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Corso di Laurea in Matematica - Universit`a di Firenze

Appunti per il corso di ALGEBRA II


Anno Accademico 2006-2007.
Testi suggeriti per la consultazione
- T. Hungerford, Abstract Algebra: an Introduction, Harcourt & Brace.
- M. Artin, Algebra, Bollati - Boringhieri.
- N. Jacobson, Basic Algebra 1, Freeman & Co.
1
V - I GRUPPI
0.1 Operazioni
Sia A un insieme non vuoto. Una operazione (binaria) su A `e unapplicazione
: AA A .
Se `e una operazione su A, allora per ogni (a, b) A A, sciveremo a b. Anzi,
il pi` u delle volte (quando non si corra il rischio di confondere) tralasceremo anche di
assegnare un simbolo alloperazione e scriveremo semplicement ab.
Esempi. 1) Sono operazioni le usuali somma + e prodotto denite sugli insiemi N, Z, Q,
R, C. La sottrazione, nel signicato corrente, `e una operazione su Z, Q, R e C, ma non `e una
operazione su N, dato che la dierenza di due numeri interi non `e, in genere, un numero intero.
2) Se X `e un insieme, allora , , , sono operazioni su A = T(X).
3) Se X `e un insieme non vuoto, allora la composizione `e una operazione sullinsieme X
X
di tutte le applicazioni di X in se stesso.
(Osservazione Importante ) La composizione `e anche una operazione sullinsieme Sym(X)
di tutte le applicazioni biettive di X in se stesso; infatti, come sappiamo, la composizione di due
applicazioni biettive `e biettiva.
Dalla denizione data, risulta che su un insieme non vuoto A`e possibile in genere denire
moltissime operazioni. La maggior parte di esse `e tuttavia scarsamente importante
(secondo il punto di vista delle strutture algebriche - come si capir`a meglio andando
avanti). La propriet`a fondamentale che, il pi` u delle volte (ma non sempre!), esclude
operazioni poco interessanti o di dicile studio `e la cosiddetta associativit`a.
Denizione. Unoperazione sullinsieme A si dice associativa se, per ogni a, b, c A,
(a b) c = a (b c).
Denizione. Un semigruppo `e una coppia (A, ) dove A `e un insieme e una oper-
azione associativa su A.
Osservazione importante. Se (A, ) `e un semigruppo, allora, per ogni a, b, c A
possiamo scrivere senza ambiguit`a
a b c
intendendo con ci`o lelemento (a b) c = a (b c).
Questa osservazione si estende ad una stringa nita qualunque di elementi di A. Ad esempio se
a
1
, a
2
, a
3
, a
4
A, allora:
a
1
((a
2
(a
3
a
4
)) = a
1
((a
2
a
3
)a
4
)) = a
1
(a
2
a
3
a
4
) = (a
1
a
2
)(a
3
a
4
) = (a
1
a
2
a
3
)a
4
= etc.
2
elemento che scriviamo semplicemente: a
1
a
2
a
3
a
4
.
Pi` u in generale, per ogni n 1 e a
1
, a
2
, . . . , a
n
A , possiamo individuare senza ambiguit`a
lelemento
a
1
a
2
. . . a
n
.
(anche questa aermazione, che appare ovvia, andrebbe provata con rigore, operazione non di-
cile ma noiosa - la cosa pi` u delicata `e enunciare correttamente in modo formale la propriet`a, poi si
pu`o procedere per induzione sul numero n di elementi. Chi `e interessato trova una dimostrazione
sui testi di Jacobson e Artin.)
Esercizio. Su Z Z si denisca l operazione ponendo, per ogni (x, y), (x
1
, y
1
) Z Z,
(x, y) (x
1
, y
1
) = (x, y
1
). Si dica se (Z Z, ) `e un semigruppo.
Soluzione. Siano (x, y), (x
1
, y
1
), (x
2
, y
2
) Z Z. Allora
(x, y) ((x
1
, y
1
) (x
2
, y
2
)) = (x, y) (x
1
, y
2
) = (x, y
2
) = (x, y
1
) (x
2
, y
2
) = ((x, y) (x
1
, y
1
))
(x
2
, y
2
) , dunque loperazione `e associativa , e (Z Z, ) `e un semigruppo.
Denizione. Sia una operazione sullinsieme A. Un sottoinsieme B di A si dice
chiuso (rispetto a ) se, per ogni b, b

B risulta b b

B.
Se B `e un sottoinsieme chiuso, allora si pu`o denire su B loperazione indotta da A
(cio`e quella denita dalla restrizione della operazione AA A ad una operazione
BB B , dove la regola che determina il prodotto rimane la stessa). Ovviamente se
loperazione su A `e associativa, anche loperazione indotta su un sottoinsieme chiuso `e
tale. Una propriet`a elementare ma importante dei sottoinsiemi chiusi `e che lintersezione
di due o pi` u di essi `e ancora un sottoinsieme chiuso.
Proposizione 0.1.1 Sia (A, ) un insieme con operazione, e siano X, Y sottoinsiemi
chiusi. Allora X Y `e chiuso. Pi` u in generale, se T `e una famiglia qualsiasi di
sottoinsiemi chiusi di A , allora

XF
X `e un sottoinsieme chiuso.
Dimostrazione. Proviamo direttamente il caso generale. Sia T una famiglia di sottoin-
siemi chiusi di A , e sia W =

XF
X. Siano x, y W , allora x, y X per ogni
X T e poich`e tali X sono chiusi, si ha x y X per ogni X T , cio`e x y W.
Dunque W `e chiuso.
Denizione. Sia (A, ) un semigruppo. Un sottoinsieme chiuso di A si dice sot-
tosemigruppo di A.
Esempi 1) Linsieme 2Z dei numeri interi pari `e un sottosemigruppo di (Z, +) e di
(Z, ), mentre linsieme dei numeri dispari `e un sottosemigruppo di (Z, ) ma non di
(Z, +).
2) Sia X un insieme innito e poniamo F(X) = Y X [ [Y [ `e nito . Allora
F(X) `e un sottosemigruppo dei semigruppi (T(X), ) , (T(X), ) , (T(X), ) . Si
studi per esercizio il caso I(X) = Y X [ [Y [ = .
Un semigruppo (A, ) ammette se stesso come sottosemigruppo. Un sottosemigruppo
di un semigruppo `e, con loperazione indotta, un semigruppo.
Dalla Proposizione 1.1 segue che lintersezione di sottosemigruppi di un semigruppo `e
un sottosemigruppo. Sia (A, ) un semigruppo e sia X un sottoinsieme di A; allora
3
lintersezione di tutti i sottosemigruppi che contengono X (almeno uno c`e: A stesso)
`e un sottosemigruppo, ed `e il minimo (rispetto alla relazione di inclusione) sottosemi-
gruppo di (A, ) che contiene il sottoinsieme X; esso si chiama il sottosemigruppo
generato da X.
Chiaramente, un sottosemigruppo che contiene un sottoinsieme X deve contenere tutti i prodotti
del tipo x
1
x
2
x
n
con x
1
, . . . , x
n
elementi (non necessariamente distinti) di X. Il
sottosemigruppo generato da X `e proprio linsieme di tali prodotti. Ad esempio linsieme
D = 2
n
[ n 1 `e il sottosemigruppo generato da 2 nel semigruppo (Z, ). Infatti D `e
un sottosemigruppo e contiene 2. Sia S un sottosemigruppo di (Z, ) con 2 S; allora si
prova per induzione su n, che 2
n
S. Infatti 2
1
= 2 S e se 2
n
S allora 2
n+1
= 2
n
2 S
dato che S `e chiuso. Quindi D S per ogni sottosemigruppo S che contiene 2 , e dunque
D `e il sottosemigruppo generato da 2.
Con un altro esempio, sia X un insieme e Y, Z, U X; allora il sottosemigruppo generato da
Y, Z, U in (T(X), ) `e Y, Z, U, Y Z, Y U, Z U, Y Z U .
Denizione. Una operazione sullinsieme A si dice commutativa se, per ogni
a, b A risulta:
a b = b a .
Esempi. 1) Sono commutative le operazioni di somma e moltiplicazione in Z , Q , R , C ;
mentre non `e commutativa la sottrazione.
2) Sono commutative le operazioni , , sullinsieme T(X).
3) Se [X[ 2 la composizione in X
X
non `e commutativa. Infatti siano a, b elementi distinti
di X e si considerino le applicazioni f, g : X X denite da
f(x) = a per ogni x X e g(x) = b per ogni x X ;
allora (f g)(a) = f(g(a)) = f(b) = a, mentre (g f)(a) = g(f(a)) = g(a) = b. Quindi
f g ,= g f.
Se [X[ 3 la composizione in Sym(X) non `e commutativa. Infatti siano a, b, c elementi
distinti di X ; si considerino le permutazioni , : X X denite da
(a) = b , (b) = a , (x) = x per ogni altro x X
(a) = c , (c) = a , (x) = x per ogni altro x X
e si provi che ,= .
Non si d`a un nome particolare ad un insieme dotato di operazione commutativa. Se (A, ) `e un
semigruppo e loperazione `e commutativa, si dice che (A, ) `e un semigruppo commutativo.
Elementi identici e monoidi
Denizione. Sia (A, ) un semigruppo. Un elemento e A si dice elemento identico
(o identit`a, o elemento neutro) se, per ogni a A :
a e = a = e a .
Proposizione 0.1.2 Sia (A, ) un semigruppo, e siano e, e

elementi identici su A.
Allora e = e

.
4
Dimostrazione. Se e, e

sono elementi identici, si ha:


e = e e

= e

dove la prima uguaglianza sussiste perch`e e

`e un elemento identico, e la seconda perch`e


e `e un elemento identico.
Dunque se un semigruppo (A, ) ha un elemento identico, esso `e unico. Lo si denota,
in generale, con 1
A
.
Denizione. Un semigruppo dotato di elemento identico si dice monoide.
Esempi. 1) Sono monoidi i semigruppi (N, +) , (Z, +) , (Q, +) , (R, +) , (C, +) (lelemento
identico `e 0); sono monoidi i semigruppi (N, ) , (Z, ) , (Q, ) , (R, ) , (C, ) (lelemento identico
`e 1)
2) Se X `e un insieme e A = T(X), allora
(A, ) `e un monoide, con identit`a X ;
(A, ) `e un monoide, con identit`a ;
(A, ) `e un monoide, con identit`a .
3) Se X `e un insieme non vuoto, allora (X
X
, ) e (Sym(X), ) sono monoidi con elemento
identico
X
.
Un monoide (M, ) si dice commutativo se loperazione `e commutativa.
Denizione. Un sottoinsieme B di un monoide (M, ) si dice sottomonoide se
(1) B `e chiuso (2) 1
M
B .
Esempi. 1) Pwr n N, linsieme m N [ m n 0 `e un sottomonoide di (N, +).
2) Se r R , allora gli insiemi r
n
[ n N e r
n
[ n Z sono sottomonoidi di (R, ).
3) Sia X un insieme non vuoto e ssiamo x X. Linsieme S
x
= f X
X
[ f(x) = x
`e un sottomonoide del monoide (X
X
, ). Infatti,
X
S
x
(perch`e
X
(x) = x ), e per ogni
f, g S
X
, (f g)(x) = f(g(x)) = f(x) = x dunque f g S
X
.
Un monoide M ha almeno due sottomonoidi: M stesso e 1
M
. Per i sottomonoidi valgono
inoltre le osservazioni fatte per i sottosemigruppi. In particolare lintersezione di una famiglia
di sottomonoidi di un monoide M `e un sottomonoide, e, se X `e un sottoinsieme di M, il
sottomonoide generato da X `e lintersezione di tutti i sottomonoidi che contengono X.
Ad esempio il sottomonoide di (Z, ) generato dallinsieme 2 `e 2
n
[ n 0 (infatti per
denizione deve contenere 1 = 2
0
).
Esercizio. Si determini il sottomonoide S generato da 2, 3 in (N, +).
Soluzione. Osserviamo che se un sottomonoide di (N, +) contiene lelemento n, allora, per la
chiusura rispetto alla somma, deve contenere tutti i multipli positivi di n, incluso 0. Quindi
S che `e un sottomonoide che contiene 2, contiene tutti i numeri pari positivi. Sia ora d 3
un numero dispari, allora d 3 `e un numero pari positivo, quindi d 3 S e poich`e S `e
chiuso, d = 3 + (d 3) S. Dunque S N 1. Ora, si verica facilmente che N 1 `e un
sottomonoide di (N, +) , quindi S = N 1.
Inversi e gruppi.
Proposizione 0.1.3 Sia (M, ) un monoide con elemento identico 1
M
, e sia a M.
Se b, c sono elementi di M tali che ba = 1
M
= ac , allora b = c.
5
Dimostrazione. Siano a, b, c M come nelle ipotesi. Allora :
b = b 1
M
= b(ac) = (ba)c = 1
M
c = c .
Un elemento b tale che ba = 1
M
si dice inverso sinistro di a ; un elemento c tale
che ac = 1
M
si dice inverso destro di a. Mentre `e possibile che un elemento di un
monoide abbia diversi inversi sinistri o diversi inversi destri (si pensi alle applicazioni),
la proposizione precedente implica che se un elemento a di un monoide ha un inverso
sinistro e un inverso destro allora questi coincidono (in tal caso a ha, quindi, un unico
inverso sinistro che `e anche lunico inverso destro).
Denizione. Sia (M, ) un monoide con elemento identico 1
M
. Un elemento a M
si dice invertibile se esiste b M tale che
a b = 1
M
= b a .
in tal caso b `e unico, si denota con a
1
e si chiama lelemento inverso di a in M.
Dunque, per la Proposizione 1.3, un elemento `e invertibile se e solo se ha un inverso
sinistro ed un inverso destro. E inoltre chiaro che se il monoide M `e commutativo,
allora la condizione ba = 1
M
implica ab = 1
M
e quindi una delle due `e suciente a
stabilire che b `e inverso di a.
L elemento identico 1
M
di un monoide M `e invertibile, e coincide con il proprio inverso.
Proposizione 0.1.4 Sia (M, ) un monoide con elemento identico 1
M
, e siano a, b
elementi invertibili di M. Allora
(i) a
1
`e invertibile e (a
1
)
1
= a ;
(ii) ab `e invertibile e (ab)
1
= b
1
a
1
.
Dimostrazione. La dimostrazione `e essenzialmente la stessa che abbiamo gi`a visto per
le applicazioni.
(i) Poich`e
(a
1
)a = 1
M
= a(a
1
)
si ha che a
1
`e invertibile e, per lunicit`a dellinverso, (a
1
)
1
= a.
(ii) Se a e b sono invertibili:
(b
1
a
1
)(ab) = b
1
(a
1
a)b = b
1
1
M
b = b
1
b = 1
M
;
(ab)(b
1
a
1
) = a(bb
1
)a
1
= a1
M
a
1
= aa
1
= 1
M
dunque ab `e invertibile e, per lunicit`a dellinverso, (ab)
1
= b
1
a
1
.
Dalla Proposizione 4 e dallosservazione che la precede, segue che, se M `e un monoide,
il sottoinsieme U(M) di tutti gli elementi invertibili di M `e un sottomonoide.
Esempi. 1) Gli elementi invertibili del monoide (Z, ) sono 1 e -1, quindi U(Z, ) = 1, 1.
Gli elementi invertibili del monoide (Q, ) sono tutti i numeri razionali diversi da 0, quindi
U(Q, ) = Q

= Q 0, (e similmente per R e C).


6
2) Sia X un insieme e sia Y un elemento invertibile del monoide (T(X), ) , allora esiste
Z T(X) tale che Y Z = X (X `e lelemento neutro), e quindi deve essere Y = X ; dunque
U(T(X), ) = X. Similmente si osserva che U(T(X), ) = .
3) Se X `e un insieme, U(X
X
, ) = Sym(X).
Denizione. Un gruppo `e un monoide in cui ogni elemento `e invertibile .
Quindi un insieme con operazione (G, ) `e un gruppo se e solo se sono soddisfatte le
seguenti condizioni:
1. Per ogni a, b, c G : a (b c) = (a b) c .
2. Esiste 1
G
G tale che, per ogni a G : a1
G
= a = 1
G
a .
3. Per ogni a G esiste b G tale che a b = 1
G
= b a (tale b `e quindi unico
e si denota con a
1
).
Esempi. 1) Sono gruppi i monoidi (Z, +), (Q, +), (R, +), (C, +) e (Q

, ), (R

, ),
(C

, ), dove Q

= Q 0 , R

= R 0 , C

= C 0 .
2) Se X `e un insieme non vuoto, allora (Sym(X), ) `e un gruppo, detto il Gruppo
Simmetrico su X.
3) Se X `e un insieme, allora (T(X), ) `e un gruppo. Infatti, lelemento neutro `e
e, per ogni Y T(X) , Y Y = , quindi Y coincide con il proprio inverso. Non
sono invece gruppi (tranne nel caso banale X = ) i monoidi (T(X), ) e (T(X), ).
4) Se (M, ) `e un monoide, allora linsieme U(M) degli elementi invertibili di M `e un
gruppo rispetto alla operazione indotta da M.
Un gruppo si dice commutativo (o abeliano) se loperazione `e commutativa. Per i
gruppi (o monoidi) commutativi, a volte `e conveniente utilizzare la cosiddetta notazione
additiva in cui loperazione si denota con il simbolo + (mentre la notazione che usi-
amo in generale, in cui il simbolo delloperazione `e un puntino oppure viene omesso, si
dice moltiplicativa). In notazione additiva il simbolo per lelemento neutro `e 0
M
(o,
semplicemente, 0 ); se (A, +) `e un monoide commutativo, un elemento a A `e
invertibile se esiste b A tale che a + b = 0 , in tal caso si scrive b = a (invece di
b = a
1
) e a si chiama lopposto di a. Lenunciato della Proposizione 4 diventa :
se a, b sono invertibli, (a) = a e (a +b) = b + (a) = a + (b) (perch`e M
`e commutativo). Inne, se (A, +) `e un gruppo, e x, y A , si adotta la convenzione
di scrivere x + (y) = x y .
Esercizio. Sia G un gruppo, e sia g
1
= g per ogni g G. Si dimostri che G `e commutativo.
Soluzione. Siano g, h G. Allora hg = h
1
g
1
= (gh)
1
= gh.
Potenze. Sia G un gruppo e sia g G e z Z. La potenza z-esima g
z
di g si
denisce induttivamente nella maniera seguente:
g
0
= 1
G
;
se z 0 , g
z+1
= g
z
g ;
se z 1 , g
z
= (g
1
)
z
.
7
In pratica, se z 0 ,
g
z
=
g g . . . g
. .
z volte
Dalla denizione, tenendo conto che (g
1
)
1
= g segue in particolare che, per ogni
z Z ,
g
1
= g , g
z
= (g
1
)
z
.
Osserviamo anche che, se n < 0:
g
n
g = (g
1
)
n
g = (g
1
)
n1+1
g = (g
1
)
n1
g
1
g = (g
1
)
n1
= g
n+1
.
Abbiamo dato la denizione di potenze di un elemento in un gruppo, ma le stesse denizioni
valgono, limitando opportunamente gli esponenti, ad elementi in un semigruppo o in un monoide.
Cos`, in un semigruppo le potenze di un elemento sono denite come sopra per esponenti z 1
, e nel caso di un monoide per esponenti z 0. Similmente, la seguente proposizione, che
enunciamo e dimostriamo per i gruppi, sussiste, restringendo il dominio degli esponenti, anche
per semigruppi e monoidi.
Proposizione 0.1.5 Sia G un gruppo, g G e siano n, m Z. Allora
(i) g
n+m
= g
n
g
m
;
(ii) g
nm
= (g
n
)
m
.
Dimostrazione. (i) Se m = 0 , g
n+0
= g
n
= g
n
1
G
= g
n
g
0
.
Sia ora m 0 e procediamo per induzione su m; se, per ipotesi induttiva, g
n+m
=
g
n
g
m
allora:
g
n+(m+1)
= g
(n+m)+1
= g
n+m
g
1
(per denizione)
= (g
n
g
m
)g
1
(per ipotesi induttiva )
= g
n
(g
m
g
1
) = g
n
g
m+1
. (per denizione )
Sia ora m 1. Allora, per le osservazioni fatte sopra, e per il caso precedente :
g
n+m
= (g
1
)
n+(m)
= (g
1
)
n
(g
1
)
m
= g
n
g
m
.
(ii) Se m = 0 allora g
n0
= g
0
= 1
G
= (g
n
)
0
. Se m = 1 , g
n1
= g
n
= (g
n
)
1
.
Sia ora m 1 e procediamo per induzione su m; se, per ipotesi induttiva, g
nm
= (g
n
)
m
allora, usando il punto (i) :
g
n(m+1)
= g
nm+n
= g
nm
g
n
= (g
n
)
m
g
n
= (g
n
)
m
(g
n
)
1
= (g
n
)
m+1
.
Quindi la propriet`a `e provata per m 1. Ora osserviamo che per il caso (i) , g
n
g
n
=
g
n+n
= g
0
= 1
G
e quindi, per ogni n Z,
g
n
= (g
n
)
1
.
Se m 1, usando il caso positivo, si ha quindi
g
nm
= g
(n)(m)
= (g
n
)
m
= ((g
n
)
1
)
m
= (g
n
)
m
.
8
Notazione additiva. In notazione additiva `e preferibile adottare una diversa notazione per le
potenze di un elemento, sotto forma di multipli. Se (A, +) `e un gruppo additivo, a A e n N,
si scrive
0a = 0
A
;
na = a +a + . . . +a (n volte);
(n)a = n(a) = (na) .
e la Proposizione 5 diventa: per ogni a A e m, n Z,
(n +m)a = na +ma (nm)a = n(ma) .
In generale, se G `e un gruppo, x, y G e z Z allora (xy)
z
,= x
z
y
z
. Infatti, ad
esempio:
(xy)
2
= x
2
y
2
xyxy = xxyy x
1
xyxyy
1
= x
1
xxyyy
1
yx = xy.
Quello che si pu`o dire `e il seguente fatto, la cui facile dimostrazione lasciamo per esercizio.
Proposizione. Sia G un gruppo, g, h G con gh = hg. Allora, per ogni z
Z , (gh)
z
= g
z
h
z
.
Si dice che un semigruppo S soddisfa la legge di cancellazione se, per ogni a, b, c S,
da ab = ac segue b = c , e da ba = ca segue b = c. Ad esempio, il monoide
(Z

, ) soddisfa la legge di cancellazione, mentre, in generale, il monoide (X


X
, ) non
la soddisfa (lo si verichi con un esempio). Una propriet`a elementare ma fondamentale
di un gruppo `e che esso soddisfa la legge di cancellazione.
Proposizione 0.1.6 (Legge di cancellazione). Sia G un gruppo, e siano a, b, c
G. Se ab = ac allora b = c. Se ba = ca allora b = c.
Dimostrazione. Sia G un gruppo, e siano a, b, c G tali che ab = ac. Allora, moltipli-
cando a sinistra per a
1
si ha
b = 1
G
b = (a
1
a)b = a
1
(ab) = a
1
(ac) = (a
1
a)c = 1
G
c = c .
La dimostrazione che ba = ca b = c si fa allo stesso modo moltiplicando a destra
per a
1
.
Esercizio. Sia G un gruppo, e siano g, h G tali che g
2
h
2
= h
2
g
2
e (gh)
3
= g
3
h
3
. Si provi
che gh = hg.
Soluzione. Per le ipotesi su g, h si ha (gh)
3
= g
3
h
3
= (gg
2
)(h
2
h) = g(g
2
h
2
)h = gh
2
g
2
h; cio`e
(gh)(gh)(gh) = (gh)(hg)(gh) e quindi, per la legge di cancellazione, gh = hg.
Matrici.
Un esempio molto importante di operazione, e strettamente legato alla composizione di
applicazioni, `e il prodotto (righe per colonne) di matrici. Lo studio delle matrici `e parte
del corso di Geometria. Richiamiamo qui, senza dimostrazione, solo alcuni fatti.
9
Sia 1 n N. Una Matrice quadrata di ordine n a coecienti reali `e una tabella
(a
ij
) =
_
_
_
_
_
_
_
_
a
11
a
12
a
1n
a
21
a
22
a
2n



a
n1
a
n2
a
nn
_
_
_
_
_
_
_
_
.
dove i coecienti a
ij
sono numeri reali. Denoteremo con M
n
(R) linsieme di tutte le
matrici quadrate di ordine n a coecienti reali.
Se A = (a
ij
) M
n
(R) , allora, per ogni i = 1, 2, . . . , n la n-upla di numeri reali
(a
i1
a
i2
a
in
)
`e detta i-esima riga della matrice A. Mentre la i-esima colonna di A `e
(a
1i
a
2i
a
ni
).
Il prodotto di due matrici quadrate di ordine n, A = (a
ij
), B = (b
ij
) `e denito nella
maniera seguente: (a
ij
)(b
ij
) = (c
ij
) dove, per ogni i, j = 1, 2, . . . , n
c
ij
=
n

r=1
a
ir
b
rj
.
Cio`e il coeciente di posto ij nella matrice prodotto `e
a
i1
b
1j
+a
i2
b
2j
+a
i3
b
3j
+. . . +a
in
b
nj
ovvero il prodotto (scalare) della i-esima riga di A per la j-esima colonna di B.
Esempi:
_
1
1
2
2 3
__
0 1
1
2
2
_
=
_
1 0 + (
1
2

1
2
) 1 (1) + (
1
2
) (2)
2 0 + 3
1
2
2 (1) + 3 (2)
_
=
_

1
4
0
3
2
4
_
.
_
_
1 0 1
0 2
1
2

1
2
1 0
_
_
_
_
0
1
2
1
3 0 1
2
1
2
0
_
_
=
_
_
2 0 1
5
1
4
2
3
1
4
1
2
_
_
.
Si verica che, per ogni n 1 il prodotto di matrici quadrate di ordine n `e una operazione
associativa. Inoltre la matrice identica
I
n
=
_
_
_
_
_
_
1 0 0
0 1 0


0 0 1
_
_
_
_
_
_
`e lelemento identico. Quindi (M
n
(R), ) `e un monoide. Se n 2 il prodotto di matrici
non `e commutativo, ad esempio:
_
0 1
1 1
__
0 1
1 0
_
=
_
1 0
1 1
_
,=
_
1 1
0 1
_
=
_
0 1
1 0
__
0 1
1 1
_
.
10
Ad ogni matrice quadrata reale A `e associato un numero reale [A[ = Det(A) detto
determinante di A. La denizione generale di determinante di una matrice e le sue
propriet`a sono parte del corso di Geometria. Qui ricordo solo il caso di matrici di ordine
n = 2, 3. (Una matrice di ordine 1 `e un numero reale e coincide con il suo determinante)
Det
_
a b
c d
_
= ad bc
Det
_
_
a
11
a
12
a
13
a
21
a
22
a
23
a
31
a
32
a
33
_
_
= a
11
Det
_
a
22
a
23
a
32
a
33
_
+(1)a
12
Det
_
a
21
a
23
a
31
a
33
_
+a
13
Det
_
a
21
a
22
a
31
a
32
_
Ad esempio
Det
_
_
1 0 1
0 2
1
2

1
2
1 0
_
_
= 1 Det
_
2
1
2
1 0
_
+ (1)0 Det
_
0
1
2

1
2
0
_
+ (1) Det
_
0 2

1
2
1
_
=
= 1(2 0 1
1
2
) 0 1(0 1 2(
1
2
)) =
1
2
0 1 =
3
2
.
Una propriet`a molto importante del determinante `e che per ogni A, B M
n
(R):
Det(A B) = Det(A)Det(B).
Inoltre, per ogni n 1, Det(I
n
) = 1.
Un altro fatto fondamentale (che si vedr`a al corso di Geometria) `e che una matrice
A M
n
(R) `e invertibile se e solo se Det(A) ,= 0.
Dunque A M
n
(R) [ Det(A) ,= 0 `e linsieme degli elementi invertibili di M
n
(R) e
quindi, con loperazione di prodotto righe per colonne, `e un gruppo che si denota con
GL(n, R) e si chiama il gruppo Lineare Generale di ordine n su R.
Rimandiamo al corso di Geometria per le regole generali per determinare la inversa di una
matrice invertibile. Qui riporto, al ne di comprendere esempi ed esercizi, il caso n = 2.
Sia A =
_
a b
c d
_
GL(2, R) (quindi = Det(A) ,= 0 ). Allora
A
1
=
_
d/ b/
c/ a/
_
.
Ha senso considerare matrici quadrate, prodotto di matrici, e determinanti, anche a coecienti
in Q , C o in Z , o pi` u in generale su ogni insieme R dotato di operazioni di somma e
moltiplicazione con determinate propriet`a (gli anelli commutativi, che studieremo pi` u avanti).
Linsieme di esse costituisce un monoide e si denota con M
n
(Q), M
n
(Z) etc.
Nel caso di coecienti in Z risulta che le matrici invertibili in M
n
(Z) sono quelle il cui
determinante `e 1 o -1, e costituiscono un gruppo denotato con GL(n, Z).
Omomorsmi e isomorsmi
Denizione. 1) Siano (S, ) e (S

, ) due semigruppi. Un omomorsmo (di semigruppi)


di S in S

`e una applicazione : S S

tale che, per ogni x, y S,


(x y) = (x) (y) .
11
2) Siano (M, ) e (M

, ) due monoidi. Un omomorsmo (di monoidi) di M in M

`e
una applicazione : M M

tale che, per ogni x, y M,


(x y) = (x) (y) e (1
M
) = 1
M
.
Un isomorsmo di semigruppi (monoidi) `e un omomorsmo biettivo. Un auto-
morsmo di un semigruppo (monoide) S `e un isomorsmo di S in se stesso.
Proposizione 0.1.7 Siano (S, ), (S

, ) semigruppi (monoidi), e sia : S S

un isomorsmo. Allora
1
: S

S `e un isomorsmo.
Dimostrazione. Siano a, b S

. Allora, poich`e `e un omomorsmo


(
1
(a)
1
(b)) = (
1
(a)) (
1
(b)) = a b = (
1
(a b))
e, poich`e `e iniettiva, si ha

1
(a)
1
(b) =
1
(a b)
(se S `e monoide, (1
S
) = 1
S
e dunque
1
(1
S
) = 1
S
) quindi
1
`e un omomorsmo;
poich`e `e anche biettiva,
1
`e un isomorsmo.
Osserviamo che se (S, ) `e un semigruppo (monoide), lapplicazione identica
S
`e un
isomorsmo di S in se stesso (quindi un automorsmo). Unaltra propriet`a importante
degli omomorsmi e isomorsmi `e che la composizione di due di essi `e ancora un omo-
morsmo.
Proposizione 0.1.8 Siano (A, ), (B, ), (C) semigruppi (monoidi), e : A
B, : B C omomorsmi. Allora : A C `e un omomorsmo . Se
e sono isomorsmi, `e un isomorsmo.
Dimostrazione. Siano a, b A. Allora, poich`e e sono omomorsmi
(ab) = ((ab)) = ((a)(b)) = ((a))((b)) = ( (a))( (b))
dunque `e un omomorsmo. Se e sono isomorsmi, allora sono biettive e quindi
`e biettiva e pertanto `e un isomorsmo.
Denizione. 1) Siano (G, ), (G

, ) gruppi. Un omomorsmo (di gruppi) di G in


G

`e una applicazione : G G

tale che, per ogni x, y G,


(x y) = (x) (y) .
2) Un isomorsmo tra i gruppi (G, ) e (G

, ) `e un omomorsmo biettivo di G in
G

.
Osserviamo che nella denizione di omomorsmo di gruppi non viene richiesto esplici-
tamente, come per i monoidi, che (1
G
) = 1
G
. La ragione `e che nel caso dei gruppi ci`o
viene necessariamente.
12
Proposizione 0.1.9 Siano (G, ), (G

, ) gruppi, e sia : G G

un omomor-
smo. Allora (1
G
) = 1
G
e per ogni g G, (g
1
) = ((g))
1
.
Dimostrazione. Sia b = (1
G
). Allora
b b = (1
G
) (1
G
) = (1
G
1
G
) = (1
G
) = b
moltiplicando a destra per b
1
si ottiene b = b b b
1
= b b
1
= 1
G
.
Sia ora g G, allora
(g
1
) (g) = (g
1
g) = (1
G
) = 1
G

e quindi (g
1
) = ((g))
1
.
Due gruppi G , G

si dicono isomor se esiste un isomorsmo da G in G

. Si scrive in tal
caso G G

. Dalle proposizioni e osservazioni precedenti segue che G G (mediante


lapplicazione identica), se G G

allora G

G, e che se G G

e G

allora
G G

. (si osservi che una applicazione tra due gruppi G, G

`e un omomorsmo (iso-
morsmo) di gruppi se e solo se `e un omomorsmo (isomorsmo) di G in G

considerati
come semigruppi). Similmente si deniscono semigruppi e monoidi isomor e si fanno le
stesse osservazioni, ma in questo corso ci occuperemo principalmente di gruppi, quindi
esponiamo i concetti con particolare riferimento a questo tipo di struttura.
Come gi`a suggerisce la Proposizione 9, se due gruppi sono isomor allora soddisfano
le stesse propriet`a strutturali come gruppi. Tutto ci`o che, relativamente alloperazione,
si pu`o aermare per uno dei due gruppi vale, passando attraverso la corrispondenza
biunivoca stabilita dallisomorsmo, anche per laltro gruppo. Parlando informalmente,
si giunge a dire che due gruppi isomor sono lo stesso gruppo.
Esempi. 1) Sia P linsieme dei numeri reali strettamente maggiori di zero. Allora P `e
un gruppo con loperazione di moltiplicazione. Lapplicazione logaritmo naturale P R
denita da, per ogni x P, x log
e
(x) `e un isomorsmo del gruppo moltiplicativo (P, )
nel gruppo additivo (R, +). Infatti, `e biettiva e per ogni x, y P, log
e
(xy) = log
e
(x) +log
e
(y).
Lapplicazione inversa `e la funzione esponenziale, ed `e un isomorsmo da (R, +) in (P, ).
(naturalmente si ottiene un isomorsmo anche considerando il logaritmo in una qualsiasi base
positiva ,= 1 ssata)
2) Sia X un insieme. Allora lapplicazione ( : T(X) T(X) denita da, per ogni
Y T(X), ((Y ) = X Y `e un isomorsmo del monoide (T(X), ) nel monoide (T(X), ).
Infatti, ( `e biettiva (coincide con la propria inversa), e per ogni X, Z T(X) si ha, per la legge
di De Morgan (Parte I, Prop. 4), ((Y Z) = X (Y Z) = (X Y ) (X Z) = ((Y ) ((Z).
3) Lapplicazione Det : M
2
(R) R denita nelle pagine precedenti, `e un omomorsmo
del monoide M
2
(R) nel monoide (R, ) , e lapplicazione Det : GL(2, R) R

`e un
omomorsmo del gruppo GL(2, R) nel gruppo (R

, ). Le stesse aermazioni valgono per


matrici di qualsiasi ordine n 1.
4) Sia G un gruppo, e sia g G. La proposizione 5 implica che la applicazione : Z G
denita da, per ogni z Z, (z) = g
z
`e un omomorsmo del gruppo (Z, +) nel gruppo G.
Denizione. Un omomorsmo di un gruppo G in se stesso si dice endomorsmo di
G; un isomorsmo di G in se stesso si dice automorsmo di G.
Dalla Proposizione 8 e losservazione che la precede segue che linsieme End(G) di tutti
gli endomorsmi di un gruppo G `e un monoide rispetto alloperazione di composizione
13
(`e un sottomonoide di (G
G
, )). Dalle Proposizioni 7, 8 segue inoltre il fatto importante
che linsieme Aut(G) di tutti gli automorsmi di un gruppo G `e un gruppo rispetto
alloperazione di composizione; (Aut(G), ) si chiama Gruppo degli Automorsmi
di G.
Esercizio. Sia G un gruppo. Si dimostri che lapplicazione f : G G denita da, per
ogni g G, f(g) = g
1
`e un automorsmo se e solo se G `e commutativo.
Soluzione. Sia G un gruppo. Supponiamo che lapplicazione f sia un omomorsmo, allora per
ogni g, h G,
g
1
h
1
= f(g)f(h) = f(gh) = (gh)
1
,
dunque gh = ((gh)
1
)
1
= (g
1
h
1
)
1
= (h
1
)
1
(g
1
)
1
= hg, e quindi G `e commutativo.
Viceversa, sia G commutativo. Allora, per ogni g, h G,
f(gh) = (gh)
1
= (hg)
1
= g
1
h
1
= f(g)f(h)
dunque f `e un omomorsmo. Poich`e f `e una applicazione biettiva (coincide con la propria
inversa), essa `e un automorsmo.
Avremo pi` u avanti ancora molte cose da dire sugli omomorsmi e isomorsmi tra gruppi, e sul
gruppo degli automorsmi.
ESERCIZI
1. Sia S un insieme non vuoto. Si provi che loperazione denita su S da (a, b) a `e
associativa.
2. Sia X un insieme e sia Y X. Si provi che (T(Y ), ) `e un sottomonoide del monoide
(T(X), ).
3. Sia M un monoide e X un insieme non vuoto. Sullinsieme M
X
di tutte la applicazioni
di X in M si denisca una operazione (f, g) f g ponendo, per ogni f, g M
X
e ogni
x X : (f g)(x) = f(x)g(x). Si provi che (M
X
, ) `e un monoide.
4. Sia M un monoide e sia a M. Si provi che se, per qualche n 1, a
n
`e invertibile allora a
`e invertibile.
5. Siano (A, ), (B, ) semigruppi. Sul prodotto diretto A B si denisca una operazione
ponendo, per ogni (a, b), (a
1
, b
1
) AB :
(a, b)(a
1
, b
1
) = (a a
1
, b b
1
) .
Si dimostri che, con tale operazione, AB `e un semigruppo. Si provi che se A e B sono monoidi
(gruppi), allora AB `e un monoide (gruppo).
6. Nel monoide (N
N
, ) si consideri lelemento f denito da, per ogni n N
f(n) =
_
n se n `e pari
2n se n `e dispari
Si determini il sottomonoide generato da f.
14
7. Sia M un monoide che soddisfa la legge di cancellazione. Si provi che se M `e nito allora
`e un gruppo. [sugg.: per ogni a M si consideri la applicazione da M in se stesso denita da
x l ax; usando la propriet`a di cancellazione si provi che `e iniettiva e quindi ...] Si dica se la
stessa aermazione vale se M `e innito.
8. Si provi che nel monoide M
2
(R) non vale la legge di cancellazione.
9. Sia : G G

un omomorsmo di gruppi. Procedendo per induzione su n, si provi che,


per ogni x
1
, x
2
, . . . , x
n
G : (x
1
x
2
x
n
) = (x
1
)(x
2
) (x
n
).
10. Sia (G, ) un gruppo e sia a G tale che ag = ga per ogni g G. Su G si denisca una
nuova operazione , ponendo, per ogni x, y G : x y = x a y. Si provi che (G, ) `e un
gruppo, e cha la applicazione
G G
x l a
1
x
`e un isomorsmo del gruppo (G, ) nel gruppo (G, ).
15
0.2 Gruppi e sottogruppi
Sottogruppi
Denizione. Sia G un gruppo. Un sottoinsieme H di G si dice sottogruppo (e si
scrive H G) se soddisfa alle seguenti propriet`a
(1) H `e chiuso; cio`e, per ogni x, y H , xy H ;
(2) 1
G
H ;
(3) per ogni x H, x
1
H .
Un sottogruppo H di un gruppo G `e un gruppo rispetto alloperazione indotta da G.
Viceversa si pu`o provare che se un sottoinsieme S di un gruppo G `e un gruppo rispetto
alloperazione indotta, allora `e un sottogruppo di G nel senso della denizione data (lo
si verichi per esercizio, il punto essenziale `e dimostrare che lelemento identico di S
rispetto alloperazione indotta `e proprio 1
G
).
Dalla denizione segue immediatamente che se S H e H G, allora S G.
Osserviamo anche che ogni gruppo G ha almeno due sottogruppi: G stesso e 1
G
. 1
G

`e detto il sottogruppo banale di G, mentre un sottogruppo H si dice proprio se H ,= G.


