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MARSI

L'Abruzzo di
2. 500 ANNI FA
era abitato
(anche) dai Marsi.
L'eredita dei loro
RITI PAGANI
sopravvive nelle
feste di oggi
S
e il primo di maggio vi trovaste a passa-
re dalle parti di Cocullo ('LAquila) potre-
ste assistere a uno spettacolo impressionan-
te, purche vi piacciano i rettili: centinaia di
serpenti che awolgono tra le !oro spire l' impertur-
babile statua di san Domenico. E il momenta clou
della Festa dei serpari, in cui si fondono tradizioni
pagane e cristiane. E non a caso. Piu di 2.500 anni
fa gli antichi abitanti di questa zona, i marsi, sacri-
ficavano serpenri alia !oro dea, Angitia.
GuERRIERI E STREGONI. Fieri e dal carattere "ru-
vido", chiusi in una striscia di terra avara tra illago
del Fucino (prosciugato dai Borboni tra ill855 e il
1878 in cambia di pianura ferti le) e le cime appen-
niniche, gli anrichi abruzzesi sono tra i piu enig-
matici di tutti i popoli vissuti in ltalia in epo-
ca preromana. Awolti, gia per gli antichi,
da un alone di mistero e di magia,
si conquistarono Ia fama, oltre che
di indomabili guerrieri, di stregoni
e guari tori immuni dal vcleno dei
serpenti. Ma chi erano e da do-
ve venivano?
I marsi erano un gruppo tribale che
viveva nella zona dell' odierno comune
di Luco dei Marsi, sulle rive dell'antico !a-
go del Fucino risponde Alessandro Naso, profes-
sore ordi naria di Preistoria e protostoria all'Uni-
versita Leopold-Franzens di Innsbruck (Austria).
Gli scrittori Iatini iniziarono a parl are di !oro nel
IV-III secolo a.C. Ma, benche poco si sappia del-
le !oro origini, e probabile che gia due secoli prima
si fossero stabiliti nell' Abruzzo Occidentale. Era
li, infatti, che dopo essersi staccata dall' originario
popolo sabino, Ia nutrita comunira marsicana ave-
va trovato Ia sua patria adottiva.
SACRIFICIO
SIBILANTE
La celebrazione del
sacrificio dei serpenti
in onore di Angitia,
principale divinita
marsl.
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PER L'ALDILA
Oggetti e resti di due
bimbe, provenienti
da unatomba
deii'Anfiteatro di San
Benedetto dei Marsi
(Aq).ln.bllil!. il volto
di un satiro ritrovato
ad Alba Fucens,
a pochi chilometri
da Avezzano (Aq).
LA MARS I CA, poco lontana da Roma, fo tra le prime regioni
a convertirsi al CRISTIANESIMO, che ne assorbi le usanze
Anche i marsi, come quasi tutti gli italici centro-
meridionali, facevano coincidere le !oro origini con
il mi tico ver sacrum {"primavera sacra"), una mi -
grazione di giovani mandati in cerca di nuove ter-
re da abi tare. Quei pionieri avevano scelto di sta-
bili rsi t ra le valli interne abruzzesi e Ia parte set-
tentrionale della Valle del Li ri, e di costrui re i !oro
maggiori centri intorno al lago del Fucino. Anche
se non era proprio "un piccolo Mediterraneo", co-
me lo deftnl il geografo greco Strabone {I secolo),
il Fucino era comunque uno dei bacini piu gran-
di dei i'Italia ant ica.
FAR WEST ITALICO. II bel panorama abruzzese,
pero, aveva attratto anche altri (v. cartina nella pa-
gina a destra). Gli equi si erano insediati sulla
fertile riva nord-occidentale del lago, dove
avevano come vicini di casa i vestini e i pe-
ligni, mentre gli ernici e i volsci erano ri-
masti nell' attuale Lazio. Anche se ognuno
aveva il proprio dialetto, questi popoli parla-
vano tutti Ia sressa li ngua: I' osco. Losco appar-
tiene al gruppo detto "sabellico" delle li ngue itali-
che e doveva essere abbastanza simile allatino dice
Naso. E mol to probabi le, anche se resta solo un' i-
potesi, che questi popoli avessero un proprio alfa-
beto: le iscrizioni che ci hanno lasciato, pero, non
possono aiutarci a scoprirlo poiche pur essendo
nel la !oro lingua sono serine con caratteri Iatini.
La facil ita di comunicazione non fa vorl , nei facti,
il buon vicinato. Un giorno amici e il giorno dopo
nemici, i popoli dell'anticoAbruzzo erano sempre
in Iotta tra !oro, come in un Far West italico. II
territorio era moho povero e le genti che vi abita-
vano ricorrevano spesso aile armi: non per conqui-
sta, ma per rapina, per rubare bestiame, fare incur-
sioni e saccheggi precisa Naso.
La fama, comunque, i marsi non se Ia
conquistarono certo come ladri
di pecore. Insofferen-
L' altro Abruzzo Popoli bellicosi
Vestini, gli "alpini sciatori"
dell'ltalia Centrale
I
popoli che abitavano
!'Abruzzo prima dell'e-
spanslone roman a
era no costretti a vivere e
a spostarsi tra gl i aspri ri-
lievi appenninici. Da buo-
ni montanari, avevano
imparato a fronteggiare il
freddo con un'attrezzatu-
ra simile a quell ache gli
sport ivi usa no oggi sulle
piste da sci.
Racchette.l vestini,
in particolare, aveva-
no messo a punta un
equipaggiamento adatto
all' alta quota: per cam-
minare nella neve f resca
o ajutarsi nelle sa lite
utilizzavano un bastone
di leg no che terminava
con un disco di ferro e
che aveva un'estremita
a punta e l'altra formata
da un gancio.
Antigelo. Per non sentire
il freddo, poi, si copri-
vano di strati di pelli e
pellicce, un po' come
di solito si immagina
vestissero gli uomini
preistorici. Ma, a differen-
za di questi ultimi, i vestini
avevano anche parti-
colari calzature, simili a
moderni scarponi da sci:
gambali di pelle chiusi da
gancetti di bronzo.
Teramo
Penne
Prata d'Ansidonia
Alba Fucens
Corfinio
5ulmona
Luco dei Marsi
5. Benedetto dei Marsl
\1A TIRRENO
Nella cartina, i popoli
italici che circa 2.500 anni
fa abitavano I' Abruzzo, e i
loro centri principali.
A.IARE ADRIATICO
Marsi
Equi-
Pescara
Chieti
Ortona
Vasto
carecini
Peligni ..____,
Vestini _
Pretuzi -
Marrucini=
Frentani::::J
INFLUENZE
LA TINE
Ala.tg, mosaico della
Villa Rustica, scoperto
ad Avezzano (Aq).
In alto a sinistra,
una testa, opera
di un artista marsico.
5.QnQ, resti del tempio
italico-romano di
Angitia presso Luco
dei Marsi (Aq).
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Secondo alcuni antichi, erano DISCENDENTI
DI MARS lA, divinita greca legata alla MUSICA
ti allo strapotere romano, dimostrarono tutta Ia
!oro abilita di guerrieri contra il nemico comune.
IN ONORE 01 MARTE. Si raccontava che un solo
soldato marsicano valesse quanta quattro romani,
e persino i futuri fondatori dell'impero furono co-
stretti ad ammetterlo: "Mai una vittoria senza di
foro, mai sopra di foro" dicevano. Del resto i marsi
non si chiamavano cosl per niente: si diceva che il
lora nome fosse stato scelto in onore di Marte (dio
della guerra), Ia !oro "guida spirituale" durante il
primo viaggio verso Ia nuova patria.
.Laspetto del tipico combattente abruzzese avreb-
be da solo consigliato una prudence ritirata a qua-
lunque guerriero del tempo. Per farsi un' idea ba-
sta osservare Ia statua del cosiddetto "Guerriero di
Capestrano" (v. a pag. 1 09). Probabilmente raffigu-
ra un re dei vestini, Ia cui immagine era stata scolpi-
ta per essere posta accanto alia sua to mba come ma-
nito ai viandanti , quasi dicesse: "!! territorio in cui
state entrando mi appartiene, attenti a voi': Armato
fino ai denti, difende Ia sua terra con Ia spa-
da e con I' ascia che stringe nelle mani e con
le lance al suo fianco . .Larmatura e costitui-
ta da un disco di metallo sui petto, per pro-
teggere il cuore, e uno dietro, per protegge-
re Ia schiena.
II possente equipaggiamento da guerra
non basta ai marsi per salvarsi da una cla-
morosa batosta quando decisero di schie-
rarsi con i sanniti contra Roma. Era Ia fine
del IV secolo a. C. e, quella volta, non fece-
ro dawero una bella figura. Dopo Ia scon-
fitta non solo lasciarono che i Iatini dila-
gassero, rna passarono anche dalla !oro
parte, combattendo spesso a! fianco de-
gli ex nemici come mercenari e diventando ri-
cercati gladiatori nelle arene. Solo un paio di seco-
li piu tardi, in un sussulto di orgoglio "nazionale",
scatenarono Ia rivolta degli alleati italici di Roma
contra I' Urbe per ottenere gli stessi diritti dei cit-
tadini romani. Era Ia Guerra sociale (91-88 a. C.)
chiamata anche Bellum marsicum (Guerra marsi-
cana), perche il comandante in capo dei ribelli era
un condottiero dei marsi. Alia fine prevalsero gli
interessi economici. Cia che piu contava per gli an-
tichi abruzzesi era garantirsi un tranquillo accesso
ai pascoli migliori.
Infatti, solo con molta fatica gli agricoltori marsi-
cani riuscivano a coltivare tra quelle aspre montagne
viti, olivi, mandorli, ortaggi e legumi, tutti piutto-
sto striminziti . .Lunica chance era quindi dedicarsi al-
Ia pastorizia. Pastori e allevatori se Ia passavano in ef-
[ !04 IS]
fetti meglio. Con le !oro greggi riuscivano a far fronte
a tante necessira: i bovini per illavoro nei campi, ca-
pre e pecore per Ia lana e illatte, i maiali per Ia cena.
Ledonne lavoravano pelli e tessuti e producevano sto-
viglie in ceramica da usare per mangiare, cuci nare o
conservare le prowiste. Gli uomini invece erano co-
stantemente impegnati nella ricerca di nuovi sentie-
ri per raggiungere, in inverno, i pascoli di pianura. Fu
allora che prese forma !"'autostrada" dei tratturi, usa-
ta poi per secoli. Lungo quei sentieri i marsi costruiro-
no una serie di centri fortificati, quasi degli "autogrill"
della transumanza, dove fermarsi per far riposare il be-
stiame o rifugiarsi in caso di attacco nemico. A forza
di fi-equentare boschi e valli i marsi diventarono an-
che esperti in piante medicinali, che usavano per cu-
rare ferite e malattie: si guadagnarono coslla fama di
stregoni, guaritori e incantatori di serpenti.
SEGUACI 01 CIRCE . .Lane di ammansire i retti-
li, narravano gli anti chi, era stata tramandata ai mar-
si nientemeno che dal figlio della maga Circe (quel-
la che, nell'Odissea, ammalia Ulisse e trasforma i suoi
compagni in porci), che si chiamava appunto Marso.
Per questa si credeva che Ia dea prediletta dagli antichi
DISCH I RICAMATI
A destra. dall'alto,
anfiteatro di San
Benedetto dei Marsi
(Aq); dischi in bronzo
con decorazioni
geometriche della
necropoli di Cretaro
(Avezzano, Aq): era no
usati dalle donne
come ornamento
e non dai guerrieri
come corazze.
COMBATTENTI
A.s.i.niilla, bronzetti
del Santuario di Ercole
ad Alba Fucens, sito
archeologico ai piedi
del Monte Velino (Aq).
abruzzesi, Angitia (il cui nome deriverebbe da anguis,
"serpente" in Iatino) altri non fosse che Circe in per-
sona, o una figura ispirata a lei. Incantatrice di serpen-
ti, conoscitrice dei segreti delle erbe medicali, Angitia
dimorava- secondo i marsi - in una grotta presso il
!ago del Fucino e poco lontana dalla citta che portava
lo stesso nome della divinita, costruita fra Ia sommi-
ta del monte Penna e la riva dellago. In quell'antro,
ogni primavera, Angitia riceveva il sacrificio di tutti i
serpenti che i marsi erano riusciti a catturare nei pa-
raggi. Per loro, come per molti altri popoli, il serpen-
te era simbolo di immorralita.
