormale di L2 (R). Quindi


j Z

1K (2j ) = 1 per quasi ogni .

Viceversa, mostriamo che le condizioni i) e ii) sono sucienti a garantire che sia una wavelet ortonormale. Mostriamo innanzi tutto che se vale i) allora {1K e2inx : n Z} ` e una base ortonormale di 2 L (K ). Questo segue dallortonormalit` a e2inx e2imx dx =
K R j +1

e2i(nm) 1K ( ) d e2i(nm) 1K ( ) d
j Z j 1

= =
j Z 0 1

e2i(nm) 1K ( + j ) d e2i(nm) d = n,m


0

138

Capitolo 3

e dalla completezza: la condizione i) vuole infatti dire che a parte insiemi di misura nulla i traslati di K coprono tutto R una volta sola. Quindi se f = 0 ` e in L2 (K ), la estendiamo banalmente a R ponendo f (x) = 0 se x K e consideriamo la periodicizzata (x) = f f (x + k )
k Z

q.o. x.

` Siccome gli insiemi K + k non si sovrappongono, la funzione f e ben denita e non nulla. 2 2 ` Inoltre |f (x)| = kZ |f (x + k )| per quasi ogni x. Ne ricaviamo che f e 1-periodica e in 2 L [0, 1], infatti
1 0

(x)|2 dx = |f

1 k Z 0

|f (x + k )|2 dx = f

2 2.

Per la completezza del sistema trigonometrico esiste n t.c.


1

0=
0

(x) e2inx dx = f
R

f (x) e2inx dx =
K

f (x) e2inx dx.

ortonormale di L2 (2j K ).

Ne deduciamo che (a j ssato) il sistema x 2j/2 1K (2j x) e2in2

j x

: nZ ` e una base

Usiamo ora la condizione ii) per vericare che la famiglia x 2j/2 1K (2j x) e2in2
j x

: n, j Z
j x

` e una base ortonormale per L2 (R). La tesi seguir` a dal teorema di Plancherel, notando che j,n (x) = 2j/2 1K (2j x) e2in2 Se j = j j,k , j ,k =
R

2(j +j )/2 1K (2j x) e2ik2 ... = 0

j x

1K (2j x) e2ik 2

j x

dx

perch e linsieme su cui si integra ha misura nulla per la condizione ii). Ne deduciamo che abbiamo un sistema ortonormale. Se poi f ` e in L2 (R), allora f = la completezza gi` a vista.
j Z fj ,

2j K 2j K

dove fj (x) = f (x) 1K (2j x) ` e in L2 (2j K ) e si usa

Costruiamo ora la wavelet ortonormale di Journ e. Sia = 1K . E ` facile vericare che |K | = 1. Inoltre ` e deniamo ponendo e una wavelet ortonormale se sono soddisfatte le condizioni della Proposizione 3.30.
1 K = 16 , 2 2 , 2 7 7 2 1 , 7 2

2, 16 7

3.5 Wavelet ortonormali a banda limitata

139

Scriviamo K = K2 K1 K1 K2 dove K2 = [ 16 , 2) 7 e notiamo che


2 ] K2 2 = (0, 7

2 K1 = [ 1 , 7 ) 2

2 1 K1 = ( 7 , 2]

K2 = (2, 16 ] 7

K2 + 2 = [ 2 , 0) 7 1 K 2 ( + k ) +
k Z

1 (K2 + 2) K1 K1 (K2 2) = [ 2 , 0) (0, 1 ]. 2

Allora per ogni in R \ Z 1 K ( + k ) =


k Z k Z

1K1 K1 ( + k ) +

1 K 2 ( + k )
k Z

=
k Z

1K2 ( + k 2) + 1K2 +2 ( + k ) +

k Z

1K1 K1 ( + k ) +

1K2 ( + k + 2)
k Z

=
k Z

k Z

1K1 K1 ( + k ) +

k Z

1 K 2 2 ( + k )

=
k Z

1(K2 +2)K1 K1 (K2 2) ( + k ) 1[1/2,0)(0,1/2] ( + k ) = 1,

=
k Z

ovvero vale i). Inoltre notiamo che


1 K 4 2

= : ( 1 , 4] 2 7

2K1 = : ( 4 , 1] 7
1(1/2,1] ( ) = 1K2 (4x) + 1K1 ( 2 ),

(1 K )(2K1 ) = : ( 1 , 1] 4 2 2

quindi ad esempio da cui per > 0 1K (2j ) =


j Z j Z

1K2 (2j ) +
j Z

1K1 (2j ) 1K1 (2j 1 )


j Z

=
j Z

1K2 (4 2j ) + 1 1 K (2 ) +
4
2

=
j Z

12K1 (2j )
j Z

=
j Z

11K
4

2 2K1

(2j )

=
k Z

1(1/2,1] (2j ) = 1,

ovvero vale ii) per > 0. La verica per < 0 ` e analoga. Per la Proposizione 3.30, ` e una wavelet ortonormale. Vediamo ora che non pu` o essere associata a alcuna MRA. Procediamo per assurdo. Se lo fosse, per losservazione 3.26, il modulo della trasformata della funzione di scala sarebbe

140

Capitolo 3

dato da | ( )|2 = Sia > 0. Si ha | ( )| = = = = = =


2 j =1 j =1 j =1 j =1 j =1 j =2

j =1

(2j )|2 |

q.o. .

