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Seconda Università di Napoli- Prof.

Ludovico Solima - Economia e gestione degli enti culturali

Problem solving

► La gestione di un’organizzazione culturale può essere


interpretata – al pari di quanto accade per le aziende che
operano in altri settori – come un’attività di problem solving di
tipo complesso.

► Essa infatti si estrinseca nell’assunzione di una pluralità di


scelte, necessarie per affrontare le differenti situazioni ed i
diversi problemi che di volta in volta si presentano durante lo
svolgimento dell’attività d’impresa.

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Le variabili che influiscono sulle decisioni di gestione (1)

► Le decisioni da prendere durante la vita di un’organizzazione


sono molto diverse tra loro, considerando – ad esempio –
l’orizzonte temporale (decisioni di breve o lungo periodo), l’ambito
di riferimento (strategiche, direzionali, operative) ovvero le
modalità di assunzione (spontanee o preordinate).

► La dimensione dell’organizzazione è una variabile rilevante, in


quanto con l’aumentare della scala di attività cresce in maniera
corrispondente l’ammontare di risorse (umane, tecniche, finanziarie,
etc.) necessarie per lo svolgimento dell’attività aziendale, il cui
utilizzo va calibrato tenuto conto dei vincoli reciproci che l’uso
congiunto di tali risorse generalmente comporta.

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Le variabili che influiscono sulle decisioni di gestione (2)

► Il settore di appartenenza è altrettanto significativo, in


quanto appare chiaro che le problematiche gestionali con le
quali si confronta un museo risultano differenti rispetto a
quelle che deve affrontare un teatro ovvero un archivio.

► Importanti appaiono, inoltre, i regimi proprietari (pubblici o


privati), le forme giuridiche, gli assetti istituzionali, nonché
tutti quegli elementi che risultano, più o meno direttamente,
influenzati dal contesto geografico di appartenenza.

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La conoscenza del problema

► Per assumere una decisione è necessario innanzitutto


comprendere la natura del problema che si sta affrontando; per
fare ciò, occorre avere accesso ad una pluralità di dati, notizie
ed informazioni, che possono essere relative tanto al contesto
ambientale e competitivo nel quale si muove l’impresa
(variabili esogene), quanto alla situazione interna, con
riferimento alle diverse aree aziendali (variabili endogene).

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Le variabili esogene (1)

► Le variabili esogene hanno assunto, ai giorni nostri,


un’importanza crescente, a causa di due circostanze:
► considerando il numero sempre maggiore di fenomeni
che vanno attentamente monitorati (varietà dei fattori
evolutivi);
►tenuto conto della velocità con la quale tali elementi
mutano le loro caratteristiche e la loro influenza sulle
problematiche di gestione (variabilità dei fattori evolutivi).

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Le variabili esogene (2)

► Basti ricordare il rilievo che il progresso scientifico e


tecnologico (variabile tipicamente esogena) assume per la vita
di un’organizzazione culturale, mettendo a disposizione
soluzioni sempre nuove, in grado – ad esempio – di incidere
profondamente sulle modalità di erogazione di un servizio.

► È anche vero, per altro verso, che l’evoluzione delle


tecnologie produce un impatto altrettanto forte sulle
caratteristiche socio-demografiche della popolazione,
modificando gli stili di vita ed i sistemi di preferenze degli
individui e, quindi, i tratti distintivi della domanda.

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Le variabili esogene (3)

► Uno degli elementi che contraddistingue le variabili esogene


da quelle endogene è rappresentato proprio dal loro essere
“esterne” rispetto ai confini dell’organizzazione e, in quanto
tali, più difficilmente controllabili dalla stessa.

► Un’impresa culturale, infatti, può cercare di appropriarsi dei


benefici di una nuova tecnologia, ma con ogni probabilità è
difficilmente in grado di incidere sulla natura stessa
dell’innovazione, sia perché non dispone delle necessarie
competenze, sia perché tale obiettivo non rientra in quelli che
un’impresa culturale è istituzionalmente chiamata a perseguire.

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Le variabili endogene

► Le variabili endogene – si pensi, ad esempio, alla gestione delle


risorse umane – ricadono più direttamente entro la sfera di influenza
dell’organizzazione, anche se non è detto che questa riesca ad
esprimere su di esse un pieno grado di controllo.

► Un’ulteriore differenza che caratterizza le variabili endogene


rispetto a quelle esogene è legata alla disponibilità di informazioni,
che nel primo caso sono di più semplice accesso, in quanto si
riferiscono a fenomeni interni all’azienda, mentre nel secondo caso
possono essere ottenute solo attivando processi di ricerca ed
acquisizione, che possono rivelarsi difficili oltre che costosi.

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Le competenze necessarie

► La disponibilità di informazioni sulle variabili endogene ed


esogene, necessarie per l’identificazione e la comprensione di
un problema, rappresenta una condizione necessaria ma non
sufficiente per raggiungere la soluzione ricercata.

► Occorre infatti che, all’interno dell’impresa culturale, siano


presenti anche delle specifiche professionalità per svolgere
l’attività di elaborazione ed interpretazione dei dati raccolti, la
quale è propedeutica all’assunzione delle decisioni sulla base
delle quali si sviluppa la gestione aziendale.

