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BIMESTRALE DI STUDI E DOCUMENTAZIONE SUI TEMI DELLIMMIGRAZIONE

Primo Piano / G2, seconda generazione


In questo numero interventi di: Erri De Luca Maurizio Ambrosini Elena Besozzi Gian Carlo Blangiardo Graziella Giovannini Antonio Golini Milena Santerini

FrancoAngeli

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BIMESTRALE DI STUDI E DOCUMENTAZIONE SUI TEMI DELLIMMIGRAZIONE

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Serenella Ravioli Responsabile ufficio di comunicazione istituzionale del ministero dellInterno Giuseppe Roma Direttore generale CENSIS Direttore editoriale Angela Pria Prefetto - capo dipartimento per le Libert civili e lImmigrazione
Primo Piano / G2, seconda generazione
In questo numero interventi di: Erri De Luca
Maurizio Ambrosini Elena Besozzi Gian Carlo Blangiardo Graziella Giovannini Antonio Golini Milena Santerini

Direttore responsabile Giuseppe Sangiorgi Redazione Alessandro Grilli Claudia Svampa Responsabile organizzativo Stefania Nasso Progetto grafico Studio Francesca Cantarelli Milano Fotografie Copertina Alan Maglio | Medhin Paolos; pag.19 Paulo Fligueiros | UN Photo; pag.22 Pier Paolo Cito | Save the Children; pag.26 Cooperativa Promidea/Fei; pag. 3 9 - 51 Comune di Prato/ Fei; pag.69 Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Giovent/Fei; pag.72 Kibae Park | UN Photo; pag.78 Francesco La Serpe; pag.104 Tom Craig | Dreamstime.com; pag.108 Evan Schneider | UN Photo; pag.129 European Union 2010; pag.133 Stockphoto | Poco Bw Coper tina Studio Francesca Cantarelli Autorizzazione Tribunale di Milano n. 579 del 18.12.2009 Bimestrale - Poste Italiane Spa Sped. in Abb. Post. - D.L.353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n.46) art.1, comma 1 DCB Milano Copyright 2 011 by FrancoAngeli s.r.l. Stampa Tipografia Gamma srl Via G. Pastore 9 - Cerbara 06012 Citt di Castello (PG)

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Rivista bimestrale del dipartimento per le libert civili e limmigrazione del ministero dellInterno Piazza del Viminale 1- 00184 Roma tel. 06 4 6 5 2 5 8 6 9 fax 06 4 6 5 4 9 7 8 5 libertacivili@interno.it redazione.libertacivili@interno.it info.libertacivili@interno.it Comitato scientifico Presidente Enzo Cheli Vice presidente emerito della Corte costituzionale Componenti Vincenzo Cesareo Professore ordinario della facolt di Scienze politiche - Universit cattolica del Sacro Cuore - Milano Mario Giro Responsabile per le relazioni internazionali Comunit di SantEgidio Antonio Golini Professore ordinario di Demografia - facolt di Scienze statistiche Universit degli studi di Roma La Sapienza Angelo Malandrino Prefetto - Autorit responsabile del Fondo europeo per lintegrazione di cittadini di Paesi terzi 2007- 2013 Mario Morcellini Preside della facolt di Scienze della comunicazione - Universit degli studi di Roma La Sapienza

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Editoriale
Dal Mediterraneo un grido di libert che chiama in causa l Europa intera

di Angela Pria

Lintervento
Oltre la tolleranza lo slancio della fraternit

Intervista a Erri De Luca

Primo Piano

I minori stranieri in Italia: una galassia difficile da definire e quantificare

di Antonio Golini
Le seconde generazioni tra integrazione ed esclusione

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di Milena Santerini
Esperienza, eredit, ethos : le parole chiave del percorso dinclusione

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di Mariagrazia Santagati
Il diritto allo studio alla prova dellimmigrazione

30 36

di Graziella Giovannini
Il successo scolastico dei minori stranieri tra prima e seconda generazione

di Elena Besozzi
La scheda/Dalla scuola alluniversit: tutti i numeri sugli studenti stranieri nel nostro Paese Adolescenti ricongiunti, una questione emergente

45 56 64 72

di Maurizio Ambrosini
Io par to da solo

di Giovanni Giulio Valtolina


I figli di coppie miste, un emblema della mescola genetica

di Guia Gilardoni
Quelle adulte giovani alla ricerca di un equilibrio fra responsabilit e bisogni personali

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di Gaia Peruzzi
La r-evolution dei gelsomini

93 99

di Claudia Svampa

Le Rubriche

Europa
Secondi a nessuno: politiche di integrazione per la generazione due

Labor
Flussi ridotti e pi disoccupazione: cos la crisi morde sugli immigrati

di Gian Carlo Blangiardo e Stefania Rimoldi

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libertcivili

di Maria Assunta Rosa

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Indice

Il Click day, un esempio di efficienza dellamministrazione

di Maria Virginia Rizzo

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Indice

La ricerca
Le tante facce diverse dellimmigrazione nel XVI Rapporto Ismu

di Giuseppe Sangiorgi

131

Minimum media
Le opinioni pubbliche di Europa e Nord America sul tema immigrazione

di Alessandro Grilli

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Insieme
Figli di immigrati, cittadini come gli altri

di Mohamed A.Tailmoun

143 149

Documentazione e Statistiche
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Una lezione sul futuro

di Angela Pria

entre mi accingo a scrivere su questa rivista il mio primo editoriale, il ministero dellInterno si trova ancora una volta impegnato in prima linea a gestire una nuova emergenza umanitaria sul fronte dellimmigrazione. Dopo lAlbania, il Kosovo e gli sbarchi del 2008, ora la Tunisia, e con essa lintero Maghreb, a premere sulle coste italiane, attraverso migliaia di persone in fuga da una difficile condizione di vita. Questi ultimi sbarchi sono la conseguenza, com noto, del preoccupante stato dinstabilit politica in cui, attualmente, versano i Paesi dellAfrica del Nord e lEgitto, che insieme alla Libia costituiscono il confine mediterraneo di quel grande continente. Al di l delle specifiche cause che hanno portato le masse a occupare le principali piazze del Cairo, di Algeri o di Tunisi, credo si possa sostenere che quelle manifestazioni siano la testimonianza non gi solo di una nuova coscienza civile di quei popoli, che chiedono pi democrazia e pi libert, ma altres di uno stato di malessere che coinvolge tutto il continente africano, con i suoi enormi squilibri economico-sociali, dovuti a unaberrante distribuzione della ricchezza, e con i paradossi degli hotel di lusso circondati da condizioni di estrema miseria e sofferenza. E allora i migranti che in questo momento affollano Lampedusa e le strutture ricettive del Sud Italia ci dicono che la questione non pu essere circoscritta ai rapporti tra la Tunisia e lItalia, dovendosi invece ragionare nei pi ampi termini di un intero continente, quello africano, che guarda allEuropa come terra di redenzione e riscatto. Una questione meridionale in grande stile, quella africana, che se non affrontata con incisive politiche di sostegno economico da parte dellUnione Europea, assieme a tutta la comunit internazionale, rischia di esplodere in non gestibili dinamiche migratorie.
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Editoriale

Dal Mediterraneo un grido di libert che chiama in causa lEuropa intera

Dal Mediterraneo un grido di libert che chiama in causa lEuropa intera

Editoriale

LEuropa ha tutti gli strumenti per intervenire con efficacia. Possiede le risorse finanziarie ed elevate conoscenze scientifiche, ma sopratutto una cultura che, nel corso dei secoli, stata affinata allinsegna della tolleranza. Il Mediterraneo da questo punto di vista ha giocato un ruolo essenziale. Solcato nei millenni da genti diverse, le sue acque sono state il luogo dove le grandi religioni monoteiste si sono incontrate e luomo ha imparato a non sentirsi solo. Ed nel nome di questo sentimento comunitario che lEuropa deve sostenere lItalia nello sforzo di far s che lemigrazione sia per le persone che vivono in Africa una scelta e non una necessit; che il grido di democrazia e libert che riecheggia dallaltra sponda del Mediterraneo si tramuti per quelle terre in migliori condizioni di vita e pi elevati livelli di benessere. Infine, richiamo brevemente lattenzione sul tema dellaccoglienza e dellintegrazione di coloro che fuggono non tanto e non solo dalla povert, ma piuttosto dalle guerre e dalle persecuzioni. Su questo versante, il dipartimento per le Libert civili e lImmigrazione del ministero dellInterno ha saputo maturare una profonda esperienza e la capacit di dialogo con tutti i soggetti coinvolti: organizzazioni internazionali, enti locali e associazioni. Questa capacit al dialogo una ricchezza che va conservata e, se possibile, accresciuta. Con queste riflessioni saluto i lettori della rivista e ringrazio il prefetto Mario Morcone che, quale mio predecessore alla guida del dipartimento per le Libert civili e lImmigrazione, ha voluto questo pregevolissimo prodotto editoriale, che si avvale della collaborazione di illustri esponenti della societ civile, delle istituzioni e del mondo accademico.

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Oggi il nostro continente dice lo scrittore Erri De Luca sillude di respingere, di contenere le maree umane che comunque arrivano e trasformano la vita. Nemmeno la pena di morte sarebbe un deterrente
Intervista di Giuseppe Sangiorgi

Come realizzare una diversa consapevolezza morale e culturale sui temi delle migrazioni? Partiamo dal Nuovo Testamento

Gli intellettuali hanno il ruolo di coscienza critica di una societ. Le loro opinioni possono risultare scomode, possono essere contro, ma guai a non ascoltarle, a non riflettere su quello che le voci fuori dal coro hanno da dirci. Il tema dellimmigrazione di per s controverso per la quantit di aspetti che ha e di problemi che comporta. Eppure, oltre la quotidianit di questi problemi bisogna cercare di cogliere il senso di fondo di un fenomeno che evoca non solo interessi economici, conflitti sociali, doverosi richiami alla legalit e alla sicurezza, ma anche qualcosa di pi ampio: qualcosa che ha a che fare con la nostra dignit di esseri umani e con i valori intorno ai quali si organizza una societ civile. Erri De Luca uno scrittore che unisce letteratura e vita, autenticit e senso poetico, cultura e popolarit. A lui abbiamo rivolto queste domande. Nella introduzione al Libro di Rut lei usa unespressione, la mescola genetica, per indicare il compiersi e il fondersi dei diversi destini umani nei cammini della storia. Poco oltre parla degli emigranti della necessit: anche il Messia lo stato, cos Matteo ce lo presenta nelle prime pagine del suo vangelo. Il dibattito di oggi sulle migrazioni quasi sempre legato a polemiche, a paure, a una dura realt di contingenze, di contrasti e spesso di sfruttamento. Come recuperare una sua diversa verit per una diversa consapevolezza in primo luogo morale e culturale di questo problema? Il Nuovo testamento si apre con le generazioni maschili che
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Lintervento

Oltre la tolleranza lo slancio della fraternit

Intervista a Erri De Luca

da Abramo a Ges passano per Davide: ricco e col pi forte di turno. Noi italiani questo , per ebrei e cristiani, lalbero del 1900 siamo stati i pi numerosi genealogico del Messia. In questo elenco viaggiatori del secolo uno delle grandi ci sono cinque nomi di donna e ben migrazioni. Quelli venuti dopo, semplicetre di queste non sono mente rinnegano lapmadri ebree. Una partenenza alla famiglia Cananea, una di Noi italiani del 1900 siamo da cui provengono. La Gerico e una di Moab: stati i pi numerosi rinnegano in nome del la genealogia del Messia viaggiatori del secolo uno portafoglio sazio. meticcia, questo delle grandi migrazioni. Celebriamo i 150 anni scritto a pagina uno Quelli venuti dopo, di unit dItalia? S, del Nuovo testamento. semplicemente rinnegano unit fatta a spese e La pi preziosa discensenza i trenta milioni lappartenenza alla famiglia di nostri emigrati del denza mista, respinge da s la purezza di da cui provengono 190 0. Non mi aspetto sangue, il pedigree. dalle celebrazioni neanLa pagina due gi fa che una parola sui nostri del neonato un latitante, uno che deve espulsi dalla miseria. fuggire insieme ai suoi dal suo posto. Allora cera un Egitto che accoglieva i I migranti servono come braccia di profughi, oggi no. lavoro, spesso per non si considera Oggi il nostro continente sillude di ci che legato alla loro dignit di esseri respingere, di contenere le maree umane umani. C da parte di molti di noi una che comunque arrivano e trasformano sorta di duplicit di atteggiamento tra la vita. Lostilit, lavversione, i campi di accettazione ed esclusione, realt delle concentramento e i respingimenti in cose e percezione, vantaggi economici mare sono inefficienti, perci stupidi. che si ricevono e prezzi sociali da Nemmeno la pena di morte sarebbe un pagare, difesa delle identit nazionali deterrente. Il neonato Ges fugge da e apertura allaltro. Come cercare un quella. punto di equilibrio tra queste posizioni cos contraddittorie? LItalia un Paese giovane come Lequilibrio sempre una condizione terra dimmigrazione, ma antico come provvisoria. Successivi aggiustamenti terra demigrazione: la nostra di oggi avvengono per attrito e poi con il lubrifidunque una storia che abbiamo gi cante del vantaggio. La tolleranza vissuto a parti rovesciate. Che cosa insufficiente. indispensabile lo slancio dovrebbe insegnare questa circostanza? della fraternit per opporsi allodio, Come dovrebbe far parte del dibattito allavversione, sentimenti sui quali specula sulla identit nazionale mentre celela destra e si fa condizionare la sinistra. briamo i 150 anni dellunit dItalia? La prima inutile legge contro gli immigrati, La storia non insegna niente, solo prima della Bossi-Fini, porta le firme Turco una vasta materia narrativa. La storia (Livia) e Napolitano (Giorgio). non magistra vitae, maestra di vita, ma una di facili costumi che va col pi Secondo un recente sondaggio
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Lintervento

Intervista a Erri De Luca

dopinione ( Transatlantic trends immiuna scuola decente, una sanit veloce, gration 2010 ), la maggioranza degli una giustizia attenta, e chi, straniero e italiani ritiene che gli immigrati illegali italiano, sta fermo in corsia demergenza. siano pi di quelli legali; ritiene inoltre che il loro numero complessivo sia tre Come il dialogo interculturale e volte superiore rispetto a quello effettivo. interreligioso pu aiutare a sostenere Che ruolo gioca la comunicazione in i processi di integrazione necessari questo distacco cos profondo tra nelle societ aperte dei nostri giorni? realt e percezione del fenomeno? Un comune denominatore di valori La comunicazione al servizio della costituzionali pu essere la base di un diceria, le libere inchieste si sono diradate accettabile livello di convivenza civile e sono scomparse dai e di una possibile mezzi di comunicazione. prospettiva condivisa? La stampa oggi con La divisione tra italiano Le persone di buona larga uniformit embed- e straniero nellaccesso volont fanno del bene ded, al seguito delle ai servizi base falsa. a se stesse e al posto truppe che orientano La differenza passa tra chi che abitano, ma non linformazione in base pu permettersi, pagando, mi aspetto altro che a criteri di sudditanza. un po di buona eduservizi migliori e chi, Chi vuole sapere ha cazione dal dialogo straniero o italiano, sta fermo interreligioso. Solo un internet. Oggi nessuno pu accampare la scusa in corsia demergenza po di forzato rispetto della disinformazione. reciproco. In poco pi di ventanni, da alcune centinaia di migliaia gli immigrati sono diventati in Italia oltre cinque milioni e costituiscono ormai un dato strutturale della nostra convivenza. Secondo le indagini statistiche realizzano un decimo del prodotto interno lordo, generano un gettito contributivo di miliardi di euro lanno. Ma i servizi in loro favore a iniziare da quello pi emblematico di tutti, la casa, lasciano a desiderare. Come va ripensata alla luce di questa nuova presenza la gerarchia delle priorit sociali del Paese? Approfittiamo del lavoro delle classi subalterne, emigrate o no. La divisione tra italiano e straniero rispetto allaccesso ai servizi base falsa. Oggi la differenza passa tra chi si pu permettere, pagando,
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Lintervento

Primo Piano
G2, seconda generazione
G2, seconda generazione unespressione complessa dal punto di vista antropologico, statistico, umano. Sono generalmente figli di immigrati, ma non immigrati. Non sono soltanto minori (protagonisti del primo numero di libertcivili), ma giovani che arrivano all'universit. Sono anche figli di coppie miste, un universo nuovo che pone problemi nuovi, da conoscere e comprendere

Quelli residenti sono un milione, ma il fenomeno ha sfaccettature che le statistiche non riescono a cogliere: il Censimento 2011 loccasione giusta per acquisire nuovi dati, se accompagnato da una indagine qualitativa sui loro problemi e aspettative
di Antonio Golini
Accademia dei Lincei e Universit di Roma La Sapienza

Per lanagrafe gli stranieri minori sono 1 su 11, pari al 9 per cento. Quelli nati in Italia sono ormai oltre la met

Potrebbe sembrare semplice quantificare il numero dei minori stranieri che vivono in Italia, ma non lo per niente, sia per difficolt di definizione, sia per difficolt statistiche. Certo, se ci si riferisce alla popolazione residente, regolarmente iscritta allanagrafe di un comune italiano, si pu arrivare facilmente a un dato chiaramente definito e sistematicamente aggiornato, anno dopo anno. Ed quello cui spesso ci si riferisce quando si scrive sui minori stranieri. Per esempio, al 1 gennaio 2010 la situazione risultante dalle anagrafi era quella mostrata nella tabella 1 (non sono ancora disponibili i dati relativi al 2011): ne risulta, fra laltro, che nel totale della popolazione iscritta nelle anagrafi italiane la percentuale di stranieri era pari al 7 per cento (1 persona su 14), mentre lanaloga percentuale di stranieri minori era pi elevata e pari al 9 per cento, il che vuol dire che era straniero 1 minore su 11. E ormai ben 573mila minori stranieri su 933mila sono nati in Italia (lassoluta maggioranza dei quali si pu ritenere che siano minorenni).

Tabella 1. Popolazione italiana e straniera residente in Italia al 1 gennaio 2010 (in migliaia)

Popolazione Totale di cui minori di cui nati in Italia % di minori


Fonte: Istat

Totale 60.340 10.628 17,6

di cui italiani 56.105 9.295 16,6

di cui stranieri 4.235 933 573 22,0

% di stranieri 7,0 9,1

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Primo Piano

I minori stranieri in Italia: una galassia difficile da definire e quantificare

La galassia dei minori stranieri in Italia

Il costante incremento del numero dei minori dovuto alleffetto combinato delle nascite in Italia e dei ricongiungimenti

Se consideriamo una fonte non ufficiale, ma certamente molto attenta al fenomeno dellimmigrazione qual il Rapporto annuale della Caritas ( Immigrazione. Dossier statistico 2010 ), si pu notare come anche i ricercatori che lo curano si rifacciano alla popolazione residente, alla quale aggiungono poi una stima della presenza regolare, ma non registrata in anagrafe, di 684mila stranieri, per una collettivit che in totale al 1 gennaio 2010 assommerebbe a 4 milioni e 919mila stranieri, con un incremento di 590mila rispetto al 1 gennaio 2009. Se si pu prendere per buona questa stima e se i minori fossero, ragionevolmente, una proporzione un po pi bassa di quella della tabella 1, allora si pu stimare che i minori presenti in Italia superino un milione di unit, una cifra gi ragguardevole. Nel Rapporto Ismu del 2010 (si veda oltre larticolo pubblicato in questo numero nella rubrica La ricerca ndr) sono presi in considerazione soltanto i minori regolarmente iscritti allanagrafe e alcuni dati sono particolarmente interessanti perch considerano il loro trend di crescita nelle varie ripartizioni geografiche negli anni che vanno dal 2004 al 2009. I minori stranieri sono aumentati pi che proporzionalmente rispetto al totale degli stranieri, in particolare nel Centro-Nord, sia nella componente dei ricongiungimenti familiari, sia nella componente di nuove nascite da stranieri, che entrambe testimoniano di una immigrazione via via pi stabile e radicata. I dati della tabella 2 confermano il costante incremento del numero dei minori in Italia negli ultimi anni: infatti, per il ricordato effetto combinato delle nascite in Italia da genitori stranieri e dei ricongiungimenti familiari, si passati dai 160mila minorenni stranieri rilevati nel censimento del 2001, ai 412mila del 2004 fino agli 862mila nel 2009: un dato che si pi che quintuplicato ed assai pi rilevante nel Centro-Nord dove la presenza straniera pi stabile. Particolarmente importante la distinzione, che si ritrova in

Primo Piano
Circoscrizione

Tabella 2. Popolazione straniera residente in Italia, 1 gennaio 2004 e 2009 (in migliaia)

2004 Stranieri Minori 373 39 412 % minori 20,7 20,5 20,7 Stranieri 3.394 497 3.891

2009 Minori 772 90 862 % minori 22,7 18,1 22,2

Centro-Nord

1.800 190 1.990

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Mezzogiorno Italia

Fonte: elaborazione propria su dati XVI Rapporto Ismu sulle migrazioni 2010

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La galassia dei minori stranieri in Italia

Di particolare rilievo in letteratura la distinzione degli stranieri di seconda generazione, cio nati in Italia, da quelli di generazione 1.5, cio arrivati in Italia al seguito di uno o di due genitori, in et variabile da 1 a 17 anni

In verit molto complessa tanto la definizione di minore


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letteratura, degli stranieri di seconda generazione, cio i bambini nati in Italia da genitori stranieri che al 1 gennaio 2010 assommavano a ben 573mila, da quelli di generazione 1,5 , cio i bambini e i ragazzi arrivati in Italia al seguito di uno o di due genitori o ad essi ricongiuntisi successivamente, in et variabile da 1 a 17 anni, che alla stessa data ammontavano a 360mila (considerando solo gli iscritti allanagrafe). evidente come le problematiche connesse a questi due gruppi siano del tutto diverse da ogni punto di vista: giuridico, scolastico, sanitario, delle reti di relazioni amicale, dei rapporti con le altre comunit e cos via. Cos come del tutto diverse sono quelle legate al progetto migratorio dei genitori, perch se vero che normalmente quando si portano con s i figli o da essi ci si fa raggiungere il progetto quello di insediamento stabile o almeno di lungo periodo, anche vero che molte circostanze possono cambiare nel corso della permanenza e spingere quindi al ritorno nel Paese di origine. La seconda generazione dellimmigrazione e quella 1,5 rappresentano non solo un nodo cruciale dei fenomeni migratori, ma anche una sfida per la coesione sociale e un fattore di trasformazione delle societ riceventi. I figli di famiglie immigrate, infatti, sono la vera cartina di tornasole attraverso cui possibile rilevare e valutare il grado dintegrazione delle popolazioni straniere nel contesto sociale di arrivo, nonch il grado di accoglienza di queste da parte degli autoctoni. Come ben noto, dal punto di vista giuridico i bambini nati in Italia da entrambi i genitori stranieri sono considerati anchessi tali fino al compimento della maggiore et, pur essendo italiani de facto, dal momento che il loro percorso di crescita e di socializzazione, di acquisizione linguistica e di acculturazione avviene entro gli spazi educativi del nostro Paese. Successivamente al compimento del 18esimo compleanno possono richiedere la cittadinanza. Con lemergere, quindi, delle seconde generazioni diviene rilevante il problema del riconoscimento giuridico-sociale della loro presenza, ponendo le basi per la nascita di future minoranze etniche in senso stretto (Barbagli M., in ministero dellInterno, 1 Rapporto sugli immigrati in Italia, dicembre 2007 ). Da qui la necessit o quanto meno la opportunit che si abbiano specie in vista di una riforma della legge sulla cittadinanza del 1992, che alla luce delle tendenze dei fenomeni migratori che caratterizzano il nostro Paese appare del tutto anacronistica accurate definizioni che riguardano i minori stranieri.

Primo Piano

La galassia dei minori stranieri in Italia

Il caso dei minori, stranieri agli effetti della cittadinanza, ma italiani per lingua parlata e stile di vita

italiano, quanto di quello straniero e quindi delle varie collettivit che essi formano e che si possono individuare. Non c dubbio infatti che un bambino che sia nato e che viva in Italia da genitori italiani che vivono e risiedono in Italia italiano a tutti gli effetti per la cittadinanza, per la lingua parlata e per lo stile di vita e invece un bambino nato negli Usa o in Argentina da genitori che l vivono ma che hanno la cittadinanza italiana e sono iscritti allAire (Anagrafe degli italiani residenti allestero) anche italiano per la cittadinanza, ma non detto che lo sia per la lingua parlata e certo non lo per lo stile di vita. E al contrario un bambino che sia nato e che viva in Italia da genitori stranieri che vivono e risiedono in Italia straniero agli effetti della cittadinanza, ma quasi sempre non lo per la lingua parlata, per lo stile di vita e gli amici frequentati; non solo, ma questo ragazzo, arrivato a 18 anni di ininterrotta presenza in Italia, pu richiedere la concessione della cittadinanza italiana, purch rinunci a quella dei suoi genitori con la quale peraltro stato costretto a vivere per i primi 18 anni della sua vita. Un tentativo di definizione e quantificazione delle varie collettivit presenti nel Paese stato fatto da singoli studiosi utilizzando i dati del precedente Censimento, quello del 2001, e una classificazione pluridimensionale (tabella 3). In base a questa classificazione i minori italiani definiti tali secondo tutte e tre le variabili considerate erano 9,4 milioni su un totale di 9,8 milioni di minori, mentre i minori stranieri secondo tutte e tre le variabili considerate erano 147mila. Un secondo tentativo di valutazione multidimensionale dei vari collettivi di stranieri stato fatto dallIstat nel 2009 utilizzando lindagine sulle forze di lavoro, allinterno della quale c un modulo specificamente dedicato agli stranieri che consente di distinguere i migranti (che secondo la definizione comunitaria sono rappresentati dagli individui nati allestero), dai discendenti (che secondo la definizione comunitaria sono rappresentati dagli individui nati in Italia con almeno uno dei genitori nati allestero). Questo ha consentito di tener conto della circostanza che in virt della fortissima emigrazione italiana allestero dei decenni passati molte persone con cittadinanza italiana sono nate allestero. Secondo questa elaborazione nel 2008 la proporzione dei cittadini italiani nati in Italia pari a 55 milioni e 938 mila, cio il 92,3 per cento del totale della popolazione residente; e sempre secondo questa elaborazione interessante notare (tabella 4) come il

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La valutazione multidimensionale fatta dallIstat nel 2009 utilizzando lindagine sulle forze di lavoro

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La galassia dei minori stranieri in Italia

Casi

Cittadinanza al censimento Straniera Straniera Straniera Straniera Italiana Italiana Italiana Italiana

Cittadinanza precedente o alla nascita Straniera Italiana Straniera Italiana Straniera Straniera Italiana Italiana

Paese di nascita Estero Estero Italia Italia Estero Italia Estero Italia

Totale v.a. (in migliaia) 1.176 159 271 15 793 54.582 56.996 1.335 1.621 2.240 1.175 1.447

% 2,1 0,3 0,5 0,03 1,4 95,8 100,0 2,3 2,8 3,9 2,1 2,5

Minori v.a. (in migliaia) 147 137 45 34 90 9.411 9.833 284 333 282 147 192

% 1,5 1,4 0,5 0,03 0,9 95,7 100,0 2,9 3,4 2,9 1,5 2,0

a. b. c. d. e. f. g. h.

Totale popolazione residente in Italia Popolazione straniera (ac+bd) Popolazione di origine straniera (ac+bd+e+f) Immigrati (ac+e+g) Popolazione straniera immigrata (ac) Popolazione dorigine straniera immigrata (ac+e)

Fonte: Bonifazi C., Gallo G., Strozza S., Zindato D., Studi Emigrazione/Migration Studies, XLV, n.171, 2008, p. 530

Tabella 4. Popolazione residente in Italia nel II trimestre 2008 per cittadinanza e Paese di nascita (in migliaia)

Paese di nascita

Cittadinanza Straniera Italiana Totale popolazione 2.906 1.192 450 54.746 3.356 55.938 Stima dei minori di 15 anni 248 149 430 13.157 678 13.306

Totale

Estero Italia Totale Estero Italia Totale

4.098 55.196 59.294 397 13.587 13.984

N.B. La stima dei minori di 15 anni stata ottenuta come differenza fra il totale della popolazione e la popolazione di 15-74 anni che compare nella tabella originaria Istat, nella ipotesi che la popolazione straniera di et superiore ai 75 anni sia di entit del tutto trascurabile.

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Fonte: elaborazione propria su dati Istat ( Lintegrazione nel lavoro degli stranieri e dei naturalizzati italiani , Approfondimenti, Lavoro, 14 dicembre 2009, p.12)

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Tabella 3. Popolazione residente in Italia al Censimento del 21 ottobre 2001 per cittadinanza attuale, cittadinanza precedente e Paese di nascita

La galassia dei minori stranieri in Italia

numero di cittadini italiani nati allestero (1 milione e 192 mila) superi di gran lunga il numero di cittadini stranieri nati in Italia (450 mila). Sempre nel lavoro Istat citato nella tabella 4 compare una tipologia delle comunit che risiedono in Italia di et compresa fra i 15 e i 74 anni, combinando il Paese di nascita della singola persona, la cittadinanza posseduta e il Paese di nascita dei genitori. La classificazione d luogo a 17 collettivit di cui nel lavoro originario data anche la quantificazione numerica, relativa alle sole persone di et 15-74 anni (e che pertanto qui non si riporta).
Schema 1. Schema Istat delle 17 possibili tipologie di collettivit, classificando le persone di et 15-74 anni per Paese di nascita, cittadinanza e Paese di nascita dei genitori

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Persone con cittadinanza Straniera

Persone nate in Italia

Persone nate allestero

Entrambi i genitori nati allestero Un genitore nato in Italia e uno allestero Entrambi i genitori nati allestero Un genitore nato in Italia e uno allestero Entrambi i genitori nati in Italia Entrambi i genitori nati allestero Un genitore nato in Italia e uno allestero Entrambi i genitori nati in Italia

Entrambi i genitori nati allestero Un genitore nato in Italia e uno allestero Entrambi i genitori nati in Italia Entrambi i genitori nati allestero Un genitore nato in Italia e uno allestero Entrambi i genitori nati in Italia Entrambi i genitori nati allestero Un genitore nato in Italia e uno allestero Entrambi i genitori nati in Italia

Italiana per acquisizione

Italiana dalla nascita

Fonte: rielaborazione dello schema Istat che compare a pag 13 de: Lintegrazione nel lavoro degli stranieri e dei naturalizzati italian i, Approfondimenti, Lavoro, 14 dicembre 2009

La questione della cittadinanza dei minori perci, come si diceva, complessa e pu essere riguardata da diversi punti di vista, che moltiplicano straordinariamente i sottoinsiemi rispetto ai quali essi possono essere raggruppati. Se per la definizione e la classificazione dei minori stranieri si prendono in esame e si combinano fra loro due criteri fondamentali, che sono quelli della cittadinanza posseduta e quello del luogo di nascita, si possono individuare almeno 16 tipologie di minori che le statistiche attuali non consentono di identificare e quantificare, ma che potrebbero esserlo al momento del prossimo Censimento generale della popolazione che si terr nel prossimo autunno, sempre che vengano rilevate la variabili di seguito riportate.
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Minori con cittadinanza A - Italiana

Minori nati in Italia

Minori nati in un Paese straniero (Paese a, b, ..., z) A3 - Figli di genitore/i italiani che al momento della nascita risiedono temporaneamente allestero (inclusi i figli adottivi) A4 - Figli di genitori italiani che al momento della nascita non vivono in Italia A5 - Figli di stranieri naturalizzati che al momento della nascita risiedono in Italia A6 - Figli di stranieri naturalizzati che al momento della nascita non vivono in Italia B2 - Figli di italiani che al momento della nascita si trovavano in Paesi ove vige lo ius soli B3 - Figli di coppia mista (un genitore italiano che pu assicurare la propria nazionalit e uno straniero) C3 - Figli di et 0, 1, , 17 anni da genitori stranieri regolari che risiedono in Italia da 0, 1, ,17 anni C4 - Figli di et 0, 1, , 17 anni da stranieri irregolari che vivono in Italia da 0, 1, , 17 anni C5 - Figli di stranieri che vivono allestero: minori non accompagnati D2 - Figli di apolidi

A1 - Figli di italiani (uno o due genitori italiani) A2 - Figli di stranieri naturalizzati (uno o due genitori italiani)

B - Doppia (italiana/straniera)

B1 - Figli di coppia mista (un genitore italiano e uno straniero per il quale possibile trasmettergli anche la propria nazionalit)

C - Straniera

C1 - Figli di et 0, 1, ,17 anni da genitori stranieri regolari che vivono in Italia da 0, 1, ,17 anni C2 - Figli di et 0, 1, ,17 anni da stranieri irregolari che vivono in Italia da 0, 1, , 17 anni

D - Nessuna (apolidi)

D1 - Figli di apolidi

Per avere una conta esaustiva di tutte le 16 categorie di minori (specie se distinti per ognuno dei Paesi di origine, quando nati allestero) occorrerebbe che di ogni minore si sappia: et luogo di nascita (Italia; Paese a, b, , z) cittadinanze possedute (0, 1, 2 o pi) luogo di nascita dei genitori cittadinanza dei genitori (al momento della rilevazione) anni di permanenza in Italia suoi e dei genitori
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Schema 2. Proposta di uno schema delle 16 possibili tipologie di minori che nel momento di una rilevazione statistica si trovano a vivere in Italia, secondo la cittadinanza posseduta e il luogo di nascita

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Tutte queste informazioni si possono avere solo in occasione di un censimento o di una larga indagine speciale, dal momento che impensabile, anzi impossibile, che possano essere annotate nei registri anagrafici; potrebbero, quasi tutte, aversi anche in occasione dellarrivo in Italia di ogni singolo immigrato, adulto o minore che sia. Il prossimo censimento della popolazione italiana programmato per il 25 ottobre di questanno prevede (almeno a giudicare dal questionario usato nellindagine pilota) molte domande di questo tipo, ma non tutte quelle necessarie a completare esaustivamente lo schema, che a questo punto potr esserlo solo con dati provenienti da unindagine speciale.

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Lopportunit di unindagine nazionale fatta per esempio nelle scuole sui problemi, i sentimenti e le aspettative dei minori stranieri che vivono nel nostro Paese

Se lo scopo principale dellindagine quello di conoscere e capire meglio come sono strutturate le comunit dei minori stranieri, allora uno schema come quello illustrato pu tornare molto utile, specie se associato a unindagine qualitativa che investighi sui problemi, sui sentimenti e sulle aspettative dei minori che vivono nel nostro Paese. Ad esempio unindagine nazionale che, su questi aspetti, potrebbe essere fatta in particolare fra gli alunni stranieri che frequentano le nostre scuole, indagine che si affiancherebbe a quelle gi numerose, ma frammentate, compiute in varie parti dItalia. Una indagine che avrebbe il merito di meglio investigare sul problema della cittadinanza italiana da concedere subito, come stato pi volte sottolineato anche da chi scrive, ai bambini stranieri che sono nati in Italia e che a spese della collettivit italiana, com giusto che sia, sono assistiti e istruiti. Altrimenti si avrebbe lassurdo che il Paese investe moltissimi soldi per assicurare a questi ragazzi, cio alla seconda generazione, salute e istruzione a oggi sono ormai ben oltre 600mila i minori stranieri nati in Italia lasciandoli stranieri fino alla maggiore et (e anche oltre, se si sono allontanati dal Paese anche per un brevissimo periodo di tempo). Ma anzi c da chiedersi se non si debba fare sul tema della cittadinanza unulteriore riflessione: se non si debba, cio, immaginare di concedere a coloro che arrivano in Italia gi da bambini o da ragazzi cio alla generazione 1,5 la cittadinanza italiana, dopo un breve periodo, diciamo di 3 o 5 anni, di permanenza da noi e di frequenza della nostra scuola, lasciando loro anche la cittadinanza del Paese di origine dei genitori che quella che il minore ha tenuto per numerosi anni quelli vissuti prima dellarrivo in Italia e poi per i primi anni di permanenza nel Paese e che ha contribuito a definire la sua identit. Anche per tenere conto della loro singolarit che quella di passare nel giro di pochissimo tempo da figli di emigranti , ma

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Lipotesi di una normativa europea comune per tutti i 27 Paesi membri dellUnione in materia di cittadinanza dei minori

cittadini del Paese di origine, a figli di immigrati , ma stranieri nel Paese di arrivo; e doverli quindi affidare in molti casi a un servizio di psicoterapia trans-culturale specifico per i ragazzi migranti (di cui c gi qualche esempio in Italia). E perci per assicurare loro un futuro meno problematico e renderli poi capaci di essere a loro volta genitori consapevoli e coscienti. C anzi da valutare se in tali condizioni concedere a tutti i minori immigrati la doppia cittadinanza e ove fosse finalmente istituita anche quella europea non possa diventare una normativa comune per tutti i 27 Paesi dellUnione. Il futuro di ogni singolo Paese e il futuro dellUnione stessa si basa necessariamente sui ragazzi di oggi e sulla capacit che essi avranno di valutare positivamente a un tempo le somiglianze e le differenze, di essere come si diceva buoni genitori e buoni cittadini e di intendere il mondo non pi stretto in piccoli confini nazionali, ma in una nuova larga visione che tenga conto dei fondamentali mutamenti geopolitici in atto e di quelli prossimi venturi.

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Le seconde generazioni tra integrazione ed esclusione

I giovani di origine immigrata sono mediatori nati con un forte potenziale per il Paese che li accoglie, purch non subiscano fenomeni di esclusione e si conceda loro una cittadinanza reale, non solo dal punto di vista giuridico
di Milena Santerini
Ordinario di pedagogia generale - Universit Cattolica di Milano
LItalia, che ha accolto i primi imponenti flussi migratori solo dalla fine degli anni 80, e quindi vario tempo dopo gli altri paesi dellEuropa occidentale, si trova oggi di fronte alle cosiddette seconde generazioni. Mentre ci si interroga su questo fenomeno, per, ci si accorge che esso indica una realt mutevole che non pu essere facilmente descritta. Il termine seconde generazioni allude sia ai minori giunti dallestero, in et prescolare, scolare o in adolescenza, sia ai Figli di migranti o nuovi nati in Italia. Le dinamiche che interessano italiani? La risposta risiede i figli di migranti (Colombo 2010) o i nuovi nella qualit dellesperienza italiani (Dalla Zuanna 2009) sono, infatti, di integrazione compiuta, diverse a seconda dei casi, del tempo tranel luogo di nascita, nel tipo scorso nel Paese, ma soprattutto della qualit di ricongiungimento familiare dellesperienza di integrazione. Molti bambini o ragazzi sono arrivati tramite il ricongiungimento familiare, in base alle norme che consentono agli stranieri residenti in Italia con permesso di soggiorno di mantenere o riacquistare ununit familiare. Anche se il ricongiungimento un diritto previsto dalla normativa europea, le condizioni di accesso sono divenute recentemente pi restrittive. Nonostante ci, a seguito dei processi di integrazione della popolazione immigrata, i ricongiungimenti familiari sono in aumento. Il fenomeno pi significativo, per, quello dei bambini nati in Italia. Il contributo alla natalit delle madri di cittadinanza straniera si fa sempre pi importante. Sono quasi 100mila i bambini che ogni anno nascono da madre straniera, sopperendo,
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almeno in parte, al progressivo calo demografico (Dati Caritas Migrantes, 2010). In totale, i figli di immigrati minori di 18 anni sono circa 900mila (Dalla Zuanna, Farina, Strozza, 2009). Basterebbero questi dati per mostrare come sta cambiando il volto dellItalia, progressivamente pi vecchia ma con una popolazione giovanile sempre pi mista. La difficolt di mettere a fuoco il problema non elude quindi il tema pi importante. E cio che il Paese sta attraversando una trasformazione profonda, in cui hanno largo ruolo proprio questi nuovi giovani cittadini. Gli stranieri residenti in Italia hanno, infatti, unet media di soli 31,5 anni; una struttura per et, quindi, nettamente pi giovane di quella dei residenti di cittadinanza italiana (44,2 anni). Dei circa 4,3 milioni di immigrati residenti stimati al 1 gennaio 2010, il 22% ha fino a 17 anni di et. In una societ sempre pi vecchia, dalla scarsa mobilit, le seconde generazioni rappresentano un fattore di dinamismo sociale e di opportunit di fronte a cui le categorie finora utilizzate appaiono inadeguate. In cerca di cittadinanza Finora si descritta le seconda generazione dei figli dellimmigrazione come cittadini. In realt, a differenza della maggior parte dei Paesi dimmigrazione, questi ragazzi non acquisiscono automaticamente la cittadinanza anche quando nascono sul suolo italiano. Le norme attuali sulla cittadinanza, infatti, secondo il principio dello jus sanguinis (legge 91/1992), si basano sul principio della discendenza, in base al quale italiano il figlio nato da padre e/o da madre italiana. Agli stranieri, tuttavia, la cittadinanza pu essere concessa in caso di matrimonio con cittadini italiani o per residenza in Italia. La macchinosit della pratica Per i minori figli di immigrati nati o cresciuti di richiesta della cittadinanza in Italia esiste solo la facolt, compiuta la per i nati in Italia crea una maggiore et ed entro un anno da questa divaricazione tra status data, di chiedere la cittadinanza, a condigiuridico e identit personale zione che vi abbiano risieduto legalmente rispetto ai coetanei italiani senza interruzione. Seppure la loro storia personale e sociale in nulla differisca da quella dei coetanei, il desiderio di essere italiani viene contrastato proprio nellet della crescita e della formazione dei valori e dellimmaginario della persona. Per questi minori evidente la divaricazione tra lo status giuridico e lidentit personale, costruita nellacquisizione del patrimonio linguistico e culturale e nei legami sociali: unintera generazione cresce e rischia di restare straniera nel Paese
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che sente come proprio, in cui nata, si formata, e nel quale intende restare per sempre; ovviamente scoprendosi straniera anche nei confronti della cultura e spesso della lingua del Paese di appartenenza. Di pi, lesclusione dalla cittadinanza di giovani e adolescenti gi di fatto italiani, rischia di sospingerli verso la re-invenzione e la sopravvalutazione di altre appartenenze, seppure in buona parte solo immaginate e perci mitizzate, rischiando di produrre un vissuto squilibrato perch fondato su un senso didentit non realmente vissuto ed elaborato (Morozzo della Rocca 2008). La mancata attribuzione della cittadinanza comporta quindi una condizione di estraneit e distanza che non corrisponde al vissuto di bambini e giovani abituati a parlare in italiano, mangiare gli stessi cibi e condividere gli stessi gusti e abitudini dei coetanei; diventa poi un fattore concreto di marginalit nella vita quotidiana, nelle difficolt burocratiche, nellesercizio dei diritti. Nelle attuali proposte di legge di revisione delle norme sulla
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cittadinanza, presentate e discusse dal 2009 (ad esempio la proposta di legge Granata-Sarubbi), si argomenta che buona parte della popolazione straniera tende a scegliere lItalia come Paese di adozione, per cui diventa anacronistico mantenere queste generazioni in un limbo di passaggio tra una nazionalit di origine e quella di arrivo. Lo prova il fatto che negli altri Paesi europei in media viene concessa la cittadinanza a un numero molto pi alto di immigrati rispetto allItalia. Daltronde, i figli dei migranti in Italia subiscono con disagio lattestato di estraneit che viene dato quando li si considera in ogni caso stranieri. Anna Il rischio di uno statuto Granata ha analizzato e commentato il rischio di cittadini di serie b, di uno statuto di cittadini di serie B mostrando una identit considerata la scoperta della differenza da parte di molti come negativa ed escludente bambini che registrano lestraneit negli occhi da parte della societ degli altri. Molti, infatti, diventano stranieri nella quale vivono quando magari in adolescenza prendono coscienza, attraverso i boundary events di cui parla France Winddance Twine, di essere considerati dallesterno diversi (Granata 2011). I giovani di origine immigrata possono rappresentare una forte potenzialit per il Paese, a patto che non subiscano fenomeni di esclusione e che si operi in direzione di concedere una reale cittadinanza, non solo dal punto di vista giuridico. Lidentit definita come negativa consiste, infatti, nellinteriorizzazione di un giudizio dispregiativo da parte della societ di accoglienza. Questa stigmatizzazione pu essere trasferita su altri gruppi o assimilata. In ogni caso, crea un atteggiamento di difesa o di aggressivit che non fa altro che aumentare i rischi di conflitto sociale. In questo senso, la concessione della cittadinanza dovrebbe essere un elemento, accanto ad altri, di una complessiva strategia di inclusione che non solo disinneschi i rischi di razzismo e xenofobia, ma tenda a valorizzare le risorse culturali e sociali offerte dai nuovi italiani. Quale integrazione Si sono moltiplicate, recentemente, le ricerche sullintegrazione di adulti e ragazzi immigrati, nellintento di misurare la stabilit dal punto di vista dellalloggio, del lavoro, della scuola, fino a quella culturale. Infatti, il concetto di integrazione presenta varie dimensioni, spesso sovrapponibili, arrivando a comprendere significati molto diversi: inserimento, assorbimento, acculturazione, accomodamento, inclusione (Golini 2006). difficile, daltronde, supporre che possa esistere una formula
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unica che permetta di affrontare il problema in situazioni molto eterogenee. La sfida risiede nellelaborare soluzioni flessibili e adatte alle particolari caratteristiche dei vari Paesi, e dellimmigrazione in essa ospitata. Che tipo di domande presentano i figli degli immigrati in Italia? Da un lato, la stabilit realizzata dalla permanenza in un Paese induce i gruppi pi radicati a porre esigenze di riconoscimento dellidentit culturale e religiosa. Dopo la prima generazione, protesa a cercare soprattutto lavoro e casa, le famiglie che si stabilizzano, pur non rinunciando a vedere come primaria la soddisfazione dei bisogni sociali ed economici, si orientano anche a vedere riconosciute esigenze di carattere simbolico e religioso. Per i pi giovani, per, la questione pi complessa. In Italia, le seconde generazioni hanno maturato gusti, abitudini e aspirazioni molto simili, se non uguali, a quelli dei loro coetanei (Ambrosini, Molina 2004). In questo senso, tendono ad assimilarsi in modo attivo anzich essere passivamente assimilati. Tuttavia, impossibile stabilire traiettorie predefinite. Utilizzando il concetto di assimilazione segmentata proposto da Alejandro Portes e Rubn G. Rumbaut, rielaborato da Maurizio Ambrosini, avremo alcuni fattori centrali nella definizione dellintegrazione o meno dei giovani di origine immigrata. Tra questi, assumono importanza la storia della prima generazione, le barriere che questi gruppi possono incontrare nella societ e le risorse familiari e comunitarie a cui accedono. Il capitale sociale, dunque, influisce in modo significativo sui loro percorsi di vita. Allo stesso Lesclusione dei genitori tempo, sono evidenti le barriere sociodalla partecipazione politica economiche (ad esempio la generalizzata rende pi problematica disoccupazione giovanile) e quelle culturali leducazione alla cittadinanza (la difficolt ad accettare giovani con caratdelle seconde generazioni teristiche somatiche diverse, esemplificate nelle espressioni razziste allo stadio nei confronti del giocatore Balotelli come non esistono neri italiani). Inoltre, lesclusione dei loro genitori dalla partecipazione politica rende pi difficile una compiuta educazione alla cittadinanza e il relativo apprendistato dei diritti e doveri, per lo meno allinterno della famiglia. Sarebbe quindi improprio considerare in modo univoco le risorse familiari a disposizione dei figli: da un lato, si pu assistere a una trasmissione di valori sociali e morali di tipo tradizionale capacit di sacrificio, impegno nello studio, investimento in forti legami familiari, sobriet e pudore che rende alla lunga i giovani pi solidi rispetto alla diseducazione di una societ
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consumista e sguaiata come appare lItalia delle veline. Daltro canto, esistono anche i casi pi enfatizzati dai mass media in cui il modello familiare tradizionale se rigido e chiuso appare in conflitto con la conquistata autonomia delle giovani generazioni occidentali. La possibilit o meno, per le seconde generazioni, di utilizzare le risorse culturali a disposizione senza subirne un handicap, risiede nella capacit di selezionare gli aspetti utili della cultura di accoglienza e di quella di origine, mettendo in atto una sintesi tra continuit e trasformazione (Colombo 2010). Si tratta, insomma, di una generazione-ponte, di giovani mediatori nati , caratterizzati da potenzialit di sensibilit, divergenza e capacit di traduzione (Granata 2011). In altre parole, si pu pensare che bambini, adolescenti e giovani figli di migranti possiedano potenziali competenze interculturali utili proprio per la societ globale in cui viviamo, denotata da complessit e necessit di utilizzare diversi codici di comunicazione e comprensione. Dentro la scuola e nella citt I circa 600mila minori stranieri iscritti nelle classi hanno cambiato il volto della scuola italiana. Anche per la formazione, quindi, si pu parlare di una intercultura di seconda generazione. Dopo una prima fase sperimentale e non di rado basata sullaccentuazione della differenza, si ora di fronte allesigenza di uscire dalla visione emergenziale e dal neo-assimilazionismo. La qualit della scuola interculturale non risiede in misure speciali o di operazione, La qualit della scuola ma nel considerare la differenza come interculturale non risiede norma (Santerini 2010). Con ci non si deve in misure speciali per evitare di affrontare alcuni fondamentali o di operazione problemi. La qualificazione dellinsegnamento ma nel considerare dellitaliano L2 a tutti i livelli, e in particolare la differenza come norma per i neo-arrivati, si deve accompagnare a interventi rivolti agli alunni di cittadinanza italiana nati o cresciuti qui, il che comporta strategie diverse anche se complementari. Dal punto di vista linguistico, bambini e ragazzi di seconda generazione presentano comportamenti diversi a seconda che siano nati nel Paese o arrivati tardi. Altri elementi per valutare luso delle lingue dipendono dalla scolarizzazione, dalluso in famiglia di codici dei genitori, dalla presenza di fratelli e cos via. In ogni caso, anche per loro valgono le regole della distinzione tra un bilinguismo aggiuntivo e uno sottrattivo. Accanto al fondamentale compito di trasmettere a tutti i bambini/ragazzi strumenti
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linguistici di sopravvivenza, cio l italiano-base , il compito fondamentale della scuola sar quello di fornire a tutti (italiani e stranieri) l italiano per lo studio , ovvero le competenze approfondite che permettono non solo di interagire nel quotidiano, ma anche di comprendere un testo, esprimersi in modo appropriato, scrivere con ricchezza lessicale e di vocabolario. Il problema pi grave riguarda il rendimento scolastico degli alunni stranieri, complessivamente pi basso degli italiani, in particolare nella scuola secondaria di II grado, come attesta anche il maggior numero di interruzioni di frequenza e di ripetenze; tuttavia, significativo notare, in base alle ricerche, un orientamento positivo verso la formazione, unito a una scarsa propensione ad abbandonarla per il lavoro; la scuola, infatti, costituisce chiaramente, per i giovani figli dellimmigrazione, un investimento personale e familiare (Besozzi 2009). Un altro problema riguarda la distribuzione nelle scuole dei bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana. La concentrazione in alcune scuole non deriva solo da motivi di carattere territoriale,

