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11 luglio 2009
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Si consiglia di affiancare il materiale presente in questo riassunto agli appunti presi a lezione. Que-
sto perché (ovviamente!) non si vuole avere alcuna presunzione di esaustività, né di assoluta corret-
tezza: nonostante le revisioni fin’ora effettuate, potrebbero infatti essere ancora presenti molti errori e
imprecisioni.
2
Indice
1 Introduzione 5
1.1 Attenuazione in spazio libero e non . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.2 In sintesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
4 Modelli empirico-statistici 35
4.1 Tipologie di modelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
4.2 Il fading . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
4.3 I modelli Hata-like . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
4.4 Il modello di Epstein-Peterson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
4.5 Il modello di Berg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
4.6 Il modello multi-wall indoor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
4.7 In sintesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
3
4 INDICE
7 Il Canale Radiomobile 63
7.1 Caso statico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64
7.2 Caso dinamico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
7.3 Le 4 funzioni del canale radiomobile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
7.4 Parametri di dispersione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
7.5 Caratterizzazione multidimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
7.6 Tecniche di diversità e MIMO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
7.7 In sintesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
4
Capitolo 1
Introduzione
che ha le dimensioni di un guadagno < 1 (e solo in questo senso è un’attenuazione), il secondo è un’attenuazione tout-court ed è
tanto più grande quanto minore è la potenza ricevuta in rapporto a quella trasmessa.
2 In spazio libero e in un mezzo del genere l’onda è da considerarsi sferica.
5
6 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
1.2 In sintesi
In spazio libero e in condizioni ideali vale la formula di Friis:
α α
λ R0
Pr = Pt · Gt · Gr = PR ( R0 ) ·
4πR R
L'esponente α è tuttavia pari a 2 solamente in condizioni assolutamente ideali: tale parametro, nella realtà, è
infatti maggiore di 2 e può assumere valori che comportano un'attenuazione ben più consistente di quella in spazio
libero! Per la sua misurazione si fa ricorso a prove sperimentali, interpolando i dati raccolti mediante linea di
regressione su graco log-log, oppure ci si appella a particolari modelli ad-hoc.
6
Capitolo 2
Alcuni gas che compongono l’atmosfera (vapore acqueo H2 O, ossigeno O2 , etc...) provocano attenua-
zione in quanto le loro molecole, non bilanciate elettricamente, risuonano a certe frequenze disperdendo
energia in calore; com’è prevedibile, questa attenuazione dipende dalla concentrazione di tali gas1 . In
figura 2.1 si possono notare, per alcuni gas nell’atmosfera standard, le righe di assorbimento situate in pros-
simità delle frequenze alle quali le molecole risuonano; si noti, in particolare, che non si hanno effetti
rilevanti sotto i 10 GHz.
L’attenuazione dipende anche dalla quota del collegamento in quanto le concentrazioni dei gas variano
al variare di essa.
Date le attenuazioni specifiche dovute all’ossigeno (α0 ) e al vapore d’acqua (αw ), entrambe espresse in
7
8 CAPITOLO 2. PROPAGAZIONE IN MEZZI LENTAMENTE VARIABILI
[dB/Km], per un collegamento tra quote h e hmax , con angolo di elevazione θ (piccolo), si ha:
hZmax
α0 ( H ) + α w ( H )
Ls = dH
sin( ϕ)
h
(d + h) · n(h) · cos θ
ϕ = arccos
(d + H ) · n( H )
Quando però il collegamento è praticamente parallelo al terreno si può semplificare la formula come
riportato di seguito:
L s = [ α0 + α w ] · d
Questa attenuazione andrà poi sommata a quella di spazio libero.
αr = K · R a
Asx = KR ax D
Jt = eNp u(t)
Otteniamo così una nuova permittività elettrica reale (non ci sono perdite) pari a:
! s
e2 Np e2 Np
ε p = ε0 1 − 2
con ω p = pulsazione di plasma
mε 0 ω mε 0
8
CAPITOLO 2. PROPAGAZIONE IN MEZZI LENTAMENTE VARIABILI 9
questa riflessione le onde aventi frequenza ≤ a 10 MHz: le onde lunghe, quindi, possono sfruttare la
riflessione nella ionosfera per raggiungere zone anche molto distanti nel globo terrestre.
A frequenze molto maggiori (GHz) le disomogeneità della troposfera possono invece causare retrodif-
fusione di un onda incidente in tutte le direzioni (troposcatter).
Risolvendo l’equazione dell’iconale si può calcolare ψ(r ); le superfici per cui ψ(r ) = costante sono i
fronti d’onda, i quali definiscono la traiettoria del segnale in quanto permettono di individuare i raggi: si
definisce infatti raggio ottico ogni linea dello spazio perpendicolare in ogni punto alla superficie d’onda.
Detto inoltre s il versore che individua la direzione di propagazione del raggio si ha4 :
∇Ψ ∇Ψ
s= =
|∇Ψ|
b
n
dr(s)
s=
b dove r(s) è la parametrizzazione del raggio
ds
Semplicemente sostituendo otteniamo l’equazione dei raggi:
dr(s)
n = ∇Ψ
ds
Questa si può nuovamente derivare rispetto ad s per ottenere così l’equazione differenziale dei raggi che
ha il grande vantaggio di poter descrivere la traiettoria dei raggi sapendo solo l’andamento di n(r).
d dr (s) d d
n = (∇ψ) = ∇ ψ = ∇ (∇ψ · ŝ) = ∇ (n · ŝ · ŝ) = ∇n
ds ds ds ds
d dr
n = ∇n
ds ds
Ora si possono definire il vettore5 di curvatura c e il raggio di curvatura R (si veda la figura 2.3):
s
db 1
c= c= cb
ds R
Dall’equazione differenziale dei raggi, e dalle definizioni date di s e di c otteniamo:
d dr d dn dŝ dn
∇n = n = (nŝ) = ŝ + n = ŝ + cn
ds ds ds ds ds ds
3 La troposfera è la fascia dell’atmosfera a diretto contatto con la superficie terrestre.
4 La coordinata s è di tipo curvilineo.
5 Attenzione: la derivata di un versore è un vettore!
9
10 CAPITOLO 2. PROPAGAZIONE IN MEZZI LENTAMENTE VARIABILI
dn
∇nĉ = ŝ · ĉ + nc · ĉ = n |c|
ds
1 ∇n
= · cb |c| =
R n
Poiché il primo membro è positivo, per forza l’an-
golo tra c e ∇n dev’essere sempre minore di π2 :
il raggio tende sempre a curvare verso la regione
ad indice di rifrazione più alto7 e quindi, nel caso
terrestre, i raggi ’curvano’ verso il suolo.
dn
∇n = n r̂ dipende solo da r
dr
Applicando l’equazione differenziale dei raggi e moltiplicando vettorialmente per r si ha
d
nŝ = ∇n
ds
d dn
(r × nŝ) = r × ∇n = r × r̂ = 0
ds dr
Questo significa che r × nŝ è costante e che quindi è costante anche l’angolo compreso fra essi.
6 Si ricordi che i versori ŝ e hatc sono ortogonali e il loro prodotto scalare è nullo.
7 Nel caso discreto l’equivalente è la legge di Snell.
10
CAPITOLO 2. PROPAGAZIONE IN MEZZI LENTAMENTE VARIABILI 11
(a) .
(b) .
(c) .
11
12 CAPITOLO 2. PROPAGAZIONE IN MEZZI LENTAMENTE VARIABILI
• il raggio, molto pigramente, cerca di prendere il cammino ottico più breve e prediligendo la perma-
nenza nelle zone a n basso.
Questo non significa che il raggio non finirà mai nelle zone a n maggiore: semplicemente, sapendo che
il raggio andrà dal punto P1 al punto P2 , l’integrale
ZP2
L= n(s)ds
P1
calcolato lungo il cammino del raggio risulterà essere sempre quello a risultato (cioè a cammino ottico)
minore rispetto a tutte le traiettorie possibili.
• r = R0 + h;
• h = quota.
In figura 2.4 è riportata la legge di Snell nel caso di simmetria sferica. Quindi nel caso in esame deve
essere
n(r ) · r · sin Ψ = k
n(h) · ( R0 + h) · sin Ψ = k
R0 k
n(h) · 1 + · sin Ψ = =K
h R0
h h
n(h) + sin Ψ = K dato che è molto piccolo
R0 R0
Queste relazioni sono il punto di partenza per risolvere il problema di stratificazione piana per via nu-
merica. Dato che però ci interessa soprattutto conoscere curvatura del percorso del segnale, si fa uso
dell’equazione
1 ∇n 1 dn
|c| = = ĉ = r̂ · ĉ (2.1)
R n n dr
dopodiché si introduce il gradente verticale di rifrattività
dN (h)
G=
dh
8 Dati due punti P1 e P2 ed un percorso che li colleghi, si definisce cammino ottico
ZP2
L= n(s)ds
P1
12
CAPITOLO 2. PROPAGAZIONE IN MEZZI LENTAMENTE VARIABILI 13
13
14 CAPITOLO 2. PROPAGAZIONE IN MEZZI LENTAMENTE VARIABILI
la quale deve sempre essere maggiore dell’altezza degli ostacoli. Quest’ultima può essere ricavata in forma
grafica (figura 2.8.c):
Sia quindi:
• h1 : altezza dell’antenna trasmittente;
• h2 : altezza dell’antenna ricevente;
14
CAPITOLO 2. PROPAGAZIONE IN MEZZI LENTAMENTE VARIABILI 15
• d: distanza di collegamento;
• yc : funzione del raggio;
• yt : funzione profilo terrestre.
(a) .
(b) .
(c) .
Figura 2.8
15
16 CAPITOLO 2. PROPAGAZIONE IN MEZZI LENTAMENTE VARIABILI
h2 − h1 x ( x − d)
1 1
E ( x ) = h1 + x− − (2.4)
d 2 R R0
Osservando tale equazione e confrontandola con la 2.2 si può considerare il raggio piatto attribuendo alle
terra la curvatura 1/Req . Si definisce allora il raggio equivalente:
1 1 1 R − R0 1
= − = = Req = K · R0 (2.5)
Req R0 R R · R0 K · R0
Supponendo che h1 = h2 = h, si può calcolare l’orizzonte radio (figura 2.9) dor ponendo E( d2or ) = 0, e
ricavando: p
dor = 2 2hKR0
• effetto di condotto al suolo: quando G < −157. Si hanno multiple riflessioni al suolo di un cammino
con curvatura maggiore della terra;
16
Capitolo 3
Propagazione in presenza di
discontinuità
• σi = (αi + jβ i )b
si con si direzione di incidenza
Si dimostra che ogni raggio incidente dà luogo ad un raggio trasmesso ed uno riflesso.
Il mezzo in cui si propaga l’onda è descritto dai parametri µ, ε, σ. In alternativa si possono definire i
parametri ’composti’:
σ
• ε c = ε + jω permettività complessa
q µε
• n = µ εc0 indice di rifrazione
0
q
µ
• η= εc impedenza intrinseca
Nel caso di mezzo privo di perdite (µ = µ0 ) e inoltre definita η0 (impedenza intrinseca di spazio libero):
√
r
η0 µ0
n = εr η= η0 =
n ε0
anche a mezzi debolmente conduttori a patto di tener conto delle perdite tramite l’uso di una permittività elettrica complessa.
17
18 CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ
Figura 3.1: Ci sono due contributi principali, il cammino diretto e il raggio riflesso dal terreno.
dell’onda’ (e con quale segno) subisce riflessione e quanta invece viene trasmessa; imponiamo la conti-
nuità delle componenti tangenti dei campi (elettrico e magnetico) incidente, riflesso e trasmesso (si faccia
riferimento alla figura 3.3), supponendo che non vi siano correnti superficiali né impresse né indotte.
Ricordando che i tre vettori (si , sr , st ) sono complanari e appartenenti al piano di equazione z = ky, si
giunge alle leggi della riflessione e della rifrazione5 :
18
CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ 19
Dalla seconda equazione si può notare che, se n1 > n2 , aumentando θi si può arrivare ad avere θt = π2
(la direzione del raggio rifratto coincide con l’asse in figura 3.3): si ha in questo caso il fenomeno della
riflessione totale. L’angolo di incidenza θc per cui avviene questo fenomeno è detto angolo critico6 .
~Et0
τ
= ~Ei0
τ
+ ~Er0
τ
; ~ t0
H τ ~ i0
=H τ ~ r0
+H τ
e scomponiamo i campi rispetto a tre nuovi sistemi di riferimento, ognuno avente un asse solidale con
la direzione del raggio come mostrato in figura 3.4. I campi ~E ed H ~ si scompongono lungo le due
componenti7 ~ξ e ~iy , descrivendo due soluzioni indipendenti tra loro e mutuamente esclusive ma sufficienti,
una volta composte, a descrivere un campo qualsiasi.
Risulta comunque sempre possibile scomporre il campo in due polarizzazioni lineari e ortogonali:
Dopo svariati calcoli, che qui ometteremo, giungiamo così ai coefficienti di Fresnel:
6 In realtà anche in questo caso è presente, nel mezzo 2, una certa componente di campo elettromagnetico in quanto l’onda si
propaga sulla superficie (asse z), mentre si attenua in maniera esponenziale nella direzione normale (onda evanescente lungo la parte
negativa dell’asse x).
7 Campo elettrico, magnetico e direzione di propagazione dell’onda formano una terna cartesiana ortogonale: i campi elettrico e
magnetico oscilleranno quindi fra loro perpendicolarmente nonché su piani ortogonali alle direzioni ŝi , ŝt , ŝr .
8 Rispetto al piano di incidenza.
9 Conservazione dell’energia.
19
20 CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ
2 sin θ
τTE = r
2n2
sin θ + n1 − cos2 θ
POLARIZZAZIONE TM r
2 2
n2 n2
n1 sin θ − n1 − cos2 θ
Γ TM = 2 r 2
n2 n2
n1 sin θ + n1 − cos2 θ
2 nn2 sin θ
1
τTM = 2 r
n2 2
n2
n1 sin θ + n1 − cos2 θ
Imponendo la condizione Γ TE = 0 (riflessione nulla), tutta la potenza passa dal mezzo 1 al mezzo 2; la
legge di Snell deve tuttavia essere ancora valida e si deve cioè avere:
n2 cos θt sin θt
n2 cos θi = n1 cos θt ⇒ = = (3.1)
n1 cos θi sin θi
L’ultima uguaglianza è verificata solo se:
π
θi + θ t =
2
Ne consegue che: π
cos θt = cos − θi = sin θi
2
Sostituendo quest’ultima uguaglianza nella 3.1 si ricava l’angolo di Brewster (o angolo di rifrazione totale):
n2
tan θi =
n1
Riassumendo (vedere figure 3.611 e 3.7) possiamo catalogare i punti principali:
• ~si ,~sr ,~st complanari;
• θi = θr (legge della riflessione);
• n1 sin θi = n2 sin θr (legge della rifrazione);
• Er = ΓEi ;
• Et = τEi .