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La natura della conoscenza (1)

► In primo luogo, va precisato che la conoscenza può presentarsi in


forma tacita o esplicita, nel senso che essa può avere un contenuto
più o meno tangibile.

► La conoscenza è tacita qualora si consideri, ad esempio, il


bagaglio personale di nozioni ed esperienze possedute da un
individuo ovvero, in ambito aziendale, dei soggetti che a vario titolo
operano all’interno di un’organizzazione culturale.

► Tale dotazione conoscitiva individuale rimane allo stato latente


sino al momento in cui non viene attivato un processo di
“conversione”, cioè di trasformazione della conoscenza, da tacita in
esplicita.

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La natura della conoscenza (2)

► Ad esempio, dirigere un’orchestra, catalogare un volume,


sviluppare i contenuti di un pannello informativo per una sala
di un museo sono tutti esempi che rappresentano altrettante
occasioni di trasformazione della conoscenza individuale,
tacita, in conoscenza esplicita, e per ciò stesso trasferibile a
terzi.

► Quando la conoscenza viene resa esplicita, muta le sue


caratteristiche e diventa più semplice condividerla con soggetti
diversi.

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I processi di trasformazione della conoscenza

conoscenza tacita conoscenza esplicita

conoscenza
socializzazione esteriorizzazione
tacita
DA
conoscenza
interiorizzazione combinazione
espicita

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La “socializzazione”

► Il processo di socializzazione del patrimonio conoscitivo


contribuisce alla circolazione tacita del sapere, che avviene
quindi senza che si faccia uso di un qualsiasi tipo di linguaggio
o codifica, ma unicamente attraverso un’attività di
condivisione di un’esperienza.

► L’apprendista, ad esempio, proprio grazie alle semplice


osservazione del lavoro svolto da una persona più qualificata
(il maestro) può appropriarsi di una serie di conoscenze che
potrà a sua volta utilizzare nello svolgimento dei compiti a lui
affidati.

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La “combinazione”

► In maniera speculare, con la combinazione la conoscenza si


trasferisce in maniera esplicita e rimane tale.

► È questo il caso, ad esempio, di un museo, che decide di


utilizzare il contenuto di un catalogo sulle proprie collezioni
per realizzare delle schede informative di sala.

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L’ “esteriorizzazione”

► L’esteriorizzazione implica invece un cambiamento di stato


della conoscenza (da tacita a esplicita), che si realizza
attraverso la formalizzazione della stessa mediante l’utilizzo di
un linguaggio, verbale o testuale.

► Quando, ad esempio, all’interno di un’organizzazione, i


compiti che le diverse persone devono svolgere vengono
formalizzati attraverso la messa a punto di un sistema di regole
scritte (un manuale delle procedure operative), si realizza una
sedimentazione della conoscenza posseduta a livello
individuale, la quale diventa così liberamente trasferibile tra
tutti i soggetti che operano all’interno dell’azienda.
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L’ “interiorizzazione”

► L’ultimo processo (da esplicita a tacita), è invece speculare


rispetto alla esteriorizzazione e si verifica nel momento in cui
il singolo individuo metabolizza, facendole proprie, le
conoscenze a cui ha avuto accesso, incrementando il proprio
personale bagaglio di competenze.

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Il valore d’uso della conoscenza

► La conoscenza può quindi essere qualificata anche in


ragione della sua utilità, cioè con riferimento alla possibilità di
utilizzarla proficuamente per svolgere con efficienza ed
efficacia il processo decisionale alla base della gestione
aziendale.

► Utilizzando tale chiave interpretativa, diventa possibile


precisare anche il significato attribuito ai termini “dati” ed
“informazioni”.

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I dati e le informazioni

► I dati sono le “particelle elementari” esistenti all’interno di un


dominio conoscitivo e si caratterizzano per uno scarso valore d’uso,
in ragione della loro natura grezza e diffusa.
► Un dato, cioè, non ha in sé un particolare valore, poiché non può
essere immediatamente utilizzato. Solo se esso viene inserito
all’interno di un quadro ordinatore, mediante un processo di
organizzazione, si realizza l’accrescimento del suo valore utile e la
transizione del dato in informazione.
► La natura “organizzata” delle informazioni consente quindi di
sottolineare la circostanza che i dati elementari possono essere
variamente combinati in funzione del tipo di utilizzo che se ne deve
fare, e che tale processo può determinare un incremento del loro
potenziale di applicazione.
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L’attività interpretativa

► È il processo soggettivo attraverso cui viene attribuito un


preciso significato all’informazione, identificando un nesso di
causazione tra le diverse variabili prese in considerazione
nonché tra queste e la situazione problematica rispetto alla
quale occorre fornire una risposta.

► Così come tra dati ed informazioni, anche tra informazioni e


conoscenza è possibile riconoscere un rapporto di
strumentalità, contaminato da rapporti di retroazione, come
illustrato nello schema che segue.