SACRO E PROFANO. Nei prirni secoli del cristianesi-
mo, la rap ida diffusione della nuova religione non ba-
sta a far piazza pulita di queste credenze. Non poten-
dole ignorare, i cristiani cercarono almeno di portar-
le dalla loro parte, giocando la carta di san Domenico.
Pare che il frate benedettino, di cui il paese conserva
-- --
Offerta votiva
ritrovata a luco dei
Marsi (Aq), dove si
trovava un santuario
di Angitia.
le reliquie, fosse arrivato a Cocullo intorno all' Anno
Mille, giusto in tempo per salvare il paese da un'inva-
sione di vipere. Cinque secoli pili tardi, per ringraziar-
lo e assicurarsene la protezione, gli abitanti iniziarono
a celeb rare Ia Festa dei serpari. Da all ora, il primo gio-
vedl di maggio di ogni anno, a mezzogiorno, Ia statua
di san Domenico viene gioiosamente portata in pro-
cessione per tutto il paese, avvolta dai serpenti (in no-
cui) che i giovani delluogo hanno raccolto - come i
!oro antenati di 2.500 anni fa - nei boschi dei dintor-
ni. Mentre i rettili si attorcigliano pigri intorno a1 col-
toe alia testa della statua, tutti li osservano attenti. Se
il viso del santo rimane scoperto il presagio e buono.
Se invece i serpenti gli coprono gli occhi, il presagio e
funesto. Dopo la processione, i serpenti di oggi ven-
gono riportati nelle loro tane. Quelli dei marsi, inve-
ce, morivano nel nome di Angitia.
Maria Leonarda Leone
MUSCOLOSI,
barbuti e ALTI piu
di un metro e 65, per
gli altri popoli italici
era no dei G I GANTI
S
e avessero seguito uno scoiattolo chissa che
nome avrebbero avuto. Invece la leggenda
narra che a guidarli verso quella che diven-
ne poi Ia loro terra fu un picchio (picus, in
Iatino). E per questa si chiamarono piceni. Ma da
dove venivano? Perche si sarebbero messi suite trac-
ce di un picchio? E perche oggi, vicino a Salerno, a
molti chilometri dagli antichi domini piceni, c'e an-
cora un Agro Picemino?
MIGRAZJONJ 01 PRIMAVERA. Tune le genti stan-
ziate quasi 3mila anni fa nelle attuali regioni deii'I-
talia Centrale facevano risalire le loro origini al co-
siddetto ver sacrum (Ia "primavera sacra"). Si tratta-
va di una migrazione cui erano destinati, compiu-
ti i vent'anni, i nati in una determinata primavera,
che venivano consacrati al dio della guerra Mamer-
te. Si narra che queste spedizioni fossero guidate
da un ani male sacro che indicava la strada al grup-
po e poi lasciava in dono il suo nome alia nuova po-
polazione spiegaAiessandro Naso, doceme di Prei-
sroria e Protostoria ali'Universita Leopold-Franzens
di Innsbruck. <<II picchio avrebbe guidaro alcune di
quelle genti fino ad Ascoli, Ia citta-madre dei pice-
ni. Sempre secondo la leggenda, quegli emigranti
erano sabi ni , che giunti cosl fra le odierne Marche
Meridionali e !'Abruzzo Settentrionale, si fermaro-
no nel territorio compreso tra i fiumi Esino a nord e
Tronto a sud (v. cartina a pag. 111). Quale Ia verita?
Una migrazione, spiegano gli srorici, probabilmen-
te ci fu davvero. Accadeva spesso che, a causa del-
la crescita della popolazione o di qualche carestia, i
membri piu forti di una comunita fossero costretti
a trasferirsi a I trove, per non morire di fame. La nuo-
va comunita trasformava poi quella migrazione in
racconro mitico.
QUOTATI COME MERCENARJ. Il picchio fece davve-
ro bene il suo lavoro: le nuove terre erano momuose
nell'interno, rna fertili lungo le pianure costiere, fit-
te di boschi e punteggiate da laghi. Le valli , Ia costa
e le colline che dominavano il territorio erano idea-
li per metter su casa.
Oetto, fatto: dal IX secolo a. C. i piceni organiz-
zarono qui i loro villaggi, composti di capanne di
legno ovali o rertangolari. Erano grandi abitazioni
(fino a 150 metri quadrati) per grandi famiglie pa-
triarcali. E ogni villaggio aveva Ia propria fornace per
!1os sl
cuocere vasi e forgiare armi, attivita in cui i piceni se
Ia cavavano piuttosto bene. Infatti avevano a dispo-
sizione un temibile arsenale.
I piceni erano i Rambo delloro tempo: in batta-
glia sfoggiavano un equipaggiamento che non aveva
uguali in tutta l' Italia preromana. A piedi, a cavallo
o su carri da guerra, vestiti con corte casacche e con
una specie di cinturone in bronzo, attaccavano il ne-
mico con ogni mezzo: asce, giavellotti, spado-
ni con lama a doppio taglio e spade pili cor-
te, pugnali e mazze sferiche dj pietra o ferro.
Per difendersi, l'equipaggiamento com-
prendeva, oltre a sandali chiodati per
ancorarsi ai carri da guerra, un grande
scudo rotonda, gli schinieri (parastin-
chi da guerra) e I' elmo. Tutto in bron-
w. Come Ia corazza: due dischi ftssa-
ti a una larga cintura appoggiata sulla
spalla destra e tenuti insieme da stri-
sce di cuoio, che proteggevano il cuo-
re e Ia schiena del guerriero (v. !a Joto
della statua qui a fianco).
< piceni modiftcavano conti-
nuamente illoro armamento, a
seconda dj come si evolvevano le
tecniche belliche dice Naso. Que-
sri cambiamenti si spiegherebbero con
Ia !oro presunta attivita di mercenari.
E con l'esigenza quindi di tenersi "ag-
giornati". I guerrieri piceni erano apprezzati dagli
eserciti di tutta Ia Penisola, e molti di !oro furono
sepolti lontano dalla !oro patria, in Sicilia o nell'lta-
lia Settentrionale.
OLIVE, VERDICCHIO E PIADINE. Quando non
combattevano al soldo di altri popoli , i piceni erano
pacifici agricoltori. Non erano ancora "ascolane" e
ripiene, rna gia nell' antichita le olive che si raccoglie-
vano intorno ad Ascoli erano famose, insieme alia
frutta (mele, pere, uva) e a! grana. E secondo alcu-
ni , i romani impararono ad amare il verdicchio di
Jesi proprio dai piceni.
CURA DEl DETTAGLI
Sopra e a destra, il kit del guerriero: un
elmo e una spada conservati al Museo
archeologico di Ancona.A.iin.islra,
il pendaglio di una fibula trovata
nella necropoli di Numana (Ancona).
Con Ia farina di grana le donne prepara-
vano Ia !oro ricetta tradizionale, una piadi-
na secca impastata con succo d' uva, cotta
e poi gustata con latte o miele. Alia car-
ne provvedevano i cacciatori che erano,
come i !oro colleghi pastori, formidabili
camminatori. In cerca di prede o pascoli,
arrivavano a percorrere centinaia di chilo-
metri in pochi giorni. Ma a differenza di al-
tri italici , i piceni tenevano alia salute dei !o-
ro piedi. lnvece dian dare in giro scalzi, insie-
me alia tunica di lana (per l'inverno) o di lino (per
I' estate), stretta dal cinturone metallico, indossavano
sandali in pelle o, se erano genre importante, lussuo-
si sandali in legno e bronzo importati dall' Etruria.
BRUTTI CEPFI. lncontrare un piceno tra i boschi
doveva fare un cerro effetto: gli uomini erano mol-
to muscolosi a causa delle lunghe camminate, pili
alti degli altri italici (Ia cui statura media era di 1,65
metri per gli uomini e di 1,55 perle donne), e ave-
vano folte barbe e fronte alta. Anche il gentil sesso
non scherzava: oltre a sbrigare le faccende domesti-
che, le donne lavoravano e tessevano Ia lana, rna so- >
1190% dei paesi in cima alle COLLIN
MARCHIGIANE ha lontane origini picene
prattutto impastavano argilla per vasi e utensili. Per
ore. Avevano quindi bicipiti particolarmente svilup-
pati e gam be appesantite dalla vita sedentaria. Un' e-
sistenza cosl durava nel migliore dei casi 30-35 anni.
Tombe e luoghi di culto erano lontani dalle zone
abitate. <<A!l'epoca i santuari erano semplici recinti
di legno e argilla che racchiudevano un sasso dalla
forma particolare o un albero spiega ancora Naso.
<< Spesso erano collocati all' entrata di grotte o vicino
a fi umi, sorgenti o importanti vie di comunicazio-
ne. Qui si svolgevano i misteriosi riti piceni. Proba-
bilmente uomini e donne si raccoglievano all'aper-
to, onorando Ia dea Cupra (v. riquadro nella pagina
a destra) e sottoponendosi a riti di purificazione per
non perdere il favore degli dei. A volte lasciavano in
dono vasetti di terracotta, statuette in bronzo, frut-
ta e altre offeree. Ma se le invocazioni sembravano
insufficienti, i piceni ricorrevano alia protezione di
potenti talismani d'ambra. Questo prezioso mate-
riale (una resina fossile) giungeva via mare dall' Eu-
ropa Nord-Orientale.
ANnco DIALETIO. Dai valichi e dalle boscoseval-
li interne scendevano invece gli etruschi. Fu da !oro
che i piceni appresero I' alfabeto. Ma per scrivere qua-
le lingua? << II piceno era una specie di umbro mol to
antico, una lingua del gruppo osco>> continua Naso.
<< IIloro alfabeto, che cadde in disuso nel IV secolo
a. C. con Ia progressiva avanzata romana, era quello
etrusco, rna integra to con alcuni segni caratteristici.
Le iscrizioni sui cippi e sulle statue funerarie (23 in
[liO IS]
tutto) ci appaiono oggi come intricatissimi re-
bus: le frasi, che gli studiosi sanno leggere rna
non tradurre, sono scritte da sinistra a destra,
rna anche da destra a sinistra, e lo spazio tra una
parola e I' altra e segnalato da un puntino.
VICINI INGOMBRANTI. I piceni riuscirono a
convivere pacificamente persino con gli agguer-
riti celti, calati da nord nel V secolo a. C. Manon
con i romani. Prima vi si allearono, rna dopo Ia
conquista del territorio dei pretuzi a sud (290
a. C.) e Ia fondazione della colonia di Rimini a
nord (268 a. C.) si sentirono minacciati. La ribel-
lione esplose troppo tardi. II super-armamento
piceno era ormai solo un ricordo e il 268 a. C. fu
anche !' anno della resa.
Cominciata con una migrazione, Ia storia
di questa popolo finl con una deportazione.
Per stroncarne Ia resistenza ed evitare ulterio-
ri scontri, Roma ordino infatti il trasferimen-
to forzato di tutti gli uomini piceni presso Sa-
lerno, sulla costa tirrenica. Per questo quella
zona conserva ancora oggi il nome di Agro
Picentino.
Maria Leonarda Leone
QUI GlACE UN PICENO
Una stele con iscrizioni nell 'antica lingua
picena, trovata nella necropoli di
Penna Sant'Andrea (Teramo). Segnalava
Ia presenza di una to mba.
RICORDANDO
GLI ANTENATI
I
protagonisti della
testa di Scio Ia pica,
ch e si tiene il giorno
di Pentecoste a
Monterubbiano (Ap).
Vi si rievoca il ver
sacrum, cioe
Ia migrazione dei
primi piceni.
Piceno Le terre del picchio
I principali insediamenti
piceni nelle Marche e in
Abruzzo (in rosso piu scuro
il territorio originario).
MARE ADRIATICO
L'enigmatico culto di Cupra, Ia dea-madre dei piceni
N
essuno sa come fosse raffi -
gurata, ma c'e chi giura che
avesse le ali: Ia dea Cupra,
una divinita picena, era una dea-
madre della fertilita e delle acque.
Madre comune. Gli storici antichi
sostenevano che Ia dea venerata
sullitorale adriatico fosse Ia stessa
che i greci chiamavano Hera, i
romani Giunone e i Iatini Bona Dea.
Per tutte, l'acqua aveva un ruolo
fondamentale: percio i luoghi a
loro consacrati erano vicini a fiumi
e sorgenti. II piu importante e forse
il santuario di Cupra Marittima
(Ascoli Piceno). una local ita che ha
preso il nome proprio da questo
antico culto: l'imperatore romano
Adriano, volendo nobilitare le
proprie origini, racconto che era
proprio 11 che i suoi antenati iberici
era no approdati.
