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IL PROTESTANTESIMO PARAGONATO COL CATTOLICESIMO NELLE SUE RELAZIONI CON LA CIVILT EUROPEA PARTE PRIMA

La seconda parte verr diffusa appena possibile OPERA DEL SACERDOTE SPAGNOLO D. GIACOMO BALMES Tradotta in Italiano dal C. A. C e qui lievemente aggiornata allitaliano odierno dal forumista di totustuus.biz LucioF per il quale si chiede unAve Maria come ringraziamento

Una biografia dellapologista cattolico Jaime Balmes leggibile qui: http://www.totustuus.biz/users/altrastoria/balmes.html Volume Primo CARMAGNOLA 1852. TIPOGRAFIA DI PIETRO BARBI.

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CAPITOLO I Natura e nome del Protestantesimo

CAPITOLO II Indagine sulle cause del Protestantesimo. Valutazione dellinfluenza dei suoi fondatori. Varie cause, che qui si accennano. Equivoci nati su questo punto. Opinioni di Guizot e di Bossuet. Si dimostra la vera causa del fenomeno, fondata sul medesimo stato sociale dei popoli europei . CAPITOLO III Nuova dimostrazione della divinit della Chiesa cattolica ottenuta dallesame delle sue relazioni con lo spirito umano. Fenomeno straordinario che si presenta nella cattedra di Roma. Superiorit del Cattolicesimo sul Protestantesimo. Importante confessione di Guizot: sue conseguenze. CAPITOLO IV Il Protestantesimo porta in s un principio dissolutore. Per sua natura tende ad annientare tutte le credenze. Direzione pericolosa che d allintelletto. Descrizione dello spirito umano. CAPITOLO V Istinto di fede. Si estende anche alle scienze. Newton. Cartesio. Osservazioni sulla storia della Filosofia. Proselitismo. Stato attuale dellintelletto. CAPITOLO VI Differenti necessit religiose dei popoli in relazione alle varie fasi della loro civilt. Tenebre che si incontrano nellapplicarsi ai princpi primi delle scienze. Scienze matematiche. Caratteri particolari delle scienze morali. Illusioni di alcuni ideologi moderni. Errore commesso dal Protestantesimo nella direzione religiosa dello spirito umano. CAPITOLO VII Indifferenza e fanatismo: due estremi opposti introdotti in Europa dal Protestantesimo. Origine del fanatismo. Servizio importante prestato dalla Chiesa alla storia dello spirito umano. La Bibbia abbandonata al libero esame; sistema erroneo e funesto del Protestantesimo. Importante testo di OCallaghan. Rappresentazione della Bibbia.

CAPITOLO VIII Il fanatismo. Sua definizione. Sue relazioni col sentimento religioso. Impossibilit di distruggerlo. Mezzi per ridurlo. Il Cattolicesimo ha posto in pratica questi mezzi con molta prudenza. Osservazioni sui presunti fanatici cattolici. Veri caratteri dellesaltazione religiosa dei fondatori di ordini religiosi . CAPITOLO IX Incredulit e indifferenza religiosa introdotte in Europa dal Protestantesimo. Sintomi fatali che li manifestarono subito. Grande crisi religiosa avvenuta nellultima parte del diciassettesimo secolo. Bossuet e Leibnitz. I Giansenisti: loro influenza. Dizionario di Bayle: osservazioni sullepoca di tale pubblicazione. Condizione deplorevole delle credenze tra i Protestanti. CAPITOLO X Si risolve una questione importante sulla durata del Protestantesimo. Rapporti dellindividuo e della societ con lindifferentismo religioso. Le societ europee rispetto allIslamismo e al Paganesimo. Confronto tra il Cattolicesimo ed il Protestantesimo nella difesa della verit. Intima unione del Cristianesimo con la civilt europea. CAPITOLO XI Dottrine del Protestantesimo. Loro classificazione in positive e negative. Fenomeno singolarissimo: la civilt europea ha rigettato uno dei dogmi pi importanti dei fondatori del Protestantesimo. Importante servizio svolto dal Cattolicesimo per la civilt europea con la difesa del libero arbitrio. Carattere dellerrore. Carattere della verit. CAPITOLO XII Analisi degli effetti che produrrebbe in Spagna il Protestantesimo. Stato attuale delle idee irreligiose. Trionfo della religione. Stato attuale della scienza e della letteratura. Situazione delle societ moderne. Riflessioni sullavvenire e sulla futura influenza del Cattolicesimo. Sulla probabilit dellintroduzione del Protestantesimo in Spagna. LInghilterra: sue relazioni con la Spagna. Pitt. Carattere delle idee religiose in Spagna. Situazione della Spagna. Suoi elementi di rigenerazione.

CAPITOLO XIII Comincia il confronto tra il Protestantesimo e il Cattolicesimo nelle loro relazioni col progresso sociale dei popoli. Libert: senso vago di questa parola. La civilt europea dovuta principalmente al Cattolicesimo. Confronto dellOriente con lOccidente. Congetture sui destini del Cattolicesimo nelle catastrofi che possono minacciare lEuropa. Riflessioni sugli studi storico-filosofici. Fatalismo di certa scuola storica moderna. CAPITOLO XIV Stato religioso, sociale e scientifico del mondo allepoca in cui apparve il Cristianesimo. Diritto romano. Riflessioni sullinfluenza esercitata dalle idee cristiane sul diritto romano. Vizi del sistema politico dellimpero. Sistema del Cristianesimo per rigenerare la societ: il suo primo passo fu diretto al cambiamento delle idee. Confronto tra il Cristianesimo e il paganesimo nellinsegnamento delle buone dottrine. Osservazioni sul pulpito dei Protestanti. CAPITOLO XV La Chiesa non offre solamente un insegnamento grande e fecondo, ma costituisce anche unassociazione rigeneratrice. Temi di cui dovette occuparsi. Difficolt che dovette vincere. La schiavit. Chi abol la schiavit. Opinione di Guizot. Numero immenso di schiavi. Con che giudizio si procedette nellabolire la schiavit. Labolizione istantanea era impossibile. Simpugna lopinione di Guizot. CAPITOLO XVI La Chiesa cattolica adoper, per abolire la schiavit, non solo un sistema di dottrine, i suoi princpi e lo spirito di carit, ma anche un insieme di mezzi pratici. Punto di vista dal quale si deve guardare a questo fatto storico. Idee erronee degli antichi sulla schiavit. Omero, Platone, Aristotele. Il Cristianesimo inizi subito a combattere questi errori. Dottrine cristiane sulle relazioni tra schiavi e padroni. Limpegno della Chiesa per mitigare i trattamenti crudeli verso gli schiavi. CAPITOLO XVII La Chiesa difende con zelo la libert dei manomessi (schiavi affrancati).

Manomissione (atto di affrancamento) nelle chiese. Benfici effetti di tale pratica. Riscatto degli schiavi. Zelo della Chiesa nel praticare e promuovere questopera. Prevenzione dei Romani su questo punto. Influenza che ebbe lo zelo della Chiesa nellabolire la schiavit per la redenzione degli schiavi. La Chiesa protegge la libert degli schiavi riscattati. CAPITOLO XVIII Modo dagire della Chiesa riguardo agli schiavi degli Ebrei. Motivi che spingevano la Chiesa alla manomissione dei suoi schiavi. Sua benevolenza riguardo a questo. Sua generosit verso i propri liberti. Gli schiavi della Chiesa erano considerati come consacrati a Dio. Effetti benfici di tale considerazione. Si concede la libert agli schiavi che vogliono abbracciare la vita monastica. Effetti di tale pratica. Condotta della Chiesa nellordinazione sacerdotale degli schiavi. Repressione degli abusi che sintrodussero su questo punto. Disciplina della Chiesa di Spagna su questo particolare. CAPITOLO XIX Dottrine di S. Agostino sulla schiavit. Importanza di tali dottrine per giungere allabolizione della schiavit. Dottrine di S. Tommaso sulla stessa materia. Si impugna Guizot. Matrimonio degli schiavi. Disposizioni del diritto canonico su questo matrimonio. Dottrina di S. Tommaso sullo stesso punto. Riepilogo dei mezzi adoperati dalla Chiesa per abolire la schiavit. Simpugna ancora Guizot. Si dichiara che labolizione della schiavit dovuta esclusivamente al Cattolicesimo. CAPITOLO XX Quadro della civilt moderna. Abbozzo delle civilt non cristiane. Tre elementi della civilt: individuo, famiglia, societ. La perfezione di questi tre elementi deriva dalle dottrine. CAPITOLO XXI Distinzione tra individuo e cittadino. Individualismo dei barbari secondo il Sig. Guizot. Se questindividualismo appartenne esclusivamente ai barbari. Natura ed origine di questo sentimento. Sue modificazioni. Quadro della vita dei barbari. Vero carattere del loro individualismo. Ammissione del Sig. Guizot. Questo sentimento era in qualche modo comune a tutti i popoli antichi.

CAPITOLO XXII Il rispetto alluomo in quanto uomo non era conosciuto dagli antichi. Analogia di questa particolarit degli antichi con un fenomeno delle rivoluzioni moderne: tirannia del potere pubblico suglinteressi privati. Spiegazione di un doppio fenomeno che ci si presenta nelle societ antiche, e nelle moderne non cristiane. Opinioni di Aristotele. Carattere della democrazia moderna. CAPITOLO XXIII Nella Chiesa primitiva i fedeli avevano il sentimento della vera indipendenza. Errore del Sig. Guizot su questo punto. Dignit della coscienza sostenuta dalla societ cristiana. Sentimento del dovere. Sublimi parole di S. Cipriano. Sviluppo della vita interiore. Difesa del libero arbitrio da parte della Chiesa cattolica. Importanza di questo dogma per rialzare la dignit delluomo. CAPITOLO XXIV Nobilitazione della donna dovuta esclusivamente al Cattolicesimo. Mezzi adoperati dalla Chiesa per riabilitarla. Dottrina cristiana sulla dignit della donna. Monogamia. Diversa condotta del Cattolicesimo e del Protestantesimo su questo punto. Fermezza di Roma rispetto al matrimonio. Suoi effetti. Indissolubilit del matrimonio, Il divorzio tra i Protestanti. Effetto del dogma cattolico del matrimonio come vero Sacramento. CAPITOLO XXV Preteso rigore del Cattolicesimo nei confronti degli sventurati coniugi. Due sistemi per regolare le passioni: sistema protestante e sistema cattolico. Esempi. Passione per il gioco. Diffondersi delle passioni in tempi torbidi: la causa. Lamore: carattere di questa passione. Il matrimonio da s solo non un freno sufficiente. Quale debba essere il matrimonio perch serva da freno. Unit e fermezza delle dottrine e condotta del Cattolicesimo. Fatti storici: Alessandro, Cesare, Napoleone. CAPITOLO XXVI La verginit. Dottrine e condotta del Cattolicesimo su questo punto. Idem del Protestantesimo. Idem della filosofia atea. Origine del principio fondamentale delleconomia politica inglese. Considerazioni sul carattere della donna. Relazioni della dottrina sulla verginit con la riabilitazione della donna.

CAPITOLO XXVII Esame dellinfluenza del feudalesimo nel rivalutare la donna europea. Opinione di M. Guizot. Origine del suo errore. Lamore del cavaliere. Spirito della cavalleria. Rispetto dei Germani per le donne. Analisi del famoso passo di Tacito. Considerazioni sopra questo storico. Testimonianza di Cesare sui barbari. Difficolt di conoscere bene lo stato della famiglia e della societ tra i barbari. Il rispetto di cui gode la donna europea dovuto al Cattolicesimo. Distinzione tra Cristianesimo e Cattolicesimo: perch necessaria. CAPITOLO XXVIII La coscienza pubblica. Sua definizione. Cause che la formano. Confronto tra la coscienza pubblica delle societ moderne e quella delle antiche. La coscienza pubblica dovuta allinfluenza del Cattolicesimo. Mezzi di cui si serv il Cattolicesimo per formarla. CAPITOLO XXIX Analisi della teoria di Montesquieu sui princpi su cui si fondano le varie forme di governo. Gli antichi censori. Perch le societ moderne non li hanno. Cause che fecero fuorviare Montesquieu su questo punto. Equivoco del medesimo sullonore. Questonore, se bene analizzato, il rispetto per la coscienza pubblica. Illustrazione della materia con episodi storici. CAPITOLO XXX Due maniere di considerare il Cristianesimo: come dottrina, e come istituzione. Necessit che ha unidea qualunque di personificarsi in una istituzione. Vizio radicale del Protestantesimo sotto questo aspetto. La predicazione. Il sacramento della Penitenza. Influenza della confessione auricolare sulla conservazione e purificazione della moralit. Osservazione sui moralisti cattolici. Forza delle idee. Fenomeni che esse presentano. Necessit delle istituzioni: non solo per insegnare, ma anche per applicare le dottrine. Influenza della stampa. Intuizione e discorso. CAPITOLO XXXI Delicatezza dei costumi: in che consiste. Differenza tra i costumi delicati ed i costumi rilassati. Influenza della Chiesa cattolica nel temperare i costumi. Confronto tra le societ pagane e le cristiane. Schiavit. Patria potest. Giochi

pubblici. Una riflessione sui tori di Spagna. CAPITOLO XXXII Elementi che contribuirono al protrarsi della durezza dei costumi nelle societ moderne. Condotta della Chiesa su questo punto. Canoni e fatti degni di nota. S. Ambrogio e lImperatore Teodosio. La tregua di Dio. Disposizioni molto importanti dellautorit ecclesiastica su questo punto. CAPITOLO XXXIII Beneficenza pubblica. Differenze tra il Protestantesimo e il Cattolicesimo riguardo ad essa. Paradosso di Montesquieu. Regole fondamentali in questo campo. Danni causati dal Protestantesimo in questo campo. Ci che vale la filantropia. CAPITOLO XXXIV Intolleranza. Malafede su questo argomento. Definizione della tolleranza. Tolleranza dopinioni e tolleranza di errori. Tolleranza nei confronti dellindividuo. Tolleranza negli uomini religiosi e negli increduli. Da dove nasce negli uni e negli altri. Due classi di uomini religiosi e di increduli. Tolleranza nella societ: da dove nasce. Origine della tolleranza che regna nella societ attuale. CAPITOLO XXXV Lintolleranza un fatto universale nella storia. Dialogo con i sostenitori della tolleranza universale. Considerazioni sullesistenza e lorigine del diritto di condannare le dottrine. Soluzione di questa questione. Funesta influenza del Protestantesimo e dellateismo in questa materia. Giustificazioni dellimportanza data dal Cattolicesimo al peccato deresia. Incoerenza degli ignobili volterriani. Unaltra osservazione sul diritto di condannare le dottrine. Epilogo. CAPITOLO XXXVI LInquisizione. Istituzioni e legislazioni dintolleranza. Cause del rigore usato nei primi secoli dallInquisizione. Tre epoche dellInquisizione di Spagna: contro gli Ebrei e i Mori, contro i Protestanti, e contro glincreduli. Ebrei: motivo dellodio con cui erano guardati. Rigori dellInquisizione, sue cause. Condotta dei Papi in questo faccenda. Delicatezza dellInquisizione di Roma. Princpi intolleranti di Lutero riguardo agli Ebrei. Mori e Moreschi.

CAPITOLO XXXVII Nuova Inquisizione attribuita a Filippo II. Il padre Lacordaire. Pregiudizi contro Filippo II. Unosservazione sullopera intitolata lInquisizione senza maschera. Rapida occhiata su quellepoca. Causa di Carranza: considerazioni sulla stessa e sulle qualit personali del celebre reo. Origine della parzialit contro Filippo II. Riflessioni sulla politica di questo sovrano. Curioso aneddoto di un predicatore obbligato a ritrattarsi. Riflessioni sullinflusso dello spirito del secolo.

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PREFAZIONE _____________________________ Lopera di D. Giacomo Balmes, di cui questo il primo di due volumi, di tale interesse, per ampiezza di vedute, erudizione sostanziale e insieme originale, variet di argomenti, incalzante vigoria della forma, ordine e lucidit di esposizione, che al suo apparire riscosse subito in tutta Europa il consenso e il plauso universale degli uomini colti. Nei soli primi quattro anni lopera fu ristampata tre volte in Spagna; fu tradotta in Italiano, in Francese e in Inglese, e ovunque le pi importanti riviste che trattano queste materie ne parlarono in modo molto favorevole. Attualmente essa riconosciuta come uno dei pi autorevoli lavori scientifico-religiosi di questo secolo. Sarebbe quindi inutile soffermarsi a segnalare dettagliatamente i rari pregi che il lettore rilever da s, nel leggere lopera, con ben maggiore precisione ed evidenza. Ci che invece ci sembra opportuno far notare che il Balmes, sacerdote spagnolo, cominci a comporre questo suo lavoro nel 1842, in quel periodo calamitoso in cui si trovava la Spagna a causa delle ostilit tra i partiti, e minacciata, nello stesso tempo, dal crescente influsso del Protestantesimo e da una rivolta sociale. Pur tuttavia il nostro autore, come osserv avvedutamente il suo erudito connazionale D. Gregorio Alvarez-Perez, con le sue nobilissime qualit, cio con la sua indipendenza, imparzialit, forza dei ragionamenti, seppe procedere in modo tale che gli stessi nemici finirono col portargli rispetto, tributandogli perfino la loro ammirazione. Passato ora gi da qualche anno a godere in cielo il premio delle sue sapienti e religiose fatiche, lasci vari altri scritti degni di considerazione, tra i quali ci limitiamo a segnalare le Osservazioni sociali, politiche ed economiche intorno ai beni del Clero , e lopuscoletto ricco di contenuti: La religione dimostrata allintelligenza dei fanciulli . Nel ristampare in questa Biblioteca lopera dellinsigne scrittore spagnolo facciamo uso della nitida, tersa ed accreditata versione dellEm.mo Cardinale

Orioli, il quale alcuni mesi or sono ci concesse formalmente, con espressioni di squisita cortesia, il suo consenso e gradimento per questa edizione. Poich recentemente, poco dopo averci concesso questo favore, il pio, dotto e benemerito porporato fu anchegli dalla morte sottratto alla Chiesa e alle lettere, stimiamo far cosa gradita stilare i seguenti brevi cenni biografici. Anton Francesco Orioli nacque a Bagnacavallo nella Diocesi di Faenza il 10 dicembre 1778. Appena quindicenne si consacr a Dio nellordine dei Minori Conventuali, presso i quali coltiv i molti talenti di cui era fornito, e si rese modello di scrupolosa osservanza. Superati con somma lode gli studi di filosofia e di dogmatica nelle citt di Bologna e di Parma, ottenne la laurea a Roma nella facolt teologica del collegio di S. Bonaventura, con i pi favorevoli auspici di una brillante carriera. Nella stessa facolt dopo pochi anni, nel 1806, fu nominato lettore dei Ss. Canoni, ed in breve si rivel teologo ed oratore di fama veramente onorata e distinta. Quando gli eserciti stranieri invasero lo Stato pontificio lOrioli accompagn in Francia il Rev.mo Padre de Bonis, ministro generale dellOrdine, e negli anni in cui vi soggiorn diede mostra di uno zelo ammirevole nellesercitare il santo ministero, oltre che di un continuo impegno di perfezionamento nelle scienze filosofiche e teologiche, e nello studio delle lingue straniere. Ritornato a Roma con la restaurazione dellautorit pontificia, riprese alacremente le sue occupazioni nella quiete del Chiostro, e nel 1818 fu insignito del prestigioso incarico di Reggente e Rettore nel collegio di S. Bonaventura. Nel 1832 venne eletto Vicario generale Apostolico dellOrdine dei minori Conventuali, e nel 1833 fu promosso alla Sede Vescovile di Orvieto da Gregorio XVI. Dopo appena cinque anni da quando lOrioli reggeva in modo esemplare la Diocesi di Orvieto, lo stesso Supremo Pontefice, che conosceva a fondo la dottrina e le virt di s grande uomo, ed apprezzava altamente i servigi da lui resi alla S. Sede sotto altri Pontefici e soprattutto nel pontificato di Leone XII, nel 1838 lo innalz alla dignit della porpora cardinalizia. La sua vita fu tutta dedicata ai sacri interessi della Chiesa. Prima di essere innalzato a quel grado luminoso e sublime, fu esaminatore dei Vescovi e del Clero Romano, Consultore dellIndice, accademico ordinario di Archeologia, segretario dellAccademia di religione Cattolica, socio e censore di varie accademie letterarie a Roma e allestero. Come membro del Sacro Collegio, lo divenne anche delle sacre Congregazioni del S. Uffizio, di Propaganda, dellIndice, degli affari Ecclesiastici straordinari, e di quelli particolari nella Cina e regni adiacenti. Membro di dieci Congregazioni, egli lavorava con tale assiduit che la sua debole salute ne risent. Infine, a coronamento dei suoi meriti oltremodo pregevoli, il regnante Sommo Pontefice Pio IX lo destin a Prefetto della sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari. E questo fu lincarico pi spinoso che tuttavia il nuovo Prefetto svolse con successo. Nei tempi difficili che precedettero la rivoluzione del 16 novembre 1848, il S. Padre fece appello alla devozione del Cardinale Orioli, e lo preg di occupare provvisoriamente il post di Segretario di Stato. Nonostante lavversione che egli aveva per la politica, si ritenne in dovere di obbedire. E quando nellanno 1848 lo stesso Sommo Pontefice, costretto ad

abbandonare gli Stati della Chiesa, ripar nel Regno delle Due Sicilie, lOrioli non volle allontanarsi dal suo fianco e continu a prestargli la sua opera in tutto ci che gli veniva richiesto. Tornato il Sommo Pontefice alla Sede del Vaticano, anche lOrioli ritorn a Roma, occupandosi nuovamente della Prefettura della sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari, e in tale onorevolissima carica conduceva una vita sommamente lodevole di religioso, di Vescovo e di Cardinale. Dotato di un cuore eccellente, egli si faceva tutto a tutti. La beneficenza era la sua virt prediletta. Ad un grande sapere univa una squisita modestia; alloggiato nel Convento dei Ss. Apostoli, tuttaltro che da Cardinale vi viveva da semplice religioso: accessibile a tutti, affabile, si conquistava la stima di tutti quelli che trattavano con lui. Numerose sono le opere uscite dalla sua dotta ed erudita penna: dotato della conoscenza di varie lingue, oltre che di altri pregevoli lavori fece dono allItalia anche dellimportantissima opera che ora viene qui ripubblicata.

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CAPITOLO I Natura e nome del Protestantesimo _______________ Tra i tanti fenomeni sorti allinterno della civilt occidentale ve n uno molto inquietante per la natura degli elementi che lo caratterizzano; eccezionale per la quantit, variet e rilevanza delle relazioni che abbraccia; importante perch collegato ai principali avvenimenti della storia moderna. Questo fenomeno il Protestantesimo. Originatosi in modo cos sensazionale, Il Protestantesimo si impose subito allattenzione dellintera Europa suscitando allarme in certi paesi e la pi viva simpatia in altri. La sua espansione fu talmente rapida che non diede ai suoi avversari il tempo di poterlo soffocare sul nascere: era appena nato che gi lasciava poche speranze che si riuscisse a contrastare o rallentare il suo diffondersi. Reso audace dal consenso che raccoglieva e dal disorientamento che procurava, andava man mano crescendo di forza. Inasprito dai mezzi repressivi, vi si opponeva apertamente o si ritirava momentaneamente per poi riprendere gli attacchi con maggiore violenza. Le stesse discussioni, critiche, ricerche, e tutto quellapparato erudito e scientifico che venne allestito in seguito per difenderlo o per combatterlo, furono utilizzati per propagare il suo spirito e diffondere i suoi princpi. Creando nuovi e pingui interessi si procur lappoggio di potenti protettori nel mentre che, stimolando con le pi accattivanti lusinghe ogni genere di passioni,

le sfruttava in suo favore, alimentando cos lincendio a cui aveva dato origine. Sfruttando le occasioni che gli si presentavano e adattandosi alle varie circostanze, impiegava lastuzia o la forza, la seduzione o la violenza; cercando di avanzare ovunque frantumando le difese o aggirandole, si affrettava a gettare nei luoghi conquistati le radici necessarie per assicurarsi solidit e durata. E giunse infine allo scopo che aveva stabilito: infatti oltre ai vasti territori che conquist e conserva tuttora in Europa, si propag in altre parti del mondo diffondendosi anche tra le popolazioni pi semplici e poco avvedute. Per inquadrare un fenomeno nella sua giusta dimensione, e comprendere bene i rapporti ad esso relativi distinguendoli convenientemente, stabilendone lorigine e indicandone infine la maggiore o minore importanza, necessario esaminare se sia possibile scoprire il principio costitutivo del fenomeno stesso, o almeno se di esso si possa conoscere qualche segno caratteristico che, impresso per cos dire nella sua fisionomia, ce ne riveli lintima natura. veramente unimpresa disagevole trattare un tema dellimportanza e della natura di quello di cui ci stiamo occupando, sia per la molteplicit degli aspetti che si presentano che per la quantit dei rapporti che sintrecciano e si confondono. In tali materie col passar del tempo si vanno a formare numerose opinioni le quali, come logico, avranno tutte trovato argomenti su cui poggiarsi: e cos losservatore incontra numerosi e diversi elementi che lannebbiano, lopprimono e lo confondono. E se cerca di collocarsi su di una prospettiva pi conveniente trova davanti a s una tal quantit di ostacoli, che ne impedito dal procedere, oppure celandogli il giusto percorso lo fanno deviare dal sentiero. Se al Protestantesimo, considerato allo stato attuale o nelle varie fasi della sua storia, rivolgiamo una prima occhiata, cogliamo subito lenorme difficolt di trovare in esso qualche cosa di costante che possa indicarne il principio costitutivo. Giacch, incerto nelle sue credenze, le modifica continuamente in mille maniere; vago nei suoi scopi e mutevole nei suoi desideri, prova tutte le forme e tenta tutte le vie; e senza mai giungere ad un assetto ben determinato segue sempre con passo incerto nuovi sentieri, non facendo altro che aggirarsi in labirinti sempre pi intricati. I Controversisti cattolici lo hanno incalzato ed assalito da tutte le parti; ma se chiedete loro con quale esito vi risponderanno che hanno avuto a che fare con un nuovo Proteo che, mentre sta per ricevere un colpo, lo schiva col cambiar forma. Ed infatti se si vuole attaccare il Protestantesimo per le sue dottrine non si sa quale direzione prendere perch non si sa mai quali siano, ed esso stesso lo ignora. Possiamo quindi dire che sotto questo aspetto il Protestantesimo invulnerabile, perch invulnerabile chi non ha corpo. Questa la ragione per cui non si mai trovata, per combatterlo, arma pi appropriata di quella che adoper lillustre Vescovo di Meaux: tu muti, e ci che muta non verit. Arma molto temuta dal Protestantesimo, e a giusta ragione, poich tutte le trasformazioni che adopera per schivare il colpo ad altro non servono che a renderlo pi sicuro e pi forte. Che profondo pensiero fu mai quello di questuomo illustre! Il solo titolo dellopera dovette far tremare i Protestanti: la storia delle variazioni; e una storia di variazioni la storia dellerrore (1). Questa mutevolezza (che non deve essere vista come estranea al

Protestantesimo bens ad esso connaturato e tutta sua propria), nel momento in cui ci dimostra che esso non in possesso della verit ci rivela altres che il principio che lo muove e lo agita non un principio di vita ma un elemento dissolutore. Finora gli sempre stato chiesto invano che fermasse il piede in un punto e presentasse un corpo uniforme e compatto; ed invano pure gli si potr chiedere in avvenire perch vano chiedere una posizione fissa a chi sta fluttuando nel vago spazio dellaria. E male potr formarsi un corpo, se si cerca di unirlo per mezzo di un elemento che tende continuamente a separarne le parti, riducendone sempre pi la reciproca affinit e trasmettendo loro delle forze vive per respingersi e rigettarsi. Da quanto detto si pu gi capire che sto parlando del libero esame in materia di fede, sia che per giungere ad essa si conti sul solo lume della ragione, che su particolari ispirazioni del cielo. Se si pu riscontrare qualcosa di costante nel Protestantesimo, questo lo spirito di esame, il sostituire alla pubblica e legittima autorit il giudizio privato. Questo ci che si trova sempre col Protestantesimo, o per meglio dire nella sua parte pi intima; ed lunico punto di contatto di tutti i Protestanti, il fondamento della loro somiglianza. E si pu anche osservare che ci si verifica a volte senza che loro stessi se ne rendano conto, altre volte contro la loro stessa volont. Per quanto pessimo e funesto sia un tale principio, se i promotori del Protestantesimo lavessero almeno proclamato come vessillo delle loro battaglie, sostenendolo sempre con la dottrina e con la prassi, sarebbero stati coerenti nel loro errore; e vedendoli cadere di precipizio in precipizio, si sarebbe detto che ci era la conseguenza di un cattivo sistema, e buono o cattivo che fosse, era pur sempre un sistema. Ma in realt non era neanche questo: esaminando le parole e i fatti dei primi novatori, si osserva che se introdussero questo funesto principio fu per opporsi allautorit cui erano soggetti; ma di fatto non pensarono mai di stabilirlo compiutamente. Agirono bens per togliere di mezzo lautorit legittima, col fine per di usurpare essi stessi il potere. Vale a dire che seguirono il modo dagire dei rivoluzionari di tutte le classi, di tutti i tempi e di tutti i paesi, i quali vogliono rovesciare il potere esistente per collocarvisi loro stessi. Ognuno sa fino a qual punto Lutero spingeva la sua frenetica intolleranza non permettendo ai suoi discepoli, n ad alcun altro, la minima obiezione sulle sue decisioni, senza abbandonarsi al pi pazzo furore e prorompere nei pi vili vituperi. Enrico VIII, fondatore in Inghilterra di ci che vien detta Libert di pensiero, mandava al patibolo chiunque non pensava come lui; e su richiesta di Calvino fu bruciato vivo a Ginevra Michele Serveto. Ritengo opportuno richiamare lattenzione su questo punto che di grande importanza. Luomo molto orgoglioso, e sentendo che i novatori del sedicesimo secolo proclamarono la libert di pensiero, potrebbe capitare che in alcuni sconsiderati nasca un segreto interesse per quei settari, portandoli ad ammirarne le violente invettive come lespressione di un impeto generoso, e considerando i loro sforzi come diretti a rivendicare i diritti dellintelletto. Si sappia allora, per non dimenticarlo mai, che quegli uomini proclamavano il principio del libero esame unicamente per farsi scudo contro lautorit legittima; ma che poi intendevano imporre agli altri il giogo delle dottrine che essi si erano fabbricate. Si proponevano di distruggere lautorit emanata da Dio per stabilire la propria

sopra le sue rovine. doloroso vedersi costretto a fornire le prove di questa affermazione: non perch non si presentino in abbondanza, ma perch se si mette mano alle pi sicure ed inconfutabili bisogna riportare parole e fatti i quali, sebbene coprano di obbrobrio i fondatori del Protestantesimo, non per piacevole richiamarli alla memoria, perch nel riferirle viene da arrossire, e nel metterle per iscritto pare che ne resti macchiata la carta (2). Considerando il Protestantesimo nel suo complesso vi si distingue un informe aggregato dinnumerevoli stte, tutte discordi fra loro e concordi solo su un punto: nel protestare contro lautorit della Chiesa. Questa la causa per cui si sentono fra di esse solamente nomi personali ed esclusivi, derivati per lo pi dal fondatore della setta. E per quanti sforzi abbiano fatto non sono mai riusciti a darsi un nome che le comprenda tutte e che esprima nello stesso tempo unidea positiva; tanto che fino ad oggi si sono chiamate solamente alla maniera delle stte filosofiche: luterani, calvinisti, zuingliani, anglicani, sociniani, arminiani, anabattisti in una interminabile serie che potremmo anche riportare qui. Sono nomi che mostrano tutta la ristrettezza e la meschinit della cerchia in cui sono rinchiuse le stte, e basta pronunciarli per osservare che in esse nulla c di universale e nulla di grande. Ci dovrebbe essere sufficiente, a chi conosce in una certa misura la religione cristiana, per convincersi che queste stte non sono veramente cristiane. Ma la cosa pi singolare e notevole quanto accaduto riguardo a questo fatto, quello cio di trovare un nome che tutte le accomunasse. Percorrendone la storia si vedr che furono fatti parecchi tentativi ma nessuno di questi riusc a metterle daccordo in quanto non contenevano alcunch di positivo e di cristiano. Infine, per provarne uno come raccolto per caso nella Dieta di Spira, uno che porta proprio in s la sua condanna perch ripugna allorigine, allo spirito, ai princpi, allintera storia della religione cristiana; un nome che niente esprime di unit, n di unione, niente insomma di ci che inseparabile dal nome cristiano; che non contiene alcuna idea positiva, che nulla spiega, nulla determina; nellassumerlo, dunque, questo nome gli si confece tanto perfettamente che tutti lo approvarono unanimemente per acclamazione, e proprio perch era il suo: Protestantesimo (3). Nello spazio indeterminato rappresentato da questo nome tutte le stte hanno modo dinserirsi, tutti gli errori vi trovano posto. Negate con i luterani il libero arbitrio, rinnovate con gli arminiani gli errori di Pelagio, ammettete la presenza reale con alcuni, rigettatela con gli zuingliani e i calvinisti; se vi fa piacere, negate con i sociniani la divinit di Ges Cristo, aderite agli episcopali o ai puritani; abbandonatevi, se mai vi cogliesse il desiderio, alle stravaganze dei quacqueri: tutto questo nulla importa, non lascerete per questo di essere Protestante, perch protestate sempre contro lautorit della Chiesa. Questo uno spazio di tale estensione, che sempre potrete introdurvi per quanto grandi possano essere i vostri errori; esso tutto il vasto terreno che scoprite nelluscir fuori delle porte della Citt Santa (4).

CAPITOLO II

Indagine sulle cause del Protestantesimo. Valutazione dellinfluenza dei suoi fondatori. Varie cause, che qui si accennano. Equivoci nati su questo punto. Opinioni di Guizot e di Bossuet. Si dimostra la vera causa del fenomeno, fondata sul medesimo stato sociale dei popoli europei . _______________ Ma quali furono le cause che in Europa portarono alla comparsa del Protestantesimo e che lo fecero diffondere e sviluppare cos enormemente? necessario che tale questione sia esaminata con molta ponderatezza, sia per limportanza che racchiude in s, sia perch, portandoci ad investigare lorigine di una tale calamit, ci conduce al punto pi conveniente per poterci formare una giusta opinione sulla natura e sulle relazioni di questo fenomeno tanto male esaminato e definito. Quando si tratta di indicare le cause riguardanti lorigine e lestensione del Protestantesimo, la ragione suggerisce che non si ricorra a fatti di poca importanza, siano tali in se stessi o perch circoscritti a determinati luoghi e circostanze. un errore supporre che da cause molto piccole potessero derivare conseguenze cos grandi; perch sebbene sia vero che cose grandi ebbero talvolta inizio dalle piccole, anche vero che inizio e causa non sono la stessa cosa, e iniziare una cosa per via di unaltra, o lessere prodotta da quella, sono espressioni dal significato assai differente. Una leggera scintilla produce talvolta un incendio terribile; ma ci avviene perch incontra una grande quantit di materiale infiammabile. Ci che generale deve avere cause generali; cos come ci che di grande durata e ha gettato forti radici deve avere cause durevoli e profonde. Questa una legge costante tanto nellordine fisico che in quello morale. Legge per di difficile interpretazione particolarmente nellordine morale, perch alcune volte le grandi cose sono riposte sotto veli cos discreti, ed ogni effetto intrecciato con cos tante cause, con fibre cos delicate e con una tessitura cos complicata, che allocchio pi attento e perspicace sfugge del tutto; oppure percepito come cosa inconsistente e di poco conto ci che talvolta ha la pi grande importanza e il pi grande influsso. Al contrario, le piccole cose sono tanto appariscenti, tanto rilucenti ed ornate, e accompagnate da un tale chiassoso sguito, che molto facilmente luomo, gi di per s tanto propenso a giudicare sulla semplice apparenza, ne viene ingannato. Basandomi sui princpi appena esposti, non posso considerare di grande importanza n la contesa suscitata dalla predicazione delle indulgenze, n gli eccessi eventualmente commessi, riguardo a questa materia, da alcuni subalterni. Tutto questo pot, vero, servire di pretesto, di occasione, di segnale di battaglia; ma era in s ben piccola cosa per innescare un simile incendio. Individuare le cause della nascita e diffusione del Protestantesimo nel carattere e nelle vicende dei primi novatori non conforme alla ragione, anche se talvolta appare plausibile. Si esamini attentamente la violenza degli scritti e delle parole di Lutero e si faccia notare quanto fossero adatti ad infiammare gli animi dei popoli, trascinarli dietro ai nuovi errori e ispirar loro un odio viscerale contro la Chiesa di Roma; si apprezzino pure allo stesso modo lastuzia cavillosa, lo stile

metodico, 1elegante fraseggio di Calvino, qualit molto utili per dare una qualche apparente regolarit allinforme massa di errori insegnati dai nuovi settari, disponendola in modo da essere accettata da persone di gusti raffinati; e continuando cos, si facciano pure descrizioni pi o meno veritiere dei talenti e delle qualit di altri uomini. N a Lutero, n a Calvino, n ad altri dei principali fondatori del Protestantesimo voglio negare i titoli con cui acquistarono la loro funesta celebrit; tuttavia mi pare che insistere molto sulle qualit personali e attribuire a queste la principale influenza nello sviluppo del male vuol dire non conoscerlo in tutta la sua estensione, non valutarne tutta la gravit e dimenticare, soprattutto, quanto ci ha insegnato la storia di tutti i tempi. Difatti, se consideriamo obiettivamente codesti uomini, non troveremo in essi nulla di cos singolare che non si trovi ugualmente, se non di pi, in quasi tutti i fondatori di stte. Il loro talento, lerudizione, il sapere, tutto gi passato al vaglio della critica: e sia tra i Cattolici che tra i Protestanti non si trova persona, che sia istruita ed obiettiva, che non consideri esagerazioni faziose le sconfinate lodi che sono state tributate loro. Sotto ogni aspetto essi vengono considerati nella categoria di quegli uomini turbolenti che approfittano di ogni circostanza per provocare tumulti. Disgraziatamente la storia di tutti i tempi e di tutti i paesi, come anche lesperienza di tutti i giorni, insegnano che questi uomini sono molto comuni e sbucano ovunque una funesta combinazione di circostanze ne presenti loccasione propizia. Quando si voluto cercare altre giustificazioni, che per la loro estensione ed importanza corrispondessero meglio al Protestantesimo, generalmente ne sono state indicate due: la necessit di una riforma e lo spirito di libert. Vi erano molti abusi hanno detto alcuni, si trascur la riforma legittima, e tale trascuratezza provoc la rivoluzione. Lintelletto umano era ridotto in catene hanno detto altri, e volle spezzarle: il Protestantesimo non fu altro che uno sforzo straordinario in nome della libert, un volo audace dellumano pensiero . Indubbiamente non si pu dire che tali opinioni si riferiscano a piccole cause la cui influenza possa restare circoscritta in un breve spazio; ed ambedue si presentano in modo adatto ad attirare proseliti. Esaminandone una, la necessit cio di una riforma, si apre un campo vastissimo di censura sullinosservanza delle leggi e il rilassamento dei costumi: la qual cosa eccita sempre il consenso nel cuore delluomo, indulgente quando si tratta delle proprie colpe, ma severo ed inflessibile per quelle degli altri. Laltra poi, pronunziando le parole seducenti di libert, di volo audace dello spirito, sar sempre sicura di trovare quel largo consenso che non manca mai alla parola che lusinga lorgoglio. Naturalmente non si tratta di negare che in quei tempi si rendesse necessaria una riforma: riconosco senzaltro che era necessaria; mi sufficiente, per riconoscerlo, dare unocchiata alla storia, porgere lorecchio ai dolorosi lamenti di uomini illustri che la Chiesa colloca tra i suoi figli prediletti. Ed inoltre mi basta leggere nel primo decreto del Concilio di Trento che uno degli oggetti del Concilio medesimo era la riforma del clero e del popolo cristiano; cos come mi basta sentire dallo stesso Papa Pio IV, nella proclamazione di quel Concilio, che uno dei motivi per cui fu celebrato era la correzione dei costumi e il ristabilimento della disciplina. Eppure, e malgrado tutto ci, io non posso accettare che a questi

abusi sia attribuita tanta influenza sullorigine del Protestantesimo come molti affermano. E per dire la verit a me pare molto mal posta la questione qualora, per indicare la vera causa del male, sinsiste molto sulle conseguenze funeste alle quali avrebbero portato gli abusi, cos come in unaltra parte non mi hanno soddisfatto le parole di libert, e di audace volo del pensiero. Dir apertamente che per quanto rispetto meritino alcuni uomini che hanno data tanta importanza agli abusi, e per quanta stima io abbia del talento di altri che hanno messo in campo lo spirito di libert, n in questi n in quelli io trovo quellanalisi filosofica e storica insieme che, mentre non si allontana dalla sostanza dei fatti, allo stesso tempo li esamina e li chiarisce, mostrando lintima natura di ciascuno di essi senza trascurarne lintreccio e la connessione. Troppo si divagato nel definire il Protestantesimo e nellindicarne le cause, perch non si capito che si tratta niente di pi che di un fatto comune a tutti i secoli della storia ecclesiastica, che trasse per la sua importanza e il suo carattere particolare dal tempo in cui nacque . Con questa sola riflessione, fondata sulla testimonianza costante della storia e confermata dalla ragione e dallesperienza, tutto si ricompone, tutto si chiarisce e si spiega. Nulla di straordinario e di singolare si ottiene studiando le sue dottrine e i suoi fondatori perch, quanto in esso c di caratteristico, proviene tutto dallessere nato in Europa e nel sedicesimo secolo. Andr svolgendo questa mia tesi senza utilizzare concetti elevati che poggiano unicamente su affermazioni gratuite, ma riferendomi a fatti che nessuno potr contraddire. innegabile che il principio di sottomissione allAutorit in materia di fede ha incontrato sempre molta resistenza da parte dello spirito umano. Non questo il momento di indicare le cause di tale resistenza, cause che mi propongo di analizzare nel corso dellopera. Mi limito per ora a segnalare questo fatto, e ricordare a chiunque lo metta in dubbio che la storia della Chiesa va sempre accompagnata dalla storia delle eresie. Secondo il mutare dei tempi e dei luoghi questo fenomeno ha presentato diverse fasi: ora facendo entrare in turpe mescolanza il Giudaismo ed il Cristianesimo; ora combinando con la dottrina di Ges Cristo i sogni degli Orientali; ora inquinando la purezza del dogma cattolico con le sottigliezze e i cavilli del sofista greco: presentando cio differenti aspetti secondo le diverse condizioni in cui si trovato lo spirito umano. Tutte queste diversit hanno per in comune due caratteristiche generali che hanno mostrato molto chiaramente come lorigine sia la stessa nonostante poi si differenzino nella natura e nelloggetto. Queste caratteristiche sono: lodio verso lautorit della Chiesa, e lo spirito di setta. abbastanza chiaro che, se in ogni secolo si avuta la comparsa di qualche setta che si opponeva allautorit della Chiesa ed elevava a dogma le opinioni dei suoi fondatori, non fu un fatto eccezionale che accadesse la stessa cosa nel sedicesimo secolo. E considerato il carattere dello spirito umano, sono dellopinione che se il sedicesimo secolo avesse costituito uneccezione alla regola generale (se cio non fosse sorta alcuna setta), attualmente avremmo una questione ben seria e difficile da risolvere: come fu possibile, ci chiederemmo, che in quel secolo non sia apparsa alcuna setta? Orbene, una volta nato nel sedicesimo secolo un errore qualunque (qualunque sia stata

lorigine, loccasione e il pretesto), appena intorno alla nuova bandiera si sia riunito un certo numero di proseliti, gi vedo il Protestantesimo in tutta la sua estensione, in tutta la sua trascendenza, con tutte le sue divisioni e suddivisioni, con tutta la sua audacia ed energia per portare un attacco frontale contro tutti gli articoli di dottrina e di morale che vengono insegnati ed osservati nella Chiesa. Invece di Lutero, Zuinglio, Calvino, mettete, se cos preferite, Ario, Nestorio, Pelagio; e in luogo degli errori dei primi insegnate, se volete, quelli dei secondi: non cambier nulla e si avr lo stesso risultato. Lerrore fin dal primo momento susciter simpatie, trover difensori, infiammer gli esaltati; si allargher, si propagher con la rapidit di un incendio, si sparpaglier subito e le sue scintille prenderanno direzioni molto differenti. Si prepareranno le difese basate sullerudizione e sul sapere, varieranno continuamente le credenze, si formeranno mille professioni di fede, si cambier o si sopprimer la liturgia, e i precetti della morale andranno in mille pezzi: in una parola, avrete il Protestantesimo. E come mai nel sedicesimo secolo il male era destinato a divenire cos grave, e diffondersi in un modo cos straordinario? Perch la societ di allora era diversa da tutte le antecedenti, e ci che in altri tempi poteva provocare un incendio parziale, in questo doveva portare ad una spaventevole conflagrazione. LEuropa era formata da un insieme di grandi societ, le quali, essendosi tutte formate come in una stessa matrice, avevano molto in comune nelle idee, nei costumi, nelle leggi ed istituzioni. Di conseguenza si era costituito fra esse un forte rapporto, turbato a volte da rivalit, altre volte consolidato dai comuni interessi. Luniversalit della lingua latina costituiva un mezzo che facilitava la circolazione di ogni tipo di cognizioni, e pi di tutto si andava diffondendo un rapido mezzo di divulgazione che permetteva di trarre profitto da tutti i pensieri e sentimenti, di moltiplicarli e diffonderli ovunque; un mezzo che da poco era stato generato dalla mente di un uomo come un lampo prodigioso pregno di grandiosi destini: la Stampa. Tale lo spirito umano, tale di esso la volubilit e la tendenza ad attaccarsi facilmente ad ogni genere di novit; tale il piacere che prova nellabbandonare gli antichi sentieri per seguirne di nuovi, che una volta innalzata la bandiera dellerrore, era impossibile che non vi si raggruppassero intorno molti proseliti. Scosso il giogo dellautorit in paesi dove era tanto attivo lo spirito di ricerca, dove fermentavano tante discussioni, ribollivano tante idee e germogliavano tutte le scienze, non era possibile allo spirito errante delluomo mantenersi fermo in un punto qualunque, e doveva necessariamente giungere a formare una miriade di stte, camminando ciascuno per la sua strada in bala delle proprie illusioni e dei capricci personali. Qui non c via di mezzo: le nazioni civili o saranno cattoliche, o percorreranno tutte le fasi dellerrore; o staranno strettamente avvinte allncora dellautorit, o muoveranno contro di essa un attacco generale, combattendola sia in se stessa, sia in ci che insegna e prescrive. Luomo di mente limpida e indipendente, o vive tranquillo nelle regioni pacifiche della verit, oppure la cerca altrove torbido e inquieto. E quando appoggiandosi su falsi princpi sente il terreno instabile sotto i suoi piedi e il passo incerto e vacillante, cambia luogo continuamente, saltando di errore in errore, di abisso in abisso. Vivere in mezzo agli errori, rimanerne soddisfatto e trasmetterli di generazione in generazione senza

modificarli o cambiarli, proprio di quei popoli che vegetano nellavvilimento e nellignoranza. Qui lo spirito non si muove perch dorme. Collocatosi losservatore su questa prospettiva, scopre il Protestantesimo esattamente com in s. Dalla sua posizione egli domina perfettamente la situazione, vede ogni cosa e pu quindi apprezzarne la vera misura, scoprirne le relazioni, stimarne linflusso e spiegarne le anomalie. E allora, collocati i personaggi al loro giusto posto e confrontati col vasto insieme di fatti, nel quadro rappresentato essi appaiono come figure molto piccole alle quali si potrebbe benissimo sostituirne altre, poco importando che stiano un poco pi in qua o pi in l, ed essendo indifferente che abbiano questa o quella forma, questo o quel colore. Inoltre risulta evidente che soffermarsi troppo a considerare la forza del carattere, laudacia ardente di Lutero, labilit letteraria di Melantone, il talento cavilloso di Calvino ed altre simili cose, non altro che una perdita di tempo che non porta ad alcuna spiegazione. Coserano infatti questi uomini, e tutti gli altri fautori del Protestantesimo? Avevano per caso qualcosa di straordinario? Non erano forse come se ne trovano di frequente dappertutto? Alcuni di essi probabilmente non andarono oltre la mediocrit, e di quasi tutti si pu dire che se non avessero avuta una celebrit funesta lavrebbero avuta scarsissima. Ma perch riuscirono a tanto? Perch trovarono una quantit di combustibile e vi appiccarono il fuoco. Ora capite che ci non molto difficile, e qui sta tutto il mistero. Quando vedo Lutero, reso pazzo dallorgoglio, precipitarsi delirando in quelle stravaganze di cui tanto si lamentavano i suoi stessi amici; quando lo vedo insultare con modi villani coloro che lo contraddicono, sdegnarsi contro tutto ci che non si umilia alla sua presenza; quando lo sento vomitare torrenti di battute volgari e di parole sconce, tutto questo non mi suscita altra impressione al di fuori della compassione. Questuomo, che ha il singolare capriccio di definirsi Notarius Dei, vaneggia ed ha perso met del suo senno. N pu destare meraviglia perch ha soffiato e col suo soffio si sviluppato un terribile incendio; poich vi era un magazzino di polveri, ed il suo soffio ne ha avvicinato una scintilla. Linsensato, che nella sua cecit non ci ha fatto caso, dice nel suo delirio: mirate quanto sono potente, il mio soffio brucia e manda a fuoco il mondo . Parlando poi degli abusi, quale influenza ebbero effettivamente? Se non abbandoniamo quella prospettiva sulla quale ci siamo posti, vedremo che fornirono talvolta qualche occasione, che dettero qualche alimento, ma che sono ben lontani dallavere esercitata quellinfluenza che ad essi viene attribuita. E non gi perch io intenda negarli o scusarli, n perch non tenga nella dovuta considerazione i lamenti degli uomini illustri; ma non la stessa cosa piangere un male, e segnalare o analizzare il suo effetto. Luomo giusto che alza la voce contro il vizio, il ministro del Santuario divorato dallo zelo per la Casa del Signore, si esprimono con accenti cos alti e forti che non sempre i loro lamenti e i loro gemiti possono essere presi come prova certa per valutare i fatti secondo il loro giusto valore. Essi pronunciano una parola che vien fuori dal profondo del loro cuore, ed esce infuocata perch nei loro petti arde lamore e lo zelo per la giustizia: ma dietro ad essi segue la malafede che interpreta con cattive intenzioni le loro espressioni e tutto esagera e deforma.

Checch ne sia di tutto questo evidente che, attenendoci a quanto abbiamo fermamente stabilito riguardo allorigine e alla natura del Protestantesimo, gli abusi non possono essere considerati come causa principale: se proprio si vuole possono essere indicati come occasioni e pretesti. Se cos non fosse si dovrebbe dire che nella Chiesa fin dallorigine, ed anche al tempo del fervore iniziale e della sua proverbiale purezza tanto esaltata dagli avversari, erano molti gli abusi, perch anche allora pullulavano di continuo le stte che si opponevano ai suoi dogmi, ne scuotevano lautorit e chiamavano se stesse la vera Chiesa. Qui non c dubbio: il caso lo stesso. E se gli avversari portassero a sostegno della loro causa la diffusione che ha avuto il Protestantesimo e la rapidit con cui si propagato, ricorderei che anche questo pu essere affermato per altre stte; e richiamerei ci che diceva S. Girolamo riguardo ai danni provocati dallarianesimo: ne gem il mondo intero, e si meravigli di vedersi ariano . Che se si volesse dire qualcosa di pi riguardo al Protestantesimo, sarebbe gi sufficientemente dimostrato che quanto esso ha di caratteristico lo deve tutto non agli abusi, ma al tempo in cui nacque. Quanto detto finora sufficiente per poterci formare unidea riguardo allimportanza che gli abusi poterono avere sullorigine del Protestantesimo. Siccome per questo tema ha fatto parlare tanto e ha dato origine a molti equivoci sar bene, prima di passare oltre, fermarci ancora un poco su di esso per fissare le idee dove necessario e separare il vero dal falso, il certo dallincerto. Che nei secoli precedenti fossero sorti deplorevoli abusi, che la corruzione dei costumi fosse grande e quindi necessaria una riforma, cosa certa e indiscutibile. Per ci che riguarda i secoli undicesimo e dodicesimo abbiamo, di una tale dolorosissima realt, testimoni assolutamente degni di fede, quali S. Pier Damiani, S. Gregorio VII e S. Bernardo. Alcuni secoli dopo, sebbene molti abusi fossero stati eliminati, ce nerano tuttavia ancora di grande evidenza bastandoci, per esserne convinti, le lamentele di tanti degni uomini che desideravano una riforma, fra i quali si distinse particolarmente il Cardinale Giuliano che, nel descrivere al Papa Eugenio IV i disordini del clero, e sopratutto di quello di Germania, profer delle parole molto dure. Confessata sinceramente la verit, poich non credo che la causa del Cattolicesimo abbia bisogno a sua difesa di equivoci e menzogne, liquider in poche parole alcune importanti questioni. Di chi fu la causa che si fossero introdotti tanti disordini? Forse della corte di Roma? Dei Vescovi? Io credo che sia da addebitare solamente alla calamit dei tempi. Ad un uomo di senno baster ricordare che in Europa si erano verificati i seguenti fatti: la dissoluzione del vecchio e corrotto impero romano, le scorrerie e invasioni dei barbari del Nord, la loro instabilit e le loro continue guerre durante lunghi secoli sia fra di loro che contro altri popoli, listituzione e il predominio del feudalesimo con tutti i suoi mali ed inconvenienti, con tutte le sue turbolenze e disastri, ed infine linvasione dei Saraceni che occuparono una parte considerevole dellEuropa. Lignoranza, la corruzione, il rilassamento della morale non dovevano forse essere la conseguenza naturale e inevitabile di tutti questi sconvolgimenti? Poteva la societ ecclesiastica evitare di essere

profondamente influenzata dalla dissoluzione dallannientamento della societ civile? Poteva non essere toccata dai mali derivanti da quel caos orribile in cui si trovava immersa lEuropa? Nonostante ci, manc forse mai nella Chiesa lo spirito, il desiderio, la viva ansia di riforma da quegli abusi? Si pu dimostrare di no. Non voglio parlare dei tanti santi che in quei tempi calamitosi furono generati dalla Chiesa: la storia ce ne conta un numero cos elevato, e di virt cos pure che mentre rappresentavano un contrasto con la corruzione dalla quale erano circondati, mostravano che il fuoco divino (quello stesso delle lingue di fuoco del cenacolo) non si era spento nel seno della Chiesa cattolica. Gi questo fatto da solo dice molto; ma io voglio metterlo da parte per richiamare lattenzione su di un altro pi importante, meno soggetto a controversie, meno imputabile di esagerazione, e che non pu dirsi limitato a questo o quellindividuo, ma che la vera espressione dello spirito del quale era animato il corpo della Chiesa. Parlo del continuo riunirsi dei Concili, nei quali si biasimavano e si condannavano gli abusi, sinsegnava la santit dei costumi e losservanza della disciplina. Per fortuna questo fatto confortante fuori di ogni dubbio ed evidente agli occhi di tutto il mondo bastando, per esserne convinti, lavere aperto almeno una volta qualche libro di storia ecclesiastica, o sulla storia dei Concili. importante, pi di quanto si possa credere, richiamare lattenzione su questo fatto; e aggiungo che forse non stata ancora avvertita tutta limportanza che contiene in s. Difatti se osserviamo le altre societ troveremo che col cambiare delle idee o dei costumi si vanno modificando rapidamente anche le leggi; e se quelle in vigore sono contrarie ai cambiamenti, in breve tempo cessano di essere applicate, non sono pi seguite e vengono poste in disuso. Ma nella Chiesa non successo cos: la corruzione si era estesa ovunque in una maniera da giustificare le lamentele, e i ministri della religione si lasciavano trascinare dalla corrente e dimenticavano la santit del loro ministero; ma il fuoco sacro ardeva sempre nel Santuario, si pubblicava e sinculcava incessantemente la legge. E quei medesimi uomini (cosa mirabile!), quei medesimi uomini che la violavano, si riunivano frequentemente per condannare se stessi, per biasimare la propria condotta, rendendo cos pi sensibile e pi manifesto il contrasto tra il loro insegnamento e le loro opere. La simonia e lincontinenza erano i vizi pi frequenti; ma se leggete la storia dei Concili, ovunque vogliate, li troverete colpiti dallanatema. Non si vide mai una cos prolungata, costante e tenace lotta del diritto contro il fatto. Mai si vide, come allora, per lo spazio di lunghi secoli la legge porsi faccia a faccia contro le passioni scatenate e mantenersi ferma ed immobile su questo punto senza fare un sol passo indietro e senza dare tregua e riposo fino ad averle sottomesse. Non fu inutile questa costanza, questa santa tenacia. E possiamo vedere allinizio del sedicesimo secolo, cio quando nacque il Protestantesimo, che gli abusi erano notevolmente diminuiti, che i costumi erano molto migliorati e la disciplina aveva ripreso vigore e veniva osservata in modo abbastanza regolare. Il tempo delle arringhe di Lutero non era pi quello disastroso deplorato da S. Pier Damiani e da S. Bernardo; il caos era gi diminuito molto e la luce, lordine e la normalit si andavano diffondendo rapidamente. Come prova indiscutibile che

la Chiesa non era sepolta sotto tanta ignoranza e corruzione come vien detto esagerando, essa poteva presentare una schiera di uomini eccellenti, tanto distinti nella santit, che fecero rifulgere in quello stesso secolo, quanto eminenti nella dottrina, nella quale ebbero modo di segnalarsi durante il Concilio di Trento. importante non dimenticare la situazione in cui si trovava la Chiesa, ed necessario non perdere di vista che le grandi riforme richiedono molto tempo, che queste riforme incontravano resistenza negli ecclesiastici e nei laici, e che si giunse a tacciare di temerario Gregorio VII per aver egli voluto intraprenderle con fermezza e costanza. Non dobbiamo giudicare gli uomini fuori dal loro contesto di luogo e di tempo, n pretendere che tutto si aggiusti secondo gli schemi ristretti che ci fabbrichiamo nella nostra mente. I secoli girano in unorbita immensa, e il mutare delle circostanze produce situazioni tanto straordinarie e complicate, che arriviamo appena a intuirle. Bossuet nella sua Storia delle variazioni, dopo aver fatto una descrizione dei princpi diversi da cui erano guidati gli uomini che avevano tentato una riforma prima del sedicesimo secolo, e dopo aver citato le terribili parole del Cardinale Giuliano, dice: cos che nel quindicesimo secolo questo Cardinale, il pi grande uomo dei suoi tempi, deplorava i mali prevedendone le conseguenze funeste, in modo tale che sembra aver pronosticato quelli che Lutero stava per procurare a tutto il mondo cristiano, cominciando dalla Germania. N singann nel prevedere che il mancato interesse per la riforma e laumento dellodio contro il clero avrebbero originato una setta pi temibile per la Chiesa di quella dei Boemi. Da queste parole si deduce che lillustre Vescovo di Meaux individuava una delle principali cause del Protestantesimo nel non essere stata fatta in tempo una riforma legittima. Non si pensi comunque che Bossuet giustifichi anche se in minima parte i fondatori del Protestantesimo, n che proponga di salvare le loro intenzioni. Perch anzi, al contrario, li pone nella categoria di quei torbidi riformatori i quali, lungi dal favorire una vera riforma desiderata dalle persone sagge e prudenti, contribuivano solamente a renderla pi difficile, introducendo con le loro dottrine scellerate lo spirito di disubbidienza, di scisma e di eresia. Pur riconoscendo lautorit di Bossuet, non posso convincermi di dare tanta importanza agli abusi al punto di considerarli una delle principali cause del Protestantesimo; e non necessario ripetere quanto ho detto prima a sostegno della mia opinione. Sar tuttavia utile precisare che coloro che tentano di giustificare le intenzioni dei primi riformatori non potranno giovarsi dellautorit di Bossuet. Infatti lillustre Prelato il primo a considerarli fortemente colpevoli e a riconoscere che, sebbene gli abusi esistessero, i novatori non ebbero mai lintenzione di correggerli, ma bens di servirsene come pretesto per separarsi dalla fede della Chiesa, sottrarsi al giogo dellautorit legittima, rompere i vincoli della disciplina e introdurre con il disordine la smodatezza. E in verit, come potremmo attribuire ai primi riformatori del sedicesimo secolo lispirazione di una vera riforma, quando quasi tutti cercarono di smentirla col loro vergognoso comportamento? Se almeno si fossero imposti un rigoroso ascetismo; se con lausterit dei costumi avessero condannato il rilassamento di cui si dolevano, potremmo allora pensare che il loro stesso traviamento fosse stato causato da uno zelo esagerato, e che si precipitarono nel male per un

eccesso di amore per il bene. Ma successe qualcosa del genere? Sentiamo cosa dice su questo punto un testimone oculare, un uomo che non pu passare certo per fanatico e che ebbe tanti riguardi per i primi fautori del Protestantesimo, i quali da non poche persone furono considerati colpevoli. Mi riferisco ad Erasmo, il quale parlando con la sua solita piacevolezza e malizia dice: A quanto pare la riforma va a terminare nella secolarizzazione di alcuni frati e nel matrimonio di alcuni preti. E questa grande tragedia si conclude infine con un fatto assai comico, poich tutto si risolve come avviene nelle commedie: con un matrimonio. Questo dimostra in modo evidente qual era lo spirito vero dei novatori del sedicesimo secolo; i quali, ben lungi dal tentare di correggere gli abusi, si proponevano di peggiorarli ulteriormente. A tale conclusione giunse il Signor Guizot, guidato sulla strada della verit dalla semplice considerazione dei fatti, quando respinse lopinione di coloro i quali pretendevano che la riforma sia stata un tentativo concepito e messo in esecuzione al solo fine di ricostruire una Chiesa pura: la Chiesa primitiva. Non fu un semplice proposito di religioso miglioramento, n il frutto di unutopia umanitaria e di verit ( Storia generale della civilt Europea, lezione 12). Ora per, non sar meno facile apprezzare secondo il suo giusto valore anche il merito della spiegazione che ha dato di questo fenomeno lo scrittore appena citato. La riforma dice il Signor Guizot fu uno sforzo straordinario in nome della libert, uninsurrezione dellintelligenza Umana. Questo sforzo nacque, secondo lautore, dalla vivissima attivit che svolgeva lo spirito umano e dallo stato dinerzia in cui si era ridotta la Chiesa romana, poich in quellepoca lo spirito umano procedeva con movimento deciso ed impetuoso mentre la Chiesa rimaneva stazionaria. Questa una di quelle spiegazioni che tornano molto utili per procurarsi ammiratori e seguaci perch, posti i concetti su un terreno cos generale ed elevato, la maggior parte dei lettori non in grado di esaminarli da vicino; ed essendo gli stessi concetti presentati con lausilio di unimmagine brillante, abbagliano la vista e influenzano il giudizio. Siccome ci che limita la libert di pensiero, secondo come lintende il Signor Guizot e come lintendono anche i Protestanti, lautorit in materia di fede, ne consegue che lintelligenza dovette necessariamente ribellarsi a questa autorit. Vale a dire che lintelletto si ribell perch camminava, mentre la Chiesa restava ferma ai suoi dogmi; o, per usare lespressione di Guizot, la Chiesa rimaneva stazionaria. Qualunque fosse la disposizione dellanimo del Signor Guizot riguardo ai dogmi della Chiesa cattolica, almeno come filosofo avrebbe dovuto accorgersi che sbagliava clamorosamente nellindicare come particolare ad una certa epoca ci che per la Chiesa era una caratteristica di cui si gloriata in ogni epoca. In realt da pi di diciotto secoli che la Chiesa si pu dire stazionaria nei suoi dogmi, e questa una prova non equivoca che essa sola in possesso della verit: perch la verit invariabile in quanto una. Se poi linsorgere dellintelligenza fu causato da questo motivo, niente ebbe la Chiesa in quel secolo che non avesse in tutti quelli precedenti e che non abbia conservato anche in quelli successivi. Nulla ebbe di particolare, nulla di

caratteristico; e di conseguenza non ci fu alcun progresso riguardo alla spiegazione delle cause del fenomeno. Che se per caso il Signor Guizot paragona la Chiesa ai governi vecchi, questa una vecchiaia che essa ebbe fin dalla culla. Come se il Signor Guizot avesse avvertito la debolezza dei suoi stessi ragionamenti, presenta i concetti rapidamente, alla rinfusa e tutti insieme, facendo scorrere sotto locchio del lettore differenti ordini didee, senza curarsi di classificarle con precisione e chiarezza, affinch la variet distragga e la mescolanza confonda. Infatti a giudicare dal contesto del suo discorso non pare che intenda applicare alla Chiesa gli attributi d inerte e di stazionaria in riferimento ai dogmi, ma lascia bens supporre che intenda riferirli a certe pretese sotto laspetto politico ed economico; mentre per quanto riguarda la tirannia e lintolleranza che alcuni hanno attribuito alla corte di Roma, il Sig. Guizot le rigetta come calunnie. Assodato che in questa parte della sua opera il Signor Guizot mostra una certa incoerenza di idee, incoerenza che non ci si dovrebbe aspettare da una mente cos chiara e che a molti sarebbe doloroso lammettere, non posso esimermi dal copiare letteralmente le sue stesse parole, dalle quali impareremo che non vi incoerenza pi grande di quella dei grandi talenti quando si avviano per una falsa strada. La Chiesa egli dice era caduta in uno stato dinerzia, e si trovava stazionaria; la reputazione politica della corte di Roma si era notevolmente ridotta; la guida della societ europea non le apparteneva pi perch era passata al governo civile. Tuttavia il potere spirituale aveva le stesse pretese di prima, manteneva ancora tutta la sua pompa e tutta limportanza esteriore. Le accadde ci che successo pi di una volta ai governi vecchi che hanno perduto la loro influenza: contro di essa venivano indirizzate continue lamentele, in gran parte fondate. Com possibile che il Signor Guizot non avvertisse (dal momento che non vi fa riferimento) che tutto ci non avesse alcuna relazione con la libert di pensiero, e fosse invece di un genere molto diverso? La diminuzione dellinflusso politico della corte di Roma, il conservare essa ancora le proprie pretese, il non avere pi la direzione della societ europea e il mantenere ancora la pompa e limportanza esteriore: cosaltro riguarda tutto ci se non le rivalit che poterono insorgere su questioni di carattere politico? E come pot dimenticare il Signor Guizot quanto aveva detto poco prima: che indicare cio come causa del Protestantesimo la rivalit dei sovrani col potere ecclesiastico non gli sembrava cosa fondata, n molto filosofica, n proporzionato allestensione ed importanza di un tale avvenimento? Se qualcuno dovesse pensare che la rivolta dellintelletto, sebbene tutto ci non avesse relazione diretta con la libert di pensiero, fu tuttavia provocata dallintolleranza che manifestava in quel tempo la corte di Roma: Non vero risponder il Sig. Guizot che nel sedicesimo secolo la corte di Roma fosse molto tirannica; come non vero che gli abusi propriamente detti fossero allora in maggior numero e pi gravi di quello che fossero stati fino a quellepoca. Al contrario, il Governo Ecclesiastico non si era forse mostrato mai tanto condiscendente e tollerante, n tanto disposto a lasciar andare le cose purch non fosse messa in gioco la sua autorit, fossero riconosciuti i diritti che aveva

(anche quando non venivano esercitati), si garantisse la sua esistenza e gli si pagassero gli stessi tributi. In tal modo il governo ecclesiastico avrebbe lasciato in pace lo spirito umano, qualora lo spirito umano avesse fatto altrettanto al suo riguardo. lo stesso che dire, a quanto pare, che il Signor Guizot si dimentic completamente di stabilire tutte queste premesse quando afferma che la riforma protestante era stata uno sforzo grande in nome della libert, uninsurrezione dellintelligenza umana: infatti egli non cita e non ricorda alcuna cosa che si opponesse ad una tale libert. Che anzi se alcuna cosa poteva provocare linsurrezione, come per esempio lintolleranza, la crudelt, il non lasciare in pace lo spirito umano, il Sig. Guizot ci ha appena detto che il governo ecclesiastico nel sedicesimo secolo non era tirannico ma bens condiscendente, tollerante, e che per parte sua avrebbe lasciato in pace lo spirito umano. Considerando tutti questi elementi evidente che lo sforzo straordinario in nome della libert di pensiero per il Signor Guizot unespressione vaga e indefinibile, e sembra che nel pronunciarla ebbe lintenzione di coprire con uno splendido velo la culla del Protestantesimo, anche a spese della coerenza delle sue opinioni. Escluse i motivi politici, e ricorse subito ai medesimi; non d alcuna importanza allinfluenza degli abusi non giudicandoli una vera causa, e si dimentica che nella lezione precedente aveva affermato che se si fosse fatta in tempo una riforma legittima tanto opportuna e necessaria, si sarebbe cos impedita la rivoluzione religiosa. Infine descrive un quadro in cui si propone di presentare i punti di contrasto con questa libert, vuole innalzarsi a considerazioni generali ed elevate che abbraccino la posizione e le relazioni dellintelligenza, ma si ferma sulla pompa ed apparato esteriore; ricorda le rivalit politiche e, calando il velo, scende fino al terreno dei tributi. Questa incoerenza di idee, questa debolezza di giudizio e dimenticanza delle proprie affermazioni potranno sembrare strane solamente a chi abituato pi ad ammirare il volo dei grandi talenti che a studiare la storia delle loro aberrazioni. Il Sig. Guizot si trovava precisamente in una situazione nella quale molto difficile non prendere equivoci e abbagli. Perch vero che il procedere lentamente sui singoli fatti porta con s linconveniente di limitare il campo visivo e di condurre losservatore alla raccolta di una serie di fatti isolati invece che alla formazione di un oggetto di conoscenza; ma altres vero che vagando lintelletto per un immenso spazio, in cui si trova a scrutare molti fatti in tutti i loro aspetti e relazioni, corre ogni momento il pericolo di confondersi. Allo stesso modo, indubbio che leccessiva generalizzazione solita degenerare divenendo ipotetica e fantasiosa; anzi non poche volte il desiderio di scoprire meglio il collegamento degli elementi, nel sollevarsi eccessivamente in volo giunge a non vederli come sono in se stessi e finisce anche col perderli completamente di vista. opportuno dunque che gli osservatori pi eminenti ricordino continuamente il detto di Bacone: non ali senza piombo. Il Sig. Guizot non era fazioso al punto di non rilevare lesagerazione con la quale erano stati ingranditi gli abusi, cos come era troppo saggio per non riconoscere che essi non erano causa sufficiente per produrre un effetto tanto grande; ed infine, il sentimento della propria dignit e del proprio decoro non gli permise di unirsi a quella schiera tumultuante e sconsiderata che grida

continuamente contro la crudelt ed intolleranza della Chiesa romana. Pertanto in questa parte della sua opera egli si fece obbligo di renderle giustizia. Disgraziatamente per la prevenzione nei confronti della Chiesa non gli permise di vedere le cose come sono in se stesse. Pens che lorigine del Protestantesimo doveva cercarsi nel medesimo spirito umano ma, conoscitore del secolo in cui viveva e soprattutto dellepoca in cui parlava, ritenne conveniente, affinch i suoi discorsi fossero bene accolti, lusingare luditorio gridando: libert! Con alcune amabili parole temper lamarezza delle accuse contro la Chiesa, ma facendo subito in modo che tutto il bello, il grande e il generoso stesse dalla parte del pensiero generatore della riforma, e sulla Chiesa ricadessero tutte le ombre che dovevano oscurare il quadro. Se cos non fosse egli avrebbe certamente compreso che, sebbene la causa principale del Protestantesimo si trovi nello spirito umano, non era necessario ricorrere a raffronti inconsistenti; non sarebbe caduto nellincoerenza che abbiamo appena rilevato, ed avrebbe trovata la radice del fenomeno nel carattere proprio dello spirito umano. Ne avrebbe allora spiegata la gravit e la trascendenza semplicemente col richiamare la natura, le condizioni e le circostanze delle societ in mezzo alle quali apparve. E avrebbe anche notato che non ci fu affatto un impegno straordinario, ma una semplice ripetizione di quanto era accaduto in ogni secolo; un fenomeno comune che assunse un carattere suo proprio a causa del particolare momento e del clima che lo circondava. Questa impostazione, di considerare il Protestantesimo come un fenomeno comune, ampliato per e propagato dalle circostanze della societ in cui nacque, ci sembra altrettanto razionale quanto poco seguita: presenter quindi unaltra riflessione che ci fornir allo stesso tempo cause ed esempi. La situazione delle moderne societ tale, da tre secoli a questa parte, che tutti i fatti che in esse si verificano assumono inevitabilmente un carattere di universalit, e quindi dimportanza, che li distingue dagli stessi fatti verificatisi in tempi precedenti, nei quali la condizione delle societ era diversa. Dando unocchiata alla storia antica osserveremo che tutti i fatti erano in un certo modo isolati, per cui non erano tanto vantaggiosi quando erano buoni, n tanto dannosi quando erano cattivi. Cartagine, Roma, Sparta e Atene, e tutti gli altri popoli antichi pi o meno avanzati sulla via della civilt, percorrevano ognuno il proprio sentiero, ma sempre separatamente. Pur rinnovandosi col tempo le idee, i costumi e le forme politiche, tuttavia non risulta che tra i popoli antichi ci fosse stato uno scambio reciproco, un vicendevole influsso sulle idee e sui costumi, e neanche quello spirito propagatore che tendesse ad uniformarli tutti su uno stesso modello. In questo modo, escludendo il caso di una unificazione forzata, si capisce benissimo che i popoli antichi avrebbero potuto restare lungo tempo vicini fra loro e conservare ciascuno il proprio carattere senza che avvenissero, nonostante la vicinanza reciproca, cambiamenti sostanziali. Osserviamo invece come diversamente vadano ora le cose in Europa. Una rivoluzione che avvenga in un paese produce i suoi effetti anche in tutti gli altri; unidea generata in una scuola mette in agitazione i popoli e in allarme i governi; non vi nulla di circoscritto, tutto si generalizza, tutto si propaga, acquistando

con lespandersi una forza terribile. Ecco perch non possibile studiare la storia di un popolo senza che sulla scena si presentino tutti i popoli; non possibile studiare la storia di una scienza e di unarte senza che appaiano immediatamente mille relazioni con altri oggetti che non sono n scientifici n artistici. Ci dipende appunto dal fatto che tutti i popoli si equiparano, tutti gli oggetti sintrecciano e tutte le relazioni si allacciano e si aggrovigliano. Ecco perch non vi materia o argomento che sorga in un paese, in cui non prendono interesse, e se possibile anche parte, tutti gli altri. E passando concretamente alla politica, e sar sempre unidea utopistica quella del non intervento; non essendosi mai visto che uno, chiunque sia, non cerchi dintervenire in tutte le faccende che lo riguardano. Questi esempi presi dagli ambienti politici, letterari ed artistici mi sembrano adatti a far comprendere il mio pensiero su quanto successo riguardo a quello religioso. Che se si toglie al Protestantesimo quella copertura filosofica sotto la quale si voluto ripararlo fin dalla culla; se gli si nega il diritto di considerarsi unideale ricco di prospettive e di contenuti grandiosi che racchiude in s grandi destini, nulla si toglie alla sua rilevanza e alla propagazione che ha avuto; non si vuole sminuire il fenomeno, ma bens mostrare la vera causa per cui si verificato in un modo cos imponente. Dalla prospettiva nella quale ci siamo posti tutto appare nel suo vero aspetto. Gli uomini si notano appena, e quasi spariscono; gli abusi si presentano per quel che sono, occasioni e pretesti; i vasti progetti, le idee elevate e generose, le sollecitazioni allindipendenza si riducono a presupposti arbitrari; lincentivo dei saccheggi, lambizione, le rivalit dei sovrani appaiono cause pi o meno influenti, ma sempre di un ordine secondario. Non si esclude nessuna causa, purch siano tutte sistemate al loro posto. Non possibile esagerarne limportanza, anche se nellindicare una causa principale non si nega che il fenomeno fu di natura tale che alla sua nascita e sviluppo dovettero contribuire numerosi fattori. E quando si giunge ad una questione fondamentale, quando si domanda la causa dellodio e dellinasprimento che i settari hanno manifestato contro Roma; quando si chiede se questo non rivela lesistenza di alcuni grandi abusi, altrimenti si dovrebbe sospettare un agire senza motivo; si pu tranquillamente rispondere che si sempre visto che nella tempesta le onde vanno a flagellare con furore il baluardo che saldamente resiste loro. Sono cos lontano dallattribuire agli abusi quellinfluenza sulla nascita e la diffusione del Protestantesimo da molti sostenute, da essere convinto che, per quante riforme legittime si fossero fatte, per quanta condiscendenza lautorit ecclesiastica avesse mostrata nellacconsentire alle richieste e alle pretese di tutte le classi, sarebbe accaduta pi o meno la stessa sciagura. Bisogna non avere ben considerata lincostanza e la grande mutevolezza dello spirito umano, e avere poca conoscenza della storia, per non sapere che questa stata una di quelle grandi calamit che soltanto Dio avrebbe potuto impedire con un Suo speciale intervento (5).

CAPITOLO III

Nuova dimostrazione della divinit della Chiesa cattolica ottenuta dallesame delle sue relazioni con lo spirito umano. Fenomeno straordinario che si presenta nella cattedra di Roma. Superiorit del Cattolicesimo sul Protestantesimo. Importante confessione di Guizot: sue conseguenze. _______________ La frase con la quale ho chiuso il capitolo precedente mi suggerisce una riflessione aggiuntiva che, se ben condotta, presenter una nuova dimostrazione della divinit della Chiesa cattolica. La durata per diciotto secoli della Chiesa cattolica nonostante lesistenza di tanti e potenti nemici ha sempre destato grande meraviglia; ma forse non si mai riflettuto abbastanza sul fatto che, considerando lindole dello spirito umano, uno dei grandi prodigi che costantemente presenta la Chiesa lunit della sua dottrina in mezzo ad ogni genere di insegnamenti, ed il continuo formarsi nel suo seno di un numero considerevole di uomini dotti. Richiamo in modo particolare su questo punto lattenzione degli studiosi; e sono sicuro che anche se non riuscir a sviluppare adeguatamente questo ragionamento, essi vi troveranno il germe di importanti riflessioni; e forse questo modo di considerare la Chiesa sar apprezzato anche da certi lettori. Tuttavia io prescinder del tutto dalle caratteristiche legate alla rivelazione e considerer il Cattolicesimo non come religione divina, ma come scuola filosofica. Chiunque abbia una preparazione anche non molto approfondita nella storia delle lettere, non potr negare che in tutti i tempi la Chiesa abbia avuto nel suo seno uomini illustri per la loro dottrina. Nei primi secoli la storia dei padri della Chiesa la storia dei dotti pi illustri in Europa, in Africa e in Asia. Dopo le invasioni dei barbari, lelenco degli uomini che conservarono qualcosa dellantico sapere non che un elenco di ecclesiastici; e per ci che riguarda i tempi moderni non possibile indicare un solo ramo del sapere in cui non sia posto in evidenza un numero considerevole di Cattolici. Si pu dunque dire che da diciotto secoli a questa parte vi una serie ininterrotta di uomini dotti appartenenti alla Chiesa cattolica, o che concorrono in un corpo di dottrina costituito dallinsieme delle verit insegnate dalla Chiesa cattolica. Ora, prescindendo dal carattere divino che la contraddistingue, e considerandola soltanto come una scuola o una setta qualunque, certo che nel fatto da me pocanzi citato presente un fenomeno tanto straordinario che non se ne possono trovare di simili altrove, n pu essere spiegato come qualcosa che appartiene allordine naturale delle cose. Per la verit non cosa nuova nella storia dello spirito umano che una dottrina pi o meno saggia sia stata professata per qualche tempo da un certo numero di uomini illustri e dotti: questo labbiamo visto nelle stte filosofiche antiche e moderne. Ma che una dottrina si sia sostenuta per lo spazio di molti secoli attirando a s dotti di tutti i tempi e di tutti i paesi; dotti, oltre tutto, molto dissimili tra loro nelle opinioni personali, diversi nei costumi e talvolta addirittura in contrasto negli interessi ed anche divisi da rivalit: un tal fenomeno unico, nuovo e non si trova che nella Chiesa cattolica. Esigere fede e unit nella

dottrina, stimolare sempre linsegnamento e suscitare il dibattito su ogni genere di argomenti; sollecitare lesame delle stesse fondamenta su cui poggia la fede interrogando a tal fine le lingue antiche, le testimonianze dei tempi pi remoti, i documenti della storia, le scoperte delle scienze orientate alla ricerca, le lezioni pi sublimi e minuziose; presentarsi sempre con generosa fiducia in quei grandi licei dove una societ ricca di talenti e di sapere riunisce, come fari che rischiarano la mente, tutto ci che le hanno trasmesso i tempi precedenti oltre a quello che essa stessa ha potuto raccogliere con le sue fatiche: ecco ci che ha sempre fatto e fa tuttora la Chiesa. Ci nonostante la vediamo perseverare stabile nella fede e nellunit della dottrina, circondata da uomini illustri che, con la fronte cinta di serti letterari acquisiti in mille prove, le si umiliano sereni e tranquilli senza reputarlo disonorevole e per niente timorosi di offuscare le lucenti aureole che risplendono sul loro capo. Coloro che guardano al Cattolicesimo come ad una delle tante stte che sono apparse sulla terra saranno costretti a mostrare qualche caso simile a questo. Dovranno spiegarci come pu la Chiesa presentarci continuamente un tale fenomeno cos in contrasto con linnata volubilit dello spirito umano; dovranno dirci come ha potuto la Chiesa romana realizzare questo prodigio, e quale calamita nascosta ha in mano il sommo Pontefice per poter fare ci che nessun altro uomo ha mai potuto fare. Quelli che chinano rispettosamente la fronte alludire la parola uscita dal Vaticano, e che abbandonano il proprio parere per assoggettarsi a quello che detta loro un uomo che si chiama Papa, non sono solamente i semplici e glignoranti. Osservateli bene: nella loro fronte superba scoprirete il sentimento della propria forza, e nei loro occhi vivi e penetranti vedrete risplendere la fiamma del genio che si agita nelle loro menti. Riconoscerete in loro quegli stessi che hanno occupato i primi posti delle accademie europee, che hanno riempito il mondo con la celebrit dei loro nomi, nomi trasmessi alle generazioni future come pi preziosi delloro. Scorrete la storia di tutti i tempi, viaggiate per tutti i paesi del mondo, e se incontrate in qualche punto del pianeta un legame cos straordinario: il sapere unito con la fede, il genio sottomesso allautorit, la discussione affratellata con lunit; fatecelo vedere. Avrete fatto una scoperta importante; avrete offerto alla scienza un nuovo fenomeno da spiegare. Ma questo vi sar impossibile, lo sapete bene! E perci ricorrerete a nuovi sotterfugi e cercherete di oscurare con dei cavilli levidenza di una riflessione che suggerisce ad una mente obiettiva, e perfino al senso comune, la legittima conseguenza che nella Chiesa Cattolica vi qualcosa che non si trova in nessunaltra parte. Questi fatti diranno gli avversari sono evidenti; le riflessioni su di essi sono certamente interessanti. Ma se esaminiamo bene la questione verranno meno tutte le difficolt, le quali hanno origine dalla singolarit di un fenomeno verificatosi soltanto nella Chiesa e mai in nessunaltra setta. Se si osserva bene, quanto stato descritto finora prova solo che nella Chiesa vi sempre stato un certo sistema ben determinato il quale, poggiato su una solida base, ha potuto sussistere con uniforme regolarit. Nella Chiesa si compreso che lorigine della forza sta nellunione, che per questa unione era necessario stabilire una unit

nella dottrina, e per conservare questunit era necessaria la sottomissione allautorit. Una volta capito questo si stabilito il principio di sottomissione, e lo si conservato stabilmente. Ecco spiegato il fenomeno, e non negheremo che nella Chiesa vi sia un profondo sapere, un vasto progetto, un sistema particolare; ma da questo non potrete ricavare nulla a favore della divinit del Cattolicesimo. Questo ci che vi si risponder, perch lunica risposta che vi si pu dare. Ma facile osservare che ad onta di questa risposta rimane la difficolt in tutto il suo vigore; resta sempre, in tutta la sua chiarezza, il fatto che vi una societ sulla terra che per diciotto secoli stata diretta da una regola fissa e costante; regola alla quale hanno aderito uomini eminenti di tutti i tempi e di tutti i luoghi. Rimane pertanto in piedi tutto limbarazzo in cui gli avversari sono posti dalle seguenti domande. Come mai la sola Chiesa ha avuto questa regola? Come mai a lei sola venuto una simile idea? Perch, se venuta ad altre stte, nessuna di queste ha potuto metterla in pratica? Come mai tutte le stte filosofiche sono scomparse una dopo laltra e la Chiesa no? Come mai le altre religioni, se hanno voluto conservare qualche unit, hanno dovuto sempre sottrarsi alla luce, evitare la discussione ed avvolgersi in buie tenebre, quando invece la Chiesa ha sempre conservato lunit cercando la luce, non occultando i suoi libri, non diminuendo linsegnamento, ma fondando ovunque collegi, universit ed altri istituti dove potessero unirsi e concentrarsi i massimi esponenti dellerudizione e del sapere? Non basta dire che vi un sistema, un progetto: la difficolt sta nellesistenza medesima di questo sistema e di questo progetto; sta nello spiegare come si potuto concepirli e porli in esecuzione. Se si trattasse di pochi uomini riuniti in certe circostanze in determinati tempi e luoghi per lesecuzione di un progetto limitato ad un breve periodo, non vi sarebbe nulla di particolare. Ma si tratta di diciotto secoli, si tratta di tutti i paesi, delle circostanze pi varie, pi differenti, pi contrastanti; si tratta di uomini che non hanno potuto incontrarsi n accordarsi. Tutto questo come si spiega? Se si tratta solo di un sistema e un progetto umano, cosa c di misterioso in quella citt di Roma che in tutti i tempi e da ogni paese ha richiamato a s tanti uomini illustri? Se il Pontefice di Roma non che il capo di una setta, per quale motivo riesce ad affascinare in tale misura il mondo intero? Si mai visto un mago portare ad effetto una prodigio pi stupefacente? Non forse da molto tempo che si predica contro il suo dispotismo religioso? Perch non vi mai stato un altro uomo che gli abbia tolto di mano lo scettro? Perch non si innalzata unaltra cattedra che contrastasse la preminenza a quella di Roma, e si mantenesse in eguale splendore e potenza? Sarebbe forse per il suo potere materiale? Ma questo limitatissimo, e il suo esercito non pu certo misurarsi con quello di nessuna potenza in Europa. Forse per il carattere, la scienza, le virt delle persone che hanno occupato il soglio pontificio? Ma come possibile, se nello spazio di diciotto secoli si avuta nei Papi uninfinita variet di caratteri, e gradazioni molto differenti nella loro scienza e nelle virt? Per chi non Cattolico, per chi cio non vede nel Pontefice romano il Vicario di Ges Cristo, quella pietra sopra la quale Ges Cristo edific la Chiesa, la durata della sua autorit deve sembrare il pi straordinario di tutti i fenomeni; e tra i quesiti pi meritevoli di essere affrontati dalla scienza che si

occupa della storia dello spirito umano, gli si dovrebbe presentare il seguente: come possibile che per lo spazio di tanti secoli abbia potuto esistere una serie ininterrotta di uomini dotti che non si sono allontanati dalla dottrina e dalla cattedra di Roma? Sembra che la forza di questa verit esercitasse una certa impressione sulla mente del Sig. Guizot, e che i raggi di questa luce portassero nelle sue riflessioni un certo sconcerto quando mise a confronto il Protestantesimo e la Chiesa romana. Torniamo a sentire questo scrittore il cui talento e la cui fama in tali materie hanno attirato quel tipo di lettori che forse non si soffermano ad esaminare la solidit delle prove quando esse vengono presentate con immagini seducenti, ed elogiano ogni genere di concetti quando se li vedono scorrere davanti nel profluvio di uneloquenza incantatrice; ed infine, entusiasmati dai meriti di quella persona, lascoltano come un infallibile oracolo. E mentre si vantano della loro indipendenza intellettuale, sottoscrivono senza alcuna verifica le decisioni di chi li guida, ne ascoltano con devozione le sentenze, e non osano alzare la testa per chiedergli di esibire i titoli della sua autorit. Dalle parole del Sig. Guizot noterete come, al pari di tutti i grandi uomini del Protestantesimo, sent il vuoto immenso che si trova in queste stte, e di contro la robustezza e la forza che nutre in seno la religione cattolica. Egli non pot sfuggire alla regola generale dei grandi ingegni, regola di cui costituiscono prova le pi esplicite testimonianze contenute negli scritti dei pi eminenti uomini della riforma protestante. Il Sig. Guizot, dopo aver notato lincoerenza con cui procedette il Protestantesimo, e la mancanza di un certo ordine nella classe intellettuale, cos continua: Non si saputo conciliare tutti i diritti e le necessit della tradizione con le pretese della libert. E questo deriva senza dubbio dal non avere la riforma compreso pienamente ed accettato n i suoi princpi n i suoi effetti . Che religione sar mai questa, che non comprende e non accetta pienamente i suoi princpi ed i suoi effetti? Fu mai pronunciata una condanna pi definitiva della riforma? Come potr essa pretendere di avere il diritto di guidare luomo e la societ? Pot mai dirsi altrettanto delle stte filosofiche antiche e moderne? Quindi questaria di incoerenza continua il Sig. Guizot che ha mantenuto la riforma, e lo spirito limitato che ha manifestato, sono le condizioni che hanno fornito armi e vantaggi ai suoi avversari. I quali sapevano ci che volevano e ci che facevano. Partivano dai loro fermi princpi e giungevano alle loro conseguenze ultime. Non vi mai stato un governo pi conseguente e pi sistematico di quello della Chiesa Romana. E da dove mai trarr origine questo sistema cos conseguente? Se tanta lincostanza e la volubilit dello spirito delluomo, questo sistema, questa conseguenza, questi fermi princpi, nulla dicono alla filosofia e al buon senso? Nel considerare questi funesti clementi di dissoluzione che hanno la loro origine nello spirito delluomo e che tanta forza hanno acquistato nelle societ moderne; e nel riflettere come essi disgregano e polverizzano tutte le scuole filosofiche, tutte le istituzioni religiose, sociali e politiche, ma senza mai giungere a far breccia nelle dottrine cattoliche e senza mai alterare un sistema cos solido e coerente: nel valutare tutto ci nulla dunque si potr dire a favore della religione cattolica? Dire che la Chiesa ha fatto ci che mai pot fare nessuna

scuola, nessun governo, nessuna societ o religione, non vuol dire confessare che essa pi saggia dellintera umanit? E non questa una prova che non pu aver avuto origine dallintelletto umano, ma che discesa dal seno stesso del Creatore delluniverso? In una societ formata da uomini e in un governo diretto da uomini, il quale conta diciotto secoli di vita; che si estende a tutti i paesi e si rivolge al selvaggio dei boschi, al barbaro sotto le tende e alluomo civile delle pi popolose citt; che conta tra i suoi figli il pastore che si copre con pelli di pecora, il rude lavoratore e il personaggio influente; che fa risuonare la sua parola indifferentemente allorecchio delluomo semplice occupato nei suoi impegni materiali e a quello del dotto che, rinchiuso nel suo laboratorio, assorto in profondi studi: come pu un governo come questo mantenere, a dire del Sig. Guizot, sempre unidea fissa, una volont perfetta, ed avere sempre una condotta regolare e coerente? Non questa lapologia pi riuscita, il panegirico pi eloquente e la prova che esso racchiude in s qualcosa di misterioso? Mille volte ho contemplato con meraviglia questo prodigio stupendo, e mille volte ho fissato lo sguardo su questalbero immenso che stende i suoi rami dallOriente allOccidente, dal Settentrione al Mezzogiorno; e ho visto tanti e diversi popoli al riparo della sua ombra, e riposare tranquillamente sotto di essa linquieta fronte del genio. Pensando a quando nei primi secoli apparve sulla terra questa religione divina in mezzo alla dissoluzione che aveva invase tutte le stte, vedo in Oriente accorrere numerosi i pi illustri filosofi per ascoltarne la parola; vedo in Grecia, in Asia, sulle sponde del Nilo, in tutti quei paesi dove poco prima pullulava una moltitudine di stte, levarsi di colpo una generazione di uomini illustri, ricchi di erudizione, di sapere e di eloquenza, e tutti concordi nell unit della dottrina cattolica. Vedo in Occidente, quando una moltitudine di barbari provenienti da terre lontane sta per rovesciarsi sullinstabile impero, e come nube minacciosa portatrice di sventure e disastri piomba in mezzo ad un popolo immerso nella corruzione dei costumi e del tutto dimentico dellantica grandezza, vedo quegli uomini, che solo possono chiamarsi degni eredi del nome romano, cercare un asilo nellausterit dei costumi e nel ritiro dei sacri templi, chiedendo alla religione le ispirazioni per conservare lantico sapere, arricchirlo e farlo pi grande. Mi riempie di ammirazione e stupore lincontro del sublime talento, degno erede del genio di Platone, il quale dopo avere interrogato, ricercando la verit, tutte le scuole e le stte; dopo aver percorso tutti gli errori con vigorosa baldanza e con indomabile indipendenza; si sente infine conquistare dallautorit della Chiesa, e il libero filosofo si trasforma nel gran Vescovo dIppona. Nei tempi moderni mi scorre davanti quella schiera di uomini grandi che rifulsero nei secoli di Leone X e di Luigi XIV. Vedo perpetuarne la stirpe illustre perfino nel funesto diciottesimo secolo, ed anche nel diciannovesimo vedo sorgere nuovi campioni i quali, dopo aver dato la caccia allerrore inseguendolo in ogni direzione, vanno a depositare i loro trofei alle porte della Chiesa cattolica. Che prodigio questo! Dove si mai vista una scuola, una setta, una religione simile a questa? Studiano tutto, a tutto rispondono e tutto sanno, ma sempre restando concordi nellunit della dottrina, sempre soggetti allautorit, sempre chinando rispettosamente la fronte e sempre umiliandola in ossequio alla fede:

quella fronte dove brilla il sapere, dove appare limpronta di un sentimento di nobile indipendenza da cui hanno origine slanci cos generosi. E non vi sembra di scoprire una nuova galassia nella quale mondi luminosi ruotano in vaste orbite per limmensit dello spazio, attratti da una misteriosa forza verso il centro di tutto il sistema? Forza che non li lascia deviare dal sentiero, nulla togliendo loro, n della loro dimensione n della grandiosit del moto, anzi inondandoli di luce ed imprimendo al loro cammino una regolarit maestosa (6).

CAPITOLO IV Il Protestantesimo porta in s un principio dissolutore. Per sua natura tende ad annientare tutte le credenze. Direzione pericolosa che d allintelletto. Descrizione dello spirito umano. _______________ Questa idea costante, questa volont totale, questo progetto cos saggio e immutabile, questo sistema cos solido, questa condotta cos regolare e coerente, questo procedere sempre con passo sicuro verso loggetto ed il fine stabiliti, questa mirabile unione riconosciuta e ammessa dal Sig. Guizot, e che tanto onora la Chiesa cattolica mostrandone il profondo sapere e rilevandone la sublimit dellorigine: tutte queste cose non sono mai state imitate dal Protestantesimo n nel bene n nel male. Esso, come ho gi dimostrato, non pu presentare un solo principio di cui abbia il diritto di dire: questo mio. Ha voluto appropriarsi del principio del libero esame in materia di fede, e alcuni tra i suoi avversari forse non hanno avuto molta difficolt ad accordarglielo perch non riconoscevano in esso alcun elemento che potesse definirsi costitutivo, ed ancor pi per la considerazione che, volendosi gloriare di aver creato questo principio, si reso simile a quei padri insensati che mostrano la propria ignominia col vantarsi di avere figli di pessima indole e ribelli nella condotta. falso per che questo principio ne sia il figlio. Al contrario: potrebbe dirsi con maggior ragione che il principio del libero esame ha generato il Protestantesimo. Infatti questo principio si trova gi in tutte le stte e viene riconosciuto come origine di tutti gli errori; per cui i Protestanti nel diffondere la dottrina del libero esame altro non fecero che cedere ad una necessit che accomuna tutte le stte separate dalla Chiesa. Questo non avvenne per un deliberato progetto o previsione o sistema. La semplice resistenza allautorit della Chiesa portava alla necessit di un libero esame senza limiti, e allelezione dellintelletto a giudice unico; e cos furono del tutto inutili fin da principio i tentativi che i fondatori del Protestantesimo fecero per opporsi alle conseguenze e allapplicazione di un tale esame. Rotto largine non fu pi possibile contenere le acque. Il diritto di esaminare ci che deve credersi dice una celebre gentildonna protestante (DellAlemagna di Madame de Stal, parte 4, cap. 2) il principio fondamentale del Protestantesimo. Non lintendevano cos i primi riformatori, i quali credevano di poter fissare i fondamenti dello spirito umano entro i confini

delle loro proprie cognizioni; invano per potevano sperare che le loro decisioni fossero accolte come infallibili dal momento che negavano questa stessa autorit alla religione cattolica. Una tale resistenza da parte loro non fece altro che dimostrare che in essi non trovava asilo nessuna di quelle idee le quali, se fanno fuorviare lintelletto, mostrano tuttavia in un certo modo la generosit e nobilt del cuore; pertanto lintelletto umano non potr neanche dire di loro che lo fecero uscire di strada con lintenzione di lasciarlo andare con maggior libert. La rivoluzione religiosa del sedicesimo secolo dice il Sig. Guizot non conobbe i veri princpi di libert intellettuale: emancipava il pensiero, e simpegnava tuttavia a governarlo per mezzo della legge. Ma luomo invano pu lottare contro la forza prodotta dalla natura medesima delle cose; e fu invano che il Protestantesimo cerc di porre un argine allestensione del principio del libero esame, e invano lev talvolta tanto alta la voce e intervenne addirittura con la forza a tal punto che sembrava perfino che intendesse annientarlo. Lo spirito del libero esame covava nel seno medesimo della riforma, vi perseverava, vi si sviluppava e vi operava a dispetto della medesima. Il Protestantesimo non aveva via di mezzo: o rifugiarsi sotto lala dellautorit, cio riconoscere i suoi traviamenti, o lasciare che il principio dissolutore esercitasse la sua azione facendo scomparire dalle stte separate ogni parvenza della religione di Ges Cristo e relegando il Cristianesimo tra le scuole filosofiche. Una volta lanciato il grido di ribellione allautorit della Chiesa si poterono misurare i funesti risultati; e fin da allora fu ben facile prevedere che, sviluppatosi il germe maligno, esso avrebbe portato con s la rovina di tutte le verit cristiane. E comera possibile che non si sviluppasse rapidamente un tal germe in un terreno di cos vivi fermenti? I Cattolici si sgolarono per far conoscere la gravit dellimminente pericolo, e per rispetto della verit devo ammettere che questo pericolo fu previsto anche da alcuni Protestanti. Chi non conosce le esplicite confessioni che furono fatte fin da principio, ed anche in seguito, da uomini tra i pi distinti fra essi? I grandi talenti non si sono mai trovati bene col Protestantesimo: vi hanno sempre incontrato un immenso vuoto, e per questo motivo finirono col dirigersi o verso lirreligione, o verso lunit cattolica. Il tempo, che sottopone a giudizio tutte le opinioni, ha confermato la ragionevolezza di queste tristi previsioni; e attualmente le cose sono gi giunte a tali estremi che bisogna avere conoscenze molto scarse, o qualit assai limitate per non sapere che la religione cristiana, come viene spiegata dai Protestanti, niente di pi che unopinione, un sistema composto di mille parti incoerenti che mette il Cristianesimo al livello delle scuole filosofiche. A nessuno deve sembrare strano che mostri qualche vantaggio su queste scuole, e che conservi alcuni aspetti contenenti qualcosa che non derivi unicamente dallintelletto umano. Sapete da dove ha origine questo fatto? Da quella sublimit di dottrina e da quella santit di morale che, sebbene pi o meno sfigurate, risplendono per sempre in tutto ci che conserva qualche richiamo alla parola di Ges Cristo. Ma la debole luce che lastro luminoso lottando con le ombre lascia dopo essere scomparso dallorizzonte, non pu confrontarsi con la luce del giorno: le ombre vengono su, si dilatano spegnendo quel debole riflesso e finiscono con limmergere la terra in unoscurit tenebrosa.

Tale la dottrina cristiana tra i Protestanti. Basta dare unocchiata alle loro stte per capire subito che non sono puramente filosofiche, n hanno i caratteri della vera religione. Siccome tra esse il Cristianesimo rimane senza unautorit, cos pare un vivente separato dal suo elemento vitale, un albero disseccato alla radice; e presenta la fisonomia pallida e sfigurata di un volto non pi animato dal soffio di vita. Il Protestantesimo parla di fede, e il suo principio fondamentale la ferisce a morte. Fa lelogio del Vangelo, e lo stesso principio ne fa vacillare lautorit, perch lo lascia allarbitrio del discernimento delluomo. Se si considera la santit della morale di Ges Cristo viene subito in mente che alcune fra le stte dissidenti lo spogliano della sua divinit, e tutte potrebbero fare altrettanto senza mancare al principio unico che a loro serve di punto dappoggio. Negata poi che sia o messa in dubbio la divinit di Ges Cristo, Egli resta tuttal pi collocato nella categoria dei grandi filosofi e legislatori, perde lautorit necessaria per dare alle sue leggi quella divina conferma che le rende cos stimabili ai miseri mortali, e non pu pi imprimere loro quel sigillo che le solleva tanto al di sopra di tutti i pensieri umani. Come anche i suoi sublimi consigli non si presentano pi come altrettanti insegnamenti che sgorgano dalle labbra dellincreata Sapienza. Quando allo spirito umano si fa mancare il punto dappoggio di unautorit, dove potr mai trovare sicurezza? Non resta egli abbandonato in bala dei suoi sogni e dei suoi deliri? Non gli si apre di nuovo il tenebroso e intricato sentiero di quelle interminabili dispute che condusse al caos i filosofi delle antiche scuole? In queste condizioni non ci sono risposte, e in ci sono daccordo la ragione e lesperienza: una volta che il libero esame dei Protestanti abbia sostituito lautorit della Chiesa, tutte le grandi questioni intorno alla divinit e riguardo alluomo restano senza soluzione; tutte le difficolt rimangono in piedi e lintelletto umano, barcollando nelle tenebre senza scoprire una luce che possa servirgli di guida sicura, oppresso dalle grida confuse di cento scuole che disputano di continuo senza chiarire nulla, cade in quella specie di deliquio e di prostrazione in cui il Cristianesimo lo aveva trovato, e da cui lo aveva fatto uscire a costo di grandi sforzi. Il dubbio, il pirronismo, lindifferenza, saranno allora il patrimonio dei migliori talenti; le vane teorie, i sistemi ipotetici, i sogni, costituiranno il passatempo del circolo dei dotti; la superstizione e le mostruosit saranno il pascolo deglignoranti. In questo modo, quali progressi avrebbe fatto lumanit? Cosa avrebbe prodotto il Cristianesimo sulla terra? Fortunatamente per il genere umano la religione cristiana non rimasta abbandonata in bala delle stte protestanti, e nellautorit della Chiesa cattolica ha avuto sempre una base larghissima dove poggiarsi saldamente in modo da resistete agli urti dei sofismi e degli errori. Se cos non fosse stato dove sarebbe andata a finire la sublimit dei suoi dogmi, la sapienza dei suoi precetti, la perfezione dei suoi consigli? Non sarebbero forse nientaltro che bei sogni raccontati da un dotto filosofo con un linguaggio da incantatore? S, conviene ripeterlo: senza lautorit della Chiesa non vi pi nulla di sicuro nella fede; il dubbio sabbatte sulla divinit di Ges Cristo; la sua missione risulta discutibile: in una parola la religione cristiana sparisce completamente. Infatti, non potendo essa presentarci i suoi titoli divini, e non

potendo darci la completa certezza che sia discesa dal seno dellEterno, che le sue parole sono parole dello stesso Dio che si degn di apparire sulla terra per la salvezza degli uomini, non ha pi il diritto di esigere da noi venerazione e rispetto. Posta nella categoria delle idee puramente umane, dovr sottomettersi al nostro giudizio come le altre opinioni degli uomini. Nel tribunale della filosofia potr sostenere le sue dottrine come pi o meno ragionevoli, ma avr sempre lo svantaggio di aver voluto ingannarci e di essersi presentata a noi come divina quando non era che umana; e quando si vorr iniziare una discussione sulla verit del sistema delle sue dottrine, ella avr sempre contro di s un insopportabile pregiudizio: quello, cio, che riguardo alla sua origine si presentata come unimpostura. I Protestanti si gloriano dellindipendenza del loro intelletto ed accusano la religione cattolica di violare i pi sacri diritti perch, esigendo la sottomissione, oltraggia la dignit delluomo. Quando si parla in questo modo vengono molto a proposito le esagerazioni sulla forza del nostro intelletto, e c solo da aspettarsi che si ricorra ad alcune immagini seduttrici, pronunciando parole come volo audace, belle ali e altre simili per lasciare completamente frastornati i comuni lettori. Si goda pure lo spirito umano i suoi diritti, si vanti di possedere la scintilla divina che chiamiamo intelletto, percorra superbo tutta la natura, ed osservando gli altri esseri che lo circondano si compiaccia pure nel notare limmensa altezza a cui si trova innalzato sopra tutti gli altri. Si metta luomo al centro delle opere con cui ha abbellito la sua dimora e mostri come testimoni della sua grandezza e del suo potere le trasformazioni che si eseguono ovunque egli appaia, giungendo con la sua intelligenza e con grande ardimento a dirigere e padroneggiare la natura. Ma lo faccia per riconoscere la dignit e sublimit del nostro spirito, mostrandosi grato al beneficio che ci ha accordato il Creatore. E come possiamo andare tanto oltre da dimenticare i nostri difetti e la nostra debolezza? A che fine ingannarci da noi stessi cercando di persuaderci di sapere ci che in realt ignoriamo? Perch dimenticare lincostanza e la volubilit del nostro spirito? Perch dissimulare a noi stessi che in molte materie, anche nelle scienze umane, il nostro intelletto si perde e si confonde, che nelle nostre conoscenze vi molto dillusorio e che nellapprezzare i progressi delle nostre cognizioni vi molto diperbolico? Non capita forse oggi di smentire ci che avevamo stabilito ieri? Il trascorrere del tempo non viene a burlarsi di tutte le nostre previsioni, a disfare i nostri sistemi, a manifestare quanto vi di aleatorio nei nostri progetti? Cosa ci hanno insegnato in tutti i tempi quei superiori ingegni a cui fu concesso di scendere fino alle fondamenta delle nostre scienze, di sollevarsi con volo audace fino alle pi sublimi regioni del pensiero e di toccare, per cos dire, gli estremi confini dello spazio che pu percorrere lumano intelletto? S, i sommi dotti di tutti i tempi, dopo aver esplorato i sentieri pi occulti della scienza, dopo aver avuto il coraggio di seguire le vie pi rischiose, sotto laspetto fisico e morale, che si presentavano alla loro attivit e al loro ardimento nel vastissimo mare dellinvestigazione, infine tutti son tornati dai loro viaggi mostrando i segni di quella delusione che il frutto naturale dei pi vivi disinganni. Tutti ci dicono anche che alla loro vista si come sfaldata una bella illusione; che la vezzosa

immagine che tanto li seduceva svanita come un fantasma. E dicono ancora che nel momento in cui sembrava loro che stessero per entrare in un paradiso inondato di luce, hanno scoperto con raccapriccio una regione di tenebre e si sono resi conto non senza terrore di essersi ritrovati in una nuova ignoranza. Per questo tutti i grandi uomini guardano con tanta diffidenza le forze dellintelletto, essi che hanno lintima convinzione (e su questo non c da dubitare) della grande superiorit delle forze del loro intelletto su quelle degli uomini comuni. Le scienze dice sapientemente Pascal hanno due estremi che s toccano: la pura ignoranza naturale, in cui sono gli uomini al loro nascere; e quella in cui si trovano le anime grandi, che avendo esaminato tutto ci che si pu sapere dagli uomini, conoscono che nulla sanno. Il Cattolicesimo dice alluomo: il tuo intelletto molto debole, e in molte cose ha bisogno di un appoggio e di una guida; e invece il Protestantesimo gli dice: ti circonda la luce, cammina ovunque tu voglia, non c per te guida migliore di te stesso. Quale delle due religioni va daccordo con le lezioni della pi alta filosofia? E allora non deve sembrare strano che tutti i pi grandi talenti che ha avuto il Protestantesimo abbiano sentito una certa inclinazione verso la religione cattolica. Essi non hanno potuto fare a meno di constatare la profonda sapienza contenuta nel principio di sottomissione, in alcune materie, dellintelletto umano al giudizio di unautorit irrefragabile. Quando si trova unautorit che, riguardo alla sua origine, alla sua costituzione, conservazione, dottrina e morale, riunisce in s tutti i titoli che possono accreditarla per divina, cosa ci guadagna lintelletto nel non volersi assoggettare a lei? Che progressi pu ottenere vagando in bala delle sue illusioni su materie particolarmente gravi, percorrendo quei sentieri dove ci si pu imbattere soltanto in rievocazioni di traviamenti, pentimenti e disinganni? Se lo spirito delluomo ha un concetto troppo alto di s, studi la propria storia e si render conto che abbandonato alle sue sole forze ben poco pu fidarsi di se stesso. Fecondo nel formulare teorie, inesauribile nelle sottigliezze, tanto rapido nel concepire unidea quanto poco incline a perfezionarla; vivaio didee che nascono, brulicano e si annullano a vicenda come glinsetti che si muovono sulle acque di un lago, innalzandosi talvolta sulle ali di una sublime ispirazione per poi subito ritrovarsi a strisciare al suolo come il rettile che col petto solca la polvere; tanto abile e impetuoso nel distruggere le opere altrui, e incapace tuttavia di dare alle proprie una struttura solida e durevole; spinto dalla violenza delle passioni, stordito dallorgoglio, annebbiato e confuso per tanta variet di oggetti che gli si presentano da tutte le parti; abbagliato da falsi lumi e da apparenze ingannevoli e abbandonato interamente a se stesso, lo spirito umano presenta limmagine di una scintilla inquieta e vivace che senza alcuna direzione prestabilita percorre limmensit dei cieli, traccia nella sua mutevole e veloce traiettoria mille strane figure, semina miriadi di faville luminose che punteggiano le sue orme, incanta per un momento la vista con la sua lucentezza, lagilit e i suoi capricci, quindi sparisce ben presto nelloscurit senza lasciare nellimmensa estensione del suo cammino un bench minimo barbaglio di luce che rischiari le tenebre della notte. Qui sta la storia delle nostre conoscenze. In questo immenso deposito dove si

trovano confuse e mescolate le verit e gli errori, la sapienza e lignoranza, il giudizio e la stoltezza, si trovano numerose prove di quanto ho affermato finora. Queste serviranno a giustificarmi se altri volessero accusarmi di aver ecceduto nella descrizione (7).

CAPITOLO V Istinto di fede. Si estende anche alle scienze. Newton. Cartesio. Osservazioni sulla storia della Filosofia. Proselitismo. Stato attuale dellintelletto. _______________ tanto vero ci che ho detto finora sulla debolezza dellintelletto umano che, anche prescindendo dallaspetto religioso, possiamo osservare che la provvida mano del Creatore ha collocato nel fondo della nostra anima una difesa contro leccessiva volubilit del nostro spirito: difesa tale che, senza di essa, sarebbero andate in frantumi tutte le pi eccellenti istituzioni, o per dir meglio, non sarebbero state neppure fondate; senza di essa le stesse scienze non avrebbero mai fatto un passo. E se questa difesa scomparisse dal cuore delluomo lindividuo e la societ rimarrebbero sommersi dal caos. Parlo di una certa inclinazione a deferire allautorit, cio dellistinto di fede: istinto che merita di essere esaminato molto seriamente se si vuole conoscere qualcosa dello spirito delluomo, studiare con profitto la storia del suo sviluppo e dei suoi progressi, rintracciare le cause di molti fenomeni straordinari, scoprire eccellenti punti di vista che la religione cattolica ci presenta sotto questo aspetto e infine toccare con mano quanto limitato e poco filosofico il pensiero che guida il Protestantesimo. Gi molte volte stato osservato che non possibile accudire alle prime necessit, n perseguire i pi comuni interessi, senza riferirsi allautorit di altri, cio senza la fede; e si capisce facilmente che senza questa fede sparirebbe tutto il patrimonio della storia e dellesperienza, vale a dire che si distruggerebbe il fondamento di ogni sapere. Per quanto importanti ed opportune siano queste osservazioni per dimostrare che errata laccusa rivolta alla religione cattolica, quella cio di esigere la fede, ci nonostante non intendo servirmi di esse, intendendo invece trattare largomento sotto un altro aspetto, spostando la questione su un altro terreno dove la verit trarr maggior profitto ed interesse senza nulla perdere della sua inalterabile solidit. Se ripercorriamo la storia delle conoscenze umane e gettiamo unocchiata sulle opinioni dei nostri contemporanei, osserviamo immancabilmente che le convinzioni di coloro che pi si vantano di possedere spirito critico e libert di pensiero altro non sono che leco di opinioni altrui. Se esaminiamo attentamente questo grande sistema che si chiama scienza e tanto scalpore suscita nel mondo, constateremo che in fondo in esso vi e contenuta una notevole quantit di autorit; e nel momento in cui vi sintroducesse uno spirito critico completamente libero anche rispetto a quei punti che appartengono al solo

raziocinio, ledificio scientifico crollerebbe in gran parte. E ben pochi sarebbero coloro che rimarrebbero in possesso dei suoi misteri. Nessuna branca della conoscenza umana, per grande che sia la chiarezza e la precisione di cui possa vantarsi, pu sfuggire a questa regola generale. Le scienze naturali ed esatte, per quanto siano eccellenti nellevidenza dei princpi, rigorose nelle deduzioni, ricche di osservazioni ed esperienze, non fondano forse gran parte delle loro verit su altre verit superiori, per conoscer le quali stata necessaria quella finezza di osservazione, quella perfezione di calcolo, quellocchiata perspicace e penetrante a cui giunge soltanto un numero ben limitato di uomini? Quando Newton mostr al mondo scientifico il frutto delle sue profonde considerazioni, quanti erano tra i suoi discepoli quelli che potevano lusingarsi di fare assegnamento sulla propria opinione, includendo anche quelli che con molta fatica erano giunti a comprendere qualcosa del grande genio? Avevano seguito il matematico nei suoi calcoli, si erano serviti del cumulo di dati ed esperimenti che il naturalista esponeva alle loro osservazioni ed avevano ascoltato le riflessioni con cui il filosofo appoggiava le proprie affermazioni e congetture. Credevano cos di essere pienamente convinti e di non dovere il proprio consenso per nulla allautorit ma unicamente alla forza dellevidenza e dei ragionamenti. Ma davvero cos? Ebbene, fate ora che sparisca il nome di Newton, fate che lanimo si spogli di quella profonda impressione determinata dalla parola di un uomo che si presenta con una straordinaria scoperta e per confermarla espone un tesoro di conoscenze, che mostra un ingegno prodigioso; togliete, ripeto, lombra di Newton, e vedrete che nella mente del suo discepolo i princpi vacillano, i ragionamenti perdono molto della loro congruenza ed esattezza, e le osservazioni non si accordano pi cos bene con i fatti. Luomo che talvolta crede di essere un esaminatore del tutto libero da ogni preconcetto, un pensatore del tutto indipendente, si accorge e sente quanto egli fosse soggiogato dalla forza dellautorit del genio; si accorge ad un tratto che in molti punti dava lassenso, ma non ne era convinto, e che invece di essere un filosofo interamente libero, era un discepolo docile e interessato. Facciamo appello con fiducia alla testimonianza, non deglignoranti, n di coloro che hanno sfiorato appena lo studio delle scienze, ma dei veri dotti, di quelli che hanno consacrato lunghe notti ai vari rami del sapere. Invitiamoli a concentrarsi in se stessi e ad esaminare ci che chiamano le loro convinzioni scientifiche; invitiamoli a chiedersi, con tutta calma e senza farsi fuorviare dalla passione, se anche in quelle materie in cui si credono pi esperti non sentono che lintelletto pi volte sia stato sottomesso allascendente di qualche autore illustre; e se non debbano confessare che se a molte questioni (di quelle che conoscono meglio) applicassero con rigore il metodo di Cartesio, si troverebbero infine con un maggior numero di credenze piuttosto che di convinzioni. Cos sempre stato e cos continuer ad essere, perch questo fatto profondamente radicato nellintima natura del nostro spirito e non vi quindi rimedio. E forse conviene che non vi sia; forse in questo entra molto di quellistinto di conservazione che Dio con ammirabile sapienza ha donato alla societ, e che probabilmente serve da correttivo a tanti elementi di dissoluzione chessa racchiude in s.

Per la verit molte volte un gran male che luomo segua le orme di un altro uomo, e non raro assistere, per questo motivo, a dolorosi traviamenti. Sarebbe per ancora peggio se luomo fosse sempre in contrasto nei confronti di ogni altro uomo nel timore che lo possa ingannare, e che si diffondesse nel mondo la mana cavillosa di voler sottoporre tutto ad un esame rigoroso. Povera societ sarebbe allora, povero uomo, povere scienze, se in tutti i campi si propagasse lo spirito di esame rigoroso, scrupoloso e indipendente! Io ammiro lingegno di Cartesio e riconosco i grandi benefci che ha dispensato alle scienze; ma ho pensato pi di una volta che se per un certo tempo dovesse divenire usuale il suo metodo di dubbio, la societ andrebbe subito in rovina. Il mio parere che ci provocherebbe gran danno anche tra i dotti, tra i filosofi immuni da ogni condizionamento, o almeno certo che nel mondo scientifico crescerebbe di gran lunga il numero dei mentecatti. Per fortuna non vi pericolo che ci accada. Se luomo ha una certa tendenza pi o meno accentuata alla stoltezza, possiede anche un fondo di buon senso di cui non possibile che rimanga privo. E quando si presentano alcuni individui dalle idee vulcaniche che si propongono di far delirare la societ, questa si oppone loro con un sorriso sdegnoso; oppure se si lascia traviare per un momento ritorna presto in se stessa e respinge con indignazione coloro che lavevano fatta uscire di strada. Per chiunque conosca a fondo lo spirito umano, riusciranno sempre volgari spregevoli le veementi diatribe contro i pregiudizi sul volgo, contro la docilit di tener dietro ad un altro uomo, la facilit di credere tutto senza avere esaminato nulla. Forse che, se vogliamo parlare di pregiudizi e di acconsentire a tutto senza prima aver esaminato, si trovano molti uomini che in questo non meritino di essere considerati di appartenere al volgo? Forse che le scienze non sono piene di supposizioni gratuite, e in esse non si trovano punti debolissimi ai quali ci sorreggiamo cos alla buona come se fosse invece un sostegno solidissimo ed immutabile? Il diritto di possesso e di prescrizione unaltra singolarit che presentano le scienze; e qui utile notare che, pur senza aver fatto mai uso di questi termini, tale diritto riconosciuto con tacito ma unanime consenso. Chiederete: come possibile questo? Studiate la storia delle scienze ed incontrerete ad ogni passo la conferma di tale verit. Nelle continue dispute, fonte di eterna divisione tra filosofi, qual il motivo per cui una dottrina antica ha opposto una resistenza tanto tenace ad una nuova, e ne abbia ritardato per molto tempo e talvolta anche impedito che prendesse completamente piede? Ci accade perch lantica dottrina esercitava gi il possesso ed era rinforzata dal diritto di prescrizione: e poco importa che non fossero in uso i nomi (di possesso e di prescrizione) se il risultato stato il medesimo. Per questo motivo molti inventori sono stati disprezzati o contraddetti, e magari anche perseguitati. Edoveroso confessarlo, per quanto ripugni al nostro orgoglio e per quanto possa provocare scandalo per alcuni ammiratori del progresso delle scienze: molti sono stati questi progressi, vastissimo il campo dove ha indagato lintelletto umano, ampi gli spazi che ha percorso e mirabili le opere con cui ha dato prova delle sue capacit. In tutte queste cose per vi sempre una buona dose di

esagerazione, vi molto da eliminare, soprattutto quando la scienza intende riferirsi alle verit morali. Da simili osservazioni non si pu giungere ad alcuna conclusione per dimostrare che il nostro intelletto sia capace di procedere in ogni direzione con la stessa agilit e sveltezza; o per contraddire ci che abbiamo affermato, cio che lintelletto delluomo soggetto, anche se non se ne accorge, allautorit di un altro uomo. In ogni epoca nasce un numero esiguo di intelletti privilegiati che, elevandosi al disopra di tutti gli altri, sono di guida nei diversi campi. Dietro ad essi procede una numerosa schiera che viene definita dotta, che con gli occhi fissi sulla bandiera inalberata, segue affannata i passi dellavventuroso capitano. E, cosa singolare! nella marcia tutti si proclamano indipendenti, tutti si vantano di seguire la nuova strada come se lavessero scoperta essi stessi, come se procedessero sulla medesima guidati unicamente dai propri lumi ed ispirazioni. La necessit, la predisposizione od altre circostanze ci portano a dedicarci a questo o a quel ramo di conoscenze; la nostra debolezza ci suggerisce continuamente che a noi non concessa la forza creatrice. Poich non possiamo offrire nulla di nostro e siamo nellimpossibilit di aprirci una nuova strada, ci lusinghiamo che tocchi a noi una parte di gloria nel seguire la bandiera di qualche illustre capitano. In mezzo a tali sogni arriviamo talvolta a persuaderci di non militare sotto lo stendardo di altri e rendiamo omaggio a queste nostre convinzioni, mentre in realt non siamo altro che proseliti delle dottrine altrui. Su questo punto il senso comune ha pi giudizio della nostra malferma ragione. Ne consegue che il linguaggio (questo modo misterioso di esprimere le cose, dove sincontra tanto fondo di verit e di esattezza senza sapere chi glielabbia trasmesso) ci fa un severo rimprovero per una cos orgogliosa verit; e nostro malgrado chiama le cose col loro nome, classificando noi stessi e le nostre opinioni conformemente allautore che abbiamo seguito come capo. La storia delle scienze forse diversa dalla storia delle battaglie di alcuni capitani di ventura? Passiamo in rassegna i tempi antichi e moderni, posiamo lo sguardo sui vari rami delle nostre conoscenze e vedremo un certo numero di scuole fondate da qualche dotto di primordine, dirette poi da un altro che per le sue qualit sia stato degno di succedergli e cos via finch, mutate le circostanze, venendo meno lo spirito che la mantiene in vita la scuola muore in modo naturale. Oppure presentandosi qualche uomo intraprendente animato dallo spirito indomabile dindipendenza, lattacca e la distrugge per stabilire sulle sue rovine la nuova cattedra nel modo in cui riterr opportuno. Quando Cartesio sbalz dal trono Aristotele, non vi si mise egli subito al suo posto? La turba dei filosofi che sbandieravano la loro indipendenza (indipendenza che per era smentita dal nome che portavano di Cartesiani), richiama alla mente quei popoli che durante una rivoluzione gridano libert e rovesciano dal trono lantico monarca per assoggettarsi poi alluomo che abbia coraggio sufficiente per raccogliere lo scettro e il diadema che giacciono abbandonati ai piedi dellantico trono. Nel nostro secolo si crede, come gi si credette nel precedente, che lintelletto umano procede con assoluta indipendenza; e a furia di gridare contro lautorit nel campo delle materie scientifiche, e di esaltare la libert di pensiero, si giunti

a creare lopinione che siano trascorsi i tempi nei quali lautorit di un nome aveva qualche valore, e che adesso ogni saggio non ubbidisce che alle proprie ed intime convinzioni. A prova di questo si afferma che, screditati i sistemi e le ipotesi, ne ha preso il posto lattitudine allesame e allanalisi dei fatti: la qual cosa ha fatto s che molti ritengono che non solo sia scomparsa interamente lautorit nelle scienze, ma che siamo giunti ad un punto tale che non possa farvi pi ritorno. A prima vista potrebbe sembrare che questa sia una verit; ma se ci guardiamo attentamente intorno ci accorgeremo che lunico risultato stato quello di aumentare alquanto il numero dei capi e ridurre la durata del loro comando. Questa in cui viviamo unepoca di rivoluzioni letterarie e scientifiche del tutto simili a quelle politiche nelle quali i popoli immaginano di godere maggiore libert soltanto perch vedono distribuito il comando in un maggior numero di persone, e perch hanno maggiori possibilit di disfarsi sovente dei governanti, distruggendo come tiranni quelli che prima chiamavano padri e liberatori; ma placato il primo furore lasciano il campo libero ad altri uomini che pongono loro un freno, talvolta un poco pi scintillante, ma non meno forte e molesto. A parte i numerosi esempi che ci offre la storia delle lettere da un secolo a questa parte, non vediamo anche adesso nomi sostituiti da altri nomi, guide dellintelletto umano sostituiti da altre guide? Nel campo della politica dove pu sembrare che domini soprattutto lo spirito di libert, non valutiamo noi gli uomini che si affrontano vicendevolmente? E non li distinguiamo chiaramente come i generali di un esercito in una vera guerra? Nellarena politica, non vediamo forse due o tre schieramenti di belligeranti che fanno le loro evoluzioni sotto gli ordini dei rispettivi capi nel pi perfetto ordine e disciplina? Costoro, che si ergono a tali altezze, comprenderanno certamente molto bene questa verit! Ad essi che conoscono la nostra debolezza, che sanno bene come per ingannare gli uomini siano sufficienti le parole, mille volte saranno spuntate sulle labbra il sorriso quando, contemplando insuperbiti il campo dei loro trionfi, mentre si vedevano attorniati da una folla che si considera intelligente, che li ammira e li acclama con entusiasmo, avranno sentito alcuni dei pi ferventi e devoti proseliti vantarsi di libert illimitata e di assoluta indipendenza nelle proprie opinioni e nei voti. Cos luomo: la storia e lesperienza quotidiana ce lo mostrano cos. Lispirazione del genio, quella forza sublime che innalza lintelletto di alcuni esseri privilegiati, eserciter sempre non solamente sui semplici ed ignoranti, ma anche sulla massa comune dei dotti, unazione incantatrice. Dove sta dunque loltraggio che la religione cattolica fa alla ragione umana quando nel momento stesso in cui le presenta i titoli che provano la sua divinit, ne esige la fede? Questa fede che luomo dispensa con tanta facilit ad un altro uomo in tutti i campi, ed anche in quelli che ritiene delle scienze pi elevate, non potr conferirla alla Chiesa cattolica senza che la propria dignit ne risulti diminuita? Sar forse unoffesa alla ragione delluomo, indicargli una norma stabile che lo rassicuri riguardo ai punti pi importanti, lasciandogli poi ampia libert di pensare come pi gli piaccia intorno a quel mondo che Dio ha lasciato alle dispute degli uomini? In tutto questo, cosa fa la Chiesa di diverso dallandare in perfetto accordo con le lezioni

della pi alta filosofia, manifestare una conoscenza profonda dello spirito umano e liberarlo dai tanti mali che gli attirano la volubilit, lincostanza e la velleit orgogliosa combinata in un modo cos strano con questa facilit incredibile di affidarsi alla parola di un altro uomo? Chi non vede che con questo sistema la religione cattolica pose un argine allo spirito di proselitismo che tanti danni ha causato alla societ? Dal momento che luomo ha questa irresistibile tendenza a seguire le orme di un altro uomo, non concede la Chiesa cattolica un grande beneficio allumanit indicandole in modo sicuro la strada per cui deve andare se vuol seguire le orme di un Uomo-Dio? Non fornisce in tal modo essa un riparo alla dignit umana, salvando al momento opportuno da un terribile naufragio le conoscenze pi necessarie allindividuo ed alla societ (8)?