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Il processo generativo della conoscenza

attività attività
organizzativa interpretativa

DATI
ELEMENTARI INFORMAZIONI CONOSCENZA

► Il processo decisionale su cui si basa tutta l’attività di


gestione di un’organizzazione, quindi, si presenta come un
percorso ad alto consumo di conoscenza, la quale viene
utilizzata con modalità differenti nelle diverse fasi in cui è
possibile scomporre l’attività di problem solving.

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Le fasi dell’attività di problem solving

definizione del problema

acquisizione dei dati

endogeni esogeni

produzione di informazioni

formulazione della risposta

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La definizione del problema

► La fase di problem defining è particolarmente delicata, in


quanto identificare ed analizzare una situazione problematica,
nonché l’insieme dei fenomeni ad essa collegato, è un’attività
fortemente condizionata – nel suo svolgimento – dai
riferimenti conoscitivi preesistenti che influenzano la
costruzione del quadro interpretativo da parte del soggetto
decisore; questi, infatti, orienta i propri comportamenti sulla
base della sua personale capacità di interpretare i fenomeni che
egli reputa rilevanti.

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La comprensione di un fenomeno

► Nella comprensione di un fenomeno, l’attenzione deve essere


progressivamente spostata da un approccio statico – teso ad
individuare la presenza, il peso e l’evoluzione delle variabili ritenute
significative – ad una prospettiva dinamica, in cui assumono
rilevanza non solo le singole variabili, ma anche le connessioni
riconoscibili tra le stesse.

► Pertanto, se fino a qualche anno fa, di fronte ad un ambiente


relativamente più stabile e prevedibile, era ancora possibile
ipotizzare rapporti di causazione lineari e costanti nel tempo, allo
stato attuale diventa invece necessario coglierne i livelli di
intersezione, arrivando a costruire schemi di rappresentazione della
realtà basati su ipotesi meno semplificatrici.

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L’acquisizione di dati e la produzione di informazioni

► L’attività di ricerca e selezione dei dati (searching) è


finalizzata a reperire elementi di conoscenza sull’ambiente di
riferimento dell’impresa culturale e risulta fortemente
influenzata dall’attività di problem defining, pur se non è dato
riconoscere un carattere di assoluta sequenzialità tra tali fasi.

► In effetti, ciascuno dei passaggi presi in esame si condiziona


reciprocamente: ad esempio, nel corso della raccolta dei dati è
possibile acquisire indicazioni che provocano una ridefinizione
del problema. Si è in presenza, dunque, di un processo
circolare di influenza, che esprime i suoi effetti sullo
svolgimento dell’intero processo decisionale.

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Le fonti conoscitive

► L’acquisizione di dati può essere orientata sia verso


l’esterno che verso l’interno dell’organizzazione, in quanto è
possibile distinguere le fonti conoscitive alle quali fare
riferimento sulla base della loro natura, endogena ovvero
esogena rispetto al sistema d’impresa.

► I dati, una volta raccolti, vanno opportunamente selezionati


e quindi sottoposti ad un processo di organizzazione, sulla
base di specifici criteri di ordinamento attraverso cui realizzare
l’incremento del loro valore utile e, quindi, la loro
trasformazione in informazioni utilizzabili.

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I criteri di ordinamento

► I criteri di ordinamento dei dati elementari possono essere


molteplici, per cui la scelta della modalità di elaborazione è, in
prima approssimazione, funzione dello scopo a cui le
informazioni prodotte devono essere destinate.

► L’individuazione della finalità del processo decisionale


(realizzata attraverso la definizione del problema) assume
quindi valore strumentale rispetto alle modalità di
combinazione dei dati e di utilizzo delle informazioni.
Attraverso questo passaggio si definiscono i nessi di
strumentalità tra i diversi elementi informativi elementari di
cui si è entrati in possesso.
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La formulazione della risposta

► Occorre distinguere, sotto il profilo semantico, la “risposta”


dalla “soluzione”, in quanto non è detto che il comportamento
attuato si riveli congruente rispetto alla situazione
problematica che lo aveva originato.
► Ciò può avvenire, ad esempio, perché la definizione del
problema viene realizzata in maniera non corretta o
incompleta, oppure perché le informazioni sono state
interpretate in maniera errata.
► Ancora, può verificarsi un’interruzione ovvero una
distorsione nel processo di comunicazione, a causa della
presenza di una qualche forma di disturbo nel corso della
trasmissione delle informazioni.

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I livelli decisionali

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I livelli decisionali

► Nella letteratura aziendale, il sistema di scelte alla base del


funzionamento delle organizzazioni viene generalmente
rappresentato in forma piramidale, al fine di evidenziare con
immediatezza il legame gerarchico tra i diversi livelli
decisionali.

► La sequenza comunemente considerata vede al primo posto


la definizione delle opzioni strategiche, da cui discendono le
decisioni di tipo direzionale (programmazione e controllo,
organizzazione e conduzione delle risorse umane), le quali
vengono poi tradotte in scelte operative.