Anelloni. Restano un mistero
anche gli anelloni di bronzo trovati
vicino ai santuari dedicati a Cupra:
con un diametro fino a 20 centime-
tri e con 6 "nodi': pesavano anche
2 chili. Troppo per dei bracciali,
persino peril pol so di una robusta
picena.
- / " ' ,.. I.... A t ~ , ,. ' \ , / I ~ ' I ' ! / .I ' / ~ , , "' ~ '
... ~ ~ ..,J" .. ~ ,
Gli antichi umbri nei loro riti PROPIZIATORI
invocavano una TRIADE DIVINA: Giove, Marte e
Vofione (il Quirino dei romani), poi sostituito da Minerva
A
nti chissimi? Non proprio. Pacifici?
Nemmeno. Effeminati? Neppure un
po'. E che dire della fantasiosa spiega-
zione secondo cui furono i greci a chia-
marli ombrioi, dal momento che erano sopravvis-
suti aile piogge (in greco ombros) del primo dilu-
vio? Gli storici antichi a volte calcarono Ia rna-
no parlando dell'antico popolo umbro. Ma se nel
I secolo d.C. anche uno scrittore rinomato come
Plinio il Vecchio affermava che Ia gente umbra "e
considerata fa piit antica d1talia", qualcosa di ve-
ro doveva esserci.
TANn UMBRI. In realta Ie origini di questo popolo
italico so no ancora rnolto discusse. E ci so no umbri e
umbri. Possiamo parlare di umbri riferendoci aen-
tita sociali e culturali diverse spiega Augusto Ancil-
lotti, linguista e presidente dell'Istituto di ricerche e
documentazione sugli antichi umbri (Irdau). <<Nel
XIII secolo a. C. un gruppo di paleournbri occupa-
va tutta l' Italia Centrale: era una popolazione indo-
europea giunta dal cuore dell'Europa, che si stanzio
nella zona compresa trail Poe il Tevere, tra !'Ad ria-
rico e il Tirreno, in quella che gli antichi chiamaro-
no Grande Umbria.
Su questa realta si inserirono e consolidarono col
tempo altre comunita. Nel X secolo dall'Adriatico
giunsero i safini: assorbirono i paleoumbri e diede-
ro origine al gruppo linguistico umbro continua
Ancillotti. Ma secondo Gian Luca Grassigli, docen-
te di Archeologia classica all'Universita di Perugia
gli umbri in senso stretto, trail IX e !'VIII secolo
a. C., possono essere considerati autoctoni. Di cer-
ro, il territorio in cui vivevano era un'Urnbria piu
vasta di quella attuale, rna piu piccola della Gran-
de Umbria: avevano infatti dovuto condividere il
!oro esteso territorio con gli etruschi, insediatisi
sulla riva destra del Tevere e nell' attuale Toscana
e, piu tardi, coni sanniti (a sud), i piceni (a est) e i
galli (a nord). Ma da qui a dire che gli urnbri fosse-
ro buoni di natura ne corre. Popoli italici pacifi-
ci non ne esistevano, rna e vero che gli urnbri non
si dedicarono a campagne di espansione. In questo
senso possono essere definiti poco bellicosh> spiega
Grassigli. Percio sopportarono gli etruschi, anche
se li considerarono sempre un popolo pericoloso e
con rnanie irnperialiste. E mentre gli aristocratici
per stringere alleanze scambiavano mogli coni vici-
ni, le classi piu basse vivevano gornito a gornito con
scribi e commercianti giunti dall'Etruria.
FoRTEZZE. Siccorne fidarsi e bene rna non fidar-
si e meglio, gli umbri fortificarono comunque i !o-
ro villaggi con poderose mura. l ~ comunita erano
una ventina: vivevano divise e organizzate in mo-
do autonomo, rna erano confederate tra !oro spie-
SEPOLTIIN VASO
Urne cinerarie in una
tomba umbra: fino al
X secolo a.C. gli umbri
si facevano cremare.
. ~ ' : ,. ,;. ..
- , ~ ""' . .
LA VORl
IN CORSO
Archeologi allavoro
nella necropoli umbra
di Terni, scoperta a
fine 'BOO durante Ia
costruzione della
locale acciaieria.
RICORRENZA
Unmomento
della Corsa dei
Ceria Gubbio, una
festa dedicata a
sant'Ubaldo rna
ereditata dagli antichi
umbri. Si celebra
illS maggio.
gaAncillotti. Iguvium, l'attuale Gubbio, era il cen-
tro politico e religioso della confederazione: I' aveva-
no sce!ta per !a sua posizione centrale, lungo un fre-
quentato percorso che, snodandosi tra le montagne,
collegava Ia costa tirrenica e quella adriatica. Una fit-
ta rete di sentieri collegava i due piu importanti as-
si viari del territorio, che portavano i viaggiatori da
nord a sud e da est a ovest. I tracciati erano gli stessi
che, di ll a pochi secoli, i romani avrebbero trasfor-
mato nella via Flaminia (iniziata nel 220 a. C.) e nel-
la viaAmerina.
STRADE E PECORE. Ma i collegamenti sui terri to-
rio erano garantiti non solo via terra: sui numerosi
corsi d'acqua, primo fra tutti il Tevere, viaggiava-
no infatti uomini e me rei. Fra queste, I' apprezza-
to formaggio di Sarsina (Fe). Ma non solo. Buona
parte dell' economia umbra girava intorno all' alle-
vamento delle pecore, che d' estate si portavano a
ingrassare negli alti pascoli interni, mentre d' inver-
no traslocavano neUe regioni costiere dell'Adriatico
o del Tirreno. Deltoro territorio gli umbri sfrutta-
vano anche i grandi boschi dell'Appennino, per ri-
cavarne legname da costruzione. Inoltre erano abi-
li a lavorare i metalli.
Pastori, boscaioli e fabbri, vestiti di tuniche di la-
na e pellicce, difficilmente avevano a che vedere con
i "costumi effeminati" che gia nel N secolo a.C.lo
storico greco Teopompo attribuiva a questi itali-
ci. <<Quello dell' effeminatezza e un mito letterario:
le fonti tendono a dare queste caratteristiche ai !o-
ro nemici, in contrapposizione alia forza e alia viri-
lita che contraddistingueva i veri guerrieri spiega
Gian Luca Grassigli. In realra solo I' aristocrazia po-
teva vantare costumi raffinati molto simili a quelli
degli etruschi, sfoggiando i I oro stessi ornamenti co-
me status symbol.
Ma c'e anche un' a!tra leggenda creata dagli an-
tichi scrittori: riguarda Ia ri cchezza del cerrito-
rio umbro. Pare che il greco Aristotele raccontas-
se in giro che in quei luoghi il bestiame figliava tre
volte l' anno, Ia terra garantiva racco!ti a ripetizio-
ne e che anche le donne erano particolarmente fe-
conde: "Di rado partoriscono un solo figlio per vol-
ta, per lo piit hanno parti gemellari o di tre figli''. II
tutto confermato da un altro greco, lo storico Po-
libio, che ricordava come Annibale, di passaggio
durante Ia Seconda guerra punica (2 19-202 a. C.),
avesse raccolto un bottino talmente grande che le >
- - / l, ' .... A .. ~ (0 , ' , ' I / - I I ) ' - J- _,;. , ,I ~ (
~ '"' "" ,J .-.- 4 ,jll I' I ' '
L'uso delle armi era riservato agli ARISTOCRATIC!.
E dall'esercito erano esclusi MERCENARI stranieri
truppe non riuscivano "ne a reggere ne a trasporta-
re le masserizie".
Nella realra, gli umbri potevano con tare su terre
ricche d'acqua, rna montuose e quindi tali, diceva
il geografo greco Strabane nel I secolo a. C., "da nu-
trire gli abitanti piuttosto di spelta (una sorta di far-
ro, ndr) che di frumento". E infatti gli umbri , che a
tavola erano molto frugali, riservavano ai banchetti
sacri tutte le sflziosita della !oro cucina: immanca-
bile erano Ia tipica "crescia", che chiamavano me-
fa e assomigliava a una focaccia, oltre alia zuppa di
farro, all'idromele e alia carne arrostita su spiedi e
graticole. A questi piatti tradizionali si aggiungeva-
no impasti dolci cotti e un pasticcio a base di strut-
to, farina e carni sminuzzate.
Era una specie di "pranzo della domenica", accom-
pagnato dalla musica e dalle danze degli officianti: i
membri della Confraternita Atiedia. Si trattava di
un collegia di cento cittadini notabili, cinque mem-
bri per ognuna delle comunita confederate, che sial-
ternavano nelle funzioni politico-religiose della con-
federazione provvedendo anche all' occorrente per i
riti spiega Ancillotti. II dispendio economico era
notevole, anche perche le occasioni per chiedere il
favore degli dei non mancavano. Quando si gi udi-
cava necessaria rinsaldare il patto tra Ia citta e Ie clivi-
nita, gli umbri organizzavano una processione intor-
no alle mura, con diverse stazioni all' esterno e all' in-
terno delle tre porte principali, e imponenti sacrifi-
ci ani mali, cui seguiva il banchetto rituale prosegue
1' esperto. Altro che certi ricevimenti di nozze: i com-
mensali potevano essere 12mila!
FESTAIOLI. La passione perle grandi feste e sta-
ta ereditata dagli umbri moderni. Ancora oggi, lun-
go Ia salita che porta a! monte Ingino, ill5 maggio
di ogni anno la statua del patrono sant'Ubaldo sflda
san Giorgio e sant'Antonio abate. Galoppano sul-
le spalle dei !oro fedeli, appostati come vedette su
enormi "ceri" (alti contenitori di Iegno): 275 chili
portati di corsa da gruppi di venti uomini, lungo il
tracciato delle antiche mura tra le stradine in pietra
che si inerpicano verso Ia basilica di Gubbio. Come
in molte feste tradizionali dell'Italia Centrale, nella
Corsa dei Ceri (inaugurata pare nel 1160, ndr) so no
confluiti modelli rituali radicati nella coscienza del-
la gente. Percio non e strano che tanti dettagli , spar-
si nei vari riti iguvini preromani, ricorrano nella fe-
sta: le tre soste davanti aile porte della citta, Ia "ba-
rella" peril trasporto dei ceri con i santi (che hanna
preso il posto degli animali da sacrificare), i tre giri
rituali attorno a un pozzo spiega Ancillotti. Quan-
do invece volevano ottenere favori dagli dei, gli um-
bri celebravano sacriflci e lasciavano offerte nei san-
tuari, posti per lo pili sulle alture. Si rivolgevano al-
lora alia dea Cupra (molto amata anche dai piceni),
al dio Pomona (garante dei raccolti) o alia dea Flu-
sa (signora della primavera). Evocarli era facile, ca-
pire quello che dicevano un po' meno. I sacerdoti si
basavano percio sull' interpretazione del volo degli
uccelli. L' osservatore doveva disporsi rivolto a est e
avere sott' occhio illuogo o 1' oggetto sul quale chie-
deva il parere divino. Perche il responso fosse positi-
vo, un' upupa e una cornacchia dovevano lanciare il
!oro richiamo volando da sud a nord, seguite da un
picchio e una gazza diretti, pen), in direzione oppo-
sta spiega Ancillotti.
UNA SCRITTURA MISTERIOSA. Con oracoli cosl
complessi, non stupisce che anche Ia lora scrittu-
ra sia per noi enigmatica. Gli umbri, che parlavano
una lingua di origine indoeuropea, scrissero poco,
e quando lo fecero usarono prima l'alfabeto etru-
sco e poi quello Iatino. L' affermarsi del Iatino non
fu casuale: gia nel IV secolo a. C. questi italici era-
no venuti in contatto con i romani. Come accad-
de in parte anche agli etruschi, Roma- pur avendo
la possibilita della conquista militare- trovo accor-
di con Ia parte filoromana dell'aristocrazia spiega
Gian Luca Grassigli. Gli umbri vissero percio una
specie di "autoromanizzazione", stringendo patti
coni !oro vicini per avere una garanzia di sopravvi-
venza. Ill oro unico sussulto di orgoglio venne sof-
focato nel 295 a.C. dai legionari: sconfltti insieme
a galli senoni ed etruschi, furono sottomessi e illo-
ro territorio colonizzato. Da que! momenta Ia !oro
identita culturale venne assorbita progressivamen-
te nel mondo Iatino. E dal I secolo a.C. gli umbri
diventarono solo un ricordo tra gli aneddoti degli
scrittori antichi.