10 Andiamo a sostituire:
s s
2 2
n1 n1 n1 n2
sin θt = sin θi ⇒ cosθt = 1− sin θi = − sin2 θi
n2 n2 n2 n1
11 Ad un primo esame si potrebbe rimanere ’stupiti’ dalla presenza di un termine s0 al numeratore. Per convincersi si tenga
presente che:
0
e− jβs
E ( Q R ) = E0 0
s
− jβ(s+s0 ) − jβs0 0 − 0 − jβ(s+s0 )
e e s e jβs e s0 s0 − jβs
E0 (s) = E0 = E0 0 = E (QR ) e
s + s0 s0 e− jβs0 | {z } s s + s 0 e − jβs0 s + s0
E( Q R )
20
CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ 21
Vediamo ora l’effetto della riflessione al suolo di un’onda trasmessa. Riprendiamo le espressioni
riportate nel paragrafo 3.1 e manipoliamo facendo le seguenti ipotesi:
√
r
µε c
• µ = µ0 (come nel vuoto), che implica n = = εr;
µ0 ε 0
21
22 CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ
√ q
1
cos θi ε r2 − 1 − ε r2 sin2 θi
Γ TM = √ q
1
cos θi ε r2 + 1 − ε r2 sin2 θi
• θi = π
2 → Γ TE , Γ TM = −1 incidenza radente;
• il mezzo su cui incide l’onda è conduttore elettrico perfetto (σ2 , ε r2 → ∞) → Γ TE = −1, Γ TM = 1.
In molti casi pratici l’onda incidente è sferica e la superficie piana: questo permette di dire che anche
l’onda riflessa sarà sferica e con uguale raggio di curvatura (è come avere un’antenna ’immagine’ nel
mezzo 2)12 .
~
~Er (s) = Γ E0 e− jβ(rr1 +rr2 )
rr1 + rr2
La riflessione di un’onda sul terreno può essere schematizzata come in figura 3.8. Ricordando che l’onda
incide nel punto esatto in cui transiterebbe l’onda generata da un’ipotetica antenna (immagine) trasmet-
12 Per arrivare alla formula:
rr1 − jβrr2
Er (s) = Γ Ei ( Qr ) rr2 + rr1 e
~
~E0
⇒ ~Er (s) = Γ e− jβ(rr1 +rr2 )
~E
~E ( Q ) = 0 e− jβrr1
r r1 + rr2
i r
rr1
22
CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ 23
tente posta nel mezzo 2 con stesse caratteristiche, è facile calcolare13 il percorso del raggio diretto (rd ) e di
quello riflesso (rr ): q q
rd = d2 + (h TX − h RX )2 ; rr = d2 + (h TX + h RX )2
Detta ∆r la differenza tra i due cammini ottici, essa vale:
q q
∆r = rr − r d = + (h TX + h RX ) − d2 + (h TX − h RX )2 =
d2 2
s s
(h TX + h RX )2 (h TX − h RX )2
= d 1+ − d 1 +
d2 d2
Sotto l’ipotesi (1) che d >> h TX , h RX (distanza del collegamento molto maggiore rispetto all’altezza
delle antenne dal suolo) si può sviluppare in serie14 e scrivere semplicemente:
!
(h TX + h RX )2 (h TX − h RX )2 h h h h
∆r = d + − d+ = 4 TX RX = 2 TX RX
2d 2d 2d d (3.2)
(Rimane soltanto il doppio prodotto)
Al ricevitore giungono quindi due contributi di campo, uno diretto ed uno riflesso15 :
E0d θd , φd
• Ed = · e− jβrd
rd
E0r (θr ,φr ) E0r (θr , φr ) − jβ(rd +∆r )
• Er = Γ · · e− jβrr = Γ · ·e
rr r d + ∆r
Aggiungiamo ora l’ipotesi 2: antenne omnidirezionali nel piano verticale (il campo emesso ha stessa
ampiezza in ogni direzione del piano verticale). Grazie all’ipotesi 1 possiamo anche dire che rd ∼ = rr ∼
=d
(attenzione: ciò è vero solo per le ampiezze, non per le fasi: per le seconde, infatti, piccole differenze di
percorso possono comportare grandi scostamenti16 ). Come già più volte sottolineato, il campo totale sarà
la somma del campo elettrico del cammino diretto (Ed ) e di quello del cammino riflesso (Er ):
E0 − jβr
E = E d + Er = ·e · 1 + Γ · e− jβ∆r (3.3)
d
13 Basta utilizzare il teorema di Pitagora: il primo triangolo, quello utile al calcolo di rd , è facile da trovare; per il secondo triangolo
bisogna invece prolungare rr1 fino alla retta perpendicolare al terreno e passante per l’antenna ricevente: si ottiene un triangolo
rettangolo √ con rr1 + rr2 come diagonale e altezza pari alla somma dell’altezza delle antenne.
14 Si ha: 1 + x2 ≈ 1 + 21 x2 per x → 0.
15 E ( ϑ , ϑ ) è il campo emesso nella direzione del cammino diretto, E ( ϑ , ϑ ) è il campo emesso nella direzione del cammino
0d d d 0r r r
riflesso.
16 β può essere molto grande!
23
24 CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ
|E|
= |1 + Γ · e− jβ∆r |
|Ed |
Nelle ipotesi fatte, indicato con gRV il guadagno dell’antenna ricevente nel piano verticale e supponendo
perfetto adattamento in ricezione, la potenza ricevuta è, secondo la formula di Friis
λ2 | E |2
Pr = · gRV · (3.5)
4π 2η
nella quale si può sostituire il modulo del campo totale ricavandolo dall’equazione 3.4. Spesso è comodo
esprimere il tutto17 tramite il Path Gain PG (inverso dell’attenuazione di tratta):
2
P λ 4π h TX h RX
PG = R = ( gRV · gTV ) · 2
· 1 + |Γ| + 2 · |Γ| · cos − arg (Γ) (3.6)
PA 4πd λ d
In figura 3.9 è rappresentato l’andamento del Path Gain per un terreno approssimato come conduttore
elettrico perfetto (Γ = −1) e polarizzazione TE18 . In figura si noti come per distanze superiori ad un certo
valore, detto distanza di break-point (d BP ), la potenza smetta di oscillare e cali più velocemente. Oltre il
break-point, infatti, la potenza decade come19 d14 , e quindi molto più rapidamente di come accade in spazio
libero (vedere 1.1): dunque la presenza del terreno è sufficiente ad alterare, in maniera anche significativa,
le condizioni di propagazione rispetto al caso ideale (i contributi interferiscono sempre distruttivamente).
Al contrario, prima di questo valore si hanno grandi oscillazioni della potenza per piccole variazioni della
distanza: esse sono dovute all’interferenza tra i due contributi che a volte si sommano costruttivamente
(in alcuni punti si ha un comportamento migliore che in spazio libero, visto che si ’supera’ la retta α = 2)
e a volte distruttivamente.
In figura 3.10 è mostrato un altro modello detto modello a 6 raggi, utilizzato in particolare nelle situazioni
di canyon urbano: in esso non si prendono in considerazione solamente due raggi bensì sei (3 riflessioni20 )
contemporaneamente.
17 Per arrivare a tale formulazione è necessario che sia P che P siano entrambe espresse nella forma prevista dalla formula di
R A
Friis, in modo che si possano semplificare molti termini.
18 In tal caso sfruttando la trigonometria e il fatto che l’argomento di Γ vale − π, in quanto Γ quantità negativa, è possibile arrivare
a scrivere:
λ 2
| E| 2π h TX h RX 2π h TX h RX
4 sin2
= 2 sin ⇒ PG = gRV gTV
| Ed | λ d 4πd λ d
19 Lo si può dimostrare effettuando lunghe e noiose sostituzioni (che non riportiamo) e notando che l’argomento del seno può
essere confuso con il seno stesso per distanze superiori a quella di break-point.
20 Una contro gli edifici a destra, una contro gli edifici a sinistra e una con il manto stradale.
24
CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ 25
25
26 CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ
Figura 3.12: Quando al ricevitore giungono differenti cammini generati dall’interazione dell’onda con gli oggetti si
dice che la propagazione avviene per Cammini Multipli (Multipath).
Il fenomeno della diffrazione può essere descritto a partire dal principio di Huygens (o delle sorgenti
secondarie): esso afferma che, noto il fronte d’onda F all’istante t, è possibile ricostruire il successivo fronte
d’onda F 0 all’istante t + dt supponendo che gli elementi di superficie dΣ di F siano eccitati ad emettere
contemporaneamente onde sferiche con velocità v dell’onda; l’inviluppo di tali onde secondarie all’istante
t + dt costituisce il fronte d’onda F 0 allo stesso istante (vedi figura 3.13). Detta dΨ( R) la componente
21 Quando cariche elettriche vengono sollecitate a muoversi di moto accelerato si genera un’onda EM che si propaga nello spazio
circostante. Nella cosiddetta regione di campo lontano dalla sorgente, il campo elettrico e il campo magnetico sono in ogni punto
perpendicolari sia tra loro che rispetto alla direzione di propagazione.
26
CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ 27
Figura 3.14
infinitesima del campo nel punto R (cioè ’al destinatario’) generata dall’infinitesima parte di superficie
dΣ del fronte d’onda (cioè generata da una sorgente secondaria infinitesima, vedi fig. 3.14), possiamo
scrivere:
e− jβ0 r0 e− jβ0 s
dΨ( R) = K (χ) · A · · · dΣ
r0 s
ed esprimere quindi il campo come somma infinita (integrale22 ) di tali componenti:
e− jβ0 r0 e− jβ0 s
Z
Ψ( R) = K (χ) · A · · · dΣ
r0 s
Sfera
Per ora non viene specificato il parametro K (χ) (ci penserà Kirchhoff), ma si dice solo che esso dipende
dalla posizione del punto R rispetto alla porzione del fronte d’onda dΣ.
1 e −σρ
• ipotesi 2: funzione di Green di spazio libero sia G (ρ) = − 4π ρ ;
• ipotesi 3: ρ >> λ, ovvero la distanza tra sorgente e sorgente secondaria è molto maggiore della
lunghezza d’onda;
• ipotesi 4: d >> λ, ovvero la distanza tra sorgente secondaria e punto potenziato è molto maggiore
della lunghezza d’onda;
∇ Ψ2 − σ 2 Ψ = 0 con σ2 = −ω 2 µε c
che ha soluzione Z
∂G ∂Ψ
Ψ( P) = − Ψ −G ds (Metodo di Green)
∂n ∂n
S+Sinf
22 L’integrale serve a considerare gli effetti di tutte le infinitamente non numerabili sorgenti secondarie.
27
28 CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ
e che necessita, come condizioni al contorno, dei valori di Ψ sul bordo. Grazie all’ipotesi 1 si può
trascurare il contributo su Sin f 23 e ridurre l’integrale alla sola superficie S:
Z
∂Ψ ∂G
Ψ( P) = G − Ψ ds (3.7)
∂n ∂n
S
∂G
Data l’ipotesi 2 possiamo sviluppare il termine ∂n come segue:
∂G ∂G
= ∇ G · n̂ = (−ρ̂) · n̂ =
∂n ∂ρ
−σe−σρ e−σρ
1
=− − 2 (−1) cos (χ) =
4π ρ ρ
1 e−σρ
1
=− σ+ cos (χ)
4π ρ ρ
Introduciamo ora l’ipotesi 3, che ci permette di scrivere σ + 1ρ = j 2π λ e ottenere:
∂G jβ e−σρ
'− cos χ (3.8)
∂n 4π ρ
Sostituiamo ora la 3.8 nella 3.7. Si ha:
1 e−σρ ∂Ψ jβ e−σρ
Z
Ψ( P) = − −Ψ − cos χ ds
4π ρ ∂n 4π ρ
S
e−σρ
1
Z
∂Ψ
Ψ( P) = jβΨ( Q) cos χ − ds (3.9)
4π ρ ∂n
S
L’onda nel punto Q è ancora un’onda sferica ed è quindi possibile descriverla come segue (introducendo
F (θ 0 , φ0 ) che tiene conto della direttività):
e−σd
Ψ( Q) = F (θ 0 , ϕ0 )
d
∂Ψ
Come fatto in precedenza sviluppiamo ora il termine ∂n :
!
e−σd e−σd e−σd
∂Ψ ∂Ψ 1
= =F − 2 = −F σ+
∂n ∂dˆ d d d d
Ora grazie all’ipotesi 4 si può scrivere σ + 1d = j 2π 1 2π
λ + d = j λ e riscrivere la formula precedente:
∂Ψ e−σd
' − F (θ 0 , ϕ0 ) · jβ (3.10)
∂n d
23 Che è una superficie all’infinito.
28
CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ 29
Ora non resta che inserire la 3.10 nella 3.9 per ottenere l’espressione finale:
jβ e−σρ e−σd
Z
Ψ( P) = F (1 + cos χ) ds
4π ρ d
S
jβ
K (χ) = (1 + cosχ)
4π
Il teorema di Kirchhoff è assai utile quando si vuole calcolare il campo ricevuto in presenza di ostacoli.
L’integrale deve però essere limitato alla porzione di fronte d’onda non intercettato come mostrato in
figura 3.16.
Figura 3.16: L’integrale deve essere limitato alla porzione di fronte d’onda non intercettato
• valori di campo diversi da quelli in spazio libero nelle zone direttamente illuminate.