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ma anche dallo slalom delle famiglie italiane che evitano le scuole degli stranieri. Lesempio di altri Paesi mostra che il fenomeno destinato a crescere, separando non solo gli italiani dagli altri, ma anche le classi sociali tra loro e costituendo, quindi, uno dei maggiori ostacoli alla democratizzazione dellinsegnamento avvenuta nel Dopoguerra. A questo fenomeno si pu rispondere, da un lato, con interventi a breve termine di riorientamento delle scelte delle famiglie e governance delle iscrizioni a livello locale (il tetto imposto dal ministero dellIstruzione, Universit e Ricerca nel 2010) ma questo non pu bastare se non si opera a tutti i livelli contro la segregazione (Santerini 2008). Limportanza vitale dellaspetto legato alla separazione o meno tra gruppi emerge nel quadro di unEuropa dove sono in crescita i fenomeni di disagio sociale delle giovani generazioni, specie di origine straniera, Da un lato le reti a rischio di precariet e discriminazione sul associative favoriscono lavoro. La frequentazione di coetanei italiani, la rappresentanza infatti, aumenta in percentuale per i ragazzi e il protagonismo sociale. cresciuti in Italia ma anche fortemente Di contro, il fenomeno correlata alle classi sociali. Se si confermasse delle bande giovanili la tendenza che vede i servizi sociali e culturali pubblici riservati ai ragazzi stranieri, mentre lofferta privata resta appannaggio solo dei giovani italiani con maggiori possibilit, ne deriverebbero rischi di frammentazione ed esclusione sociale a danno di tutta la collettivit (Ambrosini 2004). Le reti associative delle seconde generazioni costituiscono una tendenza verso la rappresentanza e il protagonismo sociale, mentre una risposta al negativo fornita dalle bande giovanili, gruppi di classi sociali marginalizzate con lo scopo di fornire ai membri unidentit solida, unopportunit di riconoscimento. In esse, sul modello delle city gang , i ragazzi sperimentano protagonismo, affermazione di s, bisogno di autonomia, controllo delle situazioni e del territorio. In Italia ne fanno parte non tanto giovani emarginati o particolarmente deprivati, quanto seconde generazioni, figli di famiglie normali, frequentemente giunti nel nostro Paese a seguito di ricongiungimento con i genitori arrivati primi, che per hanno di fronte una prospettiva di integrazione sottoposta. Le bande offrono loro risorse, protezione e mutuo aiuto, aiutandoli a vincere la paura di un mondo estraneo, promettendo una falsa integrazione in cambio di unaffiliazione ricca anche di riti e simboli (Queirolo Palmas, 2006). Sarebbe quindi fuorviante puntare lattenzione sui fenomeni devianti,
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evitando di intervenire sul nodo della socializzazione e del tempo libero di tutti i ragazzi, di cittadinanza italiana o meno. Culture plurali Le ricerche e le analisi sul modo in cui gli immigrati o le seconde generazioni gestiscono lincontro/scontro identitario mostrano molti limiti. Si presentano, infatti, troppo schematiche, riducendo la cultura a qualcosa di statico e oggettivo, un bagaglio spesso ingombrante che si adotterebbe o si abbandonerebbe a seconda del contesto di vita e delle tappe esistenziali. Questo tipo di visione di una cultura reificata, completamente irrealistica, porta non solo ad amplificare gli stereotipi (i musulmani, la cultura africana la mentalit asiatica) ma anche a enfatizzare il conflitto, culturale e sociale (Santerini 2003). Secondo questo schema, si avrebbe un aut-aut culturale che costringerebbe le seconde generazioni a scegliere una cultura tra due oppure a trovarsi in una condizione di disagio. Le strategie di composizione delle differenze, invece, sono molto varie e conducono a parlare di appartenenze multiple , sia che si usi il trattino tra la nazionalit di origine e la parola italiano, sia che si ricorra ad altre modalit di sintesi (Colombo 2010; Valtolina, Marazzi 2006). soprattutto in adolescenza che emergono caratteri nuovi nella costruzione identitaria. Spesso protesi alla sistemazione economica e lavorativa, privi del sostegno della rete familiare allargata, i genitori si trovano pi fragili e incerti, mentre i loro metodi sono spesso a confronto e a volte in contraddizione con le abitudini della societ circostante. In particolare, gli adolescenti vedono spesso acuirsi i conflitti generazionali a causa della discrepanza tra La complessa e faticosa i messaggi trasmessi in casa e quelli di costruzione di strategie libert ed emancipazione dellambiente identitarie che permettano sociale. ai giovani stranieri di creare Ladolescente immigrato svolge un continuo unimmagine di s lavoro di armonizzazione tra i modi di valorizzata dagli altri comprendere e interpretare la realt tipici del suo Paese di origine con quelli del Paese di accoglienza. Questo lavoro di decostruzione/costruzione, adattamento, interpretazione, richiede una continua riduzione delle divergenze e delle dissonanze incontrate lungo il percorso. Ladolescente quindi impegnato, quanto e pi di un suo coetaneo nato nel Paese, in una costruzione di strategie identitarie che gli permettano di creare unimmagine e rappresentazione di s valorizzata dagli altri.
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La Fondation pour l'innovation politique ha pubblicato recentemente la ricerca 2011 La jeunesse du monde sulle opinioni verso la globalizzazione dei giovani di 25 Paesi. Dai dati emerge che, mentre il 91% dei giovani cinesi vedono nella globalizzazione una chance, solo il 55% dei giovani europei la considera unopportunit, mentre il resto la sente come una minaccia. Questi dati sono interessanti per collocare le seconde generazioni nel quadro di un mondo che cambia. Senza cedere alle retoriche mondialistiche, i ragazzi dellimmigrazione sono globali per definizione; non guardano ai fenomeni transnazionali come a qualcosa di estraneo, ma come dinamiche che li riguardano direttamente e che hanno vissuto, varcando le frontiere, imparando a gestire il pluralismo identitario, muovendosi tra pi lingue e pi culture. In questo senso, si confermano come lavanguardia di un rinnovamento sempre pi necessario per il nostro Paese.

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Esperienza, eredit, ethos: le parole chiave del percorso dinclusione


La migrazione dei genitori un fatto centrale nei processi dinserimento dei giovani stranieri nel nostro Paese. Nelle loro biografie si riflette limportanza della famiglia come vincolo da cui liberarsi o come appartenenza a cui ancorarsi
di Mariagrazia Santagati
Responsabile scientifico del settore Educazione della Fondazione Ismu

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La centralit della famiglia come esperienza relazionale, come fonte di risorse di tipo economico, sociale e culturale, e come chance per il progetto di vita dei giovani immigrati fondato sul desiderio di riscatto dalle condizioni di partenza

I processi di inserimento dei giovani stranieri nel nostro Paese possono essere compresi a partire dai percorsi migratori delle famiglie. Le traiettorie dei figli, infatti, si inseriscono allinterno dei progetti dei genitori e la migrazione si configura come un evento significativo, che ha effetti a lungo termine sullidentit personale, sulle relazioni familiari e sugli scambi con la comunit di accoglienza, un fatto attorno al quale si ridefiniscono le scelte e i percorsi degli adolescenti. In questa sede si intende sviluppare una riflessione sulla centralit della famiglia nella definizione delle biografie dei figli 1, considerando che essa pu essere ritenuta: 1. unesperienza relazionale significativa, da cui dipende la qualit di vita sperimentata nel passaggio dal Paese dorigine a quello daccoglienza, nonch nella transizione a un nuovo sistema scolastico-formativo 2. la fonte di molteplici risorse di tipo economico, sociale, culturale, ecc. indispensabili per il buon esito dellinclusione formativa, sociale e professionale dei figli, ma anche uneredit cui ancorarsi rappresentata da una rigida appartenenza etnica 3. una chance per il successo del percorso scolastico e del progetto di vita dei giovani immigrati, fondata su un ethos orientato al sacrificio, al riscatto sociale e allimpegno, vero e proprio supporto motivazionale.

Le riflessioni proposte fanno riferimento a una pi ampia analisi teorica ed empirica sviluppata nel volume di Besozzi, Colombo, Santagati (2009).

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1. La migrazione della famiglia, in primo luogo, costituisce unesperienza significativa che segna il vissuto quotidiano, personale e familiare, dei giovani. Per qualificare lesperienza delle diverse generazioni migranti si fa riferimento a differenti indicatori e criteri. Molti studiosi delle seconde generazioni, nel contesto statunitense (Rumbaut, 1994; Portes, Rumbaut, 2001), hanno attribuito grande rilevanza allet di arrivo nel Paese dimmigrazione, distinguendo lesperienza di coloro che sono nati nel nuovo contesto nazionale da quella dei bambini arrivati in et pre-scolare, ma anche dal vissuto della generazione che ha iniziato il processo di scolarizzazione nel Paese dorigine, completandolo allestero e, infine, dal percorso di coloro che sono giunti da preadolescenti o adolescenti, con o senza i genitori. Tale approccio, utilizzato anche per spiegare le differenze nei percorsi dei minori stranieri in Italia, presuppone una sorta di continuum in cui il processo di inserimento oscilla tra problematiche educative meno rilevanti (per coloro che vivono in Italia da molti anni) e situazioni di rischio (per gli immigrati in et adolescenziale), in cui molto dipende dai tempi della migrazione e dalla capacit del soggetto di integrarsi nella societ di accoglienza. Tuttavia, in tale prospettiva si tiene in scarsa considerazione la qualit dellesperienza di vita sperimentata nelle fasi di emigrazione e immigrazione. Senza dubbio, le decisioni e i percorsi intrapresi dai genitori migranti condizionano lesperienza dei figli: generalmente, sono gli adulti a partire e arrivare per primi in un nuovo contesto, per affrontare i disagi, le difficolt e i rischi che la mobilit territoriale pu provocare. Nellambito di tale esperienza, si inserisce la nascita di figli, che pu essere I figli di migranti che precedente o successiva alla migrazione nascono nel Paese darrivo degli adulti: nel primo caso i figli, nati nel Paese conoscono la migrazione dorigine, sperimentano direttamente la in maniera mediata, migrazione, nel secondo nascono nel Paese attraverso i racconti di arrivo e conoscono la migrazione in maniera dei genitori mediata dai racconti dei genitori (Ambrosini, Bonizzoni, Caneva, 2010). Il primo tipo di percorso implica il ricongiungimento dei figli con i genitori nel contesto dimmigrazione, processo incoraggiato dalla direttiva del Consiglio dellUnione Europea del 2003 sul diritto allunit familiare. Oltre alla disciplina giuridica, tuttavia, vi sono diversi fattori problematici che non dipendono dalla volont dei singoli migranti e che, in concreto, si frappongono al ricongiungimento familiare (ovvero difficolt di ordine burocratico relative allacquisizione dei documenti necessari,
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problemi socio-economici, disinformazione, ecc.). A ci si aggiunge il fatto che, nel corso degli ultimi anni, si assistito a un alternarsi di estensioni e restrizioni del diritto alla riunione della propria famiglia per gli immigrati. Il ricongiungimento familiare rappresenta, pertanto, unesperienza fondamentale nellanalisi dei percorsi migratori di genitori e figli, proprio perch porta a mettere a confronto aspettative e traiettorie di vita delle diverse generazioni e segna un nuovo inizio della storia familiare in un contesto nazionale differente (Tognetti Bordogna, 2004). Il ricongiungimento Oltre allet di arrivo, quindi, sono molteplici familiare rappresenta i fattori che possono incidere sulla riuscita unesperienza del percorso dei figli (modalit e tempi del fondamentale nellanalisi ricongiungimento, preparazione, condizione dei percorsi migratori giuridica di genitori e figli, accompagnamento di genitori e figli durante la prima fase, accoglienza nel Paese ospite). La migrazione dei figli, inoltre, si interfaccia direttamente con la proposta scolastica e formativa del Paese daccoglienza, che comporta, a volte, profondi cambiamenti per tutti i membri della famiglia. Alcuni articoli della Carta dei valori, della cittadinanza e dellintegrazione, presentata dal ministero dellInterno nel 2007, in effetti, sottolineano la rilevanza della famiglia nei processi educativi delle nuove generazioni e nel sostegno ai percorsi scolastici dei figli, fondamentali per il godimento di pari opportunit e per la partecipazione attiva alla vita pubblica della societ di accoglienza: LItalia () considera leducazione familiare strumento necessario per la crescita delle nuove generazioni (articolo 16); I bambini e i ragazzi hanno il diritto e il dovere di frequentare la scuola dellobbligo, per inserirsi a parit di diritti nella societ e divenirne soggetti attivi. dovere di ogni genitore, italiano o straniero, sostenere i figli negli studi, in primo luogo iscrivendoli alla scuola dellobbligo, che inizia con la scuola primaria fino ai 16 anni (articolo 11). 2. Se da un lato necessario focalizzare lattenzione sul ricongiungimento dei figli migranti, dallaltro non si pu trascurare il fatto che molti minori stranieri sono nati nel nostro Paese. Nel passato, i processi migratori delle famiglie venivano interpretati come percorsi orientati verso un progressivo miglioramento delle condizioni di vita delle nuove generazioni. Dagli anni Ottanta, tuttavia, le ricerche empiriche hanno evidenziato che la nascita nella societ di accoglienza non garantisce ai figli la certezza di un inserimento positivo: al contrario, il percorso si
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mostra accidentato e dagli esiti incerti, le differenze non scompaiono, le condizioni socio-economiche rimangono precarie e, in alcuni casi, si va incontro a forme di insuccesso e peggioramento (Bosisio et al., 2005). Pertanto, se i primi migranti vivono la migrazione come unesperienza diretta, per i figli questo evento familiare pu essere percepito come uneredit che viene trasmessa dai genitori ai figli, vincolante e discriminante, da cui liberarsi oppure come una risorsa da valorizzare e unappartenenza a cui ancorarsi . Poich le societ contemporanee sono solo parzialmente meritocratiche e lereditariet continua a giocare un ruolo importante, le storie di vita dei figli degli immigrati mostrano, di fatto, lesistenza di ambivalenze e contraddizioni che continuano ad alimentare un processo di trasmissione intergenerazionale degli svantaggi sociali: la Seconda generazione mobilit socio-professionale ascendente non sembra indicare in modo costituisce affatto un traguardo scontato per i implicito che la condizione figli dellimmigrazione e, di frequente, si assiste di immigrato si eredita a un loro imbrigliamento in lavori poco qualifianche se i figli non sono cati (Zanfrini, 2006). immigrati in prima persona Il fatto stesso che i discendenti degli immigrati vengano definiti mediante il concetto equivoco di seconda generazione sembra indicare implicitamente che la condizione immigrata si eredita, anche se i figli non sono immigrati in prima persona: letichetta si riferisce al fatto demografico che gli immigrati fanno figli e al fatto sociologico che questi condividono con i propri genitori forme di discriminazione socio-professionale ed etnica e, talvolta, uno status sociale (Moncus Ferr, 2007). Questultimo deriva dalla traiettoria migratoria dei genitori, dalla condivisione con la propria famiglia di comuni riferimenti culturali e linguistici e delle difficolt di adattamento alla nuova societ, da unesperienza biografica distinta dalle altre persone della propria generazione in relazione al fatto di essere discendenti di migranti. Lidea dellereditariet della condizione immigrata, tra laltro, viene messa in discussione da coloro che sostengono che i giovani stranieri rispetto ai loro genitori costituiscono una generazione peculiare, segnata pi dallesperienza migratoria che dalle appartenenze etniche (Giovannini, Queirolo Palmas, 2002), o anche una generazione transnazionale, che vive in un contesto locale attraversato da una dimensione globale, in cui aspirazioni, orientamenti e stili di vita rendono pi simili i giovani, pur nella diversit delle appartenenze e delle esperienze (Besozzi, 2009). Tali interpretazioni accentuano i limiti del concetto
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di seconda generazione, che rischia di attribuire uneccessiva capacit esplicativa al luogo di nascita dei genitori. 3. Infine, la migrazione della famiglia , che si traduce in vissuti, esperienze, eredit e risorse a disposizione, assume un ruolo centrale nella costruzione di uno specifico ethos familiare, orientato al sacrificio, al riscatto, alla promozione e alla ricerca di migliori opportunit per i figli, a livello economico, formativo, lavorativo . La migrazione nella storia delle diverse generazioni assume il significato di un investimento dei genitori sui figli allinterno di un progetto di miglioramento delle condizioni di vita, di realizzazione, di mobilit sociale per lintera famiglia. Le aspirazioni sono un elemento chiave di spiegazione del percorso delle famiglie immigrate e dei loro figli (Kao, Tienda, 1998): esse sono prodotte allinterno della famiglia, in cui il processo educativo si attua a partire da un bilancio delle esperienze passate e presenti, individuali e collettive dei suoi membri. I genitori immigrati manifestano, in La migrazione significa genere, aspirazioni elevate e le loro ambianche un investimento zioni si traducono nel sostenere e richiedere dei genitori sui figli ai figli impegno e perseveranza nella scuola: allinterno di un progetto gli scambi tra generazioni (e la non totale di miglioramento coincidenza tra aspettative dei genitori, delle condizioni di vita percorsi effettivi e aspirazioni dei figli) testimoniano che, per, la trasmissione non avviene in forma lineare e senza intoppi (Brinbaum, 2005). principalmente listruzione a rappresentare linvestimento pi rilevante per il giovane e per il suo gruppo familiare, in quanto costituisce una chiave per la mobilit sociale (Santagati, 2010). Tuttavia, limpegno dei genitori nel far acquisire ai figli credenziali in grado di renderli autonomi e farli aspirare a un miglioramento socio-economico rischia di mettere in luce il fallimento della prima generazione di migranti e di non trovare una corrispondenza nelle reali opportunit a disposizione dei loro figli: se listruzione effettivamente un fattore importante per spiegare gli esiti occupazionali degli individui, le ricerche sociologiche hanno confermato che altri fattori, tra cui il genere, la provenienza familiare, lorigine nazionale, hanno un peso complessivamente non inferiore a quello dellistruzione (Colombo, Santagati, 2010). In conclusione, se la migrazione familiare pu essere considerata un elemento di fragilit e un punto di debolezza nei percorsi biografici dei giovani stranieri, che pu limitare o ostacolare i loro percorsi in Italia, essa pu essere vista nello
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stesso tempo come un punto di forza e un supporto nellelaborazione di motivazioni e aspettative che conducono a una realizzazione positiva dei propri progetti. In una recente indagine sugli adolescenti stranieri svolta nel contesto della regione Lombardia (Besozzi, Colombo, Santagati, 2009), emergono, infatti, con evidenza le potenzialit di un gruppo di studentesse straniere, in prevalenza liceali, eccellenti nei risultati scolastici, che esprimono un atteggiamento I casi di adolescenti spiccatamente acquisitivo, guidato da forti stranieri che fanno motivazioni, sogni e speranze, oltre che da delle loro difficolt un punto unetica familiare del dovere e dellimpegno. di forza per eccellere Queste giovani donne si mostrano capaci di a scuola e nellelaborazione elaborare progetti di vita dinamici, nonch dei loro progetti autonomi, rispetto a condizioni e vincoli posti dallappartenenza etnica e familiare: i loro percorsi fanno intravedere quanto gli esiti dei percorsi dinclusione dei giovani stranieri siano ancora imprevedibili e restituiscono unimmagine inedita e inconsueta delle nuove generazioni del nostro Paese.

Riferimenti bibliografici
Ambrosini M., Bonizzoni P., Caneva E., Ritrovarsi altrove. Famiglie ricongiunte e adolescenti di origine immigrata, Milano, Orim, fondazione Ismu, 2010. Besozzi E., Nuove generazioni transnazionali e progetti di integrazione , in Bosi A. (a cura di), Citt e civilt. Nuove f ro n t i e re d i c i t t a d i n a n z a , M i l a n o , FrancoAngeli, 2009, pp. 179 -195. Besozzi E., Colombo M., Santagati M. (a cura di), Giovani stranieri, nuovi cittadini. Le strategie di una generazione ponte , Milano, FrancoAngeli, 2009. Bosisio R., Colombo E., Leonini L., Rebughini P. (a cura di), Stranieri & Italiani. Una ricerca fra gli adolescenti figli di immigrati nelle scuole superiori , Bari, Donzelli, 2005. Brinbaum Y., Dune gnration lautre. Les aspirations ducatives des familles immigres: ambition et persvrance , in Education & Formation, 72, 2005, pp. 53 -75. Colombo M., Santagati M., Interpreting social inclusion of young immigrants in Italy . In Italian Journal of Sociology of Education, digital review (www.ijse.eu), n.1, 2010, pp. 9 -48, Giovannini G., Queirolo Palmas L. (a cura di), Una scuola in comune. Esperienze scolastiche in contesti multietnici italiani , Torino, fondazione Giovanni Agnelli, 2002.

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Il diritto allo studio alla prova dellimmigrazione


Affrontare le sfide imposte dalla presenza degli studenti stranieri nelle nostre classi significa anche fare i conti con noi stessi e con le trasformazioni della scuola italiana

di Graziella Giovannini
Sociologa - Universit di Bologna
Listruzione come diritto sociale opinione largamente condivisa da anni che la questione migratoria rappresenti una sfida per la societ italiana (e non solo) nel suo insieme e per la scuola in particolare. Allo stesso modo, si riconosce che parlando di bambini, adolescenti, adulti stranieri, parlando delle loro condizioni e delle loro questioni educative, siamo costretti a fare i conti con noi stessi, con la nostra situazione di italiani. Da molti decenni siamo accompagnati dal pensiero di G. Simmel che ci ricorda come la relazione con chi diverso permetta di capire meglio La scuola rappresenta anche noi stessi. una vecchia storia, se siamo un contesto comune capaci di riconoscerla. di apprendimento e il tramite Se cos , diventa importante riflettere sulle per costruire il legame caratteristiche di questa sfida qui e ora, tra individuo e societ tenendo conto sia delle trasformazioni in nelle sue diverse dimensioni atto nella scuola italiana nel suo complesso, sia mettendo a fuoco alcune specificit della presenza nelle istituzioni formative di persone di origine immigrata, in una fase che non pi quella delle emergenze iniziali, ma che deve comunque fare i conti con una generalizzata crisi socioeconomica. In generale, come ben chiaro a tutti, qualsiasi sia la prospettiva di analisi, nella societ contemporanea la scuola rappresenta un contesto comune di apprendimento (differenziato per quanto possibile, ma non fino ad arrivare allunicit del percorso formativo) che ha a che fare con linserimento sociale delle persone. tramite essenziale per la costruzione del legame
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tra individuo e societ nelle diverse dimensioni (economica, sociale, culturale, politica) e, in quanto tale, connessa ai mutamenti della societ e capace, a sua volta, di generare mutamenti sociali. La scuola in primo luogo una istituzione culturale : il cuore della sua mission rappresentato dalla trasmissione dei principi, dei linguaggi, delle conoscenze e delle competenze che reggono la societ, non operando in modo semplicemente riproduttivo e orientato alladattamento La scuola come istituzione delle persone, ma essendo capace di produrre culturale, come luogo cultura e di formare persone innovative. di produzione sociale Nella societ moderna delle nazioni la della cittadinanza scuola stata, o avrebbe voluto essere, un e dellappartenenza alla luogo di produzione della cittadinanza e dellappartenenza allorganizzazione politicoorganizzazione dello Stato amministrativa di uno Stato, da un certo punto in poi con riferimento alla democrazia. Cos per lItalia a partire dalla Costituzione del 1948, che introduce il riferimento anche ai grandi diritti umani delle persone. Cos riconfermato nel nuovo insegnamento di Costituzione e cittadinanza da introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado sulla base della legge 169/2008. Infine, la scuola un luogo di produzione/riproduzione sociale, in riferimento specifico alle connessioni con il mondo del lavoro e con la stratificazione sociale. la grande questione delluguaglianza/disuguaglianza tra le persone nellaccesso e nei percorsi di scolarizzazione, delle pari opportunit e del merito, della selezione e della mobilit sociale. La scuola viene rappresentata, pur con molti differenti punti di vista e differenti prospettive politiche, come contesto di attivazione dei diritti sociali delle persone a partire da quello considerato primario e che proprio il diritto allo studio. su questultima caratteristica dellistituzione scolastica che concentro la mia attenzione in questa analisi, assumendo la prospettiva di tutte le nuove generazioni nel loro complesso e integrando in essa la realt degli immigrati. Le trasformazioni della questione delluguaglianza a scuola Il tema della uguaglianza/disuguaglianza ha rappresentato la grande questione scolastica dellItalia in fase di sviluppo nel secondo Dopoguerra e, in particolare, dellItalia che conobbe la scolarizzazione di massa e laccesso allistruzione di studenti provenienti dalle diverse classi sociali. Le interpretazioni e le pratiche, come noto, si differenziano
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non solo in base agli orientamenti politici, ma anche alle differenti letture dei meccanismi e dei modelli sociali, riconducibili in estrema semplificazione a un orientamento funzionalista e a uno conflittualista, che in maniera diversa focalizzano lattenzione sulla uguaglianza di accesso, di opportunit, di riuscita, di mobilit. negli anni Settanta che in Italia nasce il concetto di diritto allo studio che tematizza lesigenza di dare a tutti lopportunit non solo di accedere alla scuola, ma di ricavarne una formazione di qualit e che promuove unattenzione crescente ai vari servizi di welfare che possono supportare la scolarizzazione (mensa, trasporti, tempo pieno scolastico). Nelle diverse impostazioni, i disuguali sono definiti a partire dalla gerarchia delle caratteristiche sociali, economiche e di scolarizzazione delle famiglie di provenienza. Va tuttavia notato che gi negli anni Sessanta e Settanta c attenzione ai differenti percorsi che portano alluguaglianza e allesigenza di non trasformare lobiettivo delluguaglianza in omologazione. Ricordiamo, La valenza, con riferimento per la sua rilevanza nel dibattito, il principio allintegrazione scolastica espresso da don Milani di non far parti uguali degli studenti stranieri, fra disuguali. del principio espresso da don La maturazione della sensibilit verso le Lorenzo Milani: Non fare differenze non immediatamente declinabili parti uguali tra disuguali in disuguaglianze andata crescendo negli ultimi due decenni per vari fattori, ma anche per una crescente attenzione alla dimensione della persona e nella prospettiva pedagogica dellindividualizzazione. Nonostante le ricerche sociologiche e anche economiche abbiano continuato a segnalare accanto a un indubbio incremento della scolarizzazione e, in particolare, della scolarizzazione e della riuscita scolastica delle donne la forte presenza di disuguaglianze sociali, lattenzione si spostata sui fattori individuali dellesperienza scolastica e del successo, con riferimento crescente alle caratteristiche di personalit, alle emozioni, alle motivazioni, al clima relazionale, al benessere. La mondializzazione, lelevata competizione internazionale in termini di innovazione e di funzionalizzazione dei saperi (la societ della conoscenza), londata neoliberista imperniata sul merito (termine in realt presente gi nella Costituzione, ma non in chiave di individualismo liberista), lentrata prepotente delle valutazioni delloutput di apprendimento in chiave comparata europea e Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e, nello specifico in Italia, la presenza crescente
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di immigrati nelle scuole hanno scompigliato le carte, riportando in primo piano i fattori strutturali legati allaccesso e alla riuscita scolastica. In particolare, anche se nei primi tempi larrivo di studenti non italiani viene letto prevalentemente in termini culturali, di diversit nei linguaggi, nelle storie, negli orientamenti e comportamenti di vita quotidiana, proprio le loro difficolt di apprendimento costringono a riflettere sulla forza delle variabili strutturali e sullesigenza che la scuola intervenga per rafforzare le pari opportunit di accesso e riuscita. Si pu ragionevolmente sostenere che, rispetto ai decenni Sessanta e Settanta del secolo scorso, si amplia in generale lo spettro delle dimensioni strutturali a cui fare attenzione. Per tutti, italiani e non, si evidenzia limportanza del capitale sociale e culturale del territorio e non solo quello familiare. Le statistiche Ocse e Invalsi relative agli apprendimenti degli studenti ai vari livelli di scuola mettono a fuoco in modo particolare le differenze regionali della riuscita scolastica. Ricerche locali chiariscono lincidenza delle risorse a disposizione per il diritto
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allo studio nei vari territori, limportanza della ricchezza di istituzioni e associazioni nel contesto attorno alla scuola e alla famiglia, la capacit della scuola di fare rete con la comunit. In maniera specifica, per gli allievi non italiani vengono in rilievo lesperienza della discontinuit scolastica, lessere nati qui o altrove, lesperienza personale o meno del viaggio, let in cui si arrivati in Italia, la distanza linguistica dallitaliano e, anche, il grado di efficienza dei servizi offerti dalla scuola in cui si viene inseriti. Tra i fattori che incidono A tutto ci si aggiunge, negli ultimi anni, sul rendimento scolastico: la realt della nuova grande crisi che lessere nati qui o altrove, segna la vita italiana come lo scenario lesperienza del viaggio, internazionale. Una crisi finanziaria, econolet di arrivo in Italia, mica, occupazionale che tocca non solo le la distanza linguistica fasce della povert conclamata, ma coinvolge in Italia i ceti medi e rende ancora pi difficile la situazione degli immigrati, anche di quelli regolarmente presenti nel nostro Paese. Il welfare, gi da tempo oggetto di rivisitazioni e cure orientate anche a ridefinire il ruolo dello Stato e degli attori sociali, si trova a confrontarsi in maniera quotidiana con i tagli delle risorse finanziarie a disposizione. ben noto che le politiche socioeducative sono parte significativa di questo processo, con pesanti ricadute sulla possibilit di mantenere i livelli raggiunti di diritto allo studio per tutti. Disuguaglianze comparate In questo nuovo scenario, che mette a fuoco problematiche comuni agli italiani e non, non possiamo tuttavia dimenticare che la condizione di immigrato/figlio di immigrati continua ad avere un suo peso specifico nei percorsi scolastici e di inserimento sociale successivo. La ricerca comparata sulla riuscita scolastica tra immigrati e autoctoni, e anche tra i differenti gruppi di immigrati, ha accompagnato il fenomeno migratorio fin dal suo primo presentarsi, evidenziando la multidimensionalit dei fattori e, comunque, il persistente ritardo e la minor riuscita media degli stranieri. I dati pi recenti a nostra disposizione provengono dalle valutazioni Invalsi (http://www.invalsi.it/snv0910/) sullapprendimento della lingua italiana e della matematica in II e V primaria e in I secondaria di primo grado nellanno scolastico 2009/2010. Essi dimostrano non solo la differente riuscita nelle diverse aree del Paese per tutti gli allievi, ma anche la persistenza di significative differenze tra italiani e non, nonch, dato partico2 0 11 g e n n a i o - fe bb ra i o

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Quaderni dellOsservatorio n. 3, 2010 - www.fondazionecariplo.it/osservatorio

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larmente significativo, tra immigrati di prima e seconda generazione, in particolare al Nord dove entrambi i gruppi sociali sono presenti in maggiore quantit. Inoltre, tutte le statistiche a disposizione confermano una pi elevata presenza di abbandoni tra gli stranieri e la loro collocazione soprattutto negli istituti e nella formazione professionale. La ricerca curata da Paolo Canino per la Cariplo Stranieri si nascee si rimane? Differenziali nelle scelte scolastiche tra giovani italiani e stranieri , utilizzando dati delle rilevazioni trimestrali Istat sul lavoro 2005-2008 e dati Invalsi (relativamente a sole tre regioni), mette in evidenza che Le statistiche confermano oltre alle variabili comuni agli italiani (occupazione del padre, livello di istruzione dei una pi elevata presenza genitori, condizione lavorativa o casalinga di abbandoni tra gli stranieri della madre) resta un residuo di disuguae la loro collocazione soprattutto negli studi e nella glianza riconducibile proprio allessere stranieri, al background migratorio: A formazione professionale parit delle altre condizioni, si riscontra una discriminazione specifica nei confronti dei cittadini stranieri che sono quindi portati a rivedere al ribasso i propri percorsi formativi (maggiore probabilit di abbandonare, minore probabilit di avviare un percorso che possa proseguire fino alluniversit). Questa situazione, oltre a rappresentare un fattore di iniquit sociale, configura un utilizzo inefficiente delle risorse costituite dalle abilit degli studenti stranieri 1 . Una ricerca sugli studenti di origine straniera nelle scuole superiori, condotta a partire dalla stessa banca dati Istat e relativamente agli stessi anni da Davide Azzolini e Carlo Barone (Universit di Trento), arriva a conclusioni analoghe. Approfondendo inoltre lanalisi per area territoriale di provenienza, i ricercatori evidenziano significative differenze tra i Paesi di origine. Si distanziano maggiormente dagli italiani gli studenti provenienti dallarea del Maghreb e del Medio-Oriente, dalla Cina e dai rimanenti Paesi asiatici. Inoltre, considerando il background migratorio familiare, i nati allestero con entrambi i genitori nati allestero costituiscono il gruppo largamente pi svantaggiato. Infine, il tempo trascorso in Italia confermato essere un potente predittore delle scelte scolastiche, e quindi del differenziale etnico. I suoi effetti si riducono sensibilmente a parit di classe sociale, a ulteriore conferma delle maggiori

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difficolt iniziali in ambito lavorativo per gli stranieri 2 . Non abbiamo ancora dati sulla mobilit sociale degli stranieri attraverso la scuola, n, in misura estesa, sulle condizioni del loro inserimento lavorativo. In Francia si sostiene da tempo che la scuola di stampo universalistico non ha in realt aumentato le chances di mobilit dei ragazzi di origine immigrata, che si trovano a vivere una condizione di discriminazione sociale. Ma non possiamo dimenticare che, nel quadro della crisi economica e della difficile equit intergenerazionale, la mobilit sociale ritorna a essere un problema anche degli italiani. Sar necessario monitorare i processi, sia per i potenziali fattori competitivi e di discriminazione che possono emergere, sia nella prospettiva di una valorizzazione anche del capitale umano qualificato degli stranieri che stanno frequentando le nostre scuole e universit. Alcuni interrogativi caldi per le politiche scolastiche Il diritto allo studio un diritto del cittadino o un diritto umano? La scuola italiana fin dal primo presentarsi del fenomeno migratorio ha scelto per lintegrazione degli alunni stranieri la prospettiva della Convenzione internazionale dei diritti dellinfanzia (ratificata dallItalia nel 1991), riconoscendo nellaccesso alla scolarizzazione lattuazione Per lintegrazione degli del diritto universale alleducazione di ogni studenti stranieri, la scelta bambino in quanto essere umano. Gli Stati della scuola italiana stata che hanno riconosciuto la Convenzione come quella di aderire alla propria legge si impegnano concretamente a Convenzione internazionale vigilare perch questo orientamento sia per i diritti dellinfanzia realizzato allinterno del loro territorio. Seguendo questa prospettiva, non sembra esserci dubbio che il diritto allistruzione vada considerato in Italia come diritto umano. Tuttavia non si pu non evidenziare che la cittadinanza pu pesare o tornare a pesare sulle pari opportunit. Il particolare orientamento politico dellamministrazione pubblica o la situazione di scarsit di risorse potrebbero spingere a uninterpretazione restrittiva della Convenzione. Si sostenuto, ad esempio, che la scuola dellinfanzia potrebbe sfuggire alla normativa internazionale in quanto formazione non obbligatoria. Oppure si aprono discussioni non sullaccesso alla scuola in s, ma sugli interventi di welfare che riguardano
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Azzolini D., Barone C., Tra 'vecchie e nuove disuguaglianze: la segregazione degli studenti di origine straniera negli indirizzi for mativi delle scuole superiori italiane , http://convegnonazionale2010.ais-sociologia.it/ita/94/1/ws7--fullpaper.htm, settembre 2010

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Il diritto allo studio deve essere universalistico o selettivo? In Italia gli interventi per il diritto allo studio si sono sviluppati in epoca di welfare universalistico e questa prospettiva ha accompagnato anche larrivo dei bambini immigrati, tenendo conto che nella prima fase era coinvolto in Il diritto allo studio va inteso modo particolare il livello obbligatorio dellistruzione. Nella fase che stiamo vivendo, il come una questione di scelte principio universalistico si intrecciato e di priorit delle politiche con lintroduzione di criteri di selettivit in e delle risorse finanziarie vari settori (ad esempio nella sanit, ma che riguarda tutti gli alunni, anche nei servizi educativi non obbligatori) italiani e stranieri con prevalente riferimento alle condizioni economiche della persona e della famiglia. Si aperto il dibattito qualche volta il conflitto sullintroduzione di criteri di selettivit in base alla cittadinanza, con significati anche differenti e di diversa natura: a) selettivo nel senso di dare priorit ai cittadini italiani (orientamento di alcune forze politiche, ma diffuso tra le famiglie italiane in genere) b) selettivo nel senso di azioni formative separate (anche con buone intenzioni, o per desiderio di consenso sociale) c) selettivo nel senso di azioni di discriminazione positiva a favore degli stranieri presenti sul nostro territorio. Se si ipotizza un di pi di discriminazione legata al background migratorio, si possono pensare azioni che aumentino le chance degli stranieri? Per tutti italiani e non va poi ripensata la relazione tra uguaglianza e merito . possibile pensare a un merito che abbia a che fare con le differenze qualitative e la responsabilit, anche sociale, delle persone e non solo con la competizione individuale per il successo? Il riferimento al merito che si esprime nella competizione individuale pu essere compatibile con una versione liberista del diritto allo studio che premia la disuguaglianza giusta, ma in epoca di interdipendenza e, insieme, di frantumazione sociale, riduce ancora di pi lorientamento alla solidariet e alla coesione sociale di cui questa societ ha invece un gran bisogno e che utile anche dal punto di vista delleconomia. Infine, occorre non dimenticare che per le nuove generazioni il
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servizi scolastici come la mensa, il trasporto. E che dire dellistruzione universitaria o della formazione degli adulti che certamente non rientrano nella Convenzione Onu relativa solo alle persone in et minorile?

