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METAFISICA

A) ESISTENZA
Il concetto di esistenza alla base di qualsiasi indagine metafisica. difficile pensare che si possa spiegare in che cosa consista l'esistenza, o a che cosa equivalga esistere. Semmai ci si pu chiedere che cosa significhi dire che qualcosa esiste. Kant osservava che verbi come esistere ( o essere) non esprimono predicati reali, cio non esprimono un concetto che si possa aggiungere al concetto di ci di cui si sta parlando. In tempi pi recenti, si soliti esprimere questo punto di vista dicendo che tali verbi non sono dei predicati e quindi che 1'esistenza non una propriet. Se esistere non un predicato, se non ha senso pensare di poter separare le cose che esistono da quelle che non esistono nello stesso modo in cui separiamo le cose che sono rosse da quelle che non lo sono, come si fa a render conto del disaccordo che pu sussistere in casi particolari, quandosi tratta di dichiarare che cosa esiste? Quine non ha dubbi in proposito: esiste tutto, giacch non ha senso parlare di entit inesistenti. Ma dire tutto equivale a dire nulla se non in presenza di un criterio che determini la portata di questa parola. Il problema di dichiarare il proprio credo antologico si trasforma cos in quello di esplicitare i propri presupposti ontologici, e la metafisica si ritrova intimamente legata all'analisi semantica del linguaggio: si tratta, in ultima analisi, di stabilire quali entit debbano ricadere nel tutto affinch le nostre asserzioni sul mondo, ovvero le asserzioni implicate dalla nostra teoria sul mondo, risultino vere. QUINE (2) esplicito nel negare che esistere possa avere pi di un significato, e questo punto di vista implicito anche nel saggio di Moore. (1) MOORE Non tutti i filosofi contemporanei, per, la pensano allo stesso modo, e nel dibattito che seguito si possono distinguere almeno tre diverse posizioni. - La prima consiste nell'affermare che entit di tipo diverso possano esistere secondo forme o modalit diverse: i corpi materiali, per esempio, esisterebbero in un senso diverso da quello in cui si pu dire che esistano le entit mentali. (3) RYLE - La seconda posizione consiste nel negare che tutte le asserzioni esistenziali abbiano la stessa portata: vi incommensurabilit tra questioni esistenziali interne ed esterne, ovvero tra questioni riguardanti 1'esistenza o meno di certe entit nell' ambito di una data struttura linguistica, e questioni riguardanti invece l'accettabilit o meno della struttura medesima. Rispetto al linguaggio della matematica, per esempio, l'esistenza o meno di una certa funzione sarebbe una questione interna, risolubile sulla base delle risorse messe a disposizione dal linguaggio stesso, mentre chiedersi se le funzioni esistano davvero sarebbe una questione esterna, poich riguarderebbe la realt del mondo presupposto da quel linguaggio. (4) CARNAP - La terza posizione consiste nel negare che si possa parlare di esistenza in un senso assoluto: sarebbe illecito pensare di poter fornire un'immagine del mondo che non rifletta in qualche modo i pregiudizi dello schema concettuale a cui facciamo riferimento. (5) PUTNAM

1) [Esistere ed esistere] L'esistenza un predicato?, di Moore. Kneale diceva: L'esistenza non un predicato. Esiste e le altre parti finite del verbo esistere non stanno per attributi, invece rosso (oppure rosso), ringhiano, ringhia stanno realmente per attributi. Un'importante differenza tra l'uso di ringhiano in Delle tigri addomesticate ringhiano e l'uso di esistono in Delle tigri addomesticate esistono consiste nel fatto che nel primo caso, se inseriamo un non prima di ringhiano, senza cambiare il significato di ringhiano, otteniamo un enunciato significante, mentre, nel secondo caso, se inseriamo un non prima di esistono, senza cambiare il significato di esistono, otteniamo un enunciato assolutamente privo di significato. L'uso di esiste in questione sarebbe quello che nei Principia Mathematica simbolizzato da E!, e ci sarebbe qui per sostenere che esiste non sta per un attributo.

Ci si evidenzia nel fatto che se dico: Questa una tigre addomesticata, ed esiste, diventa privo di significato. A conferma, ancora, che l'esistenza non un attributo. Ci che viene inteso col dire che una tigre addomesticata, un libro, rosso, ecc., stanno per attributi, che una parte ma non il tutto di ci che viene asserito da qualsiasi valore di x un libro, x rosso, ecc., Questo esiste. Questo (esiste ed) un libro. In tal caso si pu dire che esiste in Questo esiste non sta per un attributo, solamente in virt del fatto che qui la totalit asserita, e non meramente una parte, Questo esiste. 2) [Esistenza e impegno ontologico] Su ci che vi , di Quine 1. dimostra la possibilit di usare termini singolari senza impegnative ontologiche; Problema: dire che qualcosa non esiste ci si riferisce comunque ad essa negandola. Quindi le si d esistenza negandola. Soluzione: Si trattava di tradurre enunciati ontologicamente problematici, riguardanti entit inesistenti, nella loro forma logica appropriata, e proprio tale traduzione consentiva di mettere in luce il difetto ontologico implicito. Lenunciato lattuale re di Francia calvo non sembra essere n vero, n falso, e neppure insensato, ma ci accorgiamo che semplicemente falso nel momento in cui lo traduciamo nellequivalente esiste oggi un re di Francia ed calvo. Allora vediamo bene che lenunciato ha la forma di una congiunzione in cui uno dei congiunti falso, dunque falso. Ora Quine nota che questo metodo russelliano consente di separare brillantemente la questione della significativit degli enunciati dalla questione ontologica, ossia dalla domanda sullesistenza o meno delle entit in questione. Diremmo: la teoria delle descrizioni isola la parte ontologica dellenunciato impedendole di generare equivocit. Tutto ci si vede molto bene nel caso che Quine chiama la barba di Platone, ossia nella difficolt di trattare i nomi che indicano entit non esistenti. Per esempio nel caso di Pegaso vola, la traduzione: x (x Pegaso x vola) mostra che non siamo di fronte a una struttura nome/predicato (ossia a x vola saturato con Pegaso) ma a due predicati: essere Pegaso e volare. 2. dimostra la possibilit di usare termini generali in modo altrettanto neutrale sul piano ontologico; Quine formula allora il noto e provocatorio principio esistere significa essere il valore di una variabile. Vi un abisso fra significare e denotare. Es: la locuzione Stella della sera denota un certo oggetto fisico grande e di forma sferica, che viaggia per lo spazio a parecchi milioni di miglia dalla terra. La locuzione Stella del mattino denota la stessa cosa, come probabilmente fu stabilito per la prima volta da qualche attento babilonese. Ma non si pu dire di certo che le due locuzioni abbiano lo stesso significato; altrimenti quel babilonese si sarebbe potuto risparmiare le sue osservazioni e gli sarebbe bastato riflettere sul significato delle parole impiegate. Dal momento che i due significati san diversi tra loro, devono allora essere altro dall' oggetto denotato, che invece uno e il medesimo in entrambi i casi. Anche nel caso di Pegaso, si confuso l'oggetto denotato col significato della parola. Quine si limita a osservare che la pretesa esistenza necessaria degli universali deriva da una reificazione (ontificazione) del significato, ossia dalla tendenza a concepire il significato come una cosa o una entit che i nomi hanno. La tesi di Quine che invece la significanza va intesa in termini di sinonimia. Non c' affatto bisogno che un termine, per avere significato, debba essere un nome di qualcosa. 3. indica la presenza di pregiudiziali ontologiche, nella forma di schemi concettuali, in qualsiasi teoria; Lidea di fondo di Quine che comunque una teoria implica sempre qualche legame con una ontologia di sfondo, che qui viene accostata alla nozione (problematica e cruciale) di schema concettuale. Lontologia fondamentale per la costituzione dello schema concettuale con cui si interpretano tutte le esperienze, anche le pi comuni; Le asserzioni ontologiche seguono immediatamente da ogni sorta di fortuite e banali asserzioni di fatto. Daltra parte, anche le diverse posizioni sui fondamenti della matematica in realt si riducono sostanzialmente a divergenze circa la gamma di entit cui sia lecito far riferire le variabili vincolate.

4. suggerisce di trattare il confronto tra ontologie su un piano puramente semantico, linguistico. Finch si pu riuscire a tradurre la nostra controversia ontologica in una controversia semantica sulluso dei termini si pu evitare che essa scada in una petizione di principio . Abbiamo gi visto che la valutazione e il confronto di teorie ontologiche rivali avviene per via semantica, ma resta da chiedersi se esistano criteri per decidere quali soluzioni siano effettivamente migliori. Lunico criterio riconosciuto da Quine il criterio (semplicit/ economia) ottenibile tramite: - lesclusione delle entit platoniche. - il principio della riduzione ontologica, ossia la definizione dei termini indicanti oggetti di una certa teoria nei termini degli oggetti di unaltra teoria. Questo tipo di traduzione ontologica alla base del progresso scientifico. Il criterio di economia concettuale, semplicit o eleganza, non per univoco, nel senso che diversi schemi concettuali o diverse ontologie possono soddisfarlo. Per esempio, una notevole semplicit esplicativa pu dare luogo a schemi concettuali contrapposti, come il fiscalismo e il fenomenismo. Ciascuno ha i suoi vantaggi, ciascuno presenta un suo tipo di semplicit. La tesi di Quine in queste pagine che sono entrambi accettabili, e da accettarsi, bench il fenomenismo sia preferibile in senso epistemologico, il fiscalismo in senso fisico. In realt dai rispettivi punti di vista, ciascuno degli altri due sembra un mito. 3) [I modi dell'esistenza] Esistenza ed errori categoriali, di Ryle Quando due termini appartengono alla stessa categoria, le proposizioni congiuntive che li incorporano sono appropriate. Dunque, si pu dire di avere comprato un guanto sinistro e uno destro, ma non di aver comprato un guanto sinistro, uno destro e un paio di guanti. Il dogma dello spettro nella macchina fa esattamente qualcosa del genere. Sostiene che esistono sia corpi sia menti, che hanno luogo processi sia fisici sia mentali, che vi sono sia cause meccaniche sia cause mentali dei movimenti corporei. Ora, io non nego che abbiano luogo processi mentali. Eseguire una lunga divisione un processo mentale e lo anche fare una battuta. Tuttavia, l'espressione hanno luogo processi mentali non ha lo stesso significato di hanno luogo processi fisici, e perci non ha senso congiungere o disgiungere le due frasi. Di conseguenza, l'apparente contrapposizione fra mente e materia illegittima. Ritenere il contrario significa accettare la loro appartenenza al medesimo genere logico e si direbbe qualcosa come: O ha comprato un guanto sinistro e un guanto destro, oppure ha comprato un paio di guanti (ma non entrambe le cose). Tuttavia, queste espressioni non indicano due diverse specie di esistenza, perch esistenza non una parola che rimanda a un genere, come colorato o sessuato. Esse indicano, invece, due sensi differenti di esistere, un po' come cresce ha sensi differenti in cresce la marea, cresce la speranza e la longevit media cresce. 4) [Questioni esistenziali esterne e interne] Empirismo, Semantica e Ontologia, di Carnap Se qualcuno desidera parlare, nel proprio linguaggio, di un nuovo genere di entit, deve introdurre un sistema di nuovi modi di espressione, soggetti a nuove regole; chiameremo questo procedimento la costruzione di un sistema di riferimento linguistico per le nuove entit in questione. Dobbiamo ora distinguere due specie di problemi di esistenza: - il primo, il problema dell'esistenza di certe entit del nuovo tipo entro il sistema di riferimento, lo chiameremo problema interno; - il secondo, concerne l'esistenza o realt del sistema di entit come un tutto, chiamato problema esterno. L'essere reale in senso scientifico significa essere un elemento del sistema; questo concetto, quindi, non pu essere sensatamente applicato al sistema stesso. Dobbiamo distinguere con chiarezza i problemi interni da quelli esterni, cio, i problemi filosofici concernenti resistenza o la realt di tutto il sistema delle nuove entit. Molti filosofi considerano un problema di questo tipo come un problema antologico, che deve essere sceverato e risolto prima dell'introduzione delle nuove forme di linguaggio. Essi ritengono che un procedimento come quello qui seguto sia legittimo solo se pu essere giustificato da una intuizione ontologica, che assicuri una soluzione positiva del problema della realt. In contrasto con questo punto di vista, noi assumiamo che l'introduzione di nuovi modi di dire non richieda

necessariamente una giustificazione teoretica, non implicando alcuna asserzione di realt. Possiamo continuare a parlare (come abbiamo fatto) dell'accettazione di nuove entit, perch questo modo di dire usuale; ma si deve tener presente che per noi questa frase non ha altro significato che quello dell'accettazione del nuovo sistema di riferimento, cio delle nuove forme linguistiche. Soprattutto, ci non deve essere interpretato come assunzione, credenza, o asserzione della realt delle entit considerate. Non vi alcuna asserzione del genere. La pretesa asserzione della realt del sistema di entit sarebbe uno pseudo-enunciato privo di contenuto conoscitivo. Senza dubbio, a questo punto dobbiamo affrontare un quesito importante, ma si tratta di un quesito pratico, e non teorico; il problema se accettare o no le nuove forme linguistiche. L'accettazione non pu essere giudicata vera o falsa, poich non un' asserzione. Pu essere giudicata solo un espediente pi o meno utile, o fecondo, o idoneo a condurre al conseguimento dello scopo cui il linguaggio destinato. Giudizi di questo tipo forniscono le motivazioni per accettare o respingere il tipo di entit in questione. Cos, chiaro che l'accettazione di un sistema di riferimento linguistico non implica una dottrina metafisica concernente la realt delle entit considerate. 5) [Esistenza e relativit concettuale] Il realismo interno, di Putnap Il realismo interno consiste, in fondo, solo nell'insistere che il realismo non incompatibile con la relativit concettuale. La relativit concettuale suona un po' come relativismo, ma non ne ha nessuna delle conseguenze del tipo: non c' verit da scoprire 'vero' solo un termine per ci su cui un gruppo di persone sono d'accordo. Un piccolo esempio illustrer ci che voglio dire. Consideriamo un mondo con tre individui x1, x2, x3. Quanti oggetti vi sono in questo mondo? Possono esserci delle entit non astratte che non sono individui? Una possibile risposta no. Ma vi sono delle ottime teorie logiche che portano a differenti risultati: per ogni due oggetti ve n' uno che la loro somma (mereologia). Se ignoriamo, per il momento, il cosiddetto oggetto-nullo, troviamo che il mondo di tre individui ne consiste in realt di sette. Con l'oggetto nullo, otto. Ora ben nota la classica strategia della metafisica realista di fronte a questo problema. Consiste nel dire che c' un singolo mondo (una specie di pasta) che pu essere tagliato a pezzi in diversi modi. Ma questa metafora dello stampo per torte affonda alla domanda: Quali sono i pezzi della pasta?. Non accidentale che il realismo metafisico non riesca veramente a riconoscere il fenomeno della relativit concettuale, poich questo fenomeno emerge dal fatto che le primitive logiche stesse, e in particolare le nozioni di oggetto e esistenza, hanno una moltitudine di usi diversi piuttosto che un significato assoluto. Tuttavia, la domanda Quanti oggetti esistono? ha una risposta che non affatto una questione di convenzioni. Ecco perch io dico che esempi di questo genere non devono portare a un relativismo culturale radicale. I nostri concetti possono essere relativi a una data cultura, ma da questo non segue che la verit o falsit di tutto ci che diciamo usando questi concetti sia semplicemente deciso dalla cultura. Ma mera illusione l'idea che vi sia un punto di Archimede, un uso di esistere inerente al mondo stesso, per il quale la domanda Quanti oggetti realmente esistono? abbia senso. Ci che in un certo senso lo stesso mondo pu essere descritto in una versione come consistente di tavoli e sedie (e questi come dotati di colori e di propriet disposizionali ecc.), e come consistente di regioni dello spazio-tempo, particelle e campi, nell'altra versione. (=focalizzare su modalit diverse)

