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Metodi Matematici

Alessandro Saltini
1 Distribuzioni
Si considera una successione g
n
di funzioni ed una classe F con la seguente propriet` a:
f F
_
b
a
g
n
(x) f (x) dx R
Si denisce la distribuzione o funzione generalizzata in modo che:
_
b
a
(x) f (x) dx = lim
n+
_
b
a
g
n
(x) f (x) dx
Si osserva che questo non equivale a richiedere che sia il limite della successione g
n
.
1.1 Delta di Dirac
La delta di Dirac `e una distribuzione costruita in modo che:
_
+

f (x) (x x
0
) dx = f (x
0
) (1.1)
Si osserva che risulta normalizzata:
_
+

(x) dx = 1
1.1.1 Propriet`a
La delta di Dirac gode delle seguenti propriet` a:
(ax) =
(x)
[a[
(x) = (x)
f (x) (x x
0
) = f (x
0
) (x x
0
)
(g (x)) =
g(a)=0

(a)=0
(x a)
[g

(a)[
1
_
+

f (x)

(x x
0
) dx =
_
f(x)(x x
0
)
_
+

_
+

(x) (x x
0
) dx
_
+

f (x)

(x x
0
) dx = f

(x
0
)
1.1.2 Approssimazioni
Anche la `e ottenuta da una successione di funzioni
n
, le migliori candidate a questo
sono le funzioni di classe C

che si azzerano pi` u rapidamente di qualsiasi x


n
oppure
che esista almeno una potenza x
k
che vada allinnito pi` u rapidamente di
n
.
Alcune funzioni molto usate sono:

n
=
_
n se x
_

1
2n
,
1
2n

0 se x /
_

1
2n
,
1
2n

n
=
n

e
n
2
x
2

n
=
n

1
1 +n
2
x
2

n
=
sin nx
x
1.1.3 Funzione di Heaviside
La funzione `e detta funzione di Heaviside:
(x) =
_
1 se x > 0
0 se x < 0
Il suo valore nel punto x = 0 non `e importante e varia a seconda della convenzione
utilizzata. Pu`o anche essere denita come:
(x) =
_
x

(x) dx
d
dx
= (x)
2
2 Analisi Complessa
Lanalisi complessa studia il comportamento delle funzioni complesse di variabile com-
plessa, in seguito quando si parla di funzione si intender` a una funzione di questo
tipo.
f : C C (2.1)
f(x +iy) = u(x, y) +iv(x, y)
2.1 Derivazione
Si denisce la derivata come limite del rapporto incrementale:
df
dz
= lim
z0
f (z + z) f(z)
z
(2.2)
Si pu` o scomporre z = x +iy ed esplicitare f in funzione di u e v:
df
dz
= lim
z0
(u(x + x, y + y) u(x, y)) +i (v(x + x, y + y) v(x, y))
x +iy
Se il limite esiste deve essere indipendente dalla direzione di approccio, in particolare
si studia cosa succede ponendo y = 0 e facendo variare x:
df
dz
= lim
x0
(u(x + x, y) u(x, y)) +i (v(x + x, y) v(x, y))
x
df
dz
= lim
x0
u(x + x, y) u(x, y)
x
+i lim
x0
v(x + x, y) v(x, y)
x
df
dz
=
u
x
+i
v
x
In alternativa si ssa x = 0 e si varia y:
df
dz
= lim
y0
(u(x, y + y) u(x, y)) +i (v(x, y + y) v(x, y))
iy
df
dz
= lim
y0
v(x, y + y) v(x, y)
iy
i lim
y0
u(x, y + y) u(x, y)
iy
df
dz
=
v
y
i
u
y
Si ottengono le equazioni di Cauchy-Riemann:
_

_
u
x
=
v
y
u
y
=
v
x
(2.3)
3
Dierenziando la prima equazione per x e la seconda per y, poi sommandole si ottiene
lequazione di Laplace su u, nellordine inverso e sottraendole si ottiene su v:
_

2
u
x
2
+

2
u
y
2
= 0

2
v
x
2
+

2
v
y
2
= 0
(2.4)
Una funzione che soddisfa lequazione di Laplace si denisce armonica, quindi sia
la parte reale che quella immaginaria di una funzione f dierenziabile sono funzioni
armoniche. Non `e vero linverso, `e possibile trovare funzioni armoniche anche molto
semplici che non deniscono una funzione dierenziabile.
2.2 Integrazione
Data una curva con estremi a e b nel piano complesso si considera una successione
di n + 1 punti z
k
lungo di essa, tali che z
0
= a e z
n
= b. Si considera una seconda
successione di punti della curva
k
in modo che
j
cada nellarco di curva compreso
tra z
k1
e z
k
. Si denisce lintegrale di una funzione f lungo la curva come:
_

f(z) dz = lim
n
n

k=1
f(
k
) (z
k
z
k1
) (2.5)
2.2.1 Disuguaglianza di Darboux
Si indica con I
n
la somma parziale e L la lunghezza della curva:
[I
n
[
n

k=1
[f(
k
)[ [z
k
z
k1
[ max
z
[f(z)[
n

k=1
[z
k
z
k1
[ max
z
[f(z)[ L

f(z) dz

max
z
[f(z)[ L (2.6)
2.3 Funzioni analitiche
Una funzione si dice analitica in un punto quando `e C

ed a valore singolo in un
intorno di tale punto. Linsieme delle funzioni analitiche si indica con C

. Se una
funzione `e analitica in tutto il piano complesso si denisce intera, se ha punti dove
non `e analitica questi si deniscono singolarit`a.
2.3.1 Logaritmo
Una funzione particolarmente problematica in campo complesso `e il logaritmo:
4
e
f(z)
= z
e
u+iv
= e
i
e
u
e
iv
= e
i
u = ln v = + 2k
Si tratta di una funzione polidroma, perche la parte immaginaria pu` o assumere un
numero innito di valori. Risulta utile denirne una restrizione monodroma detta
logaritmo principale:
Ln(z) = ln +i
2.4 Teorema di Cauchy
Data una curva chiusa e regolare C appartenente al piano complesso ed una funzione
analitica nella regione interna alla curva e sulla curva stessa, allora:
_
C
f(z) dz = 0 (2.7)
Si osserva che se f ammette primitiva la questione `e banale, dal momento che i due
estremi di integrazione coincidono. In caso contrario si denisce una funzione g(z, z
0
):
g(z, z
0
) = f(z) f(z
0
) (z z
0
) f

(z
0
)
Si denomina A la regione interna alla curva e si mostra che pu` o essere suddivisa in un
numero nito n di sottoregioni A
j
tali che per z, z
0
A
j
:
[z z
0
[ <
j
() [g(z, z
0
)[ < [z z
0
[
Questo `e vericato se la funzione ammette derivata prima:

f(z) f(z
0
)
z z
0
f

(z
0
)

<
Considerando che le sottoregioni abbiano forma quadrata con lato di lunghezza l
j
, la
distanza massima tra z e z
0
`e la lunghezza della diagonale:
[g(z, z
0
)[ <

2 l
j
Si costruisce un reticolo di quadrati che ricopre lintera regione, se uno di questi qua-
drati non `e interamente contenuto nella regione lo si divider` a in quattro parti e si
scarteranno le parti che ne cadono completamente allesterno. Si giunger`a, in un nu-
mero nito di passi, ad avere soltanto quadrati allinterno dei quali f `e derivabile, dal
momento che f `e analitica sulla curva deve infatti esistere una regione in prossimit`a
della curva nella quale f `e derivabile. Indicando con C
j
il contorno di ciascun quadrato
si ha che:
5
_
C
f(z) dz =
n

j=1
_
Cj
f(z) dz
Dato che i lati in comune vengono percorsi nei due versi opposti, quindi i loro contributi
si elidono quando vengono sommati. Si mostra ora che lintegrale di g e di f coincidono:
_
Cj
g(z, z
0
) dz =
_
Cj
f(z) dz f(z
0
)
_
Cj
dz f

(z
0
)
_
Cj
(z z
0
) dz =
_
Cj
f(z) dz
Gli altri integrali vanno certamente a zero, in quanto lintegrando `e un polinomio ed
ammette primitiva. Quindi:

_
Cj
f(z) dz

_
C
[f(z)[ dz =
_
C
[g(z, z
0
)[ dz max
zC
[g(z, z
0
)[ L

_
Cj
f(z) dz

<
_
4

2 l
2
j
se A
j
interno

2 l
j
(4l
j
+s
j
) se A
j
di conne
s
j
indica la lunghezza del tratto di curva contenuto in A
j
. Dato che sono tutte
grandezze nite mandando a zero si annulla lintegrale.
2.5 Rappresentazione integrale di Cauchy
`
E data una funzione f analitica in una regione semplicemente connessa R del piano
ed una curva chiusa regolare C appartenente a questa regione. Si considera un punto
z RC:
1
2i
_
C
f(z

