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Francesco Lamendola

Il caso Bonhoeffer alle origini della svolta antropologica nella teologia contemporanea
9 aprile 1945: sono le ultime settimane di vita del Reich "millenario" di Adolf Hitler. Tra poco il dittatore finir suicida nel bunker della Cancelleria di Berlino (questa, almeno, la versione accreditata dai vincitori e, poi, dagli storici) e la Germania sar costretta a capitolare, a Reims, il 7 maggio, senza alcuna condizione. Tuttavia, prima di crollare, il totalitarismo nazista ha fatto in tempo a consumare la sua vendetta su uno dei suoi pi convinti oppositori: il pastore e teologo protestante Dietrich Bonhoeffer. Questi aveva partecipato attivamente alla resistenza, sia teorica che militare, contro il regime hitleriano e aveva approvato la teoria del tirannicidio. Nel 1943 era stato arrestato e imprigionato a Tegel (Berlino); trasportato, nel 1945, nel campo di concentramento di Buchenwald, era stato infine trasferito a Flossenburg, nell'Alto Palatinato; e quivi, dopo un processo sommario, era stato giustiziato mediante impiccagione, come dicemmo, il giorno 9 aprile. Ma, se la sua voce era stata messa a tacere per sempre, le sue parole avrebbero risuonato ancora a lungo, nel campo della teologia contemporanea; e proprio le sue memorabili frammenti dal carcere - scritti in una situazione analoga a quella del filosofo Severino Boezio allorch, nelle carceri di Teoderico, aveva composto il De consolatione philosophiae - avrebbero segnato un decisivo punto di svolta, nel pensiero teologico europeo e mondiale. Bonhoeffer era giovane: aveva appena trentanove anni al momento della morte. Era nato a Breslavia nel 1906 ed era figlio di un illustre psichiatra, Karl Bonhoeffer (1868-1948), autore di importanti studi sulle sindromi psicopatologiche nell'alcolismo e nelle depressioni, nonch di una dottrina del "tipo esogeno di reazione" secondo la quale ogni noxa esogena (infettiva, tossica, traumatica o degenerativa) agisce sul cervello, causando un insieme di sintomi aspecifici, caratterizzati dal disturbo della coscienza: confusione, oniroidismo, stupore, coma. Era una famiglia particolarmente dotata sul piano intellettuale: il fratello minore di Dietrich, Karl Friedrich, sarebbe divenuto un chimico di valore, dimostrando - fra le altre cose - che l'idrogeno una miscela di due forme diverse, l'ortoidrogeno e il paraidrogeno, e riuscendo a isolare quest'ultima. Un'atra figura era destinata a svolgere un ruolo importante nella formazione culturale del giovane Dietrich nel corso degli studi universitari: quella dell'insigne teologo luterano Aldolf von Harnack (nato a Dorpat, in Livonia, nel 1851 e morto a Heidelberg nel 1930), docente a Lipsia, Marburgo e Berlino, e autore di un libro memorabile, quale L'essenza del cristianesimo, apparso nel 1900. Divenuto pastore protestante, dimostrando costantemente una spiccata sensibilit per i problemi sociali, Bonhoeffer aveva soggiornato all'estero, esercitando le funzioni di pastore nelle parrocchie evangeliche di Barcellona e Londra, prima di conseguire la libera docenza presso l'Universit di Berlino, nel 1931. Ma, due anni dopo, Hitler era salito al potere e Bonhoeffer, insieme all'altro eminente teologo protestante, il calvinista Karl Barth, aveva aderito alla cosiddetta Chiesa confessante, di ispirazione antinazista e impegnata in una lotta esplicita contro la chiesa dei cristiani tedeschi che si era collocata su posizioni di sostegno aperto alla dittatura. Un itinerario opposto a quello compiuto da un altro notevole teologo tedesco, Friedrich Gogarten (1887-1967), che ci riserviamo di trattare in apposita sede, il quale, sia pure per un breve periodo e con riserva, si era avvicinato a movimento religioso nazionalista.