Maria Leonarda Leone
ANTI CHI
PERCORSI
le rotte della
transumanza usate
ancora oggi furono
tracciate gia dai
pastori umbri in
epoca preromana.
Antica Umbria Tra strade e tratturi
II misterioso "brevia rio" umbra:
le Tavole lguvine
N
on han no una,
rna due facce di
bronzo. So no
sette tavolette, le piu
grandi alte poco meno
di un metro, le piu pic-
cole 40 em, e pesano
tra i 2,5 e i 7,5 kg. Scritte
in lingua umbra, rna
con alfabeto sia etrusco
che Iatino, le Tavole
lguvine (o Eugubine,
futo) sono il piu impor-
tante testo sugli umbri
preromani.
Catechismo. Come una
specie di "brevia rio",
contengono istruzioni
rituali peri membri
della Confraternita
Atiedia (v. artico/o).l
testi ricordano antichi
culti e riti fino a quel
momenta tramandati
solo oral mente. Alcuni
storici sono convin-
ti che furono fatte
redig ere nel momenta
in cui Ia cultura umbra
cominci6 a soccombe-
re sotto i romani.
Enigmi. Furono incise
tra illll e ill secolo a.C.,
cinque su entrambe
le facce, due solo su
una, rna i testi so no
molto piu antichi (pare
ri salgano all'inizio dell
millennia a. C.). Tradotte
quasi per intero, seppur
con passaggi dubbi, c'e
an cora un mistero che
riguarda queste tavol e:
si sa che riaffiorarono
a Gubbio nel1444 e il
Comune leacquist6
nel1456, rna restano
ignoti Ia provenienza,
le circostanze e illuogo
delloro ritrovamento.
RICICLATA
La via Flaminia nella
citta di Carsulae,
ampliata in epoca
romana. La via
consolare segul il
tracciato di una strada
gia usata dagli umbri.
' .
Rimini
Spoleto
Temi
Nella cartjna, il
territorio occupato
dag li umbri oltre 2.500
anni fa, coni principali
centri: arrivava fino
aii'Adriatico. Main
precedenza, secondo
gli antichi, si spingeva
anche piu a nord.
MARE ADRIATIC()
Il TIRANNO di Siracusa Dionigi il
Vecchio ( 430-367 a. C.) importava in
Sicilia cavalli veneti per il suo allevamento
S
e gli antichi romani non fossero stati co-
sl "invadenti", oggi i senesi andrebbero in
Veneto a scegliere i cavalli pili forti da far
correre al Palio. E i turisti in gita a Vene-
zia, invece dei cristalli di Murano, si porterebbe-
ro a casa le situle, i vasi in bronzo tipici della re-
gione 2.500 anni fa. Ma e andata diversamente: i
veneti attuali, a parte il nome e Ia passione per il
buon vino, conservano ben poco dei !oro antenati.
0ALL'AsiA MINORE AL Po. Gli antichi veneti si
distinguevano da tutti gli altri popoli italici perche
pili aperti agli influssi esterni e meno bellicosi.
In comune con !oro avevano invece i nobili
e mitici natali. Per Ia leggenda, i paleoveneti
erano originari della Paflagonia, una remo-
ta regione dell' Asia Minore a sud del Mar
Nero. Un gruppo di cavalieri paflagoni era
accorso in aiuto della citta di Troia durante
Ia guerra contro i greci. E dopo Ia sconfit-
ta, gli alleati sarebbero stati cacciati dalla ma-
drepatria e costretti a cercare una nuova ter-
ra in cui vivere. Il viaggio li avrebbe portati, tra il
II e il I millennia a. C., nell'ltalia Nord-Orientale.
Ll decisero di occupare i Colli Euganei, tra l'Adria-
tico e le AI pi Orientali. Secondo Ia leggenda, a gui-
darli sarebbe stato I' eroe troiano Antenore, perso-
naggio dell' !Liade e fonda tore di Pad ova.
La leggenda rimane leggenda, rna e certo che gia
nel IX secolo a. C. c' era chi abitava stabilmente il
vasto territorio compreso fra illago di Garda, il Po,
leAlpi friulane e il Tagliamento (v. cartina neflapa-
gina accanto). Ma erano immigrati o gente del po-
sto? Le scoperte pili recenti dimostrano che i ve-
neti antichi erano autoctoni spiega Angela Serafi-
ni Ruta, specialista in protostoria veneta ed ex di-
rettore del Museo nazionale atestino di Este (Pd).
Erano cioe nati e cresciuti nel territorio che oggi
corrisponde pili o meno all'attuale Veneto.
CITTA o ' ACQUA. Anche se illoro terri torio era
vasto, i veneti seppero organizzarlo a! meglio. Con
largo anticipo rispetto agli altri popoli preromani
fondarono grossi centri, attorno ai quali costruiro-
no- come in una moderna periferia- villaggi pili
piccoli. In pianura, lungo Ia costa o sulle alture de-
limitavano sempre i !oro insediamenti con fiumi o
fossati. I veneti antichi, un po' come quelli di oggi,
avevano infatti un legame inscindibile con I' acqua.
Gia pili di mille anni prima che nascesse Vene-
zia, lo storico greco Strabone note che le citta ve-
nete erano "mofto simili a isofe". Orti e recinti si al-
ternavano aile case di forma rettangolare, do-
ve tutta la famiglia conviveva in una, al massimo
due stanze. Forse per questo tutti partecipavano ai-
le attivita artigianali, come colare il vetro o lavora-
re Ia ceramica e il bronzo. Attivita, quest' ultima, in
cui erano piuttosto bravi, anche grazie al costante
aggiornamento garantito da maestranze itineran-
ti. I prodotti degli artigiani venivano venduti diret-
tamente. <<A Frattesina di Fratta Polesine (Ro) e stato
scoperto un vero e proprio emporio spiegaAlessan-
dro Naso, professore ordinario di Preistoria e proto-
storia all'Universita Leopold-Franzens di Innsbruck
(Austria). Qui, gia nel IX secolo a. C., i paleoveneti
intagliavano denti di ippopotamo, zanne d' elefante,
ossa e coma ricevuti grezzi dalle coste africane, fon-
devano perle loro creazioni le "panelle" di vetro (si-
mili a pagnotte circolari importate dall'Oriente), la-
voravano l'ambra proveniente dal Baltico e creava-
no oggetti a sbalzo di grande bellezza con il bronzo
del Trentino.
OFFERlE
VOTIVE
52tlo, statuette di
veneti ritratti mentre
compiono offerte
votive aile divinita.
.52p.ra, cava IIi no
votivo, dal Mus eo
atestino di Este
(Padova).
Veneto Quando Venezia non c'era
Nella cartjna,
I principali
insediamenti del
Veneto preromano.
La linea di costa
era piu arretrata
rispetto a oggi.
Vasoveneto
montato su ruote.
UNMODELLO
ANCORA USA TO
I tradizional i casoni
nel Delta del Po, da
sempre usati dai
pescatori. Le abitazioni
dei veneti, in pianura,
era no costruite con
pali e canoe, ma anche
con illimo del fiume.
Garda
Angarano
Magre
C' Lagole di Calalzo
Montebelluna
Concordia Sagitta ria
Altino
Valeggio
Legnago
Fratta Polesine
Padova
Montegrotto
Este
Adria
Ariano Polesine
MARE ADRI -\ TICO
Sinonimo di conquistatori
C
hi era no i veneti che
Giulio Cesare sconfisse
in Bretagna nel 56
a, C.? E i venet i "troiani" che
abitavano I'Asia Minore, quelli
dei Balcani (detti anche veneti
il lirici), quelli deii 'Europa del
Nord e quelli del Lazio (i
venetul ani)? Che cosa c'en-
trano con i veneti del nostro
Nord-Est?
Popolo doc. <<Gii abitanti del
Veneto del l millennia a, C.
avevano una lora identita,
diversa da quella degli altri
veneti spiega Ia protosto-
ri ca Angela Serafini Ruta. A
distinguerli erano anzitutto Ia
linguae i'alfabeto. La pri ma
non aveva a che vedere con
Ia lingua celtica dei venet i
del!'odierna Bretagna france-
se, E il second a era autonomo
e originale, anche se derivate
dall'et rusco, L'origine della
confusione sarebbe da cerca-
re proprio nel nome.
In casa d'altri. La radice
linguistica indoeuropea da
cui deriva Ia parola "veneto"
avrebbe avuto il significate di
"conquistatori". Un attribute
gene rico, adatto a qualsiasi
popoio stanziatosi in un
territorio abitato da alt ri. Ma
c'e anche chi ritiene che Ia
denominazione si riferisse in
ori gine ai popoli indoeuropei
deii'Europa Centrale, che
migrarono insediandosi nel
resto del continente. E por-
tandosi dietro il l oro nome.
...
Sui colli costruivano CASE SEMINTERRATE
con tetti di PIETRA CALCAREA
Raro esempio di sociedt multietnica, i veneti
erano molto aperti nei confront i degli altri popo-
li. D'altronde, per la sua posizione, illoro territo-
rio era una zona di passaggio, al centro di scambi
commerciali. Ben presto i paleoveneti entrarono in
contatto con gli etruschi, i greci, i celti e i romani.
AREA FERTILE. l:altro enorme pregio della loro
terra era Ia ferti lidt. Non bisognava essere partico-
larmente portati per l'agricoltura per riuscire a col-
tivare cereali e legumi nella Pianura Padana Orien-
tale, ricca d' acqua, ne essere provetti boscaioli per
sfruttare le enormi risorse naturali dei boschi che
ricoprivano tutto il territorio. I paleoveneti , poi,
non erano tipi da adagiarsi sugli allori: invece di
sperperare le !oro risorse, cercarono di preservarle.
Per esempio mettendo in pratica, gia piu di 2mi-
la anni fa, la rotazione delle colture per non impo-
verire il suolo. Coltivavano leguminose, come Ia
veccia (che produce piccoli fogioli, ndr), i piselli e le
lenticchie, a cui alternavano molti cereali: farro, or-
zo, miglio e frumento dice Angela Serafini Ruta.
Dai cereali le donne ricavavano Ia farina con Ia
quale impastavano focacce e panini, serviti a tavo-
la addolciti con il miele e accompagnati da noci,
nocciole, fichi secchi e olive. II tutto innaffiato con
il vino prodotto dalle viti della Valpolicella. Se ave-
vano voglia di pesce c' erano le anguille pescate nel-
la laguna, le cui pelli erano impiegate anche come
legacci e corde per gli archi . Con illatte delle capre
producevano ricotta e formaggio, mentre chi pre-
feriva la carne poteva optare per il maiale essicca-
to, la capra o Ia pecora arrosto.
CAVALLI DA COMPETIZIONE. Di rado si uccide-
vano i buoi: questi animali erano usati nei campi,
quindi erano molto piu utili vivi che come bistec-
che. Neppure Ia carne equina si mangiava: consi-
derato un ani male sacro, il cavallo non solo si sal-
vava dalla macellazione, rna da morto veniva addi-
rittura sepolto accanto agli uomini. Ricercatissimi
dai greci e dai romani, considerati un prezioso do-
no per i sovrani, i destrieri veneti erano paragona-
bili alle mucche sacre dell' India di oggi. Con una
CONFINE
NORD
.5.Qpra, il piu grande
ponte naturale
d'Europa, a Veja
tra i Monti lessini
(Verona), al confine
settentrionale
dell'antico territorio
veneto.
FINIVASI
Dl BRONZO
La situ/a detta
"Benvenuti"
(600 a.(.): raffigura
le attivita di un
allevatore di cavalli.
differenza: le possenti bestie paleovenete si erano
guadagnate l' aura di sacrali ta sui campo, batten-
do tutti i !oro avversari nelle gare equestri durante
le antiche Olimpiadi, in Grecia. E proprio il valore
economico e simbolico dei destrieri veneti li spediva
dritti sull' altare delle divinica pili importanti. Gli dei
minori si accontentavano invece di buoi, agneUi o ma-
ialini. II tipo di bestia da sacrificare, Ia sua era e le par-
ti da bruciare si stabilivano in base ai rico da compiere.
Ma i veneti antichi amavano anche le frivolezze.
Lo dimostrano i !oro abiti, pili curati rispetto ai-
le anonime tuniche di altri popoli italici. Labbi-
gliamento, sia mascn1le che femminile, cambiava a
seconda dell' eta e del ran go spiega Serafini Ruta.
