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Appunti del corso di Costruzioni di Macchine 2

PARTE VI I I Meccanica della Frattura (p.1)


INTRODUZIONE
Nella lezione precedente si cominciato a parlare di un argomento fortemente collegato al
fenomeno della fatica, cio della meccanica della frattura. E bene non confondere, per, i due
concetti: una cosa lesistenza della frattura e la sua propagazione stabile o instabile, unaltra sono
i fenomeni di fatica.
Nella fatica il danneggiamento aumenta a causa di una frattura che si propaga, ma non vero il
contrario, cio se si osserva una frattura che si propaga non detto che sia dovuta al fenomeno della
fatica. Echiaro per che lapplicazione che interessa maggiormente il legame tra la frattura e una
probabile causa come appunto la fatica. Esiste, infatti, anche la propagazione instabile della frattura
che, grazie al comportamento fragile del materiale e ad una velocit pari praticamente a quella del
suono, a tutti gli effetti istantanea e si diffonde immediatamente per tutto il componente. Quindi i
due fenomeni vanno considerati separati e sono collegati tra loro in un senso(fatica frattura) e
non nellaltro ( frattura non fatica).

LUCIDO 3 (Ripetizione lezione precedente)
La cosa fondamentale da tener presente che la presenza di fatica su un componente fa si che
lesistenza di una frattura nel tempo venga amplificata, ovvero che una cricca nel componente
subisca un ingrandimento; e che contemporaneamente, a causa della riduzione della sezione
resistente e della tenacit del materiale, la resistenza residua del componente va man mano
diminuendo. Pertanto, se il coefficiente di sicurezza sufficientemente elevato, non ci si accorge di
tale riduzione di resistenza, fintanto che questa (resistenza) non scende al di sotto del carico
nominale di esercizio comportando la rottura del componente. Esiste, inoltre, una fascia di
incertezza in cui pu avvenire un sovraccarico e in corrispondenza di questo pu presentarsi la
rottura del componente.

LUCIDO 4 (Ripetizione lezione precedente) ( Salta da 4 a 10)
Estato detto che la frattura pu essere di tipo fragile o duttile, e che in queste lezioni si parler di
frattura fragile poich la frattura duttile ancora poco conosciuta e i modelli utilizzati per essa
stanno avendo successo solo negli ultimi anni.

LUCIDO 11 e 12 (Ripetizione lezione precedente)
Il primo problema che si incontra in applicazioni sulla meccanica della frattura quello di una
PIASTRA PIANA INDEFINITA che presenta una singola cricca di lunghezza 2a.
In base al modo in cui questa piastra viene caricata e come si riflette sulla cricca, si riconosce un
MODO che sostanzialmente si divide in :Modo I, II, III.
Il Modo I quello che comporta la presenza di sollecitazioni che determinano lallontanamento o
lavvicinamento delle labbra della cricca, il Modo II e III, invece, sono caratterizzati da azioni
taglianti, dove il modo II non verr studiato poich raramente si verifica, mentre il modo III legato
a sollecitazioni di taglio parallele alla cricca che possono contribuire allinnalzamento del livello
tensionale e contribuire alla propagazione della cricca. Il modo I quello che maggiormente
interessa in quanto, essendo il pi frequente, quello fondamentale per il fenomeno della nascita e
propagazione della cricca ed quello che si pu pi facilmente caratterizzare attraverso le propriet
note del materiale.
Inoltre se si considera una piastra molto sottile (ma non necessariamente, va bene anche una piastra
molto spessa) sollecitata in uno dei tre modi, intorno allapice della cricca si determina una zona,
2
tipo effetto di intaglio per molto pi ingigantito in termini di intensit, nella quale si ha un effetto
locale cio la cricca fa sentire la propria presenza.

LUCIDO 13 (Ripetizione lezione precedente)
Questo effetto locale stato definito da Westergaard per primo in questo modo(Modello di
Westergaard per la rappresentazione degli sforzi in corrispondenza di una cricca).
egli utilizz uno sviluppo in serie come segue, arrestandosi al primo termine :



In questi anni si sta cominciando ad usare anche il secondo termine di questa serie, dove il suo
utilizzo nei lavori specialistici viene introdotto come Pstress. Nelle applicazioni abituali questo
termine non viene considerato; invece importante in quanto definisce delle ulteriori interazioni tra
le sollecitazioni che si verificano tra i tre assi. Si usa, ovvero, dire che il Pstress un indice sulla
spazialit della cricca contrapposto alla planarit delleffetto della cricca.
Quindi se la serie viene troncata al primo termine, questultimo pu essere considerato come il
prodotto tra una costante con una funzione dellangolo e con
una funzione del raggio in un riferimento polare rappresentato
nella fig. accanto(vedi meglio sul lucido). Questo metodo segue
a grandi linee il metodo di Fourier per lintegrazione delle
equazioni differenziali alle derivate parziali, in cui se si ha una
funzione a pi variabili questa pu essere trasformata in un
prodotto di pi funzioni ad una variabile soltanto. La variabile
funzione dellangolo per il momento non interessa molto, verr
considerata in seguito soprattutto quando si parler degli effetti
di plasticit associati alla cricca, mentre K
1
una costante e il
legame delle componenti di sollecitazione con la distanza dalla
cricca r dellordine (cio nelle varie componenti di
sollecitazione la r sotto radice).













Se si analizzano i termini delle componenti di sollecitazione nelle relazioni sopra, si nota che man
mano che ci si avvicina alla cricca, ovvero riducendo il valore di r, tutte le componenti di
sollecitazione stesse aumentano e per r=0, cio in corrispondenza dellapice, tutte le componenti
sono pari ad infinito. Quindi da ci si pu affermare che qualunque riferimento atto a qualificare
lintensit del carico non pu essere valutato nellapice della cricca ma necessariamente un po
distante da esso. A questo punto si pu definire il termine K noto come S.I.F. (STRESS
INTENSITY FACTOR), che una quantit proporzionale alle componenti di tensione che si
determinano a distanza unitaria dallapice della cricca. Si pu notare che lungo lasse x ovvero per
y=0, le due componenti di sollecitazione
x
e
y
sono uguali presentando anche taglio nullo; cio
3
per =0
x
e
y
sono direzioni principali. Questo non avviene quando ci si trova a =90 cio in tal
caso questa non una direzione principale:





LUCIDO 15 e 16 (Ripetizione lezione precedente)
E evidente che poich si interessati al calcolo delle sollecitazioni che si verificano sul
componente, il problema principale quello di calcolare il K. Westergaard per il caso della cricca in
una piastra a lunghezza infinita, trova che : dove a la semilunghezza della cricca e
la tensione allinfinito. Ci si riferisce alla tensione allinfinito poich questa non pu che essere
uniforme su tutto il contorno; mentre la tensione nelle vicinanze della cricca, si visto, che va da 0
allinfinito avvicinandosi allapice della cricca. Questa espressione del K, di per se molto semplice,
si pensato di adattarla ai casi pi diversi che si possono verificare di componenti criccati
esprimendola in unaltra forma nota come : , in modo tale da definire come un
moltiplicatore per il SIF su piastra infinita; cio rappresenta un coefficiente che moltiplicato per il
SIF su piastra infinita fornisce il SIF del caso che interessa (Cio dato | per il caso in esame, si
ottiene K K = | dove con K si indica il SIF nel caso di piastra infinita).
Si sottolinea che il SIF definisce il livello di sollecitazione, quindi maggiore il SIF maggiore la
sollecitazione a distanza unitaria dalla cricca. Per sostanzialmente il problema non si risolve in
quanto si vuole ricavare il livello di sollecitazione per capire se il componente cede o meno. In
questo caso si dovrebbe affermare che il componente cede sempre, poich se nelle vicinanze della
cricca la tensione arriva allinfinito allora si dovrebbe concludere che non possibile la resistenza
di un componente criccato quale che sia lampiezza della cricca. Questa affermazione, per, non
pu ritenersi vera per la Teoria elasto-plastica; inoltre noto che i fenomeni fisici nella realt
assumono una certa continuit; e infine dallesperienza e dalla pratica (per es. il Tufo, lamiere di
acciaio, ecc. sono materiali in natura di per se criccati) componenti criccati comunque resistono
anche se in maniera peggiore rispetto a componenti non criccati. Evidentemente, in realt, il
modello difettoso, ovvero non tiene conto di qualcosa che si sta trascurando, e quindi lo stato
tensionale ottenuto con questo modello si deve combinare con qualche altro effetto che deve
consentire entro certi termini la resistenza del componente. Echiaro, allora, che c bisogno, oltre
dellindicatore che fornisca il livello di sollecitazione, di un altro indicatore che informi se il
componente resiste o meno. Questo indicatore non fa altro che assumere la forma di un valore
limite del SIF, che viene chiamato TENACITA. Ottenere questa quantit molto complicato;
infatti si pu anticipare che se il materiale molto fragile la tenacit esiste e si pu definire; se
invece il materiale presenta anche un certo grado di duttilit la tenacit diventa anche funzione dello
spessore, il quale non presente nel modello prima esposto. Il problema, allora, nel caso di
materiale duttile che allaumentare dello spessore la tenacit prima aumenta e poi diminuisce.
Quindi si afferma, per il momento, che esiste un SIF critico che viene chiamato Tenacit, raggiunto
il quale il componente cede. Ovviamente dato che a SIF t o = lo stesso valore di K si pu
ottenere o variando a o variando , quindi se si identifica in K il valore
della tenacit, si pu raggiungere la condizione critica o a lunghezza di
cricca costante aumentando opportunamente la tensione e questo valore
della tensione viene chiamato resistenza residua del componente,
oppure mantenendo costante la sollecitazione allungando la cricca (pi
lunga la cricca pi lo stato tensionale considerevole). Pertanto il
valore di lunghezza della cricca che consente di raggiungere il valore
della tenacit definito come lunghezza critica della cricca.
4
LUCIDO 17 (Ripetizione lezione precedente)
Quindi, per quanto detto prima, si possono costruire delle curve tensione-lunghezza della cricca che
corrispondono ad un K costante; ovviamente queste curve sono parametrizzate con valori di K pari
proprio al valore di tenacit del componente. Nella fig. in esame sono state considerate delle leghe
di alluminio, acciaio ecc. ipotizzando un comportamento a tenacit costante rispetto allo spessore
del componente considerando in particolare uno spessore molto piccolo (o almeno una tenacit
poco variabile con lo spessore).

LUCIDO 18-19-20-21 (Ripetizione lezione precedente)
Una riflessione ulteriore da fare che, poich il K o il rappresenta il livello tensionale che si ha in
un componente per effetto della cricca, chiaro che ogni sforzo deve essere indirizzato a ricavare il
valore del SIF per tutte le geometrie e le ipotesi di carico possibili.
E citato il caso di Feddersen, che ha studiato linfluenza della larghezza della piastra sul
comportamento dello stato tensionale sulla cricca, ed riportato il caso il cui le cricche su una
piastra sono poste allineate con passo costante. In definitiva sono state costruite delle tabelle con le
quali possibile ricavare i vari SIF che interessano.

LUCIDO 22
Nella rappresentazione del SIF, di solito, viene privilegiata la forma grafica. Esistono diversi
manuali nei quali si accompagna la forma analitica del SIF con la forma grafica; questi manuali non
sono altro che un antologia di casi studiati dove i risultati sono ottenuti per via analitica o numerica
o per via sperimentale, da cui sono ricavate funzioni che interpolano al meglio questi dati, e che
quindi sono poste con una forma analitica e con un diagramma sui tali manuali.
(Allegati nella parte 9.b questi diagrammi dei casi pi comuni)
Nella pratica, per, nella maggior parte delle applicazioni non si riesce a trovare nei manuali a
disposizione il caso che interessa. Pertanto bisogna capire come fare se si presenta un caso che sui
manuali non presente. Si discute adesso, per, prima dei casi che sono presenti sul manuale:
Caso di una cricca presente in una piastra semi
infinita: la cricca anche se non emerge in
superficie, comunque ad una certa distanza
finita dal bordo. Questa distanza indicata con b
ed misurata partendo dallasse della cricca. La
lunghezza della cricca indicata con 2a. Sull
ascissa del diagramma posto il parametro a/b ed
il SIF che in realt sono 2, uno nellestremo A ed
uno nellestremo B, sono diversi tra loro, in
quanto il sistema asimmetrico e quello in
prossimit della superficie a distanza finita
dallestremo A della cricca, avr ovviamente
intensit maggiore. Cio il SIF pi grande in A
che in B. Infatti sul diagramma sono presenti due curve dove quella pi alta per lestremo A,
mentre quella pi bassa per lestremo B. Inoltre sullasse delle ordinate disposto, come avviene
abitualmente, il rapporto tra il valore del K del caso in interesse con il K
0
che si presenta nel caso di
piastra infinita. Pertanto, dato che =K/K
0
, il diagramma rappresentato non altro che il diagramma
di . Ovviamente se a/b0 vuol dire che: o la cricca piccolissima o molto grande la distanza di
essa dal bordo; in tal caso se la piastra semi-infinita non ha pi importanza poich si sta cos
lontani dal bordo che lo stato tensionale non risente della sua presenza; pertanto evidente che si
dovrebbe trovare lo stesso SIF che si ha nel caso di piastra infinita (infatti per a/b0 si ha che
K/K
0
1 ovvero K K
0
).


5
LUCIDO 23
Caso di una cricca che emerge sul bordo di una piastra semi-infinita:
questo caso rappresentato nelle figg. sottostanti, in cui la prima fig. presenta il caso in cui la
piastra soggetta a sforzo normale, mentre laltra fig. presenta il caso in cui la piastra soggetta a
flessione; in questultima si distinguono tre curve dove quella superiore rappresenta la flessione
pura, mentre le altre due raffigurano il tipico caso trave appoggiata con tre punti nota come
flessione in tre punti, dove due punti sono gli appoggi e il terzo il punto in cui applicato il
carico.

Nella prima fig. si notano due gruppi di curve, dove due curve formano un gruppo e unaltra forma
un altro gruppo; tali curve si formano poich si presenta il seguente problema: dato che il carico
sbilanciato, poich per effetto della riduzione della sezione retta si crea una asimmetria di carico, si
determina una flessione. Allora se si tiene conto della flessione, le curve corrispondenti sono quelle
pi in alto, mentre se non si tiene conto della flessione, si forma la curva riportata in basso nel
diagramma (bending restrained) dove il SIF assume valori molto pi bassi. Inoltre nel caso in cui si
considera anche il bending, assume importanza la geometria della piastra; infatti nel gruppo di
curve superiori, dove sono presenti i SIF maggiori, le due curve si distinguono per il rapporto
geometrico h/b (rapporto tra lunghezza e larghezza della piastra) diverso. E importante notare che
quando la piastra molto grande ovvero quando a/b0, il =K/K
0
1,12; da cui si ha una funzione
crescente allaumentare di a/b.
Nella seconda fig. , quella che presenta il caso di flessione in tre punti, si ha un andamento della
funzione molto simile a quella della fig. precedente , per lo meno sul fatto che quando a/b=0 si ha
=1,12, per bisogna fare attenzione al fatto che non si pu far riferimento alla piastra sottoposta a
trazione, ma bisogna far riferimento alla piastra inflessa; quindi si deve calcolare il SIF per una
piastra inflessa con una cricca al centro che pari a
b
K
a M
2 0
6 t
=
. Quindi questultimo diventa il
SIF di confronto per i casi in cui si hanno componenti criccati soggetti a flessione.

LUCIDO 24
Quando la vita, in termini di numero di cicli, di un componente prosegue e prosegue allora anche il
danneggiamento, come noto, compare quello stato di fatica diffusa che si manifesta con la
formazione di pi di una cricca; pertanto importante sapere come le varie cricche interferiscono
luna con laltra. Cio con lapplicazione del carico, la presenza di due cricche fa si che aumenti il
SIF di ciascuna di esse, perch per effetto di ciascuna delle due cricche prese separatamente si
forma uno stato tensionale di un certo livello che ingloba tutto ci che ne risente linfluenza. O
meglio lo stato tensionale e quindi il SIF di una cricca va ad influire sullo stato tensionale dellaltro
e viceversa. Pertanto necessariamente si ha unesaltazione dello stato tensionale.
6

Questi diagrammi mostrano come per effetto della a
2
/b, ovvero della lunghezza della cricca CD a
distanza b dallasse della cricca AB, ci sia una variazione del SIF sullestremo A nella prima fig. e
sullestremo B nella seconda fig. della cricca AB . Si pu notare come nella seconda fig. il SIF pi
pronunciato, il motivo che lestremo B della cricca AB pi vicino alla cricca CD.
I due diagrammi sono costruiti sempre alla stessa maniera, cio sulle ascisse si ha il rapporto a
1
/b
(ovvero semi-larghezza della cricca AB rapportata dalla sua distanza dal bordo della cricca CD cio
nellestremo C), poi le varie curve sono parametrizzate dal rapporto a
2
/b che tiene conto della
lunghezza della cricca che determina il sovraccarico e dalla sua distanza dalla cricca che ne
colpita, ed infine sulle ordinate presente il solito rapporto tra K e K
0
pari a .

LUCIDO 25
Caso di piastre con nervature di irrigidimento:
Ci sono delle aste trasversali che servono a rinforzare
localmente la piastra e che ovviamente presentano una
resistenza alla cricca che nettamente maggiore della
resistenza della piastra senza nervatura, e quindi il SIF della
cricca viene alterato dalla presenza della trave.
Bisogna notare che : Se lo sforzo normale sta sulla piastra
allora la nervatura soggetta a flessione poich si ha un
carico che non applicato sulla fibra baricentrica. Quindi se
si sceglie una rigidezza flessionale dello stiffener
(nervatura) diversa da zero oppure no, si hanno risultati
diversi. Quindi nel diagramma sullasse delle ascisse c un
parametro che dipende dalla rigidezza della piastra e della
nervatura, cio dipende direttamente dalle caratteristiche
della nervatura; (differentemente a quanto si visto per i
diagrammi precedenti), le varie curve sono parametrizzate
in base al rapporto geometrico a/b (dove a la semi-
lunghezza della cricca e b la distanza dellasse della cricca dalla nervatura), mentre sullasse delle
ordinate c il solito . Inoltre sul diagramma si distinguono due gruppi di curve, uno definisce i SIF
in riferimento allapice B della cricca BC, laltro allapice C, e ciascun gruppo parametrizzato in
a/b.

LUCIDO 26
Caso delle cricche che nascono in corrispondenza dei fori:
Questo caso importante per diversi motivi: nota la teoria
sulleffetto di intaglio, si pu gi affermare che sulle generatici g c
un sovraccarico. Quindi leffetto di una frattura, come la formazione
di una cricca, non fa altro che sommarsi al sovraccarico che gi
esiste per il semplice effetto di intaglio e quindi pi facile che si
raggiungono dei valori limite. Inoltre fondamentale lo studio di
questo caso in quanto dominante la diffusione di giunzioni
g
g
7
chiodate in presenza di fori nellindustria navale e aeronautica.
Lesperienza, infatti, dimostra che se si ha una lamiera chiodata con certi fori, questa lamiera cede
(come si pu vedere nella foto su questo lucido) per una propagazione di cricche che abbracciano
sostanzialmente tutti i fori. Questo appena detto non completamente esatto in quanto un parametro
importante la forza di serraggio del chido (forza di chiodatura). Se la forza molto elevata intorno
ad ogni foro si crea uno stato di compressione che influenza la propagazione della cricca; questo
fenomeno fa si che la cricca si propaghi girando intorno ai fori. Se, invece, lo sforzo di chiodatura
basso si verifica che la cricca taglia i fori. Per non ancora ben noto un metodo per valutare come
la chiodatura dei rivetti alteri lo stato di sollecitazione intorno al foro e quindi la ricerca della forza
ottimale di chiodatura viene fatta sostanzialmente per via sperimentale.

LUCIDO 27
Se si in presenza di un foro, possibile la
formazione di una cricca da un solo lato o da
entrambi i lati. Bisogna lavorare, per questo tipo
di problema per casi limite e cercare la soluzione
successivamente per i casi intermedi.
Il primo caso limite che si pu presentare : di
cricca molto piccola e di un foro molto grande,
cio il caso in cui la cricca molto piccola rispetto alla dimensione del foro (aD). In tal caso la
curvatura del foro ininfluente per le cricca; cio essendo la cricca molto piccola se la
circonferenza del foro una curva o una retta non presenta differenza, quindi ci si pu ricondurre ai
casi visti in precedenza cio quelli di una cricca molto piccola che emerge su una parete di una
piastra. Pertanto dato che la cricca molto piccola si ha a0, allora a/b0, quindi dal diagramma
del caso precedente =1,12. Si potrebbe dire allora che a K t o = 12 . 1 , ma deve essere
modificato poich, in realt, dato dal prodotto tra il fattore di forma con la nominale; questo si
esprime con la relazione: =1.12K
t
. Siccome il K
t
pu arrivare fino al valore di 3, nel caso di foro
molto piccolo rispetto alla piastra (come pu essere il caso presente in quanto si sta considerando il
foro di un chiodo che molto piccolo rispetto alla piastra), allora =1.12K
t
=1.123=3.36 .Pertanto
sui manuali spesso si trova, per questo caso, direttamente a
KI
t o = 36 . 3 .
Laltro caso limite : di foro piccolo rispetto alla cricca. Un caso del genere possibile, basti
pensare alla cricca che si forma su un aereo quando unisce i fori dei finestrini: in questa situazione
la cricca molto pi lunga della dimensione dei fori (Dimensione del chiodo grande dai 4 ai 8 mm
rispetto ad 1 m raggiungibile dalla lunghezza della cricca). In tal caso la presenza del foro nello
studio del problema non ha la minima importanza, per cui, invece di considerare il foro pi la cricca
o pi 2 cricche, si considera un'unica cricca di grandezza maggiore ( per tali applicazioni vedi foto
nel lucido 26). A questo punto se il foro con le cricche si trova in una piastra infinita, si pu ottenere
il SIF nel modo seguente :
a K eff I
t o = dove a
eff
la lunghezza efficace della cricca che non
quella reale, ma data dalla relazione
2
a D
aeff
+
= . [IMP:fare attenzione ai simboli utilizzati nelle
relazioni, poich in questa relazione a si riferisce allintera lunghezza della cricca, mentre nei
diagrammi visti in precedenza si riferisce a volte alla semi-lunghezza della cricca a volte allintera
lunghezza]. In questa relazione, quindi, a
eff
una semi-lunghezza, mentre a una lunghezza. (Altre
volte invece la lunghezza viene indicata con l in particolare da Rooke). Rooke (e Cartwright)
afferma riguardo al caso in esame (egli ha condotto approfonditi studi aeronautici) quanto si pu
osservare dalla fig. sotto : sullasse delle ordinate c il e sullasse delle ascisse c il rapporto l/R
(rapporto tra la lunghezza della cricca e la dimensione del foro, coincidente simbolicamente al
rapporto a/D considerato in precedenza).
8
Si nota come in un primo tratto, ovvero per bassi
valori di l/R, il sia indipendente dalla cricca ed
pari a 3.36 (al variare della lunghezza della cricca
ovvero di l/R si ha che resta costante e pari a 3.36),
poi in un secondo tratto si presenta una variazione di
ottenuto confrontando il valore di K=3.36 con il K
ottenuto sostituendo il valore di
2
a D
aeff
+
= (noto
il valore di l ed R) nella relazione
a K eff I
t o = ,
ottenendo una curva di dipendente dalla lunghezza
della cricca. Questi due tratti sono ovviamente ottenuti intersecando le due curve : la prima
indipendente dalla lunghezza della cricca a =cost=3,36 , la seconda con dipendente dalla
lunghezza della cricca valuta come descritto prima. Quindi sulla sinistra del diagramma e del punto
di intersezione vale la prima curva, sulla destra la seconda. Poi i vari casi intermedi tra la due curve
sono ottenuti numericamente, arrivando ad una soluzione che si avvicina molto a quella analitica.

LUCIDO 28
In realt Rooke stato preceduto da un altro studioso noto come Bowie, il quale nel suo lavoro non
ha considerato il caso di cricca molto piccola, ma ha sistematicamente preso il sistema cricca+foro e
lo ha trasformato in una cricca equivalente; in questa maniera al variare del rapporto a/D ha ottenuto
una curva di risposta :


in termini di SIF, che poi ha confrontato con soluzioni di
tipo numerico verificando che sia nel caso di una cricca
che nel caso di due cricche, sostanzialmente, lo scarto
assolutamente accettabile. Quanto appena detto si pu
osservare nel diagramma accanto.
Il diagramma sottostante, invece, molto complesso in
quanto prevede anche lo studio della propagazione delle
cricche che sar spiegato in seguito. In tale diagramma si
pu osservare la curva di propagazione di una cricca in un
provino normale, cio senza
particolari geometrie (curva A); poi le
altre 5 curve accanto si riferiscono
alla propagazione di una cricca che
inizialmente una cricca che sta sui
due lati di un foro di varie dimensioni
(5,10,20,30,40mm differenziando le
varie curve). Si pu osservare che
ponendo queste curve sullo stesso
diagramma come quello in esame,
queste curve si sovrappongono e si
confondono con la curva che non
presenta fori, cio con la curva A, in
corrispondenza delle ordinate che
presentano lunghezza della cricca
nulla coincidendo proprio con il diametro del foro. Diagrammi del genere dimostrano che c una
corrispondenza accettabile tra le due teorie (di Rooke e Bowie) e che ognuna possa essere
giustificata dallaltra.
A
9
LUCIDO 29
Per tutti i casi intermedi, poi, Rooke e
Cartwright hanno costruito un diagramma come
riportato nella fig. accanto; la quale riporta il
caso di una piastra soggetta a carico biassiale,
dove su una direzione agisce su unaltra
agisce , definendo due sottocasi: caso con
una cricca e caso con due cricche. Nella fig. le
linee tratteggiate corrispondo ad caso con una
cricca, quelle continue corrispondono al caso
con due cricche. Poi per ciascun sottocaso, le
varie curve sono parametrizzate in funzione di . Se =0 ci si riconduce naturalmente al caso di
carico monoassiale, se =1 si ha il caso biassiale con carico identico nelle due direzioni, se =-1
inoltre si presenta il caso di compressione su una direzione e di trazione sullaltra. Si nota, per, in
queste curve che, anche se Rooke ha calcolato i risultati nella zona per valori di a/R molto piccoli
(cricche molto corte in riferimento ai fori), questi risultati in tale zona non sono molto corretti
poich tendono a valori nulli; pertanto per valori di a/R compresi tra 1.0 e 1.1 si considera la
semplice teoria vista in precedenza. Si osserva inoltre che per queste curve i valori di K
I
/K
0
tendono
ad 1 per valori di a/R elevati ovvero per cricche molto grandi, in particolar modo nel caso di carico
monoassiale e per il caso di due cricche sul foro (linea continua); questo avviene perch si sta
valutando il per una cricca (che unica in quanto il foro si confonde con la frattura della cricca) in
una piastra infinita. Mentre per le linee tratteggiate, quelle che corrispondono al caso di una cricca
sola sul foro, il non tende ad 1 ma a 0.8; questo si pu spiegare con il fatto che il carico sul
foro+cricca non simmetrico.
Nella fig. accanto, invece, riportata la variazione del fattore di
forma al variare del rapporto l/R dove, fare attenzione, questa volta
l rappresenta la lunghezza della sola cricca (alla sinistra del foro).
Pertanto il SIF ottenuto dallutilizzo del diagramma precedente del
caso di carico allinfinito sul foro+cricca, deve essere amplificato
dal fattore di forma K
t
valutato con il presente diagramma (fig.
accanto) che tiene conto dellinfluenza della cricca sulla forma del
foro causandone laumento della stato tensionale. Da sottolineare
che tale cricca va ad influire sul fattore di forma valutato sul lato
opposto del foro (punto B) Infatti dalla fig. si pu notare come aumentando la lunghezza della
cricca l ovvero aumentando l/R il fattore di forma in tale punto aumenti.