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Prima che l'arresto ponesse fine alla sua attivit pastorale e di ricerca, egli aveva pubblicato Sanctorum communio nel 1931, Atto ed essere nel 1937, Sequela nel 1938, senza aver potuto dare, per, una forma definitiva al suo pensiero. Paradossalmente, ci avvenne in carcere, dal quale riusc a far giungere all'esterno, tramite l'amico E. Bethge, una serie di testi, di frammenti e di lettere che, a suo giudizio - e anche a giudizio dei posteri -, costituiscono il suo contributo pi significativo ai problemi della teologia contemporanea. Da tali frammenti sono state ricavate le seguenti opere postume: Etica (1949), Tentazione (1953); Il mondo maggiorenne (1955-66). I frammenti inviati all'amico Bethge, le lettere ai genitori e alcune poesie sono confluiti nel volume Resistenza e resa (1951). Le opere complete di Dietrich Bonhoeffer, Gesammelte Schriften,i n quattro volumi, sono state pubblicate fra il 1958 e il 1961. Scrive il teologo Germano Pattaro nel suo volume postumo La svolta antropologica (Edizioni Dehoniane, Bologna, 1991, pp. 36-40): Presentiamo qui solo l'essenziale della riflessione e della problematica di D. Bonhoeffer, anche se, essendo egli il punto referente costante del contenzioso teologico che si iniziato con lui, chiederebbe una presentazione pi vasta e articolata. Per tre ragioni. La prima data dal fatto che il suo pensiero sar svolto con ampiezza da J. Moltmann, che ne ricostruisce l'itinerario riprendendolo nel contesto della "teologia della speranza". La seconda dipende dal continuo ricorso a lui da parte di pressoch tutti gli autori che con diverse sottolineature lo ricuperano, approfondendolo, ciascuno dal suo punto di vista. La terza giustificata dal concentrare il tutto sulla sua intuizione esposta nelle Lettere dal carcere che costituiscono il dossier tematico della "svolta antropologica", cos come essa andata svolgendosi nella teologia a lui successiva. Il punto di partenza l'esperienza riflessiva condotta da D. Bonhoeffer nelle lettere dal carcere, nel contesto del problema da lui abbozzato attorno al tema del "cristianesimo adulto". Egli non parla in maniera esplicita di "secolarizzazione". L'aveva gi fatto nell' Etica. Si esprime con un linguaggio meno generale, ricorrendo ai concetti socio-descrittivi, quali: autonomia, mondanit, intramondanit. Essi risultano pi specifici, perch esito di una diagnosi e di una presa di coscienza pi articolata e puntuale. La riflessione di Bonhoeffer, pur nella sua forza, non supera i limiti dell'intuizione, anche se in grado di abbozzare un programma di lavoro per la teologia. Le sue lettere, pur esigue e balbettanti, hanno costretto la teologia al problema, cos che, a partire da esse, la "secolarizzazione" diventata tema specifico per la riflessione cristiana. Non tanto come u settore dell'etica che considera i rapporti tra fede ed esperienza storica, quanto come contesto d'obbligo, all'interno del quale l'universo della fede provocato e messo in causa. Bonhoeffer debitore, nella sua riflessione, almeno indirettamente, della problematica gi avviata da E. Troeltsch. Questi aveva scelto la "secolarizzazione" come categoria culturale in grado di spiegare il lento distacco polemico della societ moderna dalle ipotesi religiose e istituzionali del cristianesimo. A livello filosofico, teologico, etico e giuridico. Con un accento positivo. Troeltsch ritiene di poter affermare che questo distacco dovuto, almeno inconsciamente, allo stesso