Le donne indossavano gonne scampanate con il
grembiule e uno scialle lungo fino alia vita, che co-
priva !oro i capelli. II giorno del matrimonio, le ra-
gazze ornavano Ia gonna con un cinturone in lami-
na di bronzo e indossavano un bustino per snellire
Ia vita. Portavano collane di vetro o corallo, petto-
rali, armille, bracciali e cinture di stoffa. Gli uomi-
ni si accontentavano invece di indossare una tuni-
cae unman cello. Illoro unico vezzo era il cappel-
lo: i pili nobili ne usavano uno a larghe tese simile
al petasos, il berretto etrusco in feltro o pelle. E ai
piedi indossavano stivali di pelle, adatti a cavalcare.
UNA PACIFICA SCONFITTA. I veneti in circa sei
secoli ricorsero di rado aile armi , combat-
A LEZIONE DALLA DEA. I sacrifici erano accom-
pagnati da cerimonie di purificazione: gli uomini
si immergevano nell'acqua fino alia vita o beveva-
no da una coppa versandone a terra il resto del con-
tenuto come offerta alia divinita. Per questa i san-
tuari, collocati sempre al di fuori delle citta, si tro-
vavano spesso in prossimita di laghi, fiumi o sor-
genti, sia che fossero dedicati a divinita maschili,
come il dio delle acque Apono, che a divinita fem-
minili, come Reitia. Simile alia greca Hera,
Reitia era una delle dee pili amate: - - - - - ~ tendo per lo pili a fianco dei roma-
riccamente vestita, padrona del
Cielo e della Terra, era in pos-
sesso di una chiave che apriva
e chiudeva il ciclo della natu-
rae della vita. Signora della
fecondica, presiedeva ai-
le nascite e all' educazione
dei giovani : percio le era-
no devote per lo pili le don-
ne, e nel suo santuario, pres-
so l'attuale Este (Padova), le
sacerdotesse insegnavano l'ar-
te della scrittura come in una
scuola (v. riquadro sopra).
ni e per difendersi dai galli. Ma
anche questi comodi alleati
vennero inglobati dai roma-
ni. Dalla fine del III seco-
lo a.C. l'alleanza comin-
~ ~ i ~ ~ ~ . . cio a trasformarsi in di-
pendenza, i pili deboli
adottarono lingua, cul-
tura e l' alfabeto dei pili
forti; e praticamente sen-
za accorgersene, nel I se-
colo a.C. i paleoveneti era-
no diventati romani.
Maria Leonarda Leone
MUSICA e
PIRATERIA
Gli abitanti della Liguria erano gente arcigna e TEN ACE. Definiti
"STIRPE MUSICALE", furono pero anche guerrieri e navigatori
L'ULTIMA
BATTAGLIA
La ricostruzione
dell'ultima resistenza
dei friniati, una
delle tribu liguri piu
combattive, contro
i romani. Lo scontro
avvenne nel177 a.C. e
fu durissimo: alia
fine il console Quinto
Petilio Spurino
espugno Ia forteua
sui monte Valestra
(Re), rna perse Ia vita.
D
ella !oro lingua si sa pochissimo, del-
le !oro origini ancora meno. E la !o-
ro arte, insieme alia religione, resta un
enigma che neppure il recente ritrova-
mento di quattro antichissime statue-stele avvenu-
to in Lunigiana (fra Liguria e Toscana) e riuscito
a sciogliere. Tra i popoli che abitavano l'Italia ol-
tre 2.500 anni fa i liguri sono forse i piu misterio-
si. Ben prima che Fabrizio De Andre intonasse le
sue poesie in dialetto ligure, Platone (V-IV secolo
a. C.) li aveva definiti "stirpe musicale". Altri li de-
scrissero come rozzi barbari, rna anche come abili
guerrieri, coraggiosi navigatori e pirati.
UN' ALTRA LIGURIA. Per i piu anti chi storiogra-
fi greci (Esiodo, Filisto di Siracusa ed Erodoto),
erano liguri tutti gli abitanti di una grande fetta
dell'Occidente all ora conosciuto, compresa fra 1' o-
dierna Provenza (Francia Meridionale) e il flume
Ebro (Spagna) . Una definizione un po' vaga, che
dimostra pen) come !'area popolata dalle rribu li-
guri fra !'VIII e il I secolo a. C. fosse ben piu am pia
della Liguria di oggi. Del resto, fino alla fine del
I secolo a. C., peri romani questa regione andava
dal Rodano (in Francia) fino all'Arno, con il mare
a sud e il Po a nord (v. cartina nella prossima pagi-
na) . Sarebbero state proprio le paludi alia foce del>
Ancora nel III SECOLO
A. C. il greco Eratostene
chiamava ''Ligustike"
(cioe Liguria) tutta la
PENISOLA IBERICA
Rodano a suggerire ai primi navigatori greci il ter-
mine "liguri". La radice fig significherebbe infat-
ti "melma'', "palude" e il nome voleva quindi dire,
piu o meno, "abitanti delle paludi".
MosAICO DI PO POLl. <<lliguri erano un' etnia mol-
to diversificata spiega Fabio Negrino, archeologo
deii'Iscum (Istituto di storia della cultura materia-
le) di Genova. << Con que! nome gli antichi indica-
vano tribu sconosciute, simili tra !oro, rna autono-
me. Cio che le univa davvero era il nemico comu-
ne: Rom a>>. Come un enorme puzzle, I' etnia ligure
era composta da tanti piccoli popoli: sulle A! pi Ma-
rittime le tribti dei capillati ("dalla lunga chioma''),
nell'entroterra i montani, che comprendevano an-
che i bellicosi apuani e i temerari friniati dell'Appen-
nino Tosco-Emiliano Occidentale. Proprio il relati-
vo isolamento di quelle genti arroccate tra lemon-
tagne ha suscitato !' interesse dei genetisti: secon-
do alcuni, i liguri di oggi potrebbero essere rimasti
molto simili ai !oro antenati mill enari.
Ma da dove venivano tutte quelle tribu? Per gli
antichi, tutti i popoli erano originari di terre diverse
da queUe in cui vivevano>> continua Negrino. Cosl
fiorivano spesso leggende e nomi dire mitici. Ma og-
gi si sa che nel Nord-Ovest dell'Italia c' era una cultu-
ra indigena antichissima, forte e persistence, su cui si
innestarono poi altre tradizioni provenienti dall'Eu-
ropa>>. Nelle grotte dei Balzi Rossi (tra Ventimiglia e
Mentone) gia 200mila anni fa vivevano gli antenati
di que! piccolo gruppo di cacciatori, donne e bam-
bini liguri che 160mila anni fa "emigro" in Francia
in cerca di cibo, trovando riparo nella grotta di La-
zaret a Mont Baron (presso Nizza), dove sono state
scoperte le tracce dell oro passaggio.
MoNTANARI. I liguri preromani rimasero sempre
un po' "primitivi". Greci, Iatini ed etruschi li giu-
dicavano "barbari, montanari e bugiardi". E illo-
ro abbigliamento non poteva certo dirsi all' ultima
moda: uomini e donne indossavano tuniche di la-
na, rozzi mantelli (detti saghi) e pelli di ani mali per
proteggersi dal freddo.
Avevano gambe particolarmente muscolose, per-
che non conoscevano l'uso del cavallo ed erano co-
stretti a coprire lunghe distanze a piedi. E se barbe
incolte e corpi da "palestrati" non rendevano cer-
ro dei damerini gli uomini, le donne non erano da
meno. Oiversamente dalle matrone romane, snob
e dalla pelle candida, aiutavano i !oro uomini nel-
le fatiche quotidiane, dissodavano Ia terrae ne rac-
coglievano i pochi frutti, portavano le greggi a! pa-
scolo, in casa lavoravano l' argilla, ftlavano e tesse-
vano Ia lana. Non avevano i bicipiti dei mariti, rna
sapevano sicuramente difendersi da sole. E affron-
tare una vita durissima. >
AMAVANO
IL BRONZO
~ . e l m o in bronzo
con paraguance usato
da un guerriero ligure
tra Ia fine deiiV e
11nizio del Ill secolo a.C.
In basso a sjnjstra,
armille (un tipo di
bracciale) in bronzo,
decorate con motivi
geometrici. Le
usavano gli uomini
e Iedonne.
Liguria estesa Oltre Marsiglia
Nella cartina, le principali
tribu liguri in epoca
romana. Tra parentesi, i
nomi attuali delle localita.
0
Agatha
(Agde)
0
Emporiae
(Empuries)
0
Massilia
(Marsiglia) 0
Olbia
(Hyeres)
Genua
,.... (Genova)
0 Vada Sabatia
(Vado Ligure)
0 Albium lntemelium
o (Ventimiglia)
0 Monoecus
0 Nice (Montecarlo)
Antipolis (Nizza)
(Antibes)

La
11
COstituzione" degli antichi genovesi
I
n Iatino si chiama Senten-
tia Minuciorum, mae piu
nota come Tavola di Pol-
cevera, dal nome della valle
aile spalle di Genova dove
fu trovata da un contadino
nel 1506. E Ia piu antica
testimonianza scritta di
argomento giuridico dell' I-
talia Nord-Occidentale:
contiene infatti una lunga
sentenza in Iatino, incisa sui
bronzo e datata 117 a.C.
Uti tribali. ll testo ri assume
Ia deci sione degli emissari
del sen a to romano (i fratelli
Mi nuci i, da cui il nome della
sentenza) sulla cont rover-
sia t ra genuati e vituri
(due tribu liguri) per il
possesso dell 'entroterra
genovese. La sentenza,
favorevole ai primi, e consi-
derata dai genovesi Ia
prova del dominio mille-
na rio della loro ci tta sui
territorio ci rcostante.
LaTavola
di Polcevera.
O Luna
(Luni)
OPopulonia
d
llva
(Isola d'Eiba)
I segreti inviolati
delle statue-stele
G
uerrieri austeri dal corpo e
dal volto stilizzato, donne
adorne di col lane: c'e chi
le ha definite un enigma insolu-
bile. Sono le statue-stele trovate
nel territorio della Lunigiana, fra
Liguria e Toscana.
Culti perduti. Finora sene
conoscono 70, ma non si sa esat-
tamente a cosa servissero, ne chi
rappresentassero. Scolpite nella
pietra durante I'Eta del Rame (Ill
millennia a.C.) e tornate di moda
tra il VII e il VI secolo a.C., queste
statue avevano sicu ramente un
significate sacro, forse legato ai
misteriosi culti degli antichi liguri.
Tagliatori di teste. Come altre
popolazioni italiche, i liguri
adoravano divinita legate alia
natura. Peril dio delle acque, per
esempio, forgiavano armi che
gettavano poi nei fiumi o nei la-
ghi.lnerpicandosi lungo sentieri
inaccessibili portavano invece
le loro offerte sulle vette sacre
(come il monte Bego, nelle Alpi
Marittime). E dai celti avevano
imparato a collezionare le teste
dei nemici sconfitti, seguendo un
ritual e antichi ssimo.
I \\"''''\'" . ' . .J'\..:r-' ,'1/'J(' 'f''t./1"
t'"' . \.. ' I \ \ ,, ,: f J ' I ' f I I I I' , ,. , t
Per fermare i PIRATI LIGURI, i romani
tolsero foro tutte le IMBARCAZIONI con
piit di tre scalmi. Cioe le piit veloci
LA ZAPPA
DELCOMANDO
Sembra una zappa,
rna e un bastone
di comando in osso
di cervo, animale
cheabitava
l'antica Liguria.
MELE ACERBE. Dall'agricoltura i montanari li-
guri - come faranno per secoli i !oro discendenti
- ricavavano appena di che sfamarsi: qualche legu-
me, farro e grano. Dall' orzo ottenevano una bevan-
da alternativa a! vino "aspro e resinoso" di quei luo-
ghi. Nei boschi cacciavano cervi, caprioli e cinghia-
li e raccoglievano ghiande, nocciole e mele selvati-
che. Ma le mele non dovevano essere granche, vis to
che per renderle piu dolci le spaccavano a meta e
le lasciavano maturare al sole. Andava un po' me-
glio con l'allevamento: ovini e caprini li riforniva-
no non solo di lana e carne, rna anche dellatte con
cui, intorno all' odierna Ceva (in provincia di Cu-
neo), si produceva un particolare tipo di formag-
gio pecorino, che i romani chiamarono cebanus.