B) IDENTITA' (sincronica: astratta dall'evoluzione temporale)


La nozione di esistenza intimamente connessa a quella di identit, al punto che si pu pensare di caratterizzare la prima attraverso la seconda: affermare resistenza di una certa entit A equivale ad asserire che qualcosa identico ad A. Sul piano metafisico resta da chiarire quali siano le condizioni che determinano il sussistere di un nesso di identit. A questo riguardo, vi sono almeno tre principi diversi ai quali si soliti fare riferimento. - Il primo il principio, dovuto a Leibniz, stando al quale una condizione sufficiente per l'identit costituita dall'uguaglianza qualitativa, o indiscernibilit: se A e B godono delle medesime propriet, allora A = B. BLACK (1) apre un fecondo dibattito in merito alla sua validit nel caso degli oggetti materiali, soprattutto se ci si affida a una concezione di stampo empirista in base alla quale queste entit non sono altro che fasci di propriet. - secondo principio solitamente attribuito a Locke e individua le condizioni di identit degli oggetti materiali nella coincidenza spazio-temporale, o co-localizzazione: se A e B si trovano in uno stesso luogo nello stesso preciso momento, allora A = B. Il saggio di WIGGINS (2) testimonia l'ingresso ufficiale di questo principio nella riflessione filosofica contemporanea. - Infine vi il principio di ispirazione nominalista, e per certi aspetti materialista, in base al quale le condizioni di identit di un oggetto risiedono nella sua composizione mereologica, ovvero nelle relazioni che legano le parti al tutto: se A e B hanno gli stessi costituenti, allora A = B. LOWE (3) ne mette in discussione l'attendibilit, mentre LEWIS (4) lo difende. Altre questioni fondamentali riguardano il fatto se - abbia senso parlare di identit in termini assoluti. Per buona parte degli autori contemporanei la risposta affermativa, ma a partire dal saggio di GEACH (5) ha preso corpo l'ipotesi per cui affermazioni della forma A = B siano incomplete: proprio come non ha senso chiedersi in termini assoluti se A migliore di B, ma solo se migliore quanto a sapore, a colore, a resistenza, e via dicendo, analogamente non avrebbe senso chiedersi in termini assoluti se A identico a B, ma solo se A e B sono la stessa persona, lo stesso ministro, lo stesso organismo biologico, e cos via. - La seconda questione se l'identit sia una relazione indeterminata, cio se vi siano oggetti A e B per i quali l'asserzione A = B priva di un valore di verit definito. La mia mano esattamente questa parte del mio corpo? Il Cervino l'oggetto che occupa precisamente la regione R? Quella nuvola l'aggregato delle molecole m1 mn? Tale questione, se s, ci sono oggetti vaghi, oppure no, il mondo perfettamente determinato e la vaghezza una caratteristica del linguaggio di cui ci serviamo per parlarne, trattato dal saggio di EVANS (6).

1) [Identit e uguaglianza qualitativa] L'identit degli indiscernibili, di Black Black ha argomentato contro il principio dell'identit degli indiscernibili tramite un controesempio. [Universo simmetrico] Non forse logicamente possibile che l'universo avrebbe potuto contenere nient'altro che due sfere perfettamente simili? Potremmo Supporre che ognuna di esse fosse fatta di ferro chimicamente puro, avesse un diametro di un miglio, che esse avessero la stessa temperatura, lo stesso colore e cos via, e che nient'altro esistesse. Allora ogni qualit o caratteristica relazionale dell'una sarebbe anche una propriet dell'altra. Orbene, se ci che sto descrivendo logicamente possibile, non impossibile che due cose abbiano tutte le propriet in comune. Mi sembra che questo confuti il principio. () Dire che le sfere sono in luoghi diversi equivale appunto a dire che c' una certa distanza fra le due sfere; e abbiamo gi visto che ci non varr a distinguerle. Ognuna a una certa distanza invero la stessa distanza dall'altra. Questo dimostra che anche le propriet di relazione non sono sufficienti a distinguere due oggetti identici in un mondo simmetrico.

2) [Identit e coincidenza spazio-temporale] Trovarsi nello stesso luogo allo stesso tempo, di Wiggins

Non semplice asserire il principio tale per cui due oggetti non possono trovarsi nello stesso luogo allo stesso tempo. Per esempio, un albero e le sue molecole costituenti non sono identici (l'albero non la somma delle parti), eppure essi simultaneamente occupano lo stesso volume. C' bisogno, quindi, di quantificare il principio per evitare simili controesempi. Infatti, ci non deve suggerire che albero sia qualcosa in pi rispetto a molecole costituenti. Non lo affatto. L' della costituzione materiale non l' a dell'identit. Cose come gli alberi e gli aggregati che essi sono (= di cui consistono) appartengono a tipi logici diversi. Ma cosa dire delle ombre o dei raggi della luce? Per Wiggins questi non sono oggetti sostanziali, per cui non entrano in conflitto col principio di Leibniz. 3) [Identit e composizione mereologica] Parti e interi, di Lowe Una categoria ontologica, secondo Lowe, un genere di cosa, o genere di entit, la cui appartenenza determinata da specifiche condizioni di esistenza e di identit, e la cui natura determinabile a priori. Le categorie non vanno confuse con i generi naturali: questi ultimi sono entit che appartengono a una determinata categoria ontologica, e la loro natura determinabile solo a posteriori, in base a unosservazione scientifica o un esperimento. Sortali: concetti di una sorta o genere (kind) di individui. Relazione di identit tra particolare e generale, tra l'individuo e la persona. Un individuo una persona a prescindere dalle particolarit fisiche. La sostanza sortale di un individuo non quindi materiale ma formale. Formale e materiale stanno a Noumeno e fenomeno. solo la dimensione noumenica esprime l'identit della persona. La tesi metafisica centrale di Lowe che, essendo le nozioni di individui (o particolari) e sorte interdipendenti e mutuamente irriducibili, gli individui sono necessariamente individui di un genere (non esistono particolari nudi) ed i generi sono necessariamente generi di individui che li istanziano, cosicch il realismo (mente-indipendenza) sugli individui o gli oggetti particolari implica il realismo su sorte o generi (quantomeno su quelli naturali). Spesso si dice che certi interi sono pi grandi della somma delle loro parti. Questo per non vale per tutti gli interi. (1) Tib = (Tibbles Tail) (2) Tibbles = (Tib + Tail) Questo senso dovrebbe essere diverso da qualunque senso che saremmo intuitivamente disposti ad attribuire al segno pi quando parliamo della somma delle parti di un oggetto, e quindi che le nozioni intuitive di sottrazione e addizione all opera in questo contesto avrebbero poco a che fare con le nozioni aritmetiche che vanno sotto lo stesso nome. Che (Tib+ Tail) sia distinto da Tibbles pu essere spiegato nel modo, oramai consueto, che vado a illustrare. Se Tail (ma nessun'altra parte di Tibbles) fosse annientata, Tibbles continuerebbe a esistere mentre (Tib+ Tail) cesserebbe di esistere. Una somma di certe parti cessa di esistere quando cessa di esistere una delle parti. Supponiamo per lo si voglia negare: immaginiamo cio che si sostenga che (Tib+ Tail) continuerebbe a esistere anche qualora Tail venisse annientata. Sembrerebbe derivarne un'assurdit. Se tanto Tib quanto (Tib+Tail) continuassero a esistere dopo la distruzione di Tail, che cosa distinguerebbe l'uno dall'altro? Diciamo allora che un oggetto collettivo, un oggetto composto che identico a una certa somma delle sue parti (individuate in un certo modo), mentre un aggregato consiste di un oggetto collettivo le cui parti (opportunamente individuate) sono connesse. Poi ci sono cose come il gatto Tibbles, che possiamo definire oggetti integrali. Queste sono entit composte che non sono identici n a qualunque somma delle loro parti. Una delle loro caratteristiche quella di

essere in grado di sopravvivere alla distruzione o alla rimozione di almeno alcune delle loro parti e alla sostituzione di queste ultime con parti nuove. Al contrario, il tratto caratteristico di un oggetto collettivo di non essere in grado di sopravvivere alla distruzione di una qualsiasi delle parti di cui somma, e quello di un aggregato di non essere in grado di sopravvivere nemmeno alla separazione di una qualsiasi delle parti che compongono la somma di cui consiste. Prendiamo l'esempio di un tavolo. Dire questo tavolo denoterebbe un oggetto schematico o ontologicamente incompleto. Pu darsi che il modo preciso con cui individuiamo il tavolo sia in certa misura arbitrario, e quindi che non ci siano dati di fatto per stabilire se, ad esempio, nella stanza ci sia un tavolo che pesa pi di cinquanta chili. Quello che voglio dire semplicemente che in un dato luogo non ci pu essere pi di un oggetto che abbia le qualifiche di un tavolo: due tavoli non possono mai coincidere. Di conseguenza, non c' bisogno di ricorrere alla teoria dell'identit relativa per giustificare il convincimento di senso comune secondo il quale c' un solo tavolo nella stanza: non necessario affermare che oggetti differenti, ciascuno dei quali sarebbe un tavolo, possono essere un unico e medesimo tavolo, dal momento che non necessario affermare che pi di uno di quegli oggetti un tavolo. Tornando al gatto: che genere di oggetto Tib? Dal punto di vista logico, mi sembra che la peculiarit di Tib risieda nel fatto che lo si riesce a individuare, nella misura in cui ci possibile, soltanto in quanto differenza tra due oggetti bona fide, cio Tibbles e Tail. Tib non pu essere individuato indipendentemente come un oggetto bona fide di alcun genere. Ed fondamentalmente per questa ragione che, anche dopo la distruzione di Tail, Tib non pu essere identificato con Tibbles. In altri termini, Tib soltanto un oggetto logicamente dipendente, per cos dire, a differenza del gatto Tibbles (per quanto adesso coincidano dal punto di vista spaziale). Un oggetto che ci viene presentato come logicamente dipendente non pu in seguito divenire logicamente indipendente: un oggetto non pu cambiare il suo statuto logico. Un oggetto logicamente dipendente (v. Tib) pu essere individuato soltanto come differenza tra due intervalli chiusi. 4) [Il tutto nella somma delle parti] La composizione come identit, di Lewis La composizione non strettamente identit ma solo una sorta di identit. Ci che vero sui molti, non esattamente ci che vero sull'uno. Dopo tutto, essi sono molti, mentre esso uno. Lewis sostiene che il 'sono' di composizione e l'' di identit sono nel migliore dei casi analoghi. Le due ragioni per cui assume ci sono: - non c' modo di generalizzare la definizione dell'identit ordinaria uno-a-uno in termini di quantificazione plurale; - non abbiamo davvero un principio generalizzato di indiscernibilit degli identici . Lewis distingue il senso lato (molti-a-uno, ovvero la composizione) dal senso uno-a-uno, sull'identit. Egli ritiene che l'identit uno-a-uno non possa esser contenuta tra un singolo insieme e le sue parti. Composizione, secondo Lewis, l'identit in senso lato. Io dico che la composizione la relazione tra la parte e l'intero, meglio, la relazione molti-a-uno tra un numero qualsiasi di parti e la loro fusione come l'identit. Il sono della composizione , per cos dire, la forma plurale dello dell'identit. Due case a schiera confinanti che condividano un muro in comune non sono identiche, ma non sono nemmeno completamente distinte l'una dall'altra. Sono parzialmente identiche, e quest'identit parziale si traduce nel possesso di una parte in comune. L'Australia e il Nuovo Galles del Sud non sono identici, ma non sono completamente distinti l'una dall'altro. Sono parzialmente identici, e quest'identit parziale si traduce nella relazione parte-intero L'identit parziale ammette gradazioni approssimative. Cominciamo con il Nuovo Galles del Sud e poi aggiungiamovi porzioni via via crescenti dell'Australia: in questo modo ci avviciniamo sempre di pi all'identit completa con l' Australia .

L'intero non che le parti contate come una cosa sola. Da questo punto di vista non c' una cosa distinta da ciascuna delle parti da trattarsi alla stregua dell'intero. Piuttosto, l'intero semplicemente la molteplicit delle parti una volta che si trascuri la diversit tra queste ultime. Ci non significa negare l'esistenza dell'intero; significa semplicemente negarne l'ulteriore esistenza. Poich la fusione non altro che le parti, non pu comparire in alcun luogo senza di loro. 5) [L'identit relativa] Identit, di Geach L'identit relativa. Quando si dice x identico a y si ha a che fare con un'espressione incompleta: si tratta di un'abbreviazione per x lo stesso A di y. Tuttavia, anche x lo stesso A di y non ha senso se il termine A non fornisce un criterio di identit per le cose di cui esso vero. Se lo fornisce, esso un sostantivale. Se non lo fornisce, aggettivale. Dati i due sostantivali A e B ne deriva che: x un A, e x lo stesso A come y; e x un B, e y un B, e x non tanto B quanto y. Una pretesa identit sar sempre legata ad un particolare termine sostantivale, siccome due termini, di cui tutt'e due hanno il senso della domanda e valgono per l'elemento la cui identit viene rivendicata, possono dare valori di verit diversi per tale affermazione. Es: Un vecchio generale lo stesso essere umano tanto quanto il giovane ragazzo che era, ma egli non lo stesso ragazzo, dal momento che un vecchio generale non un ragazzino.