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La mission

► Al vertice di tale piramide si colloca la definizione della mission,


cioè l’individuazione della finalità che, nel lungo periodo, l’impresa
culturale intende perseguire.
► Attraverso la definizione della mission, in altri termini, si cerca in
primo luogo di rispondere alla domanda: “quali sono le
caratteristiche distintive dell’organizzazione e quali sono le ragioni
che ne giustificano l’esistenza?”.
► Questa domanda non va formulata in termini assoluti, nel senso
che non si tratta di limitarsi a descrivere le specificità
dell’istituzione, quanto piuttosto in termini relativi, attraverso una
“contestualizzazione” della mission, considerando cioè nella sua
definizione sia la presenza di altri operatori che offrono il medesimo
servizio sia le specificità del settore stesso.

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Esempi di mission formulate da imprese culturali


► “The mission of the BNF is to gather and preserve all that is published
in France, whatever the support, in order to place it at the disposal of
researchers and professionals”. Bibliothèque Nationale de France, Parigi
► “Our purpose is to increase the public understanding and enjoyment of
art, craft and design through our unrivalled collections and scholarship”.
Victoria & Albert Museum, Londra
► “The mission of the Theatre is to provide its audiences with
professionally produced entertainment that is a uniquely vital, thought-
provoking”. The Northeast Theatre, Pennsylvania
► “The mission of the Park is to preserve and protect the archaeological
resources for enjoyment by current and future generations of visitors”.
Mesa Verde National Park, Colorado
► “The mission of the Archive is to preserve the history and collective
memory of the Jewish immigrant community from the former Soviet
Union and to create an engaging environment for today's immigrant
culture”. The Archive, New York
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La formulazione della mission

► La formulazione della mission, anche se avviene in termini


qualitativi, non deve avvenire in termini eccessivamente
generici o, peggio, banali.

► Un altro requisito di cui tener conto nella formulazione della


mission è la sua semplicità: essa deve poter essere facilmente
comprensibile a tutti i livelli dell’organizzazione, in modo che
tutti i comportamenti individuali dei soggetti che lavorano al
suo interno possano essere costantemente messi in relazione
con lo scopo aziendale primario.

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Il sistema di scelte nell’attività di gestione

COSA SI INTENDE FARE


(definizione della mission)

COSA SI DOVREBBE FARE COSA SI POTREBBE FARE COSA SI È IN GRADO DI FARE


(vincoli sociali) (sistema minacce/opportunità) (punti di forza/punti di debolezza)

COSA SI DECIDE DI FARE


(decisioni strategiche)

COSA REALMENTE VIENE FATTO


(decisioni operative)

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L’analisi competitiva

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La PEST analysis (1)


► Questa metodologia pone attenzione su alcune variabili di
contesto, ritenute maggiormente in grado di esprimere un impatto
significativo sullo svolgimento del processo decisionale delle
aziende. Il focus di tale analisi è infatti centrato sulla valutazione:

► del contesto Politico, il quale può condizionare, in misura anche


significativa, l’andamento di uno specifico settore, attraverso
provvedimenti legislativi volti a regolarne il funzionamento;

► della situazione Economica, il cui andamento a livello


internazionale (recessivo o espansivo) può influenzare le scelte
delle imprese culturali, anche per effetto dei condizionamenti che si
verificano sui comportamenti di consumo posti in essere dalla
domanda;
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La PEST analysis (2)

► delle tendenze Sociali, le cui dinamiche, sia sotto il profilo


quantitativo (andamento demografico) che qualitativo (stili di vita),
possono produrre effetti anche molto significativi sulla consistenza
e sulle caratteristiche della domanda attuale e potenziale di
un’impresa culturale;

► delle dinamiche Tecnologiche, alle quali si è già fatto più volte


cenno, sia rispetto alle problematiche di produzione ed erogazione
del servizio offerto, che con riferimento alle modalità di
distribuzione dei prodotti culturali.

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Le finalità principali

► L’analisi PEST può avere due finalità principali: attraverso


di essa, infatti, si può puntare a tratteggiare un quadro dello
scenario attualmente esistente (analisi statica), al fine di
individuare quali variabili possono produrre un effetto
rilevante sulle scelte strategiche ed operative di un’impresa
culturale;

► per altro verso, le riflessioni sulle variabili di contesto


possono essere sviluppate in chiave prospettica (analisi
dinamica), con l’intento di individuare i principali elementi di
discontinuità con i quali si prevede di confrontarsi.

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Il confronto competitivo

► Un’impresa culturale, così come accade per le altre


organizzazioni, esplica la propria attività all’interno di uno
“spazio competitivo”, nel quale sono per lo più presenti anche
altri soggetti, che competono tra loro sia sul fronte della
domanda, cercando di conquistare l’apprezzamento del
maggior numero di clienti, che su quello dell’offerta, cercando
di approvvigionarsi delle risorse (umane, tecniche e
finanziarie) necessarie per lo svolgimento dell’attività
aziendale.

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Le finalità dell’analisi competitiva

► È dunque necessario svolgere, attraverso l’analisi


competitiva, un’accurata e sistematica valutazione del contesto
nel quale si muove ciascuna impresa, al fine di delineare il
quadro complessivo entro cui devono essere iscritte le scelte
strategiche che si intendono adottare.