1K (2j ) 1K2 (2 ) + 1K2 (4 2


j 2 j j =1

1K1 (2j )
j =1 j =1

) +

1K1 (2j +1 /2) 12K1 (2j +1 )

1 1 K (2j 2 ) +
4
2

1 1 K (2j ) +
4
2

12K1 (2j )

j =2

1(1/2,1] (2j ) + 1 1 K (/2) + 1 1 K ( ) + 1 1 K (2 )


4
2

= 1(0,1/4] ( ) + 1(1,8/7] ( ) + 1(1/2,4/7] ( ) + 1(1/4,2/7] ( ) quindi, per parit` a, | ( )|2 =


1 4 2 ] [2 , 7 ] [1, 8 ] 1 | | (0, 7 7 0 altrimenti.

1 Ma allora le traslate di non possono generare un sistema ortonormale, perch e se (0, 7 ) ) e quindi si ha + 1 (1, 8 7 j Z

| ( + j )|2 2 > 1

1 ). q.o. (0, 7

Le wavelet che non sono associabili a MRA sono in un certo senso patologiche. Si pu` o dimostrare infatti che [12, Capitolo 7] se ` e a supporto compatto allora proviene da | ` ( )| = O (| |1/2) MRA; inoltre tutte le wavelet ortonormali tali che | e continua e | per con > 0 sono associabili a MRA. 6. Lalgoritmo di Mallat Abbiamo detto che se (Vj )j ` e una MRA, denotiamo con Wj il complemento ortogonale di Vj in Vj +1 . Con Pj denotiamo la proiezione da L2 (R) a Vj e con Dj la proiezione ortogonale su Wj . In questa sezione descriviamo lalgoritmo di Mallat, che ` e un algoritmo molto veloce in grado di decomporre un segnale nei coecienti della base ortonormale data dalla wavelet.

3.6 Lalgoritmo di Mallat

141

Nelle applicazioni (digitali) f ` e un segnale che in partenza ` e gi` a campionato. Possiamo J pensare f come costante su un intervallo di lunghezza ssata 2 e di conoscere i campioni f 2k J . Questo si adatta perfettamente allesempio dellondina di Haar, assegnando a f la risoluzione dello spazio VJ e scrivendo quindi f (x) =
k Z

k 2J k 2J

1[2J (k1),2J k) (x) = .

f
k Z

k 2J

1[1,0) (2J x k ) =

aJ,k J,k (x)


k Z

dove aJ,k = 2J/2 f

Molti segnali possono essere trattati come funzioni a banda limitata. In tal caso, per il Teorema di Shannon, possiamo ricostruire un segnale f a banda in [2J 1 , 2J 1 ] tramite i suoi campioni f (x) =
k Z

k 2J

sinc 2J (x

k ) 2J

Questa formula descrive il fatto che se supponiamo che f sia nello spazio VJ dellesempio della MRA di Shannon allora, nelle notazioni dellesempio, otteniamo f (x) =
k Z

k 2J

2J x k =

aJ,k J,k (x)


k Z

dove aJ,k = 2J/2 f

k 2J

.
k 2J

In una MRA generale, il segnale f in ingresso, di cui si conoscano i campioni f confuso con PJ f e quindi deve poter essere scritto nella forma f (x) PJ f (x) =
k

, sar` a

aJ,k 2J/2 (2J x k ),

dove i coecienti di approssimazione (aJ,k )k devono essere noti, in 2 (Z) e ricavabili, con buona approssimazione, dai campioni f 2k J . Una maniera semplice di realizzare questo ` e scegliere, come nel caso di Haar e Shannon, k J/2 aJ,k = 2 f 2J . Possiamo giusticare questa scelta come segue. Supponiamo J grande, ovvero di partire da un segnale alla massima risoluzione possibile. Dato un segnale f , i suoi coecienti di approssimazione al livello J sono aJ,k = f, J,k =
R

f (x) 2J/2 (2J x k ) dx.