cristianesimo. I padri della Riforma insegnano infatti che il mondo, comunque sia la sua figura storica, sta sempre di fronte a Dio, al di qua di lui, non tanto e solo per la distanza metafisica che oppone l'uno all'altro, quanto per il "segno" del peccato che definisce l'uomo di fronte a Dio e lo pone sotto il suo giudizio. Il che significa che il mondo non pu invocare nessuna benedizione sacralizzante n per la sua coscienza n per le sue istituzioni. La salvezza, infatti, aperta da Dio a favore dell'uomo, mentre raggiunge l'uomo, lo incontra solo nell'economia della storia, alla quale egli consegnato come uomo che solamente uomo e, perch tale, finalmente uomo. Laico, quindi, di una laicit che dichiara l'ordine stesso della storia e la svolta secolare in maniera positiva.La presa di coscienza di questa laicit , appunto, il passaggio a una condizione definita da Bonhoeffer "adulta". Con una doppia implicanza. La prima considera il distacco della societ
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contemporanea dall'universo religioso come un processo positivo, nel senso che l'uomo ha preso seriamente in considerazione la propria responsabilit, assumendone pienamente gli obblighi e i progetti: in linea con quelle espressioni, le qual affermano che l'uomo secolarizzato l'uomo che ha scelto come progetto di vita la "causa" dell'uomo. La seconda considera l'attitudine del cristiano rispetto all'uomo della "secolarizzazione" e lo invita ad essere egli pure "adulto", nel senso che, nell'affrontare gli obblighi del suo impegno storico-sociale egli non pu contare su di un Dio "sostitutivo" e quindi "esonerante". Dio gli fa credito della vita e non gl concede nessuno sconto - se cos si pu dire - su di essa. Il che significa che egli deve essere laico quanto il non credente rispetto ad essa. In nome di Dio, s'intende, secondo l'esempio rigoroso dell'incarnazione. In termini di domanda: Come parliamo in maniera mondana di Dio (forre non si pu pi parlare come una volta); come facciamo ad essere cristiani non religiosi-mondani, ad essere ecclesia, chiamati, senza per questo considerarci religiosamente privilegiati, ma piuttosto facenti in tutto e per tutto parte del mondo?. Oppure, parafrasando l'insignificanza della "circoncisione" per la salvezza: La religione condizione della salvezza?. E in termini pi pregnanti: Con Dio e davanti a Dio noi dobbiamo vivere senza Dio. Bonhoeffer si mette consapevolmente all'interno della contraddizione tra Dio e il mondo, resa drammaticamente irrisolvibile da K. Barth. Ma con un'inversione di giudizio. Barth, portando la sola fides alle estreme conseguenze, contesta radicalmente il mondo in nome di Dio e lo dichiara zona negativa e incompatibile della storia Bonhoeffer entra, invece, nel coraggio estremo e mette sotto giudizio Dio a partire dalla storia. L'accusa sale, dunque, dall'uomo. Non per un tradimento operato contro la Riforma. Bonhoeffer e resta luterano rigoroso. Solo che, ala saldatura ontologica tra Dio e il mondo avanzata dalla tradizione cattolica e alla rottura altrettanto radicale della tradizione protestante, egli oppone la realt del Dio crocifisso, che liquida sia la trascendenza che l'immanenza di Dio rispetto al mondo. In Cristo, Dio ha occupato il mondo e sulla croce egli si instaurato al suo interno come Dio dell'assenza, del nascondimento, del sub contraria specie. Dall'uomo non salgono percorsi verso Dio, cos che all'uomo non dato di occuparsi di Dio, n in nome delle metafisiche n in