La diffrazione è tanto più rilevante quanto più sono piccole, rispetto a λ, le dimensioni in gioco (a fre-
quenze molto alte fenomeni del genere tendono a scomparire). Teoricamente, per ottenere l’espressione
del campo, occorrerebbe volta per volta determinare la superficie S A per applicare il teorema di Kirchhoff
(paragrafo 3.5). Vediamo ora di studiare il caso della diffrazione da Knife-Edge (’lama di coltello’). Questa
situazione è rappresentata in figura 3.18: abbiamo un semipiano (posto fino alla quota h) che si frappone
tra TX e RX, posti alla stessa altezza. Applicando Kirchhoff, il contributo infinitesimo del campo dE( R)
29
30 CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ
jβ e−σρ e−σd
dE( R) = ·F· · · (1 + cos χ) dΣ
4π ρ d
Come sempre, per semplificare la trattazione, facciamo uso di (non troppo limitanti) ipotesi semplificative:
• ipotesi 1: sorgente tanto lontana da poter approssimare il fronte d’onda col piano XY;
• ipotesi 2: h a e h b;
• ipotesi 3: le sorgenti secondarie dΣ che danno contributo rilevante sono quelle raccolte attorno alla
direzione di collegamento24 , quelle ovvero per le quali si ha x << ρ, d y << ρ, d
Le ipotesi 2 e 3 ci permettono di assumere:
Il campo totale nel punto R al di là dell’ostacolo risulta perciò essere (si notino gli estremi degli integrali):
+∞ Z
+∞
jβ e− jβ(a+b)
Z
a+b 2 + y2 )
E( R) = ·A· e− jβ 2ab ( x dxdy
2π ab
−∞ h
Ciò che però più ci interessa non è tanto il campo effettivo al di là dell’ostacolo, ma l’attenuazione
supplementare che l’ostacolo provoca. Detto E( R0 ) il campo che si avrebbe senza il Knife-Edge
+∞ Z
+∞
jβ e− jβ(a+b)
Z
a+b 2 + y2 )
E ( R0 ) = ·A· e− jβ 2ab ( x dxdy
4π ab
−∞ −∞
posto ora r
2 a+b
ν=x
λ ab
24 Scopriremo poi che appartengono alla prima zona di Fresnel.
30
CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ 31
e
r
2 a+b
ν0 = ν(h) = h Parametro di Fresnel
λ ab
si ottiene l’espressione definitiva dell’attenuazione supplementare da Knife-Edge:
E0 1
AS = =
E 1+ j R∞
+ π 2
2 e− j 2 ν dν
ν0
In figura 3.19 25
√ viene riportato l’andamento dell’attenuazione supplementare in funzione del parametro ν0 :
per ν0 < − 2 l’attenuazione AS √ è inferiore ad 1 dB, dunque l’ostacolo risulta praticamente trascurabile.
Si noti che la condizione ν0 < − 2 corrisponde alla condizione h < −ρ1 , ovvero alla condizione di non
intersezione tra l’ostacolo ed il primo ellissoide di Fresnel.
Una volta che si ha a disposizione il parametro di Fresnel, è possibile calcolare l’attenuazione L(ν)
attraverso formule semplificate che permettono di aggirare il (non facile) integrale di Fresnel26 (formule
di Lee):
per − 0, 8 < ν < 0 ⇒ − 20 log (0, 5 − 0, 62ν)
h i
per 0 < ν < 1 ⇒ − 20 log 0, 5e−0,95ν
o
L (ν) = 2 0,5
n
per 1 < ν < 2, 4 ⇒ 20 log 0, 4 − 0, 1184 − ( 0, 38 − 0, 1ν )
0, 225
per ν > 2, 4 ⇒ − 20 log
ν
25 Si faccia attenzione a come sono orientati gli assi.
26 Ovvero:
+∞ π 2
−j
Z
ν
e 2 dν
0
31
32 CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ
λ
r k = R2 + k ·
2
dove R2 è la distanza fra il ricevitore e il punto in cui si erge l’ostacolo. Da considerazioni geometriche
e supponendo che R1 , R2 >> ρk , si può scoprire che il punto Pk si trova in posizione tale che la somma
delle distanze da tale punto a R e T è costante. Il punto Pk appartiene quindi ad un’ellisse27 di fuochi T e
R. Ciò significa che al variare di R1 , la circonferenza di raggio ρk si sposta, ma appartiene sempre ad un
ellissoide di fuochi T e R detto kmo ellissoide di Fresnel (figura 3.21).
Visto il modo col quale abbiamo definito gli ellissoidi (i raggi rk sono sfasati di mezze lunghezze
d’onda), e facendo l’ipotesi di prendere in considerazione aperture circolari, si ha che i contributi portati
dalla (k + 1)ma zona sono sfasati esattamente di π rispetto a quelli portati dalla kma ; quindi se la prima
zona di Fresnel passa attraverso l’apertura allora verranno annullati (cioè bilanciati) i contributi della
27 L’ellisse è definita come il luogo dei punti, in un piano, la cui somma delle distanze da due punti fissi dati (detti fuochi) è
costante.
32
CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ 33
seconda. Generalizzando possiamo dire che, se passano un numero pari di zone di Fresnel, si avrà un
minimo del campo, mentre si avrà un massimo se questo numero è dispari (vedi fig. 3.22).
33
34 CAPITOLO 3. PROPAGAZIONE IN PRESENZA DI DISCONTINUITÀ
34
Capitolo 4
Modelli empirico-statistici
Quando la stazione radio base si trova al di sopra delle costruzioni (Over-Roof-Top) la maggior parte
della propagazione avviene in spazio libero, e le interazioni avvengono solo nell’ultimo tratto di percorso
(figura 4.1.a: si tenga presente che collegamento può essere di diversi Km). Per semplificare la trattazione
si possono omettere gran parte delle discontinuità e considerare solamente l’attenuazione principale più
il fading: questa procedura caratterizza i modelli di tipo Hata-like con 2 < α < 4.
Se al contrario la stazione base si trova ad un’altezza inferiore all’altezza degli edifici circostanti (fi-
gura 4.1.b), la propagazione avviene tra questi ultimi (Lateral Propagation). In questo caso non si può
utilizzare un modello puramente statistico, ma serve ora una componente deterministica che prenda in
considerazione tutte le interazioni (riflessione, rifrazione, diffrazione e lo scattering).
Quando i terminali si trovano all’interno di edifici (figura 4.1.c), la propagazione dipende fortemente
dalla struttura dell’edificio (Indoor Propagation) ma sorprendentemente si avvicina più al modello in spa-
zio libero che alla propagazione laterale. Comunque per una rigorosa valutazione è ancora necessario
prendere in considerazione tutti i possibili fenomeni dovuti alla presenza di ostacoli.
I vari modelli di possono essere definiti come:
• euristici: se hanno bisogno di misure per essere validati (prima si fanno i calcoli col modello, poi se
le misure lo smentiscono allora significa che c’è qualcosa da aggiustare);
• empirici: se hanno bisogno di misure per essere derivati (prima si fanno le misure, dopodiché i
risultati vengono manipolati per estrarre il modello);
35
36 CAPITOLO 4. MODELLI EMPIRICO-STATISTICI
4.2 Il fading
Come noto, in ambiente reale l’andamento della potenza si discosta significativamente da quello
previsto dalla formula di Friis. Si possono individuare 3 componenti principali (mostrati in figura 4.3):
1 Il connubio empirici + statistici è abbastanza naturale: le misure vengono generalmente fatte in un unico ambiente (in posizioni
e istanti diversi) ma poi, per poter utilizzare i risultati anche in altre situazioni o in altri momenti, è necessario introdurre una certa
componente statistica.
36
CAPITOLO 4. MODELLI EMPIRICO-STATISTICI 37
1 (ln l −µ)2
−
f (l ) = √ ·e 2σ2
2πσl
Di conseguenza LdB avrà un andamento gaussiano il cui valore medio sarà il termine dominante.
Abbiamo infine il fast fading, dovuto ai vari cammini multipli generati dall’interazione del segnale con
i vari ostacoli presenti: tali cammini giungono al ricevitore dopo aver percorso distanze differenti e quindi
con fasi differenti (a seconda delle quali possono comportare un contributo positivo, cioè costruttivo, o
negativo, cioè distruttivo). Le oscillazioni rapide possono essere descritte tramite una variabile di Rayleigh:
2r − r22
f r (r ) = ·e l con l 2 = Er2
l2
37
38 CAPITOLO 4. MODELLI EMPIRICO-STATISTICI
In presenza di fading si deve infatti tenere conto di una maggiore attenuazione L F (figura 4.5): per questo
motivo si decide di fissare un certo margine (margine di fading MF ) in grado di includere nelle nostre
formule l’effetto peggiorativo di tutti gli effetti sopra descritti. Si ha:
MF = L F − L
PR = PT + GT + GR − L TOT
L TOT = L(modello ) + MF + LC
38
CAPITOLO 4. MODELLI EMPIRICO-STATISTICI 39
L = 69.55 + 26.16 log f − 13.82 log h BS − a(h BS ) + (44.9 − 6.55 log h BS ) log Rn
L = K + 10α log(d)
e misurano l’attenuazione media in funzione della distanza. In un grafico log-log come in figura 4.6 si
può notare che l’attenuazione cresce linearmente con la distanza, con α inclinazione della retta2 . Questi
39
40 CAPITOLO 4. MODELLI EMPIRICO-STATISTICI
Come calcolare esattamente l’attenuazione supplementare3 da knife-edge viene descritto nel paragrafo
3.6. Qui vedremo invece un veloce esempio di calcolo per un singolo knife-edge (figura 4.8) riportando
unicamente le formule principali4 :
r
2 a+b
ν=
λ ab
Z∞
E 1+j 2
= e− j(π \2) x dx
E0 2
ν
Benché per un solo knife-edge sia possibile ricondursi ad una formulazione in forma chiusa, ciò non è
possibile per knife-edge multipli, per cui si sono sviluppati metodi euristici che si basano su considerazioni
geometriche e su molteplici calcoli di singoli knife-edge.
Il modello di Epstein-Peterson5 o della corda tesa, consiste nell’immaginare una corda tesa che collega
trasmettitore e ricevitore, tale per cui solo i knife-edge toccati da tale corda saranno presi in considerazione,
mentre gli altri verranno scartati (figura 4.9). Questa tecnica non risulta essere molto accurata se il numero
di knife-edge supera i 4 o 5. Il modello si basa sulla scomposizione del cammino di propagazione in
sottocammini parziali aventi due ostacoli come estremi. L’attenuazione supplementare totale è valutata
come prodotto delle singole attenuazioni sui cammini parziali (figura 4.10).
40
CAPITOLO 4. MODELLI EMPIRICO-STATISTICI 41
Figura 4.10: L’attenuazione supplementare totale è valutata come prodotto delle singole attenuazioni sui cammini
parziali.
• q j è il fattore di attenuazione.
41
42 CAPITOLO 4. MODELLI EMPIRICO-STATISTICI
con
k1 = 1, d0 = 0
I parametri q j devono essere caratterizzati per i diversi ambienti, infatti l’attenuazione per un incrocio è
tanto maggiore quanto è maggiore θ j : in particolare, se θ j = 0 allora non c’è angolo e (ovviamente) non
c’è perdita. Una semplice formula euristica per tali parametri è
q90 ν
qi ( θ j ) = θ j ·
90
dove
q90 = 0.5 ν = 1.5
Anche per questo modello, vista la sua semplicità, ci si devono aspettare diverse limitazioni:
dove
• Lc = perdita costante;
42
CAPITOLO 4. MODELLI EMPIRICO-STATISTICI 43
4.7 In sintesi
I modelli empirico statistici non saranno precisi e puntuali come quelli deterministici, ma sono più semplici
e immediati. In ambiente rurale viene considerata la propagazione in spazio libero, la dirazione da knife-edge
e la riessione del suolo; in un ambiente urbano, costellato da edici, si usano invece i modelli over roof-top
(trasmettitori in alto rispetto alle costruzioni: la propagazione avviene per gran parte del tempo in spazio libero,
poi le interazioni avvengono presso gli edici fra i quali si trova ricevitore), di propagazione laterale (trasmettitore
al livello degli edici: questi algoritmi hanno anche una componente deterministica) o indoor all'interno degli
edici.
I modelli possono essere:
• euristici : devono essere validati dalle misure;
Per considerare tutti questi contributi si aggiunge alla formula di Friis un termine di attenuazione chiamato
margine di fading : esso consiste semplicemente un'attenuazione aggiuntiva (calcolata in termini di probabilità di
servizio) in grado di rendere la stima sucientemente peggiorativa da considerare tutte le eventualità di cui sopra.
Alcuni modelli:
• Hata-like : sono i più marcatamente empirici. Derivano dalla formula di Hokomura-Hata e descrivono
l'attenuazione come
L = K + 10α log d
Sono validi solo per macrocelle, per grandi distanze e forniscono solamente l'attenuazione. Poco accurati.
• Epstein-Peterson: per il calcolo di dirazione da multipli knife-edge. Si immagina di tendere una corda
fra ricevitore e trasmettitore, in modo da individuare quali kinfe-edge eliminare (ovvero quelli che non
lambiscono la corda). Dopodiché si calcola l'attenuazione di ogni percorso parziale, cioè generata da ogni
dirazione.
43
44 CAPITOLO 4. MODELLI EMPIRICO-STATISTICI
• Berg : ottimi per la lateral-propagation. Si fa uso della planimetria della rete viaria e si specicano le
distanze fra ogni nodo (incrocio) oltre alla distanza eettiva (in linea d'aria) e agli 'angoli' fra le strade.
Questi parametri vengono calcolati ricorsivamente e forniscono la distanza 'virtuale' da inserire nella formula
d'attenuazione in spazio libero (tale distanza sarà chiaramente molto più grande di quella eettiva fra RX
e TX).
• Multi-wall indoor : si usa all'interno degli edici. Si considera un'attenuazione specica per muri e sotti.
44
Capitolo 5
Questa teoria viene utilizzata quando la propagazione avviene in regioni con elevata concentrazione
di ostacoli come muri piani e spigoli rettilinei. La teoria geometrica della propagazione, in particolare, è
un’estensione dell’ottica geometrica (capitolo 2.4) ma non si assume più che λ → 0 cosicché ∆n → 0 su λ.
Ciò non toglie tuttavia che si debba comunque avere che λ << delle grandezze in gioco (gli ostacoli).
Si noti che l’ottica geometrica (GO) non prendeva in considerazione la diffrazione che ora viene invece
inserita tramite la teoria geometrica della diffrazione (GDT).
45
46 CAPITOLO 5. TEORIA GEOMETRICA DELLA PROPAGAZIONE
Figura 5.2
• viceversa, tanto più si avvicina a 0 e maggiore sarà l’’apertura’ suscitata della divergenza.