In notazione additiva le condizioni anch`e un sottoinsieme H di un gruppo additivo A
sia un sottogruppo si scrivono:
(1) x, y H, x +y H (2) 0
A
H (3) x H, x H .
Esempi 1) (importante) Sia n N e indichiamo con nZ linsieme di tutti i multipli
interi di n; cio`e
nZ = nz [ z Z .
Allora nZ `e un sottogruppo del gruppo (Z, +). Infatti,
(1) 0 = n0 nZ ;
(2) se x, y nZ esistono z, z
1
Z tali che x = nz , y = nz
1
; quindi x + y =
nz +nz
1
= n(z +z
1
) nZ ;
(3) se x = nz nZ allora x = (nz) = n(z) nZ.
Vedremo pi` u avanti (Teorema 1) che tutti i sottogruppi del gruppo (Z, +) sono di questo
tipo.
2) Sia X un insieme e sia Y X. Allora
S
Y
= f Sym(X) [ f(Y ) = Y
`e un sottogruppo del gruppo Sym(X). Infatti
(1)
X
S
Y
;
(2) se f, g S
Y
, allora (f g)(Y ) = f(g(Y )) = f(Y ) = Y , dunque (f g) S
Y
;
(3) se f S
Y
, allora f
1
(Y ) = f
1
(f(Y )) = (f
1
f)(Y ) =
X
(Y ) = Y , e dunque
f
1
S
Y
.
16
In questi esempi, la prova che determinati sottoinsiemi sono sottogruppi `e consistita
nel vericare che essi soddisfano alle tre condizioni della denizione di sottogruppo. In
genere per`o risulter`a pi` u conveniente utilizzare il criterio stabilito dal seguente Lemma.
Lemma (Criterio per sottogruppi). Siano G un gruppo e H G. Allora sono
equivalenti:
(i) H G ;
(ii) H ,= e, per ogni x, y H, xy
1
H.
Dimostrazione. (i) (ii). Sia H G. Allora 1
G
H, in particolare `e H ,= . Se
x, y H, allora y
1
H per il punto (3) della denizione di sottogruppo e quindi
xy
1
H per il punto (1) della denizione. Quindi H soddisfa la condizione (ii).
(ii) (i). Sia H sottoinsieme di G che verica la condizione (ii); proviamo che H G.
Poich`e H non `e vuoto, esiste x H e quindi, per la condizione (ii) applicata alla coppia
x, x H, 1
G
= xx
1
H.
Sia h H, allora per quanto visto sopra 1
G
, h H e, per la condizione (ii), h
1
=
1
G
h
1
H.
Rimane da vericare che H `e chiuso. Siano h, g H; allora, per quanto gi`a dimostrato,
g
1
H e quindi, per la condizione (ii) applicata alla coppia h, g
1
, si ha hg =
h(g
1
)
1
H.
Il criterio per sottogruppi a cui facevamo cenno `e limplicazione (ii) (i) di questo
Lemma.
Esempio. Sia 1 n N. Nellinsieme C dei numeri complessi, consideriamo il sottoinsieme
delle radici n-esime dellunit`a:
U
n
= z C

[ z
n
= 1 .
Allora U
n
`e un sottogruppo del gruppo moltiplicativo (C

, ). Infatti U
n
,= perch`e 1 U
n
, e
per ogni z
1
, z
2
U
n
si ha (z
1
z
1
2
)
n
= z
n
1
(z
1
2
)
n
= z
n
1
(z
n
2
)
1
= 1 1 = 1; dunque z
1
z
1
2
U
n
.
Per il criterio dei sottogruppi, U
n
C

.
Sia ora g un ssato (ma generico) elemento di un gruppo G. Le propriet`a delle potenze
implicano che linsieme di tutte le potenze intere di g,
< g >= g
z
[ z Z
`e un sottogruppo di G. Si chiama il sottogruppo ciclico generato da g. Se H `e un
qualche sottogruppo di G che contiene g, allora, per la chiusura rispetto a prodotti ed
inversi, H deve contenere tutte le potenze intere di g; cio`e H < g >. Quindi < g >
`e il minimo sottogruppo di G che contiene lelemento g.
Osserviamo che un sottogruppo ciclico `e commutativo. Infatti per ogni g G e ogni
n, m Z, g
n
g
m
= g
n+m
= g
m+n
= g
m
g
n
.
In notazione additiva, il sottogruppo ciclico generato da un elemento a `e linsieme dei
multipli interi di a; ovvero < a >= za [ z Z . Dimostriamo ora limportante
fatto che tutti i sottogruppi del gruppo additivo (Z, +) sono ciclici. Per quanto appena
osservato, se a Z allora il sottogruppo ciclico generato da a `e aZ = az [ z Z .
17
Teorema 0.2.1 Sia H un sottogruppo del gruppo additivo Z. Allora esiste n N tale
che H = nZ.
Dimostrazione. Sia H Z. Se H = 0 allora H = 0Z.
Supponiamo quindi che H ,= 0. Allora esiste 0 ,= a H; poich`e H `e un sottogruppo,
si ha anche a H. Ora, uno di questi due elementi di H `e un numero positivo non
nullo, quindi linsieme
o = m H [ m > 0
`e un sottoinsieme non vuoto dei numeri naturali. Sia n = min(o). Abbiamo osservato
sopra che nZ `e un sottogruppo di Z. Proviamo che H = nZ.
Poich`e n H ed H `e un sottogruppo, H contiene tutti i multipli di n, cio`e nZ H.
Viceversa, sia b H; poich`e n ,= 0 possiamo dividere b per n; esistono cio`e q, r Z tali
che
b = nq +r e 0 r < n .
Ora, nq H per quanto visto sopra, e quindi
r = b nq H ;
se fosse r > 0 allora r o e quindi, per la scelta di n = min(o), sarebbe n r che
contraddice la propriet`a del resto. Dunque r = 0, cio`e b = nq nZ. Quindi H nZ e
pertanto H = nZ.
Quindi i sottogruppi di Z sono tutti e soli i sottoinsiemi del tipo nZ. Osserviamo anche che la
dimostrazione del Teorema fornisce un indicazione, dato 0 , = H Z, per trovare un generatore
di H: `e il minimo intero positivo non nullo che appartiene ad H.
Applichiamo questo fatto per fare una osservazione interessante. Dati n, m N poniamo
nZ +mZ = x +y [ x nZ, y mZ = nz
1
+mz
2
[ z
1
, z
2
Z .
Si dimostri per esercizio che nZ+mZ `e un sottogruppo di Z. Proviamo che se d = MCD(n, m)
allora dZ = nZ + mZ. Infatti, siano r, s Z tali che n = ds, m = dr; allora per ogni
z
1
, z
2
Z, nz
1
+ mz
2
= dsz
1
+ drz
2
= d(sz
1
+ rz
2
) dZ e quindi nZ + mZ dZ. Per il
viceversa, siano a, b Z tali che d = na + mb ; allora, per ogni z Z , dz = (na + mb)z =
n(az) +m(bz) nZ +mZ e dunque dZ nZ +mZ. Quindi dZ = nZ +mZ.
Si dimostri per esercizio che nZ mZ se e solo se m[n e che se c = m.c.m.(n, m) allora
cZ = nZ mZ.
Per i sottogruppi vale un analogo della Proposizione 1. La facile dimostrazione `e lasciata
per esercizio.
Proposizione 0.2.2 Sia G un gruppo, e siano H, K sottogruppi di G. Allora HK
G. Pi` u in generale, se T `e una famiglia qualsiasi non vuota di sottogruppi di G, allora

XF
X `e un sottogruppo di G.
Osservazione. Dato un gruppo G, linsieme o(G) di tutti i sottogruppi di G ordinato per inclu-
sione (di insiemi) `e un insieme parzialmente ordinato. La proposizione 2.2 dice, in particolare,
che dati H, K G (cio`e H, K o(G)), H K `e il massimo sottogruppo di G contenuto in H
ed in K; cio`e H K `e lestremo inferiore di H, K in (o(G), ).
In generale (vedi esercizio sotto), lunione insiemistica di due sottogruppi non `e un sottogruppo.
Tuttavia, dati due sottogruppi H, K del gruppo G, possiamo considerare la famiglia di tutti i
18
sottogruppi di G che contengono H e K - cio`e la famiglia dei maggioranti di H, K in (o(G), ).
Essa `e non vuota perch`e contiene almeno il sottogruppo G, quindi, per la Proposizione 2.2, ha
un minimo che `e lintersezione di tutti i suoi membri. Tale sottogruppo si denota con H, K)
ed `e pertanto il minimo sottogruppo di G che contiene sia H che K. In altri termini H, K) `e
lestremo superiore di H, K in (o(G), ).
Da quanto osservato, risulta quindi che (o(G), ) `e un reticolo. Esso si chiama reticolo dei
sottogruppi di G.
Esercizio. Siano A, B sottogruppi del gruppo G. Si provi che se G = A B, allora G = A
oppure G = B.
Soluzione. Siano A, B sottogruppi propri del gruppo G e supponiamo per assurdo G = A B.
Ora, B , A perch`e se cosi fosse sarebbe G = AB = A (contro lipotesi che A sia un sottogruppo
proprio); e similmente A , B. Dunque esistono a A B e b B A. Considero ab. Se ab A
allora b = a
1
(ab) A contro la scelta di b; quindi ab , A. Similmente ab , B. Quindi
ab , A B, assurdo.
Il Gruppo S
3
.
Questo paragrafo `e di fatto un esercizio. Illustriamo i concetti introdotti sinora per descrivere
il gruppo simmetrico su un insieme di ordine 3. Pi` u avanti studieremo i gruppi simmetrici in
generale e pi` u in dettaglio.
Sia S
3
il gruppo simmetrico sullinsieme 1, 2, 3, cio`e il gruppo di tutte le permutazioni di
1, 2, 3. Come sappiamo, S
3
contiene 6 elementi. Ogni elemento S
3
pu`o essere descritto
mediante la tabella
_
1 2 3
(1) (2) (3)
_
(osserviamo che, essendo una applicazione biettiva, la seconda riga della tabella contiene
tutti gli elementi 1, 2, 3). Allora
=
_
1 2 3
1 2 3
_
Poniamo quindi
=
_
1 2 3
2 3 1
_
allora

2
= =
_
1 2 3
3 1 2
_
componendo ancora con si trova
3
=
2
= . Quindi
2
=
1
. Se consideriamo un
qualunque numero intero z possiamo scrivere z = 3q +r con r 0, 1, 2 , dunque

z
=
3q+r
=
3q

r
= (
3
)
q

r
=
q

r
=
r
=
r
;
il sottogruppo ciclico generato da (che denotiamo con A) `e quindi composto dai tre elementi
=
0
, ,
2
.
si dice un ciclo di ordine 3, o un 3-ciclo (perch`e permuta ciclicamente i tre elementi 1,2,3).
Chiaramente, il gruppo ciclico generato da
2
=
1
coincide con A =< >.
Poniamo ora

1
=
_
1 2 3
1 3 2
_

2
=
_
1 2 3
3 2 1
_

3
=
_
1 2 3
2 1 3
_
19
queste applicazioni scambiano due elementi e ssano i rimanenti; si chiamano trasposizioni.
Allora, per ogni i = 1, 2, 3 ,
2
i
= e quindi, ragionando come abbiamo fatto con , il
sottogruppo T
i
generato da
i
`e
T
i
=<
i
>= ,
i
.
Abbiamo quindi elencato tutti gli elementi di S
3
. Sono
, ,
2
,
1
,
2
,
3
;
ed abbiamo determinato tutti i sottogruppi ciclici di S
3
che sono
, A , T
1
, T
2
, T
3
.
In particolare, S
3
non coincide con alcuno dei suoi sottogruppi ciclici; cosa che poteva essere
anche stabilita osservando che S
3
non `e abeliano, ad esempio

1

2
= ,=
2
=
2

1
(vedremo in seguito che ogni gruppo non commutativo di ordine 6 `e isomorfo a S
3
e che i
gruppi di ordine minore o uguale a 5 sono commutativi. Quindi S
3
`e il pi` u piccolo gruppo non
commutativo).
Vediamo ora che i sottogruppi elencati costituiscono linsieme di tutti i sottogruppi propri di S
3
.
Sia H S
3
e supponiamo che H contenga due distinte trasposizioni, diciamo
1
e
2
; allora
H contiene
2

1
=
2
e
1

2
= e quindi contiene anche
1
=
3
; dunque H = S
3
.
Similmente si ragiona a partire dalla altre coppie di trasposizioni.
Supponiamo allora che H contenga ununica trasposizione
i
; se H ,=<
i
>= T
i
, H contiene
o o
2
. Se H allora H contiene
i
=
(i)
contro lassunzione che H contenga
ununica trasposizione. Allo stesso modo, se
2
H allora
(i)
=
2

i
H contro
lassunzione su H. Quindi H =<
i
>= T
i
.
Inne, se H non contiene trasposizioni, allora H = 1 o H =< >= A.
In conclusione, i sottogruppi di S
3
sono
, A , T
1
, T
2
, T
3
, S
3
.
Dal controllo dei loro elementi si vede che se H, K sono sottogruppi propri e distinti di S
3
allora
H K = 1 = . Quindi il reticolo dei sottogruppi di S
3
`e il seguente:
q
q
q q q
q

A
T
1
T
2
T
3
S
3
Osserviamo che dallo studio dei sottogruppi fatto sopra segue, tra laltro, che date due distinte
trasposizioni, ad esempio
1
,
2
, il pi` u piccolo sottogruppo che le contiene `e S
3
; si dice allora
che S
3
`e generato dalle trasposizioni
1
,
2
(o che
1
,
2
`e un insieme di generatori di
S
3
), e si scrive S
3
=
1
,
2
). Ogni elemento di S
3
si scrive come un prodotto i cui fattori
sono
1
,
2
, o loro inversi (che in questo caso coincidono con gli stessi generatori); infatti:
=
1

2
, =
1

2
,
2
=
2

1
e
3
=
1

2

1
.
20
Osserviamo inne che gli ordini dei sottogruppi di S
3
sono: 1, 2, 3, 6. Ognuno divide lordine del
gruppo S
3
. Questo fatto `e una propriet`a fondamentale dei gruppi niti, che dimostreremo nel
prossimo paragrafo. Per il momento abbiamo dovuto impiegare un certo lavoro per studiare il
gruppo S
3
(che `e un gruppo piccolo); nei paragra seguenti introdurremo strumenti pi` u ranati
per lo studio dei gruppi, che alla ne faranno apparire come quasi banale questa discussione di
S
3
.
Il gruppo S
3
pu`o anche essere visto (il termine tecnico `e rappresentato) come il gruppo delle
simmetrie di un triangolo equilatero. Consideriamo un triangolo equilatero sul piano, con
i vertici numerati con 1, 2, 3; per comodit`a ssiamo un riferimento cartesiano con origine il
centro del triangolo e asse y passante per il vertice 1:

T
T
T q
q
q
1
2 3
-
6
x
y
Consideriamo ora linsieme di tutti i movimenti rigidi del piano che mutano il triangolo in
se stesso. Essi sono:
- lidentit`a;
- le rotazioni (antiorarie) intorno allorigine di
2
3
e
4
3
radianti (120 e 240 gradi);
- le tre riessioni lungo gli assi del triangolo.
Linsieme di queste sei applicazioni (biettive) del piano in se costituisce un gruppo mediante
la composizione, che si chiama gruppo delle simmetrie di ; ad esempio la composizione della
rotazione di
2
3
radianti con la riessione lungo lasse y `e la riessione lungo lasse passante per
il vertice 3, linversa della rotazione di
2
3
radianti `e la rotazione di
4
3
radianti, etc.
Ora, si pu`o denire un isomorsmo da in S
3
associando ad ogni elemento di la
permutazione da esso indotta sullinsieme 1, 2, 3 dei vertici di . Ad esempio, alla
rotazione di
2
3
radianti corrisponde il 3-ciclo , alla riessione lungo lasse passante per il
vertice 3 corrisponde la trasposizione
3
, etc. Il sottoinsieme di costituito dalle rotazioni
(inclusa lidentit`a, che `e la rotazione di un angolo nullo) `e un sottogruppo ciclico, e corrisponde
in S
3
al sottogruppo < >.

T
T
T q
q
q
1
2 3

T
T
T q
q
q
1
2 3
b
b
b
b
b

3
Considerazioni simili si possono fare per un qualunque poligono (regolare) o pi` u in generale una
qualunque gura piana. Ad esempio il gruppo delle simmetrie di una circonferenza con centro
lorigine `e un gruppo innito che contiene tutte le rotazioni e tutte le riessioni lungo rette
passanti per lorigine. Per esercizio si studi il caso di un quadrato; si provi che il suo gruppo
delle simmetrie contiene 8 elementi e non `e commutativo (tale gruppo si chiama gruppo diedrale
di ordine 8)
21
Gruppi Ciclici
Denizione. Un gruppo G si dice ciclico se esiste un elemento g G tale che G `e il
sottogruppo generato da g; cio`e
G =< g >= g
z
[ z Z .
In tal caso, g si dice un generatore di G.
(In notazione additiva, un gruppo A`e ciclico se esiste a A tale che A = za [ z Z ).
Esempi. 1) (Z, +) `e un gruppo ciclico con generatore 1 (un altro possibile generatore
`e -1 ; si verichi che questi sono i soli possibili generatori di Z).
2) S
3
non `e un gruppo ciclico (si veda il paragrafo precedente).
Abbiamo gi`a osservato che un gruppo ciclico `e abeliano. Il gruppo Z `e il modello
fondamentale per i gruppi ciclici. Vediamo ad esempio che, cos` come avviene per Z,
ogni sottogruppo di un gruppo ciclico `e ciclico. La dimostrazione di questo fatto ricalca
quella data per Z (Teorema 2.1); ne diamo quindi una esposizione rapida. Cercate di
completarla e di capire che quella per Z `e la stessa dimostrazione.
Proposizione 0.2.3 Ogni sottogruppo di un gruppo ciclico `e ciclico.
Dimostrazione. Sia G =< g > un gruppo ciclico con generatore g, e sia H G. Se
H = 1
G
allora H =< 1
G
>. Sia quindi H ,= 1
G
; allora esiste 0 ,= z Z tale
che g
z
H. Poich`e H `e un sottogruppo si ha anche g
z
H. Quindi non `e vuoto
linsieme 0 ,= m N [ g
m
H . Sia n il minimo di tale insieme. Allora g
n
H
e quindi < g
n
> H. Viceversa, se h = g
z
H, si divide z per n : z = nq + r
con 0 r n 1. Quindi g
r
= g
znq
= g
z
(g
n
)
q
H da cui segue, per la scelta
di n, r = 0. Quindi h = g
z
= g
nq
= (g
n
)
q
< g
n
> e dunque H < g
n
>. Quindi
H =< g
n
> `e ciclico.
I due esempi seguenti illustrano come la classe dei gruppi ciclici si suddivida naturalmente in
due tipologie; quelli inniti e quelli niti. Agli esempi seguir`a una proposizione che descrive in
generale la dierenza tra il caso nito e quello innito.
Esempi. 1) Consideriamo la matrice
g =
_
1 1
0 1
_
GL(2, R) .
e consideriamo il gruppo ciclico G =< g >. Lelemento identico di tale gruppo `e la matrice
identica di ordine 2. Proviamo per induzione che per ogni n N si ha g
n
=
_
1 n
0 1
_
. Infatti
ci`o `e vero per n = 0, 1; supposto vero per n si ha
g
n+1
= g
n
g =
_
1 n
0 1
__
1 1
0 1
_
=
_
1 + 0 1 +n
0 + 0 0 + 1
_
=
_
1 n + 1
0 1
_
dunque laermazione `e provata. Osserviamo quindi che per 0 > z Z si ha
g
z
= (g
|z|
)
1
=
_
1 [z[
0 1
_
1
=
_
1 z
0 1
_
1
=
_
1 z
0 1
_
.
22
In questo caso quindi, per ogni 0 ,= z Z si ha g
z
,= 1
G
, e g
x
= g
y
se e solo se x = y. In
particolare quindi [G[ = .
Provate inoltre per esercizio che i soli possibili generatori del gruppo G sono la matrice g e la
sua inversa (dimostrate cio`e che se z ,= 1 allora il sottogruppo generato da g
z
non contiene
g), e che lomomorsmo : Z G, denito da (z) = g
z
, `e un isomorsmo.
2) Consideriamo la matrice
h =
_
0 1
1 1
_
GL(2, R) .
e consideriamo il gruppo ciclico H =< h >. Facendo i calcoli, si trova
h
2
=
_
1 1
1 0
_
h
3
= h
2
h =
_
1 1
1 0
__
0 1
1 1
_
=
_
1 0
0 1
_
e cos` via :
h
4
=
_
0 1
1 1
_
h
5
=
_
1 1
1 0
_
h
6
=
_
1 0
0 1
_
= I
2
= 1
H
.
Abbiamo in particolare trovato un intero strettamente positivo n = 6 tale che h
6
= 1
H
e 6 `e il
pi` u piccolo naturale non nullo per cui avviene ci`o. (Si osservi anche che h
5
= h
1
)
Ora, dato z Z, lo dividiamo per 6: z = 6q +r con r 0, 1, 2, 3, 4, 5. Si ha allora:
h
z
= h
6q+r
= (h
6
)
q
h
r
= 1
q
h
r
= h
r
.
Dunque possiamo concludere che
H =< h >= h
r
[ 0 r 5 = h
0
= 1, h, h
2
, h
3
, h
4
, h
5

e [ < h > [ = 6.
Ordine di un elemento. Sia g un elemento del gruppo G. Lordine di g, che si
denota con [g[, `e per denizione
il minimo numero intero n 1 tale che g
n
= 1
G
, se esiste; ed `e se un tale intero
non esiste (ovvero se g
n
,= 1
G
per ogni n 1).
Proposizione 0.2.4 Sia G =< g > un gruppo ciclico. Si verica uno dei casi
seguenti.
(1) Se [g[ = n 1, allora [G[ = n e G = g
0
= 1
G
, g, g
2
, . . . , g
n1
.
(2) Se [g[ = , allora [G[ = e tutte le potenze di g sono distinte (cio`e, per ogni
z, w Z, g
z
= g
w
z = w).
Dimostrazione. (1) Sia n 1 e [g[ = n. Per denizione, n `e il minimo numero naturale
non nullo tale che g
n
= 1
G
. Se z Z, possiamo dividere z per n : z = nq +r con
0 r n 1. Allora
g
z
= g
nq+r
= (g
n
)
q
g
r
= (1
G
)
q
g
r
= g
r
;
dunque G = g
r
[ 0 r n1 = 1
G
, g, . . . , g
n1
. Per concludere, verichiamo
che gli elementi 1
G
= g
0
, g, g
2
, . . . , g
n1
sono tutti distinti. Infatti se 0 i j n1
e g
i
= g
j
, allora j i 0 e g
ji
= g
j
(g
i
)
1
= 1
G
e quindi, per la minimalit`a di
n , j i = 0 cio`e i = j, come si voleva. In particolare, [G[ = n.
23
(2) Sia ora [g[ = . Allora, per ogni n 1, g
n
,= 1
G
. Siano z, w Z , z w, con
g
z
= g
w
, allora
g
zw
= g
z
(g
w
)
1
= 1
G
e quindi z w = 0 cio`e z = w. Dunque potenze di g con esponenti distinti sono
distinte e, in particolare, [G[ = .
Esercizio. Si provi che due gruppi ciclici dello stesso ordine sono isomor.
Esercizio. Si provi che il gruppo additivo dei numeri razionali non `e ciclico.
Consideriamo ora un gruppo ciclico G =< g > di ordine nito n. Dalla dimostrazione
della proposizione 2.4 segue che, dato z Z, g
z
= g
r
dove r `e il resto della divisione di
z per n. In particolare
g
z
= 1
G
[g[ = n divide z .
Ora, gli elementi di G sono 1
G
, g, g
2
, . . . , g
n1
. Sia 0 a n 1 e sia d =
n
(a,n)
;
allora n divide ad e quindi (g
a
)
d
= g
ad
= 1
G
, daltra parte, se 1
G
= (g
a
)
m
= g
am
allora n[am e quindi
n
(a,n)
divide m (dato che non ha fattori comuni con
a
(a,n)
).
Dunque d `e lordine dellelemento g
a
di G; cio`e
[ < g
a
> [ =
n
(a, n)
.
Da questa osservazione segue che per ogni divisore d di n, lelemento g
n
d
genera un
sottogruppo di < g > di ordine d; quindi
se G `e un gruppo ciclico di ordine n, allora G ha un sottogruppo di ordine d per ogni
divisore d di n.
Ad esempio se G =< g > ha ordine 40, allora il sottogruppo generato da g
5
ha ordine 8. Tale
sottogruppo `e
1
G
, g
5
, (g
5
)
2
, (g
5
)
3
, . . . , (g
5
)
7
= 1
G
, g
5
, g
10
, g
15
, g
20
, g
25
, g
30
, g
35
.
Si provi per esercizio che questo `e lunico sottogruppo di < g > di ordine 8. Si generalizzi
quindi la cosa provando che
per ogni divisore d di n un gruppo ciclico di ordine n ha uno e un solo sottogruppo di ordine d.
Esercizio. Sia g un elemento di un gruppo e n, m Z, si dimostri che < g
n
>< g
m
> se e
solo se m[n.
Unaltra conseguenza della osservazione di sopra `e se < g > ha ordine nito n e 0 a n 1,
allora [g
a
[ = n (e quindi < g
a
>=< g >) se e solo se (a, n) = 1. Cio`e
il numero di generatori distinti di un gruppo ciclico di ordine n coincide con il numero di interi
positivi strettamente minori di n e coprimi con n.
Tale numero si denota con (n) dove si chiama la funzione di Eulero. In particolare, in
un gruppo ciclico di ordine primo ogni elemento non nullo `e un generatore.
Non `e dicile valutare (n):
Esercizio. 1) Si dimostri che se p `e un numero primo, allora per ogni a 1 :
(p
a
) = p
a
p
a1
= p
a1
(p 1).
24
2) Si dimostri che se (n, m) = 1 allora (nm) = (n)(m).
3) Si provi che se n = p
a
1
1
p
a
2
2
p
a
s
s
con p
1
, p
2
, . . . , p
s
primi distinti, allora
(n) =
s

i=1
p
a
i
1
i
(p
i
1).
Ad esempio, (40) = (5)(2
3
) = (5 1)(2 1)2
2
= 4 4 = 16. Se < g > ha ordine 40,
allora i suoi generatori distinti sono gli elementi g
a
con 1 a 39 e (a, 40) = 1, cio`e
a = 1, 3, 7, 9, 11, 13, 17, 19, 21, 23, 27, 29, 31, 33, 37, 39.
Classi laterali e Teorema di Lagrange.
Sia H un sottogruppo del gruppo G e sia x G. La classe laterale sinistra di x
modulo H `e il sottoinsieme di G:
xH = xh [ h H .
Esempio. Sia G = S
3
e H il sottogruppo generato dalla trasposizione
1
(cio`e H =
,
1
). Allora:
H = H =
1
H ,

2
H =
2
,
2

1
=
2
,
2
=
2
H ,

3
H =
3
,
3

1
=
3
, = H.
Osserviamo alcuni aspetti di questo esempio. Intanto elementi diversi possono dare la
stessa classe laterale; le classi trovate sono disgiunte e costituiscono una partizione di
G come insieme. Inne abbiamo trovato 3 classi laterali che contengono tutte lo stesso
numero di elementi del sottogruppo considerato H. Questi fatti non sono peculiari di
questo esempio ma, come proveremo in questo paragrafo, valgono in generale.
Innanzi tutto vediamo che linsieme delle classi laterali sinistre modulo un sottogruppo
`e sempre una partizione del gruppo. Infatti, le classi laterali sono classi di equivalenza
di una opportuna relazione di equivalenza che `e determinata dal sottogruppo.
Sia H un sottogruppo del gruppo G. Sullinsieme G consideriamo la relazione
H
denita ponendo per ogni x, y G : x
H
y se x
1
y H.
Verichiamo che tale relazione `e una equivalenza su G.
- E riessiva: infatti per ogni x G, x
1
x = 1
G
H.
- E simmetrica: infatti per ogni x, y G, se x
H
y allora x
1
y H e quindi
y
1
x = (x
1
y)
1
H, cio`e y
H
x.
- E transitiva : infatti se x, y, z G sono tali che x
H
y e y
H
z, allora x
1
y H
e y
1
z H, quindi x
1
z = x
1
yy
1
z H, cio`e x
H
z.
Ora, per ogni x G la classe di equivalenza
[x] = y G [ x
H
y
coincide con la classe laterale xH, infatti
y xH esiste h H tale che y = xh x
1
y = h con h H x
H
y
25
Da ci`o segue la propriet`a fondamentale che linsieme delle classi laterali sinistre (distinte)
modulo H
xH [ x G
`e linsieme quoziente modulo la equivalenza
H
e quindi `e una partizione di G. Inoltre,
poich`e due classi di equivalenza coincidono se e solo se i loro rappresentati sono in
relazione, si ha il seguente fatto, che `e bene avere sempre presente.
Per ogni x, y G, xH = yH se e solo se x
1
y H se e solo se y xH .
Esercizio. Utilizzando la denizione di classe laterale sinistra, si dimostri direttamente
che classi laterali distinte, modulo lo stesso sottogruppo, sono disgiunte
In notazione additiva le classi laterali modulo un sottogruppo H in un gruppo additivo
A sono i sottoinsiemi
a +H = a +b [ b H
con a A; e a +H = b +H se e solo se a b H (si ricordi che la notazione additiva
si applica a gruppi commutativi).
Denizione. Sia G un gruppo e H G. Lindice di H in G `e il numero di classi
laterali (sinistre) di G modulo H. Tale numero di denota con
[G : H] .
Se il gruppo G `e nito allora lindice di ogni sottogruppo `e un numero naturale; ad
esempio lindice del sottogruppo H generato dalla trasposizione
1
in S
3
`e 3. Se il
gruppo G `e innito, allora lindice di un sottogruppo pu`o essere sia un numero naturale
che innito, come vedremo con esempi pi` u avanti. Osserviamo anche che le classi laterali
modulo il sottogruppo banale 1
G
contengono tutte un solo elemento e che quindi
[G : 1
G
] = [G[.
Un caso molto importante `e quello dei sottogruppi di Z. Sia n 1 e consideriamo il
sottogruppo nZ di Z. Siano x, y Z, allora
x
nZ
y x y nZ n[x y x y (mod n) ,
quindi lequivalenza associata al sottogruppo nZ coincide con la congruenza modulo n.
Di conseguenza le classi laterali modulo nZ sono le classi di congruenza (o classi resto)
modulo n. Questo si pu`o rivedere direttamente; per ogni a Z,
a+nZ = b = a+nz [ z Z = b [ ba = nz, z Z = b [ n[ba = b [ b a (mod n) .
detto ancora in un altro modo: a +nZ = b +nZ a b (mod n).
Dalla teoria delle congruenze in Z sappiamo che ci sono n distinte classi di congruenza
modulo n : [0], [1], [2], . . . , [n 1]. Quindi ci sono n classi laterali di Z modulo nZ ,
che sono
nZ, 1 +nZ, 2 +nZ, . . . , (n 1) +nZ ;
dunque
[Z : nZ] = n
26
e per ogni z Z, z +nZ = r +nZ dove r `e il resto della divisione di z per n.
Il seguente Teorema stabilisce in particolare una propriet`a fondamentale dei gruppi niti:
che lordine di ogni sottogruppo di un gruppo nito divide lordine del gruppo. Questo
fatto `e veramente alla base dello studio dei gruppi niti.
Teorema di Lagrange. Sia G un gruppo nito, e sia H G. Allora
[G[ = [G : H][H[ .
Dimostrazione. Innanzi tutto proviamo che le classi laterali di G modulo H contengono
tutte lo stesso numero [H[ di elementi. Infatti per ogni classe xH esiste la biezione

x
: H xH
denita ponendo per ogni h H,
x
(h) = xh. Tale applicazione `e iniettiva perch`e se

x
(h) =
x
(h

) allora xh = xh

e quindi, per la legge di cancellazione, h = h

; ed `e
suriettiva per la denizione di classe laterale xH.
Ora, le classi laterali costituiscono una partizione di G. Quindi se [G : H] = n e
denotiamo con K
1
, K
2
, . . . , K
n
le classi laterali distinte di G modulo H, G `e lunione
disgiunta G = K
1
K
2
. . . K
n
, dunque
[G[ =
n

i=1
[K
i
[ =
n

i=1
[H[ = n[H[ = [G : H][H[ ,
e la dimostrazione `e completa.
Ad esempio, se [G[ = 6 i possibili ordini dei sottogruppi di G sono 1,2,3 e 6. Studiando S
3
abbiamovisto che per ogni divisore di 6 esiste in S
3
almeno un sottogruppo di tale ordine.
Tuttavia, in generale non `e vero che se G `e un gruppo nito allora per ogni divisore d di [G[
deve necessariamente esistere un sottogruppo di ordine d; vedremo in seguito un esempio in cui
ci`o non avviene. Dimostreremo pi` u avanti anche il notevole Teorema di Sylow, che aerma in
particolare che se p `e un primo e p
m
divide [G[ allora G ha un sottogruppo di ordine p
m
.
Una prima importante conseguenza del Teorema di Lagrange `e il seguente
Corollario 0.2.5 Sia G un gruppo nito. Allora lordine di ogni elemento di G
divide lordine di G.
Dimostrazione. Sia G un gruppo nito e g G. Allora, per denizione, lordine di g
`e lordine del sottogruppo < g > e questo, per il Teorema di Lagrange, divide [G[.
Osserviamo che da questo corollario segue anche che, se G `e un gruppo nito, allora
g
|G|
= 1
G
per ogni g G.
Ecco unaltra immediata e interessante applicazione del Teorema di Lagrange.
Proposizione 0.2.6 Sia p un primo. Allora ogni gruppo di ordine p `e ciclico.
27
Dimostrazione. Sia G un gruppo di ordine primo p e sia 1
G
,= g G. Allora il
sottogruppo < g > di G non `e banale e il suo ordine divide [G[ = p. Dunque deve
essere < g >= G.
Vediamo ora un esempio di studio delle classi laterali modulo un sottogruppo; la cosa fonda-
mentale `e individuare un opportuno insieme di rappresentanti, cio`e un insieme di elementi del
gruppo, le classi laterali dei quali siano distinte e siano tutte quelle del gruppo. Ad esempio,
0, 1, 2, . . . , n 1 `e un insieme di rappresentanti del gruppo Z modulo il sottogruppo nZ.
Esempio. Fissato un numero primo p , nel gruppo additivo Q dei numeri razionali conside-
riamo il sottoinsieme
S =
m
n
Q [ p ,[n .
S Q ; infatti S ,= e se
m
n
,
r
s
S allora
m
n

r
s
=
msnr
ns
S perch`e p non divide ns
dato che `e primo e non divide n ne s. Quindi S Q per il criterio dei sottogruppi.
Studiamo ora le classi laterali di Q modulo S ; proviamo che linsieme
= 0,
r
p
i

i N, 1 r p
i
1 e (r, p) = 1
`e un insieme di rappresentanti di Q modulo S.
Sia x =
m
n
Q , con (m, n) = 1. Se p ,[n allora x S = 0 +S. Altrimenti p ,[m e n = ap
i
con i 1 e (a, p
i
) = 1. Poich`e a, p
i
sono coprimi, esistono b, r Z tali che
ar +bp
i
= m ()
osservo che si pu`o prendere 1 r p
i
1 , infatti posso sostituire r in () con il suo resto
della divisione per p
i
che non `e zero perch`e p non divide m. Allora
r
p
i
e
x
r
p
i
=
m
ap
i

r
p
i
=
mra
ap
i
=
bp
i
ap
i
=
b
a
S
quindi
x +S =
r
p
i
+S .
Dunque la classi y +S con y sono tutte le classi di Q modulo S. Verichiamo che sono
tutte distinte. Se
r
p
i
,
s
p
j
con j i , allora
r
p
i
+S =
s
p
j
+S
r
p
i

s
p
j
S
rp
ji
s
p
j
S
ora, se j ,= i , p non divide il numeratore (perch`e non divide s) e quindi
rp
ji
s
p
j
, S; dunque
i = j e allora
r
p
i

s
p
j
=
rs
p
i
S se e solo se p
i
divide r s il che implica, dato che
r, s < p
i
, r = s. Dunque
r
p
i
+S =
s
p
j
+S i = j e r = s .
osserviamo in particolare che [Q : S] = .
Concludiamo questo paragrafo con due osservazioni sugli indici che sono marginali per quanto
riguarda gli argomenti di questo corso, ma possono essere utili nella risoluzione di qualche prob-
lema; considerate la dimostrazione come esercizio.
28
Proposizione 0.2.7 Siano H, K sottogruppi di indice nito del gruppo G, allora
1) (formula del prodotto) Se K H allora [G : K] = [G : H][H : K];
2) (Lemma di Poincar`e) [G : H K] [G : H][G : K].
Dimostrazione 1) Sia [G : H] = n, [H : K] = m e siano g
1
H, . . . , g
n
H le classi laterali distinte
di G modulo H e h
1
K, . . . , h
m
K quelle di H modulo K. Consideriamo le classi
(g
i
h
j
)K di G modulo K con i = 1, . . . , n j = 1, . . . , m ()
di G modulo K. Se (g
i
h
j
)K = (g
r
h
s
)K allora h
1
s
g
1
r
g
i
h
j
= (g
r
h
s
)
1
(g
i
h
j
) K, in
particolare poich`e K H, h
1
s
g
1
r
g
i
h
j
= y H e quindi g
1
r
g
i
= h
s
yh
1
j
H, da cui
g
r
H = g
i
H e r = i; dunque h
1
s
h
j
= h
1
s
g
1
r
g
i
h
j
K e quindi h
s
K = h
j
K da cui s = j.
Dunque tutte la classi in (*) sono distinte, quindi [G : K] nm = [G : H][G : K].
Sia ora g G, allora, per qualche i = 1, . . . n : g g
i
H dunque esiste y H tale che
g = g
i
y ; similmente esistono un indice j = 1, . . . , m ed un elemento x K tali che y = h
j
x.
Quindi g = g
i
y = h
j
g
i
x h
j
g
i
K da cui gK = h
j
g
i
K. Dunque la classi in () sono tutte le
classi di G modulo K e pertanto [G : K] = nm = [G : H][G : K].
2) Si applichi la legge di cancellazione per dimostrare che per ogni g G : gHgK = g(HK).
Da ci`o segue facilmente che il numero di classi di G modulo HK `e al pi` u nm = [G : H][G : K].
A partire da un sottogruppo H di un gruppo G si deniscono anche le classi laterali
destre modulo H; per ogni g G si pone
Hg = hg [ h H .
Le classi laterali destre sono le classi di equivalenza della relazione di equivalenza denita
ponendo per ogni x, y G : x y se xy
1
H.
Quindi linsieme Hx [ x G `e una partizione di G, e per ogni x, y G si ha
Hx = Hy se e solo se xy
1
H. Inoltre valgono le stesse osservazioni fatte per le
classi sinistre riguardo al loro numero e cardinalit`a. In particolare vale il Teorema di
Lagrange e il fatto che il numero di classi laterali destre modulo H coincide con [G : H] ,
il numero di classi laterali sinistre.
Osserviamo che, in generale, per un H G e un g G non `e detto che la classe
Hx coincida con la classe xH. Ad esempio, se G = S
3
e H = ,
1
`e il sottogruppo
generato dalla trasposizione
1
, allora:
H
2
=
2
,
1