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diritto allo studio cambia in termini contenutistici : c bisogno per tutti di maggiori strumenti per affrontare lo scenario mutato, di un miglioramento degli apprendimenti linguistici, di migliori conoscenze delle storie e delle societ altre, di strumenti che supportino la mobilit territoriale delle persone e per linternazionalizzazione della vita. In buona sostanza, il diritto allo studio una questione di scelte e di priorit generali delle nostre politiche e degli usi delle nostre risorse finanziarie . La questione degli stranieri non ne che un pezzetto. Come molte volte si sostenuto, anche in questo caso un evidenziatore delle difficolt pi generali che stiamo attraversando. Ci vogliono occhi attenti e non troppo candidi (candidi come colombe, astuti come serpenti), ma dovremmo avere la capacit di evitare la trappola di considerarli il nemico appropriato da neutralizzare, perdendo cos la consapevolezza che, se non operiamo come societ in maniera efficace ed equilibrata, a rischio la scuola di tutti.

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Il successo scolastico dei minori stranieri tra prima e seconda generazione


A differenza degli alunni provenienti dallestero, quelli nati nel nostro Paese hanno un rendimento simile a quello degli studenti italiani. La grande occasione offerta dalla presenza a scuola di culture, lingue e stili di vita eterogenei
di Elena Besozzi
Universit Cattolica di Milano
Una popolazione scolastica multiculturale Con i suoi 673.592 alunni di cittadinanza non italiana (a.s. 2009/2010), 190 nazionalit e unincidenza del 7,5% sulla popolazione scolastica complessiva, si pu dire che la scuola italiana sia di fatto una realt multiculturale. La presenza degli alunni stranieri quindi un dato strutturale e significativo del sistema scolastico italiano. La crescita della popolazione con cittadinanza non italiana nel nostro Paese stata particolarmente veloce tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del nuovo millennio (tabella 1), anche se negli ultimi anni si avverte una leggera decelerazione. La crescita legata, oltre che alla dimensione quantitativa degli ingressi e alle diverse sanatorie
Tabella 1. Alunni con cittadinanza non italiana. Vari anni

La nuova realt della scuola italiana data da oltre 670mila alunni stranieri provenienti da 190 Paesi

Anno scolastico

Valore assoluto

% sulla popolazione scolastica complessiva 0,06 0,12 0,41 1,1 3,5 7,0 7,5

Fonte: elaborazioni su dati ministero Pubblica Istruzione e ministero Istruzione, Universit e Ricerca, vari anni

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1983/84 1988/89 1993/94 1998/99 2003/04 2008/09 2009/10

6.104 11.791 37.478 85.522 282.683 629.360 673.592

Dialogo Primo Piano interculturale

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Minori stranieri e successo scolastico

La popolazione scolastica straniera presenta al suo interno una elevata eterogeneit e ha una distribuzione sul territorio tuttaltro che omogenea

di questi anni, anche a una stabilizzazione dei progetti migratori, ai ricongiungimenti familiari, alla formazione di nuove famiglie sul nostro territorio e alla nascita dei figli in Italia. La popolazione scolastica straniera presenta al suo interno unelevata eterogeneit, in relazione a diverse caratteristiche come il sesso, la nazionalit di provenienza, il tipo di percorso migratorio e quindi la nascita allestero o in Italia, la lingua o le lingue parlate, la religione, la tipologia familiare, ecc. Anche la distribuzione sul territorio tuttaltro che omogenea; infatti, dai dati forniti dal Miur per la.s. 2008/2009 si rileva che il 26,2 per cento delle scuole ancora non registra la presenza di alunni stranieri; in circa il 47 per cento dei casi, la consistenza del fenomeno raggiunge il 10 per cento degli iscritti, mentre solo il 2,8 per cento delle scuole presenta un numero di studenti stranieri superiore al 30 per cento degli iscritti. Riguardo alle provenienze, a livello nazionale si consolidata la maggior presenza degli studenti con cittadinanza rumena, che ha raggiunto, nella.s. 2008/2009 il 16,7 per cento del totale degli alunni stranieri, pari a 105.682. La Romania, insieme ad Albania (14,6%) e Marocco (13,3%), contribuiscono quindi per circa il 45 per cento alla composizione totale degli alunni stranieri. Una distinzione importante, che viene rilevata negli

Tabella 2. Alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia , per ordine e grado di istruzione. A.s. 2007/08 - 2008/09

Ordine e grado di istruzione

a.s. 2007/08

a.s. 2008/09

Valore assoluto

Per 10 0 studenti

Per 10 0 studenti con cittadinanza non italiana 71,2 41,1 17,7 6,8 34,7

Valore assoluto

Per 10 0 studenti

Per 10 0 studenti con cittadinanza non italiana 73,3 45,0 18,8 7,5 37,0

Infanzia Primaria Secondaria di I grado

79.113 89.422 22.474 8.111 199.120

39,7 44,9 11,3 4,1 100,0

4,8 3,2 1,3 0,3 25,9

91.647 105.292 26.366 9.698 233.003

39,3 45,2 11,3 4,2 100,0

5,5 3,7 1,5 0,3 2,6

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Secondaria di II grado Totale

Fonte: elaborazioni su dati ministero Istruzione, Universit e Ricerca

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Minori stranieri e successo scolastico

ultimi anni dal Ministero, quella tra nati in Italia/nati allestero. Nella.a. 2008/2009, il 37 per cento degli studenti con cittadinanza non italiana nato in Italia (si nota un incremento rispetto allanno precedente del 2,3%). La distribuzione interna agli ordini di scuola mostra che gli alunni stranieri nati in Italia si concentrano soprattutto nella scuola dellinfanzia e nella primaria (tabella 2), mettendo in luce come questa sia una componente sempre pi significativa nella scuola italiana rispetto ai neoarrivati, che sono invece tendenzialmente in diminuzione (nella.s. 2008/2009 erano l8,2% del totale degli studenti stranieri, concentrati soprattutto nella scuola secondaria di II grado). Come vedremo nel corso di queste riflessioni, tali trasformazioni delle caratteristiche di base della popolazione scolastica straniera comporteranno, in prospettiva, un cambiamento profondo delle strategie di accoglienza e delle pratiche didattiche. Il successo scolastico e formativo dei minori stranieri: un fuoco dattenzione importante In questi anni progressivamente cresciuta lesigenza di conoscere le caratteristiche della presenza degli alunni stranieri a scuola: dalle pratiche di accoglienza e di integrazione agli atteggiamenti di insegnanti, genitori, alunni italiani, dal grado di benessere o malessere in classe alle difficolt di inserimento e di apprendimento, dal confronto delle aspettative reciproche ai processi di costruzione di un percorso di vita personale e quindi agli orientamenti e alle scelte scolastiche e lavorative. Un importante indicatore della lettura della situazione dei minori stranieri a scuola e del loro percorso di integrazione, sul quale viene focalizzata lattenzione in questo contributo, dato dalla riuscita scolastica , anche se evidente che non pu essere considerato lunico elemento in grado di spiegare la complessa problematica riguardante i processi di adattamento a una cultura e a una lingua, e a determinati stili di insegnamento. Lattenzione al successo scolastico e formativo dei minori stranieri quindi andata crescendo, proprio per la rilevanza che gli si attribuisce sia come lettura di unintegrazione riuscita da parte degli alunni stranieri sia per unanalisi del tipo e del grado di risposta della scuola alle mutate esigenze della popolazione scolastica. Gi fin dal 1997, la fondazione Ismu di Milano, nelle corso della prima rilevazione riguardante la presenza di alunni stranieri, figli di coppia mista e nomadi
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La riuscita scolastica viene considerata un indicatore molto significativo, anche se non lunico, per comprendere la situazione dei minori stranieri a scuola e il loro percorso di integrazione nella nostra realt sociale

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Minori stranieri e successo scolastico

Il problema maggiore dato dal ritardo degli alunni stranieri che aumenta nel passaggio dalla scuola di base a quella secondaria. Le statistiche indicano una percentuale del 41,9% rispetto a un ritardo degli alunni italiani dell11%

nelle scuole lombarde 1 aveva messo a punto una schedaalunno che forniva informazioni importanti sulla provenienza, la competenza linguistica, il ritardo e la riuscita scolastica. nella terza rilevazione in Lombardia che il ritardo scolastico degli alunni stranieri appare in tutta la sua problematicit: si tratta di un ritardo che aumenta passando da un ordine di scuola a quello successivo e di una situazione largamente costruita dalla scuola stessa attraverso linserimento in classi inferiori rispetto allet anagrafica, malgrado gli orientamenti della normativa diano indicazioni del tutto diverse. Questo fenomeno del ritardo degli alunni stranieri, decisamente sottovalutato nella sua incidenza sui percorsi scolastici e sul vissuto degli alunni e delle loro famiglie, tuttora presente in forma macroscopica e consistente, tant vero che nellanno scolastico 2008/2009 si registra ancora un ritardo complessivo del 41,9% (rispetto all11% degli alunni italiani); il dato decisamente vistoso nella scuola secondaria di I e II grado (rispettivamente del 50.2% e del 71,8% rispetto al ritardo degli alunni italiani che del 7,1% e del 25,1%). Nel 2005, il Miur (Ministero dellIstruzione, Universit e Ricerca) ha pubblicato unindagine svolta nella.s. 2003-2004, mirata a conoscere il percorso e gli esiti scolastici degli alunni stranieri messi a confronto con la popolazione scolastica complessiva. I risultati mostrano chiaramente una maggiore difficolt degli alunni stranieri rispetto ai compagni italiani, una difficolt che cresce passando da un ordine di scuola a quello successivo e diventa molto evidente nella scuola secondaria di II grado. Considerazioni interessanti vengono esposte nellindagine ministeriale riguardo al confronto degli esiti scolastici in scuole con o senza alunni stranieri: il punto in questione importante perch si collega allinterrogativo circa il grado di disturbo o impedimento nellinsegnamento e apprendimento in realt scolastiche con la presenza di alunni stranieri. Dai dati ministeriali si trova conferma che, per la scuola di base, gli esiti migliori per gli alunni sia italiani sia stranieri si hanno in presenza di classi multiculturali. Questo non vale naturalmente in modo generalizzato e, soprattutto, per la scuola secondaria di II grado,

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A questa prima rilevazione ne sono poi succedute altre due, e, nel corso della terza, si proceduto a un lavoro in collaborazione con il ministero dellIstruzione e con lUfficio scolastico regionale per la Lombardia. Per i risultati di queste prime rilevazioni, soprattutto relativamente al ritardo e alla riuscita scolastica, si vedano i due Quaderni Ismu n. 7/1997 e n. 2/2000 e il volume Insieme a scuola 3 (a cura di Besozzi e Tiana, 2005).

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Minori stranieri e successo scolastico

La riuscita scolastica come processo continuamente in atto, nel quale passato, memoria, esperienze presenti e sguardo al futuro degli studenti si implicano a vicenda

di natura pi selettiva e poco disponibile a indulgere sullacquisizione di competenze disciplinari fondamentali. Di fatto, sembra che a creare semmai difficolt complessive nelle classi sia pi la numerosit degli alunni stranieri che non quella relativa alla variet delle cittadinanze, che invece risultano essere piuttosto una risorsa. La ricerca pi organica e completa a cavallo tra la fine degli anni Novanta e i primi anni del 2000, riguardante i percorsi migratori, le scelte scolastiche e gli esiti dei minori stranieri lindagine nazionale, su finanziamento dellallora Murst (Ministero dellUniversit e della Ricerca Scientifica), pubblicata con il titolo Una scuola in comune (a cura di Giovannini e Queirolo Palmas, 20 0 3), svolta nella.s. 19 9 8 - 9 9 in nove citt italiane (Brescia, Modena, Bologna, Torino, Padova, Arezzo, Ravenna, Genova, Bari), su un campione di 954 studenti di terza media (479 stranieri e 475 italiani) mediante la somministrazione di un questionario a risposte chiuse e aperte. Diversi gli aspetti indagati, dallesperienza migratoria, alla percezione della propria riuscita scolastica, dalle scelte scolastiche e lavorative, ai lavori attualmente svolti, dalle relazioni familiari alle aspettative verso il futuro. Si coglie, nel corso dellanalisi dei dati, una pluralit di percorsi e di situazioni, ma anche una forte vicinanza in unesperienza che accomuna, quella delladolescenza. Daltro canto, il risultato pi significativo della ricerca proprio una comunanza pi ampia, quella dei fattori in gioco nel definire i percorsi di vita sia dei ragazzi italiani che dei ragazzi stranieri : la povert materiale e culturale costituisce in entrambi i sottocampioni un aspetto rilevante nel definire possibilit, autostima, fiducia nel futuro; allo stesso modo, gli esiti scolastici sono influenzati dalle medesime variabili in gioco, innanzitutto un positivo clima scolastico fatto di relazioni significative con gli insegnanti e con i compagni, il tipo di aspettative e di sostegno scolastico e familiare, il grado di fiducia verso il futuro. In questa direzione, la riuscita scolastica, sia per i ragazzi stranieri come per i loro compagni italiani, appare un processo in atto pi che un esito o un risultato conseguito in un determinato momento, un processo in cui passato, memoria, esperienze presenti e sguardo al futuro si implicano a vicenda. Questa indagine, in qualche misura fondativa per ulteriori percorsi di ricerca, ha fornito anche approfondimenti territoriali molto interessanti per cogliere la specificit di determinati contesti o la possibilit di stabilire confronti fra realt diverse (Fischer e Fischer, 2002; Fravega, Queirolo Palmas, 2003).
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Dialogo Primo Piano interculturale

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Minori stranieri e successo scolastico

Lattenzione agli esiti scolastici dei minori stranieri si fa sempre pi evidente non solo a fronte di un aumento quantitativo degli alunni stranieri, bens anche in relazione a un crescere delle competenze degli insegnanti, che si rendono conto che la risposta della scuola non pu limitarsi alla prima accoglienza, bens deve orientarsi a favorire e garantire le possibilit di fruizione dellistruzione e della formazione, quindi la permanenza dentro il sistema di istruzione e formazione e il conseguimento di risultati positivi. Ci sta a indicare lo sviluppo di una sensibilit pi ampia nei confronti del diritto allo studio, non pi semplicemente inteso come un fatto formale, bens come una realt sostanziale, verificabile, dimostrabile. Negli anni pi recenti sono quindi state realizzate rilevazioni statistiche e indagini finalizzate a misurare e analizzare gli esiti scolastici degli alunni stranieri. I dati messi a disposizione dal Miur mostrano chiaramente la disparit di risultati tra italiani e stranieri, un divario che si mantiene nel tempo soprattutto nella scuola secondaria di I e di II grado (tabella 3).
Tabella 3. Tassi di promozione degli alunni in totale, con cittadinanza non italiana, italiani, nei var i ordini di scuola per 100 scr utinati. Confronto tra var i anni

Alunni promossi per 10 0 scrutinati Alunni in totale Scuola primaria a.s. 2002/2003 a.s. 2004/2005 a.s. 2008/2009 Scuola secondaria di I grado a.s. 2002/2003 a.s. 2004/2005 a.s. 2008/2009 Scuola secondaria di II grado 95.9 97.3 91.5 87.5 89.8 87.2 96.1 97.7 96.0 -8.6 -7.9 -8.8 99.0 99.7 99.1 94.8 96.7 98.5 99.1 99.9 99.7 -4.3 -3.2 -1.2 Con cittadinanza non italiana (CNI) Con cittadinanza italiana (CI) Differenza (C N I - C I )

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a.s. 2002/2003 a.s. 2004/2005 a.s 2008/2009

84.5 84.8 72.5

71.6 72.3 67.8

84.7 85.1 83.7

-13.1 -12.8 -15.9

Fonte: elaborazioni su dati ministero Pubblica Istruzione e ministero Istruzione, Universit e Ricerca, vari anni

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Minori stranieri e successo scolastico

Nella scuola primaria la met dei bambini di cittadinanza non italiana risulta essere nata e cresciuta in Italia e questo facilita linserimento e lapprendimento

Infatti, nella.s. 2008/2009, la differenza nei tassi di promozione nella scuola secondaria di I grado si attesta ancora su 8,8 punti percentuali, mentre in quella di II grado risulta addirittura in aumento, portandosi a 15,9 punti percentuali. La diminuzione nella scuola primaria e il corrispondente aumento, invece, del divario vanno considerati in relazione alle caratteristiche con cui si presenta la popolazione scolastica straniera in questi ultimi anni. Infatti, nella scuola primaria la met dei bambini di cittadinanza non italiana risulta essere nata e cresciuta in Italia e ci contribuisce a ridurre le difficolt di inserimento e di apprendimento. Daltro canto, la permanenza o addirittura laumento del divario tra alunni italiani e stranieri nelle scuole secondarie da attribuire a un aumento della numerosit e, soprattutto, alla tendenza a proseguire nella scuola secondaria di II grado, che negli anni pi recenti ha visto aumentare considerevolmente la componente straniera, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, con la conseguenza di una percentuale pi elevata di bocciature e di ripetenze. Se la disparit dei risultati di apprendimento tra stranieri e italiani un dato costante e verificato sia nella scuola

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Dialogo Primo Piano interculturale

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Minori stranieri e successo scolastico

secondaria di I che di II grado (Mantovani, 2008; Gilardoni, 2008; Dalla Zuanna G., Farina P., Strozza S., 2009), c tuttavia un altro dato, apparentemente paradossale, che in qualche misura chiede di entrare pi a fondo dentro i fattori che producono successo o insuccesso scolastico nei minori stranieri. Si tratta delle elevate performance di molti studenti stranieri, e in particolare delle ragazze, ben documentate sia da indagini mirate (Santelli Beccegato, 2005; Besozzi, Colombo, Santagati, 2009; Ravecca, 2009) sia dal vissuto e dallesperienza di molti insegnanti, che spesso affermano che gli stranieri sono pi motivati e impegnati e, quando hanno acquisito una sufficiente padronanza della lingua italiana per lo studio, arrivano a risultati eccellenti, superando spesso i compagni italiani. Questo particolarmente visibile nei corsi di formazione professionale, dove gli studenti stranieri, in modo del tutto forzato, allinizio vengono accomunati alle cosiddette fasce deboli, mostrando invece, successivamente, di avere capacit e prestazioni anche molto buone e spesso superiori a quelle dei compagni italiani, soprattutto per la forte motivazione che li sorregge e anche per un positivo orientamento al lavoro, per cui la scelta della formazione professionale non risulta un ripiego rispetto allo scarso rendimento scolastico in uscita dalla scuola secondaria di I grado come invece accade sovente per i ragazzi italiani. Lavanzare delle seconde generazioni Leterogeneit con la quale si presenta la popolazione scolastica straniera, sotto il profilo dei percorsi migratori, delle provenienze, delle aspettative e delle risorse materiali e culturali porta a sottolineare limportanza di un approccio multidimensionale allanalisi del successo scolastico e formativo, approccio ormai ampiamente condiviso per lo studio della popolazione scolastica in generale, che evidenzia limpatto delle variabili strutturali (sesso, et, status, cittadinanza), di quelle relazionali (rapporto con gli insegnanti, con i genitori, con i pari, clima di classe e benessere scolastico) e delle variabili di atteggiamento nella costruzione del successo/insuccesso scolastico e delle prospettive scolastiche e professionali per il futuro. Soprattutto, tale approccio consente di considerare anche in modo diretto le disuguaglianze che si strutturano quotidianamente nello spazio scolastico (proprio a partire dallo status, dal genere, dalla cittadinanza) non nei termini di una riproduzione di destini assegnati, bens in unottica dinamica e trasformativa in cui scuole, classi e climi di classe, insegnanti, aspettative

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Le tre variabili da considerare per un approccio multidimensionale della resa scolastica: le variabili strutturali, relazionali e di atteggiamento

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Minori stranieri e successo scolastico

Le caratteristiche e i problemi delle seconde generazioni, i giovani nati e cresciuti qui, sono molto diversi da quelli dei figli della immigrazione che non sono nati qui e tutto questo si ripercuote allinterno della scuola italiana

e rappresentazioni, pratiche educative e valutative descrivono processi in atto che producono o annullano differenze o disuguaglianze. Questo approccio multidimensionale diventa oltremodo significativo alla luce del profondo cambiamento che sta producendosi allinterno delle scuole in Italia, quello che potremmo riassumere con lespressione lavanzare delle seconde generazioni. Con questo termine seconde generazioni ci si riferisce di solito ai figli di genitori stranieri nati e cresciuti nel Paese ospitante, per i quali si configura quindi un tipo di esperienza culturale e linguistica decisamente diversa da quella dei figli dellimmigrazione in senso stretto, che invece hanno vissuto direttamente lesperienza migratoria con i propri genitori o sono giunti nel Paese darrivo dei genitori per ricongiungimento successivo (Ambrosini, Molina, 2004). Recenti indagini che pongono a confronto prime e seconde generazioni (Casacchia, Natale, Paterno, Terzera, 2008; Gilardoni, 2008; Thieghi, Ognisanti, 2009; Luciano, Ricucci, Demartini, 2009) mettono chiaramente in evidenza come le seconde generazioni siano di fatto pi vicine ai coetanei italiani rispetto sia ai risultati scolastici sia all'intenzione di continuare gli studi, mentre gli studenti neoarrivati e inseriti in et adolescenziale mostrano pi difficolt, con bocciature e ritardi, e decidono pi spesso di abbandonare la scuola o di optare per una scelta lavorativa precoce subito dopo la scuola media. I soggetti pi vulnerabili (Favaro, Papa, 2009) fra i minori stranieri risultano essere infatti coloro che sono nati allestero e sono giunti in Italia a partire dai dieci anni, cos come coloro che giungono in Italia ad anno scolastico gi iniziato o avanzato e che rischiano di perdere mesi importanti di scolarit o di accumulare ritardo e ripetenze. In generale, la prima generazione dei figli dellimmigrazione appare pi esposta al disorientamento, alla perdita dei punti di riferimento, al ripiegamento su scelte di basso profilo per mancanza di risorse materiali o di sostegno e accompagnamento. Tuttavia, si tratta di una generazione che altrove abbiamo definito strategica (Besozzi, 2009), perch, facendo da ponte tra la generazione adulta migrante dei genitori e le seconde o terze generazioni, ne prepara il terreno con un compito oltremodo gravoso, in quanto apripista di percorsi di integrazione irti di incertezze e di fallimenti, con unalta esposizione al rischio di una vita ai margini. La migliore riuscita degli alunni stranieri nati in Italia comincia a essere documentata anche dai dati statistici. Il recente lavoro
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Dialogo Primo Piano interculturale

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Minori stranieri e successo scolastico

Dobbiamo stare attenti alla normalizzazione provocata dalla conoscenza della lingua italiana: lenfasi su di essa, come se tutto fosse risolto, pu portare a nascondere lincidenza delle diversit che restano

dellInvalsi 2 di analisi delle prove di italiano e matematica nella scuola primaria e secondaria di I grado nella.s. 2009-2010 mostra innanzitutto come i risultati degli studenti immigrati, specialmente quelli di prima generazione, sono sempre pi bassi di quelli degli italiani, ma sono anche molto uniformi sul territorio nazionale. Soprattutto, nella prova di italiano, si evidenzia una netta differenza tra i risultati dei ragazzi immigrati di prima e seconda generazione. Questi ultimi hanno in genere risultati pi alti degli altri immigrati e nella scuola secondaria di I grado un profilo territoriale analogo a quello degli italiani: risultati migliori nel Nord e meno soddisfacenti nel Sud. tuttavia importante sottolineare come non si colgano differenze importanti tra generazioni nelle prove di matematica. Questo significa che la migliore conoscenza dellitaliano produce effetti positivi sulle prestazioni settoriali specifiche (la lingua italiana scritta e orale e le discipline collegate come storia o geografia), ma non sul complesso dellapprendimento. Pi in generale, ci si pu chiedere se basti lapprendimento dellitaliano fin dalla primissima infanzia e la vicinanza alla cultura italiana per risolvere i problemi di apprendimento e garantirsi una integrazione positiva, scolastica e sociale. Se vero che le prime indagini in questa direzione mostrano che gli alunni stranieri di seconda generazione sono molto pi simili agli italiani, accomunati da unesperienza di crescita e di apprendimento, altrettanto evidente che si tratta di una somiglianza del tutto relativa, che chiede di essere ulteriormente indagata. In ogni caso, questa somiglianza produce una sorta di normalizzazione della presenza straniera, con conseguenze importanti sulle condizioni complessive di apprendimento della classe. La normalizzazione in sostanza sgombra il campo da tutta una serie di questioni emergenziali, come laccoglienza, linserimento in classi ponte, linsegnamento dellitaliano come L2. Tuttavia, al contempo, lenfasi sulla normalizzazione pu portare a una disattenzione e forse alloccultamento dellimportanza delle diversit e delle differenze a scuola. La tendenza, sempre molto presente nella scuola, allomogeneizzazione dei percorsi e dei risultati, pu agire anche in questo caso e finire con il non far cogliere la grande occasione fornita da questa presenza

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2 LInvalsi lIstituto nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione che realizza la rilevazione e misurazione degli apprendimenti sul territorio nazionale. I rappor ti finali di valutazione sono disponibili nel sito http://www.invalsi.it.

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Minori stranieri e successo scolastico

per una profonda rivisitazione dei contenuti e degli stili didattici in funzione di una eterogeneit di culture, lingue, stili di vita, uneterogeneit che riguarda a ben vedere tanto gli alunni stranieri quanto i loro compagni italiani. Quando la diversit o la differenza sono negate o sottaciute si produce, oltre a un mancato riconoscimento e quindi a una riduzione degli spazi di libert dei soggetti, anche un deciso impoverimento generale nellesplorazione della realt sia a livello cognitivo sia nellambito delle relazioni.
Bibliografia Ambrosini M., Molina S., Seconde generazioni. Unintroduzione al futuro dellimmigrazione in Italia , Edizioni della fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 2004. Besozzi E., Tiana M.T., (a cura di), Insieme a scuola 3. Terza indagine sulla presenza degli alunni stranieri in Lombardia, Osservatorio regionale per lintegrazione e la multietnicit, fondazione Ismu, Milano, 2005. Besozzi E., Una generazione strategica, in Besozzi E., Colombo M., Santagati M., 2009. Besozzi E., Colombo M., Santagati M.T., Adolescenti stranieri, nuovi cittadini. Le traiettorie di vita di una generazione ponte , FrancoAngeli, Milano, 2009. Casacchia O., Natale L., Paterno A., Terzera L. (a cura di), Studiare insieme, crescere insieme? , FrancoAngeli, Milano, 2008. Dalla Zuanna G., Farina P., Strozza S., Nuovi italiani. I giovani immigrati cambieranno il nostro paese?, Il Mulino, Bologna, 2009. Favaro G., Papa N. (a cura di), Non uno di meno. Le ragazze e i ragazzi stranieri nella scuola superiore , FrancoAngeli, Milano, 2009. Fischer L., Fischer M.G., Scuola e societ multietnica. Modelli teorici di immigrazione e studenti immigrati a Torino e Genova , Edizioni fondazione Agnelli, Torino, 2002. Fravega E., Queirolo Palmas L., Classi meticce. Giovani, studenti, insegnanti nelle scuole delle migrazioni, Carocci, Roma, 2003. Gilardoni G., Somiglianze e differenze. Lintegrazione delle nuove generazioni nella societ multietnica , FrancoAngeli, Milano, 2008. Giovannini G., Queirolo Palmas L. (a cura di), Una scuola in comune. Esperienze scolastiche in contesti multietnici italiani , Edizioni della fondazione G. Agnelli, Torino, 2002. Luciano A., M. Demartini, R. Ricucci, Istruzione dopo la scuola dellobbligo, quali percorsi per gli alunni stranieri? , in G. Zincone, a cura di, Immigrazione: segnali di integrazione. Sanit, scuola e casa , Il Mulino, Bologna, 2009, pp. 113 -156. Mantovani D., Seconde generazioni allappello. Studenti stranieri e istruzione secondaria superiore a Bologna , Istituto Cattaneo, Bologna, 2008. Miur, Indagine sugli esiti degli alunni con cittadinanza non italiana. Anno scolastico 2003 - 2004 , Roma, 2005. Ravecca A., Studiare nonostante. Capitale sociale e successo scolastico degli studenti di origine immigrata nella scuola superiore , FrancoAngeli, Milano, 2009. Santelli Beccegato L. (a cura di), Bravi da scoprire. Alunni di diverse nazionalit e successo scolastico, Levante, Bari, 2005, Thieghi L., Ognisanti M. (a cura di), Seconde generazioni e riuscita scolastica, FrancoAngeli, Milano, 2009. Zincone G. (a cura di), Immigrazione: segnali di integrazione. Sanit, scuola e casa , il Mulino, Bologna, 2009

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Dialogo Primo Piano interculturale

Primo Piano

La scheda / Dalla scuola alluniversit: tutti i numeri sugli studenti stranieri nel nostro Paese
Dalle scuole elementari, fino ai corsi post universitari: il sistema formativo italiano accoglie ogni anno un numero crescente di studenti stranieri che frequentano le scuole di ogni ordine e grado, gli atenei e le scuole di specializzazione. Attraverso i dati resi noti dal ministero dell'Istruzione, dell'Universit e della Ricerca (Miur) possibile tracciare un profilo generale di questa popolazione (si veda anche larticolo di Elena Besozzi in questo numero). Gli alunni stranieri nelle scuole Il dato pi recente relativo alla consistenza degli alunni con cittadinana non italiana iscritti negli istituti di ogni ordine e grado riferito allanno scolastico 2009/2010: sono 673.592, incidono per il 7,5% sulla popolazione della scuola e sono aumentati di circa il 7% rispetto al 2008/2009 quando erano 629.360. Per conoscere meglio la composizione e le caratteristiche degli studenti di nazionalit non italiana bisogna per fare riferimento allultima analisi approfondita disponibile che si ferma all'anno scolastico 2008/2009 (si basa dunque sullaggregato di circa 629mila iscritti), contenuta in una pubblicazione della Direzione generale per gli studi, la statistica e i sistemi informativi (Servizio statistico) del Miur dal titolo Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano. Anche se non riferita allultimo anno scolastico, la fotografia tracciata in questa pubblicazione resta comunque molto significativa, anche perch gli studi preliminari sul periodo 2009/2010 non segnalano particolari variazioni della popolazione scolastica straniera sia in termini di provenienze che di distribuzione degli studenti nei diversi ordini di scuola. Il dato pi evidente quello di un rallentamento del tasso di crescita della popolazione scolastica straniera (dal 14,5% del 2007/2008, al 9,6% del 2008/2009, fino al 7% del 2009/2010). Un andamento che sembra trovare spiegazione nellanalogo
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Gli studenti stranieri in Italia

rallentamento del flusso migratorio, probabilmente connesso con la crisi economica mondiale. Continua per ad aumentare lincidenza degli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano. Nel 2008/2009 erano il 7% degli studenti (cresciuti poi al 7,5% nellanno successivo), ma nella scuola primaria e secondaria di I grado la percentuale si mantiene al di sopra della media nazionale con l8,3% e l8% rispettivamente. Resta invece sensibilmente pi bassa la percentuale di iscritti alla scuola secondaria di II grado (4,8%).
Tabella 1. Alunni con citadinanza non italiana per livello scolastico (valori assoluti e percentuali, a.s. 2001-2002; 2009 -2010

Anni scolastici 2001/2002 2002/2003 2003/2004 2004/2005 2005/2006 2006/2007 2007/2008 2008/2009 2009/2010 2001/2002 2002/2003 2003/2004 2004/2005 2005/2006 2006/2007 2007/2008 2008/2009 2009/2010

Totale

Infanzia

Primaria

Secondaria I grado 45.253 55.907 71.447 84.989 98.150 113.076 126.396 140.050 Nd 2,5 3,1 4,0 4,7 5,6 6,5 7,3 8,0 Nd

Secondaria II grado 27.594 34.890 52.380 63.833 83.052 102.829 118.977 130.012 Nd 1,1 1,3 2,0 2,4 3,1 3,8 4,3 4,8 Nd

Valori assoluti 196.414 239.808 307.141 370.803 431.211 501.420 574.133 629.360 673.592 2,2 2,7 3,5 4,2 4,8 5,6 6,4 7,0 7,5 39.445 84.122 48.072 100.939 59.500 123.814 74.348 147.633 84.058 165.951 94.712 190.803 111.044 217.716 125.092 234.206 Nd Nd Per 100 alunni 2,5 3,0 3,0 3,7 3,6 4,5 4,5 5,3 5,0 5,9 5,7 6,8 6,7 7,7 7,6 8,3 Nd Nd

Fonte: elaborazioni su dati Miur - Direzione generale per gli studi, la statistica e per i sistemi informativi - Servizio statistico

La generazione due. in crescita in tutti gli ordini di scuola il fenomeno degli alunni stranieri nati in Italia, che hanno raggiunto nel 2008-09 quota 233.003 (pari al 37% di tutti gli studenti non italiani) con un incremento percentuale del 17% rispetto allanno precedente (quando erano poco meno di 200mila). La percentuale di incremento degli stranieri nati in Italia
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Primo Piano

Gli studenti stranieri in Italia

dunque notevolmente superiore a quella di incremento generale degli studenti di nazionalit non italiana (che nel 2008-2009 si fermata al 9,6%, come detto). Il fenomeno sta assumendo sempre pi rilevanza soprattutto al Centro-Nord e in particolare in Lombardia e Veneto, dove la presenza immigrata pi consolidata e oltre il 40% degli allievi stranieri nato nel nostro Paese. In Molise (14,9 studenti su 100) e Calabria (15,5 studenti su 100) si registra invece il dato pi basso di studenti nati in Italia rispetto al totale degli allievi di cittadinanza non italiana. Tra gli alunni stranieri nati qui in Italia, poco meno della met iscritto alla scuola primaria (sono oltre 105mila), mentre solo il 4,2% frequenta un corso di scuola secondaria di II grado. Nella scuola dellinfanzia, pi di sette scolari stranieri su dieci sono nati nel nostro Paese. I nuovi ingressi. Nellanno scolastico 2008 -2009 sono stati 41.421 gli studenti che per la prima volta sono entrati nel sistema scolastico italiano, una percentuale pari all8,2% del totale (in calo rispetto al 10% del 2007/08, quando gli studenti neo-iscitti erano circa 46mila). Quasi la met lha fatto attraverso il canale della scuola primaria (19.029 allievi), ma oltre il cinquanta per cento (pi di 22mila persone) si iscritto direttamente a una scuola secondaria, indice questo della provenienza dallestero e quindi della condizione di neoarrivati di questi studenti. Per quanto concerne la loro distribuzione sul territorio, si concentrano soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno: in Basilicata e in Molise si riscontrano le percentuali pi alte, rispettivamente 17,5% e 12,3% del totale degli alunni stranieri. Nelle regioni del Nord i valori dei nuovi ingressi si avvicinano invece a quelli della media nazionale e nel Veneto (8,7%) si registra il dato pi
Tabella 2. Alunni con cittadinanza non italiana entrati nel sistema scolastico italiano per la prima volta, per livello scolastico (a.s. 2008/2009)

Primo Piano
Livello scolastico

Valori assoluti

Per 100 studenti

Per 100 studenti con cittadinanza non italiana 8,2 8,1 8,1 8,5

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Totale Primaria Secondaria I grado Secondaria II grado

41.421 19.029 11.289 11.103

0,6 0,7 0,6 0,4

Fonte: Direzione generale per gli studi, la statistica e per i sistemi informativi - Servizio statistico. Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano

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Gli studenti stranieri in Italia

Le scuole. Come sottolineato anche nellarticolo di Elena Besozzi, nellambito delle quasi 58mila scuole italiane, in pi di una su quattro non ci sono alunni stranieri, in circa la met la consistenza raggiunge al massimo il 10% degli iscritti mentre solo il 2.8% delle scuole (in numero assoluto sono 1.620) presenta un numero di studenti stranieri superiore al 30%. In particolare nella scuola dellinfanzia la percentuale di istituti che rientra in questo tipo di classificazione raggiunge il 3,5%. Tale dato sembra far pensare pur con la dovuta prudenza legata al confronto fra aggregati diversi (ovvero la scuola nel suo complesso rispetto alla singola classe) a un sostanziale adeguamento da parte degli istituti di ogni ordine e grado alla circolare Gelmini che lo ricordiamo ha introdotto nelle singole classi un tetto alla presenza di alunni stranieri con una limitata conoscenza della lingua italiana. A tale tetto si poteva comunque derogare qualora gli alunni stranieri avessero buona padronanza della lingua italiana, come nel caso delle seconde generazioni. Nella scuola secondaria di II grado il numero di iscritti stranieri maggiore nelle tipologie di scuola finalizzate a un inserimento diretto nel mondo del lavoro: il 79% segue un corso di studi
Tabella 3. Numero di scuole per percentuale di presenza di alunni con cittadinanza non italiana e livello scolastico

Percentuale di alunni con cittadinanza non italiana


Livello scolastico Uguale a 0 di 10 fino compreso Infanzia (a) Primaria Secondaria I grado Secondaria II grado (b) Totale 9.135 3.145 1.165 1.702 15.147 maggiore di 0 fino a 20 compreso 9.148 9.347 4.326 4.706 27.527 maggiore di 10 fino a 30 compreso 3.769 3.837 1.857 898 10.361 maggiore di 20 maggiore di 30 Totale scuole

1.346 1.166 449 297 3.258

837 514 124 145 1.620

24.235 18.009 7 .921 7 .748

(a) escluse le scuole di Trento e provincia di cui non si dispone del dato per scuola (b) sono comprese anche le scuole serali
Fonte: Direzione generale per gli studi, la statistica e per i sistemi informativi - Servizio statistico. Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano

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Primo Piano

consistente; al Centro il Lazio a raggiungere la percentuale pi elevata (8,8%).

Gli studenti stranieri in Italia

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negli istituti tecnici e professionali. In questultimo tipo di istituti sono presenti quasi 10 stranieri su 100 alunni. Resta modesta, anche se in aumento, la percentuale di coloro che si iscrivono a un liceo (che di poco superiore al 10%), col risultato che in media solo due alunni di liceo su 100 sono stranieri. La concentrazione sul territorio. Il dato sulla distribuzione territoriale conferma come gli iscritti stranieri siano concentrati soprattutto nelle regioni del Centro-Nord dove si registra una incidenza percentuale superiore alla media: le regioni dove maggiore la presenza straniera sono lEmilia-Romagna (12,7%) e lUmbria (12,2%). Allestremo opposto la Campania, dove solo poco pi di uno studente su 100 straniero; valori di poco superiori fanno segnare Sardegna, Puglia, Basilicata e Sicilia (tutte comunque sotto il 2%). comunque la Lombardia ad avere il maggior numero in assoluto di alunni stranieri con 151.899 unit, mentre il Molise con 1.199 studenti si colloca allultimo posto. Le nazionalit. Per quanto riguarda la nazionalit, i rumeni con 105.682 unit sono in testa alla classifica delle presenze (rappresentando il 16,8% degli alunni stranieri). Seguono in classifica lAlbania (con 91.829 allievi) e il Marocco (con 83.608), poi a distanza Cina, Ecuador, Filippine, India, Tunisia, Serbia, Macedonia.
Tabella 4. Alunni con cittadinanza italiana per Paese di provenienza. Prime 10 nazionalit per numero e incidenza sul totale (a.s 2008/2009)

Stato di cittadinanza Romania Albania Marocco Repubblica Popolare Cinese Ecuador Filippine India Tunisia Serbia Macedonia

Alunni in valore assoluto 105.682 91.829 83.608 30.776 18.923 17.286 16.975 16.815 16.151 15.211

% sul totale degli studenti stranieri 16,79 14,59 13,28 4,89 3,01 2,75 2,70 2,67 2,57 2,42

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Fonte: Direzione generale per gli studi, la statistica e per i sistemi informativi - Servizio statistico. Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano

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Gli studenti stranieri in Italia

Lo studio del Miur fornisce anche dati sugli studenti nomadi. Nellanno scolastico 2008/09 essi risultano pari a 12.838 unit, il 4% in pi rispetto al 2007/2008. Il dato sicuramente pi interessante riguarda la distribuzione territoriale: rispetto agli studenti stranieri in generale, infatti, gli studenti nomadi sono distribuiti in modo abbastanza omogeneo su tutto il territorio nazionale: 3.417 nel Nord-Ovest, 2.695 nel Nord-Est, 3.298 al Centro, 3.428 nel Sud. Il 54,6% frequenta la scuola primaria e solo l1,5% va in una scuola secondaria di II grado. La regione che vede la maggior consistenza in valore assoluto il Lazio con 2.285 alunni, mentre in Valle dAosta non si riscontra alcuna presenza. Gli studenti stranieri nelle universit Grazie ai dati dellAnagrafe degli studenti del Ministero dellIstruzione, Universit e Ricerca (http://anagrafe.miur.it) possibile tracciare anche un quadro della popolazione universitaria di cittadinanza non italiana. Sono disponibili informazioni sia sullo stock degli iscritti , cio coloro che risultano in regola con le tasse discrizione, sia sugli immatricolati , ossia coloro che si sono iscritti per la prima volta nel corso dellanno accademico preso a riferimento, sia sui laureati . Iscrizioni. Gli studenti stranieri iscritti negli atenei italiani nellanno accademico 200 9 -2010 sono 58.213, pari al 3,39% del totale. Le femmine prevalgono sui maschi, essendo quasi il 60%. Come si evince dalla tabella 5, il peso dei cittadini non italiani sul totale degli iscritti cresciuto costantemente negli ultimi anni, anche se a un ritmo piuttosto lento. Nel complesso, oltre i tre quarti degli studenti sono extracomunitari, 45.254, mentre i comunitari sono 12.959. I pi
Tabella 5. Studenti stranieri iscritti nelle universit italiane (anni accademici 2005/2006 - 2009/2010)

2005/2006 Totale iscritti Stranieri iscritti Maschi Femmine Percentuale studenti stranieri sul totale 1.446.050 36.740 14.955 21.785 2,54%

2006/2007 1.570.464 42.862 17.268 25.594 2,73%

2007/2008 1.651.116 48.971 19.742 29.229 2,97%

2008/2009 1.691.480 54.078 21.936 32.143 3,20%

2009/2010 1.716.777 58.213 23.805 34.408 3,39%

Fonte: ministero dellIstruzione, Universit e Ricerca - Anagrafe nazionale degli studenti (http://anagrafe.miur.it)

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Primo Piano

Gli studenti stranieri in Italia

numerosi sono gli albanesi (12.143, oltre il 20% del totale) seguiti da cinesi (4.642), rumeni (4.304), greci (2.352), camerunensi (2.291). Negli ultimi anni cresciuto fortemente il numero di rumeni e di cinesi, mentre calato sensibilmente quello dei greci, che restano comunque al quarto posto assoluto. Lateneo con il maggior numero complessivo di iscritti stranieri la Sapienza di Roma (con oltre 4mila studenti, circa l8,5% del totale di tutte le universit italiane), ma in proporzione il primato spetta alla Bocconi di Milano, dove il 10% degli studenti non ha cittadinanza italiana (sono 1.269). Per quanto riguarda le facolt pi frequentate sono nellordine Economia, Medicina e Chirurgia, Ingegneria e Lettere e Filosofia. In merito alla distribuzione geografica, la maggior concentrazione di iscritti stranieri si registra negli atenei del Centro, che ospitano pi di un terzo di tutti gli studenti, grazie soprattutto alla presenza di numerose citt universitarie come Roma, Perugia, Firenze e Pisa. Nel Nord-Ovest, in cui studia un altro terzo degli stranieri, gli atenei pi popolati da cittadini non italiani si trovano a Milano e Genova. Nel Nord-Est (che pesa per circa un quarto del totale) le citt con una significativa presenza di studenti stranieri sono Padova, Trieste e Bologna. Infine al Sud i due principali poli d'attrazione sono rappresentati da Napoli e Bari. Immatricolazioni. Gli studenti stranieri immatricolati nelle universit italiane nellanno accademico 2009-2010 sono 12.828. pari al 4,37% del totale di coloro che si sono iscritti per la prima volta a un corso di studi in un ateneo italiano. La maggior parte di loro sono femmine, 7.588, mentre i maschi sono 5.240, rispecchiando in questo unanaloga proporzione rispetto agli studenti italiani. Le immatricolazioni straniere continuano a crescere sia come peso sul totale della popolazione studentesca,
Tabella 6. Immatricolazioni di studenti stranieri (anni accademici 2005/2006 - 2009/2010)

Primo Piano

2005/2006 Totale immatricolati Stranieri immatricolati Maschi Femmine Percentuale studenti stranieri sul totale 316.909 9.700 3.729 5.971 3,06%