Se f ` e continua e ha una buona localizzazione, allora (2J k ) ` e localizzata in un piccolo intervallo attorno a 2k . Inoltre (0) = 1, quindi J aJ,k 2J/2 f
k 2J R

(2J x k ) dx = 2J/2 f
k 2J

k 2J

(0) = 2J/2 f

k 2J

Ci sono altri modi per associare ai campioni f il libro di S. Mallat [9, cap VII, problem 7.6].

i coecienti (aJ,k )k . Si veda per esempio

142

Capitolo 3

Siccome VJ = VJ 1 WJ 1 decomponiamo il segnale nella somma della sua approssimazione a una scala pi` u bassa (pi` u rozza) e dei dettagli: f (x) = PJ f (x) = PJ 1 f (x) + DJ 1 f (x). Allo stesso modo operiamo sullapprossimazione PJ 1 f , introducendo approssimazioni sempre pi` u rozze e i relativi dettagli: f (x) = PJ 2 f (x) + DJ 2 f (x) + DJ 1 f (x). Il processo si arresta quando arriviamo a un certo livello di approssimazione, ad esempio per ssare le idee al livello 0: f (x) = P0 f (x) +
J 1 j =0

Dj f (x).

La comodit` a e velocit` a dellalgoritmo di Mallat risiede nel fatto che vi ` e un modo particolarmente semplice di descrivere le approssimazioni e i dettagli usando il ltro passa-basso. Ricordiamo che m0 ( ) =
k Z 1 2

k e2ik e le formule (3.8) e (3.12) che riportiamo di seguito:


x 2

=
k Z

k ( x + k ) (1)k k (2x (k 1)).

(x) = 2
k Z

Queste formule, dilatate e traslate, danno 2 j 1 x k = 2 (2j 1 x k ) = 2


nZ

n (2j x 2k + n)

nZ

(1)n n (2j x 2k (n 1)).

In termini dei vettori delle basi ortonormali possiamo scrivere n j,2kn(x) j 1,k (x) = 2 j 1,k (x) =
nZ

2
nZ

(1)n n j,2k+n1(x).

Denotiamo con (aj,k )k e con (dj,k )k rispettivamente le successioni dei coecienti di approssimazione e dei dettagli al livello j . In formule, le successioni (aj,k )k e (dj,k )k sono quelle per cui Pj f = aj,k j,k Dj f = dj,k j,k . Se in ingresso abbiamo PJ f = kZ f, J,k J,k = kZ aJ,k J,k , ovvero in ingresso abbiamo la successione (aJ,k )k , allora possiamo generare i coecienti di approssimazione (aJ 1,k )k al livello J 1 e i dettagli (dJ 1,k )k al livello J 1. Infatti n J,2kn = 2 n f, J,2kn = 2 n aJ,2kn aJ 1,k = f, J 1,k = f, 2
nZ nZ nZ k Z k Z

3.6 Lalgoritmo di Mallat

143

e i dettagli si calcolano tramite dJ 1,k = f, J 1,k = f, 2


nZ

(1)n n J,2k+n1 =

2
nZ

(1)n n aJ,2k+n1.

Viceversa, se in ingresso abbiamo i coecienti di approssimazione (aJ 1,k )k al livello J 1 e i dettagli (dJ 1,k )k al livello J 1, possiamo ricostruire i coecienti di approssimazione (aJ,k )k al livello superiore J . Infatti, aJ,k = PJ f, J,k = PJ 1 f + DJ 1 f, J,k =
nZ

aJ 1,n J 1,n +

nZ

dJ 1,n J 1,n , J,k

=
nZ

aJ 1,n J 1,n , J,k + dJ 1,n J 1,n , J,k 2 aJ 1,n 2nk + (1)k+1 dJ 1,n k2n+1 .

=
nZ

Lalgoritmo di analisi (e ricostruzione) di Mallat solitamente ` e descritto con un albero: (dJ 1,k )k (dJ 2,k )k (dJ 3,k )k (d0,k )k

(aJ,k )k

(aJ 1,k )k

(aJ 2,k )k

(aJ 3,k )k

(a1,k )k

(a0,k )k

Riassumiamo quanto abbiamo visto nel seguente teorema. Introduciamo per brevit` a le seguenti notazioni. Data una successione doppia x = (x(n))nZ denotiamo con x e x le seguenti successioni x (n) = x(n) x (n) = x(n/2) n pari 0 n dispari.

Inoltre se x = (x(n))nZ e y = (y (n))nZ sono due successioni in 2 (Z) indichiamo con x y la loro convoluzione discreta, ossia x y (k ) =
nZ

x(n) y (k n)

k Z.

Teorema 3.31. Sia data una MRA (Vj ) con funzione di scala e ltro passa-basso m0 = 2ik . Sia la wavelet ortonormale associata secondo la (3.12). Sia f in L2 (R) e k Z k e per ogni j in Z deniamo le successioni , , aj e dj mediante ( k ) = k (k ) = (1)k k aj (k ) = f, j,k dj (k ) = f, j,k k Z.

144

Capitolo 3

Allora quando decomponiamo il segnale aJ 1 (k ) = d J 1 (k ) = 2


nZ

(n) aJ (2k n) =

2 aJ (2k ) 2 aJ (2k 1).