CAPITOLO VI Differenti necessit religiose dei popoli in relazione alle varie fasi della loro civilt. Tenebre che si incontrano nellapplicarsi ai princpi primi delle scienze. Scienze matematiche. Caratteri particolari delle scienze morali. Illusioni di alcuni ideologi moderni. Errore commesso dal Protestantesimo nella direzione religiosa dello spirito umano. _______________ Contro lautorit che esercita il suo giudizio sullintelletto verranno senza dubbio opposte le ragioni del progresso della societ e lalto grado di civilt e cultura a cui sono arrivate le nazioni moderne; esse verranno prodotte come attestato di giustizia in favore di ci che viene detta emancipazione dellintelletto. A mio giudizio questa risposta tanto lontana dallavere una qualche solidit, ed tanto male appoggiata su ci che essa pretende di avere per base, che invece del maggior progresso della societ dovrebbe esprimere una pi urgente necessit di una regola viva, cos come giudicata indispensabile dai Cattolici. Dire che le societ nella loro infanzia e adolescenza abbiano avuto bisogno di questa autorit come di un freno salutare, ma che questo freno diventato inutile e degradante quando lintelletto umano giunto ad un maggiore sviluppo, vuol dire non conoscere bene le relazioni che intercorrono tra gli oggetti sui quali agisce tale autorit e le differenti condizioni del nostro intelletto. La vera idea di Dio, lorigine, il destino e le norme di comportamento delluomo, e tutto linsieme dei mezzi che Dio gli ha concesso per giungere al suo fine supremo: ecco gli oggetti sui quali interviene la fede e sui quali i Cattolici pretendono la necessit di una regola infallibile, sostenendo che se cos non fosse non si potrebbero evitare i pi tristi pervertimenti, n porre la verit al riparo dei sofismi umani. Questa semplice considerazione dovrebbe essere sufficiente per convincere che il libero esame sarebbe assai meno pericoloso tra i popoli meno evoluti di quel che sia tra quelli che abbiano raggiunto un livello pi avanzato di civilt. In un popolo vicino allinfanzia si coglie naturalmente una notevole presenza di

semplicit e purezza, disposizioni molto favorevoli per ricevere docilmente le lezioni contenute nel sacro Testo, assaporando quelle di facile comprensione e chinando la fronte dinanzi alla sublime oscurit di quelle zone che Dio ha voluto coprire col velo del mistero. Lo stato medesimo di questo popolo creerebbe in un certo modo unautorit, perch non essendo ancora tentato dallorgoglio e dalla smania di sapere, a ben pochi tra loro sarebbe dato il compito di esaminare il senso delle rivelazioni fatte da Dio alluomo; e questo fatto costituirebbe in modo naturale il punto di partenza da cui diffondere linsegnamento. Accade invece tuttaltra cosa in un popolo gi avanzato sulla strada del sapere. Perch lestensione delle conoscenze ad un maggior numero dindividui, aumentando lorgoglio e la volubilit, moltiplica le stte in innumerevoli suddivisioni, e finisce col sovvertire tutti i princpi e corrompere le tradizioni pi pure. Essendo quel popolo meno evoluto, esente dalla vanit scientifica, impegnato in occupazioni semplici ed attaccato agli antichi costumi, ascolta con docilit e rispetto lanziano venerabile, il quale circondato dai suoi figli e nipoti espone con tenera commozione le storie e i consigli che a sua volta aveva ricevuto dai suoi avi. Quando per la societ giunta ad un grande sviluppo; quando si indebolito il rispetto verso i padri di famiglia, si perduta la venerazione per la canizie; quando nomi pomposi, apparati scientifici, grandi biblioteche conducono luomo ad una grande opinione della forza del proprio intelletto; quando la diffusione e le attivit delle comunicazioni spargono a grandi distanze le idee, e facendole fermentare col calore del movimento dnno loro quella forza magica che domina gli spiriti; allora s, che per davvero indispensabile unautorit, la quale sempre attiva, sempre presente, sempre disposta ad accorrere dove la necessit lo richieda, copra col suo scudo tenace il sacro deposito delle verit immutabili nel variare dei tempi e dei paesi, senza la conoscenza delle quali luomo oscilla continuamente in bala dei suoi errori e dei suoi capricci e procede con passo vacillante dalla culla al sepolcro. Su queste verit la societ poggiata come su solidissime fondamenta, rimuovendo le quali ledificio perde la sua stabilit, oscilla, crolla e vien gi in pezzi. La storia letteraria e politica dellEuropa, da tre secoli in qua, ci fornisce fin troppe testimonianze di quanto ho appena affermato, dovendoci dolere che la rivoluzione religiosa scoppi proprio nel momento pi critico, perch trovando la societ agitata da quelle attivit dello spirito umano, ruppe largine proprio nel momento in cui cera bisogno di rinforzarlo maggiormente. Non certo utile umiliare il nostro spirito addebitandogli i difetti che non ha o esagerando quelli che effettivamente gli appartengono, ma non conviene neanche insuperbirlo troppo apprezzando pi del dovuto le sue qualit. Facendolo, a parte che sarebbe dannoso per diversi motivi, nuocerebbe anche allo stesso progresso; e se ben si osservi, anche poco conforme al carattere rigoroso e cauto che deve essere il distintivo della vera scienza. La quale, se degna di questo nome, non deve essere tanto immatura da mostrarsi superba e vana per le cose che non le appartengono realmente, considerandole come se fossero di sua propriet; ed necessario che riconosca i limiti in cui rinchiusa e sia tanto generosa e leale da ammettere la propria debolezza. La storia delle scienze evidenzia una particolarit che, nel momento in cui

manifesta la debolezza intrinseca dellintelletto, fa toccare con mano quanta adulazione contenuta negli elogi esagerati che alle volte gli vengono dispensati, e da qui si capisce il pericolo che si corre nellabbandonarlo completamente a se stesso senza alcuna sorta di guida. Questo pericolo consiste nella presenza delle zone oscure che si vanno incontrando quando ci si muove ad investigare i segreti che circondano i princpi primi delle scienze (comprese quelle che godono maggior fama per le loro verit, la loro evidenza ed esattezza), in modo tale che, nelladdentrarsi sino alle loro fondamenta, pare che si giunga infine su un terreno cos poco solido e tanto pericoloso per cui lintelletto, sentendosi poco sicuro e vacillante, torna indietro nel timore di scoprire qualcosa che getti lincertezza e il dubbio su quelle verit, dellevidenza delle quali si era compiaciuto. Io non condivido certamente linsofferenza di Hobbes per le scienze matematiche. Anzi, entusiasta come sono dei loro progressi, e profondamente convinto dei vantaggi che il loro studio arreca alle altre scienze e alla societ, non potrei mai giungere a sminuirne il merito o a negar loro qualcuno dei titoli che le nobilitano. Ma chi arriverebbe a dire che esse sfuggono alla regola generale? Mancano forse in esse punti deboli e sentieri tenebrosi? Certamente nellesporre i princpi di queste scienze considerate in tutta la loro astrazione, e nel trarre le proposizioni pi elementari, lintelletto procede su un terreno piano e libero da impedimenti, dove non simmagina neppure che vi si possa incontrare il pi lieve ostacolo. Ora voglio ignorare le ombre che lideologia e la metafisica potrebbero creare anche su questo cammino se si presentassero a disputare su alcuni punti basandosi sugli scritti di filosofi sconsiderati. Restando dunque nei confini entro i quali per loro natura sono contenute le matematiche: chi mai, fra gli esperti di queste scienze, non sa che avanzando nelle teorie sincontrano certi punti in cui lintelletto finisce in una zona dombra dove nonostante abbia sotto gli occhi la dimostrazione e ne abbia fatto uso in tutte le sue parti, si trova come vacillante e sente un non so che dincerto di cui a mala pena giunge a rendersi conto? Chi non ha provato talvolta per esperienza che dopo lunghissimi ragionamenti nel tentativo di giungere alla verit, si ritrova come chi abbia scorta allimprovviso la luce del giorno dopo aver percorso per un lungo tratto un sentiero immerso nelloscurit? Fissando allora lattenzione su quei pensieri che passano per la mente come delle intuizioni istantanee, su quei movimenti quasi impercettibili che in simili casi nascono e muoiono continuamente nellanima nostra, si osserva che lintelletto in mezzo alle sue incertezze tende la mano istintivamente allncora che gli offre lautorit di altri. E per rassicurarsi ulteriormente si fa sfilare davanti agli occhi le immagini di alcuni matematici illustri: e quanto si rallegra il cuore nel rendersi conto che lintelletto si liberato dal dubbio constatando che un certo numero di uomini illustri ha visto la cosa nella stessa maniera! Forse lignoranza e lorgoglio si ribelleranno contro simili riflessioni? Studiate queste scienze, o almeno leggetene la storia, e vi convincerete che anche in queste sincontrano molte prove della debolezza dellintelletto delluomo. La portentosa scoperta di Newton e di Leibnitz non trov in Europa un gran numero di avversari? Non vi fu bisogno per confermarla che passasse del tempo

e che la verit dei princpi e lesattezza dei ragionamenti venissero dimostrate dalle applicazioni pratiche? E credete forse che se adesso si presentasse di nuovo questinvenzione nel campo delle scienze, come se fosse la prima volta ma munita di tutte le prove con cui stata rinforzata, e circondata dalla luce di tanti riconoscimenti da cui stata rischiarata; credete forse ripeto che non ci sarebbe bisogno ugualmente di un certo tempo affinch, convalidata (diciamo cos) dal diritto di prescrizione, acquisti nei suoi domni la tranquillit e la pace di cui attualmente gode? Non c dubbio che anche le altre scienze vengono toccate in una certa misura da questa incertezza che trae origine dalla debolezza dello stesso spirito umano; e poich mi sembra probabile che riguardo ad esse ci sia chi abbia da contraddirmi, passer a presentare alcune riflessioni sul carattere particolare delle scienze morali. Forse non si osservato abbastanza che non c studio pi ingannevole di quello delle verit morali; dico ingannevole, perch lusingando linvestigatore nel mostrargli una facilit illusoria, lo spinge su sentieri difficili da percorrere. Sono come quelle acque tranquille ma ingannevoli che sembrano poco profonde e nascondono invece un abisso profondissimo. Abituati come siamo alla loro terminologia fin dalla pi tenera infanzia, vedendone intorno a noi le continue applicazioni, presentandosi in modo familiare, e trovandoci a parlarne in ogni momento con una certa semplicit su molti punti delle medesime, ci persuadiamo facilmente che debba riuscirci ugualmente facile uno studio profondo dei loro pi alti princpi e delle loro pi delicate connessioni. Mirabile cosa! Appena usciamo dalla sfera del senso comune e ci allontaniamo da quelle stesse semplici espressioni che balbettando pronunciavamo in grembo a nostra madre, ecco che ci troviamo nel pi intricato labirinto. Allora, se lintelletto si abbandona ai propri sofismi, se non ascolta la voce del cuore che gli parla con tanta semplicit ed eloquenza, se non modera quel fuoco che gli comunica lorgoglio, se con folle vanit non bada a ci che gli prescrive saggiamente la prudenza, giunge perfino alleccesso di disprezzare il deposito di quelle salutari e necessarie verit che la societ conserva per trasmetterle di generazione in generazione; e camminando solo a tentoni in mezzo alle pi dense tenebre finisce col gettarsi in quei precipizi di stravaganze e di deliri di cui la storia. delle scienze ci presenta tanti deplorevoli esempi. Se si osserva bene qualcosa di simile si pu notare in tutte le scienze. Perch il Creatore ha voluto che non ci mancassero quelle conoscenze necessarie per la nostra sopravvivenza e per giungere al nostro destino, ma non ha voluto soddisfare la nostra curiosit col rivelarci delle verit che non erano a noi necessarie. Tuttavia per alcune materie ha concesso allintelletto una certa disposizione che lo rende capace di arricchire continuamente le sue conoscenze; ma riguardo alle verit morali lo ha lasciato in una completa sterilit. Quanto era necessario conoscere, o lo ha scolpito con caratteri semplicissimi ed intelligibili nel fondo del cuore, oppure lha consegnato in un modo assai chiaro e preciso nel sacro Testo, indicando lautorit della Chiesa come regola fissa a cui rivolgersi per chiarire i propri dubbi. Tutto il resto poi lo ha lasciato in modo tale che lintelletto, se si dispone a fantasticare e muoversi a capriccio, percorre

continuamente la stessa strada, fa e disfa mille volte, incontrandovi ad un estremo lo scetticismo, ed allaltro la verit pura. Alcuni ideologi moderni forse contesteranno queste riflessioni, e contro la mia affermazione mostreranno i risultati dei loro lavori analitici. Quando non si era giunti allanalisi dei fatti essi diranno, quando si andava errando tra sistemi vaghi e si accettavano le definizioni senza sottoporle ad esame e senza discernimento, allora tutto questo poteva essere vero. Ma adesso che abbiamo chiarito del tutto in senso morale le idee del bene e del male, che abbiamo spiegato quanto in esse vi fosse del pregiudizio e quanto di filosofico, che abbiamo fondato lintero sistema morale su princpi tanto semplici quali il piacere e il dolore, che abbiamo dato in queste materie idee tanto limpide come quelle delle varie sensazioni che unarancia produce in noi ; dire ora tutto questo un segno dingratitudine nei confronti delle scienze, un non voler riconoscere il frutto delle nostre fatiche. A me non sono ignote le fatiche di alcuni nuovi ideologi-moralisti, allo stesso modo che non mi ignota lingannevole semplicit con cui vanno svolgendo le loro teorie dando alle materie pi difficili un tale aspetto di facilit e di linearit perch secondo loro tutto deve risultare alla portata delle pi limitate intelligenze. Non questo il luogo opportuno per sottoporre ad esame codeste teorie e indagini analitiche; osserver soltanto che nonostante tutta questa semplicit non sembra che la societ e la scienza tenga loro dietro, e che le loro opinioni, nonostante siano recenti, sono gi vecchie. E non cosa strana, perch si vede facilmente che ad onta del loro positivismo, se mi permesso di fare uso di questa parola, tali ideologi si fermano alle ipotesi, come accadeva a molti dei loro predecessori che essi sbeffeggiano e disprezzano. Scuola piccola e di spirito limitato, la quale senza essere in possesso della verit non ha neanche quella bellezza con cui i brillanti sogni di grandi uomini adornano le altre. Scuola orgogliosa e visionaria, che crede di conoscere a fondo un fatto quando invece loscura, e di fornire le prove solo perch lafferma; e trattandosi di connessioni morali, immagina di analizzare il cuore solo perch lo scompone e lo seziona. Se tale il nostro intelletto, se tanta lapertura nei confronti di tutte le scienze, e la sterilit nelle cognizioni di ordine morale nelle quali non ha potuto progredire minimamente oltre ci che gli ha insegnato lamorevole Provvidenza, che beneficio ha fatto il Protestantesimo alle societ moderne rifiutando lautorit, lunica in grado di porre un argine ai dolorosi traviamenti? (9)

CAPITOLO VII Indifferenza e fanatismo: due estremi opposti introdotti in Europa dal Protestantesimo. Origine del fanatismo. Servizio importante prestato dalla Chiesa alla storia dello spirito umano. La Bibbia abbandonata al libero esame; sistema erroneo e funesto del Protestantesimo. Importante testo di OCallaghan. Rappresentazione della Bibbia. _______________

Rigettata che ebbe il Protestantesimo lautorit della Chiesa, e appoggiatosi su questo suo principio come unico fondamento, ha dovuto cercare nelluomo tutto il suo sostegno. E lo spirito umano del quale aveva cos scarse cognizioni, cos come del suo vero carattere e delle sue relazioni con le verit religiose e morali, gli ha aperto ampi spazi per precipitarsi, secondo le diverse circostanze, verso due estremi tanto opposti fra loro quanto lo sono il fanatismo e lindifferenza. Sembrer forse strano un simile accostamento, e che traviamenti cos opposti possano avere la medesima origine, eppure non vi cosa pi certa perch le testimonianze della storia sono l a confermare le lezioni della filosofia. Poich il Protestantesimo nelle materie religiose fa appello esclusivamente alluomo, non aveva che due mezzi per farlo: o supporlo, nel raggiungere la verit, ispirato dal cielo, o assoggettare tutte le verit religiose allesame della ragione. Vale a dire: o lispirazione, o la filosofia. Il sottomettere le verit religiose al giudizio della ragione doveva produrre presto o tardi lindifferenza; viceversa lispirazione personale, o lo spirito privato, doveva necessariamente portare al fanatismo. Nella storia dello spirito umano si riscontra un ricorrente fenomeno universale: si tratta della forte inclinazione dello spirito ad immaginare sistemi che, prescindendo del tutto dalla realt delle cose, presentino solamente lopera dun ingegno che si proposto di uscire dal sentiero comune per seguire senza alcun vincolo limpulso delle proprie ispirazioni. La storia della filosofia presenta raramente altre situazioni che non siano una ripetizione costante di questo fenomeno; e per quanto riguarda le altre materie lo spirito umano non ha tralasciato di riprodurlo sotto una o laltra forma. Lintelletto, una volta concepita una propria idea, la guarda con quella predilezione esclusiva e cieca con cui un padre contempla i suoi figli; e sviluppandola con tale apprensione, adatta ad essa tutti i casi e le conforma tutte le riflessioni. Ci che allinizio non era altro che un pensiero ingegnoso e stravagante si trasforma ben presto in un germe dal quale nascono vasti corpi di dottrina. E se quella dove sorto tale pensiero una testa calda guidata da un cuore ardente, il calore provoca la fermentazione, e questa il fanatismo propagatore di tutti i deliri. Questo pericolo pi grave soprattutto quando il nuovo sistema viene applicato su materie religiose od altre che con esse hanno un rapporto diretto. In tal caso le stravaganze dello spirito allucinato si trasformano in ispirazioni del cielo, la fermentazione del delirio in una fiamma divina, e la mania di distinguersi dalla massa in vocazione straordinaria. Non potendo lorgoglio accettare che qualcosa gli si opponga, si scaglia furioso contro tutto ci che trova di gi stabilito; e insultando lautorit, attaccando tutte le istituzioni e disprezzando le persone, nasconde la pi grossolana violenza sotto il manto dello zelo e dissimula lambizione mascherandola in apostolato. Il miserabile maniaco, talvolta pi visionario che seduttore, giunge sventuratamente ad essere profondamente persuaso che le sue dottrine sono vere e che a lui fosse stato concesso di udire il verbo divino; e presentando nel suo linguaggio demente qualcosa di singolare e di straordinario, trasmette negli uditori una parte della sua pazzia e acquista in breve tempo un numero considerevole di proseliti. In verit non sono molti ad essere capaci di rappresentare la parte principale in

questa scena di pazzia, ma disgraziatamente gli nomini sono talmente insensati da lasciarsi trascinare dal primo che si lanci audacemente in una simile impresa. Infatti la storia e lesperienza ci hanno sufficientemente insegnato che per attirare un gran numero di uomini basta una parola; e per formare un partito, per quanto malvagio, stravagante e ridicolo, sufficiente alzarne la bandiera. ora il caso di segnalare un fatto che non so se altri abbiano osservato: che la Chiesa nelle sue lotte contro leresia ha prestato un servizio eminente alla scienza che indaga sul vero carattere, le inclinazioni e la capacit dello spirito umano. Gelosa depositaria qual di tutte le grandi verit, la Chiesa ha sempre agito per conservarle intatte; e conoscendo a fondo la debolezza dellintelletto umano e la sua grande propensione per le follie e le stravaganze, ne ha seguito sempre da vicino i passi, lha tenuto docchio in tutti i suoi movimenti, respingendone con energia i tentativi impotenti quando esso ha cercato di corrompere la sorgente purissima di cui la Chiesa in possesso. Nelle forti e lunghe lotte sostenute contro di esso, ne ha svelata lincurabile pazzia, ne ha messo in luce tutti i risvolti, lo ha mostrato in tutte le sue fasi raccogliendo nella storia delle eresie un ricchissimo patrimonio di fatti, un quadro interessantissimo dove appare il ritratto dello spirito umano nelle sue vere dimensioni, nel suo aspetto caratteristico e nelle sue sfumature. Quadro di cui approfitter senza dubbio quel genio a cui riservata lopera meritoria (che tuttavia ancora da farsi): la vera storia dello spirito umano (10). In quanto alle stravaganze e ai deliri del fanatismo, da tre secoli a questa parte la storia dEuropa non ne per niente scarsa. Lo confermano le numerose testimonianze: ovunque ci volgiamo troveremo che le stte fanatiche nate in seno al Protestantesimo, derivate dal principio fondamentale di esso, hanno lasciate impresse orme di sangue. Contro il torrente devastatore nulla poterono n la violenza del carattere di Lutero n i furibondi sforzi con cui egli si opponeva a quanti insegnavano dottrine diverse dalle sue. Alle empiet seguirono ben presto altre empiet, alle stravaganze altre stravaganze, al fanatismo altro fanatismo, avvenendo cos che la falsa riforma fu subito infranta e divisa in tante stte, tutte pi o meno violente quanto lo furono le teste di coloro che unirono alla scellerata creativit nel generare un sistema, un carattere sufficientemente risoluto per alzarne la bandiera. E non poteva accadere diversamente, proprio perch oltre al pericolo derivante dal lasciare solo lo spirito umano al cospetto di tutte le questioni religiose, cera anche una circostanza che doveva produrre tragici risultati: linterpretazione del Sacro Testo affidata allo spirito privato. Si mostr allora in tutta la sua evidenza che il pi grande abuso quello che vien fatto su ci che esiste di pi sublime: questo Libro ineffabile, in cui diffusa tanta luce per lintelletto e tante consolazioni per il cuore umano, altamente dannoso allo spirito superbo. Il quale unisce allostinata volont di resistere ad ogni autorit in materia di fede lillusoria convinzione che la Sacra Scrittura sia un libro comprensibile in tutte le sue parti, e che in ogni caso non mancher lispirazione del cielo per dissipare i dubbi che potrebbero insorgere; oppure ne scorre le pagine spinto dalla voglia dincontrare qualche passo che, forzandone pi o meno il significato, possa servire di sostegno a sottigliezze, cavilli, o progetti insensati.

Non c errore peggiore di quello che commisero i fondatori del Protestantesimo mettendo la Bibbia in mano a tutti, infondendo nello stesso tempo lillusione che ogni Cristiano sia in grado dinterpretarla: non vi modo migliore per far dimenticare cosa sia la Sacra Scrittura. ben vero che al Protestantesimo non restava altro mezzo, e che tutti gli ostacoli che esso stesso poneva alla completa libert dinterpretazione del Sacro Testo costituivano una fastidiosa incoerenza, unapostasia dei suoi stessi princpi, una deliberata ignoranza della propria origine; ma proprio per questo ne anche la pi decisa condanna. Infatti, quali sono i titoli di verit e di santit che potr mai presentarci una religione che racchiude nel suo principio fondamentale il germe delle pi fanatiche stte dannose alla societ? Sarebbe difficile mettere insieme in breve spazio tanti fatti, riflessioni e prove convincenti contro questerrore fondamentale del Protestantesimo, cos come ha fatto un autore protestante. Si tratta di OCallaghan, e non dubito che il lettore sar ben lieto che ne riporti le parole. Guidati egli dice i primi riformatori dal loro spirito di opposizione alla Chiesa romana, reclamarono ad alta voce il diritto dinterpretare le Scritture secondo il giudizio personale di ciascuno Ma, ansiosi di affrancare il popolo dallautorit del romano Pontefice, proclamarono questo diritto senza spiegazioni e senza restrizioni, e le conseguenze furono terribili. Impazienti di minare alla base la giurisdizione papale sostennero, senza porre limitazioni, che ogni individuo ha il diritto incontrastabile dinterpretare da se stesso la Sacra Scrittura. E siccome questo principio preso alla lettera non era sostenibile decise, per renderlo pi saldo, di rinforzarlo con un altro principio, quello cio che la Bibbia un libro facile e alla portata di tutti e che ci che vi di pi inscindibile dalla divina rivelazione di grande comprensione. Questi due princpi, sia che si considerino separatamente, che collegati tra loro, sono inadatti a reggere un serio attacco. Il giudizio privato di Muncero scopr nella Scrittura che i titoli nobiliari e le grandi propriet sono unusurpazione empia e contraria alluguaglianza naturale dei fedeli, ed invit i suoi seguaci ad esaminare se questo fatto corrispondeva o meno alla verit. I settari esaminarono la cosa, lodarono Dio e si misero quindi ad estirpare gli empi col ferro e col fuoco, impossessandosi dei loro beni. Il giudizio privato credette anche di aver scoperto nella Bibbia che le leggi stabilite erano una restrizione permanente della libert cristiana. Ed ecco Giovanni di Leyde gettare via gli attrezzi del mestiere, porsi alla testa di un plebaglia fanatica, conquistare la citt di Mnster, autoproclamarsi re di Sion e prendersi quattordici mogli in un sol colpo assicurando che la poligamia era una delle libert cristiane e il privilegio dei santi. Ma se la pazzia criminale dei cittadini di altre nazioni rattrista chi dotato di umanit e di un comune senso della piet, non lo consoler certo la storia dInghilterra durante un lungo tratto del diciassettesimo secolo. In questo periodo si lev una moltitudine di fanatici ora tuttinsieme, ora gli uni che seguivano gli altri, infiammati da dottrine stravaganti e da insane passioni: dal feroce delirio di Fox fino alla pazzia metodica di Barclay; dal formidabile fanatismo di Cromwel fino alla sciocca empiet di PraiseGodBarebones. La piet, la ragione e il buon senso parvero esiliati dal mondo, e vi si

erano posti in loro vece una stravagante confusione di voci, una frenesia religiosa ed uno zelo insensato. Tutti citavano la Scrittura, tutti pretendevano di avere avuto ispirazioni, visioni, estasi. E con lo stesso fondamento sia gli uni che gli altri lo reclamavano per vero. Si sosteneva con molto rigore che era necessario abolire il sacerdozio e la dignit reale perch i sacerdoti erano servi di Satana e i re i delegati della prostituta di Babilonia, e che lesistenza degli uni e degli altri era incompatibile col regno del Redentore. Questi fanatici condannavano la scienza come invenzione pagana, e le universit come seminari dellempiet anticristiana. Il Vescovo non era garantito dalla santit delle sue funzioni, n il re dalla maest del trono: luno e laltro erano oggetto di disprezzo e di odio e venivano scannati senza piet da quei fanatici, per i quali lunico libro era la Bibbia senza note e senza commenti. In quel tempo erano molto vivi lentusiasmo per lorazione, la predicazione e la lettura dei libri santi: tutti pregavano, tutti predicavano, tutti leggevano, ma nessuno ascoltava. Per mezzo della Sacra Scrittura si giustificavano le maggiori atrocit; nei pi normali impegni della vita si usava il linguaggio della Sacra Scrittura; negli affari interni della nazione e nei suoi rapporti esterni si trattava con frasi della Scrittura; con la Scrittura si tramavano cospirazioni, tradimenti, proscrizioni; e tutto veniva non solo giustificato, ma anche legittimato con citazioni della Sacra Scrittura. Questi fatti storici hanno spesso intimorito le persone oneste e sgomentato le anime pie; ma il lettore troppo imbevuto dei propri sentimenti dimentica la lezione contenuta in questesperienza terribile, cio che la Bibbia senza spiegazione e senza commenti non deve essere letta da uomini grossolani ed ignoranti . La maggior parte del genere umano deve accontentarsi di ricevere da altri linsegnamento, non essendole possibile avvicinarsi alle fonti della scienza. Quanto alle verit pi importanti in medicina, in giurisprudenza, in fisica, in matematica, deve riceverle da coloro che le attingono alle prime fonti; e per quanto riguarda il Cristianesimo generalmente sempre stato seguto lo stesso metodo. Ogniqualvolta si trascurato di attenervisi, la societ stata scossa fin dalle sue fondamenta. Queste parole di OCallaghan, che certamente non potranno essere tacciate diperboliche o magniloquenti, non hanno bisogno di commenti, non essendo altro che un semplice ed obiettivo resoconto di fatti abbastanza noti. Il solo ricordarli dovrebbe bastare per convincerci dei pericoli che comporta mettere nelle mani di chiunque la Sacra Scrittura senza note e senza commenti, come fa il Protestantesimo accreditando lerrore di ritenere che per lintelligenza del sacro testo sia inutile lautorit della Chiesa e che ogni Cristiano non ha bisogno daltro che di ascoltare ci che gli dettano insistentemente le sue passioni e i suoi deliri. Anche se il Protestantesimo non avesse commesso altro errore che questo, sarebbe gi sufficiente per condannarsi e biasimarsi da s: altro non pu dirsi di una religione che stabilisce un principio che provoca la sua stessa dissoluzione. Per valutare adeguatamente limprudenza con cui procede il Protestantesimo e la posizione falsa e pericolosa nella quale si messo nei confronti dello spirito umano non necessario essere teologi, n Cattolici: basta aver letto la Sacra Scrittura anche soltanto con latteggiamento di un letterato o di un filosofo. La

Bibbia: un libro che racchiudendo in un breve quadro lenorme spazio di quattromila anni e avanzando fino alla profondit del pi lontano avvenire comprende lorigine e i destini delluomo e delluniverso; che presentando la storia particolare di un popolo eletto rievoca nelle sue narrazioni e profezie gli sconvolgimenti dei grandi imperi; un libro in cui, accanto ai magnifici ritratti nei quali sono descritti la potenza, il lusso e lo splendore dei monarchi dOriente, vi la sobria pennellata con la quale descritta la semplicit dei costumi domestici, il candore e linnocenza di un popolo nella sua infanzia; dove lo storico narra, il dotto pronuncia serenamente le sue sentenze, lapostolo predica e il dottore insegna e dibatte; un libro dove un profeta dominato dallo Spirito divino tuona contro la corruzione e i traviamenti di un popolo, annuncia le terribili vendette del Dio del Sinai, piange inconsolabile la schiavit dei suoi fratelli, la devastazione e la lontananza della sua patria, racconta in un insolito e sublime linguaggio i magnifici spettacoli che nei momenti di estasi gli scorrevano davanti agli occhi attraverso foschi veli, misteriose figure, simboli oscuri e apparizioni enigmatiche che rappresentavano i grandi eventi della societ e le catastrofi della natura. Un libro, o piuttosto un insieme di libri, dove si rintracciano tutti gli stili e le pi diverse sfumature, si scorgono sparse o mescolate insieme la maest epica e la semplicit pastorale, lardore lirico e lequilibrio didattico, il passo grave e sostenuto della narrazione storica e la rapidit e vivacit del dramma. Un insieme di libri scritti in diversi tempi e luoghi, in varie lingue e nelle circostanze pi singolari e straordinarie: come potr non sconvolgere da capo a fondo la mente orgogliosa di chi ne scorre a tentoni le pagine ignorando i climi, i tempi, le leggi, gli usi e i costumi; oppressa da illusioni che la confondono, da immagini che la sorprendono, da espressioni linguistiche scritte in secoli molto remoti e quindi incomprensibili per chi conosce lEbreo e il Greco moderni? Che effetto possono produrre tutti questi aspetti qualora il lettore ritenga che la Sacra Scrittura sia un libro facilissimo che si presta allintelligenza di chiunque senza alcun problema; e che al presentarsi di qualche difficolt non sia necessario leggere i chiarimenti di qualcuno, bastandogli le proprie riflessioni oppure il raccogliersi in se stesso per dare attentamente ascolto allispirazione divina che gli sollever il velo che cela i pi alti misteri? Chi potr meravigliarsi che tra i Protestanti si siano visti dei visionari cos ridicoli e dei fanatici cos furiosi? (11)

CAPITOLO VIII Il fanatismo. Sua definizione. Sue relazioni col sentimento religioso. Impossibilit di distruggerlo. Mezzi per ridurlo. Il Cattolicesimo ha posto in pratica questi mezzi con molta prudenza. Osservazioni sui presunti fanatici cattolici. Veri caratteri dellesaltazione religiosa dei fondatori di ordini religiosi . _______________ Sarebbe ingiusto chiamare falsa una religione solamente perch tra i suoi seguaci ci sono dei fanatici. Significherebbe demolirle tutte, non essendo

possibile trovarne una che sia esente da questa piaga. Non qui il male, che cio da una religione vengano fuori dei fanatici; ma piuttosto nel fatto che essa li formi, li ecciti al fanatismo o spalanchi loro una porta attraverso la quale giungere ad esso. Se si osserva bene, nel fondo del cuore umano c un principio di fanatismo, e la storia delluomo ci fornisce tante di quelle prove che difficilmente si trover unaltra realt pi evidente di questa. Inventate una qualunque fantasticheria, raccontate la visione pi stravagante, elaborate il pi astruso sistema, abbiate per cura di dargli subito una parvenza religiosa. Allora potrete star sicuri che non vi mancheranno proseliti entusiasti che si prenderanno cura di sostenere i vostri dogmi e di divulgarli, e sposeranno la vostra causa con mente cieca e cuore ardente: questo significa che avrete sotto la vostra bandiera un gruppo di fanatici. Alcuni filosofi hanno scritto molte pagine di invettive contro il fanatismo e si sono impegnati a bandirlo dal mondo, ora dando agli uomini noiose lezioni filosofiche, ora impiegando contro il mostro tutta la forza di una micidiale oratoria. ben vero peraltro che alla parola fanatismo hanno dato unestensione cos ampia che in tale denominazione comprendono ogni tipo di religione. Ciononostante io credo che anche quando si fossero limitati a combattere il vero fanatismo, avrebbero fatto molto meglio, senza tanto affaticarsi, a dedicare un podi tempo a questa materia per esaminarla con spirito analitico, illustrandola dopo un attento esame senza pregiudizio, con equilibrio e moderazione. Se fossero stati filosofi giudiziosi e prudenti, vedendo che si trattava di un vizio inerente allo spirito umano avrebbero capito di avere ben poca speranza di bandire dal mondo il disgraziato mostro con i ragionamenti e leloquenza, perch finora non s mai visto che la filosofia sia riuscita a guarire alcuna di quelle gravi infermit che appartengono al patrimonio della stirpe umana. Fra tanti errori che ha commesso la filosofia del diciottesimo secolo uno dei pi gravi stata la mania dei tipi. Della natura delluomo, della societ, di tutto insomma si immaginata un tipo nella sua mente, e tutto ha dovuto adattarsi a quel tipo; e tutto ci che non ha potuto ripiegarsi ed adattarsi a quella forma ha ricevuto dalla filosofia una punizione tale che, come minimo, ha dovuto soffrire la pena della sua scarsa flessibilit. Ma allora: si pu negare che nel mondo vi sia del fanatismo? E molto pure! Potr negarsi che sia un male? E grave assai! Come si potrebbe estirpare? In nessuna maniera. Come si potr diminuirne la diffusione, ridurne la forza, frenarne la violenza? Fornendo alluomo una buona guida. E allora, non sar con la filosofia? Ora lo vedremo! Qual lorigine del fanatismo? Per prima cosa bisogna stabilire il vero significato di questa parola. Per fanatismo, se si prende nel senso pi comune, sintende una viva esaltazione dellanimo fortemente dominato da unopinione falsa o esagerata. Se lopinione vera e contenuta nei suoi giusti limiti non si giunge al fanatismo, e se talvolta vi si giungesse sarebbe per via dei mezzi che si adoperano nel difenderla; in tal caso sincorrer in un giudizio sbagliato dovuto al fatto che, trattandosi di unopinione vera, ci si sentirebbe autorizzati a far uso di quei mezzi, e questo porter ad un errore o ad una esagerazione. Ma se lopinione vera, se i mezzi per difenderla sono legittimi e loccasione opportuna,

in tal caso non si ha fanatismo per quanto grande sia lesaltazione dellanimo, per viva che ne sia lesuberanza, vigorose le forze che simpiegano e gravosi i sacrifici cui si va incontro. In questo caso vi sar entusiasmo nellanimo, eroismo nellazione, ma mai fanatismo; altrimenti gli eroi di tutti i tempi e di tutti i paesi sarebbero bollati col nome infamante di fanatici. Inteso cos nella sua generalit, il fanatismo si estende a tutti gli oggetti di cui si occupa lo spirito umano; e cos vi sono fanatici in materia di religione, nella politica, e perfino nelle scienze e nella letteratura. Tuttavia il significato pi pertinente della parola fanatismo, non solo in senso etimologico, ma anche nelluso comune, quando si applica a materie religiose. Per questo motivo il solo nome di fanatico, senza alcuna aggiunta, esprime un fanatico in religione; quando invece si applica ad altre materie deve essere accompagnato da ci che lo qualifica: cos si dice fanatici politici, fanatici in letteratura, ed altre simili espressioni. Non c dubbio che riguardo alla religione luomo abbia una notevole propensione a lasciarsi dominare da unidea, ad esaltarsi nellanimo in favore di essa, a trasmetterla a quanti gli stanno intorno, a propagarla ovunque, giungendo spesso ad impegnarsi nel comunicarla agli altri anche con i mezzi pi violenti. Pur se in minor misura ci avviene anche nelle materie non religiose; ma innegabile che in quelle religiose il fenomeno acquista un carattere che lo distingue da quanto accade in altri campi. Nelle cose di religione lanima delluomo acquista una nuova forza, unenergia terribile, unespansione senza limiti: per lui non vi sono difficolt, non vi sono ostacoli o imbarazzi di alcun genere. Glinteressi materiali spariscono del tutto, i maggiori patimenti diventano attraenti, sono nulla i tormenti e la stessa morte costituisce un evento che non ripugna. Il fenomeno assume varie forme secondo le persone nelle quali si verifica e secondo le idee e i costumi del popolo in mezzo al quale avviene, ma fondamentalmente rimane lo stesso; e se esaminiamo la cosa alla sua radice troveremo che, tanto le violenze dei settari di Maometto, quanto le stravaganze dei discepoli di Fox hanno la stessa origine. Qui accade ci che avviene nelle altre passioni, le quali se producono i peggiori mali perch deviano dalloggetto legittimo o vi si dirigono con mezzi che non sono conformi a ci che la ragione e la prudenza suggeriscono. Se si osserva bene, il fanatismo non altro che il sentimento religioso deviato; sentimento che luomo porta con s dalla culla al sepolcro ed diffuso nella societ in tutti i periodi della sua esistenza. Finora stato sempre vano limpegno di rendere irreligioso luomo: ora luno ora laltro individuo si lasciato andare ai deliri duna completa irreligione, ma la gente ha sempre protestato contro quellindividuo che affoga nel cuore il sentimento religioso. Poich questo sentimento tanto forte, vivo, potente nellesercitare sulluomo uninfluenza illimitata, che appena si allontana dal suo legittimo oggetto, appena fuorvia dal giusto sentiero produce subito risultati funesti: conseguenza immediata del combinarsi di due cause atte a provocare i pi grandi disastri: la cecit assoluta dellintelletto, ed una irresistibile energia nella volont.

Quando si incominciato a predicare contro il fanatismo una buona parte dei Protestanti e dei filosofi non si fatta scrupolo di attribuire alla Chiesa cattolica questa fama, bench avrebbe dovuto certamente parlarne con maggiore circospezione, almeno in ossequio alla buona filosofia. Senza dubbio la Chiesa non si glorier di aver potuto curare tutte le follie degli uomini; come non pretender certo di aver bandito del tutto il fanatismo di mezzo ai suoi figli in modo tale da non essersi pi visti di quando in quando alcuni fanatici nel suo seno. Si pu gloriare per, come nessunaltra religione, di essersi impegnata al massimo per curare questo vizio dello spirito umano. certo inoltre che essa ha preso le sue misure in modo da bloccare sul nascere un principio di fanatismo, circoscrivendolo in modo tale che potr delirare per qualche tempo, ma non produrr mai conseguenze disastrose. Questi traviamenti dellintelletto, questi sogni di delirio che col passar del tempo, se allevati e rinvigoriti, trascinano luomo alle peggiori stravaganze e perfino ai pi orribili delitti, si spengono normalmente sul nascere quando nel fondo dellanima risiede la saggia persuasione della propria debolezza e il rispetto e la sottomissione ad unautorit infallibile. E sebbene talvolta non si giunge a soffocare il delirio sul nascere, almeno rimane isolato e circoscritto a certi fenomeni pi o meno verosimili, lasciando per intatto il deposito della vera dottrina e senza rompere quei vincoli che uniscono strettamente tutti i fedeli come membra del medesimo corpo. Si tratta di rivelazioni, di visioni, di profezie, di estasi? Finch tutto questo mantiene un carattere privato e non si estende alle verit della fede, generalmente la Chiesa dissimula, si astiene dal prendervi parte e tace, lasciando ai critici la discussione dei fatti e ai comuni fedeli ampia libert di pensare ci che pi loro aggrada. Ma se le cose assumono un aspetto pi grave, se il visionario fa delle dichiarazioni su alcuni punti della dottrina, vedrete immediatamente scendere in campo lo spirito di vigilanza. La Chiesa tende attentamente lorecchio per ascoltare se vi sinserisce qualche voce che faccia deviare dallinsegnamento del divino Maestro; fissa unocchiata osservatrice sul nuovo predicatore per vedere se in lui si manifesta luomo allucinato ed errante in materia di dogma, o si cela il lupo coperto con pelle di pecora. In tal caso alza subito il grido, avverte tutti i fedeli dellerrore o del pericolo, e chiama con la voce del pastore la pecorella smarrita. Se questa non ascolta, se vuole seguire i suoi capricci allora la separa dal gregge, la dichiara come lupo, e dallora in poi lerrore e il fanatismo saranno lontani da chiunque voglia perseverare nel seno della Chiesa. I Protestanti non mancheranno certamente di rinfacciare ai Cattolici la moltitudine di visionari che ha avuto la Chiesa, ricordando le rivelazioni e le visioni di molti santi che veneriamo sugli altari. Allo stesso modo ci rinfacceranno il fanatismo che non ha riguardato solo una cerchia limitata perch secondo loro stato sufficiente a produrre i pi notevoli effetti. I soli fondatori degli ordini religiosi diranno essi non presentano forse lo spettacolo di un gruppo di fanatici che, esaltati essi stessi, esercitavano sugli altri con la loro parola e il loro esempio linfluenza pi seduttrice che mai si sia vista? Siccome non questo il luogo per trattare diffusamente il fenomeno delle comunit religiose, cosa che mi propongo comunque di fare in unaltra parte di questopera, mi limiter ad

osservare che anche ammettendo che tutte le visioni e rivelazioni dei nostri santi e le ispirazioni del cielo di cui si credevano favoriti i fondatori degli ordini religiosi altro non fossero che pura illusione, gli avversari non avrebbero per questo maggior ragione dimputare alla Chiesa cattolica laccusa di fanatismo. Gi abbiamo visto pocanzi che per quanto riguarda le visioni di una persona, finch sono limitate alla sfera individuale, vi potr essere illusione e, se proprio si vuole, anche fanatismo; ma sar un fanatismo che non far danno a nessuno e non giunger mai a produrre disastri nella societ. Che una povera donnicciola si creda favorita con particolari benefci dal cielo; che si figuri di ascoltare con frequenza la parola della Vergine; che simmagini di parlare con gli angeli e che questi le portino ambasciate da parte di Dio: tutto questo potr eccitare la credulit degli uni e il sarcasmo degli altri, ma senza alcun dubbio non coster alla societ n una goccia di sangue, n una sola lacrima. E i fondatori degli ordini religiosi, quali segnali ci dnno di fanatismo? Anche se prescindessimo dal profondo rispetto che meritano le loro virt e dalla gratitudine che lumanit deve loro per glinestimabili benefci che le hanno dispensato; anche se volessimo supporre che singannarono in tutte le loro ispirazioni: potremmo chiamarli illusi, ma non fanatici. Difatti non troviamo in loro n frenesia, n violenza: sono uomini che diffidano di se stessi, che invece di credersi chiamati dal cielo per qualche grande impresa non ardiscono di dare inizio allopera senza essersi prostrati ai piedi del Sommo Pontefice, sottomettendo al suo giudizio le regole con cui pensavano di fondare il nuovo ordine, chiedendogli istruzione, assoggettandosi docilmente al suo giudizio, e nulla intraprendendo senzaverne da lui ottenuta licenza. E poi, che somiglianza vi mai tra i fondatori degli ordini religiosi e quei fanatici che si trascinano dietro una moltitudine di furibondi, i quali ammazzano e distruggono dappertutto lasciando ovunque tracce di sangue e di cenere? In un fondatore di ordini religiosi vediamo un uomo dominato fortemente da unidea che simpegna di condurre a termine a costo anche dei maggiori sacrifici: ma vediamo comunque unidea ferma portata avanti in un sistema ordinato in vista di un fine altamente religioso e sociale. Vediamo soprattutto questo sistema assoggettato al giudizio di unautorit, esaminato con discussione ponderata e corretto o ritoccato nel modo pi conforme alla prudenza. Un filosofo imparziale, qualunque siano le sue opinioni religiose, in tutto questo potr vedervi pi o meno illusione, pi o meno prevenzione, pi o meno prudenza e consiglio, ma non fanatismo, in nessun modo, perch qui non vi nulla che presenti una simile caratteristica (12).

CAPITOLO IX Incredulit e indifferenza religiosa introdotte in Europa dal Protestantesimo. Sintomi fatali che li manifestarono subito. Grande crisi religiosa avvenuta nellultima parte del diciassettesimo secolo. Bossuet e Leibnitz. I Giansenisti: loro influenza. Dizionario di Bayle: osservazioni sullepoca di tale pubblicazione. Condizione deplorevole delle credenze tra i Protestanti.

_______________ Il fanatismo settario, nutrito e ravvivato in Europa dal Protestantesimo con lispirazione privata, sicuramente una piaga profonda e molto grave; nonostante ci la sua natura non altrettanto maligna e spaventosa quanto quella dellincredulit e dellindifferenza religiosa: mali funesti nelle societ moderne derivanti in gran parte dalla pretesa riforma. Radicati nel principio medesimo che forma la base del Protestantesimo, generati o provocati dallo scandalo di tante e cos stravaganti stte che si definiscono cristiane, questi mali cominciarono gi a manifestarsi con gravi sintomi nello stesso sedicesimo secolo. Con landar del tempo giunsero a diffondersi grandemente infiltrandosi in tutti gli ambienti scientifici e letterari, trasmettendo al parlare comune le loro espressioni e significati e mettendo in pericolo tutte le conquiste che il genere umano aveva fatte nellarco di molti secoli a vantaggio della civilt e della cultura. Nello stesso sedicesimo secolo, nel fervore delle guerre religiose e delle dispute accese dal Protestantesimo, lincredulit prendeva sempre pi piede in modo da creare forti preoccupazioni, ed probabile che fosse ancora pi diffusa di quanto sembrava, perch non le parve opportuno levarsi subito la maschera quando la fede religiosa era ancora cos profondamente radicata. molto probabile che lincredulit si coprisse col manto della riforma e che, ora mettendosi sotto la bandiera di una setta, ora passando a quella dunaltra, concertasse dindebolirle tutte per innalzare il suo trono sulla distruzione totale delle credenze. Non c bisogno di molta logica per passare dal Protestantesimo al Deismo; e da questo allAteismo non vi che un passo. E c da credere che quando apparvero i nuovi errori non fossero poche le persone coerenti che percorsero il cammino fino alle estreme conseguenze. La religione cristiana, cos come la concepiscono i Protestanti, una specie di sistema filosofico pi o meno ragionevole, per cui esaminata a fondo perde il carattere divino: in tal caso, come potr proporsi a guida di un animo che alla riflessione ed alla meditazione unisca lo spirito dindipendenza? E in verit, un solo sguardo allorigine del Protestantesimo era sufficiente per spingere fino allo scetticismo religioso tutti quegli uomini che, non essendo fanatici, non erano neanche strettamente ancorati allautorit della Chiesa. In realt il linguaggio e la condotta dei fondatori delle stte era tale da far nascere istintivamente un forte sospetto: che costoro cio si burlassero di tutte le fedi cristiane e che camuffassero il loro ateismo o indifferenza con il diffondere strane dottrine che servissero di pretesto per procurarsi proseliti; e che infine compilassero i loro scritti con la pi grande malafede mascherando la loro perfida intenzione di alimentare nellanimo dei loro seguaci il fanatismo di setta. Questo ci che il semplice buon senso sugger al padre del celebre Montagne, il quale sebbene accettasse solamente i primi princpi della riforma diceva: questo inizio dinfermit va a degenerare in un esecrabile ateismo. Testimonianza importantissima custodita da uno scrittore che per certo non era n debole n fanatico, cio suo figlio Montagne (Saggi di Montagne libro 2, capo 12). Questuomo, che con tanto criterio giudicava la vera inclinazione del

Protestantesimo non previde tuttavia che suo figlio avrebbe costituito una conferma di tali predizioni. Tutti sanno infatti che Montagne fu uno dei primi scettici di grande fama che si distinsero in Europa. In quei tempi bisognava guardarsi dal manifestarsi ateo o indifferente pure fra gli stessi Protestanti; ma anche se facile sospettare che non tutti glincreduli ebbero la temerit di Gruet, non deve certo costare molta fatica dar fede al celebre Toletano Chacon, quando alcuni anni oltre la met del sedicesimo secolo diceva che leresia degli atei, di coloro che nulla credono, era molto forte in Francia, ed anche in altre parti. Le controversie religiose continuavano a richiamare lattenzione di tutti i dotti dEuropa, e intanto la cancrena dellincredulit avanzava in un modo spaventoso che circa alla met del diciassettesimo secolo il male si presentava sotto un aspetto terribile. Chi non ha letto con orrore i profondi pensieri di Pascal sullindifferenza in materia di religione? Chi non ha conosciuto in essi quellaccento commosso che nasce dalla viva impressione provocata nellanimo dalla presenza di un male terribile? Sappiamo che a quel tempo le cose erano gi molto avanzate e che lincredulit si presentava quasi come una scuola da porsi accanto alle altre che in Europa si disputavano la preminenza. Gi da molto tempo, pi o meno camuffata, si era presentata nel Socinianismo: ma questo ancora non bastava, perch il Socinianismo portava pur sempre il nome di una setta religiosa, mentre lirreligione cominciava a sentirsi troppo forte per non pretendere di farsi gi chiamare col proprio nome. Gli ultimi decenni del diciassettesimo secolo ci presentano una forte crisi riguardo alla religione: crisi che forse non stata bene analizzata ma che si pu riconoscere attraverso fatti molto evidenti. Questa crisi si manifest come una stanchezza per le dispute religiose: stanchezza che mostr due tendenze diametralmente opposte e tuttavia del tutto naturali: luna, di dirigersi verso il Cattolicesimo, e laltra verso lateismo. Tutti sanno quanto si fosse disputato sulla religione fino a quei tempi. Le controversie religiose erano diventate di moda: basti dire che non formavano solamente loccupazione preferita degli ecclesiastici sia cattolici che protestanti, ma anche dei dotti laici; e questa smania era penetrata perfino nei palazzi di principi e re. Tante controversie naturalmente mettevano in luce il vizio radicale del Protestantesimo; e non potendo lintelletto mantenersi fermo su un terreno cos sdrucciolevole, doveva fare ogni sforzo per uscirne: o chiamando in aiuto il principio dellautorit, o abbandonandosi allateismo o ad una indifferenza totale. Queste due tendenze si fecero sentire in una maniera non equivoca. Quindi Bayle credette lEuropa abbastanza pronta per poter aprirvi una cattedra dincredulit e di scetticismo; dalla parte opposta intanto si era avviata una seria e vivace corrispondenza per favorire il ritorno dei dissidenti di Germania nel grembo della Chiesa cattolica. Gli studiosi conoscono le controversie che ebbero luogo tra il luterano Molano, Abate di Lockum, e Cristoforo, Vescovo di Tyna e poi di Neustadt. E perch non mancasse una testimonianza sullimportanza che avevano assunto le trattative si conserva ancora la corrispondenza, originata da queste trattative, tra due dei pi grandi uomini che contasse allora lEuropa nelle due confessioni: Bossuet e

Leibnitz. Ma il momento favorevole non era ancora giunto, e cautele di natura politica, che in vista dinteressi tanto grandi avrebbero dovuto dileguarsi, esercitarono invece una cattiva influenza sulla grande anima di Leibnitz, se vero che egli non pot conservare nel corso della discussione e delle trattative quella sincerit e buona fede, e quella elevatezza di princpi, con le quali sembrava che avesse cominciato. Comunque, sebbene la trattativa non sortisse buon esito, il solo averla intavolata indica gi abbastanza riguardo al grande vuoto scoperto nel Protestantesimo, considerando che i due uomini pi celebri della sua confessione, Molano e Leibnitz, avevano avuto il coraggio di fare dei passi cos avanzati. Certamente essi dovevano aver scorto nella societ che li circondava una forte disposizione a rientrare nel seno della Chiesa, altrimenti non si sarebbero compromessi in una trattativa di tale importanza. Si aggiunga a tutto questo la dichiarazione delluniversit luterana di Helmstad in favore della religione cattolica e i nuovi tentativi fatti per la riunificazione da parte di un principe protestante che si rivolse al Papa Clemente XI, ed avremo indizi fortissimi che la riforma gi si sentiva ferita a morte e che, se Dio avesse voluto che unopera cos grande fosse dipesa almeno in parte dalluomo, non sarebbe stato impossibile che, grazie alla convinzione che i dotti pi illustri si erano formata di quanto vi di dannoso nel sistema protestante, si procedesse speditamente per sanare le piaghe aperte allunit religiosa dai sovvertitori del sedicesimo secolo. Ma lEterno nei Suoi sommi pensieri aveva deciso diversamente; e permettendo che la corrente degli spiriti prendesse la direzione pi traviata e perversa volle castigare luomo col frutto del suo stesso orgoglio. E cos non fu la propensione allunit a dominare nel secolo successivo, bens il gusto per una filosofia scettica e indifferente riguardo a tutte le religioni, e nemica soprattutto della cattolica. In quei tempi si combinavano tra loro troppe funeste influenze, perch la propensione allunit potesse raggiungere lo scopo. Il numero in cui si erano divise e suddivise le stte protestanti era gi enorme; e quantunque sia vero che in questo modo il Protestantesimo sindeboliva, tuttavia essendo esso diffuso nella maggior parte dEuropa aveva inoculato il germe del dubbio religioso nella societ europea. E siccome non rimaneva pi alcuna verit che non avesse subto attacchi, e non vera pi da immaginare errore o capriccio che non avesse i suoi apostoli e i suoi proseliti, fu molto pericoloso che si diffondesse negli animi quello spossamento e languore che sopravviene sempre dopo grandi sforzi fatti inutilmente per conseguire un fine, e quella noia che viene prodotta da interminabili dispute e scandali disgustosi. Per colmo di sventura, perch la spossatezza e la noia fossero portate al pi alto grado sopravvenne una nuova sciagura che produsse i pi funesti effetti. I capi del Cattolicesimo combattevano con grande valore e notevole successo contro le riforme religiose dei Protestanti. In questa grande palestra le lingue, la storia, la critica, la filosofia: tutto ci che lumano sapere contiene di pi prezioso, di pi ricco e brillante, era stato messo in campo senza riserve; e i grandi uomini che si vedevano accorrere da ogni parte nei posti pi avanzati tra i difensori della Chiesa cattolica sembrava che la confortassero alquanto delle dolorose perdite che le agitazioni del sedicesimo secolo le avevano fatto sopportare. Ma ecco

che, mentre stringeva al suo seno tanti figli prediletti che di tale nome si gloriavano, not con sorpresa dolorosissima che alcuni di questi le si presentavano in atto ostile bench mascherato; e attraverso parole mal dissimulate e una condotta mal camuffata, non le fu difficile accorgersi che cercavano di assestarle un colpo mortale. Questi ribelli, professando sempre sottomissione e obbedienza, ma senza mai sottomettersi n obbedire; resistendo sempre allautorit della Chiesa, esaltando tuttavia continuamente questa medesima autorit e lodandone lorigine divina; nascondendo sagacemente sotto laspetto dello zelo nel ristabilire lantica disciplina, lodio a tutte le leggi e insegnamenti esistenti; erodendo i fondamenti della morale mentre ne lodavano con entusiasmo la purezza; mascherando con falsa umilt ed ostentata modestia lipocrisia e lorgoglio, chiamando fermezza lostinazione e integrit di coscienza lostinata cecit; questi ribelli dicevo presentavano laspetto pi pericoloso che avesse mai mostrato alcuna eresia. Le loro parole mielate, la simulata sincerit, il gusto per le cose antiche, la ricchezza di erudizione e di conoscenze avrebbero contribuito ad ingannare i pi cauti, se fin da principio i novatori non si fossero distinti per il carattere indelebile e inconfondibile di ogni setta originata dallerrore: lodio allautorit. Lottavano tuttavia di tanto in tanto contro i nemici dichiarati della Chiesa, difendevano con molto sfoggio di dottrina la verit dei sacri dogmi, citavano con rispetto e deferenza gli scritti dei santi padri, mostravano di apprezzare le tradizioni e venerare le decisioni conciliari e pontificie; e avendo sempre la strana pretesa di chiamarsi Cattolici quantunque lo smentissero con le parole e con la condotta, non abbandonando mai il singolare ripiego che adottarono fin dal principio, cio di negare lesistenza della loro setta, mostravano aglincauti lo scandalo di unopposizione di carattere dogmatico che aveva cos lapparenza di risiedere nel seno stesso del Cattolicesimo. Il Capo della Chiesa li dichiar eretici: tutti i veri Cattolici venerarono la decisione del Vicario di Ges Cristo e da ogni angolo del mondo cattolico si lev unanime il grido di anatema contro chiunque non avesse ascoltato il Successore di Pietro; essi per, ostinati nel negare tutto, tutto eludere e tergiversare in tutto, presentavano se stessi come un gruppo di Cattolici perseguitati dallo spirito di rilassamento, di abusi ed intrigo. Mancava questo nuovo scandalo perch il traviamento degli animi fosse completo e la cancrena inesorabile, che andava aumentando sempre pi, si diffondesse nella societ europea con la massima rapidit presentando le teorie pi terribili e spaventose. Tutto quel disputare sulla religione, la miriade e variet delle stte, lostilit tra i contendenti che disputavano su questo terreno dovettero infine provocare il disgusto per la religione stessa in coloro che non erano saldamente afferrati allncora dellautorit. E perch lindifferenza potesse elevarsi a sistema, lateismo a dogma e lempiet divenisse moda, mancava solo un uomo abbastanza efficiente per raccogliere, unire e presentare insieme labbondantissimo materiale che giaceva disperso in tante opere; e che sapesse passarvi sopra una mano di vernice filosofica secondo il gusto che cominciava a diffondersi allora, comunicando al sofisma e alla declamazione quella fisionomia seduttrice, quella svolta illusoria, quello splendore abbagliante che anche in mezzo ai maggiori traviamenti sincontrano sempre nelle produzioni del genio.

Questuomo apparve: era Bayle; e il clamore che suscit nel mondo il suo celebre dizionario, e il successo che ebbe fin da principio, mostrarono in modo eminente che lautore aveva saputo comprendere lopportunit del momento. Il dizionario di Bayle una di quelle opere che, anche prescindendo dal maggiore o minore merito scientifico e letterario, contribuiscono a formare unepoca; perch vi si raccoglie il frutto del passato e vi si tracciano con molta chiarezza le linee di un lungo ed esteso avvenire. In tali casi lautore non appare tanto per il proprio merito quanto per aver saputo trovarsi nel punto ideale per poter figurare come il rappresentate delle idee che anteriormente erano gi molto diffuse nella societ anche se andavano fluttuando senza una direzione stabilita, e procedendo come a caso. E allora il solo nome dellautore ricorda un vasto periodo storico perch egli ne la personificazione. La pubblicazione dellopera di Bayle pu considerarsi come la solenne inaugurazione della cattedra dellincredulit in Europa. I filosofi del diciottesimo secolo ebbero cos a portata di mano un abbondante repertorio che li fornisse di ogni genere di fatti ed argomenti. E perch non mancasse nulla, perch potessero restaurare i vecchi quadri, ravvivare i colori sbiaditi e spargere ovunque i prodigi dellimmaginazione e le sottigliezze dellingegno; perch infine non mancasse alla societ una guida che la conducesse per un sentiero coperto di fiori sino allorlo del precipizio, ecco che appena sceso Bayle nella tomba gi brillava allorizzonte letterario un giovinetto, il cui grande talento andava di pari passo con la temerit e la malizia: costui era Voltaire. stato necessario condurre il lettore fino allepoca da me ora indicata perch altrimenti non avrebbe potuto immaginare linfluenza che ebbe il Protestantesimo nel generare e radicare in Europa lirreligione, lateismo e quellindifferenza fatale che tanti danni arreca alle societ moderne. Non mia intenzione tacciare di empiet tutti i Protestanti, e riconosco con vero piacere la fermezza e la costanza con cui alcuni dei loro pi illustri dotti si sono opposti al progredire dellempiet. Non ignoro che gli uomini talvolta adottano un principio e ne rigettano le conseguenze, e in tal caso sarebbe uningiustizia collocarli nella stessa classe di quelli che difendono apertamente queste conseguenze; ma so pure che per quanto i Protestanti non vogliano confessare che il loro sistema conduce allateismo, non per questo la cosa cessa di essere certissima. Possono esigere da me che non critichi le loro intenzioni, ma non lamentarsi che io abbia svolto fino alle estreme conseguenze il loro principio fondamentale senza mai allontanarmi da ci che ci insegnano concordemente la filosofia e la storia. Abbozzare, anche se rapidamente, ci che accadde in Europa da quando apparve Voltaire sarebbe certamente fatica inutile, perch i fatti sono molto recenti e gli scritti su questa materia abbastanza noti, per cui se volessi parlarne difficilmente potrei evitare laccusa di copiare da altri. Mi riferir meglio e pi esattamente alloggetto propostomi presentando alcune riflessioni sullo stato attuale della religione nellmbito della pretesa riforma. Tra tanti sussulti e sconvolgimenti, nello stordimento trasmesso a tante teste quando le fondamenta di tutte le societ hanno vacillato e le pi robuste e ben solide istituzioni sono state smosse fin dalle fondamenta, e la stessa verit cattolica ha potuto sostenersi solo grazie al manifesto aiuto della mano

dellOnnipotente, facile capire quanto debba trovarsi a mal partito il debole edificio del Protestantesimo esposto a tanto forti e durevoli attacchi. Nessuno ignora il fenomeno delle innumerevoli stte che proliferano in Gran Bretagna, e la situazione deplorevole delle credenze tra i Protestanti della Svizzera anche sulle questioni fondamentali. E perch non rimanga alcun dubbio sul vero stato della religione protestante in Germania, che il suo paese natio dove si era stabilita come nel suo retaggio, il ministro protestante barone di Starch si preoccupato di farci sapere che in Alemagna non vi un sol punto della fede cristiana che non si veda attaccato apertamente dagli stessi ministri protestanti. Per la qual cosa leffettiva condizione del Protestantesimo mi sembra rappresentata fedelmente in concreto dal caso stravagante del ministro protestante J. Keyer, il quale nel 1818 pubblic unopera intitolata: Sguardo sulle confessioni di fede. Non sapendo come levarsi da quellimbarazzo che per i Protestanti causato dalladozione dun unico simbolo che li riunisca, propone un espediente semplicissimo che appiana certamente tutte le difficolt, e che consiste nel rigettarli tutti. Lunico mezzo che ha il Protestantesimo di sostenersi e di snaturare, per quanto possibile, il suo principio fondamentale, quello di allontanare la gente dalla via del libero esame, facendo s che resti attaccata alle credenze trasmesse con leducazione, e non lasciando intuire la contraddizione in cui incorrono quando si assoggettano allautorit di un semplice uomo, mentre rifiutano lautorit della Chiesa cattolica. Ma non precisamente questa la via che prendono le cose, anche se forse alcuni dei Protestanti si propongono di seguirla; e soltanto le societ bibliche, che con un ardore degno di miglior causa si affannano per diffondere in tutte le classi sociali la lettura della Bibbia, sono un forte ostacolo a che lanimo dei popoli non si assopisca. Ma questa diffusione della Bibbia un appello perenne al libero esame e allo spirito privato e finir certamente col dissolvere quanto ancora resta del Protestantesimo; bench forse, quando ci avverr, per la societ si preparino giorni di lutto e di pianto. Tutto questo non ignoto ai Protestanti, ed alcuni dei pi distinti tra loro hanno gi alzata la voce per segnalarne il pericolo (13).

CAPITOLO X Si risolve una questione importante sulla durata del Protestantesimo. Rapporti dellindividuo e della societ con lindifferentismo religioso. Le societ europee rispetto allIslamismo e al Paganesimo. Confronto tra il Cattolicesimo ed il Protestantesimo nella difesa della verit. Intima unione del Cristianesimo con la civilt europea. _______________ Dimostrata in modo cos evidente lintrinseca debolezza del Protestantesimo sorge spontanea una domanda: come mai pur essendo cos debole a causa del difetto che sta alla base della sua stessa natura, il Protestantesimo non si

dissolto completamente? Portando nel proprio seno un germe di morte, come ha potuto resistere ad avversari tanto potenti come la religione cattolica da una parte, e lirreligione e lateismo dallaltra? Per soddisfare completamente tale domanda necessario considerare il Protestantesimo sotto due aspetti: in quanto rappresenta una determinata credenza; oppure in quanto costituente un insieme di stte che, pur essendo molto diverse fra loro, sono per concordi nel definirsi cristiane, conservando qualche parvenza di cristianesimo e rifiutando tuttavia lautorit della Chiesa. Il Protestantesimo va considerato sotto questi due aspetti perch si sa bene che i suoi fondatori non solo simpegnarono a distruggere lautorit e i dogmi della Chiesa romana, ma procurarono anche di formare un sistema di dottrine che potesse servire come segno distintivo ai loro proseliti. Per ci che riguarda il primo aspetto, il Protestantesimo sparito quasi completamente, o per meglio dire spar gi sul nascere, se pure si pu dire che sia nato. Questa verit rimane sufficientemente dimostrata con gli argomenti che ho esposto sulle divisioni avvenute al suo interno e sul suo stato attuale nei vari paesi dEuropa; e col passar del tempo si avuta la conferma di quanto abbiano equivocato i pretesi riformatori allorch simmaginarono di poter fissare le colonne dErcole dello spirito umano, per citare lespressione di una letterata protestante, cio Madame de Stal. E infatti, chi difende oggi le dottrine di Lutero e di Calvino? Chi rispetta i confini chessi fissarono? Fra tutte le chiese protestanti, ce n una che si distingua dalle altre per lo zelo che pone nel conservare alcuni di quei dogmi? Qual il Protestante che non si faccia beffe della divina missione di Lutero, o creda che il Papa sia lAnticristo? Chi tra loro veglia per la purezza della dottrina, chi definisce gli errori, chi si oppone al proliferare delle stte? Chi riesce a percepire nei loro scritti o dai pulpiti laccento energico della persuasione e lo zelo della verit? Quale notevole differenza quando le chiese protestanti vengono paragonate alla Chiesa cattolica! Interrogatela, la Chiesa cattolica, sulle sue credenze e sentirete dalla bocca del successore di Pietro, Gregorio XVI, quello stesso che ud Lutero dalla bocca di Leone X; fate il confronto della dottrina di Leone X con quella dei suoi predecessori, e vi troverete condotti in linea retta e sempre per la stessa strada fino agli Apostoli, e fino a Ges Cristo. Tentate dimpugnare un dogma? Intorbidate la purit della morale? La voce degli antichi padri tuoner contro i vostri traviamenti; e bench stiamo nel diciannovesimo secolo vi sembrer che siano sorti dalle loro tombe gli antichi Leoni e Gregori. Se la vostra volont debole, troverete indulgenza; se il vostro merito grande, vi si tributeranno con profusione gli ossequi; se la vostra posizione sociale elevata, sarete trattati con tutti i riguardi. Ma se abusando dei vostri talenti volete introdurre qualche novit nella dottrina; se approfittando del vostro prestigio esigete qualche rinuncia in materia di dogma; e se per evitare disordini, prevenire scissioni, conciliare gli animi, chiedete un compromesso o almeno uninterpretazione ambigua: questo non sia mai, vi risponder il Successore di San Pietro, questo non sia mai; la fede un deposito sacro che noi non possiamo alterare; la verit immutabile, una . E alla parola del Vicario di Ges Cristo svaniranno tutte le vostre speranze, e ad essa si uniranno le voci di nuovi

Atanasi, Ambrogi, Girolami ed Agostini. Sempre la medesima fermezza nella medesima fede, sempre la stessa immutabilit, sempre la stessa energia per conservare intatto il sacro deposito, per difenderlo contro gli attacchi degli errori, per insegnarlo in tutta la sua purezza ai fedeli, per trasmetterlo senza macchia alle generazioni future. Sar cecit o fanatismo questa ostinazione? Ah! Diciotto secoli gi trascorsi, il crollo degli imperi, i pi spaventosi sconvolgimenti, la pi grande diversit didee e di costumi, le persecuzioni delle potenze della terra, le tenebre dellignoranza, gli urli delle passioni, la luce delle scienze: tutte queste cose non sarebbero bastate per illuminare questa cecit, per indebolire questa ostinazione, per raffreddare questo fanatismo? Senza dubbio uno studioso protestante, uno di quelli che sappiano elevarsi al di sopra dei pregiudizi derivanti dalla sua educazione, trovandosi a riflettere su questo confronto (del quale non potr fare a meno di riconoscere la verit e lesattezza), se ha qualche conoscenza della materia avr forti dubbi riguardo alla verit dellinsegnamento che ha ricevuto, e certamente gli verr il desiderio di esaminare da vicino questo grande prodigio che si riscontra nella Chiesa cattolica. Ma ritorniamo allargomento. Nonostante la dissoluzione che si estesa in un modo cos grave fra le stte protestanti e che andr estendendosi sempre pi, non desta alcuna meraviglia che, fino a quando non sar giunto il momento del ritorno dei dissidenti alla Chiesa cattolica, non sparisca del tutto il Protestantesimo considerato come ununione di stte che conservano il nome di cristiane e qualche elemento di Cristianesimo. Perch ci non accada occorrerebbe: o che i popoli protestanti si perdessero completamente nella irreligione e nellateismo; oppure che si affermasse al loro interno qualche altra religione di quelle che vengono professate in altre parti della terra. Questi due estremi sono impossibili: ed ecco il motivo per cui si conserva, e si conserver sotto una o laltra forma, il falso Cristianesimo dei Protestanti, finch non ritornino allovile della Chiesa. Sviluppiamo pi ampiamente questi concetti. Perch i popoli protestanti non si perderanno per intero nella irreligione e nellateismo, oppure nellindifferenza? Perch tutto questo pu accadere a un individuo, ma non ad un intero popolo. A forza di letture corrotte, di meditazioni stravaganti, di ostinazione continua, un individuo pu soffocare i pi vivi sentimenti del cuore, far tacere gli avvertimenti della coscienza e sottrarsi alle preziose ammonizioni del senso comune; ma un popolo no. Un popolo conserva sempre quel fondo di purezza e docilit che in mezzo ai pi funesti traviamenti ed anche ai delitti pi atroci gli fa porgere lorecchio alle ispirazioni della natura. Per quanto gli uomini siano corrotti nei loro costumi, e stravaganti le loro opinioni, sono sempre pochi coloro che di proposito lottino con se stessi per strappare dal loro cuore quel germe rigoglioso di buoni sentimenti, quel prezioso vivaio di buoni princpi con cui la mano soccorritrice del Creatore ha voluto arricchire le nostre anime. vero che il fuoco delle passioni nel suo propagarsi produce tristi disordini, e forse anche terribili deflagrazioni; ma passato che sia il calore della passione luomo rientra in se stesso, e gi lanima sua di nuovo accessibile agli accenti della ragione e della virt. Studiando attentamente la societ si osserva che per fortuna poco numerosa quella categoria di uomini insensibili agli appelli della verit e del bene, che rispondono

con futili sottigliezze ai richiami del buon senso, che oppongono un freddo stoicismo alle pi dolci e generose ispirazioni della natura e che ostentano come modello di filosofia, di fermezza e di elevazione dellanima lignoranza, lostinazione e laridit di un gelido cuore. Il tipo comune degli uomini pi semplice, pi schietto, pi naturale; e perci mal si conf con un sistema di ateismo o dindifferenza. Un sistema del genere potr impadronirsi dellanima orgogliosa di qualche dotto sognatore, potr diffondersi come unopinione conveniente nella dissipatezza della giovent, potr in periodi di disordini estendersi ad una certa cerchia di teste impulsive; ma non succeder mai che si possa stabilire pacificamente in una societ e diventarne la normale condizione. No, mille volte no: un individuo pu essere irreligioso, la famiglia e la societ non lo saranno mai. Senza una base sulla quale possa poggiare ledificio sociale, senza un grande principio originario da cui nascono le idee di ragione, virt, giustizia, dovere, diritto (idee tanto necessarie allesistenza e conservazione della societ come il sangue e il cibo lo sono alla vita dellindividuo), sparirebbe la societ. Senza i dolcissimi vincoli con cui i componenti della famiglia sono uniti insieme dalle idee religiose, senza la celeste armonia che queste spargono in tutto il complesso delle sue relazioni, la famiglia cessa di esistere o tuttal pi un groviglio grossolano, momentaneo, del tutto simile alla convivenza tra animali. Fortunatamente il Signore ha dotato tutti gli esseri di un istinto meraviglioso di conservazione, guidate dal quale la famiglia e la societ rigettano con sdegno quelle idee abiette che, inaridendo col suo alito pestifero la linfa vitale, spezzando tutti i vincoli e sconvolgendo tutto il sistema, le farebbero retrocedere ben presto fino alla pi spregevole barbarie, e finirebbero col disperderne le membra come al soffio del vento si disperdono i granelli di sabbia, finendo per non avere pi tra loro alcun legame n relazione. E se non si riesce con le considerazioni fatte riguardo alluomo e alla societ, almeno i continui insegnamenti dellesperienza dovrebbero disingannare certi filosofi sul fatto che le idee ed i sentimenti scolpiti nel cuore dal dito dellAutore della natura non vengono sradicati dai discorsi retorici e dai sofismi. Che se alcuni effimeri trionfi hanno potuto talvolta insuperbirli infondendo esagerate speranze sulla riuscita dei loro sforzi, il corso delle idee e degli avvenimenti ha sbito mostrato che, quando esaltavano con folle allegria il loro trionfo, erano simili ad un insensato che si lusinga di aver espulso dal mondo lamore materno solo perch riuscito a pervertire il cuore di alcune madri. La societ (e badate che non dico il popolo o la plebe, ma la societ) se non religiosa, sar superstiziosa; se non crede in cose ragionevoli, creder in altre cose stravaganti; se non ha una religione discesa dal cielo, ne avr una fabbricata dagli uomini. Pretendere il contrario da insensati; lottare contro questa inclinazione significa lottare contro una legge eterna. Sforzarsi di fermarla lo stesso che opporre una debole mano per fermare lavanzare di un corpo che si muove con una forza immensa: la mano sparisce e il corpo prosegue il suo percorso. Si chiami pure superstizione, fanatismo, seduzione, che tutto potr servire a dare sfogo al dispetto di vedersi beffato: non altro che accumulare nomi e percuotere il vento. Essendo la religione, come di fatto , una reale necessit, abbiamo gi la

spiegazione di un fenomeno che ci viene presentato dalla storia e dallesperienza: che la religione cio non sparisce mai completamente. Nel caso di un mutamento, le due religioni rivali lottano per un certo tempo sullo stesso terreno, occupando una delle due i territori che va progressivamente conquistando allaltra. Dedurremo quindi che per far scomparire del tutto il Protestantesimo sarebbe necessario che si presentasse al suo posto qualche altra religione; e non essendo questo possibile, almeno nellattuale societ, a meno che non si tratti della cattolica, le stte protestanti continueranno ad occupare, con alcune eventuali variazioni, i paesi che hanno conquistato. Ma nello stato attuale della civilt delle societ protestanti, potr mai accadere che le sciocchezze del Corano o le vigliaccherie dellidolatria guadagnino terreno? Diffuso com lo spirito del Cristianesimo nel tessuto delle societ moderne; avendo impresso il proprio sigillo in tutte le legislazioni e sparse le sue luci in ogni campo della conoscenza umana; unito il proprio linguaggio a quello di tutti gli idiomi; regolati i costumi delle societ con le sue norme, e perfino la foggia degli abiti e i comportamenti; contrassegnato con le sue ispirazioni tutte le opere del genio comunicandone il gusto a tutte le belle arti: in una parola, avendo il Cristianesimo permeato di s tutti gli aspetti e manifestazioni di quella civilt cos grande, varia e feconda di cui si gloriano le societ moderne, come potrebbe sparire perfino il nome di una religione che alla sua venerabile autorit unisce tanti motivi di gratitudine, tanti obblighi, tante memorie? Com possibile che nelle societ cristiane venga ben accolta una di quelle altre religioni che gi a prima vista rivelano la loro origine umana, che manifestano subito come loro distintivo un marchio grossolano dove scritto abiezione ed avvilimento? Bench il principio fondamentale del Protestantesimo corroda le fondamenta della religione cristiana, per quanto ne sfiguri la bellezza e ne deprima la sublime maest, ci nonostante purch siano conservate alcune vestigia del Cristianesimo, lidea di Dio e qualche precetto della sua morale, queste vestigia valgono di pi, e si elevano ad altezze molto superiori a quelle di tutti i sistemi filosofici e di tutte le altre religioni della terra. Ecco perch il Protestantesimo ha conservato qualche parvenza di religione cristiana: per nessun altro motivo che quello dellimpossibilit, considerato lo stato delle nazioni che presero parte allo scisma, che sparisse del tutto il nome Cristiano. Ed perci che non dobbiamo cercarne la ragione in nessun principio vitale appartenente alla pretesa riforma. A tutto ci si aggiungano gli interessi politici, lattaccamento naturale dei ministri ai loro propri interessi, la forza con cui lorgoglio lusingato dalla mancanza di ogni autorit, i resti di antichi pregiudizi, linfluenza delleducazione ed altre simili cause, e avremo una spiegazione completa della questione. Non sembrer quindi strano che il Protestantesimo continui ad occupare molti di quei paesi in cui, per delle fatali circostanze, giunse a stabilirsi e a piantarvi le radici.

CAPITOLO XI

Dottrine del Protestantesimo. Loro classificazione in positive e negative. Fenomeno singolarissimo: la civilt europea ha rigettato uno dei dogmi pi importanti dei fondatori del Protestantesimo. Importante servizio svolto dal Cattolicesimo per la civilt europea con la difesa del libero arbitrio. Carattere dellerrore. Carattere della verit. _______________ Non c miglior prova della profonda debolezza insita nel Protestantesimo, considerato come corpo di dottrina, quanto la poca influenza che le sue dottrine positive hanno esercitato sulla civilt europea. Chiamo dottrine positive quelle in cui ha cercato di formare un proprio dogma, e che distinguo dalle altre che potremo chiamare negative perch non consistono in altro che nella negazione dellautorit. Queste ultime hanno trovato accoglienza in quanto adattate allincostanza e volubilit dello spirito umano, ma le dottrine positive no: di esse tutto sparito con i suoi autori, ed rimasto sepolto nelloblio. Se alcunch di Cristianesimo si conservato tra i Protestanti, solamente qualcosa di indispensabile per non far perdere completamente alla civilt europea la sua natura e il suo carattere; infatti quelle dottrine che tendevano troppo apertamente a snaturare questa civilt sono state rigettate, o per meglio dire disprezzate, dalla stessa civilt. A questo proposito si pu richiamare lattenzione su un fatto degno di essere riportato come esempio, sul quale forse non si riflettuto quanto merita: si tratta della dottrina sulla libert umana elaborata dai primi novatori. Tutti sanno che uno dei primi e pi gravi errori di Lutero e di Calvino consistette nel negare il libero arbitrio, trovandosi contenuto questo funesto insegnamento nelle loro opere che ci sono giunte. Sembrava che questa dottrina dovesse diffondersi tra i Protestanti col massimo credito, e che dovesse mantenersi per sempre; perch normalmente accade cos per quegli errori che costituiscono il primo nucleo nella fondazione di una setta. E sembrava anche che, essendosi il Protestantesimo diffuso grandemente dopo aver gettate le radici in molte nazioni dEuropa, questa dottrina fatalista dovesse anche influire fortemente nella legislazione delle nazioni protestanti. Eppure, cosa mirabile! nulla accaduto di tutto questo. I costumi europei lhanno disprezzata, la legislazione non ha voluto accoglierla come principio basilare, e la societ non si lasciata dominare n regolare da un principio che minava tutte le fondamenta della morale e che, se fosse stato accolto dalla legislazione e dai costumi, avrebbe sostituito alla civilt e alla dignit europea la barbarie e labiezione musulmana. Indubbiamente non sono mancati individui corrotti da questa funesta dottrina, n stte pi o meno numerose che labbiano accolta; e non si pu neppure negare che le piaghe da essa aperte alla moralit di alcuni popoli siano molto gravi. Ma altrettanto certo che nella generalit della grande famiglia europea i governi, i tribunali, lamministrazione, la legislazione, le scienze, i costumi non hanno dato ascolto allinsegnamento orribile di Lutero col quale spoglia luomo del libero arbitrio, fa Dio autore del peccato e riversa sul Creatore tutta la responsabilit dei delitti della creatura umana. In esso Dio viene presentato

come un tiranno poich si afferma che i Suoi precetti sono impossibili da seguire; si confondono scelleratamente le idee del bene e del male e si elimina lo stimolo di ogni virt, assicurando che per salvarsi sufficiente la sola fede e che tutte le opere dei giusti sono peccati. A questo punto la ragione comune, il buon senso e i costumi si misero dalla parte del Cattolicesimo, e gli stessi popoli che per la loro religione abbracciavano in teoria queste funeste dottrine, generalmente nella pratica le rigettarono: perch era troppo profondo il marchio che linsegnamento cattolico aveva lasciato su questi punti fondamentali, era troppo vivo listinto di civilt che le dottrine cattoliche avevano innestato nella societ europea. Da ci deriva che la Chiesa cattolica, rigettando i funesti errori diffusi dal Protestantesimo, preserv la societ dallavvilimento al quale portano i princpi fatalisti; si costitu barriera contro il dispotismo, che sempre sorge tra i popoli che hanno perduto il sentimento della loro dignit; si pose come argine contro la corruzione che si diffonde inevitabilmente quando luomo si crede trascinato da una cieca fatalit come da una catena di ferro; e in tal modo sollev lo spirito da quellabbattimento in cui luomo cade quando si sente privato della guida della propria condotta e della propria influenza nel corso degli avvenimenti. Il Papa, condannando gli errori di Lutero che formavano il nucleo del nascente Protestantesimo, diede lallarme contro limbarbarimento nel piano delle idee, salvando in tal modo la morale, le leggi, lordine pubblico e la societ. Per cui il Vaticano, col tutelare alluomo il nobile sentimento della libert nel santuario della sua coscienza, ne preserv la dignit; e la cattedra di Roma, lottando contro le idee protestanti e difendendo il sacro deposito affidatole dal Divino Maestro, fece nello stesso tempo da nume tutelare del futuro progresso della civilt. Voi che parlate delle dispute religiose con fredda indifferenza o con atteggiamenti di scherno e di compassione come se non si trattasse daltro che di stravaganze di scuole filosofiche, riflettete su queste grandi verit, e comprendetele bene. I popoli non vivono di solo pane, ma anche didee e di precetti i quali, convertiti in prassi, o trasmettono ai popoli stessi la loro grandezza, il vigore e la gagliardia, o li indeboliscono, li prostrano e li condannano alla nullit e alla condizione di bruti. Volgete lo sguardo sul mondo, scorrete le epoche della storia dellumanit, mettete a confronto epoca con epoca e nazione con nazione e vedrete che la Chiesa, dando tanta importanza alla conservazione della verit nelle materie pi trascendentali, e non transigendo mai su questo punto, ha compreso e seguto meglio di chiunque altro la sublime e salutare regola che la verit la regina del mondo, che dallordine delle idee dipende lordine dei fatti, e che quando si agitano questioni sulle grandi verit entrano in gioco i destini e gli interessi dellumanit. Ricapitoliamo quanto si detto. Il principio essenziale del Protestantesimo un principio dissolutore: qui sta la causa del suo continuo variare, della sua decadenza e annientamento. Come religione particolare il Protestantesimo gi non esiste perch non ha nessun dogma proprio, nessun carattere positivo, nessuna struttura, nulla di quanto necessario a costituire un organismo vitale: una negazione totale. Quanto in esso si trova che si possa chiamare positivo altro non che vestigia e rovine; manca qualunque principio di forza, di azione,

di spirito, di vita. Non si pu mostrare un edificio che sia stato da esso innalzato, non pu mettersi fra quelle opere immense tra le quali pu invece situarsi con tanta gloria il Cattolicesimo e dire: questo mio. Il Protestantesimo pu solamente collocarsi in mezzo a spaventose rovine e di queste s, che pu dire senza mentire: le ho accumulate io. Finch dur il fanatismo di questa setta, fintanto cio che ardeva la fiamma alimentata da focose invettive e ravvivata da circostanze funeste, ostent una certa forza la quale, sebbene non consistesse in una effettiva robustezza, mostrava almeno la convulsiva energia del delirio. Ma trascorso quel periodo lazione del tempo ha disperso gli elementi che davano alimento allincendio; e per quanto si sia fatto per accreditare la riforma come opera di Dio non si potuto nascondere ci chera in realt: lopera delle passioni delluomo. N devono illudere i tentativi attualmente in atto: essi non sono portati da un Protestantesimo ancora vitale, ma dalla falsa filosofia, eventualmente dalla politica o dal meschino interesse, che del Protestantesimo prendono il nome e il manto per mascherarsi; e sapendo quanto ci sia utile per suscitare scompigli, provocare scissioni e disgregare le societ, vanno raccogliendo lacqua dalle pozzanghere che sono rimaste contaminate dalle sue impure rovine, nella certezza che questa sar un potentissimo veleno che dar la morte a quei popoli incauti che vorranno bere dalla coppa dorata che vien loro perfidamente offerta. Ma invano il debole mortale si sforza di lottare con la destra dellOnnipotente: Dio non abbandoner lopera sua. E per quanto luomo tenti, per quanto si sforzi dimitare lopera dellAltissimo, non potr mai cancellare i caratteri eterni che distinguono lerrore dalla verit. La verit forte e robusta in s stessa, e siccome linsieme delle stesse relazioni degli esseri, si allaccia e si stringe fortemente con essi: n limpegno degli uomini, n i tumulti dei tempi possono riuscire a disunirla. Lerrore, falsa immagine dei grandi vincoli che legano la massa compatta delluniverso, si distende sui suoi domini usurpati come un informe insieme di sterpi mal connessi che non ricevono mai il nutrimento della terra, e che non producono vegetazione n frescura, ma servono solamente da rete ingannatrice tesa sul cammino del viandante. Popoli incauti! Non lasciatevi sedurre da splendidi ornamenti o da parole ampollose, n da un agire menzognero. La verit candida, modesta e piena di fiducia, perch pura e forte; lerrore ipocrita e pieno di ostentazione, perch debole e falso. La verit una bella Signora che disprezza gli ostentati ornamenti perch conosce la propria bellezza; lerrore si raffazzona, simbelletta, ritocca la propria statura perch deforme, senza colorito, senza espressione di vita nel volto, senza grazia e dignit nelle forme. Ne ammirate lattivit e limpegno? Sappiate che forte solo quando serve a costituire il nucleo di una fazione, o rappresenta la bandiera di un partito: allora s che rapido nellazione e violento nei mezzi, meteora funesta che risplende, tuona e sparisce lasciando dietro di s loscurit, la distruzione e la morte. La verit invece lastro del giorno che sparge pacificamente la sua luce vivissima e salutare, fecondando con soave calore la natura e diffondendo ovunque allegria, vita e bellezza.

CAPITOLO XII Analisi degli effetti che produrrebbe in Spagna il Protestantesimo. Stato attuale delle idee irreligiose. Trionfo della religione. Stato attuale della scienza e della letteratura. Situazione delle societ moderne. Riflessioni sullavvenire e sulla futura influenza del Cattolicesimo. Sulla probabilit dellintroduzione del Protestantesimo in Spagna. LInghilterra: sue relazioni con la Spagna. Pitt. Carattere delle idee religiose in Spagna. Situazione della Spagna. Suoi elementi di rigenerazione. _______________ Per valutare convenientemente gli effetti che le dottrine protestanti possono produrre sulla societ spagnola sar bene dare unocchiata allo stato attuale delle idee religiose in Europa. Nonostante lo scombussolamento intellettuale costituisca uno dei caratteri dominanti del tempo, un fatto certo che lo spirito dincredulit e dirreligione ha perso molto della sua forza; e che in ci che disgraziatamente gli resta ancora di vivo, quel carattere sistematico di cui era fornito nel secolo precedente, si piuttosto trasformato in indifferentismo. Col tempo vengono a terminare tutte le invettive, i nomignoli sarcastici vengono a noia, le continue ripetizioni stancano, gli animi si irritano per lintolleranza e la malafede delle fazioni; appare chiaramente la vacuit dei sistemi, la falsit delle opinioni, limpulsivit dei giudizi, linesattezza dei ragionamenti. Con landar del tempo si vanno pubblicando testimonianze che rivelano le intenzioni segrete, linganno delle parole, la meschinit degli obiettivi, la malvagit e criminalit dei progetti. E infine la verit riprende il suo posto, le cose riprendono i propri nomi, lo spirito pubblico cambia direzione: ci che prima sembrava innocente e generoso ora si presenta come colpevole e sfacciato, e tolte di mezzo le contraffazioni ingannevoli la menzogna si mostra circondata da quel discredito che avrebbe sempre dovuto essere lunico suo patrimonio. Le idee irreligiose che pullulavano nelle societ molto avanzate non vollero, n poterono, mantenersi nel recinto della speculazione, e penetrando nei confini della pratica vollero dominare tutti i rami dellamministrazione e della politica. La confusione che produssero nella societ fin con lessere fatale a loro stesse, perch non c cosa che metta pi allo scoperto i difetti e i vizi di un sistema, e soprattutto che maggiormente disinganni gli uomini, quanto la pietra di paragone dellesperienza. Non so da dove derivino la facilit del nostro intelletto di concepire un oggetto sotto aspetti diversi, e quella fecondit funesta che lo spinge a sostenere con innumerevoli sofismi le pi grandi stravaganze; perch quando si tratta di ricorrere ad una disputa la ragione a mala pena riesce a liberarsi dai cavilli del sofisma. Ma quando sopraggiunge lesperienza tutto cambia: lingegno resta muto e parlano solo i fatti. E se lesperienza ha raggiunto gradi elevati su oggetti di grande interesse e importanza, ben difficile che con ragionamenti illusori si possa contraddire lincontestabile eloquenza dei fatti. Perci possiamo facilmente osservare che un uomo che abbia acquistato una grande esperienza dotato di una sensibilit talmente fine e sicura, che alla sola

esposizione di un sistema ne indica tutti i punti deboli. Linesperienza impetuosa e fiduciosa si appella ai ragionamenti ed ai sistemi di dottrine; ma il buon senso il prezioso, raro e impareggiabile buon senso scuote prudentemente il capo, si stringe tranquillamente nelle spalle, e lasciando sfuggire un leggero sorriso si affida alla prova del tempo, sicuro delle sue previsioni. Non necessario considerare qui gli effetti che hanno avuto in pratica queste dottrine il cui emblema era lincredulit. stato gi detto tanto su questo argomento che chiunque si accinga a riprenderlo verr facilmente tacciato dinsulso predicatore. Baster dire che anche quegli uomini che per i loro princpi, interessi, ricordi od altri motivi appartengono comunque al secolo passato, si sono visti nella necessit di cambiare le loro dottrine, ridurre i princpi, modificare le proposizioni, ritoccare i sistemi, temperare il calore e limpeto delle invettive; e volendo dare una prova di stima e venerazione a quegli scrittori che formarono le delizie della loro giovent, dicono in tono indulgente che quegli uomini erano grandi in dottrina, ma erano dotti di tavolino: come se quando si tratta di fatti e di pratica, ci che viene chiamato sapere di mero tavolino non si riferisca ad una pericolosa ignoranza. Comunque sia, da queste indagini derivato il vantaggio che lirreligione ne uscita screditata come sistema, e che i popoli la considerano, se non con orrore, almeno con disprezzo e diffidenza. I lavori scientifici che in tutti i campi erano stati contaminati dallirreligione (la quale con folle speranza aveva creduto che i cieli avrebbero cessato di cantare la gloria del Signore, la terra avrebbe rinnegato Colui che ad essa diede il fondamento, e tutta la natura avrebbe portato testimonianza contro quel Dio che le diede lessere e lanim con la vita) hanno rinnegato la scissione che con grave scandalo si stava attuando tra la religione e le scienze, e si riconosciuto che gli accenti dellantico uomo della terra di Hus potevano riecheggiare, senza ignominia per la scienza, sulla bocca dei dotti del diciannovesimo secolo. E che dire del trionfo della religione in tutto ci che c di bello, di amorevole, di sublime sulla terra? Quanto chiaramente appare in questo trionfo lintervento della divina Provvidenza! Mirabile cosa! in tutte le grandi crisi della societ quella mano misteriosa che regola i destini delluniverso tiene come in serbo un uomo straordinario: giunge il momento, luomo si presenta, avanza senza sapere egli stesso verso dove, ma avanza sempre con passo fermo per compiere lalto destino che lEterno ha predisposto per lui. Lateismo sommergeva la Francia in un mare di sangue e di lacrime, e un uomo sconosciuto attraversa in silenzio i mari. Mentre il soffio della tempesta squarcia le vele della nave egli ascolta assorto linfuriare delluragano e contempla rapito la maest del firmamento. Errante per le solitudini dAmerica domanda alle meraviglie della creazione il nome del loro Autore: e il tuono glielo svela sul confine del deserto, le selve gli rispondono con sordo muggito e la leggiadra natura con cantici darmonia e di amore. La vista duna croce solitaria gli rivela misteriosi segreti, lorma di un missionario sconosciuto gli risveglia grandi memorie che uniscono il nuovo con lantico mondo; un monumento in rovina, una capanna selvaggia glispirano quei sublimi pensieri che penetrano sino al fondo della societ e del cuore delluomo. Inebriato dai sentimenti che gli

ha ispirato la grandezza di tali spettacoli, colma la mente delevati pensieri e riboccante il petto della dolcezza prodotta in lui daglincanti di tanta bellezza, torna a calcare il suolo della sua patria. E che vincontra? Lorma insanguinata dellateismo, le rovine e le ceneri degli antichi templi divorati dal fuoco o sconquassati dai colpi di barbari martelli, numerosi sepolcri che racchiudono i resti di tante vittime innocenti, e che poco prima presentavano nella loro oscurit un asilo nascosto al Cristiano perseguitato. Osserva tuttavia un movimento: vede, come in unimmagine di consolazione, che la religione vuole scendere di nuovo sulla Francia per rianimarne il cadavere. Ode giungere da ogni parte un concerto di celeste armonia. In quellanima generosa si agitano e ribollono le ispirazioni della meditazione e della solitudine; estraniato ed estatico esalta con parole ardenti le bellezze della religione, rivela le graziose e delicate relazioni che essa ha con la natura, e parlando un linguaggio elevato e divino mostra agli attoniti mortali la misteriosa catena doro che unisce il cielo con la terra. Questuomo Chateaubriand. Ci nonostante, bisogna dirlo, non si pu in breve tempo porre rimedio ad uno sconvolgimento prodottosi nelle idee, e non facile che sparisca senza grandi sforzi la profonda impronta che lirreligione ha lasciato con le sue rovine. Gli animi sono veramente stanchi del sistema dirreligione; un profondo disgusto agita la societ che non ha pi il suo equilibrio, la famiglia ha sentito allentare i suoi vincoli e lindividuo sospira per un raggio di luce, una goccia di consolazione e di speranza. Ma dove il mondo trover il sostegno che gli manca? Potr solo mettersi sulla buona strada, sullunica, che di entrare nuovamente nellovile della Chiesa cattolica. Ah! Dio solo il padrone dei misteri dellavvenire, Egli solo vede con la massima chiarezza i grandi avvenimenti che senza dubbio si preparano per lumanit. Egli solo sa quali saranno gli effetti di quellattivit ed energia che torna ad impossessarsi degli spiriti nellesame delle grandi questioni sociali e religiose, e quale sar il frutto che le generazioni future raccoglieranno dai trionfi della religione nelle arti, nella letteratura, nelle scienze, nella politica, in tutti i rami su cui si diffonde lumano intelletto. Noialtri deboli mortali, che trascinati vorticosamente dal corso impetuoso delle rivoluzioni e dei tumulti abbiamo appena il tempo necessario per dare di sfuggita unocchiata al caos nel quale immerso il paese in cui viviamo, cosa mai possiamo dire che abbia qualche apparenza di una felice previsione? Noi possiamo soltanto affermare che la nostra unepoca dinquietudini, di agitazione, di cambiamenti; che numerosi avvertimenti e ripetuti disinganni, frutti di spaventosi scompigli e dinaudite catastrofi, hanno diffuso ovunque il discredito delle dottrine irreligiose e sovvertitrici, senza per che la vera religione abbia ripreso per questo il dovuto ascendente, senza che il cuore stanco per tanti guai si apra di buon grado alla speranza, e che lintelletto cessi di fissare con grande incertezza lavvenire e di presagire leventualit di una nuova serie di calamit. Grazie alle rivoluzioni, al progresso frenetico dellindustria, allattivit ed estensione del commercio, al prodigioso sviluppo ed espansione della stampa, ai progressi scientifici, alla facilit, rapidit ed ampiezza delle comunicazioni, al piacere dei viaggi, allazione disgregante del Protestantesimo, allincredulit ed allo scetticismo: grazie a tutto questo, lo spirito umano attualmente presenta una

di quelle fasi singolari che fanno epoca nella storia. Lintelletto, la fantasia, il cuore si trovano in uno stato di grande agitazione, dinstabilit, di sviluppo, presentando nello stesso tempo i pi singolari contrasti, le stravaganze pi ridicole e perfino le contraddizioni pi assurde. Se osserviamo le scienze, non noteremo pi nello studio di esse quelle lunghe fatiche, quellinesauribile pazienza, quel progredire lento e ponderato che caratterizzavano gli studi di altri tempi; vi scopriremo tuttavia uno spirito di osservazione, un desiderio di generalizzare, di sollevare le questioni ad un punto di vista sublime e trascendente, e soprattutto una smania di trattare tutte le scienze sotto laspetto in cui sintravedono i punti di contatto che hanno fra loro i legami che le uniscono, e i canali attraverso i quali si trasmettono reciprocamente la luce. Le questioni di religione, di politica, di morale, di diritto, di economia procedono tutte con lo stesso passo, camminano tutte insieme dando allorizzonte scientifico una grandezza, unimmensit a cui non era mai giunto. Questo progresso, questabuso, o, se si vuole, questo caos una testimonianza da non disprezzare quando si studia lo spirito del tempo o quando si esamina la situazione religiosa, perch non si tratta dellopera di un uomo isolato, non un effetto casuale, bens il risultato di numerose cause che hanno condotta la societ a questo punto. un fenomeno straordinario frutto di altri fenomeni; unespressione dellattuale stato dellintelletto, un sintomo di forza e dinfermit, un annuncio di transizione e di cambiamento, forse un segno consolatore o forse un presagio funesto. Chi non ha osservato il cammino che va prendendo la fantasia, e la prodigiosa dilatazione del cuore in questa letteratura cos varia, irregolare, incostante, ma nello stesso tempo cos ricca di bellissime descrizioni, sovrabbondante di sentimenti delicatissimi e traboccante di audaci e generosi pensieri? Si dica pure ci che si vuole sul declino delle scienze e sulla decadenza degli studi, si nominino in tono di scherno le luci del secolo, si dia unocchiata dolente verso i tempi pi dediti agli studi, pi dotti, pi eruditi: in tutto questo ci saranno delle verit, delle falsit, delle esagerazioni come sempre accade in tali prediche. Ma non potr negarsi, qualunque sia lutilit degli sforzi profusi, che forse mai come ora lo spirito umano ha impiegato una simile attivit ed energia, che forse mai stato visto agitarsi con movimento cos vivo, cos universale e vario, e forse mai come adesso ci fu il desiderio, la comprensibile curiosit e limpazienza di sollevare unestremit del velo che ricopre un immenso avvenire. Chi dominer elementi cos opposti e cos poderosi? Chi potr ristabilire la calma in questo mare agitato da tante burrasche? Chi potr dare unione, amalgama, consistenza per formare un insieme compatto capace di resistere allazione dei tempi, a questi elementi che si respingono con tanta forza, che lottano incessantemente esplodendo con orribile fragore? Forse il Protestantesimo col suo principio fondamentale? O con limporre, diffondere ed accreditare il principio dissolutore dello spirito privato in materie religiose, e portando ad effetto questo progetto con la distribuzione degli esemplari della Bibbia in tutte le classi della societ? Societ immense, orgogliose per le loro ricchezze, insuperbite per il loro

sapere, distratte nei loro piaceri, raffinate nel lusso, esposte continuamente alla potente azione della stampa, detentrici di quei mezzi di comunicazione che sarebbero sembrati portentosi ai nostri antenati; societ dove tutte le grandi passioni trovano il loro oggetto, ogni intrigo la complice ombra, ogni corruzione un velo, ogni delitto una qualifica, ogni errore un interprete, ogni interesse un pascolo; dove sono stati cambiati i nomi e minate tutte le fondamenta; societ piene di ammonizioni e disinganni, che ondeggiano tra la verit e la menzogna con orribile incertezza dando di tanto in tanto unocchiata alla divina fiamma per seguirne lo splendore, e accontentandosi per soltanto dei fugaci barlumi, facendo un sforzo per dominare la tempesta ma abbandonandosi subito in bala dei venti e delle onde: queste sono le societ moderne, che presentano un quadro straordinario e di grande interesse, dove le speranze e i timori, i pronostici e le congetture possono apparire in tutta libert e ampiezza, ma senza potersi lusingare di prevedere ci che accadr, senza che luomo di senno possa prendere una decisione pi prudente di quella di aspettare in silenzio lo svelamento di ci che segnato negli arcani del Signore, ai cui occhi sono presenti con tutta chiarezza gli avvenimenti di ogni tempo e i futuri destini di tutti i popoli. Detto questo si giunge facilmente a capire che, essendo il Protestantesimo disgregante per sua stessa natura, non pu produrre nulla, nellordine morale e religioso, che torni a vantaggio della felicit dei popoli, perch questa felicit non pu esistere quando gli intelletti sono in continua lotta sulle pi eminenti ed importanti questioni che si presentano allo spirito umano. Quando in mezzo a questo tenebroso caos (in cui girano vagando elementi tanto diversi, opposti e tenaci, che lottando continuamente si urtano, si frantumano e si confondono), quando in questo caos losservatore va in cerca di una luce da cui possa venire un raggio che illumini il mondo, unidea forte che frenando ogni disordine ed anarchia si renda padrona deglintelletti e li riconduca sul sentiero della verit, gli si presenta immediatamente il Cattolicesimo come unica sorgente di tutti i beni. E vedendo come si sostiene tuttora con splendore e potenza nonostante gli inauditi sforzi che ancora oggi si fanno quotidianamente per annientarlo, il cuore gli si riempie di sollievo, e vi nasce la speranza che sembra invitarlo ad ossequiare questa religione divina rallegrandosi per il nuovo trionfo che andr a conseguire sulla terra. Vi fu un tempo in cui lEuropa, invasa da una sterminata moltitudine di barbari, vide in un sol colpo gettare a terra tutti le testimonianze dellantica civilt e cultura, i legislatori con le loro leggi, limpero col suo splendore e la sua potenza, i dotti con le scienze, le arti insieme con i monumenti: tutto venne calpestato. E queste immense regioni, dove poco prima fioriva quella civilt e cultura che i popoli avevano prodotto nellarco di molti secoli, si videro di colpo immerse nellignoranza e nella barbarie. Ma la viva scintilla di quella luce proiettata dalla Palestina su tutta la terra continuava a brillare in mezzo al caos, e invano si alz una densa nube per minacciarla di avvolgerla nelle tenebre. Alimentata dal soffio dellEterno continuava a risplendere: passarono i secoli ed essa and allargando la sua brillante orbita e i popoli, che forse non pensavano che potesse pi servir loro da guida per camminare senza inciampo nelloscurit, la videro presentarsi

come un sole sfolgorante che effonde ovunque la luce e la vita. Chiss che negli arcani dellEterno non sia riservato alla Chiesa un altro trionfo pi difficile e non meno salutare e sfolgorante! Insegnando allignoranza, incivilendo la barbarie, correggendo la rozzezza, ammansendo la ferocia, preserv la societ dallessere vittima, forse per sempre, della pi atroce brutalit e della pi umiliante stupidit. Ma qual pi gloriosa impresa sarebbe per essa se, correggendo le idee, riordinando e purificando i sentimenti, fissando stabilmente gli eterni princpi di ogni societ, frenando le passioni, temperando gli od, riducendo gli eccessi e padroneggiando tutti glintelletti e le volont, potesse ergersi come regolatrice universale, che stimolando ogni genere di cognizioni e progressi ispirasse la giusta moderazione a questa societ agitata con tanta furia da cos poderosi elementi che, privi di un punto centrale dattrazione, stanno continuamente minacciando di disgregarla e gettarla nel caos? Alluomo non dato di penetrare lavvenire; ma il mondo materiale si dissolverebbe in una spaventosa catastrofe se solo per un momento venisse meno il principio fondamentale che d unit, ordine e armonia ai vari movimenti di tutti i sistemi. E se la societ, piena com di movimento, di comunicazione e di vita, non entra sotto la direzione di un principio regolatore universale e costante, nel fissare lo sguardo sulla sorte delle generazioni future il cuore si agita e si offusca la mente. Vi tuttavia un motivo di grande consolazione consistente nel progresso che il Cattolicesimo va facendo in vari paesi: in Francia e in Belgio si rinvigorisce; nel Nord dellEuropa, dal modo con cui combattuto, sembra assai temuto; in Inghilterra in meno di mezzo secolo ha progredito tanto che, se non vi fossero prove incontestabili a riguardo, non si crederebbe; e nelle missioni torna a mostrarsi tanto intraprendente e fecondo da farci ricordare i tempi della sua massima influenza e potenza. E quando gli altri popoli tendono allunit, potremmo noi commettere lerrore dincamminarci verso lo scisma? Quando gli altri popoli si rallegrerebbero grandemente se vedessero sussistere in loro qualche principio vitale che potesse ristabilire le forze che lincredulit ha loro tolto, la Spagna che conserva solo il Cattolicesimo, ancora potente, vorr forse accogliere nel suo seno questo germe di morte, grazie al quale non risorgerebbe mai pi dalla sua infermit, e sarebbe anzi certa oltre ogni dubbio di andare incontro alla sua completa rovina? In questa rigenerazione morale alla quale aspirano i popoli che anelano ad uscire dalla situazione che li affligge, situazione in cui li hanno posti le dottrine irreligiose, sar mai possibile che non si voglia riflettere sullimmenso vantaggio che trae la Spagna dallessere una delle meno danneggiate dalla cancrena dellirreligione, e dal conservare tuttora lunit religiosa, inestimabile eredit di una lunga fila di secoli? Sar mai possibile che non si avverta ci che pu essere questunit se lapprezziamo come merita: questunit che si confonde con tutte le nostre glorie, che risveglia tante belle memorie e che potrebbe servire meravigliosamente da elemento di rinnovamento nellordine sociale? Se mi dovessero chiedere cosa penso io riguardo allimminenza del pericolo, se i tentativi che i Protestanti stanno facendo per produrre questo effetto abbiano qualche probabilit di riuscire, risponder con dei distinguo. Il Protestantesimo

debolissimo, oltre che per natura, anche perch vecchio e instabile. Se intendono introdurlo in Spagna dovr lottare con un avversario pieno di vita e di forza, e che ha nel paese profonde radici: per questo motivo e sotto questo aspetto non se ne pu temere lazione. Ma chi glimpedirebbe, se arrivasse a stabilirsi sul nostro suolo per quanto ristretto ne fosse il dominio, di causare mali terribili? Salta subito agli occhi che avremmo cos unaltro pomo di discordia, e non difficile prevedere i conflitti che provocherebbe in ogni momento. Siccome il Protestantesimo in Spagna, oltre lintrinseca sua debolezza, avrebbe quella derivante dal nuovo clima in cui si troverebbe essendo fuori dal proprio elemento, si vedrebbe costretto a cercare alleati unendosi a chiunque gli porgesse la mano. molto evidente quindi che servirebbe da elemento dunione degli scontenti; e per quanto si allontanasse dal suo scopo originale, costituirebbe tuttavia il nucleo di nuove fazioni, la bandiera di qualche partito. Scandali, rancori, corruzione di costumi, tumulti e forse catastrofi: ecco leffetto immediato e certo dellintroduzione del Protestantesimo tra noi. Faccio appello, per confermare questo mio parere, alla buonafede di chiunque conosca sufficientemente il popolo spagnolo. Ma non tutto. Il problema si aggrava e acquista unimportanza incalcolabile quando lo si osservi nelle sue relazioni con la politica degli altri Stati. Quali armi avrebbe allora questa politica per provocare sommosse di ogni genere nella nostra sventurata patria! Come avidamente se ne servirebbe! E come forse sta gi lavorando per cercare un punto dappoggio! Vi una nazione in Europa, terribile per limmensa potenza, ragguardevole per i molti progressi nelle scienze e nelle arti, che essendo in possesso di enormi mezzi coi quali poter agire in tutto lorbe terrestre, sa metterli in opera con una sagacia ed unastuzia veramente stupefacenti. Essendo stata la prima tra le nazioni moderne a percorrere tutte le fasi di una rivoluzione religiosa e politica, e avendo osservate in mezzo a terribili disordini le passioni in tutta la loro spontaneit e il delitto in tutte le forme, ha sulle altre il vantaggio di conoscere tutti i modi dagire al punto che, annoiata dei nomi ingannevoli con cui in questi periodi si soliti coprire le passioni pi vili e i pi meschini interessi, ha indebolito la sua sensibilit in maniera tale che molto difficilmente al suo interno si potrebbero suscitare quelle tempeste che inondano gli altri paesi di sangue e di lacrime. La pace interiore non viene meno in mezzo allagitazione e al calore delle dispute; e sebbene non manchino, in un avvenire pi o meno lontano, le previsioni di situazioni difficili che potrebbero arrecarle gravissimi mali, gode intanto di quella calma che le viene assicurata dalla costituzione, dalle abitudini, dalle ricchezze e soprattutto dalloceano che la circonda. Essendo in una situazione cos vantaggiosa, osserva attentamente le sorti degli altri popoli per unirli al suo carro con catene dorate, se sono abbastanza ingenue da dare ascolto alle loro lusinghiere parole; oppure cerca di ostacolarne il cammino e impedirne il progresso se con spirito dindipendenza cercano di svincolarsi dalla sua influenza. Intenta ad ingrandirsi sempre pi per mezzo delle arti e del commercio, e soprattutto con uneccellente politica mercantile, maschera tuttavia la materialit deglinteressi con ogni genere di coperture. E sebbene, quando si

tratta degli altri popoli, sia del tutto indifferente riguardo alla religione e alle idee politiche, tuttavia si serve abilmente di queste potenti armi per procurarsi amici, abbattere nemici, e avvolgere gli uni e gli altri nella sua rete mercantile che tiene continuamente tesa ai quattro angoli della terra. Non possibile che sfugga alla sua sagacia il vantaggio che ricaverebbe se riuscisse ad includere la Spagna nel numero delle sue colonie, se potesse giungere a fraternizzare con essa nelle idee religiose: non tanto per la buona corrispondenza che simile fratellanza promuoverebbe tra i due popoli, quanto perch sarebbe questo il mezzo pi sicuro per far perdere completamente allo Spagnolo quel carattere singolare, quel tratto austero che lo distingue tra tutti gli altri popoli, e fargli dimenticare lunica idea nazionale e rigeneratrice che in mezzo a tanto spaventosi sconvolgimenti gli sempre rimasta presente, in modo da renderlo esposto ad ogni tipo di idee estranee, docile e cedevole in tutti i sensi come meglio convenga alle interessate mire degli astuti protettori. opportuno ricordare che non vi altra nazione in Europa che concepisca i suoi progetti con tanto intuito, li prepari con tanta astuzia, li esegua con tanta abilit e li porti a termine con pari tenacia. Siccome dopo le terribili rivoluzioni che la travagliarono rimasta in uno stato di normalit fin dagli ultimi decenni del diciassettesimo secolo, e quindi del tutto esclusa dagli sconvolgimenti sofferti nello stesso periodo dagli altri popoli europei, ha potuto condurre un sistema ben regolato di politica sia interna che esterna. In tal modo i suoi uomini di stato hanno potuto formarsi con maggior accuratezza ereditando i documenti e gli obiettivi che servirono di guida ai loro predecessori. I suoi governanti conoscono bene quanto sia conveniente essere preparati ad ogni evento, e perci non trascurano di osservare attentamente in ogni nazione se vi sia qualcosa che possa dar loro un vantaggio o se invece si mostri incline ad opporre resistenza. E fuori dallmbito politico, essi penetrano nel cuore della societ sulla quale si propongono dominare; e qui vanno individuando quali siano le condizioni di vita, quale il principio vitale e quali le cause della forza e dellefficienza. Nellautunno del 1805 Pitt stava dando un pranzo in campagna, a cui partecipavano diversi suoi amici. Durante il pranzo giunse un dispaccio in cui gli si dava notizia della resa di Mack in Ulma con quarantamila uomini, e della marcia di Napoleone su Vienna. Comunicata che ebbe la funesta notizia agli amici, questi esclamarono: tutto perduto, contro Napoleone non c alcun rimedio. Eppure un rimedio c replic Pitt e il rimedio nel sollevare contro di lui una guerra nazionale in Europa, e questa guerra deve cominciare in Spagna. S signori soggiunse poi la Spagna sar la prima nazione nella quale inizier questa guerra patriottica, la sola che pu liberare lEuropa. Tanta era limportanza che questo acuto uomo di stato dava alla forza di una idea nazionale, che in essa poneva una grande speranza: quella che riuscisse laddove gli sforzi riuniti di tutti i governi europei non potevano: abbattere Napoleone e liberare lEuropa. Non raro che landamento delle cose portino con s di questi casi: che quelle stesse idee nazionali che servirono un giorno di poderoso aiuto alle mire di un governo, gli riescano contrarie in unaltra occasione e gli siano di forte ostacolo; e allora, lungi dal provocarle e ravvivarle, gli conviene soffocarle. Ci che pu salvare una nazione, liberandola da

protezioni interessate e garantendole la vera indipendenza, sono le idee grandi e generose radicate profondamente nei popoli; sono i sentimenti scolpiti nel cuore dallazione del tempo, dallinfluenza di forti istituzioni, dallantichit dei costumi; infine lunit del pensiero religioso, che di un popolo fa un solo uomo. Allora il passato sintreccia col presente e il presente si estende allavvenire; sorgono nel petto quegli slanci dentusiasmo che sono la sorgente di grandi gesta; fanno mostra si s il disinteresse, lenergia, la costanza, perch vi nelle idee fermezza e nobilt, e generosit e grandezza nei cuori. Non impossibile che, in una di quelle vicende che travagliano questa nostra sventurata nazione, ci capiti la disgrazia di vedere uomini tanto ciechi da fare linsensato tentativo dintrodurre nella nostra patria la religione protestante. Siamo troppo bene informati per dormire sonni tranquilli, e non abbiamo dimenticato i vari casi che mostrano chiaramente dove saremmo arrivati pi di una volta se laudacia di certi uomini non fosse stata soffocata dal forte malcontento della grande maggioranza del popolo. Non gi che si ritengano possibili le violenze avvenute durante il regno di Enrico VIII, ma potrebbe succedere che approfittando di una forte rottura con la Santa Sede a causa della caparbiet ed ambizione di alcuni ecclesiastici, oppure con il pretesto di rendere effettivo nel nostro pese lo spirito di tolleranza, o per altri motivi, si tentasse con questa o quella scusa dintrodurre tra noi le dottrine protestanti. E non sarebbe certo la tolleranza ad essere introdotta dai paesi stranieri, perch essa esiste gi di fatto, ed tanto estesa che sicuramente nessuno pu lamentarsi di esser perseguitato o molestato per le sue opinioni religiose. Quello che ci verrebbe portato, e si farebbe ogni sforzo per trapiantarlo qui, sarebbe un nuovo sistema religioso al quale verrebbe fornito tutto il necessario per acquistare predominio e per indebolire o distruggere, se possibile, il Cattolicesimo. Mingannerei di molto se il nuovo sistema religioso, una volta che lo avessero introdotto, non trovasse nellottusit e nel rancore manifestato da alcuni di quei nostri uomini di governo, o che tali si definiscono, una decisa difesa. Qualora lo si introducesse, probabile che il nuovo sistema si presenterebbe in atteggiamento modesto chiedendo soltanto un posto dove essere accolto in nome della tolleranza e dellospitalit; ma ben presto lo vedremmo aumentare di audacia, reclamare diritti, aumentare le pretese e contrastare palmo a palmo il terreno alla religione cattolica. Torneranno allora a udirsi sempre pi forte quelle invettive virulente e piene di rancore che tanto ci hanno stancato per molti anni; quelle cose ripetute continuamente da una scuola che delira perch sta per scomparire. Il disprezzo con cui i popoli guarderebbero la pretesa riforma sarebbe indubbiamente tacciato di ribellione, le pastorali dei Vescovi sarebbero qualificate come condizionamenti pericolosi, lo zelo fervente dei sacerdoti cattolici verrebbe tacciato di provocazione sediziosa, e lunione dei fedeli per preservarsi dallinfezione sarebbe denunciata come una congiura diabolica ordita dallintolleranza e dallo spirito di parte, ed affidata allazione dellignoranza e del fanatismo. Tra gli sforzi degli uni e la resistenza degli altri, vedremmo pi o meno le stesse scene gi accadute in tempi passati. E sebbene lo spirito di moderazione, che uno dei caratteri del secolo, impedirebbe il ripetersi di quegli eccessi che

macchiarono col sangue lonore di altre nazioni, non per questo quelle scene mancherebbero di essere imitate. Giacch non bisogna dimenticare che, trattandosi di religione, in Spagna non si pu confidare sulla stessa freddezza e indifferenza che in caso di un conflitto manifesterebbero attualmente altri popoli fra i quali i sentimenti religiosi hanno perso molto della loro forza. In Spagna questi sentimenti sono ancora molto profondi, vivi e forti, e il giorno in cui fossero attaccati apertamente e senza sotterfugi ci sarebbe una forte reazione popolare. Finora, quantunque sia vero che in materia religiosa ci siano stati degli scandali dolorosi ed anche terribili catastrofi, non mancato mai un velo, pi o meno trasparente, che copriva per alquanto la perversit delle intenzioni. Talvolta stato un attacco contro questa o quella persona alla quale avevano addebitato trame politiche; altre volte contro alcune determinate classi accusate di delitti immaginari; altre ancora scoppiata la rivoluzione, ed stato detto che era impossibile contenerla e che gli oltraggi, glinsulti e i sarcasmi, rivolti su quanto c di pi sacro in cielo e in terra, erano cose inevitabili trattandosi di una plebaglia senza freni. In questi casi almeno veniva fornita una giustificazione che, poco o molto, qualcosa copre: ma qualora venissero attaccati di proposito, a sangue freddo, tutti i dogmi del Cattolicesimo, disprezzati i punti fondamentali della morale, messi in ridicolo i misteri pi venerabili, schernite le cerimonie pi sacre; quando si vedesse sorgere una chiesa contro una Chiesa, una cattedra contro una Cattedra, cosa succederebbe? innegabile che gli animi sinasprirebbero fino alleccesso, ed anche se non si arrivasse a clamorosi conflitti (come pur tuttavia da temere) almeno le controversie religiose assumerebbero un carattere cos violento che ci sembrerebbe di tornare al sedicesimo secolo. Essendo normale in Spagna che i princpi dominanti nellordine politico siano del tutto opposti a quelli che governano la societ, succederebbe che il principio religioso protestante rigettato dalla societ verrebbe sostenuto dagli uomini che influiscono sullordine politico, ripetendo in circostanze aggravate il triste fenomeno che per tanti anni abbiamo dovuto constatare: cio la volont dei governanti di sviare a viva forza il cammino della societ. Questa una delle principali differenze tra la nostra rivoluzione e quella degli altri paesi, ed la chiave per spiegare tante incresciose anomalie. In altri paesi lidea di rivoluzione si impossess della societ e solo successivamente conquist la sfera politica; da noi invece simpadron prima della sfera politica e solo in seguito sabbass alla sfera sociale. La societ era ben lontana dal trovarsi pronta per simili novit, e perci sono stati necessari scontri cos forti e ripetuti. Da questa mancanza di concordia risultato che il governo in Spagna esercita ben poca influenza sul popolo, volendo intendere per influenza quellautorit morale che non ha bisogno di essere accompagnata dallidea della forza. Indubbiamente questo un male, perch tende a indebolire il potere, tanto necessario per qualunque societ da non poterne prescindere. Ma non sono mancate occasioni in cui stato anche un gran bene, perch non fortuna da poco che ad un governo inconsistente e insensato faccia riscontro una societ equilibrata e prudente la quale, mentre quello corre verso il precipizio senza riflettere, questa proceda camminando con passo cauto e solenne. Si pu

sperare molto dal buon istinto della nazione spagnola, dalla sua proverbiale seriet, accresciuta ancor pi da tante vicende dolorose; da quel buon senso che le fa distinguere cos bene la vera strada della sua felicit, e la rende sorda alle influenze insidiose con cui si cercato di traviarla. Se vero che gi da molti anni per una funesta combinazione di circostanze e per la mancanza di armonia tra lordine sociale e quello politico, questa nazione non riesce a darsi un governo che ne sia la vera espressione, ne comprenda le inclinazioni, ne segua le tendenze e la conduca per il sentiero della prosperit; nutriamo tuttavia la speranza che un tale giorno arriver, e che dal seno di questa societ ricca di vita e di avvenire germoglier quella stessa armonia che le manca e quellequilibrio che ha perduto. Frattanto della massima importanza che tutti gli uomini che si sentono battere in petto un cuore spagnolo e che non provano piacere nel vedere lacerate le viscere della patria, si uniscano, si mettano daccordo, operino insieme per impedire che, prevalendo il genio del male, non giunga a spargere sul nostro suolo un seme di perenne discordia, non aggiunga questa calamit a tante altre e non affoghi i preziosi germogli da cui pu risorgere vigorosa e brillante la nostra civilt ringiovanita, sollevandosi dallabbattimento e dalla prostrazione in cui fu sommersa da infelici circostanze. Lanima si sente oppressa da un peso angoscioso al solo pensare che potrebbe venire un giorno in cui si dileguasse quellunit religiosa che regna tra noi, che sidentifica con le nostre abitudini, con i nostri usi e costumi, con le nostre leggi; che guarda la culla della nostra monarchia nella grotta di Covadonga, che linsegna della nostra bandiera nella lotta contro il formidabile potere della Mezzaluna durata otto secoli; che mostra splendidamente la nostra civilt in mezzo a tempi cos funesti, accompagna le nostre temute legioni quando impongono silenzio allEuropa, conduce i nostri navigatori alla scoperta di nuovi mondi circumnavigando per primi il globo, incita i nostri guerrieri a completare eroiche conquiste e, in tempi a noi pi vicini, suggella linsieme di tante e cos grandiose imprese col gettare Napoleone nella polvere. Voi che con tanta leggerezza vi affrettate a condannare le opere compiute in tanti secoli, che con tanta temerit insultate la nazione spagnola, che tacciate di barbarie e di oscurantismo il principio che presiedette alla nostra civilt, sapete chi insultate? sapete chi ispir il genio del gran Gonzalo, di Ferdinando Cortes, di Pizarro, del vincitore di Lepanto? Le ombre di Garcilasso, di Herrera, di Ercilla, di fraLuigi di Leone, di Cervantes, di Lope de Vega, non vispirano rispetto? Osereste dunque spezzare il vincolo che ci lega a loro rendendoci indegna prole di cos fulgidi eroi? E separare con un abisso la nostra fede dalla loro, i nostri costumi dai loro, rinnegando cos tutte le nostre tradizioni, dimenticando le pi stupende e gloriose memorie, e permettendo che le grandiose e venerabili testimonianze che la religiosit dei nostri antenati ci lasci in eredit rimangano tra noi solamente come il pi eloquente e severo rimprovero? Consentireste che si dissecchino le ricche sorgenti a cui possiamo attingere per ispirare la letteratura, rinvigorire la scienza, riordinare la legislazione, ristabilire lo spirito nazionale, restaurare la nostra gloria e collocare nuovamente questa sventurata nazione in quellalto posto che meritano le sue virt, dandole la prosperit e il benessere che con tanto affanno insegue e che si augura con tutto il cuore?