Si noti che l’onda astigmatica rappresenta un caso largamente generale che ’contiene’ tutti gli altri:
ρ0
• ρ1 = ρ2 = ρ0 : onda sferica → A = ρ0 + s
q
• ρ1 = ∞, ρ2 = ρ0 : onda cilindrica → A =
ρ0
ρ0 + s
• ρ1 = ρ2 = ∞: onda piana → A = 1
Il fattore di divergenza fornisce la legge di attenuazione del campo (e quindi anche della potenza) lungo
il raggio; a distanza s per una generica onda in spazio libero si può infatti scrivere:
r
ρ1 ρ2
E ( s ) = E (0) · · e− jβs (5.5)
( ρ1 + s ) ( ρ2 + s )
1 Infatti:
v
u | E |2
r u r
dA0 1
A= =t =
dA | E0 |2 L
Dove L è il termine d’attenuazione.
46
CAPITOLO 5. TEORIA GEOMETRICA DELLA PROPAGAZIONE 47
Dato che il campo elettrico è un campo vettoriale si deve tenere presente anche il vettore di polarizzazione
p̂: esso è un versore avente la stessa polarizzazione del campo, ed è definito come
E(s)
p̂ , · e jχ
|E(s)|
• il principio di Fermat
Quindi la seguente teoria non è più valida se ci si trova vicino al trasmettitore (le condizioni di campo
lontano non sono rispettate), o se la parete ha dimensioni paragonabili alla lunghezza d’onda.
5.4 Diffrazione
L’estensione al caso della diffrazione nella GO fu introdotta da Keller nel 1961 e si basa sulle due
seguenti assunzioni:
La legge della diffrazione afferma che l’angolo tra raggio incidente/rifratto e spigolo2 soddisfa la legge
di Snell. Quindi con riferimento alla figura 5.4 deve valere:
ni · sin θi = nd · sin θd
2 In ambiente urbano solo gli spigoli rettilinei sono di interesse.
47
48 CAPITOLO 5. TEORIA GEOMETRICA DELLA PROPAGAZIONE
θi = θ d
Tutti i raggi diffratti devono perciò appartenere al cosiddetto cono di Keller (vedi figura 5.4). L’onda
diffratta è tale che una delle due caustiche coincide con lo spigolo, quindi il fattore di divergenza di
tale onda sarà differente da quello dell’onda incidente. Il campo elettrico diffratto può essere calcolato
risolvendo le equazioni di Maxwell, sottraendo in qualche modo il campo incidente e il campo riflesso, e
infine sviluppando in serie di Luneberg-Kline; troncando al primo ordine tale serie si ricava il coefficiente
di diffrazione.
Come detto il campo deve rispettare la legge 5.5, ma sappiamo che una caustica coincide con lo spigolo.
0
Con riferimento alla figura 5.5 è quindi utile scegliere come punto di riferimento (O ) proprio il punto di
incidenza (Q D ): si ottiene così
ρ2d = 0
Figura 5.5
48
CAPITOLO 5. TEORIA GEOMETRICA DELLA PROPAGAZIONE 49
Come per i coefficienti di riflessione, anche in questo caso possiamo scindere il campo in due polarizza-
zioni (hard, TE, e soft, TM); così facendo la matrice D diventa una 2 × 2 (figura 5.6)
Figura 5.6
Assunto che ρ2d = 0, l’espressione generale del fattore di divergenza per un onda sferica incidente risulta
essere, dopo l’interazione:
s
ρd
A(ρd , s) =
s · (ρd + s)
Il calcolo dei coefficienti di diffrazione (matrice D) può risultare spesso molto complesso e di seguito
non si tratterà tale sviluppo: diremo unicamente che in caso di diffrazione lo spazio si può dividere in 3
differenti regioni, divise da discontinuità (vedi figura 5.7).
Figura 5.7
49
50 CAPITOLO 5. TEORIA GEOMETRICA DELLA PROPAGAZIONE
0 − jβs0 u
v
Γ TE u ( s 0 )2
0 E TM e
Er ( s ) = · · ·e− jβs
Γ TM E0TE 0
t
0 s 0 2
s+s
50
CAPITOLO 5. TEORIA GEOMETRICA DELLA PROPAGAZIONE 51
Figura 5.9
Combinando i due casi precedenti possiamo ora calcolare il campo dopo due interazioni, una riflessio-
ne e una diffrazione come in figura 5.10.
51
52 CAPITOLO 5. TEORIA GEOMETRICA DELLA PROPAGAZIONE
Inserendo ora, nell’ultima espressione, lo sviluppo del campo nel punto D trovato precedentemente si
ottiene: s
1 (s00 + s0 ) 0 00
− jβ(s+s +s )
E( Rx ) = E0 · R · D · 00 0 · 00 0 ·e =
s +s s s + (s + s )
1 0 00
= E0 · R · D · q · e− jβ(s+s +s )
0 00 0 00
s(s + s )(s + s + s )
Come previsto, il risultato non rappresenta un’onda sferica.
5.8 In sintesi
Se uniamo l'ottica geometrica (alte frequenze, mezzi lentamente variabili) con la teoria geometrica della
dirazione (considera la dirazione e brusche variazioni dell'indice di rifrazione) otteniamo la teoria geometrica
della propagazione (che unisce le peculiarità e permette lo studio dei raggi).
Ogni onda è dotata di un suo proprio fattore di divergenza: quello più generico di tutti appartiene all'onda
astigmatica (denita da due caustiche e da due raggi di curvatura ρ1 e ρ2 ) e ha forma:
r
dA0
r
ρ1 ρ2
A ( ρ1 , ρ2 , s ) = =
( 1 s ) ( ρ2 + s )
ρ + dA
Il fattore di divergenza non si modica nelle riessioni, ma sbarella nelle dirazioni!
La teoria geometrica della propagazione si regge su due principi: quello del campo locale (onda considerata
localmente piana e la parete contro la quale incide è considerata innitamente estesa) e quello di Fermat (i raggi
minimizzano il cammino ottico). In particolare, quando un raggio incide su un vertice o su uno spigolo:
• la legge di Fermat dice che ogni raggio diratto minimizza il cammino ottico;
• la legge di Snell suggerisce che l'angolo diratto dovrà avere inclinazione rispetto allo spigolo di incidenza
pari a quella del raggio incidente.
Soddisfano questi requisiti tutti i raggi posizionati sul cono di Keller (che ha l'asse coincidente con lo spigolo).
Chiaramente il fattore di divergenza dell'onda diratta sarà diverso da quello dell'onda incidente: in particolare,
una delle due caustiche dell'onda diratta sarà locata sullo spigolo. Se D è la matrice contenente i coecienti di
dirazione si avrà:
Ed (s) = Ei ( Q D ) · D · A ρd , s e− jβs
dove A è il fattore di divergenza e sarà pari a:
s
ρd
A ρd , 0, s =
ρd + s s
q
s0
3 Il fattore di divergenza diventa A(s0 , s) = s·(s0 +s)
52
CAPITOLO 5. TEORIA GEOMETRICA DELLA PROPAGAZIONE 53
Il ρ2 presente nella formula data precedentemente è pari a zero ma il fattore di divergenza è diverso da zero
perché si presuppone il campo elettrico innito nel punto di incidenza. Eventualmente possiamo scindere il campo
elettrico nelle sue polarizzazioni (lineari e ortogonali) TE e TM; inne, si dimostra che esistono tre zone attorno
allo spigolo: quella in cui vi è solo il raggio diratto, quella in cui vi è il raggio diratto più quello diretto e
un'ultima in cui sono presenti il raggio diratto, diretto e riesso.
Volendo possiamo utilizzare i diadici, ovvero particolari matrici che - se moltiplicate per il campo incidente -
scompongono quest'ultimo nelle sue polarizzazioni e moltiplicano ognuna di esse per il rispettivo coeciente di
riessione; si cita anche il fatto che i diadici possono essere ricavati anche per la riessione. Inne, è possibile tenere
conto di interazioni multiple con la moltiplicazione successiva di più matrici (o diadici) di dirazione/riessione.
53
54 CAPITOLO 5. TEORIA GEOMETRICA DELLA PROPAGAZIONE
54
Capitolo 6
I modelli deterministici a raggi sono simulazioni numeriche della propagazione multi-cammino in ac-
cordo alla Teoria Geometrica della Propagazione (GTP). Essi comportano il calcolo i raggi che collegano i
due terminali attraverso lo spazio libero e attraverso le interazioni con l’ambiente; a tal proposito, riflessio-
ne, rifrazione e scattering vengono anche detti eventi: solitamente si fissa un certo numero Nev (prediction
order) di eventi da considerare. Questi modelli esistono sia in 3D che in 2D e possono fornire il campo
al ricevitore oppure, se i parametri del ricevitore vengono inclusi nel modello, il segnale in uscita. Slow
fading e fast fading vengono inclusi.
I modelli a raggi possono fare riferimento ai rays o ai beams1 : si parla allora rispettivamente di Ray
Tracing (RT) o Ray Launching2 (RL). In ogni caso si rende comunque necessario un environment database,
cioè una mappa ambientale. I vantaggi di questi modelli sono, prevedibilmente:
• grande accuratezza;
• grande versatilità.
Per contro gli svantaggi sono:
• la necessità di un grande database;
• l’alto costo computazionale3 .
Con riferimento alla figura 6.1 si può filtrare il fast fading ricorrendo ad una sorta di media spaziale; si
definiscono dunque l’errore medio e la deviazione standard dell’errore:
N
1
ē =
N ∑ ei
i =1
v
N
u
u1
std(e) = t
N ∑ (ei − ē)2
i =1
Un grande problema di questi modelli è la necessità, come detto, di avere grandi database, costosi,
difficili da maneggiare e spesso non molto accurati. Non essendo fattibile il prendere in considerazione
tutte le caratteristiche elettromagnetiche di ogni superficie, si utilizzano valori standard4 . Questi database
vengono creati in vari modi: tramite rilevazioni aeree, basandosi su mappe catastali o mappe cittadine.
55
56 CAPITOLO 6. MODELLI DETERMINISTICI A RAGGI
Figura 6.1
Figura 6.2: Esempio di costruzione delle regioni di visibilità per due riflessioni.
Per le diffrazioni invece la regione di visibilità è tutto il piano esterno allo spigolo in accordo col cono
di Keller (vedere capitolo 5). Ora si deve costruire il cosiddetto view tree, ovvero un albero che racchiude
tutti i possibili percorsi tra trasmettitore e ricevitore considerando Nev eventi; a tal proposito due punti si
dicono in visibilità se esiste un cammino che li collega. La figura 6.3 mostra un esempio di albero: si parte
dal trasmettitore e lo si collega con gli ostacoli (i nodi) in vista; da ogni nodo si continua poi allo stesso
modo finché non si raggiunge il ricevitore, considerando al massimo Nev + 1 livelli.
La compilazione dell’albero è la parte dell’algoritmo computazionalmente più pesante in quanto, se
NV è il numero medio di ostacoli, l’albero sarà composto da ben M rami, con M uguale a:
( Nev +1)
M ≈ NV
56
CAPITOLO 6. MODELLI DETERMINISTICI A RAGGI 57
Si rende necessaria quindi un’ulteriore fase, detta di backtracking: si parte dal ricevitore e si procede a
ritroso fino al trasmettitore per scoprire, con un metodo geometrico, tali punti di interazione. Per le
diffrazioni ad esempio, come mostrato in figura 6.4, il punto P di interazione può essere determinato
dispiegando il piano di incisione e quello di diffrazione in un singolo piano verticale. Una volta che tutti
i piani vengono ricondotti sullo stesso piano si può quindi tracciare un diagramma come quello di figura
6.5 tramite il quale si scopre se alcuni spigoli sono da non considerare (nell’esempio in figura si nota che
lo spigolo centrale non viene in realtà colpito dal raggio, come invece si poteva dedurre dal view tree: il
raggio prodotto da quella diffrazione dovrà quindi essere scartato).
Eseguito anche il backtracking giunge infine il momento di calcolare il campo effettivo al ricevitore:
per fare questo ricordiamo prima l’espressione del campo emesso in un generico punto P(r, θ, φ) da
57
58 CAPITOLO 6. MODELLI DETERMINISTICI A RAGGI
dove Nevk è il numero di rimbalzi del k-esimo raggio, A il fattore di divergenza complessivo, sk la
k l
lunghezza dell’l-esimo segmento e sk la lunghezza totale del percorso dispiegato.
Una volta calcolato il campo per ogni raggio, si devono prendere in considerazione le caratteristiche del-
l’antenna ricevente: ogni raggio darà infatti il suo contributo (costruttivo o distruttivo) al segnale ricevuto
imprimendo sull’antenna RX una certa corrente. Dato in figura 6.6 il circuito equivalente dell’antenna
ricevente il k-esimo raggio sarà foriero di un contributo pari a:
s
Re{YR } · gR (θ R , ϕ R )
Ik = − jλ · { p̂ R (θ R , ϕ R ) · EkT } (6.3)
πη
Se si suppone perfetto adattamento in potenza anche in ricezione6 si può scrivere (formulazione coerente)
5 Quindi ZT IT2
PT = 8 .
6 Quindi | IRTOT |2
PR = 8·Re{YR }
.
58
CAPITOLO 6. MODELLI DETERMINISTICI A RAGGI 59
N
λ2
PR = · ∑ gR (θ Rk , ϕkR ) · | ETk |2 (6.5)
8πη k=1
Si noti che riscrivendo quest’ultima espressione nel caso di un solo raggio si riottiene esattamente la
formula di Friis.
Diamo ora uno sguardo all’indoor ray tracing riportandone di seguito le principali caratteristiche:
• il mobilio può avere un impatto rilevante me non è descritto nella mappa, quindi potrebbe esservi
un non prevedibile scattering;
Per questi ed altri motivi, il ray tracing va modificato per poter essere utilizzato indoor: nella sua formu-
lazione standard, infatti, esso risulta essere meno conveniente di un più semplice schema multiwall, che
permette il calcolo dell’attenuazione una volta che si ha a disposizione il numero di muri, il numero di
soffitti e un’attenuazione specifica per ciascuno di essi.
In figura 6.7 si vede che aumentare a dismisura il numero di eventi considerati non produce migliora-
menti rilevanti: è quindi inutile assumere un Nev esageratamente alto.
• modello 2D + 2D;
59
60 CAPITOLO 6. MODELLI DETERMINISTICI A RAGGI
In figura 6.8 è mostrato un esempio di utilizzo del modello 2D+2D; la propagazione viene scomposta
in due piani: quello verticale (VP) e quello laterale7 (LP). Per ognuno di essi si utilizza poi il modello
appropriato di propagazione (vedere paragrafo 4.1).