)
z z

dz

=
_
0 se z cade allesterno della curva
f(z) se z cade allinterno della curva
(2.8)
Il primo caso `e banale, lunica singolarit`a dellintegrando `e allesterno della curva,
quindi dal teorema di Cauchy deriva immediatamente che lintegrale `e nullo. Per
dimostrare la seconda parte `e necessario ricorrere ad un lemma che aerma che il
valore dellintegrale attorno ad una singolarit`a non dipende dalla forma della curva,
purche nel modicare la forma della curva non si attraversi unaltra singolarit`a.
Si considera una singolarit`a e due curve che la circondano, la pi` u esterna indicata con
C e laltra con . Per ipotesi nella regione compresa tra le due curve non vi sono
singolarit`a, dato che si suppone che non se ne incontrino facendo variare la forma della
curva tra le due, si considerano due segmenti rettilinei
1
e
2
che congiungono le curve
per formare un percorso chiuso G sul quale `e possibile applicare Cauchy:
_
G
f(z) dz =
_
C
f(z) dz +
_
1
f(z) dz
_

f(z) dz
_
2
f(z) dz = 0
6
`
E possibile avvicinare arbitrariamente i due tratti rettilinei in modo da rendere in-
nitesima la dierenza tra i due, il loro contributo allintegrale sar`a nullo, lasciando
soltanto:
_
C
f(z) dz
_

f(z) dz = 0
_
C
f(z) dz =
_

f(z) dz
Si considera ora una circonferenza centrata nel punto z, dato che la funzione `e
continua sar`a sempre possibile trovare un raggio per cui [f(z

) f(z)[ < :

f(z

) f(z)
z

z
dz

[f(z

) f(z)[
[z

z[
dz

<

r
2r
Quindi `e possibile fare tendere lintegrale a zero, dal momento che la singolarit`a `e
isolata. Si trova dunque:
_

f(z

) f(z)
z

z
dz

= 0
_

f(z

)
z

z
dz

= f(z)
_

1
z

z
dz

= f(z)
_
2
0
ie
i
d
e
i
_

f(z

)
z

z
dz

= 2i f(z)
2.6 Derivata di funzioni analitiche
Se una funzione f pu` o essere espressa come:
f(z) =
1
2i
_
C
g(z

)
z

z
dz

Dove g `e una funzione continua e la curva non `e necessariamente chiusa, allora f `e


analitica in tutta la regione per la quale questo `e valido, ovviamente `e esclusa la curva
C sulla quale lintegrale non `e denito. Si denisce una funzione :
=

f(z + z) f(z)
z

1
2i
_
C
g(z

)
(z

z)
2
dz

1
2i

1
z
__
C
g(z

)
z

z z
dz

_
C
g(z

)
z

z
dz

_
C
g(z

)
(z

z)
2
dz

=
1
2

_
C
g(z

)
_
(z

z)
2
(z

z z)(z

z) (z

z z)z
_
(z

z)
2
(z

z z)z
dz

=
[z[
2

_
C
g(z

)
(z

z)
2
(z

z z)
dz

7
Quindi per z tendente a zero si annulla, dato che lintegrale converge. Si ha che:
df
dz
=
1
2i
_
C
g(z

)
(z

z)
2
dz
Reiterando il processo si pu` o ottenere la derivata n-sima, quindi la funzione `e analitica.
d
n
f
dz
n
=
n!
2i
_
C
g(z

)
(z

z)
n+1
dz
Richiamando la rappresentazione integrale di Cauchy si osserva che risponde alle ipo-
tesi di questo teorema, dunque `e possibile calcolare la derivata di qualsiasi funzione
analitica come:
d
n
f
dz
n
=
n!
2i
_
C
f(z

)
(z

z)
n+1
dz (2.9)
2.6.1 Teorema di Cauchy-Liouville
Una funzione intera limitata `e necessariamente costante:

df
dz

1
2
_

f(z

)
(z

z)
2

dz

1
2
max
z
[f(z)[
r
2
2r =
1
R
max
z
[f(z)[
Dato che f `e intera si pu` o mandare r allinnito rendendo nulla la derivata.
2.7 Principio della media
Il valore in un punto di una funzione analitica coincide con la media dei valori assunti
su una qualsiasi circonferenza centrata nel punto. Usando la rappresentazione integrale
di Cauchy:
f(z) =
1
2i
_

f(z

)
z

z
dz

=
1
2i
_
2
0
_
z +e
i
_
e
i
ie
i
d
f(z) =
1
2
_
2
0
f
_
z +e
i
_
d
2.7.1 Teorema
Il modulo di una funzione analitica pu` o raggiungere il valore massimo solo sulla
frontiera della regione di analiticit`a.
z ,= z
0
[f(z)[ < [f(z
0
)[
[f(z
0
)[ =
1
2
_
2
0
f
_
z
0
+e
i
_
d <
[f(z
0
)[
2
_
2
0
d
[f(z
0
)[ < [f(z
0
)[
8
Conduce allassurdo. Se la funzione non si annulla `e possibile fare lo stesso discorso
anche sui minimi, perche
1
f
`e ancora analitica, in caso contrario i punti in cui si annulla
costituiscono ovviamente minimi del modulo.
2.8 Teorema di Morera
Data una regione nel piano complesso ed una funzione f che si integra a zero su
qualsiasi percorso chiuso in essa contenuto, allora f `e analitica. Dallipotesi consegue
direttamente che il valore dellintegrale dipende soltanto dagli estremi, si denisce una
funzione F e se ne calcola il rapporti incrementale:
F(z) =
_
z
a
f(z

) dz

F(z + z) F(z)
z
=
1
z
_
_
z+z
a
f(z

) dz

_
z
a
f(z

) dz

_
=
1
z
_
z+z
z
f(z

) dz

F(z + z) F(z)
z
=
1
z
_
_
z+z
z
f(z) dz

+
_
z+z
z
(f(z

) f(z)) dz

_
F(z + z) F(z)
z
= f(z) +
1
z
_
z+z
z
(f(z

) f(z)) dz

1
z
_
z+z
z
(f(z

) f(z)) dz

1
[z[
max
z

[z,z+z]
[f(z

) f(z)[ [z[

1
z
_
z+z
z
(f(z

) f(z)) dz

max
z

[z,z+z]
[f(z

) f(z)[
Mandando z a zero f(z

) viene a coincidere con f(z), annullando il contributo di


questo termine, dunque:
dF
dz
= f(z)
Dal momento che F `e dierenziabile, dunque analitica, anche la sua derivata deve
essere analitica.
2.9 Serie di Taylor
Sia dato un punto z
0
in un intorno del quale la funzione f `e analitica, entro un certo
raggio di convergenza, che in generale sar`a la distanza tra z
0
e la pi` u prossima
singolarit`a, `e possibile scrivere f come:
f(z) =

n=0
a
n
(z z
0
)
n
a
n
=
1
n!
d
n
f
dz
n

z0
=
1
2i
_

f(z

)
(z

z
0
)
n+1
dz

(2.10)
9
Si scrive la rappresentazione integrale di Cauchy e si esplicita il termine
1
z

z
:
f(z) =
1
2i
_

f(z

)
z

z
dz

1
z

z
=
1
(z

z
0
) (z z
0
)
=
1
z

z
0
1
1
zz0
z

z0
=
1
z

z
0

n=1
_
z z
0
z

z
0
_
n
`
E possibile scrivere la serie geometrica in quanto il rapporto in essa contenuto `e sempre
minore di 1, poiche z

`e sulla circonferenza e z
0
`e allinterno.
f(z) =
1
2i
_

1
z

z
0

n=1
_
z z
0
z

z
0
_
n
f(z

) dz

f(z) =

n=1
(z z
0
)
n
1
2i
_

f(z

)
(z

z
0
)
n+1
dz

2.10 Serie di Laurent


Se invece che essere analitica allinterno di una circonferenza centrata in z
0
la funzione
`e analitica soltanto in una corona circolare `e possibile esprimerla come serie di:
f(z) =
+

n=
d
n
(z z
0
)
n
d
n
=
1
n!
d
n
f
dz
n

z0
=
1
2i
_
C
f(z

)
(z

z
0
)
n+1
dz

(2.11)
Per la dimostrazione si considera la curva C composta da
1
e
2
, rispettivamente la
circonferenza pi` u interna e pi` u esterna che delimitano la corona circolare, ed una terza
circonferenza centrata in un punto z allinterno della corona circolare. Il contributo
dei tratti rettilinei che collegano le curve si trascura, lintegrale `e nullo perche aggira
tutte le singolarit`a:
_
C
f(z