CAPITOLO XIII Comincia il confronto tra il Protestantesimo e il Cattolicesimo nelle loro relazioni col progresso sociale dei popoli. Libert: senso vago di questa parola. La civilt europea dovuta principalmente al Cattolicesimo. Confronto dellOriente con lOccidente. Congetture sui destini del Cattolicesimo nelle catastrofi che possono minacciare lEuropa. Riflessioni sugli studi storico-filosofici. Fatalismo di certa scuola storica moderna. _______________ Dopo aver fatto nel quadro che ho appena finito di comporre il confronto tra il Cattolicesimo e il Protestantesimo sotto laspetto religioso, e dimostrata in modo lampante la superiorit del primo sul secondo non solo riguardo allattendibilit, ma anche in tutto ci che si riferisce agli istinti, ai sentimenti, alle idee, al carattere dello spirito umano, sar bene passare ora ad unaltra questione, non di maggiore importanza ma meno approfondita, nella quale sar necessario lottare contro forti antipatie, e spazzar via un gran numero di pregiudizi e di errori. Se nel lavoro che sto per iniziare non mancano le difficolt, traggo coraggio proprio dallimportanza della materia e dalla sua conformit al gusto scientifico del secolo, che dovrebbe sollecitare a leggere. Il che dovrebbe costituire un argine al pericolo che minaccia solitamente chi scrive in favore della religione cattolica: pericolo cio di essere giudicati senza essere ascoltati. Ecco dunque la questione nei suoi termini precisi: Facendo un confronto tra il Cattolicesimo e il Protestantesimo, quale dei due pi confacente alla vera libert, al vero progresso dei popoli, alla causa della civilt? Libert: questa una di quelle parole di cui generalmente si fa tanto uso quanto poco se ne intende il senso: parole che, rappresentando una certa idea, vaga ma molto facile a percepirsi, presentano lapparenza ingannatrice di una assoluta chiarezza quando invece, per il gran numero e la variet degli oggetti ai quali vengono attribuite, possono intendersi in mille sensi diversi, per cui si rende estremamente difficile comprenderne il vero senso. Chi mai potr formare lintero catalogo delle applicazioni alle quali viene data la parola libert? Salvando tra queste unidea che potremmo chiamare basilare, infinite sono le modificazioni e gradazioni a cui va soggetta. Laria circola con libert; si fa una radura intorno alla pianta perch cresca e si espanda in libert; si ripuliscono i tubi dirrigazione perch lacqua scorra con libert; al pesce preso nella rete, alluccellino rinchiuso in gabbia, affrancandoli si d loro la libert; un amico trattato con libert; vi sono maniere libere, pensieri liberi, espressioni, eredit, volont, azioni libere; il carcerato non ha libert, privo di libert il figlio di famiglia, ha poca libert una fanciulla, una persona accasata non pi libera, un uomo in terra straniera si comporta con pi libert, il soldato non ha libert; vi sono uomini liberi dal reclutamento, liberi dai tributi; vi sono votazioni libere, discorsi liberi, interpretazioni libere, versi liberi; libert di commercio, dinsegnamento, di

stampa, di coscienza; libert civile, libert politica, libert giusta, ingiusta, ragionevole, irragionevole, moderata, eccessiva, regolata, licenziosa, opportuna, inopportuna. Ma a che scopo affaticarsi oltre nel fare questa elencazione, se quasi impossibile portare a termine una tanto noiosa faccenda? Era per necessario intrattenersi un poco anche a rischio di annoiare il lettore. Forse il ricordo di questa noia potr contribuire a scolpire profondamente nella memoria la salutare verit che quando in una conversazione, negli scritti, nelle discussioni pubbliche, nelle leggi, si usa tanto spesso questa parola applicandola ad oggetti della maggiore importanza, opportuno riflettere con grande saggezza sul numero e sulla natura delle idee che racchiude nel caso considerato, sul senso che convenga alla materia, sulle variazioni richieste dalle circostanze, sulle cautele e sul giudizio che si richiedono nellapplicarla. Qualunque sia il significato col quale si adopera la parola libert, possiamo notare che comprende sempre in s la non esistenza di una causa che impedisca o limiti lesercizio di qualche facolt . Ne consegue che, per fissare in ciascun caso il vero senso di questa parola, indispensabile badare alla natura e alle circostanze della facolt di cui si vuole impedire o limitare luso, senza perdere di vista i vari oggetti sui quali si aggira, le condizioni con cui si esercita, come anche il carattere, lefficacia e lestensione della causa che simpiegherebbe per leffetto. Per chiarire la materia proviamo a formare il giudizio su questa proposizione: luomo deve avere la libert di pensare. Qui si afferma che alluomo non si deve limitare il pensiero. Orbene: parlate voi di un limite materiale esercitato direttamente sul pensiero stesso? Ma allora la proposizione del tutto inutile, perch essendo impossibile una tale restrizione vano dire che non si debba fare. O forse intendete che non si deve limitare lespressione del pensiero, cio non si deve impedire n restringere la libert di manifestare ci che si pensa? In tal caso avete fatto un notevole progresso, avendo portata la questione su un terreno molto diverso. E se poi non volete intendere che ogni uomo in ogni momento e ovunque si trovi possa dire su qualunque materia tutto ci che gli venga in mente e nel modo che pi gli piaccia, dovrete distinguere cose, persone, luoghi, tempi, modi, condizioni: in una parola pensare a numerosissime circostanze: impedire del tutto in certi casi, limitare in altri, ampliare in questi, restringere in quelli, e cos avrete da fare tanta di quella fatica che a nulla vi sar servito aver posta quella proposizione cos generica in favore della libert di pensare, con tutta la sua apparenza di semplicit e chiarezza. Ma penetrando ancor pi nel santuario medesimo del pensiero; in quella regione dove lo sguardo di un altro uomo non pu giungere e che manifesta solo agli occhi di Dio: che significa la libert di pensare? Forse il pensiero non ha le sue leggi alle quali deve assoggettarsi per necessit se non vuole immergersi nel caos? Pu disprezzare la norma di una sana ragione? Pu non ascoltare i consigli del buon senso? Dimenticare che ha per oggetto la verit? Prescindere dagli eterni princpi della morale? Ecco allora come nellesaminare ci che significa la parola libert e nellapplicarla a ci che vi sicuramente di pi libero nelluomo, cio il pensiero, andiamo incontro ad una tale moltitudine e variet di significati per cui siamo

costretti a fare uninfinit di distinzioni e a restringere la proposizione generale, se vogliamo esprimere qualcosa che non sia in contraddizione con i princpi della religione e del buon senso, con le prescrizioni delle leggi eterne della morale e con quanto richiedono gli stessi interessi dellindividuo, e il buon ordine e la conservazione della societ. Il che non potrebbe dirsi per tante altre libert, che si invocano continuamente con nomi imprecisati e vaghi, coperti opportunamente dallequivoco e dalle tenebre. Pongo questi esempi al solo scopo di non confondere le idee, e perch nel difendere, come sto facendo, la causa del Cattolicesimo, non ho bisogno di fare lavvocato delloppressione, n dinvocare sugli uomini una mano di ferro, n di approvare coloro che reprimono i loro sacri diritti. Sacri, s, sacri, perch secondo linsegnamento della divina religione di Ges Cristo un uomo sacro agli occhi dellaltro uomo per la sua nobile origine, per la sua destinazione, per limmagine di Dio che in lui risplende, e per essere stato redento con ineffabile degnazione ed amore dal Figlio stesso dellEterno. Questa religione divina dichiara sacri i diritti delluomo quando il divino Fondatore minaccia un eterno supplizio non solamente a chi lo uccida, non solamente a chi lo ferisca o lo derubi ma, cosa mirabile! perfino a chi arrivi ad offenderlo soltanto a parole: Chi chiamer sciocco il suo fratello, sar reo del fuoco dellinferno (cfr Matteo 5, 22). Cos parlava il divino Maestro. Viene da fremere per lindignazione quando si sente che alla religione di Ges Cristo viene attribuita linclinazione a ridurre in schiavit. Certo, se si confonde lo spirito della vera libert con lo spirito dei demagoghi, nel Cattolicesimo la loro libert non si trova; ma se non si vuole cambiare mostruosamente i nomi, se si d alla parola libert il suo senso pi ragionevole, il pi giusto, il pi utile, il pi amabile, in tal caso la religione cattolica pu reclamare la gratitudine del genere umano: essa ha portato la civilt nelle nazioni che lhanno professata, e la civilt la vera libert. un fatto riconosciuto universalmente e ammesso da tutti che il Cristianesimo ha esercitato uninfluenza molto forte e salutare nello sviluppo della civilt europea; tuttavia alcuni non dnno a questo fatto limportanza che merita perch non lhanno sufficientemente valutato. Riguardo alla civilt talvolta viene distinto linflusso del Cristianesimo da quello del Cattolicesimo, esagerando leccellenza di quello e sminuendo i meriti di questo, senza riflettere che quando si tratta della civilt europea il Cattolicesimo pu chiedere sempre per s una considerazione prevalente e per molto tempo anche esclusiva, poich per molti secoli si trov completamente solo ad affaticarsi per questa grande opera. Non si voluto notare che allapparire del Protestantesimo lopera stava gi per essere portata a termine; e con uningiustizia ed uningratitudine non altrimenti qualificabili, si attribuita al Cattolicesimo la fama di spirito di barbarie, di oscurantismo, di oppressione, nel momento stesso che si faceva sfoggio ed ostentazione della ricca civilt, delle conoscenze e della libert che al Cattolicesimo erano principalmente dovute. Se non si voleva esaminare a fondo le intime relazioni del Cattolicesimo con la civilt europea, se faceva difetto la pazienza necessaria per le lunghe ricerche a cui obbliga un tal esame, sarebbe stato opportuno almeno dare unocchiata allo

stato dei paesi dove in secoli sventurati la religione cattolica non esercit tutta la sua influenza, e paragonarli con gli altri nei quali essa fu il principio dominante. LOriente e lOccidente avrebbero presentato due punti di riferimento molto appropriati per valutare ci che vale il Cristianesimo senza il Cattolicesimo quando si tratta di salvare la civilt e lesistenza delle nazioni. Entrambi infatti professavano il Cristianesimo (in modo per che in Oriente il principio cattolico era debole e vacillante mentre si mantenne vigoroso e profondamente radicato in Occidente), ed entrambi furono soggetti a grandi sconvolgimenti. In Occidente gli sconvolgimenti furono molti e terrificanti e il caos giunse al massimo: eppure nonostante il caos vi hanno germogliato la luce e la vita. N la barbarie dei popoli che invasero queste regioni e se ne impossessarono, n le violente scorrerie dellIslamismo quando questo era al culmine della sua potenza, furono capaci di soffocare il germe di una civilt ricca e feconda. In Oriente invece tutto andava invecchiando e diveniva instabile, niente si rinnovava; e ai colpi dellariete, il quale nulla aveva potuto contro di noi, tutto cadde. Il potere spirituale di Roma, linflusso che ebbe nelle cose temporali, diedero certamente frutti molto diversi da quelli che produsse nelle stesse circostanze il rancore dei suoi rivali. Un domani lEuropa potrebbe essere destinata a soffrire nuovamente per qualche spaventoso sconvolgimento generale: per esempio per il diffondersi delle idee rivoluzionarie; o per qualche violenta aggressione del pauperismo sui poteri sociali e sulla propriet; oppure ancora per le mire di quel colosso che si eleva nel Nord su di un trono posato fra eterne nevi. Questo colosso, con lintelligenza nella mente e la forza cieca nel braccio, e disponendo dei mezzi sia della civilt che della barbarie, scruta continuamente lOriente, il Mezzogiorno e lOccidente con quello sguardo avido e astuto che, come ci mostra la storia, il segno caratteristico di tutti glimperi conquistatori. Se dunque il colosso, spiando il momento opportuno, si accingesse a un tentativo contro lindipendenza dellEuropa, allora forse si avrebbe una prova di ci che vale nelle grandi sofferenze il principio cattolico; allora si toccherebbe con mano il potere di quellunit che il Cattolicesimo invoca e sostiene; allora ci si renderebbe conto (andando con la mente ai secoli del Medioevo) in cosa consistette una delle principali cause della debolezza dellOriente e della solidit dellOccidente; allora si rammenterebbe un fatto che, sebbene sia recente, comincia per ad essere dimenticato, cio che il popolo che col suo intrepido valore fece argine alla forza di Napoleone fu quel popolo proverbialmente cattolico. E chi sa che gli attentati commessi in Russia contro il Cattolicesimo, attentati deplorati dal Vicario di Ges Cristo con accenti dolenti, non siano stati ispirati dal segreto presentimento o forse dallintuizione della necessit dindebolire quel sublime potere che quando sono in gioco le sorti dellumanit stato in ogni epoca il centro dincrollabile resistenza? Ma torniamo a noi. Non si pu negare che fin dal sedicesimo secolo la civilt europea si dimostrata molto vigorosa e brillante; ma un errore attribuire questo fatto al Protestantesimo. Per esaminare linfluenza e lefficacia di un fatto non si devono osservare solamente i successi venuti dopo, occorre anche considerare se questi successi erano gi stati preparati, se non sono altro che il risultato conseguente ad un fatto anteriore. Non valido quel ragionamento tacciato di

sofistico dai dialettici: dopo di questo, dunque per questo; post hoc, ergo propter hoc. Senza il Protestantesimo e prima di esso la civilt europea era gi molto avanzata per gli sforzi e linflusso della religione cattolica; e la grandezza e lo splendore successivi non si ebbero grazie al Protestantesimo, ma nonostante esso. A confondere non poco le idee su questo fatto ha contribuito lo studio poco approfondito che si fatto sul Cristianesimo, e lessersi spesso accontentati di unocchiata superficiale sul principio di fratellanza che esso raccomanda tanto, senza fermarsi a studiare diligentemente la storia della Chiesa. Per comprendere a fondo unistituzione non basta soffermarsi sulle idee principali, necessario altres seguirne i passi: come le stesse idee vanno ad effetto, e come trionfa sugli ostacoli che gli si frappongono. Non si avr mai lesatta conoscenza di un fatto storico se non se ne studia la storia con seriet. E lo studio della storia della Chiesa cattolica nelle sue relazioni con la civilt lascia purtroppo molto a desiderare; non perch sulla storia della Chiesa non siano stati fatti studi approfonditi; ma perch da quando si diffusa la smania per lanalisi sociale non stata pi vista come loggetto di quelle meravigliose fatiche che tanto lustro le diedero sotto laspetto dogmatico e critico. Un altro impedimento si oppone alla possibilit dillustrare convenientemente questa materia, impedimento che consiste nel dare eccessiva importanza alle intenzioni degli uomini, evitando poi di considerare lavanzare grave e maestoso delle cose. La grandezza e la natura degli avvenimenti vengono valutati in base ai motivi immediati che li determinarono ed ai fini proposti dagli uomini che in essi intervennero. Questo un errore gravissimo, perch lo sguardo deve abbracciare uno spazio pi ampio, osservare il successivo sviluppo delle idee, linfluenza che queste esercitarono sugli avvenimenti, le istituzioni che con essi andavano sorgendo; e considerando il tutto in un unico, immenso quadro, senza fermarsi a contemplare i singoli fatti isolatamente e nella loro limitatezza. Gli stessi uomini che intervennero come protagonisti in quei grandi avvenimenti che cambiarono le sorti di una parte del genere umano, raramente compresero quanto sia necessario incidere profondamente nellanimo questa importante verit. Il corso dellumanit un grande dramma, si distribuiscono le parti tra gli uomini che passano e spariscono: luomo ben piccolo, Dio solo grande. N gli attori delle Sirene degli antichi imperi dOriente, n Alessandro che irruppe in Asia sottomettendo numerose nazioni, n i Romani che assoggettarono il mondo, n i barbari che abbatterono e frantumarono limpero romano, n i musulmani che dominarono lAsia e lAfrica e minacciarono lindipendenza dellEuropa pensarono mai, n potevano pensarlo, di essere semplici strumenti per la realizzazione dei destini di cui ammiriamo il compimento. Voglio dire con questo che quando si parla della civilt cristiana e si vanno annotando e analizzando i fatti che ne seguono lo sviluppo non necessario, e molte volte neanche conveniente, supporre che gli uomini che vi svolsero un ruolo primario conoscessero tutti i risvolti derivanti dallesito della loro opera. Alla gloria di un uomo deve bastare che sia segnalato come strumento scelto dalla Provvidenza, senza che sia necessario fermarsi troppo sulle sue conoscenze o intenzioni personali. Basta riconoscere che un raggio di luce sceso dal cielo ad

illuminargli la mente; ma non necessario sapere se egli stesso pretendeva che questo raggio si spandesse anche sulle generazioni future. Gli uomini piccoli sono generalmente pi piccoli di quello che credono; ma gli uomini grandi sono talvolta pi grandi di quello che pensano, e non conoscono tutta la loro grandezza proprio perch non sanno di essere strumenti degli alti disegni della Provvidenza. Unaltra osservazione c da fare riguardo allo studio dei grandi avvenimenti, ed che non si deve mai indagare con lillusione di trovare un sistema di cui la struttura e larmonia si rivelino a prima vista. necessario rassegnarsi a dover vedere alcune irregolarit ed alcuni oggetti poco gradevoli, e cautelarsi contro limpazienza sconsiderata di voler prevenire il tempo; indispensabile spogliarsi di quella smania (sempre presente, in modo pi o meno accentuato) di trovare questo sistema tutto formato secondo le nostre idee, di vederlo procedere nel modo che pi ci aggrada. Non vedete la natura cos grande, cos varia e ricca come elargisce con tanto disordine i suoi prodotti: nascondendo pietre preziose e ricche miniere sotto masse enormi di terra grezza, e mostrando immense montagne, rupi inaccessibili, orridi e scoscesi precipizi, che contrastano con amene ed estese pianure? Non vedete questapparente disordine, questa prodigalit in mezzo a cui stanno lavorando in segreto accordo innumerevoli elementi per produrre quellunione meravigliosa che incanta i nostri occhi e forma le meraviglie del naturalista? Ecco dunque la societ: i fatti sono divisi e sparpagliati qua e l spesso senza presentare alcuna apparenza di ordine e di corrispondenza: si succedono gli avvenimenti, si urtano lun laltro senza che se ne scorga un piano; gli uomini si riuniscono, si separano, si aiutano e si combattono; passa per il tempo e questelemento indispensabile prepara la realizzazione di grandi opere, e tutto va procedendo verso il fine segnato negli arcani dellEterno. Ecco come deve essere inteso il cammino dellumanit, ecco la norma dello studio filosofico della storia, il modo di comprendere linflusso di quelle idee feconde, di quelle istituzioni forti e potenti che appaiono di quando in quando in mezzo agli uomini per cambiare la faccia della terra. In questi studi, quando scavando nel fondo delle cose si scopre unidea feconda, unistituzione forte, lanimo, lungi dallo spaventarsi nellincontrare qualche irregolarit, si compiace e si conforta: perch un segno evidente che lidea piena di verit e listituzione sovrabbondante di vita; perch si vedono attraversare il caos dei secoli ed uscire indenni dai pi orribili sconvolgimenti. Che questi o quegli uomini non si siano lasciati guidare dallidea e non abbiano corrisposto alloggetto dellistituzione, non ha alcuna importanza dal momento che listituzione sopravvissuta ai disordini e lidea rimasta a galla sulla superficie del mare burrascoso delle passioni. E allora, il rammentare le debolezze, le miserie, la colpa, i delitti degli uomini, il pi frequente elogio dellidea e dellistituzione. Considerati cos, gli uomini non vengono tolti dalla loro scena, n si pretende da loro ci che ragionevolmente non si pu pretendere. Incastrati, per cos dire, nel profondo alveo del gran torrente degli avvenimenti, non si deve attribuisce alla loro intelligenza e volont una maggiore grandezza di quella che realmente fu; e senza per questo mancare di apprezzare nel giusto modo la grandezza e la

natura delle opere alle quali presero parte, non opportuno dare unimportanza eccessiva alle loro persone onorandoli con elogi che non meritano o dando a questi elogi delle ingiuste motivazioni. In questo modo non verranno confusi tempi e circostanze; e losservatore potr esaminare con saggezza ed equilibrio gli avvenimenti che gli si vanno parando davanti agli occhi; non parler dellimpero di Carlo Magno come potrebbe parlare dellimpero di Napoleone, n proromper in aspre invettive contro Gregorio VII perch nella sua politica non tenne la stessa condotta di Gregorio XVI. E sia chiaro che io non esigo dallo storico filosofo unimpassibile indifferenza per il bene e per il male, per il giusto e per lingiusto; non chiedo indulgenza per il vizio e non pretendo che si trascuri di elogiare la virt. Non ho simpatia per quella scuola storica fatalista che ci presenta in modo nuovo il destino degli antichi sulla terra, scuola che se ampliasse alquanto la sua influenza porterebbe alla rovina la parte migliore dei lavori storici ed estinguerebbe la scintilla delle pi generose ispirazioni. Nel cammino della societ vedo un progetto, vedo una relazione, ma non una cieca necessit; non credo che gli avvenimenti confusamente mischiati si agitino e si sovrappongano nellurna buia del destino, n che i fati abbiano rinchiuso il mondo in un cerchio di ferro. Vedo bens una meravigliosa catena tesa sopra il corso dei secoli; una catena che non impedisce lagire deglindividui e delle nazioni, che oscillando dolcemente si adatta al flusso e riflusso stabilito dalla stessa natura delle cose; che col suo contatto fa germogliare nella mente degli uomini grandiosi pensieri: catena doro che pende dalla mano del Fattore supremo, lavorata con infinita diligenza, e retta con ineffabile amore.

CAPITOLO XIV Stato religioso, sociale e scientifico del mondo allepoca in cui apparve il Cristianesimo. Diritto romano. Riflessioni sullinfluenza esercitata dalle idee cristiane sul diritto romano. Vizi del sistema politico dellimpero. Sistema del Cristianesimo per rigenerare la societ: il suo primo passo fu diretto al cambiamento delle idee. Confronto tra il Cristianesimo e il paganesimo nellinsegnamento delle buone dottrine. Osservazioni sul pulpito dei Protestanti. _______________ In che stato fu trovato il mondo dal Cristianesimo? Questa una domanda sulla quale dobbiamo fermare la nostra attenzione se vogliamo valutare adeguatamente i benefci portati da questa religione divina allindividuo e alla societ, e capire il vero carattere della civilt cristiana. Il quadro che presentava la societ in cui nacque il Cristianesimo era certamente fosco. Bella allapparenza, ma ferita al cuore da una malattia mortale, la societ presentava limmagine della pi ripugnante corruzione coperta dallo splendido manto dellostentazione e dellopulenza. La morale senza fondamenti, i costumi senza pudore, le passioni senza freni, le leggi senza castighi, la religione

senza Dio; le idee fluttuavano in bala dei pregiudizi, del fanatismo religioso e delle sottigliezze filosofiche. Luomo era per se stesso un profondo mistero, e non aveva alcuna stima per la propria dignit perch si lasciava abbassare fino al livello degli animali. E quando si disponeva a considerarla, non riusciva a contenerla entro i limiti stabiliti dalla ragione e dalla natura tanto da porre sugli altari come di gli eroi e perfino i pi abominevoli mostri, mentre la maggior parte del genere umano gemeva nella pi abietta schiavit. In questa situazione presto o tardi doveva inevitabilmente diffondersi la dissoluzione sociale; e anche se non fosse sopraggiunta la violenta invasione dei barbari quella societ prima o poi sarebbe andata a soqquadro, perch non aveva in s unidea feconda, un pensiero incoraggiante, un barlume di speranza che potessero preservarla dalla rovina. Lidolatria aveva perduto la sua forza: logorata dal tempo e dalluso spudorato che ne avevano fatto le passioni; con la sua fragile struttura esposta al fuoco divorante dellosservazione filosofica, era in uno stato di estremo discredito. E se per effetto di abitudini radicate nel tempo esercitava sullanimo dei popoli qualche effettiva influenza, non era per capace n di ristabilire larmonia nella societ, n di produrre quel caldo entusiasmo che ispira grandi gesta: entusiasmo che in cuori integri portava peraltro fino alla superstizione pi irragionevole ed assurda. Giudicando dal rilassamento dei costumi, dalla debolezza degli animi, dalleffeminatezza e dal lusso, dal completo abbandono ai pi ripugnanti svaghi e disgustosi piaceri, si vede chiaramente che le idee religiose non conservavano nulla di quella gravit che osserviamo nei tempi eroici, e per mancanza di efficacia avevano ben poco ascendente sullanimo dei popoli, mentre servivano penosamente da strumenti di dissoluzione. E tutto ci era inevitabile. Non era possibile che popoli che si erano elevati ad un alto grado di cultura, quali i Greci ed i Romani che avevano sentito disputare i loro dotti sulle grandi questioni intorno a Dio e alluomo, si mantenessero in quella semplicit necessaria per credere in buona fede alle intollerabili assurdit di cui era colmo il paganesimo. E qualunque fosse la disposizione danimo della parte pi ignorante del popolo, non lo credevano certamente coloro che si elevavano un poal di sopra del livello comune, soprattutto coloro che ascoltavano saggi filosofi come Cicerone, o che si deliziavano dei motti maliziosi dei loro poeti satirici. Se la religione era impotente, restava tuttavia un punto su cui appoggiarsi: la scienza. Prima di esaminare ci che da essa si poteva sperare opportuno osservare che la scienza non fond mai una societ, n fu mai capace di restituirle il perduto equilibrio. Si consulti la storia dei tempi antichi, e si troveranno alla guida di alcuni popoli uomini eminenti che, esercitando un enorme influsso sul cuore dei loro simili, dettano leggi, reprimono abusi, rettificano le idee, correggono i costumi e stabiliscono un governo fondandolo su savie istituzioni, determinando pi o meno vantaggiosamente la sorte e la prosperit dei popoli che si sottoposero alla loro guida. Ma singannerebbe non poco chi ritenesse che questi uomini agissero in conseguenza di ci che noi chiamiamo combinazioni scientifiche. Questi uomini, generalmente semplici, ed anche mediocri e rozzi, agivano dietro glimpulsi del loro cuore generoso, e guidati dal buon senso e da quella giudiziosa prudenza che guidano il padre di

famiglia nel disbrigo degli affari domestici, non seguirono mai come regola quelle miserabili sottigliezze che noi chiamiamo teorie, e quella confusione indigesta didee che noi mascheriamo col nome pomposo di scienza. Furono forse in Grecia i migliori tempi quelli nei quali fiorirono Platone e Aristotele? Quei fieri Romani che soggiogarono il mondo, non possedevano sicuramente lestensione e la variet di cognizioni che ammiriamo nel secolo di Augusto: ci nonostante chi vorr cambiare questi tempi con quelli, questi uomini con quegli altri? Anche i secoli moderni potrebbero fornirci prove abbondanti dellinefficacia della scienza nelle istituzioni sociali: la qual cosa molto facile da provare in quanto i risultati pratici ottenuti dalle scienze naturali sono evidenti. In queste si direbbe che stato concesso alluomo ci che in quella, cio la scienza delle istituzioni sociali, gli fu negato sebbene, considerata a fondo la cosa, non vi tanta differenza come a prima vista potrebbe sembrare. Quando luomo cerca di applicare le cognizioni che ha acquisito sulla natura, si vede costretto a rispettarla; e siccome, anche se lo volesse, non arriverebbe mai con la sua debole mano a causarle un grande stravolgimento, nei suoi esperimenti si limita a tentativi di poca importanza, mosso (dallo stesso desiderio di raggiungere il successo) ad operare conformemente alle leggi cui vanno soggetti i corpi sui quali si esercita. Nellapplicazione delle scienze sociali succede ben altro. Luomo pu agire direttamente e immediatamente sulla societ, pu sconvolgerla con la sua mano; non si vede limitato dalla necessit a praticare i suoi esperimenti in oggetti di poca entit e a rispettare le leggi eterne della societ, e pu immaginarle a suo disposizione, procedere in modo conforme alle sue sottigliezze e accumulare disastri di cui lumanit debba lamentarsi. Si pensi alle stravaganze che nelle scuole filosofiche antiche e moderne sono state teorizzate sulla natura, e a ci che sarebbe successo alla meravigliosa macchina delluniverso se i filosofi avessero potuto maneggiarla a loro piacere. Disgraziatamente nella societ non ci si ferma alle teorie: si fanno prove su lei stessa e sugli eterni suoi fondamenti, e cos ne risultano mali gravissimi, mali che mostrano in modo evidente la debolezza della scienza delluomo. Non bisogna dimenticarlo: la scienza propriamente detta vale poco per dare ordine alla societ; e nei tempi moderni nei quali si presenta con tanto orgoglio per la sua pretesa fecondit sar bene ricordarle che essa attribuisce alle sue fatiche quello che frutto del corso dei secoli, del sano istinto dei popoli, e talvolta delle ispirazioni di un genio. N listinto dei popoli, n il genio hanno in s qualcosa che assomigli alla scienza. Ma uscendo da queste considerazioni generali, sempre molto utili perch portano alla conoscenza delluomo, cosa mai si poteva sperare dal falso barlume di scienza ancora vivo tra le rovine delle antiche scuole dei tempi di cui parliamo? Scarse comerano in tali materie le conoscenze dei filosofi antichi, ed anche dei pi illustri, non si pu tuttavia negare che i nomi di Socrate, di Platone e di Aristotele rammentano qualcosa dimportante, e che in mezzo alle incertezze e alle aberrazioni presentano concetti degni dellelevatezza del loro ingegno. Ma quando apparve il Cristianesimo i germi del sapere diffuso da quei grandi uomini erano ormai diventati inefficaci: i sogni avevano preso il posto dei pensieri alti e fecondi, il prurito della disputa quello dellamore della sapienza, e i sofismi e le

sottigliezze erano subentrati alla maturit del giudizio e alla severit del raziocinio. Cadute le mitiche scuole, e sulle loro rovine essendone sorte altre tanto sterili quanto strane, germogliava da ogni parte una gran quantit di sofisti come quegli insetti immondi che annunciano la corruzione di un cadavere. La Chiesa ci ha conservato un documento preziosissimo per poter giudicare la scienza di quei tempi, cio la storia delle prime eresie. Prescindendo dalla loro profonda immoralit e da quanto in esse muove a sdegno, pu esserci cosa pi vuota, pi insulsa, pi degna di compassione? (14). La legislazione romana, tanto degna di lode per la giustizia ed equit che contiene e per il giudizio e la saggezza che vi risplendono, sebbene possa essere considerata uno dei pi preziosi ornamenti della civilt antica, non aveva tuttavia la forza di prevenire la dissoluzione che minacciava la societ, che per la propria salvezza non fu mai debitrice nei confronti dei giuristi: unopera cos grande non nelle possibilit della giurisprudenza. Siano pure le leggi perfette quanto si voglia, la giurisprudenza elevata al pi alto grado e i giuristi animati dai pi puri sentimenti e guidati dalle pi rette intenzioni: a che giover tutto questo se il cuore della societ corrotto, i princpi morali hanno perduto il loro valore e i costumi sono in perpetua lotta con le leggi? Questa era la condizione dei costumi romani che ci hanno descritto i loro stessi storici, e si veda se in essa sono individuabili lequit, la giustizia, il buon senso, che hanno meritatamente conferito alle leggi romane la definizione di ragione scritta. Affinch non acquisti la fama di chi cerca di denigrare tutto ci che non opera del Cristianesimo, come prova dimparzialit ometto appositamente di evidenziare gli aspetti negativi dai quali non va esente il diritto romano. Non posso per passare sotto silenzio che non vero che il Cristianesimo non abbia avuta parte alcuna nel perfezionamento del diritto romano: non solo durante il periodo deglimperatori cristiani, il che fuor di dubbio, ma anche di quelli precedenti. certo che prima della venuta di Ges Cristo il numero delle leggi romane era molto aumentato, e che il loro studio e ordinamento richiamava lattenzione dei personaggi pi illustri. Sappiamo da Svetonio (in Caes., 44) che Giulio Cesare aveva intenzione di iniziare lutilissima opera di ridurre a pochi libri quanto di meglio e di pi necessario era sparso nellimmensa quantit di leggi. Lo stesso pensiero era venuto a Cicerone, il quale scrisse un libro sulla compilazione metodica del diritto civile (De jure civili in artem redigendo) come attestano Gellio (Noct. Att. libro 1. cap. 22); e Tacito (Ann. libro 3. cap. 28). La necessit delliniziativa aveva attirata anche lattenzione dellimperatore Augusto. Questi progetti rivelano certamente che la legislazione non era agli inizi; ma con questo non cessa di esser vero che il diritto romano, cos come labbiamo noi, quasi tutto un prodotto di secoli posteriori. Parecchi giuristi di grande fama, di cui le sentenze formano una buona parte del diritto, vissero molto tempo dopo la venuta di Ges Cristo, e le costituzioni deglimperatori portano col proprio nome il ricordo dellepoca. Stabiliti questi fatti, osserver che se glimperatori e i giuristi erano pagani, non per questo le idee cristiane non ebbero influsso sulle loro opere. Il numero dei Cristiani era immenso; la stessa crudelt con cui erano perseguitati e leroica

forza danimo con cui affrontavano i tormenti e la morte dovevano aver richiamata lattenzione di tutto il mondo. Ed impossibile che tra gli uomini di pensiero non si destasse la curiosit di esaminare qual era linsegnamento che la nuova religione comunicava ai suoi proseliti. La lettura delle apologie del Cristianesimo scritte gi nei primi secoli con tanta forza di logica ed eloquenza, le opere di vario genere pubblicate dai primi Padri della Chiesa, le omelie dei Vescovi dirette ai popoli, racchiudono un patrimonio cos grande di sapienza, emanano tanto amore per la verit e per la giustizia, proclamano con tanta forza gli eterni princpi della morale, che era impossibile non estenderne linflusso anche a quelli che condannavano la religione del Crocifisso. Quando si vanno diffondendo dottrine che hanno per oggetto quelle grandi questioni che maggiormente interessano luomo, se queste dottrine sono propagate con fervoroso zelo, accettate con ardore da un numero grande di discepoli e sostenute col talento e con la scienza di uomini illustri, lasciano ovunque tracce profonde e colpiscono anche quegli stessi che le combattono aspramente. Il loro influsso in simili casi impercettibile, ma non per questo meno reale. Come quelle esalazioni di cui latmosfera imbevuta: con laria che respiriamo talvolta assorbiamo la morte, altre volte un aroma balsamico che ci purifica e ci conforta. Lo stesso fenomeno non poteva fare a meno di verificarsi riguardo ad una dottrina predicata in un modo cos straordinario, propagata con tanta rapidit, testimoniata come vera con fiumi di sangue e difesa da scrittori tanto illustri come Giustino, Clemente dAlessandria, Ireneo e Tertulliano. La profonda sapienza, la sorprendente bellezza delle dottrine esposte dai dottori cristiani dovevano richiamare lattenzione verso le sorgenti da cui venivano attinte; e va da s che questa stimolante curiosit ponesse in mano a molti filosofi e giuristi i libri della Sacra Scrittura. Cosa ci sarebbe di strano che Epitteto avesse assaporato a lungo la lettura del discorso della montagna, e che le sentenze della giurisprudenza ricevessero senza rendersi conto le ispirazioni di una religione che crescendo straordinariamente in estensione e forza andava conquistando tutte le classi della societ? Lardente amore per la verit e la giustizia, lo spirito di fratellanza, le grandiose idee sulla dignit delluomo, temi costanti nellinsegnamento cristiano, erano destinati a non rimanere confinati nella comunit dei credenti cristiani. Essi andavano gradatamente penetrando in tutte le classi; e quando con la conversione di Costantino acquistarono uninfluenza politica, un predominio pubblico, non si fece altro che ripetere il fenomeno di un sistema che, avendo un grande ascendente nellordine sociale, passa ad esercitare un dominio o almeno uninfluenza nellordine politico. Lascio con grande fiducia queste riflessioni al giudizio degli uomini di pensiero, sicuro che qualora non le condividano, non per questo le giudicheranno spregevoli. Viviamo in unepoca feconda di avvenimenti e madre di rivoluzioni profonde, e perci siamo pi portati a comprendere gli immensi effetti delle influenze indirette e lente, il predominio potente delle idee e la forza irresistibile con cui le dottrine si fanno largo. Alla mancanza di principi vitali necessari per rigenerare la societ, e alla presenza di forti elementi di dissoluzione che essa covava in seno, si aggiungeva

un altro male dalle gravi conseguenze consistente nella debolezza dellordine politico. Sottomesso tutto il mondo al potere di Roma, si vedeva una moltitudine di popoli, molto diversi negli usi e nei costumi, ammassati confusamente come il bottino in un campo di battaglia, costretti a formare un corpo fittizio, come trofei infilzati nel manico di una lancia. La centralit del governo per i vari popoli non era un vantaggio, perch era violenta. E siccome questa centralit era per di pi dispotica, dalla sede dellimpero fino agli ultimi dignitari, non poteva produrre altro effetto che lavvilimento e labiezione dei popoli; e cos era impossibile che si facessero luce quellelevazione e quella forza danimo che sono i frutti preziosi del sentimento della propria dignit e dellattaccamento allindipendenza della patria. Se Roma avesse almeno conservato gli antichi costumi, se avesse ancora allevati nel suo seno quei guerrieri celebri sia per la fama delle loro vittorie che per la semplicit e austerit dei costumi, si sarebbe potuto concepire la speranza che nei popoli vinti passasse qualcosa delle doti dei vincitori, come un cuore giovane e robusto rianima col suo vigore un corpo estenuato dalle pi ostinate malattie. Ma per disgrazia non era cos. I Fabii, i Camilli, gli Scipioni non avrebbero riconosciuto la loro indegna prole; e Roma, Signora del Mondo, giaceva schiava sotto i piedi di alcuni mostri che salivano al trono per mezzo della seduzione e della violenza, macchiavano lo scettro con la loro corruzione e crudelt, e terminavano la vita per le mani di un assassino. Lautorit del Senato e del popolo si era dispersa: ne restavano solamente alcuni vani simulacri, vestigia morientis libertatis, come li chiama Tacito, vestigia della libert spirante. Il popolo re che prima distribuiva limpero, i fasci, le legioni e tutto, si ridusse ora a desiderare ansiosamente soltanto due cose: pane e spettacoli: Qui dabat olim Imperium, fasces, legiones, omnia; nunc se Continet, atque duas tantum res anxius optat, Panem, et circenses. (Juvenalis Satyra, 10). Venne finalmente la pienezza dei tempi: il Cristianesimo apparve, e senza proclamare alcun mutamento nelle forme politiche, senza macchinare contro alcun governo, senza ingerirsi in cose che sapessero di mondano e terreno, port agli uomini una doppia salvezza: chiamandoli sul sentiero di una felicit eterna; e spargendo a piene mani lunica difesa contro la dissoluzione sociale, il germe di una rigenerazione lenta e pacifica, ma immensa e durevole attraverso gli sconvolgimenti dei secoli. Questa difesa contro la dissoluzione sociale, questo germe di inestimabili sviluppi era un insegnamento sublime e puro rivolto a tutti gli uomini senza eccezione di et, di sesso, di condizione, come una pioggia benefica che si scioglie in deliziosi ruscelletti sulla terra arsa e languente. Non c religione che come il Cristianesimo sia stata capace di conoscere il segreto per guidare un uomo, e che nel guidarlo abbia mostrato in modo eccellente di riconoscere lalta dignit umana. Il Cristianesimo partito sempre da questo principio: che il primo passo per conquistare tutto luomo quello di

conquistare il suo intelletto; che quando si tratta di estirpare un male o di produrre un bene necessario prendere di mira soprattutto le idee, dando cos un colpo mortale ai sistemi violenti tanto adoperati dove il Cristianesimo non esiste, e proclamando la verit che salva; e che quando si tratta di governare gli uomini, il mezzo pi indegno e insieme il meno efficace la forza. La verit benefica e feconda apriva allumanit un nuovo e prosperoso avvenire. Soltanto col Cristianesimo si propagano le scuole della pi sublime filosofia, aperte sempre e ovunque per tutte le classi del popolo. Le pi alte verit intorno a Dio e alluomo, le norme della morale pi pura non vengono presentate esclusivamente ad un numero limitato di discepoli con insegnamenti misteriosi e segreti. La sublime filosofia del Cristianesimo stata pi determinata, ed ha avuto il coraggio di dire agli uomini la pura e intera verit, in pubblico, a voce alta, e con quel generoso ardimento che il compagno inseparabile della verit. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate allorecchio predicatelo sui tetti. Cos parlava Ges Cristo ai discepoli ( S. Matteo 10, 27). Appena il Cristianesimo si trov a confrontarsi col paganesimo risult subito evidente la sua superiorit: non solo per le dottrine, ma anche per il modo di diffonderle. Si cap subito che una religione con un insegnamento cos dotto e puro, e che per diffonderlo procedeva senza tanti giri di parole appellandosi direttamente alla mente e al cuore, doveva ben presto prendere il posto dellaltra religione dimpostura e di menzogna. Infatti, che faceva mai il paganesimo per il bene degli uomini? Qual era linsegnamento sulle verit morali? Quale argine opponeva alla corruzione dei costumi? Per quello che riguarda i costumi dice a questo proposito S. Agostino, come mai gli di non avevano cura che i loro adoratori non fossero cos depravati? Il vero Dio, che essi non adoravano, li rigett, e giustamente; ma gli di di cui questi uomini ingrati si lamentano che venga loro proibito il culto, perch non aiutarono i loro adoratori con qualche legge a vivere rettamente? Giacch gli uomini avevano a cuore il culto, era ben giusto che gli di non dimenticassero di avere a cuore la vita e i costumi. Mi si dir che nessuno cattivo se non per propria volont: e chi lo nega? Gli di per erano tenuti a non tenere nascosti ai loro adoratori i precetti della morale, ma semmai a proclamarli a chiare note; a rimproverare per mezzo dei profeti i colpevoli, minacciare pubblicamente la pena a coloro che operavano il male, e promettere premi a quelli che agivano bene. Quando mai nei templi degli di risuon con voce alta e vigorosa una tale proclamazione? ( De Civitate Dei libro 2, cap. 4). Il santo dottore continua facendo una fosca descrizione delle turpitudini ed abominazioni che si commettevano negli spettacoli e nei giochi sacri celebrati in ossequio agli di, ai quali egli stesso dice di avere assistito in giovent, quindi prosegue: Da ci si comprende che quegli di non si curavano della vita e dei costumi delle citt e nazioni da cui erano adorati, lasciando che si abbandonassero a cos orrendi e detestabili mali con tanto danno non solo dei loro campi e vigne, non solo della loro casa ed averi, non solo del corpo che soggetto alla mente, ma della stessa mente, dello stesso spirito che domina il corpo. E se si pretende che vietavano tali malvagit, ci venga dimostrato, se ne dia una prova. Si vantano di non so quali bisbigli sussurrati agli orecchi di

pochissimi, con i quali sotto un velo misterioso si insegnavano i precetti di una vita onorata e pura. Ci mostrino allora i luoghi destinati a simili riunioni, e non i luoghi ove glistrioni rappresentavano i giuochi con discorsi ed azioni oscene, non dove si celebravano le feste delle fughe con la pi sfrenata licenza, ma piuttosto quelli dove i popoli potessero ascoltare i precetti degli di onde reprimere la cupidigia, spezzare lambizione e frenare i piaceri; dove gli infelici potessero apprendere quellinsegnamento che con severo linguaggio raccomandava Persio (Satyr. 3), quando diceva: Imparate, o infelici, a conoscere la ragione delle cose: ci che siamo, per quale fine nasciamo, quale deve essere la nostra condotta, quanto fugace il termine della nostra vita, quale deve essere luso moderato della ricchezza, qual la sua vera utilit, quale il limite della nostra generosit verso la patria, i parenti e gli amici, a quale destino ci ha chiamati Dio, e qual il posto che occupiamo tra gli uomini. Si dica in quali luoghi venivano proclamati da parte degli di simili precetti dove potessero essere ascoltati dai loro adoratori: ci si mostrino questi luoghi, come noi mostriamo le chiese istituite a tal fine ovunque sia stata diffusa la religione cristiana (De Civitate Dei libro 2, cap. 6). Questa religione divina, profonda conoscitrice delluomo, non ha mai dimenticato che la debolezza e lincostanza influenzano il suo carattere; per questo motivo ha stabilito come regola invariabile di condotta dinculcargli incessantemente, con instancabile costanza e pazienza, le salutari verit da cui dipendono sia il benessere temporale delluomo, che la sua eterna felicit. Trattandosi di verit morali luomo dimentica facilmente ci che non gli risuona continuamente allorecchio; e se i buoni precetti gli si conservano nellintelletto, restano per come sterile semenza che non giunge a fecondare il cuore. cosa buona e molto vantaggiosa che i padri comunichino questo insegnamento ai figli; che sia un oggetto di preferenza nelleducazione privata; ma ancor pi necessario che vi sia un insegnamento pubblico che non lo perda mai di vista, che si estenda a tutte le classi sociali e a tutte le et, supplisca alla trascuratezza delle famiglie, ravvivi i ricordi e le impressioni che le passioni e il tempo vanno continuamente cancellando. Questo sistema di predicazione continua e dinsegnamento praticato dalla Chiesa cattolica in ogni tempo e in tutti i luoghi, di tale importanza per listruzione e la moralit dei popoli che si deve considerare un gran bene il fatto che i primi Protestanti, nella smania da cui furono presi di distruggere tutte le usanze della Chiesa, conservassero tuttavia quella della predicazione. Non che dicendo questo intendiamo chiudere gli occhi sui danni che in certi tempi derivarono dalle predicazioni violente di alcuni loro ministri pericolosi o fanatici; ma considerando la rottura dellunit, e che i popoli sono stati sviati sul triste sentiero dello scisma, non c dubbio che la conservazione delle idee principali intorno a Dio e alluomo, e delle massime fondamentali della morale, stata favorita non poco dalla continua predicazione di queste verit da parte di chi le aveva precedentemente studiate nella Sacra Scrittura. Senza dubbio il colpo mortale dato alla gerarchia dal sistema protestante, e la successiva degradazione del sacerdozio, fa s che la cattedra della predicazione non abbia per i Protestanti il sacro carattere di cattedra dello Spirito Santo. Senza dubbio

un ostacolo grande alla predicazione, perch possa far frutto, che un ministro protestante non possa pi presentarsi come il consacrato del Signore, ma piuttosto, come ha detto uno scrittore di talento, solamente come un uomo vestito di nero che sale ogni domenica sul pulpito per parlare di cose ragionevoli. Ma almeno la gente ascolta alcuni brani degli eccellenti insegnamenti morali che si trovano nel sacro Testo, ha spesso sotto gli occhi gli edificanti esempi sparsi nel Vecchio e nel Nuovo Testamento; e soprattutto sono sovente presentati i passi della vita di Ges Cristo, di quella vita mirabile che il modello di ogni perfezione. La quale vita per ammissione di tutti, anche quando la si guardi con occhio umano, la pura santit per eccellenza, il pi bel vincolo morale che si sia mai visto, la realt di un ideale sotto forma umana che mai la filosofia concep nei suoi alti pensieri, n mai produsse la poesia nei suoi voli pi arditi. Questa una cosa molto utile e salutare perch lanima dei popoli viene nutrita con lalimento sostanzioso delle verit morali, ed incitata alla virt con lo stimolo di esempi cos sublimi.

CAPITOLO XV La Chiesa non offre solamente un insegnamento grande e fecondo, ma costituisce anche unassociazione rigeneratrice. Temi di cui dovette occuparsi. Difficolt che dovette vincere. La schiavit. Chi abol la schiavit. Opinione di Guizot. Numero immenso di schiavi. Con che giudizio si procedette nellabolire la schiavit. Labolizione istantanea era impossibile. Simpugna lopinione di Guizot. _______________ Per quanto la diffusione della verit fosse per la Chiesa della massima importanza, ed essa fosse convinta che per combattere lenorme massa dimmoralit e degradazione che le si presentava agli occhi doveva per prima cosa sottoporre lerrore al fuoco dissolvente delle vere dottrine, non si limit tuttavia solo a questo, ma procedendo con i fatti e seguendo un sistema improntato a saggezza e prudenza, fece in modo che lumanit potesse gustare quei preziosi frutti che le dottrine di Ges Cristo producono anche nelle cose terrene. La Chiesa non fu solamente una scuola grande e feconda, fu pure una societ rigeneratrice: non diffuse le sue dottrine universali quasi affidandole al caso con la speranza che col tempo avrebbero dato i loro frutti, ma le espose con grande impegno, le applic in ogni circostanza, si preoccup dintrodurle nei costumi e nelle leggi e di metterle in pratica attraverso istituzioni che svolgessero un sereno, ma facondo insegnamento alle generazioni future. La dignit delluomo non era conosciuta perch ovunque regnava la schiavit: la donna degradata, contaminata dalla corruzione dei costumi e sottomessa alla tirannia delluomo; i rapporti famigliari snaturati, concedendo la legge al padre alcune facolt che non gli erano state date dalla natura; considerati vili i sentimenti di umanit verso linfanzia abbandonata, i poveri e gli infermi trascurati; la barbarie e la crudelt del diritto di guerra portate al pi alto grado. Si vedeva lodiosa

tirannia attorniata dai suoi seguaci e coperta di ferro, guardare con sdegnoso disprezzo dallalto della struttura sociale i popoli infelici che gli giacevano ai piedi avvinti con salde catene. In una situazione cos grave non era piccola impresa quella di scacciare lerrore, riformare e moderare i costumi, abolire la schiavit, correggere i difetti della legislazione, frenare il potere e armonizzarlo con gli interessi pubblici, dare una nuova vita allindividuo, riordinare la famiglia e la societ. Eppure proprio questo che fece la Chiesa. Cominciamo dalla schiavit. Questa una materia che occorre esaminare a fondo, dal momento che riguarda una di quelle questioni che maggiormente stimolano la curiosit della scienza e coinvolgono i sentimenti del cuore. Chi ha abolito tra i popoli cristiani la schiavit? Il Cristianesimo, con le sue grandiose idee sulla dignit delluomo, con i suoi precetti, con lo spirito di fratellanza e carit; ed anche con la sua condotta prudente, serena e benefica. Mi lusingo di poterlo dimostrare. In realt non c chi ponga in dubbio che la Chiesa cattolica ha avuto una potente influenza nellabolire la schiavit. Questa una verit lampante, che salta agli occhi con troppa evidenza perch si possa contraddirla. Il Signor Guizot riconoscendo limpegno e lefficacia con cui ag la Chiesa per migliorare lo stato sociale, dice: Tutti sanno con quanta ostinazione combatt i grandi vizi di quello stato, la schiavit per esempio: ma nel rigo seguente, come se gli dispiacesse affermare senza alcuna riserva un fatto che doveva necessariamente risvegliare a favore della Chiesa cattolica la simpatia dellintera umanit, continua: Mille volte si detto e ripetuto che labolizione della schiavit nei tempi moderni dovuta esclusivamente ai precetti del Cristianesimo. Questo a parer mio un poeccessivo perch la schiavit continu ancora per molto tempo allinterno della societ cristiana senza che questo la turbasse o la irritasse molto. Singanna di molto il Signor Guizot quando afferma che labolizione della schiavit non si debba esclusivamente attribuire al Cristianesimo per il fatto che tale condizione fosse continuata per molto tempo nella societ cristiana. Se avesse proceduto con buona logica avrebbe dovuto prima verificare se fosse stata possibile labolizione istantanea della schiavit; e se lo spirito di ordine e di pace, di cui animata la Chiesa, avrebbe permesso di accingersi ad unimpresa con la quale avrebbe sconvolto il mondo senza arrivare al fine cui tendeva. Il numero degli schiavi era immenso; la schiavit profondamente radicata nelle idee, nei costumi, nelle leggi e negli interessi individuali e sociali. Sistema funesto, senza dubbio, ma che era imprudente pretendere di abolire in un sol colpo, perch le sue radici erano molto profonde e si estendevano per un lungo tratto nel sottosuolo. In un censimento degli abitanti di Atene risultarono ventimila cittadini e quarantamila schiavi; nella guerra del Peloponneso ne passarono ai nemici nientemeno che ventimila, come riferisce Tucidide. Lo stesso autore ci dice che in Chio era grandissimo il numero degli schiavi, e che la diserzione di costoro nel passare agli ateniesi mise in difficolt i loro padroni. Quasi ovunque il numero di schiavi era cos grande che non poche volte per causa loro la tranquillit pubblica veniva messa in pericolo. Per questo motivo era necessario prendere

delle precauzioni perch non si mettessero daccordo tra loro. molto conveniente dice Platone (Dialogo 6 delle leggi) che gli schiavi non siano dello stesso paese e che, per quanto possibile, ne siano diversi i costumi e i desideri; poich ripetute esperienze ci hanno insegnato, nelle frequenti diserzioni avvenute tra i Messeni e nelle altre citt che hanno molti schiavi che parlano la stessa lingua, quanti danni ne derivino. Aristotele nella sua Economia (libro 1, c. 5) d varie regole sulla maniera di trattare gli schiavi e, daccordo con Platone, avverte espressamente: che non si devono tenere molti schiavi dello stesso paese. Nella Politica (libro 2, c. 7) ci dice che i Tessali si videro in notevoli difficolt per la gran massa dei loro penesti (una specie di schiavi); lo stesso accadde agli Spartani a causa degli iloti. Spesso accaduto, dice, che i penesti si sono sollevati in Tessaglia, e gli Spartani ogni volta che hanno sofferto qualche sciagura si sono visti minacciare dalle cospirazioni degli iloti. Questa era una difficolt che occupava seriamente lattenzione dei politici, i quali non sapevano come premunirsi contro gli inconvenienti che derivavano da questa immensa moltitudine di schiavi. risaputo che questa una materia che dava molto da pensare e lo stesso Aristotele si lamentava della grande difficolt di riuscire a trovare un modo idoneo di trattare gli schiavi; queste sono le sue stesse parole: In verit il modo con cui si deve trattare questa categoria di uomini una faccenda difficile che crea molto imbarazzo; perch se si usa amabilit diventano petulanti e vogliono farsi uguali ai loro padroni, e se si trattano con durezza concepiscono odio e tramano insidie. Era tale la moltitudine degli schiavi a Roma, che essendo stata fatta la proposta di far loro indossare una veste particolare in modo che si distinguessero, il Senato si oppose nel timore che costoro, rendendosi conto del loro numero, creassero pericoli per lordine pubblico. Ed certo che questi timori non erano infondati, perch molto tempo prima gli schiavi avevano gi provocato in Italia gravi tumulti. Platone a conferma di ci rammenta che gli schiavi avevano devastata lItalia molte volte con la pirateria e il ladrocinio; e in tempi pi recenti Spartaco, alla testa di un esercito di schiavi, fu per un certo periodo il terrore dItalia, dando molto da fare ai migliori generali romani. A Roma vi era un tale eccesso di schiavi che molti padroni ne avevano a centinaia. Quando fu assassinato il prefetto di Roma Pedanio Secondo, quattrocento suoi schiavi furono condannati a morte ( Tacito Ann. libro 14); Pudentilla, moglie di Apulejo, ne aveva talmente tanti che ne diede ai figli non meno di quattrocento. Il possesso degli schiavi era diventato un oggetto di lusso, e i Romani facevano a gara nellavere il maggior numero di schiavi. Nel domandarsi lun laltro, secondo la frase di Giovenale ( Satyr. 3. v. 140), quot pascit servos, quanti schiavi mantiene?, intendevano fare mostra di grandi quantit. Secondo Plinio la cosa giunse a tali eccessi che pi che la scorta di una famiglia sembrava un esercito vero e proprio. Il numero degli schiavi non solo in Grecia e in Italia era cresciuto a dismisura, perch a Tiro si sollevarono contro i loro padroni, e grazie al loro numero immenso lo fecero con tale successo da ucciderli tutti. Passando ai popoli barbari, e prescindendo dagli altri pi conosciuti, riferisce Erodoto ( libro 3) che

ritornando gli Sciti dalla Media trovarono che i loro schiavi si erano sollevati, e da padroni che erano si videro costretti a cedere terreno ed abbandonare la propria patria. E Cesare nei suoi commentari (De Bello Gallico libro 6) ci informa della grandissima quantit di schiavi che erano nelle Gallie. Essendo dappertutto cos grande il numero degli schiavi, si vede bene che era del tutto impossibile proclamarne la libert senza che ci causasse un enorme incendio in tutto il mondo. Disgraziatamente nei tempi moderni resta un punto di paragone che, sebbene sia in una proporzione molto inferiore, non manca per questo di fare al nostro caso. In una colonia dove gli schiavi negri sono numerosi, chi si accingerebbe a metterli di colpo in libert? E se dovesse trattarsi non di una colonia ma di tutto luniverso, di quanto aumenterebbero le difficolt, e quali enormi dimensioni raggiungerebbe il pericolo? Lo stato intellettuale e morale degli schiavi li rendeva incapaci di trarre guadagno da un tale beneficio, sia per loro stessi che per la societ. Nella loro insensata brutalit eccitata dal rancore e dal desiderio di vendetta che nutrivano in petto per i cattivi trattamenti subiti, avrebbero ripetuto in grande le scene sanguinose che avevano gi in tempi precedenti sporcate le pagine della storia. Che sarebbe accaduto allora? Che la societ, minacciata da un pericolo cos spaventoso, si sarebbe messa in guardia contro i princpi favorevoli alla libert, li avrebbe poi guardati con pregiudizio e sospettosa diffidenza; e ben lungi dallindebolire le catene degli schiavi, le avrebbe rinforzate ulteriormente. Da quella massa immensa di uomini furibondi e brutali posti in libert senza esservi preparati era impossibile che spuntasse un ordine sociale, perch un ordine sociale non simprovvisa, e ancor meno poi con tali elementi. In questo caso, dovendosi scegliere tra la schiavit e la rovina dellordine sociale, listinto di conservazione di cui animata la societ come tutti gli esseri, avrebbe infallibilmente prodotto la durata della schiavit dove ancora sussisteva, e la restaurazione della stessa dove fosse gi stata abolita. Coloro che si sono lamentati che il Cristianesimo non sia stato pi sollecito nellabolire la schiavit avrebbero dovuto ricordarsi che, anche volendo supporre possibile unemancipazione istantanea o in tempi brevi, e prescindere dai sanguinosi disordini che inevitabilmente sarebbero derivati, la sola forza delle cose, sopravvenendo con i suoi ostacoli insuperabili, avrebbe fatto andare a vuoto una simile risoluzione. Mettendo da parte tutte le valutazioni sociali e politiche, consideriamo unicamente quelle economiche. Prima di tutto sarebbe stato necessario alterare tutte le relazioni della propriet, perch figurando in essa gli schiavi come elemento fondamentale (per la coltivazione dei terreni, lesercizio delle opere meccaniche: in una parola tutto ci che riguarda il lavoro e la fatica), eliminato questo elemento ne sarebbe derivato un tale scollegamento, che la mente non giunge a comprenderne le estreme conseguenze. Posso immaginare che ne sarebbero derivate violente spoliazioni; che si sarebbe proceduto ad un censimento e ad una ripartizione delle propriet, che si sarebbero distribuiti i terreni agli emancipati e che i ricchi signori si sarebbero visti costretti a maneggiare la zappa e laratro: voglio supporre che avvenissero realmente tutte queste assurdit, tutti questi sogni deliranti. Neanche cos sarebbero state eliminate le difficolt, perch non bisogna dimenticare che la

produzione dei mezzi di sussistenza deve essere in proporzione ai bisogni di quelli che hanno da sussistere: e questo, con lemancipazione degli schiavi, sarebbe stato impossibile. La produzione era regolata non in proporzione al semplice numero degli individui che allora vivevano, ma anche in considerazione del fatto che la maggior parte di essi erano schiavi; ed i bisogni di un uomo libero sono qualcosa di pi di quelli di uno schiavo. Se oggi dopo diciotto secoli, precisate le idee, mitigati i costumi, migliorate le leggi, educati i popoli e i governi, fondate tante istituzioni pubbliche per soccorrere lindigenza, sperimentati tanti sistemi per una giusta ripartizione del lavoro, distribuite pi equamente le ricchezze: se dopo tutto questo vi sono ancora tante difficolt per evitare che un numero immenso di uomini non cada vittima di una spaventosa miseria, che il male terribile che tormenta la societ e pesa sullavvenire come un sogno funesto, che sarebbe mai accaduto se fosse stata realizzata la totale emancipazione allinizio del Cristianesimo, quando gli schiavi non erano riconosciuti nel diritto come persone ma come cose, quando la loro unione coniugale non era giudicata matrimonio, quando lautorit sui frutti di questa unione era imposta con le stesse regole che vigono tra gli animali, quando il misero schiavo era maltrattato, tormentato, venduto e anche ucciso, secondo i capricci del suo padrone? Non appare evidente che per curare questi mali era necessaria lopera di secoli? Non questo linsegnamento che riceviamo conducendo le nostre analisi sui risvolti umani, politici ed economici? Se fossero state prese iniziative cos insensate, gli stessi schiavi non avrebbero tardato molto a protestare contro di esse reclamando una schiavit che almeno assicurava loro il pane e un ricovero, e non apprezzando una libert incompatibile con la loro esistenza. Questo lordine della natura: luomo ha bisogno prima di tutto di avere il necessario per vivere, e se gli mancano i mezzi di sussistenza neppure la libert lo lusinga. Non necessario ricorrere ad esempi particolari che ci si presenterebbero in abbondanza: intere popolazioni costituiscono la prova evidente di questa verit. Quando la miseria estrema difficile che non sia accompagnata dallavvilimento che soffoca i pi generosi sentimenti e distrugge il fascino che esercitano sul nostro cuore le parole dindipendenza e di libert. La plebe dice Cesare parlando dei Galli ( De Bello Gallico, libro 6) quasi al livello degli schiavi; nulla osa da se medesima, e non partecipa alle assemblee; vi sono poi molti che, aggravati da debiti e tributi, e oppressi dai potenti, si danno per schiavi ai nobili, i quali dopo un tale impegno hanno sopra di loro tutti gli stessi diritti che hanno sugli schiavi. Nei tempi moderni non mancano simili esempi, essendo noto che tra i Cinesi la schiavit molto diffusa, ed originata dal fatto che chi vi soggetto, o i suoi padri, furono incapaci di provvedere al proprio sostentamento. Queste riflessioni basate su testimonianze incontestabili mostrano con grande evidenza la profonda saggezza del Cristianesimo che procedette con tanta cautela nellabolire la schiavit. Si fece quanto era possibile in favore della libert delluomo: non si and avanti pi rapidamente perch non era possibile farlo senza correre il rischio di rovinare lopera e che si presentassero seri ostacoli alla voluta emancipazione. Ecco come vanno sempre a finire le accuse che vengono rivolte al modo di procedere della Chiesa. Si esaminano col lume della ragione,

si confrontano con i fatti e si viene finalmente a riconoscere che la maniera di procedere, della quale viene incolpata la Chiesa, del tutto conforme alle norme della pi squisita prudenza. E allora, cosa vuole dirci il Sig. Guizot quando, dopo aver ammesso che il Cristianesimo si impegn con tutte le sue forze per abolire la schiavit, gli rinfaccia di aver acconsentito che si mantenesse per lungo tempo? Con che logica pretende di affermare che non vero che di questo immenso beneficio dispensato allumanit siamo debitori esclusivamente al Cristianesimo? Che la schiavit continu per secoli anche col Cristianesimo vero, ma and sempre pi diminuendo. E il suo durare fu necessario solamente perch il beneficio giungesse ad effetto senza violenze e senza disordini, assicurandone la realizzazione totale e definitiva. E dai secoli nei quali dur la schiavit se ne deve anche sottrarre una parte consistente; perch nei primi tre secoli la Chiesa si trov spesse volte e per molti anni esiliata, e sempre poi guardata con avversione e completamente priva dinfluenza diretta nellordine sociale. Si deve inoltre levare molto anche dai secoli successivi perch era passato poco tempo dacch la Chiesa inizi ad esercitare la sua influenza diretta e pubblica, quando sopravvenne linvasione dei barbari del Nord, la quale insieme alla dissoluzione dalla quale era gi attaccato limpero, e che si diffondeva in modo spaventoso, arrec un tale scompiglio e una mescolanza cos informe di lingue, di usi, di costumi, di leggi, che non era quasi possibile esercitare proficuamente unazione moderatrice. Se in tempi a noi pi vicini costata tanta fatica la distruzione del feudalesimo e dopo secoli di lotte ne restano tuttavia in piedi molti resti, se la tratta dei negri, anche se limitata a determinati paesi e a particolari circostanze, sta resistendo al grido universale di riprovazione che si alza contro simile infamia dai quattro angoli della terra; come pu esserci qualcuno che si meravigli e incolpi il Cristianesimo perch la schiavit dur alcuni secoli dopo di essere stata proclamata la fratellanza tra tutti gli uomini e la loro uguaglianza al cospetto di Dio?

CAPITOLO XVI La Chiesa cattolica adoper, per abolire la schiavit, non solo un sistema di dottrine, i suoi princpi e lo spirito di carit, ma anche un insieme di mezzi pratici. Punto di vista dal quale si deve guardare a questo fatto storico. Idee erronee degli antichi sulla schiavit. Omero, Platone, Aristotele. Il Cristianesimo inizi subito a combattere questi errori. Dottrine cristiane sulle relazioni tra schiavi e padroni. Limpegno della Chiesa per mitigare i trattamenti crudeli verso gli schiavi. _______________ Fortunatamente la Chiesa cattolica fu pi saggia dei filosofi e seppe dispensare allumanit il beneficio dellemancipazione senza ingiustizie e senza sconvolgimenti. Essa infatti, nel rigenerare la societ, non lo fa con bagni di

sangue. Vediamo allora quali iniziative prese per abolire la schiavit. Abbiamo gi parlato ampiamente, facendone gli elogi, dello spirito di amore e di fratellanza che anima il Cristianesimo; e ci che se n detto dovrebbe aver dimostrato a sufficienza il grande influsso che ebbe nellopera eminente di cui stiamo parlando. Tuttavia forse non si indagato abbastanza sui mezzi positivi e concreti, per cos dire, che utilizz per raggiungere il successo. Sar possibile investigare, tra le tenebre dei secoli e in mezzo a tanti impedimenti e complessit di circostanze, su alcuni fatti che, come orme su un sentiero, ci mostrino il cammino percorso dalla Chiesa cattolica per liberare unimmensa parte del genere umano dalla schiavit in cui gemeva? Sar possibile esprimere qualcosa di pi che alcuni generici elogi alla carit cristiana? Individuare una norma, un sistema, e dimostrarne lesistenza e lo sviluppo poggiandosi non tanto su espressioni chiare, su alti pensieri, su sentimenti generosi, su azioni isolate di alcuni uomini illustri; bens su fatti concreti, su documenti storici che mostrino qual era lo spirito e la direzione del corpo medesimo della Chiesa? Credo di s: e non dubito che sar portato al successo di questimpresa da quanto pu esservi di pi convincente e decisivo in questo campo, cio dalle testimonianze della legislazione ecclesiastica. Innanzi tutto sar utile ricordare ci che stato gi detto precedentemente: che quando, riguardo alla Chiesa, si parla di iniziative, di progetti, di intenzioni, non necessario supporre che questi progetti fossero contenuti in tutta la loro estensione nella mente di qualche individuo particolare, n che tutto il significato e leffetto di simili iniziative fossero ben capiti da qualcuno di quelli che vi prendevano parte. E si pu ancora dire che non necessariamente bisogna supporre che i primi Cristiani conoscessero quanto fosse determinata lintenzione del Cristianesimo di abolire la schiavit. Ci che utile dimostrare che lo scopo fu raggiunto per mezzo delle dottrine e delliniziativa della Chiesa: perch tra i Cattolici, per quanto si stimino i meriti e la grandezza degli individui secondo il loro valore, quando si parla di Chiesa glindividui spariscono, i loro pensieri e la loro volont sono nulla in quanto non si conformano pi allo spirito delluomo, ma allo Spirito di Dio che anima, vivifica e guida la Chiesa. Coloro che non appartengono alla nostra fede chiameranno le cose con altri nomi, ma con loro saremo daccordo su questo: che considerando i fatti prescindendo dal pensiero e dalla volont dellindividuo, essi conservano molto meglio le loro reali dimensioni, e nello studio della storia non viene interrotta linfinita catena degli avvenimenti. Che liniziativa della Chiesa sia detta ispirata e diretta da Dio, oppure conseguenza di un istinto, o che fu lo sviluppo di una inclinazione derivante dalle sue dottrine: che si usino queste o quelle frasi parlando come Cattolico o come filosofo, su questo per il momento non necessario soffermarsi. Ci che invece opportuno dimostrare adesso che questo istinto fu generoso e prudente, che questa inclinazione era diretta ad un grande scopo, e lo raggiunse. La prima cosa che il fece Cristianesimo riguardo al problema degli schiavi fu quella di disperdere gli errori che si opponevano non solamente alla loro emancipazione, ma anche a migliorarne lo stato: vale a dire che la prima forza che impieg nellattacco fu, come suo costume, la forza delle idee. Era questo

il primo passo fondamentale da compiere per curare il male, poich in questo male capitava ci che capita in tutti i mali, i quali sono sempre accompagnati da qualche errore che li produce o li provoca. La questione non riguardava solamente loppressione e lavvilimento di una gran parte dellumanit, ma anche il fatto che era molto diffusa unopinione erronea che causava ulteriori umiliazioni a questa porzione dellumanit. Secondo tale opinione gli schiavi appartenevano ad una razza vile che non poteva elevarsi al livello di quella degli uomini liberi; era una razza declassata dallo stesso Giove, marcata con un sigillo umiliante dalla natura stessa, una razza predestinata a questo stato di abiezione e di vilt. Dottrina indubbiamente spregevole smentita dalla natura umana, dalla storia, dallesperienza ma non per questo priva di difensori ragguardevoli; dottrina che, facendo oltraggio allumanit e con scandalo della ragione, vediamo proclamata pubblicamente per lunghi secoli, fino a che il Cristianesimo non venne a disperderla, essendosi assunto lincarico di vendicare i diritti delluomo. Omero ci dice (Odissea, 17) che Giove port via agli schiavi la met della mente. In Platone troviamo la stessa dottrina; infatti, seppure per bocca di altri come suo costume, non si sottrae dallavventurarsi in ci che segue: Si dice che nellanimo degli schiavi non c nulla di sano n di integro, e che un uomo prudente non deve fidarsi di questa casta di uomini, come testimonia anche il pi dotto dei nostri poeti, e segue la citazione del passo di Omero sopra indicato (Platone, libro delle Leggi). Ma dove questa degradante dottrina esposta in tutta la sua malvagit e schiettezza, nella Politica di Aristotele. Non manca chi cerchi di difenderlo, ma invano; perch le sue parole lo condannano senza rimedio. Egli, spiegando nel primo capitolo della sua opera la costituzione della famiglia, e proponendosi di fissare le relazioni tra il marito e la moglie, e tra il signore e lo schiavo, stabilisce che come la femmina naturalmente diversa dal maschio, cos lo schiavo lo dal padrone. Queste sono le parole: E cos la femmina e lo schiavo sono distinti per la stessa natura . Questa espressione non fu detta di sfuggita dal filosofo, ma con piena cognizione, e non altro che il compendio della sua teoria. Nel capitolo 3 continua a fare lanalisi degli elementi che compongono la famiglia, e dopo aver stabilito che una famiglia perfetta composta di liberi e di schiavi concentra il discorso su questi ultimi, cominciando a combattere unopinione che sembrava favorirli troppo. Vi sono alcuni egli dice i quali pensano che la schiavit sia una cosa fuori dellordine della natura poich soltanto dalla legge viene stabilito che questuomo sia schiavo e quello sia libero, mentre la natura non conosce questa distinzione. Prima di ribattere questa opinione, spiega le relazioni tra padrone e schiavo servendosi del paragone dellartefice e dello strumento, e poi dellanima e del corpo. Quindi continua cos: Se si paragonano il maschio e la femmina, quello superiore e perci comanda, questa inferiore e per questo obbedisce; e lo stesso giusto che succeda fra tutti gli uomini: e cos coloro che sono tanto inferiori quanto lo il corpo rispetto allanima e lanimale rispetto alluomo, le facolt dei quali consistono principalmente nelluso del corpo, essendo questuso il maggior profitto che da essi si trae, questi sono schiavi per natura . A prima vista da queste parole potrebbe sembrare che il filosofo parli unicamente dei fatui, ma vedremo in seguito dal contesto che non questa la sua intenzione.

Risulta evidente che se parlasse dei fatui, non porterebbe alcuna prova contro lopinione che intende confutare, essendo il numero di questi tanto scarso che quasi nulla a confronto con tutti gli uomini. E inoltre, se volesse riferirsi solo ai fatui, a cosa servirebbe la sua teoria fondandola unicamente su unanomalia mostruosa e rarissima? Ma non ci perderemo in congetture sulla vera intenzione del filosofo in quanto ce la illustra lui stesso, rivelandoci nello stesso tempo perch abbia usato espressioni cos forti che mostrano dinvertire i termini della questione. Egli infatti attribuisce alla natura nientemeno che lespresso disegno di produrre uomini di due classi: gli uni nati per la libert, gli altri per la schiavit. Il passo troppo importante e singolare per non riportarne le parole. Che sono le seguenti: La natura vuole procreare corpi diversi per gli uomini liberi e per gli schiavi: in modo che i corpi di questi siano robusti e adatti agli usi necessari, e quelli dei liberi siano ben formati, non adatti ai lavori servili ma piuttosto alla vita civile che consiste nel dirigere gli affari della guerra e della pace . Anche se talvolta succede il contrario, e agli uni tocca il corpo di schiavo e agli altri lanima di libero Non c dubbio che se nella conformazione del corpo alcuni sono tanto privilegiati da assomigliare alle immagini degli di, tutti sono dellidea che dovrebbero essere serviti da coloro che non hanno raggiunto simile leggiadria. Se questo vero riguardo al corpo lo molto di pi riguardo allanima, bench non sia cos facile vedere la bellezza dellanima come invece si vede quella del corpo. E cos non pu esserci dubbio sul fatto che vi sono degli uomini nati per la libert ed altri per la schiavit: schiavit che, oltre essere vantaggiosa agli stessi schiavi, anche giusta. Povera filosofia! che per giustificare la condizione degradante della schiavit aveva bisogno di fare ricorso a tanti cavilli e di attribuire alla natura lintenzione di procreare caste diverse: una per dominare, e laltra per servire. Crudele filosofia! che spezzava con questa giustificazione i vincoli di fratellanza con cui lAutore della natura ha voluto unire la stirpe umana, alzando cos una barriera tra uomo e uomo, e ideava teorie per sostenere la disuguaglianza. E non gi quella disuguaglianza che necessariamente esiste tra i vari ordini sociali, ma una disuguaglianza tanto terribile e degradante, qual quella della schiavit. Il Cristianesimo alza la voce e dichiara gli schiavi uguali agli altri uomini, sia per quanto riguarda la dignit della loro natura, che nella partecipazione alla grazia che lo Spirito Divino diffonde sulla terra. da notare la premura con cui lapostolo S. Paolo insiste su questo punto: pare che non avesse a cuore che le degradanti disuguaglianze stabilitesi per una funesta violazione della dignit delluomo ripetendo continuamente che tra lo schiavo e luomo libero non corre alcuna differenza. Tutti siamo stati battezzati in uno spirito; per formare un medesimo corpo, Giudei o Gentili, schiavi o liberi) (1 Cor 12, 13). Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Ges, poich quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c pi Giudeo n Greco; non c pi schiavo n libero; non c pi uomo n donna, poich tutti voi siete uno in Cristo Ges (Gal 3, 26-28). Qui non c pi Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo tutto in tutti (Col 3, 11).

Si allarga il cuore udendo proclamare apertamente questi elevati princpi di fraternit e di santa uguaglianza. Non sentendo pi gli oracoli del paganesimo promulgare dottrine per opprimere sempre pi i miseri schiavi ci sembra di svegliarci da un cupo sogno per passare alla luce di una stupenda realt. La mente si compiace nellimmaginare tanti milioni di uomini che, curvi sotto il peso della degradazione e dellignominia, alzano gli occhi al cielo e mandano un sospiro di speranza. A questo insegnamento del Cristianesimo accadde ci che avviene per tutte le dottrine generose e feconde. Le quali penetrano nel cuore della societ rimanendovi depositate come un seme prezioso; col tempo poi si sviluppano come un immenso albero che copre con la sua ombra le famiglie e le nazioni. Una volta diffuse tra gli uomini, queste dottrine non furono per esenti dallessere male interpretate, oppure esagerate; e non manc chi sostenne che la libert cristiana fosse lannuncio della libert universale. Sentendosi risuonare negli orecchi le dolci parole del Cristianesimo, udendo che venivano dichiarati figli di Dio e fratelli di Ges Cristo, e che non cera alcuna distinzione tra loro e i padroni, fossero anche i pi potenti signori della terra, non deve sembrare strano che gli schiavi, avvezzi soltanto alle catene, al lavoro e ad ogni sorta di sofferenze e di avvilimento, interpretassero a modo loro i princpi della dottrina cristiana e li applicassero in maniera ingiusta, e neanche idonea ad essere messi in pratica. Sappiamo da S. Girolamo che molti schiavi, sentendosi chiamare alla libert cristiana, pensarono che con questa si desse loro la libert. Forse S. Paolo alludeva a questo errore quando nella prima lettera a Timoteo (6,1) diceva: Quelli che si trovano sotto il giogo della schiavit, trattino con ogni rispetto i loro padroni, perch non vengano bestemmiati il nome di Dio e la dottrina. Questo errore aveva fatto tanto scalpore che dopo tre secoli era ancora vivo, e il Concilio di Gangres celebrato nellanno 324, si vide costretto a scomunicare coloro i quali con giustificazioni umanitarie sollecitavano gli schiavi ad abbandonare i padroni e a ritirarsi dal loro servizio. Non era questo che insegnava il Cristianesimo, a parte che stato gi abbastanza dimostrato che non sarebbe stata questa la vera strada per giungere allemancipazione universale. lo stesso apostolo, dunque, che abbiamo inteso tenere a favore degli schiavi un linguaggio cos nobile, che li esorta ripetutamente ad ubbidire ai loro padroni. Bisogna notare per che mentre compie questo dovere imposto dallo spirito di pace e di giustizia che anima il Cristianesimo spiegando i motivi sui quali si deve fondare lubbidienza degli schiavi, nello stesso tempo ricorda con vive e forti parole gli obblighi che gravano sui padroni. Stabilisce quindi in termini cos precisi e chiari luguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio, che ben si comprende quale compassione avesse nei confronti di questa parte derelitta dellumanit, e quanto diverse su questo particolare fossero le sue idee da quelle di un mondo spietato e cieco. Nel cuore delluomo alberga un sentimento di nobile indipendenza che non gli permette di assoggettarsi alla volont di un altro uomo se non gli vengono mostrati i titoli legittimi sui quali si sostiene tale pretesa. Se questi titoli sono fondati sulla ragione e sulla giustizia, e ancor di pi se sono radicati in altri

sistemi che luomo venera e ama, la ragione si convince, il cuore si acquieta e luomo cede. Ma se il motivo della pretesa solo la volont di un altro uomo, se si trovano a faccia a faccia, per cos dire, uomo contro uomo, allora ribollono nella mente i pensieri di uguaglianza, arde nel cuore quel sentimento dindipendenza, monta lorgoglio e infuriano le passioni. Per questo motivo quando si tratta di ottenere ubbidienza convinta e duratura, necessario che in chi comanda sia tolto di mezzo luomo e si mostri soltanto il rappresentante di un potere superiore, o la personificazione dei motivi che manifestano al suddito la ragione e lutilit della sottomissione. In tal modo non si ubbidisce alla volont altrui per quello che laltro in s, ma perch rappresenta un potere superiore, o perch linterprete della ragione e della giustizia: e cos luomo non vede oltraggiata la sua dignit e lubbidienza gli diventa soave e leggera. Non c bisogno di dire se fossero tali i titoli su cui si fondava lubbidienza degli schiavi prima del Cristianesimo: i costumi li facevano uguali agli animali e le leggi venivano, se mai, a calcare ancor pi la mano, usando termini che non si possono leggere senza provare indignazione. Il padrone comandava perch tale era la sua volont, e lo schiavo si vedeva costretto ad ubbidire non in forza di motivi superiori o di obblighi morali, ma perch era sotto il dominio di chi comandava, era un cavallo regolato dal freno, una macchina che doveva rispondere allimpulso del manubrio. Quale meraviglia dunque se queglinfelici oppressi dalle sventure e dallignominia covavano in petto quel profondo rancore, quellira violenta, quella terribile sete di vendetta che alla prima occasione scoppiava con una spaventosa esplosione? Lorribile massacro di Tiro, esempio e terrore per il mondo intero secondo lespressione di Giustino, le ripetute ribellioni dei penesti in Tessaglia e degli iloti in Laconia, le diserzioni di quelli di Chio e di Atene, linsurrezione guidata da Erdonio e il terrore che ne deriv per tutte le famiglie di Roma, i sanguinosi episodi e la tenace e disperata resistenza delle truppe di Spartaco: tutti questi episodi cosaltro erano se non la conseguenza naturale del sistema di violenza, di oltraggio e di disprezzo con cui erano trattati gli schiavi? E non abbiamo noi visto avvenire le stesse cose in tempi recenti con le catastrofi dei negri delle colonie? Tale la natura delluomo: chi semina disprezzo ed oltraggio, raccoglie furore e vendetta. Queste verit non erano ignote al Cristianesimo, e per questo si predic lubbidienza e ci si preoccup di fondarla su titoli divini; si conservarono ai padroni i loro diritti ma insegnando loro quali e quanti fossero i loro obblighi; e dove prevalsero le dottrine cristiane gli schiavi poterono dire: Siamo infelici, vero, siamo condannati ad una tale disgrazia o per nascita o a causa della povert, o per esser stati sconfitti in guerra, ma finalmente siamo riconosciuti come uomini e come fratelli; tra noi e i nostri padroni vi sono obblighi e diritti reciproci. Ma ascoltiamo ancora ci che dice lapostolo: Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, con semplicit di spirito, come a Cristo, e non servendo per essere visti, come per piacere agli uomini , ma come servi di Cristo, compiendo la volont di Dio di cuore, prestando servizio di buona voglia come al Signore e non come a uomini. Voi sapete infatti che ciascuno, sia schiavo sia libero, ricever dal Signore secondo quello che avr fatto di bene. Anche voi, padroni, comportatevi allo stesso modo verso di loro,

mettendo da parte le minacce, sapendo che per loro come per voi c un solo Signore nel cielo, e che non v preferenza di persone presso di lui . (Ef 6, 5-9). Nella lettera ai Colossesi (cap. 3) insegna la stessa dottrina dellubbidienza, fondandola sugli stessi motivi; e per consolare i miseri schiavi, dice loro: sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore leredit. Servite a Cristo Signore. Chi commette ingiustizia infatti subir le conseguenze del torto commesso, e non v parzialit per nessuno (Col 3, 24-25). E pi avanti, rivolgendosi ai padroni aggiunge: Voi, padroni, date ai vostri servi ci che giusto ed equo, sapendo che anche voi avete un padrone in cielo (Col 4,1). Non c dubbio che dalla diffusione di dottrine cos salutari gi deriv un grande miglioramento della condizione degli schiavi, ottenendo come effetto immediato la mitigazione di quelleccessivo rigore e di quella crudelt che non riusciremmo a comprendere se non ci fossero attestate da testimoni degni di fede. Si sa che il padrone aveva il diritto di vita e di morte e che abusava di tale facolt fino ad uccidere uno schiavo per un capriccio, come fece Quinzio Flaminio durante un convito, o fino a gettare alle murene uno di quegli infelici che ebbe la disgrazia di rompere un vaso, come ci riferito da Vellio Epolione. E tanta crudelt non era limitata ad alcune famiglie con un padrone senza cuore, ma era eretta a sistema: conseguenza funesta ma inevitabile del traviamento delle idee su questa questione e della dimenticanza dei sentimenti umani; sistema violento che si sosteneva solo col tenere sempre il piede sulla testa dello schiavo, e non sollevarlo mai se non quando, potendo questi ribellarsi, si scagliava sul padrone e lo faceva a pezzi. Un antico proverbio diceva: Tanti nemici quanti schiavi. Abbiamo gi visto i danni che provocavano questi uomini furibondi e accecati dalla sete di vendetta ogni volta che tentavano di spezzare le catene che li opprimevano; ma i padroni non erano da meno quando si trattava dispirare terrore agli schiavi. Una volta a Sparta, temendo il risentimento degliloti, li riunirono vicino al tempio di Giove e li uccisero tutti ( Tucidide libro 4); e a Roma cera il barbaro costume che qualora fosse assassinato un padrone, tutti i suoi schiavi dovevano essere uccisi. Si stringe il cuore nel leggere in Tacito ( annali, libro 14, 43) la scena terribile avvenuta dopo lassassinio del prefetto della citt Pedanio Secondo per opera di un suo schiavo. Gli schiavi del defunto, non meno di 400, secondo lantico costume stavano per esser condotti tutti al supplizio. Uno spettacolo tanto crudele e degno di compassione, quello di uccidere tanti innocenti, che mosse a piet il popolo, il quale giunse al punto di ammutinarsi per impedire tale carneficina. Il Senato nel discutere la questione si mostrava perplesso, quando un oratore di nome Cassio, prendendo la parola, sostenne energicamente la necessit di condurre ad effetto la sanguinosa esecuzione: non solo perch lantico costume lo prescriveva, ma anche perch non era possibile tutelarsi in altro modo dallostilit degli schiavi. In queste parole si scorgono solo lingiustizia e la tirannia che vedono pericoli e insidie da ogni parte, e oltre alla forza e al terrore non sa immaginare altri sistemi di prevenzione. Ed da riflettere sulla conclusione del discorso, che ci fa capire quali fossero le idee ed i costumi degli antichi su questo punto: Lindole degli schiavi fu sempre sospetta ai nostri antenati, perfino per quelli che essendo nati nelle loro case e poderi

potevano fin da piccoli essersi affezionati ai padroni; a maggior ragione ora, che abbiamo schiavi di nazionalit straniera di usanze differenti e di diversa religione, per contenere questa teppaglia non c altro mezzo che il terrore. Prevalse quindi la crudelt, fu repressa laudacia del popolo, e presidiata dai soldati tutta la strada i 400 infelici furono condotti al supplizio. Il primo frutto delle dottrine cristiane fu il freno posto su queste norme crudeli e la cessazione di queste orribili atrocit; e si pu essere certi che la Chiesa non perdette mai di vista un fatto di tale importanza, facendo invece che la condizione degli schiavi migliorasse per quanto era possibile, che riguardo ai castighi si sostituisse lindulgenza alla crudelt e, ci che pi importante, fece ogni sforzo perch il capriccio cedesse il posto alla ragione, e alla tirannia dei padroni succedesse il giudizio dei tribunali. Ci contribu ad avvicinare gli schiavi al mondo degli uomini liberi, facendo s che anche per loro divenisse operante il diritto piuttosto che il fatto compiuto. La Chiesa non ha mai dimenticato il bellinsegnamento di S. Paolo, quando scrivendo a Filemone peror la causa di uno schiavo fuggiasco di nome Onesimo. Intercedendo per questo schiavo us parole che non si erano mai udite in favore di questa sventurata categoria di uomini. Ti prego gli scrisse per il mio figlio Onesimo; te lho rimandato indietro; ricevilo come viscere mie, non come uno schiavo, ma come fratello carissimo: se mi ami, ricevilo come me stesso. Se ti ha danneggiato in qualche cosa o ti debitore, me ne faccio io garante (cfr Fil 1, 10-18). No, la Chiesa non ha dimenticato questa lezione di fratellanza e di amore, e il mitigare la sorte degli schiavi fu uno dei suoi principali impegni. Il Concilio di Elvira, celebrato allinizio del quarto secolo, prescrive una penitenza per quella donna che abbia battuto la sua schiava provocandole grave danno. Quello di Orleans, tenuto nel 549, stabilisce che se uno schiavo si rifugia in una chiesa per aver commesso qualche mancanza, faccia ritorno al padrone, il quale per dovr prima giurare che, uscendo lo schiavo dalla chiesa, non gli far alcun male; e se il padrone violando il giuramento lo maltrattasse, sia separato dalla comunione e dalla mensa dei Cattolici ( Can. 22). Questo canone ci manifesta due cose: labituale crudelt dei padroni, e lo zelo della Chiesa per rendere meno duro il trattamento degli schiavi. Per mettere un freno alla crudelt era necessario esigere addirittura un giuramento; e la Chiesa, sebbene di sua natura tanto restia riguardo ai giuramenti, giudicava tuttavia la cosa tanto importante da ritenere che si potesse e dovesse far uso del Nome santo di Dio. La protezione e la benevolenza della Chiesa nei confronti degli schiavi si andava estendendo rapidamente; e pare che dovette introdursi in alcuni luoghi luso di esigere il giuramento, non soltanto perch lo schiavo rifugiatosi in chiesa non fosse maltrattato fisicamente, ma anche perch non gli simponesse una aggravio delle sue fatiche, n gli fosse imposto qualche distintivo che lo facesse riconoscere dagli altri. Tuttavia questo uso, introdotto certamente per il bene dellumanit, port anche degli inconvenienti che ben presto allentarono i vincoli di ubbidienza e causarono intemperanze da parte degli schiavi, come si deduce da una disposizione del Concilio di Eppaona celebrato nel 511 nel quale, per bloccare questi inconvenienti, fu prescritta una prudente moderazione, senza

per venir meno alla protezione. Il canone 39 di questo Concilio stabilisce che se uno schiavo reo di qualche atroce delitto si rifugia in chiesa, gli si eviti solamente le pene corporali, ma non si obblighi il padrone a giurare di non imporgli un lavoro straordinario, o di non radergli i capelli per farlo riconoscere. Si noti bene che tale restrizione prevista quando lo schiavo abbia commesso un delitto atroce, e che in tal caso la facolt che si lascia al padrone solo quella di imporgli un lavoro straordinario o di radergli i capelli per distinguerlo dagli altri. Forse non mancher chi consideri eccessiva una tale benevolenza; ma il caso di far notare che quando gli abusi sono gravi e ben radicati il colpo per sradicarli deve essere forte. E talvolta, anche se sembra a prima vista di esagerare nella prudenza, questo eccesso apparente non altro che la necessaria oscillazione nel senso contrario, alla quale vanno soggette le cose prima di raggiungere il loro giusto equilibrio. Qui la Chiesa non intendeva proteggere il delitto, non chiedeva indulgenza per chi non la meritasse. Aveva per scopo, invece, di mettere un limite alla violenza ed al capriccio dei padroni; e non voleva acconsentire che un uomo soffrisse i tormenti e la morte perch tale era la volont di un altro uomo. Lattuazione di giuste leggi e lazione legittima dei tribunali sono cose a cui la Chiesa non si mai opposta; ma mai ha acconsentito alle violenze private. Di questo spirito di opposizione alle violenze private, spirito che fin col penetrare nellordine sociale, troviamo una prova nel canone 15 del Concilio di Merida tenuto nellanno 666. Si sa, e lho gi detto, che gli schiavi erano una parte fondamentale del patrimonio, e che, essendo la distribuzione del lavoro regolata su questa parte, non era possibile fare a meno, per chiunque avesse delle propriet sopratutto se abbastanza estese, di possedere schiavi. Questa era di fatto la situazione in cui ci si trovava; e siccome non era facolt della Chiesa cambiare lordine sociale tutto in una volta, dovette adattarsi a questa necessit, anzi dovette anchessa tenere degli schiavi. E siccome cercava di migliorarne la condizione, pens bene dincominciasse a dare lesempio. Questo esempio lo troviamo nel canone del Concilio che ho appena citato: in esso, dopo aver proibito ai Vescovi e ai sacerdoti di maltrattare i servi della Chiesa mutilandoli, dispone che se commettono qualche delitto siano consegnati ai giudici secolari, in modo per che i Vescovi moderino la pena a cui venissero condannati. Vale la pena osservare che da questo canone si rileva lusanza del diritto di mutilazione da parte del padrone; usanza che evidentemente era ancora molto radicata se vediamo che il Concilio si limita a proibirla agli ecclesiastici e nulla dice riguardo ai laici. In questo divieto influiva senza dubbio la considerazione che lo spargimento di sangue umano rendeva gli ecclesiastici sconvenienti ad esercitare quel ministero sublime di cui lazione principale il Divino Sacrificio nel quale si offre una vittima di pace e di amore. Ma ci nulla toglie al suo merito, n diminuisce linfluenza nel migliorare la sorte degli schiavi. Era anche questo un sostituire la vendetta pubblica a quella personale; un proclamare leguaglianza degli schiavi e degli uomini liberi; e quanto alleffusione di sangue, era un dichiarare che le mani che spargono il sangue di uno schiavo rimanevano contaminate come se avessero versato il sangue di un uomo libero. Ed era necessario inculcare in tutti i modi e

manifestamente queste verit salutari in contraddizione con le idee e i costumi antichi; e sforzarsi continuamente affinch si dileguassero le vergognose e crudeli degenerazioni che privavano dei diritti umani la maggior parte degli uomini. Nel canone citato vi una particolarit che manifesta la premura della Chiesa per restituire agli schiavi la dignit e la stima di cui erano privi. Il taglio dei capelli era tra i Goti una pena molto ignominiosa: secondo quanto dice Luca di Tuy, era per loro quasi pi dolorosa della morte. chiaro che qualunque fosse il pregiudizio su questo punto, la Chiesa avrebbe potuto permettere il taglio dei capelli senza incorrere nella cattiva nomea in cui sarebbe incorsa se avesse acconsentito allo spargimento di sangue, ma ugualmente non volle farlo; e questo dimostra che ci teneva a cancellare il marchio di umiliazione scolpito in fronte allo schiavo. Dopo aver imposto ai sacerdoti e ai Vescovi di consegnare al giudice i colpevoli, dispone, che non permettano che siano rasati con ignominia. In questa materia non cera sollecitudine che bastasse: era necessario cogliere tutte le occasioni favorevoli per far s che sparissero le odiose scelleratezze che affliggevano gli schiavi. Questa necessit si manifesta chiaramente da come si esprime lundicesimo Concilio di Toledo celebrato nel 675. Nel canone sesto proibisce ai Vescovi di giudicare da s i delitti soggetti alla pena capitale e di ordinare la mutilazione delle membra; si noti anche che ritenne necessario specificare che non ammetteva eccezione, infatti aggiunge: neanche contro i servi della propria chiesa. Il male era grave, e non poteva essere curato se non con una sollecitudine continua; tanto che, riferendoci ancora al diritto pi crudele di tutti, il diritto di vita e di morte, possiamo constatare quanta fatica sia costata estirparlo, se ancora al principio del sesto secolo non mancavano esempi di eccessi talmente gravi che il concilio di Eppaona nel canone 34 dispone che sia privo per due anni della comunione della Chiesa il padrone che di sua propria autorit faccia uccidere uno schiavo. Si giunse a met del nono secolo, e troviamo ancora simili delitti che il Concilio di Worms, celebrato nellanno 868, si occup di reprimere sottoponendo ad una penitenza di due anni il padrone che avesse dato la morte al suo schiavo.

CAPITOLO XVII La Chiesa difende con zelo la libert dei manomessi (schiavi affrancati). Manomissione (atto di affrancamento) nelle chiese. Benfici effetti di tale pratica. Riscatto degli schiavi. Zelo della Chiesa nel praticare e promuovere questopera. Prevenzione dei Romani su questo punto. Influenza che ebbe lo zelo della Chiesa nellabolire la schiavit per la redenzione degli schiavi. La Chiesa protegge la libert degli schiavi riscattati. _______________ Mentre migliorava il trattamento degli schiavi e questi, per quanto possibile, si

avvicinavano alla condizione degli uomini liberi, bisognava non trascurare lopera di emancipazione totale; perch non bastava migliorane lo stato di schiavit, ma occorreva abolirlo del tutto. Linflusso delle dottrine cristiane, e lo spirito di carit che insieme con esse si andava diffondendo su tutta la terra, attaccavano energicamente la schiavit in modo che, presto o tardi, doveva riuscire ad abolirla completamente, essendo impossibile che la societ rimanga per lungo tempo in un situazione opposta alle idee di cui imbevuta. Secondo le dottrine cristiane tutti gli uomini hanno la stessa origine e la stessa destinazione, tutti sono fratelli in Ges Cristo, tutti sono tenuti ad amarsi con tutto il cuore, a soccorrersi nelle necessit, a non offendersi neanche a parole, tutti sono uguali davanti a Dio, e per questo saranno giudicati senza parzialit. Il Cristianesimo si andava diffondendo, mettendo radice ovunque, diventando influente in tutte le classi e in tutti i rami della societ: comera dunque possibile che potesse perdurare quello stato degradante in cui luomo propriet di un altro uomo, venduto come si vendono gli animali, privato dei teneri affetti della famiglia e non prende parte a nessuno dei benefci della societ? Cose tanto opposte tra loro potevano stare insieme? Le leggi erano ormai favorevoli alla schiavit, vero. Possiamo dire di pi: anche se il Cristianesimo non port un attacco diretto contro queste leggi, fece per in modo di prendere il dominio delle idee e dei costumi, impresse loro un nuovo impulso, diede una direzione diversa. E a questo punto cosa potevano fare le leggi? Se ne indebol il rigore, se ne trascur losservanza, sincominci a dubitare della loro equit, si disput sulla loro convenienza e si riconobbero i loro effetti negativi. Fu quindi inevitabile che andassero gradatamente in disuso al punto che a volte non fu neanche necessario assestar loro un colpo per annientarle. Furono messe da parte come inutili oppure, se fu necessaria unabolizione ufficialmente espressa, lo si fece per pura formalit: erano ormai come un cadavere che si seppellisce con onore. Da quanto detto finora non si deduca per che, nel dare tanta importanza alle idee ed ai costumi cristiani, io intenda dire che il buon esito sia stato determinato esclusivamente da questi, senza dare il giusto merito al fatto che, al momento opportuno, la Chiesa si preoccupasse di prendere le adatte misure secondo quanto richiedevano i tempi e le circostanze. Nulla di tutto questo perch anzi, come gi detto, la Chiesa utilizz vari mezzi che meglio si adattavano, secondo i casi, per raggiungere leffetto desiderato. Se si voleva garantire lopera di emancipazione conveniva per prima cosa mettere al sicuro da ogni attacco la libert dei manomessi (schiavi affrancati); libert che, disgraziatamente, non cessava di essere ostacolata continuamente e di correre gravi pericoli. Le cause di questo spiacevole fenomeno possono essere facilmente rintracciate in ci che restava delle idee e dei costumi antichi, nella cupidigia dei potenti, nel sistema di violenza divenuto generale con linvasione dei barbari, nella povert e nella completa mancanza di educazione e moralit in cui si trovavano quegli infelici che andavano uscendo dallo stato di schiavit. Per cui da supporre che molti non conoscessero leffettivo valore della libert, che non sempre si comportassero nel nuovo stato secondo i dettami della ragione e della giustizia, e che, entrati da poco in possesso dei diritti

delluomo libero, non sapessero adempiere agli obblighi relativi al loro nuovo stato. Ma tutti questi inconvenienti, connessi alla natura delle cose, non potevano impedire di portare ad effetto unopera voluta dalla religione e dallumanit: bisognava rassegnarsi a sopportarli riflettendo che, riguardo alle colpe dei manomessi, erano molte le attenuanti, perch lo stato da cui erano usciti impediva lo sviluppo delle facolt intellettuali e morali. La libert dei nuovi emancipati veniva messa al riparo dagli attacchi dellingiustizia e rimaneva in un certo modo rivestita di una sacra inviolabilit quando lemancipazione era collegata alle istituzioni che a quei tempi esercitavano il pi poderoso ascendente: e cio la Chiesa e quanto vi era di sua pertinenza. E per questo fu senza dubbio conveniente che sintroducesse luso di compiere nelle chiese latto di affrancamento (detto Manomissione). Questatto, mentre subentrava alle antiche usanze facendole scendere nelloblio, assumeva il significato di una implicita attestazione di quanto fosse gradita a Dio la libert degli uomini, una concreta proclamazione della loro uguaglianza davanti a Dio. Perch nelle chiese che si eseguiva la manomissione, dove in genere veniva letto che davanti a Dio non vi preferenza di persone, dove sparivano tutte le differenze sociali e tutti gli uomini restavano uniti con teneri legami di fratellanza e di amore. Verificato in tal modo latto di affrancamento, la Chiesa aveva un diritto pi facilmente esercitabile per difendere la libert del manomesso, perch essendo stata testimone dellatto, poteva valersi della sua disponibilit e delle altre circostanze per garantirne la validit. Poteva altres pretenderne losservanza, poggiandosi sulla considerazione che il mancare a lei era in certo qual modo una profanazione del luogo sacro, un mancare alla promessa fatta in presenza dello stesso Dio. La Chiesa non dimenticava di mettere a profitto simili circostanze a favore dei manomessi: e cos vediamo che il primo concilio di Orange, celebrato nel 441, nel canone 7 dispone di reprimere con censure ecclesiastiche coloro che sottopongono a qualche forma di servit gli schiavi a cui sia stata data in chiesa la libert. E un secolo dopo, nel canone 7 del quinto concilio di Orleans tenuto nellanno 549, troviamo confermata la stessa proibizione. La protezione accordata dalla Chiesa ai manomessi era tanto diffusa e nota a tutti, che si introdusse il costume di raccomandarli particolarmente ad essa. Talvolta questa raccomandazione veniva fatta per testamento, come ci mostra il Concilio dOrange sopra citato, il quale ordina che per mezzo delle censure ecclesiastiche simpedisca che siano sottomessi a qualunque genere di servit i manomessi raccomandati per testamento alla Chiesa. Non sempre tale raccomandazione si faceva per per testamento, come si deduce dal canone 6 del concilio di Toledo tenuto nel 589 dove si dispone che quando siano raccomandati alla Chiesa alcuni manomessi, non si privino della protezione della medesima n loro, n i loro figli. Qui si parla in generale senza limitarsi al caso in cui vi sia di mezzo il testamento. Lo stesso pu vedersi in un altro concilio di Toledo dellanno 633, dove si dice che la Chiesa piglier sotto la sua protezione unicamente i manomessi delle persone che le si siano state raccomandate. Tuttavia, anche qualora la manomissione non fosse stata fatta in chiesa, e non vi fosse stata di mezzo una raccomandazione particolare, la Chiesa non lasciava

per questo di prendere la difesa dei manomessi quando vedeva in pericolo la loro libert. Chiunque abbia una minima stima della dignit delluomo, chiunque nutra qualche sentimento di umanit sicuramente non si lamenter che la Chiesa sintromettesse in affari di questo genere, anche senza considerare altri motivi al di fuori di quello che obbliga luomo generoso a proteggere labbandonato; e non gli dispiacer di trovare nel canone 29 del Concilio di Agde in Linguadoca celebrato nel 506 la disposizione che la Chiesa, in caso di necessit, prenda la difesa di coloro a cui i loro padroni hanno dato legittimamente la libert. Nella grande opera dellabolizione della schiavit ha avuto non piccola parte lo zelo che in tutti i tempi e luoghi ha profuso la Chiesa per la liberazione degli schiavi. Si sa bene che una parte considerevole degli schiavi doveva la sua sorte ai casi di guerra. Sarebbe sembrato incredibile agli antichi il carattere moderato delle guerre moderne. Guai ai vinti! si poteva gridare in ossequio al significato letterale dellespressione: non cera via di mezzo tra la morte e la schiavit. Il male era aggravato da una funesto preconcetto contro il riscatto dei prigionieri: preconcetto che aveva origine da un atto di fulgido eroismo. Ammirevole senza dubbio leroico coraggio di Attilio Regolo, e si drizzano i capelli nel leggere le forti pennellate con cui Orazio ne fa il ritratto (libro 3, ode 5), e sfugge il libro di mano nel giungere al passo terribile in cui Fertur pudicae coniugis osculum, Parvosque natos, ut capitis minor A se removisse, et virilem Torvus humi posuisse vultum. (si dice che, nella sua morte civile, rifiutasse il bacio pudico della sposa, e quello dei figlioli, e a terra tenesse chino con fierezza il suo volto virile). Superando per la profonda impressione suscitataci da tanto eroismo, e lentusiasmo che risveglia in petto tutto ci che manifesta unanima generosa, non potremo fare a meno di ammettere che quella virt aveva un carattere di ferocia; e che dietro al terribile discorso pronunciato da Regolo si scorge la realt di una politica crudele contro la quale i sentimenti di umanit si ribellerebbero, se lanima nostra non fosse trattenuta e quasi atterrita dal sublime sacrificio delluomo che sta parlando. Il Cristianesimo non poteva accettare tali dottrine; non volle che si sostenesse il principio che per formare uomini valorosi in guerra era necessario lasciarli senza speranza. Le ammirevoli gesta di eroismo, le stupende scene di sereno coraggio e di fermezza che ovunque adornano le pagine della storia delle nazioni moderne, sono una testimonianza eloquente della prudenza della religione cristiana nel proclamare che la moderazione dei costumi non nemica delleroismo. Gli antichi andavano sempre a finire in uno dei due estremi: la debolezza o la ferocia. Tra questi estremi c una via di mezzo, e questa la via che la religione cristiana ha insegnato agli uomini. Il Cristianesimo dunque, coerente ai suoi princpi di fratellanza e di amore,

ritenne il riscatto degli schiavi uno degli obiettivi pi degni del suo zelo caritatevole. Sia che ci riferiamo ai begli esempi di imprese particolari che ci ha conservato la storia, sia che poniamo mente allo spirito da cui la Chiesa stata guidata nel suo cammino, aggiungeremo un nuovo e bellissimo titolo col quale la religione cristiana ha meritato la gratitudine del genere umano. Un celebre scrittore moderno, il Sig. de Chateaubriand, ci ha presentato nei boschi dei Franchi un sacerdote schiavo: schiavo perch si era offerto spontaneamente in schiavit per riscattare un soldato cristiano prigioniero che aveva lasciata la moglie nellafflizione e i figli nella povert. Il sublime spettacolo che ci presenta questo sacerdote, Zaccaria, nel sopportare con calma serena la schiavit per amore di Ges Cristo e di quel meschino che aveva liberato, non una mera finzione del poeta. Nei primi secoli della Chiesa si videro in quantit simili esempi, e chiunque si sia commosso nel leggere leroico sacrificio e la straordinaria carit di Zaccaria, pu star sicuro che con la sua commozione ha pagato un tributo alla verit. Abbiamo conosciuto molti dei nostri dice il Papa S. Clemente che da se stessi si son dati in schiavit per riscattare altri (1 Cor 53). Il riscatto dei prigionieri era una cosa tanto desiderata che da antichissimi canoni era stato gi previsto come comportarsi, ordinando che in caso di bisogno si vendessero le suppellettili delle chiese e perfino i vasi sacri. Trattandosi dei poveri prigionieri la carit non aveva limiti, lo zelo superava tutti gli ostacoli fino al punto di dare ordine che per quanto gli affari di una chiesa fossero in cattivo stato, prima di pensare a mettervi riparo si dovesse badare al riscatto degli schiavi (Causa 12, Quest. 2). In mezzo ai tumulti che i barbari provocavano con le loro invasioni, vediamo che la Chiesa, sempre ferma nei suoi propositi, non cessa la generosa condotta che aveva tenuta fin da principio. Non furono dimenticate n abbandonate le benefiche disposizioni degli antichi canoni; e le generose parole del santo Vescovo di Milano in favore degli schiavi furono ripetute continuamente a dispetto del caos dei tempi ( Vedi S. Ambrogio de Officiis, libro 2, cap. 15). Dal canone 5 del Concilio di Macon tenuto nel 585 sappiamo che i sacerdoti si occupavano del riscatto dei prigioni impiegandovi i beni ecclesiastici. Quello di Reims celebrato nellanno 625 impone la pena di sospensione dalle sue funzioni al Vescovo che disfacesse i vasi sacri; aggiungendo per generosamente: per qualunque altro motivo che non sia quello di riscattare gli schiavi. E dopo molto tempo apprendiamo ancora, nel canone 12 del Concilio di Verneuil celebrato nellanno 844, che i beni della Chiesa servivano per il riscatto degli schiavi. Una volta restituiti gli schiavi alla libert, la Chiesa non li lasciava senza difesa; anzi continuava premurosamente a proteggerli dando loro lettere di raccomandazione: sia per preservarli da nuove vessazioni durante il viaggio, sia per non fare mancar loro i mezzi per rifarsi dalle miserie sofferte durante la schiavit. Di questo genere di protezione abbiamo una testimonianza nel canone 2 del Concilio di Lione del 583, nel quale si prescrive ai Vescovi di segnare la data e il prezzo di riscatto sulle lettere di raccomandazione che consegnavano agli schiavi riscattati. Lo zelo per la liberazione degli schiavi si diffuse talmente nella Chiesa che si giunse a commettere delle imprudenze che lautorit ecclesiastica si vide

costretta a reprimere. Ma questi stessi eccessi ci mostrano sufficientemente a che punto arrivasse lo zelo, se per il troppo desiderio giungeva a fuorviarsi. Sappiamo da un Concilio dIrlanda detto di S. Patrizio, che si tenne tra il 454 e il 456, che alcuni preti procuravano la libert agli schiavi facendoli fuggire: il quale eccesso fu represso con molta prudenza dal Concilio con il canone 32, col quale si dispose che lecclesiastico che volesse riscattare gli schiavi lo facesse con i propri denari, perch rapirli per farli fuggire dava occasione di guardare ai chierici come a dei ladri, e ci per la Chiesa era motivo di disonore. Documento importante che manifesta lo spirito di ordine e di giustizia da cui diretta la Chiesa, e nello stesso tempo ci mostra quanto profondamente era scolpito negli animi unopera santa, meritoria e generosa come quella di dare la libert agli schiavi, tanto da far giungere alcuni alleccesso di persuadersi che la bont dellopera autorizzasse la violenza. Degno di lode anche il disinteresse della Chiesa per questo impegno. Una volta convertiti i suoi beni nel riscatto di uno schiavo, non voleva riceverne alcuna ricompensa, nemmeno quando le possibilit economiche del redento gli permettessero di farlo. Ne abbiamo una chiara testimonianza nelle lettere del Papa S. Gregorio, le quali ci rivelano che, essendo alcune persone (che erano state liberate dalla schiavit col denaro della Chiesa) nel timore che col tempo si chiedesse loro la somma di danaro spesa per il riscatto, il Papa le rassicura che ci non avverr; e comanda che nessuno ardisca molestarle, n loro n i loro eredi, in nessun momento, considerando che i sacri canoni permettono dimpiegare i beni ecclesiastici nella redenzione degli schiavi ( lib. 7. epist. 14). Questo zelo della Chiesa per unopera cos santa contribu molto a ridurre il numero degli schiavi. E la sua influenza fu tanto pi proficua, in quanto fu esercitata proprio nelle epoche di maggiore necessit, cio quando per il disfacimento dellimpero romano, linvasione dei barbari, linstabilit dei popoli (che in Europa dur per molti secoli), la ferocia delle nazioni conquistatrici: per tutti questi motivi erano molto frequenti le guerre e gli sconvolgimenti, e ovunque ormai regnava la legge del pi forte. Se non fosse intervenuta lazione benefica e liberatrice del Cristianesimo, invece di ridursi, limmenso numero degli schiavi lasciato dalla vecchia societ in eredit alla nuova sarebbe sempre pi aumentato. Perch ovunque prevalga il diritto brutale della forza, se non sorge nello stesso tempo qualche potente istituzione per trattenerla e moderarla, la stirpe umana si avvia rapidamente verso lavvilimento, essendo inevitabile che la schiavit guadagni terreno. Questa triste condizione di instabilit e di violenza tendeva per sua natura a rendere inutili gli sforzi che la Chiesa faceva per abolire la schiavit, e non poca fatica costava far s che non si perdesse da una parte quello che si cercava dottenere da unaltra. La mancanza di un potere centrale e la definizione dei rapporti sociali (pochi ben precisati, molti violenti, e tutti senza alcuna garanzia di stabilit e di consistenza), facevano s che le propriet e le persone fossero poco sicure; e come le prime erano minacciate da invasione, cos le seconde lo erano della perdita della loro libert. Era quindi necessario evitare che la violenza dei singoli non facesse ci che prima facevano la legislazione e i costumi. E allora vediamo che nel canone 3 del Concilio di Lione, celebrato nel 566, sono

scomunicati quelli che detengono ingiustamente in schiavit persone libere; nel canone 17 di quello di Reims del 625 si proibisce sotto pena di scomunica di perseguitare persone libere per ridurle in schiavit; nel canone 21 di quello di Londra dellanno 1102 si proibisce il barbaro costume di fare commercio di uomini come se fossero animali; e nel Capitolo 7 del Concilio di Coblenza tenuto nellanno 922 si dichiara reo di omicidio chi attira un Cristiano per metterlo in vendita: dichiarazione molto importante, perch la libert tenuta in tanta stima da equipararla alla vita. Un altro mezzo di cui si serv la Chiesa per abolire la schiavit fu quello di mostrare a coloro che erano caduti in tale stato per la loro povert, la via per uscirne. Ho gi detto pi sopra che lindigenza era una delle origini della schiavit, e abbiamo letto il passo in cui Giulio Cesare ci dice quanto comune fosse questusanza tra i Galli. Si sa anche che secondo il diritto antico chi era caduto in schiavit non poteva ricuperare la libert se non per volont del padrone, perch essendo lo schiavo una propriet vera e propria, senza il consenso del padrone nessuno poteva disporne, e meno ancora lo stesso schiavo. A causa delle dottrine pagane questa norma era molto in uso. Ma il Cristianesimo vedeva la cosa in altro modo, perch se lo schiavo era una propriet non cessava per questo di essere uomo; e la Chiesa non voleva che si seguisse rigidamente, su questo punto, le regole sulle altre propriet. E quando cera di mezzo qualche dubbio, o si presentava qualche opportunit, si metteva sempre dalla parte dello schiavo. Fatte queste considerazioni, si potr apprezzare in giusta misura il nuovo diritto introdotto dalla Chiesa, il quale stabilisce che le persone libere, che fossero state vendute o impegnate per necessit economiche, ritornassero allo stato libero con la restituzione della somma di danaro che avevano ricevuto. Questo diritto, che si trova espressamente formulato in un Concilio tenuto in Francia nellanno 616, probabilmente a Boneuil, spalancava una porta per recuperare la libert, perch oltre a lasciare nel cuore dello schiavo la speranza di poter trattare e usare mezzi per ottenere il riscatto, faceva dipendere la libert dalla volont di chiunque fosse mosso a compassione per la sorte di uno sventurato, e pagasse o anticipasse la somma necessaria. Si ricordi quanto stato gi detto sullardente zelo diffuso in tanti cuori per questo genere di opere, e che i beni della Chiesa erano considerati molto bene impiegati ogni qualvolta lo si faceva per aiutare un infelice, e ci si render conto dellinfluenza incalcolabile che dovette avere la menzionata disposizione. Si ammetter allora che questo equivaleva a disseccare una delle pi abbondanti sorgenti della schiavit e ad aprire alla libert una larga strada.