C) PERSISTENZA ( identit diacronica: nel divenire, dinamico)


La nostra esperienza del mondo si basa sulla certezza che le cose che lo abitano a partire da noi stessi persistano nel tempo. E questa certezza si fonda a sua volta su un bisogno ineluttabile: il bisogno di trovare dei punti fermi nel flusso continuo di trasformazioni che ci circondano, l'esigenza di stabilizzare ci che stabile non . C' qualcosa di paradossale in questa certezza. Al trascorrere del tempo le cose cambiano. Come pu qualcosa cambiare e ci nonostante conservare la propria identit? Chisholm (1) muovendo dal tradizionale rompicapo della nave di Teseo e spinto agli estremi in un celebre passaggio di Hobbes, elabora in maniera sistematica una distinzione tra due modi di intendere la persistenza nel tempo: un modo stretto e filosofico, secondo il quale semplicemente impensabile che un oggetto possa cambiare e rimanere lo stesso, e un modo ampio e popolare, secondo il quale le cose che cambiano sono mere entit secondarie, entia successiva costituite da oggetti diversi in momenti diversi. Gli apparenti paradossi che si accompagnano alla nozione di persistenza deriverebbero da una confusione tra questi due sensi. Il vero quesito, secondo Chisholm, stabilire quali siano le entit primarie riguardo alle quali si pu parlare di persistenza in senso stretto. Allo stato attuale si pu dire che i punti di vista sull'argomento si dividano in due gruppi principali. - Da un lato resta cospicuo il numero di coloro che ritengono eccessivo rinunciare a parlare di persistenza in senso stretto con riferimento alle entit o quantomeno alcune entit proprie del senso comune: la possibilit di reidentificare nel tempo gli oggetti dell'esperienza ritenuta una condizione necessaria per conferire una struttura spazio-temporale unitaria al mondo che ci vede protagonisti. Strawson (2). - Dall'altro lato, sono in molti oggi a sposare invece le tesi di Quine (3) per il quale la nozione stessa di cambiamento a richiedere un' analisi differente. Lungi dal distinguere tra due nozioni di persistenza, una stretta e una pi ampia e approssimativa, si tratterebbe piuttosto di abbandonare l'intuizione che vede nel tempo una dimensione speciale rispetto alla quale le cose comuni si comportano in maniera diversa da come si comportano nello spazio: se non ci sono differenze sostanziali tra un oggetto che si estende inalterato nello spazio e uno che invece si presenta variegato, da questo punto di vista non ci sarebbe alcuna differenza di rilievo tra un' entit che persiste immutata e una che invece si modifica nel tempo. Questi due diversi approcci corrispondono, in effetti, a due differenti concezioni degli oggetti. - Secondo il primo approccio, gli oggetti sono le entit tridimensionali alle quali ci ha abituato il senso comune: entit estese nello spazio che persistono nel tempo in quanto sono interamente presenti in momenti diversi della loro esistenza. - Stando al secondo approccio gli oggetti sono invece entit quadridimensionali che persistono nel tempo in quanto sono parzialmente presenti in momenti diversi, proprio come si protendono nello spazio in quanto parzialmente presenti in luoghi diversi. Quale teoria migliore? Secondo Lewis (4) la partita SI gioca sulla spiegazione di come possano mutare le propriet intrinseche di un oggetto persistente. - Per un tridimensionalista, dire che oggi A cos e ieri era cos significher attribuire ad A propriet temporali diverse; - per un quadridimensionalista significher attribuire propriet diverse alle parti temporali di A. Lewis trova la prima soluzione inaccettabile e opta per la seconda, aderendo cos alla concezione capeggiata da Quine. Negli ultimi tempi si fatta strada anche una terza teoria: il sequenzialismo. I suoi sostenitori accettano l'idea di Chisholm in base alla quale i comuni oggetti materiali sarebbero fieri entia successiva unificati nell'intelletto ma rifiutano l'idea che a costituirli siano sequenze di entit primarie che persistono in senso stretto: tutti gli oggetti propriamente detti sarebbero a ben vedere entit momentanee che esistono per un istante e poi scompaiono per sempre, e la nozione di identit diacronica corrisponderebbe a una relazione vuota. Sider (5).

1) [Persistenza reale e persistenza fittizia] L'identit attraverso il tempo, di Chisholm Sul problema dell'identit diacronica, Chischolm distingue tra le cose stesse e le loro storie. La storia di una cosa pu essere compresa pienamente come processo, come somma di parti temporali numericamente diverse; mentre la cosa in quanto sostrato della storia rimane la medesima, non riducendosi all'agglomerato di fasi distinte numericamente. S'immagini una nave la Nave di Teseo che alla sua venuta al mondo sia fatta integralmente di legno. Un giorno una delle sue tavole di legno viene rimossa e rimpiazzata da una tavola di alluminio. La nave sempre la stessa, dato che si tratta soltanto di una piccola modifica. Il cambiamento continua, con identiche modalit, fino a quando la Nave di Teseo non composta interamente d'alluminio. La nave d'alluminio, si potrebbe sostenere, la nave di legno dalla quale eravamo partiti, dal momento che la nave iniziale sopravvissuta a ogni singolo cambiamento e l'identit, dopo tutto, transitiva. Si consideri lo scenario seguente, immaginato da Thomas Hobbes: Se qualcuno avesse conservato le vecchie tavole, nell'ordine in cui venivano tolte e, conservatele e rimessele nello stesso ordine dopo, avesse rifatto la nave, non c' dubbio che questa sarebbe stata, numericamente, la stessa che fu al principio: numericamente avremmo avuto due navi identiche, la qual cosa del tutto assurda. Oppure si pensi a un bambino che gioca con le sue costruzioni. Costruisce una casa con dieci mattoncini, la usa come fortino per i suoi soldatini, la smonta, costruisce molte altre cose, dopodich costruisce nuovamente una casa, disponendo i dieci mattoncini nella medesima posizione in cui li aveva disposti in precedenza per poi usarla nuovamente come fortino per i suoi s01clarini. La casa che stata smontata la stessa casa che vede la luce in seguito? Questi rompicapi che riguardano la persistenza degli oggetti attraverso il tempo hanno versioni analoghe con riguardo all'estensione degli oggetti attraverso lo spazio [Tridimensionalismo. Per il quadridimensionalismo l'estensione attraverso il tempo]. Il vescovo Butler ha suggerito che soltanto in un senso ampio e popolare che possibile parlare di persistenza nel caso di oggetti cos comuni come le navi, le piante e le case. E metteva in contrasto sto questo senso ampio e popolare con il senso stretto e filosofico con il quale parliamo di persistenza nel caso delle persone. ES.1 (dell'uso ampio) Si pu dire: la Route 6 Point Street a Providence ed Fall River Avenue a Seekonk. Siccome Point St. e Fall River Av. hanno propriet differenti (una a Providence e non a Seekonk, l'altra a Seekonk e non a Providence) possiamo dire che in un'affermazione del genere si sta facendo un uso ampio dell'. Dobbiamo semplicemente rimpiazzare la parola con parte di e poi invertire l'ordine dei termini, come in: Point St. a Providence parte della Route 6 e Fall River Av. a Seekonk parte della Route 6. ES.2 (dell'uso ampio) Si consideri la seguente lista: - Socrate mortale. - Socrate mortale. Quanti enunciati figurano in questo lista? Potremmo rispondere esattamente uno oppure esattamente due. Il fatto che queste due risposte incompatibili siano entrambe possibili segnala che la domanda formulata in maniera ambigua. Per questo motivo, al fine di evitare l'ambiguit si proposto di introdurre i termini enunciato-token e enunciato-type, cos da poter dire Ci sono due enunciati-token nella lista ma un solo enunciato-type. Ma se ci esprimiamo in questo modo, allora possiamo dire: Il primo della lista il medesimo enunciato-type del secondo (dal momento che sono sintatticamente analoghi ed esprimono il medesimo contenuto), tuttavia si tratta di due diversi enunciati-token (poich sono due e con una diversa posizione spaziale). Anche in questo caso stiamo usando l' dell'identit in modo ampio. Potremmo dire che ci sono due enunciati-token e che sono token dello stesso (enunciato-)type.

UN'INTERPRETAZIONE DELLA TESI DI BUTTLER. Secondo la prima tesi, i comuni oggetti fisici come gli alberi, le navi, i corpi e le case persistono soltanto in un senso ampio e popolare. Questa tesi pu essere interpretata come se dicesse che quegli oggetti non sono altro che finzioni, costruzioni logiche o entia per alio E ci dice che, dal fatto che si possa asserire che un oggetto del genere esiste in un certo luogo L in un certo istante di tempo t e anche in un certo luogo L' in un altro istante t', non si pu inferire che ci che esiste in L a t sia identico a ci che esiste in L' a t'. Esaminiamo queste due tesi una alla volta. Identit fittizia. Si consideri la storia di un tavolo piuttosto semplice. Esso vede la luce il luned, quando un certo oggetto A unito a un certo altro oggetto B. Il marted A viene staccato da B e C viene unito a B, prestando attenzione a far s che durante l'intero processo si possa sempre individuare un tavolo. Il mercoled B viene staccato da C e D unito a C.
Luned AB Marted BC Mercoled CD

In una situazione di questo tipo abbiamo a che fare, tra gli altri, con i tre seguenti interi: AB, cio l'oggetto formato da A e da B; BC, l'oggetto formato da B e da C; e CD, formato da C e da D. AB costituisce il nostro tavolo di luned, BC lo costituisce marted, e CD lo costituisce mercoled. Sebbene siano tre oggetti differenti, AB, BC e CD costituiscono tutti il medesimo tavolo. Potrebbe sembrare che in questa situazione ci siano due tipi di oggetti individuali piuttosto diversi. Da un lato abbiamo ci che potremmo chiamare l'ens successivum: il tavolo successivo che fatto di oggetti diversi in momenti diversi. Dall'altro lato abbiamo le cose che fanno le veci del tavolo successivo nei diversi giorni, cio AB, BC e CD. Delle propriet che il nostro tavolo successivo possiede in un dato momento, quali sono quelle che ricava da ci che lo costituisce in quel momento? Possiamo affermare che l'ens successivum e ci che lo costituisce in un dato momento sono esattamente simili in quel momento per ci che riguarda tutte quelle propriet che non sono essenziali a nessuno dei due o che non possono essere radicate fuori dai tempi in cui sono possedute. Si potrebbe obiettare: Sei obbligato a sostenere che AB, BC, CD e il nostro tavolo sono quattro oggetti distinti. Potrebbe darsi,d' altra parte, che ciascuno dei tre oggetti AB, BC e CD soddisfi le condizioni di qualunque definizione adeguata del termine tavolo. Anzi, le tue definizioni presuppongono che ciascuno di questi tre oggetti sia un tavolo. Perci sei obbligato a dire che, nella situazione descritta, ci sono quattro tavoli. Ma questo assurdo: in realt hai descritto un tavolo soltanto. Troveremo una risposta a quest'obiezione se distinguiamo il senso stretto e filosofico di espressioni come Ci sono quattro tavoli dal loro senso ordinario, ampio e popolare. Dirlo in senso stretto e filosofico, significa dire che ci sono quattro oggetti diversi, ciascuno dei quali un tavolo. Ma da ci non segue che ci siano quattro tavoli nel senso ordinario, ampio e popolare. Perch ci siano quattro tavoli nel senso ordinario, ampio e popolare, necessario che ci siano quattro oggetti, ciascuno dei quali non solo deve costituire un tavolo, ma non deve neanche costituire lo stesso tavolo costituito da uno degli altri. In altri termini, devono esserci quattro entia successiva, ognuno dei quali dev'essere un tavolo. Perci la risposta all'obiezione precedente questa: nel dire che ci sono esattamente tre tavoli nella situazione descritta ci stiamo esprimendo in senso stretto e filosofico e non in senso ampio e popolare. Nel dire che c' esattamente un tavolo ci stiamo esprimendo in senso ampio e popolare e non in senso stretto e filosofico. Ma affermare che ci sono quattro tavoli AB, BC, CD e il tavolo successiva semplicemente il frutto di una confusione. Non altro che il tentativo di usare contemporaneamente i due registri. Il quadro che abbiamo tracciato illustra dunque un modo in cui possibile fingere che vi sia identit in un caso in cui ci con cui abbiamo realmente a che fare non altro che una successione di oggetti correlati. Potremmo dire, allora, che oggetti siffatti non sono altro che entia per alio. Si tratta di parassiti ontologici che derivano tutte le loro propriet da altri oggetti: dai vari oggetti che ne fanno le veci. Un ens per alio non mai qualcosa, e non ha mai qualcosa, in virt di se stesso. ci che in virt della natura di qualcos'altro. In ogni istante della sua storia, un ens per alio ha sempre qualche altra cosa che ne fa le veci. Ma se ci sono entia per alio, allora ci sono anche entia per se.