LUCIDI 30-31-32
I concetti esposti in questi lucidi sono gi noti da CM1.
Si dimostrato negli studi precedenti, quindi, che : dato un giunto con tre chiodi, ed utilizzando i
concetti sulla congruenza degli spostamenti delle deformate dei chiodi soggetti a vari carichi, si ha
il 45% del carico assorbito sulla prima e la terza fila e circa il 9% sulla seconda. Lesperienza,
invece, ha dimostrato che c il 37% sulla prima e la terza e il 26% sulla seconda. Questa differenza
dovuta, adesso che sono stati introdotti i concetti visti in questo corso, allovalizzazione dei fori, e
alleffetto di forzatura del chiodo allinterno dei fori; questultimi sono due effetti che la schema
utilizzato non tiene conto. La cosa importante che tutti i casi di cricche su fori, che sono stati
esposti fin ora, riguardano i fori scarichi, per dato che in genere i fori vengono creati per far
alloggiare dei chiodi e questi devono essere forzati allinterno del foro, evidentemente in molti casi
sulle pareti di questo foro c una distribuzione di carico. Epossibile anche che si presentano dei
fori scarichi, i quali per esempio possono servire per far passare dei cavi elettrici, (se vero che tutti
i chiodi usano dei fori, non detto che tutti i fori sono fatti per i chiodi) noti come open-hole, cosi
come si presentano fori sollecitati da un carico.
B
10

LUCIDO 33
Esistono manuali su SIF per fori che si aprono per
effetto di carichi per forzamento, dove si ipotizzano
certe distribuzioni di carichi che interessano un
certo angolo del foro.
Se la distribuzione di pressione equivale ad un
carico, si usa uno schema che fa riferimento ad una
cricca che per un tratto soggetta ad una pressione uniforme (da sottolineare che considero come
schema la cricca equivalente, cio in cui il foro ne inglobato, dove su una delle due labbra c
questo carico uniforme che tende ad aprire).
Lo studio di questo problema pu essere fatto anche considerando il carico concentrato e non
distribuito (nei casi che si usano abitualmente in cui con Strebeck i termini con il quadrato del
coseno sono praticamente trascurabili).

LUCIDO 34
Allora considerando un carico fisso, si pu calcolare il SIF utilizzando un caso noto in cui sul
labbro di una cricca sia esercitata una forza p applicato a distanza x dallasse della cricca, dove la
relazione cosi espressa :
dove K
IA
il SIF sullestremo A della cricca; (si ricorda che
AB la cricca equivalente comprensiva del foro e della
cricca reale con lunghezza efficace pari a 2a).
Se si vuole conoscere con la stesso schema il SIF nel punto
B, si usa la stessa relazione ponendo x al posto di x, ottenendo quindi il K
IB
. Nel diagramma sopra
sono rappresentati i due SIF nei due estremi della cricca.
Si nota inoltre che nelle due relazioni precedenti il
a
P
K
t
|
2
= , dove il caso di confronto non la
piastra infinita con la cricca caricata con allinfinito, ma la piastra con una cricca i cui bordi
sono caricati da una forza. (Sono due casi diversi in quanto il caso presente una cricca con bordi
carichi, mentre il caso utilizzato in precedenza con bordi della cricca scarichi).

LUCIDO 35
Se si presenta il caso di foro con due cricche di lunghezza a
1
e a
2
, e se queste non sono uguali,
allora il carico P non in asse al centro della cricca equivalente, ma spostata di x, e utilizzando e
adattando le relazioni viste nel lucido precedente, si ottengono i seguenti valori di K:


11
LUCIDO 36
Tutti casi visti fino al lucido
precedente, riguardano le cricche
che partono dai fori; ma si possono
presentare anche casi in cui le
cricche sono vicine ai fori, e quindi i
due effetti di presenze reciproca si
possono esaltare in particolare:
leffetto di intaglio del foro che uno
stato tensionale gi di per se pi
elevato e lo stato tensionale dovuto
alla cricca si fa risentire anchesso
sul foro. Lesperienza insegna che
nella zona compresa tra cricca e foro
le tensioni sono particolarmente
elevate.
Il primo diagramma sopra fornisce il SIF in corrispondenza dellapice A della cricca, mentre il
secondo fornisce i SIF per lapice B, il quale trovandosi in una zona con stato tensionale maggiore,
fornisce SIF pi elevate, pertanto le curve del SIF del secondo diagramma sono pi accentuate.
Da notare ancora che sullasse delle ascisse sono riportati i valori di a/b (rapporto tra semi-
lunghezza della cricca con la distanza dellasse della cricca dal punto pi vicino del foro), sulle
ordinate ci sono ovviamente i valori , e le varie curve sono parametrizzate dal rapporto R/c
(rapporto tra raggio del foro con la distanza dellasse della cricca dal centro del foro, per cui
c=a+b+R).
Fin adesso stato possibile capire come calcolare i SIF per alcuni casi semplici e comuni.

LUCIDO 37
In generale, nella maggior parte dei casi, difficile trovare sui manuali il caso o lapplicazione su
cui si sta lavorando. Se si sta effettuando un problema daltronde ripetitivo e c la fortuna di
trovarsi in un caso ben noto allora i manali sono pi che sufficienti; ma se ci si trova su problemi
che richiedono una certa versatilit, c bisogno di approcci diversi.
Metodi per calcolare il SIF, senza i manuali:
Metodo analitico: partendo dalle funzioni alle variabili complesse, e apportando le opportune
semplificazioni, possibile sperare di arrivare ad una soluzione magari lavorando sul piano (
comunque molto complicato), ma per problemi a 3 dimensioni praticamente non possibile
procedere. Quindi i metodi analitici sono particolarmente complessi e possono essere usati su poche
applicazioni.
Metodi numerici : questi metodi sono molto pi comuni e molto pi correnti; i metodi numerici
sostanzialmente pi utilizzati sono il FEM e BEM, ovvero i metodi agli elementi finiti e i
boundering. Il BEM, che tratta gli elementi di confine, consente di ottenere una soluzione di tipo
numerica semplicemente esprimendo gli elementi di contorno o i contorni del componente in
esame. La soluzione numerica, con il BEM, viene trovata solo nei punti in corrispondenza di questo
contorno e poi possibile da questi recuperare per interpolazione dei valori in punti interni; per
questo motivo la soluzione per valori interni al componente non particolarmente accurata. Per il
vantaggio di usare il BEM : dato che per una superficie bidimensionale bisogna descrivere una
curva, per un volume tridimensionale bisogna descrivere la superficie bidimensionale di contorno, e
quindi ci sono difficolt di modellazione che sono di un ordine di grandezza inferiore a quelle che si
hanno nel FEM; per di pi poich la soluzione riguarda solo il contorno e non anche il volume
interno o la superficie interna, il raggiungimento della soluzione pi rapido teoricamente; in
pratica c il fatto che la matrice del sistema di equazioni del problema numerico non a banda, ma
una matrice completa, il che ostacola fortemente la rapidit della soluzione. In ogni caso per molte
12
strutture, soprattutto per strutture di riferimento, il BEM molto pi veloce del FEM. Purtroppo il
BEM (si vedr il NASGRO come codice di calcolo per lo studio della frattura e della propagazione
delle cricche, il quale ha in s il modulo BEM) ha un grosso ostacolo: per il FEM ci sono a
disposizione una variegata gamma di pre-processing e post-processing e anche molto avanzati,
mentre i pochi programmi BEM commerciali hanno dei pre-processing di modellazione che sono
molto antiquati (sono in ritardo rispetto agli alti modellatori FEM di 25 anni); questo perch
dovendo affrontare con il BEM sistemi pi semplici rispetto a quelli del FEM allora risulta inutile
utilizzare pre-processing troppo avanzati.
Il BEM molto adatto per la meccanica della frattura, e anche per il calcolo a fatica in termini di
propagazione, spesso pi adatto del FEM. Per il calcolo del SIF molto pi accurato il FEM, per
questo impiega molto pi tempo per il calcolo, anche perch la mesh, in particolar modo nellapice
della cricca, molto spinta dove bisogna aumentare il numero di gradi di libert; il BEM non ha
questo limite in quanto linfittimento della griglia avviene solo sul contorno che pu essere una
linea (mesh monodimensionale) al pi una superficie. Quindi nel BEM la mesh effettuata solo sul
contorno e la soluzione quindi trovata solo sul contorno e poi tramite una funzione di forma si
ottengono i valori per linterno.
Esistono, poi, dei metodi numerici indicati come collocazioni, pertubazioni, ecc. che sono pi
antichi, ma che comunque possono essere utilizzati. E poi ci sono i metodi numerici pi
allavanguardia che hanno sicuro sviluppo futuro noti come Meshless i quali utilizzano il metodo
agli elementi finiti senza gli elementi, e presentano solo dei punti ai quali corrispondono dei nodi
senza rappresentare la mesh (appunto meshless); a tali nodi si attribuisce una capacit di attrazione
che fa si da legarsi ai nodi circostanti, come una sorta di gravit tra gli elementi. I meshless non
sono tanto adatti per valutare il SIF, ma per studiare la propagazione della frattura. Dei promotori
del meshless affermavano che in effetti i risultati ottenuti nel FEM sono falsi, poich la soluzione
con il FEM appunto non pu che seguire il contorno degli elementi, mentre nel meshless la
soluzione prosegue senza direzioni obbligate (in effetti lambiente meshless pu essere paragonato
come ambiente alluniverso dove le stelle rappresentano i vari nodi, ogni stella ha una zona di
influenza che teoricamente va allinfinito). Ultimamente sono anche diffusi dei strumenti ibridi che
presentano una struttura meshless racchiusa in una struttura agli elementi finiti; questo viene fatto
per rimediare ai punti deboli di ciascuna delle due metodologie; nel meshless il punto debole nelle
condizioni di vincolo, in quanto imporle in questo metodo molto complesso (dove si deve
utilizzare per esempio il metodo del moltiplicatore di Lagrange), non tanto per lapplicazione del
carico, ma per lidea dello spostamento imposto di difficile attuazione. Siccome questo problema
di facile risoluzione con il metodo agli elementi finiti, allora si prende la struttura meschless e si
racchiude in uno strato di elementi finiti; questultimo serve per imporre le condizioni al contorno, e
la struttura meschless per risolvere il problema. Uno dei problemi dei nodi della meshless quando
si presenta la cricca, come un nodo su un labbro della cricca influisce sull altro; a tal scopo ci sono
delle funzioni con le quali si riesce ad aggirare la cricca.
Quindi i metodi numerici sono tanti e possono essere usati indifferentemente, con i quali si possono
trovare delle difficolt che fanno perdere tempo; pertanto si cercano dei metodi pi semplici e
rapidi. Tra queste tipologie di calcolo sono note : il Compounding e le Funzioni peso (Weight
functions).
Metodo del Compounding : stato inventato da Cartwright e portato avanti da Rooke; questo un
metodo approssimato (cos come gli altri), molto rapido, nella maggior parte dei casi molto
semplice e d ottimi risultati. Sostanzialmente il metodo del Compounding il metodo della
combinazione, intesa come combinazione, appunto, di SIF che provengono da casi precedenti.
Malgrado tutti i casi e i manuali che si possono ottenere, i casi da risolvere spesso non sono
compresi in questi volumi; ma dal momento che si usa il compounding, si pu decomporre il
problema in una serie di sottoproblemi per i quali sui manuali si trova la soluzione, poi
componendoli si ottiene il risultato del problema in esame.

13
LUCIDO 38
Lidea di Rooke la seguente:
Si suppone di avere una struttura pluriconnessa (per
esempio biconnessa), e questa struttura presenta un
contorno B
0
e B
1
. Si ipotizza che sul contorno B
0
sia
applicato un carico S
0
e che allinterno della struttura ci
sia una cricca.(vedi fig. accanto)
Bisogna allora ricavare il SIF per la cricca allinterno di
questa struttura. Da sottolineare che si sta utilizzando la
teoria lineare elastica della frattura, in cui il materiale lineare elastico, non ci sono non linearit,
quindi per quello che riguarda le sollecitazioni vale il principio di sovrapposizione degli effetti.
Siccome le tensioni nellintorno della cricca sono proporzionali ai SIF evidentemente il principio di
sovrapposizione degli effetti si pu applicare anche in tale zona. Praticamente se si presentano pi
stati di tensione, ognuno di questi da luogo ad un SIF, come le tensioni si sommano allora si
possono sommare i SIF. Quindi il Compounding non altro che il principio di sovrapposizione
degli effetti applicato al calcolo dei SIF. Evidentemente nel sistema il SIF per la cricca dipende da
una serie di fattori, tra cui la geometria della struttura principale, il contorno B
0
, il carico S
0
, e la
geometria di B
1
(si presenta un sottosistema che rappresenta un caso noto : foro di contorno B
1
+ la
cricca).
Pertanto sia la geometria della piastra che quella del foro determinano il SIF della cricca; allora si
decompone il problema in pi problemi semplici, dove si pu prima considerare la sola struttura con
un contorno esterno B
0
e con il carico S
0
di cui posso ricavare il SIF indicato con K . Per per
questo sottosistema bisogna fare attenzione al fatto che i punti che corrispondono al foro ci sono
delle componenti di tensione che nella struttura effettiva non ci sono. Allora si deve studiare
unaltro sottosistema uguale a quello precedente, nel quale per non viene inserito il carico S
0
, ma
nei punti che corrispondono alla geometria del foro si applicano le tensioni che, per lutilizzo del
principio di sovrapposizione degli effetti, sommate a quelle omologhe del sottosistema precedente
fanno si che per il sistema complessivo non ci siano sollecitazioni in corrispondenza del vuoto del
foro. Quindi nei punti che corrispondono al contorno del foro nel primo sottosistema si va a vedere
quali tensioni sono state indotte, per esempio S
1
, e si va ad applicare - S
1
al contorno del foro nel
secondo sottosistema, in modo tale che si ottiene S
1
- S
1
=0 nel sistema complessivo. Del secondo
sottosistema lapplicazione del carico - S
1
influenza lo stato tensionale sulla cricca, quindi, si va a
calcolare il SIF nella cricca indicato con
K
*
1
. Allora il Compounding consente di arrivare alla
soluzione che il SIF complessivo :
K
K K
*
1
+ = . Dunque si osserva che una struttura biconnessa
viene riportata in pi strutture monoconnesse in modo tale da poter applicare lidea della
sovrapposizione degli effetti.

LUCIDO 39
Si suppone adesso di avere una struttura triconnessa, per
esempio quella della struttura accanto, che ha una cricca
tra due fori. In tal caso se si ripete quanto affermato
prima, il SIF che si ha nella struttura complessiva dato
dalla somma del SIF, che si ha nel primo sottosistema
che ha solo il sistema base con contorno B
o
e carico S
o

(struttura monoconnessa con una cricca)
,
+ il SIF che si ha nel secondo sottosistema che presenta
entrambi i fori di contorno B
1
e B
2
dove influiscono i carichi S
1
e S
2
necessari affinch vengono
scaricati i fori nel sistema complessivo annullando l effetto tensionale che si ha nel primo
sottosistema in corrispondenza della zona dove sono localizzati i fori nel sistema complessivo
.
14
Quindi si ha che
Kr
K K
*
+ = (*1), ovvero la somma dei SIF nei due sottosistemi fornisce il SIF del
problema complessivo. A questo punto, sempre utilizzando il principio di sovrapposizione degli
effetti, invece di considerare insieme i due carichi S
1
e S
2
nel secondo sottosistema, si possono
considerare uno per volta; pertanto il SIF del secondo sottosistema si pu scomporre, per il solito
principio di sovrapposizione degli effetti, cos:
K K Kr
*
2
*
1
*
+ = (*2). Per, se la struttura
complessiva non comprendesse il foro di contorno B
2
, ma solo quello B
1
il compounding avrebbe
dato un SIF pari a
K K
K
*
1 1
+ = , similmente se ci fosse solo il foro B
2
si avrebbe
K K
K
*
2 2
+ = .
Da queste ultime due isolando
K
*
1
e
K
*
2
, e sostituendola nella (*2), si ottiene che:
K
K K Kr 2 2 1
*
+ = e a sua volta sostituita nella (*1), si ottiene
K
K K K
+ =
2 1
(*3).
Questultima espressione vuol dire che SIF di una cricca in un sistema geometrico in cui sono
presenti due singolarit, cio due contorni aggiuntivi contemporanei, pu essere calcolato
considerando la somma dei SIF che si ha quando si prende una singolarit per volta (cio quella del
foro B
1
e del foro B
2
) e sottratta del SIF che si ha nella struttura madre di riferimento (senza le due
singolarit).

LUCIDO 40
La relazione (*3) pu essere rielaborata in altro modo : Se alla relazione (*3) si somma e si
sottrae K si ricava che :




Tale relazione sta in effetti affermando che se si ha una struttura con due singolarit, il SIF
complessivo uguale al SIF che si avrebbe in assenza di singolarit + laumento di SIF dovuto alla
prima singolarit + laumento di SIF dovuto alla seconda singolarit. Cio si sta sottolineando che
le varie singolarit non partono da zero, non forniscono un livello tensionale che si va a sommare
direttamente a quello del sistema madre, ma presentano solo quello che leccesso rispetto al
sistema madre. Cio la struttura madre determina un minimo di livello tensionale e i livelli
tensionali delle singolarit si sommano solo delle quantit eccedenti rispetto al sistema madre.
Quindi se si considera la struttura complessiva e se ne ricava una struttura madre senza singolarit e
il numero necessario di strutture ausiliarie n ciascuna con una singolarit il livello tensionale si
ricava immediatamente con la relazione:




Questa relazione delle volte non viene riportata in termini di K ma in termini di Q, il quale non
altro che il rapporto tra il K del sistema complessivo e il K della struttura madre.
Nel compounding, per, esiste un errore, perch nella realt la presenza contemporanea di due
singolarit non detto che sia uguale alla somma dei due casi di una singolarit per volta, in quanto
una singolarit pu influenzare laltra. Se una singolarit influenza laltra, allora evidentemente la
relazione scritta prima non pi valida, e si dovrebbe dire che:



dove K
e
il SIF dovuto alle interazioni.
Se si hanno, per esempio, due fori, questi si suppone che presentino degli effetti locali, ma questi a
grande distanza da essi vanno a scemare. Allora, sempre nellipotesi di elasticit lineare, si possono
15
avere due fori molto lontani tale che i campi di sollecitazione di ciascuno di essi apprezzabilmente
non si intersecano, e quindi si pu considerare ogni foro separatamente. Se i fori sono pi vicini la
tensione nel punto intermedio risente sia delluno che dellaltro, e quindi c interferenza tra di essi.
Se questi fori sono molto lontani e al centro di essi c una cricca, si pu affermare che i campi
tensionali non si intersecano, per allo stesso tempo la cricca al centro risente sia delluno che
dellaltro. Mentre laltro caso, sempre con la cricca al centro dei fori, ma i fori sono abbastanza
vicini, allora i campi tensionali interferiscono tra loro e quindi i SIF sulla cricca aumentano
ulteriormente. Pertanto nel caso di fori molto lontani il termine K
e
non si considera o meglio si pu
trascurare; viceversa se i fori sono molto vicini tali da interferire tra loro, nella relazione del K deve
intervenire anche il temine aggiuntivo K
e.
Tale termine aggiuntivo fa cadere lefficacia del metodo
del compounding, perch non c nessun modo per poterselo calcolare se non utilizzare il metodo
agli elementi finiti e recuperarlo, quindi, a posteriori. Allora il compounding da dei risultati tanto
pi accurati quanto pi piccoli sono i termini K
e
, cio quanto minori sono le interferenze reciproche
che sussistono tra le diverse singolarit. Se si hanno delle singolarit che interferiscono poco, allora
il metodo del compounding va bene, altrimenti se ci sono singolarit che interferiscono molto tra
loro allora ci sono forti problemi per il suo utilizzo.

LUCIDO 41
Si riporta qualche esempio:
1 Esempio
La piastra a ha evidentemente SIF nullo perch non c la
cricca. Per dal punto di vista tensionale la piastra b
equivalente alla piastra a; dove la struttura b sottoposta ad
una tensione di trazione sulla piastra e da un carico di
compressione di chiusura sui bordi della cricca; quindi anche
questa deve avere il SIF nullo. La struttura b pu essere considerata come la somma di due strutture
d , e con la medesima geometria, dove la d presenta la piastra caricata con allinfinito e la cricca
scarica, mentre la e presenta la piastra scarica ma la cricca caricata con .
Allora il SIF di d sommato a quello di e deve essere pari a quello di b che ovviamente nullo; cio
K
a
=K
b
=K
d
+K
e
=0 da cui K
e
=-K
d
. Dato che a
Kd
t o = , allora a
Ke
t o = . Se si inverte la
sulla cricca nella struttura e, e la si chiama p si ottiene il caso di una cricca soggetta a carico di
apertura in cui il SIF pari a a p
Ke
t = .
2Esempio
Si ha una piastra a assoggettata da un carico allinfinito
solo su un verso della piastra; tale carico bilanciato da un
perno il quale presenta una reazione P=W (dove W
ovviamente la larghezza della piastra). Scomponendo
questa struttura, la struttura madre , quindi, la piastra
soggetta a carico simmetrico (ad ambo i lati) allinfinito e
con una cricca al centro. Le altre due strutture d ed e
dispongono carichi P sulla cricca tali che sommati o sottratti opportunamente alla struttura madre
dia quella complessiva. La struttura d scarica allinfinito ed carica solo sulla cricca con due
carichi P che si equilibrano; mentre sulla struttura e, che va a sottrarsi alle precedenti d e b, mostra
il carico allinfinito sul lato opposto in cui presente il carico allinfinito nella struttura a di
partenza, e la reazione P di nuovo opposta a quella disposta nella struttura a (cio si nota che la
struttura e opposta a quella iniziale a). Allora in generale K
a
=K
b
+K
d
-K
e
ovvero K
a
+K
e
=K
b
+K
d
,
ma dato che K
a
=K
e
si ha ( )
K K K d b a
+ =
2
1
. Dato che per le piastre b , d si possono avere SIF dai
manuali e sostituendoli nella precedente si ottiene K
a
:
16




LUCIDO 42
3Esempio
Si ha non una piastra infinita, ma una striscia di lamiera, nella quale in
maniera eccentrica (cio fuori dal centro ovvero non sullasse) c
un foro in cui presente anche una cricca.
Quindi si ha questo foro con cricca a distanza b
-1
e b
+1
dai due
boundering (confini) B
-1
e B
+1
, e inoltre la piastra caricata da una
tensione allinfinito.
Questa volta bisogna fare degli artifizi non sui carichi,
ma sul contorno; allora come struttura madre si
considera solo il foro + cricca in una piastra infinita,
poi si considera la cricca equivalente vicino al
contorno di destra e infine la struttura con la cricca
equivalente vicino al contorno di sinistra. Pertanto si
sempre preso una singolarit per volta.
Dai dati forniti, la lunghezza della cricca effettiva
l=6mm, il raggio del foro R=5mm, quindi la
lunghezza della cricca a
eff
=a=(2R+l)/2=(2*5+6)/2=8mm. Poi la larghezza della piastra
b=32mm, la distanza del centro del foro dal bordo destro b
+1
=15mm, mentre dal bordo sinistro
b
-1
=17mm. Allora fissata la distanza dellestremo destro della cricca (pari a 4mm) dal bordo destro
della piastra, la crcca + foro passando a cricca equivalente ha modificato la distanza del centro del
foro dal bordo destro b
+1
nella distanza del centro della cricca equivalente dal bordo del foro b
+1
.
Quindi dato che la differenza (vedi fig.) a-a=R+l-a=5+6-8=3mm , vuol dire che il centro della
cricca equivalente ha subito uno spostamento di 3mm a destra; pertanto le nuove distanza dai bordi
sono b
-1
=b
-1
+3=20mm e b
+1
=b
+1
-3=12mm.
Allora bisogna studiare le tre strutture: la struttura che ha una cricca pari a 2a=16mm in una piastra
infinita (A), unaltra che ha una cricca di 16mm con il solo bordo a destra a distanza 12mm dal
centro della cricca (B), e una terza struttura che ha una cricca di 116mm a distanza 20mm con il
solo bordo di sinistra distante 20mm dal centro della cricca (C).
Quindi A) per il foro nella piastra infinita :


dove si nota che c, nel calcolo del SIF, un coefficiente 1.0, poich da Rooke si possono usare le
curve dalle quali entrando con un rapporto geometrico aeff/R=8/5=1.6 si ottiene un =1.0 (vedi
per le curve nel lucido 29).
Poi con B) per la cricca rispetto la bordo di destra:


dove entrando con a
eff
/b
+1
=8/12=0.66 nellopportuno diagramma (usando curve nel lucido 22 dove
interessa la curva nellestremo A relativo alla fig. riportata) si ottiene un =1.2 circa.
Poi con C) per la cricca rispetto al bordo di sinistra:


17
dove effettuando gli stessi calcoli precedenti ed usando le stesse curve con a
eff
/b
-1
=8/20=0.4 si
ottiene =1.04 .
Applicando a questo punto il compounding


ovvero la relazione seguente:
K=K
0
+(K
1
-K
0
)+(K
2
-K
0
)=[5.013+(6.016-5.013)+(5.214-5.013)] = 6.216
Naturalmente se la striscia di lamiera troppo stretta si verifica interferenza e ci vuole il termine
aggiuntivo K
e
; quindi il risultato precedente tanto pi valido quanto pi larga questa striscia.