CAPITOLO XVIII Modo dagire della Chiesa riguardo agli schiavi degli Ebrei. Motivi che spingevano la Chiesa alla manomissione dei suoi schiavi. Sua benevolenza riguardo a questo. Sua generosit verso i propri liberti. Gli schiavi della Chiesa

erano considerati come consacrati a Dio. Effetti benfici di tale considerazione. Si concede la libert agli schiavi che vogliono abbracciare la vita monastica. Effetti di tale pratica. Condotta della Chiesa nellordinazione sacerdotale degli schiavi. Repressione degli abusi che sintrodussero su questo punto. Disciplina della Chiesa di Spagna su questo particolare. _______________ Anche col suo comportamento nei confronti degli Ebrei la Chiesa contribu allabolizione della schiavit. Questo popolo singolare che porta in fronte il marchio di proscrizione, che disperso tra tutte le nazioni senza confondersi con loro cos come le particelle di una sostanza insolubile galleggiano separate in un liquido, cerca di mitigare la sua disgrazia con laccumulare tesori; e sembra che si vendichi dello sprezzante isolamento in cui lo lasciano gli altri popoli col succhiar loro il sangue per via di forti usure. Nei tempi di grandi sconvolgimenti e calamit che inevitabilmente portavano con s la miseria, poteva dar sfogo apertamente al deplorevole vizio di una cupidigia crudele e disumana. E siccome erano ancora fresche la durezza e la crudelt delle leggi antiche e delle usanze sulla sorte dei debitori, e non mancando esempi di alcuni che vendevano la propria libert per uscire dalle ristrettezze(non essendo ancora apprezzato quanto merita tutto il valore della libert), era indispensabile evitare il pericolo di fare aumentare eccessivamente le ricchezze dei Giudei a spese della libert dei Cristiani. Che il pericolo fosse reale lo dimostra la cattiva fama che fin dallantichit accompagna gli Ebrei su questo punto, e lo confermano i fatti che ancora accadono ai nostri tempi. Il celebre Herder nella sua Adrastea prevede addirittura che i figli dIsraele arriveranno col tempo, grazie al loro modo di fare sistematico e scaltro, a ridurre i Cristiani in schiavit. Se dunque uomini di prestigio come Herder manifestano questi timori in condizioni poco favorevoli agli Ebrei, quanto pi doveva temersi la spietata cupidigia degli Ebrei ai tempi infelici ai quali ci riferiamo? Con queste riflessioni un osservatore imparziale che non sia dominato dal miserabile prurito di farsi difensore di una qualunque setta purch possa avere il piacere, anche a danno degli interessi dellumanit, di calunniare la Chiesa cattolica; un osservatore che non appartenga alla categoria di coloro che non si spaventerebbero tanto per uninvasione di Cafri quanto per una disposizione in cui lautorit ecclesiastica mostri di allargare un poco lmbito delle sue competenze; un osservatore che non abbia tanto rancore, non sia tanto meschino n tanto miserabile, constater senza scandalizzarsi, anzi con molto piacere, che la Chiesa seguiva le mosse degli Ebrei con prudente vigilanza, approfittando delle occasioni che si presentavano per aiutare gli schiavi cristiani, e ottenendo finalmente il risultato cui mirava, cio di proibir loro di tenere schiavi cristiani. Il terzo Concilio dOrleans celebrato nel 538, nel canone 13 proibisce agli Ebrei di obbligare gli schiavi cristiani a fare cose in contrasto con la religione di Ges Cristo. Questa disposizione, che assicurava allo schiavo la libert nel santuario della coscienza, lo rendeva degno di rispetto agli occhi del suo stesso

padrone ed era una dichiarazione solenne della dignit delluomo, in quanto si prescriveva che la schiavit non poteva estendere il dominio alla sacra regione dello spirito. Questo tuttavia non bastava, in quanto era necessario aiutare gli schiavi degli Ebrei a recuperare la libert. Erano passati solo tre anni quando si tenne il quarto Concilio dOrleans, e possiamo notare quanto si and pi avanti rispetto al precedente. Infatti il canone 30 consente di riscattare gli schiavi cristiani che si rifugiano in chiesa, purch si paghi ai padroni ebrei il prezzo corrispondente. Una tale disposizione dovette produrre frutti abbondanti in favore della libert perch permetteva agli schiavi cristiani di rifugiarsi in chiesa, avendo cos maggiori possibilit di implorare la carit dei loro fratelli e di essere soccorsi col ricevere il prezzo del riscatto. Lo stesso Concilio nel canone 31 dispone che lebreo, il quale converta uno schiavo cristiano, sia condannato a perdere tutti i suoi schiavi: nuova sanzione a favore della libert di coscienza dello schiavo, e nuova strada aperta verso la libert totale. La Chiesa procedeva con quelluniformit di princpi e quella ammirevole costanza che le hanno riconosciuto gli stessi suoi avversari; e nel breve spazio che passa tra lepoca accennata e lultima parte dello stesso secolo il progresso considerevole, poich nelle disposizioni canoniche si percepisce un impegno maggiore e, se cos possiamo esprimerci, maggiore ardimento. Nel Concilio di Macon celebrato nel 581 o nel seguente, il canone 16 arriva a proibire espressamente agli Ebrei di tenere schiavi cristiani; e permette di riscattare quei Cristiani che erano gi schiavi con una somma di 12 soldi. La stessa proibizione contenuta nel canone 14 del Concilio di Toledo del 589, cos che la Chiesa in quel periodo manifest apertamente la propria volont che un Cristiano non fosse schiavo di un Ebreo. Perseverante nel suo proposito frenava il male con tutti i mezzi possibili, limitando secondo le circostanze la facolt di vendere gli schiavi, se correvano pericolo di cadere in mano agli Ebrei. Cos vediamo che nel canone 9 del Concilio di Chalons dellanno 650 si proibisce di vendere schiavi cristiani fuori del regno di Clodoveo, affinch non cadano in potere degli Ebrei. Non tutti comprendevano bene lo spirito con cui la Chiesa procedeva in queste cose, e per questo non ne facilitavano le mosse nel modo dovuto; ma essa non si stancava mai di ripeterle ed insegnarle. Circa nella met del settimo secolo si osserva che nella Spagna non mancavano secolari, ed anche ecclesiastici, che vendevano schiavi cristiani agli Ebrei; ma intervenne immediatamente a reprimerne labuso il decimo Concilio di Toledo nel 656, proibendo (canone 7) ai Cristiani e soprattutto agli ecclesiastici, di vendere schiavi agli Ebrei: perch aggiunge con finezza il Concilio non si pu ignorare che questi schiavi furono redenti col sangue di Ges Cristo, per cui si dovrebbero piuttosto comprare che vendere. Lineffabile degnazione di un Dio fatto uomo, che versa il suo sangue per la redenzione di tutti gli uomini, era il pi forte motivo che induceva la Chiesa ad impegnarsi con tanto zelo nella manomissione degli schiavi. Infatti per concepire avversione contro una disuguaglianza cos ignominiosa, bastava pensare come quegli stessi uomini degradati fino al livello degli animali erano stati anchessi

oggetto dei decreti salutari dellAltissimo come i loro padroni e al pari dei sovrani pi potenti della terra. Il nostro Redentore e Creatore di tutte le cose diceva il Papa S. Gregorio si degn benignamente di assumere un corpo umano affinch, spezzato con la grazia della sua divinit il vincolo di servit che ci teneva schiavi, ci restituisse alla libert originaria. Per questo opera benefica restituire agli uomini con la manomissione la libert con la quale la natura cre in principio liberi tutti gli uomini, i quali furono soggetti al giogo della servit unicamente per via delle leggi degli uomini ( lib. 5 epist. 12). La Chiesa stim sempre necessario limitare per quanto possibile lalienazione dei suoi beni; ed certo che la sua regola generale fu quella di affidare molto poco allarbitrio di qualunque dei suoi ministri. Cos facendo aveva per scopo di evitare gli sprechi che senza questa condotta sarebbero stati senzaltro frequenti, perch questi beni erano distribuiti dappertutto ed erano affidati a ministri scelti da tutte le classi del popolo; e per questo erano esposti ai diversi condizionamenti derivanti dalle relazioni di parentela, di amicizia, e da mille altre situazioni connesse alle diversit di indole, di istruzione, di prudenza ed anche di tempi, climi e luoghi. Perci la Chiesa mostr sempre una certa diffidenza nellaccordare la facolt di cedere i beni; e se si presentava il caso, sapeva mostrare un giusto rigore contro i ministri che trascuravano il loro dovere dilapidando i beni affidati alla loro cura. Nonostante ci abbiamo gi visto che la Chiesa abbandonava questa diffidenza quando si trattava del riscatto degli schiavi: e si pu anche dire che riguardo alla propriet consistente in schiavi, guardava la cosa con altri occhi e mutava il rigore in indulgenza. Bastava infatti che gli schiavi avessero servito bene la Chiesa perch i Vescovi potessero concedere loro la libert, donando per di pi qualcosa per il loro mantenimento. Pare che questo giudizio sul merito degli schiavi venisse lasciato alla discrezione del Vescovo; e gi si vede come una simile disposizione aprisse una porta alla carit dei prelati, mentre daltra parte invogliava gli schiavi a tenere una condotta meritevole di una cos preziosa ricompensa. Siccome poteva accadere che il Vescovo subentrante avanzasse dubbi sulla sufficienza dei motivi che avevano indotto il predecessore a dare la libert ad uno schiavo e volesse quindi ostacolarla, era stato ordinato che i Vescovi rispettassero in questa materia le disposizioni dei predecessori, non solo col lasciare in libert i manomessi, ma anche lasciando loro quanto avesse assegnato il Vescovo precedente in terre, vigne, o abitazioni. Cos prescrive il canone 7 del Concilio di Agde in Linguadoca celebrato nellanno 506; n risulta che in altri luoghi sia stata proibita la manomissione perch vi si parla in senso generale, e non per determinati casi, purch gli schiavi fossero meritevoli. Se un Vescovo dopo avere ceduto o impegnato i beni ecclesiastici moriva senza lasciare propri beni, i contratti dovevano essere annullati; e abbiamo gi detto che questa stessa disposizione chiarisce che si tratta dei casi in cui il Vescovo avesse agito in violazione ai canoni. Ma nonostante questo se ne mitigava il rigore se il Vescovo aveva dato la libert ad alcuni schiavi, presumendo con ci che i manomessi continuassero a godere della libert. Cos ordin il Concilio di Orleans tenuto nellanno 541 nel canone 9, lasciando solamente ai manomessi lincarico di prestare servizio alla Chiesa; servizio che,

come risaputo, non era altro che quello dei liberti, e che daltronde era ricompensato dalla protezione che la Chiesa accordava alle persone di questa classe. Come ulteriore indizio dellindulgenza riguardo agli schiavi pu citarsi altres il Canone 10 del Concilio di Celchite (Celichytense) in Inghilterra nellanno 816, dal quale risulta addirittura la disposizione di rendere liberi in pochi anni tutti i servi inglesi delle Chiese nei paesi dove era stato celebrato il Concilio; infatti disponeva che alla morte di un Vescovo si desse la libert a tutti i suoi servi inglesi, aggiungendo che ciascuno degli altri Vescovi e Abati dovessero manomettere tre servi e dare a ciascuno tre soldi. Simili disposizioni andavano spianando la strada per avanzare sempre pi nellopera intrapresa, e preparavano le cose e gli animi in modo tale che, passato del tempo, si assistette a scene tanto generose quale quella del Concilio di Armach del 1171, in cui fu concessa la libert a tutti gli inglesi che erano schiavi in Irlanda. Tali condizioni vantaggiose di cui godevano gli schiavi della Chiesa acquistavano ancor pi valore per il fatto che, per una norma della disciplina della quale abbiamo gi parlato, questi diritti non si potevano pi perdere. Se gli schiavi della Chiesa avessero potuto passare ad altri padroni, si sarebbero trovati senza avere pi diritto ai benefci che ricevevano quelli che continuavano a stare sotto la potest ecclesiastica; ma per fortuna ci non era possibile perch era proibito permutare gli schiavi della Chiesa con altri; e se venivano liberati dalla Chiesa rimanevano liberi. Di questa disciplina abbiamo unespressa testimonianza nelle decretali di Gregorio IX (lib. 3, tit. 19, can, 3 e 4). Ed da considerare che nel documento appena citato gli schiavi della Chiesa erano visti come consacrati a Dio, fondandosi appunto su questo la disposizione per cui non potevano passare in propriet di altri e non uscivano dalla Chiesa se non per restare liberi. Si apprende anche, sempre da quel documento, che i fedeli avevano lusanza di offrire a Dio e ai suoi Santi gli schiavi in suffragio della loro anima, e questi passando alla Chiesa rimanevano fuori del commercio comune senza poter pi ritornare a schiavit profana. Non c bisogno di richiamare lattenzione sulleffetto benefico che dovettero produrre questi princpi e queste usanze in cui la religione era unita con la causa della solidariet. Basta osservare che lo spirito del tempo era religioso al massimo grado, e quanto restava attaccato allncora della religione era sicuro di esser salvo. La forza delle idee religiose che sandavano sviluppando sempre pi svolgeva, vero, la sua azione in tutti i campi, ma in modo particolare era diretta a sottrarre con ogni mezzo possibile luomo dal giogo della schiavit. A tale proposito degna di considerazione una disposizione canonica del tempo di S. Gregorio Magno. In un Concilio di Roma celebrato nel 597, e presieduto da quel santo Papa, fu offerta agli schiavi una nuova possibilit per uscire dalla loro abbietta condizione, concedendo il recupero dalla libert nel caso avessero desiderato abbracciare la vita monastica. Le parole del santo Pontefice meritano di essere lette, poich vi si nota il prevalere dei motivi religiosi su tutte le considerazioni e gli interessi mondani. Questo importante documento si trova nelle lettere di S. Gregorio, ed inserito tra le note alla fine di questo primo volume. Avrebbe una errata conoscenza dello spirito di quei tempi chi ritenesse che

simili disposizioni rimanessero senza frutto: non cos, perch producevano invece i pi grandi effetti. Ce ne pu dare unidea ci che leggiamo nel decreto di Graziano (Distin. 54, cap. 12), in cui si apprende che il passare degli schiavi alla vita monastica port a tali eccessi che fu necessario reprimere severamente labuso col quale gli schiavi fuggivano dai loro padroni, chiudendosi nei monasteri sotto il pretesto di darsi alla vita religiosa. La qual cosa diede origine a molte lamentele provenienti da ogni parte. Comunque sia, e prescindendo anche da quanto ci mostrano certi abusi, facile dedurre che non si finiva di raccogliere frutti abbondanti: sia perch si procurava la libert a molti schiavi, sia perch agli occhi del mondo la considerazione nei loro confronti aumentava di molto, vedendoli passare ad uno stato che and ben presto migliorando e conquistando un immenso prestigio e una grande influenza. Fermiamoci un momento a considerare ci che accadeva riguardo allordinazione sacerdotale degli schiavi: il che contribuir non poco a darci unidea del cambiamento profondo che con questi mezzi stava avvenendo nellordine sociale. La disciplina della Chiesa su questo punto si accordava molto con le sue dottrine. Lo schiavo era un uomo come gli altri e per questo poteva essere ordinato come il pi nobile signore: ma finch era soggetto alla potest del suo padrone era privo dellindipendenza necessaria alla dignit del sacro ministero, e per questa ragione si disponeva che lo schiavo non potesse essere ordinato se prima non fosse stato messo in libert. Non c niente di pi ragionevole, di pi giusto, n di pi prudente di questa limitazione in una disciplina daltronde tanto nobile e generosa che per se stessa era una proclamazione eloquente in favore della dignit delluomo; una solenne dichiarazione che, pur avendo la disgrazia di sopportare la schiavit, lo schiavo non restava ad un livello pi basso degli altri uomini, perch la Chiesa non reputava vergogna scegliere i suoi ministri tra coloro che erano stati soggetti alla schiavit; disciplina, infine, del tutto umana e generosa, perch accogliendo in una categoria cos rispettabile quelli che erano stati schiavi, tendeva a dissipare le prevenzioni contro questo stato, e favoriva relazioni forti e feconde tra quelli che appartenevano alla schiavit e la classe pi illustre degli uomini liberi. A questo punto opportuno attirare lattenzione sullabuso che si ebbe nellordinare degli schiavi senza il consenso dei loro padroni: abuso del tutto contrario in verit alle disposizioni dei sacri canoni, e che fu represso con lodevole zelo dalla Chiesa. Ciononostante questo fatto non manca di utilit per losservatore al fine di valutare nella giusta misura il notevole effetto che andavano producendo le idee e le istituzioni religiose. Senza pretendere minimamente di scusare ci che vi era di colpevole, si pu tuttavia ricavare un insegnamento dallo stesso abuso; poich gli abusi molte volte non sono altro che le esagerazioni di un lodevole principio. Le idee religiose mal si confacevano con la schiavit, la quale era sostenuta dalle leggi: da qui la lotta incessante che si presentava sotto diverse forme, ma sempre diretta al medesimo scopo: lemancipazione universale. con fiducia che facciamo uso di questo genere di argomenti, dopo aver sentito giustificare con la massima benevolenza i pi orribili delitti delle rivoluzioni solo in grazia dei princpi di cui erano imbevuti i rivoluzionari e del fine cui mirava la rivoluzione, che era quello di cambiare

completamente lordine sociale. curiosa la lettura delle testimonianze che ci sono rimaste su questabuso (e che possono leggersi per esteso alla fine di questo volume), ricavati dal decreto di Graziano (Distin. 54: cap. 9, 10, 11 e 12). Esaminandoli attentamente si apprende: 1. Che il numero degli schiavi che con questo mezzo acquistavano la libert era notevole, potendolo dedurre dalle lamentele contrarie che erano molto diffuse. 2. Che i Vescovi erano generalmente a favore degli schiavi, e che estendevano molto la loro protezione e procuravano in ogni maniera di tradurre in pratica le dottrine delluguaglianza, poich nel decreto stesso si afferma che quasi nessun Vescovo era esente da questa riprovevole condiscendenza. 3. Che gli schiavi conoscendo questo spirito di protezione si affrettavano a sciogliere le catene e gettarsi nelle braccia della Chiesa. 4. Che questinsieme di circostanze doveva produrre negli animi un movimento assai favorevole alla libert, e che stabilita una corrispondenza cos affettuosa tra gli schiavi e la Chiesa, allora tanto poderosa e influente, dovette venirne di conseguenza che la schiavit si attenuasse rapidamente, procedendo i popoli verso quella libert che alcuni secoli dopo vediamo giunta a compimento. La Chiesa di Spagna, il cui influsso a vantaggio della civilt stato oggetto di molti elogi da parte di uomini certamente non molto favorevoli al Cattolicesimo, mostr anchessa su questo tema lelevatezza delle sue vedute e la sua consumata prudenza. Essendo cos grande, come abbiamo visto, lo zelo caritatevole a favore degli schiavi, e cos decisa la propensione ad innalzarli al sacro ministero, era conveniente lasciare uno sbocco a questa generosa iniziativa, conciliandola il pi possibile con ci che richiedeva la santit del ministero. A questo doppio fine era senza dubbio diretta la disciplina introdotta in Spagna di permettere lordinazione degli schiavi della Chiesa, ordinazione che doveva essere preceduta dalla loro manomissione. Questo in base a ci che dispone il canone 74 del quarto Concilio di Toledo celebrato nel 633, e come si deduce anche dal canone 11 del nono Concilio pure di Toledo tenuto nel 655, dove si dispone che i Vescovi non possono introdurre nel clero gli schiavi della Chiesa senza aver prima concessa loro la libert. il caso di osservare che questa disposizione fu maggiormente estesa dal canone 18 del Concilio di Merida del 666, dove si concesse anche ai parroci di scegliere i chierici tra gli schiavi della loro chiesa, con lobbligo tuttavia di mantenerli secondo le loro entrate. Con questa disciplina, senza commettere la minima ingiustizia, si evitavano tutti glinconvenienti che potevano derivare dallordinazione degli schiavi, e si ottenevano inoltre per una via pi piana risultati molto vantaggiosi. Infatti, ordinando i servi della stessa chiesa, era pi facile effettuare una giusta valutazione, scegliendo quelli che meritassero maggiormente per le loro qualit intellettuali e morali. E nello stesso tempo per la Chiesa si apriva un vasto campo dazione per poter emancipare i suoi servi, facendolo in un modo tanto lodevole come quello di aggiungerli al numero dei suoi ministri. Infine si dava ai laici un esempio molto proficuo, perch se la Chiesa si privava con tanta generosit dei suoi schiavi, ed era tanto indulgente su questa materia che, non limitandosi ai Vescovi, ne estendeva la facolt anche ai parroci, tanto meno doveva riuscire penoso ai laici fare qualche sacrificio dei

propri interessi a favore della libert di coloro che sembrassero chiamati ad un ministero cos santo.

CAPITOLO XIX Dottrine di S. Agostino sulla schiavit. Importanza di tali dottrine per giungere allabolizione della schiavit. Dottrine di S. Tommaso sulla stessa materia. Si impugna Guizot. Matrimonio degli schiavi. Disposizioni del diritto canonico su questo matrimonio. Dottrina di S. Tommaso sullo stesso punto. Riepilogo dei mezzi adoperati dalla Chiesa per abolire la schiavit. Simpugna ancora Guizot. Si dichiara che labolizione della schiavit dovuta esclusivamente al Cattolicesimo. _______________ La Chiesa andava cos per mille strade sciogliendo la catena della schiavit, senza tuttavia mai uscire dai limiti della giustizia e dalla prudenza; e faceva in modo che scomparisse tra i Cristiani questo stato di degradazione che tanto ripugnava ai suoi alti princpi sulla dignit delluomo e ai nobili sentimenti di fratellanza e di amore. Ovunque verr introdotto il Cristianesimo, le catene di ferro si cambieranno in dolci vincoli, e i disperati mortali potranno alzare con nobilt la fronte. Si legge con molto piacere ci che scriveva su questo punto S. Agostino, uno dei pi grandi dottori della Chiesa, in De Civitate Dei (lib. 19. c. 14, 15, 16). Dopo essersi soffermato brevemente sul dovere di chi comanda (sia padre o marito o signore) di avere come fine il bene di quelli che gli sono sottoposti, trovando cos nella stessa utilit di chi ubbidisce una delle basi dellubbidienza; dopo aver detto che i giusti non comandano n per capriccio n per superbia, ma per dovere e per il desiderio di fare del bene a chi loro affidato (neque enim dominandi cupiditate imperant, sed officio consulendi, nec principandi superbia, sed providendi misericordia ); dopo aver rigettata con tanti nobili ragionamenti qualunque opinione tendente alla tirannia, o che fondasse lubbidienza su motivazioni umilianti, ad un certo punto, come se temesse qualche replica contro la dignit delluomo, la sua anima generosa sinfiamma di colpo, affronta la questione, la solleva alla pi sublime altezza e dichiarando senza mezzi termini i nobili pensieri che gli agitano la mente invoca in suo favore lordine della natura e la volont dello stesso Dio, esclamando: Lo prescrive lordine naturale perch in questa forma Dio ha creato luomo. Infatti Egli disse: Sia il padrone dei pesci del mare e degli uccelli del cielo e di tutti i rettili che strisciano sulla terra. Volle che lessere ragionevole, creato a Sua immagine, fosse il padrone soltanto degli esseri irragionevoli, non luomo delluomo, ma luomo del bestiame. Questo passo di S. Agostino una di quelle forti pennellate che sincontrano negli scrittori di genio quando, tormentati dalla vista di un oggetto penoso, sciolgono il freno alla generosit delle loro idee e dei loro sentimenti esprimendoli con animosa audacia. Il lettore, colpito dalla forza dellespressione, corre con

lanimo sospeso e senza riprendere fiato a quanto sta scritto nelle righe successive, quasi temendo che lautore sia uscito di strada fuorviato dalla generosit del suo cuore e trascinato dalla forza del genio. E prova un indicibile piacere quando si rende conto che non si allontanato affatto dal cammino della sua dottrina, ma che semplicemente, qual valoroso campione, uscito in campo aperto per difendere la causa della ragione, della giustizia e dellumanit. Tale ci si presenta qui S. Agostino: la vista di tanti infelici gementi nella schiavit, vittime della violenza e dei capricci dei loro padroni, tormentava quellanima generosa. Guardando luomo col lume della ragione e delle dottrine cristiane non vedeva il motivo per cui una parte cos numerosa del genere umano dovesse vivere in tanto avvilimento. Quindi, mentre proclama quelle dottrine sopra riferite, cerca di arrivare allorigine di tanta ignominia, e non vedendola nella natura delluomo la trova infine nel peccato e nella maledizione. Per questo egli dice i giusti dellantichit furono stabiliti come pastori degli armenti e non come re degli uomini, ed anche in questo modo Dio suggeriva che cosa richiede lordine delle creature, e che cosa esige la pena del peccato. Si deve capire che a buon diritto la condizione servile stata imposta alluomo peccatore. Perci in nessun testo della Bibbia leggiamo il termine "schiavo" prima che il giusto No tacciasse con questo titolo il peccato del figlio. Quindi la colpa, e non la natura, ha meritato simile appellativo. Questo atteggiamento, di guardare la schiavit come figlia del peccato, come frutto della maledizione di Dio, era di grande importanza perch, lasciando salva la dignit della natura delluomo, attaccava alla radice tutti i pregiudizi di superiorit naturale che nella loro arroganza potessero attribuirsi gli uomini liberi. Inoltre la schiavit rimaneva anche priva del valore che le si poteva dare considerandola come principio politico o come strumento di governo. Restava solo da considerarla come una delle tante piaghe con cui la collera dellAltissimo ha punito lumanit. In tal caso gli schiavi avevano un motivo di rassegnazione, larbitrio dei padroni incontrava un freno, e la compassione di tutti gli uomini liberi uno stimolo. Perch, essendo tutti nati nella colpa, tutti avrebbero potuto trovarsi in uno stato simile; e se i liberi si vantavano per non essere tra quelli che si trovavano in questo stato, non erano nel giusto pi di coloro che in mezzo ad una epidemia si fossero vantati di essersi mantenuti sani, e per questo motivo avessero creduto di poter insultare i poveri infermi. In una parola, lo stato di schiavit era una piaga e non altro; era come la peste, la guerra, la fame e altri simili flagelli; e perci era dovere di tutti gli uomini di cercare subito di mitigarla, e poi dimpegnarsi per abolirla. Simili princpi non rimanevano sterili: proclamati apertamente, risuonavano vigorosamente ovunque ai quattro angoli del mondo cattolico; ed oltre ad essere messi in pratica come abbiamo visto in numerosi esempi, erano conservati come una preziosa dottrina in mezzo al caos dei tempi. Erano passati otto secoli, e li vediamo ripresi da un altro dei pi grandi dottori della Chiesa cattolica: S. Tommaso dAquino (1. Part. Quaest. 96, art. 4). Anchegli non vede nella schiavit una differenza di razze, n una presunta inferiorit, n uno strumento di governo. Egli non riesce a spiegarla in altra maniera che considerandola come una piaga provocata allumanit dal peccato del primo uomo.

Lavversione che i Cristiani hanno avuto nei confronti della schiavit tanto grande, quanto falsa laffermazione del Sig. Guizot: che cio questa condizione non turbasse n irritasse la societ cristiana. Non vi fu per certo quel turbamento e quellirritazione cieca che, saltando tutti gli ostacoli, e non considerando ci che impone la giustizia e consiglia la prudenza, corrono senza giudizio a cancellare il marchio di oppressione e dignominia. Ma se si parla di quel turbamento ed irritazione che nascono dal vedere oppresso e oltraggiato luomo, che non si oppongono per ad una santa rassegnazione e longanimit, e che senza dare tregua ad uno zelo caritatevole non vogliono tuttavia comprometterne lesito con laffrettarne il compimento, anzi lo preparano con accortezza per ottenere il pieno effetto; se di questa santo turbamento e irritazione che stiamo parlando, pu esserci prova pi convincente di quella dei fatti da noi citati, e delle dottrine che abbiamo ricordato? Pu esserci protesta pi eloquente contro la durata della schiavit, di quella che sgorga dalla dottrina dei due insigni dottori, i quali come abbiamo visto definiscono la schiavit frutto di maledizione e castigo per la prevaricazione della stirpe umana, e che la concepiscono come una delle grandi piaghe che affliggono lumanit? Le profonde ragioni che indussero la Chiesa a raccomandare agli schiavi lubbidienza, le ho sufficientemente illustrate, per cui non c nessuno, purch sia imparziale, che possa considerare questo comportamento una inosservanza dei diritti delluomo. N si creda con questo che mancasse nella societ cristiana la fermezza necessaria per dire tutta intera la verit, purch fosse verit salutare. Ne abbiamo una prova con ci che accadde riguardo al matrimonio degli schiavi che, come noto, non era neanche considerato come tale, e comunque non poteva essere contratto senza il consenso dei padroni sotto pena di essere considerato nullo. Vi era in questo una prevaricazione che contrastava apertamente con la ragione e con la giustizia. Cosa fece a questo punto la Chiesa cattolica? Rigett senza mezzi termini questo abuso. Sentiamo intanto cosa diceva il Papa Adriano I: Secondo le parole dellApostolo, siccome in Cristo Ges non si deve allontanare dai sacramenti della Chiesa n il libero n lo schiavo, allo stesso modo tra gli schiavi non si devono in alcun modo proibire i matrimoni, e se li avessero contratti, contraddicendo e avversando i padroni, neanche per questo motivo si devono sciogliere ( De conjunctione servorum lib. t.. tomo 9, c. 1). Questa disposizione, che assicurava la libert degli schiavi riguardo ad uno dei punti pi importanti, non si deve ritenere limitata a particolari circostanze, perch era qualcosa di pi: era una proclamazione della libert in questa materia; era che la Chiesa non voleva acconsentire che luomo fosse ridotto al livello degli animali vedendosi forzato a piegarsi al capriccio o allinteresse di un altro uomo, senza che siano consultati almeno i sentimenti del cuore. Cos lintendeva S. Tommaso, il quale sosteneva apertamente che per contrarre matrimonio gli schiavi non devono ubbidire ai padroni (2. 2. quaest. 104, art. 5). Nel rapido abbozzo che ho fin qui tratteggiato credo di aver mantenuto fede a ci che promisi allinizio, cio che non avrei presentata alcuna enunciazione che non fosse convalidata da documenti inoppugnabili, senza lasciarmi fuorviare dallentusiasmo per il Cattolicesimo tanto da attribuirgli ci che non gli compete.

Abbiamo passato velocemente in rassegna il corso di secoli turbolenti, e molte testimonianze convincenti, provenienti da epoche e luoghi diversi, ci hanno confermato che stato il Cattolicesimo ad abolire la schiavit: lottando contro le idee, i costumi, glinteressi e le leggi che sembravano costituire un ostacolo insuperabile. E per di pi vi riuscito senza ricorrere ad ingiustizie, violenze o sconvolgimenti, e tutto con la pi squisita prudenza e con la pi ammirevole moderazione. Abbiamo visto la Chiesa cattolica portare contro la schiavit un assalto tanto vasto, diversificato ed efficace, che per spezzare linfame catena non c stato neanche bisogno di un colpo violento; ma, sottoposta allazione di vari ed idonei elementi, si andata sempre pi indebolendo e disfacendo fino a cadere in pezzi. Prima si proceduto ad insegnare apertamente le vere dottrine sulla dignit delluomo; sono stati definiti gli obblighi dei padroni e degli schiavi; stata proclamata luguaglianza di fronte a Dio, riducendo in frantumi le degradanti teorie che sviliscono le opere dei pi grandi filosofi dellantichit. Poi si incominciato ad applicare le dottrine: provvedendo a rendere meno duro il trattamento degli schiavi; combattendo latroce principio del diritto di vita e di morte; disponendo le chiese come asilo per gli schiavi ed impedendo che, uscendone, venissero maltrattati; facendo s che il giudizio dei tribunali sostituisse la vendetta privata. Al momento opportuno si proceduto a garantire la libert dei manomessi abbinandola a motivazioni di carattere religioso; si difesa con molta fermezza e sollecitudine quella degli schiavi liberati; si fatto in modo di disseccare le fonti della schiavit (ora dispiegando un vivissimo zelo per lemancipazione degli schiavi, ora opponendosi alla cupidigia dei Giudei, o escogitando sistemi per far recuperare speditamente la libert ai venduti); con lesempio della mansuetudine e del disprezzo per le ricchezze, e con altri mezzi che di volta in volta suggeriva la carit, stata agevolata lemancipazione introducendo gli schiavi nei monasteri e nello stato ecclesiastico. In questo modo, nonostante le profonde radici che la schiavit aveva messo nella societ antica, nonostante gli scompigli che le scorrerie dei barbari portavano ovunque, le tante guerre e le calamit dogni genere che spesso rendeva inutile leffetto di ogni azione regolatrice e benefica: nonostante tutto ci, si pu constatare che la schiavit, questa lebbra che deturpava le antiche civilt, and rapidamente riducendosi nelle nazioni cristiane e infine scomparve. Questo sistema non si rivela certamente come concepito e coordinato dagli uomini; ma proprio per questo si pu notare tanta unit dinclinazioni, identit di vedute e affinit di mezzi; e tutto ci una prova sempre pi evidente dello spirito di civilt e di libert che il Cattolicesimo diffonde. Gli osservatori imparziali si compiaceranno indubbiamente vedendo come nel quadro da me presentato concorrano meravigliosamente al medesimo scopo i tempi dellimpero, quelli dellinvasione dei barbari e quelli dellepoca del feudalesimo; e si compiaceranno ancor di pi (ripeto, gli osservatori imparziali) nel raccogliere, nella meschina normalit che caratterizza tutto ci che opera esclusiva delluomo, i fatti sparsi qua e l in apparente disordine: dai boschi della Germania fino alle pianure della Betica, dalle rive del Tamigi fino alle sponde del Tevere. Questi fatti non li ho inventati io: ho precisato le epoche e citati i Concili; alla fine di questo volume il lettore trover gli originali di cui ho trascritto per esteso i

testi (che ho estratti e qui compendiati), e in essi potr rendersi pienamente conto che non lho ingannato. Che se tale fosse stata la mia intenzione non sarei certamente sceso nellarena dei fatti: avrei piuttosto girovagato tra le regioni delle teorie, avrei proferito parole pompose e seducenti, avrei adoperato i mezzi pi convenienti per incantare la fantasia ed eccitare i sentimenti; mi sarei messo in una di quelle situazioni in cui uno scrittore pu supporre a suo piacere cose che non sono mai esistite e con assai poca fatica esaltare le ricchezze della sua immaginazione e la fecondit del suo ingegno. Mi sono invece imposto un lavoro alquanto penoso, forse non molto brillante, ma certamente pi fecondo. Ed ora potremo domandare al Sig. Guizot quali sono state le altre cause, le altre idee, gli altri princpi di civilt di cui, comegli dice, stato necessario lintero sviluppo perch la ragione trionfasse infine della pi vergognosa delle iniquit . Queste cause, queste idee, questi princpi di civilt, che secondo lui aiutarono la Chiesa nellabolire la schiavit, occorreva spiegarle, o almeno indicarle; e cos il lettore avrebbe potuto risparmiarsi la fatica di cercarle andando alla cieca. Se non germogliarono dal seno della Chiesa, doverano? Forse nei resti dellantica civilt? Ma i resti di una civilt disgregata e quasi annientata potevano fare ci che questa stessa civilt non fece e non pens mai di fare quando era nel pieno del suo vigore, della sua potenza e vitalit? Stavano forse nellindividualismo dei barbari, quando questo era inseparabile compagno della violenza, ed era necessariamente fonte di oppressione e di schiavit? Stavano forse nella preminenza militare, introdotta secondo Guizot dagli stessi barbari, preminenza che gett le fondamenta di quellordine aristocratico che pi tardi si convert in feudalesimo? Ma che aveva a che fare questa preminenza con labolizione della schiavit, quando era la pi propensa a perpetuarla sulle popolazioni dei paesi conquistati, ed estenderla anche ad una considerevole parte dei propri connazionali? Dove si pu dunque trovare unidea, un costume, unistituzione che senza essere figlia del Cristianesimo abbia contribuito ad abolire la schiavit? Si consideri lepoca in cui inizi il processo di abolizione e il tempo in cui si svilupp, ci si mostri che non ebbe origine nel Cristianesimo, e allora ammetteremo che il Cristianesimo non pu pretendere di avere in esclusiva lonore di avere abolito uno stato cos degradante. E non finiremo per questo di approvare e lodare quellidea, costume od istituzione, che abbia preso parte alla bella e grandiosa impresa di liberare lumanit. Ed alle chiese protestanti, a queste figlie ingrate che dopo essersi separate dal seno della madre simpegnano a calunniarla e a disonorarla, ora possiamo domandare: dove eravate quando la Chiesa cattolica andava predicando lopera immensa dellabolizione della schiavit? Come potrete mai accusarla di avere in simpatia la schiavit, e che si comporta in modo da avvilire luomo ed usurparne i diritti? Potete voi usurpare un titolo che vi meriti la gratitudine del genere umano, cos come lha meritata la Chiesa cattolica con labolizione della schiavit? Che parte avete avuto in questa grande opera che ha costituito il primo fondamento per lo sviluppo e la grandezza della civilt europea? Soltanto il Cattolicesimo, senza il vostro aiuto, riusc nellimpresa; e soltanto il Cattolicesimo avrebbe portato lEuropa ai suoi alti destini se voi non foste venute a stravolgere il maestoso cammino di queste grandi nazioni, deviandole sconsideratamente su

un sentiero disseminato di rovine: sentiero il cui termine celato da folte tenebre in mezzo alle quali Dio solo sa cosa le aspetta (15).

CAPITOLO XX Quadro della civilt moderna. Abbozzo delle civilt non cristiane. Tre elementi della civilt: individuo, famiglia, societ. La perfezione di questi tre elementi deriva dalle dottrine. _______________ Abbiamo visto che della pi bella impresa della civilt europea, della conquista pi preziosa a favore dellumanit, cio dellabolizione della schiavit, siamo debitori esclusivamente della Chiesa cattolica. La quale per mezzo delle sue dottrine tanto benefiche quanto sublimi, di un sistema nello stesso tempo efficace e prudente, con una generosit senza limiti, con uno zelo instancabile, con una invincibile fermezza, abol la schiavit in Europa. Fece cio il primo passo obbligatorio per rigenerare lumanit ponendo cos la prima pietra delle profonde e spaziose fondamenta sulle quali sarebbe sorta la civilt europea: lemancipazione degli schiavi, labolizione per sempre di uno stato tanto degradante, la libert universale. Se non si fosse provveduto per prima cosa a sollevare luomo da questa abbietta condizione, se non lo si fosse risollevato al di sopra del livello degli animali, non sarebbe stato possibile creare e organizzare una civilt piena di dignit e di grandezza. Perch ovunque si veda un uomo prostrato ai piedi di un altro uomo aspettare con sguardo timoroso gli ordini del suo padrone e tremare di paura al solo movimento di una sferza; e ovunque capiti che luomo sia venduto come si fa con gli animali, e tutte le sue qualit e perfino la vita sono valutate al prezzo di alcune monete, non si svilupper mai una vera civilt: sar sempre una civilt fiacca, malaticcia, falsa, perch dove succede questo lumanit porta in fronte un marchio di ignominia. Avendo dunque dimostrato che fu il Cattolicesimo a togliere di mezzo il primo ostacolo a qualsiasi progresso sociale purificando per cos dire lEuropa da questa ripugnante lebbra che linfettava dalla testa ai piedi, passiamo ora ad indagare su ci che fece il Cattolicesimo per costruire il grandioso edificio della civilt europea. Perch se riflettiamo bene su quanto questa civilt contiene di vitale e fecondo, scopriremo nuovi e grandi meriti che impongono la riconoscenza dei popoli nei confronti della Chiesa cattolica. E prima di tutto sar bene dare unocchiata al vasto e importante quadro che ci presenta la civilt europea, riassumendo in poche parole le principali perfezioni a cui arrivata, perch cos potremo giustificare pi facilmente a noi stessi lammirazione che ci suscita e lentusiasmo che ci ispira. Lindividuo che ha acquisito un vivo sentimento della propria dignit, una grande capacit di azione, di energia e di attitudine alla fatica, ed uno sviluppo simultaneo di tutte le sue facolt; la donna innalzata al grado di compagna delluomo, compensando in tal modo il dovere di soggezione con la rispettosa stima che la circonda; la dolcezza e fermezza dei

vincoli famigliari con forti garanzie di buon governo e di giustizia; unammirevole coscienza pubblica, ricca di sublimi princpi morali, di regole di giustizia e di equit, di sentimenti donore e di decoro, coscienza che resta sempre viva anche quando fallisce la morale privata, e che non permette che la spudoratezza della corruzione giunga agli eccessi dei popoli antichi; una certa diffusa delicatezza dei costumi che in tempo di guerra evita le grandi stragi e in tempo di pace fa la vita pi amabile e tranquilla; un profondo rispetto per luomo e per la propriet che rende cos rare le violenze dei singoli, e serve da freno salutare per chi governa in ogni tipo di regime politico; una viva ansia di perfezione in tutti i campi; uninclinazione irresistibile, talvolta illusoria ma sempre viva, a migliorare lo stato delle classi popolari; un segreto impulso a proteggere i deboli e a soccorrere gli sventurati, impulso che alle volte si svolge con generoso zelo, e quando non accade rimane nel cuore della societ provocandole il disagio e il tormento di un rimorso; uno spirito di universalit, di divulgazione, di cosmopolitismo; una riserva inesauribile di mezzi per rinnovarsi, per non soccombere nelle peggiori crisi; una generosa inquietudine rivolta allavvenire, che produce un fermento e un movimento continuo, talvolta anche un popericolosi, ma che generalmente sono il germe di grandi benefci e il segno di una sana vitalit. Ecco i grandi caratteri che distinguono la civilt europea, ed ecco i motivi che la collocano in un posto immensamente superiore a tutte le altre civilt antiche e moderne. Leggete la storia, percorrete con lo sguardo tutto il mondo, e ovunque non regni il Cristianesimo, se non prevale la vita barbara o la selvaggia, troverete una civilt che non assomiglia per nulla alla nostra, con la quale non pu confrontarsi neanche alla lontana. In alcune di tali civilt noterete un certo ordine e dei segni di stabilit perch durano da secoli. Ma come durano? Senza progredire, senza muoversi, perch mancano di vita. La loro regolarit e durata sono quelle di una statua di marmo che, immobile, si vede passare davanti numerose generazioni. Vi furono anche dei popoli con una civilt traboccante di attivit e movimento: ma quale attivit e quale movimento? Gli uni dominati dallo spirito mercantile non riescono a fondare su una solida base la felicit interiore: sanno solamente approdare su nuovi lidi che presentino pascolo alla loro cupidigia, sbarazzandosi delleccesso di popolazione fondando colonie e stabilendo nei nuovi paesi un gran numero di fattorie. Gli altri disputando e combattendo continuamente per una maggiore o minore libert politica dimenticano lordine sociale, non curano la libert civile, e si aggirano turbolenti in un ristrettissimo limite di spazio e di tempo. Essi non meriterebbero neanche che la posterit ne ricordasse i nomi, se non brillasse tra loro con incredibile prodigio il genio del bello, se nelle testimonianze del loro sapere non riflettessero, come in un chiaro specchio, alcuni leggiadri segni della scienza tradizionale dellOriente. Altri ancora, veramente grandi e terribili, ma travagliati incessantemente da dissidi interni, portano scolpito in fronte il formidabile destino della conquista, leseguono dominando il mondo, e corrono quindi per una rapidissima china verso la rovina senza che niente possa fermarli. Altri infine, esaltati da un violento fanatismo, sinnalzano come le onde flagellate dalluragano, si gettano su altri popoli come una mareggiata devastatrice, e minacciano di trascinare nella fragorosa corrente la stessa civilt cristiana. Ma ogni loro sforzo vano perch i marosi vanno ad

infrangersi contro una resistenza incrollabile: raddoppiano gli assalti, ma sono sempre costretti a tornare indietro a ridistendersi con sordo fremito sul loro letto. E adesso eccoli l in Oriente, come in un torbido stagno gi quasi disseccato dagli ardori del sole, eccoli l i figli e i successori di Maometto e di Omar, inginocchiati ai piedi della potenza europea mendicare una protezione che, per certi motivi, viene loro accordata ma con sdegnoso disprezzo. Questo il quadro che rappresenta tutte le civilt antiche e moderne, eccetto quella europea, cio la cristiana. La quale riunisce tutto ci che vi di grande e di bello nelle altre, ed lunica che passa senza soccombere attraverso le peggiori rivoluzioni, che si estende a tutte le razze, si adatta a tutti i climi, si accorda con le pi svariate forme politiche e con ogni genere distituzioni affinch possa circolare come una linfa stimolante per il cuore, e produrre frutti gustosi e salutari per il bene dellumanit. E da dove mai la civilt europea avr ricevuto questa grande superiorit su tutte le altre? Da dove uscita cos forte, ricca, varia e feconda, con quel sigillo di dignit, di nobilt, di superiorit senza caste, senza schiavi, senza eunuchi, senza quelle miserie che come una lebbra nauseante troviamo sparse tra gli altri popoli antichi e moderni? Ah! se noi europei ci lamentiamo cos di frequente e con tanta forza, quanto mai deve farlo qualunque altro popolo! E non ci viene da pensare che siamo i figli prediletti della Provvidenza, e se vero che soffriamo dei mali, patrimonio inseparabile dellumanit, essi sono per molto leggeri e quasi nulla in confronto a quelli che soffrirono e soffrono gli altri popoli! proprio in quanto abbiamo una grande fortuna che siamo pi difficili ad accontentarci, e per cos dire pi delicati. Perch a noi accade come ad una persona di alta classe che abituata a vivere circondata da stima e rispetto in mezzo alle comodit ed ai piaceri. Una parolina la sdegna, la pi piccola molestia la mortifica e la disgusta, e non pensa che ci sono tanti uomini nudi e immersi nella miseria che non possono coprirsi se non con qualche cencio, n saziare la fame se non con qualche tozzo di pane raccolto tra mille sdegnosi rifiuti. Nel contemplare la civilt europea lanimo colpito da tante e varie impressioni. Una gran quantit di oggetti si affollano alla mente come chiedendo di essere osservati per primi, che sebbene limmaginazione si compiace per la magnificenza e bellezza del quadro, lintelletto per rimane oppresso e non riesce a decidersi da che parte iniziare lesame. In questi casi il migliore rimedio quello di procedere in modo semplice, scomponendo loggetto complesso e riducendolo ai suoi pi semplici elementi. L individuo, la famiglia, la societ: ecco ci che dobbiamo esaminare a fondo. Questi saranno gli oggetti delle nostre ricerche, e se giungeremo a comprenderli bene cos come sono in s, e prescindendo dalle piccole differenze che non ne toccano lessenza, vedremo la civilt europea, con tutte le sue ricchezze e i suoi segreti, svilupparsi sotto i nostri occhi allo stesso modo che, uscendo dalle tenebre della notte, ai primi chiarori dellaurora ci appare una vasta e lussureggiante campagna. Ci che la civilt europea , e ci che ha, lo deve tutto alle principali verit sullindividuo, sulla famiglia e sulla societ: verit di cui ha il possesso. In Europa meglio che in qualunque altra parte ne sono state comprese la vera natura, le vere relazioni e il vero fine, e se ne hanno idee, sentimenti e inclinazioni, che

mancano alle altre civilt. E queste idee e questi sentimenti sono impressi con forza nella fisionomia dei popoli europei, inoculati nelle leggi, nei costumi, nelle istituzioni, nel linguaggio, si respirano con laria perch la nostra atmosfera ne impregnata come di un salubre aroma. Ed anche perch da lunghi secoli lEuropa nutre nel suo seno un saldo principio che li conserva, li propaga e li applica; e nelle epoche pi sciagurate in cui, essendosi disgregata, la societ dovette riformarsi da capo, fu precisamente allora che questo principio rigeneratore godette della maggiore influenza e della maggiore autorit. Passarono i tempi, sopravvennero grandi cambiamenti, il Cattolicesimo and soggetto a vicende riguardanti il potere e linfluenza sullEuropa; ma la civilt generata da questo principio era troppo solida perch venisse facilmente distrutta; limpulso era troppo forte e sicuro perch si potesse facilmente perdere la strada. LEuropa era come un giovane nel fiore degli anni dotato di robusta costituzione, nelle cui vene fluiscono abbondanti la salute e la vita. Gli eccessi della fatica e della prodigalit possono abbatterlo per un breve tempo e farlo impallidire, ma ben presto il suo volto riacquista il colorito e il vigore, e le sue membra lagilit e la forza.

CAPITOLO XXI Distinzione tra individuo e cittadino. Individualismo dei barbari secondo il Sig. Guizot. Se questindividualismo appartenne esclusivamente ai barbari. Natura ed origine di questo sentimento. Sue modificazioni. Quadro della vita dei barbari. Vero carattere del loro individualismo. Ammissione del Sig. Guizot. Questo sentimento era in qualche modo comune a tutti i popoli antichi. _______________ Lindividuo: ecco il pi semplice elemento della societ, ecco ci che per primo deve essere ben definito, quello che se viene percepito e valutato in modo non corretto sar un continuo ostacolo al progresso della vera civilt. Prima di tutto necessario avvertire che qui stiamo parlando soltanto dellindividuo, delluomo quale in s, prescindendo dalle molteplici relazioni che lo riguardano non appena si passi a considerarlo come membro di una societ. Ma non si creda per questo che sintenda considerarlo in un perfetto isolamento, portandolo nel deserto, riducendolo allo stato selvaggio e analizzando lindividuo tal quale ce lo presentano alcune trib nomadi, eccezione mostruosa che poteva venir fuori soltanto dalla degradazione della natura umana. Sarebbe lo stesso che riesumare il metodo di Rousseau: metodo puramente utopistico che non pu condurre che allerrore e alla stravaganza. I componenti di una macchina possono essere esaminati a parte e isolatamente con lo scopo di capirne meglio la struttura particolare, ma non si deve mai dimenticare luso a cui sono destinati n perdere di vista linsieme a cui appartengono; altrimenti il giudizio che se ne forma sar inevitabilmente falso. Il pi sublime e sorprendente dipinto non sarebbe altro che una mostruosit ridicola se si esaminassero isolandoli

dallinsieme, o in combinazioni arbitrarie, i gruppi e le figure: con questo metodo si potrebbero convertire in sogni di un delirante i prodigi di Michelangelo o di Raffaello. Ma senza dimenticare che luomo non solo nel mondo e che non nato per vivere solo; senza dimenticare che oltre a ci che in se stesso fa parte altres del grande sistema delluniverso, e che al di l del destino che gli riservato in quanto parte del vasto sistema della creazione innalzato per bont del Creatore ad una sfera pi alta, superiore ad ogni concezione terrena: senza prescindere da tutto questo (ch nella buona filosofia non se ne pu prescindere), rimane tuttavia spazio per lo studio dellindividuo e dellindividualismo. Nellesaminare luomo lo vogliamo per astrarre dalla qualit di cittadino: astrazione che, ben lungi dal condurci a stravaganti paradossi, molto opportuna per comprendere a fondo una particolarit molto importante presente nella civilt europea; una certa caratteristica che, da sola, non permette di confondere questa civilt con le altre. Che si debba fare una distinzione tra luomo e il cittadino, e che questi due aspetti diano luogo a considerazioni molto diverse, non c nessuno che non lo comprenda facilmente: la difficolt sta nel chiarire con precisione fin dove si estendano gli effetti di una tale distinzione, fino a che punto sia lecito il sentimento dellindipendenza personale, quale sia lo spazio che si debba assegnare allo sviluppo puramente individuale, particolarit che si trova nella nostra civilt e non nelle altre. un compito molto difficile quello di valutare correttamente questa differenza, assegnarne lorigine e il fine e ponderare accortamente quale sia stato il suo vero influsso nel cammino della civilt. Compito, ripeto, difficilissimo, perch qui si racchiudono varie questioni, belle e importanti in verit, ma anche delicate e profonde dove molto facile ingannarsi. Perch quasi impossibile fissare con sicurezza lobiettivo a causa di quegli elementi che hanno un che di vago, di indeterminato, dimpalpabile, e vanno come fluttuando, collegati fra loro solo attraverso impercettibili relazioni. Qui andiamo a scontrarci col famoso individualismo, che secondo il Sig. Guizot ci fu portato dai barbari del Nord e fu qualcosa di talmente eccellente che dobbiamo considerarlo come uno dei primi e pi fecondi princpi della civilt europea. Il celebre pubblicista, analizzando gli elementi di tale civilt e assegnando la parte che a suo giudizio vi ebbe limpero romano e la Chiesa, pretende di trovare qualche cosa di singolare e di molto fecondo nel sentimento dindividualismo che portarono con s i Germani e che introdussero nei costumi europei. Non sar inutile spiegare qui lopinione del Sig. Guizot su questa importante e delicata materia, perch mentre avremo il vantaggio di fissare meglio i termini della questione (il che gi molto difficile in oggetti tanto vaghi per loro natura), nello stesso tempo si dissolver il grave equivoco in cui su questo punto incorrono alcuni a motivo dellautorit del citato scrittore che, con gli espedienti del suo ingegno e con lincanto della sua eloquenza, ha fatto apparire verosimile e plausibile ci che, se si esamina a fondo, un puro paradosso. Siccome nel combattere le opinioni di uno scrittore il primo accorgimento deve essere quello di non alterarle con lattribuirgli ci che in realt non ha detto, e

considerando per di pi che la materia di cui si tratta molto soggetta ad equivoci, sar bene riportare integralmente le parole del Sig. Guizot: Lo stato generale della societ tra i barbari quello che a noi interessa conoscere; ed precisamente qui la difficolt, che non piccola. Comprendiamo senza molta fatica il sistema municipale romano e la Chiesa cristiana; la loro influenza si perpetuata fino ai giorni nostri; ne troviamo le vestigia in molte istituzioni e nelle opere che abbiamo sottocchio, e questo ci facilita in mille modi nel riconoscerli e spiegarli. Nulla per rimasto dei costumi e dello stato sociale dei barbari e ci vediamo costretti a indovinare: ora ricorrendo a remotissime testimonianze storiche, ora supplendo alla mancanza di testimonianze con un ardito sforzo dimmaginazione . Non negher che sia ben poco quello che ci rimasto dei costumi dei barbari, n star a disputare col Sig. Guizot quanto possa valere unosservazione che riguarda fatti nei quali sia necessario supplire con sforzi dimmaginazione al molto che di essi ci manca, o ci vediamo obbligati ad entrare nel pericoloso e sdrucciolevole sentiero dindovinare. Conosco bene queste materie: nelle riflessioni da me fatte sulla questione che stiamo trattando, e nei termini con cui lho definita, si capisce bene che io non giudico possibile andare con la riga e col compasso; giudico per che sia possibile prevenire i lettori contro lillusione che potrebbe procurare una dottrina la quale, se ben si esamini, non altro, ripeto, che un brillante paradosso. Vi un sentimento, un fatto continua il Signor Guizot che opportuno analizzare e comprendere per descrivere in modo realistico un barbaro: questo sentimento il piacere dellindipendenza individuale, il piacere di slanciarsi con forza e libert nelle vicende del mondo e della vita; il godimento di unattivit che non sia lavoro, linclinazione per una vita di avventure, priva di regole, colma di pericoli e senza prospettive. Questo era il sentimento dominante dello stato selvaggio, la necessit morale che metteva in perpetuo movimento quelle masse di uomini. Vivendo noi in mezzo ad una societ cos regolare ed uniforme ci riesce oltremodo difficile farci unidea di questo sentimento con tutto limpeto e la violenza che esercitava sui barbari nel quarto e quinto secolo. Conosco una sola opera in cui si trova perfettamente descritto questo carattere della barbarie: la storia della conquista dInghilterra da parte dei normanni, del Sig. Thierry, il solo libro in cui si vedono riprodotti con una esattezza ed una naturalezza veramente straordinarie i motivi, le inclinazioni, glimpulsi che muovevano e agitavano gli uomini in uno stato sociale prossimo alla barbarie. In nessunaltra parte ho compreso meglio, ho meglio sentito cos un barbaro e com la vita di un barbaro. Qualche cosa di simile si trova nelle novelle di Cooper sui selvaggi di America, quantunque a mio giudizio in un grado molto inferiore e in un modo meno semplice e meno vero. Nella vita dei selvaggi americani, nelle relazioni che li uniscono, nei sentimenti che nutrono in mezzo ai loro boschi, si nota qualche riflesso, qualche analogia che fino a un certo punto ricorda la vita e i costumi dei primitivi Germani. Queste descrizioni sono certamente un poco idealistiche, hanno qualcosa di poetico; la parte ripugnante dei costumi e della vita dei barbari non qui presentata in tutta la sua crudezza; e non parlo solamente dei mali arrecati da questi costumi allo stato sociale, ma dello stato interiore e individuale

dello stesso barbaro. In questa imperiosa necessit dindipendenza personale vi era qualcosa di pi materiale e di pi grossolano di quanto si coglie e potrebbe dedursi dallopera del Sig. Thierry. Nei barbari del Nord dominava un certo grado di brutalit, di ubriachezza, di apatia che non sempre si vedono fedelmente rappresentate in quelle narrazioni. Ci nonostante, penetrando sempre pi dentro le cose, ad onta di questa confusa mescolanza di brutalit, di materialismo e di stupido egoismo, si riconosce che quella passione per lindipendenza individuale un sentimento nobile la cui forza deriva tutta dalla parte pi elevata, dalla natura morale dello stesso uomo: il piacere di sentirsi uomo, il sentimento della personalit e della spontaneit umana nel suo libero sviluppo. La civilt moderna debitrice dei barbari germani per questo sentimento che era del tutto ignoto ai Romani, alla Chiesa e a quasi tutte le antiche civilt. Quando in queste si nota una certa forma di libert, si tratta della libert politica, la libert del cittadino. Questa era la libert che muoveva luomo, che lo riempiva di entusiasmo, non gi la libert personale. Apparteneva alla societ, si dava tutto alla societ, e per la societ era pronto a fare qualunque sacrificio. Lo stesso accadeva nella Chiesa cristiana: regnava tra i fedeli un vivo sentimento di affetto e ununione affettiva alla comunit cristiana, unossequiosa venerazione e devozione alle sue leggi, un forte desiderio di estenderne il dominio. Altre volte il sentimento religioso portava luomo a reagire a se stesso e alla sua anima, a condurre una lotta interiore per soggiogare il libero arbitrio e sottometterlo allispirazione della fede. Ma il sentimento dindipendenza personale, questa fame di libert che si sviluppa senza altro fine o scopo che quello di soddisfare se stesso, non era conosciuto dai Romani, n dalla societ cristiana. I barbari lo portarono con s e lo depositarono nella culla della civilt europea. Esso fu qualcosa di cos eccellente, vi ha prodotto degli effetti cos pregevoli, che impossibile non ammirarlo come uno dei suoi principali elementi ( Storia della civilt europea lez. 2). Il sentimento dellindipendenza personale attribuito esclusivamente a un popolo; questo sentimento vago, indefinibile, con una mescolanza curiosa di nobile e di brutale, di barbaro e di civile, ha qualche cosa di poetico, molto adatto per sedurre la fantasia; ma siccome lo stesso contrasto con cui si cerca di accrescere leffetto della descrizione porta in s qualcosa di straordinario e anche di contraddittorio, alla ragione rigorosa sorge il dubbio di qualche errore nascosto, e con tutta cautela si mette in guardia. Se vero che un tale fenomeno sia esistito, da dove mai pot derivare? Fu forse un effetto del clima? Ma come si pu mai concepire che i geli del Nord abbiano accolto ci che non fu accolto dal calore del Mezzogiorno? Come mai, sviluppandosi con tanta forza nei paesi meridionali dEuropa il sentimento dellindipendenza politica, non vi si trovava proprio il sentimento dellindipendenza personale? Non sar una stranezza, o dir meglio un assurdit, che i climi si fossero suddivisi tra loro, come avviene per un patrimonio, i sentimenti delle due specie di libert? Forse si dir che questo sentimento derivava dallo stato sociale. Ma in tal caso non cera bisogno di attribuirlo come carattere distintivo di un popolo; bastava

stabilire generalmente che questo sentimento era proprio dei popoli che si trovassero nello stato sociale dei Germani. Oltre a ci, se questo era un effetto dello stato sociale, come pot diventare un germe e un principio fecondo di civilt ci che era proprio della barbarie? Questo sentimento doveva essere distrutto dalla civilt, non gi conservato, n poteva contribuire a svilupparla. E se doveva rimanervi sotto qualche forma, perch non accadde lo stesso nelle altre civilt, dal momento che non furono per certo i Germani lunico popolo che sia passato dalla barbarie alla civilt? Con questo non si vuole dire che i barbari del Nord non presentassero sotto questaspetto qualche particolarit interessante, e nemmeno che non ci sia nella civilt europea un sentimento di personalit che non si trova nelle altre civilt; si vuole invece dire che non tanto da filosofo ricorrere a misteri ed enigmi per spiegare lindividualismo dei Germani, e che non necessario andare a cercare nella barbarie dei Germani la ragione della superiorit che sotto questo aspetto appartiene alla civilt europea. Se vogliamo formarci unidea precisa di questa questione tanto complessa ed importante conviene prima di tutto fissare, per quanto possibile, la vera natura dellindividualit dei barbari. In un opuscolo che diedi alla luce qualche tempo fa, intitolato Osservazioni sociali, politiche ed economiche sui beni del clero, trattai incidentalmente di questa individualit e mi sforzai di chiarire le idee su questo punto. E siccome dallora in poi non ho cambiato opinione, anzi mi son sempre pi rafforzato in quella originaria, trascriver qui ci che allora dicevo: Che cosera questo sentimento? Era particolare di quei popoli? Era effetto delle influenze del clima e di una situazione sociale? Era forse un sentimento che si trova in tutti i luoghi e tempi, modificato per nelle varie epoche da circostanze particolari? Quale ne era la forza, quale linclinazione che aveva in s per il giusto o lingiusto, per il nobile o il degradante, per il vantaggioso o il nocivo? Quali beni rec alla societ, o quali mali? E questi ultimi come furono combattuti e da chi, con quali mezzi e con quale esito? Ho messe insieme molte domande, ma ci non comporta maggiori difficolt come potrebbe sembrare: chiarita unidea fondamentale, si risolveranno molto facilmente le altre; e resa semplice la teoria, verr subito in aiuto la storia per confermarla. Vi nel fondo del cuore umano un sentimento forte, vivo, indelebile, che lo spinge a conservarsi, a schivare i mali e a procurarsi il benessere e la felicit. Si chiami pure amor proprio, istinto di conservazione, desiderio di felicit, smania di perfezione, egoismo, individualit: si chiami come si voglia, il sentimento esiste, lo teniamo dentro di noi e non possiamo dubitarne perch ci accompagna in tutti i nostri passi, in tutte le nostre azioni, dal momento in cui apriamo gli occhi alla luce fino a quello in cui scendiamo nella tomba. Questo sentimento, se ben se ne osservi lorigine, la natura e loggetto, non altro che una legge fondamentale per tutti gli esseri viventi e quindi anche per luomo: legge che, essendo una garanzia per la conservazione e perfezione deglindividui, contribuisce in modo meraviglioso allarmonia delluniverso. innegabile che un tale sentimento ci deve portare per via naturale ad aborrire loppressione e a provare un disgusto per tutto ci che tende ad intralciare o restringere luso delle nostre facolt. Il motivo evidente: tutto questo ci provoca un malessere, e ad un tale stato si

oppone la nostra natura; anche il pi tenero bambino gi non sopporta la fasciatura che glimpedisce il libero movimento; e infatti si agita, fa degli sforzi e piange. Inoltre, se per un motivo o per laltro lindividuo non completamente privo della consapevolezza di s stesso; se, per poco che sia, le sue facolt intellettuali hanno ricevuto un certo sviluppo, nel fondo dellanima gli nascer un altro sentimento (che nulla ha in comune con listinto di conservazione che sollecita tutti gli esseri) che appartiene esclusivamente allintelligenza. Parlo del sentimento di dignit, di valore, di stima di se stesso, di quel fuoco che si accende in cuore fin dalla pi tenera infanzia, e che alimentato, dilatato e ravvivato dallalimento che il tempo gli va fornendo, capace di quella forza prodigiosa, di quella espansione che ci tiene cos inquieti in tutti i periodi della nostra vita, cos attivi e agitati. La sottomissione di un uomo a un altro uomo implica qualcosa che ferisce questo sentimento di dignit; perch, anche supponendo che tale sottomissione sia mitigata da tutta la libert e dolcezza possibile, da tutti i riguardi per la persona sottomessa, ciononostante comporta per la persona almeno una certa debolezza, o necessit, che la obbliga a lasciarsi limitare alquanto il libero uso delle sue facolt: ed ecco unaltra origine del sentimento dindipendenza personale. Da quanto ho esposto fin qui ne consegue che luomo ha sempre vivo lamore per lindipendenza, che questo sentimento comune a tutti i tempi e paesi, e che non pu essere altrimenti perch ne abbiamo trovata la radice in due sentimenti cos naturali alluomo: il desiderio di star bene, e il sentimento della propria dignit. evidente che nellinfinit di condizioni fisicamente e moralmente diverse in cui lindividuo pu trovarsi, le variazioni di questi sentimenti potranno allo stesso modo risultare infinite. Senza uscire dai limiti assegnati dalla loro stessa natura, questi sentimenti hanno ampi spazi nei quali variare, sia rinforzandosi che indebolendosi, e quindi perch risultino morali o immorali, giusti o ingiusti, nobili o ignobili, vantaggiosi o nocivi; e di conseguenza perch possano trasmettere allindividuo su cui agiscono una notevole diversit dinclinazioni, di abitudini e d costumi, conferendo cos alla fisionomia dei popoli aspetti molto diversi secondo il modo particolare e caratteristico con cui glindividui che li costituiscono sono contrassegnati. Chiarite queste nozioni senza aver mai perduto di vista il cuore delluomo, resta chiaro anche come procedere per risolvere tutte le domande che si erano presentate riguardo al sentimento dindividualismo. Si visto anche che non c bisogno di ricorrere a parole misteriose e a spiegazioni poetiche, perch non c questione che non si possa sottoporre ad una analisi rigorosa. Cos che regola la forza, determina la natura, fissa il carattere e segna linclinazione di tutti questi sentimenti? Sono le idee che luomo si forma del suo benessere e della sua dignit, e i mezzi di cui dispone per giungere a quello e conservare questa. In altre parole tutto dipende dallo stato materiale e morale in cui si trovano la societ e lindividuo. Ora, supposte invariabili le altre circostanze, date alluomo la vera idea del suo benessere e della sua dignit cos come insegna la ragione, e sopratutto la religione cristiana, e formerete un buon cittadino. Datele equivoche, esagerate, assurde, cos come le espongono scuole

perverse e quali le propagano i tribuni di tutti i tempi e paesi, e avrete fatta unabbondante semina di turbolenze e disastri. Resta ora da fare un esempio di questa dottrina, affinch limitandoci al tema di cui ci stiamo occupando, possiamo mostrare con la massima chiarezza il punto fondamentale che ci siamo proposti. Se fissiamo lattenzione sui popoli che invasero e rovesciarono limpero romano, e ci riferiamo alle descrizioni che ce ne fa la storia, alle circostanze stesse in cui si trovavano, e al contributo della moderna scienza con losservazione diretta di alcuni popoli dAmerica, potremo formarci unidea abbastanza verosimile, riguardo ai barbari, dello stato in cui erano la societ e lindividuo al tempo dellinvasione. Considerati nel loro paese natio in mezzo ai monti e ai boschi coperti di neve e di brina, avevano anchessi i vincoli di famiglia, le relazioni di parentela, la religione, le tradizioni, gli abiti, i costumi, lattaccamento al suolo natio, la dedizione per lindipendenza della patria, lentusiasmo per le gesta degli antenati, il desiderio di gloria da acquistare nelle battaglie, lambizione di perpetuare nei figli una razza robusta, valorosa e libera, le distinzioni tra famiglie, le divisioni in trib, i sacerdoti, i capi, il governo. Senza entrare ora in questioni sulle loro forme di governo, e tralasciando ci che si potrebbe dire sulla loro monarchia, sulle assemblee pubbliche e altri simili punti (questioni tutte che oltre ad essere estranee al nostro scopo portano sempre con s molto dimmaginario e dipotetico), mi limiter ad osservare un aspetto indiscutibile per chiunque, e cio che presso di loro lordine della societ era quale poteva essere derivando da idee rozze e superstiziose, usanze grossolane e costumi feroci: cio che il loro stato sociale non si elevava al di sopra di quel livello al quale li avevano portati le impellenti necessit; come per esempio quella che i loro boschi non diventassero del tutto impraticabili, o che dovendo scendere in combattimento, le loro schiere non si trovassero nella confusione e senza un capo o una guida. Nati quei popoli in climi inclementi e rigidi, intralciandosi e scontrandosi tra di loro a causa del continuo accrescersi delle popolazioni che comportava anche la scarsit dei mezzi di sussistenza; e avendo sotto gli occhi labbondanza e le comodit delle spaziose e civili contrade dalle quali erano attratti, si sentivano sollecitati dalla necessit e nello tempo stesso fortemente stimolati dalla vicinanza della preda. E siccome non vedevano altro ostacolo che le deboli legioni di una civilt infiacchita e decadente mentre loro si sentivano forti nel fisico e ardimentosi e vivaci di spirito, incoraggiati anche dal loro stesso numero lasciavano il paese natio con lo spirito pieno daudacia e decisi a qualunque impresa, piombando con impeto sullimpero come un torrente che da unalta rupe precipiti sulle vicine pianure inondandole. Per quanto rozzo fosse il loro stato sociale e grossolani i vincoli che lo sostenevano, tuttavia nel loro paese natio e per i loro primitivi costumi andavano bene cos. E se fossero rimasti nei loro boschi sarebbero andati avanti ancora con quella forma di governo che era conveniente al loro modo di vivere essendo stata prodotta dalla stessa necessit adattata alle circostanze, radicata con le abitudini, sanzionata dagli anni e unita ad ogni genere di tradizioni e memorie. Ma questi vincoli sociali erano troppo deboli perch potessero essere portati

in unaltra realt senza che si spezzassero. Quelle forme di governo, come abbiamo appena visto, erano adatte allo stato barbaro, ed erano quindi tanto circoscritte e limitate che non si potevano adattare convenientemente alla nuova situazione in cui quei popoli si trovarono quasi allimprovviso. Immaginate ora i valorosi figli delle selve scagliarsi sul Mezzogiorno come un leone sulla preda, preceduti dai loro capi feroci e seguiti dallo sciame delle loro donne e dei loro figli, portandosi dietro i loro armenti e le rozze masserizie, facendo a pezzi numerose legioni, superando trincee, attraversando fossi, scalando bastioni e muraglie, devastando campagne, distruggendo selve, incendiando popolose citt, trascinandosi appresso numerose torme di schiavi raccolti nel loro passaggio, rovesciando ogni ostacolo e spingendo avanti numerose bande di fuggitivi che corrono paurosi e tremanti per sfuggire al ferro e al fuoco. Ed ora immaginateli in un momento successivo, insuperbiti per la vittoria, orgogliosi per tanto bottino, inferociti per tanti combattimenti, incendi, saccheggi e stragi, trasportati come per incanto in un nuovo clima, sotto un altro cielo, nuotando nellabbondanza, nei piaceri e in nuovi godimenti di ogni genere. Immaginateli ancora in una confusa mescolanza didolatria e di Cristianesimo, di menzogne e di verit, i loro principali capi morti in combattimento, confuse e in disordine le famiglie, mischiate le razze, alterati e perduti le antiche abitudini e i costumi, e infine dispersi in paesi immensi, in mezzo ad altri popoli di lingue diverse, di idee, usi e costumi diversi. Immaginate, se vi riesce, un tale disordine, una simile confusione, un simile caos e ditemi se in questo modo non vedete rotti e fatti in mille pezzi tutti i vincoli che formavano la societ di questi popoli, e se non vedete scomparire di colpo la societ civile con la societ barbara, ed annientarsi tutto lordine antico prima che lo si potesse sostituire con qualcosa di nuovo. Fissate ora lo sguardo sul rozzo figlio del Nord, il quale sente allentarsi tutti in una volta i vincoli che lunivano alla sua societ; che, spezzate tutte le catene che tenevano a freno la sua violenza, si vede solo, isolato, in uno stato cos nuovo, cos singolare e straordinario, conservando un oscuro ricordo del suo paese senza essersi tuttavia affezionato a quello che ha appena conquistato, senza rispetto per alcuna legge, senza timore per gli uomini e senza attaccamento ad alcuna usanza. Non lo vedete allora spinto da unimpetuosa ferocia lanciarsi senzalcun freno ovunque lo portino labitudine di violenza, di saccheggio e di stragi? Fidando sempre nella forza del braccio e nellagilit del piede, guidato dalle ispirazioni di un cuore pieno di esuberanza e di ardore e da una fantasia esaltata alla vista di tanti paesi cos nuovi e diversi, dalle vicende di tanti viaggi e combattimenti, non lo vedete accingersi temerario a tutte le imprese, rigettare qualunque dipendenza, scuotere ogni freno e deliziarsi nei pericoli di nuove lotte e avventure? Non trovate qui la misteriosa individualit, il sentimento di indipendenza personale con tutta la sua realt filosofica e con tutta la sua verit storica? Questa individualit brutale, questo feroce sentimento dindipendenza che non poteva conciliarsi n col benessere n con la vera dignit dellindividuo e che aveva in s un perenne principio di bellicosit e di vita errabonda, doveva necessariamente portare alla degradazione delluomo e alla completa

dissoluzione della societ. Questi sentimenti erano tanto lontani dal contenere un germe di civilt che, viceversa, erano piuttosto i pi appropriati a condurre lEuropa allo stato selvaggio, soffocando sul nascere ogni societ, mandando a vuoto tutti i tentativi diretti a riordinarla, e cancellando completamente qualunque residuo potesse esser rimasto dellantica civilt. Le riflessioni che ho esposto saranno pi o meno fondate, pi o meno felici, ma almeno non sono soggette ad uninesplicabile incoerenza, per non dire contraddizione, di unire insieme la barbarie e la brutalit con la civilt e la cultura; almeno non viene chiamato principio eccellente e fecondo nella civilt europea quello stesso che un poco pi in l viene indicato come uno dei pi forti ostacoli che si opponevano ai tentativi di ordine sociale . Siccome il Sig. Guizot, mettendo in rilievo lincoerenza della sua dottrina, concorda su questo punto con lopinione da me manifestata, il lettore non si dispiacer di sentire cosa egli stesso dice: chiaro che se gli uomini mancano didee che si estendono pi in l della propria esistenza, se lorizzonte intellettuale non arriva pi in l dellindividualismo, se si lasciano trascinare dalla forza delle passioni e dellinteresse, se non posseggono una certa quantit di nozioni e di sentimenti comuni che servano come di vincolo tra tutte le membra della societ; chiaro, dicevo, che sar impossibile che sorga tra loro qualche principio di societ, ed chiaro che ogni individuo sar nella societ di cui fa parte un principio di scompiglio e di disfacimento. Ovunque dmini quasi esclusivamente lindividualit, ovunque luomo non consideri che se stesso, ovunque le sue idee non vadano pi in l della sua persona e non obbedisca che alle sue passioni, la societ (parlo di una societ stabile e di una certa estensione) sar poco meno che impossibile. Tale era al tempo di cui parliamo lo stato morale dei conquistatori dellEuropa. Feci gi osservare nel nostro ultimo incontro che siamo debitori ai Germani del forte sentimento della libert personale e della individualit umana. Ora, quando luomo si trova in uno stato di estrema barbarie ed ignoranza, allora questo sentimento legoismo con tutta la sua brutalit antisociale, e in tale stato si trovavano i Germani dal quinto allottavo secolo. Non essendo assuefatti ad altro che ad aver cura del proprio interesse, a soddisfare le proprie passioni e ad imporre la propria volont, come avrebbero potuto ritrovarsi in uno stato che presentasse un certo ordine! Si tent pi volte di farceli entrare, lavevano tentato essi stessi: ma ne uscivano subito per un atto dimprudenza, per uno sfogo di passione, per un capriccio della loro testa. Sembrava ogni volta che la societ stesse per formarsi, ed ogni volta la si vedeva dissolversi per colpa delluomo e per la mancanza dei princpi morali di cui essa ha bisogno per la propria esistenza. Tali erano, o Signori, le due cause che mantenevano lo stato di barbarie. Fino a tanto che sono durate, durata pure la barbarie ( Storia generale della civilt in Europa. Lez. 3). Al Sig. Guizot col suo individualismo accaduto ci che suole accadere ai grandi talenti. Un fenomeno singolare fa loro una viva impressione, ispira un ardente desiderio di rintracciarne la causa, inciampano di frequente e cadono in errore trascinati da una inclinazione segreta ad attribuire unorigine nuova, inaspettata e sorprendente. Vi era tuttavia un altro motivo per farlo sviare. Con la

sua vista penetrante ed ampia, nel confronto che fece tra la civilt europea e le pi famose civilt antiche, scopr una differenza molto rilevante tra lindividuo della prima e quello delle altre. Vide e sent nelluomo europeo un che di pi nobile e di pi indipendente che non nel Greco e nel Romano; bisognava allora stabilire lorigine di tale differenza, e il compito era alquanto difficile per la situazione in cui il filosofo storico si trovava. Nel dare unocchiata ai vari elementi della civilt europea, gli si era gi presentata la Chiesa come uno dei pi potenti e dei pi influenti nellordine sociale e nellimpulso che diede al mondo per giungere a grandi e propizi progressi per lavvenire. Gi laveva riconosciuto espressamente egli stesso, rendendo omaggio alla verit con quelle magnifiche espressioni che sa stilare la sua eloquente penna. E ora vorreste che per spiegare il fenomeno che ne richiamava lattenzione ricorresse ancora al Cristianesimo ed alla Chiesa? Questo sarebbe stato come lasciarla sola nella grande opera della civilt, e il Sig. Guizot voleva ad ogni costo darle dei collaboratori, e per questo motivo fissa gli occhi sulle orde barbare; e nella fronte cupa, nella fisionomia feroce, nello sguardo inquieto e lampeggiante del figlio dei boschi pretende di scoprire il tipo, alquanto rozzo s, ma non meno vero, della nobile indipendenza, dellelevazione e dignit, che leuropeo porta impresse in fronte. Chiarita cos la natura del misterioso individualismo dei Germani, e dimostrato altres che lungi dallessere un elemento di civilt lo era piuttosto di disordine e di barbarie, rimane adesso da esaminare qual la differenza che passa tra la civilt europea e le altre riguardo al sentimento di dignit e dindipendenza che anima lindividuo; come possiamo determinare con precisione il modo in cui andato modificandosi in Europa un sentimento che, come abbiamo gi visto, considerato in se stesso comune a tutti gli uomini. In primo luogo non c alcun fondamento in ci che afferma il Sig. Guizot, che cio il sentimento dindipendenza personale, quella brama di libert che agita i cuori senza altro fine e senza altro oggetto che quello della propria soddisfazione, fosse caratteristico dei barbari, e fosse ignoto ai Romani . chiaro che nel fare un simile paragone non si pu intendere che quel sentimento corrisponda allo stato di prepotenza e di ferocia; perch sarebbe lo stesso che dire che i popoli civili non possono avere il carattere distintivo della barbarie. Ma se escludiamo questa interpretazione il sentimento dindipendenza personale si trovava vivissimo non solo fra i Romani, ma anche tra i popoli pi famosi dellantichit. Quando nelle civilt antiche dice il Sig. Guizot c qualcosa della libert, si deve intendere la libert politica, la libert del cittadino; questa era quella che lo muoveva e lo riempiva di entusiasmo, non gi la libert personale; faceva parte di una societ, e per una societ era pronto a sacrificarsi. Senza voler qui negare, perch non il caso, che vi fosse questo spirito di consacrarsi ad una societ, e con alcune particolarit degne di nota che intendo descrivere pi in l, si pu ci nonostante affermare che il desiderio della libert personale col solo fine ed oggetto della propria soddisfazione era forse tra loro pi vivo che tra noi oggi. Infatti, cosa cercavano i Fenici, i Greci delle isole e quelli dellAsia, e i Cartaginesi quando intraprendevano le loro navigazioni, che nei tempi antichi

erano pi ardite e pericolose di quelle dei nostri pi intrepidi navigatovi? Era forse per sacrificarsi ad una societ, quando invece bramavano solamente di scoprire nuove terre onde potere accumulare argento e oro e cose preziose di ogni genere? Non erano forse guidati dal desiderio di acquistare e di compiacere a se stessi? Dov la societ: forse dove vien fatta la scoperta? Vediamo forse qualcosaltro al di fuori dellindividuo, con le sue passioni, i suoi gusti e il desiderio di soddisfarli? E i Greci, quei Greci tanto molli e voluttuosi e cos avidi di piaceri, non avevano essi vivissimo il sentimento della libert personale, di poter vivere con ampia libert col solo fine ed oggetto di soddisfare se stessi ? Quando i loro poeti cantavano il nettare e gli amori, quando libere cortigiane ricevevano gli omaggi degli uomini pi famosi e facevano dimenticare ai saggi il contegno e la gravit del filosofo, e quando il popolo celebrava le feste in mezzo alla pi disgustosa dissolutezza, tutto questo era forse un sacrificio che si faceva sugli altari della societ? E neanche qui cera lindividualit e il desiderio di soddisfare se stessi? Per quanto riguarda i Romani, se dovessimo parlare di quelli che vengono chiamati i bei tempi della repubblica forse non sarebbe tanto facile portare delle prove su ci che stiamo dimostrando; ma qui si sta parlando precisamente dei Romani dellimpero, dei Romani che vivevano nellepoca dellinvasione dei barbari, di quei Romani tanto avidi di soddisfare se stessi, e divorati da quella febbre di cui la storia ci conserva cos fosche descrizioni. I loro superbi palazzi, le magnifiche ville, i bagni deliziosi, le splendide sale, le sontuose mense, le vesti di lusso, il voluttuoso sperpero, non mostrano per caso lindividuo che senza pensare alla societ di cui fa parte, si preoccupa solamente di compiacere le proprie passioni e soddisfare i propri capricci vivendo tra i pi grandi agi, magnificenze e splendori possibili; che non sinteressa di nulla fuorch di sollazzarsi con gli amici, vagare dolcemente tra i piaceri, soddisfare tutte le brame, saziare tutte le passioni; che infine tutto dimentica, e non pensa ad altro che al proprio cuore che arde del pi vivo desiderio di godere e di soddisfare se stesso? Non facile indovinare neppure perch il Sig. Guizot attribuisca esclusivamente ai barbari il piacere di sentirsi uomo, il sentimento della personalit e della spontaneit umana nel suo libero sviluppo . Dovremo dunque credere che fossero privi di questi sentimenti i vincitori di Maratona e di Platea, popoli che hanno reso immortali i loro nomi con tante testimonianze che ci hanno lasciato in eredit? Quando nelle belle arti, nelle scienze, nelloratoria e nella poesia brillavano ovunque fulgidi esempi di genio, non esisteva forse il piacere di sentirsi uomo, non si aveva forse il sentimento e la forza del libero sviluppo di tutte le facolt? E in una societ, come quella romana, dove con tanta passione si cercava la gloria, una societ che pu presentarci uomini come Cicerone e Virgilio, dove si poterono scrivere le forti pennellate di Tacito, quelle pennellate che dopo diciannove secoli fanno fremere ancora i cuori generosi: in questa societ non cera forse il piacere di sentirsi uomo, lorgoglio di conoscere la propria dignit, il sentimento della spontaneit umana nel suo libero sviluppo ? Come si pu pensare che in queste cose i barbari del Nord fossero superiori ai Greci ed ai Romani?

A che pro questi paradossi? Perch tale sconvolgimento e confusione didee? A che servono le parole, per quanto brillanti, quando sono prive di senso? Cosa valgono le osservazioni per quanto fini, quando lintelletto scopre subito linesattezza e il disorientamento, e se le esamina a fondo le trova piene di incoerenze e di assurdit?

CAPITOLO XXII Il rispetto alluomo in quanto uomo non era conosciuto dagli antichi. Analogia di questa particolarit degli antichi con un fenomeno delle rivoluzioni moderne: tirannia del potere pubblico suglinteressi privati. Spiegazione di un doppio fenomeno che ci si presenta nelle societ antiche, e nelle moderne non cristiane. Opinioni di Aristotele. Carattere della democrazia moderna. _______________ Se studiamo a fondo la questione che stiamo trattando, e se non ci lasciamo trascinare fino allerrore e alla stravaganza dalla voglia di passare per profondi pensatori ed osservatori molto acuti; se facciamo uso di una filosofia obiettiva ed equilibrata, e fondata sui fatti che ci presenta la storia, vedremo che la principale differenza tra la nostra civilt e quelle antiche riguardo allindividuo consiste in questo: che luomo come uomo in quelle antiche non era stimato ci che vale. Non che mancasse il sentimento dindipendenza personale, o il desiderio della propria soddisfazione e dei piaceri, o un certo orgoglio di sentirsi uomo: il difetto non era nel cuore, bens nella testa. Ci che mancava era la vera comprensione della dignit delluomo, era lalto concetto che il Cristianesimo ci ha dato di noi stessi nello stesso tempo in cui una meravigliosa sapienza ci ha manifestato anche le nostre miserie. Quello che mancava alle societ antiche, e quello che mancato e mancher sempre a tutte quelle nelle quali non regna il Cristianesimo, era quel rispetto, quella stima, con cui fra noi considerato un individuo, con cui considerato un uomo, soltanto perch uomo. Fra i Greci, il Greco tutto: gli stranieri, i barbari non sono niente. A Roma soltanto il titolo di cittadino romano costituisce luomo: chi ne privo un nulla. Nei paesi cristiani se una creatura nasce deforme o priva di qualche membro, eccita la compassione ed loggetto della pi tenera sollecitudine: per lei basta che sia uomo, e sopratutto uomo sventurato; presso gli antichi una tale creatura era considerata una cosa inutile, spregevole, e in certe citt, come per esempio Sparta, era proibito darle da mangiare, e per ordine dei magistrati incaricati alle nascite (fa orrore dirlo!) la si gettava in un fossato. Era anchessa un uomo: ma che importava? Era un uomo che non poteva servire a nulla, e una societ senza compassione non voleva accollarsi lonere di mantenerlo. Si legga Platone ( lib. 5 de republica) e Aristotele ( Polit. lib. 7 cap. 15 e 16), e si conoscer lorrenda dottrina che professavano intorno allaborto e allinfanticidio, e i mezzi crudeli che quei filosofi sapevano ideare per prevenire leccessivo aumento della popolazione. Si toccher allora con mano

limmenso progresso raggiunto dalla societ sotto linfluenza del Cristianesimo in tutto ci che riguarda luomo. I giuochi pubblici, scene orribili in cui morivano a centinaia gli uomini per divertire una cricca di snaturati, non sono forse una testimonianza eloquente del scarsa importanza che si dava alluomo, se lo si sacrificava in modo tanto barbaro per cos frivoli motivi? Il diritto del pi forte veniva esercitato dagli antichi in modo spietato, e questo uno dei motivi che hanno portato allannullamento, per cos dire, dellindividuo nei confronti della societ. La societ era forte, lindividuo debole; e cos la societ assimilava lindividuo e si arrogava ogni diritto possibile e immaginabile su di lui; e se questi talvolta le causava imbarazzo, poteva essere ben certo di venirne schiacciato con una mano di ferro. Nel leggere la spiegazione che d il Sig. Guizot di questa particolarit delle civilt antiche, sembrerebbe che in esse vi fosse un patriottismo non conosciuto da noi, patriottismo che, portato fino allesagerazione e non accompagnato dal sentimento dindipendenza personale, produceva quella specie di assimilazione dellindividuo, quel suo annientamento davanti alla societ. Se avesse esaminato la questione con maggiore cautela, il Sig. Guizot avrebbe capito facilmente che la differenza non consiste nel fatto che gli uni avevano dei sentimenti di cui erano privi gli altri; consiste invece nella grande rivoluzione avvenuta nel mondo delle idee, per cui lindividuo, luomo, ora stimato molto, mentre allora non era tenuto in alcuna considerazione. Quindi non difficile dedurre che le differenze che si osservavano nei diversi modi di sentirsi individuo dovevano avere la loro origine dalla diversit delle idee. Infatti lindividuo, vedendo quanto poco fosse apprezzato per se stesso, vedendo il potere illimitato che la societ si arrogava su di lui, e che se costituiva un intralcio veniva annientato, non strano che si formasse della societ e del potere pubblico unidea esagerata, e che in cuor suo si umiliasse davanti a quel colosso che tanto lintimoriva. Lungi dal considerarsi membro di una societ che aveva per scopo la sicurezza e la felicit di tutti glindividui e che per ottenerle era indispensabile che lindividuo si rassegnasse a fare qualche sacrificio, egli si considerava cosa consacrata alla societ medesima e olocausto da offrire sui suoi altari senza riguardo al ceto cui apparteneva. Questa la condizione delluomo: quando un potere agisce su di lui per molto tempo in modo illimitato, o sindigna contro di esso e lo respinge con violenza, oppure si umilia, si perde danimo e si annienta davanti a quel potere il cui dispotico agire lo piega e lo abbatte. Si osservi se non questo il contrasto che le antiche societ ci mostrano continuamente: la pi cieca sottomissione e lannullamento da una parte, e dallaltra lo spirito dinsubordinazione e di opposizione che si manifesta con terribili esplosioni. Soltanto cos si pu comprendere come alcune societ, nelle quali lagitazione e i tumulti erano, per cos dire, lo stato naturale, ci presentano esempi tanto sublimi come quello di Leonida che con i suoi trecento Spartani si reca al passo delle Termopili, di Muzio Scevola con la mano nel braciere, di Attilio Regolo che ritorna a Cartagine per essere torturato e morire, e di Marco Curzio che si getta armato nella voragine che si era aperta nel Foro a Roma. Tutto questo che a prima vista potrebbe sembrare incomprensibile si chiarisce

del tutto se lo si paragona a quanto accaduto nelle rivoluzioni dei tempi moderni. Terribili disordini hanno sconvolto alcune nazioni sin dalle fondamenta; la lotta delle idee e degli interessi, trascinandosi dietro il fuoco delle passioni, hanno fatto dimenticare per alcuni periodi pi o meno lunghi le normali relazioni sociali. Cosa accadde? Che mentre si proclamava una libert senza limiti e si studiavano senza sosta i diritti dellindividuo, nella societ veniva elevato un potere terribile che, concentrando nella sua mano tutta la forza pubblica, la dirigeva sullindividuo nel modo pi disumano. In quei tempi veniva riesumato il formidabile principio della salus popoli degli antichi, pretesto di tanti ed orrendi delitti; e dallaltra parte si vedeva rinascere quel patriottismo frenetico e feroce che gli sconsiderati ammirano nei cittadini delle antiche repubbliche. Alcuni scrittori avevano fatto smisurati elogi agli antichi, e soprattutto ai Romani; sembrava che si desiderasse ardentemente che la civilt moderna si modellasse sullantica. Si fecero folli tentativi, si attacc con violenza inaudita lordine sociale esistente, si fece ogni sforzo per distruggere o almeno soffocare le idee cristiane sullindividuo e sulla societ e si chiesero ispirazioni agli spiriti degli antichi Romani. Nel brevissimo spazio di tempo in cui dur la prova si videro (come gi serano viste nellantica Roma) mirabili gesta di fortezza, di valore, di patriottismo fare orribile contrasto con indicibili crudelt ed orrendi delitti; e si videro di nuovo apparire in una nazione grande e generosa, con sgomento dellumanit, glinsanguinati spettri di Mario e Silla. Com vero che luomo sempre lo stesso, ovunque, e che lo stesso genere di idee finisce sempre per generare lo stesso genere di fenomeni! Spariscano le idee cristiane, recuperino la loro forza le antiche, e vedrete che il mondo nuovo somiglier al vecchio. Fortunatamente per lumanit questo non possibile; tutte le prove fatte finora per ottenere il funesto intento sono state di poca durata, comera logico che fosse, e lo stesso succeder in avvenire. Ma le pagine insanguinate che tanti tentativi malvagi lasciano nella storia dellumanit presentano allanalisi del filosofo un ricco patrimonio di riflessioni per conoscere a fondo le relazioni intime e sottili delle idee con i fatti, per contemplare nella sua nudit la vasta trama dellordine sociale e apprezzare secondo il giusto valore linfluenza benefica o nociva delle varie religioni e dei sistemi filosofici. I periodi rivoluzionari, quei periodi tempestosi in cui i governi si distruggono gli uni gli altri come edifici costruiti su di un terreno vulcanico, portano tutti il carattere distintivo del predominio degli interessi del pubblico potere su tutti glinteressi privati. sempre pi debole questo potere, sempre pi precario; ma anche sempre pi violento e pi frenetico. Sacrifica tutto alla propria sicurezza o alla propria vendetta; lombra stessa dei suoi nemici lo perseguita e lo fa tremare ad ogni momento; la coscienza lo tormenta e non gli lascia riposo; la debolezza della sua struttura e linstabilit del suo stato lo avvertono continuamente che il crollo vicino, e nella sua impotente disperazione si agita e si ravvolge convulsamente come un moribondo che spira tra atroci patimenti. E che sar mai allora ai suoi occhi la vita dei cittadini, se questa vita pu ispirargli il pi leggero o il pi lontano sospetto? Se col sangue di migliaia di vittime pu acquistare alcuni momenti di sicurezza, se pu prolungare di qualche giorno la

sua esistenza: muoiano egli dice muoiano i miei nemici, che cos vuole la sicurezza dello stato, cio la mia. E da dove deriva tanta frenesia, tanta crudelt? Lorigine questa: avendo rovesciato con la forza lantico governo, e messo al suo posto un altro che mantiene il potere col solo appoggio della forza, venuta meno lidea del diritto, la legittimit non serve pi da scudo, e questa stessa novit gli dice che vale poco e gli preannuncia una breve durata. Venendo meno la ragione e la giustizia, e vedendosi tuttavia costretto ad invocarle per sostenersi, le cerca nella necessit medesima di un potere, nella necessit sociale che sempre indiscutibile; proclama che la salute del popolo la legge suprema, e di conseguenza la propriet e la vita dellindividuo sono niente. Propriet e vita dellindividuo che si dileguano del tutto alla vista di uno spettro insanguinato che sorge dal grembo della societ, e che armato della sua forza e circondato da sbirri e da patiboli dice: io sono il pubblico potere; a me stata affidata la salute del popolo; io sono quello che vigila per glinteressi della societ. E sapete che accade allora con questa assoluta mancanza di rispetto per lindividuo, con questo totale annullamento delluomo davanti allo straordinario potere che pretende di essere il rappresentante della societ? Succede che il sentimento di societ rinasce, ma in senso diverso: non pi un sentimento diretto dalla ragione per motivi benefici e con determinate finalit, ma un sentimento cieco ed istintivo che spinge gli uomini a non rimanere soli e senza difesa in mezzo ad un campo di battaglia pieno dinsidie in cui si mutata la societ. Questo sentimento li porta ad unirsi o per sostenere il potere se, trascinati dal turbine della rivoluzione, sidentificano con essa e la ritengono lunico riparo e difesa contro i nemici da cui sono minacciati; oppure per rovesciarlo se, capitati per un motivo o per laltro nelle schiere opposte, lo considerano il loro mortale nemico perch sentono la forza di cui dispone come una spada sempre pendente sulle loro teste. Allora si verifica che gli uomini fanno parte di una societ, che ad essa si sono consacrati e per essa sono pronti a compiere qualunque sacrificio. Perch non possono vivere soli, perch sanno, o sentono almeno per istinto, che lindividuo niente, perch rotti tutti gli argini che mantenevano lordine sociale, lindividuo stato privato di quel rifugio tranquillo dove poteva vivere in pace, indipendente e sicuro. Perch non c pi quel potere fondato sulla legittimit e guidato dalla ragione e dalla giustizia che vigilava sul mantenimento dellordine pubblico e sul rispetto dei diritti dellindividuo. Allora i timorosi tremano, si umiliano e incominciano a rappresentare la prima scena della schiavit in cui loppresso bacia la mano delloppressore e la vittima onora il carnefice. I pi coraggiosi invece resistono o combattono, oppure si cercano e si radunano nelle tenebre per preparare una terribile rivolta. Nessuno appartiene pi a se stesso e lindividuo si sente assimilato da una parte o dallaltra: o dalla forza che opprime, o da quella che congiura. Perch solamente la giustizia il nume tutelare degli individui, e quando questa viene meno essi non sono pi che impercettibili granelli di sabbia trasportati dal vento o gocce dacqua confuse tra le onde di una tempesta. Immaginate ora una societ dove non regni questa frenesia (che non pu mai esser di lunga durata), ma che tuttavia non possegga le vere idee sui diritti e

doveri, sia dellindividuo che del pubblico potere. Societ dove si trovino fortuitamente alcune vaghe nozioni su questi punti essenziali, ma incerte, oscure, imperfette, quasi soffocate in una atmosfera di mille pregiudizi ed errori; dove sotto questinfluenza si sia costituito un potere pubblico con questa o quella forma che finalmente sia arrivata a consolidarsi grazie allabitudine o per mancanza di altra forma migliore che soddisfi le necessit pi urgenti. Avrete allora concepito le societ antiche, cio le societ senza il Cristianesimo; e allora comprenderete anche lannientamento dellindividuo davanti alla forza del potere pubblico, sia sotto il dispotismo asiatico, sia sotto la turbolenta democrazia delle antiche repubbliche. Avrete potuto osservare la stessa cosa nelle societ moderne nei periodi delle rivoluzioni: con la differenza che in queste il male passeggero e fragoroso come le scariche di una tempesta, mentre nelle antiche era uno stato permanente, come unatmosfera corrotta che fa male e consuma continuamente coloro che in essa vivono. Se esaminiamo la causa dei due fenomeni cos opposti quali lesaltazione patriottica degli antichi Greci e Romani e la prostrazione ed abbattimento politico in cui giacevano altri popoli, e in cui giacciono oggigiorno quelli dove non domina il Cristianesimo; se cerchiamo la radice di quel sacrificio dellindividualit che si rivela nel fondo dei due sentimenti cos opposti fra loro; se andiamo a cercare dunque quali sono le cause per cui non si trova n negli uni n negli altri quello sviluppo individuale che si osserva in Europa, dove accompagnato da un patriottismo ragionevole ma che non soffoca il sentimento di una legittima indipendenza personale, ne troveremo una validissima in questo: che luomo non conosceva se stesso, non aveva lesatta cognizione del suo essere, e che le sue vere relazioni con la societ erano viste attraverso mille pregiudizi ed errori, e per conseguenza non erano comprese bene. Alla luce di queste osservazioni si vede chiaramente che lammirazione per il disinteresse patriottico e per leroica abnegazione degli antichi andata forse troppo in l; e che tanto erano lontane queste qualit dal rivelare in essi una maggiore perfezione individuale ed una nobilt danimo superiore a quella degli uomini moderni, che potrebbero addirittura indicare idee meno elevate e sentimenti meno indipendenti dei nostri. Forse alcuni ciechi ammiratori degli antichi non riescono a capire come si possano sostenere asserzioni a loro giudizio cos stravaganti. In tal caso dir loro che ammirino allo stesso modo le donne indiane che vanno tranquillamente a gettarsi sul rogo in fiamme dopo la morte dei loro mariti e lo schiavo che si d la morte perch non pu sopravvivere al suo padrone. E allora capiranno che labnegazione personale non sempre un infallibile segno di nobilt danimo, ma che pu dipendere talvolta dalla scarsa conoscenza della propria dignit, dalla convinzione di essersi consacrato ad un altro essere, di essere stato da quello assimilato, e di guardare alla propria esistenza come ad una cosa secondaria senza alcun interesse che non sia quello di servire ad un altro essere. Non nostra intenzione diminuire il merito che spetta legittimamente agli antichi; svilire leroismo in ci che ha di giusto e lodevole; n vogliamo attribuire agli uomini di oggi unindividualit egoista che impedisca loro di sacrificarsi generosamente per la patria: intendiamo solamente mettere ogni cosa al suo

posto eliminando i pregiudizi, giustificabili fino ad un certo punto purch non giungano, per nostra disgrazia, a falsificare le principali idee sulla storia antica e moderna. A questo annientamento dellindividuo nei popoli antichi contribuivano anche la limitatezza e limperfezione del suo sviluppo morale e la mancanza di regole nel guidare se stesso; per cui la societ sintrometteva in tutte le sue cose come se la ragione pubblica avesse voluto rimediare al difetto della ragione privata. Se si osserva bene si noter che anche nei paesi dove era maggiormente esaltata la libert pubblica, era piuttosto sconosciuta la libert civile, in modo che, mentre i cittadini si lusingavano di essere molto liberi perch potevano prendere parte in piazza alle deliberazioni pubbliche, erano poi privi di quella libert che maggiormente interessa luomo, qual quella che ora si chiama appunto libert civile. Possiamo farci un concetto delle idee e dei costumi degli antichi su questo argomento leggendo Aristotele, uno dei loro pi celebri scrittori politici. Si osserva, negli scritti di questo filosofo, che a mala appena egli riusciva a vedere altro motivo che quello di prendere parte al governo della repubblica, perch uno fosse degno del nome di cittadino. E queste idee, che potrebbero sembrare democratiche e molto appropriate per sviluppare i diritti della classe pi numerosa, cos come potrebbe sembrare che derivassero dallaccentuazione della dignit delluomo, si collegavano invece nella sua mente ad un profondo disprezzo delluomo stesso, ed allidea di riservare ad un ristretto numero di persone tutti gli onori e tutta la stima condannando allavvilimento e alla nullit addirittura tutti i lavoratori, gli artigiani e i mercanti ( Pol. lib. 7, capo 9 e 12, lib. 8 capo 1 e 2, lib. 3 capo 1). Gi si vede che questo fatto presumeva idee assai curiose sullindividuo e sulla societ, e conferma ancor pi quanto ho detto sopra intorno allorigine delle stravaganze, per non dire mostruosit, che noi ammiriamo nelle antiche repubbliche. Lo ripeter perch molto importante non dimenticarlo: una delle principali radici del male era la mancanza della conoscenza delluomo, la poca stima per la sua dignit in quanto uomo, perch lindividuo era molto scarso di regole per guidare se stesso e per procurare a se stesso la stima. In una parola: mancavano le conoscenze cristiane che dovevano chiarire il caos. Questo sentimento della dignit delluomo impresso tanto profondamente nel cuore della societ moderna, questa verit tenuta ovunque in tale considerazione che luomo, solo per il fatto di chiamarsi uomo, considerato meritevole e degno di alta stima. Perch quelle scuole che si sono dedicate a rialzare lindividuo anche nellimminente pericolo di uno spaventoso disordine nella societ, nei loro insegnamenti hanno sempre per argomento la dignit e nobilt delluomo. Esse, oltretutto, si distinguono da quelle degli antichi democratici, in quanto questi si agitavano in una misera cerchia ristretta non andando mai pi in l di un certo ordine di cose e senza estendere il loro sguardo al di fuori dei confini del proprio paese; mentre invece nello spirito dei democratici moderni si osserva una smania dinvadere tutti i campi, uno slancio di divulgazione che abbraccia tutto il mondo. Non trattano mai temi poco importanti, ma temi come: luomo, la ragione delluomo, i suoi diritti

imprescindibili. Chiedete loro cosa vogliono: vi risponderanno che vogliono livellare tutti gli uomini per difendere la santa causa dellumanit. Questa esagerazione nelle idee, motivo e pretesto di tante agitazioni e tanti delitti, ci rivela tuttavia quel fatto prezioso che consiste nellimmenso progresso delle idee riguardo alla dignit della nostra natura, progresso determinato dal Cristianesimo. Ed certo che quando si tratta di traviare la societ, che della sua civilt debitrice al Cristianesimo, non si trova mezzo pi adeguato che quello dinvocare la dignit della natura umana. Siccome la religione cristiana nemica dichiarata di tutto ci che porta al delitto, e non poteva permettere che con il pretesto di difendere e risollevare la dignit delluomo si sconvolgesse la societ, molti dei pi ardenti democratici si sono scatenati in ingiurie e sarcasmi contro la religione. Ma poich la storia afferma molto chiaramente che quanto si sa e si sente di vero, di giusto e di ragionevole su questo punto dovuto tutto alla religione cristiana, si tentato ultimamente di fare una mostruosa alleanza tra le idee cristiane e ci che c di pi stravagante nelle teorie democratiche. Un uomo molto celebre si incaricato di questo progetto: ma il vero Cristianesimo, vale a dire il Cattolicesimo, rigetta queste mostruose alleanze e non riconosce i suoi stessi pi insigni apologeti quando essi deviano dal cammino della verit eterna. LAbate De Lamennais va ora vagando per le tenebre dellerrore aggrappandosi ad una falsa ombra di Cristianesimo, e il sommo Pastore della Chiesa ha gi alzato laugusta voce per mettere in guardia i fedeli contro le illusioni con cui un nome, illustre per tanti motivi, potrebbe fuorviarli.

CAPITOLO XXIII Nella Chiesa primitiva i fedeli avevano il sentimento della vera indipendenza. Errore del Sig. Guizot su questo punto. Dignit della coscienza sostenuta dalla societ cristiana. Sentimento del dovere. Sublimi parole di S. Cipriano. Sviluppo della vita interiore. Difesa del libero arbitrio da parte della Chiesa cattolica. Importanza di questo dogma per rialzare la dignit delluomo. _______________ Una volta che lindividualit sia stata compresa nel suo giusto senso, e il sentimento dellindipendenza personale sia stato recepito in un modo che non ripugni alla perfezione dellindividuo e non contrasti con i princpi costitutivi di ogni societ, se vogliamo scoprire altre cause che abbiano influito sullo sviluppo di tale sentimento (lasciando da parte una delle principali gi ricordata sopra, cio la giusta idea delluomo e delle relazioni con i suoi simili), ne troveremo parecchie degne di richiamare la nostra attenzione allinterno del Cattolicesimo stesso. Il Sig. Guizot si ingannato completamente quando ha preteso di paragonare i fedeli cristiani agli antichi Romani proprio per la mancanza del sentimento dindipendenza personale. Egli ci descrive il credente come assimilato dalla societ della Chiesa, come interamente consacrato ad essa e

pronto a fare per lei qualunque sacrificio, e come se glinteressi della societ fossero quelli che farebbero agire il fedele. Questo un errore: ma siccome forse questo errore stato originato da una verit, il caso di chiarire le cose con la massima diligenza. Non c dubbio che fin dallorigine del Cristianesimo i fedeli furono molto attaccati alla Chiesa, e che ci fu sempre fra loro la comune convinzione che chiunque si separava dalla comunione della Chiesa cessava di essere compreso tra i veri discepoli di Ges Cristo. altres indubbio, che i fedeli come dice il sig. Guizot si mantenevano in stretta unione con la Chiesa, si sottomettevano con grande rispetto alle sue leggi e mostravano un forte impegno ad allargarne i confini. Ma non vero che, ad esclusione dello sviluppo della vera individualit, la causa fondamentale che muoveva tutti questi sentimenti fosse solo lo spirito di societ. Il fedele faceva parte di una societ, ma la guardava come un mezzo per acquistare la felicit eterna, come una nave sulla quale egli si era imbarcato e che naviga in mezzo alle tempeste di questo mondo per arrivare salvo al porto delleternit; e per quanto credesse impossibile salvarsi fuori della Chiesa, non intendeva di essersi consacrato a lei, ma a Dio. Il Romano era pronto a sacrificarsi per la patria, il fedele per la fede; quando moriva, il Romano moriva per la patria, ma quando il fedele moriva non moriva per la Chiesa, bens per il suo Dio. Si consultino le testimonianze della storia della Chiesa, si leggano gli atti dei martiri e si capir ci che succedeva in quei terribili momenti in cui il Cristiano mostrava ci che egli era veramente, quando alla vista degli strumenti di tortura, dei roghi e dei pi orrendi supplizi si manifestava in tutta la sua evidenza qual era la molla che agiva nel cuore del fedele. Il giudice chiede loro il nome: lo dichiarano, e manifestano che sono Cristiani. Li invita a sacrificare agli di; rispondono: Noi non supplichiamo che un solo Dio creatore del cielo e della terra. Il giudice rinfaccia loro che una cosa ignominiosa seguire un uomo che fu crocifisso, ma essi (che hanno in grande onore lignominia della croce), protestano fortemente che quel Crocifisso il loro Salvatore e il loro Dio. Il giudice li minaccia di torturarli ed essi disprezzano i tormenti perch sono transitori, e si rallegrano di poter soffrire qualcosa per Ges Cristo. La croce del supplizio gi pronta, o il rogo acceso sotto i loro occhi, o il carnefice ha gi alzata la scure fatale per decapitarli: e che importa, se listante dopo viene una nuova vita e una felicit ineffabile e senza fine! Si vede bene che a muovere il cuore dei fedeli era lamore di Dio e il possesso di uneterna felicit; ed quindi falso che il fedele fosse simile agli antichi repubblicani che annullavano la propria individualit al cospetto della societ di cui facevano parte, e lasciando che essa assimilasse la loro persona come una goccia dacqua nellimmensit delloceano. Il fedele faceva parte di una societ che fissava la regola della sua fede e la norma della sua condotta, ed egli lammirava come societ fondata e diretta dallo stesso Dio, ma con la mente e col cuore si sollevava fino allo stesso Dio; e quando ascoltava la voce della Chiesa credeva anche di fare il proprio interesse individuale, quello, cio, della sua felicit eterna. La distinzione che abbiamo fatta era necessaria in questo tema dove le relazioni sono tanto varie e sottili che la minima confusione pu farci cadere in errori madornali, e pu farci perdere di vista un elemento poco conosciuto e

molto prezioso che fa apprezzare nel modo dovuto le cause dello sviluppo e della perfezione dellindividuo nella civilt cristiana. Bench sia necessario un ordine sociale cui lindividuo vada soggetto, non per conveniente che questi ne venga assimilato in modo tale che si consideri solamente come parte della societ senza che abbia una propria sfera personale inaccessibile alla societ. Se cos non fosse non si svilupperebbe mai in un modo perfetto la vera civilt; quella cio che, perseguendo la perfezione simultanea dellindividuo e della societ, non pu essere realizzata se tanto la societ quanto lindividuo non hanno i loro confini regolati in maniera tale che lattivit che si svolge nelluna non impedisca e non intralci quella dellaltro. Fatte queste premesse, sulle quali richiamo in modo particolare lattenzione di tutti gli uomini di pensiero, far notare una cosa che forse non stata ancora osservata, e cio che il Cristianesimo contribu moltissimo a creare questa sfera individuale in cui luomo, senza rompere i vincoli che lo legano alla societ, esercita tutte le sue facolt. Dalla bocca di un apostolo uscirono quelle generose parole che contengono una severa limitazione del potere politico, e proclamano che questo potere non deve essere riconosciuto dallindividuo quando pretende da lui cose contrarie alla sua coscienza: obedire oportet Deo magis quam hominibus (Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini Atti 5, 29). I Cristiani furono i primi a dare il grandioso esempio di persone dogni paese, et, sesso e condizione che affrontavano la collera del potere pubblico e il furore delle passioni popolari senza pronunciare una sola parola contraria ai princpi che professavano nel santuario della propria coscienza: e questo non gi con le armi in pugno, n in sommosse popolari dove potessero risvegliarsi le ardenti passioni che comunicano allanima unenergia transitoria; ma nella solitudine e nelloscurit delle carceri, nella calma terribile dei tribunali, vale a dire in quelle situazioni in cui luomo si trova solo, isolato, e in cui la manifestazione di fortezza e dignit rivela lazione delle idee, la nobilt dei sentimenti, la fermezza di una coscienza inalterabile e la grandezza dellanima. Fu il Cristianesimo che incise nel cuore delluomo il principio che lindividuo ha i suoi doveri da compiere anche quando gli si solleva contro il mondo intero; che lindividuo ha un grande obiettivo da raggiungere, e che per lui questo un interesse del tutto personale la cui responsabilit pesa tutta sul suo libero arbitrio. Questa importante verit insegnata continuamente dal Cristianesimo ad ogni et, sesso e condizione, ha contribuito fortemente a risvegliare nelluomo il vivo sentimento della personalit in tutta la sua grandezza e il suo interesse. Questo sentimento unito alle altre ispirazioni del Cristianesimo, tutte pervase di grandezza e di dignit, ha sollevato lanima umana dalla polvere in cui la tenevano sepolta lignoranza, le pi grossolane superstizioni e i sistemi di violenza che lopprimevano da ogni parte. Quanto mai stravaganti e sorprendenti dovevano senza dubbio risuonare allorecchio dei pagani le energiche parole di Giustino (le quali altro non esprimevano che la disposizione danimo della generalit dei fedeli) quando nellapologia diretta ad Antonino Pio diceva: Siccome non abbiamo riposte le nostre speranze nelle cose presenti, disprezziamo chi ci mette a morte, tanto pi che la morte una cosa che non pu essere schivata da nessuno.

Questa fortezza ammirabile, questo eroico disprezzo della morte, questa presenza di spirito nelluomo che, appoggiato alla testimonianza della sua coscienza, sfida tutte le potenze del mondo, doveva tanto pi influire a sublimare lo spirito in quanto non derivava da quella fredda impassibilit stoica, che senza appoggiarsi ad alcun motivo solido si accingeva a lottare contro la natura stessa delle cose; ma traeva invece la sua origine da un sublime distacco da tutte le cose della terra, dalla profonda persuasione della santit del dovere; ed anche dal fatto che luomo, senza curarsi degli ostacoli che gli frappone il mondo, deve camminare con passo fermo verso il destino assegnatogli dal Creatore. Questinsieme di idee e di sentimenti comunicava allanima una forte e vigorosa tempra, la quale, senza degenerare nella durezza feroce degli antichi, lasciava luomo in tutta la sua dignit e in tutta la sua elevatezza e nobilt. E conviene osservare che questi preziosi effetti non si limitavano a un ristretto numero di persone privilegiate, ma in piena conformit allo spirito della religione cristiana si estendevano a tutte le classi. Giacch la diffusione senza limiti di quanto ha di buono, il non riconoscere alcuna dipendenza da persone, il far s che la sua voce risuoni fin nei luoghi pi remoti della societ, una delle pi belle caratteristiche di questa religione divina. Lo splendore dellAfrica, S. Cipriano, si rivolgeva non solamente alle classi elevate o ai soli filosofi, ma a tutti i fedeli, quando riassumeva in poche parole tutta la grandezza delluomo e delineava con frasi ardite lalto grado di perfezione in cui deve mantenersi la nostra anima, senza mai allentare la guardia: Mai ammirerebbe le opere umane chi si riconoscesse figlio di Dio. Precipita dallalto della sua nobilt chiunque pu ammirare qualcosa che non sia Dio (De spectaculis). Parole sublimi che fanno alzare la fronte con dignit e battere il cuore con generoso slancio, che diffondendosi su tutte le classi come un calore fecondo, facevano s che lultimo degli uomini potesse dire ci che prima sembrava riservato esclusivamente allestro di un vate: O homini sublime dedit, caelunque tueri Jussit, et erectos ad sidera tollere vultus. Lo sviluppo della vita morale, interiore, di quella vita in cui luomo abituato a concentrarsi in se stesso e a rendersi conto di tutte le azioni nelle minime circostanze, dei motivi che le dirigono, della bont o malizia che contengono e del fine a cui lo portano, dovuto principalmente al Cristianesimo e al suo continuo influsso sulluomo, in ogni condizione, in tutte le situazioni e in tutti i momenti della sua esistenza. Con un tale sviluppo della vita individuale in tutto ci che c di pi intimo, di pi vivo e importante per il cuore delluomo, era incompatibile quellassimilazione dellindividuo nella societ, e quella cieca abnegazione in cui luomo dimenticava se stesso per non pensare ad altro che alla societ di cui faceva parte. Questa vita morale e interiore era sconosciuta agli antichi perch erano privi dei princpi su cui fondarla, delle regole per guidarla, delle ispirazioni con cui stimolarla e nutrirla. Cos osserviamo che a Roma, appena lelemento politico cominci a perdere il dominio che aveva sulle anime e lentusiasmo venne meno con i contrasti interni, ed ogni sentimento generoso fu spento dallinsopportabile dispotismo che succedette alle ultime

agitazioni della repubblica, crebbe rapidamente la corruzione e la pi orribile rilassatezza; perch lattivit dellanima che prima si svolgeva nei dibattimenti del foro e nelle gloriose imprese di guerra, non trovando pi sfogo nelle occupazioni precedenti si abbandon miseramente ai piaceri materiali con una sfrenatezza tale che noi difficilmente riusciamo a farcene unidea, nonostante la rilassatezza dei costumi di cui anche adesso ci lamentiamo a giusta ragione. Quindi presso gli antichi non vediamo che due estremi: o un patriottismo portato al pi alto grado di esaltazione, o una prostrazione assoluta delle facolt di unanima che si abbandona senza misura a quanto le suggeriscono le sue passioni disordinate. In una parola, luomo era sempre schiavo: o delle proprie passioni, o dun altro uomo, o della societ. A causa dellaffievolirsi della fede causato dallindividualismo intellettuale proclamato dalle dottrine religiose protestanti, e della rottura dei vincoli morali con cui lunit cattolica manteneva uniti tra loro gli uomini, possiamo osservare nella civilt europea alcuni esempi di ci che doveva essere tra gli antichi luomo privo delle vere cognizioni su se stesso e sulla sua origine e scopo. Ma riservandomi di accennare pi avanti le somiglianze tra la societ antica e la moderna in quegli aspetti dove si indebolito linflusso delle idee cristiane, mi basta per ora osservare che se lEuropa giungesse a perdere completamente il Cristianesimo, come desiderano alcuni insensati, non passerebbe una generazione senza che lindividuo e la societ non tornino ad essere come erano presso gli antichi, salvo le differenze relative alle diverse condizioni materiali dei popoli moderni rispetto agli antichi. Il libero arbitrio cos solennemente proclamato dal Cattolicesimo, e sostenuto con tanto rigore non solo contro lantica dottrina pagana, ma pi ancora contro i settari di tutti i tempi e specialmente contro i fondatori della pretesa riforma, stato anchesso una molla potente che ha contribuito pi di quello che non si creda allo sviluppo e perfezione dellindividuo, e a rialzarne il sentimento dindipendenza, la nobilt e la dignit. Quando luomo arriva a considerarsi come trascinato dalla forza irresistibile del destino e soggetto ad una catena di avvenimenti nel corso dei quali egli non pu influire; quando arriva ad immaginare che i moti dellanima, che sembrano dargli una viva testimonianza della sua libert, non sono altro che una vana illusione; fin da allora luomo si annulla, si sente simile agli animali, non pi il principe dei viventi, il dominatore della terra; non altro che un ingranaggio montato al posto che gli spetta e che suo malgrado deve continuare a svolgere le sue funzioni nella grande macchina delluniverso. In questo caso lordine morale non esiste pi: il merito e il demerito, la lode e il biasimo, il premio e la pena sono parole senza senso. Luomo gode o patisce, vero, ma come larbusto che ora accarezzato dal dolce zefiro, ed ora flagellato dal furioso vento del Nord. Tutto lopposto quando luomo si sente libero: egli il padrone della propria sorte; ha davanti agli occhi il bene e il male, la vita e la morte; pu scegliere, e nulla capace di fargli violenza nel santuario della coscienza. Qui lanima ha il suo trono dove siede con dignit, e il mondo intero con tutto il suo strepito, luniverso con tutta la sua mole piombando sul fragile corpo non possono forzarla a volere o non volere. Lordine morale in tutta la sua grandezza e bellezza ci si presenta allo sguardo, il bene ci si svela con

tutto il suo fascino e il male con tutta la sua sconcezza; il desiderio di meritare ci sprona, quello di demeritare ci trattiene; e il pensiero della ricompensa che possiamo conquistare con tutta la libera volont e che come sospesa alla fine del sentiero della virt, ci rende questo sentiero pi grato e giocondo e trasmette allanima tutta lattivit e lenergia. Se luomo libero conserva un non so che di pi grandioso e terribile, anche in mezzo al delitto, anche in mezzo al castigo, anche in mezzo alla disperazione dellinferno. E che cosa mai un uomo che sia privo di libert, e che tuttavia viene castigato? Che significa un tale assurdo che pure il dogma capitale dei fondatori del Protestantesimo? Egli una vittima miserabile e debole nei tormenti di cui si compiace unonnipotenza crudele, un Dio che ha voluto crearla per vederla soffrire, un tiranno dotato di un potere infinito, vale a dire il pi orribile dei mostri. Ma se luomo libero quando soffre, soffre perch lo ha meritato; e se lo vediamo nella disperazione, immerso in un mare di orrori, egli porta in fronte il segno del castigo con cui giustamente lo ha colpito lEterno; e ci sembra di udirlo tuttavia con un gesto altero e uno sguardo superbo pronunciare quelle terribili parole: non serviam, non servir. Tanto nelluomo che nelluniverso tutto meravigliosamente collegato, tutte le facolt hanno le loro relazioni, le quali, per delicate che siano, non mancano di essere strette tra loro, e il movimento di una corda fa vibrare tutte le altre. necessario richiamare lattenzione su questa reciproca dipendenza delle nostre facolt onde prevenire la risposta che forse alcuni darebbero, cio che si provato solamente che il Cattolicesimo ha contribuito a sviluppare lindividuo in senso mistico. Giammai! Le riflessioni che abbiamo fatte finora provano qualcosa di pi: provano che dobbiamo al Cattolicesimo lidea chiara e il sentimento vivo dellordine morale in tutta la sua grandezza e bellezza; provano che dobbiamo al Cattolicesimo ci che propriamente si chiama coscienza; provano che dobbiamo al Cattolicesimo se luomo si crede chiamato ad un fine immenso che in mano al suo libero arbitrio, e che spetta a lui averne tutta la cura; provano che al Cattolicesimo dovuta la vera consapevolezza delluomo, il valore della sua dignit, la stima e il rispetto che si hanno per lui per il semplice motivo di chiamarsi uomo; provano che il Cattolicesimo ha sviluppato nella nostra anima i germi dei pi nobili e generosi sentimenti, perch ha sollevata la mente ai pi alti concetti, ci ha dilatato e sublimato il cuore col farci certi di una libert che nessuno pu levarci, e con lallettarci con una ricompensa di eterna felicit, lasciando per nelle nostre mani la vita e la morte e facendoci in un certo modo arbitri della nostra sorte. Tutto questo ben altro che un puro misticismo, lo sviluppo delluomo completo, la vera individualit, lunica individualit nobile, giusta, ragionevole; ununione di forti impulsi per condurre lindividuo alla perfezione in tutti i sensi; il primo, il pi indispensabile e il pi fecondo elemento della vera civilt (16).

CAPITOLO XXIV Nobilitazione della donna dovuta esclusivamente al Cattolicesimo. Mezzi

adoperati dalla Chiesa per riabilitarla. Dottrina cristiana sulla dignit della donna. Monogamia. Diversa condotta del Cattolicesimo e del Protestantesimo su questo punto. Fermezza di Roma rispetto al matrimonio. Suoi effetti. Indissolubilit del matrimonio, Il divorzio tra i Protestanti. Effetto del dogma cattolico del matrimonio come vero Sacramento. _______________ Abbiamo visto ci che lindividuo deve al Cattolicesimo; vediamo ora cosa gli deve la famiglia. chiaro che se il Cattolicesimo ha perfezionato lindividuo, essendo questo il primo elemento della famiglia, allo stesso modo si dovr considerare opera del Cattolicesimo anche la perfezione della famiglia. Ma senza insistere con questa argomentazione voglio considerare lo stesso vincolo della famiglia, e per fare questo bisogna concentrare lattenzione sulla donna. Non star qui a ricordare che cosa era la donna presso gli antichi, n ci che tuttora tra i popoli che non sono cristiani. La storia, e soprattutto la letteratura della Grecia e di Roma, ci dnno testimonianze ben tristi e ancor pi vergognose; e tutti i popoli della terra ci forniscono abbondanti prove sulla verit ed esattezza dellosservazione di Buccanano, che ovunque non regna il Cristianesimo si va verso la degradazione della donna. Forse il Protestantesimo non vorr su questo punto cedere terreno al Cattolicesimo, pretendendo che per quanto riguarda la donna la riforma non ha recato alcun pregiudizio alla civilt europea. Ma prescindendo per ora se il Protestantesimo abbia o no arrecato alcun male sotto questo aspetto, che su questo torneremo dopo, non si pu tuttavia mettere in dubbio che quando esso comparve la religione cattolica aveva gi finito la sua opera a vantaggio della donna; poich tutti sanno che il rispetto e la stima che si hanno per le donne, e linfluenza che esse esercitano sulla societ, hanno una data molto pi antica degli inizi del sedicesimo secolo. Per cui il Cattolicesimo non ebbe, n pot avere, il Protestantesimo come collaboratore, e perci ag interamente da solo in uno dei principali aspetti di ogni vera civilt. Quindi quando generalmente vien detto che il Cristianesimo ha messo la donna al posto che le tocca, e che pi si addice per il bene della famiglia e della societ, questo elogio che si fa al Cristianesimo, per essere precisi va fatto al Cattolicesimo; poich quando la donna veniva rialzata dallabiezione e portata al grado di degna compagna delluomo, non esistevano le stte dissidenti che vengono chiamate anchesse cristiane, e non vi era altro Cristianesimo che la Chiesa cattolica. Siccome il lettore avr gi osservato nel corso dellopera che, se al Cattolicesimo vengono conferiti titoli e onori non lo si fa in base a riferimenti generici, ma esponendo attraverso le prove i fatti in modo ben dettagliato, naturalmente star aspettando che si faccia lo stesso anche per questo punto, e che si dimostri quali sono i mezzi di cui si servito il Cattolicesimo per procurare alla donna stima e dignit. Il lettore non rimarr deluso. Prima di passare ai particolari, opportuno osservare subito che a migliorare lo stato della donna contribuirono moltissimo i nobili princpi del Cristianesimo sullumanit; princpi che, considerando senza alcuna differenza il maschio e la femmina, protestavano con forza contro lo stato di avvilimento in cui era tenuta

questa preziosa met del genere umano. Con la dottrina cristiana svanivano per sempre i pregiudizi contro la donna: essa fu riconosciuta uguale alluomo nellunit di origine e di fine e nella partecipazione ai doni celesti, ammessa nella fratellanza universale degli uomini tra loro e con Ges Cristo, considerata ugualmente come figlia di Dio e coerede di Ges Cristo, e come compagna delluomo e non come schiava n come vile strumento di piacere. A questo punto quella filosofia che tanto laveva degradata fin col restar muta, e quella letteratura sfrontata, che con tanta insolenza si era scatenata contro le donne, trov un freno nei precetti cristiani e un eloquente rimprovero nel modo pieno di dignit con cui parlavano di loro tutti gli scrittori ecclesiastici, prendendo esempio dalla Scrittura. Ma nonostante il benefico influsso che per loro natura esercitavano le dottrine cristiane, non si sarebbe raggiunto completamente lo scopo se la Chiesa non si fosse impegnata ad affrontare la questione pi importante e necessaria per il buon andamento della famiglia e della societ: parlo della riforma del matrimonio. La dottrina cristiana semplicissima su questo tema: uno con una, e per sempre. Questa dottrina per non sarebbe stata sufficiente se la Chiesa non si fosse assunta lonere di metterla in pratica e di sostenerla con inalterabile fermezza; perch le passioni, e soprattutto quelle del maschio, si ribellano a tale dottrina, e lavrebbero senza dubbio calpestata se non fossero venute ad infrangersi contro quel baluardo insuperabile che non lasciava loro intravedere alcuna speranza di vittoria. E vorr il Protestantesimo vantarsi ugualmente di aver formato parte del baluardo, se con insensata esultanza applaud allo scandalo di Enrico VIII, e con tanta villania si pieg alle esigenze del voluttuoso Langravio dAssia-Cassel? Che notevole differenza! Per molti secoli e in mezzo alle pi diverse e terribili circostanze la Chiesa cattolica combatte impavida contro le passioni dei potenti per conservare immacolata la santit del matrimonio: n le promesse, n le minacce possono ottenere da Roma ci che contrario alla dottrina del divino Maestro. E il Protestantesimo alla prima prova, o per dir meglio a unombra del pi leggero imbarazzo, al solo timore di farsi malvolere da un principe (per quanto molto potente) cede, si umilia, permette la poligamia, tradisce la propria coscienza, apre una larga porta alle passioni, che in tal modo possono distruggere la santit del matrimonio, santit che il pi sicuro pegno per il bene della famiglia e la prima pietra sulla quale si deve fondare la vera civilt. La societ protestante, pi saggia riguardo a questo punto dei falsi riformatori che si sforzavano di regolamentarla, rigett con ammirevole senno le conseguenze della loro condotta; e sebbene non conservasse le dottrine del Cattolicesimo, conserv almeno quel principio salutare che da esso aveva ricevuto; e cos la poligamia non pot radicarsi in Europa. Ma la storia conserver i fatti che mostrano la debolezza della pretesa riforma e la forza vivificante del Cattolicesimo. Essa dir chi dobbiamo ringraziare se nel corso di secoli barbari, in mezzo alla pi spaventevole corruzione, alla violenza e alla ferocia che dominavano dappertutto: sia ai tempi dellinvasione, quando i popoli vagavano qua e l; che in quelli del feudalesimo; o quando la forza dei re simponeva prepotentemente; essa dir, ripeto, chi dobbiamo ringraziare se il matrimonio, il vero palladio della societ, non fin con lessere abbassato, travolto

e ridotto in pezzi, e se la sfrenatezza della volutt non emerse con tutto limpeto e con tutti i capricci portandosi dietro il pi profondo disordine, corrompendo il carattere della civilt europea e precipitandola nella cupa voragine in cui giacciono da molti secoli i popoli dellAsia. Gli scrittori mossi da spirito di parte possono frugare gli annali della storia ecclesiastica per trovare dei dissensi tra i Papi e i prncipi, e rinfacciare alla corte di Roma uno spirito di ostinata intolleranza riguardo alla santit del matrimonio. Ma se non fossero appunto accecati dallo spirito di parte comprenderebbero che se questa ostinata intolleranza si fosse allentata un istante, e se il Pontefice di Roma davanti allimpeto delle passioni avesse fatto indietro un solo passo, fatto il primo si sarebbe andati gi per un ripido pendio, e finito questo, in un abisso. E comprenderebbero lo spirito di verit, la persuasione profonda, la fede viva di cui animata quellaugusta cattedra, poich n riguardi n timori di alcun genere poterono mai farla tacere quando si trattato di rammentare a tutto il mondo, e soprattutto ai potenti e ai re: saranno due in una sola carne; ci che Dio un non lo separi luomo. E, infine, comprenderebbero che se i Papi si sono dimostrati inflessibili su questa materia anche a rischio di attirarsi la collera dei re, a parte ladempimento di un sacro dovere che imponeva loro il ruolo supremo di capi del Cristianesimo, fecero unoperazione magistrale in politica, e contribuirono in sommo grado alla tranquillit e al benessere dei popoli: Perch i matrimoni dei principi dice Voltaire formano in Europa il destino dei popoli, e non si mai vista una corte abbandonarsi liberamente alla disonest, senza far nascere delle rivoluzioni e anche delle sedizioni (Saggio sulla storia generale tomo 3. capo 101). Questa osservazione cos giusta di Voltaire basterebbe da sola per vendicare i Papi e con essi il Cattolicesimo dalle calunnie di miserabili detrattori; ma se non limitiamo questa riflessione allordine politico e la estendiamo allordine sociale, aumenta ancor pi di valore e acquista unimportanza immensa. Limmaginazione si spaventa al pensare cosa mai sarebbe successo se quei re barbari, nei quali lo splendore della porpora non serviva a celare il figlio delle selve, se quei fieri signori rinchiusi nei loro castelli, ricoperti di ferro e attorniati da umili vassalli, non avessero incontrato un argine nellautorit della Chiesa; se nel dare unocchiata di fuoco a qualche bellezza, se provando (in seguito a questo nuovo ardore che si svegliava in petto) disgusto per la legittima sposa, non avessero trovato un fermo ostacolo nel rammentare quellautorit inflessibile. Potevano in verit commettere vessazioni contro il Vescovo, o farlo tacere col timore o con le promesse; potevano forzare i voti di un concilio particolare, o formarsi un partito con le minacce o con lintrigo o con la corruzione; ma l in fondo, in lontananza, vedevano confusamente la cupola del Vaticano, e lombra del sommo Pontefice appariva loro come una visione che li turbava. A questo punto perdevano la speranza, il pi accanito combattimento non poteva dar loro la vittoria; i pi artificiosi intrighi, le pi umili preghiere non avrebbero avuto altra risposta che: uno con una, e per sempre. La semplice lettura della storia del Medioevo (quel palcoscenico di violenze dove mostrato con tanta vivacit luomo barbaro che si sforza di rompere i vincoli che la civilt vuole imporgli), fa capire come la Chiesa dovesse stare

sempre in guardia e vigilare continuamente, non solo per impedire che non fossero infranti i vincoli del matrimonio, ma anche per preservare dal rapimento e dalla violenza le fanciulle, comprese quelle che erano consacrate al Signore. Salta agli occhi che, se la Chiesa cattolica non si fosse opposta come un muro di bronzo agli eccessi della volutt, i palazzi dei principi e i castelli dei signori si sarebbero ben presto visti col loro serraglio e col loro harem; e seguendo le altre classi lo stesso andazzo, la donna europea sarebbe rimasta nello stesso avvilimento in cui si trova la musulmana. E poich ho fatto menzione ai settari di Maometto, ricorder qui a coloro che pretendono di spiegare la monogamia e la poligamia ritenendo la pratica delluna e dellaltra dipendente dalla differenza dei climi, che i Cristiani e i Maomettani si trovarono per lungo tempo negli stessi climi, e che con le vicende dambedue i popoli le rispettive religioni si sono introdotte ora in climi pi rigidi ed ora in pi temperati. Con tutto ci non si mai visto che le religioni si acconciassero ai climi, ma piuttosto che i climi hanno dovuto, per cos dire, piegarsi alle religioni. Le nazioni europee devono uneterna riconoscenza al Cattolicesimo per aver loro conservata la monogamia; la qual cosa senza alcun dubbio stata una dei motivi che hanno contribuito maggiormente al buon ordine della famiglia e alla nobilitazione della donna. Quale sarebbe ora la situazione dellEuropa, e quale stima vi godrebbe la donna se Lutero, fondatore del Protestantesimo, fosse giunto ad ispirare alla societ la stessa indifferenza che su questo punto egli manifesta nel suo commentario sopra la Genesi? Quanto al sapere dice Lutero se si possono avere molte mogli, lautorit dei patriarchi ci lascia in piena libert; e soggiunge poi, che questo non si trova n permesso n proibito, e che in quanto a s non decide nulla. Povera Europa, se tali parole uscite niente meno che dalla bocca di un uomo che trascin nella sua setta tanti popoli fossero state proferite alcuni secoli prima, quando la civilt non aveva ancora quellimpulso sufficiente a farle seguire nelle principali questioni una direzione sicura, anche in opposizione a dottrine depravate! Povera Europa, se allepoca in cui scriveva Lutero non fossero gi stati formati i costumi, e se il buon ordine dato dal Cattolicesimo alla famiglia non avesse avuto radici troppo profonde per essere divelte dalla mano delluomo! Lo scandalo del Langravio dAssia-Cassel non sarebbe stato certamente un esempio isolato, e la condiscendenza colpevole dei dottori luterani avrebbe prodotto frutti troppo amari. A che potevano servire per contenere limpeto feroce dei popoli barbari e corrotti quella fede vacillante, quellincertezza, quella debolezza codarda con cui la chiesa protestante tremava alla sola domanda di un principe come il Langravio? Come avrebbe sostenuto una lotta di secoli chi alla prima minaccia della battaglia si arrende, e prima dellurto si spezza? Accanto alla monogamia possiamo dire che per la sua grande importanza va messa in rilievo lindissolubilit del matrimonio. Coloro che allontanandosi dalla Chiesa sono di opinione che in certi casi opportuno permettere il divorzio in modo che si consideri, come suol dirsi, sciolto il vincolo matrimoniale e ciascuno dei coniugi possa passare a seconde nozze, non potranno negare che guardano al divorzio come ad un rimedio pericoloso che il legislatore stabilisce mal volentieri sulla sola valutazione della malizia o della debolezza. Non potranno

negare altres che il notevole diffondersi dei divorzi apporterebbe mali gravissimi, e che in quei paesi dove le leggi civili permettono tali abusi, il permesso, al fine di prevenirli, deve essere accompagnato da tutte le cautele immaginabili. Di conseguenza, non potranno nemmeno negare che stabilire lindissolubilit del matrimonio come principio morale, fondarla su motivi che abbiano grande ascendente sul cuore, controllare la forza delle passioni non lasciando mai cadere di mano la briglia per impedire che non vadano a precipitare per una pericolosa china, un efficace antidoto contro la corruzione dei costumi, una garanzia per la tranquillit delle famiglie e un riparo sicuro contro i gravissimi mali che verrebbero a sommergere la societ. E per questo unopera simile la pi conveniente e la pi degna di essere loggetto delle premure e dello zelo della vera religione. E quale religione ha adempiuto questo dovere, se non la cattolica? Chi ha eseguito con la pi grande perfezione una cos faticosa e salutare impresa? stato forse il Protestantesimo, che non arriv neanche a penetrare la profondit dei motivi che regolavano la condotta della Chiesa cattolica su questo tema? I Protestanti, trascinati dallodio contro la Chiesa romana, e spinti dalla smania di cambiare ogni cosa, credettero di fare una grande riforma col secolarizzare, per cos dire, il matrimonio, e inveivano contro la dottrina cattolica che lo celebrava come vero sacramento. Non intendo entrare qui in una controversia dogmatica su questa questione, ma basta osservare che fu un errore madornale quello di spogliare il matrimonio del santo sigillo del sacramento, e che con una simile decisione il Protestantesimo mostr di conoscere ben poco il cuore umano. Considerare il matrimonio non come un semplice contratto civile, ma come un vero sacramento, significava metterlo sotto la protezione della divina religione e sollevarlo al di sopra della torbida atmosfera delle passioni. E chi pu dubitare che tutto questo sia di assoluta necessit quando si tratta di mettere un freno alla pi viva, capricciosa e terribile passione del cuore delluomo? E a chi mai verr il dubbio che per produrre un effetto simile non bastano le leggi civili, ma ci vogliono motivi che traendo origine dallalto esercitino la pi efficace influenza? Con la dottrina protestante veniva calpestata lautorit della Chiesa riguardo al matrimonio, per lasciarla esclusivamente in mano al potere civile. Forse non mancher chi pensi che questa competenza, lasciata al solo potere secolare, doveva risultare vantaggiosa alla causa della civilt, e che lestromettere lautorit ecclesiastica fu un magnifico trionfo su vecchi pregiudizi una grande conquista a scapito di ingiuste prerogative. Disgraziati! Se la vostra mente coltivasse sublimi concetti, e se nei vostri petti vibrassero quelle corde armoniose che con tanta delicatezza e perfezione rendono manifeste le passioni delluomo e ispirano i mezzi pi idonei a regolarle, allora vedreste e sentireste che mettere il matrimonio sotto il manto della religione sottraendolo il pi possibile allinterferenza profana, voleva dire abbellirlo, purificarlo, ornarlo di un incanto soave. Perch quel prezioso tesoro (che si macchia anche solo con unocchiata e si appanna con un leggerissimo soffio) veniva collocato sotto una inviolabile protezione. Tanto riprovevole vi sembra quel fitto velo tirato allingresso del talamo nuziale, e la religione che con atteggiamento severo si pone sulla soglia a

guardia della sua intimit?