Per concludere diciamo che, se in un modello a raggi coerente si vuole considerare anche lo scattering
diffuso, si deve allora ricorrere ad un modello ibrido8 : i raggi coerenti (quelli che non hanno subito inte-
razioni diverse dalla semplice riflessione) vengono trattati con le formule che tengono in considerazione
la polarizzazione; i raggi che invece hanno subito almeno un’interazione di scattering vengono trattati in
maniera non coerente.
6.3 In sintesi
I modelli deterministici sono il non-plus-ultra dell'accuratezza e della versatilità (considerano persino lo slow
fading e abbiamo pure modo di ltrare il fast fading ) ma a che prezzo! Computazionalmente sono un disastro:
servono dettagliati database per fornire i dati al calcolatore, grandi memorie per conservare i risultati e il tempo
di calcolo cresce più che linearmente col numero di eventi e di ostacoli considerati. Siccome non abbiamo tutto
questo tempo, si limita il numero di iterazioni (eventi) e si cerca di semplicare dov'è possibile.
Il metodo denominato ray tracing cerca di ricostruire l'albero di visibilità (view tree ), ovvero la sequenza
'strutturata' (e in qualche modo cronologica) di oggetti visti dai raggi, sfruttando il teorema delle immagini
e fermandosi a un numero di eventi predenito. Purtroppo i punti di dirazione sullo spigolo possono essere
determinati solamente solo dopo la visibilità e non conosciamo precisamente il punto di incidenza dei vari raggi
(addirittura alcuni eventi potrebbero essere da scartare perché l'interazione non è mai geometricamente avvenuta!),
cosicché si necessita di una fase di backtracking per individuare i punti precisi e scartare eventuali rami prima di
7 La propagazione sul piano laterale avrebbe rigorosamente luogo solo se i terminali avessero stessa altezza dal suolo.
8 In generale, tutti i modelli in cui sono presenti sia elementi statistici che deterministici sono chiamati modelli ibridi.
60
CAPITOLO 6. MODELLI DETERMINISTICI A RAGGI 61
eettuare la vera e propria eld computation. Possiamo scrivere, per il k-simo raggio:
r
ZT · η · gT (θ T , ϕ T ) e− jβr e− jβr
ET (r, θ T , ϕ T ) = IT · · p̂ T (θ T , ϕ T ) = ET0 (r, θ T , ϕ T )
16π r r
La produttoria fa sì che si moltiplichi per una matrice di dirazione/riessione ad ogni evento. Supponendo
perfetto adattamento in polarizzazione e in potenza, all'antenna ricevente arriverà:
N
λ2
PR = · ∑ gR (θ Rk , ϕkR ) · | ETk |2
8πη k=1
In ambiente indoor il ray tracing è comunque possibile, ma è richiesta una mappa molto dettagliata dell'edicio,
è necessario considerare trasmissioni multiple e considerare anche cammini esterni, quindi il gioco probabilmente
non vale la candela ed è meglio ripiegare per un metodo empirico-statistico (multiwall, ad esempio).
Per semplicare il ray tracing è possibile utilizzare modelli 2D+2D (piano orizzontale + piano verticale) oppure
3D semplicati (prima facciamo i calcoli sul piano orizzontale e poi immaginiamo di trasformare i raggi in piani e
di passare il 3D). Se si vuole considerare anche lo scattering, invece, servirà un modello ibrido.
Alternativamente esiste anche il ray launching, che è come il ray tracing solo che lo spazio viene discretizzato
e ad ogni parte viene associato un singolo raggio. Il ray launching è pertanto meno preciso del ray tracing e non
tiene conto della dirazione.
61
62 CAPITOLO 6. MODELLI DETERMINISTICI A RAGGI
62
Capitolo 7
Il Canale Radiomobile
Abbiamo visto, nei capitoli precedenti, quanto la presenza di ostacoli lungo il cammino tra trasmettito-
re e ricevitore possa influire sulla reale propagazione: in generale, visto che la propagazione difficilmente
avviene in condizioni assimilabili a quelle ideali, si avranno sempre fenomeni quali cammini multipli,
riflessioni, rifrazioni e scattering. Vogliamo in questo capitolo dare una descrizione della funzione di tra-
sferimento del canale radiomobile: com’è naturale aspettarsi, essa sarà in funzione di due parametri (più
le loro trasformate) ovvero il tempo e la frequenza. Questo significa che il canale non si comporterà sempre
allo stesso modo per due diverse frequenze (a parità di istante temporale) o nel tempo (prendendo in
considerazione una singola frequenza). Quando siamo in presenza di cammini multipli, infatti, il segnale
giunge al ricevitore attraverso percorsi diversi e quindi con ritardi differenti: questo fenomeno aggrava
nelle trasmissioni numeriche l’interferenza intersimbolica (ISI), ovvero il processo tale per cui - al ricevitore
- i vari simboli si sovrappongono1 in quanto arrivano con ritardi diversi. Il ricevitore e/o il trasmettitore,
inoltre, potrebbero muoversi durante la trasmissione e in tal caso la velocità dei loro spostamenti sarà da
tenere in considerazione. Questi due aspetti congiunti danno una funzione di trasferimento come quella
di figura 7.1 in cui si ha selettività in frequenza e selettività nel tempo.
Se immaginiamo di sezionare la funzione con un piano a t = costante vediamo che l’ampiezza della
funzione varia al variare della frequenza: si dice allora che il canale è affetto da fading in frequenza; vice-
versa, se sezioniamo la funzione con un piano a f = costante si nota che, per la stessa frequenza, si hanno
differenti valori: si parla allora di fading nel tempo. Da sottolineare il fatto che, se si considera una piccola
1 Sia all’interno dello stesso simbolo, sia tra simboli adiacenti. Che disastro!
63
64 CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE
area della superficie, la funzione di trasferimento si può approssimativamente considerare costante sia nel
tempo sia in frequenza.
Nel capitolo 6 abbiamo visto che il fasore della corrente complessiva impressa sull’antenna ricevente
si può scrivere come:
i
IRi = | IRi | · e jArg( IR ) = ρi · e jθi (7.1)
Possiamo tuttavia scrivere tale fasore complessivo come contributo di tutti gli Nr cammini:
Nr
IR = ∑ ρi · e jθi (7.2)
i =1
dove ρi e θi sono ampiezza e fase dell’i-esimo cammino. Nel dominio del tempo ciò significa che abbiamo
una sovrapposizione di Nr sinusoidi.
Immaginando di inviare un unico segnale attraverso un’antenna trasmittente dislocata in modo che si
abbia propagazione multicammino, il segnale y(t) all’uscita dal canale sarà quindi una somma di repliche
dello stesso segnale (una per cammino):
• ritardate di ti ,
• moltiplicate per ρi (e quindi attenuate, perché salvo fenomeni particolari di interferenza costruttiva
ρi è sempre 1),
Nr
y(t) = x (t) ∗ h(t) = ∑ Re{ρi · u (t − ti ) · e j{2π f0 (t−ti )+θi } } (7.3)
i =1
Anche se ora sembra un’operazione superflua, scriviamo y(t) come anti-trasformata di Steinmetz del
suo equivalente passa-basso v(t) (fare riferimento allo schema 7.2):
64
CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE 65
In quanto uscita di un sistema definito dalla risposta impulsiva h0 (t) (versione passa-basso della risposta
impulsiva originaria h(t)), v(t), equivalente passa basso di y(t), può essere scritto come la convoluzione
tra u(t) e h0 (t):
Z∞
Dunque h0 (t), equivalente passa basso della risposta impulsiva, sarà quella funzione che, se inserita
nella 7.5, darà la 7.3. Coma fare a trovarla? Osserviamo la 7.3 e la 7.5: in comune hanno il termine
esponenziale e j2π f0 t e la funzione u(t) (equivalente passa-basso di x (t)), calcolata da una parte in t − ti e
dell’altra in t − e: per fare sì che la 7.3 e la 7.5 coincidano, quindi:
• dobbiamo sfruttare la proprietà di vaglio della Delta di Dirac3 in modo che u(t) sia calcolata nel punto
giusto;
• dobbiamo includere in h0 (t) i rimanenti termini esponenziali: e j(−2π f0 ti +θi ) e il termine di ampiezza
ρi .
Otteniamo dunque:
Nr
h0 ( t ) = ∑ ρi · δ [t − ti ] · e j{−2π f0 ti +θi }
i =1
Ora che abbiamo la risposta impulsiva nella sua versione passa-basso, possiamo trasformare secondo
Fourier per ottenere l’equivalente passa basso della funzione di trasferimento:
Nr
H( f ) = ∑ ρi · e j{−2π( f + f0 )ti +θi }
i =1
Facendo riferimento ai moduli dei segnali, l’uscita si può rappresentare come in figura 7.3; i ritardi dei
cammini possono provocare interferenza inter-simbolo: perché essa non sia presente il tempo di simbolo
TS (cioè quanto tempo intercorre fra la trasmissione di due simboli) deve essere sufficientemente maggiore
dei ritardi con cui arrivano le copie di ogni simbolo (cosicché esse non si sovrappongano alle copie del
simbolo successivo):
Ts >> timax − timin = ∆t (7.6)
Il segnale in ingresso non deve cioè variare troppo velocemente rispetto al ritardo massimo.
Quanto detto comporta distorsione in frequenza: ovvero la H ( f ) non ha modulo costante in frequenza
(vedi fig. 7.4).
Per non avere tale fenomeno è necessario che il segnale abbia una banda B sufficientemente piccola
rispetto alla banda di coerenza Bc in maniera tale da non percepire le variazioni in frequenza della
funzione di trasferimento. Se B << Bc allora si ha perciò fading piatto; in caso contrario si ha fading
selettivo in frequenza (figura 7.5). La banda di coerenza è quindi quella frazione di banda entro la
3 δ(t − t
R∞
i) ∗ x (t) = δ(ε − ti ) · x (t − ε)dε = x (t − ti )
−∞
65
66 CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE
Come si nota, ora tutte le grandezze dipendono anche dal tempo (di canale). Con riferimento alla figura
7.6 associamo ad ogni cammino una frequenza Doppler pari a
− f0 − f0
fi = v · k̂ i = v cos(α)
c c
in cui versore k̂ i punta nella direzione di propagazione del cammino, f 0 è la frequenza di centro-banda
del nostro segnale, c è la velocità della luce e v la velocità del ricevitore. Dalla formula si nota che se
4 Per
semplicità, nei seguenti esempi considereremo il trasmettitore immobile.
5 L’effetto
Doppler è un cambiamento apparente della frequenza o della lunghezza d’onda di un’onda percepita da un osservatore
che si trova in movimento rispetto alla sorgente delle onde. Per quelle onde che si trasmettono in un mezzo, come le onde sonore, la
velocità dell’osservatore e dell’emettitore vanno considerate in relazione a quella del mezzo in cui sono trasmesse le onde. L’effetto
Doppler totale può quindi derivare dal moto di entrambi, ed ognuno di essi è analizzato separatamente.
66
CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE 67
il ricevitore si sta allontanando dalla sorgente allora il coseno di α (che avrà valori fra −π/2eπ/2) è
compreso tra 0 e 1 e dunque la frequenza Doppler associata a quel cammino è inferiore a quella del
segnale originario. Viceversa se l’angolo α è compreso fra π/2e3π/2 significherà che il ricevitore si sta
avvicinando alla sorgente quindi la frequenza Doppler sarà maggiore a quella originaria6 . Facendo le
seguenti approssimazioni:
Nr
h0 (t, ξ ) = ∑ ρi · δ [ξ − ti ] · e j{2π fi t−2π f0 ti +θi }
i =1
Nr
H (t, f ) = ∑ ρi · e j{2π fi t−2π( f0 + f )ti +θi }
i =1
La frequenza f nella seconda equazione la trasformata di Fourier8 del tempo in eccesso (ξ) nella prima.
Si ha quindi una simmetria: a causa dei ritardi (temporali) dei cammini si ha una selettività in frequenza,
mentre a causa dell’effetto Doppler (in frequenza) si ha una selettività nel tempo. Analogamente a prima
si ha fading piatto nel tempo se:
Td << Tc (7.10)
dove Td è la durata del segnale, e Tc il cosiddetto tempo di coerenza del canale (analogo alla banda di
coerenza, ma nel caso duale). Questo significa che il segnale deve essere contenuto all’interno di quella
6 In questo caso è come se il ricevitore ’andasse incontro’ ai fronti d’onda, recependoli più velocemente rispetto ad un analogo
caso statico (da qui l’aumento di frequenza dovuto all’effetto Doppler).
7 Si ha:
f
fi − 0 v cos α v cos α
ti ∼ t
= i − = t − c = ti +
i
f0 f0 c
R∞
8 X ( t, λ ) = F(s) [ x (t, s)] = x (t, s) · e− j2πsλ dλ
−∞
67
68 CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE
fascia temporale (il tempo di coerenza) durante la quale il canale può essere considerato invariante rispetto
alle variazioni dovute all’effetto Doppler. In maniera sempre approssimativa si può dire che:
1 1
Tc ≈ = (7.11)
∆v | f i |max
Spesso, invece che ricorrere a formule approssimate come quelle illustrate per Tc e Bc , si utilizzano i
parametri di dispersione nel tempo e nelle frequenze Doppler: Delay Spread e Doppler Spread (vedere
paragrafo 7.4) che tengono conto anche dei profili di potenza.
Le 4 variabili si possono dividere in tue tipologie, quelle ’di tipo δ’ e quelle ’di tipo e’: le prime sono
funzioni a impulsi, mentre le seconde sono funzioni continue. Abbiamo perciò:
Dunque la risposta impulsiva del canale è funzione del solo tempo in eccesso. L’idea, ora, potrebbe
essere quella di trovare un legame9 tra la risposta impulsiva del canale e la ricezione, lato destinatario,
della potenza del segnale trasmesso. L’assunto che si fa è il seguente; una certa antenna trasmittente
invia un segnale e, quindi, invia una certa potenza: tale potenza si frammenterà in molti cammini e
giungerà al ricevitore ’alla spicciolata’. L’attitudine multipath del canale è d’altronde facilmente rilevabile
nell’espressione della sua risposta impulsiva, che è un pettine di impulsi di Dirac posizionati, sull’asse
9 In realtà, per come lo troveremo, sembrerà più che altro una forzatura. . .
68
CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE 69
temporale, ai generici ti (= ritardo del cammino i-esimo e quindi della potenza associata al cammino i-
esimo). Immaginando di prendere la nostra risposta impulsiva al quadrato e di normalizzarla (di dividerla
cioè per |h (ξ )|2 dξ) otterremo una quantità il cui integrale è esattamente 1, proprio come si avrebbe per
R
una densità di probabilità. In essa sarà graficato il ’ritardo della potenza’ (power delay) ovvero il suo
’ordine di arrivo’ al ricevitore: integrare tale parametro (normalizzato!) fino a un certo tempo (in eccesso)
ξ̄ equivarrà a calcolare la percentuale di potenza appartenente al segnale originario giunta al ricevitore
dal primissimo istante di arrivo (0) fino a ξ̄. Si definisce però il power-delay profile normalizzato10 :
|h(ξ )|2
p(ξ ) = R (7.12)
|h(ξ )|2 dξ
| Fν)|2
pν (ν) = R (7.13)
| F (ν)|2 dν
I power-profile vengono definiti solo per quei domini di tipo δ (cioè ad energia limitata), quindi sola-
mente per ξ e ν.