► Si tratta, in altri termini, di formulare delle valutazioni (in


termini statici) sugli equilibri attualmente esistenti, e
sviluppare un’insieme di previsioni, al fine di ipotizzare (in
termini dinamici) le possibili evoluzioni nel medio-lungo
periodo.

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Il concetto di settore (1)

► Lo spazio competitivo nel quale opera l’impresa è


caratterizzato dalla presenza di due forze composite che ne
alimentano l’evoluzione:
► le variabili esogene (politiche, economiche, sociali,
tecnologiche,) che determinano le condizioni strutturali del
settore e, conseguentemente, le prospettive di sviluppo della
domanda, di cui si è detto;
► la struttura competitiva del settore, con specifico riferimento
al numero ed alle caratteristiche degli operatori che agiscono al
suo interno i quali, con i loro comportamenti, possono
contribuire a modificarne l’assetto complessivo e, quindi,
l’attrattività.

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Il concetto di settore (2)

► La struttura competitiva di un settore è legata anche alla sua


permeabilità, vale a dire alla possibilità che altri operatori
possano decidere di aggredire il medesimo spazio
concorrenziale, ritenendo di essere in grado di appropriarsi di
una porzione di domanda tale da rendere vantaggioso e
profittevole la loro entrata nel business.

► La maggiore o minore permeabilità è legata alla presenza ed


alla consistenza delle cosiddette “barriere all’entrata”, cioè di
specifiche situazioni che rendono più o meno difficoltoso
l’ingresso nel settore da parte di soggetti esterni ad esso.

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Il concetto di concorrenza

► La concorrenza deve essere necessariamente interpretata in senso


ampio, considerando cioè:
► la concorrenza indiretta, tra bisogni alternativi;
► la concorrenza allargata, tra prodotti sostitutivi;
► la concorrenza diretta, tra operatori esistenti.

► Nella decisione di utilizzare il proprio tempo libero, una persona


dovrà infatti prima individuare quale sia, tra bisogni alternativi,
l’esigenza primaria da soddisfare (ad esempio, optando – tra svago
e cultura – per la seconda); poi definire quale prodotto o servizio
possa essere maggiormente in grado di soddisfare tale bisogno (un
teatro, invece di una mostra, un libro, etc.); infine, individuare
presso quale teatro recarsi.
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L’analisi SWOT

► Uno degli strumenti a disposizione per supportare il


processo di valutazione del contesto competitivo è l’analisi
SWOT:
► strength (forza) e weakness (debolezza), riconducibili alle
variabili interne all’organizzazione;
► opportunities (opportunità) e threats (minacce) che si
riferiscono, invece, a fattori esterni.

PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA

variabili interne
fattori esterni

MINACCE OPPORTUNITÀ

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Punti di forza e di debolezza

► Un punto di forza può essere riconducibile, ad esempio, alla


dotazione aziendale di competenze specialistiche (un curatore
particolarmente esperto per un museo, uno scenografo per un teatro,
e così via), che si ritiene siano difficilmente replicabili dagli altri
operatori presenti all’interno del medesimo settore, almeno nel
tempo breve; ovvero, al possesso di una tecnologia esclusiva, grazie
alla quale si riesce ad essere più efficienti nella produzione del
servizio di base.

► Specularmente, un punto di debolezza può essere rappresentato


dalla scarsità di risorse finanziarie, ovvero dall’assenza di adeguate
capacità direzionali.

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Minacce e opportunità

► Una minaccia può concretizzarsi nel momento in cui si


verifica una contrazione della domanda potenziale ovvero
l’ingresso di nuovi competitor.

► Viceversa, un’opportunità può verificarsi nel momento in


cui si determina un mutamento – in senso favorevole – della
normativa che disciplina il funzionamento del settore.

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Analisi SWOT del Museum of Fine Arts di Boston

Forze Debolezze
Ampia visibilità sui mezzi di Dipendenza dalle entrate derivanti dai
comunicazione biglietti
Ampia esposizione di opere d’arte di
Necessità di più ampi finanziamenti
diversa tipologia
Ricerche di mercato e indagini sul
pubblico
Opportunità Minacce
Espandere le vendite di merchandising
Attività commerciali vs. attività didattiche
all’estero
Introdurre artisti meno convenzionali e/o
poco conosciuti

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Variabili interne e fattori esterni

► La differenza principale tra le variabili interne ed i fattori


esterni risiede proprio nella circostanza che, per i secondi,
difficilmente si può immaginare che la singola impresa
culturale risulti in grado di incidere sulle loro dinamiche.

► L’unica contromisura adottabile, quindi, è rappresentata


dalla possibilità di predisporre un adeguato sistema di
monitoraggio in grado di cogliere, con il necessario anticipo,
l’evoluzione dei fattori esterni ed attuare le misure necessarie
per sfruttare le circostanze positive e prevenire – o, almeno,
contenere – gli effetti di quelle negative.