)
z

z
dz

=
_
1
f(z

)
z

z
dz

+
_

f(z

)
z

z
dz

_
2
f(z

)
z

z
dz

= 0
_

f(z

)
z

z
dz

=
_
2
f(z

)
z

z
dz

_
1
f(z

)
z

z
dz

2if(z) =
_
2
f(z

)
z

z
dz

_
1
f(z

)
z

z
dz

f(z) =
1
2i
_
2
f(z

)
z

z
dz

1
2i
_
1
f(z

)
z

z
dz

Il primo addendo `e una funzione analitica e pu` o essere sviluppata in serie di Taylor,
`e possibile anche dimostrare che i coecienti sono gli stessi visti in precedenza per lo
sviluppo di f, dunque:
10
f(z) =

n=0
a
n
(z z
0
)
n

1
2i
_
1
f(z

)
z

z
dz

1
z

z
=
1
(z z
0
) (z

z
0
)
=
1
z z
0
1
1
z

z0
zz0
=
1
z z
0

n=1
_
z

z
0
z z
0
_
n1
f(z) =

n=0
a
n
(z z
0
)
n
+
1
2i
_
1
1
z z
0

n=1
_
z

z
0
z z
0
_
n1
f(z

) dz

f(z) =

n=0
a
n
(z z
0
)
n
+

n=1
1
(z z
0
)
n
1
2i
_
1
f(z

)(z

z
0
)
n1
dz

f(z) =

n=0
a
n
(z z
0
)
n
+

n=1
b
n
(z z
0
)
n
La prima serie contiene la parte analitica della funzione, la seconda contiene informa-
zioni relative alle singolarit`a. Esprimendola in funzione di d
n
come allinzio si trova
a
n
= d
n
e b
n
= d
n
2.11 Zeri e punti singolari
Se una funzione f `e analitica ed ha uno zero di ordine n in un dato punto z
0
i termini
del suo sviluppo di Taylor in un intorno di esso saranno nulli no al grado n, quindi:
f(z) = (z z
0
)
n

k=0
a
n+k
(z z
0
)
k
= (z z
0
)
n
h(z)
La funzione h `e analitica in quanto ottenuta a partire da uno sviluppo di Taylor,
inoltre `e necessariamente diversa da zero in un intorno del punto z
0
, dal momento che
a
n
`e diverso da zero. Ne consegue che gli zeri di una funzione analitica possono essere
soltanto punti isolati.
Per quanto riguarda le singolarit`a si parla di singolarit` a di ordine n quando il termine
b
n
dello sviluppo di Laurent `e lultimo non nullo. Se tale numero non pu` o essere
trovato si parla di singolarit`a esistenziale. Se una funzione ha soltanto singolarit`a
isolate `e detta meromorca.
2.12 Teorema dei residui
Si vuole calcolare lintegrale di una funzione attorno ad una sua singolarit`a isolata in
z
0
, per farlo risulta utile denire il residuo:
Res f(z
0
) =
1
2i
_
C
f(z

) dz

(2.12)
11
Se si considera invece una curva che contiene un numero m di singolarit`a `e possibile
circondare ciascuna con una circonferenza
j
e collegarle al percorso principale con
tratti rettilinei separati di un innitesimo, da cui risulta che:
_
C
f(z

) dz

=
m

j=1
_
j
f(z

) dz

= 2i
m

j=1
Res f(z
j
) (2.13)
Per determinare il residuo di un polo di ordine n si osserva che deve esistere una
funzione g tale che:
f(z) =
g(z)
(z z
0
)
n
Inserendola nellintegrale si trova:
Res f(z
0
) =
1
2i
_
C
g(z

)
(z

z
0
)
n
dz

=
1
(n 1)!
d
(n1)
g
dz
(n1)

z0
Res f(z
0
) = lim
zz0
1
(n 1)!
d
(n1)
dz
(n1)
((z z
0
)
n
f(z)) (2.14)
In alternativa si trova direttamente dalla denizione dei termini di Laurent che:
Res f(z
0
) = d
1
(2.15)
Tale formula funziona anche per una singolarit`a essenziale.
2.13 Lemma di Jordan
Si considera una funzione f che tende a zero uniformemente per [z[ , non neces-
sariamente intera. Sia R
+
ed una semicirconferenza
R
di raggio R nel semipiano
degli immaginari positivi.
lim
R
_
R
e
iz

f(z

) dz

= 0 (2.16)
Indicando con I
R
il valore di tale integrale si procede alla dimostrazione passando in
coordinate polari:
I
R
= i
_

0
e
i(cos +i sin )
f
_
e
i
_
e
i
d
I
R
= i
_

0
e
i cos sin +i
f
_
e
i
_
d
Considerando che

f
_
e
i
_

< dallipotesi di convergenza e che

e
i

= 1:
12
[I
R
[ <

_

0
e
sin
d

= 2

_
2
0
e
sin
d

Considerando che in [0,



2
] si ha sin
2

:
[I
R
[ < 2

_
2
0
e

(1 e

)
Mandando a zero si riesce ad azzerare lintegrale, si pu` o generalizzare al caso in cui
= 0 aggiungendo lipotesi che f si azzeri pi` u velocemente di
1
|z|
per permettere ad
di andare a zero pi` u rapidamente di . In modo equivalente si pu` o considerare R

se come
R
si considera la semicirconferenza nel semipiano negativo e la si percorre in
verso orario.
2.14 Valore principale di un integrale
Se una funzione viene integrata lungo un percorso che incontra una singolarit`a linte-
grale, formalmente, non esiste.
`
E necessario aggirare la singolarit`a in qualche modo,
in generale il risultato dipender`a da come questa viene aggirata. Si considera per
semplicit`a lintegrale sullasse reale cos` denito:
_
+

f(x)
x x
0
dx
Con f analitica in x
0
. Si sceglie un percorso G che aggira il punto x
0
con una
semicirconferenza
0
di raggio , ottenendo:
_
G
f(x)
x x
0
dx =
_
x0

f(x)
x x
0
dx +
_
+
x0+
f(x)
x x
0
dx +
_
0
f(z)
z x
0
dz
Si denisce il valore principale dellintegrale:
P
_
+

f(x)
x x
0
dx = lim
0
__
x0

f(x)
x x
0
dx +
_
+
x0+
f(x)
x x
0
dx
_
(2.17)
Risolvendo lintegrale su
0
si trova:
_
0
f(z)
z x
0
dz =
_
0

f
_
x
0
+e
i
_
ie
i
e
i
d = i
_
0

f
_
x
0
+e
i
_
d
lim
0
_
0
f(z)
z x
0
dz = if(x
0
) =

i
f(x
0
)
Se si fosse aggirata la singolarit`a inferiormente si sarebbe integrato tra e 0, otte-
nendo un segno diverso. In un problema sico `e il sistema a decidere come bisogna
aggirare la singolarit`a.
13
2.15 Funzioni polidrome
Se compiendo un giro di 2 attorno ad un punto il valore della funzione cambia tale
punto punto di branca o di diramazione. Si denisce di ordine n + 1 quando
bisogna compiere n giri prima di avere nuovamente il valore originale. Per valutare un
integrale `e necessario aggirare i punti di branca.
`
E possibile inoltre rappresentare le
funzioni polidrome come successioni di funzioni f
n
analitiche, nel caso del logaritmo
ad esempio:
f
n
(z) = ln +i ( + 2n)
Se si studia il comportamento in prossimit`a di di questa funzione si trova:
lim
0
_
f
n
_
e
i()
_
f
n
_
e
i()
__
= 2i
Ricordando che e coincidono nella topologia di . Andando invece a considerare
la dierenza con f
n+1
si trova che `e nulla:
lim
0
_
f
n
_
e
i()
_
f
n+1
_
e
i()
__
= 0
`
E dunque possibile congiungere le due funzioni con continuit` a in prossimit`a di = .
La funzione ha laspetto di una successioni di piani di Riemann sui quali la funzione
`e analitica, quando si vuole determinare un integrale si ssa un piano e vi si opera. Si
osserva che il numero di piani di Riemann `e equivalente allordine del punto di branca,
cio`e innito nel caso del logaritmo. Se si considera la funzione radice si trova che ha
due piani di Riemann:
f(z) = z
1
2
=

e
i

2
f
_
e
i0
_
=

f
_
e
i2
_
=

e
i
f
_
e
i4
_
=

Analogamente la radice n-sima ne ha n.