La terra avara e Ia conseguente scarsita di cibo
costringevano i liguria vivere in piccole comunita,
villaggi di poche capanne con qualche centinaio di
abitanti. Siccome gli unici terreni sfruttabili erano
i pendii delle colline, si svilupparono, nel II mil-
lennio a.C. , i castellari. Erano gli abitati in cima
aile sommica, nati con scopi pacifici durante !'Eta
del Ferro spiega Marco Milanese, docente di Ar-
cheologia alle Universita di Pisa e di Sassari. Sor-
gevano in luoghi elevati senza una precisa organiz-
zazione urbanistica, rna erano buone postazioni per
il controllo dei pascoli. Le pendenze venivano re-
golarizzate con muri di terrazzamento: cosi si cre-
ava piu spazio perle abitazioni, che erano sempli-
ci strutture in legno o canne innalzate su un basa-
mento in pietra. Una tecnica agricola tramandata
fino a oggi in tutta Ia Liguria. Con I' avanzata dei
romani , trail III e il II secolo a. C., i castellari si tra-
sformarono in villaggi fortificati.
PIRATI. Sulla costa le tribu potevano contare sui
commercia e sulla pesca. Ma anche sulla pirate-
ria, ovviamente ai danni dei romani. Illegno per
le imbarcazioni si trovava sui mercato di Genova.
Questo porto, il primo e pit! grande emporium li-
gure (luogo di scambi, rna anche di culto) , doveva
Ia sua fortuna alia posizione centrale lungo Ia rot-
ta che conduceva dall'Etruria a Massilia (l'attuale
Marsiglia), dove ci si approvvigionava di metalli.
Furono infatti i commercianti etruschi a fondarlo,
trail Veil IV secolo a. C. E con gli etruschi arrivo
anche Ia scrittura.
lL MISTERO DELLA LINGUA. I Jiguri non scrive-
vano e, a parte le epigrafi etrusche rinvenute aGe-
nova e alcune iscrizioni sulle statue-stele della Lu-
nigiana, le uniche testimonianze scritte che li ri-
guardano so no greche e latine spiega Rita Caprini,
docente di Glottologia all'Universita di Genova.
Ma gli anti chi non ci han no tramandato nulla sul-
la lingua parlata dalle tribu. E senza una tradizio-
ne scritta e impossibile ogni ricostruzione. Pro-
prio per questo il significato di molti nomi di luo-
ghi liguri e tuttora oscuro.
Come accade oggi nella nostra societa multietni-
ca, i liguri non furono infl uenzati da una sola cul-
tura: dai celti "copiarono" le sepolture in cassette
di pietra, le armi e persino alcuni culti (v. riquadro
nella pagina precedente) . Nelle tombe femminili
delle necropoli di Chiavari e di Genova (VIII-VII
secolo a. C. e V-III secolo a. C.) sono state ritrova-
te bellissime co IIane d' am bra, una pietra alia quale
i celti atrribuivano poteri magici. E gli uomini ve-
nivano sepolti insieme a lance, asce, coltelli e spa-
de piegate in due, secondo l'uso celtico.
Scudi "ovali, lavorati alia maniera gallica" erano
l' unica protezione dei guerrieri, che combattevano
a piedi nudi e senza armatura. D' altra parte questo
era il solo modo per muoversi con agilica sulle roc-
ce e nei boschi. I liguri conoscevano bene Ia tecni-
ca della guerriglia e dell e imboscate, tanto che Ia
!oro tenacia e ill oro coraggio divennero leggenda-
ri. II greco Eschilo (V secolo a. C.), nella sua trage-
dia Prometeo Liberato, fece predire a Eracle che un
esercito di liguri lo avrebbe ostacolato nel viaggio
verso il regno delle Esperidi (immaginato nell' E-
stremo Occidente): sol tanto grazie all' aiuto divino
di Zeus l'eroe sarebbe riuscito ad avere Ia meglio.
Forse Giove non si scomodo invece per i romani ,
vista che impiegarono ben due secoli (dal 238 al
14 a. C.) per sottomettere definitivamente que! po-
polo bellicoso.
Maria Leonarda Leone
I COSTRUTTORI
DI
Piit di 3.500 anni fa, in SARDEGNA, un popolo
di ARCHITETTI, guerrieri e navigatori diede vita
a una civilta MISTERIOSA: quella nuragica
D
ue uomini seminudi lottano avvin-
ghiati nella polvere di uno spiazzo
delimitato da un recinto in pietra.
lntorno, la folia li incita. In palio ci
sono ricchi premi: tori, buoi e pecore destinati
ad aumentare il prestigio e il "potere d'acquisto"
del clan del vincitore. Verso sera, uomini e donne
danzano in cerchi concentrici al suono dei flauti.
Nella notte la festa si trasforma in un rito orgia-
stico. Cosl, circa 3mila anni fa, gli antichi abitanti
della Sardegna onoravano i lora dei. Era no gli uo-
mini che avevano costruito gli oltre ?mila nura-
ghi di cui i vacanzieri ammirano oggi i resti enig-
matici. Machi erano veramente? Erano forse lora
i 1Jrsen6i, i "Costruttori di torri" che secondo Pia-
tone abitavano Adantide? E che fine hanna fatto?
OruGINI MISTERIOSE. Per gli storici, l' era nuragi-
ca duro pili di 1.500 anni (fra ill800 e il238 a. C.,
anno d'inizio della conquista romana). Quando
raggiunse il massimo splendore, intorno allOOO
a. C., Roma doveva ancora nascere. I.:uomo pen)
era di casa in Sardegna gia da epoche pili remo-
te. Il pili antico resto umano trovato sull' isola e di
13mila anni fa, rna alcune selci lavorate risalgono
a 120-300mila anni prima di Cristo. <<Fu un tu-
rista milanese a scoprirle per caso, alia fine degli
Anni '70, lungo le rive del flume Anglona spie-
ga Giuseppa Tanda, docente di Preistoria e Proto->
CON LA SPADA
E CON LO SCUDO
Statu etta di guerriero
armato d'uno scudo
e di una spada di
bronzo (VIII-VII sec.
a.C.).A.dllira, resti di
una torre del villaggio
nuragico di Su Nuraxi
a Barumini (Vs).Sllno,
il nuraghe diS. Sabina
a Silanus (Nuoro).
1 I I t f ~ t ._ ( t ! I 1 ! 1 ., -' ' ' ' ' \ l f t l I # t t t - ( t ! ( I '! 1 ~ _. '
Anche in Corsica ci sono i NURAGHI. Ma sono appena 60.
In Sardegna sono 7-8MILA e in passato furono forse 1OM ILA
storia all'Universita di Cagliari. Quei primi uomi-
ni, sull' isola, ci sarebbero arrivati ... quasi a piedi,
passando dalla Corsica. <<All ora Corsica e Sardegna
erano separate da un braccio di mare di appena 300
metri spiega l'archeologa. La Corsica, a sua volta,
era collegata alle coste toscane da un ponte di terra
emerso in seguito all'abbassamento dellivello ma-
rino conseguente alia glaciazione di Riss. C'e pe-
ro un pun to oscuro: <<ln Corsica, infatti, non ci so-
no tracce umane cosl antiche precisa Tanda. <<A!-
tre prove di questa migrazione sarebbero da cerca-
re in fondo al mare>>.
RiccHISSIMI. Per millenni i sardi vissero di cac-
cia, raccolta e pastorizia. Poi venne Ia "rivoluzio-
ne" della fine del Neolitico. Era circa il3000
a. C. quando popoli deli'Anatolia e delle isole
egee, che avevano scoperto i segreti dei me-
talli, si mossero verso ovest. Leta della pie-
tra era finita e il rame (che con lo stagno dava
il bronzo delle armi) era prezio-
so come il petrolio oggi. Spinti
dalla "febbre del metallo", i pili
audaci superarono Malta e Ia Si-
cilia e furono premiati dalle ricchez-
ze della Sardegna: piom-
bo, r ame e argento.
Si diffusero sull' isola
nuovi culti (tra cui quel-
lo della dea-madre e del toro) e soprattutto si
affermo l'agricoltura.
Fu questa I' epoca della civilta megalitica,
dell' enigmatico santuario di Monte d'Accod-
di, Ia "ziqqurat sarda" scoperta nel1951 (v.
riquadro nella pagina a fianco), e dei menhir
(grandi pietre conficcate nel terreno che in
Sardegna chiamano "pietre fitte"). Come le
nostre lapidi, queste pietre indicavano Ia
presenza di tombe, rna erano anche luo-
ghi di culto e, secondo alcuni, calendari
agricoli: orientati verso particolari pun-
ti astronomici, avrebbero annunciato i
cambi di stagione. Gli specialisti che
studiano gli allineamenti tra antichi
monumenti e corpi celesti hanno sco-
perto che anche le sepolture collettive
della successiva civil til nuragica, cosl
imponenti da essere state ribattezzate
"tom be dei giganti", sembrano orienta-
te secondo precisi criteri, possibile te-
stimonianza di culti astrali. <<Lindagi-
ne condotta su 13 tombe ha mostra-
to che alcune so no rivolte verso punti dell' orizzon-
te da cui all 'epoca sorgevano stelle particolarmente
luminose, altre verso il punto di levata della luna in
determinati giorni spiega l'archeoastronomo Giu-
liano Romano. <<lnoltre, pili di 270 misurazioni ef-
fettuate su nuraghi han no mostrato che Ia I oro en-
trata e orientata a sud, o verso il punto in cui sor-
geva il sole nel giorno pili corto dell'anno, o anco-
ra verso le stelle Sirio e Alfa Centauri (quest' ultima
oggi non pili visibile dalla Sardegna)>>. I nuraghi
svolgevano dunque una funzione "astronomica"?
Forse. Que! che e certo e che verso il 1500 a. C. co-
minciarono a spuntare come funghi.
EDIFICI ORIGINALI. Per gli archeologi
i nuraghi- un termine che deri-
va dal sardo nurra, "mucchio
cavo di pietre" - non hanno
(quasi) pili alcun mistero. << Si
e a lungo ritenuto che l'inno-
vativa forma a cupola (detta >
CHEMIRA!
A.sinistra, statuetta in
bronzo di guerriero
con un vestito di stile
orientale (VIII-VII sec.
a.(.).52ng, 11nterno
del nuraghe di Santu
Antine (Sassari). Per
Ia costruzione di
questi edifici si
usavano blocchi
di basalto, gran ito,
trachite o calcare.
Sardegna La terra dei nuraghi
Monte d'Accoddi, Ia "torre
di Babele" della Sardegna
A
11 km da Sassari
sorgono 1 rest1
di una ziqqurat
di Smila anni fa, l'unica
di tutto il Mediterraneo
Occidentale: il tempio
di Monte d'Accoddi.
Simile alia Etemenanki
(forse Ia biblica "torre di
Babele") di Babilonia, in
Mesopotamia, era al ta
circa 10 metri e larga
quasi 40, aveva una
struttura a gradoni e vi
si accedeva percorren-
do un pi ano incl inato.
Nell'area sacra, dove ci
sono ancora t re menhir
e una Iastra sacrificale
in pietra, si celebravano
i riti di fertilita dei sardi
megalit ici. Ma che ci
faceva una ziqqurat in
Sardegna?
Esotico. II tempio
sembra innanzitutto
una prova dei contatti
fra i sardi e le civi lta
orientali dice Giovanni
Ugas, archeologo
deii'Universita di Caglia-
ri. Ma c'e dell'altro. Gii
elementi del complesso
non sono disposti a
caso aggiunge l'arche-
oastronomo Giuliano
Romano. I menhir, Ia
Iastra sacrificale e Ia
sommita del monu-
mento so no allineati al
punto in cui sorgeva Ia
luna nel giorno in cui il
suo percorso in cielo era
il piu breve.
Culti astrali? lnoltre,
una grossa pietra sferica
(un ompha/6s,"ombeli -
co"in greco) nei pressi
del tempio appare rico-
perta da piccoli incavi:
rappresentava forse le
costellazioni, oppure il
sole? <<Le interpretazio-
ni sono varie, rna si pub
affermare che a Monte
d'Accoddi si celebrava
Cagliari
IL RIPOSO
DEIGIGANTI
Aiian.to, una foto
del sito archeologico
diTiscal i.5l!no,
tomba dei giganti
di Is Concias,
Quartucciu (Cagliari ).
Nella cartjoa, Ia dens ita
dei nuraghi in Sardegna.
Le princi pali citta sono
indicate per riferi mento.