2
nZ

(1)n (n) aJ (2k + n 1) =

Quando ricostruiamo il segnale aJ (k ) = =


nZ

(k 2n + 1) 2 aJ 1 (n) (2n k ) + (1)k+1 dJ 1 (n)

d J 1 (k ). 2 a J 1 +

Lalgoritmo di decomposizione quindi prevede una convoluzione discreta e un downsampling (vengono presi solo i coecienti di posto pari della convoluzione discreta). Lalgoritmo di ricostruzione prevede invece un upsampling (realizzato tramite loperatore x x ) e una convoluzione discreta. Esempio 3.32. Nel caso della MRA di Haar, il ltro passa-basso ` e caratterizzato dallavere , 0 = 1 = 1 2 n = 0 n = 0, 1,

quindi lalgoritmo di decomposizione ` e molto semplice aJ 1,k = dJ 1,k = Lalgoritmo di ricostruzione ` e aJ,2n =
2 (aJ 1,n dJ 1,n ) 2 aJ,2n1 = 22 (aJ 1,n + dJ 1,n ) 2 2 2 2

(aJ,2k + aJ,2k1 ) (aJ,2k1 aJ,2k ).

come si poteva facilmente calcolare anche dallalgoritmo di decomposizione.

Da questo esempio si capisce che le wavelet come la Haar sono interessanti, perch e il loro ltro passa-basso ` e un FIR (Finite Impulse Response ovvero la serie si riduce a una somma nita). Tuttavia, la Haar wavelet ` e troppo poco regolare, quindi la sua trasformata di Fourier non decade abbastanza rapidamente e lanalisi in frequenza non d` a buoni risultati. In generale non avremo delle serie, ma delle somme nite, perch e il segnale che immetteremo nel computer sar` a un vettore con N entrate. Avremo N/2 coecienti di approssimazione al livello successivo e N/2 coecienti di dettaglio.

3.6 Lalgoritmo di Mallat

145

INPUT (aJ,k ) lunghezza N

1st APPROX (aJ 1,k ) lunghezza N/2

OUTPUT 1st DETAIL (dJ 1,k ) lunghezza N/2

2nd APPROX (aJ 2,k ) lunghezza N/4

OUTPUT 2nd DETAIL (dJ 2,k ) lunghezza N/4

OUTPUT 3rd APPROX (aJ 3,k ) lunghezza N/8

OUTPUT 3rd DETAIL (dJ 3,k ) lunghezza N/8

Nella gura abbiamo rappresentato mediante un albero lalgoritmo di decomposizione di livello 3. Stesso numero di coecienti, non c` e risparmio. Il vantaggio ` e che i coecienti molto piccoli potranno essere trascurati, con buona conservazione delle caratteristiche del segnale. Da qui il risparmio nella codica dei dati. A titolo di esempio, consideriamo un segnale molto semplice, dato dal vettore X = (4, 5, 4, 1, 0, 1, 2, 0) che ha 8 entrate e scriviamone la decomposizione di livello 3 (oltre non si potr` a andare) mediante la Haar wavelet. Risulta
INPUT a0 = (4, 5, 4, 1, 0, 1, 2, 0)

1st APPROX

d1 = (0.7071, 2.1213, 0.7071, 1.4142)

2nd APPROX

d2 = (7.0000, 0.5000)

a3

= 2.4749

d3

= 0.3536

Mostriamo che la decomposizione che abbiamo trovato ` e un modo eciente di descrivere il segnale, eliminando uno a uno i coecienti a partire dal pi` u piccolo (in valore assoluto). Nella gura 3.30 il primo graco ` e quello del segnale X . Il secondo graco ` e quello del segnale che ricostruiamo annullando il coeciente d3 = 0.3536, che ` e il pi` u piccolo fra tutti. Notiamo che le caratteristiche del segnale sono pressoch e invariate. Ripetiamo la stessa operazione, annullando questa volta il secondo coeciente del secondo dettaglio, ovvero d2 (2) = 0.5000. Ricostruendo, otteniamo il segnale che ha il terzo graco, che conserva ancora tutte le caratteristiche salienti del segnale originale, anche se abbiamo un risparmio

146

Capitolo 3

del 25% sui coecienti. Questo esempio mostra che le wavelet sono uno strumento valido per comprimere un segnale. Nei graci dopo al terzo abbiamo mano a mano eliminato tutti i coecienti, sempre seguendo la stessa politica (ovvero eliminando ogni volta il coeciente pi` u piccolo in valore assoluto). Lultimo graco rappresenta la media del segnale.
6 4 2 0 2 4 6 1 2 3 4 5 6 7 8 6 4 2 0 2 4 6 1 2 3 4 5 6 7 8 6 4 2 0 2 4 6 1 2 3 4 5 6 7 8 6 4 2 0 2 4 6 1 2 3 4 5 6 7 8