LUCIDO 43
Metodo delle funzioni pesate (anni 70 Rice):
La complicatezza di questo metodo ha fatto si che inizialmente fosse messo da parte, poi
ultimamente stato recuperato (utilizzato ultimamene in alcuni programmi di calcolo).
Lidea : si ha una certa geometria con una certa distribuzione di carichi; supponendo di gi
conoscere il caso con la stessa geometria con un sistema di carico diverso, e che (importante) sia un
sistema di carico simmetrico. Supponendo di avere gi a disposizione il problema risolto con la
stessa geometria per una condizione di carico simile, e di aver calcolato per questa condizione di
partenza di riferimento il SIF, che chiamato K
Ir
, e la funzione spostamento apertura della lastra
(ovvero della cricca) v(x,a).
Allora noti K
Ir
e

v(x,a), si pu costruite una funzione peso, la quale ,chiamata m(x,a), costruita in
questo modo:



dove si nota che le due relazioni differiscono a seconda se si sta in SPT o SPD, distinguendosi per il
termine (1-
2
).
Pertanto dato che si deve risolvere un problema con la stessa geometria, ma condizioni di carico
diverse, (quello di riferimento deve avere carico simmetrico, quello in esame pu essere
qualunque), si pu dimostrare che il SIF del caso effettivo non altro che lintegrale esteso alla
lunghezza della cricca 2a del prodotto del carico effettivo p(x) per la funzione peso m(x,a):





LUCIDO 44
Esempio:
Si vuole calcolare il SIF per una cricca sottoposta ad un
carico uniforme sulle labbra ma che non interessa lintera
lunghezza delle labbra stesse, e che interessi, invece, la
sola lunghezza 2d rispetto all intera lunghezza della
cricca 2a. Ovviamente il caso di riferimento quello della
cricca in una piastra infinita sottoposta al carico
simmetrico allinfinito . Allora per questo caso di
riferimento noto che a
KI
t o = ,e la funzione spostamento :



(la quale stata gi utilizzata per il COD).
18
dove k una costante che varia a seconda se si sta considerando uno stato piano di deformazione
oppure di tensione, e dipende dal noto parametro .




Allora derivando v(x,a) rispetto ad x si ottiene:


E noto che a
KI
t o = e che
x
a x v E
a x m
KI
c
c
=
) , (
2
) , ( ,allora si ottiene che :



[Nota: Secondo me ci sono degli errori in questi passaggi]
Quindi il K ottenuto effettuando lintegrale tra a ed a della p(x) moltiplicata per la m(x,a)
precedente, cio:


Ma dato che la p(x) supposta uniforme pari a p o , ed tale solo per -dxd con le parti esterne
della cricca libere, pertanto lintegrale e quindi il SIF diventa :



Questo un caso molto semplice; normalmente limpiego delle funzioni pesate offre sicuramente
delle difficolt di tipo analitico nettamente superiori a quelle del compounding con laggravante che
le funzioni spostamento spesso in letteratura non si trovano; cio nonostante si devono trovare le
funzioni spostamento per i casi con le condizioni di carico simmetriche che sono quelle pi comuni,
queste funzioni spostamento spesso non sono disponibili.





















19
PARTE VI I I Meccanica della Frattura (p.2)


SLIDE 1

Stavamo vedendo un poco come si pu calcolare il SIF; poi ci siamo interrotti per vedere che
strumenti abbiamo per valutarlo da soli. E abbiamo parlato del compaund
che un metodo estremamente utile e attuale. Dobbiamo riprendere la quantificazione del SIF per
alcuni casi particolari, per parlare delle cricche tridimensionali .

SLIDE 2

La cricca tridimensionale pu essere completamente contenuta allinterno di un componente (sar
una soffiatura, un difetto di fusione, si formata per leffetto di coazioni locali ) oppure potr essere
superficiale, dovuta ad un qualsiasi accidente, un urto o qualcosa del genere.
Diciamo che nella pratica cricche tridimensionali se ne trovano in gran numero e si fanno degli
studi per ricavare la capacit di sostenere una certa cricca ; queste sono ormai analisi abbastanza
correnti nella meccanica avanzata. Il problema quello di capire dove si ha interesse a fare questa
analisi: ovviamente si ha interesse di fare questa analisi in 2 categorie di localizzazione di cui la
prima quella nella quale il cedimento avrebbe conseguenze catastrofiche per lintero gruppo in
esame (perch per esempio ne impedirebbe il funzionamento o comporterebbe danni a cascata) e la
seconda (che non sempre coincide con la prima ovviamente) si tratta delle parti, dei punti nei quali
lo stato tensionale quantitativamente elevato, e quindi con la presenza della cricca il livello
tensionale crescerebbe ancora; quindi per esempio nel caso di un albero con 2 diametri diversi e un
bel raggio di raccordo, la cricca si va a posizionare proprio nel raccordo ; in questa maniera si gi
in una posizione in cui lo stato tensionale gi bello sostenuto e noi ci piazziamo pure una cricca e
vedremo se poi lalbero riesce a resistere oppure no . Il primo risultato utile nel caso di cricche
tridimensionali dovuto a Sneddon il quale studi il caso di una cricca circolare piatta , quindi
bidimensionale immersa allinterno di un solido indefinito. Quel tale prese una cricca circolare di
raggio a , quindi la cricca lineare di semilunghezza a, e trov questa relazione (la prima della slide)
e possiamo dire che questo | se continuiamo a insistere ad utilizzare quella vecchia relazione. Un
passaggio in pi fu dovuto ad Irwin il quale studi delle cricche ellittiche : qua ne rappresentata
met soltanto (fig in basso a sx) ed i semiassi c ed a.
Qua si ha una cosa alla quale bisogna prestare attenzione; questa una cricca ellittica
bidimensionale, un taglio ellittico allinterno del solido: ebbene per ogni punto del fronte della
cricca si ha un SIF diverso. Questo apparentemente pu lasciare perplessi, ma in realt non deve,
per il semplice motivo che il K un qualificatore del livello tensionale poich lo stato tensionale
sicuramente non costante, non uniforme ma sono variabili anche quegli enti che noi prendiamo a
indicarne complessivamente la severit. un po come se noi dicessimo di avere tante cricche
ognuna che ha la dimensione del generico raggio corrispondente a questa cricca ellittica e quindi a
questo punto possiamo calcolare i SIF , ovvero la funzione SIF. Ma come al solito quando abbiamo
a che fare con un ellisse la descrizione della funzione eseguita attraverso langolo di eulero (la
relazione di eulero) : eulero scrisse le 2 famose equazioni parametriche dellellisse e cio
cos * a x = sen b y * = e fece questa costruzione (fig. in basso alla slide), cio lo studio della
circonferenza sul semiasse minore e sul semiasse maggiore , tracci il raggio dalle intersezioni, cal
le parallele agli assi e il punto di incontro era proprio un asse dellellisse e quindi divenne molto
semplice la descrizione della curva. Quindi, quando qui come altrove in riferimento ad un ellisse
trovate in generale un angolo, non lanomalia del punto dellellisse che sarebbe questa (la in
corrispondenza di questo raggio vettore (forse in riferimento al cerchio + piccolo) ) ma invece
20
lanomalia della retta che si adopera nella costruzione di eulero per determinare il punto (rif cerchio
+ grande) . Ci premesso il SIF funzione di questangolo ed dato da questa espressione (la
seconda relazione della slide) , m invece una sorta di eccentricit dellellisse , e compare anche
u(m) che un integrale ellittico di seconda specie completo, cio da 0 a
2
t
, ed dato dalla prima
espressione sulla slide successiva.

SLIDE 3

Gli integrali ellittici sono di prima, seconda e terza specie e vengono fuori non appena si vuole
provvedere al calcolo di lunghezze ed aree delimitate da ellissi , perci prendono questo nome . Non
sono risolubili in forma chiusa : lo sviluppo in serie di quello completo di seconda specie questo
qua (prima formula sulla slide) .
Sono completi se lestremo superiore di integrazione
2
t
, altrimenti si chiamano incompleti.
Ovviamente u(m) una costante e per ogni cricca va calcolata una sola volta perch dipende da m
e non dal punto in cui ci troviamo. Dopodich si possono calcolare facilmente i SIF e in particolare
i SIF che ci interessano maggiormente sono quelli in questi 2 punti cio in 0 e
2
t
sullellisse (rif fig
in basso sulla slide 2) , quindi sui 2 semiassi perch probabilmente sono valori stazionari ed infatti
lo sono (al centro della slide sono riportate le relazioni dei suddetti SIF) . Notate che a
c
a
<
2
2
perch
c il raggio del cerchio maggiore e a di quello minore, e
c
a
<1, quindi K
I
(0)< K
I |
.
|

\
|
2
t
, perch nel
primo c un numero minore di 1 ( cio
c
a
) moltiplicato per a .
Questo un fatto che pu lasciare in dubbio, cio che ho il SIF maggiore in corrispondenza del
semiasse minore. Tra laltro tutto quello che abbiamo detto sugli intagli etc etc.. ci porterebbe a
pensare che il SIF massimo si debba avere qua (=0),ma in realt non cos perch questa non
pi una cricca piana ma una cricca nello spazio ( pensate che nel momento in cui sottopongo il
solido in figura ad una trazione si ha una deformazione del solido per cui questa cricca piana si
ingobba , non ho pi 2 labbra che si separano ma 2 superfici che si separano : a parit di distacco un
termine va a 0 per una certa lunghezza e laltro va a 0 in un campo molto pi stretto , quindi tirato
molto di pi , pi curva tutta quanta la superficie, e questo chiarisce perch mai qui (
2
t
= ) le
tensioni sono maggiori e quindi anche il SIF .In realt le cricche interne al solido non hanno per noi
in assoluto un grande interesse, sono sicuramente pi interessanti per noi le cricche superficiali le
quali saranno di 2 tipi : surface crack e corner crack . Nella cricca superficiale vera e propria ho
una unica superficie che fa da limite alla cricca , mentre nella cricca dangolo ne ho 2 . Un caso
molto eclatante questo qui (fig in basso a sx) : la cricca sul bordo di un foro che non interessa
tutto quanto lo spessore; una cricca dangolo molto particolare perch quello che vi ho raccontato
sulle cricche in prossimit dei fori, dando per scontato che si tratti di cricche passanti, cio che
interessano lintero spessore, in realt si verifica solo dopo un certo tempo dopo linsorgere della
cricca ; di solito la cricca si sviluppa in questo punto e poi pian pianino si ingrandisce e ad un certo
punto interessa tutto quanto lo spessore ; ma per il primo tratto quella cricca una cricca ad angolo
e si capisce perch per esempio il caso caratteristico della cricca dangolo quella prodotta dal
trapano che rompe solo il punto ma non tutto lo spessore .

SLIDE 4
21

Allora anche per le cricche superficiali si sono fatte diverse analisi: un caso eclatante pu essere
quello che voi vedete qui (fig sulla slide). Abbiamo una piastra di spessore B sulla quale c una
cricca superficiale ellittica (semiellittica ovviamente) che ha il semiasse minore a (profondit a) e il
semiasse maggiore c. Attribuiamo a Murakami e Kobajashi quindi al sol levante la valutazione del
SIF per questi casi. Notate come fatta questa formula del SIF. 1,12 il | che io ho per una cricca
che emerge in superficie e che sia molto piccola; poi c un termine Q che dipende dal fatto che
negli spigoli di questa cricca (in corrispondenza del semiasse maggiore, dove abbiamo le curvature
maggiori ) si potrebbe verificare, salvo quello che diremo poi successivamente, la nascita di zone
plasticizzate. Nella formula del Q il rapporto
2
2
s
o
o
una indicazione di quanto siamo lontani da
quella condizione e tutto viene ulteriormente corretto attraverso il coefficiente MK con evidente
riferimento a Murakami . Qua vedete come sui vari manuali i diagrammi di M
k
e vedete che
dipende dal rapporto geometrico della cricca a/2*c ; chiaramente quando a/2*c =0,5 la cricca
diventata semicircolare quindi ci aspetteremmo M
k
=1 per somiglianza con il caso della cricca
interna circolare ; invece per tutti gli altri casi di interesse abbiamo
M
k
maggiori che dipendono dal rapporto a/B cio dalla quantit di spessore della piastra interessata
dalla cricca . Siamo qui nei problemi nel momento in cui mi devo ricavare la resistenza residua
perch la sigma compare sia allesterno che allinterno (questo un fatto normale). Si legga poi
lesempio: prima di tutto mi devo definire lellisse , quindi mi calcolo 7975 , 0
2
2 2
=

=
c
a c
m e poi
mi calcolo lintegrale ellittico u(m)=1,1789 cos non ci devo pi pensare. Poi, siccome devo entrare
in questa relazione (la prima in alto sulla slide) mi devo calcolare M
k
dopo aver calcolato a/B e
a/2*c ; sfruttando la formula in alto alla slide mi ricavo quindi
c
o ed ho ricavato cos la tensione
residua.

SLIDE 5

Prima di finire sui vari problemi di calcolo dei SIF e affrontare tutta la meccanica della frattura con
una nuova ottica bene dire che non esiste in generale il discorso della cricca disposta
perpendicolarmente alla retta di carico ; in generale noi avremo uno stato tensionale biassiale nella
nostra piastra nella quale ci sar una cricca orientata in una certa maniera (angolo |) rispetto alla
direzione di uno dei carichi, rispetto allasse di riferimento. Vi sono evidentemente dei casi in cui le
cricche sono bene allineate perch per esempio pu capitare che lubicazione dove nasce questa
cricca caratterizzata tensionalmente in un modo particolare : se io parlo di un foro in una lamiera
soggetta a trazione dove sappiamo gi dove la
max t
o e con ogni verosimiglianza la cricca parte
l,perch l abbiamo un certo stato tensionale (a 90 abbiamo la compressione e certamente la cricca
l non nasce).Quindi ci sono certi casi in cui evidente la partenza, ma nel caso generale non
affatto evidente; quindi dobbiamo pensare di trovarci in una piastra alle cui estremit (piastra molto
lunga) abbiamo delle tensioni remote sigma1 e sigma2 e nel bel mezzo di questa piastra c una
cricca che ha dimensione 2*a ed inclinata di | rispetto a sigma2 (rif fig a sx sulla slide).
Vogliamo sapere come si procede: prima di tutto ci interessa lo stato tensionale intorno alla cricca e
approfitteremo di questo fatto per capire se la cricca va in propagazione da che parte si dirige; beh,
come al solito possiamo pensare di isolare un elemento (linea tratteggiata) allinterno del quale
sita la cricca ed evidente che questo elemento, che avr come lati la direzione parallela alla cricca
e quella perpendicolare alla cricca, sar una zona alla cui periferia esisteranno tensioni sia normali
che di taglio, perch nello stato tensionale esterno (rif fig a destra)esiste una ox, esiste una oy, non
esiste txy ,su questo piano abbiamo sia una o che una t.
22
Lo stesso ragionamento pu essere fatto inserendo la t, nessuno ce lo impedisce, ma supponiamo
che non ci sia.Quindi con riferimento alla cricca, la cricca sollecitata sia da tensioni normali
|
o ,per cui lavorer nel modo uno come abbiamo fatto finora, ma ci saranno anche le tensioni di
taglio per cui lavorer in modo 2; quindi avremo contemporaneamente un K
I
e un K
II
: questo un
caso nel quale, risentendosi sulla cricca queste tensioni, abbiamo la presenza di due campi di
sollecitazioni locali che si andranno a sovrapporre, uno caratterizzato da K
I
e laltro da K
II
; manca
il K
III
che richiederebbe uno spostamento fuori piano, ed una cosa che si verifica raramente,
mentre invece un caso del genere estremamente comune (rappresenta la generalit).
Per prima cosa dobbiamo calcolare
|
o e
|
t in funzione di sigma1 e sigma2, cio in funzione dei
carichi esterni applicati, e per questo dobbiamo usare le relazioni di trasformazione in condizioni di
stato piano (sulla destra); possiamo cos ricavare lespressione di K
I
: ho messo in evidenza sigma2
e ho chiamato m il rapporto
2
1
o
o
; analogamente abbiamo lespressione del K
II
.

SLIDE 6

Abbiamo visto che il buon Vestergard ci ha lasciato le formulazioni dello stato tensionale
nellintorno dellapice della cricca per il modo 1, 2, 3; allora la tensione che avremo, per il principio
di sovrapposizione degli effetti, sar la somma di quella dovuta a questo caso e di quella dovuta a
questaltro caso.
Ecco le espressioni che riferiscono rispetto a K
I
corrispondono a quelle f (0) che vi ho indicato
allorch vi ho parlato della soluzione del Vestergard.
La funzione angolare che abbiamo nel caso 2 non ve lho indicato ma, credetemi,si tratta di queste
qua.
Quello che dobbiamo tener presente che nellintorno dellapice della cricca ci sar uno stato
tensionale che dipender sia da
|
o che da
|
t , quindi che conterr in s sia
K
I
che K
II
: questi stati di tensione sono detti misti o combinati.
In moltissimi casi il K
II
esiste, ma molto pi piccolo di K
I
,ad esempio 10 volte pi piccolo,e in
quei casi si incerti se considerarlo biassiale oppure fregarsene.
Allora Erdogan e Sih si domandarono in quale direzione si sarebbe verificato lavanzamento di
questa cricca: supponendo che questa cricca aumenti, in quale direzione si propagher? Angolo
definito da unanomalia 0 misurata rispetto allapice della cricca.
Lidea dei due ricercatori stata questa:siccome la cricca si propaga per apertura, cio per distacco
delle due facce, evidentemente la tensione efficace la tensione
t
o ,la tensione normale
circonferenziale. La
r
o no perch mi produce semplicemente un aumento o una diminuzione di
spessore, la t sempre pi piccolina e allora lidea fu questa: la propagazione avverr nella
direzione in cui
t
o massima. Quindi scriviamo 0 =
c
c
u
o
t
e ricaviamo lequazione che ci deve
consentire di ricavare 0.
E evidente che lequazione questa qui ed proprio uguale alla t; quindi 0 =
c
c
u
o
t
nella
direzione in cui 0 =
rt
t , quindi ho tensione normale massima e tensione tangenziale nulla. E quindi
la relazione che ci consente di ricavare la direzione di diramazione la penultima sulla slide, una
volta noti i due SIF.
Daltra parte per ogni SIF abbiamo dato un valore in funzione delle condizioni al contorno, della
direzione della cricca,del valore di m, sostituendo queste funzioni noi otteniamo questa nuova
forma di equazione in 0 che contiene anche m e | (ultima relazione sulla slide).La direzione in u c
non dipende dal valore delle tensioni ma solo dal rapporto dei valori di esse, pi lorientamento. Ora
23
evidentemente se |=0 la cricca allineata con sigma2, e quindi non c K
I
; se invece
2
t
| =
evidentemente la cricca perpendicolare a sigma2 e parallela a sigma1,e sar sigma1 che non avr
pi il K1. Per di pi m pu variare tra 0 e 1 (volendo va da 0 ad infinito): se fosse >1 potrei invertire
la misura di | e il risultato non cambierebbe.
Evidentemente se |=0 si ottiene che 0=0, cio praticamente se la cricca allineata con sigma2,
continua a propagare lungo sigma2; nel caso in cui m=0 avremmo 0 = 0 e quindi non sapremmo
valutare 0 (in realt vedremo che va a zero per continuit).
Se
2
t
| = la cricca sar allineata con sigma1, e allora sen0=0.

SLIDE 7

In pratica una curva che noi otteniamo su un diagramma di questo genere; sono tutte curve che per
|=0 e |=90 mi danno 0=0 tranne il caso m=0 dove per continuit se noi portassimo al limite il
valore che abbiamo per 90
-
(anzi per 0
+
) allora dovremmo ottenere che questa strana curva
andrebbe a circa 72 e quindi presenterebbe una discontinuit con le altre; in realt questa
discontinuit puramente analitica : tutte quante le curve partono da zero, crescono e poi tornano a
zero e man mano che m diminuisce il punto di massimo si sposta verso lasse delle ordinate quindi
sostanzialmente questo un punto degenere (quello a 72 sullasse delle ordinate) perch la curva
qui dovrebbe presentare una cuspide ma in realt per m=0 se se |=0 anche 0=0 per subito dopo
0=72 ;poi ancora se mi metto ad un certo valore di | allaumentare di m langolo di diramazione
diminuisce. Questo chiaro perch allaumentare di m si sente la presenza di sigma1 che aumenta e
far deviare la cricca nella propria direzione e quindi chiaro che 0 deve diminuire allaumentare
di m . Ora per se guardiamo lequazione (in basso alla slide 6) questa non ci dice altro che se la
cricca propaga , lo fa nella direzione 0 (ammesso che propaghi) : la cricca propagher se il K
complessivo corrisponde alla tenacit; e qual il K complessivo? Non lo sappiamo definire ma
sappiamo dire la sollecitazione pi grande o pi piccola di questa quantit , possiamo dire che K
minore della tenacit ma quando un K solo. Questa qui (slide 6: quantit in parentesi quadra
nella seconda equazione della slide) una combinazione di due K : in molti codici di calcolo voi
sentirete parlare di K effettivo. Allora possiamo dire che se K effettivo minore del K
c
non si ha
propagazione altrimenti si ha propagazione. In pratica la cosa pi logica dire: se la tensione
t
o
nella possibile direzione di propagazione(quindi come valore massimo) risulta minore della
t
o critica (resistenza residua) per la cricca disposta come disposta e caricata nel modo I
perpendicolarmente, allora non si ha propagazione altrimenti si ha propagazione. Allora
t
o avr
propagazione in condizioni critiche, quindi venuta meno la resistenza critica se
t
o vale K
c
cio
tenacit su radice di 2tr.
In pratica,ripetendo il concetto, io ho determinato la direzione nella quale si pu avere la
propagazione ma devo capire se la propagazione avviene o non avviene. Se mi metto in stato
monoassiale dico che la propagazione avviene se la sigma che uguale a K su radice di 2tr
raggiunge la resistenza residua la quale pari a
r
K
c
t 2
; solamente la
t
o massima data proprio da
questa espressione e ci si chiede dove sia la funzione di 0 : non c perch io ho una cricca
perpendicolare alla direzione del carico e quindi si sta aprendo , quindi si allunga semplicemente .

SLIDE 8

24
Qua malgrado la forma sta avvenendo la stessa cosa perch io sto pensando a una cricca che si
allunga in direzione 0 ed un discorso che posso fare perch in direzione 0 le t sono assenti quindi
mi sono riportato di nuovo nella condizione che mi ha consentito di scrivere questa relazione della
resistenza residua (quella di cui si parlato prima).
Allora sostanzialmente se si determina la propagazione della cricca, si determiner nella direzione 0
fornito da questa equazione (probabilmente lultima sulla slide 6) e si verificher qualora sia almeno
soddisfatta questa equazione (la prima sulla slide 8) oppure se la disuguaglianza sia maggiore. In
pratica posso pensare di imporre un valore di K
II
, ricavo K
I
e ottengo cos lequazione di 0.
Ricavato 0 torno indietro e mi ricavo un valore di K
I
. Questo per spiegare come realizzato questo
diagramma, il quale mi indica le coppie di valori K
I
e K
II
che danno luogo a propagazione, per i
quali vale il segno di eguaglianza (nella prima equazione sulla slide). Quello che non vedete in
questo diagramma langolo(non si capisce perch c il cambio di cassetta).
Notate bene questo che sta scritto qua; tutto il criterio che noi abbiamo sulla tenacit di cui abbiamo
gi parlato basato su una tensione che raggiunge un valore limite: il K che raggiunge la tenacit, la
sigma che raggiunge
r
K
c
t 2
non altro che il criterio della massima tensione normale.
Quindi ci siamo dimenticati di Von Mises e di Beltrami ,in pratica stiamo parlando di tensioni
normali, ed chiaro che stiamo parlando di frattura fragile. Per i materiali fragili non si ha un
apprezzabile variazione di forma ma un allontanamento delle fibre atomiche. Se siamo allinterno
della curva non si verifica la propagazione perch i punti sulla curva sono quelli che ci determinano
la eguaglianza.(La compressione mi chiude la cricca e non la fa avanzare).



SLIDE 9

A questo punto abbiamo fatto una panoramica sulla sovratensione in presenza di frattura , sulle
possibilit di calcolare i SIF su alcuni casi emblematici, perfino sulle cricche tridimensionali e poi
ci siamo soffermati su questi casi di sollecitazione biassiale. Tutto quello che abbiamo detto
potrebbe essere affrontato in una maniera diversa: facciamo ci per il fatto che ragionando in
maniera diversa otteniamo le stesse cose in una nuova forma, e pu essere che impariamo qualcosa
in pi e, stranamente, i criteri di cui stiamo parlando sono i criteri energetici che, nel campo della
frattura, sono stati applicati molto prima di quelli dei quali abbiamo parlato.
Nel 1921 se non erro un tale ingegner Griffith inizi a fare degli studi sul vetro e si accorse per
primo della presenza di fratture che si propagavano (daltra parte il vetro il materiale fragile per
eccellenza: o propagava o no, quindi non si ha una cricca che si propaga piano piano; o si ha una
cricca ferma o si ha una cricca che si propaga a razzo).
Gli studi di Griffith furono presi in considerazione solo in un secondo momento (Vestergard,etc)
alla luce anche della innovazione tecnologica.
Linizio dellidea abbastanza semplice.
Supponiamo di avere una cricca che si propaga e facciamo il bilancio energetico: avremo un
sistema sottoposto ad un sistema di carichi, e avremo che il lavoro eseguito dalle forze esterne in
una parte sar conservato nel corpo sotto forma di energia di deformazione, e dallaltra parte
unaltra quota sar utilizzata nellavanzamento della cricca. Quindi in generale possiamo scrivere
questa equazione (la prima) che molto banale.
E che succede se le forze esterne non compiono lavoro (cio sono nulle)? Allora vuol dire che
U+W=0 . U lenergia immagazzinata e W lenergia spesa per lavanzamento della cricca.
Possiamo dire che se c W ,cio se c lavanzamento della cricca, allora W=-U (-U lenergia
elastica rilasciata).
Questo un modo per dire Lavanzamento della cricca pu avvenire se disponibile energia
sufficiente che ha immagazzinato allinterno del corpo come deformazione elastica ; quindi se il
25
corpo ha assorbito una certa dose energia elastica la pu mettere a disposizione della cricca perch
si determini il suo avanzamento.
Poich la configurazione del corpo cambia molto con lavanzamento della cricca, possibile
esprimere questo criterio in termini differenziali, in corrispondenza di un incremento di lunghezza
da della cricca. E quindi possiamo scrivere le relazioni in basso alla slide, e la condizione per la
propagazione questa
da
dW
da
dU
= (come condizione limite, perch in realt dovremmo avere il
segno maggiore (vedi slide 10)).