2006/2007 307.513 10.702 4.118 6.584 3,48%

2007/2008 304.993 12.234 4.947 7.287 4,01%

2008/2009 278.136 12.307 4.970 7.337 4,23%

2009/2010 293.726 12.828 5.240 7.588 4,37%

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Fonte: ministero dellIstruzione, Universit e Ricerca - Anagrafe nazionale degli studenti (http://anagrafe.miur.it)

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Gli studenti stranieri in Italia

sia in numero assoluto (seppure di poche centinaia di unit), senza peraltro riuscire a compensare il generale calo di neoimmatricolati nelle universit. Per quanto riguarda le nazionalit, guida la classifica lAlbania con 2.076 studenti (il 16,18% del totale) seguita da Romania, 1.313 (pari al 10,23%) e Cina (1.120, l8,73%). Lauree. Il quadro dei laureati di cittadinanza non italiana aggiornato allanno accademico 2008-2009. Sono il 2,5% del totale italiano (dunque meno in proporzione rispetto agli iscritti); in numero assoluto si tratta di 6.264 persone. Anche in questo caso la loro incidenza totale sta progressivamente crescendo di anno in anno. Tuttavia va sottolineato che, in valore assoluto, in soli cinque anni, le lauree di studenti stranieri si sono triplicate (erano 2.178 nel 2004/2005). Un laureato su cinque (1.266) albanese, uno su venti rumeno. Nelle prime posizioni della classifica, oltre ai cittadini dei Paesi con anche il maggior numero di iscritti come Cina, Camerun, Grecia, troviamo anche gli studenti di nazioni europee quali Francia, Germania e Polonia, ciascuna con circa 200 studenti laureati.
Tabella 7. Studenti stranieri laureati (anni accademici 2004/2005 - 2008/2009)

Totale laureati Stranieri laureati Maschi Femmine Percentuale studenti stranieri sul totale

2004/2005 134.811 2.178 738 1.440 1,62%

2005/2006 188.318 3.351 1.156 2.195 1,78%

2006/2007 222.875 4.496 1.602 2.894 2,02%

2007/2008 242.833 5.255 1.929 3.326 2,16%

2008/2009 251.031 6.264 2.288 3.976 2,50%

Fonte: ministero dellIstruzione, Universit e Ricerca - Anagrafe nazionale degli studenti (http://anagrafe.miur.it)

Post laurea. Un cenno infine alla situazione dei corsi di studio post-laurea. Gli ultimi dati disponibili sono quelli del 2008/2009. Gli iscritti stranieri sono complessivamente 7.124. Nel dettaglio: 883 a scuole di specializzazione (di cui 335 maschi e 548 femmine), 3.235 a dottorati di ricerca (in questo caso gli uomini sono pi delle donne, 1.796 contro 1.439), 3.006 a master e corsi di perfezionamento (1.706 femmine contro 1.300 maschi). Nel 2008 hanno conseguito un titolo 3.042 studenti stranieri: 278 si sono diplomati in scuole di specializzazione, 714 hanno terminato un dottorato di ricerca, mentre 2.050 hanno completato un master o un corso di perfezionamento.
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Adolescenti ricongiunti, una questione emergente

I figli dei migranti che arrivano al seguito dei propri genitori rappresentano un nucleo sociale con proprie specificit e pongono una sfida in termini di politiche di sostegno atte a prevenire la genesi di problemi di Maurizio Ambrosini
Universit Statale di Milano

Sono i problemi della generazione 1.25, quella dei minori pi grandi, ma non al punto di avere scelto di partire in modo autonomo. Questo vale anche per le cosiddette minoranze di successo

Nella letteratura sulle seconde generazioni, il caso pi critico rappresentato dai minori arrivati per ricongiungimento nelladolescenza, dopo aver sperimentato due rotture: la prima con il genitore o con i genitori partiti per primi; la seconda con quanti si sono presi cura di loro negli anni successivi (di solito, la nonna materna) e con gli amici o i legami affettivi che si erano costruiti. Per usare la classificazione di Rumbaut, a suscitare le maggiori preoccupazioni la generazione 1,25, quella dei minori pi grandi, ma non al punto di aver scelto di partire in modo autonomo. E questo vale anche per le cosiddette minoranze di successo, quelle provenienti dallAsia e composte oggi in larga misura da immigrati istruiti e professionalmente qualificati. Di crescente rilievo, nel caso italiano come in altri Paesi che importano manodopera femminile per alimentare un sistema di welfare privatizzato e parallelo a quello ufficiale, poi il fenomeno delle madri che, arrivate sole e reduci da esperienze coniugali sfortunate, ricongiungono i figli ormai adolescenti. Quei figli left behind, che sono oggetto di crescenti preoccupazioni sociali e anche di polemiche nei Paesi di origine, una volta ricongiunti sperimentano difficolt di integrazione, nella scuola, nelle relazioni con i genitori ritrovati dopo anni, nella ricostruzione di legami amicali, nellapprendimento linguistico, e forme di disagio spesso inattese. Le famiglie dei migranti sono d'altronde compagini sociali soggette a tensioni e trasformazioni, che possono essere espresse con limmagine delle tre famiglie: la prima quella che precede la partenza di uno o di entrambi i genitori, con

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La questione degli adolescenti ricongiunti

Le tre famiglie nelle quali si compendia la vita di quella particolare compagine sociale costituita dai nuclei familiari dei migranti. Una ricerca condotta dall Osservatorio regionale lombardo su integrazione e multietnicit

figli ancora piccoli; la seconda quella che vive di ricordi, nostalgia, legami affettivi a distanza, nel tempo della separazione, la terza quella che si ritrova nel Paese di destinazione dopo il ricongiungimento. Solo apparentemente si tratta del ritorno alla condizione di partenza. Nei fatti, dopo anni di lontananza forzata, tutti i protagonisti sono cambiati, e non soltanto perch i figli nel frattempo sono cresciuti. Ritornare a vivere insieme, pi che un lieto fine, un nuovo inizio. Morte o malattia dei nonni, difficolt di tenuta educativa nelle crisi adolescenziali, problemi scolastici, comportamenti trasgressivi, inducono non di rado partenze non volute o non pienamente condivise. La coppia madri sole povere di mezzi/figli adolescenti un target delle politiche sociali in molti Paesi avanzati. Daltronde, il lavoro fisso presso una famiglia italiana, con compiti di cura degli anziani, dei bambini o dellabitazione, impedisce il ricongiungimento di figli ancora piccoli per badare a se stessi. In questo contributo si intende approfondire la problematica dei giovani di origine immigrata, con una particolare attenzione per quanti hanno vissuto lesperienza del ricongiungimento in et adolescenziale, sulla base di una ricerca condotta in Lombardia nellambito dellOsservatorio regionale sullintegrazione e la multietnicit (Ambrosini, Bonizzoni, Caneva, 2010). Una tipizzazione degli adolescenti di origine immigrata La prima parte della ricerca consistita in unindagine quantitativa 1 . In luogo di una rappresentazione lineare del ricongiungimento come un viaggio di sola andata verso il ritrovamento di una famiglia convenzionale dalla struttura ben definita, lindagine propone vicende di ricomposizione familiare variegate e parziali, pendolarismi con i luoghi dorigine, provvisoriet e instabilit delle sistemazioni abitative, pratica di lavori e lavoretti in aggiunta allo studio. Presenta forme di socialit dei giovani di origine immigrata correlate con lanzianit di soggiorno e con la competenza linguistica, con una maggiore

Nellindagine, effettuata nel 2009, i questionari sono stati sottoposti a 432 persone, di cui 194 femmine (44,9%) e 238 maschi (55,1%). Gli intervistati sono stati contattati tramite la fondazione Clerici, ente di for mazione professionale accreditato dalla regione Lombardia con varie sedi sparse sul territorio, e il centro di for mazione professionale Vigorelli di Milano, una scuola tecnico-professionale. I questionari sono stati somministrati in vari luoghi della regione: Milano e provincia, Lecco (24), Como (64), Lodi (49), Brescia (100). La seconda par te dellindagine si invece basata su 26 interviste in profondit rivolte ad adolescenti ricongiunti a opera della madre primo-migrante.

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La questione degli adolescenti ricongiunti

Le varie tipologie di adolescenti ricongiunti derivate dallincrocio dei tipi di identificazione (giovanile ed etnica) con i tipi di rapporto tra genitori e figli (conflittuale e non conflittuale)

frequentazione di ragazzi italiani per chi nato qui o vive in Italia da pi tempo. I dati, elaborati con tecniche multivariate, hanno poi consentito di individuare due forme di identificazione, una pi orientata alla dimensione generazionale , e quindi allappartenenza al mondo giovanile, laltra invece pi attaccata alla conservazione o riproposizione di unidentit legata al Paese di provenienza, e dunque definibile come etnica . Un altro asse interpretativo concerne i rapporti intergenerazionali ed riconducibile, nella sostanza, alla qualit delle relazioni con i genitori, ossia alla presenza o meno di elementi di conflittualit intrafamiliare. Incrociando i tipi di identificazione (giovanile ed etnica) con i tipi di rapporto tra genitori e figli (conflittuale e non conflittuale), si ottiene una tipologia allinterno della quale possiamo classificare gli intervistati. La vediamo nel dettaglio nella tabella 1.
Tabella 1. I giovani di origine straniera. Una tipologia

Primo Piano

Rapporto conflittuale Identit giovanile Identit etnica gli adolescenziali 17,5% i ribelli 30,6%

Rapporto non conflittuale gli integrati 22,6% i conservatori 29,2%

Gli adolescenziali : i giovani che rientrano in questo profilo sono per lo pi di sesso femminile (23,6% contro 12,4%), di et compresa tra i 14 e 16 anni, e sono prevalentemente nati in Italia. Tra coloro che sono nati allestero questo tipo di identificazione pi diffuso tra chi arrivato da piccolo e vanta una lunghezza di residenza maggiore. quindi unidentit tipicamente adolescenziale, in cui il conflitto si basa su questioni generazionali. Lo scontro con i genitori appare connaturato a questet e non derivante da motivi legati al ricongiungimento o al contrasto tra valori diversi. In effetti, il fatto che lappartenenza a questa categoria sia pi diffusa tra i giovani ricongiunti arrivati da piccoli, i cui genitori posseggono una notevole anzianit di soggiorno in Italia e dai quali sono rimasti separati per poco tempo, fa supporre che il conflitto non derivi dallaver interiorizzato codici culturali alternativi, ma pi che altro dal desiderio di libert e autonomia tipico dellet. Questo sembra essere maggiormente sentito dalle ragazze, per le quali immaginabile che nelladolescenza i genitori tendano a imporre maggiori restrizioni che nei confronti dei ragazzi.
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La questione degli adolescenti ricongiunti

Le tipologie sono quattro, con caratteristiche e problemi diversi per ciascuna di loro e a seconda che si tratti di maschi o femmine: sono quelle degli adolescenziali, degli integrati, dei ribelli e dei conservatori

Gli integrati : il secondo tipo di identificazione diffuso in particolare tra gli intervistati pi grandi, senza rilevanti differenze tra maschi e femmine, tra nati in Italia e nati allestero. Tra i giovani ricongiunti vi aderiscono maggiormente coloro che sono arrivati da piccoli e sono in Italia da molti anni (anzi, ladesione a questo tipo di identit aumenta allaumentare degli anni di residenza). Questo profilo si differenzia quindi dal precedente soprattutto per il fatto che riguarda persone ormai quasi adulte. Nello specifico, si tratta di ragazzi e ragazze che, sia nati in Italia sia nati allestero, non fanno riferimento agli attributi etnici per definirsi, ma per i quali sono pi importanti altri elementi, come il fatto di essere studenti e in generale di appartenere alla fascia giovanile. Non emerge un conflitto sia perch gi stata superata la fase adolescenziale, sia perch tanto i genitori quanto i figli si contraddistinguono per unelevata anzianit di residenza in Italia, e si pu supporre pertanto che siano ormai socializzati a stili di vita diffusi e condivisi nel nostro Paese. I ribelli : i giovani che esprimono unidentificazione etnica di tipo conflittuale sono per lo pi maschi (34% contro 26,7% delle ragazze) e nati allestero, senza differenze di et. Tra i ricongiunti, aderiscono a questo profilo identitario coloro che vivono in Italia da pochi anni (ben il 50% di chi arrivato 1-3 anni fa, solo il 24,3% tra chi arrivato pi di 10 anni fa), e tra coloro che sono arrivati tra i 13 e i 19 anni. Si tratta quindi prevalentemente di giovani maschi che, arrivati recentemente e nellet delladolescenza, non hanno ancora rielaborato la separazione e il successivo ricongiungimento. quindi probabile che per questi ragazzi il legame con il Paese dorigine sia ancora forte e che il conflitto con i genitori sia dovuto pi alle conseguenze di una migrazione non voluta e non pienamente accettata che allet anagrafica. I conservatori: il quarto tipo di identificazione leggermente pi diffuso tra i ragazzi che tra le ragazze (30,9% contro 27,3%), tra quelli pi grandi che tra quelli pi piccoli, tra i nati in Italia pi che tra i nati allestero. Tra i giovani ricongiunti vi aderiscono coloro che sono arrivati tra i 6 e i 12 anni e coloro che sono in Italia da 4-9 anni. Sembra quindi che si orientino verso questo tipo di identificazione due gruppi di soggetti: da una parte giovani nati in Italia da genitori di origine straniera, che hanno interiorizzato il modello educativo dei genitori e che si fanno ambasciatori della cultura dorigine, pur senza entrare in conflitto con la societ in cui sono nati e cresciuti;
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dallaltra parte, giovani emigrati nella preadolescenza e che, essendo da un tempo relativamente lungo in Italia, hanno ormai superato il trauma del distacco e rielaborato la migrazione, senza perdere il legame con le proprie origini; queste vengono invece rinnovate e ribadite dai giovani conservatori con ladozione di unidentit etnica.

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I casi di pendolarismo che comportano discontinuit nei percorsi scolastici aggravando il fenomeno della perdita di anni di scuola

Ricongiungimenti problematici Anche le 26 interviste in profondit ad adolescenti di origine immigrata raccontano percorsi di vita travagliati. Gli intervistati non seguono traiettorie di inserimento lineari, ma molti di loro arrivano in Italia per poi rientrare nei Paesi dorigine e ritornare definitivamente in Italia. Questo pendolarismo comporta discontinuit nei loro percorsi scolastici, aggravando il fenomeno della perdita di anni di scuola. Allo stesso modo la composizione familiare varia a seconda delle fasi che la famiglia sta attraversando e spesso lesito finale non la ricostruzione di tutti i legami. Di 26 ragazzi/e intervistati solamente 12 vivono allinterno di famiglie in cui sono presenti il padre e la madre. Altri 12 soggetti vivono soltanto con la madre, arrivata in Italia da sola per poi ricongiungere solamente i figli. Due giovani sono usciti di casa dopo il ricongiungimento. Ma anche durante la vita in Italia la composizione familiare variata e continua a variare, in particolare per coloro che sono qui solo con la madre: capita di condividere la casa con altri parenti o altre persone, oppure si comincia a vivere con il nuovo compagno della madre, o ancora per un periodo di vita si vive con i parenti e non con i genitori (per esempio se la madre sta lavorando come assistente domiciliare). Alla variabilit degli assetti familiari si collega unelevata mobilit residenziale, giacch i ragazzi e le famiglie cambiano frequentemente casa e quartiere delle citt in cui risiedono. I giovani sembrano comunque abituati a muoversi e a non essere stanziali: della loro biografia fanno parte frequenti viaggi al Paese dorigine (anche per quelli nati in Italia o arrivati da piccoli), nei loro progetti futuri compare spesso unaspirazione alla mobilit (andare a studiare/lavorare/vivere in altri Paesi e continenti), come pure il desiderio di conoscere altri luoghi (in particolare quelli in cui sono emigrati altri parenti). Le pratiche di socialit degli adolescenti intervistati sembrano essere correlate in modo particolare alla lunghezza del periodo di residenza in Italia e alla dimestichezza con la lingua italiana. Coloro che vivono qui da molti anni hanno potuto,

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Un lessico familiare fatto a volte di risentimenti e di recriminazioni, causate dalla discontinuit dei rapporti specie con le madri

soprattutto attraverso la scuola, costruire una rete di amicizie mista, composta sia di italiani sia di stranieri. Nei casi in cui lintervistato in Italia solo con la madre, emergono risentimenti e recriminazioni, dovuti al fatto di essere stati lasciati al Paese dorigine da soli (con altri parenti) e di non aver potuto condividere con le proprie madri alcuni passaggi fondamentali della propria vita di bambini e adolescenti (il primo giorno di scuola, il primo ciclo mestruale, il primo fidanzato o fidanzata). Tra gli intervistati questi sentimenti affiorano prevalentemente tra le ragazze, pi sensibili nei confronti delle risonanze emotive della separazione dalle madri. Non si colgono invece contrasti tra prime e seconde generazioni dovuti alle differenze culturali. Anzi, i giovani sembrano essere a loro volta attaccati ad alcuni aspetti legati alla cultura dorigine (o supposta tale), e dichiarano di non volerli abbandonare. La

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Rispetto alla cultura dorigine la cosa considerata pi preziosa non perdere la capacit di continuare a parlare la lingua madre

maggior parte mostra di aver la capacit di scegliere quali elementi fare propri sia della cultura dorigine sia di quella italiana. Non mancano i contro-stereotipi sulla cultura e la societ italiana. Diffusa per esempio lopinione che tra i giovani italiani, a differenza che tra gli stranieri, manchi il rispetto nei confronti dei propri genitori e degli adulti in generale. Questo fatto giudicato negativamente dagli intervistati, che dicono di non voler adottare lo stesso stile di rapporti, sottintendendo una tenuta dei modelli tradizionali dei rapporti familiari che probabilmente regge pi nel loro immaginario retrospettivo, inevitabilmente venato di nostalgia, che nello stato attuale dei fatti. Allo stesso modo i giovani di origine immigrata si mostrano liberi di criticare alcuni aspetti della cultura dorigine, come per esempio la concezione della donna come custode della casa e dei figli. Tuttavia in questi casi sembra che anche i genitori si siano avvicinati a una visione occidentale dei rapporti sociali e incoraggino i figli (in particolare le figlie) a studiare per trovare un lavoro soddisfacente e rendersi indipendenti. Non si coglie quindi un conflitto culturale intergenerazionale, tra genitori arroccati in difesa delle tradizioni e figli acculturati a uno stile di vita occidentale, anche se va riconosciuto che la ricerca si concentrata soltanto su alcune componenti del vasto panorama migratorio. Alla richiesta di individuare quali aspetti mantenere della cultura dorigine, i giovani intervistati propongono come prima associazione di idee quella tra cultura e lingua. La cosa pi importante che i giovani non vogliono perdere la capacit di parlare nella lingua dorigine. Questo per svariati motivi: perch sapere diverse lingue importante al giorno doggi, per poter continuare a comunicare con i parenti rimasti al Paese, per capire le persone quando si torna nei luoghi dorigine della famiglia. Limportanza della lingua presumibilmente stata trasmessa loro dai genitori, poich i giovani sottolineano che i genitori tengono molto allidioma dorigine. Di conseguenza in casa si comunica normalmente nella lingua madre con i genitori, anche se questo meno vero nei rapporti con fratelli e sorelle. Conclusioni. Dalla conoscenza alle politiche sociali Concludendo, nella prospettiva di prevenire la genesi di problemi sociali pi gravi e difficili da fronteggiare, almeno cinque sono le dimensioni di politica sociale da mettere a fuoco: a. Il sostegno al care shor tage nei Paesi dorigine , che

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richiederebbe iniziative esemplari di cooperazione internazionale per favorire lo sviluppo di attivit educative rivolte ai minori che si trovano privati delle cure materne: interventi certo non risolutivi, ma espressivi di unassunzione di responsabilit condivisa e di unaccresciuta sensibilit verso le conseguenze dellimportazione di lavoratrici-madri per rispondere alle esigenze di assistenza delle nostre famiglie b. Il sostegno alla genitorialit a distanza , in termini di spazi di ascolto e di mutuo aiuto, di consulenza psicologica ed educativa, di accesso alle tecnologie della comunicazione c. Il sostegno ai processi di ricongiungimento , sotto forma per esempio di consulenza e accompagnamento per la decodifica delle procedure e la predisposizione della documentazione necessaria d. Il sostegno alla famiglia ricostituita , in cui emergono domande di orientamento per i componenti ricongiunti ed esigenze di aiuto a superare gli squilibri derivanti dal tempo di separazione, dal rimescolamento dei ruoli, dal diverso grado di acculturazione nel nuovo ambiente di vita e. Il sostegno alleducazione dei figli , dove entra in gioco la scuola, ma non pu essere trascurato il contributo delle istituzioni educative extrascolastiche (centri di aggregazione giovanile, societ sportive, oratori e altro ancora), delle iniziative associative e dei servizi territoriali. I migranti raramente tornano indietro, nonostante recessioni e resistenze sociali. Lesperienza ormai insegna che di solito si installano stabilmente e formano o ricongiungono la propria famiglia nel nuovo Paese che hanno servito con il loro lavoro. A maggior ragione, i loro figli sono destinati a diventare una componente legittima della societ ricevente, a dispetto delle resistenze nei confronti del riconoscimento del loro diritto di cittadinanza. Quanto prima ci adegueremo a questo nuovo scenario, tanto pi saremo capaci di prevenire conflitti e chiusure reciproche.

Riferimenti bibliografici

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Ambrosini M., Bonizzoni P., Caneva E., Ritrovarsi altrove. Famiglie ricongiunte e adolescenti di origine immigrata , Osservatorio regionale per lintegrazione e la multi etnicit, Milano 2010.

Rumbaut, R., Assimilation and its discontents: between rhetoric and reality , in International Migration Review, vol.XXXI, n.4 (Winter), 1997, pp. 923-960

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Io parto da solo

La presenza di minori non accompagnati in costante crescita nei Paesi dimmigrazione: radiografia di un fenomeno, dal Rapporto Anci allindagine di Save the children fino alle rilevazioni condotte in sede europea
di Giovanni Giulio Valtolina
Fondazione Ismu

Liberati dallo stereotipo del minore delinquente si tratta invece di un fenomeno che rappresenta un modello di traiettoria migratoria molto particolare divenuto un caso di studio specifico

Negli ultimi dieci anni, la presenza dei minori stranieri non accompagnati 1 nei Paesi dimmigrazione ha assunto una rilevanza sempre pi ampia, al punto da poter essere considerato un fenomeno di dimensioni mondiali. Il numero di questi minori talmente aumentato da costituire, in molti Paesi di destinazione, un segmento importante della popolazione alla ricerca di protezione e asilo. Solo recentemente per, in Italia, la presenza di questa tipologia di minori stranieri divenuta oggetto di attenzione e di studi specifici, infrangendo cos limmagine che li vedeva prigionieri dello stereotipo del minore delinquente. Tale fenomeno, infatti, rappresenta un modello di traiettoria migratoria molto particolare, che caratterizza la scena italiana gi a partire dalla fine degli anni Ottanta, anche se la rapida crescita in termini numerici contrassegna lultimo scorcio degli anni Novanta, in concomitanza principalmente con laumento dei flussi migratori provenienti dai Paesi dellEst europeo. Nel nostro Paese, le questioni legate allaccoglienza e alla protezione dei minori non accompagnati si sono imposte allattenzione per il forte impatto sul sistema del welfare locale, a causa delle peculiarit proprie di un fenomeno

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Lar t. 1 del DPCM 535/99 definisce minore straniero non accompagnato colui che non avente cittadinanza italiana o di altri Stati dellUnione Europea, non avendo presentato domanda di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privo di assistenza e rappresentanza da par te dei genitori o di altri adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti nellordinamento italiano .

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La questione dei minori stranieri non accompagnati

In Italia sono presenti attualmente almeno quattro diverse tipologie di minori non accompagnati, i quali non compiono sempre in solitudine lesperienza migratoria

in continua evoluzione e caratterizzato da processi di cambiamento repentini, che dal Duemila a oggi hanno condizionato di fatto levoluzione dei servizi socio-educativi rivolti ai minori stranieri, influenzandone gli aspetti organizzativi e gestionali. La caratteristica che contraddistingue questi minori e che li connota con specifici bisogni e aspettative il fatto di sperimentare lesperienza migratoria in solitudine, senza familiari o adulti di riferimento, anche se in realt si tratta di un indicatore non del tutto adeguato, in quanto non sempre siamo di fronte a minori effettivamente soli: anzi, spesso questi minori hanno dei contatti e sono inseriti in reti di connazionali o di familiari che facilitano il loro arrivo e il loro inserimento in Italia, almeno in una prima fase. Come evidenziano i risultati di alcune tra le ricerche pi recenti (si veda, ad es., Giovannetti, 2008), in Italia sono attualmente presenti almeno quattro differenti tipologie di minori non accompagnati: i minori richiedenti asilo, o per i quali sono previste misure di protezione temporanea per motivi umanitari; i minori che giungono in Italia per ricongiungersi con i propri genitori o altri parenti, i quali per non hanno i requisiti per poter avviare le procedure per un ricongiungimento familiare regolare; i minori sfruttati dalla criminalit; i minori in prevalenza maschi di et superiore ai 14 anni che giungono in Italia attraverso organizzazioni illegali per poi cercare un lavoro. LItalia si differenzia dagli altri Paesi europei in quanto risulta scarsa la presenza dei minori richiedenti asilo che invece rilevante in altri Stati dellUnione Europea mentre si rivela predominante la presenza di minori che vengono in Italia con lesplicito obiettivo di trovarvi un lavoro. A questo riguardo, alcuni studi hanno individuato alcune linee di tendenza del continente europeo, dove si sviluppa una diversa dinamica tra Nord e Sud. Mentre nei Paesi del Nord Europa i minori stranieri non accompagnati sono per lo pi rappresentati da richiedenti asilo, nei Paesi dellEuropa meridionale, come lItalia, il Portogallo e la Spagna, la maggioranza rappresentata da minori in cerca di un lavoro, quasi sempre senza documenti. Complessivamente, dunque, nel nostro Paese risulta maggioritaria la tipologia di minori non accompagnati che emigrano dal luogo dorigine per motivi economici, nella cornice di un progetto lavorativo molto spesso condiviso dai genitori, e che talora prevede anche una prima fase dedicata allo studio. Ci vale, in particolare, per i minori provenienti dallAlbania, le cui famiglie sono convinte che la scuola italiana sia migliore di quella albanese e che, quindi, un titolo acquisito in Italia abbia pi
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LAnci ricorda come la loro effettiva presenza sul territorio sia di difficile definizione numerica riguardando soggetti spesso irregolari o clandestini

valore e sia maggiormente spendibile sul mercato del lavoro. In questo gruppo di giovani migranti per motivi economici compreso anche un significativo numero di soggetti che intraprendono dei veri e propri viaggi esplorativi, alla ricerca di nuovi modelli di vita e di consumo, spinti dal fascino e dallattrazione che lItalia esercita sulle popolazioni degli Stati confinanti; questi minori conoscono il nostro Paese soltanto attraverso i racconti spesso fantasiosi dei loro connazionali che li hanno preceduti nellesperienza migratoria. Per i minori stranieri non accompagnati, cos come per diverse componenti della popolazione immigrata presente oggi in Italia, non possibile avere a disposizione dei dati realmente precisi, in quanto come ci ricorda lAssociazione nazionale comuni italiani (Anci, 2009) leffettiva presenza dei minori stranieri non accompagnati sul territorio di difficile definizione numerica, poich riguarda soggetti per la maggior parte irregolari o clandestini, che hanno una forte mobilit sul territorio e unincerta titolarit giuridica. I dati a disposizione continuano quindi a essere

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La questione dei minori stranieri non accompagnati

Unaltra difficolt circa il loro numero data dalla circostanza che a partire dal primo gennaio 2007 i minori rumeni e bulgari, divenuti comunitari, non sono pi censiti dal Comitato minori stranieri

parziali e, inoltre, dal 1 gennaio 2007, i minori rumeni e bulgari, in quanto divenuti comunitari, non vengono pi registrati dal Comitato minori stranieri, n da alcun altro organo istituzionale. I dati forniti dal suddetto Comitato costituiscono, dunque, soltanto una fotografia parziale del fenomeno, in quanto individuano esclusivamente quei minori intercettati dalle forze di polizia oppure entrati volontariamente in contatto con le istituzioni. Lo stesso tipo di difficolt nella rilevazione dei dati viene riscontrata in Europa, anche se, in una valutazione comparativa, si pu affermare con ragionevole certezza che lItalia sia uno dei Paesi pi interessati dalla presenza di tale categoria di soggetti. A fronte della complessit di questo fenomeno, cos sfuggente e costantemente in evoluzione, diverse realt e istituzioni nazionali hanno promosso indagini e analisi con finalit eminentemente operative, soprattutto per quanto riguarda le politiche adottate e lefficacia delle strutture daccoglienza ai diversi livelli. Ne presenteremo ora alcune, tra le pi recenti: il terzo rapporto dellAnci sui minori stranieri non accompagnati in Italia (Anci, 2009), il rapporto di Save the children Italia (2010), sullapplicazione del cosiddetto pacchetto sicurezza nei confronti dei minori stranieri non accompagnati e il secondo rapporto dello European Migration Network (2010), finanziato dallUnione Europea e realizzato in Italia con il supporto del ministero dellInterno. 1. Il terzo Rapporto Anci sui minori stranieri non accompagnati (2009) LAnci, ormai da diversi anni, promuove unindagine nazionale sul fenomeno e sulle politiche di protezione e tutela attivate nei confronti dei minori stranieri non accompagnati, indagine che coinvolge come destinatari tutti i comuni italiani. Unattivit svolta in nome e per conto degli enti locali che, essendo chiamati a fronteggiare un fenomeno particolarmente difficile da governare, hanno lesigenza di approfondirne la conoscenza. Pertanto, il terzo rapporto Anci aveva come obiettivo quello di costituire un utile strumento di lavoro per orientare le politiche sociali di protezione e gli interventi amministrativi a favore dellaccoglienza e dellintegrazione dei minori stranieri non accompagnati, come parte del programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati, finanziato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Si voluto cos inquadrare il fenomeno in una prospettiva nazionale, con lobiettivo di contribuire alla definizione di procedure standardizzate certe e condivise tra i diversi livelli interistituzionali e di monitorare e garantire un
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La questione dei minori stranieri non accompagnati

Lattivit dellAnci volta a orientare le politiche sociali di protezione, di accoglienza e integrazione di questo particolare segmento della immigrazione. Coinvolti il 71% dei comuni

miglioramento dei servizi di informazione e prima assistenza nelle aree di arrivo dei minori soli, con particolare attenzione alla Sicilia. Il rapporto, oltre a presentare un variegato panorama di riferimento e una serie di dati empirici, offre anche alcune chiavi di lettura utili per suggerire linee di intervento operativo. I comuni italiani che hanno partecipato allindagine nazionale, rispondendo ai quesiti posti dallAnci, sono stati 5.784, il 71,4% del totale. In termini generali, i risultati emersi hanno evidenziato come, a livello locale, continuino a prevalere modelli eterogenei di intervento, anche se appare pi uniforme liter procedurale, che vede nellimmediato collocamento in luogo sicuro e nellaccertamento dellidentit del minore i principali strumenti di protezione e tutela, a cui fanno seguito le segnalazioni alle autorit competenti, laccertamento dellet e lattivazione di un supporto da parte di mediatori culturali. Per quanto riguarda la dimensione quantitativa del fenomeno, i dati raccolti nellultima indagine sono stati messi a confronto con quelli del precedente rapporto (riferito al triennio 2004-2006), facendo rilevare una trasformazione piuttosto radicale. Sino al 2006 la realt dei minori stranieri non accompagnati riguardava giovani provenienti dallAlbania, dal Marocco e soprattutto dalla Romania, mentre dallinizio del 2007 questi ultimi, essendo diventati cittadini dellUnione Europea, non rientrano pi in tale definizione. Questo cambiamento ha, di fatto, determinato significativi mutamenti e ridefinito sempre secondo lAnci il fenomeno: dalla flessione quantitativa tra il 2006 e 2007, alla differente distribuzione dei minori per Paesi di provenienza, alla distribuzione regionale del fenomeno, sino alle variazioni intervenute nellambito del genere e delle classi di et. Nel 2008 il fenomeno dei minori presi in carico o inseriti in prima o seconda accoglienza ha fatto registrare, dopo una flessione che ha visto ridursi nel 2007 di circa 2.300 unit il numero di soggetti, una dimensione quantitativa simile a quella rilevata nel rapporto precedente (2004-2006): 7.216 i minori presi in carico o contattati; 4.176 i minori inseriti in prima/pronta accoglienza; 3.841 quelli inseriti in seconda accoglienza. I cambiamenti pi significativi hanno riguardato la distribuzione per Paesi di provenienza: nellultimo anno di riferimento dellindagine il gruppo etnico pi numeroso risulta essere quello degli afghani, i quali aumentano esponenzialmente dal 2006 al 2008 (+170%), cos come aumenta il numero dei minori che giungono da Paesi africani politicamente instabili o in stato di guerra (Nigeria, Somalia, Eritrea, in particolare) e dunque potenziali richiedenti asilo, ai quali si aggiungono coloro che

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La questione dei minori stranieri non accompagnati

Dal punto di vista delle politiche adottate, sempre pi rilevante risulta limpegno delle amministrazioni comunali nellaccogliere e collocare i minori in luoghi sicuri

provengono dallEgitto. Questo fatto determina un marcato aumento dei minori non accompagnati nelle zone di frontiera o nelle aree di primo arrivo: Veneto, Marche, Friuli-Venezia Giulia, Puglia e Sicilia. Queste cinque regioni, nel 2008, risultano di fatto interessate dal 50,5% dei minori non accompagnati presi in carico in Italia, dal 42% di quelli collocati in prima e pronta accoglienza e dal 60% di quelli che sono stati inseriti in strutture di seconda accoglienza. A questo dato si collega lulteriore incremento della componente maschile oramai oltre il 90% e il progressivo aumento dellet media; nella fascia 16/17 anni si registra oltre il 70% del totale dei minori stranieri non accompagnati presenti nel nostro Paese. Dal punto di vista delle politiche adottate, sempre pi rilevante risulta limpegno delle amministrazioni nellaccogliere e collocare i minori in luoghi sicuri. Un lavoro che coinvolge non pi solo i comuni metropolitani, i quali confermano un forte impegno (42 su 45 comuni oltre i 10 0mila abitanti hanno accolto oltre il 50% dei minori non accompagnati nel 2008), ma che sempre di pi caratterizza i comuni appartenenti alla fascia compresa tra i 5mila e i 60mila abitanti, registrando incrementi in alcuni casi prossimi anche al 160%. Nel biennio 2007- 200 8 si pertanto registrato un aumento del 30,2% dei minori non accompagnati (in particolare al Sud e nel Nord-Ovest), mentre rispetto allultimo anno del rapporto precedente (2 0 06), il fenomeno fa registrare una flessione dell8,3%; in particolare tra il 2006 e il 2007, vale a dire da quando i minori rumeni e bulgari sono divenuti comunitari e pertanto non sono pi considerati minori stranieri non accompagnati. A tal proposito interessante sottolineare come, nonostante lassenza massiccia di questi soggetti dal conteggio, il numero dei minori presenti nel nostro Paese nel 2008 (7.216) si sia significativamente riavvicinato a quello registrato nel precedente rapporto (7.870 nel 2006). Nel 2008, pur concentrandosi la maggior parte dei minori (il 47,5%) nei centri superiori ai 100mila abitanti, i comuni medi (15-60mila) che accolgono il 23,2% del totale dei soggetti e quelli medio piccoli (5-15mila) che ne accolgono il 13,7%, hanno registrato nei propri ambiti territoriali un aumento significativo, confermando una tendenza gi rilevata nelle precedenti indagini. In particolare, tra il 2006 e il 2008 si registrata una diminuzione del numero di minori non accompagnati presenti nei grandi comuni pari al 27,9%, e al contempo nei piccoli comuni con popolazione inferiore a 5mila abitanti e in quelli medio-piccoli si invece registrato un aumento
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La questione dei minori stranieri non accompagnati

A macchia di leopardo la situazione che riguarda le grandi citt e i comuni medio-piccoli interessati allaccoglienza

della loro presenza rispettivamente del 158,6% e del 65%. Mentre nel 2006 il 75% del totale dei minori contattati o presi in carico era distribuito in 39 comuni, al 31 dicembre 2008 le realt comunali che hanno preso in carico l85% dei minori (pari a 6.137 unit) erano 93. Le prime quattro grandi citt che nel 2006 avevano preso in carico oltre un terzo dei soggetti, ovvero Roma, Milano, Torino e Trieste, nel 2008 registrano tutte un tasso di variazione significativamente negativo. Cos come diminuisce il numero dei minori non accompagnati a Napoli, nelle citt di media grandezza come Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza, Trento dove il fenomeno era rimasto costante negli anni. Il numero dei minori non accompagnati aumentato invece a Venezia, Ancona e Bologna, in particolare a causa dellaumento degli afghani e dei kosovari, cos come in altre citt di media grandezza quali Ravenna, Pesaro, Macerata e Cividale del Friuli, con il 49% di minori kosovari. A questo proposito interessante far rilevare la comparsa nellelenco di citt siciliane, quali Cammarata, Montevago, Portopalo di Capopassero, Palma di Montechiaro, Licata, assenti dalla

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La questione dei minori stranieri non accompagnati

rilevazione 2006 e che nel biennio 2007-2008 fanno invece registrare un numero rilevante di soggetti contattati o presi in carico, provenienti prevalentemente da Egitto, Nigeria, Somalia ed Eritrea. Lo stesso vale per la comparsa nellelenco di citt friulane o di frontiera come Ventimiglia, Bolzano, Tarvisio, dove nel biennio considerato dal terzo rapporto dellAnci si registra la presa in carico, da parte dei servizi sociali, di minori afghani, albanesi e kosovari. Passando alla collocazione geografica, le regioni che si segnalano per il pi alto numero di minori non accompagnati sono la Sicilia, lEmilia-Romagna, il Lazio e il Friuli -Venezia Giulia, dove, nel 2008, si concentra pi della met dei soggetti (54%). Il fenomeno riguarda prevalentemente maschi (89,7%), appena sotto la soglia della maggiore et (il 51,9% ha 17 anni), provenienti soprattutto da Afghanistan, Albania, Egitto, Marocco e per la prima volta dal Kosovo, mai presente nelle precedenti rilevazioni, in quanto Stato indipendente solo dal febbraio 2008. Sempre secondo il rapporto Anci 2009, per quanto riguarda lefficacia degli strumenti per laccoglienza e lintegrazione a livello locale, osservando i dati del 2008 si pu rilevare come sia leggermente migliorata la tenuta dei minori allinterno delle comunit in cui vengono inseriti. Come si pu notare nella tabella 1, aumenta rispetto al 2006 il numero di minori che si fermano almeno un mese nelle comunit di prima accoglienza
Tabella 1. Andamento delle presenze nei centri di accoglienza in Italia. Anni 2006-2008.

Numero minori (%) 2006 Minori contattati e presi in carico Minori non accompagnati inseriti nei centri di prima accoglienza - di cui, per almeno un mese - di cui irreperibili - di cui affidati Minori non accompagnati inseriti nei centri di seconda accoglienza - di cui, per almeno un mese - di cui irreperibili - di cui affidati - di cui con permesso per minore et - di cui con permesso di affidamento
Fonte: terzo Rapporto Anci (2009)

Numero minori (%) 2007 5.443 4.199 1.883 (44,8%) 1.952 (46,5%) 348 (8,3%) 2.795 2.247 (80,4%) 929 (33,2%) 195 (7,0%) n.d. n.d.

Numero minori (%) 2008 7.216 4.176 2.195 (52,6%) 1.676 (40,1%) 412 (9,9%) 3.841 (75,1%) (23,3%) (6,6%) (42,8%) (36,0%)

7.870 6.102 2.106 (34,5%) 3.783 (62,0%) 444 (7,0%) 3.515 (78,2%) (20,0%) (7,0%) (32,5%) (8,0%)

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2.749 692 235 1.143 290

2.886 896 253 1.644 1.391

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La questione dei minori stranieri non accompagnati

LAnci ha posto lesigenza di giungere a una standardizzazione degli interventi che riguardano i minori non accompagnati superando la fase demergenza ancora prevalente

(dal 34,5% del 2006 al 52,6% del 2008), cos come, contestualmente, diminuisce il dato dei soggetti che fuggono dalle strutture, passando dal 62% del 2006 al 40,1% del 2008. Aumentano anche i minori affidati alle strutture di prima accoglienza, dal 7% nel 2006 al 9,9% nel 2008, cos come cresce il numero di coloro che, nelle strutture di seconda accoglienza, risultano titolari di permesso di soggiorno (dal 32,5% del 2006 al 42,8% del 2008) o di permesso di affidamento (dall8% del 2006 al 36% del 2008). Permangono tuttavia alcuni aspetti di criticit: solo per il 36% dei minori inseriti in centri di seconda accoglienza stato ottenuto il permesso di affidamento, cos come, rispetto al 2006, i soggetti che rimangono per almeno un mese in seconda accoglienza diminuiscono e gli irreperibili aumentano, seppur leggermente. importante segnalare, per, che questo dato fortemente condizionato dalla realt siciliana, nella quale i minori che rimangono nei centri di seconda accoglienza sono solo 6 su 10. Il Rapporto Anci 2009 ha confermato, inoltre, lesigenza di giungere a una standardizzazione degli interventi e di passare, sia a livello nazionale, sia in particolari aree critiche del nostro Paese, da una fase emergenziale a una fase caratterizzata da interventi pi strutturati e duraturi nel tempo. In questa direzione, lattivazione del Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati, avviato nel 2008, certamente un significativo passo in avanti. Obiettivo del programma , infatti, quello di creare un sistema coordinato a livello centrale e diffuso sullintero territorio nazionale, volto a sperimentare tra i comuni modalit standardizzate di presa in carico e di integrazione dei minori stranieri non accompagnati, con particolare riguardo alla fase di prima accoglienza. La rete delle citt coinvolte nel programma condivide dunque procedure e metodologie di intervento, affinch possano rappresentare buone prassi da diffondere successivamente su scala nazionale. In particolare, il programma si propone di operare in riferimento ad alcuni aspetti di rilevante importanza, quali: le strategie di intervento sui luoghi di frontiera; la qualificazione e la standardizzazione degli interventi nella prima accoglienza allo scopo di renderli pi corrispondenti ai bisogni del minore; la promozione e la diffusione delle esperienze di affidamento familiare; la valorizzazione delle attivit rivolte allintegrazione sociale. A questo proposito, lAnci sottolinea fortemente la necessit di rafforzare e formalizzare soprattutto i rapporti interistituzionali.