6 4 2 0 2 4 6 1 2 3 4 5 6 7 8

6 4 2 0 2 4 6 1 2 3 4 5 6 7 8

6 4 2 0 2 4 6 1 2 3 4 5 6 7 8

6 4 2 0 2 4 6 1 2 3 4 5 6 7 8

Figura 3.30. La compressione di un segnale discreto

6.1. Rimozione del rumore. Abbiamo gi` a discusso nel caso della CWT come possano essere studiati i bordi, ovvero le asperit` a di un segnale. Un altro frequente utilizzo delle wavelet ` e nella rimozione di rumore. Questo ` e un tipico problema inverso, in cui il segnale f che vorremmo ` e ricevuto sporcato da un rumore, di solito bianco e di norma piccola, quindi in realt` a riceviamo la funzione g (t) = f (t) + n(t) Nota la funzione g , vorremmo ricavare il segnale originale f . Non abbiamo molte informazioni sul rumore, tranne il fatto che ` e una funzione di quadrato integrabile, a media nulla e varianza ssata; > 0 si suppone essere piccolo. Per recuperare il segnale f , almeno approssimativamente, dobbiamo sfruttare altre informazioni che possiamo avere sul segnale (ad esempio: ` e banda?) Una maniera di procedere molto semplicistica ` e dire che il rumore di solito si concentra nelle scale pi` u ni (che corrispondono alle frequenze pi` u alte). Quindi si potrebbe rimuovere il rumore semplicemente proiettando in uno spazio di approssimazione pi` u basso. Questo procedimento di solito toglie abbastanza bene il rumore, tuttavia elimina anche le caratteristiche ni del segnale presenti alle scale piccole. Lidea si basa sul fatto che solitamente il rumore non viene considerato molto dalle wavelet, quindi si suppone che responsabili del rumore siano i coecienti piccoli. Ci sono molte tecniche per eliminare i coecienti piccoli; la pi` u banale ` e il hard-thresholding, in cui i coecienti al di sotto di una certa soglia vengono semplicemente annullati. Una tecnica leggermente pi` u ne ` e il t R.

3.7 Altri esempi di wavelet ortonormali

147

soft-thresholding, che consiste nel porre uguali a zero i coecienti al di sotto di una certa soglia e abbassare anche gli altri in modo lineare. Ovvero, se s indica la nostra soglia soft thresholding(x) = 0 sgn(x)(|x| s)+ |x| s |x| > s.

In questo procedimento ` e di fondamentale importanza la scelta della soglia. Esistono molti metodi, elaborati statisticamente, per predire quale possa essere una buona soglia per un segnale dato. Nella gura 3.31 vediamo un esempio in cui abbiamo adoperato hard-thresholding per rimuovere il rumore dal segnale originale.
segnale 2 0 2

5 6 segnale + white Noise

10

5 0 5

5 segnale ricostruito

10

2 0 2 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

Figura 3.31. Rimozione del rumore

7. Altri esempi di wavelet ortonormali Dopo cos` tanti anni esistono tantissime famiglie di wavelet, ciascuna si adatta meglio a un particolare scopo. Il maggior interesse ` e su quelle a supporto compatto, il cui ltro passa-basso ` e un FIR. Per il momento abbiamo visto solo la Haar. Una famiglia interessante per la regolarit` a` e quella generata dalle Splines. 7.1. Spline di ordine 1 e la Franklin wavelet. Iniziamo con una facile generalizzazione della MRA di Haar, in cui prendiamo funzioni un pochino pi` u regolari. Sia V0 lo spazio delle spline di ordine 1 e in L2 (R) ovvero il sottospazio di L2 (R) formato dalle funzioni continue su R e lineari quando ristrette a un intervallo della forma [k, k + 1] con k intero.

148

Capitolo 3

V0 ` e un sottospazio chiuso di L2 (R). Infatti ` e facile vericare che V0N = f |[N,N ] : f V0 N = 1, 2, . . .

` e uno spazio vettoriale di dimensione nita (precisamente 2N + 1). Quindi ` e un sottospazio 2 chiuso di L ([N, N ]). Sia allora (fn )n una successione di elementi di V0 convergente a f in L2 (R). Per ogni intero positivo N la restrizione della funzione fn allintervallo [N, N ] ` e in V0N e inoltre
N N

|fn (x) f (x)|2 dx fn f

2 2

0
n

e un sottospazio chiuso ossia fn |[N,N ] converge a f |[N,N ] in L2 ([N, N ]). Siccome V0N ` di L2 ([N, N ]), si ha che f |[N,N ] ` e in V0N . Per larbitrariet` a di N , concludiamo che f ` e continua su R e lineare su ogni intervallo della forma [k, k + 1] con k intero. Deniamo Vj come lo spazio delle funzioni f di L2 (R) tali che f (2j ) ` e in V0 . Quindi le funzioni in Vj sono funzioni continue su R e lineari quando ristrette a un intervallo della forma [2j k, 2j (k + 1)] con k intero. ` facile vericare che le propriet` E a della MRA (1), (2), (4) sono soddisfatte. Per la (5) dobbiamo trovare una funzione di scala. Ne seguir` a anche la (3). Notiamo che se f ` e in V0 , allora f ` e completamente determinata dai valori f (k ). Inoltre 2 la successione f (k ) deve essere in (Z); viceversa ogni successione in 2 (Z) genera una f . Infatti
k +1 k 1