2
=
2
, , =
2
,
2
=
2
H.
Ovviamente, se il gruppo G `e commutativo, allora Hx = xH per ogni H G ed ogni
x G.
Esercizio. Siano H e K sottogruppi del gruppo G e x, y G. Si provi che se Hx = Ky allora
H = K.
Soluzione. Sia Hx = Ky e osserviamo che allora x = 1x Ky e dunque Kx = Ky. Quindi,
se h H, allora hx Hx = Ky = Kx e quindi esiste k K tale che hx = kx cio`e
h = k K. Dunque H K. Analogamente si prova che K H e quindi H = K.
29
ESERCIZI
1. Si provi che linsieme

m
2
i
[ m Z, i N
`e un sottogruppo del gruppo (Q, +).
2. Si provi che linsieme
_
a b
0 d
_
[ a, b, d R, a ,= 0 ,= d `e un sottogruppo del gruppo
GL(2, R).
3. Sia X un insieme nito e sia B = Y [ Y X, [Y [ `e pari . Si provi che B `e un
sottogruppo del gruppo (T(X), ).
4. Siano a, b elementi del gruppo G tali che ab = ba. Si provi che linsieme a
u
b
v
[ u, v Z
`e un sottogruppo di G.
5. Si scriva la tavola di moltiplicazione di S
3
.
6. Sia R un rettangolo i cui lati adiacenti hanno lunghezza diversa. Si provi che il gruppo delle
simmetrie di R `e commutativo, ha ordine 4, e tutti i suoi elementi hanno ordine 2.
7. Nel gruppo moltiplicativo Q

si considerino i sottogruppi
A =<
1
2
>, B =<
1
3
>, C =< 2 >, D =< 2 > .
Si determinino A B, A C, C D, e [C : C D].
8. Sia G =< g > un gruppo ciclico di ordine 14. Si descrivano esplicitamente il sottogruppo di
ordine 7, ed i generatori di G.
9. Sia P = x R [ x > 0 . Si provi che P R

e si determini lindice [R

: P].
10. Sia : G G

un omomorsmo di gruppi e sia g un elemento di ordine nito di G. Si


provi che [(g)[ divide [g[.
11. Siano a, b elementi di un gruppo G tali che ab = ba e < a > < b >= 1
G
. Si provi che
[ab[ = m.c.m.([a[, [b[).
12. Per ogni intero k 1 sia U
k
= z C [ z
k
= 1 il gruppo moltiplicativo delle radici
k-esime dellunit`a. Sia n[m, si provi che U
n
U
m
e si determini lindice [U
m
: U
n
].
13. Siano H, K sottogruppi di ordine nito del gruppo G. Si provi che se ([H[, [K[) = 1 allora
H K = 1
G
.
14. Sia T =
m
3
i
[ m Z, i = 0, 1 . Si provi che Z T Q (additivamente). Si calcoli
quindi lindice [T : Z] trovando un opportuno insieme di rappresentanti di T modulo Z.
15. Sia p un primo. Si provi che se G `e un gruppo di ordine p
n
per qualche intero n 1, allora
G contiene un elemento di ordine p.
30
0.3 Sottogruppi normali e Quozienti
Sottogruppi normali
Denizione. Sia G un gruppo. Un sottogruppo H di G si dice sottogruppo normale
(e si scrive H G) se per ogni g G :
Hg = gH .
I sottogruppi normali sono molto importanti perch`e, come vedremo tra breve, sullinsieme
delle classi laterali modulo un sottogruppo normale (sinistre o destre non ha rilevanza
perch`e coincidono) `e possibile denire una operazione che lo rende un gruppo.
Dalla denizione segue immediatamente che in un qualunque gruppo G, il sottogruppo
banale 1
G
e G sono sottogruppi normali. Un gruppo G si dice semplice se 1
G
e
G sono i soli sottogruppi normali di G. Ad esempio ogni gruppo di ordine primo `e
semplice (perch`e per il Teorema di Lagrange in un gruppo G di ordine primo, 1
G
e G
sono i soli sottogruppi). I gruppi semplici sono estremamente importanti nella teoria dei
gruppi e in altri ambiti (la dimostrazione di Galois che non esiste una formula risolutiva
per le equazioni di quinto grado, o superiore, si basa sul fatto che un certo gruppo -
il cosiddetto gruppo alterno A
5
che deniremo pi` u avanti - `e semplice), tuttavia il loro
studio esula dal programma di questo corso.
Osserviamo inoltre che in un gruppo commutativo ogni sottogruppo `e normale. Questo,
tranne che per alcune eccezioni (il gruppo dei quaternioni che anche deniremo pi` u
avanti), non `e il caso dei gruppi non commutativi.
Esempio. Come osservato in precedenza il sottogruppo generato da una trasposizione
di S
3
non `e normale in S
3
. Consideriamo invece il sottogruppo A = , ,
2

generato dal ciclo di ordine 3. Allora [S


3
: A] = [S
3
[/[A[ = 2 e le classi laterali
sinistre di S
3
modulo A sono
A = A =
2
A e
1
A =
2
A =
3
A = S
3
A,
ognuna delle quali coincide con la classe laterale destra con lo stesso rappresentante;
quindi A S
3
.
Esercizio. Si dimostri che ogni sottogruppo di indice 2 di un gruppo `e normale.
Anche per la propriet`a di normalit`a `e conveniente disporre di un criterio che sia pi` u
maneggevole della verica diretta della denizione.
Lemma (Criterio di normalit`a). Sia H un sottogruppo del gruppo G. Allora sono
equivalenti:
i) H G .
ii) Per ogni h H e ogni g G : g
1
hg H .
31
Dimostrazione i) ii). Sia H normale in G, e siano h H, g G. Allora hg Hg =
gH quindi esiste h
1
H tale che hg = gh
1
da cui, moltiplicando a sinistra per g
1
, si
ottiene g
1
hg = h
1
H. Quindi H soddisfa la propriet`a ii).
ii) i). Supponiamo che il sottogruppo H soddis la propriet`a ii), e sia g G.
Sia x Hg, allora esiste h H tale che x = hg; quindi per la propriet`a soddisfatta
da H , g
1
x = g
1
hg H da cui segue x = g(g
1
hg) gH; dunque Hg gH.
Viceversa sia y = gh un generico elemento di gH; allora y = (ghg
1
)g Hg perch`e
ghg
1
= (g
1
)
1
h(g
1
) H. Quindi gH Hg e dunque Hg = gH e H G.
Se G `e un gruppo e g, x G , lelemento g
1
xg si chiama coniugato di x tramite
g; `e importante osservare che in genere si tratta di un elemento diverso da x (infatti,
g
1
xg = x xg = gx).
Esempio. Sia G linsieme di tutte le matrici reali
_
a b
0 c
_
con ac ,= 0 .
Si provi che G `e un gruppo. Si consideri quindi il sottoinsieme
N =
_
1 b
0 1
_
[ 0 ,= b R .
Proviamo che N G. Innanzi tutto occorre vericare che N `e un sottogruppo di G. Infatti
N non `e vuoto e per ogni x =
_
1 b
0 1
_
, y =
_
1 b
1
0 1
_
N :
xy
1
=
_
1 b
0 1
_ _
1 b
1
0 1
_
=
_
1 b b
1
0 1
_
N ;
dunque N G.
Verichiamo ora la normalit`a usando il criterio del Lemma. Siano
x =
_
1 s
0 1
_
N e g =
_
a b
0 c
_
G ,
allora
g
1
xg =
_
1
a

b
ac
0
1
c
_ _
1 s
0 1
_ _
a b
0 c
_
=
_
1
cs
a
0 1
_
N ;
quindi N G.
Esercizio. Si provi che se H, K sono sottogruppi normali del gruppo G allora H K G.
Pi` u in generale, se T `e una famiglia di sottogruppi normali di G allora

HF
G.
Gruppi quoziente
Sia G un gruppo e N G. Denotiamo con G/N linsieme delle classi laterali di G
modulo N, cio`e
G
N
= gN [ g G .
32
Su tale insieme deniamo una operazione (che si denota con lo stesso simbolo delloperazione
di G (quindi in generale semplicemente accostando gli elementi), ponendo, per ogni
xN, yN G/N :
(xN)(yN) = xyN .
Verichiamo che si tratta di una buona denizione. Infatti se x
1
, y
1
G sono tali
che
x
1
N = xN e y
1
N = yN ,
allora
x
1
x
1
N e y
1
y
1
N
poich`e N G , per il Lemma precedente si ha:
y
1
(x
1
x
1
)y N
e quindi
(xy)
1
(x
1
y
1
) = (y
1
x
1
)x
1
(yy
1
)y
1
= (y
1
x
1
x
1
y)(y
1
y
1
) N ,
dunque
xyN = x
1
y
1
N
il risultato non dipende dalla scelta dei rappresentanti delle classi.
(Si provi per esercizio che se N non `e normale allora non si pu`o denire una operazione
allo stesso modo.)
Teorema 0.3.1 Sia N un sottogruppo normale del gruppo G, allora linsieme G/N
con loperazione denita sopra `e un gruppo, detto Gruppo Quoziente (di G modulo
N), e si ha
1) 1
G/N
= 1
G
N = N ;
2) per ogni xN G/N : (xN)
1
= x
1
N .
Dimostrazione. Siano aN, bN, cN G/N , allora:
(aNbN)cN = abNcN = (ab)cN = a(bc)N = aNbcN = aN(bNcN)
dunque loperazione su G/N `e associativa.
Per ogni xN G/N si ha N xN = 1
G
N xN = (1
G
x)N = xN = xN N e
(xN)(x
1
N) = (xx
1
)N = 1
G
N = N ,
quindi G/N `e un gruppo con elemento identico la classe 1
G
N = N e tale che
(xN)
1
= x
1
N per ogni elemento xN G/N.
Osserviamo che se N G allora [G/N[ = [G : N]. In particolare, per il Teorema di
Lagrange, se G `e un gruppo nito allora lordine di G/N divide lordine di G.
Esempio. Consideriamo il gruppo S
3
ed il suo sottogruppo A =< > che abbiamo
visto essere normale. Allora S
3
/A = A,
1
A `e un gruppo, il cui elemento identico
`e A e loperazione `e data da:
33
A A = A, A
1
A =
1
A,
1
A A =
1
A,
1
A
1
A = A.
In notazione additiva il simbolo che si usa per loperazione del gruppo quoziente `e ancora
+; quindi se N `e un sottogruppo (normale) di un gruppo additivo A allora
A
N
= a +N [ a A ,
e per ogni a, b A
(a +N) + (b +N) = (a +b) +N ;
inoltre 0
A/N
= 0 +N = N e (a +N) = a +N.
(Si osservi che se N `e un sottogruppo di un gruppo commutativo A, allora A/N `e
un gruppo commutativo.)
Consideriamo il caso importante del gruppo Z. Poich`e Z `e un gruppo commutativo,
ogni suo sottogruppo `e normale. Sia n 1, allora come abbiamo visto nella sezione
precedente:
Z
nZ
= a +nZ [ a = 0, 1, 2, . . . , n 1 .
In quanto quoziente di Z esso `e un gruppo additivo di ordine n che si chiama il
gruppo delle classi resto modulo n, il cui elemento neutro `e 0 + nZ. Denoteremo
tale gruppo anche con Z
n
.
Per comodit`a, quando non ci siano ambiguit`a riguardo al modulo n, indicheremo gli
elementi di Z
n
(cio`e le classi di congruenza modulo n) semplicemente ponendo una
linea sopra al rappresentante: a invece di a +nZ.
La somma di classi si esegue sommando i rappresentanti (e riducendo poi modulo n). Cos`, se
n = 7:
Z
7
=
Z
nZ
= 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6 ;
e si ha ad esempio
4 + 5 = 9 = 2 4 = 4 = 3
4 [5 (6 + 2)] = 4 [(5 (6 + 2)] = 4 (3) = 7 = 0 .
Osserviamo che i quozienti di Z consentono di rispondere aermativamente alla domanda se
per ogni naturale n 1 esista un gruppo di ordine n (basta prendere Z
n
).
Esercizio. Si scriva la tabella di addizione del gruppo Z
7
.
Esercizio. Si osservi che, per ogni n N , Z
n
`e ciclico generato dallelemento 1. Pi` u in
generale, si provi che ogni quoziente di un gruppo ciclico `e ciclico.
Omomorsmi
Sia : G G

un omomorsmo di gruppi. Denotiamo con Im() limmagine


della applicazione , cio`e
Im() = (G) = (x) [ x G .
La proposizione seguente completa in un certo senso la Proposizione 9 della Sezione 1.
34
Proposizione 0.3.2 Sia : G G

un omomorsmo di gruppi; allora Im()


G

.
Dimostrazione. Chiaramente Im() ,= . Se a, b Im() allora esistono x, y G
tali che (x) = a, (y) = b , e quindi
ab
1
= (x)(y)
1
= (x)(y
1
) = (xy
1
) Im() ;
per il criterio dei sottogruppi, Im() G

.
Esercizio. Sia : G G

un omomorsmo di gruppi; si provi che per ogni g G e ogni


z Z : (g
z
) = ((g))
z
.
Denizione. Sia : G G

un omomorsmo di gruppi. Il nucleo Ker() di


`e linsieme degli elementi di G la cui immagine tramite `e lelemento identico; cio`e
Ker() = x G [ (x) = 1
G
=
1
(1
G
) .
Vediamo subito due importanti propriet`a del nucleo di un omomorsmo.
Teorema 0.3.3 Sia : G G

un omomorsmo di gruppi; allora Ker() G.


Dimostrazione. Innanzi tutto Ker() ,= , infatti (Proposizione 9 della sez. 1) (1
G
) =
1
G
e quindi 1
G
Ker(). Siano x, y Ker() , allora
(xy
1
) = (x)(y
1
) = (x)((y))
1
= 1
G
1
G
= 1
G

e quindi xy
1
Ker() ; per il criterio dei sottogruppi, Ker() G.
Siano ora x Ker() e g G , allora
(g
1
xg) = (g
1
)(x)(g) = ((g))
1
1
G
(g) = ((g))
1
(g) = 1
G

quindi g
1
xg Ker() e dunque, per il criterio di normalit`a, Ker() G.
Teorema 0.3.4 Sia : G G

un omomorsmo di gruppi; allora `e iniettivo


se e solo se Ker() = 1
G
.
Dimostrazione. () Sia un omomorsmo. Allora (1
G
) = 1
G
, e se `e iniettivo
nessun altro elemento di G ha immagine 1
G
; quindi Ker() = 1
G
.
() Sia un omomorsmo tale che Ker() = 1
G
, e siano x, y G tali che
(x) = (y). Allora
(xy
1
) = (x)(y
1
) = (x)(y)
1
= (x)(x)
1
= 1
G
,
cio`e xy
1
Ker() e quindi xy
1
= 1
G
da cui x = y ; dunque `e iniettivo.
Sia N un sottogruppo normale del gruppo G. Si verica facilmente che la applicazione
: G G/N
35
g l gN
`e un omomorsmo suriettivo di gruppi; si chiama la proiezione canonica di G su G/N.
Notiamo che
g ker() (g) = 1
G/N
gN = N g N ,
dunque Ker() = N.
Questultima osservazione, insieme con il Teorema 3, ci consente di aermare che un
sottoinsieme di un gruppo `e un sottogruppo normale se e solo se `e il nucleo di qualche
omomorsmo del gruppo.
Proveremo ora che se : G G

`e un omomorsmo di gruppi; allora G/Ker()


`e isomorfo a Im(). Si tratta di un fatto molto importante che dedurremo da una
versione per omomorsmi del Teorema 2 della prima dispensa.
Sia : G G

un omomorsmo di gruppi, sia K = Ker(), e sia : G G/K


la proiezione canonica. Cominciamo con losservare che la relazione

associata alla
applicazione coincide con la relazione
K
associata al sottogruppo K ; infatti, per
ogni x, y G :
x
K
y x
1
y K (x
1
y) = 1
G
(x)
1
(y) = 1
G

(x) = (y) x

y .
Quindi la classe di equivalenza modulo

di un qualunque elemento g di G coincide


con la classe laterale gK , e il quoziente G/K coincide con linsieme quoziente G/

.
Applicando il Teorema citato alla applicazione , si ha che esiste ununica applicazione
: G/K G

tale che `e iniettiva e = . Tale `e denita da, per ogni


gK G/K :
(gK) = (g) ;
inoltre (G/K) = Im().
Siano ora xK, yK G/K , allora
(xK yK) = (xyK) = (xy) = (x)(y) = (xK)(yK) ,
quindi tale `e un omomorsmo iniettivo di gruppi. Abbiamo quindi dimostrato il
Primo Teorema di Omomorsmo per Gruppi. Sia : G G

un omomor-
smo di gruppi, K = Ker(), e la proiezione canonica. di G su G/K. Allora
esiste un unico omomorsmo : G/K G

tale che = ; inoltre `e


iniettivo e Im() = Im().
Corollario 0.3.5 Sia : G G

un omomorsmo di gruppi. Allora


G
Ker()

Im(). (in particolare, se `e suriettivo allora G/Ker() G

.)
Il seguente esercizio `e una prima applicazione di questo risultato, e ne suggerisce la forza.
Esercizio. Sia : G H un omomorsmo di gruppi niti tali che ([G[, [H[) = 1. Si provi
che `e lomomorsmo banale, cio`e che (g) = 1
H
per ogni g G.
36
Soluzione. Sia K = Ker(), allora per il Teorema di omomorsmo G/K `e isomorfo a Im();
in particolare, [G/K[ = [Im()[. Ma, per il Teorema di Lagrange, [G/K[ = [G : K] divide
[G[ , e [Im()[ divide [H[. Poich`e [G[ e [H[ sono coprimi, deve essere [G/K[ = [Im()[ = 1 ,
cio`e G = K e quindi (g) = 1
H
per ogni g G.
Vediamo unaltra applicazione
Proposizione 0.3.6 Ogni gruppo ciclico `e isomorfo a un quoziente di Z.
Dimostrazione. Sia G =< g > un gruppo ciclico. Allora la applicazione : Z G denita
da, per ogni z Z : (z) = g
z
`e un omomorsmo suriettivo di gruppi. Per il Teorema di
omomorsmo, G `e isomorfo a Z/Ker(). (si completi il quadro, provando che Ker() = nZ
se [G[ = n , e Ker() = 0 se [G[ = - in particolare ogni gruppo ciclico innito `e isomorfo
a Z.)
Il primo Teorema di omomorsmo `e un risultato molto importante. Da un punto di
vista concettuale, esso dice che le immagini omomorfe di un gruppo si possono de-
scrivere allinterno del gruppo stesso, mediante la descrizione dei suoi quozienti. In
questo senso lo abbiamo utilizzato nellesercizio di sopra. Su un piano pratico pu`o essere
utile per provare, mediante la considerazione di opportuni omomorsmi, lesistenza di
determinati quozienti in un gruppo dato. Vediamo un esempio.
Esercizio. Sia R
+
il gruppo moltiplicativo dei numeri reali strettamente maggiori di zero. Si
provi che il gruppo moltiplicativo C

ha un quoziente isomorfo a R
+
.
Soluzione. Dato un numero complesso z = a +ib (a, b R), deniamo il modulo di z:
[z[ =
_
a
2
+b
2
.
Si verica facilmente che, per ogni z, z
1
C : [zz
1
[ = [z[[z
1
[, che per ogni a R
+
, [a[ = a, e
che [z[ = 0 z = 0. Quindi la applicazione C

R
+
che associa ad ogni z C

il suo
modulo `e un omomorsmo suriettivo di gruppi. Posto U il nucleo di tale omomorsmo, si ha,
per il primo Teorema di omomorsmo, che C

/U `e isomorfo a R
+
.
Per completare, osserviamo che U = z C

[ [z[ = 1 `e linsieme dei numeri complessi


che nel piano complesso stanno sulla circonferenza unitaria con centro lorigine. Gli elementi del
quoziente sono le circonferenze con centro lorigine e raggio non nullo.
Esercizio. Si provi che il gruppo additivo (C, +) ha un quoziente isomorfo al gruppo additivo
(R, +).
Esercizio. Si provi che il gruppo moltiplicativo C

ha un quoziente isomorfo al gruppo additivo


(R, +).
Se H, K sono sottoinsiemi di un gruppo G, si pone
HK = xy [ x H, y K .
Anche nel caso, che `e quello che ci interessa, in cui H e K sono sottogruppi, in
generale HK non `e un sottogruppo (vedi paragrafo seguente).
Ovviamente, in notazione additiva, invece di HK si scrive H + K = x + y [ x
H, y K .
Lemma 0.3.7 Sia G un gruppo e siano H G e N G. Allora HN `e un
sottogruppo di G.
37
Dimostrazione. 1
G
= 1
G
1
G
HN , quindi HN ,= . Siano ora, h, h
1
H , x, x
1
N ;
poich`e N `e normale, h
1
(xx
1
1
)h
1
1
N e quindi
(hx)(h
1
x
1
)
1
= hxx
1
1
h
1
1
= h(h
1
1
h
1
)xx
1
1
h
1
1
= (hh
1
1
)(h
1
xx
1
1
h
1
1
) HN
quindi HN G.
Lemma 0.3.8 Sia : G G

un omomorsmo suriettivo di gruppi. Allora


1) H G (H) G

;
2) H G (H) G

;
3) T G


1
(T) G;
4) T G


1
(T) G.
Dimostrazione. 1) E simile alla dimostrazione della Proposizione 1, e la lasciamo per
esercizio.
2) Sia H G , allora (H) G

per il punto 1). Siano a (H) , b G

. Poich`e
`e suriettiva, esistono h H , g G , tali che (h) = a e (g) = b. Essendo H G
si ha g
1
hg H e quindi
b
1
ab = (g
1
)(h)(g) = (g
1
hg) (H)
dunque (H) G

.
3) Sia T G

e
1
(T) la controimmagine di T. Poich`e 1
G
T , si ha 1
G

1
(T).
Se x, y
1
(T) allora (x), (y) T e quindi (xy
1
) = (x)(y)
1
T ; dunque

1
(T) G.
4) Sia T G

; allora
1
(T) G per il punto 3). Siano x
1
(T) , g G ; allora
(x) T e poich`e T `e normale in G

,
(g
1
xg) = (g
1
)(x)(g) = (g)
1
(x)(g) T ,
dunque
1
(T) G.
Osservazione. Si mostri con un esempio che il punto 2) di questo Lemma non vale in
generale se non `e suriettiva; mentre i punti 1), 3), 4) del Lemma valgono anche senza
lipotesi di suriettivit`a. Tale ipotesi non `e tuttavia molto restrittiva: dato un omomor-
smo : G G

, si pu`o sempre denire, poich`e (G) `e un gruppo, un omomorsmo


suriettivo restringendo a (G) il codominio originario di . Questa osservazione si
applica anche al prossimo Teorema che mostra che la struttura dei sottogruppi di una
immagine omomorfa (o, che `e la stessa cosa, di un quoziente) di un gruppo G si legge
a partire dalla struttura dei sottogruppi di G stesso.
Teorema di Corrispondenza. Sia : G G

un omomorsmo suriettivo di
gruppi e N = Ker(). Allora denisce una biezione tra linsieme dei sottogruppi
di G che contengono N e linsieme di tutti i sottogruppi di G

. Tale corrispondenza
conserva inclusioni e normalit`a.
Dimostrazione. Poniamo
L = H [ H G e N H
38
o = T [ T G

.
Per il punto 1) del Lemma 2 si pu`o denire una applicazione da L in o che associa
ad ogni elemento di L la sua immagine tramite . Deniamo cio`e la applicazione
: L o
H l (H) .
Chiaramente, se H, H
1
L e H H
1
, allora (H) (H
1
), e per il Lemma 2, se
H L `e normale in G allora (H) G

.
Rimane dunque da provare che `e biettiva. Sia T o e sia H =
1
(T). Allora
H G per il Lemma 2; inoltre, poich`e 1
G
T ,
N = Ker() =
1
(1
G
)
1
(T) = H ,
quindi H L e, per denizione di controimmagine, (H) T. Ma poich`e `e
suriettiva, (H) = (
1
(T)) = T , infatti se y T , esiste g G tale che
(g) = y ; tale g appartiene a
1
(T) = H. Quindi `e suriettiva.
Siano ora H, K L tali che (H) = (K) (cio`e (H) = (K)). Allora, per
ogni h H esiste g K tale che (g) = (h) ; quindi (hg
1
) = 1
G
, cio`e
hg
1
Ker() = N. Ma N K dunque hg
1
K da cui segue h K. Quindi
H K. Similmente si prova che K H. Dunque H = K e la applicazione `e
iniettiva, concludendo la dimostrazione.
Esercizio. Sia : G G

un omomorsmo suriettivo di gruppi e N = Ker(). Si provi che


per ogni N G,
1
((H)) = HN. Si provi che per ogni N H G, [G : H] = [G

: (H)].
Il Teorema di Corrispondenza dice in sostanza che, dato un omomorsmo suriettivo di
gruppi, il reticolo dei sottogruppi dellimmagine coincide con il reticolo dei sottogruppi
del dominio che contengono il nucleo. Una immediata e importante applicazione riguarda
i sottogruppi di un gruppo quoziente.
Teorema 0.3.9 Sia G un gruppo e N G. Allora i sottogruppi del gruppo quoziente
G/N sono tutti e soli quelli del tipo H/N al variare di H nellinsieme dei sottogruppi
di G che contengono N.
Dimostrazione. Si applica il Teorema di Corrispondenza alla proiezione canonica :
G G/N, che `e un omomorsmo suriettivo il cui nucleo `e N. Quindi i sottogruppi di
G/N sono le immagini tramite la proiezione dei sottogruppi H di G tali che N H.
Ora, se N H possiamo vedere N come sottogruppo di H ; chiaramente N H, e
si ha
(H) = (x) [ x H = xN [ x H =
H
N
.
Esempio. Consideriamo il caso di un quoziente Z
n
= Z/nZ. I suoi sottogruppi sono in
corrispondenza con i sottogruppi mZ di Z tali che mZ nZ. Si dimostri che mZ nZ se
e solo se m[n. Quindi, i sottogruppi di Z/nZ sono tutti e soli quelli del tipo
mZ
nZ
= x +nZ [ x mZ = mz +nZ [ z Z = mz +nZ [ 0 mz n 1
39
con m[n.
Ad esempio, sottogruppi di Z
12
= Z/12Z sono, utilizzando la convenzione di indicare con una
barra le classi resto (a + 12Z = a):
Z/12Z = 0, 1, 2, . . . , 11 ,
2Z/12Z = 0, 2, 4, 6, 8, 10 ,
3Z/12Z = 0, 3, 6, 9 ,
4Z/12Z = 0, 4, 8 ,
6Z/12Z = 0, 6 ,
12Z/12Z = 0 .
Secondo Teorema di Omomorsmo. Sia G un gruppo e siano H G e N G.
Allora:
1) H N H ;
2)
HN
N

H
HN
.
Dimostrazione. Consideriamo la restrizione : H G/N ad H della proiezione
canonica : G G/N (quindi (h) = hN per ogni h H). Allora `e un
omomorsmo di gruppi, e
Ker() = h H [ (h) = 1
G/N
= h H [ hN = N = h H [ h N = HN ,
in particolare, per il Teorema 3, H N H.
Osserviamo ora che, per il Lemma 1, HN G e che per ogni h H, n N : hnN =
hN, infatti h
1
(hn) = n N. Dunque
Im() = (h) [ h H = hN [ h H = hnN [ hn HN =
HN
N
.
Quindi, per per il Primo Teorema di Omomorsmo
H
H N

HN
N
.
Esempi. 1) Nel gruppo S
3
consideriamo il sottogruppo normale A =< > ed il sottogruppo
T = ,
1
generato dalla trasposizione
1
. Allora S
3
= AT e A T = ; quindi, per il
secondo Teorema di omomorsmo
S
3
A
=
AT
A

T
A T
= T .
(lisomorsmo da T a S
3
/A `e dato da l A,
1
l
1
A.)
2) Abbiamo osservato in precedenza che per ogni n, m N,
nZ +mZ = (n, m)Z e nZ mZ = [n, m]Z .
Quindi per il secondo Teorema di omomorsmo
(n, m)Z
nZ
=
nZ +mZ
nZ

mZ
nZ mZ
=
mZ
[n, m]Z
;
(si determini esplicitamente un isomorsmo tra questi due gruppi).
In particolare, se (n, m) = 1 , Z/nZ mZ/nmZ; ad esempio 3Z/12Z Z/4Z.
Esiste anche un cosiddetto terzo teorema di omomorsmo che enunciamo solamente, lasciando
la dimostrazione per esercizio.
40
Teorema 0.3.10 Siano H, K sottogruppi normali del gruppo G e sia K H, allora
H
K

G
K
e
G
H

G/K
H/K
.
Ad esempio, se m[n allora
Z/nZ
mZ/nZ

Z
mZ
.
Prodotto di gruppi
Dati due sottoinsiemi A e B di un gruppo G, abbiamo denito prodotto di A e di B il
sottoinsieme di G
AB = ab[ a A, b B
Se A e B sono sottogruppi di G, il prodotto AB non `e necessariamente un sottogruppo,
come mostra il seguente esempio.
Esempio Consideriamo in S
3
i sottogruppi T
1
=<
1
> e T
2
=<
2
>, dove
1
=
_
1 2 3
1 3 2
_
e
2
=
_
1 2 3
3 2 3
_
. Allora AB = ,
1
,
2
,
1

2
non `e un sottogruppo di G, dato che
1

2
=
_
1 2 3
3 2 1
_
e quindi (
1

2
)
1
=
_
1 2 3
2 3 1
_
, AB.
Proposizione 0.3.11 Siano A, B sottogruppi di un gruppo G. Allora
AB `e un sottogruppo di G se e solo se AB = BA.
Dimostrazione. ) Supponiamo che AB sia un sottogruppo di G. Sia x = ba BA,
con b B e a A. Allora b = 1
G
b AB e a = a1
G
AB e quindi, siccome AB `e un
sottogruppo, x AB. Segue BA AB. Sia, viceversa, x AB. Allora, sfruttando
ancora lipotesi AB G, x
1
AB e quindi x
1
= ab con a A e b B. Dunque
x = b
1
a
1
BA e AB BA.
) Supponiamo AB = BA. Siano x
1
, x
2
AB con x
1
= a
1
b
1
e x
2
= a
2
b
2
, a
1
, a
2
A,
b
1
, b
2
B. Abbiamo x
1
x
1
2
= a
1
b
1
b
1
2
a
1
2
. Osserviamo che b
1
b
1
2
a
1
2
BA = AB e
quindi b
1
b
1
2
a
1
2
= a
3
b
3
per opportuni a
3
A e b
3
B. Dunque x
1
x
1
2
= a
1
a
3
b
3
AB
e, dato che AB `e non vuoto (1
G
= 1
G
1
G
AB), AB `e un sottogruppo di G.
La condizione di cui sopra e sicuramente vericata se almeno uno dei due sottogruppi
`e normale:
Corollario 0.3.12 Sia N G. Allora per ogni B G, NB = BN e NB G.
Esercizio. Pi` u in generale, se A, B G e b
1
Ab = A per ogni b B, allora AB G.
41
Lemma 0.3.13 Siano A e B sottogruppi del gruppo G. Allora
a) ogni elemento g AB si pu`o scrivere in [A B[ modi distinti come prodotto di un
elemento di A e di un elemento di B;
b) [AB[[A B[ = [A[[B[. Se G `e nito,
[AB[ =
[A[[B[
[A B[
Dimostrazione. a) Consideriamo lapplicazione : AB G denita ponendo, per ogni
(a, b) AB, ((a, b)) = ab. Osserviamo che, in generale, non `e un omomorsmo.
E immediato osservare che Im() = AB. Sia g AB, g = ab con a A e b B, e
proviamo che
1
(g) = (at, t
1
b)[ t A B. Infatti ((at, t
1
b)) = g e se, per c A
e d B, ((c, d)) = cd = g = ab allora t = a
1
c = bd
1
A B e c = at, b = t
1
b.
Quindi [
1
(g)[ = [AB[ ovvero per [AB[ coppie distinte (c, d) AB vale g = cd.
b) Linsieme delle controimmagini
1
(g) `e una partizione di AB e quindi
[AB[ = [A[[B[ =
gAB
[
1
(g)[ = [AB[[A B[.
Osservazione. Dal Lemma precedente segue, in particolare, che se A, B G e AB =
1
G
allora ogni g AB si rappresenta in modo unico come prodotto di un elemento di
A e di un elemento di B.
Esempio Siano A =< > e T =< > sottogruppi del gruppo simmetrico S
3
, dove =
_
1 2 3
2 3 1
_
e e una trasposizione. Per il Corollario, AT `e un sottogruppo di S
3
, dato che
A S
3
. Inoltre, poich`e A T = ,
[AT[ =
[A[[T[
[A T[
= 3 2 = [S
3
[
e quindi AT = S
3
.
Consideriamo ora un tipo di prodotto molto importante, il prodotto diretto:
Denizione. Sia G un gruppo e H, K sottogruppi di G. G si dice prodotto diretto
(interno) di H e K se:
1) G = HK ;
2) H, K G ;
3) H K = 1
G
.
In tal caso scriviamo: G = H K.
Esercizi 1) Sia G = z C[ z
6
= 1 il gruppo moltiplicativo delle radici seste dellunit`a e siano
H = z C[ z
3
= 1 e K = z C[ z
2
= 1 sottogruppi di G. Provare che G = H K.
2) Sia : G G
0
un isomorsmo di gruppi e H, K G. Provare che se G = H K allora
G
0
= H
0
K
0
, con H
0
= (H) e K
0
= (K).
Diamo ora una descrizione alternativa del prodotto diretto di due sottogruppi:
42
Teorema 0.3.14 Sia G un gruppo e H, K G. Allora G = H K se e solo se:
a) ogni elemento di G si scrive in uno ed un solo modo come prodotto di un elemento
di H e di un elemento di K;
b) per ogni h H, k K, hk = kh.
Dimostrazione. Sia G = H K. Poich`e G = HK, per ogni g G esistono h H,
k K tali che g = hk. Ma H K = 1
G
e dunque per il Lemma 4.3 tale scrittura
`e unica e a) `e dimostrata. Siano inne h H, k K e x = h
1
k
1
hk. Siccome
K G, h
1
k
1
h K e quindi x = (h
1
k
1
h)k K. Analogamente, dato che H G,
k
1
hk H e x = h
1
(k
1
hk) H. Dunque x H K = 1
G
. Segue kh = kh1
G
=
khh
1
k
1
hk = hk e pertanto vale b).
Supponiamo viceversa che valgano a) e b). Se g G, per a) esistono h H, k K tali
che g = hk. Quindi G HK ovvero HK = G. Lunicit`a di scrittura, per il Lemma 4.3,
equivale a H K = 1
G
. Resta da provare H, K G. Sia g G, g = hk con h H,
k K, e sia x K. Allora, dato che per b) xh = hx, abbiamo g
1
xg = k
1
h
1
xhk =
k
1
h
1
hxk = k
1
xk K. Quindi K `e un sottogruppo normale di G. Analogamente si
prova che anche H `e un sottogruppo normale di G.
Fino a qui abbiamo considerato il prodotto di due sottogruppi di un gruppo. Possiamo
ora introdurre un concetto pi` u generale, il prodotto diretto (esterno) di gruppi arbitrari,
ovvero non necessariamente contenuti in un comune gruppo ambiente.
Denizione. Dati i gruppi G
1
, G
2
si denisce prodotto diretto (esterno) di G
1
e
G
2
linsieme G
1
G
2
= (g
1
, g
2
)[ g
1
G
1
, g
2
G
2
con loperazione denita ponendo,
per (g
1
, g
2
), (h
1
, h
2
) G
1
G
2
,
(g
1
, g
2
)(h
1
, h
2
) = (g
1
h
1
, g
2
h
2
)
Esercizio: Vericare che loperazione data denisce una struttura di gruppo su G
1
G
2
.
Proposizione 0.3.15 Sia G = G
1
G
2
il prodotto diretto esterno dei gruppi G
1
e G
2
e siano
H
1
= (g
1
, 1
G
2
)[ g
1
G
1
e H
2
= (1
G
1
, g
2
)[ g
2
G
2
. Allora :
1) H
1
e H
1
sono sottogruppi normali di G ;
2) H
1
G
1
e H
2
G
2
;
3) G `e prodotto diretto interno dei sottogruppi H
1
e H
2
.
Dimostrazione. Siano
1
: G G
1
e
2
: G G
2
applicazioni denite ponendo, per
g = (g
1
, g
2
) G,
1
(g) = g
1
e
2
(g) = g
2
. Poiche
1
,
2
sono omomorsmi (vericare
per esercizio), i rispettivi nuclei Ker(
1
) = H
2
e Ker(
2
) = H
1
sono sottogruppi normali
di G. Inoltre, le restrizioni
1|H
1
: H
1
G
1
e
2|H
2
: H
2
G
2
sono isomorsmi. La
suriettivit`a segue infatti subito dalla denizione dei
i
. Inoltre, Ker(
1|H
1
) = H
1