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Save the children ha monitorato la situazione nelle maggiori citt italiane dopo lentrata in vigore del pacchetto sicurezza del 2009. Anche da qui emerge un quadro frammentato

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In particolare risulta controversa la interpretazione dei reati di ingresso e soggiorno illegale

2. Limpatto della legge 94/2009 sui minori stranieri non accompagnati: una prima rilevazione in sei citt italiane: lindagine di Save the children Lindagine svolta da Save the children Italia (2010) sugli effetti dellentrata in vigore della legge 94/2009 il cosiddetto pacchetto sicurezza dedica, com nella tradizione di questa organizzazione non governativa che opera a livello internazionale per la difesa e la promozione dei diritti dei minori, una particolare attenzione alla condizione giuridica dei minori stranieri non accompagnati e al trattamento di cui sono fatti oggetto dalle diverse istituzioni. Dal punto di vista giuridico, i minori stranieri non accompagnati, infatti, godono di una tutela che ne vieta lespulsione e il fermo nei centri di permanenza o di identificazione e, di converso, prevede il rilascio di un permesso di minore et, nei casi in cui il Comitato minori stranieri decida per la non opportunit di rimpatriare il giovane presente nel nostro Paese. Tuttavia, lapplicazione pratica di queste norme stata spesso contraddittoria, anche a causa dellintervento sulle stesse questioni di pi autorit giudiziarie e amministrative (Save the children, 2009). A seguito dellentrata in vigore del cosiddetto pacchetto sicurezza nel 2009, la situazione divenuta ancor pi confusa. Dallindagine svolta da Save the children Italia (2010) in sei citt italiane (Roma, Milano, Torino, Ancona, Napoli, Palermo), a seguito dellentrata in vigore della legge 94/2009, pare infatti emergere relativamente ai minori stranieri non accompagnati la fotografia di un Paese dove prassi, opinioni e interpretazioni sono in pieno divenire. Questa prima ricognizione dellapplicazione della legge conferma, infatti, la frammentariet della realt italiana, frammentariet da attribuire alla mancanza di un coordinamento su scala nazionale, oltre che a problematiche particolari, legate a singole regioni e alla loro specifica capacit di offrire risposte adeguate al fenomeno dellimmigrazione. Nelle sei citt in cui stata condotta la rilevazione, i ricercatori segnalano, in particolare, il delinearsi di prassi connesse alla nuova legge che stanno comportando o potrebbero comportare criticit nel prossimo futuro: a. la difformit di prassi sul territorio, in merito allinterpretazione degli articoli 10bis e 32 del D. Lgs. 286/98 e dellarticolo 61bis del Codice penale in riferimento ai minori stranieri non accompagnati. Il reato di ingresso e soggiorno illegale viene infatti contestato ai minori in alcune citt e in altre no, cos come laggravante dellirregolarit. Per quanto riguarda, poi, la conversione del permesso di soggiorno, alcune questure stanno di fatto applicando un regime transitorio, mentre altre no; in sostanza, la condizione

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Il rischio dei minori che, disincentivati, fuggono dalle comunit e trovano supporto in circuiti illegali di sfruttamento o nellambito del lavoro irregolare

giuridica di un minore straniero non accompagnato cambia a seconda della citt italiana in cui viene fermato b. il disincentivo allintegrazione, gli allontanamenti e laumento di fenomeni di illegalit. A esclusione di Milano, dove sembrano essere presenti delle buone prassi finalizzate a sostenere il percorso di integrazione sociale fino ai 21 anni, permettendo a questi minori di ottenere i documenti necessari e di essere inseriti nel mercato del lavoro, nelle altre citt che compongono il campione Roma, Torino, Ancona, Napoli e Palermo molto forte la preoccupazione che i minori, disincentivati, fuggano dalle comunit di accoglienza e trovino supporto in circuiti illegali di sfruttamento o nellambito del lavoro irregolare; la mancata conversione del permesso di soggiorno ai minori stranieri non accompagnati rischia di favorire quindi pratiche illegali, dovute alla mancanza di documenti autorizzativi al soggiorno in Italia per soggetti che proprio in Italia hanno gi stabilito i propri interessi e i propri legami c. il dispendio di risorse umane e finanziarie, nellimplementazione di progetti di integrazione del minore straniero non accompagnato. Tutti gli intervistati, senza esclusioni, hanno manifestato numerose perplessit sullinfelice dispersione di risorse che si verificherebbe qualora si dovesse procedere a unapplicazione restrittiva delle nuove disposizioni legislative in materia di sicurezza, non solo rispetto alla dimensione economica, ma anche per il grande senso di frustrazione e di impotenza nel veder vanificati gli sforzi volti allintegrazione del minore, e per unaccresciuta difficolt a comunicare col minore straniero, disincentivato rispetto allutilit di concludere un percorso formativo in Italia d. il preoccupante abbassamento dellet dei minori non accompagnati, indotto dallirrigidimento normativo . Tutti gli intervistati temono che i minori vengano spinti a partire sempre pi giovani dai loro Paesi; un effetto indiretto, questo, che potrebbe produrre delle gravissime conseguenze a medio e lungo termine, non solo spingendo i pi piccoli e dunque i pi deboli a intraprendere da soli rischiosi viaggi, ma esponendo questi ultimi anche ai pericoli derivanti dalla tratta o dallo sfruttamento, alimentando cos lattivit della criminalit organizzata. Per individuare e garantire una soluzione di lungo termine per ciascun minore straniero non accompagnato presente sul territorio, indipendentemente dalla citt in cui risiede, il rapporto di Save the children Italia suggerisce di attuare una riforma normativa in grado di garantire la possibilit di permanenza in

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Italia dei minori stranieri non accompagnati qualora ci corrisponda al loro interesse e di favorirne lintegrazione anche dopo il compimento della maggiore et. Nello specifico, si tratterebbe di prevedere la possibilit di convertire il permesso di soggiorno ai minori affidati o sottoposti a tutela, che compiranno la maggiore et entro l8 agosto 2011, senza dimostrazione di ulteriori requisiti; di offrire la possibilit di convertire il permesso di soggiorno ai minori affidati a un nucleo familiare, anche monoparentale; di eseguire unattivit di regolare monitoraggio sullapplicazione della normativa in materia di rilascio del permesso di soggiorno ai minori non accompagnati al compimento del diciottesimo anno di et. Save the children chiede, inoltre, che vengano forniti, dai ministeri competenti, chiarimenti mirati a garantire la non applicabilit del reato di ingresso e soggiorno illegale ai minori stranieri e di favorire uninterpretazione estensiva dellarticolo 25 del regio decreto legge 20/7/1934 n.1404, al fine di tutelare anche quei minori che, nonostante abbiano intrapreso un percorso di integrazione sociale, necessitano di un tempo pi lungo per portarlo a conclusione, attraverso un inserimento lavorativo. 3. Il secondo rapporto dello European Migration Network Del secondo rapporto dello European Migration Network Italia (2010), finanziato dalla Commissione Europea e realizzato con il supporto del ministero dellInterno, risulta particolarmente interessante la sezione riguardante i minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo. A partire dal 2007, infatti, a seguito della emanazione di una specifica direttiva sui minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo da parte del ministero dellInterno, dintesa con il ministero della Giustizia, il minore che chiede asilo politico viene affidato a un giudice tutelare e immediatamente dopo assegnato al Servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), a differenza di quanto accadeva prima di tale direttiva, quando il minore veniva affidato a una qualsiasi struttura per minori, a seconda della disponibilit sul territorio. Nel caso per in cui gli sia negato il riconoscimento dello status di rifugiato, il minore passa sotto le competenze del Comitato per i minori stranieri, come qualsiasi altro minore straniero non accompagnato presente nel nostro Paese. Il rapporto mette in evidenza come, negli ultimi anni, il numero totale di minori non accompagnati richiedenti asilo sia risultato in continua e costante crescita. Secondo i dati raccolti presso lo Sprar, dai 31 minori a cui stato riconosciuto lo status di protezione internazionale nel 2006 si passati ai 409 del 2008,
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La particolare procedura che riguarda il minore che richiede asilo politico: affidato a un giudice tutelare, viene assegnato allo Sprar per il riconoscimento del suo status

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grazie anche a unofferta pi adeguata di servizi. importante segnalare, per, come fanno anche lAnci e Save the children nei loro rapporti di ricerca, che i posti a disposizione nei centri di accoglienza risultano comunque ancora inferiori alle richieste (nel 2008 sono state 573 le domande dasilo) e che molti di questi minori vengono inseriti in diverse strutture territoriali per linfanzia. Secondi i dati dello Sprar, la maggioranza di loro costituita da maschi (82,3%), vicini al compimento dei 18 anni l80% ha 16 o 17 anni provenienti prevalentemente da Afghanistan (48,8%), Somalia (8,9%), Nigeria (8,8%), Eritrea (6,4%), Costa DAvorio (3,4%), Ghana (2,0%), Turchia (1,9%), Togo (1,6%) e Iraq (1,4%). 4. La prospettiva europea: The Action Plan on Unaccompanied Minors (2010 - 2014) Pu essere significativo concludere segnalando che, nel maggio 2010, per la prima volta nella sua storia, la Commissione Europea ha presentato un piano di intervento quadriennale per i minori non accompagnati presenti nei paesi dellUnione ( Action Plan on Unaccompanied Minors). Lobiettivo principale del documento fornire risposte concrete alle sfide poste dallarrivo di un numero sempre maggiore di minori non accompagnati nei territori del Continente, nel pieno rispetto dei diritti dellinfanzia e degli interessi di questi minori. La Commissione sottolinea con decisione come questo piano sia da considerarsi come il punto di partenza di un processo a lungo termine, la cui implementazione dipender necessariamente dallimpegno e dal lavoro di tutti gli attori coinvolti in questo ambito: le istituzioni e le agenzie europee, gli Stati membri dellUnione, i Paesi dorigine dei minori e la societ civile. Sono tre le linee guida proposte dal documento: a) prevenzione della tratta e della migrazione a rischio; b) accoglienza e garanzie procedurali da attivare nei Paesi membri; c) ricerca attiva di soluzioni durature. Il piano dazione definisce cos un approccio europeo comune al fenomeno, il cui scopo garantire che siano solo le autorit competenti a decidere del futuro di questi minori e che si pronuncino quanto prima, preferibilmente entro un termine massimo di sei mesi. Il ruolo dell'Italia nellinserimento del tema dei minori stranieri non accompagnati fra le priorit dei programmi dellUnione e quindi nellemanazione del piano dazione stato molto importante: il piano dazione, nella sua fase di implementazione, dovrebbe contribuire a dare alcune risposte per la prima volta operative in una cornice europea. Cruciale, e per molti versi innovativa, anche la questione

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Nel maggio 2010 la Commissione europea per la prima volta ha presentato un piano di intervento quadriennale a favore dei minori non accompagnati nei Paesi UE

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Secondo Eurostat siamo al 17esimo posto su 25 nella graduatoria dei Paesi pi a rischio nei confronti dei minori immigrati. un dato di una certa positivit ma che deve spingerci a migliorare ancora

della cooperazione con i Paesi di origine dei minori, in unottica di prevenzione delle cosiddette migrazioni precoci. Il nostro Paese certamente connotato, in questo momento storico, da eventi che ne stanno cambiando la societ e le istituzioni. In una realt sociale come la nostra, dove rispetto ai bambini si combinano in realt due anime, il minore competente capace cio di scelte autonome e intenzionali e, contemporaneamente, il minore vulnerabile fragile e spesso a rischio diventa essenziale facilitare e supportare i percorsi di sviluppo soprattutto di chi pi debole. Compito non facile, ma irrinunciabile. LItalia, oggi, sembra essersi ripresa dallo shock determinato dalle prime invasioni di immigrati, e si sta avviando a prendere sempre pi coscienza della profonda trasformazione che sta vivendo. In una recente indagine europea (Eurostat, 2008), lItalia si colloca al diciassettesimo posto tra i 25 Paesi che hanno partecipato allindagine nella graduatoria che determina il maggior grado di probabilit che i minori stranieri presenti in un Paese entrino a far parte di un gruppo a rischio. In altre parole, ben sedici Paesi europei presentano un livello di probabilit pi alto dellItalia nel determinare una condizione di svantaggio per i minori immigrati. Una indicazione che, nonostante ostacoli e difficolt, deve stimolarci a proseguire sulla strada di un impegno cruciale per il nostro futuro.

Bibliografia
Anci, Minori stranieri non accompagnati . Terzo rapporto Anci 2009 (a cura di M. Giovannetti), Roma, 2009. European Commission, Action Plan on Unaccompanied Minors (2010-2014), Communication from the Commission to the European Parliament and the Council, COM(2010)213 final, Brussels, May 2010. European Migration Network Italia, Secondo rapporto EMN Italia. Minori non accompagnati. Ritorni assistiti. Protezione internazionale. Idos, Roma, 2010. Eurostat - European Commission, The Social Situation in the European Union 2007, Social integration and equal opportunities, Bruxelles, April 2008. (Il rapporto scaricabile anche dal sito: http://ec.europa.eu/). Giovannetti M., Laccoglienza incompiuta. Le politiche dei comuni italiani verso un sistema di protezione nazionale per i minori stranieri non accompagnati , Il Mulino, Bologna, 2008. Save the children Italia, I minori stranieri in Italia. Identificazione, accoglienza e prospettive per il futuro, Roma, 2009 Save the children Italia, Limpatto della Legge 94/2009 nei confronti dei minori stranieri non accompagnati: una prima rilevazione in sei citt italiane, Roma, 2010

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I figli di coppie miste, unemblema della mescola genetica


Un percorso di vita fra chance aggiuntive in termini culturali e linguistici e il rischio di scontrarsi col rifiuto della differenza, per il quale sono decisivi fattori quali il benessere socio-economico e il capitale sociale e culturale
di Guia Gilardoni
Fondazione Ismu
I figli di coppia mista costituiscono lemblema delle ibridazioni culturali che sempre pi caratterizzano le societ globali. Al di l delle scelte, degli interessi e delle attitudini personali, queste persone non solo incarnano e rappresentano lincontro di differenze linguistiche, culturali ed etniche, ma vivono con immediatezza la percezione ambivalente che la societ ha di essi. Nel panorama italiano Queste persone incarnano le ricerche sulle famiglie miste non sono lincontro di differenze particolarmente numerose (Braccini, 2000; Andall, 2002; Gilardoni, 2010) e linteresse degli di lingua, cultura ed etnia, studiosi, qualora si rivolga a questo tema, si e vivono con immediatezza concentra prevalentemente sulle dinamiche la percezione ambivalente di coppia, piuttosto che sulla loro discendenza che la societ ha di loro (Tognetti Bordogna, 2001; Balsamo, 1994; 2003; Ghiringhelli, 2008; Peruzzi, 2009). Sebbene la presenza di coppie miste sia stata proposta come un indicatore attraverso cui cogliere il grado di integrazione della popolazione immigrata (Zincone, 2001: 97), va tuttavia tenuto conto che i rimandi, per lo pi negativi, che dal contesto esterno si riversano sulla coppia, costituiscono spesso fonte di tensioni e di conflitti potenziali che la coppia chiamata ad affrontare ed elaborare e, nei migliori dei casi, a ricomporre e a superare. Se, da un lato, queste famiglie possiedono chance aggiuntive in termini culturali e linguistici, dallaltro possono soccombere di fronte allattitudine sociale al rifiuto della pluralit di differenze che esse incarnano. In tal senso i figli di coppia mista presentano una connotazione
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sociale peculiare che pu essere vissuta come un insieme di risorse dal valore aggiunto oppure come un vincolo dal quale difficile emanciparsi. Nella concretezza dei casi si verificano presumibilmente alternanze e compresenze di risorse e vincoli, che si combinano in configurazioni variabili. Il prevalere di unistanza sullaltra in gran parte influenzato dagli atteggiamenti assunti dallambiente sociale circostante cos come da un'ampia gamma di fattori che spesso non sono rilevabili in maniera esaustiva. In questa sede si scelto di considerare gli elementi che, generalmente, sono ritenuti i principali fattori predittivi rispetto ai percorsi di vita: il benessere socioeconomico, il capitale culturale e il capitale sociale (familiare e tra pari). I risultati della ricerca Lindagine campionaria di cui qui si presentano alcuni dati stata condotta nellanno scolastico 2005/06 in Lombardia, su un campione di 17.225 preadolescenti (11-14 anni) di cui 13.3 01 italiani, 2.929 stranieri e 1.0 03 figli di coppia mista (Gilardoni, 2008). Con la definizione figli di coppia mista si intendono coloro che, al di l della cittadinanza, che pu essere italiana o anche non italiana, hanno un genitore italiano e un genitore di altra provenienza e coloro che hanno entrambi i genitori stranieri, ma con cittadinanze tra loro differenti. La maggior parte dei figli di coppia mista intervistati ha un genitore italiano e uno straniero, mentre i restanti 179 hanno entrambi i genitori stranieri con cittadinanza tra loro differente. Oltre un terzo degli uomini Figlio di coppia mista chi, e delle donne italiani hanno formato una al di l della cittadinanza, famiglia con partner che, a loro volta, sono ha un genitore italiano e uno cittadini europei. In questi casi, in virt di una relativa vicinanza geografica e del diritto straniero e chi ha entrambi alla libert di circolazione entro uno spazio i genitori stranieri, unificato, si tratta di famiglie agevolate nel ma con diverse cittadinanze mantenimento dei rapporti transnazionali e che godono di una pi elevata accettazione sociale. Per quanto riguarda le unioni con cittadini extraeuropei, in linea con i dati nazionali, gli uomini italiani risultano sposati soprattutto con donne sudamericane provenienti per lo pi da Brasile, Per e Colombia, e rumene, mentre le donne italiane con uomini nordafricani che provengono soprattutto da Tunisia, Egitto e Marocco. Capitale economico. Diverse ricerche hanno dimostrato che avere una famiglia con un livello di benessere socioeconomico
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alto o medio alto un fattore a cui si associano vantaggi evidenti, quali ad esempio una migliore riuscita scolastica (Giovannini, Queirolo, 2001; Queirolo Palmas, 2002; Schizzerotto, Barone, 2006). Oltre ad avere un riscontro empirico di tale affermazione, dai dati della ricerca emerge anche che, tra le famiglie straniere e quelle miste, a buone condizioni materiali corrisponde un maggior grado di propensione allintegrazione, il che significa che i loro figli si sentono italiani, conoscono litaliano bene e lo preferiscono ad altre lingue, si vedono con amici italiani anche al di fuori dei luoghi e dei tempi scolastici e hanno una socialit elevata. Le famiglie miste presentano un livello di benessere socioeconomico prossimo a quello dichiarato dalle famiglie italiane e quindi, in generale, ben superiore a quello delle famiglie straniere. A differenza Le famiglie miste presentano di quanto suggeriscono i dati nazionali relativi spesso livelli di benessere ai percettori di reddito da lavoro suddivisi per genere (Istat, 2009), che mostrano come in socioeconomico prossimi Italia, a parit di tipologia di lavoro, le donne a quelli delle famiglie italiane e quindi, in generale, superiori percepiscano redditi parecchio inferiori a quelli rispetto alle famiglie straniere maschili, il benessere socioeconomico delle famiglie miste risulta maggiore nelle coppie in cui a essere italiana la madre. Ci pu essere legato al fatto che le madri italiane sono sposate con cittadini europei in percentuali elevate oppure anche al fatto che, sovente, i padri italiani si uniscono a una donna straniera in seconde nozze e che quindi, probabilmente, contribuiscono al mantenimento della famiglia precedente. Risultano invece particolarmente penalizzate le famiglie con entrambi i genitori stranieri, che sono quelle che presentano in assoluto anche il capitale economico pi basso. Capitale culturale. Unaltra forma di capitale di cui le famiglie miste risultano ben dotate quello culturale. Questo un dato particolarmente degno di nota in quanto il possesso da parte dei genitori di maggiore o minore capitale culturale un fattore in grado di incidere sulle traiettorie sociali dei figli e, in particolare, sulla riuscita scolastica nei termini di un maggiore investimento complessivo nei confronti dellistruzione. Anche per quanto riguarda le famiglie immigrate presenti in Italia, stato rilevato che i genitori con medio o elevato titolo di studio tendono a valorizzare linvestimento in istruzione dei figli (Ambrosini, 2004; Besozzi, 2005; Santagati, 2007). I figli di coppia mista hanno genitori con i titoli di studio pi
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elevati, in confronto ai figli di italiani e ai figli di stranieri. Il fatto che gli uomini e le donne che hanno dato vita a ununione mista sono tra coloro che presentano i percorsi di istruzione pi lunghi, fa pensare che queste unioni possano essere intese come matrimoni intellettuali, improntati alla conoscenza profonda di persone con background culturali differenti dal proprio. Capitale sociale familiare. Al contrario di quanto rilevato per il capitale economico e culturale, il capitale sociale delle famiglie miste invece significativamente inferiore rispetto a quello delle famiglie italiane. Dallanalisi del capitale sociale familiare interno, emerge che, all'interno di un campione complessivo in cui nella grande maggioranza dei casi le famiglie si presentano unite e stabili, quelle miste sono quelle in cui si verifica in misura maggiore lassenza di uno dei due genitori, pi frequentemente del padre. Oltre a ci, un dato che desta preoccupazione il fatto che le famiglie miste risultano piuttosto isolate. Se infatti si considera la densit delle relazioni che la famiglia intrattiene con altri parenti, amici e vicini di Le famiglie miste sono invece casa le famiglie miste mostrano un network pi povere di capitale sociale relazionale piuttosto debole. Anche in questo caso le pi penalizzate sono le famiglie con familiare: spesso uno dei entrambi i genitori stranieri, che presentano genitori, specie il padre, assente, e hanno un network una densit del network di relazioni familiari basso in misura pressoch tripla rispetto relazionale pi debole alle famiglie miste con almeno un genitore italiano. Disaggregando il dato tra famiglie miste con madre italiana e quelle con madre straniera, nel caso in cui la madre italiana si registra un aumento delle relazioni familiari, mentre quando straniera si hanno pi frequenti relazioni con la comunit proveniente dal Paese di origine. Al di l del fatto che la madre sia italiana o straniera e del tipo di capitale sociale che attraverso di essa si sviluppa e si mantiene, emerge con evidenza il ruolo che la madre esercita rispetto alla produzione di capitale sociale familiare. Capitale sociale tra pari. Veniamo ora al capitale sociale che i preadolescenti sviluppano nel gruppo dei pari, in tempi e luoghi scolastici ed extrascolastici. Al pari degli italiani, i figli di coppia mista danno molta importanza agli amici che hanno in classe, passano poco tempo davanti alla televisione e praticano
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sport di squadra che li impegnano nel tempo libero. Ci vero soprattutto per chi ha almeno un genitore italiano. Chi invece ha entrambi i genitori stranieri mostra una maggiore propensione allinterculturalit, che si evidenzia nel dichiarare un ugual numero di amici italiani e stranieri. Anche rispetto a questa dimensione lappartenenza culturale della madre gioca un ruolo significativo: coloro che hanno la madre italiana propendono maggiormente verso amicizie con compagni di classe italiani, mentre coloro che hanno la madre straniera hanno amici italiani in misura minore. Dai dati emerge che i figli di coppia mista intervistati sono dotati di un buon capitale sociale entro la cerchia dei pari, denotando cos un buon grado di socialit. Cenni conclusivi La maggiore apertura delle nuove generazioni. Alla luce dei dati presentati, un primo punto sul quale si ritiene opportuno soffermarsi la discrepanza rilevata tra la scarsa densit del network familiare delle famiglie miste e lelevato capitale sociale tra pari dei figli di coppia mista, rispetto a cui possibile avanzare almeno due diverse interpretazioni. La prima focalizza lo sguardo prevalentemente sul soggetto: a fronte di un isolamento delle famiglie subito dallambiente esterno, i figli di coppia mista mettono in atto strategie compensative che li portano a sviluppare un maggiore capitale sociale nel gruppo dei pari per sopperire allisolamento del nucleo familiare. Questa spiegazione compensativa non per del I figli di coppia mista attuano tutto convincente anche in forza del fatto strategie compensative che li che solitamente gli svantaggi, al posto di compensarsi, si accumulano. portano a sviluppare in modi La seconda interpretazione si concentra, diversi luscita dallisolamento invece, sulle influenze che il contesto esercita sociale e la ricerca sui soggetti considerati e che si rif alla delle relazioni interculturali differenza che esiste tra spazi sociali a livello intergenerazionale. In questo caso la discrepanza tra le due forme di capitale sociale pu essere testimonianza del fatto che i preadolescenti intervistati italiani, stranieri e figli di coppia mista nati a met degli anni Novanta, che appartengono alla prima generazione cresciuta nellItalia multietnica hanno maggiore dimestichezza nei confronti della diversit e, rispetto ai loro genitori, concorrono a creare un ambiente sociale in cui pi facile intrattenere relazioni interculturali. Il divario tra le due forme di capitale sociale quindi da
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leggersi nellottica di un mutamento delle attitudini sociali nei confronti della diversit a livello intergenerazionale, che procede da atteggiamenti prevalentemente orientati alla chiusura e al rifiuto verso maggiori aperture e un pi pieno riconoscimento dellaltro. Sembrerebbe quindi che nel nostro Paese sia in atto una trasformazione degli atteggiamenti a livello intergenerazionale: da una propensione al rifiuto della mixit si passa a un progressivo riconoscimento della diversit culturale. Latteggiamento di maggiore apertura che si ravvisa tra le nuove generazioni favorito dalleguaglianza di et che facilita lappartenenza al gruppo, ma anche dal cambiamento in atto nella societ italiana, promosso dalla stessa presenza immigrata. Avere una madre italiana conta. Un secondo punto di riflessione riguarda il ruolo fondamentale che gioca la madre nel plasmare le identit e i sensi di appartenenza culturale e nello sviluppo del capitale sociale. Come si visto, la madre italiana indirizza maggiormente le relazioni della famiglia al mantenimento dei legami con il suo gruppo parentale e dei figli verso amicizie con compagni di scuola italiani. Si ha, inoltre, una maggiore probabilit che i figli di coppia mista abbiano la cittadinanza italiana, il che, La figura materna gioca come ben noto, si associa a una serie di un ruolo decisivo nel plasmare vantaggi che si concretizzano principalmente in diritti concreti che presentano anche una lidentit culturale e nello forte valenza simbolica in termini di auto ed sviluppo del capitale sociale. etero-percezione. Sebbene poi la maggioranza Le differenze se la madre dei figli di coppia mista dichiari di sentirsi italiana o straniera italiano, ci vero soprattutto per coloro che hanno la madre italiana e, anche per quanto riguarda uno dei primi indicatori di benessere (il grado di soddisfazione di s), si rileva una maggiore soddisfazione tra coloro che hanno la madre italiana e una pi accentuata mancanza di soddisfazione tra i preadolescenti con entrambi i genitori stranieri. La madre straniera, daltro canto, favorisce una maggiore partecipazione a incontri, riunioni e feste con la comunit di origine e una pi spiccata propensione dei figli a ripartire in maniera equa le proprie amicizie tra italiani e stranieri. La centralit del ruolo della madre nella trasmissione della cultura di appartenenza nonch degli atteggiamenti e dei comportamenti che i preadolescenti intervistati adottano nei confronti del gruppo dei pari e, pi in generale, della societ, risulta quindi evidente. Ancora una volta viene messa in luce
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limportanza delle relazioni di genere, attraverso la particolare significativit del ruolo femminile, in questo caso materno, nel forgiare i percorsi di integrazione dei propri figli. Si richiama quindi quella prospettiva che assume il genere nella sua accezione pi qualificante, quale collocazione del soggetto in una posizione relazionale, aperta e dinamica, e lo coglie come ricorsa comunicativa (Besozzi, 2003).

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Riferimenti bibliografici
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Quelle adulte giovani alla ricerca dellequilibrio fra responsabilit e bisogni personali
Vite faticose, orizzonti economici ristretti, rispetto e riconoscenza per le famiglie, severit morale: le prime evidenze di unindagine su un gruppo di immigrate fra 15 e 25 anni tratteggiano una figura femmminile sorprendente
di Gaia Peruzzi
Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale della Sapienza Universit di Roma

Il disegno della ricerca I giovani immigrati e le seconde generazioni coloro che Maurizio Ambrosini riunisce sotto letichetta di figli dellimmigrazione (Ambrosini 2005) sono una delle categorie sociali
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Sono le prime evidenze di una ricerca (tuttora in corso) che ha per oggetto il tempo libero, le amicizie e i consumi culturali di alcune giovani immigrate di diverse nazionalit che vivono a Roma e nella provincia laziale

Contrappunti. Ovvero note contrastanti, in parte sovrapponibili, in parte divergenti, comunque autonome rispetto alle immagini prevalenti nel discorso sociologico sui giovani italiani. Questa la forma in cui sono emerse a chi scrive le prime evidenze di una ricerca ancora in corso sul tempo libero, le amicizie e i consumi culturali di alcune giovani immigrate, di diverse nazionalit, residenti a Roma e nella provincia laziale. Come suggerisce la lezione di un maestro quale Edward Said, che del contrappunto ha fatto un metodo di interpretazione capace di non impaludarsi nelle ambiguit delle sovrapposizioni e dei mescolamenti tra le culture, ma, anzi, di far emergere lo spessore e le contraddizioni di tessuti sociali in cui si intrecciano e si con-fondono le vite e le storie di gruppi umani autoctoni e immigrati (Said 1998), a uno sguardo appena poco pi attento tali note apparentemente divergenti si rivelano poi quasi sempre componibili nel contesto, e molto spesso suggestive di visioni originali. con la speranza dunque di offrire qualche stimolo alla riflessione anche futura che presentiamo qui queste prime osservazioni, ancorch acerbe; precedute, necessariamente, da una breve parentesi sugli obiettivi, le strategie e il campione della ricerca da cui nasce il working paper in oggetto.

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Giovani immigrate, tempo libero e relazioni personali

Il campione costituito da venti giovani immigrate di et compresa fra i quindici e i venticinque anni. Sui percorsi di inserimento degli immigrati di questa fascia di et si gioca una grande partita di integrazione

emergenti in Italia, e ci annunciano, come gi avvenuto in altre nazioni vicine, il passaggio a una fase irreversibile del mescolamento demografico e culturale. Sui percorsi di inserimento di questi giovani, quindi su un incastro accettabile tra le loro aspettative e le opportunit concrete offerte dalla nostra societ, si gioca una scommessa importante per la coesione e la stabilit sociale dellintero Paese. Caratteristiche, aspettative e problemi di questi ragazzi e ragazze ci sono in gran parte ancora sconosciuti: il fenomeno relativamente recente, e la ricerca sempre qualche passo dietro rispetto ai mutamenti sociali. Le prime indagini importanti condotte finora hanno battuto prevalentemente la pista dellinserimento scolastico (Besozzi, Colombo, Santagati, 2009; Dalla Zuanna, Farina, Strozza, 2009; Queirolo Palmas, 2009). Pi di recente altri ricercatori si sono inoltrati nel territorio dei consumi, confidando, per rintracciare informazioni sui processi di costruzione di queste identit segnate da divisioni rilevanti, nelle potenzialit espressive di scelte che sono allintersezione tra inclinazioni soggettive del gusto e richiami della moda, tra libert dazione e potere effettivo di acquisto (Leonini, 2008; Rebughini, Domaneschi, 2009; Visconti, Napolitano, 2010). La porta attraverso cui tenta di penetrare il mondo delle seconde generazioni la ricerca in questione collocata su questo secondo versante: essa individua infatti nei temi del tempo libero e dei consumi culturali i pretesti per indagare la qualit della vita e i bisogni espressivi pi intimi delle intervistate, e nelle scelte concernenti labbigliamento i segni di manifeste preferenze o appartenenze culturali (Peruzzi, 2010). Le interviste cui faremo riferimento nel prossimo paragrafo sono state realizzate nella fase pilota dellindagine, di natura esplorativa, condotta nellambito delle attivit di un corso di Sociologia della famiglia per aspiranti assistenti sociali. Considerando i limiti di tempo e di risorse che vincolavano questo primo segmento del percorso si preferito circoscrivere il campo al solo genere femminile, il cui protagonismo nei flussi transnazionali riconosciuto come una delle novit caratterizzanti le migrazioni contemporanee. Il campione era costituito dunque da venti giovani immigrate, di et compresa fra i quindici e i venticinque anni, che le intervistatrici hanno contattato attivando personalmente reti diverse (associazioni, parrocchie, vicine di casa, etc.) sul territorio. In particolare, diciotto ragazze erano giunte in Italia da bambine, al massimo nella prima adolescenza, provenienti da Paesi a forte pressione migratoria (in particolare, sette dal Sud America,

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Giovani immigrate, tempo libero e relazioni personali

sei dallEst Europa, quattro dallAfrica), due invece erano nate in Italia da coppie miste (padre italiano e madre marocchina in un caso, padre siriano e madre italiana nellaltro). Al momento dellintervista, condotta nel secondo semestre del 2010, tutte le intervistate risiedevano nel Lazio, nella metropoli o in una localit di provincia. Ancora: diciassette erano nubili, due coniugate e conviventi con connazionali. Infine, il profilo occupazionale: dodici erano studentesse, sei studentesse-lavoratrici, otto occupate e una momentaneamente in maternit, ma decisa a rientrare presto al lavoro. Le adulte giovani: primi appunti su una nuova categoria sociale Quali ricorrenze si possono rintracciare nel piccolo novero di voci appena descritto che ci consentano di cominciare a tratteggiare un profilo delle nuove generazioni di immigrate che crescono in mezzo a noi? Tra le principali evidenze empiriche emerse dallesplorazione ce ne sono alcune che, nel palesarsi agli occhi del ricercatore, inevitabilmente si pongono contro le immagini prevalenti nellimmaginario pubblico sui giovani autoctoni. Vediamo dunque queste quattro figure. 1. Vite faticose. La mancanza di tempo libero senza dubbio il leitmotiv del nostro corpus di analisi, praticamente rintracciabile in tutte le testimonianze. Suona come una carenza cronica, un assillo nellesistenza di queste giovani e, combinato con quello della scarsit di denaro, sembra rendere le loro routine molto pesanti. Sicuramente pi di quelle dei coetanei e delle coetanee italiani, per i quali generalmente let a cavallo dei ventanni anche una fase di divertimento e spensieratezze.

Identificati in quattro diverse categorie i problemi prevalenti legati allinserimento nel nostro Paese

Io devo lavorare per mantenermi. Non pagare la casa [dello studente] gi molto ma non basta, quindi lavoro in un ristorante che fa cucina etnica. Prima era aperto anche di sera, ora non pi aperto e prepariamo solamente da mangiare per operai, muratori stranieri come noi per io vado solo il pomeriggio per pulire e riordinare perch la mattina devo seguire le lezioni ma quando non ho lezione preferisco andare la mattina cos il pomeriggio posso studiare. difficile, difficile fare tutte queste cose insieme... La maggior parte delle ragazze italiane che conosco deve solo studiare, non deve lavorare perch al resto ci pensa la famiglia... Un giorno anche io vorrei poter dare ai miei figli luniversit senza che lavorino e si stanchino troppo! Cos veramente il mio tempo libero molto poco, veramente poco: devo studiare molto e bene per restare in questa casa, devo lavorare e non posso spendere tanti soldi (Anna, etiope, 24 anni, studentessa e cameriera)
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Giovani immigrate, tempo libero e relazioni personali

Il bisogno di mantenersi costringe le giovani immigrate ad accettare lavori pesanti e faticosi (a servizio nelle case, nei centri di cura, nei ristoranti), spesso sovrapposti allo studio, a rosicare il dopocena o il sonno. Quasi tutte le intervistate che vivevano in famiglia hanno dichiarato inoltre di aiutare i genitori nei lavori domestici e nellaccudimento dei fratelli minori. Rilassarsi, come uscire con gli amici, un lusso.

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La difficolt e spesso limpossibilit di comporre tra di loro la necessit di lavorare e lidea o il desiderio di studiare

2. Orizzonti ristretti. Anche se la crisi economica ha di certo smorzato lefficacia del concetto di dilatazione dei possibili , utilizzato per diversi anni dagli studiosi per descrivere le condizioni di crescita dei giovani occidentali, la possibilit di scegliere tra pi strade almeno, tra studio e lavoro, e tra vari percorsi di studio rimane comunque unopportunit concreta per molti giovani italiani. Le ragazze immigrate che abbiamo intervistato narravano di traiettorie ben pi pesantemente condizionate dai vincoli materiali. In certi casi la sicurezza economica compensava serenamente il sacrificio dei sogni. Ma in qualche racconto il rimpianto di non aver potuto scegliere suonava pi doloroso.

Se le cose fossero state diverse, forse avrei studiato un po mi mancato. A volte quando esco da lavoro e vedo tutti quei ragazzi in giro con la cartella, mi viene un po di malinconia anche perch penso alla mia sorellina [rimasta nel paese di origine]... come aver saltato un pezzo di vita Per ho preferito prendere uno stipendio e avere la sicurezza del lavoro che studiare e non avere la sicurezza dei soldi in tasca (Speranza, colombiana, 22 anni, addetta alle pulizie in un centro assistenziale pubblico)
La ristrettezza delle prospettive sembra riguardare non soltanto il piano culturale e simbolico di alcune di queste esistenze, ma anche il loro raggio fisico di azione. A dispetto di sentimenti e di vite affettive divisi tra Paesi lontani, le occasioni di mobilit di alcune intervistate sono apparse drasticamente limitate al tragitto per raggiungere il posto di lavoro, il centro commerciale, il mercato; pi raramente, una pizzeria, il pub o il cinema. In queste prospettive ristrette, Roma pu diventare un viaggio, Ladispoli la meta del viaggio di nozze, Venezia un sogno.

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3. Dipendenze responsabili. Vicinanza fisica (anche prolungata) e legami sempre pi improntati alla comprensione affettiva e alla negoziazione: se questo il modello genitori-figli che sembra prevalere nelle famiglie italiane, le relazioni descritte
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dalle giovani immigrate sembrano spostare indietro di qualche decennio le lancette del tempo. Padri e madri emergono infatti da questi racconti come presenze forti, autorevoli se non autoritari, anche quando fisicamente lontani. Rispetto e riconoscenza sono i sentimenti che, nei loro confronti, vengono dichiarati con maggiore frequenza.

Il rapporto con i miei genitori? Bello diciamo normale. I miei genitori non sono miei amici genitori e basta: loro fanno le regole, io le rispetto perch devo rispettarli, perch per noi figli hanno fatto tanto, tanto ci aiutano sempre hanno fatto i sacrifici, tanti sacrifici e noi dobbiamo ripagare loro! (Asma, marocchina, 22 anni, lavapiatti)
Le intervistate che vivevano da sole hanno comunque sottolineato tutte la libert che il viaggio in Italia ha regalato loro: se la distanza fisica non riesce a intaccare i vincoli di gratitudine di queste prime giovani generazioni, essa sembra diluire molto velocemente la forza dei richiami autoritari.

Gi donne nei ritmi e nelle pratiche quotidiane seppur giovani al conto degli anni: ecco perch adulte giovani

4. Moralit severe. Diverse ragazze, indotte a chiacchierare sui propri gusti in materia di moda e abbigliamento, si sono rivelate un po a disagio, qualcuna apertamente critica, nei confronti di alcuni comportamenti diffusi tra le abitanti originarie. Nel complesso, esse sembrano incarnare mentalit e ruoli pi tradizionali delle donne italiane, ribaltando uno schema classico che vorrebbe le nuove generazioni pi emancipate e meno conservatrici di quelle adulte.

Per esempio, io sono arrivata qui in estate e ho visto che cera troppa nudit, cio... le magliette corte, anche i jeans, e la pancia che si vedeva io non ero abituata... e poi ho visto che le donne fumano anche questo io non ero abituata, al mio paese non si fa... o forse adesso anche l si fa, non lo so... ma quando sono arrivata io non ero abituata per poi mi sono abituata a vedere cos (Sandra, 25 anni, ecuadoriana, studentessa e operatrice sociale)
Tentando una sintesi, le figure che abbiamo proposto sono solo, lo ripetiamo, i primi risultati emersi da unindagine esplorativa. Esse si compongono bene per in un profilo che sembra ribaltare alcuni tratti caratteristici dei giovani di oggi. Adulte giovani, potremmo definire allora le immigrate fotografate dal nostro scatto. Perch, se i giovani adulti sono italiani giovanili negli stili di vita, ma anagraficamente cresciuti, le immigrate del nostro campione sono gi donne nei ritmi e nelle pratiche
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Dialogo Primo Piano interculturale

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quotidiane, seppur giovani al conto degli anni. La formula un po stridente, forse. Ma cos sono spesso le asincronie che gli immigrati producono nei processi di modernizzazione dei territori dove si insediano, impreviste e un po disturbanti. Contrappunti, appunto.