CAPITOLO XXV Preteso rigore del Cattolicesimo nei confronti degli sventurati coniugi. Due sistemi per regolare le passioni: sistema protestante e sistema cattolico. Esempi. Passione per il gioco. Diffondersi delle passioni in tempi torbidi: la causa. Lamore: carattere di questa passione. Il matrimonio da s solo non un freno sufficiente. Quale debba essere il matrimonio perch serva da freno. Unit e fermezza delle dottrine e condotta del Cattolicesimo. Fatti storici: Alessandro, Cesare, Napoleone. _______________ Ci potranno essere rivolte le seguenti domande: Non trovate che le vostre dottrine sono troppo dure e rigorose? Non capite che non hanno alcun riguardo per la debolezza e lincostanza del cuore umano, e che esigono sacrifici superiori alle forze delluomo? Non vi rendete conto quanto sia inumano sottoporre al rigore di un principio le affezioni pi tenere, i sentimenti i pi delicati, le pi amorevoli ispirazioni? Riuscite ad afferrare tutta la durezza di una dottrina che si sforza di mantenere uniti e legati insieme con un laccio fatale due esseri che non si amano pi, che gi nutrono reciproco disgusto, che forse si detestano lun laltro con un odio profondo? Rispondere a questi esseri (che anelano a separarsi e vorrebbero darsi la morte piuttosto che rimanere uniti) con un eterno mai, mostrando nello stesso tempo il sigillo divino che fu impresso sul loro vincolo nel momento solenne di ricevere il sacramento del matrimonio: non questo un dimenticare tutte le regole della prudenza, un atteggiamento che porta alla disperazione? E non ha maggior valore lindulgenza del Protestantesimo che, piegandosi allumana debolezza, pi sollecito a concedere quanto richiede il nostro capriccio o la nostra debolezza?. necessario rispondere a questa contestazione, e mettere in luce le insidie nascoste in tutti questi argomenti proposti al fine di indurre in errore il giudizio dopo aver prima sedotto il cuore. In primo luogo unesagerazione dire che col principio cattolico gli sventurati sposi vengano ridotti alla disperazione. Vi sono dei casi in cui la prudenza richiede la separazione dei coniugi, e qui non vi si oppongono n le dottrine, n la prassi della Chiesa cattolica. vero che non si scioglie per questo il vincolo del matrimonio e quindi i due coniugi non restano liberi di passare a seconde nozze, ma gi abbastanza perch non possa considerarsi tiranneggiato nessuno dei due; non li si obbliga a vivere insieme, e quindi non soffrono pi il tormento (effettivamente intollerabile per due persone che si detestano) di rimanere sempre unite. Tutto bene ci verr risposto, una volta separati, i coniugi non sono pi tormentati dalla coabitazione che era per essi tanto penosa; per impedisce che possano passare a seconde nozze. Si vieta cos di soddisfare unaltra passione che possono nutrire in cuore e che forse fu la ragione del disgusto o del

disprezzo da cui deriv la discordia e linfelicit del primo matrimonio. E allora, perch non si considera questo matrimonio come del tutto annullato, lasciando completamente liberi i due coniugi? Perch non si permette loro di seguire gli affetti del loro cuore il quale, rivolto ormai su un altro oggetto, fa loro presagire giorni pi felici?. Ed proprio qui, dove la domanda appare pi difficile e la forza dellobiezione sembra metterlo ancor pi alle strette, che il Cattolicesimo pu riportare il trionfo pi prestigioso; proprio qui che pu mostrare con maggior chiarezza come conosce a fondo il cuore delluomo, quanto savie siano le sue dottrine su questo punto, e quanto generosa e sagace la sua condotta. Ci che sembra un rigore eccessivo non altro che una severit necessaria, la quale tanto lontana dal meritare la taccia di crudele, in quanto per luomo una garanzia di riposo e di benessere. A prima vista non si capisce come possa essere cos, e perci sar necessario sviscerare largomento andando, per quanto possibile, ad esaminare a fondo i princpi che giustificano al lume della ragione la condotta tenuta dal Cattolicesimo, non solo per ci che riguarda il matrimonio, ma anche tutto ci che ha relazione col cuore delluomo. Riguardo alle passioni ci possono essere due sistemi di condotta. Luno consiste nellaccondiscendere, laltro nel resistere. Nel primo si retrocede di fronte alle passioni man mano che queste avanzano: non si oppone mai un vero ostacolo; non si lasciano mai senza speranza di poter avanzare; si fissa una linea oltre il quale non procedano, ma poi si fa capire che se andranno a forzarla, la linea si sposter un popi in l. In questo modo la condiscendenza in proporzione allenergia e allostinazione della passione che la richiede. Anche nel secondo sistema viene indicata alle passioni una linea che non possono oltrepassare; ma questa linea fissa, immobile, difesa in tutta la sua lunghezza da un muro di bronzo. Invano le passioni si agitano per superarla: non resta loro neanche unombra di speranza. Il principio che resiste loro non subir mai variazioni e non accetter mai compromessi di nessun genere. Non c nessuna possibilit di oltrepassare la linea, tranne quella di percorrere lunica strada che non viene mai preclusa alla libert umana: quella cio della malvagit. Nel primo sistema si permette lo sfogo per prevenire lesplosione; nel secondo non si permette che inizi lincendio per non essere costretti a contenere il suo avanzare. In quello le passioni sono temute gi quando sono sul nascere, e si spera di frenarle quando sono cresciute; in questo si convinti che se non facile contenerle quando sono piccole, lo sar molto meno quando saranno grandi. Nelluno si procede col supporre che le passioni svaniscano e perdano di forza se si permette di sfogarle; nellaltro si crede che non si saziano col soddisfarle, ma che anzi diventano ancora pi sfrenate. Generalmente parlando si pu dire che il Cattolicesimo segue il secondo sistema; vale a dire che trattando con le passioni ha per regola costante di frenarle fin dai primi passi, lasciarle il pi possibile senza speranza e soffocarle per quanto possibile fin dal loro sorgere. Ed necessario far notare che qui stiamo parlando di severit nei confronti delle passioni e non delluomo che le possiede; e che non c alcuna incompatibilit tra il non transigere con la passione ed essere indulgente con la persona che ne soggetta, fra lessere inesorabile con la colpa ed il sostenere con bont il colpevole. Per quanto

riguarda il matrimonio il Cattolicesimo ha seguito questo sistema con una fermezza che suscita ammirazione; il Protestantesimo invece ha preso la strada opposta. Ambedue convengono che il divorzio, che porta con s lo scioglimento del vincolo, un male gravissimo. Ma la differenza sta in questo: secondo il sistema cattolico non si lascia intravedere neanche un filo di speranza che possa avvenire un tale scioglimento, si proibisce indiscutibilmente senza alcuna possibilit di deroga e si dichiara quindi impossibile; mentre invece nel sistema protestante in certi casi ci si pu permettere. Il Protestantesimo non ha per il matrimonio un sigillo divino che ne garantisca la perpetuit e la renda inviolabile e sacra; il Cattolicesimo possiede questo sigillo, limprime sul misterioso nodo, e mette il matrimonio sotto la protezione di un sacro simbolo. Quale delle due religioni si mostra pi saggia? Quale procede con pi senno? Sempre prescindendo dalle ragioni dogmatiche e dalla moralit intrinseca degli atti umani che formano loggetto delle leggi che stiamo esaminando, per risolvere la questione necessario determinare quale dei due sistemi sia pi appropriato a trattare e regolare le passioni. Meditando sulla natura del cuore umano, ed attenendoci a quanto cinsegna lesperienza quotidiana, si pu affermare con certezza che il mezzo pi adattato per frenare la passione quello di lasciarla senza speranza; e che lessere invece condiscendenti accordandole continuamente di sfogarsi, significa infiammarla sempre di pi; un giocare col fuoco in mezzo a sostanze combustibili, lasciando che di tanto in tanto si riattizzi, con la folle fiducia che sar sempre facile spegnere lincendio. Diamo rapidamente unocchiata alle pi violente passioni, ed osserviamo qual il loro normale sviluppo secondo il sistema che viene adottato. Considerate il giocatore: un uomo dominato da unindicibile inquietudine, che nutre in petto nello stesso tempo una insaziabile cupidigia ed una prodigalit senza limiti; non si accontenta di un immenso capitale ma non esita di esporlo alla fatalit di un momento; in mezzo alle pi grandi sventure sogna tuttavia grandi tesori; corre affannato e bramoso dietro un oggetto che pare oro, e che peraltro non lo , perch non mai sazio di possedere. Osservatelo: il suo cuore inquieto non pu vivere che in mezzo allincertezza e al rischio, sospeso tra il timore e l speranza, e a quanto sembra si compiace di restare in questa rapida successione di forti sensazioni che lo scuotono continuamente e lo tormentano. Qual il rimedio per guarirlo da questa infermit, da questa febbre divoratrice? Consigliategli un sistema di condiscendenza; ditegli che giochi, ma si limiti per ad una certa somma, a certe ore e a certi luoghi; cosa otterrete? Nulla, assolutamente nulla. Se questi mezzi potessero servire a qualche cosa non ci sarebbe giocatore al mondo che non fosse gi guarito della sua passione, perch non c nessuno che non abbia fissato mille volte a se stesso questi limiti, che non si sia detto mille volte: non giocherai oltre la tale ora, solo in questo e in quel luogo, non arrischierai pi di una tal somma. Con questi palliativi, con queste precauzioni impotenti cosa avviene allo sciagurato giocatore? Che singanna miseramente, che la passione viene a patti per poi riacquistare forza e credersi pi sicura della vittoria; essa non pu che guadagnare terreno, ampliare i limiti fissati e tornare agli eccessi originari se non maggiori. Volete curare il male alla radice? Se resta ancora una possibilit per rimediare sar senza dubbio

quella di farlo astenere completamente dal gioco, senza perdere tempo. Questo rimedio allinizio sar il pi doloroso, ma in pratica sar il pi facile: appena la passione vede svanire ogni speranza di venire soddisfatta comincer a diventare pi debole e infine sparir. Non credo che chiunque abbia un podesperienza mostri il minimo dubbio sullesattezza di quanto ho detto, e non convenga con me che il miglior mezzo per soffocare questa fortissima passione quello di impedire allistante che venga alimentata e di lasciarla senza speranza. Passiamo ad un altro esempio pi vicino al nostro tema. Immaginiamo un uomo dominato dalla passione damore. Credete che per guarirlo dal suo male convenga permettergli uno sfogo lasciandogli vedere la persona amata in certe occasioni, bench meno frequentemente? E vi pare che gli potr essere di giovamento permettergli di continuare a vederla proibendogli per di frequentarla? Forse con una tale precauzione si spegner o brucer di meno la fiamma che gli arde in petto? Certamente no: lo stesso confinamento di questa fiamma la far crescere e ne moltiplicher la forza. E siccome daltronde si continua a concederle un qualche alimento, per quanto scarso, e le si lascia uno spiraglio attraverso il quale avere uno sfogo, andr allargando ogni giorno di pi questo spiraglio finch giunger a liberarsi dellostacolo che le resiste. Togliete invece alla passione la speranza; obbligate lamante ad un lungo viaggio, o interponetegli alcuni impedimenti che non gli consentano di vedere come probabile o possibile il raggiungimento del suo fine; e vedrete allora che, salvo alcune rarissime eccezioni, otterrete inizialmente di distogliere il pensiero dalloggetto desiderato, e in seguito anche che sia dimenticato. E non questo ci che lesperienza cinsegna continuamente? Non questo il rimedio che la stessa necessit suggerisce quotidianamente ai padri di famiglia? Le passioni sono come il fuoco: se vi si getta dellacqua in abbondanza si spegne; ma poche gocce non servono che a ravvivarlo di pi e a farlo ardere con maggior forza. Ma portiamoci ancora pi su con le nostre riflessioni, ed allarghiamo il campo di osservazione per vedere come le passioni agiscono in campi pi estesi ed elevati. Qual il motivo per cui in tempi di maggiori sconvolgimenti si risvegliano tante e cos forti passioni? Ci dipende dal fatto che tutte le passioni concepiscono la speranza di essere soddisfatte; perch rovesciate le classi pi alte e distrutte le istituzioni pi antiche e autorevoli, e sostituite con altre che prima erano irrilevanti, tutte le passioni vedono la strada aperta verso il successo in mezzo alla confusione e al trambusto. Non esistono pi le barriere che prima parevano insuperabili e che al solo vederle la passione non aveva la possibilit di nascere, o veniva soffocata sul nascere. Ma ora tutto rimasto scoperto e senza difesa, ci vuole solo coraggio e costanza per saltare intrepido in mezzo ai rottami e alle rovine che si sono accumulate con la distruzione di quanto cera di antico. Vista in teoria, non c assurdit pi evidente della monarchia ereditaria e della successione alla corona assicurata ad una famiglia, che pu in qualunque momento mettere sul trono un bambino, un imbecille o un malvagio; ci nonostante in pratica non c niente di pi saggio, pi prudente e pi conveniente. Cos ha insegnato lesperienza di lunghi secoli, e cos la ragione, basandosi su questa esperienza, lo vede ben chiaro; cos, infine, con funesto disinganno lhanno imparato quei popoli sventurati che hanno avuto la monarchia

elettiva. E questo perch? Per gli stessi motivi che stiamo esaminando: perch con la monarchia ereditaria si chiude ogni varco alla speranza di unambizione smisurata; ma quando non cos la societ cova in seno un eterno germe di agitazione e di rivolte promosse da tutti coloro che concepiscono la speranza di poter assumere per qualche tempo il comando supremo. In tempi tranquilli e in una monarchia ereditaria, unidea insensata che un individuo, per quanto ricco, nobile, saggio, valoroso e distinto possa essere, possa diventare re: unidea che probabilmente non sfiora neanche la mente di qualcuno; ma cambiate le circostanze, introducete la probabilit, anche una sola possibilit remota, e vedrete subito come non mancheranno entusiasti candidati. Sarebbe facile, continuando a sviluppare un simile ragionamento, applicarlo a tutte le passioni delluomo; ma questi accenni sono sufficienti per rendersi conto che quando si tratta di sottomettere una passione la prima cosa da fare quella di opporle una barriera insuperabile che non le lasci alcuna speranza di progredire. Allora la passione si agita per un po, si ribella allostacolo che le fa resistenza, ma trovandolo irremovibile retrocede, perde coraggio, e come le onde del mare si adagia mormorando al di qua del livello che le stato fissato. Vi nel cuore umano una passione formidabile che esercita un forte influsso sulla vita delluomo, e che con le sue illusioni ingannatrici e seducenti forma non raramente una lunga catena di dolore e di calamit. Questa passione che sorge dal bisogno innato che ha per oggetto fondamentale la conservazione della specie umana, si trova in un certo modo in tutti gli esseri viventi, ma prende tuttavia un carattere particolare quando risiede nellanima di un essere intelligente qual luomo. Negli animali listinto guida questo bisogno in un modo meraviglioso, limitandolo allo stretto necessario per la conservazione delle specie; ma nelluomo diventa passione; e questa passione (alimentata e ravvivata dal fuoco della fantasia affinata dalla creativit dellintelligenza, passione frivola e incostante perch sotto la guida di un libero arbitrio che pu abbandonarsi a tanti capricci quante sono le impressioni che ricevono i sensi e il cuore) si converte in un sentimento vago, volubile, difficile a soddisfarsi, insaziabile; simile al malessere di un infermo febbricitante, alla frenesia di un delirante, che ora vaga per un ambiente fragrante di purissimi aromi, ora si agita convulso nelle angosce dellagonia. Chi pu contare tutte le forme sotto le quali si presenta questa passione ingannatrice, e la quantit dei lacci che tende al piede dello sventurato mortale? Osservatela al suo nascere, tenetela docchio nel suo corso e finch giunge al suo termine spegnendosi come una lampada moribonda. Appena spunta la prima lanugine sulle guance del giovinetto e viene a dorargli graziosamente il roseo e delicato viso, gi gli sorge in petto un misterioso sentimento che linquieta e lo turba senza che egli stesso ne conosca il motivo. Una dolce malinconia gli sinsinua nel cuore, pensieri non conosciuti gli vanno vagando per la mente, immagini seducenti gli passano per la fantasia, una segreta forza magnetica opera sullanima, una seriet precoce gli si dipinge in viso, tutte le inclinazioni prendono unaltra direzione; non gli piacciono pi i giochi dellinfanzia, tutto gli fa presagire una nuova vita meno innocente e meno tranquilla; la tempesta non urla ancora, il cielo non si ancora incupito, ma

screziato da rosee nuvolette mostra gi un tristo presagio di ci che avverr. Giunge intanto ladolescenza e quel sentimento che prima era vago, misterioso, incomprensibile ancora, si fa conoscere meglio; i particolari si chiariscono e si presentano come sono in se stessi, la passione li vede e sincammina verso di loro. Non crediate per che per questo la passione sia costante, anzi tanto vana, tanto volubile e capricciosa quanto sono gli oggetti che le si vanno presentando: corre dietro alle illusioni senza mai fermarsi, inseguendo ombre, cercando una soddisfazione che mai raggiunge, ed aspettando una fortuna che mai arriver. Esaltata la fantasia, ardente il cuore, lanima travolta e sottomessa in tutte le sue facolt, il focoso giovane si procura le pi splendide illusioni, le comunica a tutto ci lo circonda, assegna alla luce uno splendore pi vivo, riveste la superficie della terra di una vegetazione pi ridente, di colori pi vivi, spargendo per ogni dove il riflesso del suo proprio incanto. Nellet adulta i pensieri si fanno pi gravi e profondi, il cuore ha perduto la sua incostanza, la volont pi salda e pi fermi i propositi, e il comportamento che dirige la vita assoggettata ad un sistema di regole e procede come in un solco: nondimeno questa misteriosa passione si agita nel cuore delluomo, e lo tormenta con incessante inquietudine. Con lo sviluppo del corpo anche la passione diviene pi robusta ed energica; e avviene che, con quellorgoglio ispirato alluomo dallindipendenza di cui ora gode, dalla consapevolezza di maggiori energie e dallabbondanza di mezzi, la passione si fa pi decisa, pi audace, pi violenta; come anche a forza di delusioni e di lezioni avute dallesperienza essa si fa pi cauta, pi prudente, pi astuta. E non pi accompagnata dal candore dei primi anni ma sa unirsi al calcolo, sa dirigersi verso il suo scopo per vie pi nascoste, sa impiegare mezzi pi sicuri. Guai alluomo che non si premunisce in tempo contro un simile nemico! Consumer lesistenza in unagitazione febbrile, e dinquietudine in inquietudine, di tormento in tormento, se non muore prima nel fiore degli anni, arriver alla vecchiaia sempre schiavo della sua funesta passione. Questa lo accompagner fino alla tomba con quei tratti sgradevoli e ripugnanti che si scolpiscono in un viso raggrinzito dagli anni e negli occhi velati che avvertono gi vicina la morte. Qual allora il sistema da impiegare per frenare questa passione, per trattenerla nei giusti limiti e per impedire che rechi danni allindividuo, disordine nelle famiglie e il caos nella societ? La regola immutabile del Cattolicesimo sia nella morale che predica, che nelle disposizioni che stabilisce, di reprimerla. Non permette neanche un desiderio, e dichiara colpevole agli occhi di Dio una sola occhiata unita ad un impuro pensiero. E questo perch? Perch oltre al principio morale contenuto nella proibizione vi lintento di soffocare il male sul nascere, essendo certo che pi facile impedire alluomo di compiacersi in cattivi desideri di quanto non sia convincerlo ad astenersi dal soddisfarli dopo averli accolti in un cuore ardente. Vi quindi la ragione profonda di procurare in questo modo la tranquillit dellanima, non permettendole che come un assetato Tantalo soffra alla vista dellacqua che non riesce a toccare con le labbra. Quid vis videre, quod non licet habere? Perch vuoi vedere ci che non puoi ottenere? Dice saggiamente lautore dello stupendo libro dell Imitazione di Ges Cristo, riepilogando cos in poche parole la sapienza contenuta nella santa severit della

dottrina cristiana. Anche se alla passione viene assegnato uno scopo legittimo, tuttavia i vincoli del matrimonio non disseccano la sorgente dellagitazione e della capricciosa inquietudine che alberga nel cuore. Il possesso rende insipido e porta alla noia, la bellezza viene meno ed avvizzisce, le illusioni si dileguano, lincanto sparisce e luomo, trovandosi in realt ben lontano da quei dolci sogni a cui la sua ardente immaginazione si abbandonava durante i suoi deliri, si sente nascere in petto nuovi desideri; e stanco delloggetto posseduto, d alimento a nuove illusioni cercando da qualche altra parte quella felicit ideale che immaginava di aver trovato, fuggendo la triste realt che inganna cos le sue pi belle speranze. Sciogliete allora le briglie alle passioni delluomo, lasciate che in una maniera o nellaltra possa nutrire lillusione di rendersi felice con altri vincoli, che non si consideri legato per sempre e senza rimedio alla compagna della vita, e vedrete come presto gli verr la noia, come la discordia sar pi forte e tumultuosa, vedrete come i vincoli appena formati si allentano, come si guastano in poco tempo, si rompono al primo urto. Viceversa, proclamate la legge che non esclude n poveri n ricchi, n deboli n potenti, n sudditi n sovrani; che non bada a differenza di condizione, di indole, di salute, n a tanti altri motivi che, in bala delle passioni e soprattutto tra i potenti, facilmente si convertono in pretesti; proclamate questa legge come discesa dal cielo, mostrate il vincolo del matrimonio come sigillato con un sigillo divino; e alle passioni che reclamano dite fortemente che se vogliono soddisfarsi non hanno altra strada che quella dellimmoralit, ma che lautorit incaricata per losservanza di questa legge divina non si piegher mai a colpevoli condiscendenze, che non permetter mai che col velo della dispensa dal vincolo si copra la violazione del precetto divino; che non lascer alla colpa altro che il solo rimorso. E allora vedrete che le passioni perdono coraggio e si rassegnano, che la legge si estende, si consolida e getta profonde radici nei costumi; e avrete assicurato per sempre il buon ordine e la tranquillit delle famiglie. E la societ vi sar debitrice di un immenso beneficio. Ecco precisamente ci che ha fatto il Cattolicesimo con lopera di molti secoli; ed ecco ci che il Protestantesimo avrebbe distrutto se fossero stati generalmente adottati in Europa i suoi esempi e le sue dottrine, e se i popoli non fossero stati pi saggi dei loro capi. I Protestanti e i falsi filosofi, esaminando con i loro pregiudizi ed il loro rancore le dottrine e le disposizioni della Chiesa cattolica, non hanno mai saputo concepire a che servissero i due grandi princpi che distinguono sempre e ovunque il pensiero e lopera del Cattolicesimo, unit e fermezza (unit nelle dottrine, fermezza nella condotta), stabilendo con esse uno scopo e camminando verso questo scopo senza mai deviare. Questo sembrato a loro uno scandalo: e dopo essersi scagliati contro lunit della dottrina, eccoli inveire anche contro la fermezza della condotta. Se meditassero sulluomo capirebbero che in questa fermezza c il segreto per educarlo, guidarlo, frenarne le passioni quando sia il caso, se necessario esaltarne lanima rendendola capace dei pi grandi sacrifici e delle pi eroiche azioni. Non c di peggio per luomo quanto l incertezza e lindecisione, non c niente che lo isterilisca e lindebolisca di pi. Quello che lo scetticismo per lintelletto, lindecisione per la volont. Prescrivete alluomo

uno scopo fisso e fate in modo che ad esso si dedichi: si diriger verso di esso e infine lo raggiunger. Lasciatelo invece vacillare tra diversi scopi, fate che non abbia una regola fissa di condotta, che non sappia qual per lui lavvenire, che cammini senza sapere dove vada, e vedrete che la sua energia diminuisce, le forze si rilassano finch non cade a terra e si ferma. Sapete qual il segreto con cui i grandi caratteri dominano il mondo? Sapete in che modo si rendono capaci essi stessi di azioni eroiche e come trasmettono questa capacit a quelli che li attorniano? Essi hanno un scopo fisso per s e per gli altri: lo vedono con chiarezza, lo vogliono con tenacia e sincamminano alla sua volta senza tentennamenti, senza tanti giri a vuoto, con ferma speranza, con fede viva, senza esitazioni in se stessi e senza permetterne agli altri. Alessandro Magno, Cesare, Napoleone, e gli altri eroi antichi e moderni esercitavano senza dubbio col loro genio una forza seduttrice; ma il segreto del loro predominio, della potenza, di quellimpulso che superava ogni ostacolo era lunit nel pensiero e la fermezza nellazione, per cui risultava in essi un carattere fermo, terribile, che dava loro sugli altri uomini unimmensa superiorit. Cos Alessandro traversava il Granico e cominciava e concludeva la prodigiosa conquista dellAsia; cos Cesare traversava il Rubicone e metteva in fuga Pompeo, vinceva in Farsaglia e diveniva signore del mondo; cos Napoleone disperdeva i ciarlatani che disputavano sul destino della Francia, vinceva a Marengo, cingeva il diadema di Carlo Magno, atterriva e spaventava il mondo coi trionfi di Austerlitz e di Jena. Senza unit non c ordine, senza fermezza non c stabilit; e tanto nellordine morale come in quello materiale nessuna cosa pu prosperare se non ordinata e stabile. Quindi il Protestantesimo, che ha preteso di far progredire lindividuo e la societ col distruggere lunit religiosa e con lintrodurre nelle credenze e nelle istituzioni la molteplicit e la mobilit del pensiero privato, ha portato ovunque la confusione e il disordine, e ha snaturata la civilt europea inoculando nelle sue vene un elemento distruttivo che le ha provocato, e le provocher ancora, gravissimi mali. Il Cattolicesimo invece, con l unit delle sue dottrine e la fermezza delle regole della sua condotta, non si affatto messo in contrasto col progresso dei popoli; perch ci che uno pu procedere ugualmente, cos come il movimento entra anche in un sistema che abbia dei punti fissi. Questo universo, che ci rende attoniti per la sua immensit, che ci riempie di ammirazione con i suoi prodigi, che cincanta con la sua variet e bellezza, soggetto allunit ed regolato da leggi fisse e costanti. Ecco qui esposti alcuni motivi che giustificano la severit del Cattolicesimo; ecco perch il Cattolicesimo non ha potuto mostrarsi condiscendente con questa passione la quale, una volta rotti i freni, non rispetta pi n limiti n rimedi, introduce il turbamento nei cuori, il disordine nelle famiglie e la corruzione nella societ togliendo ai costumi ogni decoro, macchiando il pudore femminile e abbassando le donne dal livello che loro compete di degne compagne delluomo. Su questo punto il Cattolicesimo severo, non lo nego; ma non poteva rinunciare ad una tale severit senza rinunciare nello stesso tempo alle sue alte funzioni di depositario della morale e di sentinella che vigila sui destini dellumanit (17).

CAPITOLO XXVI La verginit. Dottrine e condotta del Cattolicesimo su questo punto. Idem del Protestantesimo. Idem della filosofia atea. Origine del principio fondamentale delleconomia politica inglese. Considerazioni sul carattere della donna. Relazioni della dottrina sulla verginit con la riabilitazione della donna. _______________ Questa sollecitudine del Cattolicesimo di ricoprire con un fitto velo le intimit del pudore, e per rivestire di moralit e modestia la pi violenta delle passioni, si manifesta in sommo grado nellimportanza che ha dato alla virt contraria, la verginit, incoronando perfino con una splendente aureola la totale astinenza dai piaceri sensuali. Quanto abbia contribuito con questo il Cattolicesimo a rialzare la donna, non lo comprenderanno certamente i frivoli intelletti, tanto pi se si lasciano guidare dalle ispirazioni di un cuore voluttuoso. Ma non potr rimanere nascosto a chiunque sia in grado di riconoscere che ci che tende a portare al pi alto livello di delicatezza il sentimento del pudore; ci che rafforza la moralit; ci che presenta una considerevole parte del bel sesso come modello della pi eroica virt: tutto ci, diretto anche ad elevare la donna al di sopra della torbida atmosfera delle basse passioni, contribuisce ad impedire che si presenti agli occhi delluomo come puro strumento di piacere, e serve mirabilmente a far s che senza alcuno svantaggio per le attrattive di cui dotata dalla natura, la donna non passi rapidamente dallo stato di funesta vittima del libertinaggio ad oggetto di disprezzo e di disgusto. La Chiesa cattolica conosceva a fondo queste verit e perci, mentre spendeva il suo zelo per la santit delle relazioni coniugali e per creare nel seno delle famiglie la nobile dignit di una Signora, copriva con un misterioso velo il viso della vergine cristiana, e le spose del Signore erano guardate come un sacro deposito nellaugusta oscurit dei riposti del santuario. Era riservato a Lutero (il rozzo profanatore di Katharina von Bora) il non riconoscere neanche su questo punto la profonda e delicata sapienza della religione cattolica. Dopo avere infranto il sacro sigillo del talamo nuziale, fu degna impresa del frate apostata quella di passare temerariamente a lacerare con mano spudorata il sacro velo delle vergini consacrate al Signore. Fu degna impresa del cuore indurito del violento sovvertitore quella di eccitare la cupidigia dei prncipi, i quali si precipitarono sui beni di fanciulle indifese, scacciandole dai loro chiostri; e di accendere dun colpo la sensualit infrangendo tutte le barriere della morale affinch, come colombe prive di protezione, cadessero tra gli artigli dei libertini. Forse in questo modo si faceva crescere il rispetto dovuto al bel sesso? Forse in questo modo si purificava il sentimento del pudore? O lumanit progrediva? O Lutero dava un forte impulso alle generazioni future? Vivacit allo spirito umano? Forza e vigore alla cultura e alla civilt? Chiunque si senta battere in petto un cuore sensibile, potr sopportare le sfacciate perorazioni di Lutero, tanto pi se ha letto le bellissime pagine dei Cipriani, degli Ambrogi, dei Girolami e degli altri

luminari della Chiesa cattolica sulle eminenti imprese di una vergine cristiana? Nel corso di quei secoli nei quali dominava senza freni la pi feroce barbarie, chi non era contento di trovare quelle solitarie dimore che ospitavano le spose del Signore, preservando i loro cuori dalla corruzione del mondo e occupandosi costantemente a levare le mani al cielo onde attirare sulla terra la rugiada della divina misericordia? E in tempi e paesi assai pi civili, come avviene invece che un asilo della virt pi pura e pi sublime viene cos contrastata da un immenso mare di dissipamento e libertinaggio? Erano forse anche quelle dimore una funesta eredit dellignoranza, una testimonianza di fanatismo? e i seguaci della riforma protestante distruggendole facevano forse unopera degna? Ah, se cos fosse, protestiamo allora contro quanto c dimportante e di bello, soffochiamo in cuor nostro ogni entusiasmo per la virt, e non facciamo conoscere altra realt che quella che limitata alle pi grossolane sensazioni; il pittore getti via il pennello e il cantore la lira, e rinunciando ad ogni nostra dignit e grandezza, simili ai bruti diciamo: mangiamo e beviamo che domani moriremo. No, la vera civilt non potr mai perdonare al Protestantesimo questopera immorale ed empia; la vera civilt non potr perdonargli mai di aver violato il santuario del pudore e dellinnocenza, e di aver cercato con tutte le sue forze di far svanire ogni rispetto per la verginit, calpestando in tal modo un dogma professato da tutto il genere umano; di non aver rispettato ci che rispettarono i Greci nelle sacerdotesse di Cerere, i Romani nelle vestali, i Galli nelle druidesse, i Germani nelle loro indovine; di aver spinto la sfrontatezza oltre quanto abbiano mai fatto i popoli dissoluti dellAsia e i barbari del nuovo continente. certamente una vergogna per lEuropa lavere aggredito ci che in tutte le parti del mondo fu rispettato, ed aver tacciato di spregevole pregiudizio una credenza universale dellintero genere umano, per di pi sanzionata dal Cristianesimo. Dove mai si vista uninvasione di barbari paragonabile alla violenza del Protestantesimo contro quanto c di pi inviolabile tra gli uomini? Chi ha dato il funesto esempio a coloro che hanno commesso simili delitti nelle moderne rivoluzioni? Che in mezzo allinfuriare di una guerra la barbarie dei vincitori osi sciogliere il freno ad una soldatesca brutale nelle dimore delle vergini consacrate al Signore, si pu anche capire; ma perseguitare regolarmente questi santi luoghi eccitando contro di essi la passione della plebaglia, e attaccandone in modo villano listituzione e nel principio e nel concreto, questa una cosa pi bestiale che brutale. una cosa che non si sa pi come definire quando viene fatta dagli stessi che si vantano di essere i riformatori e i sostenitori del puro Vangelo, e che si proclamano i discepoli di Colui che nei suoi sublimi consigli indic la verginit come una delle pi belle virt che possono fregiare laureola di un Cristiano. E chi ignora che questa fu una delle opere che il Protestantesimo condusse col maggiore entusiasmo? La donna senza pudore servir s di alimento alla volutt, ma non attirer mai lanima col sentimento misterioso che si chiama amore. Cosa mirabile! Il desiderio pi imperioso che si annidi nel cuore di una donna quello di piacere, e appena essa si dimentica del pudore, disgusta ed offende; cos stato saggiamente disposto che ci che desidera pi fortemente sia castigo per la sua colpa. Per tale motivo tutto ci che contribuisce ad elevare nella donna questo

delicato sentimento, tutto innalza di lei stessa: labbellisce, le assicura un maggior predominio sul cuore delluomo e le assegna un ruolo pi distinto sia nellambiente domestico che in quello sociale. Queste verit il Protestantesimo non le conosceva quando condann la verginit. Certamente questa virt non una condizione necessaria al pudore; ma ne il puro ideale, ne il tipo di perfezione. Quindi bandire dal mondo questo modello, non volerne conoscere la bellezza, condannarlo come pregiudizio non era opportuno, se si voleva conservare un sentimento che in continua lotta con la pi forte passione del cuore umano, e che difficilmente si riesce a conservare in tutta la sua purezza se non accompagnato dalle pi squisite cautele. Fiore delicatissimo di vaghi colori e di soavissimo profumo, pu reggere appena il soffio leggero di un amabile venticello; se ne offusca la bellezza con estrema facilit, e il profumo svanisce come una passeggera esalazione. Ma per combattere la verginit forse mi si contesteranno i danni che essa provoca alla popolazione, considerando le offerte fatte sullaltare di questa virt come tante frodi contro la riproduzione del genere umano. Fortunatamente le osservazioni dei pi distinti economisti sono venute a dissipare questerrore divulgato gi dal Protestantesimo, e ripetuto dalla filosofia atea del diciottesimo secolo. I fatti hanno dimostrato in un modo molto convincente due verit di uguale importanza per rendere giustizia alle dottrine e alle disposizioni cattoliche: la prima, che la felicit dei popoli non in proporzione diretta con laumento della popolazione; la seconda, che sia laumento che la diminuzione dipendono dal concorrere di tante cause, e che il celibato religioso, ammesso che sia fra queste, e da considerarsi tra le pi insignificanti. Una religione menzognera e una filosofia bastarda ed egoista si sono impegnate a equiparare i segreti della riproduzione umana a quella degli altri esseri viventi. Hanno messo da parte tutti i riferimenti religiosi e non hanno visto nellumanit altro che un vasto semenzaio in cui non conveniva lasciar nulla dinfruttifero. Cos si spianata la strada verso un modo di concepire lindividuo alla stregua di una macchina con la quale si deve ottenere la massima produzione possibile; ma non si pensato affatto alla carit, al sublime insegnamento della religione sulla dignit e sui destini delluomo. E cos lindustria diventata crudele e la distribuzione del lavoro, basata su princpi esclusivamente materiali, accresce i vantaggi dellattuale stato dei ricchi. Ma terribili minacce si prospettano per lavvenire. Disegni profondi della Provvidenza! La nazione che ha portato pi avanti questi funesti princpi attualmente si trova oppressa di uomini e di prodotti. Una spaventosa miseria sta divorando i ceti pi numerosi e tutta labilit degli uomini che la dirigono non riuscir ad allontanarla dagli scogli cui sta andando incontro, spinta dalla forza degli elementi ai quali si incautamente abbandonata. I distinti professori delluniversit di Oxford, che a quanto pare vanno studiando i vizi radicali del Protestantesimo, troveranno qui unabbondante materia di meditazione per investigare fino a qual punto i pretesi riformatori del sedicesimo secolo contribuirono a preparare lo stato critico in cui, ad onta degli immensi progressi, si trova adesso lInghilterra. Nel mondo materiale tutto regolato con numero, peso e misura; le leggi

delluniverso mostrano, per cos dire, un calcolo infinito ed uninfinita geometria. Ma guardiamoci dal pensare di poter tutto esprimere con i nostri miseri segni, e di poter tutto rinchiudere nelle nostre limitate combinazioni. Guardiamoci soprattutto dallinsensata pretesa di equiparare troppo il mondo morale al mondo materiale, di applicare senza distinzione a quello ci che appartiene solo a questo, e di confondere col nostro orgoglio la misteriosa armonia della creazione. Luomo non nato solamente per procreare, non solamente una ruota messa l al suo posto per lavorare nella grande macchina del mondo. Egli un essere ad immagine e somiglianza di Dio, un essere che ha il destino suo proprio, destino superiore a quanto gli sta intorno sulla terra. Non vogliate abbassarne laltezza, n chinarne al suolo la fronte ispirandogli solamente pensieri terreni; non vogliate inaridirgli il cuore privandolo dei sentimenti virtuosi e sublimi e non lasciandogli altri piaceri al di fuori di quelli materiali. Se i suoi pensieri religiosi lo portano ad una vita austera, se il generoso impegno di sacrificare sugli altari del suo Dio i piaceri di questa vita gli domina il cuore, perch volete impedirglielo? con quale diritto lo insultate disprezzando un sentimento che richiede certamente una forza danimo superiore a quella che occorre per abbandonarsi vilmente al godimento dei piaceri terreni? Queste considerazioni, da attribuire ad ambedue i sessi, acquistano tuttavia maggiore importanza quando sono riferite alla donna. Con la fantasia esaltata, il cuore appassionato e lo spirito leggero, ha bisogno anche pi delluomo di ispirazioni severe, di pensieri seri e gravi che bilancino per quanto possibile quella volubilit con cui considera ogni cosa, ricevendo con estrema facilit le impressioni da tutto ci che tocca e comunicandole come attraverso un fluido magnetico a quanti le stanno intorno. Lasciate dunque che una parte del bel sesso si consacri ad una vita di contemplazione e di austerit, lasciate che le fanciulle e le Signore abbiano sempre davanti agli occhi un modello di tutte le virt, un tipo sublime del loro pi bellornamento che il pudore; ci non sar certamente inutile. Queste vergini non sono sottratte n alla famiglia n alla societ; e luna e laltra ricupereranno con linteresse ci che voi vi immaginavate che avessero perduto. Infatti, chi pu valutare linfluenza che le celebrazioni sacre con cui la Chiesa cattolica solennizza la consacrazione di una vergine a Dio devono avere esercitato sui costumi della donna? Chi pu calcolare i santi pensieri, le caste ispirazioni che saranno uscite da quelle taciturne case del pudore che ora sinnalzano in luoghi solitari, ora in mezzo a popolose citt? Credete che la fanciulla nel cui petto si agita una forte passione, che la donna che abbia nel suo cuore inclinazioni pericolose non avranno trovato mille volte un freno alla loro passione col solo ricordarsi della sorella, della parente, dellamica che l nella casa del silenzio innalzava al cielo un cuore puro, offrendo in olocausto al Figliuolo della Vergine tutti glincanti della giovent e della bellezza? A questo non si pensa, vero, ma certo almeno che di l non esce alcun pensiero mondano, non viene suscitata alcuna inclinazione voluttuosa. A questo non si pensa, vero, ma altrettanto poco si pensa alla salutare influenza che esercita sulle piante la rugiada della mattina, altrettanto poco si pensa allazione vivificante della luce su tutta la natura, altrettanto poco si pensa allacqua che

sinfiltra nelle viscere della terra, la feconda e la rende fertile, facendo germogliare dal suo seno leggiadri fiori e frutta squisite. Tante sono le cause di cui non si pu mettere in dubbio n lesistenza, n lefficacia, e che ci nonostante non si possono assoggettare ad un esame rigoroso. Che se cerchiamo la ragione dellimportanza che caratterizza qualunque opera che sia originata esclusivamente dalla mente delluomo, la troveremo in questo: che egli non capace di abbracciare il complesso delle relazioni che sintrecciano in questo genere di cose, e non pu apprezzarne a dovere le influenze indirette, talvolta occulte, talvolta impercettibili, estremamente delicate. Per questo viene il tempo a dissipare tante illusioni, a smentire tante previsioni, a manifestare la debolezza di ci che si credeva forte e la forza di ci che si credeva debole. Ed perch col tempo si vanno svolgendo mille relazioni di cui non se ne sospettava lesistenza, si pongono in azione mille cause che non si conoscevano o addirittura si disprezzavano; gli effetti vanno crescendo, si vanno presentando con tutta chiarezza fino a tanto che si formi una nuova situazione dove non possibile chiudere gli occhi allevidenza dei fatti, n resistere alla forza delle cose. Ed ecco uno degli equivoci che pi infastidiscono negli argomenti dei nemici del Cattolicesimo: essi non riescono mai a considerare le cose se non sotto un unico aspetto. Non concepiscono infatti che una forza possa avere altra direzione che non sia quella in linea retta, e non si accorgono che sia il mondo morale, che quello materiale, sono un complesso di relazioni infinitamente diverse, dinfluenze indirette che operano alle volte con pi efficacia di quelle dirette, che il tutto forma un sistema di corrispondenze e di armonia dove non bisogna separare le parti se non in quanto necessario per conoscere meglio i vincoli nascosti e delicati che le uniscono al tutto; dove infine conviene lasciare che operi il tempo, elemento indispensabile per il compimento di ogni sviluppo e di qualunque opera duratura. Mi sia concessa questa breve digressione per ribadire delle verit che non sono mai sufficientemente tenute presenti quando si tratta di esaminare le grandi istituzioni fondate dal Cattolicesimo. La filosofia oggigiorno deve subire amare delusioni: si vede obbligata a ritrattare giudizi rilasciati con troppa leggerezza, modificare princpi stabiliti con imprudente generalizzazione, E tutta questa fatica avrebbe potuto risparmiarsela se fosse stata un poco pi prudente nei suoi giudizi e pi misurata nel corso delle sue ricerche. Alleata al Protestantesimo nel condurre una guerra mortale ai grandi princpi cattolici, essa fece molto rumore per le stravaganze morali e religiose, e intanto dai quattro angoli del mondo civile si alza una voce unanime ad invocare un principio di unit. Listinto dei popoli lo cerca, i filosofi si addentrano nei segreti della scienza con lintenzione di scoprirlo. Vani sforzi! Nessuno pu stabilire un altro fondamento diverso da quello che gi stabilito. La sua durata risponde della sua solidit .

CAPITOLO XXVII

Esame dellinfluenza del feudalesimo nel rivalutare la donna europea. Opinione di M. Guizot. Origine del suo errore. Lamore del cavaliere. Spirito della cavalleria. Rispetto dei Germani per le donne. Analisi del famoso passo di Tacito. Considerazioni sopra questo storico. Testimonianza di Cesare sui barbari. Difficolt di conoscere bene lo stato della famiglia e della societ tra i barbari. Il rispetto di cui gode la donna europea dovuto al Cattolicesimo. Distinzione tra Cristianesimo e Cattolicesimo: perch necessaria. _______________ Uno zelo instancabile per la santit del matrimonio, e unestrema sollecitudine di portare il sentimento del pudore al pi alto grado di delicatezza sono i due grandi mezzi utilizzati dal Cattolicesimo per rivalutare la donna. Con questi mezzi riusc infatti a raggiungere lo scopo, e di qui deriva il potere e limportanza delle donne in Europa. Ed ben lontano dal vero il Sig. Guizot quando dice, ( Lez. 4) che questa particolarit della civilt europea uscita dal seno del feudalesimo. Non star qui a disputare sulla maggiore o minore influenza che il feudalesimo pot esercitare nello sviluppo dei costumi domestici, e non negher che lo stato di solitudine in cui viveva il Signore feudale, il trovarsi sempre nel suo castello con la moglie e con i figli, e mai con altri, lessere quelli sempre la sua permanente compagnia, il partecipare solo essi ai suoi piaceri e ai suoi impegni, il dividere insieme glinteressi e i destini, non abbia contribuito a sviluppare i costumi domestici, e che questi prendessero un grande e possente dominio sul capo famiglia. Ma chi fece s che il signore nel ritornare al castello trovasse una sola moglie e non pi di una? Chi glimped che, abusando del suo potere, non convertisse la sua casa in un harem? Chi lo fren perch non sciogliesse le briglie alle sue passioni, e non sacrificasse loro le pi leggiadre fanciulle che vedeva nelle famiglie dei suoi timorosi vassalli? Nessuno potr negare che a far questo furono le dottrine e i costumi rigorosi introdotti in Europa dalla Chiesa cattolica e le leggi severe con cui essa oppose un solido argine al traboccare delle passioni. E di conseguenza, ammesso pure che il feudalesimo abbia fatto il bene che si suppone, ne saremmo sempre debitori alla Chiesa cattolica. Ci che diede occasione ad esaltare pi del dovuto linfluenza del feudalesimo sullimportanza che acquisirono le donne fu senza dubbio una particolarit di quei tempi che si presenta con grande risalto, e che effettivamente a prima vista porta a fuorviare. Questo fatto consiste nel gagliardo spirito di cavalleria che, germogliando nel seno del feudalesimo e diffondendosi rapidamente, produsse le azioni pi eroiche, diede origine ad una letteratura ricca dimmaginazione e di sentimento, e contribu non poco ad ammansire e moderare i feroci costumi dei Signori feudali. Quellepoca si distinse in modo particolare per lo spirito di galanteria: non quella che anche oggi si usa nelle affettuose relazioni tra i due sessi; ma di una galanteria portata al pi alto grado di esagerazione da parte delluomo, combinata in modo singolare col pi eroico valore, col pi sublime disinteresse, la pi viva fede e la pi ardente religiosit. Dio e la sua dama: ecco il pensiero eterno del cavaliere, quello che ne domina tutte le facolt, ne occupa tutti i momenti e ne riempie tutta lesistenza. Purch possa ottenere un trionfo sullamata che non lama ancora, purch abbia in cuore la speranza di offrire ai

piedi della sua Signora i trofei della vittoria, non c sacrificio che gli costi, viaggio che lo stanchi, pericolo che lo fermi, non impresa che lo scoraggi. Limmaginazione esaltata lo trasporta in un mondo fantastico, il cuore gli arde come una fucina, intraprende tutto e tutto conduce a termine; e quello stesso uomo che poco prima combatteva come un leone nei campi della Betica o della Palestina, si scioglie come cera al solo nome dellidolo del suo cuore: volge amorosi sguardi verso la sua patria e sinebria al solo pensare che un giorno, sospirando ai piedi del castello della sua Signora, potr riceverne forse qualche segno damore, o qualche occhiata di sfuggita. Guai al temerario che osasse contrastargli il suo tesoro, guai a quellindiscreto che fissasse gli occhi sui merli da cui il cavaliere spera un segno misterioso! Non altrettanto terribile la leonessa cui hanno rapito i figli, e il bosco flagellato dal vento del Nord non cos agitato quanto lo il cuore del fiero amante, non c chi possa trattenerne la vendetta: o d la morte al rivale, o la riceve. Esaminando questo informe miscuglio di delicatezza e di fierezza, di religione e di passioni, miscuglio sicuramente esagerato dal capriccio dei cronisti e dallimmaginazione dei trovatori, ma che non manca di contenere qualcosa di vero, si osserva che tutto questo era molto naturale in quellepoca, e che non ha niente di quella contraddizione che a prima vista potrebbe apparire. Infatti non c cosa pi naturale che fossero cos violente le passioni di quegli uomini i cui progenitori non molto tempo prima erano venuti dalle selve del Nord a piantare le tende insanguinate sulle rovine delle citt che avevano distrutte; nulla di pi naturale che uomini che non esercitavano altra professione che la guerra non conoscessero altra legge che quella del loro braccio, e che per di pi vivevano in una societ che era ancora sul nascere e mancava di un potere pubblico abbastanza forte per tenere a freno le passioni individuali; nulla infine di pi naturale che in questi uomini fosse cos vivo il sentimento religioso, dal momento che la religione era lunico potere da essi riconosciuto. La religione aveva avvinto la loro fantasia con lo splendore e la magnificenza dei templi, con la maest e la fastosit del mistero, li aveva riempiti di ammirazione col presentare al loro sguardo lo spettacolo delle pi sublimi virt e facendo risuonare allorecchio un linguaggio tanto sublime e nello stesso tempo tanto soave e penetrante. Linguaggio che, sebbene da loro non fosse ben compreso, non mancava tuttavia di convincerli della santit e divinit dei misteri e dei precetti della religione, imponendo loro una venerazione e un rispetto che, agendo su delle anime di una tempra cos vigorosa, generava lentusiasmo e produceva leroismo. Da quanto detto fin qui dobbiamo concludere che quanto vi era di buono in quella esaltazione dei sentimenti, derivava tutto dalla religione; e che se prescindiamo da essa vediamo solamente il barbaro che non conosce altra legge che la sua lancia, n altra guida per la sua condotta che le ispirazioni di un cuore pieno di ardore. Inoltrandoci nello spirito della cavalleria, e fermandoci particolarmente sul carattere dei sentimenti nei riguardi della donna, risulta evidente che, lungi dal rialzarla, la si ritenga gi rialzata e stimata: la cavalleria non le d un posto nuovo, ma trova che dalla donna quel posto stato gi occupato. E in verit, se cos non fosse, come possibile concepire una galanteria cos esagerata e tanto

idealizzata? Immaginate invece la bellezza della vergine coperta dal velo del pudore cristiano, cosa che accresce limmaginazione e lincanto, e allora capirete il delirio del cavaliere; immaginatevi la virtuosa Signora, la compagna delluomo, la madre di famiglia, la donna unica in cui si concentrano tutti gli affetti del marito e dei figli, la sposa cristiana, e ancora capirete perch il cavaliere sinebria al solo pensare che arriver a tanta fortuna, e perch il suo amore qualcosa pi dellamore, pi di un impeto voluttuoso: qualcosa che genera rispetto, venerazione, culto. Alcuni hanno preteso di trovare lorigine di questa specie di culto nei costumi dei Germani, e rifacendosi a certe espressioni di Tacito hanno voluto spiegare il miglioramento sociale delle donne col rispetto con cui le trattavano quei barbari. Il Sig. Guizot rigetta questasserzione e la combatte con molto giudizio, facendo osservare che quanto ci dice Tacito dei Germani non era una caratteristica esclusiva di quei popoli, perch le stesse espressioni, gli stessi sentimenti, le stesse usanze dei Germani, descritti da Tacito, si ritrovano nelle relazioni che molti storici hanno fatto su altri popoli barbari. Ci nonostante anche dopo losservazione del Sig. Guizot questa opinione continua ad essere sostenuta, e quindi bisogna controbatterla di nuovo. Ecco il passo di Tacito: Inesse quin etiam sanctum aliquid et providum putant: nec aut consilia earum aspernantur, aut responsa negligunt. Vidimus sub divo Vespasiano, Veledam diu apud plerosque numinis loco habitam. (De mor. Germ.). Cio: Giungono fino a credere che vi nelle donne qualche cosa di santo e di profetico, e ne apprezzano i consigli, e ne ascoltano le predizioni. Al tempo del divino Vespasiano abbiamo visto che per lungo tempo Velleda fu da molti reputata come dea. A mio giudizio questo passo di Tacito viene frainteso anche qualora lo si voglia intendere come una rappresentazione idealistica delle relazioni coniugali. Se facciamo bene attenzione alle parole dello storico, vedremo che interpretandolo in questo modo siamo molto lontani dal suo pensiero, perch le sue parole si riferiscono soltanto alla superstizione di considerare alcune donne come profetesse. La verit e lesattezza di questa osservazione confermata dalla stessa citazione che fa di Velleda la quale, egli dice, da molti era reputata come dea. In un altro punto delle sue opere ( Storie lib. 4). Tacito spiega il suo pensiero e, parlando della stessa Velleda, ci dice che questa fanciulla della nazione dei Bructeri aveva un grande potere a motivo di quellantico costume dei Germani che consideravano molte donne come profetesse, e crescendo via via la superstizione, arrivavano al punto di ritenerle delle dee (Ea virgo nationis bructerae late imperitabat; vetere apud germanos more, quo plerasque foeminarum fatidicas, et augescente superstitione arbitrantur deas). Questo passo prova con la massima evidenza che Tacito parla della superstizione e non dellordine famigliare, che cosa ben diversa. Perch non c niente di strano che alcune donne siano ritenute semidee mentre il resto di esse occupa nella societ quel posto che ritenuto loro proprio. Ad Atene si dava grande importanza alle sacerdotesse di Cerere, a Roma alle vestali; ed inoltre le pitonesse e le storie delle famose sibille ci dimostrano che il ritenere per profetesse alcune donne non era cosa esclusiva dei Germani. Non devo ora spiegare la causa di questi fatti, mi basta segnalarli; forse la fisiologia potrebbe

fornire lumi alla filosofia della storia su questo argomento. Che lordine della superstizione e quello della famiglia fossero molto diversi lo si pu osservare nella stessa opera di Tacito quando descrive la severit dei costumi dei Germani riguardo al matrimonio. Nulla vi di quel sanctum et providum, ma solamente una austerit che manteneva ciascuno nella linea dei suoi doveri; e ben lungi la donna dallesser tenuta come dea se, mai sia, mancava alla fedelt: nel qual caso si lasciava al marito lincarico di punirne la colpa. Il passo curioso, perch mostra che tra i Germani non era poi tanto ristretta lautorit delluomo sulla donna. Accisis crini bus dice nudatam coram propinquis expellit domo maritus, ac per omnem vicum verbere agit (Dopo averle rasato il capo il marito la caccia di casa in presenza dei parenti e, denudatala, la va frustando per tutto il borgo). Questo castigo d senza dubbio unidea dellignominia con cui presso i Germani era accompagnato ladulterio. Ma non va certo a favore della pubblica stima della donna: sarebbe stato meglio per questa lessere sottoposta a lapidazione. Quando Tacito ci descrive lo stato sociale dei Germani non bisogna dimenticare che forse alcune caratteristiche riguardo ai costumi sono esagerate a bella posta, perch ci cosa naturale in uno scrittore della tempra di Tacito che era sconfortato e inasprito dalla spaventosa corruzione dei costumi che regnava in quei tempi a Roma. Egli ci descrive con stupende pennellate la santit del matrimonio dei Germani, vero: ma chi non vede che mentre scrive ha in mente quelle matrone che, come dice Seneca, dovevano contare gli anni non mediante la successione del consoli, ma dal cambio dei mariti? Quelle matrone senzombra di pudore, in bala della pi sfrenata dissolutezza? Poca fatica costa capire dove mirava laccigliato sguardo di Tacito quando scaglia come tante frecce le sue concise riflessioni: Nemo enim illie vitia ridet, nee corrumpere et corrumpi saeculum vocatur (Col il vizio non fa ridere e la corruzione non si chiama moda). Passo pieno di vigore che ci descrive tutto un secolo e che ci fa capire il segreto piacere che aveva Tacito nel rinfacciare alla corrotta cultura dei Romani la purezza dei costumi dei barbari. Quello stesso piacere che aguzzando larguto ingegno di Giovenale si riversava nel veleno della sua satira sferzante, eccitava lo sdegno di Tacito, facendolo erompere in severi rimproveri attraverso la sua austera filosofia. Che le sue descrizioni siano alquanto esagerate in favore dei Germani, e che tra questi non fossero poi cos puri i costumi comegli vorrebbe persuaderci, lo ricaviamo da altre notizie che circolano su quei barbari. Pu darsi che fossero molto rispettosi riguardo al matrimonio, ma certo per che nei loro costumi non era ignota la poligamia. Cesare, come testimone oculare, riferisce che il re germano Ariovisto aveva due mogli (De bello, Gallico lib. 1); e questo non era un esempio unico, perch lo stesso Tacito ci dice che vi erano alcuni che avevano al tempo stesso pi mogli, non per soddisfare la propria sensualit, ma per nobilt: exceptis admodum paucis, qui non libidine, sed ob nobilitatem pluribus nuptiis ambiuntur. Non priva di grazia quella distinzione di non libidine, sed ob nobilitatem: ma in ogni modo risulta che i re e i nobili, sotto luno o laltro pretesto, si prendevano maggiore libert di quella che avrebbe voluto laustero storico.

Chi sa poi quali princpi morali vigevano in quelle foreste? Se volessimo tentare unipotesi fondandola sullanalogia, cio sulla somiglianza che univa tra loro i popoli del Nord: cosa dovremmo pensare di quellusanza dei Bretoni, i quali in gruppi di dieci o di dodici avevano in comune le mogli, e questo accadeva soprattutto tra fratelli o tra padri e figli, in modo che per distinguere le famiglie bisognava andare a tentoni, attribuendo i figli al primo sposo che aveva preso la fanciulla? Cesare testimone oculare di questa usanza, e lo riporta nel De Bello Gallico (libro 5, XIV): Uxores habent deni duodenique inter se communes et maxime fratres cum fratribus et parentes cum liberis; sed si qui sunt ex his nati, eorum habentur liberi quo primum virgo quaeque deducta est (Riunendosi in gruppi di dieci o dodici, soprattutto fratelli con fratelli e padri con figli hanno mogli in comune; e i figli che nascono sono considerati figli di quello che per primo si unito alla donna). Comunque, al di l di questo, certo almeno che il principio della monogamia non era tanto rispettato fra i Germani come invece si supponeva: vi era uneccezione in favore dei nobili, cio dei potenti, e questo bastava per togliere tutta la forza al principio e prepararne la rovina. In queste cose limitare la legge con delle eccezioni in favore dei potenti poco meno che abrogarla. Si dir che al potente non mancano mai mezzi per infrangere la legge: ma non la stessa cosa infrangerla o far s che ceda il passo. Nel primo caso luso della forza non distrugge la legge, anzi lo stesso urto con cui la sinfrange ne fa sentire lesistenza e mette in luce il torto e lingiustizia. Nel secondo caso la stessa legge che, per cos dire, si prostituisce: in questo caso le passioni non hanno bisogno della violenza per aprirsi il passo, la legge stessa che apre loro spudoratamente la porta. Da quel momento essa resta avvilita e degradata; fa traballare lo stesso principio morale che le serve da fondamento; come in pena per la sua complicit iniqua e diviene oggetto di rimprovero e di critica da parte di coloro che sono tuttavia costretti a rispettarla. Riconosciuto allora che fra i Germani vigeva il privilegio di poligamia a favore dei potenti, questa usanza col tempo doveva passare anche alle altre classi del popolo: ed molto probabile che ci sia avvenuto quando loccupazione di nuovi paesi pi fertili e temperati, e un certo progresso nello stato sociale procurarono loro una maggiore abbondanza di mezzi per soddisfare le pi urgenti necessit. Un male cos grave si pot impedire soltanto grazie alla severit inflessibile della Chiesa cattolica. I nobili e i re conservavano tuttavia una forte inclinazione al privilegio di cui, come abbiamo visto, godettero i loro antenati prima di abbracciare la religione cristiana; ed per questo che nei primi secoli dopo linvasione la Chiesa ottenne a stento di trattenerli nelle loro violente inclinazioni. Coloro che si sono dedicati con tanto zelo a scoprire tra i Germani tanti elementi della civilt moderna, non avrebbero forse avuto miglior successo se nei costumi da noi indicati sopra avessero trovato una delle cause che produssero tanti e cos frequenti scontri tra i prncipi e la Chiesa? Non riesco a capire perch si debba andare a cercare nei boschi dei barbari lorigine di una delle pi belle qualit che fanno onore alla nostra civilt, o perch si voglia attribuire a loro delle virt di cui certamente non mostrarono di essere molto provvisti quando piombarono sulle contrade del Mezzogiorno! Senza

testimonianze, senza storia, e con pochissimi indizi sullo stato sociale di quei popoli, ben difficile, per non dire impossibile. stabilire qualcosa di certo intorno ai loro costumi: ma cosa mai doveva essere la moralit in mezzo a tanta ignoranza, a tanta superstizione e barbarie? Il poco che sappiamo di quei popoli abbiamo dovuto apprenderlo dagli storici romani; e sfortunatamente non questa una delle migliori fonti per attingervi acqua pura. Accade quasi sempre che gli osservatori, particolarmente quando sono guerrieri che vanno a conquistare, possono semplicemente dare qualche ragguaglio dello stato politico dei popoli poco conosciuti che essi osservano, non dicendo poi quasi niente di ci che riguarda lo stato sociale e la famiglia. Per formarsi unidea su questi ultimi aspetti sarebbe necessario introdursi tra le popolazioni da osservare e mescolarsi intimamente con la loro gente, cosa che non possibile dato il diverso livello di civilt alla quale appartengono; tanto meno quando gli osservatori e gli osservati sono divisi da un odio tenace, conseguenza di lunghi anni di guerra mortale. Si aggiunga che in simili casi ci che richiama maggiormente lattenzione quello che pu favorire o contrastare i disegni dei conquistatori, ai quali in genere non interessano le condizioni morali. Ed ora vedremo perch si ha una conoscenza solo superficiale dei popoli che costituiscono loggetto di simili osservazioni, e quanto poco dobbiamo fidarci di tutti i racconti relativi alla religione e ai costumi. Giudichi il lettore la fondatezza di queste considerazioni quando si tratta di valutare adeguatamente il valore dei racconti che i Romani ci fanno riguardo ai barbari. Basta fissare lo sguardo su quelle scene di sangue e quegli orrori protrattisi per secoli, nei quali si vedeva da una parte lambizione di Roma che, non contenta del dominio del mondo conosciuto voleva estenderlo fino al di l delle pi recondite e insidiose selve del Nord, e dallaltra lindomabile spirito dindipendenza dei barbari che rompevano le catene e con violenti attacchi distruggevano le barriere con cui la maestria dei generali romani faceva ogni sforzo per rinchiuderli nei loro boschi. Comunque sia, si corre sempre un grande rischio quando si va a cercare nella barbarie una delle pi belle gemme della civilt, e a spiegare per mezzo di sentimenti superstiziosi e vaghi ci che per lo spazio di molti secoli ha formato, e forma tuttora, il modo di vivere di quellinsieme di popoli, i pi progrediti che mai si fosse visto al mondo. Se questi nobili sentimenti (che ci vogliono convincere essere derivati dai barbari) esistevano realmente tra loro, come mai non vennero meno nel periodo delle invasioni e delle agitazioni? Se nulla rimasto di quello stato sociale, saranno proprio questi sentimenti lunica cosa che si sia conservata, non gi in un modo qualunque, ma sfrondati della superstizione e della rozzezza, purificati, nobilitati e trasformati in un sentimento ragionevole, giusto, salutare, cavalleresco, degno dei popoli civili? Tali e tante asserzioni presentano a prima vista il carattere di arditi paradossi. Perci quando necessario spiegare grandi fenomeni nellordine sociale, una corretta impostazione filosofica quella di cercare lorigine dei princpi che hanno esercitato per lungo tempo una vigorosa influenza sulla societ, nei costumi e nelle istituzioni derivati da tali princpi, e nelle leggi riconosciute e venerate per molti secoli come stabilite da unautorit divina.

E perch allora per spiegare la stima di cui godono le donne europee dobbiamo ricorrere alla venerazione superstiziosa tributata dai popoli barbari, l nei loro tuguri primitivi, a Velleda, ad Aurinia o a Gauna? La ragione, il semplice senno, ci dicono che non questa la vera origine del meraviglioso fenomeno che andiamo esaminando; che necessario cercare altrove linsieme di cause che hanno concorso a produrlo. La storia ci rivela queste cause, o per meglio dire ce le rende tangibili, presentandocele con una grande abbondanza di prove che non lasciano il minimo dubbio sul principio da cui derivata uninfluenza cos benefica e sublime. Prima del Cristianesimo la donna era oppressa sotto la tirannia delluomo, poco pi su del grado di schiava: debole comera, si vedeva condannata a cedere al pi forte. Venne la religione cristiana, e con le sue dottrine di fratellanza in Ges Cristo e di uguaglianza di fronte a Dio senza distinzione di condizioni o di sesso, distrusse il male fin dalla radice, insegnando alluomo che la donna non deve essergli schiava, ma compagna. Da allora in poi la condizione della donna miglior ovunque il Cristianesimo andava diffondendosi; e nonostante la resistenza che gli antichi costumi opponevano a questo cambiamento, la donna raccolse ben presto il frutto di un insegnamento che port a cambiarne completamente la condizione, donandole, per cos dire, una nuova esistenza. Ecco una delle prime cause del miglioramento dello stato della donna: causa tangibile, lampante, facile a stabilire senza ricorrere a supposizioni gratuite, che non si fonda su congetture e che salta agli occhi con uno solo sguardo che venga dato ai fatti pi noti della storia. Oltre a ci il Cattolicesimo, con la severit della sua morale e con la rigida difesa a favore del delicato sentimento del pudore, corresse e purific i costumi. In questo modo venne rivalutata la donna, la cui dignit incompatibile con la corruzione e con la licenziosit. Finalmente lo stesso Cattolicesimo, ossia la Chiesa cattolica (e si noti bene che non diciamo il Cristianesimo), con la sua fermezza nello stabilire e conservare la monogamia e lindissolubilit del matrimonio pose un freno ai capricci delluomo e ne convogli i sentimenti sulla sposa unica e inseparabile. Cos con questo insieme di cause la donna pass dalla condizione di schiava a quella di compagna delluomo, da strumento di piacere a degna madre di famiglia, fatta oggetto di stima e di rispetto da parte dei figli e dei famigliari. Cos si cre nelle famiglie una corrispondenza dinteressi e fu garantita leducazione dei figli risultandone quellintimit che rende uniti marito e moglie, padre e figli senza latroce diritto di vita e di morte, e neanche la facolt di eccedere nei castighi. Il tutto unito da legami forti ma soavi basati sui princpi della sana morale, sostenuti dai costumi, rafforzati e custoditi dalle leggi, appoggiati sulla reciprocit degli interessi, assicurati col sigillo della continuit e raddolciti dallamore. Ecco decifrato il mistero, ecco spiegata in modo del tutto soddisfacente lorigine della riabilitazione e della dignit della donna europea; ecco da dove nasce quel tipo dignitoso di famiglia che noi europei abbiamo senza apprezzarlo, senza conoscerlo abbastanza e senza provvedere, come dovremmo, alla sua conservazione. Nel prospettare questa importante materia ho distinto a bella posta tra il Cristianesimo e il Cattolicesimo per evitare quella confusione di termini che ci avrebbe portato alla confusione delle conclusioni. Perch in realt il vero ed

unico Cristianesimo il Cattolicesimo; ma adesso siamo nella dolorosa necessit di non poter far uso indistintamente di queste parole. E non solamente a causa dei Protestanti, ma anche di quella mostruosa terminologia filosofico-cristiana che non dimentica mai di mettere il Cristianesimo tra le stte filosofiche, come se questa religione divina non fosse altro che un sistema generato dalla mente delluomo. Siccome il principio di carit risalta subito ovunque si trovi la religione di Ges Cristo, e si rende visibile anche agli occhi degli increduli, quei filosofi che hanno voluto rimanere nellincredulit, senza per incorrere nella taccia di volterriani, si sono serviti delle parole di fratellanza ed umanit per usarle come argomento dei loro insegnamenti, attribuendo principalmente al Cristianesimo lorigine di queste idee sublimi e dei generosi sentimenti che ne derivano. Cos fanno finta di non romperla del tutto con la storia del passato, come vagheggiava nei suoi vaneggiamenti la filosofia del secolo precedente, ma pretendono di adattare tutto al tempo presente e di preparare la strada ad un pi grande e pi prospero avvenire. Non si creda per che il Cristianesimo di questi filosofi sia una religione divina. Nulla di ci: unidea felice, grandiosa, produttiva di grandi effetti; ma non che unidea puramente umana. il frutto di lunghe e faticose attivit umane. Il politeismo, il giudaismo, la filosofia dOriente, quella dEgitto; quella di Grecia: tutto questo fu una specie di lavoro preparatorio per la grande opera finale. Ges Cristo, secondo loro, altro non fece che ordinare questo pensiero, il quale si muoveva come in embrione e si agitava in seno allumanit: Egli ne fiss lidea, la svilupp, e facendola discendere sul terreno della pratica fece fare al genere umano un passo di enorme importanza nel cammino della perfezione verso la quale diretto. Ma in ogni caso Ges Cristo, agli occhi di questi filosofi, non altro che un filosofo della Giudea, come Socrate della Grecia e Seneca di Roma. Ed gi non poca fortuna se gli consentono di essere esistito come uomo, e non piaccia invece loro di trasformarlo piuttosto in un essere mitologico convertendo la narrazione del Vangelo in una pura allegoria! Ai tempi doggi quindi della massima importanza distinguere il Cattolicesimo dal Cristianesimo ogni volta che si debba chiarire questa materia e descrivere gli immensi benefci di cui tutti i popoli sono debitori alla religione cristiana. Conviene dimostrare che ci che ha rigenerato il mondo non stata unidea gettata a caso in mezzo a tante altre che si contrastavano la preferenza e il predominio, ma un insieme di verit e di precetti discesi dal cielo e trasmessi allumanit da un Uomo-Dio per mezzo di una societ formata e approvata da Lui stesso affinch permanesse fino alla consumazione dei secoli lopera che Egli stabil con la parola, sanzion coi miracoli e sigill col proprio sangue. ragionevole, pertanto, presentare questa societ, che la Chiesa cattolica, la quale realizza con le sue leggi ed istituzioni le ispirazioni e glinsegnamenti del divino Maestro, e compie nello steso tempo lalto destino di guidare gli uomini alleterna felicit e di migliorarne le condizioni, di consolarli e ridurne le pene in questa terra di miserie. Cos si manifesta in concreto il Cristianesimo, o per meglio dire si mostra qual effettivamente e non quale lo fa credere il vano ragionare delluomo. E bisogna notare, per quanto riguarda la verit, che non dobbiamo mai temere

un esame approfondito dei fatti storici. Perch se nel vasto campo in cui siamo portati da simili ricerche troviamo talvolta loscurit; se camminiamo per lunghi tratti in sentieri sotterranei dove non penetrano i raggi del sole e troviamo il terreno oscillante sotto i piedi che minaccia di sprofondare; non dobbiamo esitare di procedere con ancora maggior spirito e coraggio, perch svoltando ad un tratto dalla pi terrificante curva scorgeremo in lontananza la luce che illumina lestremit del cammino, e la Verit seduta sulla soglia che sorride serenamente come per consolarci dei nostri timori e delle nostre angosce. Intanto per necessario dirlo sia a questi filosofi che ai Protestanti: se il Cristianesimo non si fosse sviluppato in una societ visibile che sia concretamente in contatto con gli uomini e che sia autorizzata ad ammaestrarli e dirigerli, altro non sarebbe che una teoria simile a tante altre che si son viste e si vedono ancora sulla terra; e di conseguenza sarebbe se non del tutto sterile, almeno impotente ad innalzare alcuna di quelle opere che nella loro immutabilit attraversano il corso dei secoli. E una di queste senza dubbio il matrimonio cristiano e il tipo di famiglia che ne stata la conseguenza immediata. Invano si sarebbero diffuse idee favorevoli alla dignit della donna e dirette a migliorarne la condizione se la santit del matrimonio non fosse stata garantita da una autorit da tutti riconosciuta e venerata. Le passioni, che ad onta di questa autorit facevano tuttavia ogni sforzo per farsi largo, cosa avrebbero mai fatto qualora non avessero trovato altro ostacolo che quello di una teoria filosofica, o di una idea religiosa portata da una societ priva di quellautorit che esige sottomissione e ubbidienza? Non abbiamo dunque bisogno di ricorrere a questa filosofia stravagante che cerca la luce in mezzo alle tenebre, e che constatando che lordine subentrato al caos, nel suo fantasticare si appigliata al ripiego di affermare che lordine fu prodotto dal caos. Visto che noi troviamo nelle dottrine e nelle leggi della Chiesa cattolica lorigine della santit del matrimonio e della dignit della donna, perch dovremmo andare a cercarla nei costumi primitivi di alcuni barbari, che a mala pena avevano un velo di pudore nei segreti del talamo nuziale? Cesare, parlando dellusanza dei Germani di ritenere vergognoso conoscere le donne prima di ventanni, dice: eppure non si nasconde nulla, poich nei fiumi si bagnano promiscuamente, e si coprono solo con certe pelli che lasciano nuda gran parte del corpo (Cuius rei nulla est occultatio, quod et promiscue in fluminibus perluuntur et pellibus aut paruis rhenorum tegumentis utuntur, magna corporis parte nuda De Bello Gallico lib. 6, XXI). Mi sono visto obbligato a portare delle testimonianze per dissipare i castelli in aria fatti per il gusto di cavillare, e di andare in cerca di cause estranee, quando si tratta di spiegare dei fenomeni di cui si trova facilmente lorigine se soltanto si ricorra con sincerit e buona fede a ci che cinsegnano di comune accordo la filosofia e la storia. E cos era necessario fare, perch si trattava di chiarire uno dei punti pi delicati della storia del genere umano, e di cercare la sorgente di uno dei pi fecondi elementi della civilt europea: si trattava niente meno che di comprendere bene lordine della famiglia, vale a dire di fissare uno dei poli su cui gira lasse della societ. Si glori pure il Protestantesimo di avere introdotto il divorzio, di avere spogliato

il matrimonio del bello e sublime carattere di sacramento, di aver sottratto dalle premure e dalla protezione della Chiesa latto pi importante della vita delluomo; si rallegri pure di aver distrutto i sacri asili delle vergini consacrate al Signore e di aver tanto contrastato la pi angelica e la pi eroica delle virt. Quanto a noi, dopo aver difeso la dottrina e la prassi della Chiesa cattolica al tribunale della filosofia e della storia, concluderemo invocando il giudizio, non proprio dellalta filosofia, ma del semplice buon senso e delle ispirazioni del cuore (18).

CAPITOLO XXVIII La coscienza pubblica. Sua definizione. Cause che la formano. Confronto tra la coscienza pubblica delle societ moderne e quella delle antiche. La coscienza pubblica dovuta allinfluenza del Cattolicesimo. Mezzi di cui si serv il Cattolicesimo per formarla. _______________ Avendo parlato nel capitolo XX delle principali caratteristiche che distinguono la civilt europea, ho indicato tra queste unammirevole coscienza pubblica, ricca di sublimi princpi morali, di regole di giustizia e di equit, di sentimenti donore e di decoro, coscienza che resta sempre viva anche quando fallisce la morale privata, e che non permette che la spudoratezza della corruzione giunga agli eccessi dei popoli antichi. Ora sar opportuno spiegare pi estesamente in che consista questa coscienza pubblica, quale sia lorigine e quali gli effetti; esaminando nello stesso tempo quale parte abbia avuto il Protestantesimo nel formarla e quale il Cattolicesimo: questione importante e delicata, e che oserei dire tuttavia non ancora affrontata perch non credo che qualcuno se ne sia mai occupato. Si parla continuamente delleccellenza della morale cristiana, e su questo punto sono daccordo tutte le stte e le scuole dEuropa; ma non si bada abbastanza al modo con cui questa morale giunta a dominare tutto, allontanando per prima cosa la corruzione del paganesimo, e poi continuando a sostenersi nonostante i danni causati dallincredulit, e formando unammirevole coscienza pubblica alla quale sono dovuti tutti i benfici effetti, che peraltro non vengono apprezzati quanto meritano, e forse senza neanche che di essi ci si avveda. Potremo addentrarci meglio nella materia se prima di tutto ci formiamo unidea ben chiara di ci che sintende per coscienza. Per coscienza, presa questa parola in senso generale, o meglio concettuale, sintende la cognizione che ciascuno ha dei suoi propri atti. Cos si dice che lanima ha coscienza dei suoi pensieri, degli atti della sua volont, delle sue sensazioni; in modo che, presa con questo significato, la parola coscienza esprime la percezione di ci che stiamo facendo o sentendo. Applicata allordine morale, questa parola esprime il giudizio che ci formiamo delle nostre azioni: se sono buone o cattive. Cos, prima di fare unazione, la coscienza ce la mostra come buona o cattiva, e di conseguenza come lecita o

illecita, regolando in tal modo la nostra condotta. E dopo averla compiuta, la coscienza ci dice se abbiamo agito bene o male, giustificandoci o condannandoci, premiandoci con la pace del cuore o tormentandoci col rimorso. Premesse queste cose non sar difficile capire cosa debba intendersi per coscienza pubblica, la quale non altro che il giudizio formato dalla generalit degli uomini sulle azioni. Ne consegue allora che come la coscienza privata pu essere retta o erronea, giusta o indebolita, lo stesso succede per quella pubblica; e che tra la generalit degli uomini di societ diverse ci deve essere una differenza simile a quella che si nota tra gli individui: cio che come in una stessa societ si trovano uomini di una coscienza pi o meno retta, pi o meno erronea, pi o meno giusta, pi o meno indebolita, anche nelle societ ce ne saranno alcune che superano le altre nel formare il giudizio pi o meno giusto sulla moralit delle azioni, e che su questo aspetto sono pi o meno sensibili. Se si osserva bene, la coscienza dellindividuo il risultato di varie cause molto diverse tra loro. un errore credere che la coscienza risieda solamente nellintelletto: essa ha le radici nel cuore. La coscienza un giudizio, vero: ma giudichiamo le cose in una maniera molto diversa secondo il modo con cui le sentiamo. E se a questo si aggiunge che, trattandosi di idee e di azioni morali, i sentimenti hanno uninfluenza grandissima, ne risulta che la coscienza si forma sotto linflusso di tutte le cause che agiscono con qualche efficacia sul nostro cuore. Comunicate a due fanciulli gli stessi princpi morali, ammaestrandoli per mezzo dello stesso libro e dello stesso maestro; ma supponete che uno veda nella propria famiglia lapplicazione continua dellistruzione che riceve, mentre laltro non osserva nella propria che distacco o distrazione. Considerate ora questi due fanciulli una volta entrati nelladolescenza con la stessa convinzione religiosa e morale, di modo che per quanto riguarda lintelletto non si noti tra i due la minima differenza. Credete voi che nonostante ci il loro giudizio sar identico sulla moralit delle azioni che si vanno loro presentando? certo che non lo ! E questo perch? Perch luno non ha che convincimenti, laltro ha in pi i sentimenti; nelluno la dottrina illustrava la mente, nellaltro lesempio continuo incideva la dottrina nel cuore. Ne deriva che ci che il primo guarder con indifferenza laltro lo contempler con orrore; quello che il primo compier svogliatamente il secondo lo eseguir con molta attenzione; ci che per uno sar oggetto di mediocre interesse, per laltro sar di somma importanza. La coscienza pubblica, che poi alla fin fine viene ad essere in certo qual modo la somma delle coscienze private, soggetta alle stesse influenze di queste; e lo a tal punto che neanche ad essa sufficiente linsegnamento, ma necessario anche il concorso di altre cause che possono, non solamente educare lintelletto, ma anche formare il cuore. Paragonando la societ cristiana con la pagana si vede a colpo docchio che su questo punto la cristiana si trova molto al di sopra della pagana, sia per la purezza della sua morale e la forza dei princpi e dei motivi che la distinguono, che per il saggio sistema che adotta: quello dinsistere continuamente con linsegnamento della morale stessa, facendo s che simprima sempre pi profondamente nellanimo di coloro che limparano; e di richiamarla incessantemente affinch non sia dimenticata. Con questo continuo ripetere le stesse verit il Cristianesimo ottiene quello

che non possono ottenere le altre religioni, delle quali nessuna riuscita ad organizzare e seguire un sistema di tale efficacia. Ma essendomi abbastanza dilungato su questo aspetto nel capitolo XIV, non star qui a ripetere ci che dissi allora e passer a fare delle riflessioni particolari sulla coscienza pubblica europea. Non si pu negare che in questa coscienza dominano, generalmente parlando, la ragione e la giustizia. Scorrete i codici e osservate i fatti, e sia nelle leggi che nei costumi non troverete quelle disgustose ingiustizie e quelle ributtanti immoralit che sincontrano negli altri popoli. Vi sono dei mali, certo, e molto gravi anche, ma almeno li conosce e li chiama tutti col loro nome: non viene certamente chiamato bene il male e male il bene. In certe cose insomma la societ assomiglia a queglindividui di buoni princpi e di cattivi costumi, i quali sono i primi a riconoscere che la loro condotta biasimevole e che vi contraddizione tra le loro dottrine e il loro agire. Ci lamentiamo frequentemente della corruzione dei costumi e della depravazione delle nostre grandi citt; ma che sono mai la corruzione e la depravazione delle societ moderne a paragone della sfrenatezza delle societ antiche? Non pu negarsi che in alcune capitali dEuropa non vi sia una corruzione che fa spavento: nei registri della polizia segnato un numero terribile di donne di malaffare; nelle case di accoglienza un ugual numero di bambini esposti; e nelle classi pi agiate linfedelt coniugale e ogni genere di dissolutezza e disordine producono danni dolorosi. Ci nonostante gli eccessi sono ben lontani dal giungere a quelli dei popoli pi evoluti dellantichit, i Greci e i Romani, s che la nostra societ, cos come noi stessi la vediamo con tanto nostro rammarico, a loro sarebbe parsa un modello di pudore e di decoro. Vi sar forse bisogno di rammentare i vizi abominevoli tanto comuni e tanto diffusi allora e che adesso appena si nominano tra noi, o perch si commettono ben rare volte, o perch temendo lo sguardo della coscienza pubblica si nascondono tra le pi dense tenebre, e per cos dire nelle viscere della terra? Sar forse necessario richiamare alla memoria le infamie di cui sono macchiati gli scritti degli antichi che ci descrivono i costumi del loro tempo? Nomi illustri nelle scienze e nelle armi sono passati alla posterit con macchie cos nere che con grande difficolt verrebbero oggi riportate in uno scritto: la qual cosa ci rivela la profonda corruzione in cui erano immerse tutte le classi di quellepoca, quando era pubblicamente conosciuto, o almeno sospettato, il livello di degradazione al quale erano giunti quegli uomini che per il loro rango e per altri motivi erano le guide della societ di allora. Vogliamo parlare della cupidigia, di quella sete delloro presente ovunque e che tutto rovina? E allora considerate quegli usurai che dappertutto succhiavano il sangue del popolo, leggete i poeti satirici, e qui capirete quali erano le usanze riguardo a questo fenomeno; consultate gli annali della Chiesa e vedrete con quanta pena ha cercato di attenuare i mali causati da questa piaga. Leggete le testimonianze della storia romana e troverete la maledetta sete delloro, e gli spietati pretori che rubavano senza pudore portando a Roma in trionfo il frutto delle loro rapine, per vivere con uno sfarzo scandaloso e comprare i voti che dovevano procurar loro nuove cariche. No! Nella civilt europea, nei popoli

formati nel Cristianesimo non sarebbero a lungo tollerati mali cos gravi. Si supponga pure il malgoverno, la tirannia, la corruzione dei costumi a qualunque grado si voglia; ma la coscienza pubblica alzer la voce e guarder con occhio torvo gli oppressori. Si potranno bens commettere certe ingiustizie, ma la rapina non sar mai elevata ad un sistema sfacciato, n mai diventer una regola di governo. Le parole di giustizia, moralit e umanit che continuamente si ripetono tra noi, e non come parole vuote di senso, producono grandissimi effetti e impediscono grandi mali. Latmosfera in cui viviamo in un certo modo satura di queste idee, e con essa noi le respiriamo; e mille e mille volte la mano del colpevole ne viene trattenuta. Perch resistendo esse con forza incredibile alle dottrine materialiste e utilitaristiche, continuano ad esercitare sulla societ un effetto incalcolabile. Vi un sentimento di moralit che mitiga e domina tutto, sentimento la cui forza tale che costringe il vizio a conservare le apparenze della virt e a coprirsi con cento veli se non vuole essere oggetto della pubblica esecrazione. Sarebbe logico pensare che la societ moderna avrebbe dovuto ereditare da quella antica la corruzione, poich dai resti di questa che stata formata, e proprio quando la corruzione dei costumi era giunta al pi alto grado. da notarsi inoltre che linvasione dei barbari fu tanto lontana dal migliorare la situazione, che contribu piuttosto a peggiorarla; e questo non solamente per la corruzione propria dei costumi brutali e feroci, ma anche per il disordine che introdussero nei popoli sottomessi abrogando le leggi, sconvolgendo gli usi e i costumi e annientando ogni autorit. Da tutto questo risulta che tanto pi singolare il miglioramento della coscienza pubblica che contraddistingue i popoli europei, e che questo miglioramento non pu attribuirsi ad altra causa che allinfluenza di quel vitale e potente principio che per lunghi secoli oper in seno allEuropa. da notare in modo particolare la condotta tenuta dalla Chiesa riguardo a questo, essendo forse uno dei fatti pi importanti della storia di quei tempi. Prendete un secolo qualunque, un secolo in cui la corruzione e lingiustizia erano pi sfrenate, ed osserverete che per quanto ripugnanti ed immorali fossero i comportamenti, la legge rimaneva sempre pura: vale a dire che la ragione e la giustizia avevano sempre i loro banditori, anche quando sembrava che non dovessero essere ascoltati da nessuno. Le tenebre dellignoranza erano densissime, le passioni incontrollate non conoscevano pi argine che bastasse a trattenerle, ma linsegnamento e le ammonizioni della Chiesa non mancavano mai, come in tenebrosa notte brilla da lontano il faro che indica ai naviganti sperduti la speranza della salvezza. Nel leggere la storia della Chiesa, quando si vedono riunirsi da ogni parte i Concili e proclamare le norme della morale evangelica e intanto si vedono dappertutto le cose pi scandalose; quando si sente incessantemente insegnare il diritto, tanto violato e calpestato dal fatto, uno ovviamente si chiede: a che servono le parole, quando sono in pieno contrasto con i fatti? Ma nonostante ci non si pensi che sia inutile una tale proclamazione, e non ci si scoraggi di dovere aspettare dei secoli per raccogliere il frutto della parola! Quando in una societ un principio viene proclamato per molto tempo, questo

finisce sempre con lacquistare un influsso; e se il principio vero e contiene in s un elemento vitale, prevale infine sugli altri che gli si oppongono, e diventa padrone di ci che lo circonda. Lasciate dunque parlare la verit, lasciatela protestare, e protestare continuamente: solo questo impedir che il vizio predomini, lo lascer sempre col suo nome effettivo e impedir alluomo insensato di divinizzare le passioni e di metterle sugli altari dopo averle adorate nel suo cuore. Non dubitate che non sar inutile questa protesta, e infine la verit uscir vittoriosa e trionfante; perch la protesta della verit la voce dello stesso Dio che condanna le usurpazioni della sua creatura. E infatti cos accadde: la morale cristiana, in lotta prima contro i dissoluti costumi dellimpero, e poi con la brutalit dei barbari, dovette attraversare molti secoli tra dure prove; ma finalmente trionf su tutte e arriv a dominare la legislazione e i costumi pubblici. Ed anche se non bisogna dire che port quella e questi al grado di perfezione (il che richiederebbe la purezza della morale evangelica), tuttavia fece sparire le ingiustizie pi ripugnanti, cacci le usanze pi feroci e mise un freno allinsolenza dei pi sfacciati costumi. E ottenne per di pi che il vizio fosse chiamato ovunque vizio, che non si mascherasse sotto mentite vesti e che non ottenesse con intollerabile sfacciataggine quelle apoteosi che ebbe presso gli antichi. Ed ora, nei tempi moderni, le tocca combattere contro quella scuola che stabilisce come unico principio della morale linteresse personale: e sebbene sia vero che non riesca ad impedire i gravi danni conseguenti a questo insegnamento funesto, riesce per a ridurli. Guai al mondo se venisse un giorno in cui si potesse dire a viso aperto: la mia virt il mio interesse, il mio onore il mio interesse, tutto buono o cattivo secondo che mi procura una sensazione piacevole o sgradita ! Guai al mondo il giorno in cui la coscienza pubblica non rigettasse con indignazione un linguaggio cos spudorato! Loccasione opportuna che mi si presenta, e il desiderio di chiarire ancora meglio una materia di tanta importanza, minducono a presentare alcune osservazioni intorno ad unopinione di Montesquieu relativa ai censori della Grecia e di Roma. Se si tratter di una digressione non sar senza intenzione. CAPITOLO XXIX Analisi della teoria di Montesquieu sui princpi su cui si fondano le varie forme di governo. Gli antichi censori. Perch le societ moderne non li hanno. Cause che fecero fuorviare Montesquieu su questo punto. Equivoco del medesimo sullonore. Questonore, se bene analizzato, il rispetto alla [per la] coscienza pubblica. Illustrazione della materia con episodi storici. _______________ Montesquieu ha affermato che le repubbliche si conservano con la virt e le monarchie con lonore; osservando inoltre che questo onore fa s che non siano necessari tra noi i censori, come lo erano tra gli antichi. senzaltro certo che nelle societ moderne non esistono questi censori incaricati di vigilare sul

mantenimento dei buoni costumi; ma non altrettanto certo che la causa di tale differenza sia quella che viene assegnata dallillustre pubblicista. Le societ cristiane hanno i censori nati dei costumi nei ministri della religione. La Chiesa possiede la pienezza di questa magistratura, con questa differenza: che il potere censorio degli antichi era unautorit puramente civile, mentre quello della Chiesa un potere religioso, la cui origine e legittimazione discendono dallautorit divina. La religione dei Greci e dei Romani non esercitava, n poteva esercitare, questo potere censorio sui costumi. Per convincersi di tale verit basta leggere il celebre passo di S. Agostino da me inserito nel cap. XIV, passo di tanta importanza in questa materia che oserei pregare di rileggerlo. Questa la ragione per cui in Grecia e a Roma troviamo i censori, che non si videro successivamente nei popoli cristiani. I censori erano un supplemento alla religione pagana, della quale mostravano chiaramente limpotenza: infatti pur essendo essa padrona di tutta la societ, non riusciva tuttavia a compiere uno dei primi doveri di ogni religione, quello cio di vigilare sui costumi. tanto vera questa mia osservazione che man mano che tra i popoli moderni andata riducendosi linfluenza della religione e lautorevolezza dei suoi ministri, sono comparsi nuovamente in certo qual modo gli antichi censori nellistituzione che noi chiamiamo polizia. Quando mancano i mezzi morali indispensabile usare quelli materiali: alla persuasione viene sostituita la violenza; e invece del missionario pieno di carit e di zelo, il colpevole si trova di fronte al ministro della forza pubblica. Molto stato scritto sul pensiero di Montesquieu riguardo ai princpi che sono alla base delle diverse forme di governo, ma forse non si e riflettuto abbastanza sul fenomeno osservato dal pubblicista, e che contribu a fuorviarlo. Siccome questo intimamente collegato al punto da me toccato sulle cause dellesistenza dei censori, svilupper con una certa ampiezza le osservazioni appena accennate. Al tempo di Montesquieu la religione cristiana non era conosciuta a fondo come adesso per ci che riguarda limportanza sociale; e sebbene su questo punto lautore dello Spirito delle leggi le tribut un elogio totale, non bisogna dimenticare quali siano stati negli anni della sua giovent i pregiudizi anticristiani, e conviene aver presente che nello Spirito delle leggi egli molto lontano dal rendere alla vera religione la giustizia che le dovuta. Erano allora in gran voga le idee della filosofia irreligiosa che alcuni anni dopo sedussero tanti sciagurati ingegni; e Montesquieu non ebbe la forza sufficiente per dominare completamente quello spirito che tanto si estendeva, e che minacciava dinvadere e dominare tutto. A questa causa se ne univa unaltra, che sebbene distinta dalla prima, mostrava peraltro la stessa origine; ed era il favore preconcetto per quanto c di antico, e unammirazione cieca per tutto ci che era Greco o Romano. Ai filosofi di quel tempo sembrava che la perfezione sociale e politica fosse giunta al pi alto grado presso quei popoli, che poco o nulla le si poteva aggiungere o levare; e che anche nella religione le loro leggende e le festivit erano mille volte da preferirsi ai dogmi ed al culto della religione cristiana. Agli occhi dei nuovi filosofi il cielo dellApocalisse non poteva stare a paragone col cielo dei campi Elisi, la

maest di Jehovah era inferiore a quella di Giove; tutte le pi sublimi istituzioni cristiane erano eredit dellignoranza e del fanatismo, le fondazioni pi sante e benefiche dei luoghi pii erano opere dalle finalit sospette, nonch lespressione e il mezzo di sordidi interessi; la pubblica autorit non era pi che una atroce tirannia. Erano belle, giuste e benefiche solo le istituzioni pagane. In queste tutto era saggio, tutto conteneva profondi disegni, sommamente vantaggiosi per la societ; solamente gli antichi avevano goduto dei vantaggi sociali, solo essi erano riusciti a dare ordine alla pubblica autorit con garanzia per la libert dei cittadini. I popoli moderni dovrebbero piangere con lacrime di sangue per non poter far parte del via vai nel Foro, per non poter ascoltare oratori come Demostene e Cicerone, per essere privati dei giuochi olimpici, per non poter andare a vedere il pugilato degli atleti, per non avere la fortuna di professare una religione che quantunque piena dillusioni e di menzogne, dava per a tutta la natura un interesse drammatico, animandone le fonti, i fiumi, le cascate, i mari, popolando i campi, le praterie e i boschi di ninfe leggiadre; dando alluomo dei compagni del focolare domestico, e soprattutto rendendo la vita pi sopportabile e gradita col togliere il freno alle passioni, che essa divinizzava sotto le forme pi affascinanti. In mezzo a tutti questi pregiudizi, comera possibile comprendere bene le istituzioni dellEuropa moderna? Si capovolgeva tutto in modo deplorevole: era tutto da condannare senzappello, e chiunque avesse osato prenderne le difese era considerato un uomo da niente o in malafede, e che non poteva ricevere altro aiuto che quello che gli veniva dai governi. Governi che erano a favore di una religione e di istituzioni che molto probabilmente (secondo questi filosofi) non dovevano tardare ad andare in rovina. Deplorevole sviamento dello spirito umano! Che direbbero adesso quegli scrittori se potessero sollevare il capo dalla tomba? Eppure non ancora passato un secolo da quando la loro scuola cominci ad avere influenza! E i loro discepoli sono stati per lungo tempo padroni di regolare il mondo come meglio pareva e piaceva loro; e non hanno fatto altro che far spargere fiumi di sangue, accumulando nuove esperienze e nuovi disinganni nella storia dellumanit! Ma torniamo a Montesquieu. Questo pubblicista, che tanto ha risentito dellatmosfera in cui vissuto, e che tra laltro non manc di avere qualche parte nel corromperla, comprese i fatti che agli occhi dellosservatore si presentano con tanta evidenza, come anche comprese gli effetti della coscienza pubblica formatasi nei popoli europei grazie allinflusso del Cristianesimo; ma nel notare gli effetti non risal alla vera causa, e si sforz in ogni maniera di adattarli al sistema che aveva immaginato. Paragonando la societ antica con la moderna scopr una notevole differenza nella condotta degli uomini, ed osserv che tra noi si compiono le pi eroiche e belle azioni, e si evitano anche molti vizi che contaminavano gli antichi. Ma si nota anche che gli uomini delle nostre societ non hanno sempre quella forte tempra morale che dovrebbe caratterizzare in modo naturale la loro condotta. La cupidigia, lambizione, lamore per i piaceri e le altre passioni regnano nel mondo, e basta dare unocchiata intorno per riconoscerle ovunque. Ci nonostante queste passioni non giungono mai a quegli eccessi che deploriamo negli antichi: vi un freno misterioso che le

trattiene prima di scagliarsi sulla preda che le lusinga, dnno sempre unocchiata intorno per loro cautela, e non rischiano di abbandonarsi a certi eccessi se non son sicure di avere un fitto velo che le ricopra. Temono in modo particolare la vista degli uomini, e non possono vivere che nella solitudine e nelle tenebre. E qual la ragione di questo fenomeno? Domandava a se stesso lautore dello Spirito delle leggi: Gli uomini, avr detto, molte volte agiscono non per virt morale, ma per paura del giudizio che gli altri uomini daranno delle sue azioni: questo significa agire per onore. Questo un fatto che si osserva in Francia e nelle altre monarchie di Europa: questo dunque un carattere distintivo dei governi monarchici; e questa evidentemente la base di tale forma politica; e qui la differenza tra la repubblica e il governo assoluto. Ascoltiamo lautore stesso: In che tipo di governo sono necessari i censori? In una repubblica dove il principio del governo la virt. Non sono solamente i delitti che distruggono la virt, ma anche le negligenze, le mancanze, una certa indifferenza per lamor di patria, gli esempi pericolosi, i semi di corruzione: le quali cose senza toccare le leggi, le eludono, e senza distruggerle le indeboliscono. Tutto questo deve esser corretto dai censori Nelle monarchie non ce n bisogno perch sono fondate sullonore, il quale di sua natura ha per censore tutto luniverso. Chiunque manca allonore si trova esposto ai rimproveri di quegli stessi che non ne hanno ( Spirito delle leggi, lib. 5, c. XIX.). Ecco ci che pensava questo pubblicista. Ci nonostante se si riflette sulla cosa si rileva che egli prese un abbaglio portando sul piano politico e spiegando per mezzo di cause puramente politiche un fatto puramente sociale. Montesquieu assegna come tipico delle monarchie ci che comune a tutte le societ moderne, e sembra che non abbia compresa la vera causa per cui in queste non stata necessaria listituzione dei censori, come neanche indovin il vero motivo di tale necessit nelle antiche repubbliche. In Europa non ci sono state solo forme monarchiche di governo, se ne sono viste pure di repubblicane, ed anche potenti; e tuttora se ne trova qualcuna nientaffatto meschina. La monarchia stessa andata soggetta a varie modificazioni, unendosi ora con la democrazia, ora con laristocrazia, ora esercitando un potere assoluto, ora agendo in un modo pi o meno liberale. Con tutto ci si trova dappertutto quel freno di cui parla Montesquieu, e che egli chiama onore; cio quel potente stimolo a fare le azioni buone che nello stesso tempo un forte ostacolo a fare le cattive, ostacolo costituito dal timore del giudizio che gli altri si formano di noi. Nelle monarchie dice Montesquieu non c necessit di censori perch esse sono fondate sullonore, e lonore di sua natura fa avere per censore tutto luniverso. Parole interessanti perch ci svelano tutto il pensiero dello scrittore e allo stesso tempo ci mostrano lorigine del suo abbaglio. Parole che ci serviranno come chiave per decifrare lenigma; e per farlo in modo conveniente allimportanza della materia e con la chiarezza necessaria ad un oggetto che per la complessit delle relazioni che abbraccia presenta qualche difficolt, cercher di esporre le idee con la maggiore precisione possibile. Il rispetto per il giudizio degli altri innato nelluomo; e quindi naturale che egli faccia o eviti di fare molte cose per riguardo a questo giudizio. Ci si fonda

su un fatto semplicissimo che consiste nellamor proprio: non altro che lamore per la nostra buona reputazione, il desiderio che di noi si abbia un buon concetto, o il timore che invece se ne abbia uno cattivo da parte dei nostri simili. Queste sono cose troppo semplici e chiare perch ci sia bisogno di prove o commenti, o anche solo per richiederli. Lonore uno stimolo pi o meno vivo, o un freno pi o meno potente, secondo la maggiore o minore severit nel giudicare che supponiamo negli altri. Per questo motivo, quando si trova tra persone generose, lavaro fa uno sforzo per sembrare splendido, cos come lo scialacquatore si frena se si trova in compagnia di persone che amano leconomia. In una riunione dove i partecipanti siano in generale morigerati anche i libertini si mantengono entro i limiti del dovere; in unaltra invece, dove campeggi la licenziosit, giungono a prendersi certe libert anche quelli che normalmente sono di costumi severi. La societ in cui viviamo va vista come una grande assemblea: se sappiamo che vi dominano norme severe; se udiamo proclamare ovunque le regole della sana morale; se ci formiamo il concetto che le persone con cui viviamo chiamano sempre ciascuna azione col suo nome senza che il giudizio su queste persone sia deformato dalla sregolatezza che talvolta possono avere nella loro condotta, in tal caso ci vedremo attorniati da ogni parte da testimoni e da giudici che non riusciremo a corrompere: e questo ci tratterr in ogni momento dal desiderio di agire male, e ci servir da sprone a comportarci sempre bene. Accadr invece il contrario se noi possiamo contare su molta indulgenza da parte della societ nella quale ci troviamo: allora, anche ammettendo in noi lo stesso modo di pensare, il vizio non ci sembrer pi tanto brutto, n il delitto cos detestabile, n la corruzione cos ripugnante; i nostri pensieri saranno molto diversi rispetto alla moralit della nostra condotta, e collandar del tempo le nostre azioni arriveranno a sentire gli effetti della funesta influenza dellatmosfera in cui viviamo. Ne deriva quindi che per formarci in cuore il sentimento dellonore in modo tale che sia abbastanza efficace per evitare il male e produrre il bene, conviene che la societ sia dominata dai princpi di sana morale, cos che questa sia una fede normalmente radicata. Se si ottiene questo si giunger a formare certe abitudini sociali che moralizzeranno i costumi, e anche se non dovessero arrivare a prevenire la corruzione di molti individui, basteranno tuttavia per costringere il vizio a coprirsi di certe forme le quali, per quanto siano ipocrite, non mancheranno di contribuire al decoro dei costumi. I benfici effetti di queste abitudini dureranno anche dopo che si saranno considerevolmente indebolite le credenze che sono la base dei princpi morali; e la societ raccoglier in abbondanza i frutti salutari di quello stesso albero che disprezza o che ignora. Questa la storia della moralit delle societ moderne, le quali quantunque corrotte in un modo deplorevole, non lo sono per quanto le antiche, e conservano ancora nella legislazione e nei costumi un fondo di moralit e di decoro che i guasti provocati dalle idee irreligiose non hanno potuto distruggere. La coscienza pubblica ancora viva: essa continua a censurare il vizio e ad esaltare la bellezza e i vantaggi della virt; regna sui governi e sui popoli ed

esercita il potente dominio di un elemento sparso ovunque e come diffuso nellatmosfera che respiriamo. Oltre allAreopago dice Montesquieu vi erano in Atene guardiani dei costumi e guardiani delle leggi: a Sparta tutti gli anziani erano censori; a Roma un magistrato particolare aveva lincarico della censura. Come il Senato vigilava sul popolo, era ritenuto opportuno che vi fossero censori che rivolgessero lattenzione sia sul popolo che sul Senato: questi censori avevano il compito di risanare nella repubblica quanto vi era di traviato, di constatare il disinteresse, giudicare le negligenze e correggere le mancanze, allo stesso modo che le leggi castigavano i delitti (Spirito delle Leggi lib. 5 cap. VII). Pare che lautore dello Spirito delle leggi nel descriverci i doveri degli antichi censori avesse in mente di fare un quadro delle funzioni di un potere religioso. Arrivare ove non giungono le leggi civili, correggere e, i un certo modo, castigare ci che le leggi lasciano impunito; esercitare sulla societ uninfluenza pi vicina e pi minuziosa di quella che spetta al legislatore: ecco lo scopo dei censori. Chi non vede che tale potere stato sostituito con efficacia dal potere religioso, e che il fatto che quello dei censori non stato pi necessario per la societ moderna dipende dalla presenza di quello religioso o agli effetti dellazione che questo ha esercitato per lunghi secoli? Che questa influenza religiosa abbia guidato con grande autorit e per lungo tempo tutti gli intelletti e i cuori, un fatto registrato in tutte le pagine della storia europea. Quale poi sia stato leffetto di questa benefica influenza tanto calunniata e cos male intesa, lo stiamo toccando con mano noi che ancora vediamo dominare nel pensiero e nella coscienza pubblica i princpi di giustizia e di sana morale, nonostante i guasti che nelle coscienze individuali hanno provocato le dottrine irreligiose e immorali. Per comprendere meglio il potente influsso di questa coscienza, sar bene dimostrarlo con qualche esempio. Supponiamo che il personaggio pi influente, o il pi potente monarca si abbandoni ai detestabili eccessi ai quali si abbandonavano i Tiberi, i Neroni ed altri mostri che contaminarono il trono dellimpero. Ammesso ci, che succeder? Non lo sappiamo: certo per che ci sembra di sentire sollevarsi un grido di riprovazione e di orrore universale tanto forte; che ci pare di vedere il mostro tanto schiacciato sotto il peso della pubblica esecrazione, che sembra impossibile che un fatto del genere possa accadere. Ci sembra un anacronismo, un assurdit del tempo, non perch pensiamo che non vi siano uomini tanto immorali da commettere simili infamie, tanto perversi dintelletto e di cuore per offrirci questi ignominiosi spettacoli; ma perch consideriamo che questo urta e sinfrange contro la morale universale, e che uno scandalo simile non potrebbe durare un solo istante agli occhi della coscienza pubblica. Potrei presentare infiniti contrasti tra lantica epoca e la moderna, ma mi accontenter di uno solo il quale, ricordando un bel passo della storia antica e dipingendoci la virt di un eroe, ci fa il ritratto dei costumi del tempo e della misera condizione della coscienza pubblica. Si supponga che un generale della nostra moderna Europa prenda dassalto una piazzaforte dove una signora distinta, moglie di uno dei principali comandanti dellesercito nemico, cada in

potere della soldatesca. Condotta la bella prigioniera dal generale, quale sar la condotta del vincitore? chiaro che nessuno esiter un momento a dire che la signora deve essere trattata con tutti i riguardi, che deve essere lasciata subito in libert e che le debba essere permesso, se lo richiede, di raggiungere lo sposo. Questo comportamento lo troviamo cos doveroso e naturale, e conforme a tutte le nostre idee e sentimenti, che sicuramente non riconosceremmo alcun merito particolare a chi agisca in questo modo. Diremmo che il generale vincitore comp un sacro dovere da cui era impossibile sottrarsi senza coprirsi dobbrobrio e dignominia. Non raccomanderemmo certamente alla storia il compito di rendere immortale un fatto simile, e lo lasceremmo passare inosservato nel corso naturale dei normali avvenimenti. Orbene: questo ci che fece Scipione nella conquista di Cartagine con la moglie di Mardonio, e la storia antica ci racconta questa generosit come ad eterno ricordo delle virt delleroe. Questo paragone spiega meglio di qualsiasi commento limmenso progresso dei costumi e della coscienza pubblica sotto linfluenza cristiana. E questo comportamento, che da noi considerato del tutto naturale e obbligatorio, non trae origine dallonore monarchico, come pretenderebbe Montesquieu, ma dalla maggiore elevazione di pensiero sulla dignit delluomo, da una conoscenza pi chiara delle vere relazioni sociali, da una morale pi pura e pi forte perch fondata su basi eterne. Questo, che si trova ovunque, che si fa sentire dappertutto, che esercita il suo dominio sui buoni ed impone rispetto anche ai cattivi, il fortissimo ostacolo che ferma i passi delluomo immorale che ardisca allentare le briglie alla crudelt o alle altre passioni. La mente illustre dellautore dello Spirito delle leggi sarebbe certamente arrivata a queste verit se non fosse stata prigioniera della sua concezione preferita, che stabilita fin dallinizio dellopera, la sottomette tutta ad un sistema inflessibile. Si sa cosa sono i sistemi quando, concepiti preventivamente, servono da modello per unopera. Sono il vero letto di Procuste per le idee e per i fatti; per amore o per forza si deve adattare tutto al sistema: quello che sopravanza si tronca, quello che manca si aggiunge. Cos vediamo che Montesquieu spiega lo stato di tutela delle donne romane con motivazioni politiche fondate sulla forma repubblicana; e pretende che latroce diritto dei padri sui figli, la patria potest stabilita dalle leggi romane, che eccedevano oltre ogni limite, derivi ugualmente da ragioni politiche. Come se non fosse cosa evidente che lorigine di queste due disposizioni dellantico diritto romano sia da ricercare in motivazioni puramente famigliari e sociali del tutto indipendenti dalla forma di governo (19).

