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Appunti del corso di Costruzioni di Macchine 2

Lezione del 21/12/2004 Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 39. (Scorrimento viscoso (creep) e comportamenti collegati.) Ricordando quello che ci siamo detti la lezione precedente, man mano che cominciamo a far salire la temperatura, anche sotto una prova di carico statico, quindi con un carico applicato staticamente, la deformazione tende a crescere con il tempo e a stabilizzarsi sotto un valore maggiore di quello raggiunto inizialmente, quindi io applico il carico, poi fino a quando la temperatura sufficientemente bassa, praticamente ed istantaneamente mi compare tutta la deformazione; se faccio crescere un po la temperatura comincio a vedere che questo non pi vero, infatti c una parte di deformazione che compare subito e poi un altro po che mi compare pian piano nel tempo, tendendo poi ad un valore asintotico che dipender dalla temperatura (fig 1: quella a sinistra), se per la temperatura aumenta ancora io comincio a vedere che non c pi un asintoto orizzontale, ma la deformazione cresce nel tempo e non tende ad un valore finale ma mostra al contrario una tendenza a crescere progressivamente nel tempo, ed inoltre mentre per un bel tratto, magari, cresce con una legge lineare, poi successivamente a partire da un certo istante, che funzione della temperatura e del carico, la sua velocit di aumento cresce nel tempo per cui nel diagramma mi ritrovo una concavit rivolta verso l alto (fig 1); questo aumento progressivo di deformazione non pu che terminare con la morte dell elemento, quindi praticamente con la crisi. La crisi dovuta al fatto che, alle alte temperature all interno di un componente si formano delle cavit, dovute all esaltazione delle proprie caratteristiche di duttilit. Infatti il modo caratteristico in cui cedono i materiali duttili quello della formazione di cavit, che crescono, si uniscono, diventano cos sempre pi grandi e cos via. In questa evoluzione progressiva di deformazione siamo soliti, per motivi fisici e soprattutto di modellazione, individuare tre fasi: 1. una prima fase (I) che chiamiamo primaria o instazionaria, anche se quest ultimo termine meno corretto perch anche la terza fase in stazionaria; 2. una fase centrale (I) che una fase di scorrimento stazionario o secondario; 3. una fase di scorrimento terziario (III) che quella finale, che tranne casi particolari non prendiamo in considerazione ai fin del dimensionamento del mio componente. Quando, infatti dimensiono un componente che deve resistere alle alte temperature tento disperatamente di restare nella prima e seconda fase. Se poi il carico sufficientemente elevato e/o la temperatura sufficientemente elevata, come si nota dal diagramma, l intervallo temporale abbracciato dalla fase stazionaria sempre pi piccolo,

finch scompare; passando quindi direttamente dalla I alla III fase. Questo comportamento viene nominato abitualmente scorrimento viscoso o creep e ci indica che in caso di sollecitazione costante, ricordo che il diagramma un campo parametrato nella temperatura, dove sull asse delle ascisse c il tempo e sulle ordinate c la deformazione raggiunta, inoltre ciascuna curva parametrata in termini di tensioni. Qualora facessimo un piano caratterizzato dalla tensione e considerassimo tante curve, ciascuna individuata da un valore diverso della temperatura, avremo delle curve che assomigliano a quelle del diagramma a destra. In questo quadro stiamo studiando cosa avviene a tensione costante nel tempo e valutiamo la variazione di deformazione nel tempo, questo quello che noi intendiamo per scorrimento viscoso. D altra parte io potrei anche ricavare in maniera diversa, infatti potrei prendere un ordinata e andare a vedere in diversi istanti di tempo quali curve interseco, ogni curva ha una diversa e allora potrei dire cosa succede a deformazione costante nel tempo e avr cos dei punti in un diagramma , t che mi rappresentano la tensione risultante nell elemento a deformazione costante, e siccome le curve nella figura a sinistra a crescenti, man mano che aumenta il tempo, io andrei ad intersecare le curve a tensione pi bassa, quindi questo vuol dire che in un caso di deformazione costante, la tensione nel tempo va a ridursi, e questo il fenomeno che noi indichiamo come rilassamento. Il rilassamento quel fenomeno per cui in caso di deformazione imposta, costante nel tempo, in realt la sollecitazione va diminuendo, e molte volte questo problema molto pi importante dello scorrimento viscoso, perch questo il fenomeno per il quale noi stringiamo un bullone e se ci ritorniamo dopo sei mesi il bullone si allentato, oppure lasciamo (come nell antichit) dei pezzi di vetro obliqui, contro le pareti ,e gli archeologi li hanno ritrovati cubi, sono questi i problemi di rilassamento. Il rilassamento comunque strettamente collegato allo scorrimento viscoso. (le due figure sono praticamente le stesse, la figura 2 tende a farci vedere solo la differenza che c nelle prove di scorrimento se operiamo a costante o a P costante, ovvio che c un differenza, ed la stessa differenza che, anche se con significato completamente diverso, otteniamo nel diagramma , statico come differenza tra tensione convenzionale e tensione effettiva, considerando cio il fatto che la sezione si ristretta e quindi il carico maggiore.. quindi la stessa cosa perch nel momento in cui comincia a diventare sensibile l allungamento e siccome stiamo in plasticit evidentemente la sezione si deve ridurre perch il volume costante, allora il carico risulta variabile).

Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 40. Nella seguente slide vediamo delle curve di rilassamento e lasciando perdere i valori si nota che nel tempo la tensione cade e la pendenza con la quale scende la curva inizialmente, quindi il gradiente delle tensioni nel tempo tanto pi accentuato quanto maggiore la tensione di partenza. Quindi il materiale tenta di scaricarsi, di liberarsi da quello stato tensionale che aveva inizialmente. Anche questo un problema che ci interessa notevolmente, ed il problema del recupero. Oltre alle curve di rilassamento, in questa slide vediamo anche il recupero, infatti vediamo prima una curva di creep poi improvvisamente tolgo il carico, quando sar arrivato al tempo di 180h (prima fig). Cosa succede alla deformazione? C una parte elastica di deformazione che recupereremo immediatamente e poi ho l equivalente della deformazione plastica, la deformazione viscosa, che vado a recuperare nel tempo, quindi oltre alla brusca riduzione iniziale avremo un ulteriore riduzione che andr avanti nel tempo, logicamente non sar totale per, praticamente, comunque recupereremo. Quindi il comportamento di un materiale alle alte temperature piuttosto articolato, si parte dallidea didattica dello scorrimento viscoso, poi mi accorgo che questo collegato al rilassamento, alle deformazioni. Logicamente noi dobbiamo poter prevedere numericamente il comportamento simile di un qualsiasi materiale e con tutte le sue caratteristiche, cio non mi basta rappresentare correttamente il creep, ma devo rappresentare correttamente il creep, il rilassamento, ed il recupero della deformazione, etc. ; d altra parte se il mio modello sufficientemente buono nel creep dovrebbe corrispondere anche negli altri comportamenti. Quindi dovremmo costruirci dei modelli, questo problema di modellazione non legato strettamente ad applicazioni avanzate, per esempio quando facciamo uso di polimeri (materie plastiche) per applicazioni generiche, ma sapete che in alcuni casi i condotti di scarico dei motori cominciano ad essere anche loro di plastica, per queste sono delle plastiche particolari, ma in generale i polimeri sono delle sostanze che presentano il creep gia a temperatura ordinaria e quindi se bisogna dimensionare una trave, una piastra fatta di sostanza polimerica siamo tranquilli che deve essere un calcolo a durata effettuato tenendo conto di queste caratteristiche. In altri termini, non si dir la tensione ammissibile in questo materiale x, ma ci si chieder: quanto tempo mi deve durare questo elemento? Che tensione io gli posso indurre affinch la deformazione che si raggiunger nel periodo di tempo che io voglio sia ancora accettabile? (perch altrimenti si creano delle interferenze tra elementi oppure si creano delle curvature inaccettabili o per altri motivi del genere ). Quindi in base al tipo di utilizzo che intendo fare del componente potr avere delle deformazioni massime, allora io dovr valutare e tener presente queste deformazioni e la durata, cio il tempo dopo il quale io intendo che queste deformazioni inacettabili compaiano e conseguentemente provveder a determinare la tensione massima che dovr essere indotta in quell elemento. Naturalmente io per fare tutto questo ho