|f (x)|2 dx = =

0 1 0

|(1 t)f (k ) + tf (k + 1)|2 dt [(1 t)2 |f (k )|2 + t2 |f (k + 1)|2 + 2Re(f (k )f (k + 1))t(1 t)] dt

|f (k )|2 + |f (k + 1)|2 + Re(f (k )f (k + 1)) 3

Siccome
1 |Re(f (k )f (k + 1))| 2 (|f (k )|2 + |f (k + 1)|2 ),

abbiamo
k +1 1 (| f (k )| 2 6

+ |f (k + 1)|2)
1 3 k Z

1 (|f (k )|2 + |f (k + 1)|2 ), |f (x)|2 dx 2

da cui | f (k )| 2 f
2 2

k Z

| f (k )| 2 .

3.7 Altri esempi di wavelet ortonormali

149

Sia la box spline di ordine 1, ovvero

` facile vericare che ogni funzione di V0 ha la rappresentazione E f (x) =


k Z

0x1 x (x) = 2 x 1 < x 2 0 altrimenti

f (k ) (x k + 1)

e quindi {k : k Z} ` e una base di Riesz per V0 . Risulta = 1[0,1] 1[0,1] , quindi ( ) = e2i sinc 2 ( ) e ogni f in V0 ` e quindi caratterizzata dalla condizione ( ) = f
k Z

f (k ) k1( ) = e2i sinc 2 ( )

f (k ) e2i(k1) = sinc 2 ( ) f ( )
k Z

dove f = kZ f (k ) e2ik ` e una funzione 1-periodica e L2 ([0, 1]), con norma comparabile a quella di f . Analogamente, ogni f in V1 ` e caratterizzata dalla condizione ( ) = sinc 2 (/2) f ( ) f dove f ` e una funzione 2-periodica e L2 ([0, 2]). Per trovare una funzione che sia una funzione di scala ortonormale, occorre calcolare [ ( )]2 =
k Z

|sinc 2 ( ( + k ))|2 1 ( + k )4 1 d2 2 d ( + k )2 1 ( + k )2 sin2 ( + k ) ) 2 ( + k )2

= = = =

1 4

sin4 ( )
k Z

1 6 4

sin4 ( ) sin4 ( ) sin4 ( ) d d 2


2 k Z 2

1 6 4

1 6 2

1 d ( 2 2 d sin ( )

k Z

d2 1 4 1 = 62 sin ( ) 2 ( 2 ) d sin ( ) 1 (sin2 ( ) + 3 cos2 ( )) = 1 2 sin2 ( ), =3 3 dove la penultima uguaglianza deriva dal fatto che le traslate intere di 1[1/2,1/2] generano un sistema ortonormale.

k Z

150

Capitolo 3

Scegliamo quindi tale che ( ) = ( ) sin2 ( ))1/2 = e2i sinc 2 ( )(1 2 3 ( )

Ne ricaviamo che il ltro passa-basso ` e m0 ( ) = e


2i 2 1 3 sin2 ( ) cos ( ) 1 2 sin2 (2 ) 3 2 1/2

e una wavelet associata (detta di Franklin) ` e


4 i sin (/2) ( ) = ei m0 ( +1 ) ( ) = e 2 2 (/2)2 2 1 3 cos2 (/2) 2 sin2 ( ))(1 2 sin2 (/2)) (1 3 3 1/2

Si pu` o dimostrare che decade esponenzialmente.

7.2. Splines di ordine pi` u alto e BattleLemarie wavelet. Diciamo che una fun1 zione ` e C se ` e continua a tratti e linsieme dei punti di discontinuit` a non ha punti di accumulazione. Per ogni m 1, una spline di ordine m con nodi in Z ` e una funzione di classe C m2 (R) che ristretta a ogni intervallo del tipo [k, k + 1) coincida con un polinomio di grado al pi` u m 1. Ad esempio, una spline di ordine 1 ` e una funzione costante su [k, k + 1). Una spline di ordine 2` e una funzione continua che su ogni [k, k + 1) ` e lineare. Possiamo considerare anche splines con nodi in 2j Z, j ssato. Si pu` o dimostrare che gli spazi Vj formano una MRA dove Vj ` e lo spazio delle spline di j 2 ordine m ssato con nodi in 2 Z che stanno anche in L . In questo caso la funzione di scala ` e (x) = m 1[0,1] (convoluzione fatta m volte della funzione caratteristica dellintervallo ` a supporto compatto e le sue traslate formano una base di Riesz di V0 . Se per` [0, 1]). E o ortonormalizziamo perdiamo la propriet` a del supporto compatto. Da qui linteresse verso le basi di Riesz.