Persone attraverso il tempo. Si prenda in considerazione il fatto che in questo momento spero che piova. Se io sono un ens per alio, un ens successivum, proprio come il nostro semplice tavolo o come la Nave di Teseo, allora possiamo dire che la mia speranza che piova tale solo in virt del fatto che l'entit che in questo momento fa le mie veci spera a sua volta che piova. Prendo a prestito la propriet, per cos dire, da quella cosa che in questo momento mi costituisce. Non c' nessuna ragione per supporre che io speri che piova solo in virt del fatto che lo speri qualche altra cosa: un qualche sostituto che, in senso stretto e filosofico, non identico a me ma semplicemente incaricato di fare le mie veci in questo particolare momento. Se quindi ci fossero due oggetti che in questo momento sperano . Che piova, uno che spera grazie a se stesso e un altro che spera in virt di qualcosa che ha la ventura di costituirlo in questo momento, allora io non posso essere che il primo di questi oggetti. E questo significa che io non sono un ens successivum. Potrei comunque essere un costituente di un ens successivum? Se fossi un costituente di un ens successivum, avrebbero dovuto esserci in precedenza altre cose che hanno costituito la stessa persona che costituisco ora, e con tutta probabilit dovrebbero essercene altre in futuro. Ma se cos fosse, allora le cose che penso di sapere sulla mia storia passata potrebbero essere interamente false (anche se potrebbero essere vere della persona che ho la ventura di costituire ora) e potrei non aver alcun fondamento per fare previsioni sul mio futuro. questo il genere di cosa che sono? Data la natura transitoria delle particelle fondamentali che costituiscono l'universo fisico, non ragionevole supporre che, se persisto attraverso il tempo, allora la mia coscienza pu essere trasferita, come John Locke sembrava suggerire, da una sostanza o oggetto individuale a un altro? E se la mia coscienza si trasferisce in questo modo, non mi sono forse trasferito anch'io da una sostanza all'altra? La supposizione, ne sono certo, non soltanto insostenibile ma anche incoerente. Sebbene suggerisca che possibile trasferire la mia coscienza da una sostanza a un' altra, non dice esplicitamente che, per quanto io fossi la prima sostanza, adesso sono l'altra sostanza. Pu darsi benissimo che anche Locke stesse qui facendo un uso ampio dell'. Se contraete la mia malattia contagiosa e se io in seguito guarisco, si potrebbe affermare che la mia malattia, comprese le mie sofferenze e i miei dolori, si sono trasferiti da me a voi. Ma la malattia o il malessere non si saranno trasferiti nel senso letterale in cui, per esempio, i loro portatori potrebbero trasferirsi. Possiamo dire che i tratti della mia personalit si sono trasferiti a Val se acquisite quel tipo di complessi e disposizioni che sono caratteristiche di me. Possiamo dire che le mie credenze si sono trasferite a voi. E possiamo addirittura dire che le mie memorie si sono trasferite da me a voi se ricordate, o pensate di ricordare, le stesse cose che ricordo io. Ma se io ricordo, o penso di ricordare, un mio gesto, il contenuto di questa memoria non pu esservi trasferito. Nessuna di queste possibilit giustifica l'affermazione secondo la quale potrebbero esserci due sostanze distinte tali che io possa trasferirmi dall'una all'altra. Ma un'ombra un ens per alio: prende a prestito le sue propriet da altri oggetti (in modo particolare dagli oggetti che la proiettano). Il trasferimento che si manifesta nel passaggio di un' ombra da un oggetto a un altro tipico degli entia per alio, tanto da non essere assimilabile ai tipi di trasferimento elencati in precedenza. Ma le persone, lo abbiamo visto, sono entia per se. Che cosa mai pu voler dire, dopo tutto, che io potrei essere incorporato o collocata in un'entit pensante o sostanza individuale? Qualsiasi cosa voglia dire, o sono identico all'entit pensante nella quale sono incorporato, oppure non le sono identico. Se sono identico all'entit nella quale sono incorporato, allora non posso essere trasferito da quella sostanza pensante a un' altra. Ma se sono , incorporato in una determinata sostanza pensante e non sono identico a essa, allora ci sono due oggetti distinti: io e la sostanza pensante. E se ci sono due oggetti, chi dei due pensa? Il signor Jones non pi la stessa persona di un tempo. Rimarrai deluso. Non la persona che ricordi. Quando diciamo, nel senso specificato sopra, che Jones non pi la persona di un tempo, non vogliamo dire che c', o c'era, una certa entit alla quale Jones era identico in precedenza e ora non lo pi. Dirlo implicherebbe che esistevano delle entit x e y tali che, in un dato momento, x o stato identico a y e in un altro momento x diverso da y. Questo incoerente, sebbene Jones non pi la persona di un

tempo non lo sia. Non si vuole nemmeno dire che c'era una certa entit, il vecchio Jones, che non esiste pi e che c' un' entit differente, il Jones attuale, che ne avrebbe in qualche modo preso il posto. Il vecchio Jones non morto; non e stato annientato o fatto a pezzi; e non si neanche ritirato in qualche altro luogo. diventato il nuovo Jones. E dire che diventato il nuovo Jones non significa dire che diventato identico a qualcosa a cui in precedenza non era identico. soltanto quando un oggetto viene a esistere, infatti, che lo si pu definire identico a qualcosa a cui prima non era identico. Dire che il nostro uomo diventato il nuovo Jones significa dire che lui, Jones, mutato in modo significativo, acquisendo propriet salienti che in precedenza non possedeva. [conflitto con pensiero pioggia! Acquisito da dove?! v. p.162 ] Che cos' un criterio per l'identit personale? l'enunciazione di ci che costituisce evidenza d'identit personale, che rappresenta una buona ragione per dire di una persona x che o non identica a una persona y. Ora, c' dopo tutto una differenza fondamentale tra le condizioni di verit di una proposizione e l'evidenza sulla quale possiamo contare per stabilire se la proposizione sia vera. Le condizioni di verit della proposizione secondo la quale Cesare ha varcato il Rubicone consiste del fatto, se di un fatto si tratta, che Cesare ha effettivamente varcato il Rubicone. L'unica evidenza di questo . Fatto che voi e io possediamo consister in certe altre proposizioni, proposizione che riguardano testimonianze, memorie, reperti. soltanto nel caso in cui qualcosa si presenta da s (che io spero che piova o che mi sembra di aver mal di testa) che l'evidenza per una proposizione coincide con le sue condizioni di verit. In tutti gli altri casi si tratta di elementi logicamente indipendenti; l'uno potrebbe essere vero quando l'altro falso. Gli stessi atomi che compongono 1'acqua si trovano nel ghiaccio, nei vapori, nelle nuvole, nella grandine e nella neve; quelli che compongono il grano sono nella farina, nel pane, nel sangue, nella carne, nelle ossa, ecc. Se tali atomi fossero infelici sotto forma d'acqua di ghiaccio, si tratterebbe comunque di un'unica sostanza, numericamente identica, a essere infelice in entrambe le condizioni; pertanto, tutte le temibili calamit che interessano gli atomi sotto forma di farina interessano anche gli atomi del grano; e niente dovrebbe essere pi interessato della condizione o del lotto della farina quanto gli atomi che costituiscono il grano, sebbene questi, sotto questa forma, non siano soggetti a tali calamit.

2) [La prospettiva tridimensionalista] La reidentificazione dei particolari, di Strawson


Enunciato livello determinato e costante (contesto ideale, ovvero non-contesto) Asserzione V/F a seconda del contesto (aspetto referenziale) Identificare riferirsi alle cose tramite espressione linguistica. Ci possibile grazie all'esistenza di uno schema concettuale spz-tmp su cui le cose si collocano in coordinate univoche. Reidentificare ...in successivi momenti il medesimo particolare (oggetto). Ci possibile, oltre a coordinate univoche, grazie a particolari tra cui gli altri aventi una funzione di riferimento, detti riferimenti di base e aventi la funzione della sostanza aristotelica.

Noi operiamo con lo schema di un singolo sistema spazio-temporale unificato. Abbiamo quindi l'idea di un sistema di elementi tali che ognuno di essi pu essere connesso tanto spazialmente quanto temporalmente con ogni altro. Possiamo distinguere, quando necessario, tra identificazione referenziale, o parlante-ascoltatore, da un lato e reidentificazione dall'altro. Non sorprendente che sia naturale usare la parola identificare in entrambi i casi perch identificare implica pensare che qualcosa lo stesso: che la particolare copia che vedo in mano al parlante lo stesso particolare al quale egli si sta riferendo, che la copia nelle. Sue mani lo stesso particolare che la copia che io ho comprato ieri. Reidentificare operare con lo schema di una singola struttura spazio-temporale unitaria. N ai infatti non usiamo uno schema diverso, una \. struttura diversa, in ogni occasione. essenziale che in occasioni diverse usiamo la stessa struttura. Non solo dobbiamo identificare alcuni elementi in modo nonrelativo, ma dobbiamo identificarli proprio come gli elementi appartenenti a un singolo sistema utilizzabile in modo continuo. Le occasioni di riferimento, infatti, hanno esse stesse posti diversi nel singolo sistema di riferimento. Non possiamo connettere un' occasione a un' altra se non possiamo reidentificare, di occasione in occasione, gli elementi comuni alle diverse occasioni. I nostri metodi o criteri di reidentificazione devono tener conto di fatti come questi: che il campo della nostra osservazione limitato, che andiamo a dormire, che ci muoviamo. Essi cio devono tener conto del fatto che noi non possiamo osservare in ogni momento la totalit della struttura spaziale che usiamo, che non c' alcuna parte di essa che possiamo osservare continuamente, e che noi stessi non occupiamo una posizione fissa entro di essa. Quale che possa essere la nostra spiegazione, essa deve tener conto delle discontinuit e dei limiti dell'osservazione. Quindi essa deve fondarsi saldamente su quelle che per il momento possiamo chiamare ricorrenze qualitative, cio su ripetuti incontri osservazionali con i medesimi schemi (identit qualitativa) o disposizioni di oggetti (identit quantitativa). Quando diciamo lo stesso di ci che cade entro l'ambito di un ininterrotto periodo di osservazione, possiamo distinguere chiaramente trai casi in cui intendiamo parlare di identit qualitativa e i casi in cui intendiamo parlare di identit numerica. Se per esempio diciamo: La figura che si trova nell'angolo in alto a sinistra di questo diagramma la stessa che ha un parallelogramma a destra e un cerchio sotto, usiamo l'espressione la stessa per parlare di identit numerica. Mentre se diciamo: La figura che si trova nell'angolo in alto a sx del diagramma la stessa che si trova nell'angolo in basso a dx, abbiamo un caso di uso dell'espressione la stessa per parlare di identit qualitativa. Quando diciamo lo stesso di ci che non osservato continuamente, noi pensiamo di poter fare altrettanto chiaramente proprio questa medesima distinzione. Ma possiamo farlo? Poich l'esistenza spazio-temporalmente continua non osservata per ipotesi n nel caso in cui siamo inclini a parlare di identit qualitativa n nel caso in cui siamo inclini a parlare di identit numerica, con quale diritto supponiamo che ci sia una differenza fondamentale tra questi casi, o che ci sia proprio la differenza in questione?

Ma la questione pu essere formulata in un altro modo. Non c' dubbio che abbiamo l'idea di un singolo sistema spazio-temporale di cose materiali, poich l'idea di ogni cosa materiale in un tempo . Qualsiasi connessa spazialmente, in vari modi nei vari tempi, con ogni altra in ogni tempo. Non c' dubbio che questo il nostro schema concettuale. Ora io dico che una condizione del nostro avere questo schema concettuale l'indiscussa accettazione dell'identit tra particolari almeno in alcuni casi di osservazione non continua. C' tutta ma complicazione di un genere completamente diverso che devo menzionare adesso. La descrizione che ho dato della condizione del nostro avere lo schema che abbiamo lo schema di un singolo sistema spazio-temporale di cose fisiche , sotto un certo aspetto, incompleta. Non sufficiente che noi siamo in grado di dire la stessa cosa; dobbiamo anche essere in grado di dire lo stesso posto. Devo essere in grado , di reidentificare non solo le cose, ma anche i luoghi. C' piuttosto un gioco reciproco complesso e intricato tra le due, perch da un lato i luoghi sono definiti solo mediante le relazioni delle cose e dall'altro uno dei requisiti per l'identit di una cosa materiale che la sua esistenza, come continua nel tempo, sia continua nello spazio. Particolari di base. Dato il carattere generale dello schema concettuale che ho descritto, c' una qualche classe o categoria distinguibile di particolari che debba risultare fondamentale dal punto di vista dell'identificazione dei particolari? Non tutte le categorie di oggetti particolari che riconosciamo, per, sono adatte a costituire una tale struttura. I soli oggetti che possono costituirla sono quelli che sono in grado di conferirle le sue caratteristiche fondamentali. Essi devono essere cio oggetti tridimensionali con una certa durata attraverso il tempo. Delle categorie di oggetti che riconosciamo, soddisfano questi requisiti solo quelle che sono, o hanno, corpi materiali in un senso generale dell'espressione. I corpi materiali costituiscono la struttura. Le cose che sono, o hanno, corpi materiali devono essere i particolari di base. Potremmo considerare una condizione necessaria del fatto che qualcosa un corpo materiale il fatto che esso tenda a presentare una qualche resistenza sensibile al tatto, ovvero, forse in senso pi generale, che esso possegga alcune qualit dell'ambito tattile. Ma come dividere in tipi o categorie i particolari pubblicamente percettibili, o pubblicamente osservabili? Parler per esempio di eventi e processi, stati e condizioni da un lato, e di corpi materiali o cose che hanno corpi materiali dall'altro. I corpi materiali, in un senso generale della parola, ci assicurano una singola struttura di riferimento comune e continuamente estendibile, a ogni costituente della quale ci si pu riferire in modo identificante senza riferirsi ad alcun particolare di alcun altro tipo. Questa in generale la struttura della localizzazione spaziale. La costituzione dettagliata di questa struttura cambia, ma senza danno per la sua unit. La conoscenza dei particolari della sua composizione varia da una persona a un' altra, ma senza danno per la sua identit. (...Ho provato che) una condizione fondamentale per un riferimento identificante non dipendente da tipi estranei il possesso di una struttura di riferimento che sia omogenea quanto a tipo e al tempo stesso comune, comprensiva e sufficientemente complessa. Ho sostenuto che questa condizione soddisfatta nel caso dei corpi materiali, e non soddisfatta in generale negli altri casi. A sua volta una condizione per poter disporre di una singola struttura continuamente utilizzabile di questo genere la capacit di reidentificare almeno alcuni elementi della struttura nonostante le discontinuit dell'osservazione: vale a dire che si deve essere in grado di identificare alcune cose particolari come ancora le stesse che quelle incontrate in un' occasione precedente. Se i corpi materiali sono basilari dal punto di vista dell'identificazione referenziale, essi devono essere basilari anche dal punto di vista della reidentificazione. Questa conclusione non dovrebbe essere in alcun modo sorprendente o inaspettata, se ricordiamo che la nostra struttura generale di riferimento a particolari un sistema spazio-temporale unificato a una dimensione temporale e tre spaziali, e riflettiamo ancora una volta sul fatto che, tra le principali categorie disponibili, quella dei corpi materiali la sola adatta a costituire una tale struttura.