H
2
= 1
G
e, analogamente, Ker(
2|H
2
) = 1
G
e quindi i
1
e
2
sono iniettivi.
Dunque 1) e 2) sono provate. Per provare 3) osserviamo che, se g = (g
1
, g
2
) G,
43
g = (g
1
, 1
G
2
)(1
G
1
, g
2
) H
1
H
2
e quindi G = H
1
H
2
. Inoltre, per ogni (g
1
, 1
G
2
) H
1
e
(1
G
1
, g
2
) H
2
, vale (g
1
, 1
G
2
)(1
G
1
, g
2
) = (g
1
, g
2
) = (1
G
1
, g
2
)(g
1
, 1
G
2
).
Osservazione: Per la Proposizione 4.4, ogni gruppo isomorfo al prodotto diretto esterno
di due gruppi `e prodotto diretto interno di sottogruppi isomor ai gruppi dati. Nel
seguito, quindi, parleremo semplicemente di prodotto diretto, tralasciando la distinzione
tra i casi interno ed esterno.
Esercizio Siano C
n
e C
m
gruppi ciclici di ordine rispettivamente n e m. Provare che il prodotto
diretto C
n
C
m
`e ciclico se e solo se (n, m) = 1.
Fino a qui abbiamo considerato prodotti di due gruppi. Pi` u in generale, se H
1
, H
2
, . . . , H
n
sono
sottogruppi di G, possiamo denire il prodotto
H
1
H
2
. . . H
n
= g G[ g = h
1
h
2
. . . h
n
con h
i
H
i
, i = 1, 2, . . . , n
Esercizio Provare che se H
1
, H
2
, . . . , H
n
sono sottogruppi normali di G allora H
1
H
2
. . . H
n
`e
un sottogruppo di G.
Deniamo ora il prodotto diretto (esterno) di n gruppi, dove n `e un qualunque intero positivo.
Denizione Siano G
1
, G
2
, . . . , G
n
gruppi (n N
0
). Nell insieme
G
1
G
2
. . . G
n
= (g
1
, g
2
, . . . , g
n
)[ g
i
G
i
per i = 1, 2, . . . , n
deniamo una operazione ponendo:
(g
1
, g
2
, . . . , g
n
)(h
1
, h
2
, . . . , h
n
) = (g
1
h
1
, g
2
h
2
, . . . , g
n
h
n
)
Rispetto a tale operazione G
1
G
2
. . . G
n
`e un gruppo, detto prodotto diretto (esterno)
dei gruppi G
1
, G
2
, . . . , G
n
.
Osserviamo che, se G = G
1
G
2
. . .G
n
, 1
G
= (1
G
1
, 1
G
2
, . . . , 1
G
n
) e, per ogni (g
1
, g
2
, . . . , g
n
)
G, (g
1
, g
2
, . . . , g
n
)
1
= (g
1
1
, g
1
2
, . . . , g
1
n
).
Analogamente a quanto visto nella Proposizione 4.4, ogni prodotto diretto esterno `e prodotto
di opportuni sottogruppi, isomor ai fattori esterni. La dimostrazione del seguente risultato,
che omettiamo, `e simile a quella della Proposizione 4.4.
Proposizione 0.3.16 Sia G = G
1
G
2
. . . G
n
il prodotto diretto esterno dei gruppi G
i
e
sia, per i = 1, 2, . . . , n,
H
i
= (1
G
1
, 1
G
2
, . . . , g
i
, . . . , 1
G
n
)[ g
i
G
i
.
Allora:
(1) H
i
G
(2) G = H
1
H
2
. . . H
n
(3) H
i
H
1
H
2
. . . H
i1
H
i+1
. . . H
n
= 1
G
, per ogni i 1, 2, . . . , n
(4) H
i
G
i
, per ogni i 1, 2, . . . , n.
44
Denizione. Sia Gun gruppo e H
1
, H
2
, . . . , H
n
sottogruppi di Gche vericano le condizioni (1),
(2) e (3) della Proposizione 4.6. Allora G si dice prodotto diretto (interno) dei sottogruppi
H
1
, H
2
, . . . , H
n
.
Osservazioni
1) Nel seguito non distingueremo tra prodotto diretto esterno ed interno e parleremo semplice-
mente di prodotto diretto.
2) La condizione (3) non puo essere indebolita richiedendo semplicemente
H
j
H
j
= 1 per ogni i ,= j. Sia infatti, ad esempio, G = C
1
C
2
il prodotto di-
retto di due gruppi ciclici di ordine 2, C
1
=< x
1
> e C
2
=< x
2
>. Il gruppo G, che `e
abeliano, ha tre sottogruppi normali di ordine 2, H
1
=< (x
1
, 1) >, H
2
=< (1, x
2
) > e
H
3
=< (x
1
, x
2
) >. H
1
, H
2
e H
3
si intersecano a due a due trivalmente, ma ognuno di essi
`e contenuto nel prodotto degli altri due, che `e G stesso.
3) Nel caso di gruppi in notazione additiva, si usa di solito lespressione somma diretta al
posto di prodotto diretto.
Esempio. Il gruppo additivo (R
n
, +) dello spazio vettoriale R
n
di dimensione n sul campo reale
`e isomorfo alla somma diretta di n copie del gruppo additivo (R, +).
Automorsmi
Ricordiamo che un automorsmo di un gruppo G `e un isomorsmo di G in se stesso.
Abbiamo osservato (pagina 13) che
Linsieme degli automorsmi di G con loperazione di composizione `e un gruppo.
Tale gruppo, il cui elemento identico `e lidentit`a
G
, si denota con Aut(G).
Particolari automorsmi di un gruppo G sono i coniugi. Dato g G, si denisce una
applicazione

g
: G G
x l g
1
xg
che si chiama coniugio tramite lelemento g.
Proposizione 0.3.17 Sia G un gruppo, allora per ogni g G,
g
Aut(G).
Dimostrazione. Fiassato g G, siano x, y G; allora

g
(xy) = g
1
xyg = g
1
xgg
1
yg =
g
(x)
g
(y) ,
quindi
g
`e un omomorsmo. Verichiamo che `e iniettivo; sia x Ker(
g
), allora
g
1
xg = 1
G
da cui, moltiplicando a sinistra per g e a destra per g
1
si ottiene
x = 1
G
, quindi Ker(
g
) = 1
G
e per il Teorema 4
g
`e iniettiva. Inne,
g
`e
suriettiva perch`e per ogni y G, y = g
1
gyg
1
g =
g
(gyg
1
. Dunque
g
`e biettiva
e quindi un automorsmo di G.
Sia g G e S G. Limmagine di S tramite lautomorsmo
G
si chiama
coniugato di S tramite g, e si denota con g
1
Sg o, pi` u comodamente, con S
g
.
Quindi
S
g
= g
1
xg [ x S .
45
Questo concetto `e particolarmente rilevante nel caso in cui S sia un sottogruppo di G.
Ad esempio, si provi per esercizio la seguente importante osservazione
Proposizione 0.3.18 Sia H un sottogruppo del gruppo G. Allora H G se e solo se
H coincide con tutti i suoi coniugati (cio`e H = H
g
per ogni g G).
Osserviamo che se G `e commutativo, allora per ogni x, g G, g
1
xg = g
1
gx = x.
Quindi se G `e commutativo ogni coniugazione `e lidentit`a. Le coniugazioni sono quindi
rilevanti solo per i gruppi non commutativi, nel qual caso sono gli automorsmi pi` u
importanti.
Sia G un gruppo e un automorsmo di G. Linsieme degli elementi di G che
sono mandati in se stessi da si dice insieme dei punti ssi di . Chiaramente 1
G
`e un punto sso per ogni automorsmo; il prossimo Lemma asserisce che linsieme dei
punti ssi `e sempre un sottogruppo di G. La dimostrazione `e immediata e la lasciamo
per esercizio.
Lemma 0.3.19 . Sia G un gruppo e Aut(G); allora linsieme x G [ (x) =
x `e un sottogruppo di G.
Sia G un gruppo e g G. Linsieme degli elementi di G che commutano con g si
chiama centralizzante di g e si denota con C
G
(g). Quindi
C
G
(g) = x G [ gx = xg .
Ora, gx = xg se e solo se x = g
1
xg =
g
(x). Quindi il centralizzante di g non `e
altro che linsieme dei punti ssi di
g
, dunque per il Lemma precedente,
per ogni g G, C
G
(g) G.
(Si dimostri questo fatto direttamente dalla denizione di centralizzante)
Denizione. Sia Gun gruppo. Il centro di G`e linsieme degli elementi che commutano
con tutti gli elementi di G. Esso si denota con Z(G).
Quindi Z(G) = x G [ xg = gx per ogni g G , e anche
Z(G) =

gG
C
G
(g) .
Chiaramente 1
G
Z(G), e G `e commutativo se e solo se G = Z(G).
Esercizio. Si provi che per ogni gruppo G si ha Z(G) G.
Esercizio. Sia G un gruppo e x, y G. Si provi che
x
=
y
se e solo se x
1
y Z(G).
Osserviamo che pu`o bene vericarsi il caso che Z(G) si riduca al sottogruppo banale; ad
esempio, vericate che Z(S
3
) = .
Il resto di questa sezione `e di carattere complementare, ma `e una interessante e istruttiva appli-
cazione del Teorema di omomorsmo.
Dato un gruppo G denotiamo con Inn(G) =
G
[ g G linsieme di tutte le coniugazioni
di G.
46
Proposizione 0.3.20 Sia G un gruppo. Allora Inn(G) Aut(G).
Dimostrazione. Innanzi tutto osserviamo che, per ogni g, x G ,

g
1
g
(x) =
g
1(g
1
xg) = gg
1
xgg
1
= x =
G
(x)
quindi
g
1 =
1
g
. Proviamo ora che Inn(G) `e un sottogruppo di Aut(G). Abbiamo appena
visto che Inn(G) contiene linverso di ogni suo elemento. Verichiamo quindi la chiusura: siano

g
,
h
Inn(G); allora per ogni x G ,

g

h
(x) =
g
(h
1
xh) = g
1
h
1
xhg = (hg)
1
x(hg)
hg
quindi
g

h
=
hg
Inn(G). Poich`e
G
=
1
G
Inn(G), si ha quindi Inn(G) Aut(G).
Verichiamo ora la normalit`a. Siano
g
Inn(G) e Aut(G). Allora, per ogni x G ,

1

g
(x) =
1

g
((x)) =
1
(g
1
(x)g) =
=
1
(g
1
)
1
((x))
1
(g) =
1
(g)
1
x
1
(g) =

1
(g)
,
quindi
1

g
=

1
(g)
Inn(G). Per il criterio di normalit`a, Inn(G) Aut(G).
Teorema 0.3.21 Sia G un gruppo. Allora Inn(G) G/Z(G).
Dimostrazione. Consideriamo la applicazione
: G Inn(G)
g l
g
1
`e un omomorsmo di gruppi; infatti dalla dimostrazione della Proposizione precedente segue
che, per ogni g, h G ,
(g)(h) =
g
1
h
1 =
h
1
g
1 =
(gh)
1 = (gh) .
Ora, g Ker(), se e solo se
g
1 =
G
, se e solo se gxg
1
= x per ogni x G, se e solo
se gx = xg per ogni x G, se e solo se g Z(G). Quindi Ker() = Z(G). Poich`e `e
suriettiva per denizione di Inn(G), per il primo Teorema di omomorsmo si conclude che
G
Z(G)
Inn(G)
come si voleva dimostrare.
Esercizio. Si provi che Aut(S
3
) = Inn(S
3
) S
3
.
ESERCIZI
1. Sia G un gruppo tale che (xy)
3
= x
3
y
3
per ogni x, y G. Si provi che x
3
[ x G `e un
sottogruppo normale di G.
2. Sullinsieme W = R

R si denisca una operazione ponendo, per ogni (a, b), (a


1
, b
1
) W :
(a, b)(a
1
, b
1
) = (aa
1
, ab
1
+b) .
Si provi che, con tale operazione, W `e un gruppo. Si dimostri che K = (1, b) [ b R `e un
sottogruppo normale, e che W/K R

.
47
3. Siano N, M sottogruppi normali del gruppo G tali che N M = 1
G
. Si provi che, per
ogni x N, y M si ha xy = yx.
4. Si provi che per ogni elemento x del gruppo (additivo) G = Q/Z esiste un n 1 tale che
nx = 0
G
.
5. Sia H un sottogruppo proprio del gruppo additivo dei razionali Q. Si provi che [Q : H] = .
6. Sia U
n
= z C [z
n
= 1 il gruppo moltiplicativo delle radici n-esime dellunit`a. Si provi
che C

/U
n
`e isomorfo a C

. [Si usi il fatto che per ogni z C

esiste a C

tale che a
n
= z].
7. Sia G un gruppo nito e siano H, K G tali che [H[
2
> [G[ e [K[
2
> [G[. Si provi che
H K ,= 1
G
.
8. Siano G, N i gruppi deniti nellesempio a pagina 31. Si provi che G/N R

. [Si
cominci col trovare un omomorsmo suriettivo da G in R

.]
9. Sia P linsieme dei numeri reali strettamente maggiori di 0. Si provi che R

= 1, 1 P.
10. Si provi che il gruppo Z Z non `e ciclico.
11. Si determinino tutti i coniugati in S
3
del sottogruppo T =<
1
>.
12. Sia G un gruppo e H G. Il normalizzatore di H in G `e linsieme
N
G
(H) = g G [ g
1
Hg = H
(si osservi che H G se e solo se N
G
(H) = G). Si dimostri che H N
G
(H) G.
13. Nel gruppo G = GL(2, R) si determini il centralizzante C
G
(g) dellelemento
g =
_
1 1
0 2
_
. Si determini quindi Z(GL(2, R))
14. Sia G =< g > un gruppo ciclico.
i) Si provi che se , sono omomorsmi di G nel medesimo gruppo H, e (g) = (g), allora
= .
ii) Si provi che per ogni Aut(G), (g) `e un generatore di G.
iii) Si provi che se [G[ = n allora [Aut(G)[ = (n), dove `e la funzione di Eulero.
15. Si determini Aut(Z).
48
0.4 Azioni di Gruppi
Il concetto di azione di un gruppo `e molto importante in matematica. Abbiamo visto
nelle sezioni precedenti che linsieme di tutte le permutazioni di un insieme `e un gruppo,
linsieme di tutti gli automorsmi di un gruppo `e un gruppo, e che linsieme delle sim-
metrie di un sistema di punti del piano `e un gruppo. Questi gruppi possono essere visti
come costituiti dallinsieme delle biezioni che conservano una certa struttura (gli au-
tomorsmi di un gruppo G sono biezioni che conservano loperazione, le simmetrie di
una gura piana sono biezioni del piano che conservano la gura stessa - che possiamo
intendere come una struttura geometrica, le permutazioni semplicemente conservano
una struttura nulla). Questo `e un fenomeno molto generale; un altro esempio `e dato
dallinsieme di tutti gli automorsmi di uno spazio vettoriale, che costituisce un gruppo.
Detto in modo informale, una azione di un gruppo G signica un omomorsmo del
gruppo G nel gruppo delle biezioni su una certa struttura. Ad esempio, sia V uno
spazio vettoriale di dimensione n sui reali e B una sua base ssata, allora ad ogni matrice
quadrata reale invertibile di ordine n si associa una applicazione lineare denita rispetto
alla base B, e ci`o denisce un isomorsmo del gruppo GL(n, R) nel gruppo Aut
R
(V ) di
tutte le applicazioni lineari invertibili di V in se stesso; questa `e una azione di GL(n, R)
come gruppo di applicazioni lineari.
In questa sezione studieremo alcuni tipi di azione; come gruppi di permutazioni (si
chiamano azioni su un insieme), come gruppi di simmetrie di una gura piana, e come
gruppi di automorsmi di un gruppo. Le azioni come gruppi di permutazioni sono in un
certo senso quelle fondamentali e sottendono a tutti gli altri tipi di azione; inizieremo
quindi con esse. Per prima cosa introdurremo qualche strumento generale per lavorare
con i gruppi simmetrici.
Permutazioni
Ricordiamo che, se I `e un insieme, si dice permutazione su I una qualunque applicazione
biunivoca di I in s`e e si denota con Sym(I) il gruppo, rispetto alla composizione,
delle permutazioni su I. Se I e J sono due insiemi della stessa cardinalit`a, allora
Sym(I) Sym(J). Se I `e un insieme nito di n elementi possiamo quindi assumere
che sia I = 1, 2, . . . , n. Di solito, invece di Sym(1, 2, . . . , n), viene usato il simbolo
S
n
.
Ogni S
n
pu`o essere rappresentata nel modo seguente:
=
_
1 2 . . . i . . . n
(1) (2) . . . (i) . . . (n)
_
Esiste per`o una rappresentazione per molti aspetti pi` u conveniente:
Esempio. Sia =
_
1 2 3 4 5 6 7
3 2 5 4 1 7 6
_
S
7
. Osserviamo che (1) = 3, (3) = 5 e
(5) = 1 ovvero 1

3

5

1. Inoltre, 2

2, 4

4 e 6

7

6. Scriviamo allora
49
= (1 3 5)(6 7).
Cominciamo introducendo il concetto di permutazione ciclica (o ciclo) :
Denizione. : Una permutazione S
n
si dice un ciclo di lunghezza k (o un
k-ciclo), per k intero, k > 1, se esiste un sottoinsieme di ordine k i
1
, i
2
, . . . , i
k

1, 2, . . . , n tale che
(a) (i
1
) = i
2
, (i
2
) = i
3
, . . ., (i
k1
) = i
k
, (i
k
) = i
1
;
(b) (j) = j per ogni j 1, 2, . . . , n i
1
, i
2
, . . . , i
k
.
Scriviamo allora
= (i
1
i
2
. . . i
k
).
Osservazioni. 1) Se `e un k-ciclo, = (i
1
i
2
. . . i
k
), possiamo anche scrivere in modo
equivalente
= (i
2
i
3
. . . i
k
i
1
) = (i
3
i
4
. . . i
k
i
1
i
2
) = . . . .
2) Se = (i
1
i
2
. . . i
k
) `e un k-ciclo, allora
2
(i
1
) = i
3
,
2
(i
2
) = i
4
, . . . ,
2
(i
k
) = i
2
e,
pi` u in generale, per 1 r k

r
(i
j
) = i
j+r
se j +r k

r
(i
j
) = i
j+rk
se j +r > k .
Notazione. A dierenza di quanto convenuto per le applicazioni, da questo momento
scriveremo le permutazioni a destra degli elementi cui vengono applicate e cambieremo di
conseguenza anche la notazione della composizione di due permutazioni. Se
1
,
2
S
n
e i 1, 2, . . . , n, denoteremo con i
1
limmagine di i tramite
1
e con
1

2
la permu-
tazione ottenuta componendo prima
1
e poi
2
. Pertanto, per ogni i 1, 2, . . . , n,
i
1

2
= (i
1
)
2
.
Esempio. Consideriamo in S
5
le permutazioni
=
_
1 2 3 4 5
1 4 2 3 5
_
e =
_
1 2 3 4 5
3 2 1 4 5
_
.
`e un 3-ciclo, = (2 4 3), e `e un 2-ciclo, = (1 3). La composizione =
_
1 2 3 4 5
3 4 2 1 5
_
`e un 4-ciclo: = (1 3 2 4).
Denizione. Data una permutazione S
n
, si dice supporto di linsieme
supp() = i[ i 1, 2, . . . , n, i ,= i
degli elementi mossi dalla .
Esempi. 1) Se =
_
1 2 3 4 5 6 7
2 1 3 6 5 4 7
_
S
7
, supp() = 1, 2, 4, 6.
2)Se = (i
1
i
2
. . . i
k
) `e un k-ciclo (k > 1), allora supp() = i
1
, i
2
, . . . , i
k
.
50
Se = , supp() = .
Osserviamo che, come segue subito dalla denizione, per ogni permutazione vale
supp(
1
) = supp() .
Denizione. Due cicli
1
,
2
S
n
si dicono disgiunti se supp(
1
) supp(
2
) = .
Proposizione 0.4.1 1) Se = (i
1
i
2
. . . i
k
) allora
1
= (i
k
i
k1
. . . i
1
) .
2) Se e un k-ciclo, allora [[ = k .
3) Se
1
,
2
sono cicli disgiunti, allora sono permutabili :
1

2
=
2

1
.
Dimostrazione. 1) Sia = (i
k
i
k1
. . . i
1
). Se j , i
1
, i
2
, . . . , i
k
chiaramente j = j =
j. Se j i
1
, i
2
, . . . , i
k
, si verica immediatamente che vale ancora j = j = j.
2) Se e un k-ciclo, allora
k
= . Daltra parte, se h e un intero positivo, h < k,
abbiamo i
1

h
= i
h+1
, dato che h + 1 k. Quindi i
1
,= i
1
e
h
,= .
3) Siano
1
,
2
S
n
tali che supp(
1
) supp(
2
) = e sia j 1, 2, . . . , n. Se
j , supp(
1
) supp(
2
), allora j
1

2
= j = j
2

1
. Se j supp(
1
) e i = j
1
, allora
i supp(
1
) e dunque i, j , supp(
2
). Quindi j
1

2
= i
2
= i = j
1
= j
2

1
. Se
j supp(
2
) si procede analogamente. Dunque
1

2
=
2

1
.
Teorema 0.4.2 Ogni permutazione S
n
, ,= , si pu`o esprimere come prodotto
=
1

2
. . .
t
di cicli disgiunti
1
,
2
, . . . ,
t
S
n
. Tale decomposizione `e unica, a meno dellordine
dei fattori.
Dimostrazione. Procediamo per induzione sullordine di supp(). Scegliamo i supp()
e sia J = i
m
[ m intero positivo . Poich`e J 1, 2, . . . , n, esistono sicuramente due
interi positivi a e b, b > a, tali che i
b
= i
a
e quindi i
ba
= i. Denotiamo con k
il minimo dellinsieme h[ h N
0
, i
h
= i, non vuoto per quanto appena osservato, e
siano i
1
= i, i
2
= i, . . . , i
k
= i
k1
. Dunque J = i
1
, i
2
, . . . , i
k
e, considerando il
k-ciclo = (i
1
i
2
. . . i
k
), abbiamo j
1
= j per ogni j J. Quindi supp(
1
) =
supp() J. Se
1
= allora = `e un ciclo. Altrimenti, applicando lipotesi di
induzione, abbiamo
1
=
2

3
. . .
t
con
2
,
3
, . . . ,
t
S
n
cicli disgiunti. Dunque
=
2
. . .
t
`e prodotto di cicli disgiunti, dato che supp() = J e supp(
u
) supp()J
per ogni 2 u t. Supponiamo inne che =
1

2
. . .
t
e =
1

2
. . .
u
siano
due decomposizioni di in prodotto di cicli disgiunti e sia i supp(
1
). Poiche,
in particolare, i supp(), esiste un
j
per cui i supp(
j
). Dato che le
j
sono
permutabili, possiamo supporre i supp(
1
). Allora, come si verica facilmente, deve
essere
1
=
1
. Dunque, procedendo per induzione come sopra, segue t = u e
j
=
j
per ogni 1 j t.
Esercizio. Sia =
1

2
. . .
t
con
i
k
i
-cicli disgiunti, per 1 i t.
Provare che supp() =

t
i=1
supp(
i
) e che [[ = m.c.m(k
1
, k
2
, . . . , k
i
).
51
Vediamo ora come la decomposizione in cicli fornisca un semplice criterio per stabilire
se due permutazioni in S
n
sono coniugate. Premettiamo una denizione:
Denizione. Siano , S
n
. Diciamo che e hanno lo stesso tipo ciclico se, date le
decomposizioni =
1

2
. . .
t
e =
1

2
. . .
u
in prodotto di cicli disgiunti, vale t = u
e, a meno di rinumerazione,
i
e
i
sono cicli della stessa lunghezza, per ogni 1 i t.
Ad esempio, le permutazioni (1 2)(3 5 4)(6 7) e (1 3 2)(4 6)(5 7) hanno lo stesso tipo
ciclico.
Lemma 0.4.3 1) Sia = (i
1
i
2
. . . i
k
) un k-ciclo in S
n
e S
n
. Allora
1
=
(i
1
i
2
. . . i
k
).
2) Se , S
n
e =
1

2
. . .
t
`e la decomposizione in prodotto di cicli disgiunti di ,
allora
1
= (
1

1
)(
1

2
) . . . (
1

t
) `e la decomposizione in prodotto di cicli
disgiunti della coniugata
1
.
Dimostrazione. 1) Osserviamo che supp(
1
) = supp(). Infatti, per j 1, 2, . . . , n,
vale j = j(
1
) se e solo se j
1
= j
1
ovvero j
1
, supp() cioe j , supp().
Per j < k, (i
j
)(
1
) = i
j
= i
j+1
. Inoltre, (i
k
)(
1
) = i
k
= i
1
.
Dunque
1
`e il k-ciclo (i
1
i
2
. . . i
k
). La 2) segue da 1), osservando che la
supp(
1

i
) supp(
1

j
) = supp(
i
) supp(
j
) = per ogni i ,= j, 1 i, j t.
Esempio. Consideriamo in S
6
gli elementi = (1 2 3 4 5) e = (1 3)(2 5 4 6) . Allora

1
= (2 4)(3 1 5 6).
Proposizione 0.4.4 Due permutazioni e sono coniugate in S
n
se e solo se hanno
lo stesso tipo ciclico.
Dimostrazione. Supponiamo che, per S
n
, sia =
1
. Allora per il Lemma 4.3,
e hanno lo stesso tipo ciclico.
Supponiamo viceversa che e abbiano lo stesso tipo ciclico. Sia = (a
1
a
2
. . . a
h
)(b
1
b
2
. . . b
k
) . . .
e = ( a
1
a
2
. . . a
h
)(

b
1

b
2
. . .

b
k
) . . . e siano f
1
, f
2
, . . . , f
m
= 1, 2, . . . , n supp() e

f
1
,

f
2
, . . . ,

f
m
= 1, 2, . . . , n supp() gli insiemi degli elementi ssati e rispetti-
vamente. Osserviamo che m = m, poiche [supp()[ = [supp()[. Consideriamo quindi
la permutazione
=
_
a
1
a
2
. . . a
h
b
1
b
2
. . . b
k
. . . f
1
f
2
. . . f
m
a
1
a
2
. . . a
h

b
1

b
2
. . .

b
k
. . .

f
1

f
2
. . .

f
m
_
.
Per il Lemma 4.3 segue allora =
1
.
Prendiamo ora in considerazione un altro modo di decomporre una permutazione in
prodotto di cicli. Questa volta i fattori ciclici avranno tutti lunghezza 2, ma non pi` u, in
generale, supporti disgiunti.
Denizione. Un ciclo di lunghezza 2 si dice trasposizione.
52
Lemma 0.4.5 Ogni ciclo di lunghezza k si pu`o esprimere come prodotto di k1 traspo-
sizioni.
Dimostrazione. Vale infatti (i
1
i
2
. . . i
k
) = (i
1
i
2
)(i
1
i
3
) . . . (i
1
i
k
), come si verica
facilmente per induzione su k.
Osserviamo come la decomposizione in prodotto di cicli di lunghezza due del lemma
precedente non sia pi` u per`o costituita da cicli disgiunti. Anche lunicit`a di decompo-
sizione viene a cadere: in S
4
, ad esempio (1 2 3) = (1 2)(1 3) = (1 2)(4 3)(1 3)(1 4).
Inoltre, (1 2)(1 3) ,= (1 3)(1 2).
Corollario. Ogni permutazione S
n
, ,= , si pu`o scrivere come prodotto di traspo-
sizioni. Dunque
S
n
=< [ S
n
, trasposizione > .
Esercizio. Provare che, dati a, b, c 1, 2, . . . , n, vale (b c) = (a b)(a c)(a b) in S
n
.
Provare quindi che
S
n
=< (1 2), (1 3), . . . , (1 n) > .
Tutte le decomposizioni di una data permutazione in prodotto di trasposizioni hanno
una propriet`a in comune, la parit`a del numero di fattori:
Proposizione 0.4.6 Sia S
n
e siano
=
1

2
. . .
n
=
1

2
. . .
m
due decomposizioni di come prodotto di trasposizioni
i
,
j
S
n
.
Allora n m(mod 2), ovvero n `e pari (risp. dispari) se e solo se m `e pari (risp.
dispari).
Dimostrazione. Supponiamo, per assurdo, che sia =
1

2
. . .
n
=
1

2
. . .
m
con

i
,
j
trasposizioni e n pari, m dispari. Allora =
1
. . .
n

1
m
. . .
1
1
=
1
. . .
n

m
. . .
1
ovvero lidentit`a di S
n
si decompone nel prodotto di un numero dispari di trasposizioni.
Sia d il minimo intero positivo dispari per cui valga
=
1

2
. . .
d
(1)
con
i
trasposizioni e sia a 1, 2, . . . , n un elemento mosso da almeno una
i
.
Chiaramente
i
commuta con ogni
j
tale che [supp(
i
) supp(
j
)[ = 0, 2 e inoltre,
come `e facile vericare, per ogni b, c 1, 2, . . . , n vale (a b)(b c) = (b c)(a c).
Possiamo dunque trasformare la decomposizione (1) in
=
1

2
. . .
t

2
. . .
v
(2)
con t + v = d, a , supp(
i
) e
j
= (a b
j
), b
j
1, 2, . . . , n, per ogni 1 i t,
1 j v. Osserviamo ora che se gli elementi b
j
sono tutti distinti, allora
1

2
. . .
v
=
(a b
1
)(a b
2
) . . . (a b
v
) = (a b
1
b
2
. . . b
v
) e quindi a
1

2
. . .
v
= b
1
,= a. Ma
1

2
. . .
v
=
(
1

2
. . .
t
)
1
=
t

t1
. . .
1
e a
t

t1
. . .
1
= a, contraddizione. Esistono quindi 1
53
r, s v, r ,= s, tali che b
r
= b
s
= b. Poich`e, per ogni c 1, 2, . . . , n, (a b)(a c) =
(b c)(a b) possiamo trasformare la (2) in
=
1

2
. . .
t

t+1
. . .
d2
(a b)(a b) =
1

2
. . .
d2
contraddicendo la minimalit`a di d.
In virt` u del risultato precedente `e ben posta la seguente
Denizione. Una permutazione si dice pari (risp. dispari) se si pu`o scrivere come
prodotto di un numero pari (risp. dispari) di trasposizioni.
Proposizione 0.4.7 Lapplicazione sgn : S
n
+1, 1 denita ponendo, per ogni
S
n
,
sgn() =
_
+1 se e pari
1 se `e dispari
`e, per ogni n > 1, un omomorsmo suriettivo del gruppo simmetrico S
n
nel gruppo
moltiplicativo +1, 1. (sgn() si dice segno della permutazione ).
Dimostrazione. Date
1
,
2
S
n
, scriviamo
1
=
1

2
. . .
n
1
,
2
=
1

2
. . .
n
2
con

i
,
j
trasposizioni. Allora sgn(
1
) = (1)
n
1
, sgn(
2
) = (1)
n
2
e
sgn(
1

2
) = sgn(
1

2
. . .
n
1

2
. . .
n
2
) = (1)
n
1
+n
2
= sgn(
1
)sgn(
2
).
La suriettivit`a segue osservando, ad esempio, che sgn() = 1 e sgn((1 2)) = 1.
Denizione. Denotiamo con
A
n
= S
n
[ `e pari
linsieme delle permutazioni pari di S
n
. Per la Proposizione 4.7, A
n
`e un sottogruppo
normale di S
n
, detto gruppo alterno su n oggetti.
Enunciamo, senza dimostrazione, il seguente fondamentale risultato:
Teorema 0.4.8 Il gruppo alterno A
n
`e semplice per ogni n 5.
Concludiamo mostrando che ogni gruppo nito si pu`o immergere in un gruppo simmet-
rico :
Teorema (Cayley). Sia G un gruppo nito di ordine n. Allora G `e isomorfo ad un
sottogruppo del gruppo simmetrico S
n
.
Dimostrazione. Siano, tramite opportuna numerazione, g
1
, g
2
, . . . g
n
gli elementi del
gruppo G. Fissato un elemento g G, consideriamo lapplicazione
g
: 1, 2, . . . , n
1, 2, . . . , n denita ponendo, per ogni i 1, 2, . . . , n, (i) = j se vale gg
i
= g
j
.
54
Dato che, per ogni j 1, 2, . . . , n, gg
i
= g
j
se e solo se g
i
= g
1
g
j
, lapplicazione
g
`e
biettiva ovvero
g
S
n
. Sia quindi : G S
n
denita, per ogni g G, da (g) =
g
.
Verichiamo che `e un omomorsmo: per g, h G, i 1, 2, . . . , n,
g

gh
(i)
= (gh)g
i
= g(hg
i
) = g(g

h
(i)
) = g

g
(
h
(i))
e quindi
gh
=
g

h
.
Inne, `e iniettiva: se
g
=
h
allora, per ogni i 1, 2, . . . , n, gg
i
= hg
i
e quindi
g = h. Dunque G `e isomorfo al sottogruppo (G) di S
n
.
Abbiamo dimostrato questo Teorema per un gruppo nito, perch`e in questo caso il
legame con le permutazioni `e particolarmente trasparente. Tuttavia il teorema di Cayley
vale per qualunque gruppo. Se il gruppo G in questione `e innito, non si pu`o in generale
enumerare gli elementi di G, come abbiamo fatto nel caso nito; allora si prende
come insieme su cui denire le permutazioni, il gruppo G stesso. La dimostrazione la
suggeriamo mediante una coppia di esercizi.
Teorema di Cayley. Sia G un gruppo. Allora G `e isomorfo ad un sottogruppo del
gruppo simmetrico Sym(G).
Dimostrazione. Sia G un gruppo.
1) Si provi che per ogni g G la applicazione

g
: G G
x l gx
`e una permuatzione di G.
2) Si provi che la applicazione
: G Sym(G)
x l
g
`e un omomorsmo iniettivo del gruppo G nel gruppo Sym(G). Da ci`o si conclude che
G (G) Sym(G).
ESERCIZI
1. Siano I, J insiemi tali che [I[ = [J[. Provare che Sym(I) Sym(J).
2. Date le permutazioni
=
_
1 2 3 4 5 6
5 4 1 3 2 6
_
e =
_
1 2 3 4 5 6
2 3 1 6 4 5
_
scrivere , , , ,
1
e
1
come prodotto di cicli disgiunti.
3. Scrivere la permutazione = (1 2 3)(2 4 5)(3 2 4)(1 2 5) come prodotto di cicli disgiunti e
come prodotto di trasposizioni. Dire se appartiene al gruppo alterno A
5
.
55
4. Determinare il numero dei coniugati della permutazione
=
_
1 2 3 4 5
5 4 2 3 1
_
nel gruppo simmetrico S
5
.
5. Determinare il massimo ordine di un elemento nei seguenti gruppi:
a) S
7
; b) S
10
; c) A
10
.
6. Scrivere gli elementi del gruppo alterno A
4
.
7. Determinare un sottogruppo del gruppo simmetrico S
8
isomorfo al gruppo Q dei quaternioni.
Azioni di un gruppo su un insieme
Denizione. Sia G un gruppo e S un insieme non vuoto. Una azione di G su S `e
un omomorsmo
: G Sym(S)
di G nel gruppo delle permutazioni di S (e si dice che G opera su S).
Se un tale omomorsmo `e iniettivo lazione si dice fedele. In tal caso limmagine (G)
`e un sottogruppo di Sym(S) isomorfo a G; si dice in questo caso che G `e un gruppo di
permutazioni su S (e si identica G con (G)).
Ad esempio, il Teorema di Cayley descrive una azione fedele di un gruppo G su se stesso.
Se : G Sym(X) `e una azione di G su S, allora, per ogni g G e ogni s S si
scrive
g s = (g)(s) .
Si hanno quindi le seguenti propriet`a, per ogni g, h G e ogni s S:
(gh) s = g (h s) , 1
G
s = s .
Questa notazione suggerisce un altro modo per denire il concetto di azione di un gruppo
su un insieme. Se G `e un gruppo e S un insieme, una azione di G su S `e una applicazione
GS S
(g, s) l g s
tale che per ogni per ogni g, h G e ogni s S, (gh) s = g (h s) e 1
G
s = s .
Allora, per ogni g G la applicazione
(g) : S S
s l g s
`e una biezione di S, e (lo si verichi per esercizio) la applicazione che associa ad ogni
g G la permutazione (g) `e un omomorsmo di G in Sym(S).
56
Esempio. Su G = R