7.3. Daubechies wavelet. Verso la ne degli anni 80, I. Daubechies ha trovato wavelet a supporto compatto e con regolarit` a preassegnata. Questo risultato ha dato un forte impulso allo sviluppo della teoria delle wavelet, che in quegli anni sono state particolarmente adoperate per quasi ogni problema.
Si noti che dallolomora della trasformata di una funzione Cc e dal seguente risultato discende che non esistono wavelet ortonormali Cc , quindi il risultato della Daubechies non pu` o essere migliorato.

3.7 Altri esempi di wavelet ortonormali

151

Teorema 3.33. Se una wavelet ortonormale ` e in S (R), allora per ogni m = 0, 1, . . . xm (x) dx = 0
R

quindi

(m)

(0) = 0

Dimostrazione. Supponiamo che a = 2j0 k0 R sia tale che (a) = 0 con j0 , k0 Z. Un tale a esiste, perch e` e continua e non nulla. Daltra parte 0,0 , j,k = 0 se (j, k ) = (0, 0). Prendiamo in particolare k = 2j j0 k0 con j > 0 e j > j0 . Allora 0,0 , j,k = 0 si scrive anche 0 = 2j (x) (2j (x a)) dx
R

=
R

(a + 2j y ) (y ) dy
R

e facendo tendere j + per convergenza dominata si ottiene (a) (a) = 0, la tesi ` e vera per m = 0.

(x) dx = 0. Siccome

Prima di continuare la dimostrazione per induzione su m, per maggior chiarezza, sviluppiamo x in dettaglio il passaggio a m = 1. Se poniamo (x) = (y ) dy , allora ` e ancora di Schwartz e, integrando per parti,
R

x (x) dx =

(x) dx.
R

Se integriamo per parti la relazione 0,0 , j,k = 0 otteniamo


R

(x) (2j (x a)) dx = 0 (a + 2j y ) (y ) dy = 0.

da cui
R

Scegliendo a in modo che (a) = 0 e diadico come prima otteniamo per convergenza dominata quando j che R (x) dx = 0, ovvero R x (x) dx = 0. Lo stesso ragionamento si applica per induzione, supponendo la tesi vera per m = 0, . . . , r 1 e volendo provare la tesi per m = r . Possiamo porre 1 = e s = s1 per s > 1. (ovvero viene integrata s volte). Tutte queste funzioni sono di Schwartz e la condizione di r -esimo momento nullo ` e equivalente alla r (x) dx = 0
R

integrando per parti. Siccome non ` e un polinomio e ` e regolare esiste un diadico a con ( r )(a) = 0. Dalla relazione di ortogonalit` a solita integrando per parti e cambiando variabile si ottiene
R

(r) (a + 2j y ) r (y ) dy = 0.

152

Capitolo 3

Usiamo come prima convergenza dominata.


Corollario 3.34. Non esistono wavelet ortonormali Cc ( R) .

(R), allora 2 = 1 e la sua Dimostrazione. Se fosse una wavelet ortonormale Cc sarebbe una funzione intera. Daltra parte, per il Teorema 3.33, trasformata

(m) (0) = 0

m = 0, 1, . . .
2

si annullerebbe di ordine innito nellorigine. Ma allora = 0, quindi ovvero

= 0.

8. Cenno al caso di dimensione maggiore Un metodo standard per costruire una base ortonormale su L2 (R2 ) a partire da una su L2 (R) ` e usare il prodotto tensore: per esercizio mostrare che se {ej : j Z} ` e una base ortonormale e una base ortonormale di L2 (R2 ), dove di L2 (R), allora {ej ej : j, j Z} ` ej ej (x, y ) = ej (x) ej (y ) (x, y ) R2 .

Quindi se ` e una wavelet unidimensionale associata a una MRA, poniamo j,j ,k,k (x, y ) = j,k (x) j ,k (y ) (x, y ) R2 .

e una base ortonormale di L2 (R2 ). La famiglia {j,j ,k,k : j, j , k, k Z} ` Tuttavia procedendo in questo modo perdiamo la struttura della MRA, perch e i parametri di scala j, j possono variare indipendentemente. Se V e V sono due sottospazi chiusi di L2 (R), indichiamo con V V il sottospazio chiuso di L2 (R2 ) generato dalle combinazioni lineari nite di elementi del tipo f g con f in V e g in V . Per mantenere la struttura di MRA, lidea ` e usare il prodotto tensore alla scala Vj . Ovvero, a j ssato la famiglia {j,k : k Z} ` e una base di Vj , ne consideriamo il prodotto tensore {j,k j,k : k, k Z} e poniamo Vj = sp {j,k,j,k : k, k Z} = Vj Vj . Si pu` o dimostrare che gli spazi Vj formano una MRA di L2 (R2 ) con funzione di scala (rispetto a traslazioni di coppie di interi). Passiamo ai complementi ortogonali. Il complemento ortogonale di V0 in V1 ` e uno spazio che chiamiamo W0 e ` e fatto dalla somma diretta di tre spazi del tipo prodotto tensore, ovvero W0 = (W0 V0 ) (V0 W0 ) (W0 W0 )

3.8 Cenno al caso di dimensione maggiore

153

In un certo senso, avremo bisogno di tre wavelet la verticale, la orizzontale e la diagonale per descrivere lo spazio dei dettagli W0 : h (x, y ) = (x) (y ) v (x, y ) = (x) (y ) d (x, y ) = (x) (y ) (il nome dipende dal fatto che nel sottospazio W0 V0 , ad esempio, ci sono i dettagli orizzontali).