3) [La prospettiva quadridimensionalista] Identit, ostensione e ipostasi, di Quine Ipostasi: sostanza; generazione gerarchica delle diverse dimensioni della realt. Problema dell'identit attraverso il tempo: - Permanenza (3d): le cose durano attraverso i cambiamenti - Perduranza (4d): le cose hanno parti temporali. Il cambiamento una questione di avere parti temporali che hanno caratteristiche diverse. La nozione cruciale di questa teoria quella di parte temporale. Sono le parti temporali a possedere, ciascuna per conto suo, le propriet incompatibili. Il possesso, inoltre, diretto e immediato: la parte temporale ha una propriet Q simpliciter. Cos, la rosa era diritta ieri perch ieri aveva una parte temporale che era simpliciter diritta, ed inclinata oggi perch oggi ha una parte temporale, numericamente distinta dalla precedente, che simpliciter inclinata. Quando dico che la rosa ha assunto una nuova forma, nessuna contraddizione coinvolta, in quanto non c nulla di contraddittorio nel sostenere che una sua parte temporale ha la propriet Q e una sua diversa parte temporale ha la propriet complementare incompatibile non-Q. Di nulla si dice che possiede allo stesso tempo la propriet Q e non-Q. Il divieto di Eraclito non potresti entrare due volte nello stesso fiume finalmente trasgredito. Gli oggetti del quadridimensionalista sono detti anche worms, in quanto raffigurabili come lombrichi (si estendono tanto nello spazio quanto nel tempo). Un aspetto centrale dei worms che la loro esistenza in ciascun istante sempre parziale. La rosa avrebbe la stessa struttura di una melodia, gli oggetti diventerebbero eventi. Se vero che nel giro di un limitato numero di anni ha luogo una completa sostituzione della mia sostanza materiale, come si pu dire che io continui ad essere io anche, se non altro, dopo tale periodo? Non ci si pu bagnare due volte nello stesso fiume, poich vi scorre sempre nuova acqua. La verit che ci si pu bagnare due volte nello stesso fiume, ma non nella stessa acqua. Ci si pu bagnare in due diverse parti di fiume che siano parti dello stesso fiume, ed in ci consiste il bagnarsi due volte nello stesso fiume. Il fiume un processo attraverso il tempo, e le acque che vi scorrono sono le sue parti transitorie. Il fatto che identifichiamo il fiume in cui ci siamo bagnati una volta con quello in cui ci siamo bagnati successivamente proprio quel che ci convince che ci di cui parliamo un fiume come processo e non una parte di fiume. Il punto importante da osservare semplicemente la connessione diretta fra l'identit e la postulazione di oggetti che si distendono nel tempo o processi. L'atto di indicare (Questo fiume) di per s ambiguo per quanto concerne la estensione temporale dell'oggetto indicato. Anche concedendo che l'oggetto indicato debba essere un processo di considerevole estensione temporale, e quindi una sommatoria di oggetti transitori, tuttavia ratto di indicare non ci dice quale sia quella certa sommatoria di oggetti transitori che si voleva intendere, ma solamente che l'oggetto transitorio in questione deve essere nella sommatoria desiderata. Ma quando si afferma l'identit di un oggetto in varie e successive ostensioni, facciamo s che le nostre n ostensioni si riferiscano al medesimo e pi grande oggetto e forniamo cos al nostro ascoltatore un terreno induttivo che gli permetta di indovinare quale sia la portata dell'oggetto che avevamo in mente. L'ostensione, se accompagnata dall'identificazione, conduce, con l'aiuto di una certa induzione, all'estensione spazio-temporale. Quando indico verso una direzione dove si vede del rosso dicendo Questo rosso e ripeto quest'atto in diversi luoghi in un certo periodo di tempo) fornisco una base induttiva per giudicare quella che intendevo fosse l'estensione dell'attributo della rossezza. La differenza sembra consistere nel fatto che qui si tratta di una estensione concettuale, e cio la generalit, piuttosto che di una estensione spz-temporale. L'identit pi conveniente della parentela di fiumi o di altre relazioni, perch non ci costringe a mantenere distinti, come una molteplicit, gli oggetti posti in relazione. Codesto espediente rappresenta un caso di applicazione, in modo certo ristretto o relativo, del rasoio di Occam: le entit implicate in un certo discorso si riducono, da molte che erano (a, b, ecc.), ad una (il Caistro). Si noti, tuttavia, che da un punto di vista pi generale o assoIuta l'espediente del tutto opposto

al rasoio di Occam: le molteplici entit a, b, ecc., infatti, non vengono affatto soppresse dall'universo; si semplicemente aggiunto il Caistro. In generale, potremmo proporre la seguente massima di identificazione degli indiscernibili: gli oggetti indistinguibili l'uno dall'altro entro i termini di un discorso dato dovrebbero interpretarsi come identici per quel discorso. Pi correttamente: i riferimenti agli oggetti originali dovrebbero reinterpretarsi, ai fini del discorso in questione, come riferentisi ad altri e meno numerosi oggetti, in modo tale che gli oggetti originali indistinguibili diano luogo ciascuno allo stesso nuovo oggetto. La nostra massima di identificazione degli indiscernibili relativa ad un discorso, e quindi vaga finch resta vaga la discriminazione fra i discorsi. Ma il nostro parlare, generalmente, si scinde, in una certa misura, in vari settori, e codesta misura tender a determinare dove e in qual grado si pu dimostrare conveniente fare appello alla massima della identificazione degli indiscernibili. Universalizzazione in 2 step: - raggruppamento in base a relazioni simili (es. oggetti marroni) - sostanzializzare (ipostasi) le propriet: introducendo termine astratto (es: marronit). Torniamo ora alle nostre riflessioni sulla natura degli universali. Ci Slamo prima serviti dell'esempio rosso, e abbiamo trovato che questo esempio pu venir trattato come un comune particolare esteso spazialmente e temporalmente, alla stessa stregua del Caistro. Rosso era la pi grande cosa rossa nel- l'universo tutta quella cosa, sparpagliata nell'universo, le cui parti sono tutte cose rosse. Fino a qui, perci, appare ozioso distinguere fra integrazione spazio-temporale e integrazione concettuale; in entrambi i casi si tratta di integrazione spazio-temporale. L'ostensione degli oggetti estesi nello spazio e nel tempo per vedere come codesta astensione differisca da ci che si potrebbe chiamare l'ostensione di universali non riducibili come il quadrato e il triangolo. Quando spieghiamo ostensivamente il Caistro indichiamo delle parti a, b, ecc., ed ogni volta diciamo Questo il Caistro, dove il fatto che l'oggetto indicato sia uno ed identico si chiarisce nel passaggio da ciascuna indicazione alla successiva. Quando vogliamo spiegare ostensivamente il quadrato, invece, indichiamo vari particolari e diciamo ogni volta Questo e quadrato senza attribuire valore di identit all'oggetto indicato nel passaggio da ciascuna indicazione alla successiva. La differenza fra i due casi consiste meramente nel fatto che nel primo immaginiamo un identico oggetto indicato, mentre nel secondo no. Nel secondo caso quel che si suppone rimanga identico da indicazione a indicazione non l'oggetto indicato ma, tutt'al pi, un attributo di essere quadrato che condiviso dagli oggetti indicati. In realt nulla ci costringe, fino ad ora, a presupporre, nella nostra spiegazione ostensiva di quadrato, delle entit come gli attributi. Con le nostre varie indicazioni facciamo luce sul nostro uso delle parole quadrato. Quando si vuole spiegare quadrato o una qualsiasi altra locuzione, tutto quel che si richiede che il nostro ascoltatore impari quando deve aspettarsi che noi la applicheremo ad un oggetto e quando no; non c' alcun bisogno che la locuzione in s sia a sua volta il nome di un oggetto a s stante di un qualche tipo. Le ostensioni che introducono un termine generale son diverse da quelle che introducono un termine singolare nel fatto che le prime non attribuiscono valore di identit all'oggetto indicato nelle varie e successive indicazioni. Secondo poi, i termini generali non si prefiggono, o non necessario che si prefiggano, di essere a loro volta nomi di una qualche entit a s stante, mentre i termini singolari s. Lo attribuisco molta importanza alla tradizionale distinzione fra termini generali e termini singolari astratti, fra quadrato e quadraticit, per il loro diverso comportamento ontologico: l'uso di un termine generale non implica di per s il riconoscimento di una corrispondente entit astratta all'interno della nostra antologia; l'uso invece di un termine singolare astratto, soggetto alle norme di comportamento del termini singolari come la legge di sostituzione reciproca degli eguali, ci rinvia decisamente ad una entit astratta di cui quel termine sia il nome. Ad ogni modo, una volta accettate le entit astratte, va da s che il nostro meccanismo concettuale procede oltre e genera una gerarchia senza fine di ulteriori astrazioni.

Quanto della nostra scienza mero contributo linguistico e quanto autentica immagine riflessa della realt? forse una questione spuria che a sua volta nasce soltanto da un certo tipo particolare di linguaggio. Certo che se a quellinterrogativo cerchiamo di rispondere ci troveremo in un vicolo cieco; per rispondere ad esso, infatti, dobbiamo parlare sia del mondo che del linguaggio, e per parlare del mondo dobbiamo gi imporre ad esso un certo schema concettuale, che peculiare alla nostra lingua particolare. Non dobbiamo tuttavia precipitarci a concludere fatalisticamente che siamo inchiodati allo schema concettuale in cui siamo cresciuti. Possiamo mutarlo a poco a poco, pezzo per pezzo, anche se, allo stesso tempo, non c nulla che ci faccia avanzare se non lo stesso schema concettuale in sviluppo. Il compito del filosofo stato paragonato a quello di un marinaio che debba ricostruire la sua nave in mare aperto. Possiamo perfezionare il nostro schema concettuale, la nostra filosofia, poco a poco continuando pure a dipendere da esso come nostro sostegno; ma non possiamo distaccarci da esso e metterlo a confronto oggettivamente con una realt non concettualizzata. 4) [Il problema degli intrinseci contemporanei] Contro la sovrapposizione, di Lewis Problema degli intrinseci temporanei: per certe propriet la relativizzazione del predicato al tempo non rappresenta un problema, ma sorge invece un problema quando applichiamo questa soluzione alle propriet intrinseche degli oggetti, ovvero a quelle propriet che si predicano di un oggetto in virt della sola natura dell'oggetto. Sono propriet di questo tipo tutte le propriet non relazionali, come per esempio la propriet di essere in piedi o quella di essere seduto. Lewis dell'avviso che la relativizzazione temporale del predicato trasformi le propriet intrinseche in propriet relazionali: si tratterebbe, infatti, di relazioni a tre posti tra un oggetto, una propriet e un determinato istante di tempo. Ma ,conclude l'argomento, evidente che le propriet intrinseche non sono propriet relazionali, quindi la relativizzazione temporale del predicato non una buona soluzione. Persiste: esiste in momenti diversi; Perdura: persiste avendo parti temporali distinte, bench nessuna delle sue parti sia integralmente presente in pi di un momento; Permane: se e solo se persiste essendo interamente presente in pi di un momento. La perduranza corrisponde al modo in cui una strada persiste nello spazio; in parte qua e in parte l, e nessuna parte interamente presente in entrambi i luoghi. La permanenza corrisponde al modo in cui un universale, ammesso che vi siano entit del genere, sarebbe interamente presente dovunque e quandunque esemplificato. La permanenza implica la sovrapposizione: l'entit che permane parte comune del contenuto di due momenti distinti. La perduranza non implica alcuna sovrapposizione. La permanenza attraverso il tempo analoga alla presunta identit attraverso mondi possibili nell'ipotesi in cui questi possano con- dividere parti in comune; la perduranza attraverso il tempo analoga all'identit attraverso mondi possibili, se cos possiamo chiamarIa, di un individuo trasmondano composto da parti distinte appartenenti a mondi disgiunti. La perduranza la tesi sostenuta.

L'obiezione principale e decisiva contro la permanenza, in quanto spiegazione della persistenza di cose comuni come le persone o le pozzanghere, il problema degli intrinseci temporanei. Ci che persiste

cambia le sue propriet intrinseche. Per esempio la forma: quando sono seduto ho una forma ripiegata; quando sto in posizione eretta ho una forma allungata. Entrambe le forme sono propriet intrinseche temporanee: le ho soltanto in alcuni momenti. Com' possibile questo tipo di cambiamento? Le diverse forme, e pi in generale i diversi intrinseci temporanei, appartengono a cose diverse. La permanenza va abbandonata per la perduranza. Noi perduriamo; siamo fatti di parti temporali e i nostri intrinseci temporanei sono propriet di queste parti, rispetto a cui differiscono l'una dall'altra. In che modo cose di verse possano differire rispetto alle loro propriet intrinseche non costituisce un problema. 5) [La prospettiva sequenzialista] Il mondo uno stadio (stage), di Sider
Sider prende in considerazione vari paradossi della coincidenza. Possono due oggetti materiali occupare la stessa pozione di spazio e di tempo e condividere tutte le loro parti? La risposta ovvia sembrerebbe essere: no. Ci sono per alcuni casi in cui questa ovviet viene messa in crisi. Ad esempio, una statua e il pezzo di creta da cui stata ricavata hanno propriet molto diverse: la statua esiste solo da quando lartista lha creata, mentre il pezzo di creta esisteva anche precedentemente linterveto dellartista, e se cambiassimo radicalmente la forma del pezzo di creta questo rimarrebbe pur sempre lo stesso pezzo di creta, mentre la statua cesserebbe di esistere. Il pezzo di creta e la statua, dunque, sono oggetti distinti pur coincidendo in ogni loro parte, almeno per un certo periodo della loro esistenza. Il tridimensionalismo ha maggiori difficolt a spiegare in maniera plausibile questa situazione, perch sembrerebbe costretto a prendere sul serio lesistenza di due oggetti materiali interamente presenti nello stesso spazio e allo stesso tempo, mentre il quadridimensionalismo spiega la coincidenza temporanea dei due oggetti come condivisione di parti temporali. Sider, nel discutere i vari casi problematici, elabora una versione di quadridimensionalismo che egli ritiene possa rispondere in maniera pi soddisfacente a questo problema, e in maniera almeno altrettanto soddisfacente agli altri presentati in precedenza. Il quadridimensionalismo standard o dei vermi spaziotemporali non si esaurisce nella tesi che le parti temporali di oggetti che persistono nel tempo esistano, ma identifica gli oggetti con la somma delle loro parti temporali. Le persone e le statue sono dunque somme di parti temporali (ossia dei vermi quadridimensionali) che si estendono per tutto il periodo della loro esistenza. Il sequenzialismo (o stage view), la versione di quadridimensionalismo difesa da Sider, invece, identifica gli oggetti che persistono nel tempo con le loro parti temporali istantanee. Limmagine metafisica di fondo rimane sostanzialmente invariata, ma ci sono importanti conseguenze sulluso di termini generali come persona o statua: essi si riferiscono non alle somme di parti temporali, bens alle varie parti temporali istantanee. Il sequenzialismo non solo spiega come sia metafisicamente possibile la coincidenza (essendo condivisione di parti temporali), ma ci permette anche di dire di fronte ad una statua di creta che c un solo oggetto di creta a forma di statua davanti a noi: la parte temporale istantanea condivisa da statua e blocco di creta.