Possiamo infine interpretare p e pν come densità di probabilità e calcolarne come la deviazione stan-
dard (possiamo farlo in quanto abbiamo normalizzato la funzione, la quale avrà perciò tutte le caratteristi-
che di una probability density function); in questo modo arriviamo alla formulazione dei cosiddetti parametri
di dispersione:
qR R
• delay spread:DS = p(ξ )(ξ − TM0 )2 dξ TM0 = ξ · (ξ )dξ
qR R
• Doppler spread: W = pν (ν)(ν − W0 )2 dν W0 = ν · p(ν)dν
Ora possiamo fornire una più accurata espressione per la banda di coerenza ed il tempo di coerenza11 :
1 1
Bc = Tc =
DS W
Nel caso discreto12 possiamo riscrivere tali espressioni semplificate per il power-deley profile e il delay-
spread:
N
∑ ρ2i δ(ξ − ti )
i =1
p(ξ ) =
N
∑ ρ2i
i =1
N
TM0 = ∑ ξ i pi
i =1
v
uN
DS = t ∑ (ξ i − TM0 )2 · pi
u
i =1
N
∑ ρ2i δ(ν − f i )
i =1
pν (ν) =
N
∑ ρ2i
i =1
10 Tale
R
che p(ξ )dξ = 1
11 Perquesto motivo sono stati ’inventati’ i parametri di dispersione.
12 Quantità numerabile di raggi.
69
70 CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE
N
W0 = ∑ f i pi
i =1
v
uN
DS = t ∑ ( f i − W0 )2 · pi
u
i =1
Dove:
ρ2i ρ2i
pi = = (7.14)
ρ TOT N
∑ ρ2i
i =1
| H (φ)|2
pφ (φ) = R (7.16)
| H (φ)|2 dφ
Nel caso ideale questo diventa semplicemente:
N
pφ (φ) = ∑ pi δ(φ − φi ) (7.17)
i =1
Come ξ e ν, anche φ è un dominio di ’tipo δ’, ed ha come trasformata di Fourier la dipendenza spaziale
r (che invece è un dominio di ’tipo e’15 ): se si guarda l’andamento della funzione di trasferimento rispetto
ad r, nel caso ci siano diversi cammini, si ritroverà il tipico andamento alla Rayleigh del fast-fading.
13 Per capirci, un angolo su un piano parallelo al terreno.
14 Anche questa formulazione viene ereditata dalla teoria della probabilità e, precisamente, dalla definizione di valore medio
statistico.
15 La trasformata di una variabile di tipo δ è sempre una variabile di tipo e e viceversa.
70
CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE 71
71
72 CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE
Figura 7.8: Combinazione lineare dei segnali ricevuti. Si noti che la formula in fondo alla figura è un rapporto
segnale-rumore.
• Selection Combining: si seleziona solo il ramo che presenta il maggiore SNR e si scartano gli altri;
• Equal Gain Combining: ogni segnale viene rifasato e pesato con lo stesso peso αi = e− jθi ; in tal caso
si ottiene un SNR pari a
!2
M
1
N0 M i∑
γΣ = ri (7.23)
=1
• Maximum Ratio Combining: si pesa ogni ramo in proporzione all’SNR che presenta. Maggiore √
sarà l’SNR (e, quindi, più pulito sarà il segnale) e maggiore sarà il peso. Impostando ai = ri / N0 si
ottiene un SNR equivalente alla somma di tutti gli SNR:
M
∑ ri2 M
∑ γi
i =1
γΣ = = (7.24)
N0 i =1
La figura 7.9 mostra tutte le possibili degenerazioni del concetto di Multiple Input Multiple Output19
Come mostra la figura 7.10 per studiare tali sistemi viene naturale passare attraverso l’uso delle matrici,
infatti si possono definire:
di sistema MIMO.
72
CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE 73
u1 ( ξ )
ū(ξ ) = ...
u NT (ξ )
v1 (t, ξ, r)
v̄(t, ξ, r) =
..
.
v NR (t, ξ, r)
73
74 CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE
n1 (ξ, r)
n̄(ξ, r) =
..
.
n NR (ξ, r)
h(t, ξ, r11 ) . . . h(t, ξ, r1NT )
H(t, ξ, r) =
.. .. ..
. . .
h(t, ξ, r NR 1 ) . . . h(t, ξ, r NR NT )
In questo modo è possibile formulare una relazione generica del canale MIMO:
Z
ν̄(t, ξ ) = H(t, ξ ) ∗ ū(ξ ) + n̄(ξ ) , H(t, τ ) · ū(ξ − τ )dτ + n̄(ξ )
τ
• array gain: gli array di antenne presentano un guadagno maggiore delle singole antenne in quanto
possono sfruttare la diversità per ’raggranellare’ maggiori quantità di potenza;
• diversity gain: si migliora l’SNR (magari facendo uso di una tecnica di combinazione Maximum Ratio
Combining);
• multiplexing gain: possibilità di multiplare più segnali e quindi di aumentare la capacità del canale.
7.7 In sintesi
La funzione di trasferimento del canale radiomobile varia col tempo e nelle frequenze: si parla infatti di
selettività (o fading ) nel tempo, dovuto allo spostamento del terminale mobile, e di selettività (o fading ) in
frequenza, dovuto all'interferenza intersimbolica generata dal fenomeno del multicammino.
Poniamoci nel caso statico: il trasmettitore e il ricevitore sono in due punti ssi. Sia:
• x (t) (e il suo equivalente passa-basso u(t)) il segnale in ingresso;
• h(t) (e il suo equivalente passa-basso h0 (t)) la risposta impulsiva del sistema, la cui trasformata è la funzione
di trasferimento H ( f );
• y(t) (e il suo equivalente passa-basso v(t)) il segnale in uscita.
Possiamo scrivere l'uscita come somma di segnali attenuati, ritardati e sfasati (ognuno in base al cammino
percorso),
Nr n o
y(t) = x (t) ∗ h(t) = ∑ Re ρ i .u ( t − t i ) e − j(2π f 0 (t−ti )+ϑi )
i =1
e come antitrasformata di Steinmetz del segnale passa-basso equivalente:
n o
y(t) = Re v (t) e j2π f0 t
Sfruttando la convoluzione
Z∞
y(t) = Re h0 (ε) u (t − ε) dε·e j2π f0 t
−∞
e confrontando con l'espressione originaria otteniamo:
Nr Nr
h0 ( t ) = ∑ ρi δ (t − ti ) e j(−2π f0 ti +ϑi ) ⇒ H ( f ) = ∑ ρi e j(−2π( f0 + f )ti +ϑi )
i =1 i =1
74
CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE 75
Tale funzione di trasferimento non è costante in sequenza, per cui il fenomeno del multicammino determina
selettività in frequenza. Se la banda del segnale è tuttavia sucientemente piccola, ovvero minore della banda di
coerenza, il fading può essere considerato piatto perché signica che la distanza temporale fra i simboli è maggiore
del cammino con ritardo massimo.
Mettiamoci nel caso dinamico: in questo caso si ha eetto Doppler, ovvero una variazione apparente della
frequenza pari a
f0 f0
fi = − v · k̂ i = − v cos α
c c
Ampiezze, sfasamenti, ritardi: nel caso dinamico tutto dipenderebbe dal tempo, ma noi sceglieremo di immaginare
ρi e ϑi lentamente varianti.
Nr
y(t, ξ ) = ∑ Re{ρi · u [ξ − ti ] · e j{2π f0 ξ +2π fi t−2π f0 ti +θi } } (7.26)
i =1
L'eetto Doppler provoca selettività in tempo: se tuttavia il segnale ha durata minore del tempo di coerenza, il
relativo fading potrà anche questa volta essere considerato piatto.
Possiamo sfruttare l'espressione della risposta impulsiva in funzione del tempo in eccesso ξ (tempo di variazione
del segnale) e l'espressione della funzione di trasferimento in funzione della frequenza Doppler per denire due
parametri importanti, i quali hanno le caratteristiche di una densità di probabilità e permettono di determinare
in maniera più accurata la banda di coerenza e il tempo di coerenza. Considerando l'azimut (angolo rispetto al
piano parallelo al terreno) come variabile aleatoria rispetto alla quale rappresentare la funzione di trasferimento
possiamo, analogamente a quanto fatto nei casi precedenti, denire un power-azimut prole.
Le tecniche di diversità sono un modo astuto per sfruttare:
• il fatto che un unico segnale in trasmissione genera propagazione multicammino ed arrivi a destinazione in
tante copie fra loro sfasate;
• la replicazione del segnale su più portanti a diverse frequenze;
• la presenza repliche di un segnale, giunte da antenne dislocate in punti diversi o aventi polarizzazione diversa.
Si parla quindi di diversità in tempo, in frequenza, in spazio, angolo e polarizzazione. Supponendo di non
considerare selettivo il fading, i segnali giunti al ricevitore possono essere adeguatamente ricombinati per migliorare
la qualità complessiva di ricezione. Fra le varie tecniche di combinazione:
• selection combining : ci si ada al ramo di ricezione che percepisce il cammino a maggiore SNR;
• maximum ratio combining : si combinano le copie in modo ottimo, sfruttando un opportuno algoritmo e
pesando maggiormente i segnali a SNR maggiore.
Le tecniche di diversità sono alla base dei sistemi MIMO (Multiple Input Multiple Output ).
75
76 CAPITOLO 7. IL CANALE RADIOMOBILE
76
Capitolo 8
Le tecniche Spread Spectrum (SS) sono diffuse in moltissimi sistemi (cellulari CDMA, UMTS, Wi-Fi,
GPS, etc. . . ) e, al costo di una relativamente alta complessità e occupazione di banda, permettono di:
• diminuire l’interferenza verso altri sistemi esistenti (in virtù della bassa densità spettrale di potenza);
• fornire una protezione anti-jamming e anti-multipath per la soppressione di tutti i segnali indeside-
rati (compresi i cammini multipli), nonché anti-intercettazione per l’intrinseca codifica del segnale
tramite un codice solo noto al destinatario;
Il principio che sta alla base di queste tecniche prevede che la banda B del segnale venga allargata artifi-
cialmente imprimendo al segnale utile un codice pseudo-noise ad elevata velocità di cifra. In ricezione, noto
il codice di spreading, esso viene eliminato e il segnale risultante filtrato per ricostruire il segnale originale
a banda stretta.
Si parla di sequenza diretta in quanto la sequenza pseudo-noise (PN) viene direttamente moltiplicata1
al segnale da trasmettere: siccome si presuppone che la sequenza PN abbia un’elevata velocità di cifra
rispetto al segnale, l’effetto netto di tale moltiplicazione sarà quello di aver allargato la banda del segnale
da B a B0 , con B0 B. Chiameremo:
1 Si presuppone che l’operazione di moltiplicazione sia involutoria: se così non fosse, sarebbe impossibile per il destinatario
77
78 CAPITOLO 8. TECNICHE DI TRASMISSIONE SPREAD SPECTRUM
• tempo di simbolo TS la durata di un simbolo della sequenza utile da trasmettere (per ipotesi si deve
avere che TS TC , visto che la frequenza della sequenza PN è molto elevata);
Al trasmettitore il segnale dati a(t) viene moltiplicato per la sequenza p(n): il risultato è il segnale s(t)
allargato con banda B0 B. Al ricevitore il segnale a(t) viene recuperato sfruttando l’involutorietà della
moltiplicazione: una volta effettuata l’operazione di sincronizzazione per poter agganciare la sequenza
ricevuta alla copia locale della sequenza PN, il segnale ricevuto viene moltiplicato per p(t) e come risultato
si ottiene la sequenza utile a(t).
Il problema della sincronizzazione è molto delicato, non solo perché la sequenza PN è ad elevatissima
frequenza di cifra, ma anche perché è assolutamente fondamentale che la sequenza p(t) per la quale viene
moltiplicato il segnale sia molto poco (o per nulla) sfasata rispetto al segnale, pena l’attenuazione dello
stesso e la sua definitiva perdita.
Per una corretta sincronizzazione viene sfruttata la misura dell’autocorrelazione fra il segnale ricevuto
e la sequenza PN localmente memorizzata nel ricevitore.
ZTC
1
Autocorrelazione del segnale p(t) ⇒ R (τ ) = h p (t) ⊗ p (t + τ )i = p (t) ⊗ p (t + τ ) dt
NTC
0
78
CAPITOLO 8. TECNICHE DI TRASMISSIONE SPREAD SPECTRUM 79
• elevata (prossima a 1) nel caso τ (cioè lo sfasamento della sequenza) tenda a 0. Ciò significa che
possiamo imputare un’elevata autocorrelazione R(τ ) ad una buona sincronizzazione;
• assolutamente trascurabile (−1/N, con N enorme) nelle zone lontane da τ → 0. Una sequenza PN
e la stessa sequenza sfasata sono quindi molto incorrelate.
Per i motivi testé illustrati il ricevitore possiede un filtro di de-spreading in grado di effettuare il calcolo
dell’autocorrelazione R(τ ): se scopre che essa è molto vicina ad 1 allora avrà modo di agganciare cor-
rettamente il segnale ricevuto alla sequenza PN (e quindi di ’decodificare’); in caso contrario il risultato
potrebbe essere anche catastrofico (segnale completamente bagattato e irriconoscibile). Correlando infatti
il segnale ricevuto e la sequenza otteniamo:
hs (t) ⊗ p (t + τ )i = h[ a (t) ⊗ p (t)] ⊗ p (t + τ )i =
ZTC
1
= a (t) p (t) ⊗ p (t + τ ) dt = a (t) R (τ )
NTC
0
Come si nota, si ottiene il segnale utile a(t) solo quando τ = 0, altrimenti si ha un segnale tanto più
attenuato quanto è consistente lo sfasamento. L’effetto collaterale benefico di tutto ciò è che pure altri
segnali non correlati (compresi quelli interferenti) vengono attenutati.