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La matrice SWOT
variabili interne

forze debolezze
opportunità

adottare comportamenti che adottare comportamenti che


usino i punti di forza per traggano vantaggio dalle
trarre vantaggio dalle opportunità attraverso il
fattori esterni

opportunità superamento delle debolezze


minacce

adottare comportamenti che adottare comportamenti che


usino i punti di forza per rendano minime le debolezze
evitare le minacce ed evitino le minacce

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Le condotte strategiche

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La formulazione delle decisioni strategiche

► Attraverso la formulazione della strategia l’impresa non solo


individua i rapporti con il contesto generale entro il quale essa
si muove, ma precisa anche il sistema di relazioni che verrà
attivato con gli altri operatori, presenti a monte o a valle della
filiera di produzione.

► Si tratta, dunque, di individuare con precisione i settori nei


quali competere, gli obiettivi generali e specifici da
raggiungere e le risorse da impegnare.

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Lo sviluppo delle decisioni strategiche

► Le decisioni strategiche, data la loro complessità ed il


rilevante impatto che esse producono a tutti i livelli
organizzativi, vengono generalmente assunte seguendo un
approccio top-down, cioè dai livelli più alti della struttura
organizzativa verso quelli inferiori, anche se questo non
esclude che venga adeguatamente considerato anche l’apporto
potenziale che può essere fornito dal basso (approccio bottom-
up).

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L’approccio top-down

► Le direttive vengono stabilite dai vertici dell’impresa e


vengono poi declinate, con un processo “a cascata”, a tutti i
livelli inferiori della struttura.

► Il presupposto di tale approccio è che, per assumere talune


decisioni di particolare importanza per la vita aziendale, è
necessario che si disponga di competenze specifiche e di una
visione d’insieme dell’organizzazione e del suo contesto di
riferimento, in modo da contemplare – per quanto possibile –
tutte le conseguenze sottostanti alle decisioni assunte.

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L’approccio bottom-up

► Il processo decisionale parte dal basso, su sollecitazione


quindi dei livelli inferiori della struttura, i quali – essendo
maggiormente “vicini” al verificarsi di determinati problemi o
situazioni – sono in grado di svolgere la funzione di sensori
dell’impresa, captando tutti quei “segnali deboli” (sia possibili
minacce che potenziali opportunità) che potrebbero non
arrivare necessariamente all’attenzione dei livelli alto-
direzionali.

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Decisioni strategiche e comportamenti aziendali

► Le decisioni strategiche possono essere qualificate in ragione del


tipo di atteggiamento che l’organizzazione culturale intende avere
rispetto allo scenario ambientale e competitivo nel quale essa opera:
► va infatti valutata non solo la possibilità di adeguare i contenuti
del processo decisionale all’evoluzione delle dinamiche esterne
(strategia di consolidamento);
► ma anche la capacità di incidere su tali dinamiche (strategia
offensiva), adottando scelte potenzialmente destinate a modificare
gli equilibri esistenti.
► In altri termini, l’ambiente esterno può essere “subito”
passivamente oppure si può cercare di influenzarne in qualche
modo la sua evoluzione, in senso favorevole alle sorti
dell’impresa.
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Gli ambiti decisionali

► Le principali scelte strategiche che un’organizzazione deve


assumere possono essere distinte in tre ambiti fondamentali, a
seconda dello stadio di vita in cui si colloca l’impresa:

► in fase di avvio dell’iniziativa imprenditoriale (decisioni di


start-up);
► durante l’ordinario svolgimento della vita dell’impresa
(decisioni di tipo fisiologico);
► in presenza di situazioni di crisi (decisioni di tipo
patologico).

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Le scelte in fase di avvio

► Durante il primo periodo della vita di un’organizzazione, le


scelte strategiche rappresentano uno dei momenti più delicati
che si incontrano nell’avvio di un’attività d’impresa, in quanto
la decisione relativa al business in cui iniziare ad operare
(formulata in termini coerenti rispetto all’individuazione della
mission), agli obiettivi da raggiungere ed al modo in cui si
intende competere costituiscono l’aspetto nevralgico della
programmazione complessiva delle attività aziendali.

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Le scelte in condizioni fisiologiche

► Nei momenti successivi allo start-up, le decisioni strategiche


da assumere devono invece tener conto, necessariamente,
anche delle caratteristiche attuali dell’organizzazione, in
quanto è necessario considerare i riflessi che queste scelte
producono sugli assetti già raggiunti dall’impresa.

► Infatti un’impresa è in ogni caso condizionata dalla sua


storia, dai risultati conseguiti e dagli investimenti sostenuti.

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Le scelte in periodi di crisi

► L’obiettivo prioritario diventa la salvaguardia della stessa


vita dell’organizzazione, qualora vengano individuate delle
possibilità di risanamento compatibili con la disponibilità di
risorse e le attese di rendimento dell’attuale proprietario.

► In alternativa, si dovrà cercare di perseguire la strategia del


disinvestimento integrale, posto che si riesca ad identificare un
interlocutore interessato a perseguire un processo di
risanamento.

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Le principali opzioni strategiche

► Se si ritiene maggiormente proficuo continuare ad operare


unicamente nell’area di affari in cui si è già presenti, si
propenderà per una strategia di “concentrazione”, cioè di
sviluppo mono-business; se invece si propende per la
possibilità di esplorare nuove strade in settori diversi rispetto a
quello attualmente servito, si decide di intraprendere la strada
della “diversificazione”, cioè di una strategia multi-business.