Riferimenti bibliografici
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Mohamed Bouazizi ha lasciato nellaria e fra le sue ceneri un seme che diventato in poche settimane pianta, albero e poi foresta. Raccolto da giovani alla testa di manifestazioni che i governi ufficiali ancora si imbarazzano a chiamare rivoluzioni
di Claudia Svampa

Se quella mattina di quasi dieci anni fa scal rapidamente il podio degli eroi fra i martiri jihadisti, solo perch, in un attimo, Allah scelse per lui un destino diverso. Di suo Abdessattar Dahamane, nato nel 1962 a Gabes, nel Sud della Tunisia da una famiglia benestante, studente universitario di giornalismo a Bruxelles, non scalpitava certo per finire i suoi giorni da assassino e kamikaze. Coltivava i principi della democrazia e i valori della sinistra, schermato dietro gli occhiali da sole e il suo stile di vita antiborghese. Ma le cose andarono diversamente, per lui e per il resto del mondo, quel 9 settembre 20 01 anti-vigilia dellattacco allAmerica, il giorno che lo rese Abdessattar Dahamane un terrorista islamico kamikaze per il mondo il 9 settembre 2001 disintegr occidentale, un martire, un mito e un eroe per con unintervista allesplosivo i fondamentalisti islamici. Perch Abdessattar, giornalista vero con un accredito falso per il leggendario comandante una testata araba londinese, quella mattina di afghano Ahmad Massoud, settembre in Afghanistan disintegr con il Leone del Panjshir unintervista allesplosivo il leggendario comandante afghano Ahmad Massoud, il Leone del Panjshir, nemico numero uno di Osama Bin Laden e leader delle forze di opposizione ai taliban. La telecamera a spalla era pronta per le riprese quando il cameraman kamikaze non premette il pulsante della registrazione ma il detonatore collegato alla sua cintura esplosiva. La strage fu compiuta, Abdelssattar microfono alla mano e una provvidenziale distanza di sicurezza tra i sui piedi e quelli delloperatore si salv, ma gli uomini di
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La r-evolution dei gelsomini

La r-evolution dei gelsomini

Massoud lo raggiunsero nella sua solitaria fuga a piedi e gli spararono uccidendolo. Triste epilogo il suo, ma pianificato prologo a ci che solo quarantottore dopo sarebbe accaduto: alla caduta del Leone del Panjshir sarebbe seguita quella delle torri gemelle di New York, lattacco al Pentagono, allAmerica, al mondo occidentale. In pratica lo start-up del livore conclamato e mediaticamente celebrato del mondo islamista contro quello occidente. Da Abdessattar Dahamane a Mohamed Bouazizi: come il fondamentalismo ha perso terreno nelle battaglie della societ civile Se Mohamed Bouazizi quella mattina di pochi mesi fa scal rapidamente il podio degli eroi fra i martiri del mondo arabo, invece perch aiut molto Allah a scegliere per lui un destino diverso. Perch le storie di Abdessatter e Mohamed partono dallo stesso paese, la Tunisia, raggiungono la medesima destinazione, il grande scenario geopolitico delle democrazie occidentali. Parlano la stessa lingua Dopo 10 anni dalla holy-war appresa sui libri che non solo larabo, ma una generazione di giovani la lingua di chi rifiuta di veder annegare tunisini ed egiziani, che scende nella miseria i poveri onesti e disgraziati e nelle strade grida un chiaro no galleggiare nellopulenza i ricchi furbi e corrotti. La lingua di chi non tollera pi quella disuallintrusione dellislam fondamentalista nella protesta guaglianza sociale frutto di un analfabetismo etico corrosivo dei valori morali, della giustizia e della meritocrazia annientati dalla corruzione pubblica e politica. Parlano la stessa lingua ma usano una grammatica strutturalmente opposta. Dopo soli dieci anni dalla holy-war lanciata da Osama Bin Laden contro gli Stati Uniti dAmerica e la politica imperialista occidentale, unintera generazione di giovani tunisini ed egiziani, che scende nelle strade ed espugna le piazze, grida un chiaro no allintrusione dellislam fondamentalista nella protesta e sancisce labbandono della jihad politicizzata, dellintegralismo come strumento di lotta civile, della trappola della guerra santa contro il nemico Occidente per le rivendicazioni sociali. Mohamed Bouazizi, il giovane tunisino 26enne ambulante abusivo laureato e disoccupato, che si trasforma in torcia umana per rivendicare il suo diritto a non dover pagare pi il pizzo a chi indossa indegnamente luniforme per non vedersi confiscare il suo carretto fantasma di datteri e banane, rester
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ancor pi nella storia perch lotta da solo. Non sacrifica vittime collaterali quella mattina del 17 dicembre 2010 a Sidi Bouzir, nel sud della Tunisia, mentre compie il suo gesto estremo in cui insieme al dolore straziante per le lame di fuoco che si impadroniscono del suo corpo grida per lultima volta al mondo la sua disperazione. E poi muore, solo. Ma, dal giorno dopo, la sua morte pi vita che mai. Vivo ogni ora di pi nelle coscienze giovanili che infiammano i continui focolai rivoluzionari delle vecchie oligarchie del mondo arabo. E che chiedono in ununica voce: il popolo vuole la caduta del regime. Bouazizi ha lasciato nellaria e fra le sue ceneri quel seme che rapidamente, imperiosamente, sorprendentemente diventato pianta, poi albero e poi foresta nel volgere di poche settimane. Raccolto da generazioni giovani alla testa delle violente manifestazioni che i governi Il gelsomino insieme purezza ufficiali si imbarazzano a chiamare rivoluzioni. e passione giovanile, ideali che Che il popolo tunisino, il primo che ha riscritto la propria storia rivoltando e liquidando in disegnano la net-generation una manciata di giorni lex presidente Zine delle piazze, ancora incredula sulla realizzazione di un obiettivo el-Abidine Ben Ali, inquilino del palazzo di Cartagine da ventitr anni ha legittimato che sembrava impossibile come rivoluzione dei gelsomini. Non solo perch il gelsomino il fiore per eccellenza del Paese: il benvenuto che si offre a mazzetti ai turisti ed anche il lieve bouquet che le mamme posano accanto alle culle per rendere dolci i sogni della notte. Ma anche perch il gelsomino insieme purezza e passione giovanile, ideali che disegnano la net-generation delle piazze, determinata e ancora incredula davanti al raggiungimento di un obiettivo impossibile eppure troppo a lungo sognato: estirpare Ben Ali e le sue propaggini familiari per ripulire il Paese dalla corruzione di una classe politica saldamente ancorata alle protuberanze di amici e parenti imbullonati ai vertici delleconomia nazionale. Il gelsomino, e qualsiasi altra metafora floreale verr attribuita alla rivoluzione tunisina, egiziana, libica, o alle altre manifestazioni violente in atto nel mondo arabo, rappresentano lefficacia romantica e il senso di pacificato benessere cui auspicano i Paesi in rivolta, ma rischiano di cristallizzare mediaticamente in unimmagine scarna liter reale che ha portato in breve tempo alla caduta, uno dopo laltro, dei regimi di Zine el-Abidine Ben Ali e Hosni Mubarak, alla rivolta contro Muammar Gheddafi e a un pericoloso effetto domino negli altri Paesi arabi moderati del Maghreb e del Medio Oriente.
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La dittatura dolce di Ben Ali e la cleptocrazia feroce dei Trabelsi In realt i prodromi di una lotta di potere ed equilibri politici nella piramide familiare a pianta larga domiciliata al palazzo di Cartagine iniziavano a delinearsi fin dal 2007. Due anni prima, nel 2005, Leila Trabelsi Ben Ali, a 47 anni suonati aveva dato prodigiosamente alla luce Mohamed el-Abidine, il primo erede maschio dopo cinque figlie femmine nello stato di famiglia del presidente tunisino. Non solo un insperato lieto evento larrivo del piccolo principe cos celebrato dai media tunisini ma una linea di continuazione dinastica che magistralmente avrebbe potuto assicurare una reggenza ufficiosa negli anni a venire alla iperfertile Leila, per la successione presiQuando il 7 novembre 1987 denziale della famiglia Ben Ali. Indubbiamente lallora primo ministro Ben Ali lanziano capo di Stato, classe 1936 e uno stato di salute sempre pi compromesso, destitu il presidente Habib Bourguiba con un golpe bianco, non sarebbe riuscito, mandato dopo mandato, a trascinarsi la poltrona presidenziale fino il semaforo verde arriv dritto e senza indugi da Washington alla transizione sperata ma questa lacuna Lady Cartagine aveva provveduto a colmarla con unasta del potere battuta esclusivamente nel nutrito entourage familiare di fratelli, nipoti, generi e amici fidati. Del resto, lunica risorsa abbondante della sua modesta biografia familiare nei vicoli poveri e polverosi della Medina di Tunisi erano proprio i fratelli: undici in tutto, a cominciare dal prediletto Belhassen Trabelsi, capo clan della rete di potere politico ed economico corrotto tessuta da Leila e percepita come fastidiosa spina nel fianco della diplomazia americana in Tunisia. Non che gli Stati Uniti soffrissero in precedenza di miopia al cospetto delle cleptocrazie: quando il 7 novembre del 1987 lallora primo ministro Ben Ali destitu ufficialmente per ragioni mediche il vecchio e malato presidente Habib Bourguiba con un golpe bianco, il semaforo verde arriv dritto e senza indugi da Washington. Parigi non ne sapeva ancora niente. E verde rest, negli anni a seguire, anche al cospetto di un mosaico familiare nella gestione del potere che non trascur di domare gli appetiti dei congiunti del presidente dando loro in pasto apparati sempre pi sostanziosi della politica economica del Paese. Oltre al fratello Moncef, condannato in Francia per la couscous connection (traffico internazionale di stupefacenti e denaro riciclato) ma mai estradato, autore di un buco di quattro milioni di dinari nelle banche tunisine, al nipote Kais beneficiario del monopolio dellalcol a Sousse e dei free-shop a Monastir, furono
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i generi di Ben Ali i mariti delle tre figlie di primo letto Dorsaf, Ghazna e Cyrine i veri miracolati del boom economico familiare. Slim Chibub, Marouane Mabrouk e Slim Zarruk, erano i tre uomini doro che si dividevano, non senza rivalit, valanghe di denaro attraverso catene di distribuzione, case farmaceutiche, squadre di calcio, terreni privatizzati, concessionarie automobilistiche, compagnie telefoniche e di comunicazione, imprese pubbliche. Miracolati e litigiosi ma non fessi, tanto da opporsi strenuamente alle seconde nozze del presidente divorziato dalla prima moglie Naima Kefi infine per celebrate con Leila Trabelsi nel 1992 quando gi la coppia aveva messo al mondo due bambine, Nesrine nata nel 1986 e Halima nata proprio nel 1992. La seconda moglie del presidente, ambiziosa e spregiudicata ex parrucchiera, ascesa dallo status di amante di un Ben Ali allepoca ministro dellInterno, a quello di premire dame negli anni della presidenza, seppe starsene buona e tranquilla allombra del potere per una manciata di anni, segregando nelle stanze di palazzo i ruggiti famelici della fratellanza al seguito. Dal 1996 in poi, per, le porte si aprirono e la missione del fratello Belhessan divenne univoca: detronizzare i generi presidenziali delle fanciulle Ben Ali di primo letto e passare allera successiva: quella dei Trabelsi. I corleonesi del suk Loperazione fu condotta nel tempo con tale tenacia, spavalderia e senza un briciolo di savoir-faire da inasprire non pochi animi, tra cui quelli americani. Il vento di Washington aveva gi iniziato a soffiare contrario rispetto al piccolo alleato del Maghreb utile s nel contrastare lintegraLaila Trabelsi, ambiziosa e lismo islamico, ma non cos indispensabile spregiudicata ex parrucchiera, perch dallaltra parte delloceano si dicesse ascesa dallo status che le politiche americane oltre che un po miopi (di fronte alla scarsa propensione di di amante di Ben Ali a quello Ben Ali verso i diritti umani e a un accanimento di premire dame contro la libera informazione) con gli anni negli anni della presidenza erano diventate anche sorde rispetto al grido di aiuto della classe media e della buona borghesia tradizionale, che nel Paese dei gelsomini vivevano sempre pi taglieggiate economicamente e violentate moralmente da una banda di impertinenti e inaffidabili parenti della first lady. A maggior ragione, poi, visto che i corleonesi del suk mostravano, non senza ostentazione, evidente disprezzo per quella nomenclatura vicina agli ambienti militari e vicina allultimo
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Bourguiba e al primo Ben Ali, nella quale gli americani avevano da sempre riposto fiducia e speranza. Gente come Kamel Eltaief, uomo ombra della transizione fra i due presidenti, che aveva partecipato alla destituzione di Bourguiba, diventando poi il braccio destro di Ben Ali, prima della spallata del clan Trabelsi. Quellex potente Kamel che, se non avesse beneficiato dellombrello protettivo degli Usa, per sottrarsi al clan avrebbe potuto scegliersi come unico riparo unultima dimora nel ventre della terra. A irritare ancor pi la Casa Bianca avevano poi contribuito, a cascata, una serie errori strategici operati dalla famiglia al potere. A iniziare dalle lagnanze continue del rais di Cartagine perch il dipartimento di Stato americano rimuovesse lintoccabile ambasciatore americano a Tunisi, Robert Godec, decisamente poco gradito a Cartagine visto che nella roccaforte a stelle e strisce presidiata dai marines, la sua ambasciata, riceveva spesso dissidenti e oppositori politici. E naturalmente riferiva un sacco di cose, intercettate anche da Julian Assange, che su WikiLeaks non si era lasciato sfuggire quel dispaccio in cui sua eccellenza Godec spiegava come mai Sohua Arafat, vedova dellex presidente palestinese Jasser Arafat morto nel 2004 e che dal 2005 viveva in Tunisia, si fosse vista precipitosamente ritirare la cittadinanza tunisina, sua e di sua
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figlia, congelare tutti i beni, sequestrare la lussuosa villa a Gammarth e recapitare un garbato invito a lasciare il Paese nel volgere di poche ore. Delle due o tre cause possibili un matrimonio segreto con Belhassen biasimato da Leila, una richiesta di aiuti economici da parte della vedova di Arafat al leader libico Gheddafi che dopo aver aperto generosamente il portafoglio avrebbe strigliato Ben Ali per la scarsa attenzione verso la famiglia del defunto leader del popolo palestinese lultima senzaltro quella che il diplomatico ha ritenuto pi credibile: una sordida storia di affari fra Souha Arafat e Laila Ben Ali andata male. Le due amiche, gi in societ precedentemente in altri settori, aprirono a fine 2007 Lambasciatore Usa a Tunisi, la prestigiosa Scuola internazionale di Robert Godec, era decisamente Car tagine che si profil subito come unavanguardia nellinsegnamento superiore inviso al rais di Cartagine e, seppur privata, non manc di beneficiare perch nella sua ambasciata dallo stato di 850mila euro di finanziamento riceveva spesso dissidenti pi numerosi benefit, inclusa limmediata e oppositori politici creazione di infrastrutture in tutta larea adiacente. La nuova scuola per soffriva terribilmente la concorrenza del prestigioso liceo Pasteur di Tunisi, da molti anni culla di cultura della classe borghese tunisina. Laila Ben Ali risolse il problema alla radice con una repentina chiusura del liceo Pasteur. Souha confid allambasciatore americano di non aver condiviso tale decisione e per questo di essere entrata in rotta di collisione con il clan Trabelsi. La Francia, per inciso, davanti alla chiusura del proprio prestigioso e storico istituto scolastico, si disse sinceramente dispiaciuta pur tuttavia rimettendosi alle decisioni delle autorit tunisine. Souha e figlia dunque finirono esiliate a Malta e terribilmente infuriate contro i Trabelsi. Sentimento condiviso anche dalla regina Rania di Giordania che divenne livida di rabbia quando scopr che larrampicatrice sociale Leila evidentemente preda di qualche rigurgito strategico giovanile aveva tentato di infilare la nipotina giovane e avvenente nel lettone dello sceicco Maktoum di Dubai, cognato della regina Rania perch coniugato con la sorella di re Hussein di Giordania. Ma la ex proprietaria del ridente salone di bellezza Donna a la Soukra, la scaltra Laila, non era nuova a questo genere di rimpasti sotto le lenzuola, attuati anche per maritare la sua primogenita appena 18enne con lereditiere Sakr Materi,
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riservista dellultima ora, per ogni possibile improvvisa successione a quel trono da tenere in caldo fino a che il piccolo principe Mohamed non fosse cresciuto. Degno infine di nota tra i papabili dinastici del clan e ancora pi inviso agli americani era un altro tra i Trabelsi, tal Imed, non fratello questa volta ma nipote di Laila, talmente adorato dalla zia da far nascere il robusto pettegolezzo che il ragazzo fosse in realt un figlio segreto. Un amore mal riposto visto che il giovane si era brillantemente distinto nella stampa internazionale soprattutto per il vezzo di rubare impunemente yacht da favola di propriet altrui, come quello sottratto in Corsica a Bruno Roger, banchiere Il benservito allera Ben Alia capo della banca daffari Lizard, fatto questo Trabelsi lo assest a cui segu unintricata vicenda giudiziaria lamministrazione Bush quando internazionale degna dei migliori report di Assange. Condoleeza Rice intim al Nonostante la tracotanza assurta a stile presidente di non ricandidarsi di vita il giovane Imed dovette indiscutibilmente pi alle elezioni del 2009 rinunciare alle sue inseparabili pistole col colpo in canna tanto ostentate sui tavoli dei ristoranti quanto temute da ristoratori e non solo quando il console americano a Tunisi, che aveva organizzato il compleanno della figlia in una nota discoteca di Hammamet, non solo se lo vide apparire fra gli invitati quale membro della famiglia presidenziale, ma lo trov fastidiosamente intento a importunare le giovani amiche della festeggiata. Il diplomatico Usa non ci pens due volte, Trabelsi o non Trabelsi, a farlo caricare su una 4x4 e rispedirlo precipitosamente da dove era venuto. Ma il colpo di grazia al clan e il benservito allera Ben AliTrabelsi lo assest lallora amministrazione Bush, annunciandolo a chiare lettere nel settembre 2008. Quando Condoleeza Rice, nel corso di una visita in Tunisia durante un tour del Maghreb, intim al presidente Ben Ali di non ricandidarsi alle elezioni presidenziali che si sarebbero tenute nel 2009. Diktat che il presidente, furioso e preoccupato per aver cos palesemente perso lappoggio degli Stati Uniti, ritenne di poter violare confidando nel dopo Bush. Il popolo vuole la caduta del regime: Obama pure Non arriv a immaginare, lex-supersbirro Ben Ali, che il dopo Bush avrebbe consacrato presidente Barak Obama, il candidato del we can , dei social-network della generazione-web, della campagna elettorale su YouTube, Facebook e Twitter. Quello stesso presidente che oggi teme pi lintegralismo islamico
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che si annida come ultima e unica speranza nelle coscienze dei popoli repressi e sottomessi che la vittoria dei partiti fondamentalisti nel corso di elezioni democratiche. Che guarda alle nuove generazioni del mondo arabo moderato affermando che i giovani hanno fatto la storia rinunciando allidea che la giustizia si pu ottenere meglio attraverso la violenza e che prevalsa la forza morale della non violenza e non quella del terrorismo. Non sappiamo ancora se il presidente americano riuscir a mantenere intatto il blocco delle alleanze del mondo arabo moderato durante i giorni difficili delle road maps delle transizioni di Tunisia ed Egitto, dopo la destituzione dei due ex-presidenti, larresto di alcuni e il fuggi fuggi di molti fra collaboratori, parenti e amici. Non sappiamo se i paesi arabi alleati continueranno domani a vedere Washington come un interlocutore ancora affidabile o matureranno quel sentimento di paura e sfiducia, che gi serpeggia a fronte dei rischi di stabilit nei rispettivi Stati. Di certo il braccio di ferro che Barak Obama ha tenuto con Riad nelle ore che hanno preceduto la caduta di Hosni Mubarak, senza mai allentare la presa, potrebbe regalarci la speranza di non aver sottovalutato i rischi di una posta in gioco nello

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scacchiere internazionale che non solo il prestigio americano in medio Oriente. Linquilino della Casa Bianca il 29 gennaio scorso, mentre gli scontri si facevano sempre pi violenti nelle strade del Cairo, telefonava al re saudita Abdullah chiedendogli sostegno per lauspicata uscita di scena di Mubarak. Richiesta impossibile da sostenere visto che i sauditi non volevano legittimare unuscita di scena cos ingloriosa Obama: i giovani hanno fatto per lottantatreenne presidente egiziano, e la storia rinunciando allidea ancora meno volevano legittimare, per la che la giustizia si pu ottenere seconda volta in pochi giorni, un rapido dietro front Usa davanti a governi oggi in grave meglio attraverso la violenza, difficolt, ma che erano pur sempre stati per e senza far prevalere decenni alleati fedeli. Hosni Mubarak non solo la logica del terrorismo un alleato del Regno ma un amico personale avrebbe detto, secondo quanto riferito dal Times di Londra, il sovrano wahabita al presidente americano, e rincarando la dose avrebbe promesso allEgitto le stesse risorse economiche elargite dagli americani 2,8 miliardi di dollari annui direttamente dalle floride casse del regno se la destituzione di Mubarak non fosse avvenuta. Il resto appena diventato storia. Hussein Tantawi, ministro della Difesa egiziano alla guida del Consiglio militare, ha sciolto il Parlamento, sospeso la costituzione e preso il comando assoluto. I generali hanno mantenuto in piedi lultimo esecutivo di Mubarak impegnandosi al rispetto di tutti i trattati internazionali e i patti di cui lEgitto fa parte. La prima telefonata il Consiglio militare alla guida del Paese lha fatta a Israele. Lultima, che ha decretato luscita di scena di Mubarak, deve essere stata quella decisiva con la Casa Bianca. Per ora ha vinto Obama, un presidente tenacemente persuaso che le dinastie parassitarie non ci proteggeranno pi dal terrorismo islamico, oggi sempre pi innestato nelle nostre metropoli occidentali piuttosto che nei sogni di democrazia e libert delle nuove generazioni arabe che gridano salmia, siamo pacifici.

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Le Rubriche

Europa

Secondi a nessuno: politiche di integrazione per la generazione due


Nel quadro degli orientamenti dellUE e delle politiche nazionali sullintegrazione le seconde generazioni hanno un ruolo sempre pi rilevante quale elemento di contatto e mediazione tra le popolazioni migranti e la societ ospitante
di Maria Assunta Rosa
Viceprefetto - ministero dellInterno
Il peso sempre pi significativo assunto dalle seconde generazioni in Europa e in Italia rende sempre pi necessari interventi politico-istituzionali mirati a rimuovere le barriere socio-culturali tuttora esistenti allintegrazione di questi cittadini, che vivono in una condizione identitaria frammentata, sospesi a met tra cultura dorigine e societ ospitante, col rischio di essere vittime del pregiudizio Restano decisivi gli aspetti delle popolazioni autoctone. dellistruzione e della La Commissione Europea, pertanto, invita gli Stati membri ad adottare le misure necesoccupazione. Anche il sarie a garantire la giusta integrazione di successo dei nuovi cittadini questi nuovi cittadini, focalizzandosi, tra le dipende dal loro inserimento altre cose, su aspetti centrali come loccupanella scuola e nel lavoro zione e listruzione. A tale proposito, rifacendosi al terzo dei Principi fondamentali comuni per lintegrazione in Europa 1 , lAgenda comune per lintegrazione considera laccesso al mercato del lavoro una componente essenziale per integrare positivamente i cittadini provenienti da Paesi terzi e individua nellelevato tasso di disoccupazione degli stranieri rispetto agli autoctoni un aspetto fallimentare delle politiche migratorie adottate da molti Stati membri, soprattutto perch il dato si riferisce anche alle

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Loccupazione una componente fondamentale del processo d'integrazione ed essenziale per la par tecipazione degli immigrati, per il loro contributo alla societ ospite e per la visibilit di tale contributo.

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I progetti Fei per le seconde generazioni

seconde e terze generazioni di giovani migranti. Rimediare a tale condizione una priorit anche nellambito della Strategia europea per loccupazione, che auspica interventi di carattere nazionale al fine di valorizzare al meglio il potenziale dei migranti. Anche listruzione un elemento cardine per lintegrazione, fissato dal quinto dei Principi fondamentali comuni che fa diretto riferimento alle seconde generazioni: Gli sforzi nel settore dell'istruzione sono cruciali per preparare gli immigrati e soprattutto i loro Uno degli obiettivi del Fei discendenti a una partecipazione pi effettiva di valorizzare il protagonismo e pi attiva alla societ. In merito a ci, sociale dei giovani di seconda lAgenda promuove il ruolo essenziale svolto dai sistemi di istruzione e formazione dei generazione, sostenendo diversi Stati membri per lintegrazione dei le iniziative di partecipazione nuovi giovani immigrati, con particolare rifeattiva a livello locale rimento alle seconde e terze generazioni, soprattutto relativamente allapprendimento linguistico. Il successo di questi nuovi cittadini, infatti, dipende in larga misura dal livello di istruzione e dalle qualifiche ottenute. Le scuole, inoltre, costituiscono un luogo privilegiato per conoscere a fondo la societ in cui si vive e rappresentano un ponte culturale che favorisce la promozione di pluralismo e diversit. Il Fei e le seconde generazioni La programmazione per il 2011 del Fondo europeo per i cittadini di Paesi terzi (Fei) prevede due azioni dedicate rispettivamente alla formazione civico-linguistica e ai progetti giovanili , unitamente a un focus sulle seconde generazioni. Nello specifico, particolare attenzione sar riservata allassociazionismo dei cittadini stranieri e alle associazioni giovanili, soprattutto con riferimento alle seconde generazioni, al fine di promuoverne la partecipazione attiva alla vita sociale del Paese. Tra gli interventi previsti si evidenziano quelli volti a fronteggiare fenomeni di disagio di minori stranieri, attraverso lattivazione di servizi di unit di strada che realizzino azioni di recupero e invio ai servizi locali, anche valorizzando la metodologia della peer education . In un quadro pi generale, il Fei intende valorizzare il protagonismo sociale dei giovani immigrati e delle seconde generazioni. A tale scopo, si prevede di sostenere le iniziative di partecipazione attiva a livello locale, per favorire lo sviluppo del dialogo e dello scambio con le istituzioni e per creare
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Europa

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concrete opportunit di integrazione sociale, formativa e occupazionale. In tale prospettiva si evidenzia il ruolo privilegiato dei Consigli territoriali per limmigrazione che, alla luce delle consultazioni attivate a sostegno della programmazione annuale per il 2011, hanno segnalato la necessit di un pi attivo coinvolgimento delle seconde generazioni, per migliorare i processi di comunicazione e favorire l'interculturalit. In riferimento al contesto nazionale, invece, il Fei intende dare attuazione agli obiettivi strategici indicati dal Piano per lintegrazione nella sicurezza: Identit e incontro", approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 giugno 2010, che traccia le principali linee di azione e gli strumenti da adottare al fine di promuovere un efficace Lesempio di quanto realizzato percorso di integrazione delle persone immigrate, in grado di coniugare accoglienza e nella provincia di Ancona sicurezza. Il Piano, che individua la sfida pi dalla cooperativa sociale difficile nei giovani che crescono contempoGemma, attraverso focus raneamente nellambiente familiare che group sugli studenti stranieri esprime la loro cultura di origine allinterno in singoli contesti territoriali della nostra tradizione nazionale, si basa su cinque principi basilari di integrazione, tra cui quello relativo a Minori e seconde generazioni. Tali principi saranno oggetto privilegiato di analisi nellambito degli interventi destinati allo scambio di esperienze e buone pratiche, cui la programmazione pluriennale e annuale del Fei dedica unapposita azione. Nel quadro delle politiche nazionali in materia di integrazione, dunque, le seconde generazioni assumono un ruolo sempre pi rilevante quale elemento di contatto e mediazione tra le popolazioni migranti e la societ ospitante, anche in virt dello status erroneamente bivalente di autoctono/straniero. Abitanti di una terra di mezzo che non riconosce loro il diritto di cittadinanza, pur vedendoli adempiere a tutti i doveri che lessere italiano comporta, tali cittadini sono di fatto i portavoce pi accreditati di una cultura dellintegrazione consapevole e attiva, capaci di vivere immersi nella propria italianit, al contempo conservando e valorizzando il bagaglio culturale genitoriale. Due esempi di progetti per le seconde generazioni

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Europa

Progetto Il Mondo a scuola. Strategie di gestione delle problematiche connesse alla costruzione dell'identit in adolescenti in bilico tra due culture. La cooperativa sociale onlus La Gemma ha realizzato sul territorio della provincia di
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Ancona il progetto Il Mondo a scuola, il cui obiettivo quello di individuare strategie di gestione delle problematiche connesse alla costruzione dell'identit in adolescenti di seconda generazione. Il progetto prevede la realizzazione di focus group di studio e ricerca per lindividuazione delle caratteristiche specifiche che lintegrazione dei giovani studenti di origine straniera assume nei singoli contesti territoriali. Le attivit progettuali non si rivolgono unicamente ai giovani di origine immigrata, ma anche a insegnanti di undici istituti di istruzione secondaria di secondo grado e mediatori interculturali, attraverso la progettazione ed erogazione di corsi di formazione (uno per ogni provincia coinvolta: Ancona, Macerata, Fermo, per un totale di 18 giornate e 126 ore di lezioni interattive) per lapprofondimento di tematiche specifiche e per la costruzione di gruppi di lavoro capaci di porre in essere azioni integrate di prevenzione, elaborazione e gestione del conflitto rivolte ai singoli alunni, al gruppo-classe, agli insegnanti e alle famiglie. Gli istituti coinvolti saranno anche sede per la sperimentazione di micro-progetti realizzati dagli insegnanti e dai mediatori. A conclusione degli interventi previsti, si proceder alla valutazione delle attivit e allindividuazione di buone prassi che saranno raccolte in una pubblicazione finale e diffuse attraverso la realizzazione di un convegno regionale e lattivazione di reti territoriali, con la partecipazione della provincia di Ancona e della provincia di Fermo. Progetto Amici Fei. Aiutare il processo di integrazione dei giovani stranieri e italiani offrendo loro informazioni adeguate per una reciproca conoscenza e favorendo le opportunit di incontrarsi e lavorare insieme per la costruzione di una societ in grado di integrare i propri cittadini. Questo il principio che ha guidato il progetto Altre esperienze compiute AmiciFei, realizzato dal dipartimento nelle province di Alessandria, della Giovent della presidenza del Consiglio dei ministri, con il coinvolgimento dei Consigli Macerata e Bari, anche territoriali per limmigrazione. attraverso un portale web, Nelle province di Alessandria, Macerata una web radio e una rivista e Bari, le attivit progettuali hanno mirato a per i giovani stranieri coinvolgere giovani stranieri e italiani di et compresa tra i 14 ed i 29 anni in iniziative di sensibilizzazione in materia di immigrazione e integrazione. Sono stati organizzati eventi di natura sportiva e culturale quali opportunit di incontro tra i giovani per superare le distanze etniche e avvicinare le diverse culture che compongono
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I progetti Fei per le seconde generazioni

i territori coinvolti. Tra le altre attivit figurano sei focus group per la rilevazione delle esigenze dei gruppi target del progetto; tre Camminate di quartiere per lindividuazione degli spazi di aggregazione e integrazione per i giovani; tre workshop territoriali per lorganizzazione di gruppi di lavoro tematici. La campagna di sensibilizzazione del progetto ha visto anche il lancio di un portale web, una web-radio (Kalimba) e una rivista (Next), quali mezzi di comunicazione per favorire lo scambio culturale e linterazione tra le persone appartenenti alle diverse culture presenti sul territorio. La realizzazione di una guida per i giovani stranieri, inoltre, ha risposto allobiettivo di valorizzare le politiche sin qui attuate dal dipartimento della Giovent.

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Progetti giovanili 2009 Soggetto attuatore Ministero della Giustizia Provincia di Parma Accoglienza migranti don Renato Monolo Onlus Provincia di Milano Associazione C.R.E.A. Comune di Prato CEIS - Centro italiano di solidariet Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna Istituto comprensivo 11 Verona rete Tante Tinte Promidea coop. sociale ORSO - Organizzazione per la ricreazione sociale Amministrazione provinciale di Arezzo Cantiere giovani Associazione culturale il Grifo e il Leone C.R.I.S.I. S.c.a.r.l. onlus Coop. sociale onlus La Gemma Nome del progetto Centro giovani polivalente Interventi a supporto dellintegrazione nelle scuole superiori parmensi IncontrARTI: laboratori interculturali per l'inclusione sociale e lorientamento dei giovani stranieri nel territorio Non uno di meno. Ragazze e ragazzi stranieri nellistruzione superiore Empowerment dei giovani immigrati nellarea prenestina: un obiettivo a breve termine Living Jambo SeiPi Intrecci culturali nelle scuole veronesi Una scuola extra N.O.I. Nuovi orizzonti Interculturali: integrazione ed educazione interculturale tra scuola e territorio Orientamenti: giocare danticipo per l'integrazione Campania regionale Interculturale Migrant Women 2010 - 2011 A scuola dellaltro, a scuola con laltro Il mondo a scuola. Strategie di gestione delle problematiche connesse alla costruzione dell'identit negli adolescenti in bilico tra due culture

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Flussi ridotti e pi disoccupazione: cos la crisi morde sugli immigrati


Si riducono gli arrivi di stranieri in Italia specialmente nella componente femminile mentre i lavoratori gi presenti sul territorio vedono aumentare i licenziamenti e i mancati rinnovi contrattuali
di Gian Carlo Blangiardo e Stefania Rimoldi
Dipartimento di Statistica - Universit degli studi di Milano Bicocca
Crisi economica e flussi migratori: le dinamiche pi recenti Gli effetti della recente crisi che ha investito le economie mondiali si sono osservati in Italia gi a partire dai primi mesi del 2008. Un anno dopo la performance Prodotto interno lordo ha raggiunto il peggior valore registrato negli ultimi 30 anni, per poi risalire gradualmente, nel corso del 2010, ai valori pre-crisi. Allandamento non positivo del Pil ha corrisposto una contrazione altrettanto negativa della spesa delle famiglie per beni e servizi e dellammontare degli investimenti fissi lordi. La flessione sul fronte delloccupazione risulta ritardata rispetto alle altre variabili macroeconomiche e pertanto gli effetti della crisi nel mercato del lavoro risultano pi marcati nella parte centrale del 2009. In un contesto caratterizzato da mutamenti cos intensi, pur nella consapevolezza che al fine di spiegare le variazioni dei movimenti migratori verso il nostro Paese andrebbero tenuti in considerazione anche gli effetti della crisi sulle economie dei Paesi di provenienza e degli altri Paesi europei competitivi con lItalia rispetto alle traiettorie degli immigrati, tra gli interrogativi riguardanti la componente straniera della popolazione che insiste sul territorio nazionale si possono avanzare i seguenti: la evidente riduzione delle opportunit e, in generale, il peggioramento delle condizioni economiche in Italia derivanti dalla crisi hanno agito come effetto frenante sulla pressione migratoria alle porte del nostro Paese? Tale effetto stato generalizzato o selettivo rispetto alle caratteristiche dei migranti (tipicamente il genere, la condizione di regolarit e lanzianit della presenza)?
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Occorre valutare come leffetto di rallentamento della pressione sia stato generalizzato o selettivo rispetto alle caratteristiche dei migranti: genere, condizione di regolarit e anzianit della presenza

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Labor

Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

Una prima valutazione pu essere fatta in base allo stock di stranieri presenti. Tra il 2003 e il 2010 la popolazione straniera presente in Italia aumentata a un ritmo medio annuo di circa 430mila unit. La componente pi dinamica certamente quella dei residenti per i quali si registra un tasso di incremento medio annuo del 15,6% (corrispondente a un tempo di raddoppio di meno di cinque anni). La crescita dello stock complessivo di stranieri, tuttavia, non stata uniforme nel periodo considerato: il 2007, infatti, sembra segnare linizio di un seppur minimo rallentamento della velocit di crescita (le variazioni percentuali rispetto allanno precedente diminuiscono), anche se tale fenomeno sembrerebbe riguardare meno i residenti.
Tabella 1. Stranieri in Italia per tipologia della presenza al 1 gennaio. Anni 2003 - 2010 (dati in migliaia)

Labor

Totale presenti Residenti Regolari non residenti Irregolari Valore assoluto Incidenza % Variazione % sul tot. rispetto residenti allanno precedente

2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

1.549 1.990 2.402 2.671 2.939 3.433 3.895 4.279

251 580 338 341 694 244 521 497

500 250 443 650 349 651 422 544

2.300 2.820 3.183 3.662 3.982 4.328 4.838 5.320

4,0 4,9 5,4 6,2 6,7 7,3 8,1 8,8

22,6 12,9 15,0 8,7 8,7 11,8 10,0

Fonte: elaborazioni su dati Istat e Ismu

Proprio con riferimento alla componente irregolare, va detto che landamento altalenante che la caratterizza in gran parte il risultato degli effetti richiamo-svuotamento provocati dai diversi provvedimenti di sanatoria (reali o che si sono rivelati come tali) che si sono succeduti negli anni (Blangiardo, 2010), cui va aggiunto leffetto allargamento dellUnione Europea con particolare riferimento allingresso della Romania a partire dal 2007. La dinamica migratoria relativa alla componente straniera pi stabile, quella dei residenti, pu essere letta anche attraverso
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Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

Tabella 2. Saldo migratorio della popolazione straniera. Anni 2005 - 2009

Interno 2005 2006 2007 2008 2009 1,8 4,4 2,9 2,3 2,4

Estero 105,2 84,7 155,3 128,2 92,2

Altro 30,3 45,6 26,2 25,7 23,5

Totale 105,8 95,7 155,0 125,2 84,6 2005-2006 2006-2007 2007-2008 2008-2009

Totale 44,0 68,5 111,5 112,4

Estero 101,2 100,5 96,3 98,4

(a) Lindicatore rappresenta la % di variazione del saldo migratorio dovuta alla variazione del tasso di immigrazione

Fonte: elaborazioni su dati Istat

La contrazione di arrivi pi consistente si verificata nel 2009 e nella prima met del 2010. Decisamente pi contenuta la crescita delle provenienze dalla Romania, dallAlbania e in generale dai Paesi dellEst Europa

i flussi derivanti dai registri anagrafici, declinati secondo la tipologia interno/estero. Considerando il bilancio anagrafico dei cittadini stranieri nel quinquennio 2005-2010 si coglie un sensibile calo del saldo migratorio per 1000 residenti, in particolare per la componente che riguarda gli scambi con lestero, per la quale si registra gi nel 2008 una diminuzione pari a oltre 25mila unit che diventano oltre 95mila nel corso del 2009. Una tale variazione, come risulta evidente dalla parte destra della tabella 2, quasi completamente attribuibile alla diminuzione delle immigrazioni: tale variazione ha un peso pari al 98%, mentre laumento delle emigrazioni verso lestero ha un impatto del tutto residuale. Alla luce di questultima considerazione, se si considerano le pi recenti risultanze del movimento anagrafico della popolazione residente in Italia relativo alla prima met del 2010 e tenendo conto che i flussi di iscrizione dallestero derivano quasi esclusivamente da quelli degli stranieri (la quota delle iscrizioni dallestero di stranieri sul totale delle iscrizioni dallestero stata mediamente pari al 91% nel quinquennio 2005-2009), si notano ulteriori segnali di rallentamento, nel primo e nel secondo trimestre del 2010. In definitiva, dunque, almeno con riferimento alla dinamica dei flussi complessivi dallestero si osserva un calo piuttosto consistente nel 2009 e nella prima met del 2010. Per quanto riguarda leventuale effetto selettivo rispetto alle caratteristiche dei migranti, i dati ufficiali ci consentono qualche considerazione in merito alla provenienza. Per le nazionalit pi consistenti, Romania e Albania evidente, nel corso del 2009, un deciso contenimento della crescita. Vale la pena di osservare come tale andamento sia generalizzato a tutte le provenienze dellEst Europa, talvolta anche con variazioni
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Labor

Saldo migratorio per 10 0 0 residenti

Contributo % delle immigrazioni alla variabilit del saldo migratorio (a)

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Tabella 3. Movimento anagrafico della popolazione residente, iscrizioni dallestero 2007-2010

Trimestre

2007 569.957 462.231 478.879 551.143 2.062.210

Labor

2008 (valori assoluti) 562.498 473.753 484.808 525.659 2.046.718

2009 493.071 448.755 425.842 482.814

2010 483.064 429.096 -

I II III IV Totale annuo

1.850.482

(numeri indice: base 2007 = 100) I II III IV Totale annuo


Fonte: elaborazioni su dati Istat

100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

98,7 102,5 101,2 95,4 99,2

86,5 97,1 88,9 87,6 89,7

84,8 92,8 -

marcate come nel caso della Polonia (da +24,4% nel periodo 2007/08 a + 6,3% nel periodo 2009/10) o della Moldova (da +30,4% nel periodo 2008/09 a +18% nel periodo 2009/10). Si nota una diminuzione del ritmo di crescita anche per talune altre provenienze come Marocco e Tunisia, anche se con toni pi attenuati.
Tabella 4. Saldi migratori, interno e con lestero, per genere. 2005-2009

Saldo migratorio interno Maschi 2005 2006 2007 123.224 105.378 224.390 214.539 166.131 Femmine 143.605 132.236 270.495 254.987 208.324

Saldo migratorio con lestero Maschi 2.736 6.952 5.339 4.963 6.263 Femmine 1.812 5.525 3.929 3.462 3.678

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2008 2009
Fonte: Istat

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Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

Gli effetti selettivi rispetto al genere sui flussi migratori in periodi di crisi economica non emergono dalla composizione dello stock di residenti, le cui variazioni appaiono irrilevanti e non sembrano mostrare alcuna dinamica sistematica rispetto alla dicotomia pre/post crisi. Levoluzione dei saldi migratori, invece, in particolare di quelli con lestero, fa segnare un aumento del gap tra maschi e femmine nel tempo; il saldo migratorio con lestero dei maschi nel 2009 arriva a essere il doppio di quello delle femmine. La crisi economica sembrerebbe, dunque, aver influito in maniera diversa nei confronti delle due popolazioni: le decisioni migratorie della popolazione femminile, ancorch maturate nellambito di scelte familiari, sembrerebbero pi elastiche di quelle maschili alle variazioni delle prospettive economiche nel Paese di destinazione, valutate ovviamente in relazione alle perdite collegate allemigrazione. Va tuttavia detto che qui non si coglie ancora leffetto di femminilizzazione dei flussi derivante dalla sanatoria del 2009. I lavoratori immigrati alle prese con la crisi economica Tra il 2008 e il 2009, per la popolazione straniera si segnala una sensibile contrazione dei tassi di occupazione (- 5 punti percentuali) e un netto aumento dei tassi di disoccupazione (+3,7 punti percentuali). Per quanto riguarda landamento dell occupazione va detto che esso deriva non gi dalla diminuzione del numero di occupati (che nel periodo considerato sono aumentati del 36%) ma dallaumento dellofferta di lavoro dovuta alla crescita della popolazione straniera, che non ha trovato sfogo in un adeguato incremento delle opportunit occupazionali. Laumento del tasso di disoccupazione, invece, particolarmente marcato per la componente maschile, esprime lintensit con cui le mutate condizioni economiche hanno influito sulle condizioni lavorative degli stranieri. La minore incidenza della crisi economica sulla disoccupazione femminile si deve per lo pi attribuire alla specializzazione produttiva che le donne straniere hanno sviluppato in Italia, in particolare nel settore dei servizi alle famiglie (Zanfrini, 2010) che risulta indubbiamente meno strutturato e rigido di altri settori; una flessibilit che si coglie sia a partire dalla fase della definizione del contratto di lavoro, sia con riferimento al mantenimento della condizione di regolarit lavorativa nel tempo. Non tuttavia possibile apprezzare la misura in cui tale flessibilit possa essere vista positivamente, come capacit di riallocarsi sul mercato al variare della domanda, e
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Tra il 2008 e il 2009 la contrazione dei tassi di occupazione dei lavoratori immigrati stata di 5 punti percentuali mentre stato di 3,7 punti percentuali laumento dei tassi di disoccupazione

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Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

I risultati dellindagine sui percorsi lavorativi condotta da Ismu/Censis nei mesi di lugliosettembre 2009 su un campione di circa 13mila unit

quanto invece debba essere interpretata come un fattore latente di penalizzazione delle donne nel mercato del lavoro, un elemento che non emerge minimamente dalle statistiche ufficiali. Per cercare di far luce sulle condizioni lavorative degli stranieri presenti in Italia durante la crisi economica e sulla diversit di adattamento in base alle loro caratteristiche strutturali si far qui di seguito riferimento ai risultati dellIndagine sui percorsi lavorativi (Per.La) condotta da Ismu/Censis nei mesi di luglio-settembre 2009 su un campione di circa 13mila unit rappresentativo delluniverso degli stranieri ultra18enni provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria (Pfpm) che stanno svolgendo o hanno svolto negli ultimi 12 mesi unattivit lavorativa regolare. Attraverso questi dati, in primo luogo, ci si propone di verificare se, ed eventualmente in quale misura, la condizione occupazionale degli immigrati abbia risentito degli effetti negativi della crisi economica e, secondariamente, ci si interrogher su quali caratteristiche dellimmigrazione, in particolare il genere, la condizione giuridica e lanzianit della presenza in Italia, possano spiegare la differente intensit di reazione alle mutate condizioni economiche. Si deve anzitutto osservare come, al momento dellintervista, solo il 7,1% dei 13.006 soggetti indagati risultava disoccupato. Tuttavia, al fine di rilevare gli eventuali mutamenti intervenuti con la crisi economica, si ritenuto opportuno considerare come unit di analisi non gi gli individui ma i loro rapporti lavorativi. Va tuttavia sottolineato come linsieme cos individuato sia solo parzialmente rappresentativo delluniverso dei rapporti lavorativi che sono stati avviati, ed evidentemente conclusi, nellintervallo 2000/09, essendo qui esclusi tutti i rapporti lavorativi degli individui che sono usciti dalla popolazione in osservazione, perch caduti in condizione di irregolarit lavorativa o perch emigrati. Sono 25.558 i rapporti lavorativi considerati, il 56,6% dei quali, 14.462 casi, si interrotto. Di questi ultimi possibile conoscere, in particolare, il periodo in cui si verificata linterruzione1 e le circostanze che lhanno determinata.

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Labor

1 Gli eventi sono stati raggruppati in due periodi, 2000-2007 e 2008-2009, avendo

identificato nellanno 2007 lanno in cui si verificata la crisi economica. Vengono qui trascurati gli eventi (numericamente irrilevanti) di interruzione verificatisi prima del 2000.

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Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

Lincidenza delle cause di interruzione pi direttamente riconducibili alla crisi economica il licenziamento o il non rinnovo del contratto, e la chiusura dellazienda aumenta sensibilmente nel biennio 2008/09 rispetto al periodo precedente, passando dal 30,6% al 54% delle frequenze. In particolare, si segnala il raddoppio dellimportanza relativa del mancato rinnovo del contratto di lavoro, che passa dal 13,7% al 26,1%.
Tabella 5. Rappor ti di lavoro interrotti secondo la causa e il periodo dellevento

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Contratto non rinnovato

Chiusura azienda

Cambio residenza

Altra offerta pi vantaggiosa

Altro

Totale (a)

2000-2007 2008-2009 Totale

14,1 20,2 15,0

13,7 26,1 15,9

2,8 7,7 3,9

7,2 3,6 6,5

49,7 26,4 45,4

12,5 16,2 13,3

100,0 100,0 100,0

(a) Il totale al netto delle mancate informazioni

Fonte: elaborazioni su dati Indagine Per.La

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La condizione di chi caduto nella irregolarit e di chi ha scelto di emigrare in un altro Paese

Daltro canto, la mobilit lavorativa (e anche quella residenziale) legata alla ricerca di condizioni pi vantaggiose, che nel periodo 2000/07 rappresenta circa il 50% delle cause di interruzione, si riduce drasticamente a poco pi del 26%. A proposito dei rapporti di lavoro non contemplati in questa analisi, cio quelli relativi alla popolazione uscita dallosservazione, occorre distinguere tra coloro che sono usciti perch caduti in irregolarit lavorativa e coloro che sono usciti per emigrazione verso unaltra destinazione. Per i primi ragionevole ipotizzare che la crisi economica abbia influito, aumentando la probabilit di caduta nellirregolarit, mentre per i secondi altrettanto legittimo supporre che la scelta di lasciare lItalia si sia basata su un rapporto favorevole tra la rinuncia e il perseguimento di opportunit lavorative in Italia rispetto ad altre destinazioni pi competitive o addirittura al rientro nel Paese dorigine. In entrambi i casi, leffetto distorsivo sulla composizione della popolazione indagata a causa dellinterruzione derivante dallesclusione nellanalisi dei rapporti lavorativi degli usciti, pu essere considerato al pi neutro se non addirittura rafforzativo delle considerazioni espresse per la popolazione oggetto di queste analisi che, almeno sotto il profilo della regolarit nel lavoro, si presenta indubbiamente come un sottogruppo privilegiato.