Stessa ontologia Lewis/Sider: si possono collezionare vermi. Sider aggiunge: quando ci riferiamo a un oggetto, ci stiamo riferendo a una precisa fase spz-tmp, e non a un aggregato di fasi. Lewis: oggetti e persone come vermi 4d: sequenze di fasi spz-tmp connesse da una relazione di somiglianza causale. Sider aggiunge: sono proprio le fasi 4d a corrispondere all'oggetto. Certi filosofi credono che i comuni oggetti quotidiani siano dei lombrichi quadridimensionali, che una persona (per esempio) persista nel tempo avendo delle parti temporali, o stadi, in ogni momento della sua esistenza. Non solo accetto la tesi degli stadi personali (o stadi -di-persona); io sostengo che noi siamo degli stadi. A un certo livello di analisi, io accetto l' ontologia dei lombrichi. Semplicemente non credo che i lombrichi spaziotemporali siano ci che di solito chiamiamo persone, ci a cui ci riferiamo con nomi propri, su cui quantifichiamo, e cos via. La posizione metafisica condivisa dalla teoria degli stadi e dalla teoria dei lombrichi pu essere denominata quadridimensionalismo e la si pu definire a grandi linee come la dottrina secondo cui gli oggetti estesi nel tempo sono divisibili in parti temporali. Secondo la teoria degli stadi, io sono uno stadio istantaneo che prima di oggi non esisteva e che dopo oggi non esister pi. Possiamo metterla in questi termini: Secondo la teoria, le asserzioni che intuitivamente l riguardano ci che in passato successo a me riguardano in realt ci che successo a qualcun altro. Questo assurdo.

La teoria degli stadi non ha una conseguenza di questo tipo. Secondo la teoria, Ted stato bambino attribuisce una certa propriet temporale, la propriet di essere stato bambino, a me, non 2 qualcun altro. Naturalmente, in base all'analisi offerta dalla teoria il possesso di questa propriet da parte mia comporta la giovent di un altro oggetto, ma sono io quello che ha la propriet temporale, ed questo che conta. La mia risposta a questa obiezione parallela a quella offerta da Lewis a una famosa obiezione sollevata da Kripke nei confronti della teoria delle controparti: secondo la teoria delle controparti se diciamo Humphrey avrebbe potuto vincere le elezioni (se solo avesse fatto questo e quest'altro)>>, non stiamo parlando di qualcosa che sarebbe potuto succedere a Humprey, ma a qualcun altro, a una controparte. Probabilmente, tuttavia, ad Humphrey non importerebbe proprio nulla se qualcun altro, non importa quanto somigliante a lui, sarebbe stato il vincitore in un altro mondo possibile. Lewis ha replicato dicendo che questa obiezione sbagliata: Hum- phrey, proprio lui, ha la propriet modale di aver potuto vincere. Certo, La teoria delle controparti dice [. . .] che qualcun altro -la controparte vittoriosa entra in gioco nella spiegazione di [. . .] come Humphrey avrebbe potuto vincere. Ma ci che conta che Humphrey abbia la propriet modale: Grazie alla controparte vittoriosa, Humphrey stesso ha la propriet ! Modale richiesta: possiamo dire, con veracit, che lui avrebbe potuto vincere. Data la teoria delle controparti delle propriet temporali, abbracciando la teoria degli stadi possiamo accettare sia la tesi per cui ci che importa la continuit psicologica (nel senso di (PC), sia la seguente versione della dottrina in base a cui ci che importa l'identit. [ Parfit, a cui si connette, sosteneva che l'identit non ci che conta per la sopravvivenza, quanto la continuit psicologica vs. 4d di Lewis] A me importa di che cosa accade a una persona nel futuro se e solo se io sar quella persona. Non possiamo dire che io devo essere quella persona (a-temporalmente), perch io non sono identlco a persone che esistono in altri tempi. Ma io sar identico a persone che esistono in altri tempi, perch io sono in I-relazione con degli stadi futuri che sono identici a quelle persone. Diciamo che delle persone sono identiche-a-t se e solo se i loro stadi a t sono identici. (Un tridimensionalista potrebbe dire invece che degli oggetti sono identici-a-t se e solo se a t hanno le stesse parti). Un'altra virt della teoria degli stadi che la si pu estendere in mo- do da risolvere altri problemi metafisici che coinvolgono la presenza di due oggetti nello stesso luogo allo stesso tempo. Supponiamo di fondere una certa moneta il giorno di marted. Sembrerebbe che a quel punto la moneta, ma non la quantit di bronzo di cui costituita, cessi di esistere; ma allora sembrerebbe che la moneta e la quantit di bronzo Siano due cose distinte, poich differiscono rispetto alla propriet esistere dopo marted. E com' possibile? Oggi la moneta e la quantit di bronzo condividono lo stesso luogo, lo stesso momento angolare, la stessa massa, e cos via.

D) MODALIT
In termini molto generali, la logica modale quella parte della teoria logica che si occupa del significato e del comportamento inferenziale di quegli enunciati che non si limitano a presentare un certo stato di cose, come in (1) I cittadini pagano le tasse. ma si pronunciano esplicitamente sul suo modo di darsi, come in ciascuno degli esempi seguenti: (2) necessario che i cittadini paghino le tasse. (3) possibile che i cittadini paghino le tasse. (4) Si sa che i cittadini pagano le tasse. (5) Si crede che i cittadini paghino le tasse. (6) obbligatorio che i cittadini paghino le tasse. (7) Talvolta i cittadini pagano le tasse. (8) Qui da noi i cittadini pagano le tasse. Le espressioni in corsivo sono dette operatori modali e interagiscono con lenunciato a cui si applicano, in questo caso (1), dando luogo a enunciati pi complessi le cui condizioni di verit differiscono da quelle di partenza. Per esempio, posto che (1) sia vero, cio che i cittadini paghino davvero le tasse, non ne segue che sia necessariamente cos, o che sia un fatto risaputo o obbligatorio, sebbene sia ragionevole concludere che sia almeno una possibilit. Il compito della logica modale appunto quello di stabilire il sussistere o meno di nessi logici di questo tipo. Posto che il mondo sia fatto in un certo modo, il filosofo si domanda anche se potrebbe essere diverso. E si chiede se e in che misura le cose che esistono potrebbero essere differenti da come sono. La nozione di possibilit che qui entra in gioco non semplicemente quella di possibilit logica, secondo cui possibile tutto ci che non contraddittorio. N si tratta di una nozione puramente empirica, come se i confini del possibile fossero fissati dalle leggi delle scienze naturali. La nozione di possibilit a cui il filosofo fa riferimento, quando s'interroga sulla natura ultima della realt, si colloca in qualche modo a met strada tra quella puramente logica e quella strettamente empirica. Tommaso D'Aquino definiva le modalit (la possibilit, ma anche la necessit e la contingenza) come quelle determinazioni che accompagnano le cose. Ma distingueva anche tra modalit de dicto, relative cio al nostro modo di determinare le cose, e modalit de re, corrispondenti ai vari modi in cui le cose stesse sarebbero determinate. Con Quine (1) si andata affermando l'idea per cui le uniche determinazioni modali accettabili sono quelle de dicto: le modalit de re non ammetterebbero una semantica chiara e condurrebbero dritto dritto alla giungla dell'essenzialismo aristotelico. Ma la messa a punto di modelli semantici formali per certi sistemi di logica modale, culminata nella cosiddetta semantica dei mondi possibili di Kripke (2) , stata accolta da molti autori come una pronta smentita dello scetticismo quineano. La semantica di Kripke si basa sull'idea per cui le modalit corrispondono in un certo senso a quantificazioni su mondi: possibile ci che si verifica in qualche mondo, necessario ci che si verifica in ogni mondo. Quindi indaga non solo il valore reale dellenunciato di partenza, bens (anche) il valore di quellenunciato rispetto a situazioni alternative a quella reale. Ma su cosa d'intenda per mondo, Lewis (3) risponde che i mondi possibili sono entit tanto concrete e irriducibili quanto il mondo attuale che ci capita di abitare, e per quanto non ci sia concesso di averne esperienza differiscono da quest'ultimo non nel genere ma solo in ci che accade alloro interno. Stalnaker (4) , in un atteggiamento pi moderato, realista ma attualista, asserisce che i mondi possibili esistono ma sono ben altra cosa rispetto al mondo attuale: non sono entit concrete bens entit astratte (per esempio insiemi di proposizioni, o meglio ancora propriet massimali non esemplificate) ciascuna delle quali rappresenta un'alternativa all'unico mondo che si meriti davvero quest'attributo, quello attuale. Sono modi diversi in cui il mondo sarebbe potuto essere, non mondi diversi. La risposta di Armstrong (5) rappresenta forse l'alternativa pi radicale al realismo modale estremo di Lewis. L'approccio di Armstrong puramente combinatorio e muove dall'idea che i mondi possibili non siano altro che stati di cose generabili per combinazione e ricombinazione del materiale messo a disposizione dal mondo attuale.

1) [I guai della necessit -che linguistica, non ontologica] Tre gradi di coinvolgimento modale, di Quine La posizione di Quine che lunico uso legittimo delle proposizioni con un termine modale ( possibile che) quando essi
sono usati per dire qualcosa su altri enunciati, senza modificare le situazioni che descrivono: si parla di enunciati de dicto. Facciamo qualche esempio di modalit de dicto. E possibile che il cane Minnie mangi la pasta di Agostino E pazzesco che il cane Minnie non mangi la pasta di Agostino Nicola crede che il cane Minnie mangi la pasta di Agostino Le frasi qui sopra dicono qualcosa sullenunciato Il cane Minnie mangia la pasta di Agostino in particolare esprimono uno stato danimo sulla situazione, o una relazione tra questa e unaltra. Insomma, non aggiungono dettagli alla situazione, tentando di modificarla. Ma se dico: Il cane Minnie mangia la pasta di Agostino voracemente Il cane di razza Barbone Minnie mangia la pasta di Agostino aggiungo dettagli alla situazione, aggiungendo come avviene il pasto o di che razza il cane. In questi ultimi casi di parla di modalit de re, (dal latino res, cosa) perch la frase viene interpretata come modifica della situazione. Quindi? Per Quine sul problema filosofico della possibilit non legittimo porsi problemi metafisici, perch non legittima la modalit de re, ma nemmeno conoscitivi, perch la modalit de dicto esprime sentimenti, considerati n veri n falsi. Le asserzioni in modalit de re verranno quindi re interpretate in modalit de dicto, riuscendo cos secondo Quine a evitare dei problemi che hanno assillato la tradizione metafisica occidentale. Lo scetticismo di Quine riguardo a certi usi ontologici dei termini di possibilit pu quindi essere riassunto nella frase secondo cui ______La necessit risiede nel modo in cui diciamo le cose e non nelle cose di cui parliamo. ________________________

Ci sono parecchi operatori strettamente correlati, detti operatori modali, che sono caratteristici della logica modale. Ci sono gli operatori di necessit, possibilit, impossibilit, non-necessit. Tutti questi operatori sono facilmente definibili l'uno in termini dell'altro. Possiamo quindi limitarci convenientemente per la maggior parte ad un unico operatore modale, quello di necessit. Tutto ci che si pu dire della necessit si pu dire anche, con modifiche facili e ovvie, degli altri modi. Es: Impossibilit = necessit della negazione. La possibilit e la non-necessit sono le negazioni dell'impossibilit e della necessit. Ci sono tre gradi diversi in cui possiamo consentire alla nostra logica, o semantica, di comprendere l'idea di necessit. Quine auspicava, come Carnap, il trattamento della modalit in forma predicativa. In un suo articolo del 1953, Three Grades of Modal Involvement, egli descrive le tecniche con cui si possono introdurre le nozioni modali ed elabora una critica di esse. Per Quine lesigenza di esprimere la modalit attraverso un predicato nasce dalle difficolt che concetti come la necessit e la possibilit creano allinterno dei sistemi logici. Se consideriamo la necessit come un operatore che si applica alla proposizione nella sua interezza e che d luogo a una nuova proposizione (in maniera analoga a come agisce la negazione), ci troviamo ad operare in contesti non estensionali. Consideriamo infatti le seguenti proposizioni: (1) 7>3 (2) il numero dei giorni della settimana > 3 esse sono vere entrambe, ma, mentre nec(1) una proposizione vera, nec(2) non lo . In contesti modali, quindi, non possibile scambiare liberamente fra loro proposizioni che hanno lo stesso valore di verit. Ma quando parliamo della necessit come operatore ci collochiamo, secondo Quine, gi al secondo

livello di coinvolgimento modale. Il primo livello invece costituito dalla modalit intesa come predicato. In questo caso, la qualificazione modale non interessa pi la proposizione, ma i termini. Questi dovranno essere poi adatti a riferirsi metalinguisticamete alle proposizioni in maniera non ambigua. Questo tipo di operazione possibile grazie a tecniche analoghe a quella di aritmetizzazione sopra descritta. In questo caso elimineremmo i problemi cui si accennato, in quanto, per operare la sostituzione fra termini, si richiede la loro sinonimia, che concetto pi stringente rispetto allidentit di valore di verit fra proposizioni. Si tratta di capire ora quale predicato pu legittimamente interpretare il concetto di necessit. Quine, in un articolo del 1947, The Problem of Interpreting Modal Logic, aveva proposto di sfruttare la nozione di analiticit, sulla scorta di Carnap. Tuttavia egli aveva delle forti riserve. In particolare Quine riteneva che il termine analitico mancasse di una definizione soddisfacente. Si poteva infatti pensare di definire ci che analitico attraverso il concetto di sinonimia, ma poi risultava difficile definire questultima senza fare riferimento allanaliticit. Nonostante questo, Quine riteneva che comunque la nozione di analiticit fosse pi chiara delle nozioni della logica modale. La sua critica alla distinzione fra giudizi analitici e giudizi sintetici far s che egli abbandoner del tutto lidea di ridurre il necessario allanalitico. Quando Quine dunque parla di primo grado di coinvolgimento modale bisogna tenere presente che non c certezza sulla natura del predicato da utilizzare per lespressione della modalit. Esistono altri problemi connessi alle nozioni modali; lesigenza di ridurre il secondo grado di coinvolgimento modale al primo non nasce solo in merito ai problemi concernenti lestensionalit, ma anche perch il trattamento della modalit attraverso loperatore pu costituire la via privilegiata per introdurre la quantificazione, e quindi dar vita ad un sistema di logica modale quantificato. Questo creerebbe dei gravi problemi: seguendo un esempio presente Quine [1947], consideriamo una relazione = di congruenza. Ora la congiunzione La stella del mattino = La stella della sera e nec(La stella del mattino = La stella del mattino) viene considerata unanimemente vera, perch esprime la verit di un dato di fatto e la necessit di unidentit. Se ora ammettiamo la possibilit di quantificare e assumiamo che una quantificazione esistenziale vale se possibile sostituire alla variabile quantificata un termine che rende vera la proposizione, dobbiamo ammettere che la seguente proposizione vera: (a) $x (x = La stella della sera e nec(x = La stella del mattino)). Ma dobbiamo ammettere come vera anche la seguente proposizione: La stella della sera = La stella della sera e Non nec(La stella della sera = La stella del mattino). Infatti la sinonimia delle due descrizioni definite riguarda le caratteristiche contingenti di questo universo, e non un principio necessario. Se per questultima proposizione vera, per quanto detto sopra sar vera anche la seguente: (b) $x (x = La stella della sera e non nec(x = La stella del mattino)). Ma a questo punto la x quantificata in (a) e quella quantificata in (b) non possono denotare lo stesso oggetto, ma due oggetti differenti. A definizione diversa corrisponde oggetto diverso. Lunico modo per interrompere la moltiplicazione degli enti mano a mano che si rendono disponibili diverse definizioni di essi , secondo quanto detto in Three Grades of Modal Involvement, ricorrere alla teoria dellessenzialismo aristotelico, cio ammettere che ci sono degli attributi necessari per certi soggetti ed altri attributi che sono accidentali, e questo indipendentemente dal linguaggio in cui ci si esprime. Chiaramente Quine vede questo possibile esito come qualcosa da evitare, e anche per questo insiste sulla riduzione al primo grado di coinvolgimento modale. Abbiamo visto come la modalit generi parecchi problemi interpretativi, almeno se non si vuole condividere una posizione come quella di Aristotele. La prospettiva quella di ridurre il necessario ad un predicato, e, questo perch la necessit come predicato semantico riflette una visione non aristotelica della necessit: la necessit risiede nella maniera in cui diciamo le cose, e non nelle cose di cui