bisogno di modelli di comportamento. Quindi gran parte del nostro impegno sar dedicato allo studio dei modelli di previsione, quindi dobbiamo capire il fenomeno, capire il comportamento dal punto di vista fisico e poi modellarlo. I tipi di modelli che noi utilizziamo sono di due tipi: 1. modelli lineari 2. modelli non lineari Il modello lineare. Questo modello non tale perch pi comodo ma il modello tale perch rappresenta con sufficiente attendibilit il comportamento di un materiale nel nostro caso e l andamento del fenomeno in generale e ci consente di formulare delle previsioni, e anzi forse pu essere utilizzato per, nel nostro caso, il campo della sollecitazione. I modelli lineari sono utilizzabili per certi materiali con buona attendibilit e si rivelano insufficienti per altri, cio essi vanno benissimo per le materie plastiche, e vanno malissimo per i metalli, gli acciai. Quindi quando parliamo di acciai dobbiamo introdurre dei modelli complicati. Analizziamoli in dettaglio. Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 41 I primi modelli come gia abbiamo detto precedentemente ce li costruiamo. Abbiamo parlato gia del modello reologico, quando abbiamo parlato della plasticit e dell inversione del carico in caso di plasticizzazione e per abbiamo anche detto che quello veniva chiamato modello reologico per somiglianza con quelli che utilizziamo nel creep ma non un vero modello reologico, perch la variabile tempo non c . I modelli reologici lineari sono quelli che vengono costruiti accoppiando e riunendo degli elementi di tipo reologico semplice che sono sostanzialmente due: un elemento puramente elastico, ed un elemento viscoso, lo smorzatore; anzi nel momento in cui parliamo di modello elastico ci potremmo chiedere che cosa ha di viscoso e facendo un attenta analisi vedremmo che questo non ha niente di viscoso, l unica cosa che accoppiato ad un modello che possegga delle caratteristiche di viscosit riesce a dare un immagine reale di come si comporta effettivamente l elemento. In ogni modello noi dobbiamo vedere se in grado di rappresentarmi il creep, se in grado di rappresentarmi il rilassamento, e se in grado di rappresentarmi il recupero della deformazione. Quindi chiaro che se io ho una molla lineare di rigidezza q, la sua curva caratteristica : =q*, se io applico una istantaneamente, la mi compare istantaneamente e sar 1= 1 / q ; la 1 rimarr costante finch dura la , esiste una corrispondenza biunivoca tra il valore della e il valore della per cui non c scorrimento ne rilassamento se tolgo il carico istantaneamente, la deformazione scompare tutta istantaneamente e quindi c il recupero totale della deformazione. In non lineari che sono sicuramente pi

maniera completamente diversa si comporta l altro elemento costitutivo dei modelli reologici; cio l elemento viscoso. Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 42. L elemento viscoso viene rappresentato come il solito smorzatore e dalla legge della viscosit sappiamo che questo potrebbe essere rappresentato, ponendo una proporzionalit diretta tra la tensione applicata e la velocit di deformazione (come un fluido), quindi scriveremo: = p* ( sulle slide indicata con punto), noi di solito partiamo da p ma ci serve la (t) (funzione del tempo), dobbiamo integrare l espressione precedente rispetto al tempo e con riferimento alla e quindi avremo: =(/p)*t pi una costante che la deformazione iniziale, in questo caso supponiamo che la deformazione iniziale sia nulla perch lo smorzatore parte da una condizione di riposo. A questo punto lecito chiedersi come si comporta un tale elemento; applicando una la cresce linearmente e quindi comincia ad esserci una rappresentazione di un fenomeno di aumento progressivo della deformazione nel tempo, quindi mi rappresenta lo scorrimento viscoso. Adesso quello che bisogna chiedersi : questo fenomeno mi rappresenta il rilassamento? anche la risposta a questa domanda affermativa, perch se costante, uguale a zero e quindi la = 0. quindi con una costante la va a zero immediatamente, e questo modello mi contiene il rilassamento in maniera totale, quanto istantanea, mentre il fenomeno del recupero completamente assente. Sia l elemento elastico che quello viscoso sono molto banali, eppure dalla loro unione e dalla loro combinazione ed anche enucleazione si possono ottenere dei modelli via via pi complessi che sono capaci di rappresentarci dei comportamenti che sono abbastanza movimentati. Un primo modello molto noto ed importante quello successivo: Modello di Maxwell. Slide 43. Il modello di Maxwell quello pi utilizzato ed costituito da un elemento elastico ed uno smorzatore messo in serie. Quindi la tensione sar la stessa sia nello smorzatore che nella molla, mentre le due deformazioni saranno evidentemente diverse tra di loro; quindi avr nella molla una q = q*q e nello smorzatore una p = p*p per l equilibrio queste due tensioni sono uguali tra di loro, perch abbiamo un elemento in serie, mentre le deformazioni saranno diverse. La deformazione totale che io avr sar costituita dalla somma della deformazione della molla e della deformazione dello smorzatore: = p + q , ricordando per che per lo smorzatore io ho un legame basato sulla , e non sulla , lunica cosa da fare ricavarmi la , dove = p + q = (q / q) + (p /p); dopo aver fatto questo, per avere il comportamento in condizione di rilassamento mi devo integrare