R si denisca una operazione ponendo, per ogni (a, b), (c, d) G


(a, b)(c, d) = (ac, ad +b) .
Si verichi che, rispetto a tale operazione, G `e un gruppo con elemento identico (1, 0). Ora, la
regola
(a, b) s = as +b
per ogni (a, b) G e ogni s R, denisce una azione del gruppo G sullinsieme R. Infatti, per
ogni s R:
1
G
s = (1, 0) s = 1s + 0 = s
e, per ogni (a, b), (c, d) G:
(a, b) ((c, d)) s) = (a, b) (cs+d) = a(cs+d)+b = acs+ad+b = (ac, ad+b) s = ((a, b)(c, d)) s.
Supponiamo di avere data una azione del gruppo G sullinsieme S. Per ogni s S si
deniscono:
- lorbita O
G
(s) di s (rispetto alla azione di G)
O
G
(s) = g s [ g G ,
ovvero linsieme dei trasformati di s tramite tutti gli elementi di G.
- lo stabilizzatore G
s
(o anche Stab
G
(s)) di s in G:
G
s
= g G [ g s = s
ovvero linsieme degli elementi di G la cui corrispondente permutazione ssa s.
Denizione. Una azione si dice transitiva se esiste s S tale che O
G
(s) = S; ci`o
avviene se per ogni t S esiste g G tale che g s = t.
Ad esempio, lazione descritta nellesempio di sopra `e transitiva: infatti, per ogni a R :
(a, 0) 1 = a1 +0 = a se a ,= 0, e (1, 1) 1 = 1 1 +(1) = 0; quindi O
G
(1) = R. Calcoliamo lo
stabilizzatore di un punto s R. Sia (a, b) G; allora (a, b) G
s
se e solo se s = (a, b)s = as+b,
se e solo se b = s as; quindi G
s
= (a, s as) [ : a R

(ad esempio, G
1
= (a, 1 a) [ a
R

).
Esercizio Si provi che una azione di un gruppo G su un insieme S `e transitiva se e solo se
O
G
(x) = S per ogni x S.
Proposizione 0.4.9 Sia data una azione del gruppo G sullinsieme S. Allora linsieme
delle orbite `e una partizione di S.
Dimostrazione. Poich`e, per ogni s S, s = 1
G
s O
G
(s), si ha che le orbite sono non
vuote e che la loro unione `e tutto S.
Siano ora s, t S tali che O
G
(s) O
G
(t) ,= ; allora esiste u O
G
(s) O
G
(t) e quindi
esistono g, h G tali che u = g s = h t. Allora, per ogni x G,
x s = (xg
1
g) s = (xg
1
) (g s) = (xg
1
) (h t) = (xg
1
h) t O
G
(t) .
Dunque O
G
(s) O
G
(t). Allo stesso modo si prova che O
G
(t) O
G
(s), e quindi O
G
(s) =
O
G
(t); il che dimostra che orbite distinte sono disgiunte e completa la dimostrazione.
(Per esercizio si verichi che la partizione in orbite `e linsieme quoziente rispetto alla
equivalenza
G
denita su S da s
G
t g G : g s = t).
57
Teorema 0.4.10 Sia data una azione del gruppo G sullinsieme S, e sia s S. Allora:
1) G
s
`e un sottogruppo di G.
2) [O
G
(s)[ = [G : G
s
].
Dimostrazione. 1) Poich`e 1
G
s = s, si ha 1
G
G
s
per qualunque s S. Fissato ora
un tale punto s, siano g, h G
s
. Allora g s = s = h s e quindi
(gh
1
) s = (gh
1
) (h s) = (gh
1
h) s = g s = s,
dunque gh
1
G
s
e, per il criterio dei sottogruppi, G
s
G.
2) Sia ( = xG
s
[ x G linsieme delle classi laterali sinistre di G modulo G
s
e
consideriamo la applicazione
: ( O
G
(s)
xG
s
l x s
essa `e ben denita, infatti se x, y G sono tali che xG
s
= yG
s
allora y
1
x G
s
, cio`e
(y
1
x) s = s e quindi y s = y ((y
1
x) s) = (yy
1
x) s = x s. Dunque `e ben
denita.
Proviamo ora che `e biettiva. Essa `e suriettiva per denizione di orbita di s. Siano ora
xG
s
, yG
s
( tali che (xG
s
) = (yG
s
); allora x s = y s, e quindi
(y
1
x) s = y
1
(x s) = y
1
(y s) = (y
1
y) s = 1
G
s = s ;
dunque y
1
x G
s
, cio`e xG
s
= yG
s
. Quindi `e iniettiva e pertanto `e una biezione.
In particolare si ha [G : G
s
] = [([ = [O
G
(s)[, come si voleva.
Se il gruppo G `e nito allora, in congiunzione con il Teorema di Lagrange, segue dal
Teorema precedente la seguente importante osservazione.
Corollario. Se il gruppo nito G opera sullinsieme S, allora per ogni s S, [O
G
(s)[
divide [G[. In particolare, se lazione `e transitiva, allora [S[ divide [G[.
Consideriamo ora il caso in cui sia G che S sono niti, ed `e data una azione di G
su S. Siano O
G
(s
1
), O
G
(s
2
), . . . , O
G
(s
n
) le orbite distinte di G su S (linsieme
s
1
, s
2
, . . . , s
n
si dice un insieme di rappresentanti per le orbite di G su S). Per la
Proposizione 4.9 esse costituiscono una partizione di S, quindi
[S[ = [O
G
(s
1
)[ +[O
G
(s
2
)[ +. . . +[O
G
(s
n
)[ .
Ora, per il Teorema 4.10, per ogni i = 1, . . . , n si ha [O
G
(s
i
)[ = [G : G
s
i
]; quindi si
ricava limportante:
Equazione delle orbite. Sia s
1
, s
2
, . . . , s
n
un insieme di rappresentanti per le orbite
di G su S. Allora
[S[ =
n

i=1
[G : G
s
i
] .
58
Denizione. Se G opera sullinsieme S ed s S `e tale che O
G
(s) = s, allora s si
dice un punto sso lazione di G su S. In altri termini, s S `e un punto sso se e solo
se g s = s per ogni g G, ovvero se e solo se G
s
= G.
Come applicazione dellequazione delle orbite, vediamo un criterio suciente allesistenza
di un punto sso. Sia p un numero primo e sia P un gruppo di ordine p
m
(si dice che P `e
un p-gruppo nito), e sia data una azione di P su un insieme nito S. Sia s
1
, s
2
, . . . , s
n

un insieme di rappresentanti per le orbite di G su S. Per il teorema di Lagrange, per


ogni i = 1, . . . , n, lindice [G : G
s
i
] divide [P[ = p
m
. Assumiamo che non vi siano punti
ssi per lazione di P su S; allora, per ogni i = 1, . . . , n, G
s
i
`e un sottogruppo proprio di
P, quindi [G : G
s
i
] = p
k(i)
con k(i) 1; in particolare p divide [G : G
s
i
]. Applicando la
formula delle orbite si ha che p divide

n
i=1
[G : G
s
i
] = [S[. Abbiamo quindi dimostrato
Teorema 0.4.11 Sia P un p-gruppo nito che opera su un insieme S. Se ([S[, p) = 1
allora esiste almeno un punto sso di P su S.
Esercizio. Sia data una azione del gruppo G su un insieme S. Siano s S, g G e
poniamo t = g s. Si provi che G
s
= g
1
(G
t
)g.
Vediamo ora un esempio interessante di azione transitiva di un gruppo G. Sia H un sottogruppo
ssato di G e denotiamo con GH linsieme delle classi laterali sinistre di G modulo H; su questo
insieme deniamo una azione di G ponendo, per ogni g G e ogni xH GH,
g xH = gxH .
Si verica immediatamente che ci`o denisce una azione, e che tale azione `e transitiva. Infatti,
per ogni xH, yH GH si ha
(yx
1
) xH = yx
1
xH = yH .
Supponiamo ora che lindice [G : H] = n sia nito. Allora [GH[ = [G : H] = n, e lazione
di G su GH sopra descritta da luogo ad un omomorsmo G Sym(GH) = S
n
. Sia N il
nucleo di questo omomorsmo, allora
N = g G [ g xH = xH xH GH = g G [ gxH = xH x G =
= g G [ x
1
gxH = H x G
osservando che
x
1
gxH = H x
1
gx H h H : x
1
gx = h g xHx
1
= H
x
1
possiamo concludere che
N = g G [ g H
x
1
x G =

xG
H
x
.
Questo sottogruppo normale di G si denota con H
G
. Chiaramente H
G
H. Inoltre, per il
Teorema di omomorsmo, G/H
G
`e isomorfo ad un sottogruppo di S
n
; in particolare [G : H
G
]
divide n!.
Questo tipo di azioni di G `e importante perch`e si pu`o dimostrare che ogni azione transitiva di
G `e equivalente (secondo una naturale denizione di equivalenza di azioni, vedi gli esercizi 5 e
6) ad una azione di G sulle classi laterali di un suo opportuno sottogruppo.
59
ESERCIZI
1. Sia data una azione transitiva del gruppo S
3
su un insieme S. Quanti elementi pu`o avere S
?
2. Sia G un gruppo di ordine 1998 e S un insieme di ordine 14. Si provi che ogni azione di G
su S ha almeno tre orbite.
3. Sia I
n
= 1, 2, . . . , n (con n 2) e sia X linsieme costituito dai sottoinsiemi di ordine 2
di I
n
. Allora il gruppo simmetrico S
n
opera su X in modo naturale: per ogni S
n
e ogni
i, j X, i, j = i, j.
a) Si provi che tale azione `e transitiva, e si calcoli lordine dello stabilizzatore di 1, 2.
b) Posto n = 5, si determini Stab
S
5
(1, 2) A
5
.
4. Sia G = GL(2, R) e consideriamo lazione di G sullinsieme dei vettori colonna reali non nulli
S =
_
a
b
_
[ a, b R (a, b) ,= (0, 0) denita da
_
a b
c d
__
x
y
_
=
_
ax +by
cx +dy
_
.
Si dica se tale azione `e transitiva, e si determini lo stabilizzatore del punto e
1
=
_
1
0
_
.
5. Sia G un gruppo. Due azioni di G su insiemi S e S

si dicono equivalenti se esiste una


biezione f : S S

tale che, per ogni g G, s S


g (f(s)) = f(g s)
Si provi che se due azioni di G su S e S

sono equivalenti, allora per ogni s S si ha O


G
(f(s)) =
f(O
G
(s)) e G
f(s)
= G
s
.
6. Sia data una azione transitiva del gruppo G sullinsieme S; ssato un s S, si ponga
H = G
s
. Si provi che lazione di G su S `e equivalente allazione di G sullinsieme delle classi
laterali sinistre modulo H.
7. Sia G un gruppo nito, e sia p il minimo numero primo che divide [G[. Si provi che se H G
e [G : H] = p, allora H G.
8. Sia G un gruppo e H G. Si provi che H
G
`e il massimo sottogruppo normale di G contenuto
in H.
Classi di coniugio
In questo paragrafo applicheremo i risultati del paragrafo precedente al caso dellazione
di un gruppo G su se stesso mediante coniugio. Ricordiamo che se x, g sono elementi di
un gruppo G, il coniugato di x tramite g `e lelemento g
1
xg, che si denota con x
g
.
Il coniugio denisce una azione di G su G ponendo, per ogni g, x G : g x = x
g
1
.
Infatti, per ogni x G, x
1
G
= x, e per ogni x, g, h G :
(gh) x = x
(gh)
1
= (gh)x(h
1
g
1
) = g(hxh
1
)g
1
= (x
h
1
)
g
1
= (h x)
g
1
= g (h x) .
60
In questo caso, la notazione a destra risulta pi` u conveniente. Infatti per ogni x, g, h
G si ha
x
gh
= (x
g
)
h
.
(La permutazione di G associata ad ogni elemento g G rispetto a questa azione `e - come
abbiamo visto nellultimo paragrafo della sezione precedente - lautomorsmo
g
di G. Quindi
lomomorsmo da G in Sym(G) associato allazione per coniugio `e di fatto un omomorsmo
da G in Aut(G). Potremo dire che lazione per coniugio `e una azione di G come gruppo di
automorsmi su se stesso. Da questo punto di vista `e stata trattata nellultimo paragrafo della
sezione precedente; ora ci interessa piuttosto il punto di vista delle permutazioni, in modo da
applicare i concetti che abbiamo esposto su questo tipo di azioni.)
Lorbita di un elemento x G rispetto allazione per coniugio si chiama classe di
coniugio di x ed `e
x
g
[ g G .
Lo stabilizzatore in G di x si denota con C
G
(x) e si chiama centralizzante di x in G:
C
G
(x) = g G [ x
g
= x = g G [ g
1
xg = x = g G [ xg = gx .
Il centralizzante di un elemento x `e quindi linsieme degli elementi di G che commutano
con x. Se G `e un gruppo nito si ha, per il Teorema 4.10
[ x
g
[ g G[ = [G : C
G
(x)] .
Inoltre G (come insieme) si ripartisce nelle sue classi di coniugio distinte (che sono le
orbite dellazione per coniugio).
Dopo aver ricordato la denizione di centro di G:
Z(G) = x G [ xg = gx per ogni g G ,
osserviamo che un elemento x G appartiene al centro Z(G) se e solo se gx = xg per
ogni g G, ovvero se e solo se x
g
= g
1
xg = x per ogni g G, cio`e se e solo se la classe
di coniugio di x consiste del solo elemento x.
Prima di andare avanti con la teoria delle classi di coniugio, vediamo una interessante
applicazione del Teorema 4.11
Teorema 0.4.12 Sia p un numero primo e G un p-gruppo nito. Allora Z(G) ,= 1
G
.
Dimostrazione. Sia G un gruppo di ordine p
n
, dove p `e un numero primo. Poniamo
S = G 1
G
; chiaramente lazione per coniugio di G su se stesso induce una azione per
coniugio su S. Ora [S[ = p
n
1, quindi per il Teorema 4.11, G ha punto sso su S,
cio`e esiste un elemento 1
G
,= x G tale che la sua classe di coniugio `e x. Per quanto
osservato sopra, x Z(G) e quindi Z(G) ,= 1
G
.
Sia ora G un gruppo nito, denotiamo con K
1
, K
2
, . . . , K
n
le sue classi di coniugio
distinte e, per ogni i = 1, 2, . . . , n ssiamo un elemento x
i
K
i
(linsieme x
1
, x
2
, . . . , x
n

61
`e detto allora un insieme di rappresentanti delle classi di coniugio di G). Allora la formula
delle orbite si scrive
[G[ =
n

i=1
[K
i
[ =
n

i=1
[G : C
G
(x
i
)] .
Una classe di coniugio si dice centrale se consiste di un solo elemento; per quanto abbiamo
osservato prima, una classe `e centrale se e solo se `e la classe di un elemento appartenente
al centro di G. Il numero di classi centrali `e dunque [Z(G)[. Se, nella somma di sopra,
raccogliamo gli addendi corrispondenti alle classi centrali, il loro contributo alla somma
`e ancora [Z(G)[, a cui va sommato il contributo delle classi non centrali. Possiamo
enunciare questa importante osservazione con la seguente
Formula delle Classi. Sia G un gruppo nito, e siano y
1
, y
2
, . . . , y
m
rappresentanti
delle classi non centrali di G. Allora
[G[ = [Z(G)[ +
m

i=1
[G : C
G
(y
i
)] .
Come esempio, consideriamo il gruppo S
4
. Per la Proposizione 4.4, due elementi di S
4
sono
coniugati se e solo se hanno lo stesso tipo ciclico. Per oottenere un insieme di rappresentanti
delle classi di coniugio di S
4
`e quindi suciente considerare un lemento per ciascun tipo ciclico;
ad esempio possiamo prendere x
1
= , x
2
= (1 2), x
3
= (1 2)(3 4), x
4
= (1 2 3), x
5
=
(1 2 3 4) . Indichiamo con n
i
il numero di elementi coniugati a x
i
(ovvero n
i
= [S
4
: C
S
4
(x
i
)] ).
Allora, n
1
= 1, n
2
=
_
4
2
_
= 6 (infatti ogni coppia di elementi di 1, 2, 3, 4 da luogo ad una
trasposizione), n
3
= 3, n
4
= 2
_
4
3
_
= 8 (infatti ogni terna di elementi di 1, 2, 3, 4 da luogo
a due 3-cicli). Possiamo ora calcolare n
5
usando la formula delle classi:
n
5
= [S
4
[ (n
1
+n
2
+n
3
+n
4
) = 24 18 = 6 .
Esercizio. Si dimostri il Teorema 4.12 utilizzando la Formula delle Classi.
La serie di esercizi svolti che segue tratta alcune interessanti applicazioni dei concetti e delle
formule introdotte in questo paragrafo. Naturalmente, cercate di discuterli da voi prima di
controllarne la soluzione. Ricordiamo che il centro di un gruppo `e sempre un sottogruppo
normale.
Esercizio A. Sia G un gruppo. Dimostrare che se G/Z(G) `e ciclico allora G `e commutativo
(quindi Z(G) = G).
Soluzione. Sia G/Z(G) un gruppo ciclico. Allora esiste un elemento gZ(G) G/Z(G) tale che
G/Z(G) =< gZ(G) >= (gZ(G))
z
[ z Z = g
z
Z(G) [ z Z .
Quindi, se x, y G, esistono a, b Z tali che xZ(G) = g
a
Z(G) e yZ(G) = g
b
Z(G); cio`e esistono
h, k Z(G) tali che x = g
a
h e y = g
b
k. Poich`e h, k commutano con ogni elemento di G, abbiamo
xy = g
a
hg
b
k = g
a
g
b
hk = g
a+b
kh = g
b
g
a
kh = g
b
kg
a
h = yx .
Dunque G `e commutativo.
Esercizio B. Sia p un numero primo. Dimostrare che ogni gruppo di ordine p
2
`e commutativo.
62
Soluzione. Sia G un gruppo con [G[ = p
2
. Allora, per il Teorema 4.12, Z(G) ,= 1
G
, e quindi,
per il Teorema di Lagrange, [Z(G)[ = p, p
2
. Se [Z(G)[ = p
2
, allora G = Z(G) `e commutativo.
Se invece [Z(G)[ = p, allora [G/Z(G)[ = p; ma allora, per la Proposizione 13 della sezione
precedente, G/Z(G) `e ciclico, e quindi, per Esercizio A, G `e commutativo (quindi, a posteriori,
possiamo dire che il caso [Z(G)[ = p non si verica se [G[ = p
2
).
Esercizio C. Sia G un gruppo di ordine 6. Si dimostri che se G non `e commutativo allora G `e
isomorfo a S
3
.
Soluzione. Sia G un gruppo non commutativo di ordine 6. Allora G ,= Z(G). Poich`e Z(G) `e
un sottogruppo di G, il suo ordine `e un divisore di 6. Se fosse [Z(G)[ = 2, allora [G/Z(G)[ = 3 e
quindi G/Z(G) sarebbe ciclico e pertanto, per lesercizio A, G sarebbe commutativo. Similmente
si esclude il caso [Z(G)[ = 3. Quindi si ha [Z(G)[ = 1.
Ora, se y G Z(G) allora [G : C
G
(y
i
)] non `e uguale ad 1, e quindi, sempre per il Teorema
di Lagrange, deve essere 2 o 3. Se y
1
, . . . , y
m
sono rappresentanti delle classi non centrali di G,
abbiamo, per la Formula delle Classi,
6 = [Z(G)[ + [G : C
G
(y
1
)] +. . . + [G : C
G
(y
m
)] = 1 + [G : C
G
(y
1
)] +. . . + [G : C
G
(y
m
)] ,
dove gli addendi [G : C
G
(y
i
)] appartengono tutti allinsieme 2, 3. La sola possibilit`a `e: 6 =
1 + 2 + 3.
In particolare, segue che G ha una classe di coniugio K di ordine 3. Ora, G opera per coniugio,
transitivamente, su K, e tale azione determina un omomorsmo : G S
K
. Sia N = Ker().
Non pu`o essere [N[ = 2, perch`e un sottogruppo normale di ordine 2 `e sempre contenuto nel
centro (questo `e facile e lo lasciamo), contro il fatto che Z(G) = 1
G
. Quindi (poich`e lazione
`e transitiva) si ha N = 1
G
. Dunque `e un omomorsmo iniettivo; siccome [G[ = 6 = [S
K
[,
`e allora un isomorsmo. Dunque G `e isomorfo a S
K
che `e isomorfo a S
3
.
Lidea di azione per coniugio si pu`o estendere in modo naturale considerando lazione,
invece che sugli elementi, su sottoinsiemi del gruppo G.
Se G `e un gruppo, , = S G e g G, il coniugato di S tramite g `e linsieme
S
g
= x
g
[ x S .
Si verica facilmente che S
1
G
= S e che S
gh
= (S
g
)
h
per ogni g, h G. Lo stabilizzatore
di S `e (il sottogruppo) g G [ S
g
= S .
Se H G allora H
g
G per ogni g G, e lo stabilizzatore di H rispetto alla azione
di coniugio si chiama normalizzatore di H in G, e si denota con N
G
(H). Allora
H N
G
(H) G (vedi esercizio 13 alla ne della sezione precedente), ed il numero di
coniugati distinti di H in G `e uguale allindice
[G : N
G
(H)]
in particolare, H G se e soltanto se N
G
(H) = G.
Naturalmente, non `e necessario considerare lazione per coniugio di un gruppo G sulla
famiglia di tutti i suoi sottoinsiemi non vuoti. Lazione per coniugio si pu`o denire su
una particolare famiglia di sottoinsiemi, purch`e essa contenga tutti i coniugati di ogni
suo elemento. Ad esempio, si pu`o considerare lazione sulla famiglia dei sottogruppi di
G, oppure sulla famiglia dei sottogruppi di un ordine ssato.
Utilizzeremo lazione per coniugio su sottogruppi nel prossimo paragrafo, per dimostrare
gli importanti Teoremi di Sylow.
63
Concludiamo con una osservazione che sar`a anchessa utilizzata nel prossimo paragrafo.
La dimostrazione `e lasciata per esercizio, perch`e ricalca quella del Lemma 1 della sezione
precedente.
Lemma 0.4.13 Siano G un gruppo, e H, K G. Se K N
G
(H) allora HK G.
ESERCIZI
1. Sia G un gruppo di ordine 21. Si provi che se Z(G) ,= 1
G
allora G `e commutativo.
2. Si provi che un gruppo di ordine p
2
(p un numero primo) `e ciclico oppure `e il prodotto diretto
di due gruppi ciclici di ordine p.
3. Si scriva la formula delle classi per il gruppo S
5
.
4. Si provi che il gruppo S
6
ha un sottogruppo di indice 90 (sugg.: si consideri la classe
dellelemento (1 2 3 4) ).
5. Si provi che ogni gruppo di ordine 6 `e ciclico oppure isomorfo a S
3
.
6. Sia G un gruppo di ordine dispari. Si provi che G ha un numero dispari di classi di coniugio.
7. Sia G un gruppo di ordine dispari, e sia x G. Si provi che se x `e coniugato a x
1
allora
x = 1
G
.
8. Sia G un gruppo di ordine 15. Si provi che G `e commutativo.
9. Sia H un sottogruppo del gruppo G e sia
C
G
(H) = g G [ gx = xg x H .
Si provi che C
G
(H) G e che C
G
(H) N
G
(H).
Teoremi di Sylow
Insieme al Teorema di Lagrange, i Teoremi di Sylow sono lo strumento fondamentale
per lo studio dei gruppi niti. La dimostrazione che daremo non `e quella originaria di
L. Sylow (1832 - 1918), ma `e ispirata a quella scoperta molti anni pi` u tardi (1959) da
H. Wielandt, ed `e una ingegnosa applicazione della azione su sottoinsiemi.
Primo Teorema di Sylow. Sia p un numero primo, e sia G un gruppo nito tale che
p
k
divide [G[. Allora esistono sottogruppi di G di ordine p
k
.
Se G `e un gruppo di ordine p
m
a, con p un numero primo e (p, a) = 1, allora il Primo
Teorema di Sylow assiscura lesistenza di sottogruppi di G di ordine p
k
per ogni 1 k
m (per il Teorema di Lagrange, G non ha certo sottogruppi di ordine p
s
con s m+1 ).
I sottogruppi di G di ordine p
m
si chiamano p-sottogruppi di Sylow di G.
64
Dimostreremo il Primo Teorema di Sylow procedendo per induzione su [G[. Per co-
modit`a, isoliamo in un Lemma un caso molto particolare (e gi`a noto a Cauchy).
Lemma 0.4.14 Sia G un gruppo nito commutativo, e p un primo che divide lordine
di G. Allora G ha un elemento di ordine p.
Dimostrazione. Sia G un gruppo commutativo il cui ordine `e diviso da p. Allora
[G[ = pr, e procediamo per induzione su r. Se r = 1, G `e ciclico ed `e generato da un
elemento di ordine p.
Sia quindi [G[ = pr > p e supponiamo laermazione vera per ogni gruppo il cui ordine `e
diviso da p ed `e strettamente minore dellordine di G. Sia 1
G
,= a G, e sia A =< a >.
Se p divide lordine di a allora A contiene un elemento di ordine p (se n `e lordine di a,
a
n/p
ha ordine p).
Supponiamo quindi che p non divida [a[ = [A[. Poich`e G `e commutativo, A G ed il
quoziente G/A ha ordine [G/A[ = [G[/[A[ diviso da p e minore dellordine di G. Per
ipotesi induttiva G/A contiene un elemento bA di ordine p, cio`e tale che bA ,= 1
G/A
= A
e A = (bA)
p
= b
p
A. Ora, se s `e lordine di b, si ha (bA)
s
= b
s
A = A = 1
G/A
,
quindi p = [bA[ divide s; e quindi < b > ha un elemento di ordine p, completando la
dimostrazione.
Dimostrazione (del Primo Teorema di Sylow). Procediamo per induzione sullordine di
G. Se [G[ = 1 non c`e nulla da provare. Sia [G[ > 1 e supponiamo il Teorema vero per
ogni gruppo di ordine strettamente minore di [G[, e sia p
k
(con k 1) un divisore di
[G[. Consideriamo lequazione delle classi per G:
[G[ = [Z(G)[ +
m

i=1
[G : C
G
(y
i
)] .
Supponiamo che per un indice i 1, 2, . . . , m, , p non divida [G : C
G
(y
i
)], allora per
il Teorema di Lagrange, p
k
divide [C
G
(y
i
)[ = [G[/[G : C
G
(y
i
)]. Poich`e y
i
`e un elemento
non centrale di G, C
G
(y
i
) `e un sottogruppo proprio di G, e quindi, per ipotesi induttiva,
contiene un sottogruppo di ordine p
k
, e siamo a posto.
Supponiamo quindi che p divida ogni indice [G : C
G
(y
i
)]; allora p divide anche [Z(G)[.
Per il Lemma precedente, Z(G) ha un elemento a di ordine p. Sia A =< a >. Poich`e
A Z(G) si ha A G. Ora [G/A[ = [G[/p; quindi p
k1
divide [G/A[ e, per ipotesi
induttiva, G/A ha un sottogruppo H/A (ove, per il Teorema di Corrispondenza, A
H G) di ordine p
k1
. Ma allora H `e il sottogruppo di G cercato; infatti [H[ = [H :
A][A[ = [H/A[[A[ = p
k1
p = p
k
.
Secondo Teorema di Sylow. Sia G un gruppo nito, e [G[ = p
m
a, dove p `e un
numero primo e (p, a) = 1. Allora i p-sottogruppi di Sylow G sono tra loro coniugati, e
se n
p
denota il numero di p-sottogruppi di Sylow di G si ha
n
p
1 (mod p) e n
p
[a .
Dimostrazione. Sia linsieme di tutti i p-sottogruppi di Sylow di G (quindi n
p
= [[).
Osserviamo che, se U allora, per ogni x G, U
g
; quindi G opera per coniugio
sullinsieme . Sia P un ssato p-sottogruppo di Sylow di G, e consideriamo lazione di
65
P per coniugio su . Poich`e P e P
x
= P per ogni x P, P `e (come elemento di
) un punto sso per lazione di P. Vediamo che non ci sono altri punti ssi. Infatti, se
Q `e un punto sso, allora Q
x
= Q per ogni x P, cio`e P N
G
(Q); quindi, per il
Lemma 4.13, PQ G. Ora, P PQ e, per il Lemma 3(b) della sezione precedente
[PQ[ =
[P[[Q[
[P Q[
`e una potenza di p, da cui segue P = Q perch`e P `e un p-sottogruppo di Sylow e quindi
il suo ordine `e la massima potenza di p che divide G. Quindi P `e lunico punto sso
nella azione di P su . Ci`o signica che P `e un orbita di P su , e che se O `e unaltra
orbita diversa da P, allora 1 ,= [O[; poich`e [O[ `e uguale allindice dello stabilizzatore
in P di un elemento di O, e P `e un p-gruppo, si ha che p divide [O[. La formula delle
orbite si scrive quindi
n
p
= [[ = [P[ +

O={P}
[O[ = 1 +

O={P}
[O[ 1 (mod p)
dimostrando una delle aermazioni dellenunciato.
Proviamo ora che tutti i p-sottogruppi di Sylow sono tra loro coniugati in G; ovvero
che `e una classe di coniugio di sottogruppi di G. Consideriando lazione per coniugio
di tutto il gruppo G su , si tratta di vericare che c`e una sola orbita. Fissiamo un
p-sottogruppo di Sylow P e sia / = O
G
(P) la sua orbita. Considerando, lazione di P
su / e ragionando come sopra, si ha [/[ 1 (mod p). Supponiamo, per assurdo, che
esista Q tale che Q , /, e consideriamo lazione di Q su /. Ora, Q ha un solo
punto sso nella sua azione su , che `e Q stesso. Poich`e Q non appartiene ad /, ne
segue che Q non ha punti ssi su /, e quindi, per il Teorema 4.11, p divide [/[, una
contraddizione. Dunque / = , e quindi, per ogni coppia di p-sottogruppi di Sylow
P, Q di G, esiste x G tale che Q = P
x
.
Inne, stabilito che lazione di G per coniugio su `e transitiva, abbiamo che il numero di
elementi di coincide con lindice dello stabilizzatore in G di un suo elemento. Quindi,
per quanto osservato nel paragrafo precedente, se P `e un p-sottogruppo di Sylow di G,
allora
n
p
= [[ = [G : N
G
(P)] .
Ora, P N
G
(P) G, e quindi
a = [G : P] = [G : N
G
(P)][N
G
(P) : P] = n
p
[N
G
(P) : P]
in particolare , n
p
divide a = [G : P], e questo completa la dimostrazione del Teorema.
Terzo Teorema di Sylow. Sia G un gruppo nito, e sia p un numero primo che
divide [G[. Allora ogni sottogruppo di G il cui ordine `e una potenza di p `e contenuto in
almeno un p-sottogruppo di Sylow di G.
Dimostrazione. Sia H G tale che [H[ = p
k
per qualche k 1. Sia linsieme
di tutti i p-sottogruppi di Sylow di G e consideriamo lazione per coniugio di H su .
Poich`e ([[, [H[) = (n
p
, p
k
) = 1, per il Teorema 4.11, H ha almeno un punto sso su
; cio`e esiste un P tale che P
x
= P per ogni x H, ovvero H N
G
(P). Allora,
66
ragionando come nella dimostrazione del Secondo Teorema di Sylow, PH G e, di
conseguenza, H P, che `e quello che si voleva dimostrare.
Concludiamo questo paragrafo illustrando con alcuni esempi come i teoremi di Sylow possano
fornire molte informazioni su un gruppo nito. Gli esempi che considereremo sono molto speci-
ci, ma danno un idea dei metodi che si possono applicare in molte circostanze. Negli esercizi
verranno suggeriti anche alcuni casi pi` u generali, non complicati, che si possono arontare medi-
ante queste tecniche. Un fatto banale ma fondamentale da tener presente `e che se H G allora
per ogni g G il coniugato H
g
`e un sottogruppo dello stesso ordine di H; quindi se avviene che
H `e il solo sottogruppo di un certo ordine, allora H G. In particolare, se per qualche primo p
il numero di p-sottogruppi di Sylow di G `e 1, lunico p-sottogruppo di Sylow `e normale.
Esempio 1. Sia G un gruppo di ordine 45 = 3
2
5; proviamo che G `e commutativo. Ora, i
3-sottogruppi di Sylow di G hanno ordine 3
2
= 9 ed i 5-sottogruppi di Sylow hanno ordine 5.
Indichiamo con n
3
, n
5
, rispettivamente il numero di 3-sottogruppi di Sylow e di 5-sottogruppi
di Sylow di G. Allora, per il secondo Teorema di Sylow, n
3
1 (mod 3) e n
3
[5; quindi n
3
= 1
e dunque G ha un solo 3-sottogruppo di Sylow T ed `e T G. Similmente, n
5
1 (mod 5) e
n
5
[9; quindi n
5
= 1 e G ha un solo 5-sottogruppo di Sylow Q che `e normale in G. Ora, T Q
`e sottogruppo sia di T che di Q e dunque il suo ordine deve dividere sia [T[ = 9 che [Q[ = 5;
quindi T Q = 1
G
. Si ha quindi
[TQ[ =
[T[[Q[
[T Q[
=
9 5
1
= 45
quindi TQ = G. Dunque G = T Q. Poich`e T e Q sono commutativi (perche il loro ordine `e
una potenza di esponente al pi` u 2 di un numero primo), concludiamo che G `e commutativo.
Ricordiamo che un gruppo G si dice semplice se i soli suoi sottogruppi normali son 1
G
e G.
Esempio 2. Sia G un gruppo di ordine 72 = 2
3
3
2
; proviamo che G non `e semplice. Sia n
3
il
numero di 3-sottogruppi di Sylow di G. Se n
3
= 1 allora G ha un 3-sottogruppo di Sylow normale
e quindi G non `e semplice. Supponiamo quindi n
3
,= 1. Allora, per il secondo Teorema di Sylow,
si ha n
3
= 4. Siano P, Q due distinti 3-sottogruppi di Sylow di G. Poich`e [P[ = [Q[ = 9 = 3
2
,
P e Q sono commutativi. Consideriamo il loro prodotto PQ G, e sia H = P Q, si ha
72 = [G[ [PQ[ =
[P[[Q[
[P Q[
=
81
[H[
e quindi H ,= 1
G
. Poich`e P ,= Q, deve essere, per il Teorema di Lagrange, [H[ = 3, e
[PQ[ = 27. Sia ora 1 ,= x H. Poich`e P e Q sono commutativi, C
G
(x) contiene sia P che Q;
quindi PQ C
G
(x). In particolare [C
G
(x)[ [PQ[ = 27. Poich`e [C
G
(x)[ divide [G[, deve essere
[C
G
(x)[ = 36, 72. Se [C
G
(x)[ = 72 allora C
G
(x) = G, e quindi x Z(G), cio`e Z(G) ,= 1
G