Zone con densita
inferiore a 0,1 per km'
l Zone con densita da
0,1 a 0,35 per km'
Zone con densita da
0,35 a 0,60 per km'
Iii Zone con deosita
supertore a 0,60 per km'
!1):J
Nel IV sec. a. C TIMEO DA TAORMINA scrisse che gli antichi
.5.!uu:a, ricostruzione
del villaggio Su Nuraxi.
II capo locale risiedeva
nel "castella" al centro,
alto 20 metri . .sano,
una foto aerea del sito.
' l ' ' l f{ t f I t f t . ( t ! I : ! 1 } .' ' \ ' ! l t ' 't I f t f t ;_ ( t t
sardi uccidevano i vecchi a bastonate, gettandoli poi da una RUPE
POZZI SACRI
Satta. da sjnjstra:
pazza sacra del
camplessa nuragica
Sa Sedda e Sas Carras
a Oliena (Nuara) e
quella del Santuaria
nuragica di Santa
Cristina a Paulilatina
(Oristana).
tholos in greco) che li rendeva cosl stabili fosse sta-
ta portata dai micenei>> dice Giuseppa Tanda. Ma
i primi nuraghi sono piu antichi delle tombe gre-
che. Probabilmente furono l'evoluzione di recinti
in pietra e piattaforme rialzate che i sardi megaliti-
ci costruivano per tenere sotto controllo il terri to-
rio>> : Ia versione locale e tecnologicamente avanzata
di una torre d'avvistamento. La Sardegna nuragica
era infatti divisa in distretti i cui capi erano spesso
in Iotta tra !oro e risiedevano ognuno nel proprio
nuraghe fortificato. lnoltre, i "cacciatori di metalli"
provenienti da est erano un peri colo costante. E per
queste ragioni che i nuraghi sorsero cosl numerosi.
CASE-FORTEZZA. La forma-base del nuraghe e
una torre di grandi blocchi squadrati costruita a
secco, a pianta circolare e a piu piani, con scale in-
terne. <<Alcuni ritengono che i nuraghi avessero
un'apertura nel tetto>> dice Tanda. Da qui l'ipote-
si che fossero usati come osservatori astronomici.
Ma grazie ai modellini giunti fino a noi sappiamo
che per lo piu erano sormontati da un terrazzo ed
erano chiusi>> . Le funzioni principali erano quel-
le abitativa, di vedetta e di difesa. Da singole torri,
dopo un'evoluzione durata circa 300 anni, i nura-
ghi si trasformarono in veri "castelli" turriti.
In 3 o 4 per casa, i sardi vivevano in modo spar-
tano. Dormivano su giacigli di pelli in piccole nic-
chie, i piedi verso la brace del focolare al centro.
Le abitazioni erano ammassate in mini-quartieri
di 30-40 case, che formavano circa 2mila villaggi.
Ma i notabili abitavano autentiche regge, pressoche
inespugnabili. Come quella del "principe" di Baru-
mini, Ia cui struttura difensiva, con mura dotate di
feritoie, poteva ospitare circa 200 soldati: arcieri e
"artiglieri" addetti allancio di proiettili incendiari
e di pietre da mezzo chilo di peso.
Ma i sardi di 3mila anni fa non erano soltan-
to esperti architetti. Erano anche ottimi idraulici.
Lo dimostrano gli oltre 250 templi a pozzo dell' i-
sola: cisterne sotterranee per Ia raccolta dell' acqua
aile quali si accedeva da lunghe gradinate. Forse in
quello di Santa Cristina a Paulilatino (v. Joto sot-
to) verso illOOO a. C. si celebrava una sorta di "ca-
podanno lunare" che univa simbolicamente lu-
na e acqua. <<Accurate misurazioni hanno mostra-
to che, una volta ogni 18,6 anni, !a luna arriva ail-
luminare l'acqua in fonda al pozzo>> dice Giuliano
Romano. II culto lunare none dimostratO>> preci-
sa Tanda rna quello delle acque sl. Si costruivano
anche piccole fonti sacre "domestiche">>. Antichis-
sime credenze del folclore sardo affondano le radi-
ci in questi culti. Fino a pochi anni fa, per esempio,
nella Sardegna interna si usava immergere, in una
notte di luna nuova, un numero dispari di teschi in
un corso d'acqua, nella convinzione di scongiura-
re Ia siccita. E ancora oggi, Ia notte di San Giovan-
ni Battista (23-24 giugno), in alcuni paesi siva di
casa in casa a chiedere acqua: raccolta nel piu asso-
luto silenzio, avrebbe poteri curativi.
LENIGMA DELLA SCRITTURA. I nuragici sapevano
forgiare armi e opere d' arte in bronzo, conoscevano
una chirurgia primitiva (nei casi pili gravi si ricor-
reva alia trapanazione del crania) e soprattutto era-
no esperti navigatori. In tutto il Mediterraneo, da
Gibilterra all' Egeo, si incontravano le !oro imbar-
cazioni con la prua a testa di cervo che trasporta-
vano le merci scambiate con gli etruschi o illonta-
no Egitto (v. riquadro a pag. 142). Eppure non co-
noscevano, pare, !a scrittura: della !oro parlata, tra
le piu antiche e imparentata solo con quella dei ba-
schi (che costituisce un ceppo linguistico a se), non
abbiamo nessuna testimonianza scritta. < sardi >
Peri ROMANI,
i sardi erano tutti figli
di SARDUS, eroe mitico
giunto dalla LIBIA
a colonizzare !'isola
I sardi in Egitto: il mistero
degli sciardana
I
bellicosi guerrieri sar-
di, forse, arrivarono a
minacciare il potente
Egitto dei faraoni. Sa-
rebbero infatti loro gli
sciardana (o scerdana),
uno dei popoli del mare
che combatterono
contro Ramses II nella
battaglia di Qadesh del
1285 a. C. e che sotto
RamsesV(1146-1143
a.C.) ricomparvero al
fianco del faraone,
promossi guardie del
corpo grazie aile I oro
preziose doti militari.
Da ovest ... Ecco le
possibili prove: Ia
somiglianza tra l'ar-
matura degli invasori
raffigurati nelle tom be
faraoniche e quella
dei guerrieri nuragici,
Ia radice della parol a
serd, diffusa nell'antica
lingua sarda, e alcuni
ritrovamenti archeo-
logici. Una fortezza
del XIII-XII secolo a.C.
scoperta a EI-Awat
(Israel e), per esempio,
sembra influenzata
dall'architettura nuragi-
ca dice Giovanni Ugas,
docente di Preistoria
e protostoria deii' U-
niversita di Cagliari.
<< Forse fu eretta dagli
sciardana al seguito
degli egizi.
... o da est? Non tutti
so no pero d'accordo.
Altri elementi fan no
infatti pensare che gli
sciardana fossero una
popolazione orientale
e che solo in un secon-
do tempo avessero
raggiunto Ia Sardegna.
erano evoluti, rna non costruirono mai citdt spie-
ga ancora Giuseppa Tanda. Forse per questo non
si form<'> un ceto di scribi addetti, per esempio, alia
contabilidt delle merci. << Ogni tanto qualcuno af-
ferma di aver scoperto tavolette con iscrizioni nu-
ragiche aggiunge l'archeologa. <<Ma finora non ci
so no prove convincenti. Nel dicembre del 2004
sono stati presentati i risultati della ricerca con-
dona dallo storico sardo Gigi Sanna, che avrebbe
interpretato i segni incisi su 4 tavolette impiegate
forse in riti sacri. Le tavolette sembrano contenere
invocazioni a! dio toro e permetterebbero Ia rico-
struzione dell 'alfabeto nuragico. In attesa di con-
ferme, Ia scrittura degli antichi sardi resta per<'> un
mistero, fttto almeno quanto quello della loro fine.
IMPATTO FATALE. Le ipotesi avanzate sono tre:
lo scontro fatale con altri popoli, il dedi no della
societa e una catastrofe naturale. Nel primo caso,
i sardi avrebbero avuto Ia peggio nel confronto
con genri piu evol ute di !oro. << Prima arrivarono i
micenei, che per<'> non si stabilirono sull' isola, poi
i fenici e quindi i cartaginesi spiega Tanda. I feni -
ci, verso il XII-XI secolo a. C., fondarono colonie
e saccheggiarono le miniere, senza pero spinger-
si nell'interno. I canaginesi strinsero forse accor-
di di non bel ligeranza. Questi incontri non mise-
ro quindi in pericolo Ia ci-
vilta nuragica. L'impat-
to fatale fu quello con i
romani. <<Giunti verso
il 238 a.C., imposero i
tl ' ' ' l. f ( l t f t f t t
0
, ( t f I ; ~ 1 } _' ' ~ " ' ' l. t ' l ~ ~ t f t f, < t f
L'ULTIMO
SALUTO
Tomba dei giganti
di Sa En a 'e Thomes
a Oorgali (Nuoro).
A..de.illa, statuetta
in bronzo di arciere
(VIII-VII sec. a.C.)
!oro culti e !a !oro lingua, romanizzando con Ia
forza Ia popolazione spiega I' archeologa. Alcune
tribu organizzarono Ia guerriglia, ritirandosi sem-
pre piu nell' interno. E proprio nel cuore monta-
gnoso dell' isola si cercano oggi gli ultimi baluar-
di della resistenza sarda. Nel 226 a. C. Ia Sardegna
divento provincia romana, rna le ri volte continua-
rona fino all 78 a.C., quando gli ultimi irriduci-
bili furono fatti schiavi.
Ma forse quella fu solo !a spallata finale. E Ia se-
conda ipotesi. <<A partire dallOOO a. C. sarebbe av-
venmo qualche mutamento sociale che fece perde-
re al nuraghe la sua funzione di fortezza. Le mu-
ra furono in parte smantellate e cambio Ia strate-
gia difensiva. Quando arrivarono i sol dati romani,
i guerrieri sardi furono costretti ad affrontarli in
campo aperto e vennero sconfitti .
CANcELLATI DAL MARE? I..:ipotesi piu recente, rna
anche Ia piu controversa, e quella della catasrrofe
naturale. Un maremoto devastante avrebbe col pi-
to !' isola artorno al XIII-XII secolo a. C. Tra le pro-
ve geologiche ci sarebbero i sedimenri al luvionali
che circondano alcuni nuraghi. Ma Ia civilra nu-
ragica non finl all ora>> obi etta Giuseppa Tanda: gli
archeologi hanno infatti rrovato reperti deli'VIII-
VII secolo a. C. . Chi sostiene Ia tesi del mare-
mota ha pen) anche un' altra certezza: pro-
prio que! cataclisma avrebbe ispirato ai
greci il mito della "madre" di tutte le ci-
vilta scorn parse, Atlantide.
A/do Carioli
L'ITALIA
PREROMANA
ltalia omnium terrarum
alumna
a cura di A.M. Chieco Bi anchi
(Garzanti)
Un importante testo di riferi-
mento per tutti coloro che so-
no interessati all'ltalia preroma-
na. In questo volume, Ia storia e
le tracce archeologiche lasciate
da veneti, reti, liguri, celti, pice-
ni, umbri, Iatini, campani e iapi-
gi, raccontati in altrettanti saggi
dai loro maggiori studiosi.
ltalia omnium terrarum
parens
a cura di C. Ampolo (Garzanti)
Nelle oltre 720 pagine di que-
sto volume, che completa il
precedente, docenti e studiosi
raccontano, tra le altre cose, an-
che Ia storia, le attivitil artigia-
nali e le scoperte archeologiche
che riguardano sanniti, lucani,
bruttii, sicani, siculi ed elimi.
Popoli e civilta dell'ltalia
antica
AAW (Spazio Tre)
In ben 11 volumi, tutto sull'lta-
lia antica: dall'epoca neolitica,
storia, arte, cultura, societil, lin-
gua, origini e tradizioni di tutti i
popoli che secoli fa calcarono il
suolo italico.
Storia della prima ltalia
M. Pall ottino (Rusconi)
In questo libro, uno dei piu im-
portanti studiosi di etruscolo-
gia e antichitil italic he del seco-
lo scorso analizza l'ltalia prima
della conquista romana, aura-
verso le vicende dei gruppi et-
nici che si incontrarono nella
nostra penisola.
Strabone e l'ltalia antica
a cura diG. Maddoli (Edizioni
scientifiche italiane)
L'ltalia antica come Ia vedeva-
no gli scrittori dell'epoca, negli
atti del convegno organizzato
daii'Universitil di Perugia ad Ac-
quasparta nel1987.