la suddetta relazione nel tempo rispetto ad e quindi

dt *

alla fine otterr un termine

costante, per l integrazione della ed un termine lineare nel tempo quindi in un modello di Maxweell se io applico una tensione costante 1 ,avr la comparsa di una iniziale detta 0 che corrisponde alla quota elastica, seguita da un aumento nel tempo della deformazione, supponiamo che all istante t1 ho raggiunto la = 1 e la mantengo costante, per vedere se c rilassamento. Se costante 0 = 0 e per essere =0 deve essere: (/p) + (/q) =0 e quindi abbiamo un equazione differenziale di nel tempo; la soluzione (t)= A*exp(-t) (= p/q), quindi t1 = -1 , si ha quindi un esponenziale decrescente, e quindi questo modello comincia ad avere per esempio anche il rilassamento progressivo e mi dice anche che la derivata, quindi la tangente nel punto di partenza del rilassamento sar: 1 dove = p/q, 1 non altro che la tensione di partenza, quindi ci ritroviamo anche quell idea iniziale e cio che il gradiente tanto pi violento quanto maggiore la tensione di partenza. Se prendo all istante t 1 una 1 costante e la mantengo costante per un tempo infinito la 1 andr a finire a 0, quindi ho un rilassamento asintotico e totale. Se invece supponiamo di arrivare ad un istante t2 dove la tensione ha raggiunto un valore 2 e togliamo tutto il carico, evidentemente avendo tolto tutto il carico mi scomparir la quota elastica quindi avr in valore una brusca riduzione pari a : 2/q, che la parte elastica di deformazione che c , mentre la parte viscosa rimane costante, quindi praticamente ho un recupero parziale della deformazione. Esiste un altro modello la cui caratteristica di facile intuizione ed il modello di Voigt. Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 44. Questo modello costituito da una molla ed uno smorzatore in parallelo e non in serie, di conseguenza la deformazione la stessa per i due elementi mentre il carico applicato uguale alla somma dei due carichi. Ci si rende subito conto che la (t) avr la forma mostrata in figura e quindi (t)= (p/q)*[1-exp (t)], questo vuol dire che se io applico un carico costante al mio elemento io avr una che cresce secondo un esponenziale che ci fa molto comodo per rappresentare la fase instazionaria del creep , cio la fase iniziale del creep, lunico problema che quest esponenziale tende ad un asintoto orizzontale e cio ad un valore /q al quale giunge dopo un tempo infinito e quindi praticamente tende ad assumere un valore costante. Arrivato all istante t 1 io blocco la e quindi 1= costante e cio =0 e quindi = q*(t 1)=1, essendo la costante ci si rende conto che questo modello non ha rilassamento. Se per all istante t 2 io porto la a 0 allora + = 0, la si ridurr tendendo asintoticamente a 0 quindi c la fase di un recupero totale, anche se non c il rilassamento mentre Maxwell ha il rilassamento ma ha un recupero parziale quindi per avere il fenomeno nella sua interezza basta collegare questi due modelli ottenendo anche dei modelli molto complicati. Facciamo un accenno a questi modelli analizzando il modello di Burgers (in realt non

esiste un modello di Burgers ma ne esistono tanti), che nasce dalla serie del modello di Maxwell e di Voigt; esiste anche il modello di Burgers che in parallelo. Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 45. Il modello di Burgers come gi abbiamo detto un collegamento di pi modelli semplici, in modo da costruire un modello che ci permetta di conoscere il comportamento di vari elementi in condizioni pi complesse. Questo modello non fa altro che studiare prima il modello di Maxwell da una parte, poi il modello di Voigt, quindi separatamente, e alla fine metterli insieme facendo per attenzione che la tensione la stessa e la deformazione la somma (per il solo assieme). In questo modo otteniamo un diagramma del tipo riportato in figura (quello a sinistra). Per questo modello se io applico una certa tensione, avr una deformazione istantanea e poi una deformazione variabile con legge esponenziale per che tende asintoticamente ad una retta obliqua, quindi mi rappresenta una deformazione che cresce indefinitamente nel tempo con un comportamento che tendenzialmente diventa lineare. Adesso se blocco la deformazione ho il rilassamento che tendenzialmente totale e se allistante t2 annullo la tensione avr immediatamente un recupero di deformazione elastica, e poi il recupero della parte viscosa che praticamente totale ed indefinito e questo proprio l andamento visto precedentemente, il comportamento crolla e poi continua a recuperare. Questo modello comunque presenta alcuni problemi, che sono: il collegamento dei quattro parametri alle costanti tipiche del materiale considerato, in modo da non avere una curva a caso ma di avere la curva di quel materiale; un altro problema il fatto che non consideriamo questi elementi lineari, ma il carico non mica fissa per tutta quanta la vita del componente; infatti abbiamo fatto solo alcune ipotesi: o carico costante, o deformazione costante oppure improvvisa eliminazione del carico; non abbiamo parlato di cicli di lavoro, di sollecitazioni possono variare nel tempo, etc.. Quindi la domanda che ci dobbiamo porre : questi elementi lineari sono utilizzabili per studiare dei comportamenti del genere? La risposta affermativa, perch essendo dei modelli lineari vale il principio di sovrapposizione degli effetti. Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 46. Si parla di principio di sovrapposizione degli effetti ma bisogna stare attenti al fatto che in questo caso si parla di sovrapposizione degli effetti ma nel dominio del tempo, quindi non si tratta di condizioni statiche che si sovrappongono, ma si tratta di carichi che si sovrappongono nel tempo ed infatti proprio perch il caso un po particolare questo principio chiamato principio di Boltzmann. Abbiamo una prima parte, in cui supponiamo di avere un carico costante dall inizio fino all istante t1, e di conseguenza anche la costante. Quindi posso dire che (t)= o/E(t) anche