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La matrice di Ansoff
prodotto
attuale nuovo
penetrazione sviluppo del prodotto
attuale

A B
mercato

nuovo

B C

sviluppo del mercato diversificazione

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“Penetrazione”

► La prima opzione percorribile è quella di crescere senza


modificare né il prodotto/servizio offerto né il settore servito,
perseguendo la penetrazione del mercato attuale: si cerca
pertanto di accrescere il volume di affari aumentando il
numero dei clienti ovvero incrementando la loro propensione
all’acquisto.

► Se si considera, ad esempio, il caso di un teatro, la


penetrazione potrebbe essere realizzata cercando di incentivare
i fruitori di singole rappresentazioni ad acquistare un
abbonamento per l’intera stagione.

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“Sviluppo del mercato”

► La seconda opzione è invece rappresentata dallo sviluppo del


mercato, con il quale, senza modificare l’attuale sistema di offerta
(stesso prodotto/servizio), si cerca di raggiungere nuovi mercati: si
mira pertanto ad ottenere un maggior presidio territoriale, cercando
di rendere disponibile la propria offerta in nuove aree geografiche.
► Per un’impresa culturale tale strategia si potrebbe realizzare
mirando ad incrementare la capacità di attrazione della struttura
attraverso, ad esempio, azioni di promozione indirizzate a potenziali
utenti, residenti al di fuori dell’area geografica su cui insiste la sua
attività. È il caso, ad esempio, di un museo di una piccola città
dell’Italia meridionale che investe una porzione delle proprie risorse
finanziarie per realizzare una campagna di affissioni nelle principali
città capoluogo di regione dell’intero territorio nazionale

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“Se Maometto non va alla montagna…”

► La Francia ha firmato, nel marzo del 2007, un accordo con il


governo di Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, l'accordo
per costruire un nuovo Louvre a Oriente. Per la cessione dei diritti
sul nome, la Francia incasserà oltre 750 milioni di euro, di cui 400
milioni sul brand naming, 200 milioni per i prestiti permanenti di
opere e 150 per quelli temporanei. Il costo stimato per la
realizzazione del museo è di 83 milioni di euro, pagati interamente
da Abu Dhabi. L’apertura è prevista per il 2012.
► Inoltre, il Louvre ha anche avviato una partnership anche con
l'High museum di Atlanta, mentre il Centre Pompidou inaugurerà
un Beaubourg a Shanghai e il museo Rodin ha venduto nome ed
expertise alla città di San Salvador, in Brasile.

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“Se Maometto non va alla montagna…” (2)

► A Ferrara, l’Hermitage aprirà la sua quinta sede a palazzo


Giglioli, un centro ricerche dedicato in particolare alle collezioni
con pezzi appartenuti ai duchi d'Este, a lavori di restauro e
catalogazione. Il budget per il funzionamento del centro studi si
aggira intorno ai 400 mila euro l'anno, a carico di provincia, comune
e regione, la Cassa di risparmio cittadina e la fondazione che sarà
creata ad hoc.
►Il British Museum ha concluso una partnership con il Museo
Nazionale di Pechino.
► Il Guggenheim, già presente a Venezia, Bilbao, Berlino e Las
Vegas, è pronto a sbarcare anch'esso ad Abu Dhabi con un progetto
da 27 miliardi di dollari (circa 20,6 miliardi di euro).

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“Sviluppo del prodotto” e “diversificazione”

► Con lo sviluppo del prodotto si cerca di far leva su una


modifica delle caratteristiche del prodotto/servizio per
aumentare i risultati ottenibili nel settore nel quale l’impresa
già opera.
► In questa categoria può essere ad esempio ricondotta la
decisione di un museo di attivare e gestire direttamente un
servizio di visite guidate, integrando in tal modo il proprio
sistema di offerta.
► Se si modificano entrambi (prodotto e mercato), ci si orienta
per la diversificazione delle attività in nuovi business.

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L’integrazione verticale

► Un’ulteriore modalità di espansione all’interno del business


esistente, che non comporta modifiche nella definizione del
binomio prodotto/mercato, è rappresentata dalla cosiddetta
“integrazione verticale”:
► integrazione a monte (ascendente), nel caso in cui si decide
di internalizzare alcune delle fasi antecedenti a quelle già
svolte dall’impresa;
► integrazione a valle (discendente), se tale scelta riguarda
invece ulteriori fasi situate a valle.

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Integrazione a monte e a valle

► Attraverso l’integrazione a monte si mira principalmente a


ridurre il grado di dipendenza dai propri fornitori, in modo da
garantire condizioni di continuità allo svolgimento dell’attività
aziendale.

► Con l’integrazione a valle, invece, si cerca di avvicinarsi al


mercato di sbocco, in modo da raggiungere un maggior grado
di controllo sulle modalità con le quali il prodotto/servizio
viene offerto ai propri clienti.