nome di qualsiasi altra scienza dei comportamenti. Dio, invece, ha scelto di occuparsi dell'uomo, attraversando la distanza che lo separa da lui, fuori percorso e in evento. La croce , appunto, un luogo inaudito, nel senso che non se ne pu parlare, perch la parola dell'uomo vuota di Dio. Sulla croce, Dio entra in questo vuoto e lo occupa per grazia, ma annullandosi, appunto, al suo interno, cos da essere in sembianza reale di "non Dio". Ci significa che Dio ha preso possesso del mondo sulla misura del mondo e del suo "vuoto". In altri termini, Dio ha occupato tutto lo spazio storico dell'uomo senza minimizzarlo in alcun modo, cos che dato a Dio di essere dell'uomo ed dato all'uomo di essere di Dio sempre e solo in condizione "mondana". Per questo Dumas ha potuto interpretare il procedimento bonhoefferiano quale "unit polemica" opposta all'alternativa "dialettica" di Barth e di Bultmann. Egli ha inteso sottolineare il fatto che secondo Bonhoeffer non esiste alcun altro modo di intendere Dio che sulla croce di Cristo, perch a Dio piaciuto manifestarsi all'uomo nello scandalo della kenosis del Calvario. Per questo, anche se in maniera non omogenea al pensiero di Bonhoeffer, un altro autore, con una lettura di tipo marxista, ha potuto dir con esattezza che il pensiero di "secolarizzazione" invocato da Bonhoeffer, pone la sua teologia come un sortire dalla chiesa verso il mondo. la "mondanit" , dunque, la vera regola dell'essere cristiani nel mondo. Con una precisazione ulteriore, chiarissima in Bonhoeffer: l'unit polemica non l'esito di un procedimento apologetico. Se cos fosse, l'intera riflessione bonhoefferiana sarebbe inquinata dallo stesso sospetto che essa intende superare. a questo livello, ci sembra, che Bonhoeffer nel carcere affronta con lucidit il tema della "religione", portando a termine la riflessione di Barth, considerata da Bonhoeffer non conclusa. La religione , appunto, tentativo apologetico non solo nei confronti dell'uomo, ma, e peggio, nei confronti di Dio a partire dall'uomo. L'apologia un processo di manipolazione che scava nella zona ammalata dell'uomo per dichiararlo fallito, cogliendolo nelle frange della sua debolezza, cos da ricuperare per lui un Dio della gratificazione e dell'esonero morale. E ancora: processo di manipolazione di Dio, per
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la insopportabilit dello scandalo della croce, cos che si vuol riportare Dio sul trono della potenza e dell'efficienza, in modo da poter disporre irriverentemente di Dio sempre e ancora come il "gratificante" e il "sostitutivo". Brutalmente: l'apologetica intenta un processo contro Dio e lo fa essere il ""tappabuchi" delle debolezze dell'uomo. Il diventare "adulti" , dunque, atto di onest, nella quale dato al cristiano di entrare in maniera, appunto, onesta nella logica delle fede. Questo, allora, il punto: come essere, in obbedienza a Dio, senza Dio in un mondo che lo ha lasciato alle spalle. Bisogna ricordare che il senza Diodi Bonhoeffer non ha nulla a che vedere con il Dio morto della teologia radicale. Dio, per Bonhoeffer, e resta il "vivente", ma che dall' extra nos della sua realt , ha scelto di essere in e pro nobis, il Dio muto, laico, mondano e spento della croce. Perch egli il vivente, pu porsi come "perdente". La ragione va trovata nell'extra nos del suo essere Dio, cos che l'extra indica, secondo la terminologia concettuale di Kierkegaard, filtrata da K. Barth, il "Totalmente Altro", cos che "totalmente" "altro" pure