se E non deve essere considerato pi come modulo di Young, ma sar una funzione del tempo quindi la mia costante di proporzionalit varia nel tempo; adesso supponiamo che all istante t 1, il carico passi da 0 a 1, allora come se io avessi sovrapposto due effetti; infatti ho uno stato di carico che costante 0, poi ho una deformazione che varia nel tempo in un certo modo continuando a farla variare fino allistante t1, poi allistante t1 facciamo agire sul sistema un nuovo carico pari alla differenza tra il carico di prima e quello di dopo; cio sul sistema agir oltre al carico 0 anche un carico 1-0, quindi un carico pari alla variazione,inoltre questo agisce sul sistema continuando ad avere una relazione del tipo (t)=/E(t), ma questa E(t) in questo nuovo caso ha avuto il tempo per agire da t1 in poi,quindi io non dovr considerare E(t) ma dovr considerare E(t-t1). In conclusione il principio di Boltzmann mi dice che la legge con cui varier la deformazione, dovuta alla somma dell effetto del carico iniziale e dell effetto della variazione di tensione; quindi io dir che per t >t 1 avremo una deformazione come se il carico iniziale continuasse ad agire pi l effetto della variazione di carico che per ha avuto un ridotto tempo per poter reagire. Questo schema risponde molto bene per lo studio dei componenti non polimeri per esempio. In definitiva se abbiamo tante variazioni di carico io mi calcoler sempre tutte le variazioni, quindi non parler in termini di carico ma di variazioni e mi considerer ogni E relativo al carico non dimenticandomi di considerare anche il tempo per il quale queste variazioni di carico agiscono sul sistema. ESEMPIO. Slide 47 e 48. Supponiamo di avere un certo componente per il quale pu essere utilizzato il modello di Maxwell; utilizziamo quest ultimo perch il pi semplice che c . Supponiamo di vere questa storia di carico (si faccia riferimento alla figura), il principio di Boltzmann perfettamente in grado di rappresentarci la deformazione. Inizialmente avremo 10, poi c una variazione di carico -10 e cos via (i valori della variazione di carico sono ricavati dalla figura). Vediamo che ragionando con il principio di Boltzmann posso seguire la deformazione in maniera poi molto semplice perch per Maxwell quando c uno scorrimento viscoso la legge di deformazione lineare e quindi mi calcolo solo i due valori estremi e poi traccio la linea. Anche qui avr un recupero e poi una parte di deformazione mi deve rimanere costante (valgono, logicamente tutte le cose dette precedentemente per il modello di Maxwell, visto che lo stiamo utilizzando). Si calcolano tutti i carichi con il procedimento riportato sulla slide. Nel caso di Maxwell la viscosa cresce linearmente e allora tutto si riduce a scrivere che la la somma di tutti i che si sono avuti fino all istante considerato pi la somma dei prodotti dei *t nei quali hanno agito (questa equazione vale solo per il caso di Maxwell). Ricordiamo che i modelli lineari danno una buona risposta solo ai materiali polimeri perch si visto anche sperimentalmente che questi non sono soddisfacenti per i metalli.

Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 49. Sostanzialmente siccome abbiamo detto che la terza fase dello scorrimento viscoso non la utilizziamo, cerchiamo dei modelli che possano andar bene nella fase primaria e nella fase stazionaria. Nella fase stazionaria utilizziamo l equazione di una retta, ma il problema non tanto la retta che dipender dalla , ma come faccio a passare da una retta ad un altra perch cambiata la . evidente che se io volessi una rappresentazione completa io utilizzerei una curva del tipo illustrata in figura, e quindi l equazione riportata sotto la figura. Il problema quello di legare i vari parametri alle tensioni agenti, e al comportamento di quel particolare materiale. Si fanno delle prove per calcolare questi coefficienti, ma fare queste prove molto costoso perch ci sono delle perdite di tempo e di utilizzo della macchina e inoltre potremmo aver bisogno di calcolare il comportamento di un materiale per un lungo periodo e quindi per fare la prova non solo non possiamo utilizzare la macchina per altre commesse ma comunque resta ferma per un lungo periodo, inoltre per avere i diagrammi non ho bisogno solo di una prova ma di tante, anche perch sappiamo benissimo che pi sono le prove pi il risultato accurato, visto lo scarto etc.queste prove interesseranno in seguito la fatica, infatti noi dovremmo pensare di portare avanti questa prova di fatica, finch il provino non si rompe per cui dopo 10 7-108 cicli, praticamente interrompiamo la prova e eliminiamo il risultato, utilizziamo cio i cos detti dati statistici censurati, cio non teniamo conto di quello che non si rotto. Questo problema, che avvertito in tante discipline ha condotto, sebbene con condizioni operative molto diversificate a secondo del problema analizzato, a dei disperati tentativi per ottenere le prove brevi. Le prove brevi sono delle prove che pur essendo brevi ti danno un quadro della situazione,e quindi del comportamento etc. dell elemento nel tempo. Le prime prove brevi furono fatte utilizzando delle equazioni del tipo sulla slide 49 sulla destra, questo significa che io mi faccio delle prove brevi mi ricavo una, due, tre, quattro; studiando queste quattro curve (nella cassetta si fa riferimento a quattro non so che, riflettendoci un po penso che siano le quattro curve di questa slide sulla figura sinistra) io riesco a ricostruirmi ai fini pratici un andamento della curva che sia accettabile e veritiero, tenuto conto anche dell errore che io ho potuto fare nel particolare risultato, non sto qui a raccontarvi quello che succede dopo. C chi dice che queste prove vanno bene, chi dice di no etc..quindi esistendo questo problema, ci sono vari modelli per ottenere con poche prove dei risultati da cui poi si estrapola. Per il problema dell estrapolazione sempre un problema perfido, perch noi sappiamo benissimo che quando abbiamo dei dati statistici la regressione va bene nell intervallo definito dai dati, quando poi questa esce fuori non possiamo assolutamente dire nulla; quindi uno va avanti basandosi su analogie, su casi precedenti, dicendo ad esempio se io applico questo metodo a quei casi che

sono gia stati fatti e arriviamo allo stesso risultato, possiamo ritenerli attendibili anche per nuovi casi, anche se non lo possiamo affermare con sicurezza. Veniamo adesso pi da vicino il nostro problema, lasciando da parte il problema delle prove brevi. Prima di tutto abbiamo una deformazione iniziale, poi una deformazione stazionaria che riportata nella figura a destra rappresentata dalla deformazione iniziale e dal termine che cresce linearmente con il tempo, infine avr la parte instazionaria che qualcosa che si va ad aggiungere. Le varie tecniche sostanzialmente, si riferiscono a modelli che prendono in considerazione o meno una di queste fasi. Prima di tutto abbiamo il problema della iniziale, 0, costituita come sempre da una parte elastica e da una parte plastica; la parte elastica semplice ed /E, ed in questo caso la E legata a quella temperatura; per quello che riguarda la quota plastica si cerca di mettere la quota plastica nella forma i = 0 n 0 , per fare questo quindi dobbiamo gia ricavarci due costanti del materiale che sono k0 e n 0 , il problema adesso non dire qual la quota plastica, ma che essa dipender dalla tensione applicata, perch d altra parte la 0 della curva in basso a sinistra non la vedo neanche, mentre della curva pi in alto la vedo e noto che al variare della tensione, varia anche la quota plastica; c quindi un problema di rintracciare le costanti, l esponente n0 circa 6 per quasi tutti i materiali che ci interessano, mentre la 0 una costante che mi deve legare una , ed una , quindi convenzionalmente la 0 me la calcolo in corrispondenza di una deformazione di uno 0.2 per mille che mi ricorda tanto la deformazione di snervamento convenzionale. Quindi se io so qual la tensione che mi da luogo alla deformazione di 0.2 per mille, lo so perch non c prova statica che non la determini, allora mi ricavo immediatamente questo 0 che corrisponde ad una sorta di modulo di Young che posso utilizzare fino allo snervamento, l unica differenza con il modulo di Young che in questo caso la elevata alla n 0, quindi sar una quantit pi piccola perch se n0 all incirca 6. In definitiva abbiamo una deformazione iniziale 0 che sar costituita da una parte elastica e da una parte plastica, come sempre la parte elastica la so ricavare, bisogna solo ricordare che la 0 a 600C diversa da quella a T ambiente, e la parte plastica invece me la ricaver attraverso dei dati sperimentali; dopodich vi saranno dei modelli che prenderanno in considerazioni solo la parte elastica 0(e) e dei modelli che prenderanno in considerazione tutte e due (0). Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 50. Tabella fatta unendo varie tabelle trovate, per le quantit che ci interessano. Ad esempio possiamo prendere in considerazione la E che devo applicare in funzione della temperatura e cos tutti i vari parametri, sempre in funzione della temperatura, che sono riportati in tabella.

Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 51. Visto che la parte instazionaria si stringe la cosa migliore che possiamo fare quella di trascurarla riportandomi direttamente alla fase stazionaria che quella che a noi interessa maggiormente e nello scrivere il comportamento in fase stazionaria, grossomodo si prendono in considerazione k3*n * t queste servono per descrivere la retta obliqua in figura. Ricordiamo che k 3 e n le ricaviamo dalla tabella della slide 50, dove per k 3 legato ad una velocit di deformazione e si prende di solito come velocit di deformazione quella di 10-7, su quella tabella quindi troveremo una s7 che la tensione che mi da luogo ad una deformazione di 10-7. IPOTESI DI BALEY-NORTON. Questa ipotesi quella pi utilizzata, in cui si trascura completamente la deformazione instazionaria, consideriamo soltanto la deformazione iniziale pi la deformazione stazionaria, per egli ci dice che per la deformazione iniziale noi dobbiamo utilizzare solo la parte elastica. Avremo quindi: (/E)+ (k3*n * t), questa relazione molto semplice, ma di convesso non molto attendibile perch mi trascura oltre alla parte instazionaria, che mi andrebbe anche bene, anche la parte legata alla deformazione di tipo plastica iniziale. IPOTESI DI ODQVIST. Questo l altro modello che si adopera compiutamente, e considera sia la parte elastica che quella plastica. Egli ha sostenuto che k0*n la quantit che mi rappresenta la retta, cio praticamente che l equivalente della 0 ricavata precedentemente ha una deformazione di tipo plastico che mi consente di arrivarci con una retta, ma questo non vero perch tra i due punti tra i quali bisogna tracciare l intercetta c la deformazione instazionaria. Quindi considera la stessa i quella che ci consente di ottenere l intercetta sull asse delle ordinate della retta che mi rappresenta la cosa; questo come sempre per certi materiali accettabile e per altri no. Tra l altro l ipotesi di Odqvist ci consente di studiare il fenomeno del rilassamento, ed in molti casi proprio questo che ci interessa. Essendo = i(tot) +3* n * t = (/E(T)) + k0*n 0 + k3 * n * t Scostante e dico = 0, allora k 0*n 0 costante perch l intercetta dall origine e quindi anche se compare la nell ultima relazione essa rappresenta la pendenza della curva, quindi l equazione utilizzata per lo studio del rilassamento di un materiale : (/E) + k3 * n . In seguito sono riportati alcuni esempi. Esempio slide 52 e 53. Nel primo esempio abbiamo preso una vite e la traccia riportata nella slide.