CAPITOLO XXX Due maniere di considerare il Cristianesimo: come dottrina, e come istituzione. Necessit che ha unidea qualunque di personificarsi in una istituzione. Vizio radicale del Protestantesimo sotto questo aspetto. La predicazione. Il sacramento della Penitenza. Influenza della confessione auricolare sulla

conservazione e purificazione della moralit. Osservazione sui moralisti cattolici. Forza delle idee. Fenomeni che esse presentano. Necessit delle istituzioni: non solo per insegnare, ma anche per applicare le dottrine. Influenza della stampa. Intuizione e discorso. _______________ Definita la natura della coscienza pubblica, individuata la sua origine e mostratene gli effetti, ora ci resta da verificare se il Protestantesimo pretender di avere avuto parte nel formarla, e se si possa dire che abbia contribuito almeno in questo a perfezionare la civilt europea. stato gi dimostrato che lorigine della coscienza pubblica si trova nel Cristianesimo. Ora, il Cristianesimo pu considerarsi sotto due aspetti: o come dottrina, o come istituzione destinata a mettere in pratica la dottrina stessa. Vale a dire che possiamo considerare la morale cristiana o in se stessa, o in quanto insegnata e testimoniata dalla Chiesa. Per formare la coscienza pubblica facendovi prevalere la morale cristiana, non bastava che si mostrasse questa dottrina, ma era necessario che vi fosse una societ la quale, non solamente la conservasse in tutta la sua purezza per trasmetterla di generazione in generazione, ma la predicasse incessantemente agli uomini affinch essi la mettessero in pratica in tutte le circostanze della vita. Conviene osservare che, per quanto sia grande la forza delle idee, esse tuttavia hanno sempre unesistenza precaria fino a quando non giungano a realizzarsi in modo da rendersi, per cos dire, visibili in qualche istituzione; la quale nel momento in cui ne riceve la vita e lorientamento nellagire, serve loro di riparo contro gli attacchi di altre idee o interessi. Luomo formato di anima e corpo, il mondo intero un complesso di esseri spirituali e corporei, ununione di relazioni morali e materiali; quindi unidea, per quanto grande e sublime, se non percepibile, se non ha un organismo mediante il quale farsi sentire e rispettare, comincia con lessere dimenticata, poi rimane confusa e soffocata in mezzo ai rumori del mondo, e infine si estingue del tutto. Per questo motivo qualunque idea che vuole avere effetto sulla societ e pretende di assicurarsi un avvenire, tende necessariamente a creare unistituzione che la rappresenti e ne sia la personificazione. Non si accontenta di rivolgersi direttamente agli intelletti ed agire solo con mezzi indiretti, ma deve materializzarsi per comparire in modo tangibile agli occhi dellumanit. Queste riflessioni, che sottopongo con fiducia al giudizio degli studiosi avveduti, sono la condanna del sistema protestante. Perch mostrano chiaramente che la pretesa riforma tanto lontana dal potersi attribuire una bench minima parte nella formazione della coscienza pubblica, che dobbiamo affermare, per i suoi princpi e la sua prassi, che lo avrebbe piuttosto impedito, se lEuropa per sua fortuna nel secolo sedicesimo non avesse raggiunta la maturit ed era quindi pressoch incapace di abbandonare le dottrine, i sentimenti, i costumi e le tendenze che la Chiesa cattolica le aveva trasmesso con una educazione mai interrotta per la durata di tanti secoli. Ed infatti la prima cosa che fece il Protestantesimo fu quella di attaccare lautorit, non gi con un semplice atto di opposizione, ma proclamando questa

opposizione come un vero diritto, e innalzando a dogma il libero esame e lo spirito privato. Con questo solo passo la morale cristiana rimaneva senza sostegno perch non cera pi una societ che potesse pretendere di avere il diritto di spiegarla o dinsegnarla: cio questa morale veniva relegata nella categoria di quelle idee che non essendo rappresentate e sostenute da nessuna istituzione, e non avendo organismi autorizzati a farsi sentire, mancano di mezzi diretti per agire sulla societ e non sanno a chi rivolgersi nel caso si vedano contestate. Mi si obbietter che anche il Protestantesimo ha conservato questa istituzione che converte in realt lidea, conservando i ministri, il culto, la predicazione: in una parola tutto il necessario perch la verit avesse i mezzi per giungere alluomo e per comunicare continuamente con lui. Non negher quello che c di vero in questa affermazione; anzi aggiunger anche che nel capitolo XIV di questopera non ho avuto difficolt ad affermare che si deve considerare un gran bene il fatto che i primi Protestanti, nella smania da cui furono presi di distruggere tutte le usanze della Chiesa, conservassero tuttavia quella della predicazione. Si dice ancora nello stesso capitolo che senza chiudere gli occhi sui danni che in certi tempi derivarono dalle predicazioni violente di alcuni loro ministri pericolosi o fanatici, e considerando tuttavia la rottura dellunit, e che i popoli sono stati sviati sul triste sentiero dello scisma, non c dubbio che la conservazione delle idee principali intorno a Dio e alluomo, e delle massime fondamentali della morale, stata favorita non poco dalla continua predicazione di queste verit da parte di chi le aveva precedentemente studiate nella Sacra Scrittura. Ripeto qui quanto dissi allora: lusanza della predicazione, essendo stata conservata dai Protestanti, produsse senzaltro un grandissimo bene. Ma con questo non dico altro che il Protestantesimo, nonostante il molto male che ha fatto, non lo ha fatto per fino a quel punto estremo che poteva temersi considerando i suoi princpi. Su questo punto fece come quegli uomini di cattivi princpi i quali non sono tanto cattivi quanto lo sarebbero se il loro cuore fosse daccordo con lintelletto: ma hanno la fortuna di non essere coerenti con se stessi. Il Protestantesimo aveva proclamato labolizione dellautorit e il diritto di esame senza restrizioni; aveva inoltre eretto a regola di fede e di condotta lispirazione privata. Ma in pratica si allontan alquanto da queste dottrine, e cos si applic con tutto lardore a quella che esso chiamava predicazione evangelica, e i suoi ministri furono chiamati evangelici. E mentre stabiliva che ognuno aveva il diritto al libero esame, e che senza dare ascolto a qualsiasi autorit esterna doveva solamente ascoltare i consigli della sua ragione o della sua ispirazione privata, i ministri protestanti, che contrariamente ai loro princpi pretendevano di essere i canali legittimi per comunicare ai popoli la divina parola, si sparpagliavano in tutte le direzioni. Sar pi chiara la stravaganza di questa contraddizione quando si porr mente alla dottrina di Lutero riguardo al sacerdozio. risaputo che leresiarca, infastidito dalle gerarchie che costituiscono il ministero della Chiesa, pretese di annientarle tutte in una volta col pretesto che tutti i Cristiani sono sacerdoti, e che per esercitare il sacro ministero non cera bisogno che di una semplice presentazione, la quale non aggiungeva nulla di essenziale n alcun carattere

alla prerogativa di sacerdote, perch questa prerogativa era patrimonio di tutti i fedeli. Da tale dottrina consegue che il predicatore protestante manca di missione, non ha un carattere che lo distingua dagli altri Cristiani, e di conseguenza non pu esercitare su di loro alcuna autorit, n pu parlare ad imitazione di Ges Cristo quasi potestatem habens: e perci non che un oratore che prende la parola in presenza di uditori con quel solo diritto che gli dato dalla conoscenza della dottrina, dalla facondia e dalleloquenza. Questa predicazione senza autorit, predicazione che in sostanza e secondo gli stessi princpi del predicatore non era che umana quantunque con evidente contraddizione venisse considerata divina, poteva s contribuire alquanto a mantenere vive le sane norme morali che erano gi state diffuse ovunque, ma sarebbe stata impotente per impiantarle in una societ dove non fossero conosciute; specialmente se avesse avuto da lottare contro altre completamente opposte e sostenute da pregiudizi inveterati, da passioni ben radicate e da forti interessi. Sarebbe stata impotente per introdurre i suoi princpi in una societ come questa e conservarli poi intatti in mezzo alle rivoluzioni pi spaventose e ai pi inauditi sconvolgimenti; sarebbe stata impotente per comunicarli a popoli barbari, che insuperbiti dei loro trionfi non ascoltavano altra voce che quella dellistinto della loro ferocia guidato dal sentimento della forza. Sarebbe stata impotente per far piegare il capo di fronte a questi princpi tanto ai vincitori che ai vinti, fondendoli in un popolo solo, imprimendo lo stesso sigillo alle leggi, alle istituzioni, ai costumi, per formare quelle societ mirabili, quel complesso di nazioni, o per dir meglio quella grande nazione, che si chiama Europa. In una parola il Protestantesimo per la sua stessa costituzione sarebbe stato incapace di effettuare quello che attu la Chiesa cattolica. Ma c dellaltro: questo simulacro di predicazione in sostanza un tentativo di imitare la Chiesa, che il Protestantesimo ha mantenuto per non restare disarmato davanti ad un avversario da lui tanto temuto. Era necessario conservare un mezzo per influire sul popolo, una via per comunicargli le diverse interpretazioni della Bibbia, cio le interpretazioni che agli usurpatori dellautorit facesse comodo adottare; e per questo il Protestantesimo conservava la preziosa pratica della Chiesa romana ad onta delle furibonde prediche contro tutto ci che proveniva dalla cattedra di S. Pietro. Ma ci che rende pi evidente linferiorit del Protestantesimo, riguardo alla conoscenza e allesatta comprensione dei mezzi pi adatti a far crescere e consolidare la moralit affinch dmini su tutti gli atti della vita, laver eliminato ogni rapporto tra la coscienza del fedele e la guida del sacerdote, nel non aver lasciato a questo che una semplice direzione collettiva, la quale, estendendosi su tutti quanti contemporaneamente, non si esercita efficacemente su nessuno. Anche se vogliamo considerare labolizione tra i Protestanti del sacramento della Penitenza sotto questunico aspetto, possiamo assicurare che furono privati di un mezzo dei pi legittimi, e insieme dei pi potenti e soavi, per dare alla vita delluomo una direzione conforme ai princpi della sana morale. Azione legittima, perch legittima la comunicazione diretta ed intima della coscienza delluomo, che deve esser giudicata da Dio, con la coscienza di colui che rappresenta Dio in terra. Azione potente, perch stabilita che sia lintima comunicazione tra uomo e

uomo, tra anima e anima, sidentificano per cos dire i pensieri e gli affetti, e non essendovi altro testimone che Dio, gli ammonimenti hanno pi forza, i comandi pi autorit, e gli stessi consigli giungono meglio fino in fondo allanima, e con maggior persuasione e dolcezza. Azione soave, perch suppone la spontanea volont della coscienza che vuole farsi guidare, volont che trae origine da un precetto ma che non pu essere forzata, dato che Dio lunico giudice della sua sincerit; soave, ancora, perch il ministro obbligato al pi stretto riserbo, ed essendo state adottate dalla Chiesa tutte le precauzioni immaginabili per impedirne la divulgazione, luomo pu restare tranquillo con la certezza che i segreti della sua coscienza saranno rigorosamente mantenuti. Forse si obietter: credete per caso che tutto questo sia necessario per stabilire e conservare una sana moralit? Rispondo che se vogliamo che questa sia qualcosa di pi di una rettitudine terrena soggetta a vanificarsi al primo apparire di un interesse, o a lasciarsi trascinare dalle seducenti lusinghe di passioni ingannatrici; se intendiamo una moralit delicata, severa, profonda, che si estenda a tutte le azioni della vita, che le diriga e le domini facendo del cuore umano quel sublime ideale che ammiriamo nei Cattolici consacrati alla vera osservanza e alle pratiche della religione; se di questa moralit che parliamo, io dico che necessario che sia sotto il controllo dellautorit religiosa e che riceva la guida e le ispirazioni da un ministro della Chiesa, disponibile per una comprensione intima e sincera di tutti i pi reconditi segreti del cuore e per le cadute a cui ci porta in ogni momento la debolezza della nostra natura umana. Questo quello che insegna la religione cattolica, ed aggiungo: questo quello che mostra lesperienza e che insegna la buona filosofia. Non voglio dire con questo che solo tra i Cattolici sia possibile praticare azioni virtuose, che sarebbe unesagerazione smentita dallesperienza quotidiana; ma qui sto parlando unicamente dellefficacia con cui opera unistituzione cattolica disprezzata dai Protestanti; parlo della sua grande importanza per radicare e conservare una moralit ferma e intima che si estenda a tutti i moti della nostra anima. Non c dubbio che nelluomo presente una mostruosa mescolanza di bene e di male, e che non concesso alluomo di giungere in questa vita a quella inesprimibile perfezione che consiste nella totale conformit alla verit e santit di Dio, e di cui non si pu neanche avere unidea se non quando luomo, spogliato del corpo mortale, avr lo spirito immerso in un mare di purissima luce e di purissimo amore. Ma, allo stesso modo, non c dubbio che in questo soggiorno terreno, in questa realt di miserie e di tenebre, luomo pu arrivare al possesso di quella comune moralit delicata e profonda che abbiamo descritto. E qualunque sia la corruzione del mondo, di cui a ragione ci lamentiamo, giusto anche affermare che si trova tuttavia un numero considerevole di rispettabili eccezioni nelle persone che si conformano nella condotta, nella volont, e perfino nellintimit dei loro pensieri ed affetti alla regola severa della morale evangelica. Per arrivare a questo grado di moralit (e notate che non diciamo di perfezione evangelica, ma di moralit) necessario che il principio religioso sia vivamente presente agli occhi dellanima, che agisca continuamente su di essa, incitandola o frenandola nellinfinita variet di circostanze che si presentano nel corso della vita per allontanarci dal retto sentiero dei nostri doveri. La vita

delluomo una sequenza per cos dire infinita di azioni che non possono andare sempre daccordo con la ragione e con la legge eterna, a meno che non si stia incessantemente sotto una regola fissa e universale. E non si dica che una simile moralit solo un magnifico ideale, e che anche se esistesse porterebbe con s una tale confusione nelle decisioni dellanima, e di conseguenza una tale complicazione nellintera vita, da finire col renderla insopportabile. Ebbene no, non soltanto un magnifico ideale ci che esiste in realt e che si presenta frequentemente ai nostri occhi, non solamente nel ritiro dei chiostri e allombra del santuario, ma anche in mezzo ai rumori e alle distrazioni del mondo. E non porta neanche confusione nelle cose dellanima, n complica le faccende della vita ci che stabilisce una regola fissa. Al contrario, invece di confondere chiarisce e distingue, e invece di complicare ordina e semplifica. Stabilite questa regola e avrete la conformit di comportamento, e ad essa seguir il pi completo ordine. Il Cattolicesimo si sempre distinto per la sua squisita vigilanza sulla morale e per la somma premura di regolare tutti gli atti della vita fino ai pi segreti moti del cuore. Gli osservatori superficiali hanno sempre gridato contro il numero eccessivo di moralisti, contro lo studio minuto e prolisso delle azioni umane considerate sotto laspetto morale; ma avrebbero dovuto osservare che se il Cattolicesimo la religione che ha generato il maggior numero di moralisti, e se tutte le azioni umane sono state analizzate tanto minutamente, perch questa religione ha per scopo di moralizzare tutto luomo, per cos dire, in tutti i sentimenti e nelle sue relazioni con Dio, con i suoi simili e con se stesso. chiaro che un simile compito porta necessariamente ad un esame pi profondo e minuto di quello che sarebbe necessario se si trattasse unicamente di dare alluomo una moralit incompleta, che non penetri oltre la superficie degli atti per andare a scrutare nella parte pi intima del cuore. Giacch si toccato il punto dei moralisti cattolici, e senza voler scusare quelli tra essi che eccedono ora esagerando nelle sottigliezze, ora per spirito di parte (eccesso che non si pu mai imputare alla Chiesa cattolica, la quale anche quando non lo ha condannato espressamente ha sempre mostrato il fastidio che ne prova), si osserva che nonostante i detti eccessi questabbondanza, questo lusso, se preferite, di studi morali, ha contribuito forse pi di quel che si creda a dirigere le menti allo studio delluomo, presentando una grande quantit di casi e di osservazioni a coloro che successivamente hanno voluto dedicarsi a questa importante scienza, che senza dubbio uno dei pi utili e pi degni sostegni alle nostre fatiche. In un altra parte della presente opera ho intenzione di svolgere i rapporti del Cattolicesimo col progresso delle scienze e delle lettere, e cos mi trovo nella necessit di accontentarmi per ora dei pochi cenni che ho qui dato. Mi si permetta inoltre di osservare che lo sviluppo dello spirito umano in Europa fu principalmente teologico; e che tanto per largomento che stiamo trattando quanto per molti altri, i filosofi sono debitori ai teologi molto pi di quello che, a quanto pare, essi ritengano. Tornando al confronto tra il Protestantesimo e il Cattolicesimo riguardo alla formazione e conservazione di una sana coscienza pubblica, resta dimostrato che avendo il Cattolicesimo sostenuto sempre il principio di autorit combattuto

dal Protestantesimo, diede alle idee morali una forza e una direzione che non avrebbe potuto dar loro il Protestantesimo, il quale per la sua natura e per i suoi stessi princpi fondamentali ha lasciato queste idee morali senza altro appoggio che quello che hanno le idee di una scuola filosofica. Orbene mi si dir non conoscete forse la forza delle idee, forza intrinseca alla loro stessa natura, e che tanto spesso cambia la faccia dellumanit decidendo della sua sorte? Non sapete che le idee si aprono il varco attraverso tutti gli ostacoli e nonostante tutte le resistenze? Avete voi dimenticato quanto ci insegna la storia? Pretendete forse di privare il pensiero delluomo della sua forza vitale e creatrice che lo fa superiore a quanto lo circonda?. Tale suole essere il panegirico della forza delle idee, cos ce la presentano ogni volta come se avessero in mano la bacchetta magica per cambiare il mondo e trasformarlo tutto secondo i loro capricci. Rispettando pi di chiunque altro il pensiero delluomo, e ammettendo che c molto di vero in quello che si chiama la forza di unidea, gli entusiasti di questa forza mi permetteranno tuttavia di fare alcune osservazioni non per ribaltare la loro opinione, ma per modificarla in ci che necessario. Innanzi tutto le idee, sotto laspetto con cui sono considerate adesso, si devono distinguere in due categorie: ci sono quelle che lusingano le nostre passioni, e quelle che le reprimono. Non si pu negare che le prime hanno una forza espansiva, immensa. Circolando con moto proprio agiscono dappertutto, esercitano unazione rapida e violenta, e pare che trabocchino di attivit e di vita; le altre incontrano maggiore difficolt per aprirsi la strada, progrediscono lentamente ed hanno bisogno di appoggiarsi a qualche istituzione che ne assicuri la stabilit. E questo perch? Perch nel primo caso non sono le idee che agiscono, ma le passioni che ne formano il corteo e ne prendono il nome, mascherando cos ci che a prima vista potrebbe apparire eccessivamente ripugnante. Nel secondo caso la verit che parla, e la verit in questa terra di miserie viene ascoltata con molta difficolt, perch essa conduce al bene, e il cuore delluomo, secondo lespressione del sacro testo, inclinato al male fin dalladolescenza. Quelli che esaltano tanto la forza intima delle idee dovrebbero indicarci nella storia antica e moderna unidea, una sola, che rinchiusa nel proprio mbito, cio nellordine puramente filosofico, meriti la gloria di aver contribuito a migliorare sensibilmente lindividuo o la societ. Si sente dire di frequente che la forza delle idee immensa, che le idee, una volta seminate tra gli uomini, presto o tardi portano il frutto, che deposte una volta nel seno dellumanit si conservano a modi un prezioso deposito il quale, trasmesso di generazione in generazione, contribuisce mirabilmente a migliorare il mondo portandolo a quella perfezione cui destinato il genere umano. Non c dubbio che in queste asserzioni vi sia una parte di verit; perch essendo luomo un essere intelligente, tutto ci che produce unimpressione immediata sullintelligenza non pu fare a meno dinfluire sulla sua sorte. Quindi non avverr mai un grande cambiamento nella societ se prima non sar avvenuto sul piano delle idee; e quanto viene realizzato contro le idee o senza di esse sempre debole e di poca durata. Ma tra questo e il supporre che ogni idea utile abbia in

s e per s tanta forza da non aver bisogno di una istituzione che le serva di sostegno e di difesa, specialmente se deve farsi strada in tempi assai torbidi, c una tale immensa distanza, che non si pu superare senza dare una smentita allintera storia dellumanit. Non come dicono questi filosofi. Perch lumanit considerata in s stessa e lasciata alle proprie forze, come essi vorrebbero, non una depositaria tanto sicura quanto ci vogliono far supporre. Di tale verit abbiamo purtroppo delle ben tristi prove, poich il genere umano, lungi dallessere un depositario fedele, ha imitato piuttosto la condotta di un insensato scialacquatore. Nellinfanzia del genere umano troviamo le grandi idee sullunit di Dio, sulluomo e sulle sue relazioni con Dio e con i propri simili: e queste idee erano fuor di dubbio vere, salutari, feconde. Orbene, che ne fece il genere umano? Non le sprec forse, modificandole, mutilandole e storpiandole in un modo deplorevole? Dove stavano queste idee quando venne al mondo Ges Cristo? Che ne aveva fatto lumanit? Un popolo, un solo popolo le conservava: ma in che modo? Fissate lattenzione sul popolo eletto, sul popolo ebreo, e vedrete che in esso vi stata sempre una lotta continua tra la verit e lerrore; vedrete che con una cecit inesplicabile tendeva continuamente allidolatria e a sostituire alla legge sublime del Sinai le abominazioni dei pagani. E sapete come si conserv la verit in quel popolo? Perch sostenuta (si noti bene) dalle pi forti istituzioni che mai si possa immaginare e munita di tutti i mezzi di difesa di cui la forn il legislatore ispirato da Dio. Si dir che quello era un popolo di dura cervice, come dice il sacro testo; disgraziatamente dalla caduta in poi del nostro progenitore questa durezza di cervice un patrimonio dellumanit; il cuore delluomo inclinato al male fin dallinfanzia, e parecchi secoli prima che esistesse il popolo ebreo Dio apr sul mondo le cateratte del cielo e cancell luomo dalla faccia della terra, perch ogni carne aveva corrotto il suo cammino. Da qui deriva la necessit di istituzioni forti per la conservazione delle grandi idee morali, e si vede chiaramente che non si devono abbandonare alla volubilit dello spirito umano sotto pena di essere sfigurate ed anche perdute. Oltre a ci le istituzioni sono necessarie non solo per insegnare, ma anche per mettere in pratica linsegnamento. Le idee morali, soprattutto quelle che sono in aperta opposizione alle passioni, non giungono mai sul terreno della pratica se non attraverso grandi sforzi; e per questi sforzi non bastano le idee di per se stesse, ma ci vogliono mezzi dazione per poter unire lordine delle idee con quello dei fatti. Ed ecco una delle ragioni dellimpotenza delle scuole filosofiche quando si tratta di costruire. Il fatto che non poche volte queste scuole sono efficaci piuttosto nel distruggere, perch per distruggere basta lazione di un momento, e questazione pu facilmente compiersi in un accesso di un entusiasmo. Ma quando poi vogliono costruire per mettere in pratica i loro progetti, si trovano incapaci di agire, non avendo altri mezzi per farlo fuorch quello di richiamarsi alla forza delle idee. E variando o modificando continuamente queste idee, come ce ne dnno il maggiore esempio le stesse scuole, viene ridotto ad oggetto di pura curiosit quello che poco prima veniva propagandato come causa infallibile del progresso del genere umano. Con queste ultime riflessioni prevengo lobbiezione che mi si potrebbe fare e

che si fonda sulla grande forza acquistata dalle idee per mezzo della stampa. vero che questa propaga come verit e quindi moltiplica in modo straordinario la forza delle idee, ma lungi dal conservare, essa piuttosto il miglior dissolvente di tutte le opinioni. Si osservi limmenso cammino percorso dallo spirito umano dallepoca di questa importante scoperta, e si vedr che il consumo (mi si permetta lespressione), il consumo delle opinioni cresciuto in una proporzione che spaventa. Soprattutto da quando la stampa si fatta periodica, la storia dello spirito umano sembra la rappresentazione di un rapidissimo dramma dove si cambiano in ogni momento le scene, che si susseguono una appresso allaltra senza lasciare allo spettatore neanche il tempo di udire dalla bocca degli attori una minima parola. Non siamo ancora alla met del secolo presente, e tuttavia ci sembra di aver gi trascorso pi secoli. Tante sono le scuole che sono nate e morte, tante le fedi che si sono sollevate ben in alto per ricadere subito nelloblio. Questa rapida successione didee, invece di contribuire ad aumentare la loro forza, le porta inevitabilmente alla sterilit e alla debolezza. Lordine naturale nella vita delle idee il seguente: per prima cosa appaiono; quindi si diffondono per mezzo di qualche istituzione che le rappresenti; e infine esercitano la loro influenza sui fatti, agendo per mezzo dellistituzione in cui si sono personificate. In tutte queste trasformazioni, che necessariamente richiedono un certo tempo, essenziale che nei confronti di queste idee sia conservata la debita stima, se si vuole che producano qualche risultato vantaggioso. Questo tempo manca quando le idee si succedono le une alle altre con troppa rapidit, perch le nuove lavorano per screditare le vecchie, rendendole cos inutili. Per la qual cosa forse mai come adesso stata tanto legittima una profonda diffidenza nella forza delle idee, ossia nella filosofia, riguardo al fatto che possano produrre qualcosa di valido nellordine morale. E sotto questo aspetto c molto da obiettare sul bene che ha procurato la stampa alla societ moderna. Si ha maggiori conoscenze, ma si meno maturi: quello che guadagna lintelletto in estensione lo perde in profondit, e lo splendore teorico contrasta in modo deplorevole con limpotenza pratica. Che importa che i nostri antenati non fossero capaci come noi per improvvisare una discussione sulle pi alte questioni sociali e politiche, se giunsero a fondare e organizzare gloriose istituzioni? Gli architetti che innalzarono quegli stupendi edifici dei secoli che vengono chiamati barbari non erano certamente n tanto eruditi n tanto colti come quelli della nostra epoca, eppure chi avrebbe la forza solamente dincominciare quello che essi portarono a termine? Ecco limmagine pi esatta di ci che sta avvenendo nellordine sociale e politico. Non conviene dimenticarlo: i grandi pensieri nascono pi dallintuizione che dal discorso, e in pratica la riuscita dipende pi da quella qualit inestimabile che si chiama senno, che da una dotta riflessione. E lesperienza insegna spesso che chi sa molto, vede poco. Il genio di Platone non sarebbe stato miglior consigliere del genio di Solone e di Licurgo, e tutta la scienza di Cicerone non sarebbe riuscita a fare quello che fecero il giudizio e il senno di due uomini rozzi come Romolo e Numa Pompilio (20).

CAPITOLO XXXI Delicatezza dei costumi: in che consiste. Differenza tra i costumi delicati ed i costumi rilassati. Influenza della Chiesa cattolica nel temperare i costumi. Confronto tra le societ pagane e le cristiane. Schiavit. Patria potest. Giochi pubblici. Una riflessione sui tori di Spagna. _______________ Una certa diffusa delicatezza dei costumi che in tempo di guerra evita le grandi stragi e in tempo di pace fa la vita pi amabile e tranquilla , unaltra qualit preziosa che (nel cap. XX) ho definito come una delle caratteristiche della civilt europea. Questo un fatto che non ha bisogno di prove: se ci diamo unocchiata intorno lo si vede ovunque, sia che guardiamo nei libri di storia, sia che mettiamo la nostra epoca a confronto con qualunque altra. In che consiste questa delicatezza dei costumi? Qual lorigine? Da chi stata favorita, e da chi contrariata? Ecco alcune questioni interessantissime che sono collegate in modo particolare con loggetto di cui ci stiamo occupando, perch ci portano subito a queste domande: il Cattolicesimo ha influito in qualche maniera a creare questa delicatezza dei costumi? Ha posto qualche ostacolo o ha provocato qualche ritardo? E il Protestantesimo centra almeno in parte, nel bene o nel male, in questa delicatezza dei costumi? Prima di tutto opportuno stabilire cosa sintende per delicatezza dei costumi, perch anche se questa una di quelle idee che tutti conoscono, o piuttosto percepiscono, ci nonostante quando si tratta di chiarirla o di farne lanalisi necessario darne una definizione per quanto possibile giusta e precisa. La delicatezza dei costumi consiste in questo: che non venga fatto uso della forza. E allora i costumi saranno pi o meno delicati in quanto meno o pi si fa uso della forza. Quindi costumi delicati non lo stesso che costumi benfici: questi includono il bene, quelli escludono la forza; costumi delicati non neanche lo stesso che costumi casti o costumi conformi alla ragione e alla giustizia: non poche volte anche limmoralit delicata, perch si accompagna non con la forza ma con la seduzione e lastuzia. Quindi la delicatezza dei costumi consiste nel guidare lo spirito delluomo non per mezzo di una violenza diretta al corpo, ma per mezzo di concetti diretti allintelletto o di alimento offerto alle passioni. Perci la delicatezza dei costumi non sempre il regno della ragione, per sempre il regno dello spirito, bench questo sia non poche volte schiavo delle passioni, stretto in quelle catene doro con le quali esso stesso si va vincolando. Assodato che nei rapporti tra gli uomini la delicatezza dei costumi consiste nelluso della convinzione, della persuasione o della seduzione, chiaro che le societ pi avanzate, quelle cio in cui lintelletto giunto ad un grande sviluppo, devono fare abbastanza uso di questa delicatezza. In esse lintelletto domina perch forte, mentre la forza materiale si dilegua perch il corpo sinfiacchisce. A parte ci, nelle societ molto avanzate dove sintrattengono necessariamente un pi alto numero di relazioni con maggiore complessit dinteressi, sono indispensabili quei mezzi sempre utilizzabili da chiunque, e applicabili in tutte le circostanze. Questi mezzi sono, senza alcun dubbio, intellettuali e morali:

lintelletto opera senza distruggere, mentre la forza va direttamente contro lostacolo: o lo rimuove o lo spezza; essa costituisce uneterna sorgente di disordini che non pu sussistere in una societ dove intercorrono relazioni numerose e complesse senza che questa societ corra il rischio di trasformarsi in un caos e di morire. Al formarsi di una societ, nella fase iniziale troviamo sempre un deplorevole abuso della forza. Nulla di pi naturale: le passioni si alleano con essa perch le somigliano, sono energiche come la violenza e rudi come lurto che essa provoca. Quando la societ giunta ad un forte sviluppo, le passioni si allontanano dalla forza e si uniscono allintelligenza; cessano di essere violente e si fanno astute. Se sono i popoli a lottare tra loro, nel primo caso si fanno la guerra, si combattono e si distruggono; nel secondo si contrastano con le armi dellindustria, del commercio e del contrabbando. Se sono i governi, nel primo caso si attaccano con eserciti e con invasioni, nel secondo con note diplomatiche. In un caso i militari sono tutto, nellaltro non sono nulla: il loro compito non pi molto importante quando invece di combattere si negozia. Dando unocchiata alle civilt antiche si osserva subito una differenza particolare tra la nostra delicatezza dei costumi e la loro: n Greci, n Romani conseguirono mai questa preziosa qualit a quel grado che distingue la civilt europea. Quei popoli sinfiacchirono piuttosto che raddolcirsi, e i loro costumi possono chiamarsi rilassati ma non delicati perch facevano uso della forza ogni volta che fosse possibile, ma senza pi energia nellanima e vigore nel corpo. Questa particolarit della civilt antica, specialmente romana, da considerare bene, e questo fenomeno, che a prima vista pu sembrarci strano, ha cause profonde. A parte la principale, che la mancanza di un elemento di moderazione come la carit cristiana che hanno i popoli moderni, indagando sulle cause particolari troveremo i motivi del perch tra gli antichi non potesse svilupparsi la vera delicatezza dei costumi. La schiavit, che era allora uno degli elementi costitutivi dellordine sociale e domestico, rappresentava un ostacolo continuo allo sviluppo di questa preziosa qualit in quei popoli. Luomo che pu gettare un altro uomo in cibo alle murene castigando cos con la morte la rottura di un vaso, colui che per un mero capriccio pu togliere la vita ad un suo simile tra le acclamazioni dei convitati, che pu stare coricato sul soffice letto tra i piaceri voluttuosi e lo splendore della pi sontuosa magnificenza sapendo che centinaia duomini sono rinchiusi e ammucchiati in oscuri sotterranei per la sua cupidigia o i suoi piaceri; che pu ascoltare i gemiti di tanti infelici che chiedono un pezzo di pane per sopportare una notte di angoscia che unir le fatiche e i sudori del giorno seguente con le sofferenze di quello passato; costui potr s avere costumi rilassati, ma non delicati; potr avere un cuore codardo, ma sempre crudele. Tale era precisamente lo stato delluomo libero nella societ antica: questo modo di vivere era considerato naturale, e qualunque altro modo non era neanche concepibile. Chi rimosse lostacolo? Non fu forse la Chiesa cattolica con labolire la schiavit, dopo che aveva gi mitigato il trattamento crudele che veniva imposto agli schiavi? Si vedano i capitoli XV, XVI, XVII, XVIII e XIX di questopera con le corrispondenti note dove viene dimostrata questa verit con ragioni e documenti

incontestabili. Il diritto di vita e di morte accordato dalle leggi alla patria potest introduceva anche nella famiglia un elemento di durezza che doveva produrre gravissimi danni. Fortunatamente il cuore di padre era in continua lotta con la facolt concessagli dalla legge; ma se questo non pot impedire alcuni fatti che fanno orrore a leggersi, non dobbiamo pensare che nel corso ordinario della vita succedessero frequentemente scene crudeli che ricordassero ai membri della famiglia questo atroce diritto di cui era investito il suo capo? Chi sa di avere il diritto di uccidere impunemente, non si lascer trascinare ad esercitare un dispotismo crudele ed applicare senza piet il castigo? Questa tirannica estensione della patria potest a certi diritti che la natura non diede, and man mano scomparendo grazie al mutare dei costumi e alla forza delle leggi, costumi e leggi fortemente influenzati dal Cristianesimo (vedi il capitolo XIV). A questo elemento se ne pu unire un altro analogo che consiste nella tirannia che luomo esercitava sulla donna e nella poca stima di cui essa godeva. Anche i giochi pubblici erano tra i Romani un altro elemento di durezza e di crudelt. Che si pu aspettare da un popolo il cui principale divertimento quello di assistere ad uno spettacolo di omicid a sangue freddo, che si compiace nel guardare come muoiono nellarena centinaia di uomini, combattendo tra loro o dilaniati dalle zanne delle bestie feroci? Essendo io Spagnolo non posso fare a meno dinserire qui un paragrafo per dire due parole in risposta ad una difficolt, che non mancher di essere notata dal lettore quando vedr quanto ho scritto sui combattimenti degli uomini con le fiere. Mi si chieder infatti: E i tori in Spagna? Non la Spagna un paese cattolico dove si conservato il costume di far combattere gli uomini con le fiere? Lobiezione pare stringente, ma non tanto per che non lasci il modo di uscirne con soddisfazione. Prima di tutto, e per prevenire ogni malinteso, dichiaro che questo divertimento popolare a mio giudizio barbaro e meriterebbe, se fosse possibile, di essere del tutto proibito. Ma dopo aver fatto questa dichiarazione tanto esplicita e categorica, mi si permetta di fare alcune osservazioni perch non ne venga pregiudizio al nome della mia patria. In primo luogo conviene notare che nel cuore delluomo vi un certo piacere segreto per i rischi e i pericoli. Perch unavventura ci faccia impressione, leroe deve trovarsi tra mille gravi pericoli; perch una storia ecciti fortemente la nostra curiosit non pu essere una serie continua di fatti favorevoli e naturali. Vogliamo assistere di frequente a fatti straordinari e sorprendenti; e per quanto ci costi dirlo, il nostro cuore, in cui alberga la pi tenera compassione per la disgrazia, nello stesso tempo pare che si annoi se tarda molto a vedere scene di dolore e di sangue. Da qui deriva il gusto per la tragedia, e quindi la passione per quelle scene, finte o reali, dove i protagonisti corrono qualche grave pericolo. Non star qui a spiegare lorigine di questo fenomeno: mi basta averlo accennato per far notare agli stranieri che ci accusano di barbarie che la passione del popolo spagnolo per la corrida non altro che lapplicazione ad un caso particolare di un diletto che ha il suo fondamento nel cuore delluomo. Coloro che affettano tanta umanit quando si tratta di criticare il costume del popolo spagnolo dovrebbero dirci, per, come mai in un qualunque episodio che

per un motivo o per laltro sia pericoloso per chi vi coinvolto si vede un grande accorrere di gente; come accade che tutti si troverebbero volentieri presenti ad una battaglia, per sanguinosa che fosse, se potessero trovarvisi senza pericolo; come mai c ovunque un grande accorrere di folla quando si tratta di assistere allagonia e alle ultime convulsioni del reo sul patibolo; e per quale ragione, infine, gli stranieri, quando si trovano a Madrid, si fanno complici anchessi della barbarie spagnola col recarsi anchessi alla piazza dei tori. Dico questo non gi per scusare minimamente un costume che mi pare indegno di un popolo civile, ma per far intendere che c unesagerazione in queste critiche, come quasi in tutte quelle che riguardano il popolo spagnolo, che conviene riportare nei giusti limiti. Oltre a ci, rimane da aggiungere una riflessione importante che pu benissimo servire da giustificazione a questo riprovevole divertimento. Non si deve fissare lattenzione sul divertimento stesso ma sui mali che arreca. Orbene, quanti sono gli uomini che muoiono in Spagna combattendo con i tori? Un numero scarsissimo, insignificante in proporzione al numero di spettacoli che avvengono; talmente che se si facesse un confronto tra le disgrazie che accadono in questo divertimento e quelle che accadono negli altri spettacoli, come nelle corse dei cavalli ed altri simili, forse risulterebbe chiaramente che la corrida, barbara quanto si voglia, non lo per tanto da meritarsi quel profluvio di ipocriti anatemi con cui gli stranieri hanno pensato bene di compiacerci. E per tornare allo scopo principale: come pu paragonarsi un divertimento dove passano forse molti anni senza che si verifichi la morte di un uomo con quegli orribili spettacoli dove la morte era una condizione necessaria al divertimento degli spettatori? Dopo il trionfo di Traiano sui Daci gli spettacoli andarono avanti per centoventitr giorni, e vi per lo spaventoso numero di diecimila gladiatori. Tali erano i pubblici spettacoli che costituivano il divertimento, non solo della plebaglia romana, ma anche delle classi alte. In questa ributtante carneficina prendeva piacere quel popolo corrotto che univa la crudelt pi atroce con la pi raffinata volutt. Ed ecco la prova convincente di quel che ho detto prima, cio che i costumi possono essere rilassati senza esser delicati; che anzi la brutalit di una rilassatezza smodata si accorda benissimo con listinto feroce dello spargimento di sangue. Nei popoli moderni, per quanto corrotti siano i costumi, non possibile che siano tollerati simili spettacoli. Il principio della carit ha troppo esteso il suo dominio perch possano rinnovarsi cos grandi eccessi. vero che non ottiene che gli uomini si facciano scambievolmente tutto il bene che dovrebbero, ma perlomeno impedisce che si facciano il male a sangue freddo e che possano assistere tranquillamente alla morte dei loro simili soltanto per il piacere di provare una sensazione passeggera. Fin da quando apparve il cristianesimo si cominci a spargere i semi di questa avversione per lomicidio. nota la ripugnanza dei Cristiani per gli spettacoli dei pagani, ripugnanza prescritta e ravvivata dalle sante ammonizioni dei primi pastori della Chiesa. Era cosa conosciuta da tutti i fedeli che la carit cristiana era incompatibile con lassistere a spettacoli dove si presentava lomicidio sotto le forme della pi raffinata

crudelt. Per noi diceva giustamente un apologista dei primi secoli c poca differenza tra luccidere un uomo e il vederlo uccidere (21).

CAPITOLO XXXII Elementi che contribuirono al protrarsi della durezza dei costumi nelle societ moderne. Condotta della Chiesa su questo punto. Canoni e fatti degni di nota. S. Ambrogio e lImperatore Teodosio. La tregua di Dio. Disposizioni molto importanti dellautorit ecclesiastica su questo punto. _______________ La societ moderna avrebbe dovuto, per logica, essere caratterizzata dalla durezza e crudelt dei suoi costumi. Infatti, essendo stata originata dalla fusione della societ romana con quella barbara, dovette ereditare da ambedue queste due caratteristiche. Chi ignora infatti la ferocia dei costumi dei barbari del Nord? Gli storici di quei tempi ce ne hanno lasciato terribili descrizioni, la cui lettura fa tremare. Si giunse a credere chera vicina la fine del mondo; e in realt coloro che facevano simili presagi erano scusabilissimi nel credere che fosse assai vicina la maggiore di tutte le catastrofi, quando erano tante quelle che opprimevano la misera umanit. Non possibile immaginare in quella crisi cosa sarebbe stato del mondo senza lesistenza del Cristianesimo; ed ammesso pure che si fosse potuto arrivare a mettere di nuovo ordine nella societ sotto una forma o laltra, non c dubbio che i rapporti sia privati che pubblici sarebbero rimasti in una condizione deplorevole, ed inoltre la legislazione avrebbe avuto un andamento ingiusto ed inumano. Per questa ragione linfluenza della Chiesa nella legislazione civile fu un beneficio inestimabile, e lo stesso potere temporale del clero fu una delle prime garanzie a favore dei pi alti interessi della societ. Molto stato detto contro il potere temporale del clero e contro linflusso della Chiesa nelle vicende terrene. Ma prima di tutto bisognava riflettere che questo potere e questo influsso furono portati dalla stessa natura delle cose, cio che furono naturali; di conseguenza parlare contro di essi uno sfogo inutile contro la forza degli avvenimenti che luomo non poteva impedire che avvenissero. Inoltre erano legittimi: perch quando la societ affonda nel rispetto di ogni legge che la salvi chi pu; e ai tempi di cui stiamo parlando lunica che poteva salvarla era la Chiesa. Questa, siccome non un essere astratto, ma una societ reale e sensibile, doveva operare sulla societ civile con mezzi ugualmente reali e sensibili. Visto che si trattava degli interessi materiali della societ, in un modo o nellaltro i ministri della Chiesa dovevano prender parte alla direzione di questi interessi. Queste riflessioni sono tanto ovvie e semplici che per esser convinti della loro verit e correttezza sufficiente il semplice buon senso. Attualmente coloro che hanno una certa conoscenza della storia sono generalmente daccordo su questo fatto; e se non sapessimo quanta fatica costa allintelletto umano imboccare la giusta strada, e soprattutto quanta malafede sia stata diffusa in questo genere di questioni, sarebbe difficile spiegare come mai si

tardato tanto a mettersi daccordo su di un fatto che appare evidente dalla semplice lettura della storia. Ma torniamo a noi. Questa informe mescolanza della crudelt di un popolo colto ma corrotto con latroce ferocia di un popolo barbaro, per di pi orgoglioso per i suoi trionfi in tante continue guerre condotte per cos lungo tempo ed ebbro del sangue dei nemici vinti, lasci nella societ europea un germe di quella ferocia e di quella crudelt che per lunghi secoli furono causa di patimenti, e i cui residui ancora apparivano in epoche recenti. Il precetto della carit cristiana era impresso nella mente, ma la crudelt dei Romani combinata con la ferocia dei barbari dominava tuttavia il cuore; le idee erano pure e benefiche perch derivate da una religione damore, ma incontravano una resistenza terribile nelle abitudini, nei costumi, nelle istituzioni, nelle leggi; perch tutto portava il sigillo pi o meno sfigurato dei due princpi, di cui abbiamo indicato la mescolanza. Riflettendo sulla lotta continua e tenace che ebbe luogo tra la Chiesa cattolica e gli elementi che le resistevano, si capisce chiaramente che le idee cristiane non sarebbero mai arrivate a dominare la legislazione e i costumi se il Cristianesimo non fosse stato qualcosa di pi che unidea religiosa abbandonata al capriccio dellindividuo come la concepiscono i Protestanti, se non si fosse personificato in una istituzione robusta, in una societ fortemente costituita qual la Chiesa cattolica. Perch ci si formi un concetto degli sforzi fatti dalla Chiesa, indicher alcune delle iniziative che prese per mitigare i costumi. Le inimicizie particolari avevano in quei tempi un carattere violento: il diritto era costituito dai fatti, e il mondo rischiava di diventare il patrimonio del pi forte. Il potere pubblico non esisteva, o era come stordito nel turbinio delle violenze e dei disastri che non riusciva ad impedire o a reprimere a causa della sua debolezza, Esso era impotente a incanalare i costumi su una direzione pacifica e far s che gli uomini si sottomettessero alla ragione e alla giustizia. Cos vediamo che la Chiesa, oltre che fornire linsegnamento e gli ammonimenti pubblici inseparabili dal suo divino ministero, adottava in quellepoca certe misure concrete per opporsi al torrente devastatore della violenza che tutto tormentava e distruggeva. Il Concilio di Arles, celebrato circa nella met del secolo quinto e precisamente tra il 443 e il 452, dispone nel canone 50 che non si debba permettere laccesso alla chiesa a coloro che mantengono pubbliche inimicizie, fin tanto che non si siano riconciliati con i loro nemici. Il Concilio dAngers celebrato nellanno 453, proibisce nel canone 3 le violenze e le mutilazioni. Il Concilio di Agde in Linguadoca tenuto nel 506, ordina nel canone 31 che i nemici che non vogliono riconciliarsi, siano immediatamente ammoniti dai sacerdoti, e se non vogliono seguirne le ammonizioni, siano scomunicati. In quellepoca i Galli avevano per costume di andare sempre armati, e con le armi entravano in chiesa. Si cap come un tale costume era destinato a produrre gravi inconvenienti e trasformare la casa di preghiera in unarena di vendetta e di sangue. E allora verso la met del settimo secolo vediamo che il Concilio di Chalons-sur-Sane nel canone 17 stabilisce la scomunica per tutti coloro che procurano tumulti o sfoderano la spada per ferire qualcuno nelle chiese o nei loro recinti. Questo ci mostra la prudenza e lintuizione con cui era stato dettato il

canone 29 del terzo Concilio dOrleans celebrato nel 538, dove si dispone che nessuno assista armato alla Messa e ai Vespri. curioso osservare luniformit dei mezzi e lidentit di vedute con cui procedeva la Chiesa. In paesi molto distanti, tra i quali la possibilit di comunicare non poteva esser tanto frequente, troviamo disposizioni analoghe a quelle che abbiamo indicato. Il Concilio di Lerida del 546 dispone nel canone 7 che chi giura di non riconciliarsi col suo nemico sia privato della Comunione del Corpo e Sangue di Ges Cristo finch non abbia fatto penitenza del giuramento, e si sia riconciliato. Passavano i secoli, continuavano le violenze, e il precetto di carit fraterna, che ci obbliga ad amare i nostri stessi nemici, incontrava ancora unaperta resistenza dovuta al carattere violento e alle passioni feroci dei discendenti dei barbari; ma la Chiesa non si stancava dinsistere nella predicazione del comando divino, ribadendolo in ogni circostanza e provvedendo a renderlo efficace per mezzo di castighi spirituali. Erano trascorsi pi di quattrocento anni dalla celebrazione del Concilio di Arles nel quale fu proibito di entrare in chiesa a coloro che avevano pubbliche inimicizie, e troviamo che il Concilio di Worms celebrato nellanno 868 prescrive ancora, nel canone 4, che siano scomunicati coloro che non vogliono riconciliarsi con i nemici. Basta conoscere il disordine di quei secoli per immaginare se in quel lungo periodo si fosse riusciti a ricomporre inimicizie tanto violente e radicate: potrebbe sembrare logico che la Chiesa ad un certo punto si stancasse di ripetere un precetto tanto poco considerato a causa di circostanze cos funeste; eppure continuava a parlare come parla oggi, come parlava ieri, come parlava secoli prima, non perdendo mai la speranza che le sue parole giungessero a produrre qualcosa di buono sul momento, e portassero a qualcosa di fecondo per lavvenire. Questo il suo sistema: pare che essa ascolti continuamente quelle parole: grida a piena voce, senza riguardo; come una tromba alza la voce (Is 58, 1). Cos ottiene il trionfo abbattendo tutti gli ostacoli; cos, quando non pu esercitare il predominio sulla volont di un popolo, fa risuonare di continuo la sua voce allombra del santuario; cos riunisce settemila che non piegarono il ginocchio davanti a Baal (Rom 11, 4), e a misura che li conferma nella fede e nelle buone opere protesta in nome di Dio contro coloro che resistono allo Spirito Santo. Talvolta, in mezza agli sprechi e le gozzoviglie di una grande citt, penetriamo in un sacro recinto dove regnano lausterit e la meditazione immerse nella penombra e nel religioso silenzio. Un ministro del santuario, circondato da un limitato numero di fedeli, fa risuonare di tanto in tanto alcune parole gravi e solenni: ecco limmagine della Chiesa in epoche disastrose a causa dellindebolimento della fede o per la corruzione dei costumi. Una delle regole di comportamento della Chiesa cattolica sempre stata quella di non piegarsi mai davanti al potente. Quando ha proclamato una legge lha proclamata per tutti senza distinzioni di classe. Ai tempi delle prepotenze di piccoli tiranni che sotto diversi nomi vessavano i popoli, questa condotta contribu mirabilmente a rendere popolari le leggi ecclesiastiche; perch non c mezzo migliore per rendere sopportabile al popolo un peso, che quello di vedervi

soggetto anche il nobile e perfino il re. Nei tempi ai quali ci riferiamo si proibivano severamente le inimicizie e le violenze tra i plebei, ma la stessa legge si estendeva anche ai grandi e agli stessi re. Non era molto che il Cristianesimo si era stabilito in Inghilterra che, riguardo a questo fatto, troviamo un esempio curioso: addirittura tre prncipi scomunicati nello stesso anno e nella medesima citt, e obbligati a fare penitenza dei delitti commessi. Nella citt di Llandaff nel Galles, e nella metropoli di Canterbury in Inghilterra, furono celebrati nel 560 tre Concili: nel primo fu scomunicato Monaco re di Clamargon per aver ucciso re Cinetha nonostante si fossero giurati la pace sulle sante reliquie; nel secondo fu scomunicato re Morcante che aveva ucciso Friaco suo zio dopo avergli giurato ugualmente la pace; nel terzo fu scomunicato re Guinerto per aver ucciso il fratello che gli contrastava la corona. Non senza importanza vedere i capi dei barbari (che trasformati in re si assassinavano lun laltro con tanta facilit e atrocit) obbligati a riconoscere lautorit di un potere superiore che li metteva nella necessit di fare penitenza per essersi macchiate le mani col sangue dei loro parenti e per aver violata la santit dei patti; e da qui sincominciarono a vedere i salutari effetti che ne sarebbero derivati col mitigare i costumi. I nemici della Chiesa, quelli che si sforzano di ridurre il merito di tutte le sue opere, diranno: Era facile proclamare la delicatezza dei costumi ed esigere losservanza dei precetti divini da capi di cos scarso potere che del re avevano solo il nome. Era facile sistemare le cose con dei reucci barbari che, resi fanatici da una religione che non comprendevano, chinavano umilmente il capo davanti al primo sacerdote che si presentava ad intimidirli con delle minacce da parte di Dio. Ma che significa questo? Che influenza poteva avere nel corso dei grandi avvenimenti? La storia della civilt europea offre un immenso palcoscenico dove i fatti devono essere studiati in un contesto pi vasto, dove le scene devono esser grandiose, se vogliamo che esercitino una certa influenza sullanimo dei popoli. Sorvoliamo su ci che vi di meschino in questo ragionamento; ma dal momento che vengono richieste grandi scene che abbiano influito sulla condanna dellimpiego brutale della forza e sullopera svolta a mitigare i costumi, apriamo il libro della storia dei primi secoli della Chiesa e non tarderemo ad incontrare una pagina sublime, che rende onore eterno al Cattolicesimo. Su tutto il mondo conosciuto regnava un imperatore il cui nome era venerato su tutta la terra, e la cui memoria rispettata anche dalla posterit. In una importante citt il popolo, che si era ammutinato, uccide il comandante della guarnigione e limperatore, preso da collera, comanda che il popolo sia sterminato. Ritornato in s, limperatore revoca lordine fatale, ma era gi tardi e lordine era stato eseguito, e migliaia di vittime dovettero soccombere in unorribile carneficina. Al divulgarsi della notizia di questa atroce strage un santo Vescovo lascia la corte dellimperatore, e dalla campagna, dove si ritirato, gli scrive queste severe parole: Io non oser pi offrire il sacrificio se voi pretendete di assistervi: se lo spargimento del sangue di un solo innocente basterebbe a proibirmelo, quanto pi la strage di tanti innocenti? Limperatore, confidando nella sua autorit non si ferma per questo, e si dirige alla volta della

chiesa. Arrivato al portico gli si presenta un uomo venerabile che con un contegno severo e grave lo ferma e gli vieta di entrare. Tu hai imitato David nel delitto gli dice, imitalo nella penitenza. Limperatore cede, si umilia, si sottomette alle disposizioni del santo prelato e la religione e lumanit riportano un grande trionfo. La sventurata citt si chiama Tessalonica, limperatore era Teodosio il grande, e il prelato era SantAmbrogio, Arcivescovo di Milano. In questo atto sublime si vedono magnificamente personificate e si incontrano faccia a faccia la giustizia e la forza. E la giustizia trionfa sulla forza: ma perch? Perch chi rappresenta la giustizia la rappresenta in nome di Dio; perch le sacre vesti, latteggiamento solenne delluomo che ferma limperatore ricordano a questo la missione divina del santo Vescovo e il ministero che esercita nella sacra gerarchia della Chiesa. Mettete in luogo del Vescovo un filosofo e ditegli che vada a fermare limperatore e ad ammonirlo che faccia penitenza del suo delitto, e vedrete se lumana sapienza pu ottenere tanto quanto il sacerdozio che parla in nome di Dio; o metteteci, se preferite, un vescovo di una chiesa che abbia riconosciuta la supremazia spirituale nel potere civile, e vedrete se in bocca sua le parole hanno la forza per riportare un cos grande trionfo. Lo spirito della Chiesa restava immutato in tutti i tempi, le sue tendenze erano sempre rivolte verso lo stesso scopo, il linguaggio severo allo stesso modo, ugualmente forte, o parlasse ad un plebeo romano o ad un barbaro, sia che ammonisse un patrizio dellimpero che un nobile germano: non le incuteva timore n la porpora dei Cesari, n lo sguardo fulminante dei re dalla lunga capigliatura. Il potere di cui si trov investita nel Medioevo non deriv unicamente dallessere solo lei ad aver conservato qualche cognizione delle scienze e la conoscenza delle regole di governo, ma anche da quella immutabile fermezza che nessuna resistenza, nessun attacco era capace di rimuovere. Che avrebbe fatto allora il Protestantesimo per dominare una tale situazione tanto difficile e pericolosa? Mancante di autorit, senza un centro dazione, senza sicurezza nella sua fede, senza fiducia nei mezzi: a quali espedienti avrebbe fatto ricorso per contenere limpeto della forza che, signora del mondo, aveva gi ridotto in frantumi gli avanzi dellantica civilt e opponeva un ostacolo pressoch insuperabile ad ogni tentativo di istituire un ordine sociale? Solo il Cattolicesimo, con la sua fede ardente, la sua forte autorit, lunit indissolubile, lunione gerarchica, poteva accingersi alla grande impresa di moderare i costumi con quella fiducia che viene ispirata dal sentimento delle proprie forze, e con quella vitalit che anima il cuore quando vi alberga la sicurezza del trionfo. Con tutto ci non si creda che la Chiesa cattolica arriv a moderare i costumi soltanto attraverso aspri scontri contro la forza. La vediamo usare anche mezzi indiretti, contentandosi di prescrivere ci che si poteva ottenere, ed esigendo di meno per preparare la via a conseguire di pi. In un capitolare di Carlo Magno redatto ad Aquisgrana nellanno 813, che composto di ventisei articoli e che non altro che una specie di convalida e di riassunto di cinque Concili celebrati poco prima nelle Gallie, troviamo due articoli aggiunti, il secondo dei quali prescrive che si proceda contro coloro che, col pretesto del diritto chiamato Fayda, provocano trambusti e tumulti nelle domeniche ed altri giorni festivi, ed anche nei giorni di lavoro. Abbiamo gi visto

prima come le sacre reliquie venissero adoperate per conferire maggior valore al giuramento di pace ed amicizia che si scambiavano i re: atto sacro in cui si faceva intervenire il cielo per evitare lo spargimento di sangue e portare la pace in terra. Ora vediamo che anche le domeniche e le altre feste sono utilizzate al fine di fare un primo passo che portasse allabolizione del barbaro costume di permettere ai parenti di un uomo ucciso di vendicarne la morte col darla alluccisore. Il deplorevole stato della societ europea di quei tempi lo possiamo scorgere negli stessi mezzi che il potere ecclesiastico si vedeva obbligato ad usare per diminuire le sciagure provocate dalla violenza dei costumi. Il fatto di non avvicinare qualcuno per maltrattarlo, di non ricorrere alla forza per ottenere una soddisfazione o per fare una vendetta, a noi appare tanto giusto, tanto conforme alla ragione e tanto naturale, che difficilmente riusciamo a concepire che le cose possano andare diversamente. Se attualmente si promulgasse una legge che proibisse di aggredire il nemico in questo o quel giorno, in questa o quellora, ci sembrerebbe il colmo della ridicolaggine e della stravaganza. Non sembrava cos a quei tempi; e simili proibizioni venivano fatte continuamente, e non in villaggi sperduti, ma in grandi citt, in assemblee numerosissime, dove si contavano i Vescovi a centinaia, dove si recavano conti, duchi, prncipi e re. Questa legge, che a noi sembrerebbe cos stravagante e per la quale era evidente che lautorit si credeva fortunata se poteva ottenere che i princpi di giustizia fossero rispettati almeno in alcuni giorni, particolarmente nelle maggiori solennit; questa legge fu per lungo tempo uno dei punti principali del diritto pubblico e privato in Europa. Si sar gi capito che sto parlando della Tregua di Dio. Tale legge doveva essere estremamente necessaria, se la vediamo ripetuta di volta in volta in paesi tanto lontani luno dallaltro. Delle molte cose che potrei rammentare su questa materia mi accontenter di annotare alcune decisioni conciliari di quei tempi. Il Concilio di Tubuza nella diocesi di Elna nel Rossiglione, celebrato da Goffredo Arcivescovo di Narbona lanno 1041, stabilisce la Tregua di Dio, decretando che dalla sera del mercoled fino alla mattina del luned nessuno si appropri di cosa alcuna con la forza, non si vendichi di alcuna ingiuria, e non esiga pegni di garanzia. Chi avesse trasgredito tale norma avrebbe dovuto pagare la conciliazione secondo le leggi come chi avesse meritato la morte, oppure essere scomunicato ed esiliato dal paese. Lapplicazione di questa disposizione fu considerata tanto provvidenziale che nello stesso anno furono tenuti in Francia molti altri Concili sulla stessa materia. Inoltre ci si preoccupava anche di ricordare frequentemente questobbligo, come si rileva dal Concilio di Sant-Gilles in Linguadoca celebrato nellanno 1042 e da quello Narbona del 1045. Nonostante sinsistesse continuamente sullo stesso principio non si otteneva per un completo successo, come mostra laltalenare delle disposizioni della legge. Cos vediamo che nellanno 1047 la Tregua di Dio venne limitata ad un periodo pi breve di quello che era nel 1041, perch il Concilio di Telugis della diocesi di Elna celebrato nel 1047 dispone che in tutta la contea del Rossiglione nessuno dovesse assalire il nemico dallora nona del sabato fino allora prima del luned: in modo che la legge era allora molto pi permissiva che nel 1041, dove

abbiamo visto che la Tregua di Dio si estendeva dalla sera del mercoled fino alla mattina del luned. Nello stesso Concilio si trova una disposizione interessante, perch vi disposto che nessuno possa assalire un uomo che va in chiesa o ne ritorna, o che accompagna delle donne. Nel 1054 la Tregua di Dio guadagna terreno, perch non solo torna a comprendere lo spazio di tempo dalla sera del mercoled fino alla mattina del luned dopo il sorgere del sole, ma si estende ad intervalli ancora pi lunghi. Cos vediamo che il Concilio di Narbona celebrato dallArcivescovo Goffredo nel detto anno, oltre a comprendere la Tregua di Dio dalla sera del mercoled fino alla mattina del luned, la dichiara obbligatoria anche per i periodi di tempo e per i giorni seguenti: dalla prima domenica dAvvento fino allottava di Epifania; dalla domenica di Quinquagesima fino allottava di Pasqua; dalla domenica che precede lAscensione fino allottava di Pentecoste; nei giorni festivi di Nostra Signora, di S. Pietro, di S. Lorenzo, di S. Michele, dOgnissanti, di S Martino e dei S.S. Giusto e Pastore titolari della chiesa di Narbona; e infine in tutti i giorni di digiuno. E questo sotto pena di scomunica e di esilio perpetuo. Nello stesso Concilio si trovano tante altre belle disposizioni che non si pu evitare di menzionare, trattandosi di mostrare e di far sentire quale fosse linfluenza della Chiesa Cattolica nel moderare i costumi. Nel canone 9 si proibisce di tag1iare gli olivi, e se ne dice il motivo, che se agli occhi dei giureconsulti non sembrer abbastanza comune e pertinente, per la filosofia della storia per un grazioso simbolo delle idee religiose che esercitano la loro benefica influenza sulla societ. La ragione che ne d il Concilio che gli olivi somministrano la materia del Sacro Crisma e dellilluminazione delle chiese . Una ragione simile faceva sicuramente pi effetto di tutte quelle che si potevano ricavare da Ulpiano o da Giustiniano. Nel canone 10 si dispone che i pastori con i loro greggi godano della sicurezza della Tregua in ogni tempo e luogo, e lo stesso dispone il canone 11 riguardo alle cose situate nel raggio di trenta passi intorno alle chiese. Nel canone 18 si proibisce ai litiganti di arrivare alle vie di fatto o di commettere alcuna violenza prima che la causa sia stata giudicata in presenza del Vescovo e del Signore del luogo. Negli altri canoni si proibisce di rubare a mercanti e pellegrini e di danneggiare chicchessia sotto pena, per i rei di tale delitto, di essere separati dalla Chiesa qualora avessero commesso il danno durante la Tregua. Man mano che avanzava lundicesimo secolo notiamo che sinsisteva sempre pi sulla benefica azione della Tregua di Dio, anche con lintervento dellautorit dei Papi. Nel Concilio di Girona celebrato dal Cardinale Ugo il Bianco nel 1068 fu confermata la Tregua di Dio per autorit di Alessandro II, sotto pena di scomunica; e nel 1080 il concilio di Lillebonne in Normandia considera gi stabilita ovunque questa Tregua, poich dispone nel primo canone che i Vescovi e i Signori abbiano cura di farla osservare, e di applicare ai contravventori le censure ed altre pene. Nel 1093 il Concilio di Troia in Puglia, celebrato da Urbano II, conferma nuovamente la Tregua di Dio; ed da notare lestensione che andava prendendo

questa disposizione ecclesiastica, perch a quel Concilio intervennero settantacinque Vescovi. Molto maggiore ne fu il numero nel Concilio di Clermont in Auvergne celebrato dallo stesso Urbano II nel 1095, poich contava niente meno che tredici Arcivescovi, duecentoventi Vescovi e molti Abati. Nel primo canone vi si conferma la Tregua nei giorni di gioved, venerd, sabato e domenica; ma si vuole che si osservi tutti i giorni della settimana riguardo ai monaci, ai chierici e alle donne. Nei canoni 29 e 30 si dispone che se qualcuno inseguito dal suo nemico si rifugia presso una croce, deve essere considerato sicuro allo stesso modo che se avesse cercato asilo in chiesa. Questo sublime segno di redenzione, dopo aver recato la salvezza al genere umano bagnandosi del sangue del Figlio di Dio in cima al Calvario, servita gi di rifugio per coloro che nella presa di Roma ricorrevano a lei per sfuggire al furore dei barbari; e alcuni secoli dopo la troviamo che, innalzata lungo le strade, salva ancora lo sventurato che labbraccia per sfuggire ad un nemico assetato di vendetta. Il Concilio di Rouen, celebrato nel 1096, estende ulteriormente il vigore della Tregua disponendo che sia osservata dalla domenica prima del mercoled delle Ceneri fino al secondo giorno feriale dopo lottava di Pentecoste e dopo il tramontare del sole; dal mercoled prima dellAvvento fino allottava dellEpifania; in ogni settimana dal tramontare del sole del mercoled fino al levare del seguente luned; e infine in tutte le feste e vigilie della Vergine e degli apostoli. Nel secondo canone si ordina che godano una pace perpetua tutti i chierici, i monaci e le religiose, le donne, i pellegrini, i mercanti e i loro servitori, i buoi e cavalli destinati ai lavori dei campi, i carrettieri, i lavoratori , e tutte le terre di pertinenza dei santi, con la proibizione di assalirli ed esercitare su di essi la minima violenza. evidente che in quei tempi la legge aveva maggiore autorit e quindi poteva esigere lubbidienza con un tono pi fermo, perch vediamo che nel terzo canone dello stesso Concilio si prescrive che tutti i maschi che hanno compito i dodici anni prestino il giuramento di osservare la Tregua; e nel quarto canone si minaccia la scomunica contro coloro che rifiutassero di prestarlo, come pure alcuni anni dopo, cio nel 1115, la Tregua comincia a comprendere non gi certi determinati periodi di anno ma interi anni; e il Concilio di Troia in Puglia, tenuto nellanno suddetto da Papa Pasquale, stabilisce la Tregua per tre anni. I Papi continuavano con zelo lopera incominciata, sanzionando con la loro autorit e diffondendo con la loro influenza, allora universale e potente in tutta Europa, losservanza della Tregua. Questa, quantunque in apparenza non fosse altro che un attestato di rispetto alla religione da parte delle passioni violente che sospendevano le ostilit per riguardo a lei, era per in sostanza il trionfo del diritto sul fatto ed uno dei pi efficaci espedienti che si siano mai visti adoperare per moderare i costumi di un popolo barbaro. Chi si vedeva costretto a non fare uso della forza per quattro giorni della settimana e per lunghi periodi di tempo nellanno, chiaro che doveva tendere verso costumi pi moderati, fino ad arrivare a non pi adoperarla. Quello che costa fatica non convincere luomo che opera il male, ma fargli perder labitudine ad operare il male; e ben si sa che qualunque abitudine si forma col ripetere le stesse azioni, e si perde quando si ottiene che queste cessino per qualche tempo.

Quindi una grandissima soddisfazione constatare che i Papi sostenevano la diffusione di questa Tregua rinnovando in numerosi Concili la disposizione che essa venisse osservata, perch questo fatto dava unefficacia maggiore ed universale alla disposizione stessa. Nel Concilio di Rheims inaugurato personalmente dallo stesso Pontefice Callisto II nel 1119, fu emanato un decreto a conferma della medesima Tregua. Assistettero al Concilio tredici Arcivescovi, pi di 200 Vescovi, e un gran numero di Abati ed ecclesiastici distinti per dignit. Se ne ribad losservanza nel nono Concilio ecumenico Laterano, indetto da Callisto II nel 1123. Erano pi di 300 i prelati tra Arcivescovi e Vescovi, e il numero degli Abati oltrepassava i 600. Nel 1130 sinsistette per lo stesso fine nel Concilio di Clermont in Alvernia celebrato da Innocenzo II, dove furono rinnovati i regolamenti relativi allosservanza della Tregua; e nel Concilio di Avignone del 1209, celebrato dal Vescovo Ugo di Riex, e Milone, notaio del Papa Innocenzo III, ambedue legati della Santa Sede, furono confermate le leggi emanate precedentemente per losservanza della pace e della Tregua, e si stabil la condanna per coloro che la trasgredivano. Nel Concilio di Mompellier del 1215, indetto da Roberto di Courcon e presieduto dal Cardinale di Benavent come legato della provincia, fu rinnovato e confermato quanto precedentemente era stato regolamentato in tempi diversi sulla sicurezza pubblica, e pi recentemente perch durasse la pace tra i Signori e tra i popoli. A coloro che hanno considerato lintervento dellautorit ecclesiastica negli affari civili come unusurpazione dei diritti del pubblico potere, si potrebbe domandare se si pu usurpare quello che non esiste, e se un potere divenuto incapace di esercitare le sue stesse funzioni avesse motivo di lamentarsi che le esercitassero altri che ne avesse la capacit e la forza necessaria. A quei tempi lautorit pubblica non si lamentava di queste pretese usurpazioni, e tanto i governi che i popoli le ritenevano legittime e giuste perch, come si gi detto, erano naturali, necessarie, prodotte dalla forza degli avvenimenti e derivate dallo stato delle cose. Certamente sarebbe ora una cosa curiosa che i Vescovi si occupassero della sicurezza delle strade, che pubblicassero editti contro glincendiari e i ladri, contro quelli che tagliano gli olivi o provocano altri simili danni; ma in quei tempi questo modo di procedere era considerato naturalissimo e molto necessario. Grazie a queste premure della Chiesa, a questa sollecita vigilanza alla quale con tanta leggerezza sono state fatte mille accuse in epoche successive, si poterono gettare le fondamenta di quelledificio sociale di cui ora godiamo i vantaggi, e condurre infine un riordinamento che sarebbe stato impossibile senza linfluenza religiosa e senza lazione dellautorit ecclesiastica. Ma qual il concetto che ci si deve formare di un fatto, al fine di stabilire se deriva dalla natura stessa delle cose o se il risultato di astute macchinazioni? Osservate il modo con cui si presenta, i luoghi dove nasce, i tempi in cui si effettua: e quando lo vedete riprodotto in epoche molto distanti tra loro, in luoghi molto lontani, tra uomini che non hanno potuto concordare tra loro, siate sicuri che quello che avviene non stabilito dalluomo, ma dalla forza stessa delle cose. Queste condizioni si sono verificate in modo tangibile nellazione dellautorit ecclesiastica sugli affari pubblici. Consultate i Concili di quei tempi, e in ognuno di essi compariranno gli stessi fatti. Cos per esempio il Concilio di

Palenza nel regno di Leone tenuto nel 1129, dispone nel canone 12 che siano esiliati o rinchiusi in un monastero coloro che attaccano chierici, monaci, mercanti, pellegrini e donne. Passate in Francia, e troverete il Concilio di Clermont in Auvergne tenuto nel 1130, che nel canone 13 scomunica glincendiari. Nel 1157 locchio si poser sul Concilio di Rheims, il quale nel canone 3 stabilisce che durante la guerra non siano toccate le persone di chierici, monaci, donne, viandanti, lavoranti e vignaioli. Passate in Italia, e troverete lundicesimo Concilio ecumenico Laterano convocato nel 1179, che nel canone 22 proibisce di maltrattare e minacciare i monaci, i chierici, i pellegrini, i mercanti, i contadini che viaggiano o sono occupati nellagricoltura, e gli animali impiegati per il lavoro. Nel canone 24 si scomunicano coloro che fanno prigionieri o rapinano i Cristiani che navigano per il loro commercio o per altre legittime cause, e coloro che rubano ai naufraghi, qualora non restituiscano le cose rubate. Passando in Inghilterra, troviamo il Concilio di Oxford tenuto nel 1222 da Stefano Langton Arcivescovo ai Canterbury, che nel canone 20 proibisce a chicchessia di mantenere ladri al proprio servizio. In Svezia il Concilio di Arbogen celebrato nel 1396 da Enrico, Arcivescovo di Upsala, dispone nel canone 5 che non si conceda la sepoltura ecclesiastica ai pirati, ai rapitori, agli incendiari, ai ladri di strada, agli oppressori dei poveri e agli altri malfattori. Dunque in tutte le parti e in tutti i tempi sincontra lo stesso fatto, cio la Chiesa che lotta contro lingiustizia e contro la violenza, e si sforza di mettere al loro posto il regno della giustizia e della legge. Io non so con quale spirito alcuni abbiano letta la storia ecclesiastica, per non aver percepita la bellezza del quadro che ci presenta nelle disposizioni insistentemente ripetute, che qui ho solo citato, tutte dirette a proteggere il debole contro il forte. Se al chierico e al monaco, deboli come sono perch appartengono ad una professione pacifica, si accorda una particolare protezione nei canoni citati, notiamo che la stessa protezione si dispensa alle donne, ai pellegrini, ai mercanti, ai contadini che sono in viaggio e si occupano dei lavori della terra, agli animali addetti alla coltivazione, in una parola a chiunque debole. Da osservare che questa protezione non un mero slancio di fugace generosit, ma un sistema mantenuto in luoghi molto diversi, ininterrotto per lo spazio di secoli, sviluppato e applicato con tutti i mezzi che suggerisce la carit, inesauribile in espedienti e artifici quando si tratta di fare il bene e di evitare il male. E non si pu certo dire che la Chiesa agisse per interesse, perch quale profitto materiale poteva mai ottenere dallimpedire di rubare ad un ignoto viandante, di fare violenza a un povero contadino, di arrecare offesa a una donna indifesa? Lo spirito che lo animava allora (nonostante gli abusi a cui potevano portare la calamit dei tempi), lo spirito che lanimava allora come lo anima adesso, era lo Spirito di Dio: quello Spirito che le comunica costantemente una decisa inclinazione al buono e al giusto, e che la spinge a cercare sempre i mezzi pi adatti per realizzarlo. Giudichi ora, il lettore imparziale, se tanti continui sforzi da parte della Chiesa per eliminare dalla societ il dominio della forza contribuirono o no a moderare i costumi. E questo limitandomi al solo tempo di pace; perch per quanto riguarda il tempo di guerra non necessario neanche fermarsi a provarlo. Il vae victis

degli antichi scomparso dalla storia moderna grazie alla religione divina che ha ispirato agli uomini altre idee e altri sentimenti, grazie alla Chiesa cattolica che col suo zelo per la redenzione degli schiavi ha moderato le feroci massime dei Romani, i quali credevano necessario, per rendere valorosi gli uomini, di toglier loro ogni speranza di uscire dalla schiavit nel caso che in schiavit venissero ridotti per le vicende della guerra. Se il lettore vuole prendersi il fastidio di leggere i capitoli XVII e XVIII di questopera, ed il III della nota (15), dove si trovano alcuni dei molti documenti che potrebbero essere citati su questo punto, si former una giusta idea della gratitudine che merita la Chiesa cattolica per la sua carit, per il distacco dai beni terreni, per il suo zelo instancabile in favore degli infelici che gemevano privi di libert in potere dei loro nemici. A questo si deve aggiungere anche la riflessione che, una volta abolita la schiavit, era inevitabile che il modo di combattere venisse a modificarsi, divenendo meno cruento. Perch se non era pi lecito uccidere il nemico che si fosse arreso, n tantomeno ridurlo in schiavit, tutto si riduceva a trattenerlo il tempo necessario perch non fosse pericoloso, o finch non se ne ricevesse il corrispondente riscatto. Ecco il sistema moderno, che consiste nel tenere i prigionieri finch sia terminata la guerra o si arrivi ad uno scambio. Quantunque, per quel che si detto sopra, la delicatezza dei costumi consista, letteralmente parlando, nellesclusione della forza, ci nonostante, siccome in questo mondo tutto concatenato, non si deve vedere questesclusione solo in se stessa, cio in senso astratto considerando possibile che esista solo grazie al progresso conseguito dallintelligenza. Una delle condizioni necessarie per una vera delicatezza dei costumi che non solo si evitino per quanto possibile i mezzi violenti, ma, di pi, che si adoperino i mezzi benfici. Se non avviene questo i costumi saranno pi rilassati che delicati, e luso della forza non sar bandito dalla societ, ma vi si manterr mascherato ad arte. Per queste ragioni bisogna dare unocchiata al principio dal quale la civilt europea ha preso quello spirito di beneficenza che la distingue, poich cos sar del tutto chiaro che la nostra delicatezza dei costumi dovuta soprattutto al Cattolicesimo. Oltre a ci, anche prescindendo dal rapporto che la beneficenza ha col Cattolicesimo, essa, considerata a s, di tale importanza che non ci possiamo dispensare dal dedicarle alcune pagine, visto che stiamo facendo una rassegna analitica degli elementi della nostra civilt (22).

CAPITOLO XXXIII Beneficenza pubblica. Differenze tra il Protestantesimo e il Cattolicesimo riguardo ad essa. Paradosso di Montesquieu. Regole fondamentali in questo campo. Danni causati dal Protestantesimo in questo campo. Ci che vale la filantropia. _______________ I costumi non saranno mai delicati senza le opere di pubblica beneficenza. La

delicatezza dei costumi e questa beneficenza, anche se non devono essere confuse tra loro sono per sorelle. La beneficenza pubblica propriamente detta non era conosciuta presso gli antichi. Lindividuo poteva pur essere qualche volta benefico, ma la societ era senza cuore, pertanto nel suo sistema di amministrazione non previde mai la fondazione di istituti di pubblica beneficenza. Ci si chieder: che ne facevano dunque degli sventurati? E noi risponderemo con lautore del Genio del Cristianesimo che avevano due mezzi per liberarsene: linfanticidio e la schiavit. Il Cristianesimo si era gi diffuso ovunque, ma vediamo tuttavia che i resti degli atroci costumi davano ancora forti preoccupazioni alle autorit ecclesiastiche. Il Concilio di Vaison tenuto nellanno 442, nello stabilire un regolamento sulla legittima acquisizione dei fanciulli esposti, dispone dei castighi mediante censure ecclesiastiche per coloro che disturbavano con inopportuni reclami le persone caritatevoli che avevano raccolto un bambino. Lo scopo del Concilio era quello di non scoraggiare le persone caritatevoli dal seguire questo costume benefico, perch in caso contrario, soggiunge il Concilio, i bambini restavano esposti, e quindi soggetti ad esser mangiati dai cani . Non mancavano tuttavia alcuni padri snaturati che uccidevano i loro figli; perch il Concilio di Lerida del 546 impone sette anni di penitenza a chi commetta simile delitto, e quello di Toledo del 589 dispone nel canone 17 che simpedisca ai padri e alle madri di togliere la vita ai loro figli. La difficolt tuttavia non era nel correggere questi eccessi, i quali per la loro stessa contrapposizione ai princpi fondamentali della morale e per la loro avversione ai sentimenti pi naturali tendevano gi ad essere sradicati ed estirpati spontaneamente. La difficolt consisteva piuttosto nel trovare i mezzi per organizzare un vasto sistema di beneficenza che rendesse sempre disponibile lassistenza, non soltanto ai bambini, ma anche ai vecchi e invalidi, agli infermi e ai poveri che non potessero vivere del loro lavoro: in breve, a tutti i bisognosi. Essendo noi abituati a questo sistema che troviamo gi pronto e funzionante, una tale organizzazione pu sembrarci tanto semplice e naturale che a mala pena riusciamo a concepire la minima parte del merito che le si deve riconoscere. Si supponga per per un momento che queste pie istituzioni non esistano, o trasferiamoci con limmaginazione a quei tempi in cui non se ne concepiva neanche lidea: quale e quanto faticoso e incessante lavoro sarebbe necessario per realizzarli e organizzarli? chiaro che, diffusasi nel mondo la carit cristiana, tutte le necessit umane (anche se lesercizio della carit fosse rimasto limitato alla spontanea iniziativa individuale) erano destinate ad essere soccorse con maggiore frequenza ed efficacia di quanto non lo fossero nei tempi precedenti al Cristianesimo. Perch non sarebbe mai mancato un numero considerevole di fedeli che non avrebbero dimenticato le dottrine e lesempio di Ges Cristo. Il quale, mentre cinsegna lobbligo di amare gli altri come noi stessi, e non gi in modo sterile, ma col dare da mangiare allaffamato, da bere allassetato, col vestire glignudi, visitare glinfermi e i carcerati; ci mostrava col Suo agire un modello pratico di questa virt. Egli poteva mostrare in mille modi linfinito potere che aveva in cielo e sulla terra: al comando della sua voce si sarebbero piegati docilmente tutti gli

elementi, gli astri si sarebbero fermati nel loro corso e tutta la natura avrebbe sospeso le sue leggi. E invece dobbiamo constatare che Egli si compiacque di manifestare la sua onnipotenza e di attestare la sua divinit col fare quei miracoli che erano finalizzati a consolare gli infelici. La Sua vita compendiata nella sublime semplicit di quelle due parole del sacro Testo: Pertransiit benefaciendo. Pass facendo il bene. Ci nonostante, per quanto si potesse confidare nella carit cristiana lasciata alliniziativa personale e operante in modo esclusivamente individuale, non era conveniente lasciarla in questo stato, ma era opportuno esercitarla attraverso istituzioni permanenti in modo da evitare che il soccorso ai bisognosi fosse soggetto a situazioni dipendenti dalla volont delluomo e dalle circostanze del momento. Per questo motivo fu molto saggia e prudente lidea di far sorgere un gran numero di istituti di beneficenza. La Chiesa fu quella che ebbe questidea e che la realizz; e facendo ci, altro non fece che applicare ad un caso particolare la regola generale del suo modo dagire, cio di non lasciar mai alliniziativa individuale ci che si pu realizzare con una istituzione. Ed opportuno osservare che questa una delle ragioni della forza posseduta da tutto ci che appartiene al Cattolicesimo; sicch, come il principio di autorit in materia di dogma conserva lunit e la fermezza nella fede, cos la regola di affidare tutte le opere a delle istituzioni assicura alle opere stesse la solidit e la durata che derivano dal Cattolicesimo. Questi due princpi hanno tra loro una corrispondenza intima; perch, se si osserva bene, luno (il principio di autorit) suppone la diffidenza nellintelletto delluomo, laltro (quello di affidare le opere alle istituzioni) nella volont di lui e nei suoi mezzi individuali. Il primo suppone che luomo non basta a se stesso per conoscere molte verit, e laltro che egli troppo incostante e debole per poter lasciare in bala della sua incostanza e debolezza la cura di fare il bene. N luno n laltro fanno ingiuria alluomo, n luno n laltro ne deprimono la dignit, perch non fanno altro che mostrargli quanto egli sia in realt soggetto allerrore, inclinato al male, incostante nei propositi e limitato nelle sue iniziative. Tragiche verit (e tuttavia confermate dallesperienza quotidiana), di cui la religione cristiana trova la spiegazione nel dogma fondamentale della caduta del genere umano dovuta alla prevaricazione del progenitore della stirpe umana. Il Protestantesimo, seguendo princpi diametralmente opposti, applica alla volont quello stesso spirito di individualismo che predica per lintelletto, mostrandosi cos per sua natura nemico delle istituzioni. Attenendoci alloggetto di cui ci stiamo occupando, vediamo che la prima cosa che fece quando nacque fu quella di distruggere ci che esisteva senza pensare al modo di sostituirlo con altre opere. Sembra incredibile che Montesquieu sia giunto al punto di approvare questopera di distruzione, e questa unaltra prova della maligna influenza dellatmosfera che il secolo passato esercitava sulle menti. Enrico VIII dice il citato autore volendo riformare lInghilterra, elimin i religiosi, gente sfaccendata che stimolava la pigrizia anche negli altri perch, praticando lospitalit, faceva s che uninfinit di persone oziose, sia nobili che della classe del popolo, trascorressero la vita passando di convento in convento. Abol altres gli ospizi, dove il basso popolo trovava assistenza come i nobili la

trovavano nei monasteri: fin da quellepoca si stabil in Inghilterra lo spirito del commercio e dellindustria (Spirito delle Leggi. Lib. 23, cap. 29). Che Montesquieu abbia lodato la condotta di Enrico VIII con la meschina motivazione che distruggendo i conventi venivano tolti agli oziosi lespediente di trovarvi ospitalit, non desta alcuna meraviglia, perch simili trivialit erano tipiche del genere di filosofia che incominciava allora a predominare, la quale pretendeva di scoprire profonde motivazioni economiche e politiche in tutto ci che si opponeva alle istituzioni del Cattolicesimo. Il che molto facile, perch un animo prevenuto trova ci che vuole sia nei libri che nei fatti. Si potrebbe tuttavia chiedere al Sig. Montesquieu dove siano andati a finire i beni dei conventi. Perch siccome una buona parte di questi pingui bottini tocc a quegli stessi nobili che qui avevano trovato ospitalit, si potrebbe forse contestare allautore dello Spirito delle Leggi di aver preteso di diminuire loziosit di questi con un mezzo veramente singolare, quello cio di dar loro i beni di quei religiosi dai quali avevano ricevuto ospitalit. E questo giusto, perch mantenendo in casa propria quegli stessi beni che servivano a procurarsi lospitalit, si risparmiava ai nobili la fatica di passare di convento in convento. Quello per che non si pu tollerare che egli descriva come un colpo maestro in economia politica laver abolito gli ospizi dove il basso popolo trovava assistenza. Ma possibile che la vostra vista sia tanto corta, e la vostra filosofia talmente spietata da ritenere vantaggiosa per lindustria e il commercio labolizione degli asili per glinfermi? Ma il peggio che il Sig. Montesquieu, tutto preso dalla voglia di fare ci che vengono chiamate osservazioni nuove e stuzzicanti, arriva al punto di negare lutilit degli ospizi e pretende che questo il motivo per cui a Roma tutti fanno una vita comoda, eccetto quelli che lavorano. Se le nazioni sono povere, non occorrono ospizi; e se sono ricche neanche. Per sostenere questo paradosso disumano espone i motivi che il lettore apprender dalle seguenti parole: Quando la nazione povera egli dice la povert individuale deriva dalla miseria generale e non altro, per cos dire, che la stessa miseria generale. Tutti gli ospizi non servono allora a rimediare a questa povert particolare; al contrario, lo spirito di pigrizia che ispirano aumenta la povert generale e di conseguenza anche quella individuale. Ecco gli ospizi presentati come dannosi per le nazioni povere, e perci condannati. Sentiamolo adesso riguardo alle ricche. Ho detto che le nazioni ricche hanno bisogno di ospizi perch tra esse i beni di fortuna vanno soggetti a mille imprevisti; ma abbiamo visto che sarebbe molto meglio fornire degli aiuti occasionali piuttosto che fondare delle istituzioni fisse. Il male momentaneo, e di conseguenza opportuno che gli aiuti siano della stessa natura, e applicabili nei casi particolari (Spirito delle leggi lib. 23, cap. 29). difficile trovare qualcosa di pi insulso e di pi ipocrita del passo citato; e se da tale passo si dovesse giudicare lopera dalla quale tratto, opera il cui merito stato portato alle stelle, essa meriterebbe piuttosto un giudizio ancora pi severo di quello che le ha dato il Sig. De Bonald quando lha definita la pi profonda delle opere superficiali . Fortunatamente per i poveri e per il buon ordine della societ, lEuropa in generale non ha adottato queste idee; e su questo punto, come in molti altri, sono stati messi da parte i pregiudizi contro il Cattolicesimo e si seguito con

qualche variante il sistema da esso insegnato. Nella stessa Inghilterra esistono un numero considerevole di istituti di beneficenza, e neanche l si crede che per stimolare la diligenza del povero sia necessario esporlo al pericolo di morire di fame. Conviene tuttavia osservare che questo sistema di istituti di pubblica beneficenza attualmente comuni in tutta Europa, non esisterebbe senza il Cattolicesimo; e si pu dar per certo che se lo scisma religioso protestante fosse avvenuto prima che si stabilisse e si organizzasse il detto sistema, la societ europea non godrebbe di questi istituti che le fanno tanto onore, e che sono per di pi un prezioso elemento di ordine pubblico e di pubblica tranquillit. Non la stessa cosa fondare e sostenere un istituto assistenziale di questo genere quando gi ce ne sono molti altri simili, e quando i governi dispongono di mezzi illimitati e della forza occorrente a coprire tutte le necessit; e fondarne invece un gran numero quando non ne esiste neppure uno da cui prendere il modello, quando i mezzi devono essere, per cos dire, improvvisati in mille modi diversi, quando il potere pubblico non ha n il prestigio n la forza per tenere a freno le passioni violente che fanno ogni sforzo per impadronirsi di tutto ci che presenta loro qualche guadagno. Ora, glistituti che abbiamo descritti prima sono stati fatti nei tempi moderni da quando esiste il Protestantesimo, i secondi sono quelli che furono eretti dalla Chiesa cattolica parecchi secoli prima. E si noti bene, che quanto stato fatto nei paesi protestanti in favore degli istituti di beneficenza si riduce a semplici atti amministrativi dei governi, che gli stessi governi rilasciarono ben volentieri considerando i buoni effetti fino allora ottenuti da quegli istituti. Ma il Protestantesimo in s, e considerato come chiesa separata, non ha fatto nulla. N tampoco poteva fare, perch dove conserva qualche apparenza di ordinamento gerarchico, non altro che un puro strumento del potere civile, e non pu quindi agire per proprio conto. Ci che lo rende del tutto sterile in questa materia, oltre al difetto della propria istituzione, sono i suoi pregiudizi contro glistituti religiosi sia maschili che femminili, restando cos privo di uno dei pi potenti mezzi che ha il Cattolicesimo per portare avanti le pi difficili e pietose opere di carit. Per le grandi opere di carit necessario il distacco da tutte le cose e anche da se stessi; ed questo che in modo eminente si trova nelle persone consacrate alla beneficenza in un istituto religioso: qui sincomincia da quel distacco che la radice di tutti gli altri, quello cio dalla propria volont. In queste opere la Chiesa cattolica, lungi dal procedere per mandato del potere civile, ha sempre considerato come una sua specifica missione quella di portare soccorso a tutte le necessit; e i Vescovi sono stati considerati come i protettori e i visitatori naturali dei pii istituti di beneficenza. Quindi nel diritto comune gli ospizi erano soggetti ai Vescovi, e nella legislazione canonica ai pii istituti di beneficenza sempre stato riservata unattenzione particolare. Quella di fare delle leggi su questi pii istituti cosa antichissima nella Chiesa; e infatti vediamo che il Concilio di Calcedonia, nellordinare che resti sotto lautorit del Vescovo della citt il chierico che assegnato in pthochiis (cio, secondo la spiegazione di Zonara, in alcuni pii istituti destinati al vitto e alla cura dei poveri, come quelli dove sono ricevuti e mantenuti gli orfani, i vecchi e

glinfermi) usa la seguente espressione: secondo la tradizione dei S.S. Padri. Dimostrando in questo modo che su essi esistevano gi antiche disposizioni della Chiesa, perch fin da allora si faceva ricorso alla tradizione quando si trattava di regolare qualche questione che riguardava questi istituti. Inoltre, da parte degli studiosi, si ha conoscenza delle antiche Diaconie dove erano ricoveravate vedove povere, orfani, vecchi ed altri bisognosi. Quando con linvasione dei barbari la legge del pi forte sintrodusse ovunque, i beni gi di propriet degli ospizi o che furono acquisiti successivamente erano molto insicuri perch per loro natura attiravano fortemente la cupidigia. La Chiesa per non manc di proteggerli con la sua autorit. La disposizione che proibiva di rapinarli o di appropriarsene era molto severa, e chi si rendeva colpevole di tale reato era punito come omicida dei poveri. Il Concilio dOrleans dellanno 549 nel canone 13 proibisce dimpossessarsi dei beni degli ospizi; e il canone 15, nel confermare la fondazione di un ospizio costruito a Lione dal re Childeberto e dalla regina Ultrogota, mirando alla sicurezza e alla buona amministrazione dei beni impone a chi contravviene alla suddetta proibizione la pena di scomunica come reo di omicidio dei poveri. In alcuni Concili molto antichi troviamo certe disposizioni sui poveri che sono un insieme di beneficenza e di norme di sicurezza, e attualmente sono adottate in vari paesi. Citiamo per esempio la disposizione di formare una lista dei poveri della parrocchia e obbligare questa a mantenerli, ed altre simili. Cos il Concilio di Tours celebrato nellanno 566 o nel seguente, nel canone 5 prescrive che ogni citt mantenga i suoi poveri, e che i sacerdoti delle campagne, insieme ai fedeli, mantengano quelli del loro circondario per evitare che i mendicanti vadano vagando per citt e province. Per ci che riguarda i lebbrosi, il canone 21 del Concilio di Orleans appena citato prescrive che i Vescovi abbiano una cura particolare per poveri e lebbrosi della loro diocesi, somministrando loro dai fondi della Chiesa vitto e vestiario; e il Concilio di Lione celebrato nellanno 583 dispone nel canone 6 che i lebbrosi di ogni citt e territorio circostante siano mantenuti a spese della Chiesa, e di questo se ne occupi il Vescovo. La Chiesa conservava un libro-matricola dei poveri ai quali distribuiva parte dei suoi beni, ed era fatto assoluto divieto agli incaricati alla immatricolazione di ricevere alcun compenso da coloro che venivano registrati. Nel Concilio di Rhims celebrato nellanno 874 si proibisce, nel secondo dei suoi cinque articoli, di ricevere qualcosa dai poveri che si fanno registrare sul libro-matricola, e questo sotto pena di destituzione. La premura per migliorare la sorte dei carcerati, che si tanto diffusa nei tempi moderni, nella Chiesa antichissima. degno di nota che fin dal sesto secolo vi era gi in essa la mansione del Visitatore delle carceri. Larcidiacono o il preposto della chiesa avevano lobbligo di visitare i carcerati tutte le domeniche. Questa sollecitudine si estendeva a tutti i carcerati senza eccezione. Larcidiacono doveva informarsi delle loro necessit, e somministrare il vitto e tutto loccorrente per mezzo di una persona di riguardo scelta dal Vescovo. Cos si legge nel canone 20 del Concilio dOrleans tenuto nel 549. Sarebbe troppo lungo enumerare anche una piccola parte delle deliberazioni che testimoniano lo zelo messo in atto dalla Chiesa per consolare tutti gli

sventurati e dare sollievo alle loro pene, e sarebbe anche fuori luogo; perch la mia intenzione solamente quella di mettere a confronto lo spirito del Protestantesimo con quello del Cattolicesimo riguardo alle opere di beneficenza. Ma giacch lo stesso sviluppo del tema mi ha portato necessariamente a produrre alcune testimonianze storiche, non posso fare a meno di ricordare il capitolo 141 del Concilio di Aquisgrana dove si d disposizione ai prelati di fondare, seguendo lesempio dei loro predecessori, un ospizio per ricevere tanti poveri quanti se ne potevano mantenere con le entrate della Chiesa. I canonici dovevano dare allospizio la decima dei frutti, e uno di essi doveva avere lincarico di ricevere i poveri e i pellegrini, e di amministrare lospizio. Questa era la regola per i canonici. Quanto alle badesse, lo stesso Concilio dispone che venga costruito un ospizio vicino al monastero, e che nellinterno del monastero medesimo vi sia un edificio destinato a ricevere le donne povere. Da questa usanza derivato che molti secoli dopo in varie zone si vedevano degli ospizi adiacenti alla chiesa dei canonici. Venendo a tempi a noi pi vicini, gli istituti di beneficenza sono alquanto aumentati di numero. Desta stupore la fecondit con cui sorgevano ovunque i mezzi per portare soccorso alle varie necessit. Non possibile fare un calcolo preciso di ci che sarebbe successo se non fosse comparso il Protestantesimo; ma se vogliamo fare un discorso basato su quanto si era fatto fino allora, si pu supporre che se lo sviluppo della civilt europea fosse stato portato a compimento sotto lunit religiosa e senza le rivoluzioni e reazioni continue in cui fu immersa lEuropa grazie alla pretesa riforma, dal seno della religione cattolica sarebbe senzaltro sorto un sistema universale di beneficenza. Il quale, con una grande organizzazione, e conformemente a ci che richiedeva lo sviluppo della societ moderna, avrebbe forse prevenuta o debellata la piaga del pauperismo, che il cancro della societ attuale. Non si poteva forse sperarlo, se con un lavoro congiunto di tutte le menti e di tutti i mezzi delle nazioni europee si fosse agito in modo coordinato per ottenere questo fine? Disgraziatamente fu rotta lunit della fede, non si volle pi riconoscere lautorit che sarebbe stata il centro per lavvenire come lo era stata fino a quel momento; e da allora in poi lEuropa, che era destinata a divenire in breve tempo un insieme di popoli fratelli, divenne un campo di battaglia dove si combatt con un accanimento inaudito. Lodio prodotto dal contrasto tra le religioni non permise che si mettessero insieme gli sforzi per far fronte alle nuove difficolt e necessit che andavano sorgendo nellordinamento sociale e politico ottenuto dallEuropa col lavoro di tanti secoli. Invece di questo lavoro congiunto, divennero normali in Europa le dispute fomentate dallodio, linsurrezione e la guerra. Non bisogna dimenticare che con lo scisma dei Protestanti non solo fu impedito che si giungesse ad un comune impegno per conseguire il fine indicato, ma si ebbe per di pi un danno ancora maggiore, dovuto al fatto che il Cattolicesimo non pot pi operare in modo normale negli stessi paesi dove mantenne un assoluto dominio o almeno una chiara prevalenza. Quasi sempre ha dovuto mantenersi sulla difensiva, e si visto quasi costretto ad impiegare gran parte dei suoi mezzi per salvare la sua stessa esistenza. Da tutto questo deriv lattuale situazione in Europa che del tutto diversa da quella che molto

probabilmente sarebbe stata nel caso supposto, che si fosse cio giunti ad unazione comune. E in questo caso non ci sarebbe stata la necessit di prodursi in vani sforzi contro un male che, secondo tutte le apparenze, se non si riuscir ad escogitare qualche mezzo finora sconosciuto, poco meno che incurabile. Mi si dir che in questo caso la Chiesa avrebbe conservato unautorit eccessiva in ogni settore nel campo della beneficenza, la qual cosa sarebbe stata uningiusta limitazione delle prerogative del potere civile. Ma sbagliato dire questo. Perch la Chiesa non pretende nulla di pi che il suo titolo di protettrice di tutti gli sventurati, titolo del quale molto degnamente investita. vero che in certe epoche per tutto ci che riguardava la beneficenza non si udiva altra voce n si vedeva altra azione che quella della Chiesa; ma conviene osservare che in quei secoli il potere civile era ben lontano dallavere unamministrazione ordinata e autorevole con la quale poter andare efficacemente in aiuto alla Chiesa. tanto vero che da tutto questo alla Chiesa non mai derivata alcuna ambizione che, al contrario, spinta dal suo zelo che non aveva confini, prese su di s tutto il peso delle cure sia spirituali che temporali, non risparmiandosi nessun genere di sacrifici e di spese. Sono gi passati tre secoli dal funesto avvenimento che deploriamo; e lEuropa, che durante questo tempo stata in gran parte sotto linflusso del Protestantesimo, non ha fatto un solo passo rispetto a comera in quellepoca. Se questi tre secoli fossero trascorsi sotto il Cattolicesimo credo che qualche iniziativa caritatevole, tale da portare le organizzazioni di beneficenza a quellalto livello che richiede la complessit delle nuove esigenze, sarebbe senzaltro sorta. Dando unocchiata ai vari progetti di coloro che si occupano di questa importantissima questione, sempre presente unidea di associazione, sotto luna o laltra forma. Questo, per dire le cose come stanno, sempre stato il principio fondamentale del Cattolicesimo, il quale predicando l unit della fede, allo stesso modo predica lunione in tutto. Ma c questa differenza: che molte di quelle associazioni che vengono progettate e realizzate adesso non sono altro che un insieme dinteressi, perch manca l unione della volont e lunit del fine; le quali, trovandosi solo mediante lesercizio della carit cristiana, sono necessarie pure per condurre a buon fine le grandi opere di beneficenza, se vogliamo trovare in esse qualcosa di pi che un semplice disbrigo di pubblica amministrazione. Lamministrazione civile non serve a nulla quando non energica; e disgraziatamente quando arriva ad avere questa energia la sua azione ha un podella durezza e della tensione delle molle dacciaio. Per questo necessaria la carit cristiana, la quale insinuandosi in tutte le parti come un balsamo, raddolcisce quanto c di duro nellagire delluomo. Guai a quegli sventurati che nelle loro necessit ricevono i soccorsi solamente per mezzo dellamministrazione civile senza lintervento della carit cristiana! Nelle relazioni che pubblicano, le amministrazioni civili descrivono in modo esagerato le loro attivit filantropiche rivolte agli sventurati; ma in realt le cose vanno in modo ben diverso. Lamore verso i nostri fratelli, se non fondato sui princpi religiosi tanto abbondante di parole quanto scarso di fatti. La vista del povero, dellinfermo, del vecchio privo di forze, troppo sgradevole perch possiamo sopportarla per molto tempo quando ne siamo obbligati per gravi

motivi. Ma si dovrebbe almeno sperare che le cure penose, umilianti, continue, necessarie per assistere questi infelici, siano prestate in modo conveniente per un vago sentimento dumanit! E invece no: dove manca la carit cristiana ci potr essere puntualit, precisione, tutto ci che possono dare degli stipendiati per questo servizio, se listituto di beneficenza sotto una buona amministrazione; mancher per una cosa che non pu essere sostituita da nessunaltra e non c denaro che la ripaghi, cio l amore. Ci si chieder: non avete fede nella filantropia? No, rispondiamo, perch, come ha detto Chateaubriand, la filantropia la falsa moneta della carit. dunque molto ragionevole che alla Chiesa fosse riconosciuto un intervento diretto in tutti i settori delle opere di beneficenza, perch essa quella che meglio di ogni altro sa esercitare la carit cristiana, applicandola ad ogni genere di necessit e di miserie. Questo non un voler soddisfare lambizione, ma dare via libera al suo zelo; non pretendere un privilegio, ma far valere un diritto. Del resto se proprio volete chiamare ambizione questo desiderio, non potrete negarci almeno che si tratta di unambizione di nuovo genere: unambizione ben degna di gloria e di stima, che consiste nel reclamare il privilegio di soccorrere e consolare gli sventurati (23).

CAPITOLO XXXIV Intolleranza. Malafede su questo argomento. Definizione della tolleranza. Tolleranza dopinioni e tolleranza di errori. Tolleranza nei confronti dellindividuo. Tolleranza negli uomini religiosi e negli increduli. Da dove nasce negli uni e negli altri. Due classi di uomini religiosi e di increduli. Tolleranza nella societ: da dove nasce. Origine della tolleranza che regna nella societ attuale. _______________ La questione sulla delicatezza dei costumi trattata nei capitoli precedenti mi porta in modo naturale ad unaltra questione gi per s stessa molto difficile, che per di pi divenuta estremamente spinosa a causa dei molti pregiudizi che laccompagnano. Parlo della tolleranza in materia religiosa. Per certe persone la parola Cattolicesimo sinonimo dintolleranza; ed tale la confusione delle idee su questo tema che non vi cosa pi impegnativa quanto laccingersi a chiarirle. Basta proferire la parola intolleranza perch lanimo di certe persone si senta assalito da ogni genere didee tenebrose e terribili. La legislazione, le istituzioni, gli uomini del passato, tutto viene condannato senza appello al minimo accenno che si faccia sullintolleranza. Varie sono le cause che vi contribuiscono, ma se si vuole indicare la principale bisognerebbe citare la saggia risposta di Catone, quando accusato allet di ottantasei anni di non so quali delitti della vita passata in epoche molto remote, disse: difficile rendere conto della propria condotta a uomini di un secolo diverso da quello in cui uno ha vissuto. Ci sono certe cose di cui non possibile dare un giudizio sicuro se non si ha, non solo la conoscenza, ma anche un vivo sentimento dellepoca in cui sono

avvenute. E quanti sono gli uomini capaci di giungere fino a questo punto? Sono ben pochi coloro che riescono a far s che il loro giudizio resti immune dallinfluenza del clima che li circonda; e sono ancora meno quelli che da tale influenza riescono a rendere immune il loro cuore. Il secolo in cui viviamo lesatto contrario dei secoli dellintolleranza, ed ecco la prima difficolt che si presenta nel discutere questo genere di questioni. Il rancore e la malafede di alcuni che esaminarono tali questioni ebbero peraltro un peso non indifferente nel fuorviare lopinione della gente su di esse. Non vi cosa al mondo che non possa subire discredito se la si guarda da un solo lato, perch le cose guardate cos appaiono false, o per meglio dire non sono pi le stesse. Ogni oggetto ha tre dimensioni: chi ne considera soltanto una non si forma lidea delloggetto, ma di qualcosa che differisce molto dalloggetto stesso. Prendete unistituzione qualunque, la pi giusta e la pi utile che possiate immaginare; proponetevi di esaminarla sotto laspetto dei mali e degli inconvenienti che in essa sono nati facendo in modo di condensare in poche pagine ci che in realt si trova distribuito in molti secoli. Ne risulter una storia ributtante, orrenda e degna di esecrazione. Fate che un fanatico della democrazia vi illustri in una breve descrizione e con fatti storici alla mano i mali e gli inconvenienti della monarchia, i vizi e i delitti dei re. Cosa vi sembrer allora della monarchia? Ma lasciate che un fanatico della monarchia possa a sua volta descrivere, sempre con la testimonianza dei fatti storici, la democrazia e i partiti popolari. Che ne sar allora della democrazia? Riunite tutti insieme i mali arrecati allumanit dai molti progressi dello stato sociale dei popoli: la civilt e la cultura vi sembreranno detestabili. Andando a spigolare tra le gloriose imprese dello spirito umano, dalla storia della scienza si pu fare anche la storia della follia, e perfino del delitto. Accumulando i funesti incidenti causati dai professori dellarte medica si pu presentare questa benefica professione come il curriculum dellomicidio. In una parola, procedendo in questa maniera, si pu deformare tutto: Dio stesso potr essere presentato come un mostro di crudelt e tirannia se, facendo astrazione dalla Sua bont, sapienza e giustizia, non si badasse che ai mali che vediamo diffusi in un mondo creato dalla Sua onnipotenza e soggetto alla Sua provvidenza. Applichiamo ora questi princpi allargomento che cinteressa. Mettendo da parte lo spirito dei tempi, le circostanze particolari, un insieme di cose del tutto diverse dai tempi attuali, si pu benissimo fare la storia dellintolleranza religiosa dei Cattolici, con laccortezza per di far s che il rigore di Ferdinando e Isabella, di Filippo Il, della Regina Maria dInghilterra, di Luigi XIV e di quanto accaduto nello spazio di tre secoli siano condensati in poche pagine e dipinti con i colori pi foschi possibili. Il lettore che riceve in un breve spazio di tempo le impressioni di fatti che si svolsero in trecento anni, il lettore che (vivendo in una societ in cui le carceri stanno convertendosi in case di ricreazione e in cui fortemente avversata la pena di morte) si vede descrivere scene di oscure prigioni, strumenti di tortura, vesti dinfamia e roghi accesi, si sente battere vivamente il cuore, piange sulle disgrazie deglinfelici portati a morire e sindigna contro gli autori di quelle che egli definisce orribili atrocit. Nulla stato detto, al candido lettore, dei princpi e della condotta dei Protestanti nellepoca stessa; non gli stata

ricordata per nulla la crudelt di Enrico VIII e di Elisabetta dInghilterra, e cos tutto il suo odio si concentra sui Cattolici, e si abitua a considerare il Cattolicesimo come una religione di tirannia e di sangue. Ma il giudizio che si formato in questo modo, sar equo? Sar questo un verdetto giusto e formulato con piena cognizione di causa? Vediamo: cosa faremmo noi se cimbattessimo in un quadro fosco, cos come lho accennato sopra, sulla monarchia, sulla democrazia, sulla civilt, sulla scienza, sulle professioni pi benefiche? Quello che faremmo, o almeno quello che sicuramente dovremmo fare, consiste nello spingere oltre le nostre indagini, nel rivoltare loggetto per osservarne i diversi lati, nel considerare gli aspetti positivi dopo aver appresi quelli negativi; dovremmo rimuovere il difetto derivante dal loro essere concentrati in breve arco di tempo, per considerarli piuttosto come furono in se stessi, cio disseminati a grande distanza gli uni dagli altri nel corso dei secoli. In una parola: faremmo in modo di essere equilibrati, ponendo sulla bilancia il bene e il male per farne il confronto, come si dovrebbe fare sempre quando si tratta di valutare i fatti nella storia dellumanit secondo il loro giusto valore. Lo stesso metodo dovrebbe essere seguto nel nostro caso al fine di preservarci dallerrore a cui portano le false narrazioni e lesagerazione di alcuni, il cui scopo evidente era quello di alterare i fatti col presentarceli da un solo lato. Adesso lInquisizione non esiste pi, e non vi certamente alcuna probabilit che sia ristabilita; n tampoco esistono le leggi severe che vigevano a quei tempi, essendo queste abrogate o cadute in disuso; nessuno dovrebbe quindi avere particolare interesse che siano osservati sotto una falsa visuale. Ben sintende che alcuni avevano un tale interesse finch si tratt di far loro la guerra con lo scopo di distruggerle; ma una volta raggiunto lo scopo, lInquisizione e le leggi suaccennate sono un fatto storico che conviene esaminare con una prudenza priva di faziosit. In realt qui sono presenti due questioni: quella inerente al principio di tolleranza, e quella riguardante il modo di esercitarla. Non bisogna confondere queste due cose, che per quanto siano connesse sono tuttavia molto diverse. Comincer ad esaminare la prima. Attualmente la tolleranza universale viene proclamata come un principio, e si condanna senza alcuna eccezione qualunque genere dintolleranza. Ma chi si preoccupa di esaminare il vero senso di queste parole? Chi analizza col lume della ragione le idee che in esse sono contenute? O chi, per chiarirle, consulta la storia e lesperienza? Ben pochi. Queste parole vengono s pronunciate, se ne fa uso in ogni momento per formulare sentenze della massima importanza, ma senza nemmeno sospettare che in esse contenuto un ordine di idee dalle quali, secondo quanto pi o meno bene sono comprese ed applicate, dipende la salvaguardia della societ. Ben pochi riflettono che queste parole riguardano questioni tanto profonde quanto delicate; che in esse contenuta gran parte della storia; che secondo la soluzione che si d ai problemi sulla tolleranza, si giunge a condannare il passato, a rovesciare tutto il presente, e non si lascia nulla che possa servire per la costruzione di un avvenire, al di fuori di un banco di sabbie mobili. certamente pi comodo, in questi casi, ricevere e adoperare queste parole cos come circolano, allo stesso modo con cui si riceve e si d una moneta corrente senza stare ad esaminare se sia o no di buona lega. Ma quello che pi comodo non sempre il pi utile. Per

cui cos come, avendo a che fare con monete di un certo valore, ci prendiamo il disturbo di esaminarle per evitare di essere ingannati, allo stesso modo dovremmo comportarci riguardo a quelle parole, il senso delle quali della massima importanza. Tolleranza: qual il significato di questa parola? Propriamente parlando essa significa la pazienza con cui si sopporta qualcosa che si considera cattiva, ma che si ritiene conveniente lasciarla senza castigo. Cos per esempio si tollera un certo tipo di scandali, si tollerano questi o quegli abusi, di modo che lidea di tolleranza va sempre accompagnata con lidea del male. Tollerare il bene, tollerare la virt, sarebbero espressioni mostruose. Inoltre, quando la tolleranza sul piano delle idee, suppone un male dellintelletto, cio lerrore. Nessuno dir mai che tollera la verit. Tuttavia si pu osservare che c un uso di questa parola che ha un significato contrario, e ci accade se ci riferiamo al modo corrente di dire: tollerare le opinioni; e opinione molto diversa da errore. A prima vista la difficolt pare insolubile, ma considerata bene la cosa, non per niente difficile da spiegare. Quando diciamo di tollerare unopinione parliamo sempre di unopinione contraria alla nostra. Quellopinione in questo caso a nostro giudizio anche un errore, perch non possibile che abbiamo unopinione su di un fatto che riteniamo certo, cio che pensiamo una certa cosa essere o non essere oppure essere in questa maniera e non in unaltra, senza nello stesso tempo giudicare che quelli che non pensano come noi sono in errore. Se ci che riteniamo vero non va pi in l dellopinione, cio se il giudizio, quantunque fondato su ragioni che ci sembrano buone, non completamente sicuro, allora il nostro giudizio sullerrore degli altri sar a sua volta una semplice opinione; ma se ne siamo convinti al punto che il nostro giudizio sia del tutto fermo e saldo, cio se arriviamo alla certezza, in tal caso saremo ugualmente certi che quelli che esprimono un giudizio opposto sono in errore. Ne consegue quindi che la parola tolleranza, se si riferisce alle opinioni, contiene sempre il significato di tolleranza di errori. Chi sta per il s, ritiene errato il no, e chi per il no, errato il s. Questo non che una semplice applicazione di quel famoso principio: impossibile che nello stesso tempo una cosa sia e non sia. Ma allora, mi si obietter, cosa vogliamo dire con lespressione: rispettare le opinioni? Sintende forse che dobbiamo rispettare gli errori? No di certo! Rispettare le opinioni pu avere due sensi ragionevolissimi. Il primo si fonda sulla debolezza del convincimento della persona che rispetta. Perch quando su di un punto qualunque siamo arrivati a formarci soltanto unopinione sintende che non siamo giunti alla certezza; e perci riconosciamo che vi possano essere delle ragioni valide dalla parte opposta. In base a questo concetto possiamo dire benissimo che rispettiamo lopinione altrui, volendo riconoscere in questo modo che il nostro giudizio potrebbe essere errato e forse la verit non sta dalla nostra parte. In secondo luogo rispettare le opinioni significa talvolta rispettare le persone che le professano, rispettarne la buona fede, rispettarne le intenzioni. Cos si dice qualche volte: rispettare i pregiudizi, ed chiaro allora che non si parla di un vero rispetto che abbiamo per essi. evidente dunque che lespressione rispettare le opinioni altrui ha un

significato molto diverso secondo che la persona che le rispetta del tutto certa del senso contrario a quelle opinioni, oppure no. Potremo capire meglio che cos la tolleranza, qual la sua origine e quali gli effetti, se prima di esaminarla nella societ, lo facciamo in modo tale che loggetto della nostra osservazione si riduca al suo pi semplice elemento, che la tolleranza considerata nellindividuo. Si chiama tollerante un individuo quando si trova abitualmente in una disposizione danimo che gli permette di sopportare senza inquietarsi e senza alterarsi le opinioni contrarie alla sua. Questa tolleranza sar chiamata con nomi diversi secondo le diverse materie sulle quali esercitata. In materia di religione, tanto la tolleranza che lintolleranza possono trovarsi sia in chi religioso sia in chi non lo ; di modo che n luna n laltra di queste due situazioni (lessere o non lessere religioso) porta per diretta conseguenza ad essere tollerante o intollerante. Alcuni pensano che la tolleranza sia propria degli atei e lintolleranza degli uomini religiosi: questo un errore. Chi pu essere pi tollerante di S. Francesco di Sales? E chi pi intollerante di Voltaire? La tolleranza in un uomo religioso, quella tolleranza che non deriva da una fede insicura, e che va benissimo insieme ad uno zelo ardente per la conservazione e la propagazione della fede, nasce da due princpi: la carit e lumilt. La carit che ci fa amare tutti gli uomini compresi i nostri peggiori nemici; la carit che ci ispira la compassione per le loro mancanze e per i loro errori, che ci obbliga a guardarli come fratelli e ad usare tutti i mezzi che sono in nostro potere per farli uscire dal loro misero stato; la carit, infine, per cui non lecito considerarli senza speranza di salvezza, finch sono ancora in vita. Rousseau ha detto che impossibile vivere in pace con gente che si crede condannata; noi non crediamo n possiamo credere condannato nessuno, finche vive; poich per quanto sia grande la sua iniquit sono sempre infinitamente pi grandi la misericordia di Dio e il prezzo del sangue di Ges Cristo. E siamo talmente lontani dal pensare ci che dice il filosofo di Ginevra, cio che amare costoro sarebbe aver Dio in orrore, che chi sostenesse una tale dottrina sarebbe tutto lopposto di ci che un Cattolico. Laltra sorgente della tolleranza lumilt cristiana: lumilt che ci ispira una profonda consapevolezza della nostra debolezza, che ci fa ammirare tutto ci che abbiamo in quanto proveniente da Dio, che non ci fa vedere ci che possediamo di superiore sugli altri se non come un maggior titolo di gratitudine nei confronti della benefica mano della Provvidenza. Lumilt, la quale non limitandosi alla sfera individuale, ma abbracciando lintera umanit, ci fa sentire membra della grande famiglia del genere umano decaduto dalla dignit originale a causa del peccato del primo uomo, con cattive inclinazioni nel cuore, con tenebre nellintelletto, e per tutto questo degno di compassione e dindulgenza nei suoi traviamenti e nei suoi peccati. Questa virt, sublime nel suo stesso annullarsi; questa virt che, come ha detto mirabilmente S. Teresa, piace tanto a Dio perch l umilt la verit: questa virt ci incita ad essere indulgenti con tutti, e nello stesso tempo di non dimenticare mai che noi stessi, forse pi di chiunque altro, siamo talvolta bisognevoli dindulgenza. Tuttavia per un uomo religioso non sar sufficiente, per poter essere detto tollerante in tutta la pienezza del significato della parola, che sia umile e

caritatevole: lesperienza ce linsegna e la ragione ce ne mostra i motivi. Al fine di chiarire un aspetto che gli intelletti malevoli usano quasi sempre per intralciare le questioni di questo genere presenter un paragone tra due uomini religiosi, i princpi dei quali saranno gli stessi, ma ben diversa la condotta. Si supponga due sacerdoti, ambedue distinti per la scienza ed eminenti nella virt; dei quali uno abbia trascorso la vita nel ritiro, attorniato da persone pie e frequentando solo Cattolici; laltro invece, impiegato nelle missioni in diversi paesi dove sono professate religioni diverse, si visto nella necessit di parlare con persone di diverse credenze, di viverci insieme e di sopportare la presenza dellaltare di una falsa religione innalzato a poca distanza da quello della religione vera. I princpi di carit cristiana saranno in ambedue gli stessi, sia luno che laltro considereranno come dono di Dio la fede che ricevettero e che conservano; ma ad onta di tutto questo la loro condotta, immaginando che sincontrino con un uomo di unaltra fede o che non ne professi alcuna, sar molto diversa. Il primo, che ha avuto sempre contatti con Cattolici, che ha udito sempre parlar con rispetto della religione, fremer e sindigner alla prima parola che gli capiti di sentire contro la fede o contro il culto della Chiesa, essendogli poco meno che impossibile sostenere con serenit una conversazione o una disputa che sintavolasse su tale materia; il secondo invece, abituato a sentire simili cose, a vedere contrastata la sua fede, a discutere con uomini che ne hanno una diversa, si manterr nella sua calma e tranquillit, entrando senza scomporsi nella questione, se fosse il caso, o schivandola con destrezza se cos dovesse suggerire la prudenza. E da dove ha origine questa differenza di comportamento? Non difficile capirlo: il secondo, col frequentare altri ambienti, con lesperienza e con le contraddizioni, giunto alla chiara conoscenza della vera situazione del mondo, ha unidea della funesta combinazione di circostanze che hanno portato o mantengono nellerrore tanti infelici, sa in un certo modo mettersi nei panni di coloro tra cui si trova e cos sente con maggior chiarezza il beneficio di cui va debitore alla Provvidenza, ed pi benigno e pi indulgente con gli altri. Laltro invece, sia pur virtuoso, caritatevole ed umile quanto si voglia, come si potr mai pretendere che non sia profondamente turbato, che non lasci trasparire i segni del suo sdegno quando sente negare per la prima volta ci che ha creduto sempre con la pi viva fede senzaver mai incontrato la minima opposizione fuorch negli argomenti contenuti in alcuni libri? Non ignora certo che vi siano degli eretici e degli infedeli, gli manca per di essersi trovato a frequentarli, di avere udito lesposizione di cento sistemi diversi, di aver visto persone fuorviate di diversi ceti, indoli e disposizioni danimo. La delicatezza del suo spirito, non avendo mai avuto occasione di sopportare queste esperienze, non ha potuto assuefarsi; quindi pur con le stesse conoscenze dellaltro non giunto ad avere quella penetrazione, quella limpidezza con cui una mente chiara e per di pi esercitata con la pratica, scruta lo spirito di quelli con cui parla e vede le ragioni, i motivi e le passioni da cui sono accecati, e per cui non giungono alla conoscenza della verit. Da qui si vede che la tolleranza in un individuo che sia religioso suppone una certa delicatezza danimo che, nata dal dialogare e dalle abitudini che ne derivano, ci nonostante si unisce ai pi profondi sentimenti religiosi e col pi

puro e ardente zelo per la propagazione della verit. Nel campo morale, come in quello fisico, lo strofinamento pulisce, luso logora, e non possibile che alcuna cosa si mantenga a lungo in unattitudine di violenza. Luomo si sdegner una, due e cento volte al sentire che viene contestato il suo modo di pensare, ma non pu continuare per sempre a sdegnarsi, e finir col rassegnarsi allopinione contraria, si abituer a sopportarla con moderazione, e per quanto sia sacra per lui la sua fede, si contenter di difenderla e propagarla quando potr farlo, e quando non potr cercher di conservarla nel fondo del cuore come un deposito prezioso, facendo in modo di preservarla dal vento devastatore che sente soffiare da ogni parte. La tolleranza dunque non suppone nellindividuo nuovi princpi, ma bens una qualit acquisita con la pratica, una disposizione danimo che si va acquistando in modo impercettibile, un abitudine alla pazienza formatasi col continuo esercizio della stessa virt. Passando ora a considerare la tolleranza nelluomo che non segue nessuna religione, osserveremo che sono da considerare due casi. Vi sono alcuni che non solo non hanno una religione, ma per di pi le hanno in odio, o per un funesto traviamento delle loro idee, o perch vedono la religione come un ostacolo alle loro passioni o alle loro mire personali. Questi sono intolleranti alleccesso: la loro intolleranza la peggiore perch non accompagnata da nessun principio morale che possa frenarla. Luomo in simili circostanze si sente per cos dire in guerra con se stesso e col genere umano: con se stesso perch deve soffocare le grida della propria coscienza; e col genere umano, il quale protesta contro la dottrina insensata che si sforza di bandire dalla terra il culto di Dio. Per questo motivo nelle persone di tal fatta si trova un fondo smisurato di rancore e di dispetto, per questo le loro parole stillano fiele e per questo si dnno al motteggio, allinsulto e alla calunnia. C per unaltra categoria di uomini i quali, sebbene non seguano nessuna religione, non hanno contro di essa unopinione ben precisa, e vivono in una specie di scetticismo a cui sono stati condotti o per la lettura di libri dannosi, o per i princpi di una filosofia superficiale e leggera. Questi dunque non sono per niente attaccati alla religione, ma non le sono neanche nemici; molti di loro ne riconoscono la grande importanza per il bene della societ, e alcuni nutrono perfino un certo desiderio di tornare a possederla: in certi momenti di raccoglimento e di meditazione ricordano con piacere i giorni in cui offrivano a Dio un intelletto fedele e un cuore puro, e vedendo come volano rapidamente i momenti della vita forse conservano ancora la vaga speranza di riconciliarsi col Dio dei loro padri prima di scendere nella tomba. Questi uomini sono tolleranti; ma guardandoli bene, la tolleranza non in loro n un principio n una virt, ma una semplice necessit che deriva dalla loro situazione. Difficilmente potr sdegnarsi contro le altrui dottrine chi non ne ha per niente e per questo motivo non si oppone a nessuna; difficilmente potr sdegnarsi contro la religione chi la considera come cosa necessaria al benessere della societ; e difficilmente potr nutrire contro di essa sentimenti di rancore chi la desidera nel fondo dellanima, e la guarda come un raggio di speranza in mezzo ai timori di uno spaventoso avvenire. In questi casi la tolleranza non ha nulla di straordinario perch naturale, necessaria; al contrario, si mostrerebbe stravagante chi in queste

situazioni si mostrasse intollerante, con un cuore cattivo. Applicando alla societ le riflessioni fatte sullindividuo, dobbiamo osservare che possiamo trovare e nel governo, e nella societ, sia la tolleranza che lintolleranza; perch accade talvolta che non siano concordi: e mentre il governo sostiene un principio nella societ ne predomina un altro direttamente opposto. Siccome il governo formato da un ristretto numero dindividui, si pu adattargli quanto si detto sulla tolleranza considerata nella sfera puramente individuale; bench si debba tener conto che gli uomini di governo non possono abbandonarsi senza misura allo stimolo delle loro opinioni e sentimenti, e spesso si vedono costretti a sacrificarli sullaltare della pubblica opinione. Per qualche tempo, e col favore di circostanze straordinarie, potranno contrastarla o snaturarla; ma ben presto la forza delle cose viene loro incontro e li obbliga a cambiare direzione. Limitandoci dunque a considerare la tolleranza nella societ, poich finalmente, presto o tardi, il governo giunge ad essere lespressione delle idee e dei sentimenti della societ medesima, possiamo notare che la societ segue la stessa strada per la quale procede lindividuo. E questo non dipende da un principio, ma da unabitudine. Quando in una stessa societ vivono per lungo tempo persone di diverse fedi religiose, arrivano finalmente a sopportarsi a vicenda e a tollerarsi, perch a ci sono portati dalla stanchezza di ripetuti scontri e dal desiderio di un modo di vivere pi tranquillo e pacifico. Ma quando si allinizio di questa discordanza di fedi, quando sincontrano faccia a faccia per la prima volta persone di fede diversa lo scontro, pi o meno forte, inevitabile. I motivi si ritrovano nella stessa natura delluomo contro la quale si lotta invano. Alcuni filosofi moderni hanno creduto che la societ attuale sia a loro debitrice dello spirito di tolleranza che ora vi domina; ma non si sono accorti che questa tolleranza qualcosa che si compiuta lentamente in modo spontaneo, piuttosto che il frutto della dottrina da loro predicata. Infatti cosa hanno mai detto essi di nuovo? Hanno raccomandato la fratellanza universale: ma questa fratellanza una delle dottrine del Cristianesimo. Hanno esortato gli uomini di tutte le religioni a vivere in pace: ma prima che essi aprissero bocca in molti paesi dEuropa gi gli uomini cominciavano a fare questa scelta, perch disgraziatamente le religioni erano cos tante e talmente differenti che non era pi possibile ormai che qualcuna di esse giungesse ad un predominio esclusivo. Per la verit certi filosofi atei possono presentare una prova funesta in appoggio alle loro pretese sullestensione della tolleranza; questa consiste nel fatto che, avendo seminato dappertutto lincredulit e lo scetticismo, hanno resa generale tanto nei governi come nei popoli quella falsa tolleranza che non per niente una virt ma lindifferenza verso tutte le religioni. E in verit, perch tanto diffusa la tolleranza nel nostro secolo? O per meglio dire, in che consiste questa tolleranza? Osservatela bene, e vedrete che non altro che leffetto di uno stato sociale in tutto conforme a quello che abbiamo descritto prima riguardo allindividuo che non ha alcuna religione, ma che non le rigetta, perch le considera come utilissime al bene pubblico, e nutre ancora una vaga speranza di tornare un giorno alla religione. In quel poco che vi qui di buono i filosofi atei non hanno avuto alcuna parte, ed anzi una protesta contro

di loro. Essi finch non ebbero la forza dimpadronirsi del comando, scagliavano con profusione calunnie e sarcasmi contro quanto c di pi sacro in cielo e sulla terra, e appena poterono arrivare al potere rovesciarono con indicibile furore tutto ci che cera, e fecero morire milioni di vittime in esilio e sui patiboli. Il moltiplicarsi delle religioni, lincredulit, lindifferentismo, la delicatezza dei costumi, la stanchezza provocata dalle guerre, lassetto industriale e commerciale verso il quale le societ vanno sempre pi propendendo, una maggiore comunicazione tra le persone per mezzo dei viaggi e delle idee attraverso la stampa: ecco le cause che hanno prodotto in Europa questa tolleranza universale che si diffusa ovunque, stabilendosi di fatto dove non ha potuto farlo di diritto. Queste cause, come facile osservare, sono di diverso genere, e nessuna dottrina pu pretendere una parte esclusiva: sono leffetto di mille influenze diverse che hanno agito simultaneamente nello sviluppo della civilt.

CAPITOLO XXXV Lintolleranza un fatto universale nella storia. Dialogo con i sostenitori della tolleranza universale. Considerazioni sullesistenza e lorigine del diritto di condannare le dottrine. Soluzione di questa questione. Funesta influenza del Protestantesimo e dellateismo in questa materia. Giustificazioni dellimportanza data dal Cattolicesimo al peccato deresia. Incoerenza degli ignobili volterriani. Unaltra osservazione sul diritto di condannare le dottrine. Epilogo. _______________ Nel secolo scorso hanno gridato molto contro lintolleranza; ma una filosofia meno superficiale di quella che spadroneggiava allora avrebbe riflettuto un podi pi su di un fatto che, qualunque sia il giudizio che se ne formi, non si pu tuttavia negare che sia stato comune a tutti i luoghi e a tutti i tempi. Socrate in Grecia muore bevendo la cicuta. Roma, di cui si tanto esaltata la tolleranza, non tollera gli di stranieri. Stranieri in realt solo di nome, perch formando parte di quella specie di panteismo che era la sostanza della religione di Roma, non hanno bisogno per essere dichiarati di di Roma che di una mera formalit: che si accordi loro, per cos dire, la cittadinanza romana. Non ammette per gli di egiziani, cos come non accetta la religione dei Giudei n quella dei Cristiani; delle quali religioni per la verit aveva unidea errata, bastante per a capire che tali religioni sono ben diverse dalla sua. La storia degli imperatori pagani la storia della persecuzione della Chiesa; e appena gli imperatori si fecero Cristiani, comincia subito una legislazione penale contro coloro che seguono una religione diversa da quella che domina nello stato. Nei secoli successivi lintolleranza continu sotto varie forme, ed ha continuato cos fino ai nostri tempi. Perch non che ne siamo poi tanto liberi come vorrebbero farci credere: lemancipazione dei Cattolici in Inghilterra di freschissima data; le burrascose questioni del governo prussiano col Sommo Pontefice a causa di certi atti arbitrari di quel

governo riguardo alla religione cattolica sono di ieri; la questione di Argovia in Svizzera ancora pendente; e la persecuzione del governo russo contro il Cattolicesimo va avanti nella maniera pi scandalosa che mai. Questo in quanto alla tolleranza di uomini di governo appartenenti a religioni differenti dalla nostra. In quanto poi alla tolleranza dei filosofi umanitari del diciottesimo secolo, bisogna riconoscere che sarebbe stata piacevolissima se non avesse ricevuto la sua degna sanzione dalla mano di Robespierre. Ogni governo che professa una religione, pi o meno intollerante con le altre; e questa intolleranza si riduce o cessa del tutto solamente quando quelli che professano la religione odiata si fanno temere, essendo i pi forti, o disprezzare se sono i pi deboli. Applicate a tutti i tempi e luoghi questa regola, e ovunque la troverete esatta, essendo una sintesi della storia dei governi riguardo alle religioni. Il governo inglese stato sempre intollerante nei confronti dei Cattolici, e continuer ad esserlo pi o meno secondo le circostanze; i governi di Prussia e di Russia proseguiranno come hanno fatto finora, con le debite variazioni che richieder il mutare dei tempi. Allo stesso modo nei paesi dove predomina il principio cattolico si frapporranno ostacoli pi o meno forti allesercizio del culto protestante. Come prova contraria mi si citer forse lesempio della Francia dove, nonostante il Cattolicesimo sia la religione della stragrande maggioranza dei cittadini, sono tollerati per gli altri culti senza che sintraveda il minimo segno di repressione o di molestia; e questo lo si attribuir forse allo spirito universale. Io credo invece che questo derivi dallo stato di quella societ, nella quale la filosofia del secolo passato ha lasciato profondi segni. Come anche dal fatto che nellambiente politico di quel paese non prevale nessun saldo principio, non essendo tutta la sua politica interna ed estera che un continuo compromesso per trarsi dimpaccio nel miglior modo possibile. Cos parlano i fatti, e questo ci dicono le ben note opinioni del ristretto numero di uomini che da alcuni anni a questa parte dispongono dei destini della Francia. Si preteso di elevare a principio la tolleranza universale, negando ai governi il diritto di costringere le coscienze in materia di religione; ci nonostante, e ad onta di quanto stato detto, i filosofi non hanno saputo mettere bene in chiaro la loro affermazione, e ancor meno farla adottare universalmente come sistema di governo. E allora, per dimostrare che la cosa non poi tanto semplice come si voluto supporre, questi pretesi filosofi mi permetteranno che faccia loro alcune domande. Se viene a stabilirsi nel vostro paese una religione di cui il culto domandi sacrifici umani, la tollerereste voi?... No. E perch? Perch non possiamo tollerare simili delitti. Ma allora sarete intolleranti, violenterete le coscienze altrui, proibendo come delitto quello che agli occhi di questi uomini un ossequio alla Divinit. Cos la pensavano molti popoli antichi, e cos la pensano ancora alcuni dei nostri tempi. Con quale diritto volete dunque che la vostra coscienza prevalga sulla loro? Non importa, saremo intolleranti, ma la nostra intolleranza sar a pro dellumanit . Applaudo alla vostra condotta; ma non potrete negarmi che si presentato un caso in cui lintolleranza nei confronti di una religione vi sembrata un diritto e un dovere. Ma se proibite lesercizio di questo culto atroce, permetterete almeno dinsegnare la dottrina in cui si lodi come santa e salutare la pratica dei sacrifici

umani? No, perch questo sarebbe lo stesso che permettere dinsegnare lassassinio. Alla buonora, ma riconoscete nel tempo stesso, per, che vi si presentata una dottrina con la quale vi siete creduti in diritto e in obbligo dessere intolleranti. Proseguiamo con le domande. Voi non ignorate certamente i sacrifici offerti dagli antichi alla dea dellamore, e linfame culto che si dava ai tempi di Babilonia e di Corinto. Se un culto simile rinascesse tra voi, lo tollerereste? No, perch contrario alle sacre leggi del pudore. Tollerereste almeno che si insegnasse la dottrina che gli serve dappoggio e di prova? No, per la stessa ragione. Ed ecco un altro caso in cui vi credete in diritto e in obbligo di essere intolleranti, di violentare la coscienza altrui, e non potete addurre altra ragione se non quella che a ci vi obbliga la vostra propria coscienza. Andiamo oltre. Supponiamo che con la lettura della Bibbia alcune teste tornino a scaldarsi e decidano di fondare un nuovo Cristianesimo ad imitazione di quello di Mattia Harlem o di Giovanni di Leyde; che i settari comincino a diffondere le loro dottrine, a riunirsi in adunanze segrete, e con le loro perorazioni fanatiche attirino una parte del popolo: tollererete questa nuova religione? No, perch costoro potrebbero compiere oggi le sanguinose scene che si svolsero in Germania nel sedicesimo secolo quando in nome di Dio e per eseguire, come essi dicevano, gli ordini dellAltissimo, gli anabattisti attaccavano le propriet altrui, distruggevano ogni potere esistente e seminavano ovunque la desolazione e lo sterminio. Voi certo operereste con somma giustizia e prudenza, ma infine anche in questo caso non potete negare che esercitereste un atto dintolleranza. Ma allora, cosa rimasto di quella tolleranza universale, quel principio cos chiaro e cos certo, se ad ogni passo vi trovate voi stessi nella necessit di restringerlo, dir meglio, di rifiutarlo e di agire in un senso diametralmente opposto? Mi direte che la sicurezza dello stato, il buon ordine della societ, la morale pubblica vi obbligano a fare cos. Ma allora, cosa diventa un principio che in certi casi si trova in opposizione con glinteressi della morale pubblica, del bene sociale, e della sicurezza dello stato? E credete per caso che quelli contro i quali voi vi scagliate non pensassero ugualmente di mettere al sicuro questi interessi, quando erano intolleranti? In tutti i tempi e in tutti i paesi stato riconosciuto come principio incontestabile che lautorit pubblica ha il diritto in alcuni casi di proibire certe azioni, nonostante che in questo modo si faccia una certa violenza alla coscienza degli individui che le compiono, o intendono compierle. Se non bastassero le testimonianze ricorrenti della storia dovrebbe essere sufficiente a convincerci di questa verit il breve dialogo che abbiamo appena letto; dal quale risulta che i pi ardenti cantori della tolleranza potevano sentirsi in obbligo di essere intolleranti, vedendosi a ci costretti in nome dellumanit, del pudore, dellordine pubblico. Dunque la tolleranza universale di dottrine e religioni proclamata come dovere di ogni governo un errore, una regola senza applicazione, poich abbiamo dimostrato in modo evidente che lintolleranza sempre stata ed tuttora un principio riconosciuto da qualsiasi governo, e lapplicazione pi o meno severa o indulgente di tale principio dipende dalla diversit delle circostanze, e soprattutto dallaspetto sotto il quale il governo che deve esercitarla vede le cose.