parliamo34. Un tentativo in questa direzione (quello di Carnap) non riuscito a trattare la necessit come un predicato (lanaliticit) definito in termini puramente sintattici e finitari (codificabili quindi entro teorie come P), ma forse altri concetti si riveleranno pi adatti allo scopo. Daltronde, come abbiamo gi detto, i tentativi possono essere molteplici, in particolare un buon candidato potrebbe essere il concetto gemello di quello di analiticit, cio quello di dimostrabilit ( necessario ci che dimostrabile).
Tuttavia un risultato di Montague, Syntactical Treatments of Modality, with Corollaries on Reflexion Principles and Finite Axiomatizability, uscito nel 1963, sembra stabilire l impossibilit di un trattamento predicativo delle modalit.

2) [La semantica dei mondi possibili] Identit, necessit, e designazione rigida, di Kripke Mentre per Tarski la verit di un enunciato dipende dagli stati di cose di un solo mondo, la generalizzazione operata da Kripke consiste nelconsiderare la verit di un enunciato come dipendente da stati di cose presenti in pi mondi. Pi precisamente, la verit, nella semantica di Kripke, dipende da una "struttura" formulata sull'insieme dei mondi tra loro possibili in quanto connessi da una particolare relazione R di accessibilit. Nella semantica di Kripke o semantica a mondi possibili, la necessit di una proposizione p coincide con la verit di p in tutti i mondi che sono possibili relativamente a un mondo dato. Le diverse propriet della relazione tra mondi detta relazione di accessibilit sono rispecchiate dalle differenze sintattiche tra i sistemi modali: possono essere propriet come la riflessivit, la transitivit ecc., corrispondenti ad assiomi propri dei vari sistemi di modalit logiche, ma possono anche essere tali, per es., da ammettere un ordinamento interno di somiglianza, come si richiede nella logica dei condizionali controfattuali. In termini di relazioni fra mondi si possono identificare classi specifiche di mondi possibili, come quella dei mondi fisicamente possibili (in cui valgono le leggi fisiche) o dei mondi deonticamente perfetti (in cui viene applicato un dato codice morale). L'idea di base che Kripke si sforza di criticare quella secondo cui i mondi possibili vengono immaginati come dei paesi lontani che possono essere osservati con un telescopio al fine di scoprirne qualit e relazioni in essi distinguibili. Quindi i mondi possibili sarebbero come dei pianeti o dei paesi diversi dal nostro, dei quali occorre scoprire quali relazioni o propriet sono essenziali per l'identificazione di un individuo. Kripke si sforza di superare proprio l'immagine "telescopica" dei mondi possibili, perch, quando s'immaginano i mondi possibili come qualcosa di qualitativamente diverso dal nostro, l'attenzione si focalizza sulle propriet o sulle relazioni che rendono un mondo possibile un mondo differente dal nostro. Vale a dire che, questa concezione dei mondi possibili, postula l'esistenza di qualit differenti che attraverso una loro descrizione consentono di identificare un individuo. Da questo punto di vista il problema che diventa centrale quello della transidentit, vale a dire di individuare quelle propriet, quelle condizioni necessarie e sufficienti, che sono essenziali per identificare una entit in pi mondi possibili. Ricapitolando, l'immagine telescopica dei mondi possibili, nel porre come problema quello dell'identificazione su pi mondi possibili di uno stesso individuo, fa dei mondi possibili un concetto essenzialmente qualitativo, in quanto mette in primo piano come metodo di identificazione le propriet dell'individuo. E' questo un altro modo per dire che un individuo corrisponde in pi mondi possibili a una sommatoria di descrizioni. Il programma teorico che Kripke si propone di seguire sostanzialmente l'inverso. Per far questo Kripke deve naturalmente superare la teoria descrizionalista, secondo la quale l'individuazione degli individui avviene mediante propriet qualitative, e proporre la nuova teoria del riferimento diretto. Secondo questa teoria infatti, un nome proprio, definito designatore rigido, designa univocamente un individuo in tutti i mondi possibili a prescindere da tutte le descrizioni ad esso assegnate. Questo significa appunto superare il problema della transidentit mediante una concezione dell'identit che prioritaria rispetto a quella dell'individuazione. E' questo uno dei portati della teoria del riferimento diretto.

Una differenza sostanziale pu essere messa in evidenza dalle differenti assunzioni di domini degli individui in relazione ai mondi possibili che vengono presi in considerazione. Afferma che la stipulazione di altri mondi possibili deve avvenire a partire dal mondo reale che dato nella sua totalit, mentre gli altri mondi possibili differirebbero solo in piccole parti o sotto certi aspetti dal mondo reale. Infatti, la stessa definizione di designatore rigido, come quel termine che designa lo stesso individuo su tutti i mondi possibili, consente di identificare gli individui a prescindere dalle loro propriet (e quindi delle loro descrizioni). Si possono subito mettere in evidenza due risultati guadagnati da Kripke con la teoria del riferimento diretto. - In primo luogo si dissolve lo "pseudoproblema" della identit attraverso mondi possibili. Grazie al designatore rigido l'identit degli individui si estende infatti per definizione su tutti i mondi possibili. - Tali mondi possibili, e questo il secondo risultato teorico raggiunto dalla teoria del riferimento diretto, non sono pi connotati in termini qualitativi ma, poich il dominio degli individui su cui si quantifica quello del mondo reale, si risolvono in semplici enunciati controfattuali relativi al mondo reale. Ossia, i mondi possibili non si danno come delle totalit indipendenti ma sono dei semplici corsi di eventi alternativi che presuppongono sempre il mondo reale come dato. I mondi possibili sono stipulati, non scoperti con potenti telescopi. Non c' ragione perch non si possa semplicemente stipulare che, parlando di ci che sarebbe accaduto a Nixon in una certa situazione controfattuale, stiamo parlando di ci che sarebbe accaduto a lui. Se abbiamo un'intuizione del genere sulla possibilit di quella cosa (la sconfitta elettorale di quest'uomo) essa riguarda la possibilit di quella cosa. Non c' bisogno di identificarla con la possibilit che un uomo che si presenta cos e cos o che ha queste e quest'altre idee politiche o qualitativamente descritto altrimenti, abbia perso. Possiamo indicare quest'uomo e chiederci che cosa sarebbe accaduto a lui, se gli eventi si fossero svolti diversamente. La nozione usuale di criterio di identit attraverso mondi richiede che si diano condizioni necessarie e sufficienti puramente qualitative perch qualcuno sia Nixon. Se non possiamo immaginare un mondo possibile in cui Nixon non abbia una certa propriet, allora questa una condizione necessaria perch qualcuno sia Nixon. Possiamo semplicemente considerare Nixon e chiederci che cosa sarebbe accaduto a lui se varie circostanze fossero state differenti. Quindi a me sembra che le due posizioni, i due modi di considerare le cose, facciano differenza. Nozione di identit attraverso mondi possibili. Qual la differenza tra chiedere se necessario che 9 sia maggiore di 7 e chiedere se necessario che il numero dei pianeti sia maggiore di 7? Perch una cosa pi informativa dell'altra sull'essenza? Intuitivamente la risposta potrebbe essere: Ebbene, guarda, il numero dei pianeti avrebbe potuto essere diverso da quello che di fatto . Ma non ha alcun senso dire che il nove avrebbe potuto essere diverso da quello che di fatto . Useremo alcuni termini in maniera quasi tecnica: chiameremo qualcosa un designatore rigido se in ogni mondo possibile esso designa lo stesso oggetto, e designatore non rigido o accidentale se non cos. Quando consideriamo una propriet come essenziale di un oggetto, intendiamo normalmente che essa vera di quell'oggetto in Ciascun caso in cui esso sarebbe esistito. Una delle tesi intuitive che intendo sostenere in queste conferenze che i nomi sono designatori rigidi. Sembra proprio che essi soddisfino il criterio intuitivo sopra menzionato: anche se qualcuno di diverso dal presidente degli Stati Uniti nel 1970 avrebbe potuto essere il presidente degli Stati Uniti nel 1970 (avrebbe potuto esserlo Humphrey, ad esempio), nessun altro che Nixon avrebbe potuto essere Nixon. Allo stesso modo, un designatore rigido designa un certo oggetto se designa quell'oggetto ogni volta che l'oggetto esiste; se in pi l'oggetto un esistente necessario, il designatore pu essere detto fortemente rigido. In queste lezioni altres affermo, intuitivamente, che i nomi propri sono designatori rigidi; infatti, anche se l'uomo (Nixon) avrebbe potuto non essere il presidente, non si d il caso che egli avrebbe potuto non essere Nixon (anche se avrebbe potuto non chiamarsi Nixon).

proprio perch possiamo riferirei (rigidamente) a Nixon e stipulare che stiamo parlando di ci che sarebbe potuto succedere a lui (in certe circostanze), che le identificazioni attraverso mondi in questi casi non sono problematiche. Le propriet che un oggetto possiede in ogni mondo controfattuale non hanno nulla a che vedere con le propriet usate per Identificarlo nel mondo reale. Se, d'altra parte, si richiede che io descriva ogni situazione controfattuale in modo puramente qualitativo, allora io posso solo chiedermi se una tavola, di un colore cos e cos ecc., avrebbe certe propriet; molto discutibile, se la tavola in questione sarebbe questa tavola, la tavola T, poich sparito ogni riferimento a oggetti in quanto contrapposti alle qualit. Nego che alcune di queste propriet potrebbero essere essenziali. Nego che un particolare non sia altro che un fascio di propriet, qualunque cosa ci significhi. Se una qualit un oggetto astratto, un fa- scio di qualit un oggetto con un grado ancora maggiore di astrazione, non un particolare. Questa tavola di legno, marrone, nella stanza ecc. Ha tutte queste propriet e non una cosa senza propriet che sta dietro ad esse; ma non perci essa va identificata con l'insieme, o fascio, delle sue propriet, n con il sottoinsieme delle sue propriet essenziali. Non si chieda: come posso identificare questa tavola in un altro mondo possibile, se non mediante le sue propriet? Ho una tavola tra le mani, posso indicarla e quando chiedo se essa avrebbe potuto stare in un' altra stanza) per definizione sto parlando di essa. Alcune propriet di un oggetto possono essergli essenziali in quanto tale oggetto non avrebbe potuto mancare di averle. Ma queste propriet non servono per identificare l'oggetto in un altro mondo possibile, perch tale identificazione non necessaria. E non c' neppure bisogno che le propriet essenziali di un oggetto siano quelle che servono per identificarlo nel mondo reale, ammesso che sia identificato nel mondo reale per mezzo di propriet (finora ho lasciato aperta la questione). Quindi: il problema dell'identificazione attraverso mondi in certo modo sensato se posto come la questione dell'identit di un oggetto nei termini delle sue parti componenti. Ma queste parti non sono qualit e non in questione un oggetto che assomigli all'oggetto dato. Quindi non cominciamo con dei mondi (che si suppongono essere in qualche modo reali e le cui propriet, a differenza dei loro oggetti, ci sono percepibili) per poi chiederci i criteri di identificazione attraverso mondi; al contrario, cominciamo con gli oggetti, che abbiamo e possiamo identificare nel mondo reale. Possiamo chiederci poi se certe cose avrebbero potuto essere vere degli oggetti. 3) [Il realismo modale] Mondi possibili, di Lewis Postulare mondi possibili significa proiettare la metafisica al di fuori della logica. I mondi possibili non sono puramente concettuali. I controfattuali sono veri solo se e solo se esiste quel mondo possibile che ci contiene. Non c' nessuna connessione spz-tmp-causa tra il nostro mondo e i possibili. Ci sono tanti modi in cui un mondo potrebbe essere fatto, e ciascuno di questi tanti modi un modo in cui un mondo fatto. Ognuno di questi mondi un grande oggetto fisico, concreto. Io credo che esistano dei mondi possibili oltre a quello in cui ci capita di abitare. Se le nostre espressioni modali non sono quantificazioni su mondi possibili, allora che cos'altro sono? Potremmo considerarle alla stregua di espressioni primitive non analizzate. Questa per non affatto una teoria alternativa, bens un modo di fare a meno della teoria. Quando professo il mio realismo sui mondi possibili intendo essere preso alla lettera. Il mondo attuale soltanto un mondo tra i tanti. E l'unico mondo che chiamiamo attuale non perch sia di un genere diverso da tutti gli altri, ma perch il mondo che abitiamo. Attuale un termine indicale cos come io o qui, o come ora: ci a cui si riferisce dipende dalle circostanze di proferimento, ossia dal mondo in cui il proferimento ha luogo. La mia teoria indicale dell'attualit rispecchia perfettamente una dottrina sul tempo che meno controversa. Il nostro tempo presente solo un tempo tra i tanti. E l'unico tempo che chiamiamo presente non perch sia di un genere diverso da tutti gli altri, ma perch il tempo che abitiamo.