Dopo aver illustrato il principio, ecco come viene fatta - in pratica - la sincronizzazione; il processo per
ottenerla è diviso in due fasi principali:
• coarse synchronization: il segnale ricevuto viene correlato con un certo numero di versioni sfasate
della nostra sequenza4 : fra queste viene scelta quella col valore di correlazione maggiore, ovvero
quella più vicina alla sincronizzazione;
4 Scegliendo NTC
un passo pari ad α = TC /2 esistono α possibili sfasamenti da provare.
79
80 CAPITOLO 8. TECNICHE DI TRASMISSIONE SPREAD SPECTRUM
80
CAPITOLO 8. TECNICHE DI TRASMISSIONE SPREAD SPECTRUM 81
• i codici di scrambling distinguono tra loro le differenti sorgenti. Ovviamente, a causa dei differenti
ritardi di propagazione (le sorgenti sono dislocate in differenti luoghi), fra i segnali ricevuti da dif-
ferenti sorgenti non ci può essere sincronismo, quindi possiamo sfruttare le proprietà di tali codici
per distinguere, fra tutte le possibili sorgenti, quella sincronizzata. I codici di scrambling sono rap-
presentabili tramite un diagramma ad albero in cui ogni parola è associata ad un ramo. Essi non
cambiano la banda del segnale ma servono soltanto a distinguere sorgenti tra loro non sincrone per
cui non si usa una famiglia di codici ortogonali;
• codici di spreading, già visti. Essi separano i segnali di una singola sorgente e allargano lo spettro del
segnale. Fortunatamente i segnali ricevuti dalla stessa sorgente subiscono lo stesso ritardo, quindi i
codici di scrambling possono agire in maniera ’indipendente’ rispetto a quelli di spreading.
81
82 CAPITOLO 8. TECNICHE DI TRASMISSIONE SPREAD SPECTRUM
• elimina l’effetto near-far in uplink (in downlink invece tutti i segnali arrivano al mobile percorrendo lo
stesso cammino).
Chiaramente, il terminale mobile deve essere in grado di modificare la potenza trasmessa in modo da
mantenere il rapporto segnale/rumore ricevuto dalla stazione base pari ad una soglia assegnata.
Il principio generale cui si deve ispirare qualunque algoritmo di Power Control è alquanto semplice:
chi si trova più vicino alla stazione radio base deve trasmettere con potenze inferiori rispetto a chi si
trova più lontano. Il criterio più semplice (tratta di up-link6 ) corrisponde ad ipotizzare che tutti i terminali
trasmettano potenze tali da essere tutti ricevuti con la stessa potenza: in tal caso, è semplice valutare la
capacità del sistema, cioè il numero massimo di utenti contemporaneamente attivi in un settore isolato e
nel caso di singolo servizio.
Indichiamo con:
• PV la potenza del segnale utile;
• R la banda del segnale utile prima dello spreading;
• PI la potenza del segnale interferente;
• W la banda del segnale utile dopo lo spreading;
• G p il guadagno di processo;
• Eb l’energia per bit;
• N0 la densità spettrale del rumore;
• NS il numero di utenti contemporaneamente attivi all’interno di uno stesso settore isolato.
Si ha:
PI IW W T
= = = bit = G p
I IR R Tchip
C E R E 1
= b = b
I N0 W N0 G p
Ma anche
C C
=
I ( NS − 1) C
in quanto, su un totale di NS utenti, NS − 1 sono potenziali disturbatori. Mettendo a sistema otteniamo:
Gp
Eb 1
Gp = ⇒ NS = 1 +
N0 ( NS − 1) Eb
N0
Tenendo conto del fatto che l’interferenza e in realtà minore visto che gli interferenti trasmettono in
maniera discontinua (Activity Factor A f < 1) e che l’interferenza dovuta alle celle adiacenti riduce di un
fattore F < 1 il numero di utenti servibili, il numero N di utenti per cella può essere stimato come:
3F 3F G G
N= N = 1 + p ' 3F p
Af S Af Eb A f Eb
N0 N0
82
CAPITOLO 8. TECNICHE DI TRASMISSIONE SPREAD SPECTRUM 83
• se è minore della soglia, si invia un segnale di comando per dire al terminale mobile di aumentare
la potenza;
• se è maggiore della soglia, si invia un segnale di comando per dire al terminale mobile di diminuire
la potenza;
Il mobile, in base al comando ricevuto, modificherà la sua potenza in trasmissione. Periodicamente (outer
loop) si verifica che il valore della soglia che si sta utilizzando per il confronto garantisca la qualità del
servizio fissata in termini di Bit Error Rate: se questo non è più attuale è necessario determinare un nuovo
valore con cui fare il confronto.
Condizione per la quale il rake receiver funziona è che sia stato impresso un certo codice al segnale:
vengono infatti utilizzate tecniche simili a quelle viste nei paragrafi 8.1 e 8.2, le quali presuppongono
l’utilizzazione di un certo codice (che in quel caso era una sequenza PN). Al ricevitore sono in arrivo N
repliche ritardate: il rake receiver si aggancia al cammino più forte (presumibilmente il primo), dopodiché
effettua il de-spreading e fa partire il secondo correlatore, il quale effettua operazioni simili e fa partire il
terzo correlatore, etc. . . Ogni correlatore si aggancia quindi ad un solo cammino, sfruttando la presenza
di un codice per poter effettuare il calcolo di correlazione. Una volta delineatisi gli N cammini, essi
vengono messi in fase e sommati: in questo modo abbiamo sfruttato la presenza di cammini multipli per
’rastrellare’ da essi potenza e compattare quest’ultima in un unico segnale!
Il rake receiver implementa implicitamente una tecnica di diversità: volendo possiamo infatti sfruttare
quanto detto nel paragrafo 7.6 e affidare un certo peso ai cammini.
8.6 In sintesi
Le tecniche di trasmissione spread-spectrum hanno l'utilità di:
83
84 CAPITOLO 8. TECNICHE DI TRASMISSIONE SPREAD SPECTRUM
• chi è lontano deve sopperire alla maggiore distanza e a un numero spesso maggiore di interferenti.
Supponendo di avere un certo parametro Eb /N0 , un guadagno di processo pari a G p e un numero di utenti attivi
NS all'interno di un settore isolato possiamo scrivere
C Eb 1
I = N G
0 p Gp
⇒ NS = 1 +
C C Eb/
N0
=
I ( NS − 1) C
in quanto se uno è il terminale 'utile' avremo NS − 1 terminali interferenti. Si noti che si è fatta l'ipotesi che alla
stazione base arrivino potenze tutte uguali da tutti i trasmettitori, ovunque essi siano (l'algoritmo è precisissimo
e tara la potenza di ciascun mobile anché alla stazione base arrivino segnali tutti ugualmente intensi e con
potenza pari a C).
L'algoritmo eettua continuamente tre fasi:
• Controllo di potenza ad anello aperto: avviene quando parte la comunicazione. La stazione base trasmette
ad una potenza predenita e il mobile capisce quant'è l'attenuazione in downlink (ovvero nel percorso:
stazione base - ricevitore mobile).
• Controllo di potenza ad anello chiuso, inner loop : in uplink (ovvero nel percorso: ricevitore mobile - stazione
base) la BS confronta la potenza ricevuta con una soglia e poi suggerisce al mobile cosa deve fare.
84
CAPITOLO 8. TECNICHE DI TRASMISSIONE SPREAD SPECTRUM 85
• Controllo di potenza ad anello chiuso, outer loop : periodicamente si verica che la soglia rispetti la voluta
BER.
Inne, abbiamo il rake reciever, prodigio della scienza e della tecnica: esso approtta della propagazione
multicammino (che a rigore è solo una seccatura) e delle tecniche di spread-spectrum per sfruttare le solite
proprietà dell'autocorrelazione e poter agganciare ogni cammino (sfasato) di uno stesso segnale con la sua fase
corretta. Questo permetterà di sommare ogni contributo in maniera costruttiva con tutti gli altri, rastrellando
(rake = rastrello) tutta la potenza da tutti i paths.
85
86 CAPITOLO 8. TECNICHE DI TRASMISSIONE SPREAD SPECTRUM
86
Capitolo 9
I sistemi d’area si prefiggono di realizzare collegamenti tra terminali di cui (almeno) uno posizionato
arbitrariamente all’interno dell’area di servizio.
A causa dell’attenuazione, ad una certa distanza fra le antenne il rapporto segnale/rumore C/N (carrier
to noise power ratio) scende al di sotto della soglia minima per un’accettabile qualità di collegamento. L’area
di servizio deve pertanto essere divisa in celle di raggio1 R, ciascuna dotata di stazione base. In ogni cella
si utilizzano determinati canali (risorse) per la comunicazione, ma deve poter essere possibile, senza che vi
sia interruzione del servizio, il passaggio di un terminale mobile da una cella all’altra (handover). Essendo
i canali limitati, occorre riutilizzarli a una certa distanza (riuso spaziale) sfruttando l’attenuazione del
segnale (filtraggio spaziale) per minimizzare l’interferenza.
necessarie celle molto piccole, vista la densità di utenti, mentre in mezzo al deserto potremo prendere celle grandi e utilizzare un
numero molto minore di stazioni radio-base.
2 Quando si è nella vicinanza dell’area di perturbazione, possono esservi oscillazioni della potenza tali da rendere molto difficil-
mente distinguibile il segnale ’più potente’ rispetto all’altro (o agli altri): sarebbe tuttavia da stupidi cercare di agganciarsi ad esso,
in quanto saremmo costretti (viste le oscillazioni) ad effettuare l’handover un gran numero di volte nell’unità di tempo. Per evitare
87
88 CAPITOLO 9. SISTEMI D’AREA CELLULARI
la distanza entro la quale una stazione radio-base riesce a trasmettere senza che vi sia interferenza da
parte di segnali delle stazioni vicine.
Se i canali sono virtualmente illimitati si tratta semplicemente di distribuirli in numero sufficiente
in ciascuna cella per far fronte alle necessità. Si definisce perciò cluster un gruppo di celle all’interno
delle quali sono stati distribuiti tutti i canali disponibili. A parità di canali e all’aumentare del cluster-size
(aumentando quindi il numero di celle), diminuiscono le risorse a disposizione di ogni singola cella (le
celle sono di più mentre i canali, cioè le risorse, sono sempre quelli!), ma si allontanano gli interferenti in
quanto uno stesso canale viene utilizzato in celle fra loro più distanti rispetto al caso precedente.
m = i2 + j2 + ij
π √ 2 √3
Areacluster U U
1 2 sin U1 =U2 = D 3mR · D
= √ 3! =
3 2√
2 =m
Areacella 1 R R 3
· ·12 R 3
2 |{z}
2 2 2 2
base | {z }
altezza (apotema)
tali ’palleggiamenti’ si adottano quindi alcuni dB di isteresi, cioè di tolleranza, prima di decidere di cambiare stazione radio-base di
riferimento.
3 Ad essere precisi, il soddisfacimento di tale relazione è il requisito per il solo ricoprimento continuo: la simmetria è cosa a sé.
4 Celle isocanale sono distribuite in una circonferenza di raggio D.
√
5 Se R è il raggio della cella, R 3 è l’apotema dell’esagono scelto per il ricoprimento. Una scelta può essere quella di utilizzare il
2
doppio di tale apotema come unità di misura, visto che essa è la distanza tra i centri di due esagoni adiacenti.
6 . . . e che l’area del parallelogramma può essere trovata tramite un prodotto vettoriale.
88
CAPITOLO 9. SISTEMI D’AREA CELLULARI 89
Spesso, anziché montare le stazioni a centro cella si usa spesso montarle in un angolo (cioè nelle
intersezioni fra più celle) e dotare la stazione di tre antenne direttive, puntanti ciascuna nella propria area
di servizio: in questo modo si servono 3 celle con un solo sito al modesto prezzo di una minore uniformità
di copertura. In tal caso si parla di settorizzazione (vedi figura 9.3).
In questo modo possiamo godere del maggiore guadagno garantito dalle antenne direttive (lobo
principale di circa 120◦ ) e riduciamo di circa un terzo l’interferenza fra celle isocanale.
89
90 CAPITOLO 9. SISTEMI D’AREA CELLULARI
dove u(t) è la forma d’onda con la quale sono stati ’codificati’ i simboli trasmessi. Poiché il canale ra-
dio è per sua natura condiviso, il ricevitore i-mo riceve tutti i segnali trasmessi; tuttavia, per recuperare
l’informazione desiderata, sarà necessario (previa sincronizzazione!) eseguire la correlazione del segnale
complessivo ricevuto con tutte le funzioni ortonormali assegnate al canale utile. Solo alcune fra queste
funzioni, tuttavia, restituiranno in seguito alla moltiplicazione del segnale ricevuto per loro stesse (ope-
razione che supponiamo a priori essere involutoria) il segnale originario (vedi fig. 9.4): tutte le altre, in
virtù dell’ortogonalità, non riconosceranno alcuna correlazione nel segnale ricevuto (ed è giusto che sia
così, perché quelle funzioni saranno state associate ad altri!). Il ricevitore riuscirà perciò capire quale fra
le componenti del segnale è destinata a lui, ma non subirà interferenze dagli altri canali. Come si vede,
questa operazione è simile in tutto e per tutto a quella vista per le tecniche di spread-spectrum (vedi par.
8.1 per maggiori delucidazioni).
In base alla natura del set di funzioni ψ1 (t) , ψ2 (t) , . . . , ψNc (t) si distingue fra:
• Frequency Division Multiple Access (FDMA): si hanno funzioni ortogonali in frequenza, ovvero di
lunghezza temporale pari all’intero periodo T e con bande praticamente disgiunte; la separazione
dei canali può essere quindi ottenuta mediante filtri passa-banda. Saranno tuttavia necessarie ’bande
di guardia’ per limitare l’interferenza da canali adiacenti;
• Time Division Multiple Access (TDMA): si hanno funzioni ortogonali in tempo, ovvero non nulle su
intervalli temporali disgiunti ed aventi banda pari a tutta la banda disponibile; la separazione dei
canali può essere quindi ottenuta mediante opportuna divisione temporale in slot. Saranno necessari
’tempi di guardia’ per limitare l’interferenza da canale adiacente;
• Code Division Multiple Access (CDMA): ogni utente ha assegnato un codice il quale, per costruire il
segnale trasmesso, può essere utilizzato in 2 modi diversi:
Il caso CDMA è vantaggioso perché i codici non sono limitati come la banda. Di conseguenza non
c’è motivo di dividere la copertura cellulare in cluster: si fissa quindi m = 1, il che significa che tutte
le celle sono uguali (dispongono delle stesse risorse) e che l’interferenza può venire sia dalla cella
corrente (interferenza intra-cella) sia dalle altre (interferenza inter-cella).