Nasce qui unimportante questione di diritto che a prima vista sembra portare alla condanna di qualunque intolleranza che riguardi le dottrine e gli atti che vengono compiuti in obbedienza a tali dottrine. Ma considerata bene la cosa, non cos; e ammesso pure che lintelletto non arrivi a dissipare del tutto la difficolt mediante argomentazioni dirette, potremo ugualmente arrivare indirettamente alla verit (almeno fino al punto che possa servire da guida allincerta prudenza umana) con la dimostrazione che vien detta ad absurdum. La questione la seguente: Con che diritto si pu proibire ad un uomo di professare una dottrina e di agire conformemente ad essa, se convinto che sia la vera dottrina, e che agendo conformemente ad essa soddisfa un suo obbligo o esercita un diritto? Se non si vuole che la proibizione sia ridicola e vana, occorre che abbia la sanzione della pena; e quando sar applicata questa pena, verr castigato un uomo che per la sua coscienza innocente. La giustizia suppone il colpevole, e nessuno colpevole se prima non lo nella sua coscienza. La colpevolezza ha la radice nella coscienza stessa, e possiamo esser tenuti a render conto della violazione di una legge solo quando questa legge ha parlato attraverso la nostra coscienza. Se questa ci dice che unazione cattiva, non possiamo farla per quanto ce lo prescriva la legge, se invece ci dice che tale azione un dovere, non possiamo tralasciare di compierla, per quanto sia proibita dalla legge. Ecco in poche parole, e col maggior rigore possibile, quanto si pu argomentare contro lintolleranza delle dottrine e delle azioni che ne derivano. Vediamo adesso che peso abbiano queste riflessioni, che a prima vista sembrano incontestabili. Salta subito allocchio che, ritenendo valido questo ragionamento, si renderebbe impossibile qualunque castigo per i delitti politici. Bruto immergendo il pugnale nel petto di Cesare, Jacopo Clement nel dare la morte ad Enrico III, agivano sicuramente sotto limpulso di unesaltazione dellanimo che faceva loro considerare lattentato come un atto di eroismo. Ma anche se ci fosse, se fossero stati condotti in tribunale, sembrerebbe a voi ragionevole che venissero ritenuti esenti dalla pena, giustificando luno per lamor di patria, e laltro per lo zelo nei confronti della religione? La maggior parte dei delitti politici sono commessi con lintima convinzione di agire bene, anche prescindendo dalle epoche rivoluzionarie in cui gli uomini dei diversi partiti sono intimamente convinti di avere ciascuno la ragione dalla sua parte. Le stesse congiure che si tramano contro un governo in tempi di pace sono comunemente opera di alcuni individui che ritengono il potere illegittimo o tirannico, e tentando di distruggerlo agiscono conformemente ai loro princpi. Il giudice li castiga giustamente applicando la legge imposta dal legislatore: eppure n il legislatore nello stabilire la legge, n il giudice nellapplicarla ignorano, n possono ignorare, la disposizione danimo in cui doveva trovarsi il delinquente quando la violava. Si dir che seguendo la logica rigorosa di questi ragionamenti non pu che aumentare sempre pi la compassione e lindulgenza per i delitti politici; e io risponder che se poniamo per principio che la giustizia umana non ha il diritto di castigare quando il delinquente ha agito in forza dei suoi princpi, non solamente si dovrebbero mitigare le pene, ma abolirle del tutto. In questo caso la pena capitale sarebbe un vero assassinio, quella pecuniaria un furto e le altre un oltraggio. E qui dir di sfuggita che non vero che il rigore contro i delitti politici

sia tanto diminuito: la storia dEuropa degli ultimi secoli ci fornirebbe alcune prove in contrario. Se non si vedono oggi quei terribili castighi che in altri tempi venivano inflitti ci non dipende dal fatto che si guarda alla coscienza di chi ha commesso il delitto, ma per la delicatezza dei costumi che si va diffondendo ovunque e che non ha potuto fare a meno dinfluire anche sul diritto penale. Quello che fa meraviglia piuttosto la severit che nonostante ci caratterizza le leggi relative ai delitti politici quando tantissimi tra gli stessi legislatori di varie nazioni di Europa sapevano benissimo che a suo tempo essi avevano commesso lo stesso delitto. Certamente non saranno pochi quelli che nel dibattere su una legge penale avranno mostrato indulgenza perch presentivano o prevedevano che quella stessa legge avrebbe potuto abbattersi un giorno sulla propria testa. Limpunit dei delitti politici porterebbe alla rovina dellordine sociale, perch qualunque governo sarebbe impossibile. Ma lasciando pure da parte questo gravissimo male che, come abbiamo visto, deriva direttamente dalla dottrina che pretende di lasciare impunito il reo quando ha agito per impulso della sua coscienza, bisogna far notare che non sarebbero solamente i delitti politici a restare senza castigo, ma anche i delitti comuni. Di questi fanno parte gli attentati contro la propriet altrui, e ben si sa che non sono mancati in altri tempi, e purtroppo non mancano nei nostri, molti uomini che vedono la propriet come unusurpazione e uningiustizia. Altri delitti comuni sono gli attentati contro la santit del matrimonio, e tuttavia si sono viste stte che dichiaravano illecito il matrimonio, ed altri sono arrivati al punto dimmaginare una comunit di sole donne. Anche le sante leggi del pudore e il rispetto allinnocenza sono state considerate da alcune stte come uningiusta limitazione alla libert delluomo, e il violarle unopera meritoria. E allora? Anche se non si potesse dubitare del pervertimento delle idee e del cieco fanatismo di coloro che hanno professato simili dottrine, chi avrebbe lardire di negare la convenienza del castigo, quando in ossequio a tali dottrine dovessero commettere un delitto, o quando avessero lardire di diffondere nella societ il loro funesto insegnamento? Se fosse considerato ingiusto il castigo che si d al reo che agisce in conformit alla sua coscienza, gli atei, i fatalisti, i partigiani della dottrina dellinteresse privato sarebbero liberi di commettere tutti i delitti che venissero loro in mente; perch distruggendo, come essi fanno, la base di ogni moralit, non agirebbero mai contro la propria coscienza, perch non ne hanno alcuna. Se si dovesse considerare valido largomento in questione, quante volte si potrebbe rinfacciare ai tribunali dei nostri tempi lingiustizia che commettono quando applicano la pena a questo genere di uomini? Allora potremmo dir loro: Con che diritto castigate voi questuomo, il quale non ammettendo lesistenza di Dio, non pu riconoscersi reo ai propri occhi e di conseguenza neanche ai vostri? Voi avevate fatta la legge in base alla quale lo castigate, ma questa legge non aveva nessun valore nella sua coscienza, perch voi siete suoi pari, ed egli non riconosce lesistenza di alcun essere superiore che abbia potuto concedervi il diritto di forzare la sua libert. Con che giustizia castigate quellaltro il quale, convinto che tutte le sue azioni sono effetto di cause necessarie, che il libero arbitrio una chimera, e che quando saccinge a commettere lazione che voi

definite criminale crede di non essere pi libero di trattenersi dal compierla di quel che non lo sia lanimale feroce quando si avventa sulla preda o su unaltro animale che labbia fatto infuriare? Con che giustizia castigate chi persuaso che la morale una menzogna, che non vi altra morale che linteresse privato, che il bene e il male altro non sono che questo stesso interesse inteso come bene o come male? Se gli assegnate una pena, sar non perch sia colpevole secondo la sua coscienza, ma perch ha sbagliato i suoi calcoli, perch ha travisato le probabilit della riuscita the lazione doveva avere. Ecco le conseguenze logiche ed inevitabili della dottrina che nega al pubblico potere la facolt di castigare i delitti che sono commessi a causa di un errore dintelletto. Ma si dir che il diritto di punire lecito riguardo alle azioni e non alle dottrine, che le prime devono sottomettersi alla legge mentre le seconde devono avere una libert illimitata. E allora, se si parla delle dottrine in quanto sono soltanto nella mente senza che vengano manifestate, chiaro che non solo non si ha il diritto, ma neanche la possibilit di castigarle, perch solo Dio pu conoscere i segreti della mente delluomo; ma se si tratta di dottrine manifestate allora il principio falso, e noi abbiamo gi dimostrato che neanche quelli che lo sostengono in teoria riescono ad attenervisi nella pratica. Infine si potr obiettare che anche quando la dottrina che noi combattiamo porti a gravi eccessi, la difficolt principale, che consiste nellincompatibilit della liceit del castigo con lazione dettata o permessa dalla coscienza di chi la commette, non cessa di restare valida. Come si scioglie questa difficolt? Come si schiva un cos grande ostacolo? Potr mai essere lecito trattare come reo chi non lo al tribunale della propria coscienza? Si dovrebbe ritenere che i rappresentanti di ogni sistema filosofico e di tutte le religioni dovessero essere daccordo sui punti principali della questione. Eppure non cos, perch tra i Cattolici da una parte e gli atei e i Protestanti dallaltra c unenorme differenza. I primi hanno come principio indiscutibile che ci sono degli errori dintelletto colpevoli; gli altri pensano, al contrario, che tutti gli errori dintelletto sono innocenti. I Cattolici considerano lerrore sulle verit fondamentali religiose e morali come una delle principali offese che luomo pu fare a Dio; i loro avversari giudicano questo genere di errori con maggiore indulgenza, e non possono fare altrimenti per non cadere in contraddizione. I Cattolici ammettono la possibilit dellignoranza invincibile di alcune verit molto gravi, ma le restringono a certe circostanze, fuori delle quali dichiarano luomo colpevole; i loro avversari invece, esaltando al massimo la libert di pensiero non le interpongono altri ostacoli che quelli contrari alle proprie preferenze, ed affermano che ognuno sempre libero di avere quelle opinioni che pi gli piacciono, arrivando al punto di infondere in tutti i loro seguaci la persuasione che non vi sono opinioni n errori colpevoli, e che luomo non ha il dovere di indagare con la massima attenzione lintimo del suo cuore per verificare se vi siano alcune cause nascoste che lo spingono ad allontanarsi dalla verit. E in tal modo giungono a confondere in modo mostruoso la libert propria dellintelletto con la libert morale, hanno bandito dallordine delle opinioni le idee di lecito ed illecito facendo intendere che nel campo speculativo tali idee non erano pi da considerare. Questo significa che, riguardo alle idee, hanno confuso il diritto col

fatto, hanno dichiarato inutili e incompetenti tutte le leggi divine ed umane. Insensati! Come se quanto c di pi sublime e di pi nobile nella natura umana non vada soggetto ad alcuna regola! Come se quanto fa luomo, re della creazione, non debba influire sullineffabile armonia di tutte le parti delluniverso fra loro, e di queste con Dio! Come se questarmonia possa o non esistere o non concepirsi nelluomo, se non viene dichiarato che quello di mantenersi strettamente unito alla verit un suo dovere fondamentale! Ecco una ragione profonda che rende giustizia alla Chiesa cattolica quando considera il peccato di eresia come uno dei maggiori che luomo possa commettere. Voi che sorridete di compassione e disprezzo al solo nominare il peccato di eresia, voi che lo considerate uninvenzione dei preti per dominare le coscienze e restringere la libert di pensiero, con qual diritto vi arrogate la facolt di condannare le eresie che si oppongono alla vostra ortodossia? Con che diritto condannate quelle societ dove sono insegnati princpi contro la propriet, lordine pubblico e lesistenza del potere pubblico? Se il pensiero libero, se chi pretende di forzarlo anche in minima parte viola i diritti pi sacri, se la coscienza non deve andar soggetta ad alcun assurdo legame e quindi una contraddizione pretendere che uno sia obbligato ad agire contro di essa o a disubbidire alle proprie ispirazioni: perch allora non permettete a coloro che vogliono distruggere tutto lordine sociale esistente, a quelle societ segrete che di tanto in tanto spediscono alcuni dei loro membri a sparare il piombo omicida contro il petto dei re; perch non permettete loro di agire secondo i loro princpi? Se a giustificazione della vostra idea che avete diffuso insieme ai vostri errori (quella cio di considerare ingiusta e crudele lintolleranza che stata praticata in certi tempi), invocate le vostre convinzioni, non possono essi ugualmente invocare le loro? Voi dicevate che le dottrine della Chiesa erano invenzioni umane, ed essi dicono che le dottrine che regnano nella societ sono ugualmente invenzioni umane. Voi dicevate che lantico ordine sociale era un monopolio, ed essi dicono che un monopolio lordine attuale. Voi dicevate che gli antichi governi erano tirannici, ed essi dicono che sono tirannici gli attuali. Voi dicevate di voler distruggere quanto esisteva per far sorgere nuove istituzioni che avrebbero formato la felicit del genere umano; ed essi dicono di voler distruggere quanto ora esiste ugualmente per far sorgere altre istituzioni che formeranno la felicit del genere umano. Voi dichiarate santa la guerra che si fa al potere antico; ed essi dichiarano santa la guerra che si fa al potere attuale. Voi ricorreste a quei mezzi di cui potevate disporre, e pretendeste che la necessit li rendeva legittimi; ed essi dichiarano ugualmente legittimo lunico mezzo che hanno, e che consiste nellorganizzarsi e nel prepararsi per il momento opportuno, cercando di accelerarlo con lassassinio dei reggitori delle nazioni. Avete preteso di far rispettare tutte le vostre opinioni, perfino lateismo, e avete insegnato che nessuno aveva il diritto dimpedirvi di agire in conformit dei vostri princpi: benissimo, anche i fanatici, di cui stiamo parlando, hanno dei princpi, e princpi orribili! Hanno delle convinzioni, e convinzioni orrende! Che tra loro ci sia questa spaventosa convinzione, quale prova pi convincente quanto il vederli introdursi pallidi e tetri in mezzo allallegria e alle pubbliche feste tra la folla festante, scegliere il posto opportuno, e aspettare con grande imperturbabilit il momento

fatale, per immergere nella desolazione una famiglia illustre e coprire di lutto unintera nazione con la certezza di attirarsi la pubblica esecrazione e finire la vita sul patibolo? Ma ci diranno i nostri avversari che queste convinzioni non hanno scusa: lavrebbero eccome invece, se le avessero anche le vostre! Con la differenza che voi elaboraste i vostri funesti ed ambiziosi sistemi in mezzo alle comodit e ai piaceri, e probabilmente in mezzo allopulenza e allombra di quellautorit che avversate; ed essi elaborano le loro abominevoli dottrine in mezzo alloscurit, alla povert, alla miseria e alla disperazione. Per la verit il modo stravagante di agire di certi uomini urta estremamente. Burlarsi di tutte le religioni, negare la spiritualit ed immortalit dellanima e lesistenza di Dio, rovesciare tutta la morale e minarne le pi profonde fondamenta: tutto ci per loro stato una cosa molto scusabile ed anche, se si vuole, degna di lode. Gli scrittori che si sono addossati questo funesto incarico meritano lapoteosi; bisogna cacciar via dai templi la Divinit per mettervi i nomi e le immagini dei capi di quelle scuole. Sotto le volte della grandiosa basilica, nei luoghi destinati al riposo delle ceneri del Cristiano che aspetta la risurrezione, necessario elevare le tombe di Voltaire e di Rousseau affinch le generazioni future scendano in quelle tacite ed oscure dimore per passarvi alcuni momenti in raccoglimento per ricevere le ispirazioni di quei geni. E allora com possibile lamentarsi che si attacchi la propriet, la famiglia, lordine sociale? La propriet sacra, ma forse pi sacra che lo stesso Dio? Per quanto si vogliano supporre di grande importanza le verit relative alla famiglia e alla societ, sono esse forse di un ordine superiore agli eterni princpi della morale? O per meglio dire, non sono forse lapplicazione medesima di questi eterni princpi? Ma riprendiamo il filo del discorso. Una volta confermato il principio che vi sono degli errori colpevoli (principio che se non in teoria almeno in pratica ammesso da tutti, principio per che solo il Cattolicesimo sostiene integralmente in teoria), risulta ben chiara la ragione della giustizia con cui il potere pubblico condanna il propalare e linsegnare certe dottrine, e gli atti che si commettono in conseguenza di esse, senza che tenga conto della convinzione che potrebbe avere dentro di s il delinquente. La legge riconosce che questerrore dellintelligenza esiste o pot esistere; ma in questo caso dichiara colpevole lo stesso errore; e quando luomo invoca la testimonianza della propria coscienza la legge gli rammenta il dovere che egli aveva di correggerla. Ecco il fondamento della giustizia di una legislazione che tanto pareva ingiusta: fondamento che era necessario trovare se non si voleva ritenere colpevoli gran parte delle leggi umane; perch sarebbe infatti una grave colpa quella di arrogarsi il diritto di castigare chi non fosse veramente colpevole, diritto assurdo che tanto lontano dallappartenere alla giustizia umana, che non pu riguardare neanche lo stesso Dio. La stessa giustizia infinita cesserebbe dessere ci che se potesse castigare linnocente. Si potrebbe forse indicare unaltra origine al diritto che hanno i governi di castigare la propagazione di certe dottrine e le azioni che si commettono in base ai loro insegnamenti, anche nel caso in cui la convinzione di agire secondo coscienza dei criminali sia la pi profonda. Si potrebbe dire che i governi agiscono in nome della societ, la quale al pari di ogni essere ha diritto alla

propria difesa. Vi sono delle dottrine che minacciano lesistenza stessa della societ, la quale si trova perci nella necessit e in diritto di combatterne gli autori. Per quanto sembri accettabile un simile ragionamento, esso risente per dellinconveniente molto grave di far scomparire di colpo lidea di castigo e di giustizia. Chi si difende, chi colpisce lassalitore, non lo castiga, ma lo respinge; e se si considera la societ sotto questo aspetto il reo che viene condotto al patibolo non sar pi veramente reo, ma un disgraziato che soccombe in una lotta disuguale in cui temerariamente si era esposto. La voce del giudice che lo condanna, non sar la voce solenne della giustizia. La sentenza non rappresenter altro che lazione della societ, la quale si vendica di chi ha avuto la temerit di attaccarla. La parola pena acquista allora un senso molto diverso, e il graduarla dipende solo dal calcolo e non da un principio di giustizia. Bisogna averlo bene a mente: supponendo che la societ per diritto di difesa imponga un castigo a colui che, se non fosse per questo (cio per difendersi) essa riterrebbe del tutto innocente, la societ non giudica, non castiga, ma combatte. E questo si addice perfettamente quando si tratta di societ contro societ, assai male per quando si tratta di societ contro un individuo. Perch allora ci sembra di vedere la lotta impari di uno smisurato gigante contro un piccolissimo pigmeo. Il gigante lo prende in mano e lo sbatte contro una pietra. Da tutto ci che abbiamo detto fin qui risulta evidente quanto valga il principio tanto esaltato della tolleranza universale! stato dimostrato che tanto impraticabile in concreto quanto insostenibile in teoria; e quindi vengono a cadere tutte le accuse che sono state fatte al Cattolicesimo riguardo alla sua intolleranza. Resta dimostrato, inoltre, che lintolleranza in certo qual modo un diritto di ogni potere pubblico; diritto sempre riconosciuto, e cos riconosciuto ancora adesso nonostante che, generalmente parlando, siano stati ammessi nelle stanze del potere dei filosofi sostenitori della tolleranza. Senza dubbio i governi hanno abusato tante volte di questo principio, e in loro nome stata perseguitata anche la verit; ma di che non abusano gli uomini? Quello dunque che avrebbe dovuto fare la buona filosofia, non era di elaborare proposizioni insostenibili e per di pi estremamente pericolose; non era di predicare fino alla noia contro gli uomini e le istituzioni dei secoli che ci hanno preceduto; ma di far s che di quei secoli venissero divulgati i sentimenti delicati e indulgenti, e soprattutto di non contrastare le sublimi verit senza le quali la societ non pu sostenersi, e la cui mancanza lascerebbe il mondo in bala della forza, e quindi dellarbitrio e della tirannia. Sono stati attaccati i dogmi, ma non si riflettuto abbastanza che la morale intimamente collegata al dogma, e che la morale stessa un dogma. Col proclamare una libert di pensiero senza alcun limite si concessa limpeccabilit allintelletto, e lerrore ha cessato di comparire tra le mancanze di cui luomo pu rendersi colpevole. Si sono dimenticati che per volere necessario conoscere, e quindi per volere bene indispensabile conoscere bene. Se si richiama alla mente la maggior parte dei traviamenti del nostro cuore si trover che tutti hanno origine da un concetto erroneo: com possibile dunque che per luomo non sia un dovere il preservare lintelletto dallerrore? Ma fin da quando stato detto che le opinioni importavano poco, che luomo era libero di

scegliere a suo piacimento senza alcun ostacolo, anche se imposto dalla religione e dalla morale, la verit ha perduto il suo gran pregio e non gode pi agli occhi degli uomini di quel grande prestigio che aveva prima, sia per se stessa che per il suo valore intrinseco; e molti sono coloro che non si credono obbligati a fare il minimo sforzo per arrivare a conoscerla. Deplorevole condizione degli spiriti, che racchiude in s uno dei pi terribili mali che affliggono la societ! (24).

CAPITOLO XXXVI LInquisizione. Istituzioni e legislazioni dintolleranza. Cause del rigore usato nei primi secoli dallInquisizione. Tre epoche dellInquisizione di Spagna: contro gli Ebrei e i Mori, contro i Protestanti, e contro glincreduli. Ebrei: motivo dellodio con cui erano guardati. Rigori dellInquisizione, sue cause. Condotta dei Papi in questo faccenda. Delicatezza dellInquisizione di Roma. Princpi intolleranti di Lutero riguardo agli Ebrei. Mori e Moreschi. _______________ Mi trovo naturalmente portato a dire quattro parole sullintolleranza di alcuni princpi cattolici e sullInquisizione, particolarmente quella spagnola; e ad esaminare brevemente cos che si pu rinfacciare al Cattolicesimo per la condotta tenuta negli ultimi secoli. Le prigioni e i roghi dellInquisizione, e lintolleranza di alcuni sovrani cattolici sono stati uno degli argomenti di cui maggiormente si sono serviti i nemici della Chiesa per screditarla e renderla oggetto di condanna e di odio. E bisogna dire che in questo genere di attacchi i nemici della Chiesa avevano dalla loro parte molti vantaggi che rendevano assai plausibile il loro trionfo. Difatti, come ho gi accennato prima, per la gran parte dei lettori (che non si preoccupano di esaminare a fondo le cose e con grande ingenuit si lasciano portare dovunque voglia il sagace autore; che hanno un cuore sensibile e disposto ad interessarsi degli eventi dolorosi), quale mezzo pi adatto ad eccitare la loro indignazione che quello di mostrar loro le carceri, gli strumenti di tortura, le vesti dinfamia e i roghi? Considerando la nostra tolleranza e delicatezza dei costumi, e la mitezza dei codici penali, qual effetto non produrr il rievocare tutti insieme quei secoli col loro rigore e la loro durezza, esagerando il tutto e condensandolo in un sol quadro, con le disgustose scene che si verificarono in luoghi diversi e per lo spazio di un lungo periodo? Allora, usando lespediente di mettere in rilievo che tutto questo si faceva in nome di un Dio di pace e di amore, il contrasto appare pi vivo, limmaginazione si esalta e il cuore sindigna. Quindi il clero e i magistrati, i re e i Papi di quei tempi, sono considerati come una combriccola di carnefici che provano tutto il piacere nel tormentare e affliggere lumanit. Gli scrittori che hanno battuto questa strada non si sono certo procurati la fama di essere delicati di coscienza, in quanto n loratore, n lo scrittore devono perdere mai di vista che, generalmente parlando, non legittimo il sentimento che eccitano nellanimo, se prima lanimo non lo

convincono, o non lo suppongono convinto. Oltre a ci, trattare unicamente con argomenti che muovono i sentimenti materie che per loro natura devono essere analizzate alla luce della fredda ragione, se vogliamo esaminarle come conviene, qualcosa che assomiglia alla malafede. Perch in questi casi non bisogna cominciare dal suscitare le sensazioni, ma dal convincere la mente: fare il contrario vuol dire ingannare il lettore. Non mia intenzione fare qui la storia dellInquisizione, o dei metodi usati nei vari paesi riguardo allintolleranza in materie religiose; perch questo sarebbe impossibile a causa dei limiti ristretti entro i quali devo muovermi, e non sarebbe neanche necessario per lo scopo di questopera. DallInquisizione in generale, da quella di Spagna in particolare, e dalla legislazione pi o meno intollerante utilizzata nei diversi paesi, pu venir fuori unaccusa contro il Cattolicesimo? Sotto questo aspetto pu il Cattolicesimo sostenere un confronto col Protestantesimo? Queste sono le questioni che devo esaminare. Tre argomenti si presentano subito allosservatore: la legislazione e le istituzioni dintolleranza; luso che se n fatto; e infine le azioni dintolleranza commesse al di fuori delle regole di dette leggi ed istituzioni. Per ci che riguarda questultimo dir subito che non ha nulla a che fare con la materia di cui ci occupiamo. La strage di San Bartolomeo e le altre atrocit commesse in nome della religione, non devono recare alcun imbarazzo ai suoi difensori, perch la religione non pu farsi garante di tutto ci che si fa in suo nome, e pretenderlo sarebbe unevidente ingiustizia. Luomo ha un sentimento cos forte e cos vivo delleccellenza della virt, che col manto di essa singegna per coprire i peggiori delitti: e sarebbe ragionevole bandire per questo motivo la virt dalla terra? Nella storia dellumanit vi sono state epoche terribili, in cui le menti sono state prese da una funesta vertigine. Il furore acceso dalla discordia acceca le menti e snatura i cuori; si chiama bene il male, e male il bene, e si commettono i pi orrendi delitti pronunciando nomi sublimi. Quando lo storico o il filosofo esaminano simili epoche, hanno gi chiaramente tracciata la condotta che devono tenere: assoluta verit nella narrazione dei fatti, guardandosi per dal giudicare da questi sia le idee che le istituzioni al potere. Le societ in questi casi sono come un uomo in un accesso di delirio: e finch il delirante si trova in questo deplorevole stato si giudicherebbe male, da quanto egli dice e fa, delle sue idee, della sua indole e della sua condotta. In tempi tanto funesti, quale partito pu vantarsi di non aver commesso feroci delitti? Riferendoci allepoca stessa che abbiamo nominata (quella della strage di San Bartolomeo), non vediamo forse i capi dei due partiti perfidamente assassinati a tradimento? Lammiraglio Coligny muore per mano degli assassini che cominciano la strage degli Ugonotti, ma il duca di Guisa era stato ugualmente assassinato da Poltrot davanti ad Orleans. Enrico III muore assassinato da Jacopo Clement, ed quello stesso Enrico che aveva fatto assassinare proditoriamente laltro duca di Guisa nei corridoi del palazzo e il Cardinale, fratello del duca, nella torre di Moulins; e che aveva anche avuto parte nella strage di San Bartolomeo. Tra i Cattolici furono commesse delle atrocit, ma non le commisero forse anche i loro avversari? Si getti dunque un velo sopra queste catastrofi, sopra queste angoscianti testimonianze della miseria e

perversit del cuore umano. Il tribunale dellInquisizione, considerato in se stesso, non altro che lapplicazione ad un caso particolare della dottrina di intolleranza la quale, in modo pi o meno ampio, la dottrina seguita da tutti i governi esistenti. Quindi ci rimane solo da esaminare le caratteristiche di questa applicazione, e vedere se le accuse mosse alla Chiesa dai suoi nemici sono giustificate. In primo luogo bisogna osservare, per coloro che amano tanto le cose antiche, che essi falsificano in modo deplorevole la storia se sostengono che lintolleranza si fece vedere solamente nei tempi in cui, secondo loro, la Chiesa era degenerata dalla sua purezza originaria. Quello che io vedo che fin dai secoli in cui la Chiesa cominci ad avere uninfluenza pubblica cominci anche ad apparire nei codici leresia come delitto; e fino ai nostri giorni non son riuscito a trovare unepoca di vera tolleranza. C inoltre da fare unaltra importante osservazione, la quale mostra uno dei motivi del rigore esercitato nei secoli successivi. LInquisizione inizi i suoi processi precisamente contro gli eretici manichei, cio contro quei settari che in tutti i tempi erano stati trattati con la massima severit. Nellundicesimo secolo, quando la pena del fuoco non veniva ancora inflitta agli eretici, erano esclusi da questa regola i manichei; e fin dai tempi degli imperatori pagani i manichei erano trattati con molto rigore, poich nellanno 296 Diocleziano e Massimiano pubblicarono un editto che condannava a diverse pene i manichei che non abiuravano i loro dogmi, e i capi della setta alla pena del fuoco. Questi settari sono sempre stati considerati come grandi colpevoli, e si sempre ritenuto necessario castigarli, non solo per ci che concerne la religione, ma anche per ci che riguarda i costumi e lordine pubblico nella societ. Questo fu uno dei motivi del rigore che fu introdotto in questo campo. E se si aggiunge il carattere turbolento delle stte, che sotto vari nomi sorsero nei secoli undicesimo, dodicesimo e tredicesimo, si conoscer un altro dei motivi che produssero scene tali che a noi adesso sembrano incredibili. Studiando la storia di quei secoli, e fissando lo sguardo sulle agitazioni e le catastrofi che desolarono il mezzogiorno della Francia, si vede molto chiaramente che non solo si disputava su questo o quellarticolo del dogma, ma che tutto lordine sociale di allora correva seri pericoli. I settari di quei tempi erano i precursori di quelli del sedicesimo secolo; con la differenza per che questi ultimi in generale erano meno democratici, meno portati a rivolgersi alle masse, eccetto gli esaltati anabattisti. Nella rudezza dei costumi di quei tempi, quando dopo lunghi secoli di tumulti e di violenze la legge del pi forte era giunta ad ottenere una predominio assoluto, cosa mai potevano aspettarsi i governi che si vedevano minacciati da un tal genere di pericolo? chiaro che le leggi e la loro applicazione dovevano risentirne dello spirito del tempo. Quanto allInquisizione di Spagna, che non fu altro che unestensione di quella chera stata istituita in altre parti, necessario suddividere la sua durata in tre grandi periodi, lasciando anche da parte il periodo in cui fu operante nel regno di Aragona, prima di essere introdotta in Castiglia. Il primo periodo comprende il tempo in cui fu rivolta principalmente contro i giudaizzanti e i Mori, dalla sua fondazione ai tempi dei re cattolici fino al regno ben inoltrato di Carlo V. Il

secondo da quando incominci a dirigere tutti i suoi sforzi per impedire lintroduzione del Protestantesimo in Spagna, e dur finch non si dilegu tale pericolo, comprendendo cos la seconda met del regno di Carlo V e quello dei suoi successori fino allavvento dei Borboni. Infine lultimo periodo dur dal tempo in cui inizi ad operare per reprimere i vizi nefandi e per sbarrare il passo alla filosofia di Voltaire, fino alla sua abolizione nei primi decenni di questo secolo. Si vede bene che, pur essendo nelle dette epoche sempre la stessa istituzione (bench andasse modificandosi secondo le circostanze), non si pu fissare con precisione il punto in cui luna finisce e laltra incomincia; ci nonostante resta vero il fatto che queste tre epoche sono distinte nella storia dellInquisizione e che presentano caratteristiche molto diverse. Sono note a tutti le circostanze particolari in cui fu stabilita lInquisizione ai tempi dei re cattolici; ma sar bene osservare che a pregare il Papa di emanare una bolla che istituisse lInquisizione fu la regina Isabella, vale a dire uno dei sovrani pi eminenti nella nostra storia, che da tre secoli conserva il rispetto e la venerazione di tutti gli Spagnoli. La regina era tanto lontana dal mettersi con questo provvedimento in contrasto con la volont del popolo che, al contrario, non fece altro che corrispondere al desiderio della nazione. LInquisizione fu istituita principalmente contro gli Ebrei; la bolla del Papa era stata emanata nel 1478, e prima che lInquisizione pubblicasse nel 1481il primo editto in Siviglia, le Cortes di Toledo del 1480 forzarono la mano riguardo a questo problema (onde impedire il danno che la dimestichezza degli Ebrei con i Cristiani poteva recare alla fede cattolica), disponendo che gli Ebrei non battezzati portassero un segno distintivo, abitassero in quartieri separati che si chiamavano giuderie, e si ritirassero prima di notte. Si rinnovarono gli antichi regolamenti contro gli Ebrei, e si proib loro di esercitare le professioni di medico, chirurgo, mercante, barbiere e oste. Di qui si rileva che lintolleranza in quel tempo era popolare; e che se rimane giustificata agli occhi dei sostenitori della monarchia, perch era conforme alla volont dei re, per la stessa ragione doveva esserlo agli occhi dei partigiani della sovranit popolare. Senza dubbio il cuore si rattrista nel leggere leccessivo rigore con cui allora erano perseguitati gli Ebrei; ma bisogna pure ammettere che ci furono delle cause gravissime che indussero a farne uso. La principale delle quali ritenuto il pericolo incombente sulla monarchia spagnola, non ancora ben salda allora, se si fosse permesso agli Ebrei di agire in piena libert, in quanto a quei tempi essi erano potentissimi per le loro ricchezze e per i vincoli che li univano alle famiglie pi influenti. Inoltre era molto da temere lalleanza di costoro con i Mori a danno dei Cristiani nei rispettivi rapporti tra i tre popoli. Quindi fu creduto indispensabile eliminare un pericolo che potesse nuovamente compromettere lindipendenza dei Cristiani. necessario anche far presente che quando lInquisizione fu istituita non era ancora terminata la guerra contro i Mori durata otto secoli. Lidea dellInquisizione nacque prima del 1478, e non fu mandata ad effetto fino al 1480, quando invece la conquista di Granata non avvenne che nellanno 1492. lInquisizione fu dunque stabilita al tempo in cui la dura lotta era nel suo momento pi critico e decisivo, e ancora non si sapeva se i Cristiani sarebbero rimasti padroni di tutta la penisola o se i Mori avrebbero conservato il possesso

di una delle pi amene e fertili province, che era anche in una posizione strategica ai fini dei collegamenti con lAfrica e per avere un centro e un punto dappoggio per tutti i tentativi che il potere della Mezzaluna avesse deciso di provare in seguito contro la nostra indipendenza. Potere che a quel tempo era ancora molto forte, come dimostrarono le audaci imprese che condusse in seguito nel resto dEuropa. In simili critiche circostanze, nei momenti che possono decidere della vittoria finale dopo una guerra durata secoli, quando mai si visto che i contendenti si comportino con moderazione e dolcezza? Non si pu negare che nel sistema di repressione contro gli Ebrei e i Mori pot influire molto listinto della propria conservazione; e che probabilmente i re cattolici avevano presente questo motivo quando decisero di chiedere per il loro regno il tribunale dellInquisizione. Il pericolo non era immaginario, ma effettivo e reale; e per farsi unidea del punto in cui sarebbero potute giungere le cose qualora non fossero stati adottati dei rimedi, basta ricordare i gravi problemi che provocarono in tempi successivi le insurrezioni di ci che restava dei Mori. Con tutto ci non conviene attribuire tutto questo alla politica dei re, e bisogna ben guardarsi dal desiderio di dare troppo peso alla lungimiranza e ai progetti degli uomini. Da parte mia sono propenso a credere che Ferdinando ed Isabella seguirono in modo naturale il comune sentire della nazione, la quale guardava con odio quegli Ebrei che rimanevano nella loro setta, e con sospettosa diffidenza quelli che avevano abbracciata la religione cristiana. Questo ebbe origine da due cause: il fervore dei sentimenti religiosi, comune in tutta Europa e particolarmente in Spagna a quei tempi, e la condotta degli stessi Ebrei che si erano tirati addosso il pubblico sdegno. Da moltissimo tempo in Spagna si sentiva la necessit di porre un freno alla cupidigia degli Ebrei, temendo che finisse col portare alloppressione dei Cristiani; e gi le antiche assemblee di Toledo dovettero pi volte occuparsene. Nei secoli seguenti il male era giunto al colmo: gran parte delle ricchezze della penisola iberica era passata in mano agli Ebrei, e quasi tutti i Cristiani erano diventati loro debitori. Da qui scatur lodio del popolo contro di essi; da qui i frequenti tumulti in molte citt della penisola, tumulti che furono pi di una volta funesti per gli Ebrei, dei quali si sparse molto sangue. Era ben difficile infatti che un popolo abituato per lunghi secoli a difendere i suoi averi con la forza delle armi si rassegnasse quieto e pacifico a un destino che gli andavano costruendo gli artifici e le esazioni di una razza straniera, la quale per di pi col proprio nome faceva ricordare una terribile maledizione. Nei secoli successivi si convert alla religione cristiana un immenso numero di Ebrei; ma neanche con questo svan la diffidenza, n si estinse lodio del popolo. E in verit assai probabile che molte di tali conversioni non fossero troppo sincere, dato che in parte erano determinate dal misero stato in cui si trovavano col rimanere nel giudaismo. Quandanche la ragione non ci portasse a ipotizzarlo, basterebbe per convincerci a ci il gran numero di giudaizzanti che furono scoperti quando vennero fatte indagini molto accurate per smascherare i rei di un tale delitto. Comunque fosse, certo che fu introdotta la distinzione tra nuovi Cristiani e vecchi Cristiani; essendo questultima denominazione un titolo di onore, e la prima una macchia dignominia; e i Giudei convertiti per disprezzo

erano chiamati marranos (Maiale, scomunicato, maledetto). Questi erano anche accusati, a ragione o a torto, di orribili delitti. Si diceva che nelle loro tenebrose adunanze segrete commettessero tali atrocit che difficilmente si potrebbe prestar fede, almeno per riguardo al senso di umanit. Si diceva per esempio che per disprezzo della religione e per vendicarsi dei Cristiani ne crocifiggevano i figli scegliendo per un tal sacrificio i giorni pi solenni delle festivit cristiane. nota la storia che si raccontava di un cavaliere di casa Guzman il quale, innamorato di una fanciulla ebrea, una notte stette nascosto in casa di costei e vide con i propri occhi che gli Ebrei commettevano il delitto di crocifiggere un bambino cristiano nel momento in cui i Cristiani commemoravano listituzione del sacramento dellEucaristia. Oltre che di infanticidio, gli Ebrei venivano accusati di compiere sacrilegi, avvelenamenti, congiure ed altri simili misfatti. Che queste voci fossero considerate vere lo provano le leggi che proibivano agli Ebrei le professioni di medico, chirurgo, barbiere ed oste; dal che si comprende la diffidenza diffusa sulla loro moralit. Non occorre accertare la maggiore o minore fondatezza delle accuse. Sappiamo benissimo dove pu arrivare la credulit popolare, soprattutto quando dominata da forti sentimenti che le fanno vedere le cose tutte dello stesso colore. Ci basti sapere che queste voci circolavano ed erano credute per farci unidea del punto a cui era arrivata lindignazione popolare contro i Giudei e come, di conseguenza, fosse naturale che il potere, dietro la spinta dellopinione pubblica, tendesse a trattarli con molto rigore. Che gli Ebrei concertassero tra loro per organizzarsi contro i Cristiani risulta gi abbastanza evidente dalla condizione in cui si trovavano; e ci che fecero in occasione della morte di S. Pietro di Arbues mostra come avrebbero agito in altre occasioni. Il denaro necessario per commettere lassassinio, pagarne gli autori e per le altre spese che comportarono lorganizzazione del delitto fu raccolto per mezzo di una contribuzione volontaria tra tutti gli aragonesi di razza ebrea. Questo mostra lesistenza di una struttura ben organizzata che avrebbe potuto effettivamente essere fatale se il governo non avesse vigilato con grande scrupolo. A proposito della morte di S. Pietro di Arbues, devo fare unosservazione su quanto stato detto da coloro che vorrebbero dimostrare, con questo tragico avvenimento, limpopolarit dellintroduzione in Spagna dellInquisizione. Quale segno pi evidente di questa impopolarit, dicono costoro, della morte procurata allinquisitore? Lessersi spinto il popolo a un tale eccesso, non una chiara dimostrazione che la sua indignazione nei confronti dellInquisizione era giunta al colmo, e che non la voleva assolutamente? Non negher che, se intendiamo per popolo gli Ebrei e i loro discendenti, costoro sopportavano mal volentieri lInquisizione; ma non era cos per il resto del popolo. E proprio lassassinio di cui parliamo diede il via ad alcune conseguenze che provano tutto il contrario di ci che pretendono gli avversari. Divulgatasi per la citt la morte dellinquisitore, ci fu uninsurrezione di popolo per vendicarne luccisione. Glinsorti si erano sparsi per la citt, e divisi in drappelli andavano perseguitando i nuovi Cristiani in maniera tale che sarebbe accaduta una carneficina se il giovane Arcivescovo di Saragozza, Alfonso dAragona, montato a cavallo, non fosse andato incontro al

popolo per calmarlo, promettendo che i colpevoli sarebbero stati giudicati col massimo rigore. Questo episodio non dimostra certo che lInquisizione fosse tanto impopolare quanto viene sostenuto, n che i suoi nemici costituissero la maggioranza; soprattutto se si considera che questa insurrezione popolare non pot essere evitata nonostante tutte le precauzioni che a tal fine furono certamente messe in opera dai congiurati che a quel tempo erano molto potenti per le loro ricchezze e la loro influenza. Riguardo al periodo in cui simpieg il massimo rigore contro i giudaizzanti, si pu osservare un fatto degno di essere considerato. Quelli che erano colpiti dallInquisizione, o temevano di esserlo, cercavano in ogni maniera di sottrarsi al suo tribunale, e fuggendo dalla Spagna si rifugiavano a Roma. Per coloro che considerano Roma leterno focolaio dellintolleranza e della persecuzione forse questo fatto pu sembrare incredibile, eppure non vi cosa pi certa. Innumerevoli sono le cause avviate dallInquisizione spagnola che furono avocate a Roma nella prima met del secolo in cui fu istituito il tribunale. E bisogna anche notare che Roma tendeva sempre verso lindulgenza: non so se, riguardo a quel periodo, si possa citare un solo reo che ricorrendo a Roma non abbia migliorato la sua sorte. Gran parte della storia dellInquisizione di quel tempo si riferisce alle contese dei re con i Papi, nelle quali da parte di questi si rivela sempre il desiderio di contenere lInquisizione entro i limiti di umanit e di giustizia. Non sempre si segu, come sarebbe stato doveroso fare, la linea di condotta prescritta dai Sommi Pontefici, e cos vediamo che questi si videro costretti a ricevere un numero infinito di appelli e a mitigare la sorte che sarebbe toccata ai rei se la loro causa fosse stata decisa definitivamente in Spagna. Vediamo anche che, pregato dai re cattolici, i quali desideravano che le cause fossero definitivamente giudicate in Spagna, il Papa nomina un giudice di appello, il primo dei quali fu D. Inigo Manrique Arcivescovo di Siviglia. Con tutto ci tali erano allora i tempi, e tanto urgente la necessit dimpedire che le teste esaltate non arrivassero a commettere ingiustizie o non si usassero mezzi eccessivamente severi, che dopo pochissimo tempo lo stesso Papa riferiva in unaltra bolla spedita il due di agosto del 1483, di aver continuato a ricevere gli appelli di molti Spagnoli di Siviglia, i quali non avevano osato presentarsi al giudice di appello per timore di essere messi in carcere. Aggiungeva, il Papa, che alcuni avevano gi ricevuta lassoluzione dalla penitenzieria apostolica, ed altri si disponevano a riceverla; quindi lamentava che a Siviglia non si tenesse il dovuto rispetto per le sentenze di grazia concesse di recente a parecchi rei. Ed infine, dopo alcuni avvertimenti, faceva notare ai sovrani Ferdinando e Isabella che la misericordia verso i rei era pi accetta a Dio del rigore di cui si voleva fare uso, come prova lesempio del buon Pastore che corre in cerca della pecora smarrita; e concludeva con lesortare quei prncipi a trattare benignamente coloro che confessavano spontaneamente le loro colpe, e permettessero loro di abitare a Siviglia od ovunque loro piacesse, lasciandoli godere il frutto dei loro beni come se non avessero mai commesso il peccato di eresia. E non si creda che nei processi di appello che si svolgevano a Roma lattenuazione della pena ai processati dipendesse sempre dallo scoprire nella causa in prima istanza difetti o ingiustizie nello stabilire la pena. Non sempre i rei

ricorrevano a Roma per chiedere riparazione di uningiustizia, ma perch erano sicuri di trovarvi indulgenza. Ne abbiamo una prova incontestabile nel numero considerevole di rifugiati spagnoli per i quali era stato provato il ritorno al giudaismo. In una sola volta fu provato tale ritorno per non meno di duecentocinquanta persone, ma neppure una fu condannata a morte: furono imposte alcune penitenze, e quando queste furono assolte glimputati poterono tornare alle loro case senza alcun marchio dinfamia. Questo accadde a Roma nellanno 1498. cosa davvero singolare quella che possiamo vedere nellInquisizione romana, che cio non sia mai giunta ad infliggere la pena capitale, quantunque durante questo tempo abbiano occupato la sede apostolica Papi molto rigorosi e severi in ci che riguarda lamministrazione civile. In tutti i paesi dEuropa sincontrano patiboli alzati per motivi di religione, e per ogni dove si presentano scene che angosciano lanimo, e intanto Roma costituisce uneccezione alla regola generale: proprio quella Roma che ci vogliono dipingere come un mostro dintolleranza e di crudelt. Vero che i Papi non hanno mai predicato la tolleranza universale, come invece hanno fatto i Protestanti e i filosofi, ma i fatti ci vengono a dire che differenza passa tra gli uni (i Papi) e gli altri (i Protestanti e i filosofi). I Papi con un tribunale dintolleranza non versarono mai una goccia di sangue, e i Protestanti e i filosofi lo fecero versare a torrenti. Che importava alle vittime udire i carnefici proclamare la tolleranza? Non era altro che rendere, col sarcasmo, la pena ancora pi amara. La condotta di Roma nellimpiego del tribunale dellInquisizione la migliore apologia del Cattolicesimo contro coloro che fanno ogni sforzo per farlo credere barbaro e sanguinario. Ed invero, cosa mai ha a che fare il Cattolicesimo con la severit sregolata che pot impiegarsi in questo o in quel luogo, per via di situazioni eccezionali, di rivalit tra razze, di pericoli che minacciavano una di esse, o dellinteresse da parte dei sovrani nellassicurare la tranquillit dei loro stati e liberare da ogni pericolo le loro conquiste? Io non entrer qui ad esaminare minutamente tutte le particolarit dellInquisizione di Spagna riguardo ai giudaizzanti; e sono ben lontano dal pensare che il rigore contro di essi sia da preferirsi alla benignit usata e raccomandata dai Papi. Ci che desidero mettere in evidenza che quel rigore fu leffetto di circostanze straordinarie, dello spirito dei popoli, della durezza dei costumi peraltro comune in tutta lEuropa di quei secoli; e che non si possono in alcuna maniera rinfacciare al Cattolicesimo gli eccessi che si poterono commettere. Ma c di pi: considerato lo spirito che domina in tutti i provvedimenti dei Papi relativi allInquisizione, e la loro manifesta tendenza a mettersi sempre dalla parte che poteva temperare il rigore e cancellare il marchio dignominia dei rei e delle loro famiglie, si pu pensare che se i Papi non avessero temuto dindisporre troppo i re e di provocare dissensi che potevano divenire funesti, avrebbero portato ancora pi in l le loro misure di benevolenza. Per esserne convinti si rammentino le trattative sulla clamorosa faccenda dei reclami delle Cortes di Aragona, e si veda verso quale parte inclinava la corte di Roma. Giacch stiamo parlando dellintolleranza contro i giudaizzanti, sar bene ricordare la disposizione danimo di Lutero riguardo agli Ebrei. Parrebbe che il

preteso riformatore, il fondatore della libert di pensiero, il focoso declamatore contro loppressione e la tirannia dei Papi, dovesse essere animato dai sentimenti i pi umani verso gli Ebrei; e cos devono senza dubbio pensare gli encomiatori del corifeo del Protestantesimo. Ma per loro disgrazia la storia non parla cos; e, secondo tutte le apparenze, se il frate apostata fosse stato al posto di Torquemada, i giudaizzanti non sarebbero stati trattati meglio. Ecco qual era il sistema consigliato da Lutero secondo quanto riferisce il suo stesso apologeta Seckendorff: Si sarebbe dovuto distruggere le sinagoghe, abbattere le case, sequestrare i loro libri di orazioni, il Talmud ed i libri del vecchio Testamento, proibire ai rabbini dinsegnare e obbligarli a guadagnarsi da vivere con penose fatiche. Almeno lInquisizione di Spagna procedeva non contro i Giudei, ma contro i giudaizzanti, coloro cio che dopo essersi convertiti al Cristianesimo ricadevano nei loro errori e univano il sacrilegio allapostasia, professando in pubblico una fede che detestavano in segreto, e che per di pi profanavano col professare la loro antica religione. Ma Lutero estendeva il rigore a tutti i Giudei in modo che, secondo le sue dottrine, non si pu rinfacciare nulla ai re di Spagna, quando li espulsero dal loro regno. In quei tempi lInquisizione spagnola dovette occuparsi anche dei Mori e dei Moreschi, e tranne qualche variante si pu applicar loro quanto abbiamo detto riguardo agli Ebrei. Anche questa era una razza aborrita con la quale si era combattuto per la durata di otto secoli: se rimaneva ferma nella sua religione eccitava allodio; se labiurava non ispirava fiducia. Anche per costoro i Papi furono molto solleciti, come si pu osservare in una bolla emanata nel 1530 dove viene usato in loro favore un linguaggio tutto evangelico. Vi si dice che lignoranza di quei disgraziati era una delle cause principali delle loro colpe ed errori, e che per renderne le conversioni sincere e salde si doveva prima di tutto provvedere ad illuminarne la mente con la luce della sana dottrina. Si dir che il Papa concedette a Carlo V la bolla in cui lassolveva dal giuramento prestato nelle Cortes di Saragozza del 1519 di non modificare nulla di ci che era stato stabilito riguardo ai Mori, e che cos limperatore pot portare ad effetto la loro espulsione. Ma necessario far presente che il Papa vi resistette a lungo; e se condiscese poi alla volont dellimperatore fu perch questi giudicava che era indispensabile lespulsione per assicurare la tranquillit dei suoi domni. Se questo fosse vero o no, era limperatore che doveva saperlo e non il Papa, il quale si trovava molto distante da quei luoghi e senza una conoscenza precisa del vero stato delle cose. Del resto il sovrano spagnolo non era il solo che fosse di questa opinione, poich si sa che Francesco I re di Francia, quando era prigioniero a Madrid, disse un giorno a Carlo V che la tranquillit non sarebbe mai stata garantita in Spagna finch non ne fossero espulsi i Mori e i Moreschi.

CAPITOLO XXXVII Nuova Inquisizione attribuita a Filippo II. Il padre Lacordaire. Pregiudizi contro

Filippo II. Unosservazione sullopera intitolata lInquisizione senza maschera. Rapida occhiata su quellepoca. Causa di Carranza: considerazioni sulla stessa e sulle qualit personali del celebre reo. Origine della parzialit contro Filippo II. Riflessioni sulla politica di questo sovrano. Curioso aneddoto di un predicatore obbligato a ritrattarsi. Riflessioni sullinflusso dello spirito del secolo. _______________ stato detto che Filippo II fond in Spagna una nuova Inquisizione pi terribile di quella del tempo dei re cattolici, e che per questa seconda Inquisizione ci fu da parte del Papa una certa indulgenza, quale non si ebbe per quella precedente. Intanto risulta subito evidente uninesattezza storica molto grave, perch Filippo II non fond una nuova Inquisizione ma si serv di quella che gli avevano lasciato in eredit i re cattolici, e che in modo particolare suo padre e predecessore Carlo V gli aveva raccomandato per testamento. Il comitato delle Cortes di Cadice nel progetto di abolizione del detto tribunale, mentre giustifica la condotta dei re; biasima severamente quella di Filippo II, e cerca di far ricadere su questo principe tutta lodiosit e tutta la colpa. Un illustre scrittore francese, che ha trattato recentemente questimportante questione, si lasciato coinvolgere in questa teoria con quellingenuit che non poche volte patrimonio del genio. NellInquisizione di Spagna dice lillustre Lacordaire, vi furono due momenti fondamentali che non bisogna confondere: uno sul finire del quindicesimo secolo sotto Ferdinando e Isabella, prima che i Mori fossero cacciati da Granata, loro ultimo rifugio; laltro verso la met del sedicesimo secolo, sotto Filippo II, quando il Protestantesimo minacciava dintrodursi in Spagna. Il comitato delle Cortes ha perfettamente distinte le due epoche, bollando dignominia lInquisizione di Filippo II, ed esprimendosi con molta moderazione per quella di Ferdinando e Isabella. Cita in seguito un testo in cui si afferma che Filippo II fu il vero fondatore dellInquisizione, e che se questa successivamente aument tanto il suo potere, ci fu dovuto alla scaltra politica di quel principe. Il citato scrittore aggiunge un poco pi sotto che Filippo II fu linventore degli autodaf, per scoraggiare chi volesse seguire leresia, e che il primo di questi fu celebrato a Siviglia nel 1559 ( Memoria per il ristabilimento in Francia dellordine dei Frati Predicatori, dellAbate Lacordaire , capo 6). Sorvoliamo sullinesattezza storica riguardante linvenzione degli autodaf, poich noto a tutti che n il vestiario dinfamia ( los sambenitos) n le cataste ardenti furono invenzioni di Filippo II. Queste inesattezze sfuggono facilmente a qualunque scrittore, soprattutto quando di un fatto ne parla incidentalmente; e quindi non il caso che vi ci intratteniamo. Ma in queste parole contenuta unaccusa ad un sovrano al quale gi da molto tempo non si rende la giustizia che merita. Filippo II continu lopera cominciata dai suoi predecessori; e perci se non se ne d colpa a questi, non se ne deve dare neanche a lui. Ferdinando e Isabella si servirono dellInquisizione contro gli Ebrei apostatati; e perch Filippo II non avrebbe dovuto servirsene contro i Protestanti? Si dir per che egli abus del suo diritto e che port il rigore alleccesso; ma in verit ai tempi di Ferdinando ed Isabella non ci fu affatto maggiore indulgenza. Si sono forse dimenticate le numerose esecuzioni a Siviglia e altrove? Si forse dimenticato quanto dice

nella sua storia Padre Mariana? Si sono dimenticate forse le misure che presero i Papi per porre un limite a questo eccessivo rigore? Le parole citate contro Filippo II sono state tratte dallopera LInquisizione senza maschera, pubblicata in Spagna nel 1811. Chiunque potr valutare facilmente quale autorevolezza possa avere lopera, quando si sappia che il suo autore si distinse fino alla morte per un odio profondo contro i re di Spagna. La copertina dellopera porta il nome di Natanaele Jomtob, ma il vero autore uno Spagnolo ben noto che negli scritti pubblicati sul finire della sua vita mostra di non avere avuto altro scopo che quello di sostenere tra madornali eccessi e furibonde invettive i suoi precedenti attacchi. Egli insopportabile nel linguaggio che tiene contro tutto ci che gli capita davanti. Religione, re, patria, classi, individui, perfino quelli del suo stesso partito e delle sue stesse opinioni: tutto occasione per insultare, tutto lo fa uscire dai gangheri come se fosse preso da un accesso di rabbia. Che meraviglia dunque che costui guard Filippo II con quello stesso occhio con cui lo guardano i Protestanti e i filosofi, cio come un principe capitato sulla terra per la vergogna e il tormento dellumanit, come un mostro di machiavellismo che diffonde le tenebre per sguazzare a man salva nella crudelt e nella tirannia? Non sar certo io ad assumere il compito di giustificare la politica di Filippo II in ogni sua parte, e non negher che vi sia qualche esagerazione negli elogi che gli hanno tributato alcuni scrittori spagnoli; ma neanche si pu mettere in dubbio che i Protestanti e i nemici politici di questo sovrano si sono sempre dati un gran da fare per screditarlo. E sapete perch i Protestanti ce lhanno tanto con Filippo II? Perch fu egli ad impedire che il Protestantesimo penetrasse in Spagna, e fu egli che in quel secolo agitatissimo sostenne la causa della Chiesa cattolica. Lasciamo da parte i grandi avvenimenti in altre zone dEuropa, dei quali ognuno potr giudicare a suo talento, e limitiamoci a ci che avvenne in Spagna. Si pu dar per certo che senza il sistema adottato da quel sovrano lintroduzione del Protestantesimo, gi imminente, sarebbe stata inevitabile. Se in questo o in quel caso si serv dellInquisizione per la sua politica, non una cosa che in tale contesto utile esaminare; si deve per riconoscere che lInquisizione non fu un puro strumento di mire ambiziose, ma unistituzione organizzata per far fronte ad un pericolo reale. Dai processi fatti dallInquisizione in quellepoca risulta con grande evidenza che il Protestantesimo si andava diffondendo in Spagna in un modo incredibile. Distinti ecclesiastici, religiosi, monache, uomini illustri: in una parola persone delle classi pi influenti furono contagiati dai nuovi errori. evidente che gli sforzi dei Protestanti per introdurre in Spagna le loro dottrine non erano infruttuosi: essi cercavano ogni modo per farvi giungere i libri che contenevano queste dottrine, usando perfino loriginale stratagemma di metterli in botti di vino di Sciampagna e di Borgogna con tale maestria che i doganieri non riuscivano a scoprire la frode, come ebbe a scrivere da Parigi lambasciatore di Spagna. Anche se a mostrare incontestabilmente il pericolo che incombeva non fossero accaduti certi fatti, basta condurre unattenta osservazione sugli stati danimo in quellepoca in Spagna per rendersene conto. I Protestanti ebbero gran premura di protestare contro gli abusi, presentandosi come riformatori e sforzandosi di

guadagnare al loro partito quanti erano animati da un vivo desiderio di riforma. Questo desiderio esisteva gi nella Chiesa da molto tempo; e quantunque sia vero che in alcuni lo spirito di riforma proveniva da una cattiva intenzione, o in altri termini mascheravano con questo nome il vero loro progetto che era quello di distruggere, certo per che molti Cattolici sinceri nutrivano un desiderio cos vivo di riforma, che degenerava in uno zelo imprudente e finiva in un fervore sregolato. molto probabile che questo stesso zelo, portato a un livello eccessivo, si convertisse in vera acredine in alcuni, che in tal modo si prestavano pi facilmente allinsidiosa influenza dei nemici della Chiesa. Forse non pochi furono coloro che incominciarono da uno zelo inopportuno per poi cadere nelleccesso, passare successivamente allostilit e precipitarsi infine nelleresia. Non mancava in Spagna questa disposizione di spirito che, aumentando via via nel corso degli avvenimenti avrebbe prodotto tristi conseguenze se il Protestantesimo avesse appena potuto prender piede. Si sa che nel Concilio di Trento gli Spagnoli si distinsero per lo zelo riformatore e per la fermezza nel manifestare le loro opinioni; ed giusto far notare che una volta che in un paese si sia introdotta la discordia religiosa, gli animi vengono eccitati dalle dispute e irritati dai continui contrasti; e capita talvolta che uomini stimati giungono ad eccessi tali che essi stessi ne avrebbero poco prima provato orrore. difficile dire precisamente ci che sarebbe accaduto se a questo punto si fosse mollato il freno anche solo un poco. Quello che possiamo dire di certo che quando si leggono certi passi di Lodovico Vives, di Arias Montano, di Carranza, della Consulta di Melchiorre Cano, sembra di sentire in quegli intelletti uninquietudine ed unagitazione tali da richiamare alla mente quei sordi tuoni che annunciano in lontananza il principio della tempesta. La famosa causa dellArcivescovo di Toledo, fraBartolomeo di Carranza, uno di quegli episodi citati tanto spesso per dimostrare quanto fosse arbitraria nel suo procedere lInquisizione di Spagna. Certo, fa una dolorosa impressione vedere gettato allimprovviso nella stretta cella di un carcere e mantenutoci per lunghi anni uno dei pi dotti uomini dEuropa, Arcivescovo di Toledo, onorato dellintima confidenza di Filippo II e della regina dInghilterra, unito da amicizia con i pi distinti uomini del tempo e conosciuto in tutta la Cristianit per il brillante comportamento tenuto nel Concilio di Trento. Diciassette anni dur la causa, e nonostante fosse stata avocata a Roma, dove non mancavano allArcivescovo protettori potenti, non si riusc tuttavia ad impedire che la sentenza lo dichiarasse colpevole. Prescindendo da ci che poteva nascere da una causa cos complessa ed estesa, e dai maggiori o minori motivi che poterono dare le parole e gli scritti del Carranza per far sospettare la sua fede, io tengo per certo che in coscienza e davanti a Dio egli era del tutto innocente. Ne abbiamo una prova che non ammette alcun dubbio, che la seguente. Essendosi egli ammalato poco dopo la sentenza del processo, si seppe subito che la malattia era mortale, e gli furono amministrati i Sacramenti. Nellatto di ricevere il Santo Viatico, in presenza di un gran numero di persone dichiar nel modo pi solenne che non si era mai allontanato dalla fede della Chiesa cattolica, che di nulla gli rimproverava la coscienza riguardo a tutte le accuse che gli erano state fatte, e a conferma di tale protesta invoc la testimonianza dello stesso Dio alla presenza del quale egli

si trovava e che stava per ricevere sotto le specie sacramentali, e al tremendo tribunale davanti al quale stava per comparire. Questa scena commovente fece versare calde lacrime a tutti i presenti, fece svanire come un soffio i sospetti che gli si erano accumulati contro, e accrebbe quella compassione che gi si era accesa nei cuori per la lunga durata della sua dolorosa sventura. Il Sommo Pontefice non dubit affatto della sincerit della sua dichiarazione, come indica il magnifico necrologio posto sulla sua tomba, il quale non sarebbe certamente stato permesso se fosse rimasto il minimo dubbio sulla sincerit delle sue parole. E sarebbe stata di certo una vera temerit non prestar fede ad una dichiarazione cos esplicita formulata da un uomo come Carranza, in punto di morte e alla presenza dello stesso Ges Cristo. Pagato questo tributo alla dottrina, alle virt e alla sventura di Carranza, rimane ora da esaminare se, per quanto pura fosse la sua coscienza, si possa dire con ragione che la causa non fu altro che un perfido intrigo tramato dalla malvagit e dallinvidia. evidente che qui non si tratta di esaminare limmenso processo di quella causa; ma siccome si soliti passarci sopra con leggerezza per procurare una cattiva fama a Filippo II e agli avversari del Carranza, mi sia permesso di fare alcune osservazioni sul processo per mettere le cose al loro giusto posto. Per prima cosa viene subito da chiedersi come mai il processo sia potuto durare un tempo cos lungo. Oltretutto, se la causa si fosse tenuta sempre in Spagna non ci sarebbe tanto da meravigliarsi della sua lunga durata; ma non fu cos, perch per molti anni fu pendente anche a Roma. Se la calunnia era tanto chiara ed evidente come si voluto far credere, erano dunque tanto ciechi o malevoli i giudici, per non averla vista e non averla respinta? A questo si pu rispondere che glintrighi di Filippo II, il quale voleva assolutamente la rovina dellArcivescovo, impedivano che venisse a galla la verit, come dimostra lindugio che pose nel rimandare a Roma lillustre prelato nonostante le continue sollecitazioni del Papa. Pio V, a quanto si dice, si vide perfino costretto a minacciare di scomunica Filippo II se non avesse fatto trasferire a Roma il Carranza. Non negher che Filippo II non abbia cercato di aggravare la situazione dellArcivescovo e non abbia desiderato che la causa avesse un esito sfavorevole allillustre prelato, ma per sapere se la condotta del re era o no criminosa bisogna verificare se il motivo che lo spingeva ad agire cos consisteva in un livore personale, oppure nellintima persuasione, o nel sospetto, che lArcivescovo fosse luterano. Il Carranza prima della sua disgrazia era molto favorito e onorato da Filippo II, il quale dimostr molte volte questo favore con laffidargli vari incarichi in Inghilterra, e per ultimo con la nomina alla suprema dignit ecclesiastica in Spagna. Non possiamo quindi pensare che tanta benevolenza cambiasse ad un tratto in odio personale, quando poi la storia non ci fornisce alcun argomento su cui fondare questa congettura. Un tale argomento nella storia di Spagna io non lo trovo, n so che altri finora labbiano trovato. Stando cos le cose, ne viene di conseguenza che se realmente Filippo II si mostr tanto avverso allArcivescovo fu perch credeva, o almeno aveva un forte sospetto, che Carranza fosse eretico. In tal caso Filippo II pot essere imprudente, temerario, e tutto quel che si vuole; ma non si potr mai dire che lo perseguitasse per spirito di vendetta, o per motivi personali.

In quel tempo furono accusate anche altre persone, tra le quali linsigne Melchiorre Cano. A quanto pare lo stesso Carranza non se ne fidava e giunse anche a lamentarsi amaramente per aver saputo che Cano aveva avuto il coraggio di dire che lArcivescovo era eretico quanto Lutero. Ma Salazar di Mendoza, nel riferire questo fatto nella Vita di Carranza, assicura che Cano, avendolo saputo, lo sment apertamente affermando che questa espressione non gli era mai uscita di bocca. E per la verit lanimo tende a prestar fede facilmente alle cose negative, poich persone di una mente tanto eccelsa, quale fu Melchior Cano, hanno nella propria dignit una difesa troppo forte contro qualunque bassezza perch sia consentito sospettare che si abbassino allinfame mestiere del calunniatore. Non credo che ci sia bisogno di cercare le cause della sventura di Carranza in rancori ed invidie particolari, ma piuttosto nelle circostanze avverse di quei tempi e nella stessa indole di questuomo illustre. I gravissimi sintomi osservati in Spagna; il Luteranismo che andava facendo proseliti; gli sforzi dei Protestanti per introdurvi i loro libri e i loro emissari; quello che accadeva negli altri paesi e in particolare nel confinante regno di Francia: tutto ci metteva tanto in allarme gli animi, e li rendeva cos timorosi e diffidenti, che il minimo indizio di errore soprattutto in persone di alto rango o distinte per il loro sapere, provocava inquietudine e spavento. ben nota la clamorosa vicenda di Arias Montano intorno alla Poliglotta di Anversa, come ancora i patimenti del celebre fraLuigi di Leone, e di altri uomini illustri di quei tempi. Unaltra congiuntura contribu a portare le cose agli estremi, e fu la situazione politica di Spagna riguardo agli stranieri. Avendo la monarchia spagnola tanti nemici e rivali si temeva fondatamente che questi si servissero delleresia per introdurre nella nostra patria la discordia religiosa, e di conseguenza la guerra civile. Questo naturalmente faceva s che Filippo II si mostrasse diffidente e sospettoso, e che combinandosi in lui lodio per leresia e il desiderio della propria salvaguardia, si mostrasse severo ed inesorabile con tutto ci che poteva contaminare nei suoi domni la purezza della fede cattolica. Daltronde bisogna ammettere pure che lindole del Carranza non era la pi adatta per vivere in tempi cos critici senza urtare contro qualche scoglio pericoloso. Nel leggere i suoi Commentari sul Catechismo si capisce che egli era uomo di mente perspicacissima, di vasta erudizione, di profonda scienza, di carattere severo e di un cuore generoso e franco. Egli diceva tutto ci che pensava senza star molto a riflettere sullirritazione che le sue parole potevano causare a questo o a quello. Dove egli crede di scoprire un abuso subito lo rivela e lo condanna apertamente, tanto che non son pochi i punti di somiglianza che egli ha col suo supposto antagonista Melchior Cano. Nel processo gli furono fatte molte accuse, non solamente per quello che risultava dai suoi scritti, ma anche per alcuni sermoni e colloqui privati. Io non so fino a qual punto si sia ecceduto, ma non ho difficolt di affermare che chiunque scriva nel modo come egli scriveva, non pu che esprimersi a parole in modo molto energico e forse con troppa audacia. Oltre a ci bisogna aggiungere, per rispetto alla verit, che nei suoi Commentari sul Catechismo, trattando della giustificazione, non si spiega con

quella chiarezza e limpidit che era logico aspettarsi soprattutto in considerazione delle funeste circostanze dei tempi. Le persone esperte di queste materie sanno quanto delicati siano certi punti che proprio in quel periodo costituivano largomento degli errori che si commettevano in Germania; e si comprende molto facilmente come le parole di un uomo come Carranza dovevano richiamare lattenzione, qualora avessero mostrato un minimo di ambiguit. Certo che a Roma non venne assolto da tutte le accuse, e che fu obbligato ad abiurare un certo numero di proposizioni che furono ritenute sospette, e che per questo gli furono imposte alcune penitenze. Carranza sul letto di morte proclam la sua innocenza, aggiungendo per che non per questo riteneva ingiusta la sentenza del Papa. Questo spiega tutto lenigma: non sempre linnocenza del cuore accompagnata dalla prudenza delle labbra. Mi sono un posoffermato su questa causa celebre: sia perch essa fa nascere certe riflessioni che mettono a nudo lo spirito di quel tempo, e inoltre servono a ristabilire la verit; sia per dimostrare che non tutto pu essere spiegato con la misera giustificazione della perversit degli uomini. Disgraziatamente vi una tendenza a spiegare tutto cos, e certamente non senza motivo che molte volte gli uomini sono indotti a pensare cos. Ma finch non ci sia una evidente necessit di farlo noi dovremmo astenerci dallattribuire a chiunque atti illeciti. Il quadro della storia dellumanit abbastanza fosco per se stesso perch possiamo avere il piacere di oscurarlo ancor pi con altre macchie; ed opportuno riflettere che talvolta accusiamo di atto illecito ci che altro non era che ignoranza. Luomo tende al male, ma anche soggetto allerrore, e lerrore non sempre colpevole. Io credo che il rigore e la diffidenza che mostr in quei tempi lInquisizione di Spagna siano da addebitare agli stessi Protestanti. I Protestanti sostennero una rivoluzione religiosa, ed legge costante che ogni rivoluzione, o distrugge il potere che attacca, o lo rende pi duro e severo. Quello che prima sarebbe stato giudicato irrilevante, ora si considera sospetto, e quello che in altre circostanze sarebbe stato ritenuto un semplice errore viene considerato un delitto. Si vive in un timore continuo che la libert si tramuti in abuso; e siccome le rivoluzioni distruggono in nome della riforma, chi osa parlare di riforme corre il pericolo di passare per ribelle. La stessa prudenza nellagire sar denunciata come precauzione ipocrita; un linguaggio franco e sincero verr definito insolente e soggetto a produrre cattive influenze, la ritrosia sar considerata unastuta reticenza e lo stesso silenzio un significativo indizio di terribile simulazione. Ai tempi nostri abbiamo tali conoscenze da essere in grado di comprendere molto facilmente tutte le fasi della storia dellumanit. La reazione che produsse in Spagna il Protestantesimo un fatto di cui non c da dubitare. I suoi errori ei suoi eccessi fecero s che tanto il potere ecclesiastico quanto quello civile concedessero a ci che riguarda la religione assai meno di quello che prima era permesso. La Spagna inizi a difendersi dalle dottrine protestanti quando si cap che in un modo o nellaltro queste sarebbero riuscite infine a contagiarla; ed chiaro che tale difesa non poteva essere condotta con efficacia senza uno sforzo straordinario, perch la Spagna era come una piazza assediata da un poderoso esercito, dove i capi vigilano giorno

e notte restando sempre in guardia contro gli attacchi esterni e contro i tradimenti interni. A sostegno di queste osservazioni porter un esempio scelto fra tanti altri. Voglio parlare di ci che accadde riguardo alle Bibbie in lingua volgare, perch questo ci dar unidea di cosa andava succedendo in altri casi. Ho giusto qui davanti una testimonianza autorevole e nello stesso tempo molto interessante, che si riferisce allo stesso Carranza di cui s parlato finora. Sentiamo cosa dice nel prologo dei suoi Commentari sul Cattolicesimo cristiano: Prima che le eresie di Lutero dallinferno uscissero alla luce del mondo, non mi risulta che in alcuna nazione fosse proibita la Sacra Scrittura in lingua volgare. In Spagna cerano Bibbie tradotte in lingua volgare per ordine dei re cattolici in un tempo in cui si permetteva ai Mori e ai Giudei di vivere tra i Cristiani secondo le loro leggi. Dopo che i Giudei furono cacciati dalla Spagna, alcuni giudici della religione scoprirono che alcuni di quelli che si convertirono alla nostra santa fede allevavano i loro figli nel giudaismo, insegnando loro la liturgia della legge mosaica per mezzo di quelle Bibbie in volgare che essi stamparono poi in Italia nella citt di Ferrara. Per questo motivo in Spagna furono giustamente proibite le Bibbie in volgare; ma si usava tuttavia un certo riguardo verso collegi e monasteri, e verso nobili persone che erano fuori dogni sospetto, concedendo loro il permesso di tenerle e di leggerle. Il Carranza prosegue facendo una breve storia di queste proibizioni in Germania, in Francia e altrove; quindi prosegue: In Spagna, che per grazia e bont di nostro Signore era ed ancora pura e libera dalla zizzania, si ebbe lavvertenza di proibire diffusamente tutte le traduzioni della Scrittura in lingua volgare onde impedire a gente di altri paesi che cogliessero loccasione di avviare controversie con le persone semplici ed ignoranti, ed inoltre per lesperienza che si ebbe in certi casi particolari di errori che incominciavano a circolare, errori provocati dallaver lette alcune parti della Scrittura senza capirle. Questa la vera storia di ci che accaduto; e questo il motivo per cui fu proibita la Bibbia in lingua volgare. Questo singolare passo del Carranza ci spiega in poche parole come stavano procedendo le cose. Prima non cera alcuna proibizione, ma labuso degli Ebrei la provoc quantunque, come si legge nel passo riportato, non venisse applicata in modo molto rigoroso. Poi vennero i Protestanti, che stavano mettendo sottosopra lEuropa con le loro Bibbie, ed incominci il pericolo che in Spagna venissero introdotti nuovi errori; si scopr inoltre che alcuni erano stati traviati per aver male interpretato alcuni passi della Bibbia. Tutto questo rese necessario che simpedisse luso di questarma a chi, entrando da fuori, intendesse sedurre le persone semplici; e cos la proibizione divenne rigorosa e valida per tutti. Ritornando a Filippo II, bisogna non perdere di vista che questo sovrano fu uno dei pi fermi difensori della Chiesa cattolica e la personificazione della politica dei secoli fedeli in mezzo allo sconvolgimento che si era impadronito della politica europea a causa del Protestantesimo. In gran parte fu grazie a lui se in mezzo a tante agitazioni la Chiesa pot servirsi della poderosa protezione dei prncipi della terra. Quella di Filippo II fu unepoca critica e decisiva in Europa: e sebbene in verit non fu fortunato nelle Fiandre, ci nonostante il suo potere e la sua abilit formarono un contrappeso alla politica protestante, alla

quale non permise di farsi padrona dellEuropa come essa avrebbe desiderato. Quandanche supponessimo che allora non si fece altro, rompendo il primo impeto della politica protestante, che guadagnar tempo, non fu certo un piccolo beneficio per la religione cattolica che era aggredita da ogni parte. Cosa sarebbe mai stato dellEuropa se si fosse introdotto in Spagna il Protestantesimo come lo fu in Francia, e se gli Ugonotti avessero potuto contare sullappoggio della Penisola spagnola? E se il potere di Filippo II non avesse suscitato rispetto, cosa sarebbe potuto accadere in Italia? I settari della Germania non sarebbero forse riusciti ad introdurre qui le loro dottrine? Poteva benissimo accadere (e in questo sono certo di ottenere il consenso di coloro che conoscono la storia), poteva accadere che, qualora Filippo II avesse abbandonato la sua politica tanto diffamata, la religione cattolica allinizio del diciassettesimo secolo si sarebbe trovata nella dura necessit di vivere appena tollerata nella maggior parte dei paesi europei. E quanto valga questa tolleranza, quando si tratta della Chiesa cattolica, ce lo dice gi da molti secoli lInghilterra, e attualmente ce lo dice anche la Prussia, e la Russia infine in un modo ancora pi doloroso. Se, come giusto, consideriamo Filippo II sotto questo aspetto, la sua figura sar inevitabilmente riconosciuta come quella di uno dei pi grandi personaggi della storia che hanno impresso pi profondamente la loro impronta nella politica dei secoli successivi, avendo stabilito con la loro grande influenza una direzione ai futuri avvenimenti. O voi tra gli Spagnoli che lanciate lanatema contro il fondatore dellEscurial, avete dunque dimenticata la nostra storia, o almeno non ne tenete alcun conto! Voi imprimete sulla fronte di Filippo II il marchio di odioso tiranno senza pensare che negando la sua gloria o volgendola in ignominia distruggete nello stesso momento anche tutta la nostra, e gettate nel fango la corona che cinse le fronti di Ferdinando e di Isabella. Se non potete perdonare a Filippo II di aver sostenuto lInquisizione, se solo per questo motivo non volete trasmetterne ai posteri il suo nome senza coprirlo di disprezzo, dovete fare lo stesso con quello del suo illustre padre Carlo V, e risalendo fino ad Isabella di Castiglia scrivete sulla lista dei tiranni e dei flagelli dellumanit pure questo nome, che fu venerato dai due mondi, e fu lemblema della gloria e della potenza della monarchia spagnola. Tutti ebbero parte in ci che tanto solleva la vostra indignazione; non vogliate dunque condannare luno e giustificare gli altri con una indulgenza piena dipocrisia; indulgenza che usate per il solo motivo che il sentimento patrio che ferve nei vostri cuori vi spinge ad essere parziali e in contraddizione con voi stessi, per non vedervi costretti a cancellare con un sol colpo le glorie della Spagna, di inaridirne gli allori e di rinnegare la vostra patria. Giacch per nostra disgrazia non ci rimane altro che le grandi memorie del passato, guardiamoci almeno dal disprezzarle. Queste memorie in una nazione sono come in una famiglia i titoli dellantica nobilt, che nelle avversit sollevano lo spirito e dnno forza allanima, e alimentando la speranza nel cuore servono a preparare un nuovo avvenire. Leffetto immediato dellintroduzione del Protestantesimo in Spagna sarebbe stato, come negli altri paesi, la guerra civile. Per noi questa sarebbe stata pi fatale perch ci trovavamo in circostanze molto pi critiche. Lunit della

monarchia spagnola non avrebbe potuto resistere alle agitazioni e alle scosse dei dissensi interni perch le sue componenti erano tanto dissimili e, per cos dire, unite cos male, che il minimo colpo ne avrebbe incrinata la saldatura. Le leggi e i costumi dei regni di Navarra e di Aragona erano molto diversi da quelli di Castiglia. Un vivo sentimento dindipendenza mantenuto vivo dalle frequenti riunioni delle loro Cortes locali ribolliva nei petti di questi indomiti popoli, i quali avrebbero saputo sicuramente cogliere la prima occasione per scuotere il giogo che non gradiscono. Per questo motivo, e per le diverse fazioni che avrebbero lacerato il tessuto di tutte le altre province, la monarchia sarebbe miseramente caduta in frantumi proprio nel momento in cui doveva far fronte a tanti interessi in Europa, in Africa e in America. I Mori erano ancora in vista delle nostre spiagge, gli Ebrei non avevano dimenticata la Spagna, e sia gli uni che gli altri si sarebbero serviti della buona occasione per riemergere, approfittando delle nostre discordie. Dalla politica di Filippo II forse non dipendeva solamente la tranquillit, ma anche lesistenza della monarchia spagnola. Adesso lo si accusa di tirannia; nel caso contrario lavrebbero accusato dincapacit e di debolezza. Una delle maggiori ingiustizie dei nemici della religione, quando attaccano quelli che la sostengono, di dichiararli in malafede, accusarli di essere ambigui nelle loro intenzioni, e di avere mire contorte ed interessate. Quando per esempio si parla del machiavellismo di Filippo II sintende dire che lInquisizione, anche quando il suo scopo appariva puramente religioso, in realt non era che un docile strumento politico nelle mani dellastuto sovrano. Non c cosa pi importante ed appariscente per chi ritiene che studiare la storia significhi presentare simili considerazioni pungenti e maligne, ma nello stesso tempo non c cosa pi falsa di fronte alla testimonianza dei fatti. Alcuni, vedendo nellInquisizione un tribunale straordinario, non riescono a concepire come potesse esistere, perch non sanno intuire, nel sovrano che la sosteneva e la spronava, le profondissime ragioni di stato e le mire che andavano molto al di l di quello che possa immaginare chi si fermi alla superficie delle cose. Non si voluto vedere che ogni epoca ha il suo spirito, il suo modo particolare di vedere le cose e il suo sistema di agire, o per procurarsi il bene, o per evitare il male. In quei tempi, nei quali in tutti i regni dEuropa nelle questioni religiose si ricorreva al ferro e al fuoco, e sia i Protestanti che i Cattolici bruciavano i loro avversari, e lInghilterra, la Francia e la Germania mostravano le scene pi crudeli, condannare al rogo un eretico era cosa tanto naturale e nellordine normale delle cose che non urtava affatto la mentalit corrente. Quanto a noi, trovandoci in una societ in cui il sentimento religioso cos assopito, ci si rizzano i capelli alla sola idea di bruciare vivo un uomo; e assuefatti a vivere in mezzo a persone che praticano una religione diversa dalla nostra, e talvolta nessuna, non arriviamo a concepire che allora fosse ritenuta una cosa molto comune condurre al patibolo questo genere di uomini. Si leggano per gli scrittori di quei tempi, e si vedr limmensa differenza che passa tra i nostri costumi e i loro; e si osserver che il nostro linguaggio moderato e tollerante sarebbe stato per loro incomprensibile. Lo stesso Carranza che ebbe a soffrire tanto da parte dellInquisizione, come pensate voi che ragionasse su queste cose? Nellopera gi citata ogni volta che si presenta lopportunit di

toccare questo punto esprime le stesse idee dei suoi tempi senza neanche soffermarsi per giustificarle e parlandone come di una cosa sulla quale non sia possibile avere qualche dubbio. Quando si trovava in Inghilterra alla corte della regina Maria, esprimeva senza alcuna remora le sue dottrine sul rigore col quale dovevano essere trattati gli eretici; ed certo che lo facesse senza alcun sospetto sulla propria intolleranza, che tanto doveva servire al suo nome per appagare questa stessa intolleranza. Re e popoli, ecclesiastici e laici, tutti erano daccordo su questo punto. Che si direbbe adesso di un re che portasse con le sue stesse mani legna per bruciare vivo un eretico, o che imponesse la pena di forare col ferro la lingua ai bestemmiatori? Queste cose furono fatte, come si racconta, la prima da S. Ferdinando, e la seconda da S. Luigi di Francia. Adesso ci fa un certo sgomento vedere Filippo II assistere a un autodaf; ma se consideriamo che la corte, i grandi e tutto il fiore della societ attorniava il re in simili occasioni, possiamo capire che se questo a noi pare orribile e insopportabile, non lo era per per quelle persone che avevano idee e sentimenti molto diversi. Non mi si dica che la volont del sovrano intimava questo e che bisognava ubbidire: no, non era la volont del sovrano quella che agiva, ma piuttosto lo spirito di quel tempo. Non vi sovrano tanto potente che possa compiere una tale manifestazione, se fosse diametralmente opposta allo spirito del suo tempo; come, al contrario, non c sovrano tanto insensibile da non sentire gli effetti del secolo in cui regna. Supponete il sovrano pi potente e pi assoluto dei nostri tempi: Napoleone nel suo apogeo, o lattuale imperatore di Russia, e vedete se con la sua volont potrebbe arrivare a violare fino a questo punto i costumi del suo secolo. A coloro che affermano che lInquisizione era uno strumento di Filippo II ci si pu rivolgere con un aneddoto che non certo molto adatto per farci abbracciare questa opinione. Lo voglio riferire perch, oltre ad essere curioso ed interessante, illustra le idee e i costumi di quei tempi. Durante un sermone pronunciato alla presenza di Federico II da un certo predicatore, questi ebbe ad affermare che i re avevano un potere assoluto sulle persone e sui beni dei loro vassalli. Non era certo unaffermazione che potesse dispiacere a un sovrano, poich il buon predicatore lo liberava di colpo da tutti gli ostacoli nellesercizio del suo potere. A quanto pare per a quel tempo in Spagna non erano tutti tanto succubi e sotto linfluenza di dottrine esaltanti la tirannia come si voluto far credere, perch non manc chi denunziasse allInquisizione le parole con cui il predicatore aveva cercato di lusingare larbitrio dei re. Loratore non si era certo riparato sotto un debole tetto, e i nostri lettori avranno gi supposto che la denuncia non fosse stata portata avanti dallInquisizione in quanto si scontrava col potere di Filippo II. Eppure non fu cos: lInquisizione fece il processo e trov la frase contraria alle sane dottrine; e il povero predicatore, che non si aspettava certamente una tale ricompensa, oltre ad essere sottoposto a varie penitenze, fu condannato a ritrattarsi pubblicamente nello stesso luogo dove fu pronunciata quella frase. E ci fu fatto con tutte le formalit di un atto giuridico, e con la particolare circostanza di dover leggere da un foglio, come gli era stato ordinato, le seguenti importanti parole: Perch, o signori, i re non hanno sui loro vassalli altro potere di quello che loro permette il diritto divino ed umano; e non gi quello

della loro libera e assoluta volont. Cos riferisce D. Antonio Perez, come si pu leggere per intero nel passo riportato nella nota corrispondente a questo capitolo. E sappiamo che D. Antonio Perez, non era un fanatico sostenitore dellInquisizione. Questo fatto accadde proprio in quei tempi che alcuni non nominano mai senza che vi aggiungano il titolo di oscurantismo, di tirannia, di superstizione. Io dubito daltra parte che in tempi a noi pi vicini, nei quali si dice che in Spagna sincominci a intravedere laurora della cultura e della libert, per esempio sotto il regno di Carlo III, si fosse potuto decretare una condanna pubblica e solenne del dispotismo. Questa condanna tanto faceva onore al tribunale che la stabiliva, quanto al sovrano che vi consentiva. Sul fatto della cultura poi circola unaltra calunnia: quella che vi fu lintento di stabilire e perpetuare lignoranza. Non lo mostr certo Filippo II quando, oltre a sostenere la grande impresa della Poliglotta di Anversa, raccomandava ad Arias Montano che le somme che si fossero recuperate dallo stampatore Plantino, a cui il sovrano per la suddetta impresa aveva assegnato una cospicua quantit di danaro, si impiegassero nellacquisto di libri scelti, sia stampati che manoscritti, da collocarsi nella libreria del monastero dellEscurial allora in costruzione. Il sovrano aveva anche incaricato, come dice egli stesso nella lettera al Montano, D. Francesco De Alaba suo ambasciatore in Francia di procurare lacquisto dei migliori libri che fosse possibile in quel regno . No, la storia di Spagna, sotto laspetto dellintolleranza religiosa, non poi cos nera come si voluto supporre. Quando gli stranieri ci rinfacciano la crudelt, possiamo rispondere che mentre lEuropa era inondata di sangue per le guerre di religione in Spagna regnava la pace; e in quanto al numero di coloro che morirono sul patibolo, o terminarono la vita in esilio, possiamo sfidare le due nazioni che pretendono di essere le pi civili, la Francia e lInghilterra, affinch mostrino le loro statistiche di quei tempi sullo stesso fatto, e le confrontino con la nostra. Non abbiamo nulla da temere da un tale confronto. Man mano che andava scemando il pericolo dellintroduzione del Protestantesimo in Spagna, allo stesso modo diminuiva il rigore dellInquisizione. Possiamo anche osservare che la procedura di questo tribunale si moderava di pari passo con la tendenza del diritto penale negli altri paesi dEuropa. Cos vediamo che gli autodaf si vanno facendo sempre pi rari quanto pi i tempi si avvicinano ai nostri, in modo che sul finire del secolo scorso lInquisizione non era pi che una parvenza di quella che era stata. Non c bisogno di insistere su questo punto che noto a tutti e sul quale sono daccordo con noi anche i pi acerrimi nemici del detto tribunale. E questa la prova pi convincente che dobbiamo cercare nelle idee e nei costumi di quellepoca ci che si preteso di trovare nella crudelt, nella malizia o nellambizione degli uomini. Se dovessero giungere ad effetto le dottrine di quelli che sostengono labolizione della pena di morte, i nostri posteri nel leggere le esecuzioni dei nostri tempi, proveranno quellorrore che noi adesso proviamo riguardo ai tempi passati. La forca, il patibolo, la ghigliottina figurerebbero sulla stessa linea degli antichi quemaderos (25).

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NOTE _______________ (1) La storia delle variazioni dei Protestanti di Bossuet una di quelle opere che esauriscono largomento, non lasciano luogo ad alcuna replica e non ammettono aggiunte. Questopera immortale, letta e ben meditata, non lascia alcuna possibilit alla causa del Protestantesimo: la quale causa perduta sotto laspetto dogmatico, e a quel punto non resta alcuna via di mezzo tra il Cattolicesimo e lincredulit. Gibbon laveva letta in giovent e si era fatto Cattolico, abbandonando la religione protestante nella quale era stato educato. Ritorn successivamente a separarsi dalla Chiesa cattolica, ma non per tornare al Protestantesimo, perch divenne ateo. Forse non dispiacer ai lettori sentire dalla bocca di questo scrittore il giudizio che formul sullopera di Bossuet, e leffetto che produsse in lui la lettura: Nella Storia delle variazioni, assalto tanto vigoroso quanto ben diretto, lautore smaschera, con una felicissima miscela di raziocinio e di narrazione, le mancanze, i traviamenti, le incertezze e le contraddizioni dei nostri primi riformatori, le variazioni dei quali, come egli sostiene con tanta abilit, portano il carattere dellerrore, mentre la non interrotta unit della Chiesa cattolica il segno e la testimonianza dellinfallibile verit : lessi, approvai, credetti. (Gibbon, Memorie). (2) Lutero, che tuttavia alcuni si sforzano di presentarci come uomo di grande acutezza, di cuore nobile e generoso, e rivendicatore dei diritti dellumanit, ci ha lasciato nei suoi scritti la pi sicura ed evidente prova del suo carattere violento, dellestrema villania e della pi feroce intolleranza. Enrico VIII, re dInghilterra, aveva confutato il libro di Lutero intitolato De captivitate Babylonica, e costui incollerito per questo fatto scrive al re chiamandolo sacrilego, pazzo, insensato, il pi grossolano di tutti i porci e di tutti gli asini : Se la maest reale non ispirava a Lutero rispetto e venerazione, anche il merito era da lui per niente stimato. Erasmo, forse luomo pi dotto del suo secolo, o almeno il pi erudito, letterato e brillante, e che non fu certamente scarso dindulgenza con Lutero e i suoi seguaci, nonostante ci fu trattato con tanta violenza dal famoso eretico, quando questo cap che non poteva attirarlo alla nuova setta, che Erasmo, lamentandosi di questo fatto, diceva che si vedeva obbligato in vecchiaia a combattere con una bestia feroce, o con un furioso cinghiale. Lutero non si limitava alle parole, ma passava ai fatti; ed ben noto che per sua istigazione Carlostadio fu esiliato dagli stati del duca di Sassonia. A causa di questa persecuzione Carlostadio si trov ridotto ad uno stato di miseria tale che si vide costretto a guadagnarsi il pane trasportando legna e facendo altri mestieri per niente conformi al suo ceto. Lutero, nelle sue rumorose dispute contro gli zuingliani, non smentiva il suo carattere, chiamandoli uomini condannati,

insensati, bestemmiatori. Se trattava cos i suoi compagni dissidenti, non c da meravigliarsi che chiamasse i dottori di Lovanio vere bestie, porci, pagani, epicurei, atei, e con altre espressioni che la decenza non permette di riferire; e che rotto ogni freno dicesse del Papa che era un lupo rabbioso; che tutti dovevano armarsi contro di lui senza aspettare ordine alcuno dai magistrati; che a questo punto poteva pentirsi soltanto di non avergli trapassato il petto con la spada, e che tutti quelli che lo seguivano, dovevano essere perseguitati come soldati di un capo di assassini, fossero anche re o imperatori. Questo lo spirito di tolleranza e di libert da cui era animato Lutero; e potremmo facilmente portare molte altre prove. N si creda che questa intolleranza fosse esclusiva di Lutero, perch si estendeva a tutta la setta, e gli effetti si facevano sentire in un modo feroce. Fortunatamente abbiamo un testimone inconfutabile di questa verit. Si tratta di Melantone, lamato discepolo di Lutero, uno degli uomini pi distinti the abbia avuto il Protestantesimo: Mi trovo in tale schiavit scriveva allamico Camerario come se stessi nella caverna dei ciclopi, al punto che a mala pena posso spiegarti le mie pene, venendomi in ogni momento la tentazione di fuggire. Sono gente ignorante diceva in unaltra lettera che non conosce piet n disciplina; guardate chi comanda, e vi renderete conto che io sono come Daniele nella fossa dei leoni. E nonostante ci si dir ancora che ad unimpresa cos grande era di guida un pensiero generoso, e che si trattava di emancipare il pensiero umano? Riguardo poi allintolleranza di Calvino, questa notissima: oltre a risaltare nellepisodio indicato nel testo, essa si manifesta in ogni punto delle sue opere per come tratta gli avversari. Malvagi, vagabondi, ubriaconi, pazzi, furiosi, rabbiosi, bestie, tori, porci, asini, cani, vili schiavi di Satana : ecco le gentilezze che si trovano in ogni pagina negli scritti del celebre riformatore. Quante e quante altre potrei aggiungerne dello stesso tenore, se non temessi di annoiare i lettori! (3) Nella dieta di Spira era stato formulato un decreto che conteneva varie disposizioni relative al distacco dal Cattolicesimo e allesercizio della nuova religione. Quattordici citt dellimpero non vollero sottomettersi a questo decreto e presentarono una protesta: di qui venne che i dissidenti incominciarono ad essere chiamati Protestanti. Siccome questo nome condanna da s le chiese separate, hanno cercato talvolta di attribuirsene altri, ma sempre invano. I nomi che si assegnavano erano falsi, e un nome falso non dura. Cosa infatti intendevano significare quando si definivano evangelici? Forse perch aderivano esclusivamente al Vangelo? In tal caso avrebbero piuttosto dovuto chiamarsi biblici, perch in realt non intendevano aderire proprio al Vangelo, ma alla Bibbia. Altre volte si definivano riformati, e alcuni chiamano il Protestantesimo Riforma. Ma basta pronunciare questo nome per rendersi conto della sua impropriet. Rivoluzione religiosa gli starebbe molto meglio. (4) Il conte de Maistre nellopera Del Papa ha sviluppato questo aspetto dei nomi in un modo inimitabile. Fra le molte altre osservazioni ve n una molto perspicace, e cio che solo la Chiesa cattolica ha un nome positivo e appropriato

col quale si chiama da se stessa, ma chiamata anche dagli altri. Le chiese separate ne hanno immaginato parecchi, ma non hanno potuto attribuirseli. Se ciascuno, egli dice, libero di darsi il nome che gli piace, la stessa Laide in persona potrebbe scrivere sulla porta di casa: Palazzo di Artimisia. La difficolt sta nellobbligare gli altri a chiamarci col nome che abbiamo scelto. N si creda che sia stato il conte de Maistre ad usare per primo largomento dei nomi, perch prima di lui ne avevano gi fatto uso S. Girolamo e S. Agostino. Se udrai dice S. Girolamo che si chiamano marcionisti, valentitiniani, montanisti, sappi che non sono la Chiesa di Cristo; ma la sinagoga dellAnticristo (Hieronimus lib. adv. Luciferianos). Mi tiene nella Chiesa dice S. Agostino lo stesso nome di cattolica, perch non senza ragione fra tante stte solo lei lo conserva, e in modo tale che, volendosi chiamare cattolici tutti gli eretici, ci nonostante se un pellegrino chiede loro dove sia il tempio cattolico, nessuno degli eretici ardisce mostrare la sua basilica e la sua casa (S. Agostino). Quello che osservava S. Agostino ai suoi tempi, si verificato anche con i Protestanti, come possono testimoniare coloro che hanno visitato i paesi in cui ci sono diverse confessioni. Un illustre Spagnolo del diciassettesimo secolo, che aveva trascorso molto tempo in Germania, ci dice: Tutti vogliono chiamarsi cattolici e apostolici, ma gli altri li chiamano luterani e calvinisti ( Caramuel). Ho abitato continua lo stesso in citt di eretici, e ho visto con i miei occhi e udito con le mie orecchie una cosa che i Protestanti dovrebbero ponderare: che ad eccezione del predicatore protestante e di pochi altri, i quali pretendono sempre pi di quello che giusto, tutto il popolo degli eretici chiama cattolici soltanto i romani. Tanta la forza della verit. Gli ideologi sanno benissimo che simili fenomeni derivano da cause profonde, e che questi argomenti sono qualcosa di pi che sottigliezze. (5) Si parlato tanto degli abusi, e si tanto esagerata la loro influenza sulle sciagure che negli ultimi tempi hanno afflitto la Chiesa, facendo in modo, appena se ne presentava loccasione, di esaltare con ipocrite lodi la purezza dei costumi e il rigore della disciplina dei primi secoli, che alcuni sono arrivati al punto di immaginare una linea divisoria tra i tempi antichi e quelli moderni, vedendo nei primi solo verit e santit, e nei secondi nientaltro che corruzione e menzogna. Come se nei primi secoli della Chiesa fossero stati tutti angeli, e come se in qualunque epoca la Chiesa non avesse avuto da correggere errori e frenare passioni. Storia alla mano sarebbe facile ridurre al giusto valore questi giudizi esagerati; della quale esagerazione ne fece parola lo stesso Erasmo, certamente poco incline a discolpare i contemporanei. Nel confrontare i suoi tempi con i primi secoli della Chiesa, mostra molto chiaramente quanto insussistente e puerile fosse il vezzo, che gi allora si stava diffondendo, di esaltare tutto ci che riguardava i tempi antichi per sminuire il presente. Un passo su questi confronti si trova nelle opere di Marchetti: le Osservazioni sulla storia di Fleury. Sarebbe anche curioso fare una rassegna delle disposizioni prese dalla Chiesa per frenare ogni genere di abusi. Le raccolte dei Concili potrebbero fornirci cos abbondante materia a sostegno della mia affermazione, che non sarebbe facile contenerla in pochi volumi. Le stesse raccolte, con tutta la loro enorme mole, non

sono altro, dallinizio alla fine, che una prova evidente delle seguenti due verit. La prima: che in tutti i tempi ci sono stati molti abusi da correggere, cosa inevitabile considerando la debolezza e la corruzione umana. La seconda: che in tutte le epoche la Chiesa ha fatto in modo di correggere questi abusi, potendo esser certi che non possibile indicarne uno senza che si presenti anche la corrispondente disposizione canonica che lo reprime o lo castiga. Queste osservazioni dimostrano chiaramente che non furono gli abusi la principale causa che origin il Protestantesimo, ma che la sua nascita fu una di quelle grandi calamit che, considerando la volubilit dello spirito umano e lo stato in cui si trovava la societ in quel momento, si pu dire che sono inevitabili. In questo stesso senso Ges Cristo disse che era necessario che vi fossero scandali: non gi perch uno sia costretto a procurarli, ma perch tale la corruzione del cuore umano che, in base allandamento normale delle cose, non si pu evitare che ci siano. (6) Questo accordo, questa unit, che si rivelano nel Cattolicesimo, riempiono di ammirazione e di stupore ogni persona di giudizio, di qualunque idea sia riguardo alla religione. Se non supponiamo che qui ci sia il dito di Dio, come sar possibile spiegare, anzi concepire, la durata del centro dellunit, che la cattedra di Roma? Si detto gi tanto sulla supremazia del Papa, che molto difficile aggiungere qualcosa di nuovo; ma forse non dispiacer ai lettori che presenti loro un passo importante di S. Francesco di Sales, in cui il Santo ha fatto un elenco dei vari e significativi titoli con i quali la Chiesa antica ha onorato i sommi Pontefici e la loro sede. Questo lavoro del santo Vescovo apprezzabile non solo perch stimola la curiosit, ma anche perch d occasione a riflessioni molto profonde che il lettore far senzaltro da se stesso. NOMI ATTRIBUITI AL PAPA: Il molto Santo Vescovo della Chiesa Cattolica ( nel Concilio di Soissons di 300 Vescovi); Il molto santo e molto felice Patriarca (ibid. tomo 7, Concil.); Il molto felice Signore (S. Agostino, Episotola 95); Il Patriarca universale (S. Leone Papa, Epistola 62); Il Capo della Chiesa del mondo (Innoc., ad Patres Concilii Milevit); Il Vescovo innalzato al colmo apostolico (S. Cipriano, Epist. 3 e 12); Il Padre dei Padri (Concil. di Calcedonia, Ses. 3); Il Sovrano Pontefice dei Vescovi (Ibid., in praef.); Il Sovrano Sacerdote (Concilio di Calcedonia, Ses. 16); Il Principe dei Sacerdoti (Stefano Vescovo di Cartagine); Il Prefetto della casa Dio, e il Custode e Guardiano della vigna del Signore (Concilio di Cartagine, Epistola ad Damasum); Il Vicario di Ges Cristo, e il Confermatore della fede dei Cristiani (S. Girolamo, Praef. in Ev. ad Damasum); Il Sommo Sacerdote (Valentiniano e tutta lantichit ); Il Sovrano Pontefice (Concilio di Calcedonia in Epist. ad Theod. Imper .);

Il Principe dei Vescovi (Ibid.); LErede degli apostoli (S. Bernard., lib. de Consid.); Abramo per il Patriarcato (S. Ambrogio in I. ad Tim. 3); Melchisedech per lordine (Concilio di Caledonia, Epistola ad Leon); Mos per lautorit (S. Bernardo, Epist. 190); Samuele per la giurisdizione (Ibid. et in lib. de Cons.); Pietro per il potere (Ibid.); Cristo per lunzione (Ibid., lib. 2. Cons.); Il Pastore dellovile di Ges Cristo (Ibid.); Il Clavigero della casa di Dio (Id., cap. 8); Il Pastore di tutti i pastori (Ibid.); Il Pontefice chiamato alla pienezza del potere (Ibid.); S. Pietro fu la bocca di Ges Cristo (S. Crysost., Homilia 2. in divers. serm.); La Bocca e il capo dellapostolato (Origene, hom. 55. in Matth.); La Cattedra e la Chiesa principale (S. Cipriano, Ep. 55. ad Corn.); LOrigine dellunit sacerdotale (Id., Epist. 3. 2); Il Vincolo dellunit (Ibid., 4. 2); La Chiesa ove risiede il potere principale (Ibid., 3. 8); La Chiesa radice e matrice di tutte le altre Chiese ( S. Anacleto Pap., Epist. ad Omnes Episc. et fidel.); La Sede, sopra la quale il Signore ha edificato la Chiesa universale ( S. Damaso, Epist. ad universos Episcopos); Il Punto Cardinale e il Capo di tutte le Chiese ( S. Marcellino P., Epist. ad Episcopum Antioch.); Il Rifugio dei Vescovi (Concil. di Alessandria, Ep. ad Felicem P.); La Suprema Sede Apostolica (S. Atanasio); La Chiesa presidente (Imp. Justin., in primum 8. Cod. de SS. Trinitate ); La Sede Suprema, che non pu esser giudicata da altre ( S. Leone in nativitate SS. Apostolorum.); La Chiesa anteposta e preferita a tutte le altre Chiese (Victor de Utica, in lib. de perfect.); La prima di tutte le Sedi (S. Prospero, lib. de Ingrat.); La fonte apostolica (S. Ignat., Epist. ad Romanos.); Il Porto sicurissimo di tutta la Comunione cattolica (Concilio Romano sotto San Gelasio). (7) Ho affermato che i pi illustri tra i Protestanti sentivano il vuoto che racchiudevano in s tutte le stte separate dalla Chiesa cattolica; ora passo a presentare le prove di questa mia asserzione che forse alcuni avranno giudicato temeraria. Sentiamo lo stesso Lutero, il quale scrivendo a Zuinglio diceva: Se il mondo durer ancora per molto, per non perdere lunit della fede a causa delle diverse interpretazioni della Scrittura che ora si fanno, sar di nuovo necessario riaccogliere i decreti dei Concili, e riferirci ad essi . Melantone, lamentandosi delle funeste conseguenze causate dalla mancanza di guida spirituale, diceva: Ne risulter una libert di nessuna utilit per i posteri; e in unaltra parte dice queste parole importantissime: Nella Chiesa ci

vogliono assolutamente degli ispettori per conservare lordine, esaminare attentamente quelli che sono chiamati al ministero ecclesiastico, vegliare sulla dottrina dei sacerdoti ed esercitare la giurisdizione ecclesiastica; e se non vi fossero Vescovi, bisognerebbe crearli. Lautorit suprema del Papa, inoltre, sarebbe molto utile per conservare luniformit nella dottrina tra tante diverse nazioni. Sentiamo Calvino: Iddio colloc la sede del suo culto nel centro della terra, mettendovi un Pontefice unico al quale tutti potessero fare riferimento per conservare meglio lunit (Calv. inst. 6 . 11). Anche io dice Beza sono stato tormentato molto e per molto tempo da questi stessi pensieri che tu mi esponi: vedo i nostri vagare in bala di ogni vento di dottrina, e sollevati in alto cadere ora da una parte, ora dallaltra. Cosa si pensi oggi della religione forse si pu saperlo; cosa se ne penser domani, no. Le chiese che hanno dichiarato guerra al Pontefice romano, su quale articolo della religione sono esse daccordo? Passala tutta in rassegna, e forse non troverai una sola cosa che, affermata da uno, non sia subito condannata da un altro come empia. (Th. Beza Epist. ad Andream Duditium). Grozio, uno degli uomini pi dotti che abbia avuto il Protestantesimo, riconobbe anchegli la debolezza delle basi su cui poggiano le stte separate. Non sono pochi quelli che hanno creduto che sia morto Cattolico. I Protestanti lo accusavano che intendeva convertirsi al Cattolicesimo, e i Cattolici, che lo avevano frequentato a Parigi, pensavano la stessa cosa. Io non so se vero ci che si dice sul celebre padre Petavio, amico di Grozio; cio che essendo venuto a conoscenza della sua morte, celebr una Messa per lui; certo per che Grozio nella sua opera de Anticristo non dimostra, come i Protestanti, di pensare che lAnticristo sia il Papa. certo anche che in unaltra opera, intitolata Votum pro pace Ecclesiae, dice chiaramente che senza il primato del Papa non possibile definire le questioni, come infatti accade tra i Protestanti. Ed anche certo, infine, che nellopera postuma Rivetiani Apologetici discussio stabilisce apertamente il principio fondamentale del Cattolicesimo, cio che i dogmi della fede devono essere definiti attraverso la tradizione e lautorit della Chiesa, e non della sola Sacra Scrittura. La clamorosa conversione del celebre Protestante Papin unaltra prova di quanto stiamo dimostrando. Papin rifletteva sul principio fondamentale del Protestantesimo e sulla contraddizione con questo principio in cui era caduta lintolleranza dei Protestanti; i quali, affermando il libero esame privato, invocavano tuttavia laiuto dellautorit per potersi conservare. Egli argomentava cos: Se la via dellautorit a cui pretendono di sostenersi innocente e legittima, essa condanna la loro origine perch non vollero assoggettarsi allautorit della Chiesa Cattolica; ma se la via del libero esame che abbracciarono ai loro inizi fu retta e conforme, rimane allora da condannare la via dellautorit che essi escogitarono per evitare gli eccessi, lasciando cos aperta e appianata la strada ai maggiori disordini dellempiet. Puffendorf, che sicuramente non pu essere tacciato di freddezza, quando si tratt di attaccare il Cattolicesimo non pot fare a meno di tributare omaggio alla verit, stampando una confessione che far piacere a tutti i Cattolici: La

soppressione dellautorit del Papa ha sparso nel mondo infiniti semi di discordia, poich non essendoci pi nessuna autorit sovrana per decidere le questioni che vengono suscitate da ogni parte, si sono visti i Protestanti dividersi tra loro stessi e lacerarsi le viscere con le loro stesse mani . (Puffendorf, de Monarchia Pontif. Rom.). Leibnitz, quelluomo insigne che secondo lespressione di Fontanelle era in grado di affrontare tutte le scienze, riconobbe anche lui la debolezza del Protestantesimo e la fermezza dellordine interno della Chiesa cattolica. Si sa che, ben lungi dal condividere il rancore dei Protestanti contro il Papa, guardava alla sua supremazia religiosa col pi grande favore. Ammetteva apertamente la superiorit delle missioni cattoliche sulle protestanti; e le stesse comunit religiose, oggetto di tanta avversione per molti Protestanti, erano per lui degne del massimo rispetto. Essendo gi note queste cose, a testimonianza delle sue idee religiose venne unulteriore conferma da una sua opera postuma pubblicata per la prima volta a Parigi nel 1819. Forse non dispiacer ai lettori avere un breve ragguaglio su di un fatto cos singolare. In quellanno fu data alla luce in Parigi lEsposizione della dottrina di Leibnitz sulla religione, seguita da pensieri estratti dalle opere dello stesso autore da M. Emery, antico superiore generale di S. Sulpizio. In questo libro di M. Emery contenuta lopera postuma di Leibnitz, che nel manoscritto originale ha come titolo Sistema teologico. Linizio dellopera pregevole per la sua seriet e semplicit, degne certamente del grande spirito di Leibnitz. Scrive dunque lautore: Dopo lungo e profondo studio sulle controversie religiose, implorato il divino aiuto e deposto, per quanto almeno possibile alluomo, ogni spirito di parte, ho preso a considerare la materia come un neofita venuto dal Nuovo Mondo che non avesse mai condiviso alcuna opinione. E finalmente mi sono fermato su un punto che, tra tutte le opinioni che ho esaminato, mi pare quello che dovrebbe essere riconosciuto da chiunque non sia condizionato da alcun pregiudizio, come il pi conforme alla Sacra Scrittura, alla veneranda antichit, ed anche alla retta ragione e ai fatti storici indiscutibili. Fatta questa premessa Leibnitz passa al dimostrare lesistenza di Dio, lIncarnazione, la Trinit e gli altri dogmi del Cristianesimo, accogliendo senza difficolt e difendendo con molta erudizione la dottrina della Chiesa cattolica sulla Tradizione, i Sacramenti, il Sacrificio della Messa, il culto delle reliquie e delle Sacre Immagini, la Gerarchia ecclesiastica e il primato del Romano Pontefice. In tutti i casi egli dice che non consentono di poter aspettare che sia convocato un Concilio ecumenico. o che non meritano di esser trattati in esso, bisogna riconoscere che il primo tra i Vescovi, cio il Sommo Pontefice, ha la stessa autorit che ha la Chiesa tutta intera. (8) Forse qualcuno potrebbe pensare che quando si parlato sulla vanit delle scienze umane e sulla debolezza del nostro intelletto, sia stato fatto col solo scopo di esagerare la necessit di una regola in materia di fede. Sarebbe cosa facilissima esporre una lunga serie di testimonianze ricavate dagli scritti dei pi dotti uomini antichi e moderni: mi accontenter di citare uno dei pi grandi uomini del sedicesimo secolo: Ludovico Vives. (Ludovicus Vives, de Concordia et Discordia, 1. 4. c. 3).