SLIDE 10

Nella prima relazione della slide
da
dU
chiamato gradiente di rilascio dellenergia (ed un
gradiente e non una velocit), e si indicato con G per ricordare Griffith, mentre
da
dW
lo
chiamiamo R. Per cui si dice che se G>R si ha propagazione, se G<R non si ha la propagazione.
Questa relazione ha rivoluzionato la meccanica della frattura e ha dato luogo a delle curve che non
sono altro il diagramma di R per varie lunghezze della frattura e che si chiamano R-curve. Allora la
prima cosa da capire come si calcola G, che la quantit di energia rilasciata nel momento in cui
si va ad aprire una cricca, oppure la quantit di energia assorbita nel momento in cui vado a
chiudere la cricca, dal momento che il sistema elastico lineare. Lo schema che abitualmente si
adopera per il calcolo di G questo: ho una cricca di lunghezza a e la vado a chiudere di o=da ,
applicando le tensioni necessarie per la chiusura, che sono quelle che agiscono qui se il sistema
continuo. Applicher per la chiusura le tensioni
r
K
t 2
compiendo un lavoro: devo chiudere solo
un pezzo della cricca, e quindi ad un certo punto ho il valore x=-o+r ,pi la distanza dallapice che
sto formando, quindi a-o+r = x .
Posso dire che lenergia immagazzinata non altro che il lavoro speso da queste
y
o per chiudere;
allora la sigma agir su una superficie con altezza dr e profondit quella che (ad es. 1). Questa
forza elementare deve compiermi un lavoro per uno spostamento v. Devo considerare uno
spostamento 2v perch le sigma stanno sopra e sotto. Nellespressione del v posso togliere i termini
quadratici (passaggio con il ~) perch mi trovo con lunghezze molto piccole. Devo quindi risolvere
lintegrale, e ottengo che lenergia assorbita o
E
K
U
I
2
= e quindi ricavo
E
K
G
I
2
= (Abbiamo
supposto uno stato piano di tensione; se avessimo supposto uno stato piano di deformazione
avremmo avuto
E
K
G
I
2
2
) 1 ( v = ) . A questo punto capite che o calcoliamo G o calcoliamo
I
K
abbiamo fatto la stessa cosa; quindi un qualsiasi criterio fondato sul SIF , fondato sulle forze, o
fondato su G, quindi in termini energetici, la stessa cosa.

SLIDE 11

In tutto quello che abbiamo detto abbiamo detto che le forze esterne non compiono lavoro; vediamo
cosa succede se compiono lavoro.
26
Quando applichiamo le forze possiamo lavorare in termini di controllo di carico e di controllo di
spostamento; possiamo dire che la cricca propaga a carico costante o che la cricca propaga a
spostamento (allungamento) costante . Mi spiego meglio facendo questi due esempi: nel primo ho
una piastra forata criccata di lunghezza l e di una certa larghezza che, sotto lazione di un carico P
0

,si allunga di Al. Qual lenergia che ho immagazzinato? Ho il diagramma in cui le ordinate sono i
carichi e le asciss gli spostamenti, e traccio la retta OA e il raggio vettore del punto di
funzionamento. Larea OAB rappresenta lenergia elastica immagazzinata.
Supponiamo adesso che la cricca non sia pi lunga a, ma a+Aa, e sto lavorando in controllo di
spostamento, per cui faccio allungare la piastra di Al. Ovviamente, siccome chiaro che la
cedevolezza della piastra aumentata, per fare aumentare la lunghezza di Al devo applicare un
carico pi basso. Questo si poteva dedurre anche facendo il calcolo al centro della slide che in realt
sbagliato perch parte dal concetto che tutto il Al sia localizzato in questa sezione (quella
adiacente alla cricca),il che sbagliato per rende lidea. Allora per questo secondo carico ottengo
lo stesso Al per sotto un carico pi basso, quindi avr immagazzinato unenergia inferiore, per
esempio OCB.
Allora nei due casi c una differenza di energia immagazzinata, che rappresentata da OAC,che
pu essere interpretata come quella energia che deve essere rilasciata per creare la lunghezza Aa a
parit di allungamento complessivo della piastra.

SLIDE 12

Naturalmente posso fare lo stesso ragionamento anche a carico costante: se ragiono a carico
costante ovviamente le due piastre, proprio perch quella in cui c la cricca maggiore ha
cedevolezza maggiore, si allungheranno in maniera diversa. Posso allora dire che quando ho la
cricca di larghezza a assorbo lenergia OAC, quando ho la cricca di lunghezza a+Aa assorbo
lenergia OEF. Quindi lenergia elastica che si rende disponibile nel passaggio da a ad a+Aa OAE,
mentre CAEF il lavoro compiuto dalla forza P. Quindi PAl=CAEF che come sappiamo deve
essere il doppio di OAE.
Leggere nota a fondo slide.

SLIDE 13

Questo discorso pu anche eere visto in forma generale analizzando un carico di questo tipo. (I
simboli non sono gli stessi usati in precedenza: F=L
f
).
Nel momento in cui ho dei carichi che compiono un lavoro, posso calcolarmi G:
) ( dU dL
da
d
G
f
= ; se il carico P, il lavoro che viene compiuto perch mi cambia
lallungamento, quindi sar
da
l d
P
) (A
. U lenergia interna, pari a l P U A =
2
1
, e poi
considerando C
P
l
=
A
dove C la cedevolezza, possiamo scrivere
2
2
1
CP U = . Vado ad inserire tutto
nella relazione in alto e, derivando a parti, si ottiene la relazione finale.
Per scrivere lequazione finale occorre supporre P=cost. altrimenti avrei dovuto avere anche il
termine
da
dP
C = , che non c. La G pu essere interpretata come variazione di energia interna che
ho a carico costante anche se le forze compiono un lavoro; quindi mentre io allinizio ero arrivato a
questa espressione (questa in basso) supponendo nullo (non considerando) il lavoro delle forze
esterne, arrivo alla stessa espressione considerando le forze esterne, purch sia interpretata in modo
tale da dire che ho un carico che costante.

27
SLIDE 14

Allora G sistemata.
Daltra parte abbiamo W: se abbiamo detto che la propagazione avviene quando G>R, se non
sappiamo calcolarci W il discorso rimane lettera morta.
Griffith, non sapendo come cavarsela, disse W=(cost. * lunghezza di frattura), cio W
proporzionale alla frattura. In realt lui ragion in termini di energia necessaria per creare una
superficie esterna (io sto separando), per nel momento in cui creo una frattura io sto creando 2
superfici esterne, e per questo mi compare 2; quindi diventa lenergia necessaria per creare una
superficie unitaria. Il fatto di dire 2a vuol dire che questa energia indipendente dalla lunghezza
della cricca che sto realizzando o a partire dalla quale mi sto muovendo,e quindi la lasciamo cos, n
modo da scrivere che R=2 che costante. Questo vuol dire che se io ho un componente posso
capire se
t o
2
2
>
E
a
oppure no. R quindi rappresenta una capacit del materiale di resistere, al di
l del quale si formano queste due superfici, quindi praticamente la cricca pu avanzare.
Supponiamo allora di avere un materiale per il quale io conosca R che costante; quindi posso
costruirmi un diagramma (quello sulla sinistra): sullasse delle ascisse riportiamo la lunghezza della
cricca e sullasse delle orinate posso riportare G o R. Se riporto R=2=cost. una propriet del
materiale ed sempre la stessa, se riporto
E
a
G
t o
2
= sar una rette perch proporzionale ad a.
Logicamente se io prendo per esempio questa retta (quella col punto A) se prendo questo punto (un
punto generico sulla suddetta retta nella parte tratteggiata) ho una cricca di una certa dimensione a,
poich G<R la cricca non propaga. Se arrivo al valore di a1 allora G=R e sto in condizione di
incipiente propagazione. Queste due rette corrispondono a valori di sigma diversi e , in particolare,
sigma2<sigma1 perch, dal momento che
t
o
crit
crit
a
K
2
= , se ho un a critico pi grande avr una
sigma pi bassa.
In realt si adopera il diagramma sulla destra: un diagramma che corrisponde ad uno spostamento
della scala dei tempi. Si fotografa listante attuale e si dice che la cricca ha questa lunghezza e poi in
futuro ci saranno degli incrementi di cricca, quindi dei Aa. E un diagramma in cui si scrive
sullasse delle ascisse un Aa e sullasse delle ordinate non cambia niente. Sullo stesso asse delle
ascisse, ma dal lato negativo, io posso riportare la lunghezza della cricca che io vedo in questo
momento. Uhm Uhm
Se per esempio sono partito dalla cricca di lunghezza a1 con la tensione
1
o , il tratto OH G
nellistante presente ed pari ad R, quindi mi trovo in condizione di incipiente propagazione. Se la
stessa cricca caricata da una tensione
2
o , nellistante attuale il G pari al tratto OF, che minore
di R, e la cricca non propaga.
Solo se per opera dello Spirito Santo questa cricca avesse questo aumento di lunghezza (ai) che non
pu avvenire stabilmente quando la propagazione lenta perch G<R, allora si avrebbe
improvvisamente la propagazione instabile.
Invece se ho la
2
o , quindi il carico minore, per avere adesso la propagazione dovrei comunque
avere il valore di G questo (boh?) e quindi la cricca oggi sarebbe dovuta diventare pi grande,
perch se io porto una retta parallela a
2
o e G questo (mah!), nellistante attuale incontro
lintercetta che mi rappresenta la lunghezza di cricca.
Quindi questa unapplicazione molto semplice che per mette in luce quel discorso che abbiamo
fatto per sapere se la cricca propaga o no. Attenzione! Perch se propaga, propaga di brutto perch
G aumenta sempre mentre R resta lo stesso (aumenta sempre leccesso di G rispetto ad R): quella
che si chiama propagazione instabile (qualcuno mi fermi: la propagazione parte e non si stoppa
nel modo pi assoluto).
28

SLIDE 15

Non detto che G sia dato da una retta. Se sto lavorando in controllo di spostamento, poich cambia
la cedevolezza, al variare di a cambia pure sigma perch il Al costante, e quindi va a finire che io
otterrei un diagramma di questo genere (in alto a sx); per una finezza perch possiamo ritenere
sostanzialmente che le curve G costante siano delle rette.
Torniamo un attimo indietro (diagramma in basso a sx) e torniamo al diagramma in cui per una
certa cricca noi avevamo posto le tensioni sullasse delle ordinate, le lunghezze sullasse delle
ascisse e avevamo fatto delle curve a K costante.
Se la pi esterna mi rappresenta la tenacit , io ho modo di stabilire la lunghezza critica di una
cricca; supponiamo che nellistante presente i io abbia certi valori di a e sigma , quindi il mio K
quello che mi identifica la curva interna, mentre la tenacit il K che mi indica questa altra curva.
Praticamente la lunghezza critica sar questa (dal punto (ai,sigmai) fino al corrispondente punto
sulla curva esterna procedendo orizzontalmente): senonch avviene una cosa che ci fa pensare di
non aver capito niente. Se ho un materiale fragile quanto detto sopra corretto; se il materiale
duttile lesperienza ci insegna che passare da ai ad a critico a carico costante impossibile ma, ad
ogni aumento di a si accompagna anche un aumento di o, in modo tale che per arrivare alla rottura
occorre percorrere una curva che ha per lo pi quellandamento (la curva tratteggiata tra le due
curve a K costante).
Questo vuol dire che per passare dalle condizioni attuali alle condizioni critiche io avr un aumento
di lunghezza per un aumento di carico e poi star buono; se ho un altro aumento di carico avr un
altro aumento di lunghezza e star buono; e cos via.
Poich io posso stare in equilibrio solo se G<R , vuol dire che per i materiali duttili R non
costante.Infatti se andiamo tracciare R per un materiale duttile (diagramma in alto a dx) avr una
curva crescente (R-Curve).Vedete che se mi trovo qui (ai), con questo valore della tensione (quello
col punto B), posso pensare che per essere G=R si debba avere la propagazione della cricca, ma in
realt non vero perch nel momento in cui aumentata un poco la cricca (Aa2) R diventato pi
grande, quindi in quel momento G diventa pi piccolo di R e non si ha propagazione. Si avr
propagazione se cambio la tensione ad un altro valore, in modo tale che il G passi per questo valore
( C ). La cricca non si fermer pi quando arrivo al punto di tangenza ( D ) perch, siccome la R
non cresce ulteriormente al di l di quella tangente, allora se aumenta la cricca aumenta R, ma si
trova sempre sotto la retta, e per questo continua a propagare.
Quando ho un materiale duttile, lipotesi per la quale non si ha propagazione non solo G>R, ma
deve risultare anche
da
dR
da
dG
> . E evidente che quando sto parlando di propagazione, sto parlando
di propagazione inarrestabile, e cio quella propagazione che chiamiamo instabile, mentre in tutta
questa zona (area nella zona BCDH) la propagazione stabile, cio applico un carico, aumenta un
poco e si ferma, e cos viacio pu essere controllata, a differenza del caso precedente. Il
problema come si ricava la R ,come si ricava la curva R. Questa curva si ricava sperimentalmente
barando perch si dice : la propagazione si ha quando G=R ma io R non la so misurare mentre so
misurare G. Allora carico il provino, nel momento in cui si rompe vedo qual la G e mi ricavo il
valore di R. Giocando in questa maniera si costruisce la curva R del materiale.

SLIDE 16

Questa pagina poesia perch ogni volta che devo fare dei conti ho bisogno di una forma analitica
della curva R. Allora si da alla curva R una forma di questo genere:

|

A =
1
a R in cui occorre ricavare i coefficienti | e . Questa una forma che viene data sulla base
di una relazione sperimentale e cio praticamente : se io considero una cricca che adesso ha
29
lunghezza a0 e che arriva a rottura dopo che stata incrementata di Aa , avr la lunghezza critica
a+Aa che pi o meno proporzionale ad a0 per qualunque a0 e cos ricavo la formula analitica della
curva R.

SLIDE 17

Ma molto pi importante di questo capire perch i materiali duttili hanno una curva curva R e non
hanno pi R costante. Non hanno R costante perch noi finora abbiamo parlato di frattura fragile,
mentre nei materiali duttili si verifica una frattura duttile, la quale dovuta a tuttaltri fatti e si
propaga in tuttaltra maniera anche se leffetto finale poi lo stesso. Il meccanismo di rottura
diverso : non pi quello della separazione netta delle file di atomi, ma dovuto, come abbiamo
detto quando abbiamo cominciato a parlare di frattura ,alla creazione di vuoti; siamo partiti
dallidea di avere delle inclusioni, degli intrusi tra un grano e laltro e, in determinate
circostanze,sotto lazione del carico, nel momento in cui questo carico eccede di un valore che
dipender dal tipo di materiale, dal tipo dellinclusione, dalle dimensioni dellinclusione..(cambio
cassetta ).
Le inclusioni allinterno di un materiale duttile sono numerosissime e saranno quindi distribuite in
vario modo quindi sotto lazione del carico, allaumentare del carico, in certe zone comincia a
determinarsi la nucleazione ; cio praticamente le pareti del materiale base si distaccano da queste
inclusioni. Se aumento il carico si nucleeranno altri vuoti, ma quelli che gi esistono per effetto del
carico si ingradiranno cio aumenteranno. Ovviamente supponiamo che questa sia una sfera
(secondo oggetto in alto)se io tiro, se ho il distacco,questo vuoto aumenter di dimensioni in questa
direzione (quella delle frecce) qua invece non pu ridursi perch c linclusione (guardare figura),
tender quindi a diventare un ellisse sempre pi pronunciata e sempre pi staccata dallinclusione.
Contemporaneamente allaumentare del carico la distanza tra questi vuoti andr a diminuire finch
ad un certo punto si romper la zona intermedia tra 2 cavite si avr la coalescenza. Allora nel
momento in cui io comincio a prendere un materiale in cui ci sono diverse inclusioni (fig in basso a
dx) avr una frattura che si propagher per coalescenza di vuoti : quindi il meccanismo che
determina la crescita della frattura sar tale da provocare una crescita che vedr in qualsiasi istante
delle inclusioni che non si sono mosse, dei vuoti che si sono appena nucleati, altri che sono in fase
di accrescimento e altri ancora che sono in fase di coalescenza e poi ci sono quelli che sono
scassati . Abbiamo aumentato il carico e avr quindi che questa cricca pu aumentare. Questo un
modello molto attuale che stato proposto da Gurson (fig sulla destra) : sostanzialmente lidea della
nucleazione del vuoto viene ad essere collegata con una certa deformazione locale; in pratica se la
deformazione locale supera un certo valore allora avviene il distacco tra linclusione e la particella .
Questa deformazione (energia) minima di cui ho bisogno dipende dalla di Griffit che una
costante caratteristica del materiale e anche da R
0
che il raggio dellinclusione pensando che
linclusione sia una sferetta: siccome R
0
elevato alla potenza 1/2 allora quanto pi grande
linclusione tanto pi piccola la deformazione necessaria per innescare la formazione di vuoto. Poi
una volta determinatisi una serie di vuoti la deformazione cresce ancora e in qualsiasi istante lasse
maggiore del vuoto sar funzione della deformazione alla quale siamo arrivati, mentre nello stesso
tempo sar diminuita la distanza tra 2 cavit (queste cavit che saranno lontane, per effetto del
carico si allungano e si avvicinano).

SLIDE 18

Evidentemente esister un valore della deformazione aldil del quale si ha la coalescenza, quindi
aldil del quale le zone si vanno a riunire: questo avverr in corrispondenza di una deformazione
finale detta c
f
e secondo Gurson si ritiene che la condizione di criticit sia esprimibile attraverso una
relazione tra b ed X, dimensione del vuoto e distanza tra i vuoti (vedi relazione in basso). K(n)
funzione del tipo di materiale.
30
X e b li abbiamo gi calcolati, quindi, a parte la c
f
, parlare di b/X e parlare di
0
0
X
R
la stessa cosa,
ma R
0
il raggio dellinclusione e X
0
la distanza iniziale tra le inclusioni, quindi possiamo avere
unidea di quello che avviene.

SLIDE 19

Supponiamo di considerare un cubetto di materiale base: quindi la X
0
pari al passo tra una
inclusione e laltra; questo cubetto, che sar un insieme di elementi finiti nella modellazione, avr
un volume X
0
* X
0
* X
0
; contemporaneamente al centro di questo cubetto c il difetto, cio c
uninclusione di raggio R
0
, quindi avr un volume pari a
3
0
3
4
R t . Se consideriamo il rapporto f tra il
volume dellinclusione e il volume del materiale ,vediamo che esso dipende dal rapporto
3
0
0
|
|
.
|

\
|
X
R
,e
quindi questo rapporto
|
|
.
|

\
|
0
0
X
R
sar la frazione di inclusioni che caratterizza il mio materiale e sar
pi basso o pi alto a seconda della qualit iniziale. E chiaro che se K, che determina la criticit
della situazione del mio materiale, una costante del materiale, evidente che se
|
|
.
|

\
|
0
0
X
R
pi
piccolo, per arrivare alle condizioni critiche ho bisogno di una c
f
pi grande, cio di una
deformazione maggiore. Se invece
|
|
.
|

\
|
0
0
X
R
pi grande, cio se la qualit inferiore perch ci sono
molte inclusioni oppure ci sono inclusioni di grosso diametro, mi basta una deformazione pi bassa
per arrivare alle condizioni critiche. Tutto questo lo si scrive in questa maniera (relazioni in basso),
e si vede che la c
f
funzione della percentuale di inclusioni che io ho nel mio sistema.






















31
Meccanica della frattura p.2
12) LE FIGURE IN OGNI SLIDE SONO CONTATE DALLA PRIMA IN ALTO A SINISTRA IN SENSO
ORARIO
Lezione del 17/02
Iniziamo questa lezione introducendo lintegrale J che si basa sullanalisi dellenergia potenziale di
un corpo ciccato, la quale dipendeva dalla differenza tra lenergia complessiva di deformazione ( W
che consideriamo estesa allarea dal momento che lanalisi condotta bidimensionale)e il lavoro
compiuto dalle forze al contorno. Se ci interessa quindi il gradiente dellenergia potenziale, come
ipotizzato da Griffith, lungo la lunghezza della cricca, bisogna derivare lequazione dellanalisi
dellenergia potenziale rispetto alla lunghezza della cricca. Rice per dimostr, applicando il
teorema della divergenza, che tale gradiente poteva essere posto in una forma particolare che da
integrale di superficie passava a integrale di linea e il potenziale elastico W veniva integrato solo
lungo la direzione perpendicolare allasse della cricca (vedi dx
2
), mentre il prodotto tra le forze
esterne e i gradienti di spostamento veniva valutato in direzione parallela allasse della cricca (vedi
dx
1
). C da dire che Rice dimostr anche che questo integrale valutato lungo la linea chiusa era
pari a 0, detto integrale J. Il fatto che lintegrale J sia pari a 0 lungo una linea chiusa porta alla
conseguenza: supponiamo di avere un corpo criccato e di fare una curva chiusa, che abbraccia
lapice della cricca, un segmento di uno dei due lati delle labbra della cricca, unaltra curva che
riprende lapice della cricca e il restante labbro della cricca. (slide 22) Dallanalisi della figura 1 si
nota che i tratti appartenenti alle labbra della cricca, AF e CD, sono scarichi e non danno contributo
allintegrale: ci vuol dire che lintegrale esteso alla prima curva
1
pi lintegrale esteso alla
seconda curva
2
deve essere pari a 0, ovvero il primo integrale deve essere pari a - il secondo
integrale, ma poich le due curve sono state percorse in senso opposto, se invertiamo il segno di
quella percorsa in senso orario (per convenzione), i due integrali diventano uguali. Lintegrale J
quindi nullo se esteso ad una linea chiusa e assume un valore costante su qualsiasi curva che
partendo da un labbro della cricca arriva sullaltro abbracciando lapice della cricca, rimanendo
tutto allinterno del corpo ciccato. Se per continuiamo a considerare che lintegrale J la derivata
rispetto alla lunghezza della cricca dellenergia potenziale, non possiamo non evidenziare che J e G
sono la stessa cosa e quindi possibile descrivere le curve G,R analogamente a J
R
,R (in figura 2
dove a R sostituito J
R
)ed importante perch il significato di J pi completo di quello di G, il
quale richiede un comportamento lineare elastico del materiale mentre J valido sempre e quindi
uno strumento molto adottato per studiare il comportamento di un elemento criccato e delle
vicissitudini che si verificano nellintorno dellapice della cricca anche se non applicabile la teoria
elastica e cio per piccole deformazioni plastiche. (slide 23) Laver detto che J valido anche in
campo plastico ci da il l per affrontare la verifica dellesistenza di una zona plastica nellintorno
dellapice della cricca, zona di cui si verifica lesistenza immediatamente poich la tensione per R
che tende a 0 va a sia in direzione X che in direzione Y e quindi i risultati trovati non possono
essere validi in tale regione. Ci si chiede quindi fino a che distanza valida la teoria elastica.
Prendendo in esame la figura 1, e quindi la
y
, applicando il modello di Irwin si ricava il raggio
plastico r
*
p
in corrispondenza del quale la
y
uguale a quella di snervamento e quindi al di sotto di
esso c la zona plastica e sopra quella elastica. In realt per questo raggio deve essere corretto e
quest approssimazione la si rappresenta graficamente (figura 1) introducendo una circonferenza di
diametro r
*
p
dallapice della cricca, che rappresenta la zona plastica. Quindi il diagramma
sbagliato poich al di sotto del raggio plastico la
y
costante e pari a quella di snervamento
ys
,
seguendo la teoria di materiale elastoplastico senza incrudimento. Questerrore si evince dallanalisi
del diagramma, poich larea sottesa pari al carico all e quindi se diciamo che non pi valida
questa zona del diagramma, lequilibrio complessivo dellelemento criccato non pi verificato.
Evidentemente se la parte tratteggiata in figura 1 deve essere eliminata e la
y
non deve
ulteriormente crescere (materiale elastoplastico senza incrudimento) deve verificarsi che le ordinate
devono essere maggiori per verificare lequilibrio energetico: ci si ottiene shiftando la curva come
si vede in figura 1 di slide 24 e questo comporta che la zona a sigma costante aumenta (aumenta
32
cio il raggio plastico)e da questo punto in poi si ottengono delle ordinate sempre maggiori. Il
problema ora calcolare di quanto spostare il diagramma, e quindi calcolare leffettivo raggio
plastico. Irwin not che il maggior valore del raggio plastico corrispondeva alla maggior zona
plastica calcolata prima che noi avremmo se la lunghezza della cricca invece di essere a sia a
eff