2.16 Continuazione analitica
Siano f
1
ed f
2
due funzioni analitiche in una certa regione, se esse coincidono in
una certa sottoregione `e necessario che coincidano in tutta la regione. In realt` a `e
suciente che coincidano su un insieme di punti che ammette almeno un punto di
accumulazione. Se si considera infatti la funzione = f
1
f
2
per ipotesi avr` a almeno
un punto di accumulazione per gli zeri, tuttavia `e una funzione analitica in quanto
somma di funzioni analitiche, quindi deve per forza essere la funzione identicamente
nulla, dal momento che nessuna altra funzione analitica ammette zeri non isolati. Se
le due funzioni sono denite su due domini diversi, ma non disgiunti, si dice che una
`e la continuazione analitica dellaltra.
Si pu` o inoltre, se `e noto lo sviluppo di Taylor di una funzione in un intorno U
0
di
un punto z
0
, estendere la conoscenza della funzione ad una regione di analiticit`a con-
nessa allintorno, anche non semplicemente. Per farlo si determina un nuovo sviluppo
14
di Taylor in un punto z
1
U
0
, se il raggio di convergenza di questa serie `e tale che
U
1
U
0
,= si sono trovate informazioni ulteriori. In questo modo `e anche possibile tro-
vare le singolarit`a muovendosi nella direzione in cui il raggio di convergenza diminuisce
pi` u rapidamente.
Inne se due funzioni f e g sono analitiche in due regioni D
f
e D
g
separate da una
curva R sulla quale sono entrambe continue e coincidono, allora `e possibile dimostrare
che sono manifestazioni di una stessa funzione h che `e analitica anche su R. Questo si
dimostra per mezzo del teorema di Morera, in quanto qualsiasi percorso chiuso interno
ad uno dei due domini si integra necessariamente a zero, mentre se si considera un
percorso che attraversa R `e possibile dividerlo in due percorsi come i precedenti, poi
fare avvicinare arbitrariamente gli estremi su R, in questo modo il contributo del tratto
su R si annulla perche le due funzioni coincidono e viene percorso in due versi opposti.
2.17 Gamma di Euler
`
E denominata funzione gamma di Euler la funzione cos` denita:
1
(z)
=
1
2i
_
C
e
t
t
z
dt (2.18)
Dove C `e una curva che descrive una circonferenza attorno allorigine e taglia fuori
il semiasse reale negativo con due semirette. La variazione di t avviene su (, )
per evitare problemi con i punti di diramazione quando z / Z. Sviluppando in serie
lesponenziale e considerando soltanto n Z si trova:
e
t
t
n
=
1
t
n

k=0
t
k
k!
=

k=0
t
kn
k!
Res =
1
(n 1)!
(n) =
_
(n 1)! se n > 0
se n 0
(2.19)
Una scrittura integrale alternativa valida soltanto nel semipiano dei reali positivi `e:
(z) =
_

0
e
t
t
z1
dt
Si dimostra che (z) = (z 1)(z 1) per mezzo dellintegrazione per parti:
1
(z)
=
1
2i
_
C
e
t
t
z
dt =
1
2i
_
_
e
t
(z 1)t
z1
_
+i
i
+
1
z 1
_
C
e
t
t
z1
dt
_
1
(z)
=
1
z 1
_
C
e
t
t
z1
dt =
1
(z 1)(z 1)
15
Estendendo si trova:
(z) =
(z +n)

n1
k=0
(z +k)
Questo permette di generalizzare la scrittura integrale alternativa, dal momento che
(z + n) = (z) + n > 0 `e sempre vericato quando n . Si denisce ora la
funzione beta di Euler, denita per (a) > 0 e (b) > 0:
B(a, b) =
(a)(b)
(a +b)
(2.20)
B(a, b) =
_
1
0
t
a1
(1 t)
b1
dt (2.21)
Dalla prima scrittura si osserva che `e simmetrica, sostituendo nella seconda t
1
q
si
trova una scrittura alternativa:
B(a, b) =
_
1

1
q
a1
_
1
1
q
_
b1
dq
q
2
=
_

1
1
q
a1
_
q 1
q
_
b1
dq
q
2
B(a, b) =
_

1
(q 1)
b1
q
a+b
dq
Sostituendo t sin
2
si trova:
B(a, b) = 2
_
2
0
sin
2a2
(1 sin
2
)
b1
sin cos d
B(a, b) = 2
_
2
0
sin
2a1
cos
2b1
d
16
3 Spazi vettoriali
Si considera un insieme S di oggetti che deniamo ket ed indichiamo con [a) munito
di unoperazione di somma tra ket e prodotto per un numero complesso, perche sia
uno spazio vettoriale lineare devono valere le seguenti propriet` a:
[a) , [b) S [a) +[b) S (3.1a)
[a) S, C [a) S (3.1b)
[o) S/ [a) S [a) +[o) = [a) (3.1c)
[a) S [a

) S/ [a) +[a

) = [o) (3.1d)
[a) , [b) S [a) +[b) = [b) +[a) (3.1e)
[a) S 1 [a) = [a) (3.1f)
[a) S, , C ( [a)) = () [a) (3.1g)
[a) S, , C ( +) [a) = [a) + [a) (3.1h)
[a) , [b) S, C ([a) +[b)) = [a) +[b) (3.1i)
Si pu` o dimostrare che 0 [a) = [o), il vettore nullo si indica comunemente con lo zero.
3.1 Prodotto scalare
Si denisce ora unoperazione di prodotto scalare denita positiva:
[ ) : S
2
C (3.2a)
a[b) = b[a)

(3.2b)
a[a) 0 a[a) = 0 [a) = 0 (3.2c)
|a| =
_
a[a) (3.2d)
Se si considera un ket [d) = [a) + [b) si osserva che:
c[d) = c[a) + c[b)
d[c) = c[d)

a[c) +

b[c)
Il prodotto scalare `e lineare a destra, ma antilineare a sinistra. Si pu` o aggirare questo
problema introducendo uno spazio duale dei bra che contiene le immagini speculari
degli elementi di S, limmagine di [a) si indica con a[. Per un generico elemento scritto
come combinazione lineare di altri sar`a valida la seguente scrittura:
[x) =
n

i=1

i
[i) x[ =
n

i=1

i
i[ (3.3)
Si deniscono ortogonali due vettori per cui a[b) = 0.
17
3.1.1 Disuguaglianza di Schwarz
Si considera un vettore [c) = [a) xb[a) [b) dove x R e si calcola c[c):
c[c) = a[a) 2xa[b) b[a) +x
2
a[b) b[a) b[b) 0
Si riconosce unequazione di secondo grado in x, perche sia vericata `e necessario
che il discriminante sia minore di zero, dal momento che a[b) b[a) = [a[b)[
2
0 e
b[b) = |b|
2
0, deve cio`e conservarsi il segno del termine in x
2
.
|a|
2
2x[a[b)[
2
+x
2
[a[b)[
2
|b|
2
0

4
= [a[b)[
4
[a[b)[
2
|b|
2
|a|
2
0
[a[b)[
2
_
[a[b)[
2
|b|
2
|a|
2
_
0
|b|
2
|a|
2
[a[b)[
2
La seguente relazione `e denita disuguaglianza di Cauchy-Schwarz:
|b| |a| [a[b)[ (3.4)
3.2 Metrica
Uno spazio si denisce metrico quando `e possibile introdurvi una funzione distanza
con le seguenti propriet` a:
: S
2
R 0 (3.5a)
(a, b) = (b, a) (3.5b)
(a, b) = 0 a = b (3.5c)
(a, b) +(b, c) (a, c) (3.5d)
Comunemente si introduce la distanza per mezzo della norma:
(a, b) = |[a) [b)| (3.6)
Attraverso questo si pu` o denire il concetto di successione convergente, sia [a
k
) una
successione di elementi nello spazio, si dice che converge a [a) se:
lim
k
(a
k
, a) = 0 (3.7)
Si pu` o dimostrare che il limite di una successione `e unico:
[a) , [b) / lim
k
(a
k
, a) = 0 lim
k
(a
k
, b) = 0
k (a, b) (a
k
, a) +(a
k
, b) (a, b) = 0 [a) = [b)
18
3.3 Operatori
Si denisce operatore una funzione F : S S che associa a [x) il vettore F [x). Si
parla di operatore lineare se:
F
_
n

i=1

i
[i)
_
=
n

i=1

i
F [i) (3.8)
Due operatori A e B si deniscono uguali quando A[x) = B[x) per ogni [x), inoltre si
possono denire operazioni di somma e prodotto:
(A +B) [x) = A[x) +B[x) (3.9a)
AB[x) = A(B[x)) (3.9b)
BA[x) = B(A[x)) (3.9c)
Si osserva che il prodotto non `e commutativo, si denisce il commutatore:
[A, B] = AB BA (3.10)
Quando questo oggetto `e nullo i due operatori possono commutare. Risulta utile
denire loperatore identit` a:
E [x) = [x) (3.11)
Si denisce la potenza di un operatore A
m
come loperatore applicato m volte,
ovviamente A
0
= E, e lesponenziale di un operatore per mezzo della serie di Taylor:
e
A
=

k=0
A
k
k!
(3.12)
3.3.1 Inverso
Si deniscono linverso destro e sinistro di un operatore rispettivamente come quegli
operatori per cui A
1
s
A = E e AA
1
d
= E, se esistono entrambi allora coincidono e
sono unici e si indica loperatore inverso con A
1
:
AA
1
= A
1
A = E (3.13)
Dati due operatori A e B che ammettono inverso anche AB ammette inverso, in
particolare (AB)
1
= B
1
A
1
.
19
3.3.2 Aggiunto
Si denisce operatore aggiunto o hermitiano coniugato loperatore A

per cui:
[a) , [b) S a[ A

[b) = b[ A[a)

(3.14)
Questo permette di portare gli operatori nello spazio duale, lelemento duale di A[a)
`e infatti a[ A