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Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

Differenziali territoriali La strategia di campionamento adottata consente lapprofondimento con riferimento ad alcune province rappresentative delle diverse aree del territorio italiano. Riguardo alla totalit dei rapporti lavorativi interrotti nel periodo 2000-2009, si osserva come lottenimento di offerte lavorative pi vantaggiose sia frequentemente motivo di interruzione del rapporto di lavoro, in particolare nelle province dellarea economicamente pi dinamica del nostro Paese, come quelle di Milano e Torino, dove rappresenta circa il 62% delle cause di interruzione. Queste province sono anche quelle in cui incidono con minor vigore le cause peggiorative della condizione lavorativa, come il licenziamento, il mancato rinnovo del contratto e la chiusura dellazienda. Con riferimento a questo insieme di cause vanno segnalati alcuni estremi nelle rispettive incidenze che, tuttavia, solo parzialmente sembrano potersi ricondurre al consueto divario Nord-Sud: lincidenza pi elevata del mancato rinnovo del contratto si osserva nella provincia di Bologna con il 48,4%
Figura 1. Incidenza delle cause di interruzione del rapporto di lavoro: variazione in punti percentuali tra il periodo 2000-07 e 2008-09

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Fonte: elaborazioni su dati Indagine Per.La

Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

In provincia di Prato le performance pi pesanti delle cause peggiorative dei rapporti di lavoro

delle interruzioni, mentre essa conta solo per il 9,5% a Palermo e per l8,2% a Napoli. Qui, rispettivamente con il 29,3% e il 28,1% delle cause di interruzione, il licenziamento prevale nettamente; al contrario questultima causa di risoluzione riguarda solo il 4,8% dei contratti a Milano, il 3,3% a Torino e il 2,4% a Vicenza. Rimini, Ancona e Prato si distinguono, invece, per lincidenza particolarmente elevata delle chiusure aziendali (10,6%, 10,4% e 9,1%, rispettivamente). Passando ora ad analizzare i differenziali di incidenza delle diverse cause rispetto al periodo in cui si verificato levento, si pu osservare come i rapporti lavorativi interrotti per cause migliorative (unofferta pi vantaggiosa) vedono ridurre la loro incidenza di circa 40 punti percentuali per Torino e Prato; in particolare in provincia di Prato si osservano le peggiori performance, in quanto le cause peggiorative (licenziamento, mancato rinnovo del contratto, chiusura azienda) aumentano di oltre 60 punti percentuali. Si pu notare anche come nelle province di Milano e Torino prevalga la diminuzione delle cause migliorative sullaumento delle cause peggiorative. Le caratteristiche degli stranieri Le reazioni dei lavoratori stranieri alle mutate condizioni del mercato del lavoro che si verificano in periodi di contrazione economica si differenziano rispetto alle caratteristiche dei soggetti che le esprimono. In particolare si prende qui in considerazione linfluenza del genere, della condizione giuridica e dellanzianit della presenza in Italia.

Tabella 6. Incidenza (a) delle cause di interruzione del rappor to di lavoro secondo il genere: variazione in punti percentuali tra il periodo 2000-07 e 2008-09

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Maschi Femmine Totale

+4,9 +7,4 +6,1

+13,1 +11,6 +12,3

+6,1 +3,4 +4,8

-3,0 -4,4 -3,7

-22,2 -24,5 -23,3

+0,9 +6,3 +3,5

(a) Sul totale dei rapporti di lavoro interrotti Fonte: elaborazioni su dati Indagine Per.La

Rispetto alla situazione pre-crisi, per quanto riguarda il genere si osserva un incremento maggiore dellincidenza delle cause peggiorative in corrispondenza della popolazione maschile
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Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

La differenza dellimpatto della crisi sugli immigrati uomini e donne in ragione dei diversi settori lavorativi nei quali sono impegnati

Generalmente a una maggiore anzianit migratoria corrisponde una minore precariet lavorativa

(+24% contro +22% per le femmine); per la sola causa licenziamento si rileva uno svantaggio delle femmine. Ci sembra dovuto, come gi detto, alla specializzazione lavorativa delle donne immigrate in Italia e, pi in generale, alla minore presenza delle donne nei mercati del lavoro pi sensibili alle variazioni congiunturali delleconomia come il manifatturiero e quello delle costruzioni, in cui, invece, straordinariamente rilevante la presenza dei maschi immigrati (Awad, 2009). Con riferimento alla condizione giuridica, va precisato che le informazioni disponibili non consentono lesame delle situazioni di irregolarit, non essendo presenti nel campione, tuttavia possibile notare chiaramente una maggiore fragilit in corrispondenza di alcuni sottogruppi: quello dei soggiornanti a tempo determinato , per i quali la crisi ha dato luogo soprattutto al mancato rinnovo dei contratti di lavoro e il sottogruppo di coloro che posseggono un altro titolo valido , sui quali i licenziamenti e la chiusura delle aziende hanno infierito con maggiore severit. Vale la pena notare, inoltre, come la diminuzione delle opportunit di miglioramento della propria condizione lavorativa (offerta pi vantaggiosa) risulti direttamente collegabile al grado di stabilit nella regolarit: sono infatti i neocomunitari e i cittadini extracomunitari soggiornanti di lungo periodo a far segnare le pi elevate diminuzioni di interruzioni dovute a offerte pi vantaggiose (-27% e -29%, rispettivamente). La maggiore stabilit collegata anche a una presenza di pi lungo periodo sul territorio italiano e, dunque, quanto appena osservato riscontrabile anche in corrispondenza del sottogruppo degli stranieri immigrati da lunga data (prima del 2000): per questi ultimi la diminuzione delle interruzioni per miglioramento (-35,4%) assume un rilievo di gran lunga pi elevato dellaumento delle cause peggiorative (+26,9%). Si noti, inoltre, come a una maggiore anzianit migratoria corrisponda una minore precariet lavorativa: in corrispondenza di questa categoria di lavoratori, infatti, che si rileva il pi basso incremento delle interruzioni per contratto non rinnovato (+10,3%). Infine, si osserva un sostanziale aumento delle altre cause di interruzione del rapporto di lavoro, allaumentare dellanzianit migratoria; tale aumento, riscontrabile in misura elevata anche tra le femmine e gli stranieri pi stabili, pu essere almeno parzialmente riconducibile a interruzioni di tipo volontario, legate alle famiglia, nellambito di un processo di maturazione del fenomeno migratorio che vede consolidare la struttura dei rapporti familiari e ne rivaluta il ruolo alla luce di una eclatante riduzione delle opportunit lavorative.

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Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

Tabella 7. Incidenza (a) delle cause di interruzione del rappor to di lavoro secondo la condizione giuridica: variazione in punti percentuali tra il periodo 2000-07 e 2008-09

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Neocomunitari P.S. per CE di lungo periodo P.S. a tempo determinato Altro titolo valido In attesa del permesso o altro titolo valido Doppia cittadinanza Totale

+6,1 +11,7 +1,0 +8,9

+14,8 +9,8 +12,9 +13,0

+3,7 +7,1 +3,5 +9,7

-2,8 -5,1 -3,2 -6,3

-27,1 -29,2 -15,0 -24,0

+5,1 +5,4 +0,6 -1,3

+6,8 +2,4 +6,1

+2,9 +13,9 +12,3

+6,5 +1,2 +4,8

-11,8 -3,8 -3,7

-9,5 -4,7 -23,3

+5,1 -9,1 +3,5

(a) Sul totale dei rapporti di lavoro interrotti

Tabella 8. Incidenza (a) delle cause di interruzione del rappor to di lavoro secondo lanno di arrivo in Italia: variazione in punti percentuali tra il periodo 2000-07 e 2008-09

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Altro

20 08-20 0 9 200 5-2007 200 0-20 04 <2000 Totale

-7,5 +4,5 +5,3 +6,1

+10,5 +11,2 +10,3 +12,3

+2,3 +7,1 +11,3 +4,8

-1,8 -5,2 -3,9 -3,7

-4,8 -25,0 -35,4 -23,3

+1,4 +7,4 +10,7 +3,5

(a) Sul totale dei rapporti di lavoro interrotti Fonte: elaborazioni su dati Indagine Per.La

Conclusioni Sul fronte della pressione migratoria, la crisi economica sembra aver agito come fattore frenante dei flussi migratori, in particolare per la componente femminile. Il veloce ritmo di crescita rilevato per il complesso degli stranieri presenti in Italia mostra segnali di rallentamento a partire dal 2007. Per i residenti si coglie, nel quinquennio 2005 -2010, un sensibile calo del saldo migratorio con lestero (una variazione quasi completamente attribuibile alla diminuzione delle immigrazioni), soprattutto in corrispondenza delle donne, le cui decisioni migratorie
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Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

Al Nord diminuiscono i miglioramenti, al Sud aumentano i peggioramenti delle condizioni lavorative

risulterebbero pi sensibili alle variazioni delle condizioni economiche. Le conseguenze della crisi sui lavoratori stranieri gi presenti sul territorio nazionale, invece, sembrano incidere maggiormente sulla componente maschile, per la quale si rileva un considerevole aumento del tasso di disoccupazione che risulta raddoppiato tra il 2007 e il 2010. Attraverso lanalisi delle cause di interruzione dei rapporti lavorativi regolari degli stranieri si osserva, a partire dal 2008, un netto aumento delle cause peggiorative (licenziamento, contratto non rinnovato e chiusura azienda) e una altrettanto forte diminuzione delle cause migliorative (offerta pi vantaggiosa). Nelle aree economicamente pi forti del Paese (le province di Milano e Torino) si tratta soprattutto di una diminuzione di opportunit di miglioramento mentre per alcune realt dellItalia centrale e meridionale incide maggiormente laumento delle cause peggiorative.

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Gli effetti della crisi sulla popolazione migrante

Laumento dellincidenza delle cause peggiorative risulta relativamente maggiore tra i maschi; concordemente con quanto emerge dai dati sulla disoccupazione, ci da ricondursi alla specializzazione produttiva delle donne straniere nel settore dei servizi alle famiglie, meno regolamentato e strutturato dei settori produttivi riservati agli uomini. Le posizioni giuridiche pi fragili riguardano i lavoratori a tempo determinato e i lavoratori in attesa di un titolo di soggiorno: per costoro incide con maggiore severit il mancato rinnovo dei contratti di lavoro e la chiusura delle aziende. Regolarit e stabilit sono strettamente correlate alla durata della presenza in Italia; una maggiore anzianit migratoria corrisponde a una minore precariet lavorativa e ad aspettative pi elevate, pertanto il sottogruppo dei migranti di lunga data risulta caratterizzato prevalentemente da una maggiore riduzione delle cause migliorative anzich da un aumento delle cause peggiorative.
Riferimenti bibliografici AA.VV. (2010), Immigrazione e lavoro. Percorsi lavorativi, centri per limpiego, politiche attive, a cura di Ismu-Censis-Iprs, Quaderni Ismu 1/2 010. Awad I. (2009), The Global Economic Crisis and Migrant Workers: Impact and Response , International Labour Office, International Migration Programme (2nd edition), International Labour Office, Geneva. Blangiardo G.C. (2009), Caratteri e numeri delluniverso immigrato, in: Indici di integrazione , Cesareo V. e Blangiardo G.C. (a cura di), FrancoAngeli, Milano. Blangiardo G.C. (2010), La presenza straniera in Italia: dal quadro di riferimento agli scenari evolutivi, in: Sedicesimo Rapporto sulle migrazioni 2009, fondazione Ismu, FrancoAngeli, Milano. International Migration Outlook: SOPEMI 2009 e 2010. Prospettiva sulle migrazioni internazionali, OECD. Zanfrini L. (2010), Aree di attenzione: il lavoro, in: Sedicesimo Rapporto sulle migrazioni 2009 , fondazione Ismu, FrancoAngeli, Milano.

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Il Click day, un esempio di efficienza dellamministrazione

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di Maria Virginia Rizzo

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Il modo migliore per dire ha funzionato il dato stesso del primo bilancio sullinvio telematico delle domande per i 98mila ingressi dei lavoratori extracomunitari non stagionali previsto dal decreto flussi 2010. Circa 400mila le richieste di nulla osta pervenute al sistema informativo del dipartimento Libert civili e Immigrazione, in pochi giorni, a partire dal 31 gennaio, 2 e 3 febbraio in base alle diverse categorie e nazionalit dei richiedenti. Un successo, dunque, di numeri: 392.310 domande fino alle ore 8.30 del 3 febbraio, cos ripartite: 324.709 relative alle quote previste dallarticolo 2 del decreto flussi per lavoro domestico e per lavoro subordinato (Click day del 31 gennaio); 60.983 relative al decreto flussi per colf e badanti (Click day del 2 febbraio); 6.618 per le quote previste dagli articoli 4, 5 e 6 del decreto flussi che riguardano le conversioni di permesso di soggiorno, i lavoratori formati allestero e i lavoratori di origini italiane (Click day del 3 febbraio). Ancora poche probabilmente rispetto a quelle che potranno arrivare fino al 30 giugno 2011, termine ultimo per la procedura di inoltro telematico. Un successo non solo di numeri. Il Click day ha registrato la capacit di unamministrazione pubblica di fare sistema, di affrontare una situazione di complessit, prevedendo strategicamente modi e tempi per lottimale riuscita di una operazione di massa che coinvolge un enorme numero di cittadini extracomunitari, con lindotto dei cittadini italiani interessati alla regolarizzazione. Il sistema di acquisizione e gestione delle domande ha efficacemente risposto allingentissimo numero di invii telematici affluiti sin dai primi secondi successivi allavvio delle procedure, ha detto il ministro dellInterno, Roberto Maroni, nellinformativa al Senato del 9 febbraio sulla regolarizzazione di lavoratori extracomunitari e sui flussi dingresso. La procedura attuata infatti non ha avuto alcun intoppo. Questo si verificato, ha spiegato il Ministro, grazie al potenziamento delle strutture del sito del ministero dellInterno. che ha consentito di gestire in modo efficace limpatto di tutte le domande. Efficace stata la collaborazione, allinterno dellamministrazione, tra il dipartimento

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per le Libert civili e lImmigrazione, soggetto istituzionale promotore e titolare di tutta loperazione e il portale internet del ministero dellInterno, comunicatore della procedura e degli obiettivi, che fa capo al gabinetto del Ministro. Per la prima volta da questanno, stata introdotta unimportante innovazione: la compilazione delle domande direttamente on line, proprio per consentire una maggiore celerit nellacquisizione da parte del sistema informatico del Dipartimento. Dunque, le domande di nulla osta per lavoro non stagionale possono essere presentate esclusivamente attraverso il sistema telematico del sito internet del ministero dellInterno. Collegandosi con www.interno.it il cittadino pu trovare una pagina che lo guida attraverso le varie fasi della procedura. Estremamente innovativa anche la procedura di risposta, poich la conferma di avvenuta ricezione non viene pi inviata sulla casella e-mail del richiedente, ma risulta visibile gi sullo stesso applicativo di compilazione, nellarea privata dellutente. Ci consente indubbi vantaggi sia per lamministrazione che opera, attraverso tale modalit, una velocissima acquisizione di tutti gli elementi informativi e ricognitivi ai fini della regolarizzazione da parte del sistema informatico del dipartimento per le Libert civili e lImmigrazione sia per il cittadino extracomunitario, che per attuare la propria regolarizzazione ha a disposizione da casa uno strumento il computer e delle modalit la procedura senza dover fare file interminabili presso gli Sportelli unici per limmigrazione o le questure e senza spendere denaro in carte bollate. In questo modo il portale del Ministero diventa strumento di comunicazione telematica che si attiva per legittimare i servizi predisposti dallamministrazione a vantaggio dellutenza. Diventa, quindi, la sede di un insieme di informazioni che rendono evidente lefficacia dellazione amministrativa. Attraverso www.interno.it il Dipartimento ha messo a disposizione di tutti gli interessati alcuni strumenti di sostegno allazione amministrativa di compilazione e presentazione delle domande. Tra questi un apposito help desk che aiuta e guida nella procedura di regolarizzazione tutti gli interessati, gli uffici della pubblica amministrazione e le associazioni di categoria, con un numero verde per lassistenza telefonica, tecnica, funzionale, giuridica e un sistema di FAQ, che consente di rispondere a domande frequenti per orientare linteressato, cittadino italiano o extracomunitario, verso una corretta interpretazione e verso la soluzione di possibili dubbi. In tutta questa complessa operazione importante il ruolo

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dellufficio Sistema informatico del Dipartimento, che ha svolto unazione di primo piano nel progettare e mettere a punto i diversi elementi della procedura, e che gestisce le varie fasi della regolarizzazione. Oltre a ci, nella elaborata procedura per lattuazione del decreto flussi 2010 si realizzato un eccellente esempio di cooperazione interistituzionale. Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali , infatti, intervenuto in forma di stretta collaborazione con il ministero dellInterno. La sinergia istituzionale ha rappresentato unarma vincente contro la burocrazia e i vincoli. Sulla base della distribuzione a livello provinciale delle quote di competenza, gi avviata dal ministero del Lavoro, gli Sportelli unici per limmigrazione hanno iniziato listruttoria delle istanze pervenute attraverso lacquisizione, sempre in via informatica, del parere delle direzioni provinciali del lavoro, delle questure e dei centri per limpiego. Ci ha consentito di evitare eventuali possibili intoppi alla procedura. Questa esperienza la dimostrazione che un sistema di sana collaborazione a livello interno ed esterno, che fa confluire verso un unico obiettivo competenze e funzioni diversificate, pu rendere veramente efficace lazione amministrativa, favorendo un evidente risparmio economico per lamministrazione e realizzando un concreto vantaggio per lutenza. Propedeutici allattuazione di una azione amministrativa efficace sono, comunque, lapprofondimento e lo studio delle esigenze delle due parti che concorrono a determinarla amministrazione e cittadini proprio al fine di delineare chiaramente i differenti ma sinergici compiti di gestione. Linnovazione, il risparmio economico, leconomicit delle prestazioni, il vantaggio per la cittadinanza sono obiettivi di lavoro strettamente interconnessi che guardano sicuramente a un concetto pi elevato e generale dellefficacia dellazione amministrativa, ma che non tralasciano la buona immagine dellamministrazione destinata, cos, ad attivare e imprimere una relazione istituzionale fiduciaria con lutenza. Da qui la funzione del portale internet, non solo semplice vetrina, ma vero e proprio luogo di comunicazione bidirezionale e di erogazione di servizi, che si configura come strumento di sistema e di comunicazione dellistituzione.

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Lapproccio interdiscipinare il tratto distintivo di un lavoro di gruppo che si conferma punto di riferimento obbligato per la documentazione sul fenomeno migratorio in Italia e allestero

di Andrea De Martino
Prefetto di Napoli ed ex prefetto di Firenze

Accanto al focus specifico sul caso italiano la rappresentazione dello scenario europeo e mondiale per mostrare analogie e diversit del fenomeno

Giunto con il 2010 alla sedicesima edizione, lannuale rapporto della fondazione Ismu sulle migrazioni si conferma come riferimento obbligato per quanti vogliono documentarsi su questo tema e soprattutto per quanti desiderano riflettere sui problemi ad esso legati. Lapproccio interdisciplinare di questa pubblicazione (edita dalla FrancoAngeli) consente una lettura dinsieme indispensabile per una comprensione che voglia uscire dallaffanno dellemergenza e misurarsi con il respiro di una strategia. Il rapporto ha un focus sul caso italiano, ma si preoccupa dello scenario europeo e mondiale per mostrare analogie e diversit del fenomeno nelle diverse aree del mondo. Ed un lavoro di gruppo che coinvolge ormai largamente docenti e ricercatori dellUniversit Cattolica di Milano. La fotografia scattata dallIsmu mostra una situazione che il professor Vincenzo Cesareo, segretario generale della fondazione analizza nella nota introduttiva: allinizio del 2010 la popolazione straniera presente in Italia ha raggiunto i 5,3 milioni di unit (regolari e non), di cui oltre 5 milioni provenienti dai Paesi a forte pressione migratoria (Pfpm), compresi quelli entrati a far parte dellUnione Europea successivamente allallargamento dellEuropa a 15 (ad eccezione di Malta). Si tratta soprattutto di romeni (1.112mila), albanesi (586mila), marocchini (575mila), cinesi (233mila), ucraini (220mila), filippini 149mila), tunisini (141mila), polacchi (129mila), moldavi (140mila) e indiani (132mila). La gestione italiana dei problemi legati alle migrazioni richiama il Programma Stoccolma 2010-2014 adottato dal
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La ricerca

Le tante facce diverse dellimmigrazione nel XVI Rapporto Ismu

Il XVI Rapporto Ismu sulle migrazioni

Irregolarit e Integrazione sono due risvolti dello stesso fenomeno: hanno bisogno di iniziative diverse ma interdipendenti allinterno dei diversi contesti nazionali e a livello dellUnione Europea

Consiglio europeo nel mese di dicembre 2009. il programma pluriennale sulla giustizia e sugli affari interni della UE e in esso il tema dellimmigrazione, a partire dalla questione dei flussi, particolarmente declinato. Questi problemi daltra parte investono lEuropa nel suo complesso. Lazione di contrasto degli ingressi illegali resta affidata allAgenzia europea per il controllo delle frontiere (Frontex) della quale si chiede che venga rafforzato il ruolo. Un altro punto qualificante riguarda lattuazione di ununica procedura di asilo e di un sistema volontario per una distribuzione ragionata ed equa degli immigrati allinterno degli Stati membri. Ricordiamo a questo proposito che il commissario agli affari interni Cecilia Malstrm, in unintervista dellestate scorsa a libertcivili , aveva posto il problema dellarmonizzazione dei sistemi di asilo tra le sue priorit: Non pi accettabile che nella nostra Unione Europea, basata sugli stessi valori e sugli stessi principi, le possibilit di ottenere protezione e asilo siano radicalmente diverse da un Paese allaltro. necessario migliorare la normativa esistente perch ormai chiaro che gli standard di prima generazione non hanno raggiunto gli obiettivi desiderati. Le proposte attualmente sul tavolo sono volte a rimuovere molte delle lacune della protezione individuate a livello comunitario. Siamo decisi a istituire una procedura comune e uno status uniforme di protezione entro il 2012. Il dossier dellIsmu nota come oramai da anni lattenzione dellUnione Europea e dellItalia si concentra particolarmente su due importanti aspetti delle migrazioni: irregolarit e integrazione. Due risvolti dello stesso fenomeno che necessitano di iniziative diverse ma interdipendenti, sia allinterno dei singoli contesti nazionali sia a livello dellUnione Europea o addirittura al di l dei suoi confini, attivando collaborazioni con i Paesi di transito e con quelli di origine. Le statistiche delle Nazioni Unite per il 2010 evidenziano infatti una presenza di immigrati nel mondo pari a circa 214 milioni di persone, quindi circa il 3,1% della popolazione mondiale. Integrazione, ma quale? In questi ultimi mesi prima il cancelliere tedesco Angela Merkel e poi il premier inglese David Cameron hanno dichiarato il fallimento della politica del multiculturalismo. Inghilterra e Germania sono i due Paesi europei con i maggiori e pi antichi insediamenti di immigrati. La Merkel e Cameron non hanno usato mezze parole: per loro il modello multiculturale come via allintegrazione degli immigrati nei loro Paesi totalmente fallito. Che cosa fare? Secondo il rapporto Ismu partendo dal presupposto che linclusione

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Undici common basic principles individuati dallUnione Europea per favorire le politiche di integrazione nei diversi Paesi

dellimmigrato nel tessuto sociale ed economico della societ vantaggiosa sia per il primo che per la seconda, necessario affrontare tale percorso adottando un approccio il pi possibile condiviso. LUnione Europea ha individuato nel tempo undici common basic principles rispetto ai quali modulare le politiche di integrazione nei vari Paesi. Sono tutti principi di tipo inclusivo, i cui risultati vanno monitorati e misurati periodicamente costituendo altrettanti percorsi di un processo di integrazione considerato dinamico e bilaterale, di adeguamento reciproco da parte di tutti gli immigrati e di tutti i residenti degli Stati membri. Daltra parte gli immigrati non sono degli intrusi: vengono perch il mercato del lavoro li richiede. Un bilanciato sistema di diritti e di doveri, dunque, deve riguardare loro, ma anche chi li chiama nel proprio Paese e si serve di loro per rafforzare la propria economia. S detto della necessit di sistemi di monitoraggio e di misurazione dei percorsi di integrazione. LIsmu ha sviluppato in modo particolare questa metodologia. Misurare lintegrazione significa per lIsmu attuare una rilevazione basata su quattro indicatori di tipo culturale, sociale, economico e politico, sapendo che lintegrazione una meta che non si conquista

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LIsmu misura lintegrazione sulla base di quattro indicatori di tipo culturale, sociale, politico ed economico

Le aree di attenzione considerate: il lavoro, la scuola, la salute, la casa e gli insediamenti, la criminalit e la devianza

una volta per tutte ma viene costantemente perseguita. Tra la fine del 2008 e linizio del 2009 questa modalit di misurazione ha impegnato lIsmu con la proposizione di un questionario a 12mila cittadini stranieri in 32 diverse realt provinciali o comunali del Paese. Il questionario utilizzato stato stilato in lingua italiana e tradotto poi in altre cinque lingue: albanese, arabo, cinese, francese, rumeno. Il Rapporto Ismu 2010 diviso in quattro parti. La prima fa un quadro della situazione partendo dalle cifre che riguardano lItalia per allargare lanalisi allEuropa, analizzando gli aspetti normativi italiani e gli orientamenti comunitari in materia di migrazioni. Fra i punti esaminati c quello della riforma della disciplina della cittadinanza. Il rapporto richiama tra le altre la proposta di legge Sarubbi-Granata che ipotizza ladozione dello ius soli che segnerebbe una soluzione di rottura rispetto alla nostra tradizione basata sullo ius sanguinis . Laspetto pi socialmente sensibile, e ancora irrisolto, riguarda comunque il problema della cittadinanza ai minori stranieri i quali, arrivati al diciottesimo anno di et, non sono pi coperti giuridicamente dal permesso di lavoro dei propri genitori. La seconda parte del rapporto prende in considerazione una serie di aree di attenzione: il lavoro, la scuola, la salute, la casa e gli insediamenti, che cosa significa nascere da stranieri in Italia, infine la criminalit e la devianza. Per quanto riguarda il lavoro, tutti i report delle principali agenzie internazionali sono concordi nel riconoscere che la recessione che ha colpito in questi ultimi anni leconomia mondiale ha prodotto pesanti conseguenze sulla mobilit umana, sui percorsi lavorativi degli immigrati e sulla loro capacit di risparmio sollecitando al contempo si legge nel rapporto un riorientamento delle politiche migratorie. Il drastico peggioramento delle opportunit occupazionali ha spinto molti Paesi a rimettere mano alle proprie politiche in materia di immigrazione e ad avviare una riflessione sullimpatto di lungo termine di questa drammatica recessione. La crisi economica tuttora in corso la pi lunga dal dopoguerra. A oggi ricorda il rapporto (andato in stampa a ottobre 2010) durata sette trimestri, con una flessione del Pil dell1,3% gi nel 2008 e del 5% nel 2009. Una crisi del tutto diversa dalle recessioni che hanno colpito leconomia mondiale negli anni Settanta e negli anni Novanta; una crisi che fa ipotizzare una nuova stagione caratterizzata da una decelerazione dei movimenti dai Paesi in via di sviluppo a quelli economicamente avanzati. In questo contesto lIsmu rileva come lItalia sembri almeno

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Affrontato il tema della collocazione sempre pi rilevante della immigrazione nellagenda politica italiana e nellatteggiamento dei partiti, un tema che potrebbe avere una capacit dirompente nellattuale geografia politica

in parte fare storia a s rispetto al trend internazionale descritto. I dati dellIstat ci dicono che il nostro Paese, negli ultimi anni, ha visto crescere il numero degli occupati stranieri. Mentre loccupazione complessiva diminuita gli occupati stranieri, secondo le ultime rilevazioni disponibili, sono passati da 1.741mila a 1.924mila con un aumento di oltre il dieci per cento che arriva al 14 per le donne straniere. Nellindagare le cause di questo andamento, il rapporto ne rivela la peculiarit ma anche gli aspetti di debolezza riferiti in particolare a tre circostanze: lelevata femminilizzazione e la sostenuta partecipazione delle donne immigrate al mercato del lavoro; la forte concentrazione degli stranieri nei lavori da immigrati, la cui etnicizzazione ha eretto barriere simboliche allingresso degli italiani; la consistenza delleconomia sommersa, che rappresenta il primo sbocco accessibile per molti immigrati che arrivano nel nostro Paese, economia sommersa che si sposa in particolare con il fenomeno degli ingressi clandestini. La terza parte del rapporto riguarda una serie di ulteriori approfondimenti: la relazione tra immigrazione e finanza pubblica; il processo di emersione degli irregolari di settembre 2009; le diverse iniziative anche istituzionali per la valorizzazione delle rimesse; le associazioni degli immigrati; infine le ripercussioni della politica per limmigrazione nel sistema partitico italiano, tema affrontato per la prima volta nella sezione degli approfondimenti e sul quale vale la pena di soffermarsi. Rispetto allimmigrazione ci sono infatti posizioni diverse dei partiti ma anche nei partiti, circostanza che pu determinare conseguenze inattese. Il rapporto esamina una serie di aspetti della questione: la collocazione sempre pi rilevante del tema immigrazione nellagenda politica italiana; latteggiamento avuto dai partiti di fronte a una serie di avvenimenti del 2010 quali liter parlamentare del ddl sulla cittadinanza, i disordini di Rosarno, il permesso di soggiorno a punti, lintroduzione del tetto del 30% di alunni immigrati nelle classi; lanalisi dei programmi elettorali presentati per le elezioni regionali del marzo 2010. Le regioni, con la riforma del titolo quinto della seconda parte della Costituzione, hanno assunto un ruolo da protagoniste nelle politiche per limmigrazione (mentre le politiche di immigrazione sono rimaste di competenza esclusiva dello Stato). A conclusione di queste analisi il rapporto si chiede se sul tema dellimmigrazione possa esistere una sorta di frattura primaria per il sistema partitico italiano. Il tema di rilievo perch, sottolineano i ricercatori dellIsmu Nicola Pasini e
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I drammi della povert e della precariet che investono il senso stesso della vita e i diritti di ogni essere umano a prescindere dal colore della pelle e dalla collocazione nella scala sociale di un Paese

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Fabrizio Plebani, se le posizioni di partito o di coalizioni di partiti non sono coese su questo tema e le sue soluzioni, probabile che il sistema partitico attuale sia destinato a modificarsi, per potersi riallineare in maniera pi coerente rispetto alla frattura strutturante. Ci significa una capacit potenzialmente dirompente del tema immigrazione di modificare la geografia politica del Paese. La quarta parte del rapporto riguarda lo scenario internazionale con una serie di approfondimenti su Regno Unito, Germania, Spagna, Asia, Canada, Stati Uniti, la situazione in Paesi africani come Marocco e Niger. Anche qui gli spunti di interesse sono molteplici ed impossibile proporli tutti. Laccavallarsi degli avvenimenti fa perdere la memoria anche di ci che appena accaduto. Dunque impressionante ricordare come soltanto pochi anni fa, nel Regno Unito, la polizia scopr allinterno del container di un camion nel porto di Dover i cadaveri di 54 uomini e 4 donne cinesi sotto casse di pomodoro. Avevano cercato di raggiungere lInghilterra nascosti cos, nella speranza di una vita migliore. Qualche tempo dopo altri 21 immigrati cinesi hanno perso la vita, nel Nord dellInghilterra, sorpresi dallalta marea mentre raccoglievano molluschi, pagati cinque sterline ogni 25 chili di raccolto. Sono tragedie lultima a Roma, a febbraio, quattro bambini morti nel rogo della baracca di un campo nomadi abusivo che non pongono pi problemi organizzativi, di sicurezza, di legalit ma investono il senso della vita, i diritti di ogni essere umano a prescindere dal colore della pelle e dalla collocazione che ha nella scala sociale di qualsiasi Paese. Perch simili drammi non si ripetano non basta la tolleranza, dice lo scrittore Erri De Luca nella intervista dapertura di questo numero: indispensabile lo slancio vitale della fraternit. Il rapporto dellIsmu si conclude con due utili allegati. Il primo la cronistoria mese per mese dei principali fatti di cronaca, politici, sociali, legislativi che nel 2010 hanno riguardato il mondo dellimmigrazione in Italia sul piano nazionale e quello locale. ci che avvenuto ieri. Il secondo una serie di previsioni demografiche riguardanti la popolazione straniera nel nostro Paese divise per regioni, per province e per classi di et. ci che avverr domani. (Giuseppe Sangiorgi)

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Le opinioni pubbliche di Europa e Nord America sul tema immigrazione


Nellindagine Transatlantic Trends le interviste ai cittadini di otto Paesi europei e del Nord-America rivelano gli atteggiamenti e gli orientamenti prevalenti su molte questioni legate alla convivenza con gli stanieri
di Alessandro Grilli
Prefetto di Napoli ed ex prefetto di Firenze

Resta il sostanziale dilemma tra limmigrazione intesa come problema o come opportunit. Agli antipodi la Gran Bretagna e il Canada

Lindagine Transatlantic Trends Immigration , giunta alla sua terza edizione, ormai diventata un punto di riferimento per la valutazione degli orientamenti dellopinione pubblica sui temi dellimmigrazione nei principali Paesi europei e del NordAmerica. Il sondaggio realizzato annualmente su iniziativa del German Marshall Fund, della Lynde and Harry Bradley Foundation e della Compagnia di San Paolo coinvolge otto Paesi: Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Olanda e Spagna. Al centro delle domande sottoposte al campione demoscopico attraverso rilevazioni telefoniche ci sono i temi delleconomia, in particolare gli effetti della crisi sulla percezione degli immigrati da parte dei cittadini europei e nordamericani, il livello di integrazione, le politiche governative, la questione dei clandestini, il diritto di voto e di cittadinanza. Numerosi sono i risultati che emergono dallindagine, di cui proviamo in questa sede a descrivere i principali risultati, soffermandoci poi su alcuni aspetti di particolare interesse per questa rubrica e per il tema del Primo piano: le seconde generazioni. I principali risultati Rispetto alla rilevazione dello scorso anno (v. libertcivili 1/2010) si registra ancora un certo equilibrio nelle opinioni pubbliche di molte nazioni tra chi vede limmigrazione come un problema e chi la ritiene invece unopportunit, anche se in confronto al 2009 questa seconda opzione guadagna consensi un po ovunque. In alcuni Paesi come Spagna e Usa prevalgono di poco
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Punto centrale della diversit di opinioni quello del lavoro. Gli immigrati vengono visti come una minaccia nei Paesi dove pi si avverte la crisi economica

Generalmente deludente il giudizio sulloperato dei governi, Controverse le opinioni sul ruolo della UE

gli scettici, in altri quali Italia, Francia e Germania c una maggioranza risicata che ritiene prevalenti le opportunit offerte dalla presenza immigrata rispetto ai disagi. A questa sostanziale spaccatura a met degli orientamenti nazionali fanno eccezione da un lato la Gran Bretagna, dove il 65% degli intervistati sceglie lopzione problema, dallaltro il Canada, dove gli ottimisti costituiscono il 73%. Le opinioni rilevate divergono molto su una delle questioni centrali nel dibattito, ossia se gli immigrati rappresentino una minaccia dal punto di vista lavorativo per i lavoratori autoctoni. In Canada e in cinque Paesi dellEuropa continentale (unica eccezione la Spagna) la maggioranza degli intervistati ha una visione decisamente ottimista da questo punto di vista, mentre il 58% dei britannici e il 56% degli americani afferma che gli immigrati sottraggono lavoro ai connazionali e contribuiscono a diminuire i loro salari. Quello che emerge chiaramente dalla rilevazione che esiste una relazione diretta fra timore della concorrenza immigrata e situazione personale del lavoratore. Infatti, tra gli europei disoccupati il 43% ritiene che gli stranieri portino via lavoro alla manodopera locale, mentre la media europea generale del 35%. Inoltre, negli Stati Uniti il 63% degli intervistati che dichiarano un peggioramento della loro situazione finanziaria vede gli immigrati come una minaccia dal punto di vista delloccupazione, rispetto a una media generale del 56%. Per quanto riguarda loperato dei governi nelle politiche dellimmigrazione, i giudizi sono prevalentemente negativi, anche se piuttosto difformi fra i Paesi. Spesso tali giudizi sono anche in contrasto con lorientamento generale nei confronti dellazione degli esecutivi: i britannici, ad esempio, sono soddisfatti del governo in generale, ma non delle misure adottate nei confronti dellimmigrazione; lesatto contrario avviene in Spagna. Sul fatto, per, di stabilire a livello di Unione Europea il numero di immigrati che ogni Paese potr ammettere su base annuale, la maggioranza degli intervistati si mostra scettica preferendo che tale decisione venga presa dai governi nazionali. Il Paese dove tale opinione predomina in maniera pi netta il Regno Unito (85%), seguito da Germania e Olanda, rispettivamente con il 68% e il 66%. La questione immigrazione, comunque, sembra perdere lentamente centralit nel dibattito politico. Rispetto alla prima rilevazione del 2008, il peso di coloro che ritengono la posizione di un partito sul tema dellimmigrazione condizionante per il loro voto leggermente diminuito, passando dal 50% nel 2008 al 45% nel 2010.

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Il voto alle elezioni amministrative: prevale il s in Spagna, Francia e Olanda, lopinione contraria prevale invece negli Stati Uniti e, di poco, anche in Gran Bretagna

Sul tema delleffettiva integrazione degli immigrati, la maggioranza degli intervistati in Europa esprime giudizi negativi (con leccezione della Spagna in cui una lieve maggioranza, 54%, la ritiene soddisfacente), mentre in Nord-America lopinione pi positiva (per il 59% degli americani e il 65% dei canadesi lintegrazione procede bene). Le opinioni pubbliche si dimostrano concordi sul fatto che gli immigrati regolari che arrivano per lavorare dovrebbero essere ammessi in via permanente sul territorio nazionale, con una media del 65% nellEuropa continentale, di quasi il 70% nei Paesi anglofoni e dell80% in Canada. Meno consenso, invece, c su un tema strettamente conseguente al precedente, cio la possibilit di garantire anche agli immigrati regolari il voto alle elezioni amministrative: la maggioranza degli intervistati in Spagna (62%), Francia (58%) e Olanda (56%) si dichiara favorevole, mentre negli Stati Uniti (62%) e, di poco, in Regno Unito e in Canada prevale lopinione contraria. Quando poi si arriva al tema della concessione della cittadinanza agli immigrati, gli orientamenti si presentano abbastanza favorevoli, pur con risposte differenti riguardo ai requisiti fondamentali per ottenerla: in Germania prevale la conoscenza della lingua, in Olanda la lingua e la condivisione dei valori culturali, in Italia, Spagna e Francia il rispetto delle istituzioni e delle leggi nazionali. La posizione di tutti gli intervistati sui clandestini invece pi rigida. Nonostante circa tre cittadini su quattro in tutti i Paesi li ritengano vittime di sfruttamento, gli intervistati restano divisi sulla possibilit di regolarizzarli: lopinione pubblica in Canada e Stati Uniti spaccata a met, mentre la maggioranza dei cittadini nel Regno Unito (67%) e in Italia (55%) dichiara che gli immigrati clandestini dovrebbero essere rimpatriati. La percezione degli immigrati Come ampiamente discusso anche su questa rivista (si veda soprattutto libertcivili n. 3/2010), la questione immigrazione strettamente connessa al tema della comunicazione, chiamando in causa diversi aspetti, tra cui il ruolo dei mass media nella costruzione dellopinione pubblica sugli immigrati che, in alcuni casi, vede un vero e proprio corto circuito fra realt dei fatti e percezione dei cittadini. In questo senso, lanalisi di Transatlantic Trends offre certamente spunti di riflessione. Rispetto allanno scorso, ad esempio, cresce ulteriormente il numero di coloro che danno una valutazione della percentuale di immigrati presenti nel proprio Paese decisamente superiore rispetto alla realt. Il caso pi eclatante
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Sia in Europa che negli Stati Uniti il contatto diretto con gli immigrati strettamente connesso a una visione pi positiva della immigrazione in generale

quello degli Stati Uniti, dove gli intervistati ritengono che il 39% della popolazione sia immigrata quando il dato reale non arriva al 14%. Si tratta comunque di un fenomeno comune a tutti i Paesi. In una delle domande contenute nel questionario anche negli anni precedenti, le persone dovevano indicare se giudicano gli immigrati nel proprio Paese troppi, molti ma non troppi, oppure non molti. Le risposte sono state molto differenti da Paese a Paese: in Canada solo il 17% li considera troppi, mentre in Italia e nel Regno Unito si va ben oltre il 50%. Nel questionario 2010 si deciso di valutare anche la possibilit che tale scenario potesse cambiare mettendo a disposizione degli intervistati informazioni sulla situazione reale. In tal senso, ad alcuni la domanda stata posta senza fornire ulteriori informazioni, mentre ad altri sono stati comunicati i dati ufficiali sullimmigrazione, espressi come percentuale della popolazione nazionale, prima di formulare la domanda. Coloro che conoscevano i dati ufficiali si sono rivelati meno propensi a giudicare eccessiva la presenza degli immigrati, in particolare in Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Italia (questultima con uno scostamento di circa 20 punti tra i due gruppi di intervistati). Tutto ci chiama certamente in causa limportanza di uninformazione corretta e completa nei confronti dellopinione pubblica. Come documentato da altri sondaggi dopinione, anche Transatlantic Trends: Immigration rileva che il contatto diretto con gli immigrati strettamente connesso a una visione pi positiva dellimmigrazione in generale. Ad esempio, la maggioranza di europei e americani che hanno amici stranieri vedono limmigrazione come unopportunit, mentre la maggior parte di chi non ha amici immigrati la ritiene per lo pi un problema. Lo stesso rapporto si pu osservare riguardo allimpatto culturale dellimmigrazione: tra gli europei con amici immigrati il 68% afferma che tale fenoneno arricchisce la cultura, mentre solo il 40% degli europei che non hanno amici immigrati condivide tale affermazione; sono anzi in maggioranza coloro i quali ritengono che limmigrazione abbia un effetto deleterio sulla cultura nazionale. Le seconde generazioni Lindagine 2010 tocca anche il tema centrale di questo numero di libertcivili , quello della Generazione due. In particolare stato chiesto agli intervistati di descrivere il livello di integrazione degli immigrati di seconda generazione, che viene generalmente ritenuto superiore rispetto a quello degli immigrati di prima generazione. In Europa una media del 61% del campione ritiene

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Il giudizio sugli immigrati di religione musulmana: salvo Spagna e Germania prevalgono le opinioni positive sulle seconde generazioni

che i figli di immigrati nati nei rispettivi Paesi ospiti siano integrati in maniera soddisfacente o molto soddisfacente. Tale opinione raccoglie i maggiori consensi in Spagna (78%), dove i figli di immigrati vengono giudicati bene integrati nella societ, seguita da Regno Unito (68%) , Olanda (66%), Italia (65%), Francia (54%) e Germania (50%). In Nord-America i giudizi sono ancora pi positivi: l87% dei canadesi e il 79% degli americani affermano che i figli degli immigrati nati sul suolo canadese o americano sono integrati nella societ locale in maniera soddisfacente o molto soddisfacente. Questa percezione positiva riguarda anche un gruppo specifico, gli immigrati musulmani di seconda generazione. In questo senso si registra una differenza rispetto alla percezione dellintegrazione degli immigrati musulmani tout court. Mentre per questi ultimi in nessuno dei Paesi si raggiunge una maggioranza di opinioni positive (con dati, anzi, particolarmente negativi in Europa), quando si passa a considerare la sola seconda generazione il giudizio cambia. Il livello di integrazione ritenuto buono da canadesi (66%), americani (62%), italiani (60%), britannici (59%) e francesi (50%). Le due eccezioni sono rappresentate da Spagna e Germania, dove rispettivamente solo il 42% e il 36% concorda con tale affermazione; tuttavia, va detto anche che si tratta dei due Paesi dove il dato generale sullintegrazione dei musulmani pi negativo. Focus Italia Infine, un focus sulle peculiarit del nostro Paese che emergono dallindagine Transatlantic Trends. Rispetto allanno scorso, in Italia lopinione pubblica ha fatto registrare un sensibile calo di coloro che ritengono limmigrazione un problema: oggi sono il 45%, contro il 49% del 2009, per cui oggi si pu dire che esiste una maggioranza, anche se non ampia, di persone che considerano tale fenomeno unopportunit per il Paese. In Italia sembra esistere soprattutto un problema di percezione degli immigrati. Sono appena il 7% della popolazione, ma lopinione pubblica li stima attorno al 25%; oltre il 53% dei nostri connazionali pensa che siano troppi (siamo secondi solo al Regno Unito fra i Paesi oggetto di rilevazione); l80% si dice preoccupato dallimmigrazione clandestina e il 65% ritiene che i clandestini siano pi dei regolari, anche se siamo i pi favorevoli in Europa a misure di incoraggiamento del lavoro regolare, proprio per ridurre gli ingressi clandestini; ben oltre il 50% convinto che gli immigrati aumentino la criminalit. Peraltro, su questultimo aspetto, una delle caratteristiche dellopinione pubblica italiana quella di
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Il problema di percezione italiano: si pensa che gli immigrati siano il 25% invece del 7% della popolazione. E che siano soprattutto irregolari

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maturata da tempo invece la consapevolezza che gli immigrati rappresentino una forza lavoro complementare: il 76% pensa che svolgano mansioni altrimenti vacanti

non distinguere nettamente immigrati regolari e clandestini nel giudizio, a differenza di tutti gli altri Paesi dellindagine: per il 56% degli italiani gli immigrati regolari aumentano la criminalit, percentuale praticamente analoga a quella di coloro che ritengono vera la stessa affermazione relativamente agli immigrati clandestini (57%). Al contrario, gli italiani sono i pi ottimisti in Europa sia sul tema degli immigrati musulmani il 37% degli intervistati li ritiene bene o molto bene integrati e solo il 22% pensa che lintegrazione dei loro figli sia molto poco soddisfacente, contro una media europea del 40% sia sullintegrazione degli appartenenti alla seconda generazione in generale solo il 24% li considera poco o molto poco integrati. Sebbene gli italiani si mostrino scettici riguardo agli effetti dellimmigrazione sulla societ, a livello politico maturata ormai da tempo la consapevolezza dellesistenza di una significativa richiesta di manodopera immigrata. Lopinione pubblica pare ormai convinta che gli immigrati rappresentino una forza lavoro complementare per il Paese. Gli italiani sono i meno preoccupati della concorrenza degli immigrati nel mercato del lavoro: pi di due terzi (69%) non ritengono che gli immigrati portino via posti agli italiani e tre quarti della popolazione (76%) afferma che gli immigrati vengono impiegati per mansioni che non potrebbero essere svolte altrimenti. Sul lungo periodo, tuttavia, i nostri connazionali non sono certi di voler far fronte alla mancanza di manodopera locale attraverso limmigrazione: il 49% si dice contrario a incoraggiare l'immigrazione per motivi di lavoro, nonostante la popolazione locale continui a invecchiare. LItalia anche il Paese europeo in cui ci sono pi intervistati disposti a riconoscere allUE la prerogativa di decidere quanti immigrati ammettere nel Paese: la maggioranza relativa (47%) ritiene infatti che tale decisione spetti allUnione Europea, mentre il 45% giudica pi opportuno che se ne occupi il governo nazionale.