e quindi G non `e semplice. Sia quindi [C


G
(x)[ = 36 = 2
2
3
2
; poich`e C
G
(x) contiene almeno
due distinti 3-sottogruppi di Sylow (i nostri P e Q), applicando il secondo Teorema di Sylow al
gruppo C
G
(x) si ha che esso contiene quattro 3-sottogruppi di Sylow; questi sono necessariamente
anche tutti i 3-sottogruppi di Sylow di G. Da ci`o segue che H =< x > `e contenuto in ogni 3-
sottogruppo di Sylow di G. Allora, se g G, H
g
= (P Q)
g
= P
g
Q
g
= H e quindi H G, e
G non `e semplice.
Esempio 3. Sia G un gruppo di ordine 408; proviamo che G contiene un sottogruppo di
indice 3. Abbiamo 408 = 2
3
3 17. Per il secondo teorema di Sylow, il numero n
17
di 17-
sottogruppi di Sylow di G `e congruo ad 1 modulo 17, e divide 2
3
3 = 24; quindi n
17
= 1, G
ha un unico 37-sottogruppo di Sylow N e N G. Consideriamo ora il gruppo quoziente G/N.
Ora, [G/N[ = [G[/[N[ = 24 e quindi G/N ha un sottogruppo di ordine 2
3
; per il Teorema
di Corrispondenza, esiste un sottogruppo H di G tale che N H e [H/N[ = 2
3
. Quindi
[H[ = [H/N[[N[ = 2
3
17 e dunque [G : H] = [G[/[H[ = 3 e H `e il sottogruppo cercato.
67
ESERCIZI
1. Si determinino tutti i sottogruppi di Sylow (per ogni primo che divide lordine del gruppo)
dei gruppi S
3
e S
4
.
2. Sia G un gruppo nito, N G e p un divisore primo dellordine di G. Sia P un p-sottogruppo
di Sylow di G. Si provi che NP/N `e un p-sottogruppo di Sylow di G/N, e che P N `e un
p-sottogruppo di Sylow di N.
Si faccia un esempio di un gruppo nito G, un p-sottogruppo di Sylow P di G, e di un sottogruppo
(non normale) H di G, tali che P H non `e un p-sottogruppo di Sylow di H.
3. Sia G un gruppo nito, e p un divisore primo dellordine di G. Sia N G tale che [N[ = p
k
.
Si provi che il numero di p-sottogruppi di Sylow di G `e uguale al numero di p-sottogruppi di
Sylow di G/N.
4. Sia G un gruppo di ordine pq, con p e q numeri primi. Si provi che G non `e semplice. Si
provi quindi che se p < q e p ,[q 1 allora G `e commutativo (anzi ciclico).
5. Siano p, q primi distinti. Si provi che un gruppo di ordine p
2
q non `e semplice.
6. Si provi che un gruppo di ordine 120 ha almeno 6 classi di coniugio.
7. Sia G un gruppo di ordine 224. Si provi che G non `e semplice.
8. Sia G un gruppo di ordine 1998. Si provi che G ha un unico sottogruppo di indice 2.
9. Sia G un gruppo di ordine 63. Si provi che Z(G) ,= 1
G
.
10. Sia G un gruppo di ordine pq
2
, con p, q primi distinti. Si provi che se [Z(G)[ = p allora G
`e commutativo.
11. Sia G un gruppo di ordine 12. Si provi che si verica uno dei casi seguenti.
a) G `e commutativo; in tal caso G `e ciclico oppure isomorfo al prodotto diretto di un gruppo
non ciclico di ordine 4 per un gruppo ciclico di ordine 3.
b) [Z(G)[ = 3 e G/Z(G) `e isomorfo a S
3
.
c) [Z(G)[ = 1 e G `e isomorfo a A
4
.
68
VI - TEORIA DEI CAMPI
0.5 Estensioni di campi
Siano F, E campi. E si dice estensione di F (e si scrive E[F) se esiste un omomorsmo
iniettivo di campi (detto immersione):
: F E.
In tal caso, limmagine (F) `e un sottocampo di E isomorfo ad F. Risulta allora spesso
pi` u agevole pensare di identicare ogni elemento a di F con la sua immagine (a), e di
vedere quindi F contenuto in E come suo sottocampo.
Esempi fondamentali di estensioni di campi sono R[Q, C[R e C[Q (con le immersioni
naturali - ovvero la restrizione dellidentit`a).
Un altro esempio che `e utile tener presente `e il seguente. Se F `e un campo, allora lanello
dei polinomi F[x] `e un dominio dintegrit`a. Denotiamo con F(x) il campo delle frazioni
di F[x]. Quindi
F(x) =
_
f
g
[ f, g F[x], g ,= 0
_
si chiama campo delle frazioni algebriche su F. Allora F(x)[F `e unestensione di campi
(limmersione `e quella che associa ad ogni elemento a di F il polinomio costante a).
Ancora, sia F un campo, e I un ideale massimale di F[x]; allora E = F[x]/I `e un
campo, e E[F `e una estensione mediante lomomorsmo (denito da F in E)
a a +I.
(Ricordo che se I ,= 0 `e un ideale di F[x] (con F un campo) allora, per quanto visto
in precedenza, I `e principale e I = (f), dove f `e un polinomio di grado minimo tra i
polinomi non nulli contenuti in I. Inoltre I `e massimale se e soltanto se f `e irriducibile
in F[x].)
Inne, osserviamo che se E[F e L[E sono estensioni di campi ottenute mediante,
rispettivamente, gli omomorsmi e , allora L[F `e unestensione, ottenibile medi-
ante lomomorsmo composto .
69
Grado di una estensione.
Sia F un sottocampo del campo E (o pi` u in generale, sia E[F unestensione di campi).
Allora `e possibile vedere in modo naturale E come uno spazio vettoriale su F (ovvero su
(F)): i vettori sono gli elementi di E, gli scalari quelli di F e il prodotto di un vettore
per uno scalare `e eettuato mediante la moltiplicazione dei due elementi nel campo E.
Si verica facilmente che tutti gli assiomi di spazio vettoriale sono soddisfatti.
Denizione. Sia E[F unestensione di campi. La dimensione di E come spazio vetto-
riale su F si chiama grado di E su F, e si denota con [E : F] .
Ad esempio, ogni numero complesso si scrive in modo unico nella forma a +ib = a1 +bi
con a, b R, cio`e come combinazione lineare (a coecienti nel campo degli scalari R)
di 1 e i (visti come vettori). Quindi 1, i `e una base di C su R e dunque [C : R] = 2
(mentre [R : Q] = , come sar`a chiaro pi` u avanti).
Osserviamo anche che [E : F] = 1 se e solo se E = F.
Questo semplice punto di vista `e di fatto molto utile. Ecco una prima applicazione.
Proposizione 0.5.1 Sia L un campo nito. Allora [L[ = p
n
con p un numero primo e
1 n N.
Dimostrazione. Poich`e L `e un campo ed `e nito la sua caratteristica deve essere un
numero primo p (Proposizione 7.2 Cap. IV). Quindi, se F `e il suo sottoanello fonda-
mentale, allora F Z
p
`e un campo, e possiamo vedere L come estensione di F. Sia
[L : F] = n il grado di questa estensione. Allora L `e uno spazio vettoriale su F di
dimensione n; quindi, come spazio vettoriale, L `e isomorfo allo spazio F
(n)
delle n-uple
a coecienti in F. In particolare, [L[ = [F
(n)
[ = [F[
n
= p
n
.
Dimostreremo pi` u avanti che per ogni primo p ed ogni n 1 esiste un campo di ordine
p
n
, e che due campi niti dello stesso ordine sono isomor.
Ricordiamo (Proposizione 8.2, Cap. IV) che se F `e un campo, e I = (f) un ideale
massimale dellanello dei polinomi F[x] con n = deg f, allora ogni elemento del campo
E
f
= F[x]/I si scrive in modo unico nella forma
a
0
+a
1
x +. . . +a
n1
x
n1
+I = a
0
1 +a
1
(x +I) +. . . +a
n1
(x
n1
+I)
con a
0
, a
1
, . . . , a
n1
F. Ne segue che linsieme di elementi di E
f
:
1, x +I, x
2
+I, . . . , x
n1
+I
`e una base di E
f
come spazio vettoriale su F, e quindi [E
f
: F] = n = deg f.
Vediamo ora un importante strumento per lo studio dei gradi di unestensione.
Teorema 0.5.2 (Formula dei Gradi) Siano F, L, M campi con F L M.
Allora [M : F] = [M : L][L : F].
70
Dimostrazione. Il fatto `e ovvio se [M : L] = oppure [L : F] = (qui, adottiamo
la convenzione n = = ). Quindi assumiamo che [M : L] = n, [L : F] = m
siano entrambi niti.
Sia a
1
, a
2
, . . . , a
n
una base di M su L, e sia b
1
, b
2
, . . . , b
m
una base di L su F. Proviamo
che gli elementi b
j
a
i
(1 j m, 1 i n) costituiscono una base di M su F.
(generazione). Sia u M, allora esistono x
1
, x
2
, . . . , x
n
in L tali che
u = x
1
a
1
+x
1
a
2
+. . . +x
n
a
n
=
n

i=1
x
i
a
i
.
Ora ogni x
i
L `e a sua volta una combinazione a coecienti in F della base (b
j
):
x
i
= y
1i
b
1
+y
2i
b
2
+ . . . +y
mi
b
m
=
m

j=1
y
ji
b
j
.
Quindi
u =
n

i=1
x
i
a
i
=
n

i=1
_
_
m

j=1
y
ji
b
j
_
_
a
i
=
n

i=1
m

j=1
(y
ji
b
j
a
i
)
quindi ogni u M `e combinazione a coecienti in F degli elementi b
j
a
i
.
(indipendenza). Proviamo ora che il sistema (b
j
a
i
) `e linearmente indipendente. Sia
I = 1, . . . , m 1, . . . , n e siano, per (j, i) I, y
ji
F tali che

(j,i)I
y
ji
b
j
a
i
= 0 .
Allora
0 =
n

i=1
m

j=1
(y
ji
b
j
a
i
) =
n

i=1
_
_
m

j=1
y
ji
b
j
_
_
a
i
dove, per ogni 1 i n,

m
j=1
y
ji
b
j
L. Poich`e gli elementi a
i
sono linearmente
indipendenti su L, si ha, per ogni 1 i n,
m

j=1
y
ji
b
j
= 0
e, poich`e gli elementi b
j
sono indipendenti su F, si conclude che y
ji
= 0 per ogni (j, i) I,
provando cos` lindipendenza del sistema (b
j
a
i
).
Dunque (b
j
a
i
)
(j,i)I
`e una base di M come spazio vettoriale su F e quindi
[M : F] = nm = [M : L][L : F] .
Elementi algebrici e trascendenti.
Sia F un sottocampo del campo E (se E[F `e estensione, F `e identicato con la sua
copia isomorfa in E), e sia b E. Denotiamo con
71
F[b] il minimo sottoanello di E che contiene F b;
F(b) il minimo sottocampo di E che contiene F b (come al solito, esso esiste
perche lintersezione di sottocampi di E `e un sottocampo). Chiaramente F[b] F(b).
Ricordo (limitandolo ai campi) il contenuto del Teorema 8.3 (Cap. IV):
Sia E[F unestensione di campi, e sia b E. Allora
F[b] =
_
n

i=0
a
i
b
i
[ n N, a
0
, a
1
, . . . , a
n
F
_
.
E, in generale, F(b) risulter`a isomorfo al campo delle frazioni di F[b].
Queste notazioni si estendono nella maniera naturale. Siano b
1
, b
2
, . . . , b
n
elementi di
E; allora F[b
1
, b
2
, . . . , b
n
] `e il minimo sottoanello di E che contiene F b
1
, b
2
, . . . , b
n
;
mentre F(b
1
, b
2
, . . . , b
n
) `e il minimo sottocampo di E che contiene F b
1
, b
2
, . . . , b
n
.
Risulta immediato vericare che
F(b
1
, b
2
, . . . , b
n
) = (F(b
1
, . . . , b
n1
))(b
n
) = F(b
1
) . . . (b
n1
)(b
n
).
In particolare
F(b
1
)(b
2
) = F(b
1
, b
2
) = F(b
2
)(b
1
).
Denizione. Sia E[F unestensione di campi, e sia b E.
(1) b si dice algebrico su F se esiste un polinomio f ,= 0 in F[x] tale che f(b) = 0.
(2) b si dice trascendente su F se per ogni polinomio f ,= 0 in F[x] si ha f(b) ,= 0.
Esempi. 1) Per ogni n, m N, con m 1,
m

n `e un numero reale algebrico su Q, essendo


radice del polinomio x
m
n Q[x]. Similmente, i C `e algebrico su Q essendo radice del
polinomio x
2
+ 1.
2) Esistono numeri reali che sono trascendenti su Q. Esempi sono i numeri ed e. La
dimostrazione di questo fatto `e stata ottenuta da F. Lindemann nel 1882, ed `e piuttosto compli-
cata. Tuttavia, non `e dicile provare che linsieme dei numeri reali che sono algebrici su Q `e un
insieme numerabile; poich`e linsieme dei reali non `e numerabile, da ci`o segue che devono esistere
numeri reali trascendenti su Q (anzi, che linsieme di essi `e pi` u che numerabile).
3) Lelemento x F(x) `e trascendente su F (nellestensione F(x)[F). Pi` u in generale, si provi
per esercizio che ogni f/g F(x) F (con f, g polinomi su F, g ,= 0) `e trascendente su F.
Esercizio. Si provi che u =

2

3 `e algebrico su Q.
Soluzione. Occorre trovare un polinomio non nullo in Q[x] che ammette u come radice. Com-
inciamo con elevare u al quadrato
u
2
= 2 2

3 + 3 = 5 2

6
da cui 2

6 = 5 u
2
ed elevando ancora al quadrato
24 = u
4
10u
2
+ 25
quindi u `e radice del polinomio f = x
4
10x
2
+ 1 Q[x] e dunque `e algebrico su Q.
Osserviamo i seguente fatti banali. 1) Se b F allora b `e algebrico su F (`e radice del
polinomio x b F[x]).
72
2) Siano F E L campi, e sia b L: se b `e algebrico su F, allora b `e algebrico su
E; mentre se b `e trascendente su E allora `e trascendente su F.
Veniamo ora ad una osservazione fondamentale. Sia E[F unestensione di campi, e sia
b E. Abbiamo allora lomomorsmo di sostituzione

b
: F[x] E
f f(b)
la cui immagine `e F[b] ed il cui nucleo `e I
b
= ker(
b
) = f F[x] [ f(b) = 0 . Dal
Teorema fondamentale di omomorsmo discende allora che
F[b]
F[x]
I
b
.
Vale dunque il seguente importante risultato.
Teorema 0.5.3 Sia E[F unestensione di campi, e sia b E. Allora F[b] F[x]/I
b
,
dove I
b
= f F[x] [ f(b) = 0.
Supponiamo che lelemento b E sia trascendente su F; allora, per denizione, lideale
I
b
= f R[x] [ f(b) = 0 coincide con 0; dunque, in questo caso, lomomorsmo di
sostituzione
b
`e iniettivo. Quindi F[b] `e isomorfo allanello dei polinomi F[x] (e non `e
un campo).
Se invece b `e algebrico su F, per denizione esiste almeno un polinomio non nullo a
coecienti in F che ammette b come radice. Dunque lideale ker(
b
) = I
b
non `e lideale
nullo. Poiche F `e un campo, I
b
`e un ideale principale, e sappiamo che un generatore f
di I
b
`e un polinomio di grado minimo tra i polinomi non nulli di I
b
. Fra i generatori di
I
b
ne esiste dunque uno e uno solo monico (ovvero con coeciente direttivo uguale a 1):
esso `e detto polinomio minimo di b (su F).
Chiamiamo f il polinomio minimo di b su F (b E algebrico su F), e supponiamo che f
si fattorizzi in F[x] come il prodotto di due polinomi, cio`e che f = gh con g, h F[x] (ed,
essendo f ,= 0, `e anche g ,= 0 ,= h). Allora, applicando lomomorsmo di sostituzione:
0 = f(b) = g(b)h(b) ;
poiche E `e un campo, si deve avere g(b) = 0 oppure h(b) = 0. Sia g(b) = 0, allora, poiche
g ,= 0, deve essere deg g = deg f, quindi deg h = 0, che signica h F

; similmente, se
h(b) = 0 si ha deg h = deg f e g F

. Abbiamo quindi concluso che il polinomio f `e


irriducibile (vedi la Proposizione 8.6 del Cap. IV e gli esempi che seguono). [Viceversa,
se f F[x] `e un polinomio monico irriducibile che ammette b come radice nel campo
K, allora f `e il polinomio minimo di b su F; infatti il polinomio minimo g di b divide f
e quindi deg g = deg f da cui g = f (essendo entrambi monici).]
Ora, poiche f `e irriducibile, per una propriet`a fondamentale dei P.I.D. (e F[x] `e tale),
I
b
= (f) `e un ideale massimale, e pertanto F[b] F[x]/(f) `e un campo (Teorema 8.7
del Cap. IV).
Ricapitolando, se b E `e algebrico su F, allora F[b] `e un campo; quindi, in questo
caso F(b) = F[b].
73
Se invece b `e trascendente su F, allora F[b] `e isomorfo allanello dei polinomi F[x].
Poiche F(b) `e un campo che contiene F[b] F[x], per la propriet`a del campo delle
frazioni, esiste un campo K F(x) tale che F[b] K F(b); ma F(b) `e il minimo
sottocampo di E che contiene F b e quindi K = F(b). In conclusione, abbiamo
dunque provato il seguente risultato.
Teorema 0.5.4 Sia E[F unestensione di campi e sia b E. Allora
(1) Se b `e algebrico su F, allora F(b) = F[b] F[x]/(f), dove f `e il polinomio minimo
di b su F. Inoltre, [F[b] : F] = deg f.
(2) Se b `e trascendente su F, allora F(b) F(x). In tal caso [F(b) : F] = .
Corollario 0.5.5 Sia E[F unestensione di campi e sia b E. Allora b `e trascendente
su F se e soltanto se F(b) ,= F[b].
In eetti, dobbiamo ancora chiarire compiutamente lultima aermazione al punto (1)
del Teorema 5.4.
Sia b E un elemento algebrico su F, e f F[x] il suo polinomio minimo. Allora per
quanto ricordato a proposito degli elementi dellanello quoziente F[x]/(f), e mediante
lisomorsmo F[x]/(f) F[b] (dato da g + (f) g(b)), otteniamo infatti la seguente
descrizione degli elementi di F[b].
Proposizione 0.5.6 Sia E[F unestensione di campi, b E un elemento algebrico su
F, e f F[x] il suo polinomio minimo. Allora ogni elemento di F[b] si scrive in modo
unico nella forma
a
0
+a
1
b +. . . +a
n1
b
n1
dove n = deg f e a
0
, a
1
, . . . , a
n1
F.
Da ci`o segue che (1, b, b
2
, . . . , b
n1
) `e una base di F[b] come spazio vettoriale su F, e
che quindi [F[b] : F] = dim
F
(F[b]) = n = deg f.
Esempio. Abbiamo visto che b =

2

3 `e algebrico su Q, e il suo polinomio minimo `e


f = x
4
10x
2
+ 1; quindi Q[b] = Q(b) `e un campo di grado 4 su Q. Troviamo lespressione di
(b
2
+ b 1)
1
Q(b) come combinazione a coecienti razionali di 1, b, b
2
, b
3
. Si pu`o procedere
brutalmente determinando i coecienti a
i
Q con limporre luguaglianza
(b
2
+b 1)(a
0
+a
1
b +a
2
b
2
+a
3
b
3
) = 1,
oppure si pone g = x
2
+x1 e poiche (g, f) = 1 (dato che f `e irriducibile) mediante lalgoritmo
di Euclide si determinano h, t Q[x] tali che hg + tf = 1; a questo punto, sostituendo b, si ha
1 = h(b)g(b) +t(b)f(b) = h(b)(b
2
+b 1), per cui b
1
= h(b). Cos` procedendo si trova che
1 =
x + 2
7
f +
x
3
+x
2
10x 9
7
g
e pertanto b
1
=
1
7
(b
3
+b
2
10b 9).
74
Estensioni semplici.
Unestensione E[F di campi si dice si dice estensione semplice se esiste b E tale che
E = F(b). In tal caso, b si dice un elemento primitivo di E[F. Ad esempio, C = R[i]
`e una estensione semplice di R. Il Teorema 5.4 fornisce una descrizione delle estensioni
semplici. In particolare, notiamo il fatto seguente.
Proposizione 0.5.7 Sia E[F unestensione semplice di campi. Allora [E : F] `e nito,
oppure E F(x).
Esempi. 1) Sia L = Q[

2,

3]; allora L[Q `e una estensione semplice. Proviamo infatti che


L = Q[

3]. Linclusione Q[

2] L `e ovvia. Viceversa, osserviamo che

3 +

2 = (

2)
1
Q[

2],
e quindi

2 =
1
2
[(

3 +

2) (

2) Q[

2]. Analogamente

3 Q[

2], e
dunque Q[

2,

3] Q[

3].
2) Q(,

2) non `e unestensione semplice di Q. Infatti, poiche `e trascendente su Q,


[Q(,

2) : Q] = , e dunque Q(,

2) non pu`o essere unestensione di Q ottenuta medi-


ante laggiunzione di un elemento algebrico. Se fosse Q(,

2) Q(x), allora (vedi esercizio 1)


ogni elemento di Q(,

2) Q sarebbe trascendente su Q, e ci`o `e in contraddizione con il fatto


che

2 Q(,

2) Q `e algebrico su Q.
Osservazione. R non `e una estensione semplice di Q. Questo si pu`o provare di-
mostrando che ogni estensione semplice di un campo numerabile `e numerabile. Poich`e
R non `e numerabile, non pu`o essere una estensione semplice di Q.
Citaimo, senza dimostrarlo, il seguente risultato di Steinitz.
Teorema 0.5.8 Sia E[F unestensione di grado nito. Allora E[F `e semplice se e solo se il
numero di campi intermedi tra F ed E `e nito.
Estensioni algebriche.
Unestensione di campi E[F si dice algebrica se ogni elemento di E `e algebrico su F.
Proposizione 0.5.9 Sia E[F una estensione di campi di grado nito n. Allora ogni
elemento di E `e algebrico su F, e di grado n (e quindi E[F `e algebrica).
Dimostrazione. Sia E[F estensione con [E : F] = n < , e sia b E. Ora, E `e uno
spazio vettoriale di dimensione n su F. Quindi gli n + 1 elementi 1, b, b
2
, b
3
, . . . , b
n
di
E sono linearmente dipendenti su F, cio`e esistono a
0
, a
1
, a
2
, . . . , a
n
in F non tutti nulli
tali che
a
0
1 +a
1
b +a
2
b
2
+. . . +a
n
b
n
= 0
e dunque b `e radice del polinomio non nullo f = a
0
+a
1
x +. . . +a
n
x
n
F[x]. Quindi,
b `e algebrico su F, ed il suo polinomio minimo divide f e pertanto ha grado al pi` u
deg f n.
75
Corollario 0.5.10 Sia E[F unestensione di campi, e sia b E algebrico su F. Allora
F[b] `e estensione algebrica di F
Dimostrazione. Sia f F[x] il polinomio minimo di b su F, e sia n = deg f. Allora
[F[b] : F] = n, e si applica la Proposizione precedente.
Un estensione E[F tale che [E : F] < si dice estensione nita.
Proposizione 0.5.11 Sia E[F una estensione di campi. Allora E[F `e nita se e solo
se esistono elementi b
1
, . . . , b
m
E, algebrici su F, tali che E = F[b
1
, . . . , b
m
].
Dimostrazione. Sia E = F[b
1
, . . . , b
m
]. Allora b
1
, . . . , b
m
sono algebrici su F (dire
perche). Una ripetuta applicazione del punto (1) del Teorema 5.4 e della formula dei
gradi porta a [E : F] < ; infatti:
[E : F] = [F[b
1
, . . . , b
n1
][b
n
] : F[b
1
, . . . , b
n1
]] . . . . . . [F[b
1
][b
2
] : F[b
1
]] [F[b
1
] : F]
[F[b
n
] : F] . . . [F[b
2
] : F] [F[b
1
] : F] < .
Viceversa, sia [E : F] = n < , e procediamo per induzione su n. Se n = 1, E = F
e non c`e nulla da provare. Sia n 2, e sia b
1
= b E F. Allora 2 [F(b) : F] =
k n per la Proposizione 5.9. Se F(b) = E siamo a posto; altrimenti, applichiamo la
formula dei gradi n = [E : F] = [E : F(b)][F(b) : F], e quindi [F(b) : F] = n/k < n.
Per ipotesi induttiva, esistono b
2
, . . . , b
m
E tali che E = F(b)(b
2
, . . . , b
m
), e quindi
E = F(b
1
, b
2
, . . . , b
m
) e abbiamo concluso.
Teorema 0.5.12 Sia E[F una estensione di campi. Allora linsieme degli elementi di
E algebrici su F `e un sottocampo di E (che ovviamente contiene F).
Dimostrazione. Siano a, b E algebrici su F. Allora [F(a) : F] = n e [F(b) : F] = m
con 1 n, m N. Sia f il polinomio minimo di b su F. Allora, in particolare, 0 ,= f
F(a)[x], e f(b) = 0. Pertanto b `e algebrico su F(a) e si ha [F(a, b) : F(a)] deg f = m.
Quindi, per la formula dei gradi
[F(a, b) : F] = [F(a, b) : F(a)][F(a) : F] nm < .
Dunque, per il Lemma 5.9, ogni elemento di F(a, b) `e algebrico su F. In particolare,
sono quindi algebrici su F gli elementi a b, ab, a
1
, b
1
. Dunque somme, prodotti e
inversi di elementi algebrici sono ancora elementi algebrici, provando cos` lasserto.
Se E[F `e una estensione di campi, il campo costituito da tutti gli elementi algebrici di
E su F si chiama chiusura algebrica di F in E (la denoteremo con F
E
). Un caso
molto importante, `e quello dellestensione C[Q. I numeri complessi che sono algebrici su
Q si chiamano numeri algebrici e linsieme di essi (ovvero la chiusura algebrica di Q in
C), che denotiamo con Q, si chiama il campo dei numeri algebrici. Osserviamo che
R , Q, infatti R contiene elementi trascendenti su Q (ad esempio , Q).
76
Proposizione 0.5.13
_
Q : Q

= .
Dimostrazione. Per ogni intero n 2, sia
n
=
n

2.
n
`e algebrico su Q, ed il suo
polinimio minimo `e x
n
2 (che `e irriducibile per il Criterio di Eisenstein - Ccriterio 2
del Cap. IV). Dunque Q contiene elementi il cui grado su Q `e grande quanto si vuole,
e dunque, per la Proposizione 5.9,
_
Q : Q

= .
Questultimo fatto riconferma, in particolare, che il grado di R su Q `e .
Usando metodi del genere, possiamo inne fare la seguente osservazione.
Proposizione 0.5.14 Siano E[F e L[E estensioni algebriche di campi. Allora lesten-
sione L[F `e algebrica.
Dimostrazione. Siano E[F e L[E estensioni algebriche, e sia b L. Poiche b `e
algebrico su E esistono elementi non tutti nulli a
0
, a
1
, . . . , a
m
di E tali che
a
0
+a
1
b +. . . +a
m
b
m
= 0.
Quindi b `e algebrico su K = F(a
1
, a
2
, . . . , a
m
), e [K(b) : K] m. Poiche ciascun
a
1
(i = 1, 2, . . . , m) `e algebrico su F, K ha grado nito su F. Dunque
[K(b) : F] = [K(b) : K][K : F] < .
Dalla Proposizione 5.9 segue che b `e algebrico su F, cos` provando che lestensione L[F
`e algebrica.
Commenti e trucchi.
R contiene elementi trascendenti su Q. Iniziamo osservando che Q[x] `e numerabile: infatti, se
denotiamo con P
n
linsieme di tutti polinomi razionali di grado n, allora P
n
`e numerabile; poiche
Q[x] =

nN
P
n
, Q[x] `e ununione numerabile di insiemi numerabili, ed `e pertanto numerabile.
Ora, ogni elemento di R che sia algebrico su Q `e radice di qualche polinomio non nullo in Q[x].
Poiche un polinomio non nullo ha al pi` u un numero nito di radici, linsieme degli elementi di R
algebrici su Q (la chiusura algebrica di Q in R) `e unione numerabile di insiemi niti, ed `e dunque
numerabile. Siccome R non `e numerabile, questo signica che esistono elementi di R che non
sono algebrici su Q. (Osserviamo che ci`o implica, in particolare, che R contiene un sottocampo
isomorfo a Q(x).)
Formula dei gradi. La formula dei gradi risulta molto utile per eliminare i conti in diverse
situazioni. Vediamo alcuni esempi.
1) Sia F L una estensione di campi. Proviamo che se b L `e algebrico su F di grado dispari
allora F[b] = F[b
2
]. Poich`e b `e algebrico, F[b] e F[b
2
] sono campi. Linclusione F[b
2
] F[b]
`e ovvia. Supponiamo per assurdo F[b] , F[b
2
]; ci`o equivale a b , F[b
2
]. Ora, b `e radice del
polinomio g = x
2
b
2
F[b
2
][x], e siccome b , F[b
2
], g `e il polinomio minimo di b sul campo
F[b
2
]. Poich`e chiaramente F[b
2
, b] = F[b] si ha allora [F[b] : F[b
2
]] = 2 e quindi, per la formula
dei gradi,
[F[b] : F] = [F[b] : F[b
2
]][F[b
2
] : F] = 2[F[b
2
] : F]
contro lipotesi che [F[b] : F] sia dispari.
77
2) Calcolare il grado di L = Q[

2,
3

3] su Q.
3

3 `e algebrico su Q ed il suo polinomio minimo


su Q `e x
3
3. Quindi Q[
3

3] `e un campo e [Q[
3

3] : Q] = 3. Ora,

2 , Q[
3

3], perche, se cos`


fosse, allora Q Q[

2] Q[
3

3] e per la formula dei gradi si avrebbe la conclusione assurda


che 2 = [Q[

2] : Q] divide [Q[
3

3] : Q] = 3. Dunque x
2
2 `e il polinomio minimo di

2 anche
sul campo Q(
3

3). Applicando ancora la formula dei gradi si ha in conclusione


[L : Q] = [Q(
3

3,

2) : Q(
3

3)][Q(
3

3) : Q] = 2 3 = 6.
3) Siano , C, rispettivamente, una radice 7-ima ed una radice quinta dellunit`a, diverse
da 1. Proviamo che , Q[]. Infatti (vedi la Proposizione 4.7 del Cap. IV ed il commento
seguente) i polinomi minimi su Q di e sono, rispettivamente
x
6
+x
5
+. . . +x + 1 e x
4
+x
3
+x
2
+x + 1.
Quindi [Q[] : Q] = 6 e [Q[] : Q] = 4; se fosse Q[] allora Q[] Q[] che, applicando la
formula dei gradi come negli esempi precedenti, conduce ad una contraddizione.
Esercizio. Sia f = x
3
x +1 Q[x], e sia b C una radice di f. Si provi che Q(b) non contiene
altre radici di f. Il facile studio del graco della funzione reale y = x
3
x + 1 associata al
polinomio f, mostra che esso interseca lasse delle ascisse in un solo punto. Dunque, f ha una
sola radice reale , e due radici complesse e non reali e

, tra loro coniugate. Se b = , allora
Q(b) R, e dunque , Q(b) e

, Q(b). Sia allora b = . Poiche f `e irriducibile su Q (`e monico
di terzo grado e non ha radici intere), esso `e il polinomio minimo di ogni sua radice in C. In
particolare
[Q() : Q] = deg f = 3 = [Q() : Q].
Se fosse Q(), allora Q Q() Q(), e dunque, per la formula dei gradi Q() = Q().
Ci`o `e assurdo perche Q() R, mentre C R. Si osservi anche che

, Q().
ESERCIZI
1. Sia F un campo e F(x) il campo delle frazioni algebriche su F. Si provi che ogni elemento
in F(x) F `e trascendente su F.
2. Calcolare [Q(

5,

11] : Q].
3. Calcolare [Q() : Q] con C tale che
7
= 2. Stessa domanda con tale che
6
= 4.
4. Sia a =
3

3 + 1313. Qual `e il grado del polinomio minimo di a su Q ? Qual `e il grado del


polinomio minimo di a +i su Q ?
5. Siano a, b C elementi algebrici su Q tali che [Q(a) : Q] = n, [Q(b) : Q] = m con (n, m) = 1.
Si provi che Q(a) Q(b) = Q.
6. Sia E = Q(
3

2). Si provi che il polinomio x


2
+x + 1 `e irriducibile in E[x].
7. provare che i campi Q(

3) e Q(

5) non sono isomor.


8. Sia C una radice del polinomio x
3
x+1, e in Q() si consideri lelemento = 23+2
2
.
Si provi che `e algebrico su Q e si trovi il suo polinomio minimo.
78
9. Sia E[F unestensione di grado nito e tale che per ogni coppia F
1
, F
2
di campi intermedi
tra F ed E si ha F
1
F
2
oppure F
2
F
1
. Provare che E[F `e unestensione semplice.
10. Sia A il campo dei numeri algebrici. Provare che ogni z C A `e trascendente su A. As-
sumendo quindi il fatto che C `e algebricamente chiuso, provare che A `e un campo algebricamente
chiuso.
11. Sia E[F unestensione algebrica. Si provi che se R `e un sottoanello di E contenente F,
allora R `e un campo.
12. Siano a, b C algebrici su Q, con [Q(a) : Q] = p, [Q(b) : Q] = q, p, q primi distinti e p > q.
Sia f il polinomio minimo di a su Q, e h il polinomio minimo di a +b su Q.
1) Provare che [Q(a, b) : Q] = pq.
2 Provare che f `e il polinomio minimo di a su Q(b).
3) Provare che deg h p e che deg h[pq.
4) Sia, per assurdo, deg h = p. Posto h
1
= h(x + b) Q(b)[x], provare che h
1
= f Q[x], e
confrontando i coecienti di grado p 1 arrivare ad una contraddizione.
5) Concludere che deg h = pq, e quindi che Q(a, b) = Q(a +b).
0.6 Campi di spezzamento
Un omomorsmo iniettivo `e detto monomorsmo.
Sia f = a
0
+ a
1
x + . . . + a
n
x
n
un polinomio irriducibile sul campo F. Allora lideale
(f) di F[x] `e massimale; quindi E = F[x]/(f) `e un campo, ed `e in modo naturale
(mediante il monomorsmo denita da a a + (f), per ogni a F) unestensione di
F. Identicando gli elementi di F con le loro immagini in E, il polinomio f pu`o essere
visto come un polinomio a coecienti in E. In E sia = x + (f); allora
f() = a
0
+a
1
+. . . +a
n

n
= a
0
+a
1
(x + (f)) +. . . +a
n
(x + (f))
n
=
= a
0
+ (a
1
x + (f)) +. . . + (a
n
x
n
+ (f)) =
= a
0
+a
1
x +. . . +a
n
x
n
+ (f) = f + (f) = (f) = 0
E
.
Dunque E `e unestensione di F che contiene una radice di f (e osserviamo che risulta
E = F[]). Abbiamo dunque provato il seguente fatto fondamentale.
Proposizione 0.6.1 Sia f un polinomio irriducibile sul campo F. Allora esiste unesten-
sione E di F che contiene una radice di F, ed `e tale che E = F[].
La situazione descritta da questa proposizione si chiama aggiunzione ad F di una
radice di f.
Denizione. Sia F un campo, e 0 ,= f F[x]. Unestensione E di F si dice campo
di spezzamento per f su F, se esistono elementi a
1
, . . . , a
n
E tali che
1) f = a(x a
1
) (x a
n
) in E[x] (dove a `e il coeciente direttivo di f);
79
2) E = F[a
1
, . . . , a
n
].
In altre parole, un campo di spezzamento per f su F `e una estensione di F che contiene
tutte le radici di f, ed `e da queste generata su F. Il risultato che segue mostra come,
in sostanza mediante aggiunzione successiva di radici, sia sempre possibile estendere F
ad un campo di spezzamento per f.
Teorema 0.6.2 Sia F un campo, e 0 ,= f F[x], con deg f = n. Allora esiste un
campo di spezzamento E per f su F, tale che [E : F] divide n!.
Dimostrazione. Sia F un campo, e 0 ,= f F[x], con deg f = n. Procediamo per
induzione su n. Se n = 1 allora F `e esso stesso campo di spezzamento. Sia n 2.
Supponiamo che f sia riducibile in F[x]. Dunque f = f
1
f
2
con f
1
, f
2
F[x] e, ponendo
d = deg f
1
, 1 d n 1 e deg f
2
= n d < n. Per ipotesi induttiva, esistono allora
un campo di spezzamento E
1
per f
1
su F, ed un campo di spezzamento E per f
2
su
E
1
, inoltre [E 1 : F] divide d! e [E : E
1
] divide (n d)!. Si verica facilmente dalla
denizione che E `e un campo di spezzamento per f su F; inne per la formula dei gradi
si ha che [E : F] = [E : E
1
][E
1
: E] divide d!(n d)! che, a sua volta, divide n!.
Supponiamo quindi che f si irriducibile in F[x]. Per la Proposizione 6.1, esiste allora
unestensione E
1
di F tale che E
1
= F[] con radice di f; inoltre, per il Teorema 5.4,
[E
1
: E] = n. Ora, in E
1
[x], f si fattorizza come (x)g, con deg g = n1. Per ipotesi
induttiva, esiste un campo di spezzamento E per g su E
1
, con [E : E
1
][(n 1)!. Come
sopra, E `e un campo di spezzamento per f su F, e si ha che [E : F] = [E : E
1
][E
1
: F]
divide (n 1)!n = n!.
Esempi. 1) Sia 1 n N, e sia C una radice primitiva n-esima dellunit`a (quindi,
= cos
2k
n
+i sin
2k
n
, con 0 k n1 e (k, n) = 1); sia f = x
n
1. Allora, le radici in C di f
sono tutte e sole le potenze
t
con t = 0, 1, . . . , n1. Quindi E = Q() = Q(1, ,
2
, . . . ,
n1
)
`e un campo di spezzamento per f su Q. In E[x],
x
n
1 = (x 1)(x ) (x
n1
).
Inoltre, se n = p `e un primo, allora sappiamo (come applicazione del criterio di Eisenstein) che
il polinomio minimo di su Q `e 1 + x + . . . + x
p1
, e pertanto [E : Q] = p 1. Se n non `e
un primo si pu`o provare (lo vedremo pi` u avanti) che [Q() : Q] = (n), dove `e la funzione di
Eulero (ed anche il numero di radici primitive n-esime dellunit`a distinte).
2) Sia f = x
3
x + 1 Q[x]. Nellesercizio a pag. 9 abbiamo osservato che f ha in C una
redice reale e due radici complesse e non reali e

, tra loro coniugate. Abbiamo anche provato
che laggiunzione a Q di una sola di queste radici non d`a luogo ad un campo di spezzamento per
f su Q. Quindi un tale campo di spezzamento `e dato da E = Q(, ,

) = Q(, ). Ora, poiche
f `e irriducibile su Q, [Q() : Q] = 3. In Q()[x] si ha f = (x )g, dove g `e un polinomio
irriducibile di grado 2 (se g fosse riducibile allora Q() conterrebbe tutte le radici di f) che
ammette e

come radici. Dunque [Q()() : Q()] = 2 e, per la formula dei gradi
[E : Q] = [Q(, ) : Q] = [Q(, ) : Q()][Q() : Q] = 2 3 = 6 = 3!.
Estensioni normali.
80
Siano E[F e M[F estensioni di campi, e supponiamo che sia dato un isomorsmo di
campi

: F F (con a a per ogni a F). Ci chiediamo sotto quali condizioni sia
possibile estendere tale isomorsmo a un monomorsmo E M.
Osserviamo in primo luogo che `e possibile estendere in modo canonico lisomorsmo

: F F ad un isomorsmo (che denoteremo ancora con



) dallanello dei polinomi
F[x] in F[x]; denito da, se g = a
0
+a
1
x +. . . +a
n
x
n
F[x],
g = a
0
+ a
1
x +. . . + a
n
x
n
.
Lemma 0.6.3 Sia

: F F ad un isomorsmo di campi. Sia E estensione di F
tale che E = F[b] con b algebrico su F, e sia f il polinomio minimo di b. Sia M
unestensione di F. Allora lisomorsmo

si estende ad un monomorsmo E M se
e solo se M contiene qualche radice di

f. Inoltre, se c `e una radice in M di

f, allora
esiste un unico monomorsmo : E M che estende

e tale che (b) = c; e si ha
(E) = F[c].
Dimostrazione. Supponiamo che esista un monomorsmo : E M che estende
lisomorsmo

(cio`e tale che (a) = a per ogni a F). Allora, se f = a
0
+a
1
x+. . .+a
n
,

f((b)) = a
0
+. . . + a
n
(b)
n
= (a
0
) +. . . +(a
n
)(b)
n
= (f(b)) = 0
e dunque (b) M `e una radice di

f.
Viceversa, sia c M una radice di

f, e ricordiamo che ogni elemento di E = F[b] si
scrive in modo unico nella forma a
0
+ a
1
b + a
n1
b
n1
, con a
0
, a
1
, . . . , a
n
F. Allora
lapplicazione : E M denita da, per ogni u = a
0
+a
1
b +a
n1
b
n1
E,
(u) = a
0
+ a
1
c + a
n1
c
n1
,
denisce un monomorsmo da E in M che chiaranente estende