Si suppone che la deformazione rimane costante perch ad esempio la lamiera che sta intorno alla vite molto pi stabile con la temperatura. Voglio capire, quindi cosa succede dopo 100 h e cos via. I risultati delle tensioni , prima a 20 e poi a 500 C, sono riportati in slide; si ricorda che l allungamento adimensionale. Si nota che le differenze tra i 20 e i 500 stanno proprio nella E, quindi se la deformazione costante, come abbiamo ipotizzato, cambia la tensione; il carico infatti non pi 10000 N ma sar sceso a 8000 N (sulla slide manca uno zero), e la tensione sar scesa a 33 MP. In realt la tensione a 500 C sar diversa, perch devo tener conto che c una parte elastica ed una parte relativa alla quota plastica, adesso ricaviamo k0 detto precedentemente (in questo caso non ci dobbiamo preoccupare che vengono numeri molto piccoli ed inoltre dobbiamo ricordare di portarci un po di cifre decimali perch facendo i vari prodotti, queste contano); adesso ho la deformazione costante, la 0 non la conosco per so che alla deformazione di 1.94*10 -4 deve corrispondere quella tensione e quindi calcolo la 0 ed il nuovo carico P0 con le relazioni di Odqvist. In altri termini io ho costretto la mia vite con un carico di 10000 N l ho portata a 500 C e solo per il fatto di averla portata a 500 il carico diminuito, cos come la tensione; in effetti si nota la differenza tenendo o non conto di Odqvist (nel primo caso P=8095 non teniamo conto di Odqvist nel secondo caso si), comunque si nota che la differenza non poi tanto elevata ma solo in questo caso, perch inizialmente il fatto che abbia scorrimento non ha importanza. Questa importanza ce l ha dopo, perch se voglio studiare il comportamento di questo componente nel tempo siccome la costante dovr utilizzare una legge di rilassamento ed utilizzer quella di Odqvist mi ricavo dalla tabella la s7 e la n per potermi calcarmi k3 e risolvere poi tutto in funzione della per poi ricavarmi poi il tempo (i calcoli sono riportati sulla slide). Si nota che in questi casi il rilassamento si fa sentire onerosamente, ho serrato una vite con 10000 N, la porto a caldo e la lascio per 40 giorni e serrata per 6000 N direi che ho sbagliato tutto perch praticamente non esiste il coefficiente di sicurezza che ci potrebbe far comodo. Esempio slide 54 e 55. In quest altro esempio si fa riferimento ad un caso molto frequente nel quale quello che importante la differenza di deformazione. Essendo quest ultima quello che ci interessa chiaro che ci importa sono i coefficienti di dilatazione termica. La traccia riportata sulla slide. La differenza dal caso precedente che qui la deformazione cambia in relazione a quanto cambia la deformazione del manicotto. Le caratteristiche e i dati del bullone e del manicotto sono riportate nella slide e sono relative a 20, a 500 C ed infine quelle relative allo scorrimento viscoso; evidente che abbiamo bisogno di un notevole numero di dati per poter risolvere un problema di questo genere. A 20 C ovviamente la deformazione complessiva sar data dalla differenza delle due deformazioni, infatti

una aumenta e l altra dminuisce. Supponiamo che questa deformazione (1.089*10 -4) rimanga costante anche quando ci portiamo ad alta temperatura, ed allora anche a 500 C comunque cambino i L/L della vite e del manicotto la sar la stessa e quindi l importante qui la differenza di deformazione e quindi dovr dire che la deformazione del bullone sar data: dalla dilatazione termica del bullone, pi parte elastica dovuta al carico sul bullone, pi parte di scorrimento agente sul bullone; per il manicotto sar: dilatazione termica del manicotto, meno gli accorciamenti (perch un carico di compressione) elastico e plastico agente sul manicotto. Quindi (L/L)b (L/L)f =1.089*10-4 , questa che ci dar il valore della P una volta portato il componente a 500 C. Poich i coefficienti di dilatazione termica dei due elementi non sono uguali e la sezioni sono molto diverse il carico aumenta in maniera notevole, perch cambiano le deformabilit e quindi istantaneamente aumenta moltissimo. In realt qui pi di scorrimento viscoso dovrei parlare di plasticit al caldo. Nel tempo supponendo la deformazione costante allora questa nel tempo varier in funzione delle derivate dei due termini; sar costante e la = 0 quindi la somma delle due derivate deve essere 0; per logicamente in queste due derivate ci sta la parte T che non compare pi,qui compare la variazione del carico nella parte elastica, qui il solito discorso della pendenza della retta. Combinando tutte le equazioni ottengo un equazione del tipo in slide 57 che a variabili separabili e risolvendola ottengo il tempo. Dopo 100 h il carico ha perso il 3 per mille, dopo 1000 h ha perso il 3% e dopo 10000 h ha perso il 20% moltissimo; quindi evidente che bisogna, quando si hanno problemi di questo genere, ampliare l indagine per tutta la durata che noi prevediamo che il nostro componente debba funzionare. Capitolo IV Elasticit, plasticit e creep Slide 58. Possiamo trovare anche dei dati relativi alla terza fase, ma questa parte che non ci interessa, perch normalmente non viene utilizzata nella progettazione, di solito richiede un numero di sperimentazioni molto rilevanti e viene spesso trovata sottoforma di diagrammi in certe condizioni e tipici di certi materiali. In genere o ritroviamo dei diagrammi che ci ridanno tensione e tempo ad una certa temperatura in funzione della deformazione; oppure troviamo dei rami pi articolati. Comunque tutti i punti di questi diagrammi sono in termini di rottura possiamo avere curve di rotture tensione, tempo in funzione della temperatura oppure abbiamo temperatura, tempo in funzione della tensione, oppure tensione, temperatura in funzione del tempo. Abbiamo quindi delle formulazioni di questo genere che sono spesso formulazioni che otteniamo sottoforma di grafici, possiamo trovare alcune volte anche delle tabelle.

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