Figura 3.32. Immagine originale

Nella gura 3.32 vediamo limmagine originale. Calcoliamone la decomposizione di livello 1, usando la Haar wavelet.

Figura 3.33. Decomposizione di livello 1

Nella gura 3.33 troviamo la decomposizione livello 1: nellangolo in alto a sinistra abbiamo la stessa immagine, un po sfocata, in alto a destra i dettagli orizzontali, in basso a sinistra i dettagli verticali e in basso a destra i diagonali. Iteriamo la decomposizione: quella di

154

Capitolo 3

livello 2 ` e in gura 3.34, in cui il quadrato dellapprossimazione di livello 1 viene soppiantato dallapprossimazione di livello 2 e i suoi dettagli. Si noti come i dettagli siano matrici sparse, ovvero contenenti molti zeri. Da qui il risparmio nella codica di una immagine tramite le wavelet.

Figura 3.34. Decomposizione di livello 2

Con le stesse tecniche viste nel caso unidimensionale e valide anche per la compressione (scelta di una soglia e eliminazione dei dettagli al di sotto di una certa soglia) si pu` o eliminare il rumore da una immagine.
immagine sporcata immagine pulita

Figura 3.35. Rimozione del rumore da una immagine

3.9 Esercizi

155

9. Esercizi (0) = 0, allora ` 3.9.17. Provare che se ` e in L2 , a valori reali e (1 + |x|) L1 e e una wavelet ammissibile (notare che | ( )| C | | e che | | ` e pari). 3.9.17. Sia {xk : k Z} una base di Riesz per lo spazio di Hilbert H. Supponiamo che x = kZ k xk = kZ k xk , con (k ) e (k ) in 2 (Z). Vericare che (k ) = (k ), ovvero la scrittura di x tramite base di Riesz ` e unica. 3.9.17. In uno spazio di dimensione nita ogni base algebrica ` e una base di Riesz. 3.9.17. Mostrare che se {ej : j Z} ` e una base ortonormale di L2 (R), allora il sistema e una base ortonormale di L2 (R2 ), dove {ej ej : j, j Z} ` ej ej (x, y ) = ej (x) ej (y ) (x, y ) R2 .

Elenco delle Figure


Una immagine in bianco e nero Leetto di mean e gaussian lter Altri modi di usare il gaussian lter Un segnale unidimensionale: comportamento del ltro LoG Il cappello messicano bidimensionale Eetto del ltro LoG su una immagine Percezione di colori e livelli di grigio Il coeciente DC Il coeciente DC e un altro coeciente Il coeciente DC e un altro coeciente 2 Il coeciente DC e altri coecienti Unimmagine reale e la sua trasformata. Inversione senza la fase Un ltro passa-basso. Unimmagine con forte contorno. Filtri passa-basso e passa-alto Riconoscimento caratteri Frange di dirazione Il graco della chirp quadratica Il valore assoluto della trasformata della chirp quadratica Trasformata di Gabor della chirp quadratica 1 Trasformata di Gabor della chirp quadratica 2 Trasformata di Gabor della chirp quadratica 3 La somma delle note g2,4 e g4,6 La somma delle note g2,4 e g3,6 La nestra e la sua trasformata. Gaussian e Mexican Hat wavelets Morlet wavelet Dilatazioni e traslazioni della Gaussian wavelet
157

11 12 14 15 15 16 45 46 47 47 48 48 49 50 50 51 52 61 91 91 92 92 93 93 94 94 96 96 98

158

Capitolo 3

Coseno e MexHat Scalogramma (Haar) della funzione coseno Scalogrammi della funzione coseno MexHat di un segnale con frequenza 30Hz Tabella Pseudofrequenze MexHat Tabella pseudofrequenze per Morlet Morlet di un segnale con frequenza 100Hz La trasformata wavelet (Morlet) di un segnale con due frequenze CWT di due frequenze in sequenza La trasformata wavelet (gaussian) di una discontinuit` a a salto Rettangoli di Heisenberg per la CWT Un segnale con due frequenze e due impulsi Trasformate di Gabor di note e impulsi Trasformate di Gabor di note e impulsi con nestra pi` u piccola Trasformata wavelet continua di note e impulsi. Trasformata wavelet e regolarit` a Shannon wavelet Meyer Wavelet La compressione di un segnale discreto Rimozione del rumore Immagine originale Decomposizione di livello 1 Decomposizione di livello 2 Rimozione del rumore da una immagine

101 101 102 102 103 103 104 105 106 107 108 108 109 109 109 112 130 133 146 147 153 153 154 154

Riferimenti bibliograci
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