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Le strategie competitive

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Le strategie competitive

► L’impresa culturale, dopo aver individuato le opzioni strategiche


che possono essere concretamente perseguite, anche alla luce dei
risultati dell’analisi condotta sulle caratteristiche di contesto, deve
sviluppare un ulteriore stadio del proprio processo decisionale,
finalizzato a comprendere come raggiungere gli obiettivi fissati.

► Per fare ciò, è necessario selezionare il comportamento strategico


che maggiormente appare idoneo a conseguire le finalità aziendali
ovvero, in altri termini, individuare la “strategia competitiva” in
grado di far conseguire all’impresa un vantaggio differenziale,
duraturo nel tempo e difendibile rispetto alle decisioni della
concorrenza, che consente all’impresa di essere migliore rispetto ai
propri concorrenti

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Le tre principali alternative strategiche

vantaggio competitivo
bassi costi differenziazione
target ampio
ampiezza competitiva

leadership di costo differenziazione


target ridotto

focalizzazione

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La leadership di costo

► Attraverso la leadership di costo si cerca di ottenere un vantaggio


competitivo ricercando le soluzioni migliori sotto il profilo
dell’efficienza gestionale.
► Grazie ad un corretto utilizzo delle risorse disponibili e, quindi,
all’ottimizzazione del rapporto tra costi e ricavi, l’impresa punta
dunque a proporre sul mercato una combinazione prodotto/servizio
sostenendo costi più bassi rispetto a quelli sopportati dalla
concorrenza.
► Per perseguire tale approccio l’impresa deve rivolgersi ad un
mercato molto ampio (“di massa”), che permetta il raggiungimento
di elevati livelli di produzione ed il conseguimento di significative
economie di scala, i cui effetti rendono possibile un’aggressione del
mercato basata su prezzi bassi.

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Condizioni di applicabilità in ambito culturale

► Nel settore culturale la strategia competitiva basata sulla


leadership di costo non è sempre praticabile, e ciò per diversi
motivi: in primo luogo, considerando come molto spesso la
fissazione del prezzo nel settore culturale (ad esempio, quando i
beni sono di proprietà dello Stato, in tutte le sue articolazioni
territoriali) non è affidata ai naturali equilibri di mercato, quanto
alla presenza di un regime di “prezzi amministrati”, la cui fissazione
è cioè posta al di fuori degli ambiti decisionali dell’impresa.

► In altri casi, come per le biblioteche, si è del tutto in assenza del


pagamento di un corrispettivo a fronte del servizio erogato.

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La differenziazione

► Una strada alternativa rispetto alla leadership di costo è


rappresentata dalla differenziazione del prodotto, attraverso cui
l’impresa culturale può cercare di “isolarsi” dalla concorrenza,
facendo leva sui requisiti di unicità della propria offerta.

► Appare infatti chiaro che quanto più difficoltoso risulterà,


agli occhi del potenziale acquirente, la sostituzione di un
prodotto/servizio esistente con un altro prodotto/servizio dalle
caratteristiche simili presente sul mercato, tanto maggiore
saranno i margini di discrezionalità dell’impresa che riesce ad
ottenere tale risultato.

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I criteri per la differenziazione

► La differenziazione può fare leva su due gruppi di elementi


costitutivi:

► fisici, quali le prestazioni, il design, la tecnologia


utilizzata, la riparabilità, etc.;

► immateriali, tra cui è possibile indicare, ad esempio, la


facilità di utilizzo, l’assistenza presso il punto di vendita, la
comodità di uso, l’immagine associata.

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La differenziazione in ambito culturale

► In generale, nel settore culturale la differenziazione


dell’offerta è spesso assimilabile alla differenziazione
tematica.

► Per esempio: una biblioteca che inaugura una nuova sezione


interamente dedicata alla storia locale ovvero ai romanzi di
fantascienza; un teatro che riserva una specifica porzione del
proprio “cartellone” a rappresentazioni destinate ai bambini;
un museo d’arte antica che apre una sezione sull’arte
contemporanea, etc.

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La focalizzazione

► La focalizzazione si sostanzia nell’applicazione di una delle


due strategie in precedenza delineate con riferimento ad un
target di mercato circoscritto, riducendo quindi l’ampiezza
competitiva associata allo sviluppo delle scelte strategiche.

► All’interno di un medesimo settore è infatti generalmente


possibile distinguere specifiche categorie di utilizzatori sulla
base di fattori che ne condizionano, in senso strutturale, il
processo di acquisto.

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La focalizzazione in ambito culturale

► Per tutti i settori culturali, molto spesso la variabile


anagrafica è un elemento ritenuto in grado di condizionare
fortemente le scelte di utilizzo del tempo libero: gli anziani,
sotto questo profilo, possono generalmente usufruire di
agevolazioni tariffarie per l’acquisto di servizi artistici e
culturali, oltre a disporre di una quantità di tempo superiore
alla media nel caso in cui non facciano più parte del mercato
del lavoro.
► È quindi plausibile immaginare di potersi rivolgere a questa
specifica platea in maniera focalizzata, declinando le
caratteristiche del sistema di offerta sulla base delle aspettative
e delle esigenze di tale categoria di persone.
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