(vedi figura 2) e la differenza delta rappresenta proprio lo spostamento del diagramma. Introdusse
quindi il concetto di lunghezza di cricca fittizia come quella cricca che presenterebbe quel raggio
plastico calcolato in prima approssimazione. Dallanalisi della figura 2 quindi il raggio plastico
rappresentato da delta pi lambda dove questultimo rappresenta il raggio plastico di prima
approssimazione della cricca fittizia mentre r*
p
rappresenta il raggio plastico di prima
approssimazione della cricca effettiva. Poich delta di solito molto piccolo rispetto ad a si ottiene
che non cambia molto tra la cricca effettiva e quella fittizia e che lambda e quasi uguale a r*
p
. A tal
punto lunica cosa da calcolare qual la maggior lunghezza della cricca fittizia che consente di
avere lequilibrio delle aree. In base a ci a sinistra di lambda la sigma costante e quindi pari a
sigma
s
*(delta+lambda), quantit che deve essere uguale che pare da delta e arriva a lambda (in
base a ci lintegrale va da 0 a lambda), da ci si ricava che delta uguale a r*
p
. Da tale analisi si
evince che lerrore commesso sul raggio plastico di prima approssimazione del 50%. (slide 24)
Per cominciare a tenere conto di un campo con comportamento plastico il SIF sar corretto con
laggiunta del raggio plastico fittizio dal momento che stiamo parlando di una lunghezza fittizia. Per
arrivare ad un SIF pi accurato per successive iterazioni. Quando abbiamo studiato la cricca
abbiamo tenuto conto dellapertura delle labbra sotto un carico infinito e abbiamo considerato il
cosiddetto COD, che lapertura (2 volte lo spostamento) della cricca al centro; di conseguenza,
considerando un COD variabile, allapice della cricca, esso deve essere pari a 0. Questo non vero
per nel caso di deformazione plastica poich nellapice della cricca, gli spostamenti non sono nulli,
e si ha uno stiramento dellapice stesso. L apertura della cricca allapice per effetto della plasticit
detto CTOD, misurato in seguito a un COD, dato dallapertura del provino (figura 2) il quale da
una trave diventa una bilatera e dal suo studio si pu risalire allabbassamento e cio allangolo di
inclinazione della trave e quindi il punto a stiramento nullo. Per differenza tra il punto ad
abbassamento nullo e la semilunghezza della cricca stessa, si pu risalire al CTOD e quindi al SIF.
Passando alla slide 25, si pu precisare che r*
p
rappresenta la maggior lunghezza della cricca fittizia
e che la zona plastica corrisponde circa al 30% della lunghezza della piastra e ci dipende oltre dal
materiale, anche dalla lunghezza linearmente e dalla sigma remota quadraticamente. Questo fa si
che nello studio della propagazione di una cricca evidente che la lunghezza della cricca aumenta
sempre e ci dovuto ad una ridistribuzione degli sforzi perch si vanno a modificare le sezioni
resistenti e praticamente mentre la lunghezza della cricca aumenta sempre, davanti ad essa avanza
sempre pi un fronte di zona deformata plasticamente. Possiamo quindi supporre come rotto un
componente in cui presente una discontinuit fisica (si supera la tenacit) ma anche vero che se
tutta la struttura si plasticizza, cominciamo ad avere una resistenza sempre pi bassa a parit di
deformazione: si accetta quindi come convenzione che un componente rotto quando in parte
criccato e plasticizzato per tutta la rimanente zona resistente. Si precisi che comunque tutto questo
dipende dallintensit della tensione applicata e che la relazione per il calcolo del raggio plastico
fittizio valida solo in salita e quindi la storia di carico ha unimportanza fondamentale
(meccanismo di propagazione della cricca). Successivamente, nel calcolo del COD quindi
considerando solo la zona criccata, senza considerare la zona plasticizzata, si commette un errore di
circa il 20%. In conclusione il metodo di Irwin ci da in modo semplice la determinazione della zona
plastica ricorrendo ad uno studio del diagramma, cio confrontando tale diagramma con la curva
tensione-deformazione del materiale. (slide 26) Quello di Irwin non il solo modello che fornisce il
raggio plastico dal momento che esiste anche il modello di Dugdale, il quale meno immediato ma
sempre pi comune. Supponiamo di avere la solita cricca di lunghezza 2a su una piastra sottoposta
ad un carico allinfinito e consideriamo una cricca fittizia di lunghezza 2a+la parte plastica, come
prima: lunica differenza che =(figura 1). Se avessimo questa cricca di semilunghezza a+ per
effetto della azione esterna questa cricca si aprirebbe, se non si aprisse perch in questa zona la
33
tensione di snervamento (poich siamo in campo plastico) la mantiene chiusa. Dugdale si chiese
quanto valeva il SIF allestremit della zona plastica, ma poich siamo allinterno del materiale il
SIF=0, perch la cricca chiusa, ma poich il SIF dato dalla somma di K

della cricca fittizia


sottoposta a carico infinito e k

dovuto alleffetto delle sigma di snervamento che lo vanno a


chiudere, da tale relazione si ricava quindi il valore di . Si pu usare anche la formula
approssimata in basso. Tali formule per il calcolo di sono approssimate in quanto abbiamo
considerato uno stato tensionale monoassiale: lo stato tensionale invece allapice della cricca
biassiale (SPT) o triassiale (SPD). (Slide 27) Il saperese un materiale si plasticizzato o meno in un
punto non pu prescindere dallaccettare un certo criterio di plasticizzazione (ad esempio Henky-
Von Mises) che consente di calcolare la tensione di confronto equivalente al comportamento del
materiale in campo monoassiale e quindi siccome stiamo studiando la plasticizzazione se la nostra
sigma di confronto uguale a quella di snervamento, funzione delle tensioni nelle tre direzioni
principali ottenute da Vestergard, si vicini alla plasticizzazione. A questo punto possibile o
ricavare la
s
in SPD o SPT oppure, conoscendo la
s
e comparendo una commistione tra distanze e
direzioni, si pu calcolare il raggio plastico come funzione della direzione e ci si accorge che la
distanza dallapice della cricca alla quale inizia la plasticizzazione diversa nelle diverse direzioni.
(slide 28) Dalla figura 1 si nota che in SPD la zona di plasticizzazione a forma di 8, mentre in SPT
a forma di fagiolo e ci che bisogna notare che la dimensione della zona plasticizzata in uno stato
piano di deformazione molto pi piccola della dimensione della stessa zona nel caso di stato piano
di tensione. Ci funzione delle ipotesi che abbiamo fatto circa la condizione di plasticizzazione:
infatti se al posto della condizione di Henky avessimo utilizzato Tresca, avremmo ottenuto delle
zone diverse e la scelta tra le due dipende dalle ipotesi che si fanno in partenza. Allo scopo
consigliata la visione di film giapponesi degli anni 50Quindi in generale la scelta si basa su
unapprossimazione dllidea e della legge fisica ad essa correlata: in altre parole ci saranno dei
materiali per i quali il comportamento di plasticizzazione sar en rappresentato dal criterio di
Tresca, altri da Henky. (Slide 29) Supponendo che sia valida lipotesi di Henky, si analizzi
lestensione della zona di plasticizzazione in corpi criccati: supponendo diavere una piastra come
quella in figura 2, andando a misurare lestensione della zona plastica nellintorno della cricca si
ottiene che il volume plasticizzato ha unestensione maggiore in superficie poi naturalmente si
riduce e diventa costante nella parte centrale; ci succede in piastre di almeno un certo spessore.
Questo illuminante nei confronti di un corpo sollecitato dallesterno: se non c carico applicato
sulle facce, anche le tensioni sono nulle e perci (figura 1-a) la prima caratterizzata da sigma=0 ed
il materiale libero di contrarsi. La superficie si presenter quindi curvata perch pu avere delle
0 e quindi =0. Lo stato di tensione potrebbe quindi essere definito piano o meglio ci si avvicina
molto, perch comunque la sigma e la Tau sono uguali a 0; per meglio dire si ha lo stato piano di
tensione sul pelo libero della piastra dal momento che non si mantiene piano per tutto lo spessore.
Nella zona immediatamente superficiale e subsuperficiale, la zona di plasticizzazione deve
somigliare molto a quella che corrisponde allo stato piano di tensione. Se ci si trova invece
allesterno (fig 1-b) se lo spessore abbastanza grande, lo stato di deformazione che si ha nella
parte centrale lontano da imbotti, tende a essere a deformazione piana e la zona plasticizzata tende
ad essere molto pi piccola. In generale ci vuol dir che si avr una zona sollecitata in maniera tale
da somigliare ad uno stato piano di deformazione finch il materiale nel punto considerato non
risente della prossimit delle superfici e si accorge che lazione da sinistra diversa da quella che
viene da destra e si deforma di conseguenza. In questo modo c poi il passaggio graduale tra uno
stato piano di deformazione a uno stato piano di tensione. Ci molto importante perch tutto
questo su una piastra molto sottile non ha senso di esistere perch man mano che cresce leffetto
della lontananza da queste superfici aumenta leffetto della vicinanza da questaltra e quindi non si
ha proprio modo di arrivare a uno stato piano di deformazione e tutta quanta la piastra avr una
strizione locale molto pronunciata dovuta a una ampia zona plasticizzata. Se invece abbiamo un
piastrone ci sar una grande zona centrale sulla quale non si sente leffetto delle superfici e nella
quale la zona plastica di dimensioni ridotte anzi si dir che in questo caso la zona in cui lo stato di
34
tensione pi o meno piano sar modestissima e la generalit di questo componente si comporter
come un corpo sottoposto a deformazione piana e ci sar una zona plasticizzata intorno allapice
della cricca molto ristretta (figura 3). (slide 30)Si precisi che tale analisi partita calcolando
lestensione della zona plastica con il criterio di massima sollecitazione (sigma
y
=sigma
s
); poi si
calcolata lestensione della zona plastica con un criterio pi logico, cio praticamente si sono
ricavate le tensioni principali e da queste siamo risaliti allestensione della zona plasticizzata.
Ritornando alla slide 27, c da dire che quando si scritto lespressione del r
p
() compare il SIF,
funzione della sigma remota (tensione allinfinito). Che legame c tra il remote stress e
lestensione della zona plastica e per quale valore del remote stress per il quale si inizia ad avere
una plasticizzazione. In pratica questo si fa assegnando la sigma
1
e vogliamo sapere a quale valore
bisogna arrivare per avere la plasticizzazione. Assegnando sigma
1
posso esprimeresigma
2
e sigma
3

in sua funzione tramite coefficienti n e m che non sono altro che rapporti delle sigma delle direzioni
principali. Fatto ci si pu ricavare la sigma
1
di plasticizzazione in funzione di sigma
s
che non pi
funzione della distanza (dal momento che, contenendo il SIF, facendo i rapporti si semplifica) ma
solo dellangolo . Da tale relazione si ricava nelle varie direzioni (al variare di n e m) come variare
sigma
1
in corrispondenza della quale comincia la plasticizzazione (non dice a che distanza avviene).
Le sucessive relazioni possono venir spiegate poich siccome le tensioni aumentano man mano ci si
avvicina allapicedella cricca sela zona plastica in SPD comincia quando la tensione 3 volte quella
di snervamento, mentre in SPT bastava che arrivava a quella di snervamento, evidente che la
plasticizzazione nel primo caso avviene ad una distanza molto pi vicina allapice della cricca
rispetto allSPD e quindi la zona plastica in uno stato piano di deformazione molto pi piccola
perch viene innescata sotto tensioni molto pi elevate. (slide31) Ci viene evidenziato in figura 1
dove il primo diagramma rappresenta il caso in cui sigma
1
(sigma
y
) uguale a sigma
s
, mentre nel
secondo sigma
1
uguale a 3sigma
s
; quindi se si deve plasticizzare in stato piano di deformazione,
questa plasticizzazione interessera sempre un volume assai pi contenuto. Questidea ha dato
originea quello che si chiama PCF(indicato con ), che non altro che la tensione massima che si
pu avere rapportata alla tensione di snervamento e che nel caso in esame sigma
1
/sigma
s
.
Ritornando alla figura 1 c da sottolineare che i due diagrammi sono diversi non perch le zone
lastiche sono diverse ma per il grado direalt con cui sono stati tracciati. Il secondo un diagramma
molto pi reale perch evidenzia un raccordo e una progressiva riduzione a zero. Abbiamo visto che
la sigma
1
per la quale si comincia ad avere la plasticizzazione pariad 1 nel caso di stato piano di
tensione e 3 nello stato piano di deformazioni. In pratica il PCF compreso tra 1 e 3 poich
allintrno di un corpo si hanno contemporaneamente entrambi in relazioni a percentuali dispessore
differenti: leffetto dellospessore quindi si deve necessariamente far sentire e le interazioni tra i
diversi gruppi e quindi porter delle variazioni in questi valori standard determinati. Si sempre
detto in base allateoria lineare elastica della frattura che in corrispondenza di una certa sigma si
aveva un dato valore del SIF e la cricca partiva quando superava il valore della tenacit, la quale
varia ed funzione dello spessore e non solo in funzione del materiale. Tracciando un diagramma
della tenacit al variare dello spessore si trova che la curva di tenacit ha landamento di figura 3.
Questo andamento giustificato dal fatto che poich ho una piastra molto sottile, questa molto
plasticizzata dal momento che ha uno stato di tensione piana e avr un certo valore del SIF. Avendo
invece una piastra molto spessa, questa totalmente in stato di deformazione piano perch la parte
interna prevalente sulle striscioline esterne e quindi di nuovo ho un comportamento alla frattura
che dettato dal fatto che il volume di materiale in stato di deformazione piana e quindi avr un
altro valore stabilizzato del SIF. La zona compresa tra B
0
e B
s
rappresenta quella zona nella quale
va a ridursi quella parte in stato piano di tensione e va ad aumentare la zona interessata da uno stato
piano di deformazione. Si precisi che i pennacchi rappresentano valori della tenacit non danno
valori affidabili a causa degli spessori modesti e che quando si parla di tenacit in generale ci si
riferisce alla tenacit in stato piano di deformazione. (slide 32) In figura 1 rappresentato un
provino standard per una prova di frattura statica in cui presente un innesco alla frattura o un
innesco molto grande che provochi una rottura rapida. In figura 5 rappresentato un provino della
35
ASTM estratto da un componente pi grande mentre in figura 1 un provino standard sul quale
vogliamo che si crei una cricca superficiale per fatica: tagliando in corrispondenza della cricca, si
ottiene la figura 2 in cui si nota che si creato un intaglio non uniforme meno profondo al centro e
pi in superficie. In figura 3 invece si ha un provino adatto perflessione su 3 punti in cui il carico
applicato come se fosse al centro di una trave appoggiata-apoggiata in corrispondenza dellintaglio
della cricca. C da considerare che, nel momento in cui abbiamo dei risultati di una prova su un
provino bisogna dichiarare le modalit di estrazione del provino dalla direzione di laminazione.
(slide 33) In figura 2 rappresentato un codmetro, un apparecchio che si adopera per misurare il
COD tramite degli inviti effettuati sul provino in corrispondenza dellintaglio. Sulle due lamine che
lo compongono vi sono degli estensimetri che misurano la curvatura delle lamine. (slide 34) Per
finire la parte statica della meccanica della frattura si pu dire che esiste una certa differenza tra la
resistenza di una piastra e la resistenza dellapiastra reale, perch la piastra reale pu essere soggetta
a condizioni di crisi diversificate (criteri multi-fader). In tale analisi si prenda in esame la
plasticizzazione copleta della piastra che ne impedisce il suo sfruttamento completo. Facendo
riferimento alla figura 2 si supponga di avere un diagramma lunghezza della cricca-sigma (residual
strenght) in relazione ad una piastra di dimensioni w. Se si ha un materiale relativo allo spessore di
piastra che sto considerando, posso fare la curva a k
c
costante (tenacit costante) e la curva sar
simile a quella tratteggiata: se il punto di funzionamento al di sotto di questa, la piastra non si
rompe, mentre non appena la raggiungo, la cricca in condizione di incipiente propagazione
plastica. Sopra la curva non possibile lequilibrio perch praticamente stata superata la tenacit e
quindi la cricca sicuramente si propaga. Si analizzi ora la curva corrispondente alla plasticizzazione:
siccome larea resistente (w-2a)*b se sigma pari a sigma in corrispondenza di (w-2a) pari a
quella di snervamento, si sta plasticizzando, se al di sotto, non si sta plasticizzando. Con ci si
vuole dire che la tensione in corrispondenza della quale si verifica la plasticizzazione in questo
diagramma pu essere rappresentata come una retta che passa per i punti (0;sigma
s
) e (w;0): nel
primo punto infatti la cricca ha lunghezza 0 ma lelemento sollecitato dalla tensione di
snervamento allinfinito mentre nel secondo punto, sia la sezione resistente (perch a=w e c
discontinuit fisica) che la tensione applicata sono nulle. Tale retta detta di snervamento: i valori
al di sotto assicurano che la piastra ancora in campo elastico, valori superiori dicono che la piastra
in campo plastico. Se ora si traccia la curva del K
c
e la si sovrappone alla retta di snervamento,
vediamo che sar generata una zona centrale nella quale la curva di K
c
inferiore alla retta, mentre
ci saranno altri tratti in cui la curva K
c
costante a superiore alla retta: ad esempio a sinistra, per
piccole lunghezze della cricca si dovrebbero applicare delle tensioni molto elevate per avere la
frattura, in altre parole in tali zone la piastra si plasticizza per carico dal momento che esso molto
vicino al valore di snervamento. Per lunghezze elevate, per dar luogo alla frattura, sono necessarie
tensioni basse per prevalente leffetto di plasticit perch in effetti anche con carichi molto bassi,
la sezione resistente modestissima. Volendo considerare un criterio multi-fader che tiene conto di
fratture e plasticizzazione, se il punto di lavoro si trova nelle zone tratteggiate, dovr considerare il
criterio della plasticizzazione; se si trova nella parte centrale, dovr tenere conto della frattura. In
modo approssimato si pu considerare la curva costituita dalle tangenti alla curva k
c
costante
passanti per i due punti sopra indicati le cui tangenti sostituiscono i tratti della retta di snervamento.
Ecco perch quando si hanno dei componenti e si va a vedere il diagramma sigma-a, si ha un
andamento simile alla figura 1 slide 34 dove le curve vanno verso la tensione di snervamento; si
precisi che in figura sono anche rappresentate le curve R corrispondenti allaccrescimento della
cricca alle condizioni di danneggiamento. Un caso particolare la figura 4 dove sono rappresentate
due curve di tenacit, una di un materiale ad alta tenacit (curva tratteggiata:che non ceder mai per
frattura ma per snervamento perch si trova sempre al di sopra della retta di snervamento), laltra
con tenacit bassa. A tal punto indipendentemente dal fatto se la cricca si possa propagare fino a un
certo punto in maniera stabile e poi instabile, deve interessarci che durante lesercizio del
componente comunque la cricca per fatica si ingrandisce e quindi leffetto della fatica sul
componente criccato comporta un danneggiamento progressivo interiore del componente fino a che
36
non interviene la morte del componente. Da ci si evince che parlare di frattura e di fatica di un
componente rappresenta la stessa cosa, ma bisogna ricordarsi che la frattura pu propagarsi anche
senza fatica, ma la fatica nasce esclusivamente in seguito allallungamento di una frattura. E
importante ora vedere come la frattura si propaghi per effetto della fatica (studio della propagazione
per fatica della frattura) ci vuol dire che sotto un carico fluttuante (affaticante) si nota che la cricca
pian piano cresce con velocit sempre crescente fino a che si determina la rottura del componente (
poich si arrivati alla lunghezza critica); si precisi anche che pi il componente spesso pi
veloce la propagazione della frattura. Negli ultimi tempi le tecniche di prevenzione delle cricche
hanno fatto passi da gigante e quindi possibile ricavare le curve di propagazione delle cricche e le
curve della resistenza residua anche tenendo conto delle capacit del particolare metodo di
rilevamento della cricca. In figura 2 slide 35 rappresentato il sistema di calcolo del criterio feel
safe, cio il componente deve essere sicuro anche quando rotto; si supponga che a un certo istante
iniziale si verifica una cricca e che si propaghi fino al tempo b e cio fino a quando la resistenza
residua scesa troppo (limite di non sopportazione). Lintervallo tra a e b lintervallo nel quale
bisogna concentrare tutti gli interventi di manutenzione allo scopo di rintracciare la cricca e
eliminarla. Si precisi che questo metodo non va molto bene perch man mano che ci si avvicina alla
vita finale del prodotto, lintervallo a-b va rimpicciolendosi e quindi le operazioni di manutenzione
devono essere sempre pi ravvicinate. Altra idea stata quella dellutilizzo della ridondanza che si
basava sullutilizzo di componenti in parallelo (servono 30 chiodi?...ne metto 60! Alias two is megl
che uan). Il difetto di questo metodo che nel caso di rottura di uno dei due componenti, laltro
doveva sopportare il 100% del carico allimprovviso, fino a non utilizzare pi questo metodo: oggi
si utilizzano maggiormente verso progetti damage tolerance, verso strutture che sono capaci di
sopportante il danno entro una certa entit stabilita (simile al feel safe) e quindi si dovuto
introdurre una politica di manutenzione atta a non raggiungere alla rottura del componente a causa
del raggiungimento di questa entit.

Lezione del 22/02

Sotto carichi affaticanti, in generale vi un aumento della lunghezza della cricca e tale aumento
dipende ad esempio dallo spessore della piastra: si vede che man mano che lo spessore maggiore,
la propagazione della cricca pi veloce (figura 1 slide 35 sotto carico alterno simmetrico). Il tutto
dipende anche dai livelli di carico: nella slide 36 figura 1si nota che a livelli di carico maggiori
corrisponde una pi veloce propagazione della cricca. In figura 2 invece si comincia ad avvicinarsi
in modo pi attuale allo studio di propagazione della cricca in cui il numero di cicli e la lunghezza
della cricca sono rappresentati mediante diagrammi bilogaritmici tutto ci in funzione delle grandi
variazioni che si hanno nel tempo e quindi a parit di lunghezza di cricca occorre un numero di cicli
minore allaumentare del carico. Unosservazione da fare che invece di confrontare le lunghezze
con la durata calcoliamo le velocit di propagazione in termini di da/dN quindi come allungamento
per ciclo, vediamo che questa velocit non dipende molto dalla lunghezza della cricca, ma dipende
dal SIF: se si fa un diagramma bilogaritmico sulle cui ordinate ci sono le velocit di propagazione e
sulle ascisse le variazioni del SIF nel ciclo io ottengo una dipendenza lineare (figura 3): il deltaK si
spiega perch, considerando un ciclo, ci sono dei valori minimi e massimi della sigma che portano a
un SIF minimo e massimo; altra cosa da osservare il fatto che il deltaK per un determinato carico
cambia perch varia la lunghezza della cricca a. In realt questo diagramma rappresenta solo una
parte del comportamento generale che mostrato in figura 4, dove la figura 3 rappresenta la parte
centrale della curva e vi un deltaK al di sotto del quale la propagazione non avviene dal momento
che la velocit quasi nulla. Quindi se il carico quasi statico, deltaK molto basso (o per basso
livello di carico o per valori vicini di K massimo e K minimo e quindi sigma), non vi
propagazione della cricca: tale valore prende il nome di deltaK di soglia. Allaltro estremo vi un
deltaK per il quale la velocit diventa infinita ed il deltaK massimo uguale alla tenacit e cio la
propagazione si stabilizza e la frattura si acutizza. Per quanto riguarda il tratto centrale rettilineo, la
37
formulazione utilizzata la legge di Paris-Erdogan in cui C e n sono due parametri che dipendono
esclusivamente dal materiale. Il primo difetto di tale legge che considera solo il tratto rettilineo e
non tiene conto della variazione di R che sposta le curve velocit di propagazione che
sostanzialmente si spostano soltanto senza deformarsi (figura 1 slide 38) e pi mi riporto a carico
statico pi ci si sposta verso sinistra. Sono quindi state proposte soluzioni alternative per quello che
riguarda la legge di propagazione e una delle pi celebri quella di Forman, che si differenzia al
denominatore dove compare la differenza tra la tenacit e il K max del ciclo che dimostra che se ci
si avvicina nel ciclo alla tenacit, la velocit di propagazione della cricca, schizza; c inoltre il
termine (1-R) che tende a rappresentare leffetto di spostamento della curva. Nel tentativo di trovare
altre rappresentazioni, ci si imbattuti in un fenomeno particolare. In figura 1 slide 39 si nota come
propagherebbe la cricca sotto carico S
1
e analogamente sotto carico maggiore S
2
. Ovviamente se
lelemento sottoposto prima a un certo numero di cicli di un carico e poi si passa a un altro livello
di carico, la curva di propagazione dipender da come ci si alterna e cio con quale ordine si
applicano i carichi (fig 1-d: si applica prima il carico S
1
e poi si traccia la parallela al carico S
2
a
fine ciclo, il contrario in figura 1-e). Questa analisi rappresenta la legge di accumulo del danno
attraverso lanalisi della propagazione della frattura. Supponiamo di voler seguire la curva di
propagazione di una frattura sottoponendola a un carico ciclico uniforme si ottiene cos la parte
tratteggiata di figura 2; ad un certo punto siccome si stava studiando come linterazione dei cicli di
carico influisse sulla velocit di propagazione si pens di fare un ciclo molto pi violento e si not
che la velocit di propagazione si abbass; nel caso c il rallentamento ancora pi evidente dal
momento che si considera un ciclo tutto positivo. In figura 3, si nota che togliendo i carichi pi
gravosi la durata aumenta. Anche se tale fenomeno strano, esso spiega il fenomeno del Load
Interaction (soprattutto dal confronto tra le curve B e C di figura 2) dipendente dalleffettiva
successione dei diversi cicli di carico riguardo al fenomeno di propagazione della frattura e quindi
della fatica. In figura 1 slide 40, rappresentata la differente propagazione chesi ha in caso di
sovraccarico a parit di ciclo e nel secondo caso si nota che il grado di rallentamento molto pi
sensibile ed il tratto rettilineo pu essere anche molto lungo, segno che la cricca rimane costante nel
tempo oppure ha una pendenza bassissima e cio un forte rallentamento della velocit di
propagazione. In seguito si applic un secondo overload per voler vedere cosa succede quando la
distanza in termini di tempo tra gli overload varia. Lazione ravvicinata tra due overload aumentava
il rallentamento (figura 2), che era massimo per una certa distanza tra gli overload e man mano che
si allontanavano, tale rallentamento era minore. In queste condizioni la teoria alla base della
meccanica della frattura non riusciva a spiegare il fenomeno, che fu spiegato con lintroduzione
della teoria della chiusura della cricca (avanzata da Helber), la quale si basa sul principio che per
avere la propagazione di una cricca, questa si deve aprire, altrimenti impossibile separare i lembi
della cricca. Per spiegare ci si precisi che la meccanica della frattura parte dal presupposto che
tutto lelemento criccato segue un comportamento lineare elastico del materiale; ci non possibile
perch c anche una zona a comportamento plastico (dipendente dallampiezza della cricca)
intorno allapice. A tal punto lipotesi avanzata da Helber che la cricca genera una zona plastica
sul fronte che circondata da un volume di materiale elastico che vorrebbe ritornare a deformazione
nulla e quindi il materiale elastico tende a premere sulla zona plastica per chiudere la cricca (dal
momento che il volume di materiale plasticizzato tende ad occupare uno spazio maggiore di quanto
gli compete perch deformato). Quindi tutte le labbra della cricca sono caratterizzate da zone
plasticizzate che il volume elastico circostante tende a chiudere. Pi elevato il carico e pi grande
la zona plastica che si forma e maggiori saranno le azioni di chiusura determinate dal materiale
elastico circostante. Loverload quindi creando una zona plastica notevole rallenta la propagazione
della cricca e ci non cambia fino a quando non arriva un nuovo carico che riesce a superare il
precedente. La chiusura della cricca pu essere determinata anche da difetti di corrosione che
creano delle sfaldature superficiali che vanno a incunearsi nelle labbra e impediscono la
propagazione (figura 3). Una volta capito il meccanismo della chiusura sono stati proposti molti
modelli per linterpretazione e previsione della durata di un componente criccato e tra questi si
38
ricorda quello di Wheeler: supponiamo di avere una cricca di lunghezza a
0
che viene colpita
dalloverload che introduce una zona plastica di diametro r
p0
(figura 2, slide 41). Si vede che dopo
molto tempo questa cricca avanzata con fatica fino a una lunghezza a
i
e sotto il carico abituale si
formerebbe una zona plastica di lunghezza r
pi
pi piccola, in altre parole si forma una zona plastica
completamente contenuta in quella precedente. Con laggiunta di un secondo overload, la zona
plastica formatasi in seguito a questo, si sposta verso destra uscendo dalla zona plastica dovuta al
primo overload. In altri termini sotto la cricca di semilunghezza a
0
arrivato un overload, si
formata una zona plastica di ampiezza r
p0
. Se la nostra cricca ha lunghezza a
i
, il raggio plastico
corrispondente avr ampiezza r
pi
, valori ottenuti dalle formule sotto la figura 1. Il fenomeno del
ritardo, dovuto a una lentissima propagazione, finch lambda sar maggiore di r
pi
. Lidea di
Wheeler fu che la propagazione poteva essere studiata in modo da assumere che finch la cricca si
propaga tutta allinterno della zona plastica prodotta dalloverload precedente, si propagher con
una velocit pi bassa pari a volte quella velocit che si aveva in assenza di ritardo. Da tale analisi
ci che deve risultare chiaro che finch non si considera la load interaction, cio non si
considerano fenomeni di ritardo, si va a integrare la legge di Paris e si risolve per via differenziale
lequazione; al contrario, considerando il ritardo, si deve procedere solo per via sperimentale
analizzando ciclo per ciclo per vedere quand che si forma il raggio plastico pi grande, quando si
verifica la chiusura della cricca. E evidente quindi che lo studio della propagazione deve essere di
tipo numerico. La rivoluzione in questi modelli fu rappresentata dallo strip yeld method da
Newmann, che aveva fatto un modello il pi possibile completo: questo rappresentava una sorta di
elementi finiti in scala ridotta nel senso che diceva che davanti alla cricca cerano degli elementini
di materiale plastico, barrette, fino alla fine della zona plastica: si poteva dividere tutta la zona in
una parte elastica (regione 1 slide 42), una parte plastica (regione 2 sul fronte dellapice della
cricca) e una parte plastica (regione 3 sulla scia). Newmann si trov a calcolare quale doveva essere
il carico minimo per il quale le labbra della cricca si aprivano; introdusse i concetti di opening stress
e opening SIF (Sif che si determina in condizioni di incipiente apertura) con lidea che se il ciclo
che sta per arrivare produce uno stato tensionale minore di quello necessario per determinare
lapertura della cricca non viene proprio considerato, poich non pu produrre la propagazione della
cricca. Il modello nettamente diverso da Wheeler perch andiamo a determinare oltre al raggio
plastico, se il carico riesce a determinare lapertura o meno. Da ricordare anche il modello Nasgro
dalla quale si ricava una legge di propagazione che richiede una conoscenza notevole di costanti del
materiale e questo il motivo per cui si pu utilizzare solo in pochi casi. La legge utilizzata simile
a quella di Paris:da questa nuova legge si evince che se il deltaK
th
maggiore del deltaK non si pu
avere propagazione (tenendo conto del primo tratto della curva di propagazione), analogamente al
termine elevato alla q (che tiene conto dellaltro tratto); inoltre tiene conto di R e del ritardo,
quantit (1-f) dove f il rapporto tra il SIF allapertura della cricca e il SIF massimo del ciclo e
dipende dal Plastic Constraint Factor PCF, dalla sigma massima del ciclo e dalla tensione di
scorrimento plastico. Il deltaK
th
considerato rispetto a valori sperimentali (nella slide vi
lesempio con R=0) e al suo interno presente il termine a
0
che un fattore di correzione per le
piccole crepe. In alternativa al Nasgro, esiste anche ilmodello Willenborg, simile a quello di
Wheeler. Questo modello considera il progredire della plasticizzazione in modo molto accurato:
fondamentale che anche in questo modello se la zona plastica sta allinterno della zona plastica
dovuta ad un overload, la velocit di propagazione pi bassa di quella che normalmente si
avrebbe; la seconda cosa che il valore di R utilizzato per poter scegliere la curva da/dN in
funzione di deltaK un R modificato, poich non sigma massimo/sigma minimo, ma funzione di
k (dove compare la radice di sigma) e inoltre dal fatto che per tenere conto che c stato un
overload, willenborg introdusse un R effettivo che considerava i k ridotti di quello chiamato da lui
K residuo, dovuto al ciclo di overload verificatosi. Tutto si risolve con il calcolo di questo SIF di
ritardo (k
r
). A tal punto si introduca il valore Z
ol
che rappresenta il raggio plastico dovuto ad un
overload in cui compare il K massimo delloverload, la sigma di snervamento e il PCF per
loverload. Dopo che passato un certo periodo dalloverload, la cricca si propagata di delta a
39
(figura 2-slid 44), quindi (Z
ol
-delta a) la lunghezza che si deve ancora percorrere per uscire: per
ottenere il K necessario per uscire da questa zona, bisogna riferirsi al primo termine della relazione
di K
r
w
. In funzione di questultimo si tiene conto del K
th
e dello Shut-off (R
S0
) (inteso come
condizione di sicurezza oltre la quale non si recupera), per definire una quantit proporzionale per
ottenere il SIF di ritardo sfasato di . A questo punto si trattino le piccole crepe e si precisi che si
inizia a trattare una cricca in ambito strutturistico quando la sua lunghezza un decimo di
millimetro. E interessante interessarci alle piccole crepe perch sono linizio di grandi crepe e
quindi danni maggiori. Se si pensa di applicare la legge di Paris alle piccole crepe, si sbaglia perch
le piccole crepe si comportano in modo completamente diverso da quello finora trattato. In figura 1
slide 45 vi un classico esempio di crepe lunghe e piccole: queste ultime sono rappresentate come
delle sfrangiature e se si studiano pi da vicino ci si accorge che le piccole crepe si propagano anche
per deltaK minori al deltaK di soglia(figura 2) e che le piccole crepe si propagano con velocit
maggiori di quelle che competerebbe loro a parit di SIF. Si precisi che la velocit della piccola
cricca che sta diventando grande in generale una curva decrescente (figura 3): tale riduzione pu
sfociare in un arresto e la cricca non si propaga pi o pu riprendersi man mano che aumenta il
ciclo di carico e la cricca quindi diventer lunga e il suo comportamento sfocier nella curva
principale corrispondente al comportamento delle cricche lunghe. Un criterio molto chiaro per lo
studio delle piccole crepe stato proposto da un indiano il quale ha proposto uno studio
biparametrico: la propagazione dipende oltre che dal deltaK, anche dal K massimo cio dal valore
massimo del carico che si ha nel ciclo puntualizzando che in caso di piccole crepe preponderante
linflusso del K max dal momento che dipende dalla singolarit mentre man mano che ci si
allontana dalla singolarit e la cricca si allunga, diventa preponderante linflusso del deltaK. Il
problema principale fare un calcolo a durata sulle piccole crepe e a risolvere ci ci ha pensato un
arabo (Saddam Lebbiolao) aumentando la lunghezza fittizia della cricca. Lottica con la quale si
guarda tutto il problema oggi risulta alterata dal momento che si suppone che in un componente
meccanico siano presenti gi al suo interno piccole crepe e che con varie storie di sollecitazioni a
cui sottoposto molte di queste piccole crepe tendono a crescere. Gli studi condotti sulla
propagazione delle piccole cricche intorno agli anni 70 ed erano fondamentalmente di natura
statistica dal momento che si sollecitava un provino e ci si focalizzava su una cricca qualora
nascesse e fosse individuata e ne si seguiva la propagazione nel tempo, tracciando cos la curva di
propagazione e ricavare al parametro C e n della legge di Paris, diversi per ognuna delle cricche.
Successivamente hanno potuto registrare per ogni cricca listante al quale la lunghezza di cricca
arrivava a un certo valore. In figura 1, slide 46, la lnghezza di cricca a cui sono arrivati pari a 1,25
mm e hanno registrato il tempo necessario (in cicli o ore) a ciascuna cricca per raggiungere questa
lunghezza. In questa maniera si potuto rintracciare la curva di distribuzione nel tempo affinch la
cricca arrivasse alla lunghezza di 1,25mm (curva TTCI): tale curva presuppone il fatto che una
cricca presente nel componente se ha una lunghezza di almeno 1,25 mm. Chiarendo meglio la
TTCI una curva che indica la distribuzione dei tempi necessari ad avere una certa lunghezza, ma
tale distribuzione si ottiene seguendo la propagazione delle cricche: allora se si prende un C medio e
un n medio e si arriva allistante t=0 partendo dalla distribuzione TTCI, si definisce qual la
probabilit che in tale istante ci fossero cricche delle lunghezze di figura 1. Tale distribuzione
prende il nome di EIFSD. Si pu fare anche una distribuzione simile fissando un tempo e
analizzando la distribuzione dei difetti che si possono avere dopo un certo tempo a partire
dallEIFSD. In questo senso lidea dellEIFSD legata strettamente alla qualit del prodotto. Tale
metodo per per un certo periodo stato accantonato perch si era incapaci di generalizzarlo a
causa della forte dipendenza dai provini. Nellultimo periodo c invece un ritorno a questo metodo
per la progettazione in campo aeronautico oltre a poter prevedere in parte la propagazione dei difetti
per calcolare i tempi di manutenzione.
In fede
Alessandro Soprano
40
Capitolo IX: Piastre e Gusci