l'uomo di fronte a lui: il "Totalmente Altro" che diventa allora il "totalmente altro", che l'uomo davanti a Dio. La seriet definitiva di Cristo, il Ges di Nazaret alternativo dell'uomo e della storia. Senza cessare di essere il "vivente", perch mai niente e nessuno pu mai violare l'intimit protetta della sua condizione extra, che resta pur sempre tale, anche nell'evento definitivo della croce. Al cristiano, perci, affidato l'obbligo di incontrare l'uomo nella fede, guidato solo dall'economia dell'arcano. Bonhoeffer non chiaro al riguardo, perch offre solo due accenni su questa indicazione di vita. Sufficienti, per, per una prospettiva intuitivamente pregnante. Il primo riprende il tema della "religione" e avverte che l' arcano deve proteggere dalla profanazione i misteri della religione cristiana. Il "positivismo" barthiano qui ammonito, perch trasforma la fede in una legge della fede, cos che la fede cessa di essere un dono gratuito. Ci significa che l'azione di Dio passa sempre attraverso il silenzio della croce, che l'arcano in cui stare, quale segno della libert di Dio di fronte al mondo. Libert che , appunto, grazia, nel senso che Dio decide la propria causa dentro e non altrove dal mondo, cos che il mondo il luogo unico dove la causa di Dio diventa "mondana". L' arcano la "mondanit" come segno emergente di Dio per la salvezza. Il secondo indica la prospettiva dell' arcano entro il tema che rapporta il mondo a Dio secondo la relazione escatologica di "penultimo" a "ultimo". Bonhoeffer intende riprendere un problema gi affrontato nell' Etica e abbozzato, anche, in Sequela. Egli vuole dire che il cristiano impegnato dalla fede a essere con e a esserci per gli altri. A perdere se stesso, cessando di essere il centro del proprio interesse. In questo modo il mondo, che storia, liberato nella direzione di Dio e attesta che il regno di Dio gi presente. Secondo la promessa concreta e mondana dell'Antico Testamento, attestata e ultimata dall'azione e dalla predicazione di Ges. Un tempo interamente da occupare da "uomo", come Ges steso era "uomo" senza aggettivi sospetti, perch edificanti e, quindi, alienanti. L' arcano l'operosit "mondana" scelta da Dio nel Crocifisso come stile del Regno in vista del compimento della sua promessa. Al centro della "proposta" teologica di Dietrich Bonhoeffer vi l'idea che, in un mondo "divenuto adulto", il Dio "tappabuchi" non pu che essere rifiutato. Non Dio ad essere morto, ma la sua presenza tra gli uomini, culminata nella sua impotenza e nella sua crocifissione. Ma proprio l'assenza di Dio che stimola gli uomini a crescere, a farsi adulti: essi devono agire, davanti a Dio, come se Dio non ci fosse. In un certo senso, Egli vuol vedere come sapranno cavarsela senza la Sua presenza. Al tempo stesso, non bisogna pensare che Dio abbia abbandonato l'uomo a se stesso: egli vuole favorirne la crescita, rispettando sino in fondo la sua libert. Che cosa resta da fare, dunque, al cristiano, in questo mondo ormai divenuto "adulto" (Troeltsch avrebbe detto "secolarizzato"), se non amarlo ed essergli radicalmente fedele, nonostante tutte le sofferenze e le delusioni, nel segno dell'unico incontro possibile tra l'uomo e Dio, quello con il Cristo presente? Se Karl Barth aveva contrapposto la religione e la fede, giungendo all'inevitabile corollario della totale alterit di Dio, per Bonhoffer il cristiano deve accettare il mondo in tutti i suoi aspetti, senza illusioni e senza fare un ricorso strumentale a valori ultramondani.