Errata corrige

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Nellarticolo di Giovanna Gianturco e Valeria Lai Limmigrazione nel giornalismo italiano: immagini a confronto pubblicato in questa rubrica nel n.5/2010 di libertcivili, la fonte del grafico 1 (pag. 124) e del grafico 3 (pag.126) la Ricerca nazionale su immigrazione e asilo nei media italiani della facolt di Scienze della comunicazione dellUniversit di Roma La Sapienza.

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Figli di immigrati, cittadini come gli altri

Limpegno e i progetti della Rete G2 per la modifica dellattuale legge sulla cittadinanza e per assistere gli italiani col permesso di soggiorno nel loro percorso verso la pari dignit con i nostri connazionali
di Mohamed A. Tailmoun
Rete G2 Seconde Generazioni
Le seconde generazioni, i figli dellimmigrazione cresciuti in Italia, devono essere considerati nella pratica e nella teoria cittadini come i loro coetanei figli di italiani, ossia pari nei diritti e nei doveri a tutti gli altri membri della societ cresciuti in Italia, indipendentemente dalle diverse origini. La Rete G2 si batte innanzitutto per denunciare e contrastare la separazione teorica e pratica di una parte della popolazione cresciuta o che deve crescere in Italia dal resto della societ. Partendo anche dalla constatazione che i figli dellimmigrazione non sono immigrati economici o rifugiati politici che hanno compiuto consapevolmente un percorso di migrazione ma sono stati portati in Italia da minorenni o qui fatti nascere su scelta dei genitori. Quindi non sono arrivati in Italia n con un permesso per lavoro n per studiare da adulti, ma la ragione del loro vivere in Italia , allinizio, la matrice familiare, e con il passare degli anni il fatto di essere cresciuti nelle citt italiane, inseriti in un determinato territorio della Repubblica. Per questo stato individuato come obiettivo cardine della Rete G2 che i figli di immigrati non debbano dipendere dalla normativa che riguarda chi emigra da adulto per lavorare o studiare, ma che a regolare il loro status sia innanzitutto la legge sulla cittadinanza, la n. 91 del 1992 e che tale legge debba essere modificata rendendola pi aperta nei confronti dei figli di immigrati cresciuti in Italia, nati in Italia o in Italia ricongiunti. La modifica della legge non un obiettivo opzionale ma un obiettivo fondamentale della Rete G2, sul quale tutti coloro che ne fanno parte come membri operativi o supporter
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I figli di immigrati, le seconde generazioni in senso proprio, non hanno scelto di partire ma sono stati portati in Italia o fatti nascere qui per una scelta dei genitori. Devono essere considerati cittadini come i loro coetanei figli di italiani

Dialogo interculturale Insieme

Dialogo interculturale Insieme

La Rete G2, seconde generazioni

lavorano internamente e verso lesterno. compito di G2: informare la popolazione sulle condizioni delle seconde generazioni, che ne fanno degli italiani col permesso di soggiorno; proporre una modifica della legge sulla cittadinanza e contrastare i tentativi di separare i minori figli di immigrati, dai figli di italiani; mantenere un costante contatto con il territorio a cominciare dallincontro con altre seconde generazioni delle diverse citt italiane dalle scuole ai luoghi di aggregazione, creando le condizioni per un confronto sui dati e la lettura della realt da parte della Rete G2, e assimilando al contempo le indicazioni che vengono dai territori.

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Cos la rete G2? La Rete G2 - Seconde Generazioni unorganizzazione nazionale apartitica fondata da figli di immigrati e rifugiati nati e/o cresciuti in Italia. Chi fa parte della Rete G2 si autodefinisce come figlio di immigrato e non come immigrato: i nati in Italia non hanno compiuto alcuna migrazione, e chi nato allestero ma cresciuto in Italia non emigrato volontariamente, ma stato portato in Italia da genitori o altri parenti. G2 quindi non sta per seconde generazioni di immigrati ma per seconde generazioni dellimmigrazione, intendendo limmigrazione come un processo che trasforma lItalia, di generazione in generazione. La Rete G2 un network di cittadini del mondo, originari di Asia, Africa, Europa e America Latina, che lavorano insieme su due punti fondamentali: i diritti negati alle seconde generazioni senza cittadinanza italiana e lidentit come incontro di pi culture. G2 nasce a Roma nel 2005 e oggi ne fanno parte anche seconde generazioni di altre province italiane (Milano, Firenze, Prato, Genova, Mantova, Arezzo, Padova, Imola, Bologna, Bergamo e Ferrara) che partecipano ai workshop nazionali organizzati ogni anno dalla rete. Complessivamente la rete nazionale oggi riunisce ragazzi/e dai 18 ai 35 anni, originari di diversi Paesi: Filippine, Etiopia, Eritrea, Per, Cina, Cile, Marocco, Libia, Argentina, Bangladesh, Capo Verde, Iran, Sri Lanka, Senegal, Albania, Egitto, Brasile, India, Somalia, Ecuador e altri. La Rete G2 si incontra anche virtualmente sul BlogG2 (www.secondegenerazioni.it) e discute sul ForumG2 (www.secondegenerazioni.it/forum). Info: www.secondegenerazioni.it; g2@secondegenerazioni.it; sportellolegale@secondegenerazioni.it

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La Rete G2, seconde generazioni

Il progetto R.E.T.E. prevede assistenza legale e una ricerca sulla discriminazione ed effettuato con il finanziamento del dipartimento delle Pari opportunit

Progetto R.E.T.E. (Rows Emergencies and Teen Empowerment). Dal 2010 e fino a ottobre del 2 011 la Rete G2 ha attivato il Progetto R.E.T.E., che prevede unassistenza legale e una ricerca sulla discriminazione, ed effettuato in collaborazione con Asgi (Associazione per gli studi giuridici e sullimmigrazione) e Save the children, con il contributo dell'Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) e il finanziamento del dipartimento Pari opportunit. R.E.T.E. un progetto che si propone di diffondere una cultura di pacifica convivenza nella societ italiana attraverso una maggiore conoscenza del fenomeno della discriminazione nei confronti dei figli di immigrati da parte della societ e delle istituzioni; la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di discriminazione nei confronti dei figli di immigrati; il rafforzamento della consapevolezza circa le facolt inerenti allesercizio dei diritti fondamentali di cittadinanza da parte dei figli di immigrati. I beneficiari diretti del Progetto R.E.T.E. sono le seconde generazioni, e per quanto riguarda lattivit di ricerca rivolto soprattutto alle istituzioni competenti e alla societ civile. Le istituzioni avranno maggiori informazioni riguardo al fenomeno della discriminazione e potranno di conseguenza individuare le soluzioni pi appropriate per contrastare linsorgenza e la diffusione di episodi e pratiche di discriminazione, intolleranza e razzismo, rimuovendo le barriere che accentuano il fenomeno per garantire la completa integrazione nel tessuto sociale delle seconde generazioni italiane. Lidea di questo progetto nata dalla necessit di dare alle seconde generazioni uno strumento pratico per districarsi nella giungla della burocrazia italiana. Mentre tarda ad arrivare la riforma della legge 91/1992, nel frattempo le seconde generazioni crescono e al compimento dei 18 anni (sono allincirca tra i 40mila e i 50mila i figli di immigrati che ogni anno raggiungono la maggiore et) si ritrovano a dover affrontare un serie di problemi che riguardano la sfera del lavoro, della salute, dell'istruzione ecc. La ricerca sulla discriminazione. volta a raccogliere le esperienze di discriminazione diretta e indiretta che colpiscono le seconde generazioni nel passaggio dal mondo della scuola al mondo del lavoro. una ricerca peer-to-peer , infatti i rilevatori sono seconde generazioni che fanno parte della Rete G2. Il target quello dei giovani tra i 17 e i 20 anni ancora iscritti a scuola o gi diplomati.
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Dialogo interculturale Insieme

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Lo Sportello legale on line. un servizio attivo da gennaio 2011 sul sito della Rete G2. interamente on line, basta cliccare sullapposto link e si accede a una pagina che spiega come poter sollevare un quesito legale agli avvocati dello Sportello legale. La risposta arriva allindirizzo mail che si lascia allatto di registrazione. Campagna Cittadinanza G2 Dal luglio 2006, data di pubblicazione del documento LItalia che vorremmo la Rete G2 ha lanciato la Campagna Cittadinanza G2 per chiedere lapprovazione di una legge che riconosca la cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati e/o cresciuti in Italia in base al criterio dello ius soli . La legge 91/1992 stabilisce che acquistano automaticamente alla nascita la cittadinanza italiana coloro i cui genitori (anche soltanto il padre o la madre) siano cittadini italiani, in base al principio dello jus sanguinis : dove si nasce non conta. Coloro che nascono in Italia da cittadini stranieri possono richiedere la cittadinanza italiana al compimento del 18 anno di et dimostrando di aver risieduto ininterrottamente in Italia dalla nascita, se i loro genitori hanno provveduto a registrarli come residenti immediatamente dopo essere nati. La stessa legge dice che possono acquistare la cittadinanza italiana coloro che risiedono in Italia da almeno 10 anni dimostrando di avere i requisiti di reddito (che restano discrezionali, ma di fatto applicati in molti casi) e di regolarit della residenza. Fatto salvo il diritto dei figli dei cittadini italiani ad acquisire la cittadinanza dalla nascita, le altre modalit di acquisizione descritte sono soggette a una qualche forma di valutazione discrezionale, di opportunit da parte della pubblica amministrazione circa lavvenuta integrazione dello straniero in Italia. Attualmente i minori nati o cresciuti in Italia da genitori stranieri sono pi di mezzo milione e sono considerati cittadini stranieri. Molti di loro al compimento dei 18 anni saranno costretti a districarsi tra un permesso di soggiorno per studio o per lavoro, saranno costretti a dipendere da decreti attuativi e circolari, saranno costretti, volenti o nolenti, a sentirsi stranieri in patria. Attualmente ci sono stranieri nati in Italia o ricongiunti ai genitori che vivono in Italia. Questi stranieri sono ormai maggiorenni, vivono, studiano, lavorano fra le mille difficolt dovute al fatto di non possedere lo status civitatis , lo status di cittadino. G2 ritiene che chi nato o arrivato minorenne in Italia non debba dimostrare la propria appartenenza al Paese. Lattuale

I minori nati e cresciuti in Italia da genitori stranieri sono pi di mezzo milione e al compimento dei 18 anni, con la normativa attuale, diventano degli stranieri in patria

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La proposta di G2 per una riforma della legge sulla cittadinanza che preveda il principio dello ius soli per coloro che nascono sul nostro territorio da genitori stranieri

normativa sulla cittadinanza limita lintegrazione di tutti i cittadini nella societ italiana, limita i diritti civili e politici di una parte consistente dei cittadini di questo Paese. G2 ritiene anche che la cittadinanza italiana per coloro che sono nati e cresciuti in Italia non debba essere una lotteria, una questione di fortuna oppure legata discrezionalmente al censo. Oggi in corso un confronto fra varie ipotesi di riforma della legge in 91/1992 sulla cittadinanza. G2 propone che lattuale dibattito sulle norme in materia di acquisto della cittadinanza italiana tenga conto di questi principi: Devono essere dichiarati cittadini italiani alla nascita coloro che nascono in Italia da genitori stranieri, senza richiedere il requisito del reddito dei genitori, e devono diventarlo automaticamente, senza necessit di richiesta da parte dei genitori Possono diventare cittadini italiani tutti coloro che sono venuti da minorenni in Italia e che vi abbiano risieduto almeno tre anni prima del compimento della maggiore et; non deve pi essere richiesto alcun requisito di reddito In tutti casi la legge deve contenere dei criteri espliciti e certi per lacquisto della cittadinanza italiana da parte di un cittadino straniero e in particolare nel caso dei figli di immigrati; va eliminato, dunque, il potere discrezionale di concessione della cittadinanza da parte della pubblica amministrazione. Un percorso agevolato di accesso alla cittadinanza, in caso di riforma della legge, dovrebbe anche estendersi ai nati e cresciuti in Italia ormai maggiorenni. Una specie di sanatoria per quei ragazzi e ragazze che non sono potuti rientrare nella legge 91/1992 e che sarebbero esclusi da un percorso agevolato della nuova legge. Tutti costoro non sono colpevoli che la legge sia cambiata dopo tanti anni, mentre loro sono diventati grandi, ma non meno degni di cittadinanza. G2 ritiene che soprattutto per chi nasce o viene portato da minorenne in Italia la concessione dello status civitatis sia il presupposto affinch non vi siano ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libert e leguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e leffettiva partecipazione di tutti i lavoratori allorganizzazione politica, economica e sociale del Paese. (Articolo 3 della Costituzione italiana).

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a cura di Stefania Nasso

Una lezione sul futuro

di Piero Raimondi
Viceprefetto aggiunto - ministero dellInterno

Il lungo percorso della Demografia per affermarsi come scienza capace in s di quantificare ma anche di studiare e analizzare i fenomeni sociali ed economici della realt intorno a noi

Cinquantanni. Tanto passato dal 1 novembre 19 6 0, quando il professor Antonio Golini, membro del comitato scientifico di libertcivili , fece il suo esordio accademico. Cinquantanni trascorsi nelluniversit di Roma La Sapienza, tutti nella facolt di Statistica, e tutti al servizio della sua disciplina, la Demografia. Esattamente nello stesso giorno in cui cinquantanni fa - allora giovane assistente aveva cominciato la sua carriera universitaria, dieci lustri pi tardi Golini ha tenuto la sua lezione di commiato e ha lasciato lateneo per andare in pensione. Pubblichiamo un estratto della sua ultima, magistrale lezione, un vero e proprio compendio dei temi pi caldi della demografia, tra cui quello dellimmigrazione su cui pi volte Golini intervenuto in questa rivista e su altri organi di stampa.
Veniamo ad alcune considerazioni sulla Demografia. La prima che vi propongo che mi pare si stia verificando un fenomeno paradossale, e cio che pi i fatti, le tendenze e i problemi demografici vanno acquisendo importanza e centralit nelle questioni sociali, economiche, ambientali, politiche e pi si registra una sorta di marginalizzazione dei demografi, quasi che li si voglia relegare al ruolo di tecnici che fanno i calcoli i cui risultati sono poi analizzati, interpretati e politicamente adoperati dagli studiosi di altre discipline. Cos, per fare un solo esempio, noi demografi abbiamo impiegato molti anni a convincere lopinione pubblica e la classe politica che era in atto unepocale rivoluzione demografica, qual linvecchiamento della popolazione; poi, finalmente, quando il fenomeno diventato di tutta evidenza e da tutti riconosciuto, allora a studiarne cause e conseguenze, a proporre politiche per fronteggiarlo sono intervenuti in primo luogo sociologi ed economisti. Leconomista premio nobel Krugman ha scritto sul Sole 24 Ore
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Statistica, demografia e immigrazione

La svolta necessaria: il passaggio dagli studi demografici agli studi di popolazione per comprendere tutte le interrelazioni della popolazione con lambiente che la circonda

che, guardando soltanto i dati delle tendenze della popolazione totale e di quella in et lavorativa del Giappone, aveva trovato la spiegazione della crisi economica di quel Paese. Ma avremmo potuto e dovuto farlo anche noi. E cos anche per le ripartizioni italiane, mettendo in relazione questo tipo di dati con quelli della dinamica del Pil si ricavano indicazione di estremo interesse, sia in termini di sviluppo che di federalismo fiscale. Qualcuno ritiene che questo tipo di analisi non sia affare dei demografi. Ma io, nato e cresciuto alla scuola di Nora Federici, ho invece della Demografia una visione a tutto tondo, nella quale credo profondamente. Non solo per scoprire e chiarire il macchinario che sta dietro e dentro il mutare dei fatti demografici, ma anche per come questi si mettono in relazione a tutto il contesto dei fattori esterni, storici e del momento. Certo, lanalisi del contesto entra sempre pi frequentemente nelle analisi demografiche, ma non mi pare che altrettanto frequentemente vengano studiati gli effetti, sul contesto, di fatti e tendenze demografiche. Mi pare che negli ultimi due-tre decenni si siano privilegiati gli studi e le analisi micro e si siano trascurate quelle macro. Il punto che forse dovremmo passare, anche concettualmente, dagli studi demografici agli studi di popolazione con i quali potremmo meglio approfondire le interrelazioni di causaeffetto che la popolazione in quanto tale ha con lambiente, con la biologia, con leconomia, con il welfare, con la tecnologia e la normativa, in particolare quella relativa alla riproduzione e alla morte, con la psicologia, con la societ, con la politica, con la religione, con lattitudine alla pace o alla guerra, con le lingue parlate. E non di meno con la politica. Un esempio. Mentre nei Paesi ad alta fecondit ormai scontata e generalizzata laccettazione del principio di favorirne la discesa e la messa in atto di politiche in tal senso, nei Paesi a prolungata bassissima fecondit , soprattutto in quelli economicamente sviluppati, le politiche tendenti a un recupero, anche modesto, della fecondit sono molto pi complesse, difficili e incerte, anche perch, fra laltro, di frequente osteggiate dagli ecologisti e da formazioni politiche radicali. Esse comunque andrebbero pensate e decise alla luce: a) del problema della sostenibilit del perdurare di una fecondit bassissima, pari o inferiore a 1,3 figli per donna, che provoca, a parit di altre condizioni, un intenso declino della popolazione e un suo fortissimo invecchiamento b) dellalterazione del rapporto fra nascite e morti, che potrebbe

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arrivare fino a 3-5 morti (e oltre) per una nascita e quindi trasformare il concetto stesso di vita e di morte, oltre che atteggiamenti e comportamenti nei confronti del bambino, bene raro e quindi assai prezioso, e del vecchio, persona dalla presenza ormai assai diffusa e quindi largamente svalutata c) della circostanza che mentre ridurre unalta fecondit della donna e della coppia, e quindi dellintera collettivit, assai spesso corrisponde allinteresse della coppia stessa e dellintero Paese, tentare di rialzare una fecondit bassissima, per esempio di circa un figlio per donna, corrisponde certo allinteresse del Paese, ma non necessariamente a quello delle coppie e delle donne. E lesperienza storica dimostra che quando per abbassare la fecondit si ritrova una coincidenza di interessi per lindividuo e la collettivit, allora funzionano le politiche che mirano a diminuirla; se invece gli interessi nel rialzarla sono contrastanti, normalmente, almeno nelle democrazie occidentali, sono gli interessi degli individui, e quindi i loro comportamenti, a prevalere sugli interessi della collettivit d) della inesperienza e incapacit, finora manifestata, nel trovare strumenti e politiche per favorire una ripresa, anche modesta, della fecondit.

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Il caso della Cina, che rappresenta quasi un quarto dellintera umanit: gli studi demografici dausilio a trovare il punto dequilibrio tra invecchiamento e crescita della popolazione

C poi da considerare la straordinaria difficolt di individuare e di centrare gli obiettivi quantitativi di queste politiche, dovuta al fatto che la grande crescita della popolazione che si avuta in particolare negli ultimi sessanta anni e la conseguente non minore alterazione nella struttura per et, rendono eccezionalmente difficile e stretto il sentiero lungo il quale camminare per rendere la fecondit futura ottimale o, anche solo, sostenibile. Qui di nuovo il problema quello di rendere compatibile il percorso macro con i comportamenti micro, magari pensando anche a strumenti che cinquantanni fa sembrarono stravaganti, come le tessere proposte dalleconomista Boulder. Al riguardo, prendendo ad esempio la Cina, quasi un quarto dellintera umanit, si trova che a fronte di un incremento atteso fra il 2005 e il 2050 di circa 86 milioni di ultraottantenni si avrebbe una diminuzione di 230 milioni delle persone con meno di 80 anni nel caso in cui la fecondit attuale di 1,70 figli per donna scendesse a 1,35 figli per donna. N daltra parte la Cina pu permettersi che, per meglio fronteggiare latteso invecchiamento, la fecondit risalga fino a 2,35 figli per donna, dal momento che questa fecondit porterebbe a un non auspicabile incremento di 245 milioni per la popolazione con meno

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Statistica, demografia e immigrazione

di 80 anni. Davvero un puzzle di estrema difficolt per i politici e la popolazione cinesi. Situazioni non meno complesse e difficili si hanno per molti Paesi, compresa lItalia. Al punto in cui arrivato lo stadio della evoluzione demografica, un obiettivo per una fecondit sostenibile di un Paese potrebbe essere quello che assicura la crescita zero della popolazione e quindi il valore di 2,06 figli per donna, o, essendo questo un obiettivo praticamente impossibile da perseguire con precisione, un valore che si ponga allinterno di una fascia che oscilli dal pi o meno 10 per cento rispetto ai 2,06 figli per donna. Naturalmente poi, per perseguire un ottimo dinamico di popolazione in relazione a fattori ambientali, economici, sociali, culturali allinterno del Paese dovrebbe essere possibile una assoluta, libera mobilit della popolazione sul territorio, altrimenti si dovrebbe cercare di perseguire limpossibile obiettivo di una crescita zero a tutti i livelli territoriali, il che comporterebbe fra laltro una straordinaria e insostenibile rigidit della popolazione e della societ intesa in senso largo.

La molteplicit di attori e fattori da considerare per cercare di valutare il presente e il futuro delle migrazioni internazionali dai Paesi del Sud verso quelli del Nord del mondo

Difficolt non minori di analisi tecnica e politica fra micro e macro si hanno in tema di migrazioni internazionali. Gli squilibri demografici, economici, sociali, attuali e di prospettiva a livello macro non sono mai stati cos forti fra il Nord del mondo, in genere economicamente progredito e demograficamente depresso, e il Sud, in genere demograficamente vitale ed economicamente depresso, per cui ci si devono aspettare migrazioni assai massicce; e nel futuro potrebbero aumentare. Ma poi a livello micro, per prendere la decisione di partire, conta il bilancio che una singola persona e la sua famiglia fanno fra la situazione attuale e quella sperata nel luogo di origine e la situazione sperata nel luogo di destinazione, compresi tutti i costi da affrontare per arrivarci. Per tentare di valutare il presente e il futuro delle migrazioni internazionali bisogna poi tener conto che entrano in gioco numerosi attori e non soltanto i due pi importanti, che per lappunto sono da un lato il migrante la singola persona che vuole avere il diritto di lasciare il proprio Paese, per necessit e/o desiderio di farlo e dallaltro il Paese di destinazione un singolo Paese di destinazione che vuole avere il diritto di lasciare entrare soltanto un certo numero o un certo tipo di immigrati, per salvaguardare una propria armoniosa capacit di sviluppo economico e sociale, oltre che la propria identit etnico-culturale. Vanno infatti considerate anche le politiche e le azioni operative di altri attori in gioco: a) i Paesi di transito, che non riescono

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e/o non vogliono trattenere sul proprio territorio gli irregolari che li adoperano sempre pi spesso come trampolino per tentare di arrivare nelleldorado (si considerino, ad esempio, il caso Messico-Stati Uniti e quello Libia-Italia); b) i trafficanti di manodopera, che sullo stato di bisogno dei migranti lucrano ignobilmente. In particolare poi nella Unione Europea, il Trattato di Schengen, dal 21 dicembre 2007 allargato a 25 Paesi, annulla le frontiere dei singoli Stati-nazione, le sposta ai bordi di una enorme area di libera circolazione delle persone, e fa s che la politica migratoria dei singoli Paesi europei si stia trasformando sempre di pi da unidimensionale e bilaterale a multidimensionale e multilaterale .

Nel 2050 avremo tre africani per un europeo: questo cambier tutta la geopolitica, oltre che leconomia e la cultura dellarea euro-africana. I problemi di acqua, cibo, energia

Analizziamola meglio, perci. Di fronte a cifre imponenti per i flussi migratori, e che certo non potranno diminuire in futuro, ci si posto il problema in sede internazionale di trovare formule che massimizzino i vantaggi e minimizzino gli svantaggi per i tre protagonisti principali i Paesi di destinazione, i migranti e i Paesi di origine. Anche su questo tema dovrebbero aversi analisi e proposte di demografi e di altri studiosi di scienze sociali. Per il 2050 ci si pu aspettare che la differenza fra popolazione africana ed europea a fronte dei 234 milioni attuali arrivi a quasi un miliardo; con tre africani per un europeo necessariamente cambier tutta la geo-politica, oltre che leconomia e la cultura dellarea euro-africana. In base alle tendenze della popolazione destinata a cambiare, per fare un altro esempio, la geo-politica in unarea particolarmente delicata anche dal punto di vista delle tensioni militari: nel 1950 la Russia (considerata nei confini attuali) aveva una popolazione (103 milioni) che era circa tre volte quella del Pakistan (37 milioni); nel 2050 il Pakistan potrebbe avere una popolazione pari a tre volte quella della Russia (292 contro 108). La crescita della popolazione sta avendo e avr un impatto molto forte in primo luogo sulla domanda di acqua, cibo ed energia in particolare da parte dei 4,6 miliardi di persone che abitano nei Paesi emergenti e che ci si aspetta diventino 6,2 miliardi nel 2050. Si tratta di nazioni con vaste popolazioni e con assai forte crescita economica a partire da Cina e India in cui la formazione di una classe media fa aumentare la domanda di beni che siano al di l della pura sopravvivenza. Da qui la richiesta di cibo, ma poi anche di abitazioni pi confortevoli, di automobili, e quindi di energia e di acciaio. Una
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domanda sostenuta che serve a superare larretratezza di questi Paesi in campi fondamentali come la povert, la salute e listruzione che va mettendo in crisi pure il sistema di produzione, scambi e prezzi delle merci e dei servizi delle societ occidentali; domanda che aumenter in futuro, non solo in relazione al fortissimo aumento della popolazione totale, ma anche alla sua crescita in termini socio-economici.

Un altro tema riguarda lo sviluppo della popolazione in et lavorativa, dai 15 ai 65 anni. Tale grandezza dovrebbe aumentare tra il 2005 e il 2050 di quasi 1,7 miliardi di persone

Alcuni problemi specifici sono relativi allo sviluppo della popolazione in et lavorativa, dai 15 anni ai 65 anni . previsto che tale grandezza, fra il 2005 e il 2050, aumenti nel mondo intero di quasi 1,7 miliardi di persone, con fortissime differenze territoriali: diminuzione di 92 milioni nei Paesi economicamente sviluppati; crescita di 708 nei Paesi a sviluppo minimo e di 1.067 nei Paesi emergenti. Il che comporta, tenendo conto che in queste et il normale tasso di attivit si aggira intorno al 70 per cento, la necessit di creare nel complesso dei Paesi in via di sviluppo, allincirca 1 miliardo e 250 milioni di nuovi posti di lavoro, per fronteggiare lofferta che deriva dalla sola dinamica demografica. Limmensit della sfida si pu valutare tenendo conto che lintero ricco Nord del mondo occupa attualmente allincirca 550-600 milioni di persone. Ma alla componente demografica bisogna aggiungere una offerta di lavoro che deriva: dallespulsione di lavoratori dallagricoltura, quando questa, com in specie nei Paesi a sviluppo minimo, arretrata e ammodernandosi espelle decine di milioni di lavoratori; dal miglioramento della condizione femminile, che immette sul mercato del lavoro grandi quantit di donne, non infrequentemente pi istruite degli uomini; dallaumento dellistruzione che contribuisce a immettere sul mercato del lavoro frazioni di persone altrimenti destinate a rimanere emarginate o scoraggiate. Si tratta, per di pi, di creare posti di lavoro che siano, secondo la definizione dellOrganizzazione internazionale del lavoro, decenti che assicurino quindi un reddito decente e una condizione lavorativa adeguata. Dallaltra parte i Paesi economicamente sviluppati, per la prevista diminuzione della popolazione in et lavorativa, avranno bisogno di immigrati, che le Nazioni Unite prevedono nella misura di 2-3 milioni lanno. La pressione migratoria Sud-Nord sar quindi fortissima e incontenibile, ma mentre le migrazioni saranno in grado di risolvere i problemi demografici del Nord del mondo (compreso quello di ridurre in misura modesta linvecchiamento, sempre che i flussi di immigrazione abbiano continuit nel tempo), non saranno certo in grado di risolvere

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gli immensi problemi demografici ed economici del Sud. La possibilit e la capacit di creare abbastanza lavoro, e lavoro decente, per fronteggiare una offerta che nei prossimi decenni superer largamente 1 miliardo e mezzo di persone comporta la necessit di una approfondita analisi quantitativa, qualitativa e territoriale della domanda di lavoro. Altri problemi specifici sono relativi allo sviluppo della popolazione con 65 anni e pi . Questo segmento di popolazione costituisce la reale bomba demografica del XXI secolo. Ci si aspetta nel mondo un incremento di un miliardo di ultrasessantacinquenni fra il 2005 e il 2050, di cui 139 milioni nel mondo economicamente sviluppato, dove raggiungeranno la quota del 26 per cento del totale della popolazione e 877 nel complesso dei Paesi in via di sviluppo, dove con un incremento del 300 per cento, raggiungeranno la quota del 15 per cento. I Paesi del Nord del mondo si ritroveranno con una quota elevatissima di anziani e vecchi che metteranno a dura prova i sistemi sanitari, il sistema di cura, il sistema pensionistico, la loro competitivit internazionale. I Paesi del Sud si ritroveranno con una quota minore di anziani e vecchi, ma con una loro vertiginosa velocit di crescita; e questo in nazioni dove i sistemi di sicurezza sociale e pensionistici sono ancora approssimativi se non del tutto assenti, i redditi ancora bassi e la crisi della famiglia gi largamente presente.

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Lintreccio delle grandi sfide che nei prossimi anni riguarderanno da un lato i Paesi pi sviluppati dal punto di vista economico e dallaltro i Paesi meno avanzati

Tirando le somme, sono immense le sfide legate alle tendenze della popolazione, nei Paesi economicamente sviluppati dovendosi ricercare la capacit di: far sopravvivere il sistema produttivo, reggendo allimpatto del proprio ciclo demografico, visto anche in combinazione con quello dei Paesi in via di sviluppo far sopravvivere il sistema di sicurezza sociale, reggendo allintensissimo invecchiamento della popolazione trovare un diverso sistema di assistenza e cura, non sembrando pi sostenibile in futuro quello basato sulla famiglia, per motivi di alterazione del rapporto fra le generazioni, di modificazioni del quadro nosologico, di durata del periodo di assistenza, della sempre pi frequente rottura e ricomposizione delle famiglie, della frequente inadeguatezza, per i grandi vecchi, delle abitazioni nelle quali sono vissuti. Nei Paesi economicamente meno avanzati dovendosi ricercare la capacit di: tenere in vita e migliorare per tutti i Paesi il sistema produttivo, riuscendo a creare in circa quarantanni oltre un miliardo di

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posti di lavoro decenti (cio, fra laltro, retribuiti con pi di due dollari al giorno), reggendo quindi allimpatto demografico degli stessi Paesi in via di sviluppo e ai problemi di competitivit che si creano fra di loro e con il mondo economicamente sviluppato far nascere dovunque un sistema generalizzato di sicurezza sociale, reggendo alla straordinaria velocit del loro invecchiamento e alle difficolt di crescita economica.

Quattro cifre per capire il futuro da qui al 2050: la popolazione segner pi 22 milioni nel Nord e pi 2.498 nel Sud. La popolazione attiva meno 92 milioni nel Nord e pi 1.767 nel Sud

Ma se proprio si volesse sintetizzare al massimo il complesso di queste grandi e difficili stime si pu far riferimento a quattro sole cifre che riguardano la demografia di un futuro compreso fra qui al 2050. Lincremento atteso della popolazione complessiva pari a +22 milioni nel Nord del mondo (compresa una immigrazione di 2-3 milioni di persone lanno) e a +2.498 milioni nel Sud (compresa una emigrazione di 2-3 milioni di persone lanno) tale da far comprendere che nulla potr rimanere com adesso nei rapporti fra i popoli. E ancora: la variazione attesa della popolazione in et lavorativa fra i 15 e i 65 anni sempre includendo i movimenti migratori pari a -92 milioni nel Nord del mondo e a +1.767 mln nel Sud lascia intendere come nulla potr rimanere com adesso nella struttura dei sistemi produttivi e dei flussi migratori. Bastano queste sole quattro cifre oltre a quelle della straordinaria crescita della popolazione urbana a dare la misura della necessit e dellurgenza di una nuova visione e di un nuovo governo del mondo che i demografi dovranno contribuire a disegnare. oggi, o quasi, che per i macro fenomeni si decide che cosa sar il mondo del 2050, e si prepara quello che sar nel 2100. pi che mai necessario tentare di prevedere alcuni possibili percorsi delle basilari variabili che influenzeranno i prossimi decenni, analizzare le leggi che regolano tali percorsi e valutarne auspicabilit e compatibilit. Ma lanalisi dovr rivolgersi anche alla forma di governo, variabile fondamentale che tutto lega a livello globale e regionale, alla ricerca di nuovi efficienti equilibri fra capacit di governo ed equit e fra democrazia e mercato, equilibri che valgano anche per il livello attualmente nazionale, fino alle singole piccole collettivit. Certamente la popolazione gioca un ruolo primario e pi che mai in prospettiva nella definizione, nella creazione e nelle attivit delle Unioni sovranazionali. Lo ha giocato e lo va giocando nella Unione Europea di certo per il terremoto demografico provocato dalle migrazioni interne allUnione, ma non lo ha giocato per la massa demografica ingentissima che

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Il ruolo primario della popolazione nella definizione dei nuovi equilibri politici mondiali

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Il prossimo decollo dellUnione per il Mediterraneo comprender 43 Paesi e una zona di libero scambio di circa 750 milioni di abitanti con circa il 24 per cento del Pil mondiale

la popola, cos come per la forza economica e lestensione territoriale, che non ha potuto dispiegare il suo peso eccezionalmente forte per via della mancata unione politica, del tutto necessaria per fronteggiare i grandi giganti demografici del mondo contemporaneo. Unione politica che nel processo di governance dovrebbe perfezionare il peso da attribuire alla dimensione demografica dei singoli Paesi componenti, a evitare che una aggregazione di piccoli Paesi possa imporre le sue decisioni allintera vasta comunit. Un problema che si ripropone anche per le Nazioni Unite, dove, per superare la sua attuale forte crisi, le votazioni dovrebbero contare sulla maggioranza di Nazioni coniugata con una maggioranza di popolazioni. Insomma necessaria una piena valutazione della variabile popolazione per la governance di unit multinazionali, e per i suoi riflessi economici, sociali, culturali. E certo in questo campo i demografi dovrebbero ulteriormente mettersi al lavoro per valutare tutte le problematiche e le possibili conseguenze legate allassai prossimo decollo della Unione per il Mediterraneo, una Unione di 43 Paesi che potrebbe sfociare in una zona di libero scambio di circa 750 milioni di abitanti con circa il 24 per cento del Pil mondiale e che la cui popolazione cos differenziata per dinamica, per struttura, per insediamento territoriale ha gi ora problemi immensi in termini di energia, trasporti, istruzione, sviluppo, condizione sociale. Una Unione che da un lato potrebbe auspicabilmente favorire gli scambi e lo sviluppo del nostro Mezzogiorno, dallaltro potrebbe contribuire a drenare in tutta la riva sud del Mediterraneo le attese massicce migrazioni dallAfrica sub-sahariana, e infine, se allargata ulteriormente alla Russia, potrebbe misurarsi con gli altri grandi Paesi /Unioni come la Cina, lIndia, lAsean, il Nafta, il Mercosur e cercare forme di convivenza con lUnione Africana. Messa, infine, nei termini pi essenziali possibili, il problema se la prosecuzione dello sviluppo economico possa essere sostenibile o no: se sia peggio la sovrappopolazione o leccesso di consumi. Se la risposta la prima, si potrebbe avere un grande dramma per lumanit, perch si tratterebbe di estendere a tutti i popoli che si trovano ancora a medio-alta fecondit una politica che li costringa come ad esempio da tempo succede in Cina a non avere figli o ad averne uno solo, di modo che la fecondit scenda ancora pi rapidamente di quanto stia avvenendo; oppure, con una riduzione del welfare, si tratterebbe di avere un arresto alla discesa della mortalit o addirittura di provocarne un rialzo avendo come conseguenza la riduzione per tutti della durata della vita. Parrebbe pi conveniente e appropriato ridurre
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i consumi, una impresa straordinariamente difficile e complessa, ma comunque di medio periodo in attesa che dopo la met del XXI secolo la popolazione mondiale cominci com del tutto probabile a declinare grazie allazione di sue forze endogene. Un declino peraltro che potrebbe forse creare pi problemi di quanti ne possa risolvere, se non ci saranno le unioni politiche, di cui si detto, allinterno delle quali poter compensare le grandi diversit territoriali nellinsorgenza, nella velocit e nellintensit del declino e dellinvecchiamento.

La transizione demografica che riguarda la famiglia chiama in causa concetti nuovi nel campo dei diritti delluomo e della sessualit: quello dei diritti riproduttivi e quello della salute riproduttiva

Tornando al livello micro, poche ultime osservazioni. La contraccezione, legandosi inestricabilmente allaumento di istruzione e insieme ad essa a una nuova condizione della donna, ha innescato unaltra grande transizione denominata seconda transizione demografica questa volta nella famiglia; un fenomeno assai evidente per ora solo nelle societ occidentali. Ci si sposa molto pi tardi di un tempo perch si studia di pi e perch si dapprima alla ricerca di stabilit professionale e stabilit affettiva; si ha un numero di figli ridotto o, pi spesso, ridottissimo che non sono pi i figli della spinta e del desiderio sessuale, quindi spersonalizzato, ma i figli del desiderio e del piacere di aver figli, comportamenti che possono realizzarsi solo grazie alla possibilit di ricorrere alla contraccezione e allaborto. Non c pi stretto bisogno della famiglia per limitare le nascite e sostentare i figli, che si possono avere e allevare anche fuori della famiglia. Si tratta di una rivoluzione nella storia delluomo e del popolamento che ha cambiato totalmente la struttura familiare e anche la costruzione dellidentit degli individui, contribuendo fra laltro largamente alla nascita di un moderno, esasperato individualismo. Non essendoci pi necessariamente alla base della nascita di un figlio le relazioni sentimentali, relazioni sessuali possono aver luogo autonomamente. Anche per questo negli ultimi 15 anni circa sono stati ideati e introdotti in sede internazionale e in particolare nella Conferenza mondiale su popolazione e sviluppo che lOnu tenne a Il Cairo nel 1994 due concetti del tutto nuovi nel campo dei diritti delluomo e della sessualit: quello dei diritti riproduttivi e della salute riproduttiva . Si tratta, per lappunto, di assicurare ai giovani una piena e sana vita sessuale nei lunghi anni che vanno dallinizio della vita riproduttiva (che specie per la donna si va anticipando sempre di pi e che spesso si pone ai 12-14 anni) al matrimonio o allinizio di una vita di tipo coniugale che spesso si colloca anche oltre i 28-30 anni. In questa ottica andrebbe data ai giovani una corretta

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Statistica, demografia e immigrazione

Il coinvolgimento della Demografia rispetto ai destini stessi dellumanit e al senso del nostro nascere, vivere e morire: questa la nuova sfida di metodo di lavoro e di ricerca davanti a noi

informazione, la disponibilit di contraccettivi e consultori, ma anche, come extrema ratio, laccesso allaborto sicuro e gratuito, magari esteso pure ai minorenni che non abbiano il consenso dei genitori. Perdurano tuttora la battaglia ideologica e la forte contrapposizione che fin da Il Cairo si sono accese su questi temi fra Paesi, alcuni dei quali, in particolare in Europa e in America Latina, guidati dal Vaticano e quelli a prevalente religione islamica che tendono a rifiutare questa impostazione e altri, in particolare del Centro-Nord Europa, che in questa direzione invece spingono fortemente. Su questo problema e su molti altri le politiche e gli interventi in tema di popolazione sono finora risultati largamente legati a un pendolo, quello degli Stati Uniti, che nel 1984, presidente Reagan, invocavano il mercatismo, mentre nel 1994, presidente Clinton, erano su posizione progressiste in tema di salute riproduttiva (incluso laborto) e sessuale, posizione cambiata in seguito, presidente Bush, con un forte contrasto allaborto e con tagli totali ai finanziamenti al Fund for Population Activity , finanziamenti poi ripristinati con Obama presidente. Diventa quindi decisiva allOnu largamente paralizzato nelle sue attivit di popolazione dal pendolo americano, ma non solo per la prossima Conferenza mondiale su popolazione e sviluppo del 2014, la eventuale conferma di Obama, altrimenti c il rischio che il pendolo si rimetta in movimento verso le pi conservatrici posizioni repubblicane. E, qui da noi, in vista di questa Conferenza mondiale, si dovr spingere per una ricostituzione del Comitato nazionale della popolazione? C ancora, in termini di comportamenti sessuali e riproduttivi, e psicologico-sociali limportante problema di che tipo di madri e soprattutto di padri saranno i figli del crescente numero di coppie divorziate. E infine di come considerare dal punto di vista demografico e sociale, ma anche statistico, i gay tenendo conto del loro numero ufficialmente crescente. Concludendo c da guardare con molta attenzione e profondit alla penetrante intrusione della tecnologia e alla pervasiva, ma necessaria, presenza di unetica nella procreazione, dal momento che essa finora esclusivo frutto del desiderio e della volont di diventare madri e padri che generalmente si manifesta nel se , quando e quanti figli avere si va spostando sempre pi dalla natura o da Dio alluomo, perch luomo diventato realizzabile da parte delluomo stesso che pu produrlo e manipolarlo attraverso la tecnica, laddove la natura abbia fallito. Non soltanto per nel dare la vita sono parzialmente cambiati i limiti della natura, ma pi che mai nel lasciarla, dove lintrusione,
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Documentazione e Statistiche

Documentazione e Statistiche

Statistica, demografia e immigrazione

e spesso linvasione, della tecnica va costantemente spostando in avanti levento morte, lasciando in vita un numero straordinariamente crescente di persone fino a et incredibilmente avanzate, qualche volta in condizioni che certo assicurano la sopravvivenza, ma non la vita. Emerge cos sempre pi nettamente nelle societ contemporanee, spesso lacerando le coscienze, la profonda problematica e langoscioso interrogativo sul senso del nostro nascere, vivere e morire. E la stessa Demografia ne rimane profondamente coinvolta e richiede allo studioso di popolazione nuove competenze, nuove visioni, nuove tecniche e nuovi strumenti. E, inevitabilmente, richiede la frequente associazione, nella ricerca, con studiosi di altre discipline che consenta di superare le colonne dErcole di una Demografia spesso chiusa in un suo piccolo mare.

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La fraternit umana lesperienza, a volte sorprendente, di una relazione che accomuna, di un legame profondo con laltro, differente da me, basato sul semplice fatto di essere uomini. Assunta e vissuta responsabilmente, essa alimenta una vita di comunione e condivisione con tutti, in particolare con i migranti; sostiene la donazione di s agli altri, al loro bene, al bene di tutti, nella comunit politica locale, nazionale e mondiale. Benedetto XVI (Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, Castelgandolfo 27 settembre 2010)

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BIMESTRALE DI STUDI E DOCUMENTAZIONE SUI TEMI DELLIMMIGRAZIONE

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