. Applicando ricorsivamente questa denizione si trova che A

= A:
b[ A

[a) = a[ A

[b)

= b[ A[a)

= b[ A[a)
Si osserva anche che (AB)

= B

, banalmente:
b[ B

[a) =
_
b[ B

_ _
A

[a)
_
= ((a[ A) (B[b)))

= a[ AB[b)

3.4 Operatori particolari


Un operatore H si dice hermitiano o autoaggiunto quando:
H = H

(3.15)
Un operatore U si dice unitario quando:
U
1
= U

(3.16)
I primi servono a rappresentare le osservabili di un sistema, i secondi rappresentano le
trasformazioni, infatti conservano la norma dei vettori a cui sono applicati:
|U [a)|
2
= a[ U

U [a) = a[ U
1
U [a) = a[a)
Un operatore P si denisce proiettore quando:
P = P

(3.17a)
P
2
= P (3.17b)
Lunico proiettore invertibile `e lidentit` a, infatti:
P
1
P
2
= P
1
P = E
P
1
P
2
= EP = P
La somma di proiettori `e un proiettore soltanto se P
2
P
1
= P
1
P
2
= 0, non si pongo-
no problemi sul fatto che siano hermitiani, dal momento che la somma di operatori
hermitiani `e ancora un operatore hermitiano, tuttavia:
(P
1
+P
2
)
2
= P
1
2
+P
2
2
+P
1
P
2
+P
2
P
1
P
1
P
2
+P
2
P
1
= 0
20
Moltiplicando a destra e a sinistra per P
1
e sottraendo i risultati si ottiene:
P
1
P
2
P
1
+P
2
P
1
= 0
P
1
P
2
+P
1
P
2
P
1
= 0
P
2
P
1
P
1
P
2
= 0
Mettendo a sistema si trova quanto richiesto. Questa condizione `e sicamente equiva-
lente a due proiettori che operano su sottospazi ortogonali, si pu` o denire un set di
proiettori ortogonali:
P
i
P
j
=
_
0 se i ,= j
P
i
sei = j
Se si dispone di N proiettori ortogonali, dove N `e la dimensione dello spazio, si ha:
N

i=1
P
i
= E
Un particolare tipo di proiettori `e costituito da [a)b[ per i quali ([a)b[)

= [b)a[:
x[ [b)a[ [y) = x[b) a[y) = y[a)

b[x)

= (y[a) b[x))

x[ [b)a[ [y) = (y[ [a)b[ [x))

3.5 Basi
Dato un insieme di vettori [i) si dicono linearmente indipendenti se:
a
i
[i) = 0 i a
i
= 0 (3.18)
Un insieme di vettori si dice base quando `e possibile scrivere tutti i vettori dello spazio
in uno ed un solo modo come combinazione lineare di questi. Una base [e
i
) si denisce
ortonormale quando:
e
i
[e
j
) =
ij
(3.19)
3.5.1 Teorema della base
N vettori linearmente indipendenti formano una base per uno spazio di dimensione N.
Si osserva la seguente relazione:
c
0
[a) +c
i
[i) = 0
Non `e possibile che sia vericata solo quando c
0
e tutti i c
i
sono nulli, altrimenti si
avrebbero N + 1 vettori linearmente indipendenti, inoltre se c
0
non pu` o essere nullo,
21
altrimenti si ricadrebbe necessariamente nel caso appena osservato. Quindi si pu` o
scrivere:
[a) =
c
i
c
0
[i)
Quindi esiste almeno unespressione di [a) nei termini dei vettori della base, inoltre
questa `e unica, infatti se supponiamo che possa essere scritto come combinazione
lineare sia con coecienti a
i
che
i
, allora:
[a) [a) = a
i
[i)
i
[i) =
_
a
i

i
_
[i) = 0 a
i
=
i
3.5.2 Metodo di Gram-Schmidt
Data una base `e sempre possibile ortonormalizzarla con la seguente formula:
[e
i
) =
1
L
i
_
_
[i)
i1

j=1
P
j
[i)
_
_
(3.20)
Se supponiamo che la formula sia valida per due indici k, j < i, `e infatti banale
dimostrarla per i = 1, 2, si pu` o moltiplicare tutto per e
k
[:
e
k
[e
i
) =
1
L
i
_
_
e
k
[i)
i1

j=1
e
k
[e
j
) e
j
[i)
_
_
e
k
[e
i
) =
1
L
i
_
_
e
k
[i)
i1

j=1

kj
e
j
[i)
_
_
e
k
[e
i
) =
1
L
i
(e
k
[i) e
k
[i)) = 0
Quindi sono ortogonali, il fattore L
i
si cura di normalizzare i vettori.
3.5.3 Rappresentazione
Una base permette di rappresentare in modo pi` u trattabile i vettori e gli operatori
deniti nello spazio. Per quanto riguarda i vettori:
[a) = a
i
[i) [b) = b
i
[i) (3.21a)
[a) +[b) =
_
a
i
+b
i
_
[i) (3.21b)
`
E comodo studiare gli operatori nei termini della loro azione sui vettori di base:
A[i) = A
j
i
[j) (3.22)
22
Si studia come questo mette in correlazione il risultato delloperatore al vettore iniziale:
A[a) = [b)
Aa
i
[i) = a
i
A[i) = a
i
A
j
i
[j) = b
i
[i)
A
j
i
a
i
= b
i
Aa = b (3.23)
I ket sono rappresentati da vettori colonna, i bra da vettori riga e gli operatori da
matrici. Si studiano ora gli eetti dei cambiamenti di base, si considera un operatore
R invertibile, cio`e tale che [R[ , = 0:
R[i) = [i

) R
1
[i

) = [i) (3.24)
Si osserva che [i

) `e ancora una base, infatti ponendo una generica combinazione lineare


uguale a zero:
c
i
[i

) = c
i
R[i) = c
i
R
j
i
[j) = 0
j c
i
R
j
i
= 0 i c
i
= 0
Questo `e garantito dal fatto che la matrice R ha determinante nullo, quindi i vettori
sono linearmente indipendenti e formano una nuova base. Si determina come variano
i vettori in questa base:
[a) = a
i
[i) = a

j
[j

)
a
i
R
1
j
i
[j

) = a

j
[j

)
R
1
j
i
a
i
= a

j
R
1
a = a

Questo tipo di componenti si dicono controvarianti perche i vettori si trasformano


con la matrice inversa:
[i

) = R[i) [a

) = R
1
[a) (3.25)
Per quanto riguarda gli operatori:
A[i

) = AR
j
i
[j) = R
j
i
A[j) = R
j
i
A
k
j
[k)
[k) = R
1
m
k
[m

) A[i

) = R
j
i
A
k
j
R
1
m
k
[m

)
R
j
i
A
k
j
R
1
m
k
[m

) = A

m
i
[m

)
A

m
i
= R
1
m
k
A
k
j
R
j
i
A

= R
1
AR
La traccia viene conservata:
23
Tr A

= A

i
i
= R
1
i
k
A
k
j
R
j
i
= R
j
i
R
1
i
k
A
k
j
= E
j
k
A
k
j
= A
k
k
= Tr A
Si denisce ora un nuovo tipo di componente:
a
i
= a[i) = a
j

j[i) (3.26)
Si studia come varia in seguito ad una trasformazione:
[i

) = R
m
i
[m) j

[ = k[ R
k
j

j
= R
1
j
n
a
n
j

[i

) = R
k
j

R
m
i
k[m)
a

i
= a[i

) = a

[i

) = R
1
j
n

a
n
R
k
j

R
m
i
k[m)
a

i
= R
1
j
n

R
k
j

a
n
R
m
i
k[m) =
_
R
1
j
n
R
k
j
_

a
n
R
m
i
k[m)
a

i
= E
k
n
a
n
R
m
i
k[m) = a
k

k[m) R
m
i
Ponendo a
m
= a
k

k[m) si trova che le coordinate sono covarianti:


a

i
= a
m
R
m
i
a

= aR a

[ = a[ R (3.27)
Si pu` o generalizzare il concetto di matrice attraverso il concetto di tensore, cio`e un
oggetto che varia con un certo numero di indici covarianti e controvarianti, il numero
di indici `e il rango del tensore.
3.5.4 Basi ortonormali
Se la rappresentazione avviene su una base ortonomale le cose si semplicano notevol-
mente, si trova che:
e
i
[a) = a
j
e
i
[e
j
) = a
j

ij
= a
i
a
i
= a[e
i
) = a
j

e
j
[e
i
) = a
j

ij
= a
i

a[b) = a
j
b
i
e
j
[e
i
) = a
j
b
i

ij
= a
i
b
i
|a|
2
= a[a) = a
i
a
i
=
N

i=1
a
i

a
i
=
N

i=1

a
i

2
e
i
[ A[e
j
) = A
k
j
e
i
[e
k
) = A
k
j

ik
= A
i
j
A

i
j
= e
i
[ A

[e
j
) = e
j
[ A[e
i
)

= A
j
i

= A
t

In una base ortonormale gli operatori hermitiani sono rappresentati da matrici hermi-
tiane e gli operatori unitari da matrici unitarie.
24
Si pu` o dimostrare che tutte e sole le trasformazioni unitarie conservano lortonormalit`a:
[u
j
) = U [e
j
) u
i
[ = e
i
[ U

u
i
[u
j
) = e
i
[ U

U [e
j
) = e
i
[e
j
) =
ij
Quindi tutte le trasformazioni unitarie conservano lortonormalit`a, per quanto riguarda
limplicazione inversa si pensa alla generica trasformazione tra basi ortonormali:
[u
i
) = u
k
i
[e
k
) R
k
i
= u
k
i
R

i
k
= u
k
i

= u
ki
R

R = R

i
k
R
k
j
= u
ki
u
k
j
= u
i
[u
j
) =
ij
Dato che rappresenta la matrice identit` a R

`e linversa di R, quindi R `e unitaria.