Interessante non la riduzione dei mondi a entit matematiche, bens la tesi secondo cui i mondi possibili sono in una certa corrispondenza uno-a-uno con certe entit matematiche. Chiamiamo queste entit mondi possibili ersatz, mondi costruiti al pi alto grado di generalit richiesto e consentito dale nostre convinzioni modali. Se non siamo in grado afferrare adeguatamente tutti i mondi possibili solo perch vi potrebbero essere ulteriori livelli di generalit che non siamo ancora riusciti a concettualizzare. La costruzione matematica di mondi ersatz sembra dipendere troppo dalle nostre attuali conoscenze della fisica. Si potrebbe essere in grado di costruire mondi ersatz che disobbediscono alle leggi fisiche attualmente accettate, per esempio mondi ersatz in cui la massa-energia non si conserva. Tuttavia non potremmo essere certi di ottenere tutti i mondi possibili, poich non potremmo essere certi di aver costruito i nostri mondi ersatz a un livello di generalit sufficientemente elevato. Le nostre opinioni modali mutano, e i fisici hanno un ruolo importante in questo cambiamento. Ma questo non significa che possiamo concludere quali possibilit vi siano a partire dai risultati contingenti della ricerca empirica. 4) [la prospettiva attualista] Mondi possibili, di Stalnaker I modi in cui un mondo avrebbe potuto essere sono oggetti astratti e per questo non possono essere identificati con i mondi possibili di Lewis; soltanto il nostro mondo concreto, ma anchesso non pu essere identificato con il modo in cui avrebbe potuto essere, perch questultimo un singoletto, mentre il nostro mondo un individuo. Quella di Stalnaker per non tanto unobiezione al realismo modale quanto un principio con esso incompatibile per assunzione: Lewis assume che i mondi possibili siano oggetti concreti, mentre Stalnaker e gli altri assumono che siano astratti. Perch ci risulti convincente, tuttavia, importante che il passaggio dall'espressione modi in cui le cose avrebbero potuto essere all'espressione mondi possibili equivalga a una semplice sostituzione terminologica, e io non credo che lo sia, almeno stando al modo in cui Lewis sviluppa il concetto di mondo possibile. Il compito principale del mio argomento sar di mostrare l'indipendenza delle tesi pi plausibili e difendere cos la coerenza di una versione pi moderata di realismo sui mondi possibili. Queste sono le quattro tesi di Lewis: . (1)I mondi possibili esistono. (V) (2)Gli altri mondi possibili sono cose dello stesso tipo del mondo attuale. (X) (3)L' analisi indicale dell'aggettivo attuale quella corretta. (V) (4)I mondi possibili non possono essere ridotti a qualcosa di pi basilare. (V) Stalnaker sulla (2): i molti mondi possibili in-attuali sono oggetti astratti attualmente esistenti, e non oggetti concreti non-attuali(Lewis). In Lewis, ci di cui si afferma l'esistenza sono entit che il linguaggio ordinario chiama modi in cui le cose avrebbero potuto essere, entit relativamente alle quali definiamo la verit, entit rispetto alle quali le nostre espressioni modali possono essere interpretate come dei quantificatori. Ma la prima tesi non dice nulla sulla natura di queste entit. la seconda tesi che conferisce al realismo sul mondi possibili il suo carattere metafisico, poich essa implica che i mondi possibili non sono modi evanescenti in cui le cose potrebbero essere bens particolari concreti, o almeno entit che sono composte da particolari e da eventi concreti. Se i mondi possibili sono modi in cui le cose avrebbero potuto essere, allora il mondo attuale deve essere il modo in cui le cose sono, piuttosto che io e tutto ci che mi circonda. Il modo in cui le cose sono una propriet o uno stato del mondo, non il mondo stesso. Questa differenza importante, poich se le propriet possono esistere non esemplificate, allora il modo in cui il mondo potrebbe esistere anche se non esistesse un mondo che fosse m quel modo. Si potrebbe accettare la prima tesi ossia che vi sono davvero molti modi in cui le cose avrebbero potuto essere e negare al contempo che esista qualcos'altro che sia come il mondo attuale.

La terza tesi sembra implicare che l'attualit del mondo attuale l'attributo in virt del quale esso attuale sia un attributo relativo ai mondi, un attributi che il nostro mondo possiede relativamente a se stesso ma che anche tutti gli altri mondi possiedono relativamente a loro stessi. Pertanto il concetto di attualit non distingue, da un punto di vista assoluto, il mondo attuale dagli altri mondi. Credo che l'errore di questo ragionamento consista nell'assumere che il punto di vista assoluto sia neutrale, distinto dal punto di vista interno ai singoli mondi possibili. Il problema pu essere evitato concedendo che il punto di vista del mondo attuale il punto di vista assoluto, e che deve essere cos perch questo fa parte del concetto di attualit. L'attualit del mondo attuale non altro che una relazione tra questo mondo e le cose che lo abitano. Tutto ci che ho tentato di fare qui mostrare che vi una tesi coerente sui mondi possibili che respinge il realismo estremo ma che prende sul serio i mondi possibili in quanto entit irriducibili, una tesi che tratta i mondi possibili come qualcosa di pi di un utile mito o di uno stratagemma notazionale, ma non fino al punto di concepirli come universi che assomigliano al nostro. 5) [La concezione combinatoria] La natura della possibilit, di Armstrong Intendo difendere una teoria combinatoria della possibilit. Questa teoria riconduce l'idea stessa di possibilit all'idea di combinazioni tutte le combinazioni che rispecchiano una certa forma semplice tra elementi attuali dati. La mia ipotesi metafisica fondamentale che tutto ci che c' il mondo dello spazio-tempo. E questo mondo che deve fornire gli elementi attuali per la totalit delle combinazioni. Pertanto, ci che propongo e una forma naturalistica di teoria combinatoria. Il mio mondo iniziale contiene un numero di individui semplici, a, b, c, Questi individui possono avere innumerevoli propriet e tra loro possono sussistere innumerevoli relazioni. Un particolare semplice se (e solo se) non ha altri particolari come parti proprie (ovvero dove le parti di un individuo non sono a loro volta individui). Il mondo contiene inoltre , in numero finito o infinito, delle propriet semplici F, G, H,... e delle relazioni semplici R, S, T,... Queste propriet e relazioni sono concepite come universali. La stessa propriet F pu essere posseduta da due o pi individui distinti. La stessa relazione diadica R pu sussistere tra due o pi coppie distinte. Ho postulato l'esistenza di individui, propriet e relazioni, gli ultimi due essendo rispettivamente degli universali monadici e poliadici (che formano, se l'ipotesi del naturalismo corretta, un unico sistema spazio-temporale). Ma questo potrebbe suggerire che io pensi alla realt, all'attualit, come a una costruzione simile a un burattino fatto di tre pezzi diversi. Al contrario, sostengo che questi elementi sono essenzialmente aspetti ovvero astrazioni, di ci che Wittgenstein e Skyrms chiamano fatti e che io chiamer stati di cose: l'essere F di a, l'essere b in relazione R con c, e cos via, costituiscono stati di cose. Se abbiamo sempre e solo a che fare con costituenti semplici, allora possiamo dire che questi stati di cose sono atomici. [ i particolari e gli universali si connettono assieme formando stati di cose] Si consideri ora la totalit degli stati di cose atomici. Come ha suggerito Skyrms, possiamo pensare a un individuo, ad esempio a, come niente pi di un'astrazione di tutti gli stati di cose in cui a figura, F come un'astrazione di tutti quegli stati di cose in cui F figura, e allo stesso modo per una relazione R. Per astrazione non si deve intendere che a, F ed R appartengono in un qualche senso a un altro mondo, e ancor meno che siano mentali o irreali. Ci che si deve intendere che, mentre attraverso un atto di attenzione selettiva le si pu considerare separatamente dagli stati di cose in cui figurano, queste astrazioni non hanno alcuna esistenza al di fuori degli stati di cose. Una propriet o relazione possibile, anche se empiricamente possibile, non ipso facto una propriet o una relazione. Data la nozione di stato di cose atomico, possiamo ora introdurre la nozione di stato di cose molecolare. Quest'ultima limitata a stati di cose congiuntivi; stati disgiuntivi e negativi non sono ammessi. Si supponga che a sia F, ma non G. Si considerino ora gli asserti a F e a G. Il primo vero, e pu

essere chiamato asserto atomico. Ma il secondo pu anch'esso essere chiamato asserto atomico poich, sebbene non corrisponda a uno stato di cose atomico, possiede la forma di uno stato di cose atomico. Ci che afferma, ossia che a G, falso. Ma possiamo anche dire che l'essere G di a un possibile (meramente possibile) stato di cose atomico. Uno stato di cose meramente possibile non esiste, n sussiste, n possiede una qualche sorta di esistenza. Non un'aggiunta alla nostra ontologia. Ma possiamo riferirci a esso, o per meglio dire possiamo simulare un riferimento. Ora che abbiamo a disposizione la nozione di stato di cose congiunto o molecolare e quella di stato di cose possibile, possiamo parlare di congiunzioni di stati di cose atomici possibili, incluse le congiunzioni infinite: possiamo cio introdurre la nozione di stato di cose molecolare possibile. Gli individui semplici possono combinarsi con propriet e relazioni in tutti i modi dando luogo a stati di cose atomici possibili, con la sola condizione che venga rispettata la forma degli stati atomici. Questa l'idea combinatoria. Tali stati di cose atomici possibili possono poi essere combinati in tutti i modi dando luogo a stati di cose molecolari possibili. E se uno stato di cose molecolare possibile di questo tipo concepito come la totalit dell'essere, allora abbiamo un mondo possibile. Ecceit: molteplice (particolare; nota differenziale) Quiddit: unit (universale) Non potrebbero esserci individui che non sono n identici a individui attuali n composti di individui attuali? Seguendo Lewis, chiamiamo questi individui individui alieni. Almeno per quanto riguarda gli universali, non credo che questo trattamento risulterebbe efficace. In particolare, ci costringerebbe ad abbandonare il naturalismo. Se le propriet aliene sono possibili, allora ognuna avr la sua propria natura, la sua quiddit potremmo dire. Il caso degli alieni veri e propri richiede misure pi severe. Credo che un combinatorialista naturalista dovrebbe negare la possibilit di universali veramente alieni. Per la teoria combinatoria, il possibile determinato dall'attuale. Pertanto gli universali attuali fissano un limite dato dalla totalit delle loro ricombinazioni- agli universali possibili. Il modo pi convincente per sfruttare l'intuizione a favore degli universali alieni questo. Consideriamo un mondo contratto, contratto rimuovendo, poniamo, alcune propriet semplici da questo mondo. Dal punto di vista di questo mondo contratto, le propriet semplici in questione saranno propriet aliene. Ma se le propriet che si trovano nel nostro mondo potrebbero essere aliene relativamente a un mondo contratto, non ne segue forse che vi sono mondi possibili relativamente ai quali il nostro mondo risulta contratto rispetto agli universali? Questi mondi conterranno universali alieni rispetto al nostro mondo. Il mondo attuale, e solo quello, un mondo vero e proprio. Il possibile determinato dall'attuale e pertanto, fatta salva la ricombinazione, non pu eccedere l'attuale. Prendere in considerazione un mondo contratto significa supporre, falsamente, che il mondo attuale sia contratto. Se il possibile determinato dall'attuale, e l'attuale si suppone contratto, il possibile si deve anch'esso supporre contratto, e certi universali attuali si devono supporre alieni. Ma questo non autorizza l'esistenza di mondi espansi. Cosa ne allora degli individui alieni? Qui il problema per il combinatorialista assai pi serio. Sembra molto difficile negare che il mondo potrebbe contenere pi individui di quanti ne contenga in realt. Quello che voglio suggerire che, nel caso degli individui alieni, , l'appello di Skyrms all' analogia sostenibile. Tuttavia per sostenerlo necessario rifiutare una dottrina che Skyrms invece accetta (per gli individui attuali): la dottrina dell'ecceit. Cominciamo quindi discutendo questa dottrina. A scopo illustrativo sar bene sostituire il nostro ricco e complicato mondo attuale con un mondo contratto contenente soltanto gli individui semplici a e b assieme alle propriet, anch'esse semplici, F e G. Questo mondo esaurito dagli stati di cose seguenti: (I) Fa & Gb. (II) Ga & Fb (III) Fa & Ga & Fb (IV) Fa & Fb & Gb (V) Fa & Ga & Gb (VI) Ga & Fb & Gb (VIII) Fa & Ga & Fb & Gb

Un ecceitista sostiene che i membri di ogni coppia differiscono l'uno dall'altro. L'anti-ecceitista lo nega. Un combinatorialista anti-ecceitista perci ammette meno mondi possibili dell'ecceitista. L'ecceitista sostiene che, a parte le propriet reiterabili (F e G), sia a che b hanno anche una loro specifica essenza interna, una firma metafisica, per cos dire, che li distingue l'uno dall'altro. Perfino se astratti dalle rispettive propriet reiterabili, a e b differiscono nella loro natura. L' anti-ecceitista nega questa tesi. Si noti che vi potrebbe essere una versione forte e una versione debole di anti-ecceitismo. L'anti-ecceltlsmo forte nega che gli individui siano qualcosa in pi rispetto ai fasci delle loro propriet. Per l' anti-ecceitista forte il mondo VII collasserebbe in un mondo con un solo individuo, l'individuo che ha le propriet F e G (i due fasci sarebbero in questo caso uno stesso fascio). Io rifiuto l'antl-ecceltlsmo forte per varie ragioni, ma, sono incline ad accettare la versione debole. L'ecceitismo per gli individui parallelo al quidditismo per gli universali. Inoltre l'ecceitismo, in congiunzione con il combinatorialismo naturalista, sembra rendere impossibili gli individui alieni, esattamente come il quidditismo rende impossibili gli universali alieni. Questo perch l'individuo alieno deve possedere una qualche definita ecceit, differente e non ottenibile a partire dalle ecceit attuali. Bench si possa forse negare la possibilit di universali autenticamente alieni, la possibilit di individui autenticamente alieni appare ineccepibile. . La mia proposta che il combinatorialista naturalista dovrebbe assumere una posizione anti-ecceitista (debole). I mondi di Wittgenstein richiedono dunque di essere integrati da mondi che contengono altri individui, ma non da mondi che contengono altri universali semplici. Anche le contrazioni vanno messe in conto. Se non vi fosse contrazione, allora ogni individuo attuale, e ogni universale semplice, apparirebbe in ogni mondo possibile. stato notato che ci renderebbe sia gli individui che gli universali delle entit necessarie.

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