Piastre
Cosa sono le piastre? Sono un segnale della nostra insufficienza.
Abbiamo studiato le travi, luomo ha immaginato questa struttura nel dominio elastico lineare
scrivendo tutte quelle belle equazioni che conosciamo. Ora si tratta di applicarle.
Ha preso un elemento di tipo particolare, ha idealizzato questo elemento e la chiamato trave.
Io ho a che fare con un elemento che chiamo trave quando una delle dimensioni prevalente
rispetto alle altre due. nata in questa maniera tutta la teoria della trave della quale siete maestri.

Passiamo ora a generalizzare. Se pensiamo ad un solido tridimensionale qualsiasi non abbiamo
niente da dire, dobbiamo utilizzare le equazioni di equilibrio e le equazioni di congruenza nelle loro
forme generali e le dobbiamo risolvere, non c niente di particolare da dire.
Ci potrebbe essere qualcosa di interessante nello step intermedio.
Nella trave, una dimensione prevalente rispetto alle altre due, nel tridimensionale nessuna
dimensione prevalente rispetto alle altre, rimane quella nella quale due dimensioni sono prevalenti
rispetto alla terza oppure una trascurabile rispetto alle altre due. Qualsiasi elemento che corrisponde
a questa idea noi lo chiamiamo piastra.
Vogliamo che sia piana, ma non diciamo nientaltro.

Il problema pi complicato di quella di una trave? No, teoricamente no, la cosa che cambia
invece di avere una variabile quella sulla lunghezza della trave, ne avremo due una sulla lunghezza
e una sulla larghezza, avremo una x ed avremo una y. Apparentemente il problema questo, e
quindi sembra assolutamente inesistente, in pratica il fatto che ci siano delle variabilit anche in
direzione trasversale fa sentire la propria influenza sullo stato di sollecitazione allinterno e
soprattutto sullo stato di deformazione a secondo che siano infiniti o meno gli spostamenti
trasversali la cosa diventa pi complicata.
Tanto pi complicata che a mio sapere, soluzioni chiuse sulle piastre non esistono.
Il metodo principe di soluzione delle piastre lo sviluppo in serie di Fourier doppia una in una
direzione ed una in un'altra direzione, questo fa si che diventa odioso limpiego, lo studio delle
piastre.
Proprio per le piastre sono stati dedicati metodi numerici tipo quello alle differenze finite, che da
sempre stato utilizzato per lanalisi di paratie di setting ed eccetera. Adesso tra gli elementi finiti
ed eccetera, lefficacia delle differenze finite si va perdendo.
In ogni caso quello che dobbiamo tenere presente, che sostanzialmente noi ci mettiamo a parlare
stamattina di un nuovo elemento, questo elemento un elemento comunissimo nella pratica.

41
Il tavolo una piastra, il solaio una piastra, la pista di atterraggio di un aeroporto una piastra il
tetto di una casa una piastra, qualsiasi elemento bidimensionale una piastra, sar una piastra
sottile, sar una piastra spessa, una piastra! Nemmeno i civili hanno a che fare con travi e piastre
una continuazione, noi abbiamo normalmente a che fare con una sottospecie cio con qualcosa che
ancora pi complicato cio le piastre curve.

Allora vi illustrer stamattina quali sono i modi di reagire usati per le piastre, poi in realt vi dir
qualcosa in merito al metodo di Navier, che molto semplice e vi fa capire qualcosa, il metodo di
Levy non ve lo illustro proprio, mi interessa molto pi il problema fisico che le peculiarit di tipo
analitico.


Esistono due trattazioni per le piastre:
1. la trattazione delle piastre circolari
2. la trattazione delle piastre rettangolari
Sono le stesse, cambia solo il sistema di riferimento che utilizziamo, parliamo in termini di
coordinate polari o in termini di coordinate rettangolari, ovviamente lo stesso problema.
Utilizziamo come riferimento un riferimento che abbia lorigine nel piano x-y coincidente con il
piano medio della piastra, abbiamo lo spessore della piastra h ci mettiamo ad h/2 e abbiamo quello
che chiamiamo il piano medio.

La piastra avr due lati a e b, lasse z sar perpendicolare al piano medio e diretto in modo tale da
rendere nevrogila la terna x-y-z.
Le ipostesi di base che noi utilizziamo per lo studio di una piastra e come la solito che il materiale
sia isotropo omogeneo lineare elastico, poi abbiamo delle idea che ci provengono dalla teoria delle
travi, per esempio nella teoria flessionali delle travi noi abbiamo che lasse baricentrico era lasse
neutro della trave, cio era indeformato, poteva cambiare la sua configurazione ma l era nulla,
non cera nessuna deformazione, allora, in questo caso, noi diciamo che il piano medio resta
indeformato flessionalmente, per flessione, poi potremmo avere degli sforzi normali che me lo
deformano, ma altrimenti agli effetti flessionali indeformato.



42
Nella trave di Bernoulli, le sezioni rette dopo la deformazione continuavano ad essere normali
allasse neutro, solo con la trave di Timoschenko che abbiamo la presenza del taglio. In questo caso
vale Bernoulli, diciamo che sono nulli, sono trascurabili gli effetti del taglio trasversale, cio
diciamo che il taglio trasversale ci pu essere per il suo effetto praticamente trascurabile.
Nella trave le tensioni erano tutte nella sezione o perpendicolari alla sezione, ma
perpendicolarmente al piano neutro non avevamo tensioni, qua diciamo la stessa cosa, ovviamente,
diciamo perpendicolarmente al piano medio non abbiamo tensioni e quindi lo stato tensionale
piano, questo ci induce a ritenere che lo spessore pi piccolo e meglio , questo ci porta verso la
teoria delle piastre sottili.
In realt c unaltra considerazione che noi facciamo, cio riteniamo che lungo lo spessore della
piastra non ci siano variazioni nello spostamento normale, nello spostamento lungo z, in modo tale
da dire che non ci sono assottigliamenti, n variazioni di spessore perch lo spessore sempre lo
stesso. Questo fa si, molto importante, ci consente agli effetti dellabbassamento di calcolare
soltanto quello che avviene sul paino neutro, perch tutto quello che avviene al di fuori del piano
neutro, per quello che riguarda lo spostamento lungo lasse z insignificante.

Questa relazione vale soltanto per quello che riguarda lo spostamento lungo z, non possiamo
trascurare invece lintensit dello spostamento per quello che riguarda le altre due componenti dello
spostamento, la u e la v.

Infatti se abbiamo un punto che si trova a distanza z dal piano medio che deformato, questo piano
medio cosa fa? Si abbassa e si deforma, e quindi finch si abbassa soltanto ancora diretto
verticalmente, poi se il piano z si deforma, poich gli effetti del taglio trasversali sono trascurabili,
quindi le sezioni rette continuano ad essere perpendicolari alle deformazioni, si ha anche una
rotazione.
Allora supponiamo che la rotazione sia di nel piano x-z e sia nel piano y-z, noi abbiamo la
doppia deformazione, procedendo per sezioni, nel piano x-z e nel piano y-z, in direzione
longitudinale e in direzione trasversale.
facile vedere, io avr uno spostamento trasversale che sar

e uno spostamento longitudinale pari a

Come spostamenti paralleli alla superficie media.
43
Se poi lungo la superficie media, nella superficie media agiscono dei carichi da sforzo normale o da
altro che mi producono uno spostamento omogeneo per tutto il piano u
0
e v
0
ecco che le componenti
di spostamento saranno:
[u
0
] da sforzo normale [ z sen] da sforzo flettente, taglio, tutte le caratteristiche varie che non
giacciono nel piano medio e lo stesso nellaltra direzione.

Quindi possiamo definire tutte quante le tre componenti di spostamento



Di solito queste relazioni sono relazioni che non utilizziamo, perch in realt esprimiamo un legame
con la w, cio esprimiamo la e la come una funzione di w.
Infatti facile vedere che

E

Per cui la forma abituale con la quale studiamo le componenti di spostamento questa:
, componenti di deformazione membranali
, componente di deformazione flessionale

00:17:30

Vediamo che noi prevalentemente non saremo assolutamente interessati a u0 e v0, la presenza di
sforzi nel paino medio mi determina uno sforzo normale, mi determina un allungamento uniforme
in una direzione o nellaltra direzione, quello che mi interessa sono gli effetti flessionali. Vediamo
che tutti gli effetti flessionali sono esprimibili in termini della sola w, dellunica componente di
spostamento perpendicolare, in direzione perpendicolare alla iniziale configurazione del piano
medio. Infatti una volta note le componenti di spostamento posso, evidentemente, ricavarmi le
deformazioni.
Allora

44
( ) ( )
|
.
|

\
|
c
c
c
c

c
c
=
c
c
=
x
w
z
x
u
x
u
x
x 0
c e chiaro che ( ) 0 =
c
c
z
x
perch siamo in un riferimento cartesiano
ortogonale
e quindi

Allo stesso modo per la deformazione lungo y

Per la deformazione lungo z, io me la devo calcolare tenendo conto che ci troviamo in uno stato
piano di tensione, quindi



Ovviamente le stesse me le potrei calcolare in maniera geometrica, ricorrendo alla solita
definizione del raggio di curvatura e quindi ecco la dimostrazione che utilizzando la definizione di


Ed ecco che la


Ovviamente una fatica inutile perch non ci interessa.

Lo stato tensionale piano per cui avremo le seguenti relazioni tra le componenti di deformazione e
le componenti di tensione


45
Invertendo queste relazioni, ed esprimendo le componenti di deformazione in funzione della w, e
delle derivate di w, ottengo queste che sono le classiche rappresentazioni delle tensioni nel caso di
una piastra.
Come vedete esprimo le componenti di tensione attraverso le derivate degli spostamenti.


Il motivo, come vedremo tra poco, che operando in questa maniera le equazioni di equilibro
diventano una equazione in w, e quindi lo studio dellequilibrio della piastra si riduce allo studio di
una equazione differenziale del quarto ordine in w (w componente di deformazione).
Questo il motivo per cui esprimo le tensioni in funzione degli spostamenti, cosa che di solito non
facciamo, qua ne abbiamo una utilit particolare.

Adesso dobbiamo introdurre quella che sostanzialmente una notazione, una notazione dovuta a
Timoshenko, che ha fatto tante cose belle, qualcuna la sgarrata, secondo me questa una di quelle
che ha sgarrato alla grande, per grazie alla sua personalit e quella che si utilizza sempre.
Ha sgarrato perch ha creato una tale confusione di notazione che contraria a quello che
spontaneamente saremmo portati ad utilizzare.
In realt sappiamo benissimo che le componenti di sforzo interno, sforzo normale, taglio, momenti
ed eccetera, si ottengono semplicemente integrando il diagramma delle tensioni corrispondenti, in
modo per esempio, da ottenere risultante il momento risultante delle forze elementari dovute alle
componenti elementari.
Allora, la prima cosa che Timoschenko ha detto stata molto giusta, normalmente noi abbiamo a
che fare con piastre di spessore costante, ho una piastra e in tutti i punti della piastra lo spessore
costante, allora se abbiamo devo fare un integrale, per esempio di una forza elementare dA, lo
dovr fare esteso a una superficie, e siccome se io prendo la piastra tutte queste tensioni agiscono
nella sezione retta della piastra, cio una sezione rettangolare che ha per altezza lo spessore che
uniforme e per larghezza ha la larghezza del lato della piastra. inutile quindi che io mi porto
dietro le tensioni che poi devo integrare, io mi faccio direttamente lintegrazione delle tensioni
rispetto allo spessore, perch quella parte dellintegrazione sar sempre la stessa, poi ci sar una
variazione di questo sforzo lungo il lato, per met problema gi me lo sono risolto.
Allora per esempio nel momento in cui, io ho la x, la x agir su una faccia che sar h per y, mi
sembra che labbiamo chiamata B il lato lungo y.
Allora lo sforzo normale non altro che la risultante delle forze elementare dA, dA sarebbe h per
dx, e quindi praticamente H tutta quanta sarebbe dz per dy. Allora mi incomincio a fare lintegrale
di in dz e pi rimane ancora lintegrazione rispetto alla y.
46
Cosa vuol dire questo? io sto dicendo che lo sforzo normale che applicato su quella faccia pari
Nx in una striscietta unitaria.
Allora Nx non lo posso chiamare sforzo normale, perch? Facciamo lanalisi dimensionale,

[N/mm^2 per mm] non hanno dimensioni di Newton ma di N/mm. In questa maniera mi lascio
aperta la possibilit di avere una Nx che varia lungo y.
Allora queste quantit, che si ottengono utilizzando le risultanti e i momenti risultanti delle forze
elementari lungo solo lo spessore, non posso chiamarle caratteristiche degli sforzi interni e le
chiamo risultanti delle tensioni.
Allora questo dovuto a Timoschenko ha permeato la cultura planetaria, per cui quando si parla di
piastre, ben difficilmente sentiremo parlare di tensioni ma normalmente sentiremo parlare di
risultante delle tensioni.
Chi mi ha insegnato la costruzione di macchine era un grande nemico di questo, per cui ci insegno
gusci e piastre tutto in termini di tensione, appena uscimmo dalle aule non capivamo niente perch
tutto il resto del mondo parlava unaltra lingua, parlava in termini di risultante delle tensioni.

Allora questa idea di Timoschenko stata sicuramente buona, ma questa la prima parte dellidea,
dove se scese stato sulla seconda parte dellidea. Perch sulla seconda parte dellidea lui ha detto
come li rappresento come notazione tipica le grandezze che mi sono calcolato? Le rappresento con
lo stesso pedice delle tensioni dalle quali sono partito e qui ha fatto uno di quegli imbrogli forti,
brogli nel senso di confusione.
Perch se io considero per esempio Nx, allora questa x che per perpendicolare alla sezione retta
y-z ed diretta lungo x, Nx diretta lungo x. Ok!


Andiamo sui momenti. Perch sulle forze non lo vediamo.

Mx non altro che il momento della x rispetto al piano medio e questo momento un vettore che
diretto lungo y per io lo chiamo Mx, facendo riferimento non alla sua direzione ma alla
componente di sollecitazione che lo ha determinato. Questo finch uno non si abitua un incubo!

Sostanzialmente abbiamo



Che sono entrambi flettenti, ed abbiamo
47

Che un momento torcente, nelluna e nellaltra direzione; in questo caso i due momenti sono
uguali, perch la tauxy e la tauyx sono uguali. Quando ci troveremo a parlare delle piastre curve,
poich le sezioni sono diverse anche se tauxy e tauyx sono uguali, Mxy e Myx non sono uguali
perch sono riferiti a sezioni di tipo diverso. 00:30:40
Evidentemente la prima cosa che dobbiamo fare scrivere le condizioni di equilibrio di questa
piastra, per cui prendiamo una rappresentazione del piano neutro

E andiamo a rappresentare non le tensioni, ma andiamo a rappresentare direttamente le risultanti
delle tensioni, in modo tale da non pensare pi allinfluenza dello spessore.
Allora avremo due tagli che da una parte saranno Qxz e Qyz e dallaltra parte saranno per
lequilibro

Perch devo considerare lincremento che debbo avere lungo il lato
00:31:30
E cos sia per i tagli che per i momenti

Ovviamente anche per gli sforzi normali, per in generale gli sforzi normali in questi casi noi non li
prendiamo mai in considerazione, li trattiamo separatamente, perch non danno un contributo
notevole allo stato tensionale, non hanno nulla di particolare da dire: Nx mi d una x che un x
moltiplicato per E modulo di Yang, o trave o piastra, non cambiato assolutamente niente.
Allora siccome non si hanno termini di accoppiamento tra sforzi normali e momenti mentre li
abbiamo tra tagli e momenti, allora noi tutto quello che sforzo normale chiamiamo sforzi nel
piano medio, poi vedremo che a un certo punto noi li chiameremo sforzi membranali, cio nel piano
del momento, e consideriamo soltanto la strizione. Lo stesso avviene quando abbiamo a che fare
con gli elementi finiti, negli elementi finiti esistono gli schell e i plane, la differenza tra i due che
uno resiste a sforzi nel piano e il plane resiste agli sforzi taglianti. Ricordo quando usc il Nastran,
aveva gli elementi membranali, gli elementi flessionali e poi aveva la somma dei due quindi
reagivano sia nel piano medio sia a flessione e a taglio.
48
Dopodich io dovr evidentemente scrivere le equazioni di equilibrio di questa piastra elementare
per ottenere le equazioni indefinite dellequilibrio della piastra, cio le equazioni di equilibrio che
devono essere valide in qualunque punto della piastra con riferimento ad una superficie elementare
ad un volume elementare.
Allora potr scrivere lequazione di equilibrio lungo z,

Le equazioni di equilibrio lungo x e lungo y inutile scriverle, significa scrivere Nx=-Nx e Ny=-Ny
Quindi dovr scrivere le equazioni di equilibrio alla rotazione, una la posso scrivere intorno allasse
baricentrico parallelo ad x

Laltra intorno allasse baricentrico parallelo allasse y

molto semplice scrivere queste equazioni, ovviamente lequazione di equilibrio lungo z mi
compariranno anche i carichi esterni che io ritengo essere normali alla superficie, quindi se mi
danno un carico per unit di superficie pari a p, sullelementino agir una pdxdy
Alla fine io ottengo tre equazioni di equilibrio, queste sono le tre equazioni indefinite dellequilibrio
relative ad una piastra di spessore h caricata normalmente.
Ho un equazione di equilibrio alla traslazione lungo z, che come vedete, comprende soltanto i tagli
e il carico esterno e poi due equazioni di equilibrio alla rotazione nelle quali compaiono un
momento flettente, un momento torcente ed un taglio, sia luna che laltra.
Noi mi interessa portarmele appresso tutte e tre, preferisco ridurla ad una sola. Mi ricavo una
componete Q, da

E analogamente far per questa

E me le vado ad inserire nella prima equazione di equilibrio alla traslazione lungo z
49

In questo modo ottengo un'unica equazione di equilibrio alla traslazione lungo z che
automaticamente soddisfa le altre due equazioni di equilibrio alla rotazione e che espressa in
termini delle risultanti delle tensioni che danno luogo a momenti


Si parla di momento unitario, tenendo presente che ciascuna di queste grandezze ha anche taglio
unitario, ciascuna di queste grandezze in realt potrebbe avere per unit di lunghezza, per una
lunghezza unitaria, in realt parliamo di momenti per lunghezza unitaria.
Allora qui compaiono sia i carichi esterni, sia i due momenti flettenti, sia i momenti torcenti.
Come possiamo trasformare questa equazione?
Prendiamo per esempio Mx,

Mx il momento unitario che proviene dalla x e quindi diretto lungo y, la x io lo gi espressa
attraverso le componenti di spostamento

Quindi w non cambia lungo lo spessore, uguale alla w0, lintegrale di w dx non influenza la
derivata, e la variazione lungo la derivata me la da z che sta fuori quindi viene
12 3
3
2
2
3 2
2
2
h z
z
h
h
h
h
= =

+
}


Per cui ogni volta che voi avete a che fare con una piastra comportamento flessionale vi compare
questo termine:

E/(1-^2) da questo

h^3/12 dallintegrale

50
questo un gruppo che quando avete a che fare con le piastre vi trovate sempre davanti.
Contiene gi lo spessore, leffetto dello spessore gi sta l.
Praticamente come altrove vi appuntate su un pezzo di carta il modulo di Young, quando abbiamo a
che fare con le piastre ci appuntate su un pezzo di carta il valore di D.
Allora lintegrazione si fa sentire solo fuori, con la comparsa di D

Ecco allora che Mx risulta pari a D per il contenuto della parentesi tonda.