. Infatti, lisomorsmo
F[x] F[x] (che manda f in

f, che quindi `e il polinomio minimo di c su F) manda
lideale (f) nellideale (

f). Ne segue che F[x]/(f) `e isomorfo a F[x]/(

f) (mediante
lapplicazione g + (f) g + (

f)). Lapplicazione denita sopra `e la composizione dei
tre isomorsmi
E = F[b]
F[x]
(f)

F[x]
(

f)
F[c],
con linclusione di F[c] in M. `e quindi un monomorsmo da E in M. Inne, `e chiaro
che `e lunico monomorsmo da E in M che estende

e manda b in c.
Vediamo subito una applicazione del Lemma 6.3, che stabilisce lunicit`a (a meno di
isomorsmo) del campo di spezzamento di un polinomio.
Teorema 0.6.4 Sia

: F F ad un isomorsmo di campi, e 0 ,= f F[x]. Siano,
rispettivamente, E un campo di spezzamento per f su F, e M un campo di spezzamento
per

f su F. Allora lisomorsmo

si estende ad un isomorsmo E M.
Dimostrazione. Procediamo per induzione su [E : F]. Se [E : F] = 1, allora E = F
e di conseguenza f si fattorizza in F[x] come prodotto di polinomi lineari; ne segue che
anche

f si fattorizza in F[x] come prodotto di polinomi lineari e quindi M = F.
81
Sia quindi [E : F] 2. Allora, in F[x], f = gh dove g `e un fattore irriducibile e non
lineare. Di conseguenza, in F[x],

f = g

h. Siano, rispettivamente, b E una radice di g,


e c M una radice di g. Per il Lemma 6.3, lisomorsmo F F si estende ad un unico
isomorsmo : F[b] F[c] tale che (b) = c. Ora, E `e un campo di spezzamento per
f su F[b] e M `e un campo di spezzamento per

f su F[c]. Daltra parte
[E : F] = [E : F[b]][F[b] : F] = [E : F[b]](deg g) [E : F[b]] 2,
e quindi [E : F[b]] < [E : F]. Per ipotesi induttiva esiste dunque un isomorsmo
: E M che estende . Chiaramente, estende anche lisomorsmo F F.
Abbiamo enunciato e provato il Lemma 6.3 ed il Teorema 6.4 in forma generale, a partire
cio`e da un arbitrario isomorsmo F F, questo (in particolare per il Teorema) per
poter applicare con maggior facilit`a linduzione; in molti casi (ma non sempre), saremo
in seguito interessati alla situazione in cui F = F e lisomorsmo di partenza `e lidentit`a.
Si tratta di un caso importante, che giustica la seguente denizione.
Denizione. Siano E e M estensioni del medesimo campo F. Allora un monomorsmo
: E M tale che (a) = a per ogni a F si dice F-monomorsmo. Se `e un
isomorsmo, si chiama F-isomorsmo.
Corollario 0.6.5 Sia F un campo, 0 ,= f F[x], e siano E e M campi di spezzamento
per f su F. Allora esiste un F-isomorsmo di E in M.
Dimostrazione.
`
E un caso particolare del Teorema 6.4.
Proviamo ora unaltra importante propriet`a dei campi di spezzamento.
Proposizione 0.6.6 Sia E un campo di spezzamento su F per il polinomio f F[x],
e sia g un polinomio irriducibile in F[x] che ha una radice in E. Allora E contiene un
campo di spezzamento per g su F.
Dimostrazione. Poiche E `e campo di spezzamento di f, E = F(a
1
, . . . , a
n
), dove
a
1
, . . . , a
n
sono le radici di f. Sia g un polinomio irriducibile in F[x] che abbia una
radice b E. Sia M un campo di spezzamento per g su E.
Sia b
1
M una radice di g. Ora, E
1
= F(b
1
, a
1
, . . . , a
n
) = E(b
1
) `e un campo di
spezzamento per f su F(b
1
), mentre E = F(b, a
1
, . . . , a
n
) `e un campo di spezzamento
per f su F(b). Poiche g `e il polinomio minimo su F sia di b che di b
1
, per il Lemma 6.3
esiste un F-isomorsmo : F(b) F(b
1
) tale che (b) = b
1
. Siccome g ha coecienti
in F, (g) = g. Dunque, per il Teorema 6.4, si pu`o estendere ad un F-isomorsmo

1
: E E
1
. Siccome
1
ssa F, si ha [E : F] = [E
1
: F]. Ma E
1
E e quindi, per
la formula dei gradi, [E
1
: E] = 1, cio`e E
1
= E. Questo implica che b
1
E. Poiche ci`o
vale per ogni radice b
1
di g in M, e M `e generato su E da tali radici, si conclude che
M = E e pertanto che E contiene un campo di spezzamento per g su F.
Unestensione algebrica di campi E[F che soddisfa la conclusione della Proposizione
precedente si chiama estensione normale.
82
Denizione. Unestensione algebrica di campi E[F si dice normale se E contiene un
campo di spezzamento di ogni polinomio irriducibile in F[x] che ha almeno una radice
in E.
La proposizione 6.6 viene completata col seguente risultato.
Teorema 0.6.7 Sia E[F unestensione di campi. Allora sono equivalenti
(1) E[F `e nita e normale;
(2) E `e un campo di spezzamento per qualche polinomio in F[x].
Dimostrazione. (2) (1) : `e la Proposizione 6.6.
(1) (2). Sia E unestensione nita e normale del campo F. Poiche E[F `e nita,
per la Proposizione 5.11, esistono elementi b
1
, . . . , b
n
di E (algebrici su F) tali che
E = F[b
1
, . . . , b
n
]. Per ciascun i = 1, . . . , n sia f
i
F[x] il polinomio minimo di b
i
su F,
e poniamo f = f
1
f
2
. . . f
n
. Poiche E[F `e unestensione normale, E contiene un campo
di spezzamento su F per ciascuno dei polinomi f
i
. Ne segue che E contiene un campo
di spezzamento per f. Siccome poi E `e generato su F da radici di f, si conclude che E
`e un campo di spezzamento per f su F.
Radici multiple.
Sia F campo, 0 ,= f F[x], E un campo di spezzamento per f, e E una radice di f.
Allora dal teorema di Runi segue che, in E[x], (x) divide f. Si chiama molteplicit`a
(algebrica) della radice il massimo intero positivo m

tale che (x )
m

divide f
(chiaramente, essa non dipende dal particolare campo di spezzamento). La radice si
dice radice semplice se m

= 1, e radice multipla se m

2.
Osserviamo che, ancora per il Teorema di Runi, `e una radice semplice se e soltanto
se, in E[x], f = (x )g con g() ,= 0.
Ricordiamo ora la denizione di polinomio derivato: sia f = a
0
+a
1
x+a
2
x
2
+. . . +a
n
x
n
un polinomio a coecienti nel campo F. Il suo polinomio derivato f

`e:
f

= a
1
+ 2a
2
x +. . . +na
n
x
n1
.
Le seguenti regole di derivazione sono di immediata verica.
Siano f, g F[x]. Allora
(f +g)

= f

+g

(fg)

= f

g +g

f.
Lemma 0.6.8 Sia F campo, 0 ,= f F[x], e una radice di f (in un campo di
spezzamento E). Allora `e una radice multipla se e solo se f

() = 0.
83
Dimostrazione. Siano f ed come nelle ipotesi. Supponiamo che sia radice
multipla di f; quindi, in E[x], f = (x )
2
g (con g E[x]) e dunque, applicando la
regola di derivazione riportata sopra,
f

= 2(x )g + (x )
2
g

= (x )(2 (x )g

)
da cui segue che f

() = 0.
Viceversa, sia radice semplice di f. Allora, in E[x], f = (x )g e g() ,= 0. Dunque
f

() = g() + ( )g

() = g() ,= 0
concludendo la dimostrazione.
Nella situazione che stiamo considerando, supponiamo che il polinomio monico f F[x]
sia irriducibile. Allora f `e il polinomio minimo di ogni sua radice in qualche estensione
di F. In particolare `e il polinomio minimo della radice E. Poiche f

F[x]
e deg f

= degf 1, si osserva dunque che `e radice anche di f

(e quindi `e radice
multipla di f) se e soltanto se f

= 0. Assumiamo ulteriormente che char(F) = 0;


allora, si verica facilmente che, se f `e un polinomio di grado 1 (non necessariamente
irriducibile) in F[x], si ha f

,= 0.
Mettendo insieme queste due osservazioni abbiamo dunque la seguente
Proposizione 0.6.9 Sia F un campo di caratteristica 0, e sia f F[x] un polinomio
irriducibile. Allora tutte le radici di f, in un campo di spezzamento E, sono semplici
(quindi, se deg f = n, f ha n radici distinte in E).
I campi di caratteristica 0 non sono i soli a godere della propriet`a stabilita dalla Proposizione
precedente (tali campi sono detti perfetti). Ad esempio, essa sussiste anche per i campi niti.
Ma non tutti i campi sono perfetti. Ad esempio si consideri il campo delle frazioni algebriche
su Z
p
(p un primo), ovvero F = Z
p
(t) (abbiamo chiamato t lideterminata per riservare x a
denotare unindeterminata su F). Nellanello dei polinomi F[x] si consideri f = x
p
t. Si pu`o
provare che f `e irriducibile in F[x], mentre daltra parte f

= px
p1
= 0 (dato che, in un campo
di caratteristica p moltiplicare per p d`a sempre 0). Quindi, per il Lemma 6.8, le radici di f in
un campo di spezzamento sono multiple (si pu`o anche provare che, se `e una radice di f in E,
allora, in E[x], f = (x )
p
).
Un polinomio a coecienti nel campo F si dice separabile se ogni suo fattore irriducibile
ha tutte radici semplici in un suo campo di spezzamento (dunque, se char(F) = 0 ogni
polinomio 0 ,= f F[x] `e separabile).
Unestensione di campi E[F si dice separabile se `e algebrica e per ogni b E il poli-
nomio minimo di b in F[x] `e separabile. Unimmediata conseguenza della Proposizione
6.9 `e il seguente fatto
Teorema 0.6.10 Sia F un campo di caratteristica 0. Allora ogni estensione algebrica
E[F `e separabile.
ESERCIZI
84
1. Sia F un campo, e siano a F e 1 n N, tali che il polinomio f = x
n
a `e irriducibile
in F[x]. Sia u una radice di F in unopportune estensione di F, e sia m 1, m[n. Si provi che
il grado di u
m
su F `e n/m, e si determini il polinomio minimo di u
m
su F.
2. Sia F campo con char(F) ,= 2, e sia f F[x] un polinomio irriducibile di grado 2. Sia E
campo di spezzamento per f, ed a E una radice di f. Si provi che E = F[a], e che esiste
d E tale che E = F[d] e d
2
F.
3. Si provi che Q(
3

2,

3) `e il campo di spezzamento su Q di x
3
2.
4. Per ciascuno dei seguenti polinomi razionali si determini un campo di spezzamento contenuto
in C, e se ne calcoli il grado su Q:
f = x
5
2.
g = x
4
x
2
+ 4.
5. Sia E[F unestensione normale, e sia L campo intermedio (F L E): si provi che E[L `e
unestensione normale.
6. Sia F un campo e sia E[F estensione tale che [E : F] = 2. Si provi che E[F `e unestensione
normale.
7. Si provi che Q(

2, i)[Q `e unestensione normale.


8. Si provi che le estensioni Q(
4

2)[Q(

2) e Q(

2)[Q sono normali, mentre lestensione


Q(
4

2)[Q non lo `e.


9. Sia E campo di spezzamento per un polinomio f sul campo F, e sia K un campo tale che
F K E. Si provi che ogni F-monomoramo K E si pu`o estendere ad un F-automorsmo
di E.
10. Sia F, e 0 ,= f F[x]. Si provi che tutte le radici di f in un campo di spezzamento sono
semplici se e solo se (in F[x]) (f, f

) = 1.
11. In una opportuna estensione di Z
3
, si trovino le eventuali radici multiple del polinomio
x
7
+x
5
+x
4
x
3
x
2
x + 1.
12. Sia E[F unestensione separabile, e sia L un campo intermedio: si provi che E[L e L[F
sono estensioni separabili.
0.7 Gruppo di Galois
Sia E[F unestensione di campi, e siano , F-automorsmi di E (ovvero automorsmi
del campo E che lasciano sso ogni elemento del sottocampo F); `e chiaro allora che anche
85

1
e sono F-automorsmi di di E. Dunque linsieme degli F-automorsmi di
E `e un sottogruppo del gruppo degli automorsmi di E: esso viene chiamato Gruppo
di Galois dellestensione E[F, e si denota con Gal(E[F).
Esempi. 1) Sia F un campo di caratteristica diversa da 2, ed E = F[b] dove b E `e tale
che b , F e b
2
F. Allora, il polinomio minimo di b su F `e x
2
b
2
, le cui radici in E sono
b e b (che sono distinte perche char(F) ,= 2). Poiche E `e generato su F dallelemento b (pi` u
esplicitamente: gli elementi di E sono tutti del tipo a
0
+a
1
b, con a
0
, a
1
F), un F-automorsmo
di E `e univocamente determinato dallimmagine di b tramite esso. Dunque, segue dal Lemma 6.3,
che Gal(E[F) =
E
, dove `e lunico F-automorsmo di E tale che (b) = b. Precisamente,
`e dato da (a
0
+a
1
b) = a
0
a
1
b, per ogni a
0
+a
1
b E.
In particolare, questo si applica al caso di C = R(i), per cui deduciamo che Gal(C[R) `e costituito
dallidentit`a e dallautomorsmo di coniugio di C.
2) Gal(Q(
3

2)[Q) = . Infatti, sempre per il Lemma 6.3, se `e un Q-automorsmo di


Q(
3

2), allora (
3

2) deve di necessit`a essere una radice del polinomio minimo g = x


3
2 di
3

2 su Q; ma Q(
3

2) non contiene radici di g diverse da


3

2, dato che queste ultime non sono


reali mentre Q(
3

2) R. Dunque ogni Q-automorsmo di Q(


3

2) deve mandare
3

2 in se stesso.
Poiche Q(
3

2) `e generato su Q da
3

2, si conclude che lidentit`a `e lunico elemento del gruppo


di Galois di Q(
3

2)[Q.
3) Siano p un numero primo positivo, C una radice primitiva p-esima dellunit`a, e
poniamo E = Q(). Gli automorsmi di E che ssano i razionali sono chiaramente determinati
dallimmagine di . Se `e un tale Q-automorsmo, allora () deve essere una radice dellunit`a
diversa da 1, quindi () =
k
per un 1 k p1, e pertanto [Gal(E[Q)[ p1. Daltra parte,
per ogni 1 k p1 si ha che E = Q(
k
), e
k
(cos` come ) `e radice del polinomio irriducibile
1+x+. . .+x
p1
. Per il Lemma 6.3 esiste dunque un Q-automorsmo
k
di E tale che
k
() =
k
.
Dunque Gal(E[Q) = =
1
,
2
, . . . ,
p1
. In particolare, [Gal(E[Q)[ = p 1 = [E : Q]
(osserviamo che, in questo esempio, E `e un campo di spezzamento su Q).
4) Gal(R[Q) = . Infatti, lidentit`a `e il solo automorsmo (di campo!) di R. Sia
automorsmo di R, allora da (1) = 1 segue che (z) = z per ogni z Z, e da ci`o che (u) = u
per ogni u Q (lo si dimostri per bene). Inoltre se 0 r R, allora 0 (r): infatti se r 0,
esiste a R tale che r = a
2
e, quindi, poiche `e omomorsmo, (r) = (a
2
) = (a)
2
0.
Supponiamo, per assurdo, che esista r R tale che (r) ,= r; possiamo assumere che (r) > r (il
ragionamento nel caso opposto `e identico). Allora. per la densit`a dei razionali nei reali, esiste
u Q con r < u < (r), e quindi, per quanto osservato sopra,
0 > (u r) = (u) (r) = u (r) < 0,
che `e una contraddizione. Quindi =
R
.
Sia G = Gal(E[F) il gruppo di Galois dellestensione di campi E[F, e sia H un sot-
togruppo di G. Si pone
Inv
E
(H) = b E [ (b) = b per ogni H .
Dalle denizioni date, e mediante semplici veriche, segue ora facilmente la seguente
ossevazione.
Lemma 0.7.1 Sia E[F unestensione di campi. Allora
(1) se L `e un campo intermedio (cio`e F L E) allora Gal(E[L) Gal(E[F);
(2) se H Gal(E[F) allora Inv
E
(H) `e un sottocampo di E contenente F.
86
Dimostrazione. Per esercizio.
Questo Lemma mostra che il funtore Gal(E[ ) associa ad ogni campo intermedio
dellestensione E[F un sottogruppo di Gal(E[F); e viceversa il funtore Inv
E
( ) associa
ad ogni sottogruppo di Gal(E[F) un campo intermedio dellestensione E[F. Il teorema
fondamentale della Teoria di Galois aerma che per certe estensioni (in particolare per i
campi di spezzamento su Q di polinomi razionali), questi due funtori sono luno linverso
dellaltro, e che vi `e pertanto una corrispondenza biunivoca tra linsieme dei sottogruppi
di Gal(E[F) e quello dei campi intermedi dellestensione E[F.
Teorema 0.7.2 Sia F un campo, ed E campo di spezzamento su F per il polinomio
0 ,= f F[x]. Se le radici di f in E sono tutte semplici allora [Gal(E[F)[ = [E : F].
Dimostrazione. Procediamo per induzione su [E : F]. Se [E : F] = 1 allora E = F e
non c`e nulla da provare.
Sia quindi [E : F] > 1. Allora, in F[x], f ha un fattore irriducibile g di grado n = deg g
almeno 2. Per ipotesi, E contiene n radici distinte di g: b = b
1
, b
2
, . . . , b
n
. Per il
Lemma 6.3, per ogni i = 1, 2, . . . , n, esiste un unico F-isomorsmo
i
: F[b] F[b
i
]
tale che
i
(b) = b
i
. Ora, E `e un campo di spezzameno per il polinomio f sia su F[b]
che su F[b
i
], e quindi, per il Teorema 6.4, ciascun
i
(i = 1, 2, . . . , n) pu`o essere esteso
ad un isomorsmo
i
: E E.
`
E chiaro che gli
i
sono F-automorsmi di E, cio`e

i
Gal(E[F) per ogni i = 1, 2, . . . , n (osserviamo che possiamo scegliere
1
=
E
).
Sia ora H = Gal(E[F[b]). Per il Lemma 7.1, H `e un sottogruppo di G = Gal(E[F).
Proviamo che G `e lunione disgiunta
G =
1
H
2
H . . .
n
H (3)
(ovvero che
1
,
2
, . . . ,
n
`e un sistema di rappresentanti delle classi laterali sinistre di
G modulo H). Proviamo innanzi tutto che tali classi sono distinte. Siano 1 i, j n
tali che
i
H =
j
H; allora
1
j

i
= H, quindi
i
=
j
, e dunque
b
i
=
i
(b) =
j
(b) =
j
((b)) =
j
(b) = bj
da cui segue i = j. Proviamo ora che lunione `e tutto G. Sia G; poiche ssa
ogni elemento di F, (b) deve essere una radice di g, dunque (b) = b
i
, per un unico
i = 1, 2, . . . , n. Ne segue che
1
i
(b) = b, e dunque che
1
i
Gal(E[F[b]) = H,
cio`e
i
H, provando cos` luguaglianza (3). Dunque, applicando lipotesi induttiva
[H[ = [E : F[b]] (che sussiste perche E `e campo di spezzamento per f su F[b]), si ha
[G[ = [H[n = [E : F[b]] deg g = [E : F[b]][F[b] : F] = [E : F],
e la dimostrazione `e completa.
Denizione. Unestensione di campi E[F che sia nita, normale e separabile si dice
estensione di Galois.
Segue quindi dai Teoremi 6.7 e 6.10 che se F `e un campo di caratteristica 0, ed E `e
un campo di spezzamento per un polinomio 0 ,= f F[x], allora lestensione E[F `e
unestensione di Galois.
87
Teorema 0.7.3 Se E[F `e unestensione di Galois allora [Gal(E[F)[ = [E : F].
Dimostrazione. Sia E[F unestensione di Galois. Poiche [E : F] < , esistono
b
1
, . . . , b
n
E tali che E = F[b
1
, . . . , b
n
]. Per ogni i = 1, 2, . . . , n, sia f
i
F[x] il
polinomio minimo di b
i
su F, e sia f F[x] il prodotto degli f
i
distinti. Poiche E[F `e
normale, E contiene un campo di spezzamento per ciascuno degli f
i
e quindi contiene
un campo di spezzamento per f su F; ma b
1
, . . . , b
n
sono tutti radici di f, e dunque
E `e un campo di spezzamento per f. Ora, poiche E[F `e separabile, ciascun f
i
ha solo
radici semplici. Siccome polinomi monici irriducibili distinti non possono avere radici
comuni, concludiamo che le radici di f sono tutte semplici. Dunque, per il Teorema 7.2,
[Gal(E[F)[ = [E : F].
Come esempio, determiniamo il gruppo di Galois dellestensione E[Q dove E `e il campo di
spezzamento del polinomio f = x
3
x + 1. Abbiamo visto che, in C, f ha tre radici , ,

,
di cui `e reale e ,

sono complesse coniugate. Quindi, un campo di spezzamento per f
`e E = Q(, ,

) = Q(, ) e, come abbiamo visto, [E : F] = 6. Sia = , ,

, e sia
G = Gal(E[F). Se G, allora manda radici di f in radici di f, e dunque induce una
permutazione dellinsieme . Pertanto `e possibile denire (semplicemente mediante restrizione)
unazione di G su . Se G ssa tutti gli elementi di , allora, poiche E `e da questi generato
su F, deve essere lidentit`a su E. Dunque lazione di G su `e fedele e pertanto G `e isomorfo
ad un sottogruppo di Sym() S
3
. Ma, per il Teorema 7.2, [G[ = [E : F] = 6. Quindi G S
3
.
Descriviamo ora i campi degli invarianti Inv
E
(H) dei sottogruppi H di G. Osserviamo innanzi
tutto che ogni G`e univocamente determinato dalla permutazione che esso induce sullinsieme
delle radici di f, e che (in questo caso! dato che G S
3
) ogni permutazione di `e indotta da
un elemento di G. Osserviamo anche (lo si provi usando la formula dei gradi) che ER = Q[].
Chiaramente, Inv
E
() = E. Sia
0
G tale che induce su la permutazione che ssa e
scambia tra loro e

; H
0
=
0
) `e un sottogruppo di ordine 2 di G. Ora,
0
`e la restrizione a E
dellautomorsmo di coniugio, e quindi Inv
E
(H
0
) = ER = Q[]. Sia
1
G tale che
1
ssa e
scambia e

, e sia H
1
=
1
). Allora, chiaramente, Q[] Inv
E
(H
1
); se fosse Q[] < Inv
E
(H
1
)
allora, per la formula dei gradi, Inv
E
(H
1
) = E, ma ci`o non `e perche , Inv
E
(H
1
): dunque
Inv
E
(H
1
) = Q[]. Allo stesso modo si prova che, posto H
2
=
2
), dove
2
G `e tale che ssa

e scambia con , allora Inv


E
(H
2
) = Q[

]. A questo punto, osserviamo che


Inv
E
(G) Inv
E
(H
0
) Inv
E
(H
1
) = Q[] Q[] = Q
e dunque Inv
E
(G) = Q.
Inne, sia G tale che () = , () =

, (

) = . Allora A = ) = , ,
1
`e un
sottogruppo di ordine 3 di G (che corrisponde al sottogruppo alterno A
3
di S
3
). Sia
d = ( )(

)(

).
Allora (d) = (

)(

)( ) = d, e dunque d Inv
E
(A). Ora, d , Q, infatti:

0
(d) = (

)(

)( ) = d. Quindi Q < Q[d] Inv


E
(A); e siccome Inv
E
(A) ,= E, si
deduce che Inv
E
(A) = Q[d]. Osserviamo che da
0
(d) = d segue
0
(d
2
) = d
2
, e similmente si
verica che
1
(d
2
) = d
2
; quindi d
2
Inv
E
(
0
) Inv
E
(
1
) = Q[] Q[] = Q. Con un po di
conti, tenendo conto che a
3
= 1 e delle identit`a fornite dal confronto dei coecienti in
x
3
x + 1 = (x )(x )(x

)
si trova che d
2
= 23. In particolare, [Q[d] : Q] = 2. Ricapitolando abbiamo trovato che
Inv
E
() = E, Inv
E
(G) = Q, Inv
E
(A) = Q[i

23],
Inv
E
(H
0
) = Q[], Inv
E
(H
1
) = Q[], Inv
E
(H
2
) = Q[

]
88
Notiamo come per ogni sottogruppo H di G si abbia [Inv
E
(H) : Q] = [G : H]. Questo non `e
un caso, come vedremo pi` u avanti col teorema fondamentale della teoria di Galois. Quello stesso
Teorema garantisce che, poiche quelli che abbiamo esaminato sono tutti i sottogruppi di G S
3
,
i campi di invarianti che abbiamo trovato sono tutti i campi intermedi nellestensione E[Q.
Permutazioni delle radici. Concludiamo questo paragrafo col formalizzare esplicita-
mente unosservazione che abbiamo gi`a fatto nel corso dello svolgimento di alcuni degli
esempi, che `e semplice, ma fondamentale nella pratica.
Sia E[F unestensione di campi, sia G = Gal(E[F), e f F[x]. Se b E `e una radice
di f, allora, per ogni G, si ha (poiche ssa i coecienti di F),
f((b)) = (f(b)) = (0) = 0.
Quindi, gli elementi di Gal(E[F) trasformano le radici in E di ciascun polinomio f a
coecienti in F in radici di f. In altri termini, per ogni f F[x], Gal(E[F) opera
come un gruppo di permutazioni sullinsieme delle radici di f in E. Particolarmente
signicativo `e il caso in cui E `e il campo di spezzamento di f F[x]. In questo caso,
E `e generato da F e dallinsieme R = b
1
, . . . , b
n
delle radici di f. G = Gal(E[F)
oper su R come un gruppo di permutazioni; inoltre, poiche E `e generato da R, un F-
automorsmo di E che ssa ogni elemento di R `e lidentit`a, pertanto lazione di G su R
`e fedele, e quindi G `e isomorfo ad un sottogruppo di Sym(R) = S
n
. Osserviamo inne
che se f F[x] `e irriducibile, F separabile, ed E `e un campo di spezzamento, allora
Gal(E[F) opera transitivamente sullinsieme R delle radici in E di f; in generale, per
campi di spezzamento, le orbite di Gal(E[F) su R sono costituiscono gli insiemi delle
radici dei fattori irriducibili di f (in F[x]).
ESERCIZI
1. Sia F un campo, ed E campo di spezzamento su F per il polinomio 0 ,= f F[x]. Si provi
che [Gal(E[F)[ [E : F].
2. Se K e L sono sottocampi del medesimo campo E, denotiamo con KL il minimo sottocampo
di E contenete K L. Sia E[F unestensione di campi. Provare che:
i) Se K e L sono campi intermedi di E[F, allora Gal(E[K) Gal(E[L) = Gal(E[K L);
ii) Se H e T sono sottogruppi di Gal(E[F), allora Inv
E
(H) Inv
E
(T) = Inv
E
(H, T)).
3. Sia F un campo innito, e F(x) il suo campo delle frazioni algebriche. Si provi che
Gal(F(x)[F) `e innito.
4. Sia E = Q(

35,
3

5). Dire se lestensione E[Q `e normale.


5. Provare che lestensione Q(

2,

3)[Q `e di Galois, e provare che il gruppo di Galois


Gal(Q(

2,

3)[Q) `e isomorfo al prodotto diretto di due gruppi ciclici di ordine 2.


6. Sia E = Q(r), dove r C `e una radice del polinomio g = x
3
+ x
2
2x 1. Vericare che
anche r

= r
2
2 `e radice di g. Determinare quindi Gal(E[Q), e provare che E[Q`e unestensione
normale.
89
7. Sia E il campo di spezzamento del polinomio f = x
3
+3x
2
+3 su Q. Provare che Gal(E[Q)
S
3
.
8. Sia E il campo di spezzamento di f = x
4
7x
3
+ 2x 14 su Q. Determinare lordine del
gruppo di Galois Gal(E[Q). Stessa domanda con f = x
4
+ 2x
2
2.
9. Determinare il gruppo Gal(E[Q), dove E `e campo di spezzamento su Q per il polinomio
f = x
4
+ 1.
10. Determinare il gruppo Gal(E[Q), dove E `e campo di spezzamento su Q per il polinomio
f = (x
3
2)(x
2
3).
11. Sia f Q[x], con deg f 2, e sia E campo di spezzamento per f su Q, e sia G = Gal(E[Q).
Provare che [G[ n!, e che se f non `e irriducibile allora [G[ (n 1)!.
0.8 Campi niti
In questo paragrafo descriveremo brevemente le principali caratteristiche dei campi niti.
Iniziamo col ricordare unutile propriet`a numerica dei coecienti binomiali.
Sia p un primo (positivo) e sia 1 i p 1. Allora p divide il numeratore ma non il
denominatore di
_
p
i
_
=
p(p 1)(p 2) . . . (p i + 1)
1 2 3 . . . (i 1) i
e quindi p divide
_
p
i
_
.
Lemma 0.8.1 Sia F un campo di caratteristica prima p. Allora lapplicazione :
F F denita da (a) = a
p
, per ogni a F, `e un monomorsmo (di campi).
Dimostrazione. Constatato che (0) = 0 e (1) = 1, siano a, b F. Allora, poiche
F `e commutativo, (ab) = (ab)
p
= a
p
b
p
= (a)(b). Applicando lo sviluppo di Newton
della potenza di un binomio (che vale ancora perche F `e commutativo), si ha
(a +b) = (a +b)
p
= a
p
+b
p
+
p1

i=1
_
p
i
_
a
i
b
pi
.
Per quanto osservato sopra a proposito dei coecienti binomiali, e ricordando che, in un
anello di caratteristica p, i multipli pa si annullano, si ricava che, per ogni i = 1, . . . , p1,
_
p
i
_
a
i
b
pi
= 0, e dunque
(a +b) = a
p
+b
p
= (a) + (b)
90
provando pertanto che `e un omomorsmo. Poiche F `e un campo, ker() = 0, e
quindi `e iniettivo (cio`e `e un monomorsmo).
Il monomorsmo descritto nel Lemma precedente si chiama endomorsmo di Frobenius
di F. Se F `e nito allora `e biettiva (infatti `e una applicazione iniettiva da un insieme
nito in se, ed `e quindi suriettiva) e pertanto `e un automorsmo di F. Osserviamo
inoltre che per ogni k 0, ed ogni a F

k
(a) = a
p
k
.
Sia ora p un primo ssato e Z
p
= Z/pZ il campo con p elementi. Per 1 n N
denotiamo con GF(p
n
) il campo di spezzamento su Z
p
del polinomio
f = x
p
n
x
(GF sta per Galois Field). Sia D GF(p
n
) linsieme delle radici di f. Ricordando che
per il Teorema di Eulero-Fermat, a
p
= a per ogni a Z
p
, si osserva subito che Z
p
D.
Inoltre, poiche
f

= p
n
x
p
n
1
1 = 1
(infatti anche la caratteristica di Z
p
[x] `e p), il Lemma 6.8 assicura che le radici di f sono
tutte semplici e dunque, per il teorema di Runi, [D[ = p
n
. Siano ora a, b D, con
b ,= 0; allora, per il lemma 8.1 (opportunamente reiterato)
f(ab
1
) = (ab
1
)
p
n
ab
1
= a
p
n
(b
1
)
p
n
ab
1
= ab
1
ab
1
= 0
f(a b) = (a b)
p
n
(a b) = a
p
n
b
p
n
(a b) = (a
p
n
a) (b
p
n
b) = 0.
Dunque, ab
1
e a b appartengono a D, e pertanto D `e un sottocampo di GF(p
n
).
Poiche GF(p
n
) `e il campo generato da Z
p
e da D, si conclude che D = GF(p
n
). In
particolare, [GF(p
n
)[ = p
n
. Abbiamo cos` provato la prima parte del seguente risultato.
Teorema 0.8.2
(1) Sia p un primo e sia 1 n N. Allora esiste un campo di ordine p
n
.
(2) Due campi niti dello stesso ordine sono isomor.
Dimostrazione. Rimane da dimostrare il punto (2). Poiche (Proposizione 5.1) ogni
campo nito ha ordine una potenza di un primo, `e suciente provare che ogni campo
F di ordine p
n
(p primo e 1 n N) `e isomorfo a GF(p
n
). Innanzi tutto, poiche il
sottoanello fondamentale di F `e il campo Z
p
, si ha che F `e unestensione di Z
p
. Ora,
il gruppo moltiplicativo F

degli elemento non nulli di F ha ordine [F[ 1 = p


n
1.
Ricordando che se G `e un gruppo nito e g G allora g
|G|
= 1, si ha a
p
n
1
= 1 per
ogni a F

, e quindi (tenendo conto che 0


p
n
= 0),
a
p
n
= a
per ogni a F. Quindi gli elementi di F sono tutti radici del polinomio x
p
n
x Z
p
[x].
Poiche [F[ = p
n
si conclude che F `e un campo di spezzamento su Z
p
per x
p
n
x, e
dunque `e isomorfo a GF(p
n
).
91
Ci proponiamo ora di dire qualcosa a proposito dellestensione E[Z
p
, dove E = GF(p
n
).
Innanzi tutto, osserviamo che
[GF(p
n
) : Z
p
] = n.
Infatti se d = [GF(p
n
) : Z
p
], allora GF(p
n
) come spazio vettoriale su Z
p
`e isomorfo
a Z
(d)
p
(linsieme delle d-uple ordinate a coecienti in Z
p
) e dunque, confrontando gli
ordini, si ha d = n.
Sia lautomorsmo di Frobenius di E = GF(p
n
). Poiche, per il Teorema di Eulero-
Fermat, (a) = a
p
= a per ogni a Z
p
, `e un Z
p
-automorsmo, cio`e Gal(E[Z
p
).
Ora, come abbiamo osservato sopra, per ogni b E,

n
(b) = b
p
n
= b
e quindi
n
=
E
. Mentre, se 1 k < n, esiste almeno un b E tale che
k
(b) = b
p
k
,= b
(dato che il polinomio x
p
k
x ha al pi` u p
k
radici in E), e quindi
k
,= . Dunque, nel
gruppo Gal(E[Z
p
), [)[ = n.
Daltra parte, per il Teorema 7.2, [Gal(E[Z
p
)[ = [E : Z
p
] = n. Quindi
Gal(E[Z
p
) = ) = , ,
2
, . . . ,
n1
.
La dimostrazione dellesistenza di campi niti di ordine p
n
che abbiamo dato `e abbas-
tanza concettuale. Di fatto, per costruire un campo di tale ordine si procede nel modo
seguente. Si trova un polinomio irriducibile f Z
p
[x] di grado n, e uno c`e senzaltro
tra i fattori irriducibili di x
p
n
x (questa aermazione verr`a chiarita tra poco). Quindi
si considera il campo E = Z
p
[x]/(f). Poiche gli elementi di E si scrivono tutti in modo
unico nella forma
a
0
+a
1
x +. . . +a
n1
x
n1
+ (f) (a
0
, a
1
, . . . , a
n1
Z
p
)
si conclude che [E[ = p
n
.
Esempio. Poich`e il polinomio x
3
+x+1 Z
5
[x] non ha radici in Z
5
, esso non ha fattori
di grado 1 in Z
5
[x], e quindi `e irriducibile in Z
5
[x]. Dunque
E =
Z
5
[x]
(x
3
+x + 1)
`e un campo di ordine 5
3
= 125 (e pertanto coincide col campo di spezzamento del
polinomio x
125
x su Z
5
).
Gruppo moltiplicativo di un campo.
In questo paragrafo dimostriamo la seguente importante propriet`a del gruppo molti-
plicativo degli elementi non nulli di un campo.
Teorema 0.8.3 Ogni sottogruppo nito del gruppo moltiplicativo di un campo `e ciclico.
92
Per la dimostrazione di questo Teorema abbiamo biosogna di una caratterizzazione dei
gruppi ciclici, che `e fornita dal seguente Lemma.
Lemma 0.8.4 Sia G un gruppo commutativo nito di ordine n. Se per ogni divisore d
di n, G ha al pi` u un sottogruppo di ordine d, allora G `e ciclico.
Dimostrazione. Sia G un gruppo di ordine n che soddisfa alle ipotesi del Lemma.
Allora G = P
1
P
2
P
s
, dove i P
i
`e (lunico) p
i
-sottogruppo di Sylow di G per
ogni divisore primo p
i
di n. Chiaramente ogni P
i
soddisfa le ipotesi del Lemma e poich`e
il prodotto di gruppi ciclici di ordine coprimo `e ciclico, `e suciente provare il Lemma
nel caso in cui G `e un p-gruppo per un primo p. In tal caso, sia g G un elemento
del massimo ordine possibile [g[ = p
m
. Sia y G, con [y[ = p
s
; per la scelta di g si
ha s m. Ora T =< g
p
ms
> `e un sottogruppo di < g > e quindi di G di ordine p
s
.
Poiche, per ipotesi, G ha un unico sottogruppo di ordine p
s
, deve essere T =< y > e
quindi y < g >. Dunque G =< g > `e un gruppo ciclico, e il Lemma `e provato.
Dimostrazione del Teorema 8.3. Sia F un campo, e sia G un sottogruppo nito
del gruppo moltiplicativo F

. Sia [G[ = n; proviamo che G soddisfa le ipotesi del


Lemma 8.4. G `e commutativo perch`e tale `e il gruppo moltiplicativo di un campo. Sia d
un divisore di n e sia T G con [T[ = d. Allora, per ogni a T si ha a
d
= 1. Quindi
ogni a T `e una radice in F del polinomio x
d
1 F[x]. Poich`e F `e un campo, il
numero di radici di tale polinomio `e al pi` u d = [T[. Quindi T coincide con linsieme
delle radici in F del polinomio x
d
1. Questo prova che G ha al pi` u un sottogruppo di
ordine d. Per il Lemma 8.4, G `e ciclico.
Esempio 1. Sia n 2 e sia U
n
linsieme delle radici complesse n-esime dellunit`a. Allora U
n
`e un sottogruppo del gruppo moltiplicativo C

e contiene esattamente n elementi. Dunque U


n
`e un gruppo ciclico di ordine n (rispetto alla moltiplicazione). Per quanto sappiamo sui gruppi
ciclici, il numero di generatori di U
n
`e (n) dove `e la funzione di Eulero. I generatori di U
n
si
sono le radici n-esime primitive dellunit`a, ovvero i numeri complessi
cos
2k
n
+i sin
2k
n
con 1 k n 1 e (k, n) = 1.
Esempio 2. Consideriamo il campo di ordine 125
E =
Z
5
[x]
(x
3
+x + 1)
costruito in un precedente esempio. Il suo gruppo moltiplicativo E