Di fronte alla sfida del male, tutti i principi etici e razionali rivelano la propria impotenza: l'unica possibilit di resistenza sta nella fede, nel vincolo esclusivo con Dio, che d la forza per attuare il sacrificio di s, in un'azione al tempo stesso obbediente e responsabile. Proprio nei frammenti scritti un solo anno prima della morte, il 30 aprile e il 5 maggio 1944, Bonhoeffer ribadisce il concetto che solo mediante la "disciplina dell'arcano" possibile, per il cristiano, coniugare i due supremi valori della "fedelt alla terra" e della obbedienza incondizionata a Dio, e custodire il mistero nella relazione dialettica fra l'ultimo e il penultimo, ossia fra Dio e il mondo. Enorme, come si accennato all'inizio, stato l'influsso del pensiero di Dietrich Bonhoeffer sulla teologia contemporanea, tanto che sarebbe impossibile seguirne gli indirizzi pi recenti senza tener conto di quel punto di svolta. La limpida coerenza intellettuale e morale, il coraggio civile mostrato dal giovane teologo luterano in un contesto storico eccezionalmente difficile, la simpatia che emana da tutta la sua luminosa personalit, non dovrebbero - tuttavia - farci velo ad alcuni aspetti del suo pensiero che appaiono, nella loro essenza o nei loro possibili sviluppi, quanto meno azzardati. Per Bonhoeffer, la lettura dei concetti biblici deve farsi "non religiosa": secondo lui, Bultmann non stato abbastanza radicale nella sua critica del mito (cfr. F. Lamendola, Rudolf Bultamm, la religione e l'immagine mitica del mondo ). L'interpretazione mondana dei concetti biblici culmina nell'affermazione che, se essere cristiani significa "essere gli altri", allora cristiano chiunque combatte per la giustizia e a favore degli oppressi. Osserva giustamente Giovanni Baravalle che, con tali premesse, il cristianesimo si riduce a filantropia, diventa morale e politica, impegno storico per rendere migliori gli uomini, ma non ha pi nulla di specifico da offrire all'uomo. Bonhoeffer vuole proporre una religione fondata sulla solidariet umana, ma proprio questa proposta a costituire il punto discutibile della sua visione teologica. Di fatto, osserviamo noi, il concetto della radicale "fedelt alla terra" da parte dell'uomo (un retaggio nietzschiano) porta Bonhoeffer a sostenere che, se l'uomo fatto "adulto" non ha pi bisogno di Dio, ci avviene perch egli sa che tutto va esattamente tanto bene (o tanto male) quanto prima; e, dunque, a dichiarare finita per sempre la dimensione del sacro. Ora, pu sopravvivere una religione non solo a un'opera di radicale demitizzazione (Bultmann), ma anche di radicale desacralizzazione? Per Bonhoeffer, s, almeno per quanto riguarda il cristianesimo: perch il Dio che accetta di rimanere in questa et atea proprio il Dio cristiano che ha rinunciato alla propria divinit, facendosi uomo in Cristo. A noi pare, tuttavia, che qui vi sua un grosso equivoco teologico, nel quale Bonhoeffer incorso. Il Dio cristiano non solo il Dio che, facendosi uomo e morendo sulla croce, si spogliato della propria umanit, ma anche e soprattutto il Dio che, nella resurrezione, trionfa sulla morte in virt della propria infinita trascendenza, e, dunque, riscatta la storia a partire da una prospettiva metastorica (la parusia). Ci sembra, pertanto, che Bonhoeffer sia stato un po' troppo sbrigativo nel porre l'evento dell'incarnazione come la prova di una rinuncia di Dio ad essere Dio. , questa, una forma di neoarianesimo e di neo-pelagianesimo: di neo-arianesimo, perch la dimensione divina di Cristo sembra andare completamente perduta; di neo-pelagianesimo, perch si sottintende che l'uomo, con l'obbedienza a Dio, pu realizzare il bene senza l'ausilio della Grazia. Si dissolvono, cos, i due elementi specifici del cristianesimo (come religione e non come sistema di etica): la radicale trascendenza di Dio rispetto al mondo, e l'altrettanto radicale chiamata del mondo a Dio, per mezzo del trinomio inscindibile dell'incarnazione, morte e resurrezione di Cristo. Il problema che non lascia mai tranquillo quello di sapere che cosa sia per noi oggi il cristianesimo o anche chi sia Cristo, scriveva Bonhoeffer. Non ci sembra che la teologia da lui delineata dia una chiara risposta in proposito. Il che, per un teologo cristiano - per quanto onesto e bene intenzionato - , a dir poco, paradossale
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