My che diretta lungo x sar

Mxy conterr la derivata mista

E poi posso ancora considerare i tagli, i tagli che non contengono la z sono pari a zero



Quindi a questo punto cosa posso fare, se io sono capace di esprimere i momenti rispetto alle w, io
introduco i valori trovati nella

Ed ottengo una equazione in w

E diventa lequazione risolvente dellequilibrio delle piastre sottoposte a flessione



Purtroppo non nemmeno bi-armonica perch c un termine noto.
51
In alcuni casi si tenta di semplificare la soluzione di questo problema, ponendo il legame che esiste
tra la somma dei momenti flettenti e il laplaciano secondo di w



E allora si spezza il problema in due problemi


Si calcola un equazione di secondo ordine che lega la somma dei momenti flettenti al carico esterno
e poi si integra la soluzione per ottenere w, questo non lo faremo mai, ci riferiremo direttamente alla
soluzione diretta.
Questa equazione differenziale deve essere soddisfatta sempre quando abbiamo a che fare con una
piastra soggetta a flessione, in ogni punto. Rappresenta, quindi, lequazione di equilibrio che noi
dobbiamo integrare, alla presenza di determinati carichi esterni, per ottenere la soluzione in termini
di spostamento.
Noi otteniamo, direttamente, come soluzione la deformata della nostra struttura.
Per, ovviamente, siamo gi in condizione di operare questa integrazione o dobbiamo fare qualche
altra cosa?? Per risolvere un equazione differenziale devo prima dare le condizioni al contorno, se
non so esprimere le condizioni al contorno di una piastra io non risolver mai nulla.

Le condizioni al contorno dipenderanno da come realizzato il vincolo, dovremmo fare diverse
ipotesi, io far tre ipotesi che sono i tre casi pi comuni:
1 Bordo appoggiato
2 Bordo incastrato
3 Bordo libero

Per quanto riguarda il bordo appoggiato, se io ho una trave quali sono le caratteristiche del mio
appoggio?
Lo spostamento nullo e il momento nullo.
Quindi se il bordo appoggiato x=a bordo parallelo ad y io dir che w per x uguale ad a e per y
qualsiasi deve essere uguale a zero e che Mx (quella legata alla x) per qualsiasi valore di y per
questo valore di x deve essere uguale a zero.

Ma Mx uguale a

52
Se ho che w=0 sul bordo allora

Perch sono tutti fissati allo stesso valore (sul bordo x = a e y e variabile.)

Se nullo a maggior ragione sar nullo anche

Quindi dire che Mx uguale a zero significa dire

cio praticamente quello che deve andare a zero la derivata seconda di w in direzione
perpendicolare alla frontiera perch quello parallelo alla frontiera automaticamente soddisfatto dal
fatto che w uguale a zero.
Quindi se io devo esprimere la condizione di bordo appoggiato x=a io dir che per x=a,

BORDO INCASTRATO
Se ho un bordo incastrato, ovviamente la cosa ancora pi semplice, perch lo spostamento deve
essere uguale a zero e linclinazione perpendicolare allincastro deve essere uguale a zero. Quindi
praticamente

La differenza tra le due condizioni al contorno presentate consta solo nellordine di differenziazione
che li separa.

Come risulta spesso, la condizione al contorno che risulta pi difficile da imporre e quella che pi
facile concettualmente. La condizione di bordo libero quella pi complicata.
Perch? Condizioni di spostamento non le posso imporre, se il bordo libero lo spostamento pu
essere qualsiasi, quello che posso dire che non ci devono essere carichi applicati perch non
avrebbero con chi andarsi ad equilibrare.
Quali sono i carichi che io ho su di un bordo?? Un momento ed un taglio.
Infatti i primi ricercatori mettevano il momento uguale a zero, non si trovavano mai; perch non si
pu dire che il momento doveva essere nullo, bisogna dire che leffetto combinato di momento e
taglio deve essere uguale a zero.
Leffetto combinato di momento e di taglio lo si esprime con V.
53
Se vediamo la sezione di estremit, io guardo lo spessore e posso schematizzarlo in tante celle, in
ciascuna celletta mi compare un certo momento torcente

Potr discretizzare la distribuzione del momento torcente ricorrendo a questo criterio delle celle.

Per di pi, queste coppie, se io non vado a vedere cosa succede nella cella ma voglio considerare la
compatibilit di ciascuna cella con quella che segue o con quella che viene prima, potr dire che
questo momento Myx dx una coppia ed dovuta alla presenza di due forzette alle estremit della
cella, queste forze saranno pari al momento Myx dx diviso il braccio dx. Quindi metter due forze
pari a Myx. Non vi fate imbrogliare questa una coppia per unit di lunghezza cio una forza,
anche se la indichiamo con M, il solito discorso della simbologia.



Quindi in una cella abbiamo Myx ed in quella successiva avremo dx
x
M
M
yx
yx
c
c
+ , un dx somparso
per la riduzione.

Se consideriamo la zona di confine tra le due celle avremo, una forza verso il basso ed una verso
lalto, la risultante sar pari a dx
x
M
yx
c
c
. Questa forza deve farsi equilibrio con il taglio che Qyz dx





00:50:30
54

Allora se io considero il momento torcente Myx che gi conteneva la derivata seconda mista lo
vado a derivare rispetto ad x mi viene una derivata terza mista, poi ci vado a mettere lespressione
di Qyz ed ecco qua cosa esce:


Allora dire che si annulla leffetto combinato del momento torcente e del taglio significa che deve
essere soddisfatta questa equazioni differenziale

Dire che perpendicolarmente deve essere nullo il momento flettente, perch non ci sono carichi
applicati, significa che deve essere rispettata questaltra condizione

Vediamo che esprimere una condizione di bordo libero tutto tranne che semplice.

Sono le equivalenti di

Che abbiamo visto prima, soltanto che qui compaiono derivate terze, compaiono derivate miste,
quindi praticamente di solito seccante realizzarle.

Allora a questo punto io vi faccio vedere semplicemente la soluzione di Navier, sulla soluzione di
Levy non ci stiamo molto perch, sostanzialmente, ci rimane poco tempo alla fine del corso.

Allora Navier ha lasciato la soluzione per serie di un problema molto particolare, cio di una piastra
rettangolare di lati a e b, poggiata su tutti i bordi, un solaio praticamente, e caricata da un carico
uniforme.
Allora ovviamente abbiamo

come equazione di equilibrio e abbiamo le otto condizioni al contorno che sono queste che voi
vedete

55
E corrispondono alla condizione di bordo appoggiato che abbiamo visto.

Allora, Navier part da una distribuzione del carico uniforme e poi ampli le sue analisi ad un carico
qualsiasi purch fosse esprimibile in una serie doppia di Fourier e quindi in altri termini se ho un
carico qualsiasi lungo x potr esprimerlo in serie di Fourier, siccome il problema bidimensionale,
chiaro che viene fuori una serie doppia, vuol dire che ho infinite armoniche lungo x e infinite
armoniche lungo y, in corrispondenza di una qualsiasi coppia di numeri di armoniche n ed m io avr
un coefficiente che mi rappresenta lampiezza di questa armonica superficiale, non pi lungo una
sola dimensione, che indico con n e m.




Qual lunica condizione che questo carico deve rispondere? Lunica condizione che deve
rispondere che per x=0 ad a e per y=0 a b deve andarsene a zero, perch allesterno non dobbiamo
avere una prosecuzione di questo carico.
00:54:50
Questa lespressione di una serie doppia che soddisfa questa condizione

E dallo studio delle serie doppie, in totale analogia con quelle che sono le serie semplici di Fourier,
il valore della generica ampiezza dellarmonica si pu ottenere una volta nota complessivamente
landamento della funzione p(x,y)


Allora Navier prese questo valore di p e lo mise nellequazione di equilibrio delle piastre e disse:
scusate, io ho al primo membro tutte le derivate di una funzione al secondo membro ho una
funzione p


che espressa in funzione di una serie doppia di Fourier con lipotesi che vada a zero sui bordi, w
deve andare a zero sui bordi.


possibile ritenere che la w sia esprimibile attraverso la stessa serie di Fourier doppia ovviamente
con coefficiente diversi? Allora lui pose w(x,y) in questa forma
56

Avendo derivate quarte e derivate miste seconde avremo sempre seno-seno in ciascuno dei termini,
allora vuol dire che io avr seno seno sia al primo che al secondo membro e quindi potr utilizzare
il principio di identit.
Allora se io faccio le varie sostituzioni ho



Allora io posso ricavarmi W
mn
come:


Naturalmente A
mn
era pari a quellintegrale doppio in funzione del diagramma spaziale della p,
allora io volendo mi posso ricavare A
mn
direttamente dalla distribuzione delle p.



Tutto questo molto bello, ma andate a calcolare abbiamo delle serie doppie; il problema che se
una serie doppia converge molto rapidamente, voi i problemi non li avete, subito terminate i vari
calcoli. Ma se avete una serie doppia che converge lentamente, sono cavoli; una volta capit che
volevo utilizzare un metodo del genere per risolvere le iterazioni tra un disco ed una corona che
stava attorno, per effetto della forza centrifuga volevo capire qualerano landamento delle tensioni
l attorno. Ricordo che me la portai al mare, presi una casa al mare, destate in riva al mare con mia
moglie e i bambini ed io da lontano che lavoravo a mano per trovare una soluzione, non convergeva
assolutamente ho perso tutto il mese di agosto, poi lo feci con un calcolatore, anni 70, e vidi che se
non prendevo almeno 70 80 armoniche lungo x e lo stesso lungo y non potevo mai avere una
soluzione degna di questo nome.

Il problema un problema di convergenza! Il problema di convergenza mi dice quante armoniche
mi devo portare appresso, inutile dire che se aumentiamo di uno larmonica, aumenta non solo il
tempo, ma la possibilit che possiamo fare degli errori, questo uno dei motivi per i quali il metodo
degli elementi finiti molto pi utilizzato! la realt e che i conti non li facciamo noi.

Allora questa che vediamo la deformata della piastra di Navier
57

una piastra appoggiata su tutte e quattro i bordi e caricata da un carico uniforme, avete in questa
maniera i diagrammi che vi danno i momenti nelle diverse sezioni, io ho fatto questi diagrammi
costruendoli per sezioni


Abbiamo landamento del momento che parte da zero arriva ad un massimo e poi ritorna a zero
unaltra volta che il momento lungo y; dallaltra parte va a zero e parte da zero, landamento del
momento, ma per la maggior parte della lunghezza rimane costante.
Quindi valori tutti nulli lungo il bordo ovviamente e valori massimi al centro ovviamente.

Naturalmente lidea di Navier non cosi limitata perch ci consente anche di analizzare quello che
accade per un carico distribuito su di una parte della piastra, la soluzione ovviamente la stessa. Il
problema che dobbiamo, semplicemente, quando andiamo a scrivere Amn che era lintegrale
esteso alla piastra di p(x,y) per in seno eccetera, stavolta lintegrale non va esteso alla piastra ma va
esteso soltanto alla zona nella quale applicato il carico.
Quindi se per esempio il carico uniforme nella zona di ampiezza c per d
58

Evidentemente, lintegrale lo possiamo fare molto facilmente e quindi abbiamo la possibilit di
costruirci le varie ampiezze della risposta e come al solito ci stanno i termini che contengono il
baricentro della zona caricata e la lunghezza lungo le due direzioni della zona caricata




Possiamo divertirci, possiamo fare tendere d e c a zero, quindi le due larghezze a zero in modo tale
da capire cosa succede quando il carico concentrato.

Ed otteniamo una soluzione di questo genere.

59
Questo quello che ci consente lanalisi di Navier.

Lanalisi di Levy un analisi sicuramente pi completa, che vi invito a leggere, a parte la
pesantezza matematica sulla quale potete sorvolare, ma praticamente mostra come possibile
esprimere delle condizioni al contorno completamente diverse luna dallaltra.
Quindi per esempio potete risolvere problemi con le condizioni al contorno pi varie, incastrata da
due parti, libera dallaltra eccetera.
Cosa ha fatto Levy? Non ha fatto altro che prendere, stato un secolo dopo Navier, lequazione

Ha detto: questa unequazione differenziale a derivate parziali del 4 ordine avr un omogenea
associata con un suo integrale generale e poi avr un integrale particolare dellequazione completa

Capiamo quale debba essere la soluzione dellomogenea associata, soluzione dellequazione bi-
armonica quindi gi nota.


Andiamo a calcolarci quelle che devono essere le condizioni per la soluzione dellintegrale
particolare ed otteniamo una equazione simile a quella che abbiamo ottenuta nel metodo precedente,
della forma:


E le andiamo a risolvere.

Lidea che si utilizza quando si impiega il metodo di Navier assomiglia tanto al Compouding.



60
Es: Qui abbiamo appoggio, appoggio, incastro e libero

Somiglia tanto al prendere dei casi simili a quelli, o per meglio dire, simili come geometria, non
simili come condizioni vincolari e sovrapporre le soluzioni fino ad ottenere queste condizioni al
contorno.
Allora per esempio qui abbiamo tutte le parti appoggiate


Le successive sono delle condizioni dove sono applicati determinati sforzi al contorno che sono
quelli che mi devono annullare quelli che provengono dal caso precedente per ottenere le condizioni
al contorno della mia piastra


Nel secondo caso devo annullare le tensioni che mi vengono dal caso precedente per realizzare una
condizione libera
Nella terza ho libera, appoggiata, appoggiata, devo applicare quei carichi che mi devono rendere
incastrato il bordo. Quei carichi che mi devono impedire gli abbassamenti e le inclinazioni.
Quindi il caso che devo esaminare me lo sto costruendo per sovrapposizione.

61



Abbiamo visto che gli sforzi normali noi li trascuriamo, e lavoriamo sempre sui momenti flettenti e
i momenti torcenti, in realt se w=0, teoricamente, la condizione di equilibrio nel piano medio
questa:

Io sto prendendo in considerazione le
x
e le
y
, le du/dx e le dv/dy, cio sarebbero


Se io non voglio far comparire laccoppiamento con il comportamento flessionale devo dire che mi
trovo in un caso in cui w=0 o comunque trascurabile.

Se trascurabile, passando alle risultanti delle tensioni

Io ottengo due equazioni differenziali che contengono soltanto le risultanti da sforzo normale e le
risultanti da taglio che vanno a confrontarsi con i carichi, p
x
e p
y
che agiscono in direzione parallela
al piano, quindi non sono carichi normali sono carichi radenti la superficie superiore e per essa
quella media della piastra.

Se invece w non trascurabile, allora sostanzialmente mi comparir un accoppiamento con la w:

( ) ( )
|
.
|

\
|
c
c
c
c

c
c
=
c
c
=
x
w
z
x
u
x
u
x
x 0
c

Utilizzando questaccoppiamento si pu far vedere che lequazione di equilibrio flessionale della
piastra che noi abbiamo scritto come:

uguale a:

Dove oltre il carico applicato ci sono anche gli sforzi agenti sul piano medio.

Questo un fatto molto importante, in merito alla stabilit.
62
In realt quello che interessante da questo che allora sulla deformazione flessionale di una
piastra gioca un ruolo importantissimo qualsiasi carico parallelo al piano medio.

Per esempio questo il caso del carico uniformemente distribuito sulla piastra, soluzione di Navier,
nellipotesi in cui ci sia una Nx.


Allora vedete che una trazione nel piano medio, come intuitivo, mi riduce gli abbassamenti
flessionali, quando si fa quel gioco con il lenzuolo con quel tipo che saltella noi stiamo facendo
proprio questo, applichiamo un carico di trazione sul bordo del lenzuolo e abbassiamo, in quel caso
si fa anche per cercare di molleggiare, per praticamente quello che importa che labbassamento si
va riducendo. Quello che succede nella instabilit dei pannelli e che questa N di compressione
allora w diventa pi grande e tende ad andare ad infinito quando il denominatore della precedente
relazione va a zero e li si scatena linstabilit della piastra sottoposta a flessione.




























63
Gusci

La volta scorsa ci siamo occupati di piastre piane, e abbiamo visto che se trascuriamo le variazioni
dello spostamento lungo z nello spessore, e quindi diciamo che tutti i punti allineati sulla normale al
piano medio hanno grosso modo tutti quanti lo stesso spostamento lungo z (vi ricordo che lungo z
c un insieme minore della piastra, quella che abbiamo definito trascurabile rispetto alle altre due)
allora le componenti di spostamento possono essere espresse in questa maniera: vedete che abbiamo
due componenti dello spostamento U
0
e V
0
che sono le componenti dello spostamento nel piano
medio e queste daranno luogo a degli sforzi normali che si manterranno inalterati lungo tutto lo
spessore della piastra. E poi abbiamo altre porzioni dello spostamento che sono tutte collegate allo
spostamento trasversale Q
0
dei punti giacenti nel piano medio. Queste componenti di spostamento
sono costanti nello spessore e sono parallele alle componenti di spostamento del piano medio,
incidono sulle componenti di spostamento del piano medio, quindi somigliano tanto alle epsilon di
sforzo normale. Mentre invece questa W, con tutte le sue conseguenze, nellipotesi che il piano
medio resti indeformato, non sono altro che le componenti che danno luogo alla lezione sul
comportamento flessionale della piastra. Oggi quindi parleremo di piastre curve e faremo una
ripartizione analoga a quella delle piastre rettangolari. Unaltra cosa che sappiamo che lo stato
tensionale per ipotesi piano (SPT) e che nel caso delle piastre io adopero una notazione. Il buon
Timoschenko ci fece notare che, se la piastra a spessore costante come normalmente accade,
inutile portarsi appresso lintegrazione sullo spessore ma bene farla subito fin dallinizio in modo
tale da tirar fuori leffetto dello spessore e quindi defin queste risultanti delle tensioni che
sostanzialmente sono carichi per unit di lunghezza, quindi praticamente sono sforzi unitari e in
generale sono presenti tutte le componenti di sforzo. Avremo quindi degli sforzi normali, dei tagli,
dei momenti flettenti e dei momenti torcenti. Appena ci mettiamo a studiare le piastre ci rendiamo
conto che la loro condizione di equilibrio definita da una equazione completa del quarto ordine e
quindi anche nel caso della semplice soluzione di Navier abbiamo dovuto far ricorso a serie doppie.
Questo spiega daltra parte perch le piastre normalmente vengono studiate numericamente. ben
difficile che voi possiate trovare una soluzione semplice. Le piastre rettangolari sono state
lesempio pi eclatante e diffuso dello studio del metodo alle differenze finite. Lunica difficolt
con le differenze finite si verificata quando non si aveva a che fare con le piastre rettangolari
perch la difficolt quella di applicare le differenze finite alle superfici curve. Che cos un
guscio? Un guscio sostanzialmente una piastra a doppia curvatura. Quelli che ci interessano in
modo particolare sono quelli che presentano una simmetria di rotazione perch siamo interessati a
fare dei tubi, siamo interessati a fare dei serbatoi oppure un sottomarino e quindi praticamente
abbiamo a che fare con della piastre curve di piccolo
spessore che presentano una simmetria chiara di rotazione e
tra le quali prevalentemente anche i carichi hanno una
simmetria di rotazione. Questo ci comporta delle tali
semplificazione che non abbiamo pi bisogno di ricorrere a
delle serie doppie ma bastano quattro conti per affrontare una
marea di casi interessanti. Ora dobbiamo capire come si
arrivi a tali semplificazioni. E allora prendiamo un elemento
di piastra curva, supponiamo che questo ha la fibra media di
lunghezza ds
0
, ha un raggio di curvatura r
x
ed sotteso ad un
angolo d.
evidente che

e se mi sposto, vedete che z lho messo sulla superficie
media, di z dalla fibra media laltezza del lato che avr sar

64
Questo di solito lo scriviamo portando fuori r
x
:


Da qui gi si capisce dove ci stiamo avviando perch se z piccolo rispetto a x, r
x
non lo tocchiamo
e quindi si vede che tutte le semplificazioni dipenderanno dal fatto che lo spessore sia piccolo, ossia
trascurabile rispetto al raggio di curvatura corrispondente. Siccome di solito abbiamo due raggi di
curvatura lo spessore sar piccolo quando sar trascurabile rispetto al pi piccolo dei raggi di
curvatura principali. Dopo la deformazione sar cambiato tutto e il caso pi semplice che possiamo
dire che la deformazione sia inestensionale ossia ds
0
sia sempre uguale anche se saranno cambiati
r
x
e . Evidentemente r
x
sar diventato r
x
e d sar diventato d. Se risolvo la disuguaglianza dir
che dopo la deformazione io avr un

e se mi sposto di z rispetto alla fibra media avr


Dire che stiamo parlando di una deformazione inestensionale vuol dire semplicemente che io faccio
una ipotesi che ds
0
e ds
0
siano uguali cio che si sia avuta una rotazione delle facce esterne
dellelementino come si vede in figura. E allora in questo caso evidentemente r
x
d e r
x
d sono
uguali e quando io scrivo la deformazione
x
, dove ho tutti i punti del mantello, io mi riferir ,
siccome si tratta di una superficie curva, alla lunghezza darco e scriver:

Quindi avr che come al solito
x
varia con lo spessore, la sua variazione lungo lo spessore dipende
dal rapporto z/r
x
e dipende dalla variazione dei raggi di curvatura. I segni sono cos perch si parte
dallidea che r
x
sia pi piccolo di r
x
. Per cui 1/ r
x
pi grande per cui uscito fuori cos il segno -.
Nel momento in cui c una dipendenza di una
x
da un raggio di curvatura, se vi ricordate la teoria
della trave, capite che sto parlando dei momenti perfetti. Questa deformazione inestensionale
chiaramente legata a un comportamento flessionale della piastra curva. In generale la deformazione
non inestensionale. Tra ds
0
e ds
0
non esister una relazione di uguaglianza. Se voglio
quantificarla dir che ds
0
un quid in pi di ds
0
. Quindi
scriver:
dove
1
un allungamento nella direzione della superficie
media. Quando mi vado a calcolare la
x
ecco comparire
una espressione pi complicata in cui ho una deformazione

1
che non uniforme nello spessore perch c z/r
x
e
questa stessa
1
, vedete mi trovo un termine estensionale
1
e uno che quello di prima flessionale, per in quello
flessionale ora compare anche un contributo che quello
dellestensibilit cio della
1
. Ma quanto pu essere
grande questa
1
? molto piccola e quindi 1+
1
si pu
approssimare con 1. E quindi ottengo:

65


Quindi in pratica riottengo la stessa espressione di prima e la mia dovuta al termine estensionale
e a un termine flessionale. Scriver quindi questo:

Avr raggi di curvatura differenti e tensioni identiche. Se si tratta di una piastra sottile, quindi se z
massimo pu essere trascurato rispetto al raggio di curvatura pi piccolo, allora alcuni di questi
termini scompariranno e si avranno le seguenti equazioni:

1
costante e
1
la variazione del raggio di curvatura. Stessa cosa nellaltro piano. In questa
maniera abbiamo completamente separato il caso estensionale dal caso flessionale.
Abbiamo introdotto una indipendenza dallo spessore perch praticamente trascurabile e poich
1

e
2
li vado a misurare nel piano medio e poich r
x
e r
y
sono i ??????? di valori principali della
superficie media, io in completa analogia con quello che ho fatto per le piastre piane sto prendendo
lo studio di tutta la piastra a doppia curvatura e la sto riportando allo studio della sua superficie
media. Quindi sto facendo esattamente lo stesso percorso. Anche l avevo la
1
estensionale e la
flessionale solo che l si trascurava la parte estensionale e qui si far esattamente il contrario.
Parleremo solo del comportamento estensionale della superficie media. Quando potremo fare questo
diremo che il guscio ha un comportamento membranale. Un esempio di membrana sono le bolle di
sapone. Non reagiscono assolutamente flessionalmente ma reagiscono solo con degli sforzi tangenti
alla loro superficie media. Lo stato tensionale lo riteniamo piano e dalle precedenti espressioni
possiamo ricavarci le componenti di tensione:

Nel momento in cui parleremo di gusci a simmetria assiale viene meno anche la perch dipende da
e , lo stato flessionale lo
trascuriamo e i dipendono o dalla
variazione lungo langolo dello
spostamento radiale du/d e se c
simmetria assiale questa variazione
non ci pu essere o dagli
spostamenti tangenziali perch se c
simmetria assiale non ci pu essere
una v. Lunica componente di
spostamento che sussiste la u,
spostamento radiale. Quando
parleremo dei gusci di rotazione in
simmetria assiale di carico, la sar
zero e resteranno solo le altre due
66
componenti. Ci andiamo a scrivere le risultanti di carico e non abbiamo nessuna difficolt a
scriverle perch le pigliamo esattamente come per le piastre piane, lunica cosa che quando
scriviamo larco questo sar (1-z/r)dz che rappresenta larea elementare. Fatto apparire, lo facciamo
sparire subito perch sappiamo che z per noi piccolo rispetto allo spessore e torniamo quindi ad
avere formulazioni che sono identiche a quelle che avremmo avuto nel caso delle piastre piane
anche se questa volta abbiamo dovuto introdurre questa approssimazione. Se introduciamo questa
approssimazione, piastre sottili, avremo degli sforzi normali e di taglio lungo il piano medio che
dipendono solo dalle componenti di deformazione lineari o di scorrimento misurate nel piano
medio. Abbiamo delle coppie che dipendono solo dalle variazioni di curvatura. Quindi vedete che
gli effetti sono completamente separati. A questo punto abbiamo ancora dei tagli ma non ne vedo
gli effetti per il semplice motivo che avvengono su gusci di rotazione soggetti a carichi
assialsimmetrici, quelli che dipendono da che a loro volta dipendono da , che sono nulle perch
dipendono da , allora chiaro che sono sistematicamente nulli. Siamo partiti dicendo che la
deformazione di una piastra a doppia curvatura formata da una parte che dipende dalla
deformazione sulla superficie media e da una parte che dipende dalla variazione dei raggi di
curvatura, queste deformazioni poi varieranno lungo lo spessore. La prima cosa che poi abbiamo
detto che siccome lo spessore piccolo possiamo non considerare la torsione e che per calcolare
le risultanti di carico trascuriamo larchetto che dipende dallo spessore che piccolo. In questa
maniera riesco ad ottenere una separazione completa delle componenti di sforzo nel piano e
flessionali. Rimane come ultima cosa il considerare che siano trascurabili anche le variazioni di
curvatura e cio che le siano grossomodo tutte uguali a zero. Nel momento in cui introduco anche
questaltra supposizione, chiaro che scompaiano tutti i momenti, i tagli gi erano scomparsi e mi
restano solo le caratteristiche allinterno del piano medio misurate sul piano medio. Tutto costante
e non considero pi la variazione dello spessore etc. Ci sono due osservazioni da fare: 1) cosa me ne
faccio di questa condizione? nel senso che: realistica? una membrana o un corpo che si deforma
uniformemente nello spessore e che riduce tutto a degli sforzi nel piano medio capace di resistere
a dei carichi ad esempio normali alla superficie esterna? ebbene come se stessi parlando delle
bolle di sapone che sono capaci di resistere alla pressione, entro certe deformazioni, e quindi le
membrane sono capaci di resistere a degli sforzi normali alla loro superficie: questo un fatto
importantissimo che rende le membrane delle costruzioni meravigliose; 2) ma quali sono i limiti di
queste cose? i limiti sono fortissimi, e sono nelle cose che abbiamo detto: per poter applicare la
teoria membranale oltre allo spessore piccolo noi ci dobbiamo sistematicamente assicurare che
siano trascurabili le variazioni dei raggi di curvatura altrimenti ricadiamo nella teoria molto pi
generale del comportamento flessionale dei gusci che una teoria troppo complicata. Se io prendo
un serbatoio cilindrico e lo riempio di gas non c problema, se lo riempio di acqua e lo metto con
lasse orizzontale per cui lacqua arriva a un certo punto e poi non c pi io devo studiarmi il
comportamento flessionale perch la variazione di carico me lo necessita. Un altro caso tutte le
volte che ho un coperchio, nel passaggio dal mantello principale al coperchio io ho delle torsioni
che hanno deformabilit diverse, anche se chiaro che arriveranno ad avere lo stesso spostamento
anche se da sole non lo avrebbero e ci accade solo grazie al loro
comportamento flessionale. Questi sono casi in cui il comportamento
membranale non pi accettabile. Non sar mai accettabile vicino ai
vincoli per cui se voi vedrete i recipienti sferici questi avranno un
comportamento membranale ma poi troverete un bellanello che vi
sorregge questo recipiente e nelle vicinanze di questo anello il
comportamento flessionale perch c un carico esterno che diverso e
non una pressione pura. Quindi dobbiamo renderci conto che le teoria
membranale ci consente di capire tante cose ma ha dei limiti fortissimi.
A questo punto andiamo a vedere il caso che pi ci interessa che quello
del guscio di rotazione soggetto a carico assialsimmetrico. Questi gusci
sono ottenuti geometricamente facendo ruotare attorno ad un asse una
67
curva che il meridiano di questi recipienti e quindi avr una curva, meridiano, che avr fatto
ruotare attorno ad un asse. Questa curva presenter una curvatura che ovviamente uno dei raggi di
curvatura principali della superficie, quello indicato con r
1
, mentre laltro lo avr su un qualsiasi
piano radiale. Il teorema di Eulero ci dice che laltro raggio di curvatura principale io lo dovr
vedere in un piano perpendicolare al piano meridiano. Questo piano quello che si chiama piano
normale e non il piano che contiene il parallelo ma un piano che ha unaltra direzione che
molto scomodo da rintracciare per cui va a finire che tutto viene espresso in coordinate parallele.
Quando parlammo del teorema di (Wernier?) noi facemmo riferimento alla Terra e il raggio della
Terra non uguale al raggio dellequatore e i raggi principali della Terra in qualsiasi punto sono
due e coincidenti e sono lungo una normale alla superficie esterna mentre il piano del parallelo non
contiene la normale alla superficie esterna ed ecco perch questo non pu essere il raggio principale
per pensando al teorema di W. facile pensare che se ho un raggio parallelo r
0
e lanomalia del
punto rispetto al centro di curvatura d avr:

La superficie elementare sar divisa tra due meridiani molto vicini
distanti d tra loro e due sezioni normali (due piani perpendicolari
al piano meridiano contenenti la normale alla superficie). Questo
quello che facciamo quando andiamo a considerare una
superficie sulla faccia della Terra che delimitata da due
meridiani e due paralleli. Quella superficie terrestre quindi
delimitata da quattro archi di cerchio, la lunghezza dellarco di
cerchio pi a sud a parit di angolo formato dai due meridiani non
la stessa ( ardo b e arco d ) mentre i due archi a e c sono uguali.
Allora chiaro che d sar pi grande di b per in realt noi stiamo parlando di superficie elementare
e quindi stiamo parlando di d e d per cui con buone approssimazione possiamo dire che tra b e d
non c una grande differenza. A questo punto larea elementare diventa semplicemente un
rettangolo mistilineo, ossia un rettangolo i cui lati sono sagomati come archi di circonferenza, e
quindi la sua superficie diventa uguale al prodotto di base per altezza. E questa sar la superficie
elementare. Il problema che questi gusci a quali carichi saranno sottoposti? Il guscio che stiamo
trattando ha un comportamento ???????? e quindi avr degli sforzi in una direzione e degli sforzi
nellaltra direzione. Quindi degli sforzi che qui saranno perpendicolari allarco b e quindi per essere
perpendicolari saranno sempre lungo la tangente al meridiano e avremo degli altri sforzi che
saranno perpendicolari agli a, quindi ai piani meridiani, e che quindi saranno diretti tangenzialmente
al parallelo. Quando noi parliamo di un elemento chiaro che ci riferiamo a una figura
quadrangolare ma poi questa figura la dobbiamo accoppiare con delle direzioni e laccoppiamo con
la direzione del parallelo medio e del meridiano medio. Presi il meridiano e il parallelo manca una
terza direzione che prendiamo nel punto di incontro la direzione della curvatura che chiamo
direzione radiale. In questo punto che anche il centro di questa superficie io ritengo agenti i
carichi esterni. I carichi che avr saranno quello normale (radiale) e quello lungo la tangente al
meridiano ma non quello lungo la tangente al parallelo perch devo avere lassialsimmetria dei
carichi. Quando io ragiono in termini di risultati di sforzo interno parlo di un carico normale, una
forza per unit di lunghezza, applicata nel punto medio dei bordi della direzione delle tangenti al
meridiano e questo lo chiamo sforzo meridiano, e poi avr nel punto medio degli altri due lati delle
forze che avranno la direzione della tangente al parallelo medio in questi punti e li chiamer sforzi
paralleli. I primi li chiamo generalmente N

e i secondi N

. In generale il mio elemento sopportato


a dei carichi radiali lungo il meridiano ed sostenuto da sforzi interni che hanno delle risultanti di
taglio dirette lungo il meridiano e il parallelo. Va da se che gli N

possono cambiare ma gli N

non
possono farlo.
Ora cominceremo a costruirci lequazione di equilibrio per questo elemento pezzo per pezzo.
Cominciamo dalle azioni lungo il meridiano. Mi sono messo in un piano meridiano per cui, a parte
leffetto di curvatura, io vedo principalmente un archetto e la sua superficie media con delle
68
risultanti di carico N

da una parte e dallaltra. Queste


due risultanti unitarie non sono uguali tra di loro,
siccome tra questi due punti si avuta una variazione
dellangolo meridiano, allora la variazione tra i due
potr essere posta in termini di sviluppo di Taylor.
Queste forze sono dirette lungo la tangente al
meridiano nei due punti. Esprimeremo le condizioni
di equilibrio in direzione radiale e tangente al
meridiano. Quando parlo di tangente al meridiano
parlo di tangente al punto medio. Quando parlo di
direzione radiale ce ne sono infinite ma io mi metto al
centro dellelementino e sto considerando la direzione
radiale nel punto medio di tale elementino. Unaltra cosa di cui bisogna tener conto che le
superfici sulle quali agiscono N

e N

sono diverse tra loro perch passo da un parallelo ad un


altro: quindi da un lato avr r
0
d e dallaltro (r
0
d + r
0
ddt/dt). Allora diremo che questa risultante
N

avr una componente tangente e una perpendicolare ruotata di d/2. Quindi avr una
N

cos(d/2) che rappresenta la direzione tangenziale e una N

sen(d/2) che mi rappresenta la


direzione radiale. Notate che le componenti tangenziali sono contrapposte da una parte e dallaltra
perch c il materiale che se lo tira dai due lati mentre le componenti radiali sono concorrenti e
centripete. Queste due forze danno luogo ad unazione radiale diretta lungo il raggio medio:


Se sviluppo questa relazione e tolgo le parti di ordine superiore e considero il seno allincirca
uguale allangolo ottengo che alla fine mi resta:


Lazione tangenziale invece sar:





Andiamo a vedere ora quelle che sono le
azioni dirette lungo il parallelo dove avr le
due N

che sono uguali perch c una


69
assialsimmetria sia geometrica che di carico. Anche qui che sto in un piano parallelo mi vado a
trovare una risultante tangenziale e una risultante radiale. Quando parlo di direzione radiale parlo
della direzione radiale rispetto al piano parallelo (quella di dR

nella seconda figura) e quindi poi


questa avr ulteriori componenti rispetto alla direzione radiale principale. La procedura la stessa
di prima ma questa volta carichi e superfici sono gli stessi e quindi quando vado a calcolarmi le
componenti lungo il parallelo ovviamente mi trovo zero. Ho due forze uguali che deviate
ugualmente dal piano medio essendo contrarie vanno a zero. Se non ci fosse lassialsimmetria non
avrei zero e avrei un sacco di problemi. La componente radiale quindi sar:


Questa componente come detto avr ulteriori componenti nelle direzioni principali:


Ora fatto questo debbo solo
assemblare unequazione di
equilibrio radiale, una
equazione di equilibrio alla
traslazione in direzione
tangenziale tangente al
meridiano e una equazione di
equilibrio alla traslazione in
direzione tangente al parallelo
che sappiamo per essere
nulla. Ho quindi bisogno di
sole due equazioni e soltanto
di due. Vediamo che ho una risultante delle azioni esterne (Z e Y). Z sar radiale e quindi avr
Zr
1
r
0
dd e avr una Yr
1
r
0
dd. Quindi vado a scrivere le equazioni di equilibrio lungo il
meridiano e avr anche lequazione di equilibrio alla traslazione lungo la direzione radiale. Notate
che sono equazioni banalissime anche se una delle due una equazione differenziale.
Quindi se mi trovo a dover risolvere un problema di equilibrio del sistema in termini locali, mi
trovo a dover affrontare un solo termine differenziale in due equazioni. Per questo motivo la
equazione A) non viene presa in considerazione. Queste sono due equazioni di equilibrio locale. Ho
bisogno di due equazioni perch ho due incognite (le due N). Se devo trovarmele a livello locale
non posso far altro che andare a sostituire queste due equazioni ma poich so che il regime di
70
assialsimmetria io potrei cercare di utilizzare questa condizione per non andare a prendere in
considerazione una equazione di equilibrio locale ma quella globale ed quello che si fa. Quindi si
finisce per accoppiare allequazione B) una equazione di equilibrio globale in modo tale da ottenere
due soluzioni algebriche e il problema diventa banalissimo.
Supponiamo di aver eseguito la sezione di questo guscio di
rotazione e supponiamo che i carichi esterni abbiano in tutta
questa struttura una risultante complessiva assiale R e solo
questa perch non sto facendo una relazione per lequilibrio
alla traslazione radiale. In direzione circonferenziale non
lavranno mai perch senn non sarebbe assialsimmetrico.
Sotto lazione di questa R, io avr, una volta che ho fatto la
sezione normale che fa uscir fuori un cono, tante N

dA che
avranno una componente assiale che sar N

dAsen e
avranno una componente radiale N

dAcos. Andiamo ora a


fare le risultanti. Queste N

per simmetria assiale sono tutte uguali fra di loro e quindi lo saranno le
loro componenti assiali e in modulo le radiali e quindi la somma di queste ultime ovviamente
zero. Restano solo le componenti assiali che sono tutte uguali fra di loro ma equiverse e quindi ne
far gli integrali lungo ottenendo proprio 2. Questa sar la risultante degli sforzi interni e la R
quella degli sforzi esterni e la loro somma sar uguale a zero. Quindi dallequazione di equilibrio
globale mi ricavo la N

mentre dallequazione di equilibrio locale mi ricavo la N

. Una volta
ricavate queste due posso passare alle componenti di tensione ritenendole fortemente dipendenti
dallo spessore (s) e trovo:

Sono tensioni principali e non ci sono sforzi di taglio o tensioni radiali. Ho delle tensioni meridiane
e parallele. Il problema che se voglio utilizzare queste due equazioni debbo fare uno studio
geometrico e andarmi a trovare i raggi di curvatura. Se io ho una superficie a doppia curvatura
ottenuta per rotazione di una curva meridiana intorno ad un asse allora i due raggi di curvatura sono
questi:



Quindi se si scrive lequazione della curva vi ricavate i due raggi in ogni punto e quindi in ogni
punto potete ricavarvi gli sforzi membranali.
Lasciando stare i primi due esempi banali passiamo a considerare quello che pu essere un
problema ingegneristico come la volta sferica pesante che non altro che una cupola. Supponiamo
di avere una cupola che ha un peso per unit di superficie q e torno torno quindi ho una qdA. La dA
essendo questa una sfera di raggio a sar ovviamente un 2au ma posso esprimerla anche attraverso
luso dei raggi di curvatura:


Io suppongo che di questa sfera ne adoperi solo una parte, una volta o una calotta, definita da per
cui in questo caso ho utilizzato come estremo superiore dellangolo e non come valore corrente
che invece ho chiamato u[0,]. Allora su ogni dA c una qdA, conviene portarsi alla superficie
anulare, pareggiare lintegrale in d e sostituirlo con 2 e avr:



Questa la risultante delle forze peso (forze assiali) che mi debbono dare anche forze radiali. Le
equazioni di equilibrio che ottengo sono:
71
Dallequilibrio globale mi ricavo N

e vedo che negativa


perch se io ho una volta e premo dallalto il verso opposto a
quello del peso. Sotto leffetto del peso in direzione meridiana
questa volta sempre compressa.

Vediamo che succede in direzione parallela:

facile vedere che per =0, N

negativo e
quindi quando io parto pi su (come angolo)
anche in direzione circonferenziale le forze
sono di compressione. Questa forza
allaumentare di comincia a diminuire e
per =51,8 diventa zero e poi positiva, per
cui se io faccio una cupola sferica che abbraccia pi di 51 questa si spappola. Questo il motivo
era difficile fare le cupole nei tempi passati. Poi nel rinascimento si cap come risolvere questo
problema mettendo delle forze di contrasto al centro della cupola.
Ora prendiamo un recipiente sferico e
riempiamolo di gas. Allinterno abbiamo
una pressione di p e i due raggi uguali.
Abbiamo un equilibrio locale e globale.
Trovata la R vedo grazie alle relazioni che
le due N sono uguali tra loro, come cera
da attendersi essendo una sfera. Da queste
mi ricavo le che sono tutte uguali tra di
loro. Da questo caso passiamo ad un altro
che ci interessa particolarmente e cio
quello dei serbatoi cilindrici pieni di gas. Il cilindro una
superficie a semplice curvatura e non a doppia curvatura e
questo vuol dire che uno dei raggi di curvatura principali
infinito. infinito il raggio del meridiano mentre il raggio del
parallelo vale a ed quello che chiamiamo raggio medio del
cilindro. Supponiamo che non ci siano fondi e quindi che non ci
sia la componente assiale e quindi che R sia uguale a zero. In
questo caso viene che N

uguale a zero e questo vuol dire che


non c uno sforzo lungo il meridiano, e quindi non c una
tensione assiale sul mio mantello. Ci sar solo una tensione
circonferenziale ( ma non ).
Supponiamo ora che invece i fondi ci siano. In questo caso si
avr di nuovo una N

che sar uguale a quella del caso del


serbatoio sferico. Se ci sono i fondi poi la tensione
circonferenziale il doppio di quella assiale. Per questo
motivo se io ho una bombola, questa scoppia perch si
creano delle crepe lungo le generatrici, perch sono dovute
alle

. Il distacco del fondo una cosa che i bombolari non


conoscono perch la bombola si apre lungo la generatrice.






72
Queste due equazioni ve le ho fatte vedere secondo la teoria dei gusci membranali. Ma luomo le
conosceva gi da tempo sotto il nome di formule delle caldaie perch quando parliamo di caldaie
parliamo di tubi e mantelli soggetti a pressioni interne. Quando si cominci ad utilizzare la
macchina a vapore questa scoppiava perch non si conoscevano fenomeni come la fatica, la fatica
termica, non si sapeva come realizzare le tenute. Quindi ci si pose il problema di dimensionare i
mantelli delle caldaie. Da qui nacquero le formule delle caldaie che sono banalissime. Io ho una
tensione assiale che agisce su di unarea che 2as e questa deve essere uguale al carico che ho sul
fondo pa
2
. Circonferenzialmente io prendo met tubo. Il carico dovuto alla pressione interna e
deve essere equilibrato dalle
t
.





Cos posso analizzare anche i serbatoi conici che unaltra forma a semplice curvatura (r
1
=).
la conicit del recipiente, h la quota a cui mi metto. Il metodo praticamente sempre lo stesso.



















73
Vi faccio un ultimo caso che un po diverso dagli altri perch fino
ad ora abbiamo sempre trattato gas. La pressione non pi
uniforme ma essendo un liquido cambia con la profondit: sul pelo
libero avr p
0
mentre scendendo avr p=p
0
+(H-h). Se voglio
sapere quali siano gli sforzi allaltezza h divido in due lequazione
di equilibrio. Da una parte considero una parte di acqua e dallaltra
la restante. Mi calcolo quindi il peso della colonna dacqua e quindi
mi debbo calcolare il volume. Quindi dovr calcolarmi il volume
del cilindro e del cono. Quindi ottengo la pressione variabile e
nellequilibrio globale ho il volume variabile con la profondit.
Supponendo che non ci sia una pressione esterna, ho che sul vertice sono nulli tutti e due gli sforzi,
mentre sulla superficie del liquido non ci sono sforzi circonferenziali ma solo sforzo meridiano.
Questo mi ha dato lidea di andare a vedere a quale quota c lo sforzo meridiano massimo.





















74
Lezione 21 Cilindri con parete a forte spessore

Allaltro estremo della possibile casistica rispetto alle membrane,
ci sono i recipienti curvi a forte spessore. In questi casi, di cui il
pi importante quello cilindrico, non c nessuna dimensione
realmente trascurabile rispetto alle altre e quindi non possiamo
che ricorrere alle teorie generali dellequilibrio. Un caso classico
quello dei reattori chimici nei quali occorre avere una cavit di
dimensioni contenute, ma poich si ha a che fare con fortissime
pressioni, vengono fuori delle dimensioni di parete enormi. Il
caso pi semplice quello del recipiente assoggettato a una
pressione interna o esterna. La geometria molto semplice in
quanto un recipiente a semplice curvatura caratterizzato da simmetria assiale geometrica
sottoposto a carichi assialsimmetrici. Consideriamo il materiale lineare elastico isotropo e carichi
uniformi lungo lasse z. Questultima cosa semplifica di molto la trattazione perch conduce ad uno
stato di deformazione indipendente dal tempo. ovvio che trattandosi di un solido
assialsimmetrico, risolviamo il problema ricorrendo alle coordinate polari e quindi sappiamo che
delle equazioni di equilibrio ne rimane solo una che :



Questa relazione ha moltissime applicazioni ed lunica che
possiamo scrivere e questo un problema in quanto abbiamo due
incognite. Dobbiamo recuperare unaltra equazione e lo facciamo
utilizzando lequazione di congruenza. In questa abbiamo bisogno
della deformazione radiale
r
e una
t
tangenziale che deriva da
due cose:
1) dallallargamento estensionale dellinvolucro oppure
2) dal fatto che lelementino si spostato su un raggio diverso.
Il primo caso mi fa comparire un dv/d che trattandosi di un
problema assialsimmetrico certamente sar nullo perch v zero.
Quindi resta solo il secondo termine che u/r. Si capisce subito che le due sono parenti.
Quindi differenziamo
t
rispetto ad r:




Otteniamo quindi lequazione di congruenza che mi dice che legame ci deve essere tra le
componenti di deformazione e le loro derivate per un problema del genere. Abbiamo quindi
ottenuto le due equazioni che cercavamo. Sappiamo che non hanno le stesse incognite ma sappiamo
pure che valgono le equazioni di Navier e quindi so di poter trasformare la seconda equazione in
termini di tensioni. I casi che ci interessano sono quelli corrispondenti a stati piani di tensione e
deformazione perch devo fare unipotesi nel momento in cui vado a inserire lequazione di Navier
nellequazione di congruenza e debbo sapere quali eq. di Navier andare ad utilizzare. Lo stato piano
di tensione generalmente pi banale e quindi utilizziamo quello, anche se quello che si incontra
pi spesso quello dello stato piano di deformazione. Quindi per prima cosa mi scrivo le equazioni
di Navier in questo caso:


Dopodich mi scrivo il d
t
/dr:

75

Poi faccio qualche giochetto per trovarmi dallequazione di equilibrio la
t
:








Sostituisco nellequazione di congruenza e ottengo una equazione nella sola incognita
r
:





Il resto banale integrazione:



Dalleq. di equilibrio poi ottengo:







Di solito questa soluzione la scrivo come:


Come si vede entrambe le tensioni diminuiscono allaumentare di r e quindi il bordo interno
sempre pi caricato. Quello che debbo calcolarmi sono le due costanti A e B. Poich avr delle
pressioni agenti sul bordo interno ed esterno. Quindi la tensione radiale sar uguale a meno luna e
meno laltra:



Da queste sostituendo al posto di
r
il termine A-B/r
2
ottengo:


Queste equazioni spesso vengono presentate nella forma pi adimensionalizzata possibile. I raggi
vengono adimensionalizzati rispetto al raggio esterno. Viene preso un raggio che caratterizzi la
geometria, , che sar parecchio minore di uno, e poi avremo una variabile corrente, r, che viene
adimensionalizzata tramite :




Da qui otteniamo queste relazioni:

76
Qualcuno prosegue questa operazione di adimensionalizzazione scrivendo:

E allora le relazioni diventano:

importante capire invece cosa accade realmente. Allora supponiamo di avere una pressione
interna, p
i
, e di non avere pressione esterna. Avremo che k=0. Quindi si vede come le tensioni in
questo caso, a parte il termine geometrico, dipendano da 11/
2
:




Particolarizzandola per raggio interno e raggio esterno vedete che il valore massimo in assoluto
deve verificarsi al raggio interno. Quindi nel caso di recipiente cilindrico sottoposto a pressione
interna la tensione radiale sempre negativa e va da p a 0, mentre la tensione circonferenziale
sempre positiva e va da un valore massimo al bordo interno a un minimo diverso da 0 al bordo
esterno. sicuramente diverso da 0 perch la tensione circonferenziale non ha niente a che fare con
il carico applicato. Vi ho poi riportato i rapporti tra le tensioni di confronto allinterno e allesterno
perch questa tensione comunque diminuisce dal bordo interno al bordo esterno. Io non voglio che
questo rapporto sia enorme perch, sapendo che comunque la tensione di confronto deve essere
minore a quella ammissibile al bordo interno, il materiale che sta al bordo esterno poco sfruttato.
Quindi io voglio che il rapporto tra la tensione in rapporto al bordo esterno e al bordo interno non
superi un valore massimo che io posso imporre a progetto e chiamer .

Impostato questo massimo verr fuori poi un valore minimo di . Al diminuire di il rapporto tra le
tensioni di confronto aumenta e quindi se io voglio contenere tale rapporto non posso avere pi
piccolo di un certo valore. Questo mi comporter dei forti raggi (interni!?).

Nellaltro caso abbiamo una pressione posta allesterno del recipiente. Da qui appare un
2
in
parentesi e posso fare le stesse considerazioni dette per laltro caso.


Per lipotesi di stato piano di deformazione dove siccome deve essere da questo
si ottiene che la tensione assiale costante:


Ho preparato un esempio da guardare qualitativamente e riguarda un impianto di estrusione
dellalluminio. La billetta viene caricata allinterno del container, che un recipiente cilindrico di
grosso spessore, e viene appoggiata alla matrice di estrusione. Avr un diametro di un paio di metri
e la lunghezza di circa un metro e mezzo, ha un foro interno del diametro della billetta. Si introduce
77
la billetta calda, poi faccio entrare il pistone e
questultimo spinge la billetta nel foro della matrice.
Questo container di solito sempre pi grosso di quello
che serve perch uno dei problemi che noi incontriamo,
quando estrudiamo un metallo, che mentre lo estrudo il
metallo si raffredda. vero che tende a riscaldarsi per
effetto dellattrito sulle pareti del foro del container e del
foro della matrice, per leffetto non cos violento per
cui succede che la billetta tende a raffreddarsi. Per evitare
che si raffreddi allinterno del container si mettono delle resistenze.
Abbiamo una billetta da 180mm e la forza di spinta di 25MN. La velocit di estrusione di 3 cm/s.
Questo richiede una potenza di 750kW e la temperatura alla quale avviene tutto 550C. Questa
temperatura sempre un compromesso perch pi elevo la temperatura pi il materiale si ammolla
e minore forza di spinta necessita, per se poi esagero cominciano a comparire delle bruciature sotto
forma di macchie sullestruso e delle volte comincio ad avere delle irregolarit superficiali. Il
container ha 990mm di diametro esterno e 1,4m di lunghezza. La pressione di estrusione 982MPa
e quindi N/mm
2
. Se io premo la billetta in direzione assiale tender a deformarsi anche radialmente
e quindi tender a premere sulle pareti del container. difficilissimo calcolare quanto valgono le
pressioni radiali e tangenziali della billetta sul container. Le simulazioni numeriche mi dicono che
la pressione sulla parete sar di circa il 60-80% della pressione sulla billetta. Io ho considerato il
70% ed venuto 688MPa. A questo punto vado a calcolarmi le sollecitazioni che ho nel container.

La tensione di confronto fortissima perch, siccome
devo fare la differenza tra le due componenti di
tensione, nel momento in cui ho le componenti che
hanno segno opposto, contribuiscono con la somma
dei valori assoluti a quella di confronto. Il bordo
esterno non lavora proprio come si pu vedere. Per
riparare a questa condizione disastrosa si fa il
container in due pezzi, ossia un cilindro interno e un
cilindro esterno. Avr quindi un calettamento forzato.
Avr quindi che il cilindro interno sar assoggettato
alla stessa pressione da parte della billetta, per anche
assoggettato alla pressione esterna di calettamento del cilindro
esterno. Il cilindro esterno invece sar soggetto solo alla
pressione di calettamento. Molto dipende dai diametri che si
scelgono. Io ho preso dei diametri abituali e ho scelto quello di accoppiamento pari a 380mm. Ora
si applica una espressione trovata da un certo Stange e si cerca di portare la pressione all80-90%
della sigma di snervamento, ossia quasi alla plasticizzazione.
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Trovata la pressione di calettamento (111MPa) si vanno a prendere le tabelle delle tolleranze e si
vede quale accoppiamento porti a una deformazione tale da creare una pressione vicina a quella di
calettamento.



Naturalmente fatti questi calcoli devo sovrapporre gli effetti.


Come si vede la pressione sul raggio interno scesa da oltre 1200 a 991MPa perch cho un effetto
di contrapposizione tra la pressione esterna e quella interna. Se mi metto invece sul raggio esterno
vedo che la tensione di confronto salita fino a 85MPa, il che mi fa piacere perch sfrutto meglio il
materiale. Si pu ottenere ancora di pi facendo un terzo strato. Avr un calettamento a 300mm e
uno a 500mm. Mi calcolo le pressioni di calettamento su tutti i cilindri.
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80

Poi mi sommo le tensioni omologhe e vedo che da 1200 sono sceso 794MPa. Sul bordo esterno da
47 sono salito a 141MPa.



Se infine guardiamo i diagrammi che non si riferiscono ovviamente allesempio, anche se un caso
analogo, vediamo come la tensione di confronto vada diminuendo con laumentare dei cilindri
allinterno del foro e come aumenti allesterno del container. Quindi si nota leffetto benefico
dovuto alleffetto della contrapposizione tra pressione interna e pressione esterna.

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