`e un gruppo ciclico di ordine


124 = 4 31. Sia un suo generatore; dunque E

=< >= 1, ,
2
, . . . ,
123
. Notiamo che
posto =
31
allora ) `e un sottogruppo di E

di ordine 4 e quindi i suoi elementi sono radici


del polinomio x
4
1; daltra parte, per il teorema di Fermat, ogni elemento non nullo a Z
5
`e
tale che a
4
= 1; quindi si ha ) = Z
5
0.
Naturalmente, lesempio 2 si generalizza ad un qualsiasi campo nito. Se p `e un primo
e E = GF(p
n
), allora il gruppo moltiplicativo E

degli elementi non nulli di E `e ciclico


ed ha ordine p
n
1. I suoi generatori (ce ne sono in numero di (p
n
1)) si chiamano
93
elementi primitivi del campo nito E. Se `e un tale elemento primitivo, gli elementi
non nulli di E sono quindi tutti potenze di , e questo procura una rappresentazione
degli elementi di E particolarmente utile in alcune applicazioni computazionali (ma,
computazionalmente, trovare non `e una cosa facile).
Osserviamo inne che se `e un elemento primitivo del campo GF(p
n
), allora chiara-
mente GF(p
n
) = Z
p
(). Siccome [GF(p
n
) : Z
p
] = n, il polinomio minimo f di
su Z
p
ha grado n. Poiche (in quanto elemento di GF(p
n
)) `e anche una radice di
g = x
p
n
x, si ha che f divide g. Dunque, come avevamo gi`a sostenuto in precedenza,
x
p
n
x ammette un fattore irriducibile di grado n.
Anche lesempio 1 si pu`o considerare a partire da un qualsiasi campo F. Sia n 1,
e supponiamo inoltre, se charF = p, che n sia coprimo con p. Allora le radici del
polinomio f = x
n
1
F
in un suo campo di spezzamento E sono tutte semplici, dato
che f

= nx
n1
,= 0 non ha radici in comune con f, e costituiscono un sottogruppo U
di ordine n del gruppo moltiplicativo di E. Per il Teorema 8.3, U `e un gruppo ciclico.
I suoi generatori si chiamano radici primitive n-esime sul campo F.
ESERCIZI
1. Si determini il numero di fattori irriducibili di x
125
x in Z
5
[x].
2. Dire quanti sono i polinomi irriducibili di grado 2 in Z
p
[x] (p un primo).
3. Si costruiscano campi di ordine 8, 27, 81 e 121.
4. Siano 1 m n N, e sia p un numero primo. Si provi che esiste un monomorsmo
GF(p
m
) GF(p
n
) se e solo se m[n.
5. Sia E un campo di ordine p
n
e sia g Z
p
[x] un polinomio irriducibile di grado m, con m[n.
Si provi che g ha una radice in E.
6. Si provi che ogni estensione di campi niti `e normale.
7. Sia E un campo di ordine 125. Dire quante radici hanno in E i seguenti polinomi:
x
3
1, x
4
1, x
31
1, x
7
1. Provare che x
2
+x + 1 `e irriducibile in E[x].
8. Sia F un campo nito di caratteristica p, e sia f F[x]. Si provi che f

= 0 se e solo
se f F[x
p
]. Ricordando che se F `e nito allora il suo endomorsmo di Frobenius `e un
automorsmo, e che quindi F = F
p
= a
p
[ a F, dedurre che se f F[x] ha grado almeno
1 e f

= 0, allora esiste g F[x] tale che f = g


p
. Concludere che se F `e un campo nito ogni
polinomio di F[x] `e separabile.
9. Sia F un campo di caratteristica p, e sia a F. Si provi che se a , F
p
, allora x
p
a
`e irriducibile in F[x], ma ha ununica radice in un suo campo di spezzamento. Si deduce che
se F = Z
p
(t) `e il campo delle frazioni algebriche su Z
p
, allora x
p
t F[x] `e un polinomio
irriducibile ma non separabile.
94
10. Sia F un campo nito di ordine q = p
n
. Si provi che
i) se p = 2, ogni elemento di F `e un quadrato;
ii) se p > 2, allora F contiene esattamente
q+1
2
elementi che sono quadrati ;
iii) se p > 2, allora gli elementi di F che sono quadrati sono tutte e sole le radici del polinomio
x
(q+1)/2
x. [sugg.: si studi la applicazione F F denita da a a
2
per ogni a F].
11. Si provi che in un campo nito ogni elemento e somma di due quadrati.
0.9 Connessione di Galois
In questo capitolo dimostreremo il teorema fondamentale della Teoria di Galois. Iniziamo
con un risultato tecnico ma utile.
Lemma 0.9.1 (Lemma di Artin) Sia G un gruppo nito di automorsmi del campo E,
e sia F = Inv
E
(G). Allora [E : F] [G[.
Dimostrazione. Sia [G[ = n, e sia G = g
1
= , g
2
, . . . , g
n
. Siano x
1
, x
2
, . . . , x
n+1
elementi di E, e consideriamo il sistema di equazioni lineari su E
_

_
g
1
(x
1
)t
1
+g
1
(x
2
)t
2
+. . . +g
1
(x
n+1
)t
n+1
= 0
g
2
(x
1
)t
1
+g
2
(x
2
)t
2
+. . . +g
2
(x
n+1
)t
n+1
= 0

g
n
(x
1
)t
1
+g
n
(x
2
)t
2
+. . . +g
n
(x
n+1
)t
n+1
= 0
(4)
che `e un sistema omogeneo con n equazioni e n + 1 incognite. Per la teoria generale
dei sistemi di equazioni lineari (che vale sopra un campo qualunque), tale sistema am-
mette soluzione non nulla (y
1
, y
2
, . . . , y
n+1
) ,= (0, 0, . . . , 0) ad elementi in E. Tra queste
soluzioni ne scegliamo una (b
1
, b
2
, . . . , b
n+1
) con il massimo numero possibile di zeri;
osservando che, eventualmente riordinando gli x
i
, possiamo suppore b
1
,= 0, e molti-
plicando poi per b
1
(dato che il sistema `e omogeneo) possiamo supporre che b
1
= 1.
Quindi, per ogni 1 j n,
g
j
(x
1
)b
1
+g
j
(x
2
)b
2
+. . . +g
j
(x
n+1
)b
n+1
= 0.
Sia g G. Applicando g allidentit`a di sopra
gg
j
(x
1
)g(b
1
) +gg
j
(x
2
)g(b
2
) +. . . +gg
j
(x
n+1
)g(b
n+1
) = 0. (5)
per ogni 1 j n. Poiche G `e un gruppo, gg
1
, gg
2
, . . . , gg
n
= G, e quindi le identit`a
(5) signicano che la (n+1)-upla di elementi di E (g(b
1
), g(b
2
), . . . , g(b
n
)) `e una soluzione
del sistema (4). Dunque, anche
(g(b
1
) b
1
, g(b
2
) b
2
, . . . , g(b
n+1
) b
n+1
) (6)
95
`e soluzione di (4). Ora, poiche g `e isomorsmo di E, se b
i
= 0 si ha g(b
i
) b
i
= 0, e
inoltre g(b
1
) b
1
= g(1) 1 = 1 1 = 0. Dunque, la soluzione (6) ha un numero di
zeri maggiore di (b
1
, . . . , b
n+1
) e quindi, per la scelta di questultima, la (6) deve essere
la soluzione nulla; cio`e, per ogni i = 1, . . . , n + 1,
g(b
i
) = b
1
.
Ci`o vale per ogni g G, e quindi b
i
F = Inv
E
(G) per ogni i = 1, . . . , n+1. Ricordando
che avevamo posto g
1
= la prima equazione del sistema (4) d`a allora
x
1
b
1
+x
2
b
2
+. . . +x
n+1
b
n+1
= 0
con i b
i
F non tutti nulli. Questo prova che gli n + 1 elementi x
1
, x
2
, . . . , x
n+1
di E
sono linearmente dipendenti su F. Quindi, come spazio vettoriale su F, la dimensione
di E `e al pi` u n, ovvero [E : F] n.
Ricordiamo che unestensione di campi E[F si dice di Galois se `e nita, normale e
separabile. In particolare se char(F) = 0 ed E `e un campo di spezzamento per un
polinomio su F, allora E[F `e unestensione di Galois.
Lemma 0.9.2 Sia E[F unestensione di Galois e F L E un campo intermedio.
Allora E[L `e unestensione di Galois.
Dimostrazione. Sia E[F di Galois e L campo con F L E. Poiche [E : F] < ,
anche [E : L] < . Sia g L[x] un polinomio irriducibile monico che ha una radice
b E. Sia f F[x] il polinomio minimo di b su F. Poiche g `e il polinomio minimo di
b su L si ha che, in L[x], g divide f. Siccome E[F `e normale, E contiene un campo di
spezzamento per f su F, e quindi contiene un campo di spezzamento per g su L. Ci`o
prova che E[L `e unestensione normale.
Inne, sia u E e sia g L[x] il polinomio minimo di u su L; mostriamo che g `e
separabile (cio`e che ha tutte radici semplici in un suo campo di spezzamento). Come
prima, sia f il polinomio minimo di u su F. Allora, in L[x], g[f. Poiche E[F `e separabile,
f `e separabile, e di conseguenza g `e separabile. Dunque E[L `e unestensione separabile,
e pertanto `e unestensione di Galois.
Proposizione 0.9.3 Sia E[F unestensione nita di campi, e sia G = Gal(E[F) un
gruppo nito. Allora sono equivalenti
(i) E[F `e unestensione di Galois;
(ii) F = Inv
E
(G).
Dimostrazione. (i) (ii). Sia E[F estensione di Galois. Allora, per il Teorema
7.3, si ha [G[ = [E : F]. Daltra parte, per denizione di F-isomorsmo, F `e contenuto
in Inv
E
(G), e chiaramente Gal(E[Inv
E
(G)) = G. Per il Lemma 9.2, anche E[Inv
E
(G)
`e unestensione di Galois, e quindi [E : Inv
E
(G)] = [Gal(E[Inv
E
(G))[ = [G[. Dunque
[E : F] = [E : Inv
E
(G)], e pertanto Inv
E
(G) = F.
96
(ii) (i). Sia F = Inv
E
(G), e sia G =
1
=
E
,
2
, . . . ,
n
. Sia g F[x] un polinomio
monico irriducibile su F che ha una radice b E. Consideriamo il polinomio
f = (x
1
(b))(x
2
(b)) . . . (x
n
(b)) E[x].
Per ogni G, la moltiplicazione a sinistra per `e una permutazione di G, e quindi
(considerando lestensione canonica di a E[x],
(f) = (x
1
(b))(x
2
(b)) . . . (x
n
(b)) = f.
Dunque i coecienti di f sono tutti elementi di E ssati da ; ci`o vale per ogni G,
per cui i coecienti di f appartengono a Inv
E
(G) = F, cio`e f F[x]. Ma f ammette
b =
1
(b) come radice e dunque il polinomio minimo g di b divide f. Da ci`o segue che g
si fattorizza in E[x] come prodotto di fattori lineari, e quindi che E contiene un campo
di spezzamento per g. Pertanto E[F `e unestensione normale.
Similmente procediamo per provare la separabilit`a. Sia b E, e sia g F[x] il suo
polinomio minimo. Per ogni G, g((b)) = (g(b)) = 0, cio`e (b) `e un radice di g. Sia
A = b = b
1
, b
2
, . . . , b
k
linsieme di tutte le radici distinte di g che si ottengono come
immagine di b tramite un elemento di G. Allora, per ogni G, (A) A, e poiche
`e iniettivo, (A) = A. Poniamo f = (x b
1
)(x b
2
) . . . (x b
k
) E[x]. Per il teorema
di Runi f[g in E[x] e, per quanto osservato sopra, (f) = f per ogni G. Dunque,
come prima, i coecienti di f sono invarianti per ogni G, e quindi f F[x]. Siccome
f ammette b = b
1
come radice si ha che g[f. Pertanto g = f, e dunque le radici di g
sono semplici, provando cos` che E[F `e separabile. Poiche E[F `e nita per ipotesi, si
conclude che E[F `e unestensione di Galois.
Teorema 0.9.4 (Fondamentale della Teoria di Galois) Sia E[F unestensione di Galois,
e sia G = Gal(E[F). Siano o linsieme di tutti i sottogruppi di G, e T linsieme di
tutti i campi L con F L E. Allora le applicazioni:
Gal(E, ) : T o
L Gal(E[L)
Inv
E
: o T
H Inv
E
(H)
sono luna linversa dellaltra. Inoltre, valgono le seguenti propriet`a per ogni H, K o,
(1) H K se e solo se Inv
E
(H) Inv
E
(K);
(2) [H[ = [E : Inv
E
(H)] e [G : H] = [Inv
E
(H) : F];
(3) H `e normale in G se e solo se Inv
E
(H)[F `e unestensione normale. In tal
caso, Gal(Inv
E
(H)[F) G/H.
Dimostrazione. Sia H un sottogruppo di G = Gal(E[F), allora Inv
E
(H) T.
Poniamo H

= Gal(E[Inv
E
(H)). Poiche, per denizione, ogni automorsmo in H ssa
ogni elemento di Inv
E
(H), si ha H H

. Ora, poiche per il Lemma 9.2, E[Inv


E
(H)
`e unestensione di Galois, dal Teorema 7.3 segue [H

[ = [E : Inv
E
(H)]; daltra parte,
per il Lemma di Artin, [E : Inv
E
(H)] [H[. Quindi [H

[ [H[, e siccome H H

si
conclude che H

= H.
Sia ora L un campo intermedio di E[F, allora Gal(E[L) G. Sia L

= Inv
E
(Gal(E[L)).
Per denizione di Gal(E[L) si ha chiaramente L L

. Ma, per il punto precedente,


97
Gal(E[L

) = Gal(E[L). Poiche E[L ed E[L

sono entrambe estensioni di Galois, per il


Teorema 7.3 si ha [E : L] = [Gal(E[L)[ = [Gal(E[L

)[ = [E : L

]; dunque [L

: L] = 1,
cio`e L

= L.
Abbiamo cos` provato che le applicazioni Gal(E, ) e Inv
E
sono luna linversa
dellaltra, e quindi che esse stabiliscono una corrispondenza biunivoca tra gli insiemi o
e T. Proviamo ora gli altri punti dellenunciato.
(1) Siano H, K G. Se H K allora chiaramente Inv
E
(H) Inv
E
(K). Viceversa, sia
Inv
E
(H) Inv
E
(K); allora Gal(E[Inv
E
(H)) Gal(E[Inv
E
(K)), e per quanto provato
sopra
H = Gal(E[Inv
E
(H)) Gal(E[Inv
E
(K)) = K.
(2) Sia H G. Per quanto gi`a provato: [G[ = [E : F], H = Gal(E[Inv
E
(H)) e quindi
(poiche E[Inv
E
(H) `e di Galois) [H[ = [E : Inv
E
(H)]. Applicando la formula dei gradi
ed il Teorema di Lagrange per lordine dei sottogruppi di un gruppo nito si ha
[G : H] =
[G[
[H[
=
[E : F]
[E : Inv
E
(H)]
= [Inv
E
(H) : F].
(3) Sia N un sottogruppo normale di G, e poniamo L = Inv
E
(N). Allora, per ogni
N ed ogni G, si ha
1
N. Quindi, se b L, b =
1
(b), da cui,
applicando , si deduce che, per ogni b L ed ogni N, (b) = ((b)), ovvero
(b) L, e quindi (L) L. Poiche, allo stesso modo,
1
(L) L, si ha (L) = L.
Dunque, la restrizione denisce unapplicazione
: G Gal(L[F)

|L
che facilmente si verica essere un omomorsmo di gruppi. Ora
ker() = G [
|L
=
L
= Gal(E[L) = Gal(E[Inv
E
(N)) = N.
Per il teorema di omomorsmo per gruppi, si ha quindi G/N Im(). Inoltre,
Inv
L
(Gal(L[F)) Inv
L
((G)) = L Inv
E
(G) = L F = F,
quindi Inv
L
(Gal(L[F)) = F, e per la Proposizione 9.3 si deduce che L[F `e unestensione
di Galois. In particolare `e normale e
[Gal(L[F)[ = [L : F] =
[E : F]
[E : L]
=
[Gal(E[F)[
[Gal(E[L)[
=
[G[
[N[
= [G/Ker())[
da cui segue che `e suriettiva, e Gal(L[F) G/N.
Viceversa, sia H G tale che L = Inv
E
(H) `e estensione normale di F. Allora L[F `e
di Galois dato che `e sicuramente separabile, essendo L contenuto in E. Siano G e
b L. Sia f F[x] il polinomio minimo di b su F. Poiche L[F `e normale L contiene
un campo di spezzamento per f su F; in particolare contiene tutte le radici di f che
appartengono ad E. Ora, essendo un F-isomorsmo, f((b)) = (f(b)) = 0. Dunque,
per quanto osservato sopra (b) L, e ci`o vale per ogni b L. Pertanto, come prima,
la restrizione
|L
`e un omomorsmo del gruppo G nel gruppo Gal(L[F), e
chiaramente H Ker(); posto K = Ker(), gli elementi di K sono gli automorsmi
98
di E che inducono lidentit`a su L, quindi per il punto (1), L Inv
E
(K) Inv
E
(H) = L.
Dunque L = Inv
E
(K) e, di conseguenza, H = Gal(E[L) = Gal(E[Inv
E
(K)) = K che `e
un sottogruppo normale di G.
Esempio 1. Sia C una radice primitiva 11-esima dellunit`a (e.g. = cos
2
11
+i sin
2
11
), e sia
U =
k
[ 0 k 10 linsieme di tutte le radici 11-esime dellunit`a. U `e un sottogruppo ciclico
del gruppo moltiplicativo C

. Ora, il polinomio minimo di su Q `e il polinomio ciclotomico

11
(x) = x
10
+x
9
+. . . +x
2
+x + 1.
Sia E C il suo campo di spezzamento. Allora E[Q `e unestensione di Galois (detta estensione
ciclotomica di grado 11); sia G = Gal(E[Q) il suo gruppo di Galois. Poiche linsieme di tutte le
radici complesse di
11
(x) `e U 1, si ha E = Q[], e quindi
[G[ = [E : Q] = [Q[] : Q] = deg
11
(x) = 10.
Se G, allora (U) = U, e quindi (essendo un automorsmo di campo), induce un auto-
morsmo a
|U
del gruppo ciclico U (che, come gruppo, `e isomorfo a Z/11Z). Inoltre, `e chiaro
che `e univocamente individuato dallimmagine () U 1. Siccome [G[ = 10 = [U 1[,
concludiamo che per ogni 1 k 10, esiste uno ed un solo
k
G tale che
k
() =
k
(cosa
che si poteva anche direttamente dedurre dal Lemma 6.3).
Poniamo =
2
(ovvero lautomorsmo di E tale che
2
). Ora per t 1,

t
() =
2
t
.
Quindi,
n
= = 1
G
se e solo se
2
n
= 1, ovvero se e solo se 2
n
1 (mod 11). Poiche il
minimo intero n 1 per cui ci`o si verica `e n = 10, concludiamo che lordine di nel gruppo G
`e 10. Quindi G = ), e G `e un gruppo ciclico.
Per quanto conosciamo sui gruppi ciclici, per ogni divisore d di 10, G ammette uno ed un solo
sottogruppo di ordine d. Precisamente, i sottogruppi di G = ) sono
G
1
= G = ) G
2
=
2
) G
3
=
5
) G
4
= ,
di ordine, rispettivamente, 10, 5, 2 e 1. Siano F
i
= Inv
E
(G
i
) (i = 1, 2, 3, 4) i corrispondenti
campi degli invarianti. Per il Teorema 9.4, questi sono tutti e soli i campi intermedi dellestensione
E[Q. Abbiamo poi, per ogni i,
[F
i
: Q] = [Inv
E
(G
i
) : Q] = [G : G
i
] = 10/[G
i
[.
In particolare [F
2
: Q] = 2. In E sia
a = +
4
+
5
+
9
+
3
= +
2
() +
4
() +
6
() +
8
().
Per come `e denito,
2
(a) = a, e quindi a Inv
E
(
2
)) = F
2
. Daltra parte a , Q (altrimenti
sarebbe radice del polinomio razionale x
9
+x
5
+x
4
+x
3
+x a), e dunque (dato che [F
2
: Q]
`e un numero primo) F
2
= Q[a]. Similmente, sia
b = +
5
() = +
10
= +
1
= +.
Allora b Inv
E
(
5
)) = F
3
, b , Q e, poiche [F
3
: Q] = 5, F
3
= Q[b].
Concludendo, se `e una radice primitiva 11-esima, i campi intermedi dellestensione ciclotomica
Q()[Q di grado 11 sono
Q Q( +
3
+
4
+
5
+
9
) Q( +
1
) Q().
Osserviamo inne che, poiche in questo caso Gal(Q()[Q) `e un gruppo abeliano, e quindi tale che
ogni suo sottogruppo `e normale, per il punto (3) del Teorema 9.4 i campi che abbiamo elencato
sopra sono estensioni normali di Q.
99
Esempio 2. Determinaimo il gruppo di Galois G di E[Q, dove E C `e il campo di spezzamento
su Q del polinomio f = x
5
2. Innanzi tutto f `e irriducibile per il criterio di Eisenstein; in
particolare le sue radici in E sono tutte distinte. Inoltre, f ha una radice reale a =
5

2, e
[Q(a) : Q] = 5.
In particolare 5 divide [E : Q] = [G[. Sia = cos
2
5
+ i sin
2
5
una radice primitiva quinta
dellunit`a. Allora le radici di f sono
a, a,
2
a,
3
a,
4
a (7)
e quindi E = Q(a, ). Ora, il polinomio minimo di su Q `e g = x
4
+x
3
+x
2
+x + 1. Poiche
Q() `e il campo di spezzamento di g su Q, lestensione Q()[Q `e normale, e quindi, per il punto
(3) del Teorema 9.4, N = Gal(E[Q()) `e un sottogruppo normale di G, e
G/N Gal(Q() : Q)
`e un gruppo ciclico di ordine 4 (questo si vede anlalogamente a quanto fatto nellesempio
precedente con una radice 11-esima). In particolare 4 divide [G[, e quindi 5 4 = 20 divide
[G[ = [E : Q]. Ora,
[E : Q] = [Q(, a) : Q()][Q() : Q] [Q(a) : Q][Q() : Q] 5 4 = 20.
Dunque, [G[ = [E : Q] = 20, e inoltre [E : Q()] = 5. Pertanto N = Gal(E[Q()) ha ordine 5.
Sia H = Gal(E[Q(a)); allora [H[ = [E : Q(a)] = 4. Quindi N H = 1, e NH = G. Per il
secondo teorema di isomorsmo per gruppi,
G
N
=
NH
N
=
H
N H
= H,
e dunque H `e un gruppo ciclico. Osserviamo che H non `e normale in G; infatti, Inv
E
(H) = Q(a)
che non `e unestensione normale di Q (dato che Q(a) contiene una sola radice del polinomio
irriducibile f). Di fatto (lo si completi per esercizio) in G il sottogruppo H ha cinque coniugati
distinti, che corrispondo ai campi intermedi Q(a), Q(a), Q(
2
a), Q(
3
a), Q(
4
a).
Possiamo ora descrivere piuttosto esplicitamente gli elementi di G. Innanazi tutto, osserviamo
che un Q-automorsmo di E = Q(a, ) `e univocamente determinato dalle immagini di a =
5

2
e di . Consideriamo per primo il sottogruppo N = Gal(E[Q()); esso `e ciclico di ordine 5,
sia un suo generatore; poiche Inv
E
(N) = Q(), si ha () = . Ora, ogni elemento di
G manda radici di f in radici di f, ovvero induce una permutazione degli elementi in (7), e
dunque (a) =
k
a per qualche 1 k 4; rimpiazzando eventualmente con una sua potenza,
possiamo assumere (a) = a. Prendiamo ora in esame H = Gal(E[Q(a)); anchesso `e ciclico,
per cui sia un suo generatore; allora ha ordine 4, e poiche Inv
E
(H) = Q(a), (a) = a. Ne
segue che muove , e siccome (a) =
t
a per qualche 1 t 4, si ha () =
t
. Dal
fatto che [[ = 4 segue t = 2, 3, e dunque, sostituendo eventualmente con
1
, possiamo porre
() =
2
. Poiche G = NH concludiamo che gli elementi di G sono tutti del tipo
u

v
con
0 u 4 e 0 v 3, dove

v
(
5

2) =
5

v
() =
2
u
Notiamo anche che

=
1
=
3
. Di passaggio, consideriamo a questo punto lelemento
b =
5

2+ E, ed osserviamo che nessun 1 ,= G ssa b; da ci`o segue che E = Q(b): infatti


se fosse Q(b) < E, allora Q(b) dovrebbe essere il campo degli invarianti di qualche sottogruppo
non banale di G, il che non `e.
Proviamo inne, a mo di illustrazione della forza della connessione di Galois, come nellestensione
E[Q ci sia una sola estensione intermedia di grado 2 su Q. Ci`o corrisponde a provare che G
ha un solo sottogruppo di indice 2. Sia T un tale sottogrupoo; allora T ha ordine 10 e dunque
100
contiene un sottogruppo di ordine 5; ma N `e lunico sottogruppo di ordine 5 di G (dato che N
`e un 5-sottogruppo di Sylow normale di G); dunque N T; ma allora T/N `e un sottogruppo di
ordine 2 di G/N: poiche G/N `e ciclico esiste un solo tale sottogruppo, e dunque T `e unico (si
provi che T = N
2
)). L = Inv
E
(T) `e quindi il solo campo intermedio in E[Q che ha grado 2 su
Q. Ancora L Q(), da cui segue facilmente che L = Q( +
1
) = Q(cos
2
5
).
Gruppo di Galois di un polinomio.
Proposizione 0.9.5 Sia F un campo, f F[x], e E un campo di spezzamento per f
su F. Se f `e un polinomio separabile allora E[F `e unestensione di Galois.
Dimostrazione. Sia f
1
F[x] il polinomio ottenuto moltiplicando i fattori irriducibili
distinti di f in F[x]. Chiaramente, E `e un campo di spezzamento per f
1
su F. Poiche
f `e separabile, e polinomi irriducibili distinti non possono avere radici comuni, le radici
di f
1
sono tutte semplici e quindi, per il Teorema 7.2, [Gal(E[F)[ = [E : F]. Ma E `e
anche campo di spezzamento per f su L = Inv
E
(G), e dunque [E : L] = [Gal(E[L)[.
Ma chiaramente G = Gal(E[L); dunque [E : F] = [E : L], e quindi F = L = Inv
E
(G).
Poiche E[F `e nita, per la Proposizione 9.3 E[F `e unestensione di Galois.
Sia F un campo, f F[x] un polinomio separabile ed E un suo campo di spezzamento
su F. Allora Gal(E[F) si chiama gruppo di Galois del polinomio f. Ovviamente,
esso non dipende dal particolare campo di spezzamento. Come abbiamo gi`a pi` u volte
avuto modo di osservare, gli elementi di G = Gal(E[F) permutano le radici di f, e
si verica subito che ci`o denisce unazione di G sullinsieme delle radici di f; ora,
se G ssa tutte le radici di f, siccome ssa anche tutti gli elementi di F, ed E
`e generato su F dallaggiunzione delle radici di f, si conclude che `e lidentit`a di E.
Quindi lazione di G sullinsieme `e unazione fedele, e pertanto G `e isomorfo ad un
sottogruppo del gruppo simmetrico Sym(), Se deg f = n, allora [[ n, e dunque G
`e isomorfo ad un sottogruppo di S
n
.
Supponiamo a questo punto che il polinomio f sia irriducibile su F di grado n. Essendo
separabile, le sue n radici nel cammpo di spezzamento E sono distinte. Siano a e b due
di tali radici; allora, per il Lemma 6.3 esiste un F-isomorsmo F[a] F[b] che manda
a in b. Poiche E `e campo di spezzamento per f sia su F[a] che su F[b], il Teorema
6.4 assicura che tale isomorsmo pu`o essere esteso ad un F-isomorsmo di E, cio`e
ad un elemento Gal(E[F). Dunque esiste nel gruppo di Galois G di f su F tale
che (a) = b. Pertanto, come gruppo di permutazioni dellinsieme delle radici di f, G
`e transitivo. Dunque: il gruppo di Galois di un polinomio irriducibile e separabile di
grado n `e isomofo ad un sottogruppo transitivo di S
n
.
Nel seguito di questa sezione, daremo unidea di come trovare, ssato un primo p,
polinomi a coecienti razionali il cui gruppo di Galois (su Q) sia isomorfo al gruppo
simmetrico S
p
. Iniziamo con un lemma sui gruppi di permutazioni.
Lemma 0.9.6 Sia p un numero primo. Sia G un sottogruppo di S
p
che contiene un
ciclo di ordine p ed una trasposizione. Allora G = S
p
.
101
Dimostrazione. Possiamo chiaramente supporre che G contenga la trasposizione
= (1 2). Sia un ciclo di ordine p contenuto in G; allora esiste una sua opprtuna
potenza =
k
(con 1 k p 1) tale che (1) = 2. Ora, poiche p `e primo, `e
anchessa un ciclo di ordine p, sia = (1 2 i
3
. . . i
p
) (dove i
3
, i
4
, . . . i
p
= 3, 4, . . . , p).
Quindi, eventualmente riordinando i punti 3, 4, . . . , p, possiamo supporre che =
(1 2 3 . . . p). Ora
1
= (2 3),
1
(2 3) = (3 4), e cos` via, portando a concludere
che G contiene tutte le trasposizioni del tipo (k k+1) (con k = 1, . . . , p1). Ma ancora,
(1 2)(2 3)(1 2) = (1 3), da cui iterando segue che G contiene tutte le trasposizioni del
tipo (1 k). Ma allora, per ogni 1 i, j p, i ,= j, si ha (i j) = (1 i)(1 j)(1 i) G. Poiche
le trasposizioni generano tutto S
p
si conclude che G = S
p
.
Proposizione 0.9.7 Sia p un primo, e f un polinomio irriducibile in Q[x] di gardo p.
Supponiamo che f abbia esattamente due radici non reali nel campo C. Allora il gruppo
di Galois di f su Q `e isomorfo a S
p
.
Dimostrazione. Sia E C il campo di spezzamento per f su Q, e denotiamo con G
il suo gruppo di Galois, che interpretiamo come un gruppo di permutazioni sullinsieme
delle p radici (che sono tutte distinte) di f in E, dunque come sottogruppo del gruppo
simmetrico S
p
. Sia b una di tali radici; poiche f `e irriducibile, [Q[b] : Q] = deg f = p.
Quindi
[G[ = [E : Q] = [E : Q[b]][Q[b] : Q] = [E : Q[b]] p.
Dunque p divide lordine di G, e pertanto (per il teorema di Sylow) G contiene un
elemento di ordine p. Poiche lordine di una permutazione `e il minimo comune multiplo
delle lunghezze dei suoi cicli disgiunti, si ha che (come permutazione delle radici di f)
`e un ciclo di ordine p. Siano ora u e v le sole due radici non reali di f. Allora v = u `e il
coniugato complesso di u (e u = v). Dunque lautomorsmo di coniugio in C ssa tutte
le radici reali di f e scambia tra di loro le due radici non reali. Poiche E `e generato
su Q dalle radici di f, ne segue che la restrizione ad E del coniugio complesso `e un
Q-automorsmo di E, cio`e un elemento di G. Come permutazione dellinsieme delle
radici di f, ssa tutte le radici reali e scambia u e v, e dunque `e una trasposizione
in S
p
. Quindi G `e un sottogruppo di S
p
che contiene una trasposizione ed un ciclo di
ordine p e pertanto, per il Lemma precedente, G = S
p
.
Consideriamo ad esempio il polinomio razionale f = x
5
10x+2 che, per il criterio di eisenstein,
`e irriducibile su Q. Per vericare che f soddisfa le ipotesi della Proposizione 9.7 studiamo il
garco della funzione polinomiale reale y = f(x). Siccome il termine di grado massimo nella x
`e di grado dispari si ha:
lim
x
f(x) = lim
x+
f(x) = +
Inoltre y

= 5x
4
10 = 5(x
4
2), e si trova quindi che y = f(x) ha un massimo relativo per
x =
4

2, ed un minimo relativo per x =


4

2. Ora f(
4

2) = 2
4

2 + 10
4

2 + 2 > 0, e
f(
4

2) = 2
4

2 10
4

2 + 2 < 0. Quindi il graco di y = f(x) attraversa una volta lasse delle x


nellintervallo (
4

2,
4

2), e dunque, complessivamente, incontra esattamente in tre punti lasse


delle x. Pertanto il polinomio f = x
5
10x +2 ha esattemente tre radici reali, e di conseguenza
in C ha altre due radici complesse coniugate. Per la Proposizione precedente si ha che il gruppo
di Galois di f su Q `e isomnorfo a S
5
.
102
Per ogni primo p `e possibile trovare esplicitamente un polinomio irriducibile razionale di grado
p che soddisfa alle ipotesi della Proposizione 9.7 (vedi Jacobson: Basica Algebra I, pag. 261)
ESERCIZI
1. Sia E[F un estensione di campi niti. Si provi che E[F `e unestensione di Galois, e che il
suo gruppo di Galois `e ciclico.
2. Sia C una radice primitiva 17-esima dellunit`a, e sia E = Q[]. Si provi che E[Q `e
unestensione di Galois e si dica qual `e lindice [E : Q]. Si provi quindi che E[Q ha esattamente
5 campi intermedi (inclusi Q ed E), e si dimostri che (rispetto allinclusione) essi formano una
catena.
3. Sia C una radice primitiva ottava dellunit`a, e sia E = Q(). Si determini il polinomio
minimo di su Q, si descriva il gruppo di Galois Gal(E[Q), e si determinino i campi intermedi
dellestensione E[Q.
4. Si determinino i campi intermedi dellestensione E[Q, dove E C `e il campo di spezzamento
del polinomio x
7
1 su Q.
5. Sia n 1, e siano
1
,
2
, . . . ,
k
tutte le radici primitive n-esime dellunit`a in C. Si provi
che il polinomio

n
(x) = (x
1
)(x
2
) . . . (x
k
)
`e un polinomio a coecienti razionali, `e irriducibile su Q, ed ha grado (n), dove `e la funzione
di Eulero (
n
(x) `e detto polinomio ciclotomico n-esimo su Q).
6. Sia F = Z
5
, sia una radice primitiva 13-esima dellunit`a su F. Tenendo conto che 5
4
1
(mod 13), provare che [F()[ = 5
4
. Quindi descrivere il gruppo di Galois ed i campi intermedi
dellestensione F()[F.
7. Sia E = Q(

2,

5). Si provi che E[Q `e unestensione di Galois, e si determinino i suoi


sottocampi intermedi.
8. Trovare un polinomio in Q[x] tale che il suo gruppo di Galois su Q sia isomorfo al gruppo
simmetrico S
7
.
9. Sia f Q[x] un polinomio irriducibile di grado 3, e sia G il suo gruppo di Galois. Si provi che
G `e isomorfo a S
3
oppure ad A
3
. Denotate con a, b, c le radici di f in un campo di spezzamento
E per f, sia
d = (a b)(b c)(c a).
Si provi che se G S
3
allora d E Q, Q[d] = Inv
E
(A
3
), e [Q[d] : Q] = 2. Si provi che
G A
3
se e solo se d Q.
10. Si descriva il gruppo di Galois su Q del polinomio f = x
4
x
2
+ 4.
11. Si descriva il gruppo di Galois su Q del polinomio f = x
4
2. Si dica se, posto E il campo
di spezzamento di f su Q, lestensione E[Q ammette campi intermedi che non sono estensioni
normali di Q.
103
12. Sia E[F unestensione di campi, con E campo di spezzamento di un polinomio irriducibile
f F[x]. Siano
1
, . . . ,
n
le radici di f in E, e si supponga che Gal(E[F) sia abeliano. Si
provi che allora, per ogni i = 1, . . . , n, E = F[
i
], e quindi che [E : F] = deg f.
13. Sia F un campo di caratteristica 0, e sia E[F unestensione nita. Usando il Teorema di
Steinitz (Teorema 1.8) si provi che E[F `e unestensione semplice.
104
0.10 Epilogo
La vicenda delle idee di Galois (tra le pi` u belle e feconde della storia della matematica)
continua mostrando come le radici di un polinomio razionale f possano essere espresse, a
partire dai coecienti dello stesso, mediante radicali (ed ovviamente le usuali operazioni:
si pensi alla formula risolutiva delle equazioni di secondo grado) se e soltanto se il
gruppo di Galois di f su Q soddisfa una propriet`a piuttosto restrittiva detta risolubilit`a.
Questa `e senzaltro soddisfatta se deg f 4 (ed infatti esistono formule risolutive per
equazioni polinomiali di grado no a 4), mentre per n 5 si vede abbastanza facilmente
che il gruppo simmetrico S
n
non `e risolubile. Poiche, come abbiamo visto, esistono
polinomi razionali il cui gruppo di Galois `e S
n
, ne segue che le radici di un polinomio
di grado 5, o maggiore, non sempre possono essere espresse mediante radicali a partire
dai coecienti del polinomio, ed in particolare che per n 5 non esiste una formula
risolutiva per le equazioni di grado n.
In tal modo, prima di morire allet`a di ventuno anni, per un duello i cui pretesti riman-
gono misteriosi, Evariste Galois chiudeva un problema che per secoli aveva aascinato
ed eluso molti tra i matematici migliori, e nel contempo apriva interi nuovi orizzonti alla
matematica, dando vita, si pu`o dire, a quella che sarebbe diventata lalgebra moderna.
Alla memoria di tal gigante, sopra le spalle del quale egli non solo `e indegno ma anche
incapace di salire, il sottoscritto dedica queste imperfette pagine.
Si capisce che ci vuole ben altro: siate felici.
105

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