In aggiunta a questo le trasformazioni unitarie conservano anche gli operatori hermi-
tiani ed unitari:
H

= U

HU
H

=
_
U

HU
_

=
__
U

H
_
U
_

= U

_
U

H
_

= U

U = U

HU = H

= U

V U
V

= U

U V

= U

UU

HU = E
Qualsiasi trasformazione conserva invece linversa:
A

= R
1
AR
A

1
=
_
R
1
AR
_
1
= R
1
_
R
1
A
_
1
= R
1
A
1
R
A

1
A

= R
1
A
1
RR
1
AR = E
3.6 Sottospazi
Se si considerano M vettori linearmente indipendenti in uno spazio S
N
a dimensione
N > M si `e individuato un sottospazio S
M
S
N
. Applicando pi` u volte un operatore
allo stesso vettore si otterranno, ovviamente, al massimo N vettori linearmente indi-
pendenti. Nel caso per`o se ne trovino in numero inferiore si possono utilizzare come
base per un sottospazio S
(A)
M
detto sottospazio invariante, allinterno del quale A
pu` o operare senza uscirne:
[x) S
(A)
M
A[x) S
(A)
M
(3.28)
Si considera una base [i) presa in modo che i primi M vettori costituiscano una base
anche per S
M
. Rappresentando loperatore in questa base si trova un blocco nullo
25
in corrispondenza delle prime M colonne, ma oltre la riga M, dovuto al fatto che
loperatore non esce dal sottospazio. Se `e possibile trovare altri sottospazi invarianti si
pu` o giungere ad avere una matrice diagonale a blocchi, in tal caso loperatore `e detto
riducibile. Il caso pi` u favorevole `e quello in cui si ottiene una matrice diagonale, cio`e
con blocchi 1 1.
3.7 Autovettori
Si denisce autovettore generalizzato di rango n un vettore [a) per cui:
_
(A aE)
n
[a) = 0
m < n (A aE)
m
[a) , = 0
(3.29)
I pi` u comuni sono gli autovettori di rango 1, utili per lo studio di sottospazi invarianti
di dimensione 1, perche equivalgono a risolvere:
A[x) = [x) (3.30)
Sviluppando i calcoli e ricordando la lineare indipendenza di una base:
(A E) [x) = 0
(A E) x
i
[i) = (A E)
j
i
x
i
[j)
j (AE)
j
i
x
i
= 0
perche vi siano soluzioni non banali `e necessario che sia vericata lequazione carat-
teristica o secolare:
[A E[ = () = 0 (3.31)
Il teorema di Hamilton-Cayley aerma che:
(A) = 0 (3.32)
Si pu` o scomporre lo spazio S
N
mediante proiettori, sia L il numero di soluzioni
dellequazione caratteristica e r
i
la molteplicit` a della soluzione
i
:
() =
L

i=1
(
i
)
ri
1
()
=
L

i=1
f
i
()
(
i
)
ri
1 = ()
L

i=1
f
i
()
(
i
)
ri
26
L

i=1
f
i
()

k=i
(
k
)
r
k
Indicando con
i
() = f
i
()

k=i
(
k
)
r
k
si trova:
L

i=1

i
() = 1 (3.33)
Passando agli operatori si trova:
L

i=1

i
(A) = E (3.34)
Si dimostra che sono un insieme di proiettori ortogonali, si considera k ,= i:

i
(A)
k
(A) = f
i
(A)

l=i
(A E
l
)
r
l
f
k
(A)

m=k
(AE
m
)
rm

i
(A)
k
(A) = f
i
(A)f
k
(A)

l=i,k
(A E
l
)
r
l
L

m=1
(A E
m
)
rm

i
(A)
k
(A) = f
i
(A)f
k
(A)

l=i,k
(AE
l
)
r
l
(A) = 0
Quindi sono ortogonali, si dimostra che sono anche idempotenti:

i
(A) =
i
(A)E =
i
(A)
L

k=1

k
(A) =
i
(A)
i
(A) +
i
(A)

k=i

k
(A)

i
(A) =
i
(A)
i
(A)
Il secondo termine `e infatti nullo perche sono ortogonali. Si osserva inoltre che proiet-
tano su uno sottospazio invariante di A, se S
(i)
`e il sottospazio ottenuto applicando

i
(A), ne consegue che anche
i
(A)A[x) cade in tale spazio. Si studia inne lannullarsi
della generica combinazione lineare delle immagini degli operatori:
L

k=1
c
k

k
(A) [x) = 0

i
(A)
L

k=1
c
k

k
(A) [x) = 0
c
i

i
(A) [x) = 0 i c
i
= 0
27
Ne consegue che `e possibile scomporre qualsiasi vettore dello spazio in termini di
vettori appartenenti ad un sottospazio invariante. Si pu` o inoltre dimostrare che S
(i)
`e
il sottospazio nullo per (A E
i
)
ri
:
(A E
i
)
ri
[
i
) = 0
[
i
) = E [
i
) =
L

k=1

k
(A) [
i
) =
L

k=1
f
k
(A)

m=k
(A E
m
)
rm
[
i
)
Tutti gli addendi tranne quello corrispondente a k = i contengono nel prodotto anche
(A E
l
)
r
l
[
i
) = 0, dunque si annulleranno e resta:
[
i
) = f
i
(A)

m=i
(AE
m
)
rm
[
i
) =
i
(A) [
i
)
[
i
) resta invariato applicando il proiettore, deve necessariamente trovarsi gi`a nello
spazio nel quale si proietta. Si dimostra ora limplicazione inversa.
(AE
i
)
ri

i
(A) [
i
) = (A E
i
)
ri
f
i
(A)

k=i
(A E
k
)
r
k
[
i
)
(AE
i
)
ri

i
(A) [
i
) = f
i
(A)(A) [
i
) = 0
Quindi il risultato delloperazione `e nullo per qualsiasi vettore proiettato in S
(i)
, dato
che valgono entrambe le direzioni dellapplicazione si pu` o aermare che `e lo spazio
nullo.
Questo processo `e importante perche ha permesso di determinare che `e scomporre
lo spazio originale in sottospazi invarianti che ne formano una partizione, qualsiasi
vettore delo spazio pu` o essere scritto nei termini di una base ottenuta dallunione delle
basi dei sottospazi invarianti.
3.8 Operatori hermitiani
Un operatore hamiltoniano ha soltanto autovettori di rango 1, indipendentemente dalla
molteplicit` a dellautovalore corrispondente, mentre in generale si pu` o solo aermare
che il rango dellautovalore `e minore o uguale alla molteplicit` a dellautovalore. Tutti
gli autovalori di un operatore hermitiano sono reali, infatti:
H [h) = h[h)
h[ H [h) = h[ H

[h)

= h[ H [h)

hh[h) = h

h[h)

= h

h[h)
h = h

28
Infatti se un numero non risente della coniugazione deve necessariamente essere reale.
Si dimostra inoltre che autovettori corrispondenti ad autovalori diversi sono ortogonali:
H[h
1
) = h
1
[h
1
) H[h
2
) = h
2
[h
2
)
h
2
[ H [h
1
) = h
1
h
2
[h
1
) h
1
[ H [h
2
) = h
2
h
1
[h
2
)
h
2
[ H

= h
2
[ h
2

= h
2
[ h
2
h
2
[ H

[h
1
) = h
2
h
2
[h
1
)
h
2
[ H[h
1
) h
2
[ H

[h
1
) = (h
1
h
2
) h
2
[h
1
) = 0
Dato che h
1
,= h
2
il prodotto scalare deve annullarsi.
3.8.1 Diagonalizzazione
Si considera una matrice H

riferita alloperatore H ed i suoi autovalori nella for-


ma h
(i)
(l), che identica ll-simo autovettore, specicando che corrisponde alli-esimo
autovalore normalizzato:
h
(j)m
(l)h
m
(i)
(k) =
kl
`
E possibile denire una trasformazione della quale `e nota linversa costruendo la
matrice che ha come colonne gli autovettori:
R
m
k
= h
m
(i)
(k) R
1
l
m
= h
(j)m
(l)
Applicandola ad H

si trova H in forma diagonale:


H = R
1
H

R = R
1
l
n
H

n
m
R
m
k
= h
(j)n
(l)H

n
m
h
m
(i)
(k) = h
(j)n
(l)h
(i)
h
n
(i)
(k)
H = h
(i)

lk
In particolare lungo la diagonale ha gli autovalori, `e sicuramente una matrice hermi-
tiana perche simmetrica, in quanto diagonale, ed a valori reali. Si pu` o dimostrare che
R `e unitaria se espressa su una base ortonormale:
R
1
l
m
= h
(j)m
(l) = h
m
(j)
(l)

= R
m
l

3.8.2 Diagonalizzazione simultanea


Dati due operatori hermitiani condizione necessaria e suciente perche esista una base
in cui le matrici associate siano entrambe diagonali `e la commutativit`a. Fisicamente
signica che possono essere misurate contemporaneamente con precisione arbitraria.
Si considera una base sulla quale A `e diagonale:
A
i
j
= a
(j)
E
i
j
29
Dal fatto che il commutatore `e nullo ne consegue che:
AB BA = A
i
k
B
k
j
B
i
k
A
k
j
= 0
a
(k)
E
i
j
B
k
j
a
(j)
E
i
j
B
i
k
=
_
a
(k)
a
(j)
_
B
i
j
= 0
Se i = j `e possibile che B
i
k
sia non nullo, se i ,= j e a
(k)
,= a
(j)
`e necessariamente B
i
j
ad essere nullo. Resta tuttavia il problema degli autovalori con molteplicit` a maggiore
di 1. Tuttavia nel sottospazio S
(i)
identicato dallautovalore degenere `e certamente
possibile esprimere B sotto forma di matrice hermitiana, dunque diagonalizzabile. In
aggiunta a questo A risulta espressa come un multiplo della matrice identit` a, quindi non
risente della trasformazione, permettendo dunque di diagonalizzare B senza nuocere
alla diagonalit` a di questa.
Quanto dimostrato si pu` o generalizzare ad un insieme di operatori che commutano,
si denisce insieme completo di operatori il massimo numero di operatori che
commutano senza che nessuno di questi sia funzione degli altri, `e analogo alla lineare
indipendenza. Fisicamente si riette nella possibilit`a di identicare univocamente
un sistema con la misura delle osservabili correlate, il fatto che un operatore abbia
autovalori degeneri `e invece sinonimo della mancanza di questa propriet` a se si considera
loperatore da solo.
Si osserva che qualsiasi trasformazione conserva la commutativit`a di due operatori, la
dimostrazione `e immediata.
30
4 Spazi funzionali
Si considera lo spazio C delle funzioni continue denite su [a, b] R, `e possibile de-
nirvi una struttura di spazio vettoriale, `e possibile forzare la denizione di componente
ed aermare che i singoli valori di f(x) sono le componenti del vettore [f). Questo
permette di denire il prodotto scalare tra due funzioni come:
f[g) = (f, g) =
_
b
a
f

(x)g(x)p(x) dx (4.1)
La funzione p `e limitata, integrabile e denita positiva, `e detta funzione peso e serve
a controllare gli eetti della lunghezza dellintervallo. Il pi` u delle volte `e unitaria.
(g, f) = (f, g)

=
_
b
a
g

(x)f(x)p(x) dx (4.2)
|f|
2
= (f, f) =
_
b
a
f

(x)f(x)p(x) dx =
_
b
a
[f(x)[
2
p(x) dx (4.3)
(f, g) =

_
b
a
[f(x) g(x)[
2
p(x) dx (4.4)
Tuttavia lo spazio manca della completezza, `e infatti facile trovare successioni di
funzioni continue che tendano a funzioni discontinue, come la funzione di Heaviside.
Unidea sarebbe quella di cstudiare lo spazio delle funzioni integrabili alla Riemann,
ma `e possibile vedere che anche questo non `e completo.
`
E necessario denire un nuovo
concetto di integrale che permetta di integrare funzioni con un numero innito di
discontinuit` a.
4.1 Integrale di Lebesgue
Si denisce la misura di un insieme, essa gode delle seguenti propriet` a:
(E) 0 (4.5a)
() = 0 (4.5b)
([a, b]) = b a (4.5c)
(E
1
E
2
) = (E
1
) +(E
2
) +(E
1
E
2
) (4.5d)

_
m
_
i=1
E
i
_

i=1
(E
i
) (4.5e)
invariante per traslazioni e riessioni (4.5f)
Se si richiama il complementare di un insieme si pu` o dimostrare che (E) b a:
31
(E E

) = b a = (E) +(E

)
(E) = b a (E

) b a
Dati un certo numero di intervalli I
i
disgiunti che uniti formano una ricopertura I
dellinsieme E si denisce la misura esterna di E come:

est
(E) = min
I
((I)) (4.6)
Dove I `e linsieme di tutte le possibili ricoperture. Si denisce la misura interna:

int
(E) = (b a)
est
(E

) (4.7)
Se coincidono E si dice misurabile secondo Lebesgue e la misura `e tale che:
(E) =
int
(E) =
est
(E) (4.8)
Si considera un insieme innito numerabile di punti x
k
, sia I
k
= B

k
2
(x
k
) e si sceglie
il raggio della boccia in modo che:

k
<

2
k
(I
k
) =
k
(I)

k
<

2
k
0
Infatti la serie geometrica di ragione
1
2
`e convergente, mentre `e innitesimo. Qualsiasi
insieme numerabile ha misura nulla.
`
E ora possibile denire lintegrale alla Lebesgue, si considera un intervallo f
i
di valori
assunti dalla funzione e se ne denomina E
i
la controimmagine, si prende poi un valore
f
i
della funzione al suo interno e si denisce la somma parziale di Lebesgue come:
=
N

i=1
f
i
(E
i
)
Mandando questo processo allinnito, se esiste il limite, si denisce lintegrale di
Lebesgue:
_
E
f(x) dx = lim
N
N

i=1
f
i
(E
i
) (4.9)
Se f `e integrabile alla Riemann questo processo fornisce lo stesso risultato, tuttavia
permette di integrare anche funzioni che non risulterebbero integrabili altrimenti. Una
funzione integrabile alla Lebesgue `e anche detta sommabile e si indica con f L,
32
condizione suciente perche questo si verichi `e che [f[ L o [f(x)[ < [g(x)[ per ogni
x, dove g L. Valgono ovviamente il teorema della media, Darboux e Schwarz:
_
E
f(x) dx = f(x))
E
(E)
_
E
[f(x)[ dx max
E
[f[ (E)

_
E
f(x)g(x) dx

_
E
[f[
2
dx
_
E
[g[
2
dx
Se f `e limite di una successione di funzioni f
n
sommabili ed uniformemente limitate,
cio`e se M/ n, x [f
n
(x)[ < M, se f `e a sua volta sommabile `e possibile scambiare
lordine di integrale e limite senza richiedere luniforme convergenza della serie.
4.2 Spazio L
2
Lo spazio che pi` u interessa nello studio della sica `e lo spazio delle funzioni di modulo
quadro integrabile, indicato con L
2
:
f L
2

_
b
a
[f(x)[
2
p(x) dx C (4.10)
Una funzione si denisce quasi dappertutto nulla quando `e nulla su tutto il suo dominio
meno un insieme numerabile di punti, secondo Lebesgue si integrano a zero, vengono
dunque utilizzate come elemento nullo dello spazio funzionale, tuttavia questo com-
porta che la corrispondenza tra vettori e funzioni non `e biunivoca, ma il vettore [f)
rappresenta la funzione f e tutte quelle che dieriscono da essa per una funzione quasi
dappertutto nulla. Il teorema di Riesz-Fischer aerma che L
2
`e completo, data una
successione di funzioni tali che:
lim
j,k
(f
j
, f
k
)
2
= 0
Allora esiste una funzione f L
2
tale che:
lim
k
(f, f
k
)
2
= 0
Questo non indica per`o una convergenza esatta alla funzione f, ma che dieriscono a
meno di una funzione quasi dappertutto nulla:
lim
k
(f
k
(x) f(x)) = q(x) l. i. m.
k
f
k
(x) = f(x) (4.11)
33
4.3 Fourier
Si considera un insieme
i
numerabile di funzioni non quasi dappertutto nulle e consi-
deriamo la combinazione lineare di queste che risulta in una funzione quasi dappertutto
nulla:

i
c
i

i
(x) = q(x) (4.12)
Se questo si avvera soltanto quando tutti i coecienti sono 0, linsieme si dice linear-
mente indipendente, altrimenti `e linearmente dipendente. Si preferisce sempre avere
un insieme ortonormale di funzioni
i
:

i
c
i
[
i
) = [q)

i
c
i

k
[
i
) =
k
[q) = 0k c
k
= 0
Prendendo un numero n nito di funzioni
i
si identica un sottospazio a dimensione
nita sul quale `e possibile esprimere qualsiasi funzione come combinazione lineare di
queste:
f(x) =
n