90
CAPITOLO 9. SISTEMI D’AREA CELLULARI 91
Il terminale mobile può coinvolgere nella chiamata tutte le stazioni base da cui riceve un segnale
di riferimento (pilota) sufficientemente buono. Si individuano quindi zone differenti (vedi fig. 9.6): se
addirittura il terminale è connesso a 2 settori della stessa stazione base (copertura settoriale) si parla di
softer handover.
9.3.2 Macrodiversità
91
92 CAPITOLO 9. SISTEMI D’AREA CELLULARI
Se il numero di active set è maggiore di 1, allora si dice che stiamo operando in macrodiversità. In tal
caso:
• downlink: il terminale mobile riceve la stessa informazione utile da più di una stazione base contem-
poraneamente. In più, ogni link verso una delle stazioni base dell’active set utilizza una differente
coppia di codici (spreading + scrambling). Il terminale può quindi migliorare la qualità della comuni-
cazione combinando i segnali che riceve dalle stazioni base a cui è contemporaneamente connesso
(rake receiver).
• uplink: il segnale trasmesso dal mobile viene decodificato da tutte le stazioni base appartenenti
all’active set. I segnali decodificati dalle differenti stazioni base dell’active set vengono ricombinati
dalla rete a livello superiore. L’effetto netto è quello di ottenere un miglioramento della qualità della
comunicazione.
9.5 In sintesi
I sistemi ad area cellulari nascono per via del fatto che risulta impossibile servire aree grandi con un'unica
stazione radio-base: oltre ad essere poco pratico (dovremmo usare potenze enormi e non è che possiamo arrostire
tutti i volatili che passano vicino all'antenna!) dobbiamo fare i conti con risorse limitate (ad es. in frequenza).
Per questo si sceglie di dividere il territorio in cluster, ognuno dei quali contiene m celle: ogni cella userà quindi
una quantità di risorse pari a quella totale riservata al cluster diviso m. Per evitare che il rapporto segnale-rumore
scenda al di sotto della soglia minima di qualità occorre operare in modo che le celle che utilizzano le stesse risorse
(potenzialmente interferenti) stiano ad un opportuna distanza D. Detto R il raggio delle celle, si ha che:
D √
= 3m
R
92
CAPITOLO 9. SISTEMI D’AREA CELLULARI 93
Inoltre si può dimostrare che si ha riempimento continuo solo se ogni cluster contiene
m = i2 + ij + j2
• nel codice, per i sistemi CDMA: possiamo qui distinguere, come nello SS, fra direct sequence e frequency
hopping. Si noti che il CDMA è vantaggioso in quanto abbiamo un numero esorbitante di possibili codici:
non ha quindi senso parlare di cluster e si ssa m = 1. I sistemi CDMA possono essere poi migliorati
implementando il soft handover (che minimizza la probabilità di caduta di linea nell'handover ) e la ma-
crodiversità, che consiste nel collegare simultaneamente un unico terminale mobile a più stazioni base per
sfruttare al meglio la diversità.
A distinguere fra i vari segnali (e a permettere quindi l'accesso multiplo) ci penserà quindi il ricevitore, che sarà
dotato di un opportuno numero di ltri in grado di calcolare la correlazione e ltrare (cioè attenuare) tutti i segnali
ortogonali a quello utile.
La bontà dei sistemi ad area si misura valutando:
• l'estensione dell'area di servizio;
• il numero di utenti serviti (detto anche capacita del sistema) e l'occupazione spettrale del sistema;
• la probabilità di blocking e dropping, valutate tramite opportune formule statistiche (v. Erlang);
• i costi.
93
94 CAPITOLO 9. SISTEMI D’AREA CELLULARI
94
Capitolo 10
Di seguito supporremo l’ambiente omogeneo e ideale, con propagazione che segue una legge Hata-like
con fattore α.
L è una variabile aleatoria gaussiana con valor medio L̄ e deviazione standard σ: avremo quindi la
seguente (classica!) funzione di densità di probabilità
2
( L − L̄)
1 −
p L ( L) = √ e 2σ2
2πσ2
Mentre la cumulativa sarà:
L − L̄
1 1
FL ( L) = + erf √
2 2 2σ
1 La copertura radio di una cella viene ad essere definita in termini probabilistici.
2 Porremo la potenza ricevuta pari alla soglia di sensibilità del ricevitore non tanto perché vogliamo essere taccagni e sparagnini
fino all’osso, bensì per evitare interferenze alle altre celle.
95
96 CAPITOLO 10. PIANIFICAZIONE DI SISTEMI RADIOMOBILI
Se ora calcoliamo la cumulativa in L F , ovvero nel PC -esimo percentile della variabile aleatoria L (PC è la
probabilità di copertura/servizio richiesta a distanza R), si ha:
L F − L̄
1 1 1 1 M
FL ( L F ) = + erf √ = + erf √F
2 2 2σ 2 2 2σ
Z2πZR ZR
1 1 2π
Z
PC = LP (r ) ds = LP (r ) rdrdφ = LP (r ) rdr =
Acella πR2 πR2
Acella 0 0 0
ZR
!!
2 1 1 L f − L̄ (r )
= + erf √ rdr
R2 2 2 2σ
0
Si noti che nell’ultimo passaggio si è usata la relazione L̄ = L̄( R) = L0 + 10α log R. Osserviamo poi, a
titolo d’esempio, che per MF = 0 dB si ottiene LP = 0, 5; ciò significa che il 50% delle locazioni a bordo
cella si trova sotto soglia per il 50% del tempo.
96
CAPITOLO 10. PIANIFICAZIONE DI SISTEMI RADIOMOBILI 97
• consideriamo solo gli interferenti della prima cerchia (cioè locati nelle sei celle interferenti più vicine
a quella in cui ci troviamo6 ): distanza degli interferenti da noi = D;
C P P r α L (r ) D α 1 D α
0 0
= U = MS · =
I PI L (r0 ) R 6PMS r0 6 R
Ricordando ora che si ha:
D √
= 3m
R
Otteniamo:
C 1
= (3m)0,5α
I 6
4 Tale parametro è detto anche SIRth . Si ricorda inoltre che C/I è un rapporto segnale-rumore.
5 Nel seguito, per semplicità, considereremo valori medi e si trascureremo il fading.
6 Il ricoprimento è stato effettuato con celle esagonali.
97
98 CAPITOLO 10. PIANIFICAZIONE DI SISTEMI RADIOMOBILI
B
B0 =
NC
Data una certa probabilità di blocco, con Nc canali si possono servire (formula Erlang-B per code a
lunghezza nulla, vedi paragrafo 9.4) M0 utenti all’interno di uno stesso cluster.
Si possono allora definire 3 efficienze spettrali parziali:
• efficienza in frequenza:
Br Bit-rate per utente
ηf , =
B0 Banda per canale
Si tratta della la classica efficienza frequenziale e dipende dal codice utilizzato, nonché dalla tecnica
di modulazione, demodulazione. Tecniche ad alta efficienza richiedono un alto SIRth (cioè di un alto
C/I per una corretta ricezione).
98
CAPITOLO 10. PIANIFICAZIONE DI SISTEMI RADIOMOBILI 99
M0 Br M M Br MBr
ηt η f ηs = = = =η
NC B0 M0 NC B0 B
Ricordando tuttavia che m è il cluster size, possiamo anche scrivere:
M0 M0 Ncelle
η = ηf Ncluster = η f
NC | {z } NC m
|{z} ηs
ηt
Si vede che l’efficienza spettrale dipende dal numero di celle. Se si desidera una figura di merito indipen-
dente da questo parametro, e quindi più indicativo della bontà del progetto, si può utilizzare l’efficienza
spettrale per cella:
η M 1
ηc = = ηf 0
Ncelle NC m
M0
I primi due fattori (η f e ) dipendono da tecniche di modulazione e da problematiche di traffico7 : il
NC
terzo termine, m è invece dipendente dal rapporto C/I. A prima vista si potrebbe pensare di aumentare
l’efficienza aumentando η f , ma modulazioni efficienti in banda richiedono anche un C/I maggiore e
quindi un m maggiore.
Proviamo ora a sostituire i risultati ottenuti in precedenza, ovvero
2/α
C 1 1 6C
= (3m)0,5α ⇒ =m
I 6 3 I
Applicando il logaritmo:
" −2/α # −2/α
1 6C 1 2 C
log ηc = log η k = log + log k − log 6 + log η f + log =
3 f I
| 3 {z α } I
k0
0 2 C 0 2 C 0 1 C
= k + log η f − log = k + log η f − 10 log = k + log η f −
α I 10α I 5α I dB
| {z! }
C
I dB
Quindi si ha:
C
5αk0 = −5α log ηc + 5α log η f + k00
= −5α log ηc + 5α log η f + |{z}
I dB 00 k
Quindi in un diagramma logaritmico C/I in funzione di log η f è una retta di coefficiente angolare pro-
porzionale ad α e intercetta che cala con ηc . Sullo stesso diagramma, assimilando l’interferenza a rumore
AWGN si potrebbe rappresentare la curva del teorema di Shannon e vedere come il sistema si comporta
rispetto al caso ideale (vedi fig. 10.4).
99
100 CAPITOLO 10. PIANIFICAZIONE DI SISTEMI RADIOMOBILI
tratterebbe questa di una pianificazione deterministica8 in cui è possibile anche la scelta e la pianificazione
dei siti (attività dalla quale spesso si parte in quanto la disponibilità di siti è esigua e occorre quindi mettere
subito l’accento su tale aspetto). Dopo una pianificazione di massima fatta con i metodi visti, sulla base
del database urbano e della localizzazione dei siti viene effettuata la verifica di copertura e di interferenza
al computer. Se la verifica non è soddisfacente si modificano i parametri o la localizzazione delle BS in
maniera mirata e si ripete la verifica fino ad esito positivo. Alla fine della procedura si può effettuare una
simulazione di sistema per verificare la qualità complessiva del servizio.
Per l’assegnazione delle frequenze si tiene conto solitamente di un salto di due frequenze (per celle
non isocanale appartenenti allo stesso settore) o di una frequenza (se le celle sono di settori diversi):
l’algoritmo può essere molto complesso e dipende dalle strategie dell’operatore.
8 Non è necessario il calcolo di margini di fading (fatta eccezione per il fading rapido) se si usano modelli di propagazione
100
CAPITOLO 10. PIANIFICAZIONE DI SISTEMI RADIOMOBILI 101
10.5 In sintesi
Sono possibili due tipi di pianicazioni:
• In base alla copertura (C/N ): si ssa la sensibilità del ricevitore e si cerca di fare in modo che la potenza
ricevuta sia sempre maggiore di tale soglia. Per farlo si tiene in conto non solo l'attenuazione di spazio
libero, ma anche varie attenuazioni aggiuntive e un margine di fading MF calcolato statisticamente mediante
distribuzione lognormale:
M2f
M2f
!
1 − 1 1
p L ( L) = √ e 2σ2 ⇒ cumulativa: FL ( L) = + erf √
2πσ 2 2 2σ
Una stima del genere è già fatta tenendo conto del caso peggiore: se vogliamo fare un calcolo più preciso
possiamo integrare la cumulativa su tutta l'area della cella, assegnando ad ogni punto l'attenuazione precisa
dipendente dalla sua posizione. In ogni caso, quel che otteniamo è una probabilità di copertura detta
location probability.
• In base all'interferenza (C/I ): si ssa il cluster size m in grado di garantire una corretta ricezione. Suppo-
nendo di avere celle esagonali (considereremo i sei interferenti appartenenti alle più vicine celle isocanale,
tutti distanti D), distanza dell'utile dalla BS pari a R (= raggio celle), potenza trasmessa dai terminali pari
a PMS e attenuazione Hata-like si ha:
PMS r0 α
C = D/R=√3m
1 D α
L ( R) R C C 1
⇒ = ⇒ = (3m)0,5α
6PMS r0 α I 6 R I 6
I =
L (D) D
101
102 CAPITOLO 10. PIANIFICAZIONE DI SISTEMI RADIOMOBILI
102
Elenco delle figure
3.1 Ci sono due contributi principali, il cammino diretto e il raggio riflesso dal terreno. . . . . . 18
3.2 In uno scenario complesso ci sono diverse interazioni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.3 Riferimenti scelti per la trattazione dell’onda incidente. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.4 Scomponiamo i campi in tre nuovi sistemi di riferimento. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
3.5 Andamento dei coefficienti di riflessione e di rifrazione. Angolo di Brewster. . . . . . . . . . 21
3.6 Onda incidente, riflessa e rifratta. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.7 Polarizzazione TE e TM. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
3.8 Schema di riferimento per la riflessione al suolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
3.9 Esempio del PG per un terreno con Γ = −1. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.10 Modello a 6 raggi. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.11 Andamento del path gain con la distanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
3.12 Quando al ricevitore giungono differenti cammini generati dall’interazione dell’onda con
gli oggetti si dice che la propagazione avviene per Cammini Multipli (Multipath). . . . . . . . 26
3.13 Principio di Huygens-Fresnel e sorgenti secondarie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3.14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
3.15 Riferimenti per la dimostrazione del teorema di Kirchhoff. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.16 L’integrale deve essere limitato alla porzione di fronte d’onda non intercettato . . . . . . . . 29
3.17 Esempi di diffrazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3.18 Esempio di diffrazione da KE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
3.19 Andamento dell’attenuazione supplementare in funzione del parametro ν0 . . . . . . . . . . . 31
3.20 Zone di Fresnel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
3.21 Esempio di un ellissoide di Fresnel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
3.22 Diffrazione da apertura circolare e zone di Fresnel. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
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104 ELENCO DELLE FIGURE
6.1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
6.2 Esempio di costruzione delle regioni di visibilità per due riflessioni. . . . . . . . . . . . . . . 56
6.3 Esempio di view tree. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
6.4 Per determinare P si devono dispiegare i due piani. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
6.5 Esempio di backtracking. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
6.6 Circuito equivalente d’antenna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
6.7 Dopo qualche interazione l’errore medio si stabilizza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
6.8 Esempio di uso del modello 2D+2D . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
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ELENCO DELLE FIGURE 105
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