Genti e culture dell'ltalia
preromana
M. Pall ottino (Jouvence)
Un viaggio tra le genti e le cul-
ture dell'ltalia preromana, gui-
dati da uno dei massimi esperti
del settore.
L'ombelico d'ltalia.
Popolazioni preromane
dell'ltalia Centrale
a cura di A. Dolciotti, C. Scardaz-
za (Gangemi)
Dagli atti del convegno di Ro-
ma del2005, un'accurata ana-
lisi delle fonti storiche e dei
documenti antichi sulle popo-
lazioni preromane dell'ltalia
Centrale.
L'ltalia Antica. Culture
e forme del popolamento
nell millennia a.C.
a cura di F. Pesando (Caracci)
Non solo etruschi, Iatini e gre-
ci d'Occidente, ma anche le po-
polazioni meno note, in questa
libro che propone una sinte-
si piuttosto snella della storia e
della cultura materiale dei po-
poli dell' ltalia anti ca.
Popoli italici. L'ltalia
prima di Roma
D. Guasco (Giunti)
Un volumetto stringato, ma
pieno d i notizie, foto e curio-
sitil, su tutti i popoli, anche i
minori, che abitarono l'ltalia
preromana, lasciando tracce in-
delebili nel nostro Dna e nella
nostra cultura.
ETRUSCHI
Storia degli etruschi
M. Torelli (Laterza)
Parten do dal discusso proble-
ma delle I oro origini, Torelli
racconta Ia formazione e levi-
cend e socia-
li, politic heed
economiche
degli etruschi.
In un libro re-
so ancora piu
piacevole dal-
lenumerose
illustrazioni.
Gli etruschi. Storia e
civilta
G. Camporeale (Utet)
Dall'analisi meticolosa delle te-
stimonianze storiche, religiose,
letterarie e artistiche, nasce un
quadro approfondito della civil-
til etrusca, dalle sue prime ma-
nifestazioni neii' Etil del bronzo
fino all'epoca rom ana.
Etruschi e italici prima del
dominio di Roma
R. Bianchi Bandinelli, A. Gi ulia-
no (BUR)
All'apparenza manuale di sto-
ria dell'arte, il volume in real-
til traccia, attraverso le nume-
rosissime immagini, un ampio
quadro storico e archeologico
della produzione artistica de-
gli etruschi.
Etruschi: Ia vita
quotidiana
G. M. Della Fi na (I'Erma di
Bretschneider)
Breve guida illustrata, a colo-
ri, sulla vita quotidiana degli
etruschi.ll volume fa parte del-
la collana della Soprintenden-
za archeologica per I'Etruria
Meridionale.
POPOLI ITALIC!
Gli indoeuropei e le
origini deii'Europa
F. Vi llar (II Mulino)
Un testo imprescindibile, per
cap ire meglio chi era no, quan-
do vissero e dove abitarono in
origine gli indoeuropei, cioe le
genti che con le loro migrazioni
diedero origine anche ai popoli
italici e aile I oro lingue.
I popoli italici e le origini
di Roma
R. Zucca (Jaca Book)
Come si intrecciano i desti-
ni di Roma a quelli dei popoli
dell'antico Lazio? Risponde un
docente di storia e archeologia
del Mediterraneo anti co, Rai-
mondo Zucca.
Gli antichi italici
G. Devoto (Vallecchi)
Datato ma sempre attendibi-
le, il testo del celebre lingui-
sta dello scorso secolo Giaco-
mo Devoto.
La Sicilia antica
M. Dreher (I I Mulino)
Fenici, cartaginesi, greci, roma-
ni, bizantini, arabi: Ia storia del-
la Sicilia attraverso le impronte
lasciate da chi sbarco sull'isola
in epoca antica.
Storia della Sicilia antica
M. l. Finley (Laterza)
La Sicilia che fa gola a tut-
ti: dalla disastrosa spedizio-
ne ateniese contro Siracusa e
Agrigento ai disegn i espan-
sionistici dei cartaginesi; dal-
le guerre puniche alia occu-
pazione rom ana; dalla caduta
dell' lmpero romano all'arrivo
degli arabi.
Sicani, siculi, elimi
R. M. Albanese (Longanesi)
Un saggio sull'affascinante sto-
ria delle comunitil indigene
della Sicilia e sulloro sviluppo,
dall'eta del bronzo a quella tar-
do-arcaica (XII I -V secolo a.C.).
I sabini popolo d'ltalia.
Dalla storia al mito
A. Nicosia, M. C. Bettini
(Gangemi)
Dalla storia dei sabini aile radi -
ci di Roma. In che modo i sabini
contribuirono alia formazione
della civiltil romana.
I piceni. Storia e
archeologia delle Marche
in epoca preromana
A. Naso (Longanesi)
Un'agile raccolta dei risultati
delle piu recenti indagini con-
dotte nelle Marche sui popo-
lo piceno.
II Sannio e i sanniti
E. T. Sal mon (Einaudi)
La storia dei piu minacciosi, for-
tie val orosi nemici di Rom a e
della loro strenua resistenza
militare e politica allo strapote-
re romano.
I sanniti. Caudini, irpini, Citta e territorio. La CELTI D'IT ALIA Le tavole di Gubbio e Ia
pentri, carricini, frentani Liguria e il mondo anti co
I celti. Un popolo e una
civilta degli Umbri
G. Tagliamonte (Longanesi) a cura diM. G. Angeli Bertinelli A. Ancillotti, R. Cerri (Edizioni
I risultati delle am pie ricerche (Bretschneider)
civilta d'Europa
Jam a)
archeologiche condotte sulle Alia scoperta della storia antica
E. Percivaldi (Giunti)
lattenta analisi condotta da due
tribu dell'antico Sannio, in un li- della Liguria, attraverso gli at-
I celti e if foro mondo, le foro fe-
linguisti sulle tavole eugubine,
bro che ne delinea l'evoluzione,
ti del quarto lncontro interna-
ste, le foro battaglie. In un libro
if piu prezioso testa conosciuto
l'organizzazione socio-econo-
zionale di storia antica del 2009
ricco di curiosita e immagini.
in lingua umbra, riporta alia luce
mica e Ia cultura material e.
a Genova. La grande storia dei celti
le tracce del glorioso passato di
V. Kruta (Newton Compton)
questo antico popolo ita fico.
CIVILTA NURAGICA
Un'opera completa e minuzio-
Le lingue frammentarie
POPOLI 01 ORIGIN
sa sulla storia, l'archeologia e Ia
dell'ltalia antica. Manuale
INCERTA La civilta nuragica
cultura dei celti.
per lo studio delle lingue
Gli iapigi. Storia e civilta
G. Li lliu (Delfino Carlo Ed ito-
I celti in ltalia
preromane
re & C.)
M. T. Grassi (Longanesi)
S. Marchesi ni (Hoepli)
della Puglia preromana
Le vicende dell'antica civilta
II passato celtico dell'ltalia at-
Un moderno manuale sulle lin-
E. M. De Juliis (Longanesi)
nuragica in Sardegna, tra
traverso le fonti letterarie anti-
gue preromane, adatto sia allo
II contributo degli iapigi alia
I' Eta del bronzo (1800-1500
che, i documenti linguistici e gli
studente che al cultore del mon-
formazione della civilta dell'l-
a.C.) e !'Eta del ferro (500-
scavi archeologici.
do antico. Contiene una defini-
tali a preromana: un quadro ar-
238 a.C.), dalla penna del piu zione delle lingue frammenta-
cheologico ampio e aggiornato
importante archeologo sardo rie dell' ltalia antica e dei metodi
della civilta che vi sse a caval-
del nostro secolo. LAMAGNAGRECIA impiegati per illoro studio, qua-
lo tra le colonie della Magna
La civilta dei sardi. Dal
Greci e italici in Magna
dri ricostruttivi dei foro sistemi
Grecia e i popoli italici e i "bar-
Paleolitico all'eta dei
Grecia
grammaticali e approfondimen-
bari" illiri dell'opposta sponda
nuraghi
E. M. De Juliis (Laterza)
ti utili per Ia pubblicazione di
adriatica.
II rapporto difficile tra indigeni
iscrizioni e per lo studio degli al-
G. Li lliu (II Maestrale)
fabeti con strumenti informatici.
I veneti dai bei cava IIi
Considerato Ia
e colonizzatori nella lunga con-
a cura di L. Malnati, M. Gamba Bibbia dell'ar-
vivenza in Magna Grecia, dal -
(Canova) cheologia sar-
le prime fondazioni greche alia
Un'immagine accurata degli da, questo
conquista romana. SULWEB
antichi veneti, in un volume ric- manuale, af-
La Magna Grecia
www.venetiantichi.it
camente illustrato che analizza fascinante rna
L. Braccesi, F. Raviola (II Mulino) Sito della mostra "Venetkens"
le testimonianze letterarie, sto- di non sempli-
Due speciali sti raccontano Ia (per if catalogo, v. bib/iografiaa
ri che e archeologiche di que-
ce lettura, sve-
colonizzazione greca nell'ltalia
sinistral a Padova.
sto popolo.
Ia Ia complessi -
Meridionale fra VIII e Ill secolo
www.sanniti.info
ta della civilta
a. C. e lo sviluppo della prospera
Venetkens
nuragica.
civilta magnogreca.
Sito ri cco di informazioni sui
AAW (Marsi lio)
popolo dei sanniti e sull'antico
Catalogo della
Sardegna nuragica
Magna Grecia. ll quadro
Sannio. Con if patrocinio del mi-
mostra "Viag- storico nistero dei Beni culturali.
gio nella terra
G. Li ll iu (II Maestrale)
D. Musti (Laterza)
Un altro libro di Lilliu, breve rna
dei veneti anti-
ri cco di illustrazioni, che pre-
Tra letteratura e archeologia,
chi': al Palazzo
senta il mondo dei nuraghi at-
storia religiosa e social e. un
della ragione
traverso Ia I oro architettura e Ia
saggio diverso sulla storia del-
di Padova fino
collocazione nel territorio.
Ia Magna Grecia e dei suoi rap-
al prossimo 17
porti con Ia Sicilia e le altre aree
novembre.
coloniali greche.
Un viaggio at-
Storia della Sardegna
traverso Ia vita quotidiana, if
antica
LA LINGUA
www.principisabini.it
territorio, le attivita com mer-
A. Mastino (II Maestrale)
Sito sulla necropoli sabina di
ciali, i cerimoniali funebri e le
Un affresco storico dell'isola Le lingue dell'ltalia antica
Eretum, con ricostruzione 3D di
espressioni artistiche del popo-
sarda e delle sue relazioni con i oltre illatino
un corredo principesco.
lo che abito I' area del Nord-Est
frequentatori del Mediterraneo V. Pisani (Rosenberg & Sellier)
italiano nell millennia a.C.
antico: dai fenici ali a successi- Manuale scientifico sulle lin- www.sabinamater.it
va conquista cartaginese, dal- gue dell' ltalia antica, che tocca Sito sull'archeologia, Ia storia
Ia lung a occupazione romana numerosi aspetti delle lingue e le curios ita della Sabina e del
all'avvento del cristianesimo. indoeuropee. popolo sabino.
:.sl 145]
\----,


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www.romanoimpero.
com/2009/09/antichi-
popoli-del-centro-italia.
html
Sito dedicat o a lia stori a dell'l m-
pero romano e dei suoi impera-
t ori, ma con una se zione sui po-
poli a ntichi de l Centro ltal ia.
www.antiqui.it/piceni/
sommario.htm
Tutto ma prop rio tutto sui po-
polo dei piceni, con una ri cca
bibliografia sull'argome nto.
www.evolpub.com/LCA/
VTLithome.html
Sito di carattere genera l e. con
diverse informazio ni sulle lin-
gue de ll' lta lia a ntica, trascrizio-
ni di a lcune dell e piu import a n-
ti iscrizioni ita liche e link a siti
ita liani e stranieri.
lila.sns.it/mnamon
Sito de lla Scuola Norma le di Pi-
sa sulle scritture a ntic he del
Mediterraneo. Contie ne una
approfondita voce sulle lin-
gue osca e umbra, con appro-
fondime nti bibliografi ci e risor-
se online.
www.beniculturali.it/
mibac/multimedia/
Mi BAC/minisiti/
alimentazione/index.html
La st oria dell'a lime ntazio-
ne ne lla Penisola it a Iia na, dal-
la pre istoria a l peri odo classico,
inclusa l' lta lia preromana.
http:/ /www.tuttostoria.net
Nella sezione di stori a a ntica,
diversi approfondime nti sui po-
poli de ll' ltalia p reroma na.
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