i=1
f
i

i
(x) [f) = f
i
[
i
) (4.13)
f
i
=
_
b
a

i
(x)

f(x)p(x) dx f
i
=
i
[f) (4.14)
Se n diventa innito si denisce lo sviluppo formale in serie di Fourier come:
f(x)

i=1
c
i

i
(x) c
i
=
i
[f) (4.15)
Non si `e pi` u certi del fatto che la serie converga, per`o se si osserva il comportamento
della somma ridotta di ordine n:
f
n
(x) =
n

i=1
c
i

i
(x)
Applicando Schwarz:
f
n
[f
n
) =

i,j
c
i

c
j

i
[
j
) =
n

i=1
[c
i
[
2
f[f
n
) =
n

i=1
c
i
f[
i
) =
n

i=1
[c
i
[
2
[f[f
n
)[
2
f[f) f
n
[f
n
)
_
n

i=1
[c
i
[
2
_
2
f[f)
n

i=1
[c
i
[
2
34
Si trova la disuguaglianza di Bessel:
|f|
2

i=1
[c
i
[
2
(4.16)
Si pu` o mostrare che il modo migliore per approssimare una funzione `e con una somma
parziale di Fourier, sia g combinazione lineare ottenuta con coecienti generici b
i
:
g(x) =
n

i=1
b
i

i
(x)
=
2
(f, g) = (f[ g[) ([f) [g)) = f[f) +g[g) g[f) f[g)
= f[f) +
n

i=1
[b
i
[
2

j=1
(b
j
f[
j
) +b
j

j
[f))
= f[f) +
n

i=1
[b
i
[
2

j=1
(b
j
c
j

+b
j

c
j
) +
n

i=1
c
i

n

i=1
c
i
= f[f)
n

i=1
c
i
+
n

j=1
[c
j
b
j
[
2
Il modo migliore per rendere minima `e ovviamente di porre c
j
= b
j
, si osserva
per`o che questo non signica necessariamente lazzeramento di . Se dovesse valere
luguaglianza di Parseval linsieme si dice completo per f:
|f|
2
=

i=1
c
i
(4.17)
In tal caso mandando n allinnito lerrore di approssimazione diventa arbitrariamente
piccolo, quindi si pu` o scrivere che:
l. i. m.
n
f
n
(x) = f(x) (4.18)
Esistono insiemi che sono completi per quasiasi funzione in L
2
, inoltre si osserva che
se si trasforma un insieme completo con una trasformazione invertibile anche linsie-
me di arrivo sar`a completo. Altro concetto importante `e lequazione di Parseval
generalizzata:
f(x) c
i

i
(x) g(x) d
i

i
(x)
(f, g) =

i=1
c
i

d
i
(4.19)
Si dimostra inoltre che ove vale Bessel qualsiasi serie di coecienti per cui

[c
i
[
2
converge pu` o essere usata per identicare una funzione:
35

2
(f
k
, f
l
) =
_
b
a
[f
k
(x) f
l
(x)[
2
p(x) dx =
_
b
a
k

i=l+1
[c
i

i
(x)[
2
p(x) dx

2
(f
k
, f
l
) =
k

i=l+1
[c
i
[
2
Dato che la serie converge la distanza tende a zero. Inoltre:

2
(f, f
k
) = (f[ f
k
[) ([f) [f
k
)) = f[f) +f
k
[f
k
) f
k
[f) f[f
k
)

2
(f, f
k
) = f[f) +

[c
i
[
2

c
i

i
[f)

c
i
f[
i
)

2
(f, f
k
) = f[f)

[
i
[f)[
2
+

[
i
[f)[
2
+

[c
i
[
2

c
i

i
[f)

c
i
f[
i
)

2
(f, f
k
) = f[f)

[
i
[f)[
2
+

[c
i

i
[f)[
2

2
(f, f
k
)

[c
i

i
[f)[
2
La somma dei primi due termini `e infatti maggiore di zero dalla disuguaglianza di
Bessel, ne consegue che dallazzerarsi delle distanza discende il fatto che i coecienti
c
i
sono esattamente i coecienti di Fourier della funzione f.
4.4 Equivalenza tra chiusura e completezza
Un insieme si denisce chiuso se le uniche funzioni in L
2
ortogonali a tutte le funzioni in
esso sono le funzioni quasi dappertutto nulle, completo se qualsiasi funzione pu` o essere
scritta come serie di Fourier su di esso. Si considera un insieme completo e ortonormale,
ci`o non riduce il campo dellipotesi perche `e sempre possibile ortonormalizzare un
insieme senza perdere la completezza, ed una funzione g tale che
i
[g) = 0 per tutte
le funzioni dellinsieme. Dato che vale Parseval:

[
i
[g)[
2
=

[c
i
[
2
= 0 = |g|
2
Dato che ha norma nulla `e necessariamente quasi dappertutto nulla. Si considera
invece un insieme chiuso, data una qualsiasi funzione f Bessel assicura che la serie dei
moduli quadri dei coecienti c
i
converge ed il teorema precedente assicura che esiste
una funzione g che `e serie di Fourier con tali coecienti:
d
i
=
i
[g f) =
i
[g)
i
[f) = c
i
c
i
= 0
Quindi la dierenza tra le due funzioni `e ortogonale a tutte le funzioni dellinsieme,
dunque `e quasi dappertutto nulla perche linsieme `e chiuso. g `e lespressione di f come
serie di Fourier, rendendo linsieme completo rispetto ad f, per`o non sono state fatte
ipotesi su f, quindi `e completo rispetto a qualsiasi funzione su L
2
.
36
4.5 Spazio di Hilbert
Si denisce spazio di Hilbert uno spazio vettoriale a dimensione innita sul quale
esistano metrica e prodotto scalare e che sia completo e separabile, cio`e ogni elemento
pu` o essere visto come successione convergente.
4.6 Sviluppo di Fourier
Una base molto usata per gli sviluppi di Fourier `e data da:

k
=
_
1

2
,
sinnx

,
cos nx

_
(4.20)
La funzione peso si considera unitaria, si ottiene che:
f(x)
1
2
a
0
+

k=1
a
k
cos kx +b
k
sinkx (4.21)
a
0
=
1

f(x) dx (4.22)
a
k
=
1

f(x) cos kxdx (4.23)


b
k
=
1

f(x) sin kxdx (4.24)


Non c`e bisogno di coniugare perch`e sin e cos sono funzioni reali. Se f ha particolari
simmetrie i coecienti si semplicano notevolmente.
Un altro insieme di funzioni molto usato `e:

k
=
_
e
ikx

2
_
(4.25)
f(x)
1

2
+

k=
c
k
e
ikx
(4.26)
c
k
=
1

2
_

f(x)e
ikx
dx (4.27)
Per generalizzare ad intervalli diversi da [, ] basta fare un cambio di variabile:
x
2
L
x
f(x)
1

2
+

k=
c
k
e
ik
2
L
x
c
k
=

2
L
_ L
2

L
2
f(x)e
ik
2
L
x
dx
37
4.7 Trasformata di Fourier
Se la funzione `e denita su tutto lasse reale si denisce una nuova variabile p
k
=
2
L
k
e p =
2
L
`e la distanza tra p
k
e p
k+1
. Si denisce una nuova funzione:
F(p
k
) =
1

2
_ L
2

L
2
e
ip
k
x
f(x) dx
In questo modo c
k
= F(p
k
)p, la serie di Fourier diventa:
f(x) =
1

2
+

k=
e
ip
k
x
F(p
k
)p
Facendo tendere L ad innito p diventa innitesimo, se il limite esiste:
f(x) =
1

2
_
+

e
ipx
F(p) dp (4.28)
F(p) =
1

2
_
+

e
ipx
f(x) dx (4.29)
F `e detta trasformata di Fourier della funzioe f, `e utile per determinare il numero
di termini da considerare nella somma parziale di Fourier per ricostruire accuratamente
f. Si osserva che una funzione molto denita determina una trasformata molto larga
e viceversa, questo corrisponde al principio di indeterminazione. Chiamando x

la
variabile di integrazione di F e sostituendola in f si trova:
f(x) =
_
+

f(x

)
_
1
2
_
+

e
ip(xx

)
dp
_
dx

1
2
_
+

e
ip(xx

)
dp = (x x

) (4.30)
In questo modo per`o sorgono problemi sulla denizione del prodotto scalare nello
spazio, infatti avendo un numero innito di vettori di base:
[f) =
_
+

c
k
[
k
) dk
j
[f) =
_
+

c
k

j
[
k
) dk
Se
j
[
k
) =
jk
lintegrale avrebbe valore nullo, dando come risultato insensato che
linsieme non `e chiuso, bisogna che il prodotto scalare sia una delta di Dirac, ma a
questo punto non `e pi` u denito in C. In generale si ignora questo problema.

j
[
k
) =
1
2
_
+

e
i(kj)x
dx = (j k) (4.31)
38

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