Questo grande uomo, oltre ad essere molto versato in ogni genere di erudizione, sia sacra che profana, aveva condotto profonde riflessioni sullo stesso intelletto umano, e aveva esaminato con occhio esperto landamento delle scienze in quanto aveva intenzione di aggiornarle, come ne dnno testimonianza i suoi scritti. Dispiace molto non poter ricopiare per esteso le sue parole, sia quelle del passo citato che quelle della sua opera immortale sulle cause della decadenza delle arti e delle scienze e sul modo dinsegnarle. Comunque sia, a chi si ritenesse insoddisfatto perch sono state dette alcune verit sulla debolezza delle nostre facolt, e temesse che in questo modo si rechi danno al progresso delle scienze perch cos si limita lintelletto, sar bene ricordare che il miglior modo di far progredire il nostro spirito quello di conoscere se stesso, potendosi a questo proposito citare la saggia massima di Seneca: Penso che molti avrebbero potuto arrivare alla sapienza se non avessero avuto la presunzione di credere che ci fossero gi arrivati. ( Puto multos ad sapientiam potuisse pervenire, nisi se jam crederent pervenisse ). (9) certo che nellapplicarsi ai primi princpi delle scienze lintelletto si trova circondato da folte tenebre. Ho affermato che da questa regola generale non si sottrae la stessa matematica, la cui certezza ed evidenza sono diventate proverbiali. La conoscenza del calcolo infinitesimale, per esempio, allo stato attuale si pu dire che si fonda su alcune idee sui limiti, idee che finora nessuno ha potuto rendere ben chiare. E non che io intenda mettere in dubbio la certezza e la verit: la mia unica intenzione quella di far notare che se si volesse sottoporre allesame della metafisica le idee che costituiscono gli elementi di questo calcolo, non mancherebbero di vedersi sparse su di esse alcune ombre. Ed anche considerando la parte pi elementare di questa scienza, si potrebbero anche qui scoprire alcuni punti che non riuscirebbero a sostenere senza qualche danno una rigorosa analisi metafisica e concettuale; la qual cosa si potrebbe facilmente dimostrare se lo permettesse la natura di questopera. Intanto si pu raccomandare ai lettori la preziosa lettera diretta da Ezimeno, celebre gesuita spagnolo, al suo amico Giovanni Andres: lettera nella quale si leggono osservazioni molto appropriate su questa materia, fatte da un uomo che nessuno potr sicuramente contestare come giudice competente. Questa lettera in latino ed ha per titolo: Epistola ad clarissimum virum Joannem Andresium. In quanto alle altre scienze, non necessario insistere nel dimostrare quanta oscurit sincontri nellapplicarsi ai loro princpi primi, potendosi affermare con certezza che i brillanti sogni degli uomini pi illustri non hanno avuto altra origine. Spinti dal sentimento delle loro proprie forze, essi penetravano fin negli abissi in cerca della verit: quivi la torcia si spegneva nelle loro mani, per usare lespressione di un illustre poeta contemporaneo, e fuorviati in un oscuro labirinto si lasciavano andare in bala della loro fantasia e delle 1oro ispirazioni, prendendo per realt i bei sogni del loro ingegno. (10) Per capire chiaramente e conoscere bene la debolezza innata dello spirito umano, non vi mezzo pi adatto di quello di ripassare la storia delle eresie, storia di cui siamo debitori alla Chiesa per la grande diligenza che ha

avuto nel definirle e classificarle. Da Simon Mago, che si definiva il legislatore dei Giudei, il redentore del mondo, il paracleto , nel mentre che tributava alla sua amata Elena un culto didolatria sotto il nome di Minerva, fino ad Herman che predicava la strage di tutti i sacerdoti e magistrati del mondo e assicurava di essere il vero figlio di Dio, un osservatore pu consultare questo vasto quadro il quale, sebbene sia molto sgradevole se non altro per la sua stravaganza, non lascia per di suggerire gravi e profonde riflessioni sul vero carattere dello spirito umano, dimostrando la sapienza del Cattolicesimo quando in certe materie si sforza di sottomettere questo spirito ad una regola. (11) Forse non tutti sono convinti che le illusioni e il fanatismo sono tra i Protestanti come nel loro elemento naturale, e sar quindi necessario presentare la testimonianza indiscutibile dei fatti. Su questo particolare si potrebbero scrivere grossi volumi; ma dovr accontentarmi di una rapidissima rassegna, cominciando da Lutero. Io non so se la follia di un uomo possa andare oltre la pretesa di essere stato ammaestrato dal diavolo, vantarsi di questo fatto, e sostenere con una tale autorit le nuove dottrine. Ed proprio il fondatore del Protestantesimo, lo stesso Lutero, che farnetica cos, lasciandoci nelle sue opere la testimonianza delle sue conversazioni col diavolo. Si pu immaginare una pi grande follia? Fosse reale lapparizione, o fosse un sogno della sua testa esaltata, ci pu essere un tipo di fanatismo superiore a quello che spinge a vantarsi di avere avuto un tale maestro? Furono parecchi i colloqui che, a quanto dice egli stesso, ebbe col diavolo; ma degna di essere riferita la visione in cui, come ci dice con tutta seriet, Satanasso lo costrinse con i suoi argomenti a proibire la Messa privata. Egli ce ne fa una descrizione assai viva: Lutero si sveglia a mezzanotte, gli appare Satanasso; Lutero inorridisce, suda, trema e il cuore gli batte in un modo terribile. Ci nonostante inizia a disputare col diavolo. Il quale, secondo le leggi del buon dialettico, lo incalza con i suoi argomenti in modo da non lasciargli la possibilit di replica. Lutero resta vinto: e non c sa meravigliarsi! Perch la logica del demonio era accompagnata da una voce tanto spaventosa che gelava il sangue. Allora intesi dice questo miserabile come avviene che spesso molti muoiono allimprovviso sul far del giorno. Questo capita perch il demonio pu ammazzare o soffocare gli uomini; o se non fa questo, con le sue dispute li opprime in modo tale che pu arrivare al punto di provocare la morte, come io stesso ho sperimentato molte volte. Il passo veramente raro. Il fantasma di Zuinglio, fondatore del Protestantesimo in Svizzera, non lascia ugualmente di presentarci un esempio di ridicola stravaganza. Leresiarca voleva negare la presenza reale di Ges Cristo nellEucaristia, pretendendo che le specie consacrate non siano pi che un segno. Siccome nella Sacra Scrittura si esprime il contrario con tanta chiarezza, lautorit del sacro testo gli era di grande imbarazzo: ed ecco allora che, mentre sognava di star disputando col segretario della citt, gli apparve un fantasma bianco o nero, come dice egli stesso, che gli sugger un modo per uscirne fuori, liberandolo da tale angustia. Questo grazioso racconto lo apprendiamo dallo stesso Zuinglio. Chi non si rattrista nel vedere un uomo come Melantone abbandonarsi a

pregiudizi e manie della pi ridicola superstizione? Nel vederlo scioccamente credulo riguardo ai sogni, ai fenomeni rari, ai pronostici degli astrologi? Eppure non c cosa pi certa: si leggano le sue lettere e ad ogni passo ci simbatter in simili miserie. Al tempo in cui si svolgeva la dieta di Augusta gli sembrarono presagi molto favorevoli al nuovo vangelo una inondazione del Tevere e che a Roma una mula avesse dato alla luce un mostro con un zampa simile a quella di una gru, e che nel territorio di Augusta fosse nato un vitello con due teste. Questi avvenimenti erano per lui indizi sicuri di un cambiamento del mondo e particolarmente della prossima rovina di Roma a causa dello scisma. Cosi scrisse egli a Lutero. Formulando egli stesso loroscopo di sua figlia, si preoccup seriamente per lei perch Marte presentava un orribile aspetto, ed anche per la spaventosa coda fiammeggiante di una cometa situata molto a Nord. Gli astrologi avevano pronosticato che in autunno gli astri sarebbero stati pi favorevoli alle dispute ecclesiastiche, e questo pronostico bast per consolare il nostro buon uomo, preoccupato perch le conferenze di Augusta sulla religione andavano molto a rilento. E per di pi i suoi amici, vale a dire i capi del partito, si lasciavano anchessi influenzare da motivi cos seri. Come se non soffrisse sufficienti pene, gli si pronostic un naufragio nel Baltico, ed egli si guard bene dal solcare quelle acque fatali. Un certo francescano, per una sua bizzarria, aveva profetizzato che il potere del Papa si sarebbe indebolito sempre pi fino a cadere per sempre; e che nellanno 1600 il Turco sarebbe stato padrone dellItalia e della Germania: e quel sempliciotto di Melantone si gloriava di avere presso di s la profezia originale, e per di pi i terremoti che accaddero lo rafforzavano nella sua credenza. Lo spirito privato era appena stato elevato a giudice unico, che gi la Germania era inondata di sangue per le atrocit del pi furioso fanatismo. Mattia Harlem, anabattista, messosi a capo di una turba feroce, ordina di mettere a sacco le chiese, fare a pezzi gli arredi e bruciare tutti i libri religiosi come empi o inutili, ad eccezione della Bibbia. Stabilitosi a Mnster, che egli chiama la montagna di Sion, si fa consegnare dagli abitanti tutto loro, largento e i gioielli, li deposita in un tesoro comune e nomina dei diaconi che si occupassero della distribuzione. Obbliga tutti i suoi discepoli a mangiare in comune, a vivere in perfetta uguaglianza e a prepararsi alla guerra che dovevano intraprendere, uscendo dalla montagna di Sion, per assoggettare come diceva al suo potere tutte le nazioni della terra; e muore finalmente in uno scontro temerario in cui si riprometteva, qual nuovo Gedeone, di sterminare con un pugno di uomini lesercito degli emp. N manc a Mattia un erede del suo fanatismo, presentandosi subito Becold, forse pi conosciuto sotto il nome di Giovanni di Leyde. Questo fanatico, sarto di professione, si mise a correre nudo per le strade di Mnster gridando: Il re di Sion viene. Entr in casa sua, vi si rinchiuse per tre giorni, e quando il popolo si present per chiedere sue notizie fece finta di non poter parlare. Novello Zaccaria domand a cenni loccorrente per scrivere, e scrisse che Dio gli aveva rivelato che il popolo doveva essere governato da giudici, ad imitazione del popolo dIsraele. Nomin dodici giudici, scegliendo quelli che gli erano pi fedeli, e finch non fu riconosciuta lautorit dei nuovi magistrati ebbe la precauzione di non farsi vedere da nessuno. Era gi in certo

qual modo assicurata lautorit del nuovo profeta; ma non fu contento del comando effettivo, perch ebbe lambizione di vederlo accompagnato da tutta la pompa e la maest. Si mise addirittura in testa di farsi re, ed i settari fanatici erano presi da una insensatezza cos deplorevole che non gli fu difficile riuscire nella sua pazza impresa. Non ci volle molto per rappresentare una grossolana commedia: un orefice, che era daccordo con laspirante re e che era anchegli iniziato nellarte di profetare, si presenta ai giudici dIsraele e parla cos: Ecco ci che dice il Signore Iddio, lEterno: come in altri tempi io costituii Saul sopra Israele, e dopo di lui David, bench non fosse pi che un semplice pastore, cos oggi costituisco Becold mio Profeta re di Sion . I giudici non intendevano rinunciare al loro potere, ma Becold assicur di avere avuto anche lui la stessa rivelazione, e che laveva taciuta per umilt, ma che avendo Dio parlato ad un altro profeta, era necessario per lui rassegnarsi a salire al trono, per adempiere gli ordini dellAltissimo. I giudici insistettero che si convocasse il popolo, il quale si radun quindi nella piazza del mercato. Qui, essendogli stata presentata per mezzo di un profeta da parte di Dio una spada nuda, come segno che doveva essere costituito giustiziere sopra tutta la terra per estendere limpero di Sion per i quattro angoli del mondo, con assordante giubilo del popolo Becold fu acclamato re e incoronato solennemente il 24 giugno del 1534. Siccome si era sposato con la moglie del suo predecessore, sollev anche lei alla dignit reale; ma quantunque a costei dedicasse le attenzioni dovute a una regina, non manc di tenere fino a diciassette mogli, conformemente alla santa libert che in questa materia aveva proclamato. impossibile riferire gli stravizi, gli assassin, le atrocit e i vaneggiamenti di ogni genere che si ebbero da quel momento, potendosi solamente affermare che sedici mesi di regno di questo fanatico non furono che una catena di delitti. I Cattolici gridarono contro tanti eccessi; per la verit gridarono anche i Protestanti; ma di chi era la colpa? Non era forse di coloro che avevano proclamato la ribellione allautorit della Chiesa, e che avevano gettata la Bibbia nelle mani di quei miserabili, affinch desse loro di volta il cervello con linterpretazione personale, e si abbandonassero poi a progetti tanto criminosi quanto insensati? Lo riconobbero gli stessi anabattisti, i quali sindignarono soprattutto con Lutero che li condannava nei suoi scritti. E infatti: chi aveva stabilito il principio, che diritto aveva di deplorarne le conseguenze? Se Lutero trovava nella Bibbia che il Papa era lAnticristo, e si accingeva egli stesso a distruggere il regno del Papa esortando tutti a congiurare contro di lui, perch non potevano gli anabattisti dire ugualmente che avevano parlato con Dio e che ne avevano ricevuto lordine di sterminare tutti gli emp e di costituire un nuovo mondo in cui vivessero solamente gli uomini innocenti, che sono i padroni di tutte le cose? Herman, predicando la strage di tutti i sacerdoti e magistrati del mondo ; David Jorge, proclamando che la sua dottrina era lunica perfetta, essendo imperfetta anche quella dellantico e del nuovo Testamento , e che egli era il vero Figlio di Dio; Nicolas, rigettando la fede e il culto come inutili, disprezzando i precetti fondamentali della morale e insegnando che era cosa buona perseverare nel peccato perch potesse abbondare la grazia ; Hacket, pretendendo che su di lui era disceso lo spirito del Messia, e inviando due dei suoi discepoli, Arthington e

Coppinger, a gridare per le strade di Londra che il Cristo veniva l col suo vaso in mano, ed esclamando egli stesso alla vista del palco e nel terrore del supplizio: Jehovah! Jehovah! non vedete aprirsi i cieli, e Ges Cristo venire a liberarmi? : questi spettacoli estremamente deplorevoli e mille e mille altri che potremmo ricordare sono prove troppo evidenti del terribile fanatismo alimentato e ravvivato dal sistema protestante. Venner, Fox, Villiam-Sympson, J. Naylor, il conte Tinzendorf, Wesley, il barone di Sweedenborg, e altri nomi simili bastano per rammentare una tal quantit di stte di squilibrati, e una tal serie di stravaganze e delitti, che potrebbero costituire la materia per comporre grossi volumi nei quali rappresentare i pi ridicoli e i pi foschi episodi, le maggiori miserie e i traviamenti dello spirito umano. Questo non si chiama fingere, non esagerare: si legga la storia, si consultino gli autori, non solo Cattolici ma anche Protestanti o quali siano, e ovunque si trover una gran quantit di testimonianze a conferma della verit di questi fatti. Fatti clamorosi accaduti alla luce del sole, allinterno di grandi citt e in tempi molto vicini ai nostri. E non si creda che con landar del tempo si sia disseccata questa fonte di allucinazioni e di fanatismo: a quanto pare non manca il modo di accecarsi, e lEuropa condannata ad ascoltare ancora i racconti di altre visioni, come quella accaduta nella taverna di Londra al Barone di Sweedenborg, e a vedere passaporti per il cielo con i tre sigilli come quelli che vendeva Giovanna Soutchote. (12) Non c cosa pi evidente della differenza che passa tra i Protestanti e i Cattolici su questo punto. In ambo le parti ci sono persone che dicono di avere visioni soprannaturali; ma da queste visioni i Protestanti escono orgogliosi, turbolenti e frenetici, mentre i Cattolici guadagnano in umilt e in spirito di pace e di amore. Nello stesso sedicesimo secolo in cui il fanatismo dei Protestanti sconvolgeva lintera Europa e linondava di sangue, vi era in Spagna una donna che, a giudizio dei Protestanti e degli increduli, stata una di quelle che maggiormente hanno patito infermit di allucinazioni e fanatismo. Ma il preteso fanatismo di questa donna fece per caso versare una sola goccia di sangue o una sola lagrima? E le sue visioni erano forse ordini del cielo per sterminare gli uomini, come disgraziatamente accadeva tra i Protestanti? Poich nella nota precedente il lettore sar rimasto inorridito dalle violente visioni dei settari, forse non gli dispiacer che ora gliene vengano sottoposte di belle, e insieme soavi. Santa Teresa, scrivendo la propria vita per pura ubbidienza, ci narra le sue visioni con un candore angelico e con una dolcezza ineffabile: Volle il Signore che vedessi qui alcune volte questa visione: vedevo un angelo vicino a me verso il lato sinistro in forma corporea. Questa visione avviene di rado, quantunque molte volte mi si rappresentano angeli, per senza vederli se non come la visione passata di cui dissi prima. In questa visione volle il Signore che lo vedessi cos: non era grande, ma piccolo, molto bello, la faccia tanto accesa che sembrava uno di quegli angeli pi sublimi che paiono essere tutto fuoco: credo che siano quelli che si chiamano serafini. I nomi non me li dicono, ma vedo bene che in cielo vi tanta differenza tra angeli e angeli, e da altri ad altri esseri celesti, che non saprei dire. Vedevo nella mano dellangelo una lunga freccia doro, e allestremit della freccia mi pareva che ci fosse un podi fuoco. Alcune

volte mi sembrava che mi ferisse il cuore giungendo fino alle viscere: nellestrarlo mi pareva che le portasse via e mi lasciasse tutta infiammata di un grande amore di Dio (Vita di S. Teresa, cap. 29 n. 11). Eccone un altro saggio: Stando in questo stato, mi vedo sul capo una colomba ben diversa da quelle di queste parti, perch non aveva lo stesso tipo di penne ma le sue ali erano ricoperte di certe conchiglie che emettevano un grande splendore. Era pi grande delle nostre colombe, mi pareva di udire il rumore che faceva con le ali: credo che volasse in giro per lo spazio di unAve Maria. Gi lanima era in una condizione che, perdendo essa se stessa, io persi di vista anche la colomba. Il mio spirito si acquiet in presenza di un cos buon ospite, nonostante che, a parer mio, una grazia cos meravigliosa lo dovesse piuttosto agitare e lasciare attonito e sbigottito. E invece, come incominci a gustarla, la paura disparve e inizi la quiete, restando nel godimento dellestasi. (Vita di S. Teresa, cap. 28 n. 7). Sar difficile trovare qualcosa di altrettanto bello, descritta con cos vividi colori e con tanta amabile semplicit. Non sar fuori luogo riportare altri due frammenti di un genere diverso, i quali nel rendere comprensibile quello che noi ci proponiamo di porre in evidenza, potr contribuire a risvegliare laffetto verso una certa categoria di scrittori castigliani che da noi stanno cadendo in dimenticanza, mentre negli altri paesi sono molto stimati, e delle loro opere vengono fatte edizioni di lusso. Stando una volta in coro a recitare lufficio con le altre, dun tratto lanima mia si raccolse in se stessa, e mi parve di essere tutta come un chiaro specchio, senza che spalle, fianchi o parte superiore o inferiore non restasse tutta chiara; e nel centro dellanima mi si mostr Cristo Signor nostro nel modo in cui sono solita vederlo. Mi sembrava che in tutte le parti dellanima mia lo vedessi chiaramente come in uno specchio, ed inoltre questo specchio (non so dire come) si scolpiva tutto nel Signore stesso in una comunione molto amorosa, che non saprei esprimere. So che questa visione mi di gran giovamento ogni volta che me ne ricordo, particolarmente appena ricevuta la comunione. Mi si diede ad intendere che quando unanima in peccato mortale, questo specchio si copre di una folta nebbia e resta molto oscurato, per cui non si pu raffigurare n vedere il Signore, bench Egli sia sempre presente continuando a infonderci lessere; e che per leretico come se lo specchio sia rotto, che molto peggio che oscurato. Resta comunque molto diverso il modo come lho visto da come ho potuto dirlo, perch lo si pu far capire solo in un modo molto imperfetto. Ma oltre al giovamento che ho detto, talvolta mi ha procurato anche dolore, considerando che io con i miei peccati ho oscurato lanima mia, non potendo cos vedere il Signore. (Vita di S. Teresa, cap. 40 n. 4). In un altro punto espone il modo di veder le cose in Dio, e presenta la sua idea sotto unimmagine cos brillante e grandiosa, che ci sembra di leggere Malebranche quando spiega il suo famoso sistema. Immaginiamo che la Divinit sia come un chiarissimo diamante molto pi grande di tutto il mondo, ovvero uno specchio come quello di cui dissi dellanima nella visione passata, salvo che lo sia in una maniera cos elevata, che non sapr esprimerlo: e che tutto ci che facciamo si veda in questo diamante,

essendo fatto in modo tale che racchiude in se ogni cosa, in quanto non vi cosa che esca fuori da questa grandezza. Fu per me una grande meraviglia vedere in cos breve spazio tante cose insieme in questo chiarissimo diamante; ma anche di grandissimo dolore, ogni volta che me ne ricordo, vedere le cose tanto brutte che erano i miei peccati, rappresentati in quella purissima chiarezza. (Vita di S. Teresa, cap. 40 n. 7). Supponiamo ora con i Protestanti che tutte queste visioni non siano che una pura illusione; ma cosa evidente che non investono le idee, non corrompono i costumi e non disturbano lordine pubblico; ed anche se non fossero servite ad altro che ad ispirare cos belle pagine, non avremmo certamente a dolerci dellillusione. Ed ecco la conferma di ci che ho detto sui salutari effetti che i1 principio cattolico produce nelle anime: infatti non le lascia accecare dallorgoglio, n battere vie pericolose; le circoscrive invece in un ambito dal quale non possono recare danno a nessuno, anche nella supposizione che i favori del cielo non siano altro che illusione e, dato il caso che lispirazione sia vera e reale, non perde nulla della sua forza ed energia per fare il bene. Potrei citare ancora mille altri esempi, ma per amore della verit mi sono limitato solo a questo di Santa Teresa, sia perch tra quelli che si sono maggiormente distinti in questa materia, sia perch Santa Teresa fu contemporanea delle grandi aberrazioni dei Protestanti. Ed anche perch spagnola, ed ho approfittato di questa opportunit per ricordarla agli Spagnoli, che incominciano a dimenticarla. (13) Ho accennato ai sospetti che alcuni capi della riforma hanno fatto nascere; e cio che agendo in malafede, e non permettendo quelle stesse cose che predicavano, intendessero soltanto incantare i loro proseliti. Non voglio che si dica che accusandoli di questo mi sia comportato con leggerezza, e perci porter alcune prove che convalidano la mia affermazione. Sentiamo lo stesso Lutero: Spesse volte io penso tra me e me che non so quasi a che punto sia, e se insegni o no la verit ( Luter. Colloq. Isleb. de Christo). E questo lo stesso uomo che diceva: Che io abbia ricevuto i miei dogmi dal cielo cosa certa: non permetter che la mia dottrina sia giudicata, n da voi, n dagli stessi angeli del cielo. (Lutherus contra reg. ang.). Giovanni Mattei, che pubblic alcuni scritti sulla vita di Lutero, e che si scioglie tutto nelle lodi delleresiarca, ci ha conservato un curioso aneddoto che ci mostra quanto Lutero fosse fermo nelle sue convinzioni: Un predicatore chiamato Giovanni Musa mi raccont che una volta si era lamentato con Lutero di non poter decidersi a credere ci che predicava agli altri. Sia benedetto Iddio rispose Lutero perch succede anche agli altri la stessa cosa che succede a me: io prima credevo che questo succedesse soltanto a me . (Joannes Matthesius, concione 12). Le dottrine sullincredulit non si fecero attendere molto, e forse alcuni lettori non si aspetterebbero che si trovino esposte in diversi punti delle opere di Lutero. Everosimile dice che tranne pochi, tutti dormono insensibili. Sono del parere che i morti sono sepolti in un sonno cos ineffabile e meraviglioso che sentono e vedono meno dei vivi che dormono col sonno comune. Le anime dei

morti non vanno n in purgatorio, n in inferno. Lanima umana dorme con tutti i sensi sepolti. Nel soggiorno dei morti non vi sono tormenti. (Tom. 2. Epist. lat. n. Isleb. fol. 44. 6. Lat. Witemberg, in cap. 2. cap. 23. cap. 24. cap. 42. et cap. 49. Genes. et tom. 4. Lat. Witemberg. fol. 109). Non mancava chi accogliesse simili dottrine, e il danno che questo insegnamento andava facendo era tale che il luterano Brentsen, discepolo e successore di Lutero, non esita a dire quanto segue: Quantunque tra noi non vi sia alcuna professione pubblica che lanima muoia insieme col corpo e che non vi sia la risurrezione dei morti, ci nonostante la vita immorale ed empia che conduce la maggior parte degli uomini indica chiaramente che essi non credono ad unaltra vita dopo quella terrena. E simili convinzioni gi sfuggono di bocca ad alcuni, non solo nel calore dei bicchieri, ma anche nella sobriet dei colloqui famigliari . (Brentius, Hom. 35 in cap. 20. Luc.). Nello stesso sedicesimo secolo non mancarono alcuni che senza curarsi di riferirsi a questa o quella setta professavano apertamente lincredulit o lo scetticismo. Si sa che al famoso Gruet cost la testa la sua audacia su questo punto. E non furono i Cattolici a fargliela tagliare, ma i calvinisti, i quali se la presero a male che questo disgraziato si fosse permesso di raffigurare con i suoi veri tratti il carattere e la condotta di Calvino; e di affiggere a Ginevra alcune pasquinate nelle quali accusava i pretesi riformati dincoerenza, per la tirannia che esercitavano sulle coscienze dopo che essi stessi avevano scosso il giogo dellautorit. Tutto questo accadeva non molto tempo dopo la nascita del Protestantesimo, perch la sentenza di Gruet fu eseguita nel 1549. Montaigne, che ho indicato come uno dei primi scettici che acquistarono fama, and tanto oltre da non ammette neanche la legge naturale: Sono simpatici dice quando per dare qualche certezza alle leggi, stabiliscono che ce ne sono di fisse, perpetue ed immutabili, che essi chiamano naturali, impresse nel genere umano per la condizione della propria essenza (Montaigne, Ess. Tom. 2, chap. 12). Abbiamo gi visto cosa pensasse Lutero della morte, o almeno le affermazioni che su questo argomento gli sono sfuggite di bocca; dunque non desta meraviglia che Montaigne volesse morire da vero incredulo, e che parlando di quel momento terribile dicesse: Con stupore e a capo chino mimmergo nella morte, senza considerarla n riconoscerla, come in una profondit muta ed oscura che mingoia ad un tratto e mi soffoca in un istante, in un profondo sonno pieno dinsipidezza e di indolenza. (Montaigne liv, 3. chap. 9). Questuomo per, che desiderava che la morte lo cogliesse mentre stava piantando cavoli, e senza prendersi pensiero di lei, non la pens cos negli ultimi momenti della sua vita, perch essendo prossimo a morire volle che si celebrasse nella sua stessa camera il santo sacrificio della Messa, e spir nel medesimo istante in cui faceva uno sforzo per alzarsi a sedere sul letto in atto di adorazione della sacra Ostia. Ben si vede che nel suo cuore non era rimasto senza frutto quel pensiero che, parlando della religione cristiana, gli fece dire: Lorgoglio quello che allontana luomo dai sentieri comuni, che gli fa abbracciare le novit, preferendo mettersi a capo di una turba errante e traviata, insegnando lerrore e la menzogna, piuttosto che essere discepolo della scuola della verit. Si sar ricordato anche di quanto aveva detto in un altro momento,

quando ad un certo punto condann tutte le stte dissidenti: In materia di religione necessario restare uniti a quelli che sono stabiliti giudici della dottrina e che hanno unautorit legittima, e non ai pi dotti e ai pi abili. Da quanto detto sopra si pu giudicare quanta ragione avessi nellincolpare il Protestantesimo di essere stato una delle principali cause dellincredulit in Europa. Ripeto qui ci che ho detto nel testo: che cio non mia intenzione negare i tentativi che fecero alcuni Protestanti per opporsi allincredulit; perch io non attacco le persone ma i fatti, e rispetto i meriti da qualunque parte provengano. Aggiunger anche che se nel diciassettesimo secolo non pochi Protestanti tendevano verso il Cattolicesimo, probabilmente fu perch essi vedevano i progressi che andava facendo lincredulit: progressi che non era possibile arrestare se non con laggrapparsi allncora dellautorit che loro offriva la Chiesa cattolica. Non possibile, senza uscire dai confini che mi sono proposto, dare notizie particolareggiate sulla corrispondenza tra Molano e il Vescovo di Tyna, e tra Leibnitz e Bossuet: i lettori per che volessero conoscere a fondo la materia potranno rivolgersi, parte alle opere stesse di Bossuet, e parte allegregia opera dellAbate Bausset che precede ledizione delle Opere di Bossuet, fatta a Parigi nel 1814. (14) Per farsi unidea dello stato della scienza al tempo in cui apparve il Cristianesimo, e capire ci che ci si poteva aspettare dallo spirito umano abbandonato ai propri lumi, basta ricordare le assurde stte che pullulavano ovunque nei primi secoli della Chiesa, e che contenevano nelle loro dottrine le mescolanze pi informi, pi stravaganti ed immorali che si possano mai concepire. Cerinto, Menandro, Ebbione, Saturnino, Basilide, Nicolao, Carpocrate, Valentino, Marcione, Montano ed altri, sono nomi che ricordano stte nelle quali il delirio era strettamente unito allimmoralit. Dando unocchiata a quelle stte filosofico-religiose, si capisce che esse non erano in grado di concepire un sistema filosofico che avesse un certo ordine, n dideare un complesso di dottrine e di comportamenti che potesse meritare il nome di religione. Sconvolgevano tutto, mescolavano e confondevano ogni cosa; il giudaismo, il cristianesimo, i ricordi delle antiche scuole: tutto diventava un amalgama nei loro cervelli deliranti; non dimenticando per di allentare la briglia ad ogni genere di corruzione e di oscenit. Quei secoli offrono alla vera filosofia un vasto campo per intuire cosa sarebbe stato dellumano sapere se il Cristianesimo non avesse illuminato il mondo con le sue dottrine divine, e se questa sacra religione non fosse venuta a confondere lorgoglio smisurato delluomo mostrandogli quanto vano e insensato sia il suo pensare, e quanto si stava allontanando dal sentiero della verit. Cosa incredibile! Quegli stessi uomini, i cui traviamenti fanno inorridire, si davano da se stessi il nome di Gnostici per le sublimi cognizioni di cui si dicevano dotati. Si vede che luomo in ogni tempo sempre lo stesso! (15) CANONI ED ALTRI DOCUMENTI CHE DIMOSTRANO LE PREMURE DELLA CHIESA PER MIGLIORARE LE CONDIZIONI DEGLI SCHIAVI, E I VARI MEZZI DI CUI SI SERV PER GIUNGERE ALLABOLIZIONE DELLA

SCHIAVIT. [Il simbolo () indica lomissione del testo latino nei canoni citati ] 1 Concilium Eliberitanum, anno 305: Simpone la penitenza alla Signora che maltratta la sua schiava. () (Can. 5). Si noti che la parola ancillam esprime una schiava propriamente detta e non una serva qualunque, come si rileva da quelle altre parole flagris verberaverit, che era il castigo proprio degli schiavi. Concilium Epaonense, anno 517: Si scomunica il padrone che di sua autorit ammazza lo schiavo. (...) (Can. 34). Questa stessa disposizione ripetuta nel canone 15 del XVII Concilio di Toledo celebrato nel 694, dove si ripete il canone qui riportato con minime variazioni. Lo schiavo reo di un delitto atroce si libera dalle pene corporali rifugiandosi in chiesa. () (Can. 39). Concilium Aurelianense quintum, anno 549: Precauzioni molto importanti affinch i padroni non maltrattassero gli schiavi che si erano rifugiati in chiesa. () (Can. 22). ben difficile avere una maggiore sollecitudine per migliorare la sorte degli schiavi, di quella che traspare dal curioso documento riportato. Concilium Emeritense, anno 666: Si proibisce ai Vescovi la mutilazione dei loro schiavi, e si ordina che del loro castigo se ne incarichi il giudice della citt, ma senza raderli in modo che provino vergogna. () (Can. 15). Concilium Toletanum undecimum, anno 675: Si proibisce ai sacerdoti la mutilazione dei loro schiavi. () (Can. 6). C da osservare che quando negli ultimi due canoni citati si usa la parola familia, si devono intendere gli schiavi. Che questo sia il vero senso si deduce chiaramente dal canone 74 del IV Concilio di Toledo celebrato nellanno 633, dove si legge: De familiis ecclesiae constituere presbyteros, et diaconos per parochias liceat ea tamen ratione, ut antea manumissi libertatem status sui percipian.. Lo stesso si deduce dal senso in cui il Papa S. Gregorio adopera questo termine nellEpist. 44. linea 4. Concilium Wormatiense, anno 868: Si impone la penitenza al padrone, che di sua autorit uccide il suo schiavo. (...) (Can. 38). () (Can. 39). Concilium Arausicanum primum, anno 441: Si reprime la violenza di coloro i quali si vendicano dellasilo accordato agli schiavi con limpadronirsi di quelli della Chiesa. () (Can. 6).

2 Ibidem: Si reprimono coloro che in qualunque senso attentano alla libert dei manomessi nella Chiesa, o che siano stati ad essa raccomandati per testamento. () (Can. 7). Concilium quintum Aurelianense, anno 549: Si assicura la libert dei manomessi nelle chiese e si prescrive che queste sincarichino della difesa dei liberti. () (Can. 7). Concilium Malisconense secundum, anno 585: Si prescrive che la Chiesa difenda i liberti, o che siano stati manomessi nel tempio, o per lettera e testamento, o abbiano passato lungo tempo nel godimento della libert. Si reprime larbitrio dei giudici che oltraggiano questi sventurati, e si dispone che le loro cause siano portate a conoscenza dei Vescovi. () (Can. 7). Concilium Parisiense quintum, anno 614: Si d incarico ai sacerdoti di difendere i manomessi. () (Can. 5). Concilium Toletanum tertium, anno 589: Si prescrive che i manomessi raccomandati alle Chiese siano protetti dai Vescovi. () (Can. 6). Concilium Toletanum quartum, anno 633: Si comanda che la Chiesa sincarichi di difendere la libert ed il patrimonio dei manomessi a lei raccomandati. () (Can. 72). Concilium Aghatense, anno 506: Si dispone che la Chiesa difenda i manomessi, intendendo in generale, prescindendo che siano stati a lei raccomandati o no. () (Can. 29). 3 Si dispone che ci si impegni nella redenzione degli schiavi, e che il loro riscatto sia anteposto aglinteressi della chiesa, anche quando si trovi in cattivo stato. () (Caus. 12. Q. 2. Can. 16). Parole importanti di S. Ambrogio sulla redenzione degli schiavi. Per far fronte a un cos pio ufficio il S. Vescovo rompe e vende i vasi sacri: S. Ambrosius de Off. L. 2. cap. 15: (. 70) (); (. 71) (); Ib. L. 2. c. 2. ( 13) (). Questi sentimenti nobili e caritatevoli non erano solamente di S. Ambrogio, ma le sue parole esprimono

quelle di tutta la Chiesa. Oltre le varie prove che potrei portare, e oltre a ci che si deduce dai canoni che continuer ad inserire, degna di nota la commovente lettera di S. Cipriano, nella quale sono sintetizzati i motivi che spingevano la Chiesa ad unopera di tanta piet, e descritti con vivacit lo zelo e la carit con cui la eseguiva. Si noti quindi come la sollecitudine per il riscatto degli schiavi, che la Chiesa con tanta tenacia continu a dispiegare nei secoli successivi, aveva gi incominciato ad agire nei primi tempi, e si basava sulle grandi e sublimi ragioni che in certo qual modo rendevano divina lopera, assicurando inoltre a chi la esercitava una corona incorruttibile. Nelle opere di S. Gregorio, si troveranno ugualmente notizie importanti su questo argomento. (V. L. 3 ep. 16; L. 4. ep. 17; L. 6 ep. 35; L. 7 ep. 26, 28 e 38 e L. 9, ep. 17). Concilium Matisconense secundum, anno 585: I beni della Chiesa simpiegano nella redenzione degli schiavi. () (Can. 5). Concilium Rhemense anno 625, vel 630: Si permette di rompere i vasi sacri per impiegarne il ricavato nella redenzione degli schiavi. () (Can. 22). Concilium, Lugdonense tertium, anno 583: Dal seguente canone si apprende che i Vescovi davano agli schiavi lettere di raccomandazione; e vi si ordina di apporre in esse la data e il prezzo del riscatto; e che vi si esprimano anche le necessit degli schiavi. () (Can. 2). Synodus S. Patricii, Auxilii et Isernini Episcoporum in Hibernia celebrata, circa annum Christi 450 vel 456: Eccessi a cui erano giunti alcuni ecclesiastici per uno zelo inopportuno in favore degli schiavi. () (Can. 32). Ex epistolis S. Gregorii: La Chiesa spendeva i suoi beni per il riscatto degli schiavi; e quantunque col tempo questi avessero la possibilit di restituire alla Chiesa la somma anticipata, essa non si curava che venisse fatto e condonava generosamente il prezzo del riscatto. () (L. 7. ep. 14. et hab. Caus. 12 q. Q. 2. C.15). Concilium Vernense secundum, anno 841: I beni della Chiesa servivano per il riscatto degli schiavi. () (Can. 12). In questo canone opportuno osservare luso che faceva la Chiesa dei suoi beni; perch vediamo che oltre al mantenimento dei sacerdoti e alle spese del culto servivano per soccorrere i poveri e i pellegrini, e per riscattare gli schiavi. Faccio qui questa osservazione perch mi si presenta lopportunit, e non perch il canone citato sia lunico in cui si fondi la prova del buon uso che faceva la Chiesa dei suoi beni. Molti sono i canoni che si potrebbero citare, cominciando da quelli che si chiamano apostolici. La cui espressione ( apostolici) da tener

presente, perch talvolta erano usati per biasimare la malvagit di coloro che simpadronivano dei beni ecclesiastici o li amministravano male. Pauperum necatores (uccisori dei poveri) costoro vengono chiamati, per dare ad intendere che uno dei principali motivi di questi beni era il soccorrere i bisognosi. Concilium Lugdunense, anno 566: Si scomunicano coloro che attentano alla libert delle persone. () (Can. 3). Da questo canone si capisce che labuso da parte dei privati di ricorrere alla violenza per ridurre in schiavit le persone libere era molto comune. Tale era in quellepoca lo stato dellEuropa a causa delle scorrerie dei barbari, perch il potere pubblico era debolissimo, o diremmo meglio che non esisteva. Per cui bello vedere la Chiesa venire apertamente in aiuto dellordine pubblico e in difesa della libert, scomunicando quelli che lattaccavano disprezzando cos il precetto del re: praeceptum domini regis. Concilium Rhemense, anno 625, vel 630: Si reprime il medesimo abuso, come nel canone antecedente. () (Can. 17). Concilium Confluentinum, anno 922: Si dichiara reo domicidio chi rapisce un Cristiano e lo vende. () (Can. 7). Concilium Londinense, anno 1102: Si proibisce il commercio di uomini che si faceva in Inghilterra, dove si vendevano come animali. (Ne quis illud nefarium negotium, quo hactenus in Anglia solebant homines sicut bruta animalia venundari, deinceps ullatenus facere praesumat). Da questo canone si capisce quanti progressi stava facendo la Chiesa in tutto ci che riguarda la vera civilt. Ci troviamo ora nel diciannovesimo secolo, e si considera un passo importante della civilt moderna che le grandi nazioni europee facciano dei trattati per reprimere il traffico dei negri. E dal canone citato si vede che gi allinizio dellundicesimo secolo, precisamente nella stessa citt di Londra dove stata sottoscritta la famosa convenzione, si proibiva il traffico duomini, qualificandolo come merita: Nefarium negotium, negozio scellerato lo chiama il Concilio; e la civilt moderna lo chiama traffico infame, avendo ereditate, senza saperlo, le idee e perfino le parole da quegli uomini che essi chiamano barbari, da quei Vescovi che sono stati da questi calunniati, e dipinti poco meno che una cricca di congiurati contro la libert e la fortuna del genere umano. Synodus incerti loci, circa annum 616: Si ordina che le persone che si fossero vendute o date in pegno, ritornino allo stato di libert senza indugio, a condizione per che restituiscano il prezzo che avevano ricevuto; e si dispone che non si possa esigere pi del prezzo che era stato pagato. () (Can. 14). Questo canone del Concilio celebrato, secondo lopinione di alcuni, a Boneuil, di tale importanza da spingerci a farvi

sopra alcune riflessioni. Questa disposizione cos benefica, con la quale si concedeva al venduto di ritornare in libert dopo aver restituito il prezzo che aveva ricevuto nel vendere se stesso, attaccava direttamente un male che doveva avere profonde radici nelle Gallie, perch sappiamo da Cesare, come abbiamo riferito nel testo, che molti, costretti dalla necessit, vendevano se stessi per rimediare ad uno stato dindigenza. molto bello inoltre osservare quanto viene disposto nello stesso canone riguardo ai figli della persona venduta, sia essa il padre o la madre. Vi si prescrive che in ambedue i casi i figli siano liberi, derogandosi qui alla regola notissima del diritto civile: partus sequitur ventrem. 5 Concilium Aurelianense tertium, anno 538: Si proibisce di restituire ai Giudei gli schiavi rifugiatisi nelle chiese, qualora cerchino questasilo o perch i loro padroni li costringevano a cose contrarie alla religione cristiana, o perch dopo essere stati precedentemente portati fuori della chiesa sono stati maltrattati. () (Can. 13). Concilium Aurelianense quartum, anno 541: Si ordina di osservare quanto stato comandato nel precedente Concilio dello stesso nome, nel canone sopracitato. () (Can. 30). Si castiga con la perdita di tutti gli schiavi lebreo che perverte uno schiavo cristiano. () (Can.31). Concilium Matisconense primum, anno 581: Si proibisce agli Ebrei di tenere in futuro schiavi cristiani: e in quanto a quelli che gi hanno, si permette a qualunque Cristiano di riscattarli pagando al padrone ebreo dodici soldi. () (Can. 16). Questo canone poco meno che un decreto di totale emancipazione degli schiavi cristiani; perch, se veniva inibito agli Ebrei di acquistare nuovi schiavi cristiani, e quelli che gi tenevano potevano essere riscattati da qualunque Cristiano, chiaro che dando questa possibilit alla carit dei fedeli venne inevitabilmente a ridursi notevolmente il numero degli schiavi cristiani che gemevano in potere degli Ebrei. Non possiamo dire che queste disposizioni canoniche sortissero immediatamente tutto leffetto che la Chiesa si proponeva; ma essendo essa lunico potere che allora restava in piedi e che aveva influenza sui popoli, le sue disposizioni dovettero portare un gran vantaggio a coloro in favore dei quali erano prese. Concilium Toletanum tertium, anno 589: Si proibisce agli Ebrei di acquistare schiavi cristiani. Se un Ebreo induce al giudaismo o circoncide uno schiavo cristiano, questi rimane libero senza che debba pagare nulla al padrone. () (Can. 14). Questo canone merita attenzione: sia perch difende la coscienza dello schiavo, sia perch la pena imposta consiste nella liberazione dello schiavo. Di questo tipo di pene volte a reprimere larbitrio dei padroni che violavano la coscienza degli schiavi, troviamo

nel secolo successivo un esempio molto curioso in una raccolta di leggi di Ina, re dei Sassoni occidentali: Leges Inae Regis saxonum Occiduorum, anno 692 : Se un padrone fa lavorare uno schiavo di domenica, lo schiavo resta libero. () (Leg. 2). Un altro esempio curioso il seguente: Concilium Berghamstedae, anno 5. Withredi Regis Cantii, id est Christi 697, sub Bertualdo Cantuariensi archiepiscopo celebratum. Haec sunt judicia Withredi Regis cantuariorum: Se un padrone d da mangiare carne al suo schiavo in giorno di digiuno, questi resta libero. () (Can. 15). Concilium Toletanum quartum, anno 633: Si proibisce del tutto agli Ebrei di tenere schiavi cristiani, ordinando che se qualche Ebreo contravviene a questo comando gli si levino gli schiavi, e questi ottengano dal principe la libert. () (Can. 66). Concilium Rhemense, anno 625: Si proibisce di vendere schiavi cristiani a pagani o a Ebrei; e se mai tali vendite venissero fatte, si dichiarano nulle. () (Can. 11). Nessuna precauzione era mai eccessiva in quei tempi calamitosi. Potrebbe sembrare a prima vista che tali disposizioni fossero effetto dellintolleranza della Chiesa riguardo agli Ebrei e ai pagani, e invece era un argine contro la barbarie che era diffusa ovunque, una garanzia per i diritti pi sacri delluomo: garanzia tanto pi necessaria in quanto si pu dire che erano svanite tutte le altre. Si legga il documento che segue dove si vede che alcuni giungevano allorribile eccesso di vendere i loro schiavi ai pagani per sacrificarli. Gregorius Papa III, ep. I ad Bonifacium Archiepiscopum, anno 731 : () Questi eccessi dovevano richiamare in ogni caso lattenzione della Chiesa, perch vediamo che il Concilio di Ciptines celebrato nel 743 torna ad insistere sullo stesso punto, proibendo di consegnare ai pagani gli schiavi cristiani: () (Can. 7). Concilium Cabilonense, anno 650: () Si proibisce di vendere uno schiavo cristiano fuori dei territori compresi nel regno di Clodoveo. () (Can. 9). Questo canone, in cui si proibisce la vendita degli schiavi cristiani fuori del regno di Clodoveo nel timore che cadessero in potere di pagani o di Ebrei, e laltro del Concilio di Rheims riportato pi sopra in cui vi si trova una disposizione simile, sono importanti sotto due aspetti: 1. In quanto manifestano il massimo rispetto che si deve avere per lanima delluomo, anche se schiavo; pertanto si proibisce di venderlo in un luogo dove possa venire compromessa la coscienza del venduto. Rispetto che ci si

preoccupava di sostenere: sia per sradicare le false dottrine antiche su questo punto; e sia perch questo era il primo passo da farsi per arrivare allemancipazione. 2. Limitandosi la possibilit di vendere schiavi, sintroduceva nella legge una distinzione tra questo tipo di propriet e tutte le altre propriet, collocandola quindi in una categoria diversa e pi elevata. Questo un passo molto importante perch dichiara guerra aperta a questa propriet, arrivando ad abolirla con mezzi legittimi. Concilium decimum Toletanum, anno 656: Si riprendono severamente i sacerdoti che vendono i loro schiavi agli Ebrei, e si minacciano loro pene terribili. () (Can. 7). 6 Manomissione da parte del Papa S. Gregorio I di due schiavi della chiesa romana. Il testo importante perch vi la spiegazione del Papa sui motivi che inducevano i Cristiani a manomettere i loro schiavi : () (S. Greg. L. 5. ep. 12). Concilium Agathense, anno 506: Si comanda che i Vescovi rispettino la libert dei manomessi decisa dai loro predecessori. Si parla della facolt che avevano i Vescovi di manomettere gli schiavi meritevoli, e si fissa la somma che si poteva dare per il loro mantenimento. () (Can. 7). Concilium Aurelianense quartum, anno 541: Si comanda di restituire alla Chiesa quanto era stato alienato o dato in pegno dal Vescovo che, morendo, non abbia lasciato propr beni; si eccettuano per da questa regola gli schiavi manomessi che dovranno restare in libert. () (Can. 9). Synodus Celichytensis, anno 816: Si ordina che alla morte di ciascun Vescovo si dia la libert a tutti i suoi schiavi inglesi. Si dispone le solennit da svolgere nelle esequie del defunto, avvertendo che, terminate le stesse, ogni Vescovo e Abate debba manomettere tre schiavi, dando tre soldi a ciascuno di essi. () (Can. 10). Concilium Ardamachiense in Hiberniae celebratum, anno 1171: Ex Giraldo Cambrensi, cap. 28 Hiberniae expugnatae: Curioso documento, in cui si riferisce la generosa risoluzione presa nel concilio di Armach in Irlanda di dar la libert a tutti gli schiavi inglesi. () In questo documento da notare soprattutto quanto influsso avessero le idee religiose nel mitigare i feroci costumi dei popoli. Sopravviene una pubblica calamit: ed ecco che sindividua subito la causa nello sdegno di Dio provocato dal commercio che facevano glIrlandesi comprando schiavi inglesi da mercanti, assassini e corsari. Nello stesso tempo interessante notare come a quei tempi

glInglesi erano tanto barbari da vendere i loro figli e parenti, come fanno gli Africani dei nostri tempi. E doveva essere un uso abbastanza comune, perch leggiamo che questo era un vizio diffuso in quei popoli ( communi gentis vitio). Cos si capisce ancor meglio quanto fosse necessaria la disposizione inserita pi sopra del Concilio di Londra del 1102, in cui si proibisce questinfame traffico di uomini. Ex Concilio apud Silvanectum, anno 864: Gli schiavi della Chiesa non devono essere permutati con altri schiavi, a meno che nella permuta non si dia loro la libert. () (V. Decret. Greg. IX, lib, 3, tit. 19, cap. 3). Contiene la stessa disposizione precedente; ed in pi si deduce da quanto scritto che i fedeli, per il bene delle proprie anime, avevano il costume di offrire i loro schiavi a Dio ed ai Santi. (...) (Ibid. cap. 4). Concilium Romanum sub S. Gregorio l, anno 597: Si ordina che sia data la libert agli schiavi che vogliono abbracciare la vita monastica, dopo per aver verificato con prudenza che si tratti di vera vocazione. () (S. Greg. Epist. 44, lib. 4). Ex epistolis Gelasii Papae: Si reprime labuso che si andava estendendo di ordinare sacerdoti gli schiavi senza il consenso dei loro padroni. () (Distin. 54. c. 9). () (Ibid. c. 10). () (Ibid. c. 11). () (Ibid. c 12). Concilium Emeritense, anno 666: Si permette ai parroci di scegliere per il clericato alcuno tra gli schiavi della chiesa. () (Can. 18). Concilium Toletanum nonum, anno 655. Si dispone che i Vescovi diano la libert agli schiavi della chiesa che vengono ammessi nel clero. () (Can. 11). Concilium quartum Toletanum, anno 633: Si permette di ordinare gli schiavi della chiesa, per dando loro prima la libert. () (Cap. 74). 7 Dopo aver visto quale fu la condotta della Chiesa riguardo alla schiavit in Europa, nasce naturalmente il desiderio di sapere come si comportata nei tempi a noi pi vicini riguardo agli schiavi delle altre parti del mondo. Fortunatamente posso presentare ai miei lettori un documento che, mentre mostra quali sono su questo punto le idee e i sentimenti dellattuale Pontefice Gregorio XVI, racchiude in poche parole linteressante storia della sollecitudine della Santa Sede in favore degli schiavi di tutto il mondo. Parlo di un breve

apostolico contro il traffico dei negri, pubblicato a Roma il giorno 3 di novembre del 1839. Ne raccomando caldamente la lettura, perch una conferma autentica e decisiva dello spirito della pi pura carit che la Chiesa ha sempre manifestato, e tuttora manifesta, senza offendere minimamente la giustizia n allontanarsi da quanto consiglia la prudenza in questa gravissima faccenda della schiavit. Gregorius PP XVI ad futuram rei memoriam: Innalzati al grado supremo della dignit apostolica, ed essendo, quantunque non lo meritiamo, in terra Vicario di Ges Cristo Figlio di Dio, che per la sua immensa carit si degn di farsi uomo e morire per la redenzione del genere umano, abbiamo creduto un dovere della nostra pastorale sollecitudine di fare ogni sforzo per allontanare i Cristiani dal commercio che stanno facendo dei negri e di altri uomini di qualunque specie essi siano. Appena cominci a diffondersi la luce del Vangelo, gli sventurati che cadevano nella pi dura schiavit in mezzo alle continue guerre di quei tempi videro migliorare il loro stato; poich gli Apostoli ispirati dallo spirito di Dio inculcavano agli schiavi la regola di ubbidire ai loro Signori temporali come allo stesso Ges Cristo, e a rassegnarsi con tutto il cuore alla volont di Dio; ma nello stesso tempo imponevano ai padroni il precetto di mostrarsi umani con i loro schiavi, di conceder loro quanto fosse giusto ed equo, e di non maltrattarli sapendo che il Signore degli uni e degli altri sta nei cieli, e che al Suo cospetto non vi distinzione di persone. La legge evangelica, nello stabilire in modo universale e fondamentale la carit sincera verso tutti, e dichiarando che il Signore considererebbe come fatti o negati a Se stesso tutti gli atti di beneficenza o di misericordia fatti o negati ai poveri e ai deboli, produsse di conseguenza leffetto che i Cristiani non solo guardassero come fratelli i loro schiavi, particolarmente quando si erano convertiti al Cristianesimo, ma che si mostrassero inclini a dare la libert a quelli che per la loro condotta se nerano resi meritevoli; la qual cosa avevano per costume di fare particolarmente nelle feste solenni di Pasqua, come riferisce S. Gregorio di Nicea. Tuttavia ci furono alcuni che, accesi dalla pi ardente carit, si caricarono delle catene dei loro fratelli per riscattarli, e luomo apostolico nostro predecessore, il Papa Clemente I di santa memoria, attesta di aver conosciuto molti che esercitarono questopera di misericordia; e questa la ragione per cui essendosi dissipate collandar del tempo le superstizioni dei pagani, ed essendosi raddolciti i costumi dei popoli pi barbari grazie ai benefci della fede mossa dalla carit, le cose sono arrivate ad un punto che da molti secoli in qua nella maggior parte delle nazioni cristiane non si trovano schiavi. Ci nonostante, e lo diciamo col pi profondo dolore, si videro uomini, anche tra i Cristiani, che vergognosamente accecati dal desiderio di un sordido guadagno non esitarono a ridurre in schiavit in terre remote gli indiani, i negri, ed altre sventurate razze, o a cooperare ad una cos indegna malvagit istituendo e organizzando il commercio di quegli sventurati, che altri avevano caricato di catene. Molti Pontefici romani nostri predecessori di gloriosa memoria non dimenticarono, per quanto stette in loro, di porre un freno alla condotta di tali

uomini come contraria alla loro salvezza e degradante per il nome cristiano; poich vedevano bene che questa era una delle cause che influiscono maggiormente sullodio costante che le nazioni infedeli conservano per la vera religione. A tal fine si spedirono le lettere apostoliche di Paolo III del 20 maggio 1537, rimesse al Cardinale Arcivescovo di Toledo, sotto sigillo del Pescatore, e altre lettere molto pi ampie di Urbano VIII del 22 aprile 1639, dirette al collettore dei diritti della camera apostolica in Portogallo; lettere nelle quali sono contenuti i pi seri e forti rimproveri contro coloro che ardiscono di ridurre in schiavit gli abitanti dellIndia occidentale e meridionale, venderli, comprarli, scambiarli, regalarli, separarli dalle loro mogli e dai figli, spogliarli dei loro beni, trasportarli o inviarli in regni stranieri, e privarli in qualsiasi modo della libert; mantenerli in schiavit, ovvero aiutare e favorire sotto qualunque causa o pretesto coloro che fanno tali cose; predicare o insegnare che questo sia lecito, ed infine cooperarvi in qualsivoglia maniera. Benedetto XIV conferm poi e rinnov queste prescrizioni dei Papi gi menzionati con le nuove lettere apostoliche ai Vescovi del Brasile e di alcune altre regioni, il 20 dicembre 1741, nelle quali incitava per lo stesso scopo la sollecitudine dei detti Vescovi. Molto prima, un altro dei nostri pi antichi predecessori, Pio II, nel pontificato del quale si estese il dominio dei Portoghesi nella Guinea e nel paese dei negri, indirizz le sue lettere apostoliche del 7 ottobre 1482 al Vescovo di Ruvo quando era in procinto di partire per quelle regioni, nelle quali lettere non si limitava solamente a dare al detto prelato le opportune facolt per esercitare col il santo ministero col maggior frutto, ma colse loccasione per censurare severamente la condotta dei Cristiani che riducevano i nuovi battezzati in schiavit. Finalmente ai giorni nostri Pio VII, animato dal medesimo spirito di carit e di religione dei suoi predecessori, interpose con zelo i suoi buoni uffici presso persone potenti per far s che cessasse del tutto il commercio dei negri tra i Cristiani. Simili prescrizioni e sollecitudini dei nostri predecessori ci sono servite con laiuto di Dio per difendere gli indiani e gli altri popoli suddetti dalla barbarie, dalle conquiste e dalla cupidigia dei mercanti cristiani; ma necessario che la Santa Sede debba rallegrarsi dellesito completo dei suoi sforzi e del suo zelo, considerando che, se il commercio dei negri stato abolito in parte, tuttavia ancora praticato da un gran numero di Cristiani. Per questo motivo, desiderando cancellare un obbrobrio simile da tutte le contrade cristiane, dopo aver conferito ponderatamente con molti dei nostri venerabili fratelli Cardinali della Santa Chiesa romana riuniti in concistoro, e seguendo le orme dei nostri predecessori, in virt dellautorit apostolica, avvertiamo e ammoniamo con la forza del Signore tutti i Cristiani, di qualsiasi classe e condizione, e proibiamo loro, che nessuno da ora in poi abbia lardire di molestare ingiustamente gli indiani, i negri, e altri uomini qualunque siano, spogliarli dei loro beni e ridurli in schiavit; n di prestare aiuto o appoggio a coloro che si dedicano a simili eccessi, o di esercitare un commercio cos disumano per il quale i negri, come se non fossero uomini, ma veri ed impuri animali ridotti come questi in schiavit senza nessuna distinzione e contro le leggi della giustizia e dellumanit, sono comprati, venduti e condannati alle pi dure fatiche; per il qual motivo nascono dissensi e si

fomentano continue guerre tra quei popoli a causa della sete del guadagno proposto ai rapitori dei negri. Per questa ragione, e in virt dellautorit apostolica, riproviamo tutte le dette cose come assolutamente indegne del nome cristiano; e in virt della nostra autorit proibiamo totalmente e ordiniamo a tutti gli ecclesiastici e laici, che non abbiano lardire di sostenere come cosa lecita il traffico dei negri, sotto nessun pretesto n causa, oppure di predicare ed insegnare in pubblico, n in privato, nessuna cosa che sia contraria a quanto si ordina in questa lettera apostolica. E affinch dette lettere giungano a conoscenza di tutti, e che nessuno possa protestarne ignoranza, decretiamo ed ordiniamo che si pubblichino e si affiggano secondo la consuetudine da uno dei nostri ufficiali alle porte della basilica del Principe degli Apostoli, della cancelleria apostolica, del palazzo di giustizia di Monte Citorio, e a Campo dei Fiori. Dato in Roma presso S. Maria Maggiore, sotto sigillo del Pescatore a d 3 novembre 1839, e nono del nostro pontificato. Luigi Cardinal Lambruschini. Richiamo in modo particolare lattenzione sullautorevole documento che ho qui inserito e che, possiamo dire, corona magnificamente linsieme di tutti gli sforzi fatti dalla Chiesa per abolire la schiavit. E siccome attualmente labolizione del traffico dei negri una delle cose che assorbono maggiormente lattenzione di tutta Europa, essendo loggetto di un trattato concluso recentemente tra le grandi potenze, sar bene soffermarsi un poco a riflettere sul contenuto delle lettere apostoliche richiamate dal Papa Gregorio XVI. In primo luogo bisogna notare che gi nel 1482 il Papa Pio II indirizz al Vescovo di Ruvo, quando questi era in procinto di partire per quelle regioni, le sue lettere apostoliche nelle quali non si limitava solamente a dare al detto prelato le opportune facolt per esercitare col il santo ministero col maggior frutto, ma colse loccasione per censurare severamente la condotta dei Cristiani che riducevano i nuovi battezzati in schiavit. Esattamente sul finire del quindicesimo secolo, quando pu dirsi che le fatiche della Chiesa per sbrogliare il caos in cui era stata immersa lEuropa a motivo dellinvasione dei barbari stavano giungendo al termine; quando le istituzioni sociali e politiche si andavano sviluppando ogni giorno di pi, formando gi in quellepoca un corpo alquanto regolato e coerente; proprio allora la Chiesa cominci a lottare contro unaltra barbarie che si riprodusse in paesi lontani per labuso che facevano i conquistatori della loro superiorit di forze e di cultura sui popoli conquistati. Basta questo solo fatto per dimostrarci che per la vera libert e per il benessere dei popoli, e perch il diritto prevalga sul fatto e non regni la forza brutale, non basta il sapere, non basta la cultura dei popoli, ma necessaria la religione. Nei tempi antichi vediamo popoli straordinariamente colti praticare le pi inaudite atrocit; e nei tempi moderni gli Europei, tronfi del loro sapere e dei loro progressi, portarono la schiavit a quei miseri popoli che caddero sotto il loro dominio. E chi fu il primo ad alzare la voce contro una cos grande ingiustizia e una cos orribile barbarie? Non fu gi la politica, che forse non vedeva malvolentieri questa situazione purch in tal modo si giungesse a far conquiste. Non fu il commercio, che vedeva in questo traffico infame un rapido mezzo per sordidi, ma pingui guadagni. Non fu la filosofia, che occupata nel commentare le

dottrine di Platone e di Aristotele, non si certo opposta abbastanza al fatto che nei paesi conquistati stava rinascendo la degradante teoria delle razze nate per la schiavit. Fu invece la religione cattolica, che parl per bocca del Vicario di Ges Cristo. certamente uno spettacolo consolante per i Cattolici quello che ci mostra un Pontefice romano che gi da quattro secoli condanna ci che lEuropa con tutta la sua civilt e cultura incomincia a condannare solo adesso, e con tanta fatica ed anche con qualche sospetto di mire interessate da parte di qualcuno dei promotori. Certamente il Pontefice non riusc a fare tutto il bene che desiderava; ma le dottrine non restano senza frutto quando escono da un luogo dal quale possono diffondersi a grandi distanze, e sono dirette a persone che le accolgono con venerazione, non fosse altro che per il rispetto dovuto a chi le insegna. I popoli conquistatori erano allora Cristiani, e Cristiani sinceri; e cosi non c dubbio che le ammonizioni del Papa, trasmesse per bocca dei Vescovi e dei sacerdoti, non mancarono di produrre effetti molto salutari. In questi casi, quando vediamo un provvedimento contro un male, e notiamo che il male non cessato, siamo soliti equivocare pensando che il provvedimento stato inutile, e che chi lha deciso non abbia prodotto alcun bene. Estirpare un male e ridurlo non lo tesso; e non c dubbio che se le bolle dei Papi non sortirono tutto leffetto che essi desideravano, contribuirono almeno a diminuire il danno, facendo s che la sorte dei miseri popoli conquistati non fosse tanto disgraziata. Il male che si previene o si evita non si vede, perch non giunge a manifestarsi per via delle misure prese per impedirlo; ma il male esistente si tocca, ci fa impressione, ci strappa di bocca delle lamentele e noi spesso dimentichiamo la gratitudine dovuta a chi ci ha preservati da mali peggiori. Cos suole accadere riguardo alla religione. Essa cura molto, ma tuttavia previene molto pi di quanto non cura, perch impadronendosi del cuore delluomo soffoca molti mali alla loro stessa radice. Immaginiamo gli Europei del quindicesimo secolo, quando invasero le Indie orientali ed occidentali, abbandonarsi senza alcun freno allimpulso della cupidigia e ai capricci dellarbitrio, con tutto lorgoglio del conquistatore e il disprezzo che dovevano ispirar loro glIndiani per linferiorit delle conoscenze e per la mancanza di civilt e di cultura. Che sarebbe accaduto? Se i popoli conquistati hanno sofferto tanto nonostante i continui ammonimenti della religione, e la sua influenza sulle leggi e sui costumi, il male non sarebbe forse giunto ad un eccesso intollerabile senza lintervento di queste cause potenti che lo avversavano continuamente, ora prevenendolo ed ora diminuendolo? I popoli conquistati sarebbero stati ridotti in massa alla schiavit e sarebbero stati tutti condannati ad una degradazione perpetua; e sarebbero stati privati per sempre anche dalla speranza di entrare un giorno nel contesto dei popoli civili. certamente deplorevole quanto hanno fatto gli Europei agli uomini di altre razze; come deplorevole ci che alcuni di essi vanno tuttora facendo; ma almeno non si potr dire che la religione cattolica non si sia opposta con tutte le forze a cos grandi eccessi, n potr dirsi che il Capo della Chiesa abbia lasciato passare alcuni di questi mali senza che vi alzasse la voce contro, e senza ricordare i diritti delluomo e condannare lingiustizia; senza esecrarne la crudelt

e perorare la causa del genere umano, non facendo alcuna distinzione tra razze, climi o colori. Da dove viene mai allEuropa questo pensiero sublime, questo sentimento generoso, che la spingono a dichiararsi in un modo cos risoluto contro il commercio di uomini, e la portano alla totale abolizione della schiavit nelle colonie? Quando la posterit ricorder questi fatti tanto gloriosi per lEuropa, quando li annoter per fissare unepoca nuova negli annali della civilt del mondo, quando cercher e analizzer le cause che portarono a un cos alto grado la legislazione e i costumi europei; quando, sollevandosi al di sopra di cause piccole e passeggere, di circostanze di minima entit, di fattori molto secondari, vorr cercare il principio vitale che ha dato limpulso alla civilt europea fino a giungere ad un traguardo cos glorioso, trover che questo principio il Cristianesimo. E quando decider di indagare ancor pi profondamente la materia, quando investigher se fu il Cristianesimo sotto una forma vaga e generale, il Cristianesimo senza autorit, il Cristianesimo senza il Cattolicesimo, ecco quanto le insegner la storia: che il Cattolicesimo, dominando da solo ed esclusivamente in Europa, abol la schiavit nelle razze europee. Il Cattolicesimo poi introdusse nella civilt europea il principio dellabolizione della schiavit, manifestando con i fatti che questa non era necessaria alla societ, come si era creduto anticamente, e che per sviluppare una civilt migliore e benefica era necessario cominciare dallopera santa dellemancipazione. Il Cattolicesimo instill quindi nella civilt europea il principio dellabolizione della schiavit; e ad esso siamo debitori se, ovunque questa civilt abbia convissuto con gli schiavi, si sia sempre provato un profondo malessere che indicava chiaramente che alla radice delle cose vi erano due princpi opposti, due elementi in lotta, che dovevano combattersi senza sosta finch, prevalendo il pi potente, il pi nobile e fecondo, potesse aver ragione dellaltro: lottando per soggiogarlo, e non desistendo che dopo averlo del tutto annientato. Ma c di pi: quando si vorr scrutare se in realt i fatti vengono a confermare questa influenza del Cattolicesimo, non solo rispetto alla civilt europea, ma anche dei paesi conquistati dagli Europei nei tempi moderni, tanto in Oriente che in Occidente, si presenter subito linfluenza esercitata da prelati e sacerdoti cattolici nel mitigare la sorte degli schiavi nelle colonie, si rammenter quanto si deve alle missioni cattoliche, e finalmente si esibiranno le lettere apostoliche di Pio II, spedite nel 1482 ricordate sopra, quelle di Paolo III nel 1537, quelle di Urbano VIII nel 1639, quelle di Benedetto XIV nel 1741, e quelle di Gregorio XVI nel 1839. Leggendo queste lettere si scoprir che tutto quanto si mai detto su questo tema, e tutto quanto si potr mai dire a favore dellumanit stato gi in esse insegnato e definito; vi si trover ripreso, condannato, castigato ci che la civilt europea ha finalmente deciso di condannare e castigare. E quando ci si ricorder che fu ancora un Papa, Pio VII, che nel secolo presente interpose con zelo la sua mediazione e i suoi buoni uffici con potenti personalit perch cessasse totalmente il commercio dei negri da parte dei Cristiani , non si potr fare a meno di riconoscere ed ammettere che il Cattolicesimo ha avuto la parte principale in questa grande opera. Infatti il Cattolicesimo ad aver stabilito il principio su cui

essa si fonda, che ha stabilito i precedenti che la guidano, ha proclamato incessantemente le dottrine che la ispirano, ha condannato sempre quelle che le si opponevano, e si dichiarato in ogni tempo in guerra aperta contro la crudelt e la cupidigia che accompagnavano lingiustizia e la violenza, e le fomentavano. Il Cattolicesimo dunque ha compiuto alla perfezione la sua missione di pace e di amore, spezzando, senza ricorrere a ingiustizie e provocare disastri, le catene in cui gemeva sotto la schiavit una parte dellumana; e le spezzerebbe definitivamente in tutta la terra, se potesse governare per un certo tempo in Africa e in Asia, facendo sparire labominazione e lavvilimento introdotti e radicati in quei disgraziati paesi dallIslamismo e dallidolatria. Ecosa dolorosa, in verit, che il Cristianesimo non abbia tuttavia esercitato su quei paesi sfortunati tutta linfluenza che sarebbe stata necessaria per migliorare la condizione sociale e politica degli abitanti mediante un cambiamento di idee e di costumi; ma se si cercano le cause di un ritardo cos marcato non si troveranno sicuramente nel Cattolicesimo. Non questo il momento di parlarne, ma riservandomi di farlo pi in l, dir intanto che il Protestantesimo ha di questo fatto una grande responsabilit per gli ostacoli che, come mostrer a suo tempo, ha frapposto allinfluenza universale ed efficace del Cristianesimo sulle nazioni infedeli. Mi propongo di esaminare ponderatamente una materia di tanta importanza quale questa in un altro punto di questopera, e perci mi accontento per ora di questo accenno. (16) ben difficile riuscire a credere a qual punto giunsero gli antichi nel travisare il principio riguardante il rispetto dovuto alluomo, e sembra incomprensibile che arrivassero a non tenere alcun conto della vita di un individuo che non potesse essere di alcun vantaggio alla societ; eppure non vi cosa pi certa di questa. Sarebbe gi deplorevole se questa o quella citt dellantichit avesse stabilito una legge spietata, o se per un motivo qualunque vi si fosse introdotta unusanza atroce: anche se ci fosse, qualora la filosofia avesse protestato contro tali iniquit, la ragione umana sarebbe rimasta senza macchia, e non si potrebbe imputarle, senza commettere ingiustizia, che prendesse parte nelle azioni nefande dellaborto e dellinfanticidio. Ma quando troviamo il delitto difeso e insegnato dai pi autorevoli filosofi dellantichit, quando lo vediamo trionfare nella mente degli uomini pi illustri, e sentiamo loro stessi prescrivere queste atrocit con una tranquillit e serenit spaventosa, la mente si offusca, il sangue si gela nelle vene e chiunque vorrebbe bendarsi gli occhi per non vedere umiliate da tanta ignominia e brutalit la filosofia e la ragione umana. Ascoltiamo Platone nella sua Repubblica, in quel libro in cui si proponeva di unire le teorie pi brillanti, secondo lui, e nello stesso tempo le pi adatte per arrivare al bello ideale della societ umana. necessario dice uno degli interlocutori del dialogo, necessario, secondo i nostri princpi, fare in modo che tra gli uomini e le donne di razza migliore i rapporti sessuali siano frequenti, e rarissimi invece tra quelli che valgono meno. Inoltre bisogna allevare i figli dei primi, ma non dei secondi, se si vuole avere un gregge sceltissimo. necessario infine che i soli magistrati abbiano conoscenza di tali misure, al fine di

evitare, per quanto sia possibile, la discordia nel gregge. Benissimo, s: risponde un altro interlocutore. (Plat. Rep. Lib. 5). Ecco ridotta la specie umana alla semplice condizione delle bestie; il filosofo fa benissimo a servirsi della parola gregge, anche se in verit i magistrati, imbevuti di tali dottrine, erano senzaltro pi duri con i loro sudditi di quanto non lo sia un pastore col suo gregge. No! Il pastore che fra gli agnellini appena nati ne trova uno debole o storpio, non lo uccide, n lo lascia morire di fame: portandolo in braccio lo accarezza amorevolmente per calmare il tenero belare e lo avvicina alla pecorella che lo nutra col suo latte. Ma queste parole non saranno forse sfuggite al filosofo in un momento di distrazione? Il pensiero che rivelano, non potr essere visto come una di quelle sinistre ispirazioni che scorrono per un attimo nella mente delluomo senza lasciare alcuna traccia, allo stesso modo di un rettile spaventato che striscia serpeggiando in una ridente prateria? Vorremmo che fosse cos per lonore di Platone; ma disgraziatamente egli stesso ci toglie ogni possibilit di giustificarlo, perch insiste sempre sulla stessa cosa con una freddezza sistematica. In quanto ai figli dei cittadini di inferiore qualit riprende pi avanti, ed anche per quelli degli altri, qualora fossero nati deformi, i magistrati li occulteranno come conviene in qualche luogo segreto, che sar proibito di rivelare. E un altro interlocutore risponde: S, se vogliamo conservare nella sua purezza la razza dei guerrieri. La voce della natura nel cuore del filosofo protestava contro questa orribile dottrina; gli si presentavano alla mente le madri che reclamavano i figli appena nati, e per questo dispone il segreto e prescrive che solo i magistrati abbiano conoscenza del luogo fatale, per evitare la discordia nella citt. Cos egli ne fa tanti perfidi assassini che ammazzano e nascondono subito la vittima nelle viscere della terra. Platone continua prescrivendo varie regole riguardanti le relazioni tra i due sessi, e parlando del caso in cui luomo e la donna siano giunti ad unet alquanta avanzata, ci presenta il seguente passo scandaloso: Quando luno e laltro sesso hanno passato let per avere figli lasceremo agli uomini la libert di continuare con le donne quelle relazioni che vogliono eccetto per con le loro figlie, madri, nipoti e nonne; e alle donne lasceremo la medesima libert con gli uomini; e raccomanderemo loro in modo particolare di usare ogni cautela perch non ne nasca alcun frutto: se nonostante tali cautele ne nasce qualcuno, lo espongano, perch lo stato non sincarica di mantenerlo. Platone, a quanto pare, era molto soddisfatto della sua dottrina, perch in quello stesso libro dove scriveva quanto abbiamo letto fin qui, proferisce quella sentenza divenuta poi tanto famosa, cio che ai mali degli stati non si rimedier mai, e le societ non saranno mai ben governate, fino a quando i filosofi non giungano a diventare re, o i re filosofi. Dio ci liberi dal vedere sul trono una filosofia come la sua! Del resto, quel suo desiderio del regno della filosofia nei tempi moderni divenuto realt, e pi ancora del regno, anche la sua glorificazione, fino a tributarle in un pubblico tempio lomaggio dovuto alla divinit. Ci nonostante io non credo che siano molti coloro che rimpiangano gli infausti giorni del Culto della Ragione. Lorribile insegnamento che abbiamo letto in Platone veniva trasmesso

fedelmente alle scuole successive. Aristotele, che in tanti punti si prese la libert di allontanarsi dalle dottrine del suo maestro, non pens di correggerle per quanto riguarda laborto e linfanticidio. Nella Politica, infatti, insegna gli stessi delitti con la medesima tranquillit di Platone. Per evitare egli dice di allevare le creature deboli e storpie, la legge deve ordinare che si espongano o si tolgano di mezzo. Nel caso in cui ci fosse proibito dalle leggi e dalle consuetudini di alcuni popoli, sar necessario fissare il numero dei figli che si possono procreare; e se mai accadesse che stiano per nascerne in pi del numero prescritto, si deve procurare laborto prima che il feto abbia acquistato i sensi e la vita. (Aristotele, Polit. lib 7 cap. 16). Si veda ora con quanta ragione ho detto che tra gli antichi luomo come uomo era stimato nulla; che la societ lo assimilava completamente, che su di lui si arrogava diritti ingiusti e che lo considerava come uno strumento da valersene se era utile, e ritenendosi in diritto di disfarsene qualora non lo fosse. Negli scritti degli antichi filosofi la socit considerata come un tutto unico al quale gli individui appartengono come gli atomi ad una massa di ferro che da essi composta. Non si pu negare che lunit un grande bene delle societ, e che fino a un certo punto una vera necessit; ma questi filosofi simmaginano un tipo di unit alla quale si debba tutto sacrificare senza alcun riguardo alla sfera individuale, e senza riflettere che lo scopo della societ il bene e la felicit delle famiglie e degli individui che la compongono. Secondo loro questa unit il bene principale a cui nessun altro pu paragonarsi, e romperla il peggiore male che possa accadere e che bisogna evitare con tutti i mezzi immaginabili. Il maggior male di uno stato dice Platone non forse quello che lo divide, e che di uno ne fa molti? E il maggior bene non forse quello che unisce tutte le sue parti e lo costituisce uno? Fondandola su questo principio si sviluppa la sua teoria, e prendendo le famiglie e gli individui, li impasta, per cos dire, perch diano un tutto compatto: luno. Per questo, oltre alla comunione di educazione e di vita, vuole anche la comunione delle mogli e dei figli; considera come un male che vi siano dei piaceri o dei patimenti personali, e vuole tutto in comune, nella societ. Non permette che gli individui vivano, pensino, sentano, operino, se non come parti del gran tutto. Si legga attentamente la sua Republica, e in particolare il quinto libro, e si vedr che questo il pensiero dominante nel sistema di quel filosofo. Sentiamo Aristotele sullo stesso argomento: Siccome il fine della societ uno, cos chiaro che leducazione di tutte le sue membra deve necessariamente essere una e la stessa. Leducazione dovrebbe esser pubblica e non privata come accade adesso che ognuno ha cura dei suoi figli ed insegna loro ci che pi gli piace. Ogni cittadino una particella della societ, e la cura di una particella deve naturalmente essere diretta a ci che richiede il tutto (Aristot. Polit. lib. 8. cap. I). Per farci capire come egli intende questa educazione comune, conclude col lodare quella che veniva impartita a Sparta, e che, come ognuno sa, consisteva nel soffocare tutti i sentimenti tranne quello di un patriottismo feroce, il cui ricordo ci fa fremere ancora. No: nelle nostre idee e nei nostri costumi non c questo concetto di societ.

Gli individui sono vincolati ad essa, ne formano parte; ma senza perdere la propria individualit, n quella della loro famiglia; e godono di un vasto campo in cui poter esercitare la loro azione senza urtare il colosso della societ. Il patriottismo esiste ancora; ma non una passione cieca e di puro istinto che spinga luomo al sacrificio come una vittima con gli occhi bendati. un sentimento ragionevole, nobile, sublime, che forma eroi come quelli di Lepanto e di Bailen, che converte in leoni i pacifici cittadini, come a Girona e a Saragozza, che come una scintilla accende un popolo intero non prevenuto e inerme e gli fa cercar la morte davanti alle bocche da fuoco di un esercito numeroso e agguerrito, come avvenne a Madrid con il sublime Moriamo! di Daoiz e di Velarde. Nel testo ho anche accennato che presso gli antichi la societ si riteneva in diritto dimmischiarsi in tutti gli affari dellindividuo; e si pu aggiungere anche che le cose arrivavano ad un punto tale da finire nel ridicolo. Chi direbbe mai che la legge si sarebbe intromessa nellalimentazione di una donna incinta, e nellordinare lesercizio fisico che le conveniva fare? Conviene dice gravemente Aristotele che le donne incinte abbiano una cura particolare del loro corpo, che non si abbandonino allindolenza e non prendano cibi troppo leggeri e delicati: e questo lotterr facilmente il legislatore, con lordinare e comandare che facciano tutti i giorni una passeggiata per andare a onorare e venerare quelle divinit a cui tocc in sorte di presiedere al concepimento. (Polit. lib. 7, cap. 16). Il potere della legge si estendeva su tutto, e in alcuni luoghi doveva essere proibito perfino il pianto di un bambino, se lo stesso Aristotele dice: Non fanno bene quelli che per mezzo delle leggi proibiscono ai bambini di gridare e di piangere: le grida e il pianto servono ai bambini di esercizio, e li aiutano a crescere. Questo sforzo naturale serve loro di sfogo, e d forza a quelli che si trovano in angustie. (Polit. lib. 7. cap. 17). Queste dottrine degli antichi e questo modo di considerare le relazioni dellindividuo con la societ spiegano molto bene perch presso di essi le caste e la schiavit erano viste come cosa naturalissima. Di cosa dobbiamo meravigliarci nel vedere intere razze prive di libert, o ritenute incapaci di aspirare a condizioni migliori, quando vediamo condannare a morte tanti innocenti nascituri senza che i coscienziosi filosofi lascino trasparire neanche il minimo scrupolo sulla legittimit di un atto cos disumano? E questo non significa che essi, anche se a loro modo cercavano la felicit come fine della societ, avevano tuttavia idee mostruose riguardo ai mezzi per conseguirla? Anche da noi si apprezza molto la conservazione dellunit sociale, anche noi consideriamo lindividuo parte della societ, e che in certi casi deve sacrificarsi per il pubblico bene; ma nello stesso tempo consideriamo sacra la sua vita, per quanto possa essere inutile, miserabile e debole, e reputiamo un omicidio tanto luccisione di un bambino che ha appena visto la luce, ed anche se non lha ancora vista, quanto lassassinio di un uomo nel fiore degli anni. Oltre a ci consideriamo che glindividui e le famiglie hanno certi diritti che la societ deve rispettare, e certe intimit in cui essa non deve intromettersi; e quando si richiedono dolorosi sacrifici, sappiamo che devono essere precedentemente

giustificati da una vera necessit. Soprattutto crediamo che la giustizia e la morale devono regnare nelle azioni della societ come in quelle dellindividuo; e siccome riguardo allindividuo rigettiamo il principio dell interesse privato, cos non lo ammettiamo neanche per la societ. Noi non ammettiamo il principio che la salvezza del popolo la suprema legge, se non con le debite restrizioni e condizioni, senza che per questo i veri interessi della societ debbano ricevere danno. Quando questi interessi sono bene intesi, non si oppongono alla sana morale; e se alcune circostanze passeggere producono talvolta una tale opposizione, essa non che apparente, perch ridotta com a pochi momenti e in limiti ristretti, non impedisce che alla fine i due interessi risultino in armonia, e che non sia compensata in abbondanza lutilit, che viene sacrificata sullaltare degli eterni princpi della morale. (17) Il lettore mi dispenser dallentrare nei particolari sullo stato abbietto e vergognoso della donna presso gli antichi, ed anche presso i popoli moderni dove non regna il Cristianesimo; perch quando se ne vorrebbe presentare alcuni tratti caratteristici le severe leggi del pudore intervengono continuamente a trattenere la penna,. Basti dire che la confusione delle idee era tanto incredibile, che anche gli uomini pi distinti per seriet e prudenza, su questo punto farneticavano in una maniera stupefacente. Lasciamo da parte i mille esempi che si potrebbero portare, ma chi non conosce lo scandaloso parere del savio Solone sullo scambio delle mogli per migliorare la razza? Chi non arrossisce nel leggere quanto dice il divino Platone nella Repubblica sulla convenienza e sul modo con cui le donne prendano parte nei giuochi pubblici? Ma tiriamo un velo su questi fatti tanto vergognosi per lumana sapienza, la quale chiudeva gli occhi sui primi elementi della morale e sui pi forti suggerimenti della natura. Quando la pensavano cos i pi grandi legislatori e i saggi, cosa doveva poi accadere tra il popolo? Quanto vere sono le parole del sacro Testo, che ci presentano i popoli privi della divina luce del Cristianesimo, come seduti nelle tenebre e nelle ombre della morte! La cosa da temersi maggiormente per la donna ci che offende il pudore, che anche quella che la porta alla degradazione. Ma anche il potere illimitato concesso alluomo su di lei pu contribuire a questo avvilimento. Riguardo a questo la donna si trovava in una condizione cos penosa che in molti luoghi la sua condizione era quella di una vera schiava. Lasciamo da parte i costumi degli altri popoli, e fermiamoci un momento su quelli dei Romani, dove la formula, Ubi tu Cajus, ego Caja, pare che indichi una dipendenza tanto minima che sembra avvicinarsi alluguaglianza. Per valutare bene il valore di questa uguaglianza basti rammentare che un marito romano credeva di avere la facolt anche di dare la morte alla moglie, e non gi solamente in caso di adulterio, ma anche per colpe molto meno gravi. Al tempo di Romolo fu assolto da un delitto Ignazio Mecenio, il quale non aveva avuto altro motivo per commetterlo che laver sua moglie avuto la debolezza di assaggiare il vino in cantina. Questi fatti sono rappresentativi di un popolo; e anche se diamo tutta limportanza che si voglia alla preoccupazione dei Romani che le loro matrone non si dessero al vino, la dignit della donna non guadagna molto da simili consuetudini. Quando Catone

prescriveva laffettuosa usanza tra parenti di darsi un bacio, con lo scopo, come riferisce Plinio, di sapere se le donne sapevano di vino ( an temetum olerent), dimostrava certamente la sua severit e il suo zelo, ma oltraggiava villanamente la reputazione di quelle stesse donne di cui si proponeva di conservare la virt. Vi sono dei rimedi peggiori del male. In quanto al merito dellindissolubilit del matrimonio proclamata e mantenuta dal Cattolicesimo, sarebbe facile per me avvalorare in mille modi ci che ho detto nel testo: ci nonostante mi limiter, per essere brevi, ad inserire qui un passo importantissimo di Madame de Stal, la quale dimostra quanto siano state funeste alla morale pubblica le dottrine dei Protestanti. Questa testimonianza molto pi incisiva, non solamente per essere stata scritta da una Protestante, ma anche perch riguarda i costumi di un paese che essa stimava ed ammirava tanto: Lamore in Germania una religione, ma una religione poetica che tollera con eccessiva facilit tutto ci che la sensibilit pu scusare. Non pu negarsi che nelle province protestanti la facilit del divorzio attacca la santit del matrimonio. Si cambia il coniuge con tanta tranquillit, come se non si trattasse daltro che di sistemare le vicende di un dramma: la buona indole degli uomini e delle donne fa s che queste facili separazioni si portino a termine senza contrariet; e siccome nei tedeschi vi pi immaginazione che vera passione, da loro gli avvenimenti pi strani avvengono con la maggiore tranquillit del mondo. Ci nonostante questo fa perdere tutta limportanza ai costumi e al carattere; lo spirito di esagerazione indebolisce le istituzioni pi sacre, e in nessuna materia vengono mantenute regole abbastanza stabili ( DellAllemagna per Madama di Stal, parte I, cap. 3). Si vede dunque che il Protestantesimo, attaccando la santit del matrimonio, apr nei costumi una piaga profonda. Ho gi indicato che il male non fu tanto grave quanto si poteva temere perch il buon senso del popoli europei, formato dallinsegnamento del Cattolicesimo, non permise loro di abbandonarsi oltremisura alle funeste dottrine della pretesa riforma. Ho dette queste cose con molto piacere, ma necessario tuttavia ricordare le importantissime considerazioni della celebre letterata: La santit del matrimonio attaccata dal divorzio, il facile e tranquillo cambio di sposi, la perdita dimportanza dei costumi e del carattere, la rovina delle istituzioni pi sacre, la mancanza di regole fisse in ogni materia. Se cos parlano gli stessi Protestanti, sar difficile che a noi Cattolici si possa dar la taccia di esagerare quando descriviamo i mali arrecati dalla riforma. (18) La filosofia anticristiana ha avuto senzaltro un notevole peso in questo capriccio di voler trovare nei barbari lorigine della nobilitazione della donna europea, e degli altri princpi di civilt. Infatti, trovata che fosse nei boschi della Germania la fonte di tante belle qualit, veniva spogliato il Cristianesimo di una buona parte dei suoi meriti, e veniva distribuita tra molti quella gloria che sua, completamente sua. Non negher che i Germani di Tacito sono alquanto poetici, ma non credibile che i veri Germani lo fossero molto. Alcuni passi citati nel testo dnno gran peso a questa ipotesi; ma io non trovo mezzo pi acconcio a dissipare qualunque illusione, quanto il leggere la storia dellinvasione dei barbari, e soprattutto quella che stata scritta da testimoni oculari. La quale,

invece di riuscire poetica, diventa piuttosto estremamente ripugnante. Quella serie interminabile di popoli sfila innanzi agli occhi del lettore come una spaventosa visione in un sonno agitato; e certamente la prima idea che si presenta nel contemplare quel quadro, non quella di cercare nelle orde irruenti lorigine delle qualit della civilt moderna, ma invece la terribile difficolt di spiegare come si riusc a sbrogliare tale caos, e come si riusc a trovare il modo per far sorgere da tanta brutalit la pi bella e brillante civilt che mai fu vista sulla terra. Tacito sembra entusiasta dei barbari, ma Sidonio che scriveva essendo a loro vicino, che li vedeva, che li sopportava, non condivideva di certo simile entusiasmo. Io mi trovo diceva in mezzo ai popoli dalla lunga capigliatura, costretto a sentire il linguaggio del Germano, e ad applaudire, per quanto mi costi, al canto del borgognone ubriaco e con i capelli impiastricciati di grasso rancido. Felici i vostri occhi che non li vedono, felici le vostre orecchie che non li sentono! Se me lo permettesse lo spazio sarebbe facile mettere insieme uninfinit di testi che dimostrerebbero in modo lampante cosa erano i barbari, e cosa ci si poteva aspettare da loro in tutti i sensi. Quello che ne risulta pi chiaro della luce del giorno il disegno della Provvidenza di servirsi di quei popoli per distruggere limpero romano e per cambiare laspetto del mondo. Pare che costoro nelle invasioni avessero un sentimento della loro terribile missione. Marciano, avanzano, e non sanno dove vadano; ma non ignorano per che vanno a distruggere. Attila si faceva chiamare il flagello di Dio, funzione tremenda che lo stesso barbaro espresse con queste altre parole: La stella cade, la terra trema, io sono il martello del mondo . Dove passa il mio cavallo, non cresce pi erba . Alarico, marciando verso la capitale del mondo, diceva: Non posso trattenermi: c qualcuno che mi spinge e che mi stimola a saccheggiare Roma. Genserico fa preparare una spedizione navale, le sue orde gi sono a bordo, egli stesso simbarca, nessuno sa verso qual punto si dirigeranno le vele: il pilota si accosta al barbaro e gli dice: Signore, a quali popoli volete portare la guerra? A quelli che hanno provocato la collera di Dio, risponde Genserico. Se in quella catastrofe non si fosse trovato il Cristianesimo, in Europa la civilt sarebbe stata perduta e annientata forse per sempre. Ma una religione di luce e di amore doveva trionfare sullignoranza e sulla violenza. Al tempo della catastrofe delle invasioni imped gi molti disastri grazie allascendente che cominciava ad esercitare sui barbari; e passato appena il periodo pi critico della lotta, e i conquistatori si furono alquanto assestati, mise in campo un sistema di azioni tanto vasto, efficace e decisivo, che i vincitori si trovarono vinti non dalla forza delle armi, ma dalla carit. Non era in potere della Chiesa prevenire linvasione: Dio aveva decretato cos, e il decreto doveva avere il suo compimento; cos il pio monaco che and incontro ad Alarico mentre questi si dirigeva verso Roma, non pot trattenerlo nel suo andare, perch il barbaro risponde di non potersi fermare in quanto vi chi lo spinge e lo fa andar avanti contro la sua volont. Ma la Chiesa aspettava i barbari dopo la conquista: essa ben sapeva che la Provvidenza non avrebbe abbandonata lopera sua, e che la speranza dei popoli nel futuro era nelle mani della Sposa di Ges Cristo; cos Alarico marcia alla volta di Roma, la saccheggia, la demolisce; ma allincontro

con la religione si trattiene, si calma, ed assegna come luoghi di asilo le chiese di S. Pietro e di S. Paolo. Fatto importantissimo che simboleggia in modo sublime la religione cristiana che preserva luniverso dalla rovina totale. (19) Il grande beneficio concesso alla societ moderna del formarsi di una retta coscienza pubblica, pu essere apprezzato in sommo grado se confrontiamo le nostre idee morali con quelle di tutti gli altri popoli antichi e moderni. Rimarrebbe cos dimostrato in quale deplorevole modo si corrompono i buoni princpi quando sono affidati alla ragione delluomo. Con tutto ci mi accontenter di dire due parole sugli antichi perch si veda con quanta verit ho affermato che i nostri costumi, per quanto corrotti siano, sarebbero sembrati ai pagani un modello di moralit e di decoro. I templi consacrati a Venere a Babilonia e a Corinto ricordano abominazioni per noi incomprensibili. La passione divinizzata esigeva sacrifici degni di lei: ad una divinit senza pudore corrispondeva il sacrificio del pudore; e veniva dato il santo nome di tempio ad una casa della pi sfrenata licenza senza neanche un velo per coprire le peggiori dissolutezze. Enota la maniera con cui le fanciulle di Cipro si procuravano la dote per maritarsi; e nessuno ignora i misteri di Adone, di Priapo e di altre immonde divinit. Vi sono vizi che tra i moderni sono in certo qual modo privi di nome; e se lo hanno, va accompagnato dal ricordo di un orrendo castigo abbattutosi su citt colpevoli. Leggete gli antichi scrittori che ci illustrano i costumi dei loro tempi: il libro vi cade dalle mani. In questo campo bisogna accontentarsi di qualche accenno che risvegli nei lettori il ricordo di ci che mille volte li avr sdegnati ed offesi nel leggere la storia e nello studiare la letteratura dellantichit pagana. Lautore si vede costretto a limitarsi a pochi ricordi, e si astiene dal descrivere. (20) Poich oggi si d grande importanza alla forza delle idee, alcuni forse penseranno che io abbia esagerato parlando della loro debolezza, non solo riguardo allinfluenza che hanno sulla societ, ma anche alla loro stessa conservazione; la quale sar sempre precaria qualora le idee, restando nel proprio mbito, non si concretizzino in qualche istituzione che faccia loro da mezzo di diffusione, e che inoltre servano di riparo e di difesa. Sono ben lontano, come ho gi detto chiaramente nel testo, dal negare o dal mettere in dubbio quella che viene chiamata la forza delle idee; e mi propongo soltanto di affermare che esse possono fare poco da sole, e che la scienza propriamente detta una cosa molto meno importante di quanto generalmente si crede, per quanto riguarda lordine intrinseco della societ. Questa dottrina intimamente connessa con la condotta della Chiesa cattolica, la quale, sebbene abbia sempre favorito lo sviluppo dello spirito umano per mezzo della diffusione delle scienze, ci nonostante ha assegnato a queste un posto secondario nella guida della societ. La religione non stata mai in opposizione con la vera scienza, ma non ha neanche mai mancato di manifestare una certa diffidenza in tutto ci che viene esclusivamente prodotto dal pensiero delluomo. E si noti bene, che questa una delle principali differenze tra la religione e la filosofia del secolo scorso; o diremo meglio, questo era il motivo della forte incompatibilit che regnava tra

loro. La prima non condannava la scienza, anzi lamava, la proteggeva, la spronava; ma nello stesso tempo le segnava i confini, lavvertiva che in certi punti era cieca, e le diceva che in certe azioni sarebbe impotente, in altre distruttrice e funesta. La seconda proclamava ad alta voce la sovranit della scienza, la dichiarava onnipotente, la divinizzava, attribuendole forza e valore per cambiare la faccia del mondo, e sufficiente lungimiranza e criterio per confermare un tale cambiamento in favore dellumanit. Questorgoglio della scienza, questa deificazione del pensiero, se si fa caso, la base della dottrina protestante. Bandita che sia ogni autorit, la ragione lunico giudice competente, e lintelletto riceve direttamente e immediatamente da Dio tutta la luce di cui ha bisogno. Ecco le dottrine fondamentali del Protestantesimo, vale a dire lorgoglio dellintelletto. Si pu notare che lo stesso trionfo delle rivoluzioni non hanno per niente smentito le giudiziose prevenzioni della religione; e la scienza propriamente detta, lungi dallaverne guadagnato credito, lo ha piuttosto perduto completamente. Infatti nulla rimane della scienza rivoluzionaria; ci che resta sono gli effetti della rivoluzione, i vari interessi da essa creati, le istituzioni nate da questi interessi medesimi, le quali hanno cercato immediatamente nello stesso campo della scienza altri princpi a cui appoggiarsi, molto differenti da quelli che prima erano stati proclamati. Come ho gi dimostrato, tanto vero che ogni idea abbia bisogno di realizzarsi in una istituzione, che le stesse rivoluzioni, guidate dallistinto che le spinge a conservare pi o meno integri i princpi che le producono, tendono immediatamente a creare queste istituzioni dove si possano perpetuare le dottrine rivoluzionarie, o vi possano avere come un successore e rappresentante, dopo che esse siano scomparse dalle scuole. Questo spunto potrebbe dar luogo a lunghe riflessioni sullorigine e sullo stato attuale di alcune forme di governo in vari paesi dEuropa. Parlando della rapidit con cui si succedono le une alle altre le teorie scientifiche, e dellenorme importanza che ha acquisito per via della stampa il metodo della discussione, ho osservato che non era questo un segno infallibile di progresso scientifico, e neanche una prova di fecondit del pensiero tale da portare alla realizzazione di grandi opere, sia in campo materiale che in quello sociale. Ho detto che i grandi pensieri nascono piuttosto dall intuizione che dal discorso, e ho ricordato fatti e personaggi storici che tolgono ogni dubbio a questa verit. Lideologia potrebbe portarci prove abbondanti, se ci fosse bisogno di ricorrere alla scienza stessa per provarne la sterilit. Ma il semplice buon senso, ammaestrato dallinsegnamento continuo dellesperienza, sufficiente per convincerci che le persone pi dotte sui libri, il pi delle volte sono non solo mediocri, ma addirittura incapaci nel comando. In quanto a ci che ho accennato sullintuizione e sul discorso, mi rimetto al giudizio di quelli che si sono dedicati allo studio dellintelletto umano, e sono sicuro che la loro opinione non sar differente dalla mia. (21) Ho attribuito al Cristianesimo la delicatezza dei costumi di cui si gode in Europa. E siccome questa delicatezza tuttora permane, anzi si ulteriormente

elevata ad un pi alto livello nonostante nellultimo secolo siano decadute le credenze religiose; conviene che ci occupiamo di questa contraddizione che a prima vista sembra demolire le mie conclusioni. Non bisogna dimenticare la differenza (che gi nel testo ho sottolineato) tra i costumi rilassati e i costumi delicati; i primi sono un difetto, i secondi una preziosa qualit; i primi derivano dallo snervamento dellanimo, dallinfiacchimento del corpo e dallamore per i piaceri, i secondi traggono origine dal predominio della ragione, dal prevalere dello spirito sul corpo, dal trionfo della giustizia sulla forza e del diritto sul fatto. Nei costumi attuali vi una buona parte di effettiva delicatezza, ma non poca quella che piuttosto rilassatezza; e questa non certo derivata dalla religione, ma dallincredulit, la quale non estendendo la sua visione pi in l della vita terrena, fa dimenticare gli alti destini dello spirito e perfino lesistenza stessa, mette legoismo al primo posto, risveglia e rafforza continuamente la voglia dei piaceri e rende luomo schiavo delle passioni. Ma ci che i nostri costumi hanno veramente di delicato si riconosce subito che proviene dal Cristianesimo; poich tutte le idee e i sentimenti nei quali si fonda la delicatezza hanno limpronta cristiana. La dignit delluomo, i suoi diritti, lobbligo di trattarlo con i dovuti riguardi, di rivolgersi allo spirito con la ragione piuttosto che al corpo con la violenza, la necessit di mantenersi nellmbito dei propri doveri rispettando le propriet e le persone degli altri: tutto questo complesso di princpi, da cui nasce la vera delicatezza dei costumi, dovuto allinfluenza cristiana. La quale, lottando per molti secoli contro la barbarie e la ferocia dei popoli invasori, giunse a demolire il sistema basato sulla violenza che questi avevano reso comune. Siccome la filosofia ha avuto fretta di cambiare i nomi antichi consacrati dalla religione e confermati dalluso di molti secoli, avviene che certe idee, per quanto figlie del Cristianesimo, si riconoscono tuttavia a mala pena come tali, perch sono state spogliate della veste originaria e rivestite con una veste mondana. Chi non sa che lamore reciproco degli uomini, la fratellanza universale, sono idee interamente dovute al Cristianesimo? Chi non sa che lantichit pagana non le conosceva e neanche le intuiva? Ci nonostante questo stesso amore che prima si chiamava carit, perch questa era la virt da cui doveva procedere, ora si veste sempre di altri nomi, come se si vergognasse di comparire in pubblico con laspetto religioso. Passata lubriacatura di attaccare la religione cristiana, ora si ammette apertamente che dobbiamo ad essa il principio della fratellanza universale; ma il linguaggio rimasto corrotto dalla filosofia volterriana anche dopo che questa caduta in totale discredito. Quindi ne risulta che molte volte non apprezziamo a dovere linfluenza cristiana nella societ che ci circonda, e attribuiamo ad altre idee e ad altre cause i fenomeni che hanno evidentemente origine dalla religione. La societ attuale, per quanto sia indifferente, conserva della religione molto pi di quello che comunemente si pensa. Si pu paragonare ai discendenti di illustri famiglie, nelle quali i buoni princpi ed una fine educazione vengono trasmesse come uneredit di generazione in generazione. Anche in mezzo ai disordini e ai delitti, anche in mezzo allavvilimento, queste persone conservano nel comportamento e nei gesti qualcosa che ne manifesta la nascita illustre.

(22) Ho citato alcune disposizioni conciliari che bastano per dare unidea del sistema usato dalla Chiesa per riformare e moderare i costumi. Sia in queste pagine che nelle precedenti non sar sfuggita questa mia propensione ad utilizzare tale genere di testimonianze. Voglio qui precisare che ho proceduto in questo modo per due motivi. Innanzi tutto, trattandosi di mettere a confronto il Protestantesimo col Cattolicesimo, credo che il mezzo migliore per far conoscere il vero spirito del Cattolicesimo, e il suo influsso sulla civilt europea, sia quello di mostrarlo in azione; e questo si ottiene col presentare i provvedimenti che i Papi e i Concili andavano prendendo secondo le circostanze. In secondo luogo, considerando la strada che gli studi storici vanno seguendo in Europa, divenendo ogni giorno sempre pi comune il sistema di ricorrere non alla storia, ma alle testimonianze storiche, conviene tener presente che la raccolta dei Concili della massima importanza non solo in campo religioso ed ecclesiastico, ma anche in quello sociale e politico; tanto che la storia dEuropa viene mostruosamente mutilata, per meglio dire distrutta completamente, se si prescinde dalle testimonianze che forniscono le raccolte dei Concili. Per questo motivo utilissimo, e in molti casi indispensabile, consultare queste raccolte per quanto ce ne possa scoraggiare la loro smisurata mole e il fastidio che di tanto in tanto si prova imbattendosi in mille cose che per i nostri tempi non presentano alcun interesse. Le scienze, soprattutto quelle che hanno per oggetto la societ, non ci fanno mai arrivare a risultati soddisfacenti se non dopo penose fatiche; lutile si trova spesso mescolato e confuso con linutile; la cosa pi preziosa si scopre talvolta accanto ad un oggetto ripugnante: ma loro, si trova forse in natura senza prima aver rivoltato masse informi di terra? Coloro che hanno preteso di aver rintracciato tra i barbari del Nord il seme di alcune qualit preziose della civilt europea, non potevano sottrarsi dallattribuir loro anche la delicatezza dei costumi moderni, considerato che a conferma di tale paradosso potevano servirsi di un fatto sicuramente alquanto pi seducente in apparenza di quello di cui si sono serviti per attribuire ai Germani la nobilitazione della donna in Europa. Parlo della nota usanza di astenersi, per quanto potevano, dallapplicare pene corporali, e di castigare con semplici multe anche i pi gravi delitti. Non c cosa pi conveniente per indurci a credere che quei popoli avessero una felice disposizione alla delicatezza dei costumi, visto che nella loro stessa barbarie si servivano con tanta moderazione del diritto di castigare, superando in tal senso le nazioni pi colte e civili. Considerata la cosa sotto questo aspetto, sembra piuttosto che con linfluenza cristiana i costumi dei barbari divenissero pi duri e non pi delicati, perch lapplicazione di pene corporali divenne comune, come anche la pena di morte. Ma se consideriamo con attenzione questa particolarit del codice penale dei barbari, ci accorgeremo che invece di costituire un progresso nella civilt e nella delicatezza dei costumi, piuttosto la prova pi evidente di un regresso, in quanto il pi forte indizio della durezza e ferocia che regnava tra loro. Primo: proprio perch tra i barbari si castigavano i delitti per mezzo di multe o, come si diceva, per composizione, risulta evidente che la legge era concepita pi come riparazione di un danno che come castigo di un delitto; il che dimostra ampiamente quanto fosse poco considerata la qualit morale dellazione, non

badando tanto a ci che era in se stessa, quanto al danno che procurava. Questo non un elemento di civilt, ma di barbarie, perch tende addirittura a bandire dal mondo la moralit. La Chiesa combatt questo principio, funesto sia per lordine pubblico quanto per il privato, introducendo nel diritto penale un nuovo ordine di idee che ne cambi interamente lo spirito. Su questo fatto Il Sig. Guizot ha reso alla Chiesa cattolica la dovuta giustizia, e qui ho il piacere di riconoscere e sottoscrivere un tale omaggio, riportando le sue stesse parole. Dopo aver fatto notare la differenza che corre tra le leggi dei Visigoti (formulate in gran parte durante i Concili di Toledo) e le altre leggi barbare, e dopo aver notata limmensa superiorit delle idee della Chiesa in materia di legislazione e giustizia, e per quanto concerne la ricerca della verit e il destino degli uomini, dice: In materia penale la relazione delle pene con i delitti determinata (nelle leggi dei Visigoti) da nozioni filosofiche e morali abbastanza corrette. Vi si riconosce la mano di un legislatore illuminato che ha a che fare con la violenza e la sconsideratezza dei costumi barbari, Il titolo De caede, et morte hominum, confrontato con le leggi corrispondenti degli altri popoli, ne costituisce un pregevole esempio. Nelle altre legislazioni sembra quasi che solo il danno determini il delitto, e lo scopo della pena la riparazione materiale che risulta dalla composizione. Qui invece il delitto ricondotto al suo effettivo elemento morale, che lintenzione. I diversi gradi del crimine: lomicidio volontario, lomicidio per inavvertenza, lomicidio provocato, lomicidio con premeditazione o senza, sono distinti e definiti quasi altrettanto bene che nei nostri codici; e le pene variano con una proporzione abbastanza equa. Ma la giustizia del legislatore andata oltre. Egli ha cercato, se non di abolire, almeno di attenuare le differenze di classe in senso legale, che nelle altre leggi barbare erano stabilite fra gli uomini. La sola distinzione che ha mantenuta quella tra luomo libero e lo schiavo. Riguardo agli uomini liberi, la pena non varia n secondo lorigine, n secondo il grado dellucciso, ma unicamente secondo i diversi gradi di colpevolezza delluccisore. In quanto agli schiavi, non osando di togliere del tutto ai padroni il diritto di vita e di morte, si almeno tentato di restringerlo con lassoggettarlo a un procedimento pubblico regolare. Il testo della legge merita di essere citato. Se non deve rimanere impunito nessun colpevole o complice di un delitto, a maggior ragione devessere castigato ehi ha commesso un omicidio per malvagit o con leggerezza. Per cui, essendovi alcuni padroni che nella loro arroganza dnno la morte ai loro schiavi senza che questi abbiano commessa alcuna mancanza, necessario estirpare del tutto un tale abuso, e stabilire che la presente legge sia sempre osservata da tutti. Nessun padrone o padrona potr dare la morte a un suo schiavo maschio o femmina, n ad altri suoi dipendenti, se prima non siano stati sottoposti ad un pubblico processo. Se uno schiavo o altro servo commette un delitto che possa meritargli la pena capitale, il padrone o laccusatore daranno immediatamente notizia dellaccaduto al giudice del luogo dove stato commesso il delitto, oppure al conte o al duca. Dopo che si svolto il processo, se il delitto resta provato, il reo subir la pena di morte o per sentenza del giudice stesso, o per quella del proprio padrone; ma se dovesse accadere che il giudice non possa occuparsi dellesecuzione, metter per iscritto

la sentenza di pena capitale, e a quel punto il padrone sar libero di uccidere lo schiavo o di perdonarlo. In verit, se lo schiavo per una fatale impudenza, resistendo al suo signore ha tentato di ferirlo con unarma o una pietra od altro, e questi difendendosi uccide nella sua collera lo schiavo, non andr soggetto alla pena di omicidio, ma dovr provare che il fatto sia accaduto in questo modo, mediante la testimonianza o per giuramento degli schiavi maschi o femmine eventualmente presenti, o per giuramento dellautore del fatto. Chiunque per pura malvagit uccider il suo schiavo di propria mano o per mano daltri senza che lesecuzione sia stata preceduta da un processo, sar dichiarato infame, incapace di servire da testimone, e obbligato a passare il resto dei suoi giorni in esilio e nella penitenza, cedendo i suoi beni ai parenti pi prossimi chiamati dalla legge a succedergli (For. Jud. lib. 6. tit. 5. lib. 12) (Guizot, Storia generale della civilt europea, lez. 6). Ho riportato con grande piacere questo testo del Sig. Guizot perch conferma ci che ho detto qui e nei capitoli precedenti sullinfluenza della Chiesa nel moderare i costumi, e sul suo enorme contributo al miglioramento della sorte degli schiavi col ridurre leccessivo arbitrio dei padroni. Questa verit stata provata con un tal numero di documenti che non ho alcun bisogno di dimostrarla ulteriormente. Per il mio scopo mi basta far notare che il sig. Guizot ammette apertamente che la Chiesa moralizz la legislazione dei barbari, facendo s che nei delitti non venisse considerato unicamente il danno che veniva provocato, ma anche il male che contenevano; vale a dire con linnalzare lazione dallordine fisico a quello morale e col dare alle pene il loro giusto significato, non permettendo che si riducessero ad una semplice riparazione materiale. Da quanto detto finora si pu constatare che il sistema penale dei barbari, che a prima vista sembrava indicare un progresso nella civilt, era basato sulla poca influenza che i princpi morali avevano presso di loro, e dalla visione limitata del legislatore che si elevava ben poco al di sopra dellordine puramente materiale. Rimane tuttavia da fare unaltra osservazione su questo tema, ed che la stessa benignit con cui si castigavano i delitti la prova migliore della facilit con cui venivano commessi. Quando in un paese gli assassin, i ferimenti od altri simili misfatti sono rarissimi, vengono guardati con orrore, e chiunque se ne renda colpevole viene punito severamente. Ma quando i delitti avvengono continuamente perdono gradatamente la loro malvagia anormalit, e allora non solo gli autori dei delitti, ma anche tutti gli altri si assuefanno al loro aspetto ributtante; ed anche il legislatore si sente portato naturalmente a trattarli con indulgenza. Questo ce lo dimostra lesperienza quotidiana; e non sar difficile a chi legge di trovare nella societ attuale diversi delitti ai quali si potrebbe applicare losservazione da me qui fatta. Fra i barbari era cosa comune ricorrere alle vie di fatto, non soltanto contro le propriet, ma anche contro le persone; per cui era ben naturale che questa specie di delitti non fosse considerata con quel disgusto e con quellorrore con cui lo in un popolo dove, prevalendo le idee di ragione, di giustizia, di diritto e di legge, non si concepisce neanche come possa sussistere una societ se ognuno si considera in diritto di farsi giustizia da s. E allora le leggi contro tali delitti dovevano per forza essere comprensive, accontentandosi il legislatore di riparare al danno senza badare troppo ai gradi di

colpevolezza di chi li commetteva. Questo ha una stretta relazione con quanto ho detto sopra intorno alla coscienza pubblica, perch il legislatore sempre pi o meno come lo strumento di questa stessa coscienza. Quando in una societ unazione considerata come un orrendo delitto, il legislatore non pu assegnarle una pena lieve; e al contrario non possibile castigare con molto rigore ci che la societ scusa ed assolve. Pu capitare per una volta che questo rapporto venga alterato, che sparisca questa armonia; ma ben presto le cose riprenderanno il corso normale lasciando il sentiero che seguivano forzatamente. Quando i costumi sono puri e casti molti delitti sono coperti di esecrazione e dinfamia; ma se la corruzione si diffonde enormemente, i medesimi delitti o si considerano come indifferenti, o al massimo vengono definiti leggre debolezze. In un popolo in cui le idee religiose esercitano una grande influenza, la violazione di tutte le cose che sono consacrate al Signore vista come un orrendo attentato degno dei pi grandi castighi; ma in un altro in cui lincredulit abbia fatto grandi danni la stessa violazione non sar neanche considerata un comune delitto; e lungi dallattirare sul colpevole i rigori della legge, sar molto se gli provocher una leggera ammenda da parte della polizia. Il lettore non trover inopportuna questa digressione sulla legislazione penale dei barbari se ha compreso che, dovendosi esaminare linfluenza del Cattolicesimo nella civilt europea, indispensabile tener conto degli altri elementi che si sono combinati nel formarla. Sarebbe altrimenti impossibile valutare appropriatamente i contributi che, in modo positivo o negativo, ciascuno di questi elementi hanno fornito per la detta formazione della civilt; come sarebbe impossibile mettere in chiaro la parte che spetta esclusivamente alla Chiesa, e risolvere la grande questione sostenuta dai settari del Protestantesimo sui pretesi vantaggi da esso portati alle societ moderne. Le nazioni barbare sono uno di questi elementi, ed per questo che ce ne occupiamo con tanta frequenza. (23) Nel Medioevo quasi tutti i monasteri e collegi di canonici avevano annesso un ospizio, sia per alloggiare i pellegrini, che per nutrire e assistere i poveri e glinfermi. Non vi immagine pi bella della religione che copre col suo velo ogni sorta di calamit, quanto il vedere cambiate in asilo per i miseri le case consacrate alla preghiera e alla pratica delle pi sublimi virt. E questo si verificava precisamente in quellepoca in cui il pubblico potere non solo non aveva la forza e le qualit necessarie per esercitare una buona amministrazione onde poter soccorrere i bisognosi, ma non riusciva neanche a proteggere con la sua autorit i pi sacri interessi della societ. Per cui risulta evidente che, quando ogni altra istituzione era impotente, la religione era invece rigogliosa e feconda; quando tutto veniva meno, la religione non solo si conservava, ma fondava delle istituzioni destinate a durare nel tempo. E come abbiamo gi fatto notare pi volte, si consideri che quella religione che operava tali prodigi non era una religione vaga ed astratta, non era il Cristianesimo dei Protestanti, ma la religione con tutti i suoi dogmi, con la sua disciplina, con la gerarchia, col Supremo Pontefice: in una parola era la Chiesa cattolica. Lantichit, ben lontana dallimmaginare che il soccorso agli infelici potesse

essere affidato alla sola amministrazione civile o alla carit individuale, credette invece molto opportuno, come gi riferito, che gli ospizi fossero soggetti ai Vescovi; fece in modo cio che il settore della beneficenza pubblica venisse legato, in un certo modo, alla gerarchia della Chiesa. Fatto sta che secondo le antiche norme gli ospizi erano soggetti ai Vescovi tanto nella sfera spirituale che nella temporale, senza badare allo stato clericale o secolare delle persone che avevano cura dellistituto, n tampoco se era stato eretto o no per disposizione del Vescovo. Non questo il posto dove narrare le vicende alle quali andarono soggette queste norme, n i vari motivi che le originarono. Basti osservare che il principio fondamentale, cio lintervento dellautorit ecclesiastica nei luoghi di pubblica beneficenza, sempre rimasto salvo, e la Chiesa non si mai lasciata spogliare del tutto di questo bel privilegio. Non ha mai pensato che si potesse assistere con indifferenza al fatto che gli abusi, introdottisi in questo campo, andassero a danno degli infelici, e perci si riservata almeno il diritto di poter riparare ai mali che derivassero dalla malvagit o dallindolenza degli amministratori. A questo proposito possiamo notare che il Concilio di Vienna stabil che se gli amministratori di un ospedale, fossero chierici o laici, si mostravano negligenti nellesercizio dei loro doveri, i Vescovi dovevano procedere contro di loro, riformare e restaurare lospedale di propria autorit, qualora ne avessero le prerogative, e se non le avevano se le facessero procurare per delegazione pontificia. Il Concilio di Trento diede ugualmente ai Vescovi la facolt di visitare gli ospizi, anche come delegati della Sede apostolica, nei casi concessi dal diritto; prescrivendo inoltre che gli amministratori, chierici o laici, rendessero il conto ogni anno allOrdinario del luogo, qualora nellatto di fondazione non fosse stato stabilito il contrario; e ordinando che se per privilegio, usanza o statuto particolare i conti venivano presentati ad altri invece che allOrdinario, che questi fosse almeno compreso tra quelli che dovevano riceverli. Prescindendo dalle varie modifiche che le leggi e le usanze dei vari paesi hanno potuto introdurre in questo campo, sempre molto evidente quale sia stata lattenzione della Chiesa riguardo alla beneficenza, e come lo spirito e i suoi princpi labbiano sempre portata ad ingerirsi in questo genere di assistenza, ora svolgendola direttamente, ora riparando al male che vedeva introdursi. Il potere civile riconobbe i motivi di questa caritatevole e santa ambizione; e vediamo infatti che limperatore Giustiniano non ebbe alcuna esitazione nel concedere ai Vescovi la giurisdizione sugli ospedali, conformandosi in questo alla disciplina della Chiesa e a quanto esigeva linteresse pubblico. C un particolare su questo argomento, che molto importante citare per dimostrare la sua favorevole influenza: mi riferisco al fatto che i beni degli ospizi furono considerati come beni della Chiesa. Questa cosa, che a prima vista potrebbe sembrare di nessuna importanza, ben lontana dallesserlo; perch in questo modo tali beni godevano degli stessi privilegi di quelli della Chiesa, e rimanevano cos protetti da una inviolabilit tanto pi necessaria in quanto i tempi erano difficili e si era facilmente soggetti ad oltraggi e usurpazioni. Infatti alla Chiesa, che per quanto fosse grande il disordine pubblico conservava tuttavia grande autorit e un notevole ascendente sui popoli, veniva riconosciuto

il potere di porre sotto la sua protezione i beni degli ospizi, salvandoli per quanto fosse possibile dalla rapacit e cupidigia dei potenti. E non si pensi che questa regola fosse stata introdotta con qualche raggiro, o che questa specie di comunanza tra la Chiesa ed i poveri fosse una novit inaudita: perch anzi era talmente nellordine naturale, ed aveva tanto fondamento nelle relazioni della Chiesa con i poveri che, cos come vediamo i beni degli ospizi considerati come beni della Chiesa, allo stesso modo quelli della Chiesa erano chiamati beni dei poveri. Su questo particolare i S.S. Padri si esprimevano in termini tali, e queste dottrine si erano talmente infiltrate per cos dire nel linguaggio comune, che trattandosi nei secoli successivi di risolvere la questione canonica sulla propriet dei beni della Chiesa, attribuendola alcuni direttamente a Dio, altri al Papa, altri al clero, non mancarono taluni che intendevano attribuirli ai poveri come ai veri proprietari. Certamente questopinione non era la pi conforme ai princpi del diritto; ma vederla introdursi nel campo di quella polemica d lo spunto a serie considerazioni. (24) Ho cercato, per quanto mi stato possibile, di chiarire le idee sulla tolleranza presentando questa importante materia sotto un aspetto poco conosciuto. Per illustrarla ulteriormente dir due parole sullintolleranza religiosa e su quella civile: due cose completamente diverse, anche se Rousseau afferma decisamente il contrario. Lintolleranza religiosa o teologica consiste in quellintima convinzione che hanno tutti i Cattolici che lunica religione vera quella cattolica; lintolleranza civile consiste invece nel non tollerare nella societ altre religioni diverse dalla cattolica. Queste due definizioni sono sufficienti, a coloro ai quali non manchi il senso comune, per capire che le due specie dintolleranza non sono inseparabili, essendo del tutto possibile che persone fermamente convinte della verit del Cattolicesimo, tollerino coloro che hanno una religione diversa, o non ne professano alcuna. Lintolleranza religiosa un atto dellintelletto, inseparabile dalla fede, perch chi crede fermamente che la sua religione vera, deve necessariamente essere convinto che essa lunica vera, perch la verit una. Lintolleranza civile invece un atto della volont, che rigetta coloro che non professano la medesima religione; e questo atto produce diversi effetti, secondo che lintolleranza sia nellindividuo o nel governo. Al contrario, la tolleranza religiosa la credenza che tutte le religioni sono vere, la qual cosa spiegata bene significa che non ce n nessuna che lo sia: perch non possibile che le cose in contraddizione tra loro siano contemporaneamente vere. La tolleranza civile lacconsentire che persone di una religione diversa dalla propria vivano in pace; e allo stesso modo dellintolleranza produce effetti diversi secondo che sia nellindividuo o nel governo. Questa distinzione, che per la sua semplicit e chiarezza non supera le capacit di una normale intelligenza, non fu tuttavia compresa da Rousseau, il quale affermava che questa era una finzione ingannevole, una pura chimera, e che le due intolleranze non si potevano separare luna dallaltra. Se Rousseau si fosse limitato ad osservare che se in un paese diventa generalizzata lintolleranza religiosa (cio, come abbiamo detto sopra, la ferma ed intima persuasione che una religione sia quella vera), nel modo di vivere e nella

legislazione di quel paese si manifesta anche una certa tendenza a non sopportare coloro che pensano in altra maniera, soprattutto se questi sono in netta minoranza; la sua osservazione sarebbe stata molto fondata e concorderebbe con lopinione da me espressa quando in tale materia ho trattato del corso naturale delle idee e dei fatti. Ma Rousseau non vide le cose sotto questaspetto, e lanciando le sue accuse contro il Cattolicesimo afferm che le due specie dintolleranza sono inseparabili, perch impossibile vivere in pace con gente che si crede dannata, e amarla significherebbe odiare Iddio che la castiga. Non possibile portare oltre la malafede. Infatti: chi ha detto a Rousseau che i Cattolici ritengano dannato alcuno finch vive, e che amare un uomo traviato significherebbe odiare Dio? Poteva egli ignorare che, al contrario, lobbligo di amare tutti gli uomini un precetto inderogabile e un dogma per ogni Cattolico? Poteva ignorare (ci che sanno anche i bambini dai primi rudimenti della dottrina cristiana) che siamo tenuti ad amare il prossimo come noi stessi, e che con la parola prossimo sintendono tutti quelli che hanno guadagnato il paradiso o possono guadagnarlo, e che da questi non si esclude nessuno finch vive? Forse Rousseau obietter che siamo almeno nella convinzione che se muoiono in quel misero stato si dannano; ma non si rende conto che crediamo la stessa cosa per tutti i peccatori, e non solo per chi pecca di eresia, e ci nonostante nessuno si mai sognato di dire che i Cattolici giusti non possano tollerare i peccatori, e che si considerino in obbligo di odiarli? Non si mai vista una religione che mostri maggior sollecitudine di convertire i peccatori, e la Chiesa cattolica tanto lontana dallinsegnarne il disprezzo che, allopposto, sia dai pulpiti, che nei libri, ed anche nelle normali conversazioni, ripete mille volte quelle parole con cui Dio manifesta la sua volont che non periscano i peccatori, e che Egli ne vuole la conversione e la vita, e che in cielo vi gioia pi grande per un peccatore che si pente che per novantanove giusti che non hanno bisogno di pentirsi. E non si creda che Rousseau, che si esprimeva in questo modo contro lintolleranza dei Cattolici, fosse poi convinto assertore di una totale tolleranza. vero il contrario. Nella societ come egli limmaginava voleva che non fossero tollerati, non dico quelli che professano la vera religione, ma coloro che si allontanano da quella stabilita dal potere civile: Ma lasciando da parte dice egli le considerazioni politiche, veniamo al diritto, e fissiamo i princpi su questo punto importante. Il diritto che il patto sociale d al sovrano sopra i vassalli non eccede, come ho gi detto, i limiti dellutilit pubblica. I vassalli non devono rendere conto al sovrano delle loro opinioni se non in quanto nellinteresse della comunit. Lo stato ha interesse che ogni cittadino abbia una religione che gli faccia amare i suoi doveri; ma i dogmi di questa religione non devono interessare n allo stato, n ai suoi componenti, se non in quanto si riferiscono alla morale e ai doveri nei confronti degli altri. Per quanto riguarda il resto ognuno pu avere quelle opinioni che preferisce, senza che il sovrano sia tenuto a conoscerle perch, siccome laltro mondo non di sua competenza qualunque sar nellaltra vita la sorte dei sudditi, questo non riguarda il sovrano, purch in questa vita essi siano buoni cittadini. Vi poi una professione di fede puramente civile della quale tocca al sovrano fissare gli articoli: non precisamente come

dogmi di religione, ma come sentimenti di socialit, senza dei quali impossibile esser buon cittadino e suddito fedele. Senza poter obbligare nessuno a crederli, tuttavia pu mandare in esilio chi non li crede, non in quanto empio, ma come asociale ed incapace di amare sinceramente le leggi e la giustizia, e se necessario di sacrificare la vita al proprio dovere. Se qualcuno, dopo aver riconosciuto pubblicamente questi dogmi, vive e agisce come se non li credesse, sia punito con la morte perch ha commesso il maggiore dei delitti, e ha mentito di fronte alle leggi (Contratto sociale l, 4; c. 8). Ecco dunque in ultima analisi dove va a finire la tolleranza di Rousseau: dare la facolt al sovrano di fissare gli articoli di fede, accordargli il diritto di castigare con lesilio ed anche con la morte coloro che non si adeguano alle decisioni del nuovo Papa, o se ne allontanano dopo averle accettate. Per quanto possa sembrare stravagante la dottrina di Rousseau, evidentemente non lo fu al punto di non essere accolta da tutti coloro che non riconoscono unautorit in materia di religione. Rigettano questa autorit quando si tratta di attribuirla alla Chiesa cattolica o al capo di essa, e poi per la pi detestabile delle contraddizioni la concedono al potere civile. Rousseau curioso quando, nellesiliare ed uccidere chi si allontana dalla religione elaborata dal sovrano, non vuole che queste pene gli siano applicate perch sia empio, ma perch asociale. Rousseau, per un impulso in lui naturale, non voleva che lempiet nellapplicare le pene vi entrasse poco o molto: ma ad un uomo che viene mandato in esilio o a morire sul patibolo, cosa mai importa il nome con cui viene chiamato il suo delitto? Nello stesso capitolo sfuggita di bocca a Rousseau unespressione che rivela ad un tratto lo scopo a cui egli tendeva con tutto questo apparato di filosofia: Chiunque osa dire: fuori della Chiesa non vi salute, deve essere cacciato dallo stato. La qual cosa in altri termini significa che vi deve essere tolleranza per tutti fuorch per i Cattolici. Si detto che il contratto sociale fu il codice della rivoluzione francese: e di fatto questa non si dimentic di quanto prescrive il tollerante legislatore riguardo ai Cattolici. Pochi sono attualmente quelli che osano dichiararsi discepoli del filosofo di Ginevra, quantunque alcuni dei suoi timidi seguaci gli tributino ancora con profusione smisurati elogi; noi per pieni di fiducia nel buon senso del genere umano dobbiamo sperare che tutta la posterit confermi la nota dignominia con cui tutti gli uomini onesti hanno contrassegnato il sofista sovvertitore nonch spudorato autore delle Confessioni. Confrontando il Protestantesimo col Cattolicesimo ho avuto la necessit di parlare dellintolleranza perch una delle colpe che pi frequentemente vengono rivolte alla religione cattolica; ma per rispetto della verit debbo far notare che non tutti i Protestanti hanno predicato una tolleranza universale, e che molti di essi hanno riconosciuto il diritto di reprimere e castigare certi errori. Grozio, Puffendorf e parecchi altri dei pi distinti fra i dotti di cui si vanta il Protestantesimo sono daccordo nel dover seguire linsegnamento di tutta lantichit, la quale sia in teoria che in pratica si sempre conformata a questi princpi. Si gridato contro lintolleranza dei Cattolici come se fossero loro ad averla manifestata al mondo, come se fosse un orribile mostro che non nasca in nessunaltra parte fuorch dove regna la Chiesa cattolica. Anche ammesso che non vi fossero altre ragioni, almeno la buonafede imponeva che non venisse

dimenticato che il principio di tolleranza universale non stato riconosciuto in nessuna parte del mondo; e che tanto nei libri dei filosofi, quanto nei codici dei legislatori si trova inserito con pi o meno rigore il principio dellintolleranza. Qualora si voglia condannare come falso questo principio, o si cerchi di ridurne limportanza, o non applicarlo pi del tutto, per lo meno non si emetta unaccusa specifica contro la Chiesa cattolica per una dottrina ed una condotta in cui essa ha seguito lesempio dellintera umanit. Quindi se in questo vi colpa, tutti i popoli, sia civili che barbari, sono colpevoli; e lignominia, lungi dal ricadere esclusivamente sui governi diretti dal Cattolicesimo e sugli scrittori cattolici, dovrebbe ricadere su tutti i governi dellantichit, compresi quelli dei Greci e dei Romani; su tutti i dotti dellantichit, inclusi Platone, Cicerone e Seneca; e su tutti i governi e i dotti moderni, compresi i Protestanti. Avendo presente queste considerazioni, non sarebbero sembrate n tanto erronee le dottrine n tanto fosche le vicende; e ci si sarebbe accorti che lintolleranza, antica quanto il mondo, non uninvenzione dei Cattolici, e che quindi, se c responsabilit, essa di tutti. Non c dubbio che la tolleranza, divenuta ora cos comune per i motivi gi riferiti, non ne risentir delle dottrine pi o meno severe o pi o meno indulgenti che saranno pubblicate in questa materia; ma per il fatto stesso che lintolleranza, come veniva praticata in altri tempi, passata ad essere un puro fatto storico che certamente nessuno pi teme di veder tornare, opportuno esaminare con molta prudenza questo genere di questioni affinch sparisca per sempre la fama dintolleranza che gli avversari hanno voluto creare nei confronti della Chiesa cattolica. A questo punto utile ricordare la profonda sapienza contenuta nellenciclica del Papa Gregorio XVI contro le dottrine di Lamennais, il quale pretendeva che nella tolleranza universale e nella libert assoluta dei culti consistesse la condizione normale e legittima delle societ, dalla quale condizione non possibile allontanarsi senza nuocere ai diritti delluomo e del cittadino. Il Signor Lamennais, nellimpugnare lenciclica, si accinse a presentarla come fonte di nuove dottrine e come un attacco diretto alla libert dei popoli. In realt il Papa nella sua enciclica non ha stabilito altre dottrine che quelle che la Chiesa ha sempre professato e, si potrebbe anche dire, che ogni governo professa riguardo alla tolleranza. Nessun governo si pu sostenere se gli si nega il diritto di reprimere le dottrine pericolose per lordine sociale, anche quando siano mascherate sotto un manto filosofico o si facciano comparire sotto il velo della religione. In questo modo non viene attaccata la libert delluomo; perch lunica libert che sia degna di questo nome quella conforme alla ragione. Il Papa non ha detto che in certi casi i governi non potessero tollerare diverse religioni; ma non ha permesso che si imponesse la norma che la tolleranza assoluta sia un obbligo per tutti i governi. Questultima proposizione contraria alle sane dottrine religiose, alla ragione, alla prassi di tutti i governi in tutti i tempi e in tutti i luoghi, e infine al buon senso dellumanit. Comunque, il talento e leloquenza dello sciagurato scrittore non hanno potuto far nulla. Il Papa ottenne lassenso pi convinto di tutte le persone assennate a qualunque fede appartenessero, dopo che il genio si era coperta la fronte col velo dellostinazione, e aveva impugnato

decisamente lignobile arma del sofisma. Genio infelice, che conserva appena unombra di se stesso, che ha piegato le fulgide ali con le quali solcava lazzurro dei cieli ed ora, qual sinistro uccello, va girando sulle acque impure di un lago solitario. (25) Parlando dellInquisizione spagnola non mia intenzione difenderne tutti gli atti, n sotto laspetto giuridico, n sotto quello della convenienza pubblica. Quantunque io non neghi che essa si trov in situazioni eccezionali, giudico per che avrebbe fatto molto meglio, seguendo lesempio dellInquisizione romana, ad evitare per quanto possibile lo spargimento di sangue. Poteva benissimo vigilare con zelo alla conservazione della fede, prevenire i mali di cui era minacciata la religione da parte degli Ebrei e dei Mori, e preservare la Spagna dal Protestantesimo senza far uso di quel rigore eccessivo che le attir seri rimproveri e forti ammonizioni da parte dei Sommi Pontefici, provoc le proteste dei popoli, fece trasferire numerose cause a Roma su richiesta degli accusati e dei condannati, e serv di pretesto ai nemici del Cattolicesimo per tacciare di sanguinaria una religione che ha in orrore lo spargimento di sangue. La religione cattolica, ripeto, non responsabile di nessuno degli eccessi che in suo nome sono stati commessi; e quando si parla dellInquisizione, non ci si deve concentrare soprattutto su quella di Spagna, ma piuttosto su quella di Roma. L dove risiede il Sommo Pontefice, dove si sa benissimo come si deve intendere il principio dintolleranza e qual luso che se ne deve fare, l lInquisizione stata sommamente benigna e indulgente; quello il luogo dove lumanit meno ha sofferto per motivi religiosi, senza eccettuare alcun paese, sia quelli dove era stata istituita lInquisizione, che quelli che ne erano privi, sia dove regnava la religione cattolica, che dove predominava la protestante. Questo fatto indubbio; e a qualunque uomo in buonafede dovrebbe bastare per capire quale sia su questo punto lo spirito del Cattolicesimo. Faccio queste riflessioni perch si sappia che non sono fazioso, e che non ignoro i mali n evito di denunciarli da qualunque parte provengano. Ci nonostante non intendo che si perdano di vista i fatti e le osservazioni che ho prodotti nel testo, tanto sullInquisizione in se stessa e nelle diverse epoche in cui ha funzionato, quanto sulla politica dei re che la istituirono e la mantennero. Per questo motivo riporter qui alcuni documenti che possono spargere ulteriore luce su questa importante materia. Ecco innanzi tutto il preambolo delleditto di D. Ferdinando e di Donna Isabella sullespulsione degli Ebrei, dove in poche parole vengono descritti i danni che da questi subiva la religione, e i pericoli dai quali lo stato era minacciato. Lib. 8, tit. 2, leg. 2 della nuova compilazione. D. Ferdinando e Donna Isabella in Granata nellanno 1492 ai 30 di marzo. Prammatica. Essendo noi stati informati che in questi nostri regni cerano alcuni cattivi Cristiani che giudaizzavano e apostatavano dalla nostra santa fede cattolica, della qual cosa era in gran parte motivo la familiarit tra Ebrei e Cristiani, nelle Cortes tenute nella citt di Toledo lanno 1480 comandammo e ordinammo che i

detti Giudei in tutte le citt, terre e villaggi dei nostri regni e signorie dovessero restare nei ghetti, luoghi separati dove vivere e dimorare, con la speranza che questa separazione rimuovesse il male. Abbiamo procurato ancora e dato ordine, che si facesse uninquisizione nei detti nostri regni, la quale, come ben sapete, sono pi di dodici anni che si fatta e si fa, e in questo modo, come noto, si sono trovati molti colpevoli; e come siamo informati dagli inquisitori e da molte altre persone religiose ecclesiastiche e secolari, manifesto e costante il gran danno che venuto e viene ai Cristiani dalla partecipazione, conversazione, e familiarit, che hanno avuto e hanno con gli Ebrei, dei quali si prova che procurano sempre, in tutte le maniere possibili, di sovvertire e sottrarre dalla nostra santa fede cattolica i fedeli cristiani, e separarli da questa fede e attirarli pervertendoli alla loro dannata credenza ed opinione, istruendoli nelle cerimonie e nellosservanza della loro legge, facendo adunanze nelle quali leggono ed insegnano quello che devono credere ed osservare secondo la legge ebraica, cercando di circoncidere loro e i loro figli, dando libri per recitare le loro orazioni e comunicando i digiuni che devono osservare, e riunendosi con loro a leggere, e insegnando le storie della suddetta legge, avvertendo delle pasque prima che arrivino, e avvisando di ci che in esse devono osservare e fare, dando loro e portando dalla propria casa il pane azzimo e le carni degli animali uccisi secondo le cerimonie mosaiche, istruendoli delle cose da cui si devono astenere tanto nel mangiare quanto nelle altre circostanze per losservanza della legge, e persuadendo loro, per quanto possono, di accettare ed osservare la legge di Mos, facendo intendere che non vi altra legge n verit fuori di quella. Tutte queste cose risultano dai molti discorsi, e dalle confessioni sia degli stessi Ebrei, che di coloro che furono pervertiti ed ingannati da essi; la qual cosa si risolta in gran danno, detrimento ed obbrobrio della nostra santa fede cattolica. E sebbene da molte parti prima dora fossimo stati informati e conoscessimo che il vero rimedio di tutti questi danni ed inconvenienti sta nel troncare per sempre i rapporti dei detti Giudei con i Cristiani, e cacciarli da tutti i nostri regni, volemmo accontentarci di ordinare che uscissero da tutte le citt, terre e villaggi dellAndalusia, dove sembrava che fosse stato fatto il maggior danno, credendo che questo bastasse affinch quelli delle altre citt, terre e villaggi dei nostri regni e signorie cessassero di fare e commettere le suddette cose; e poich siamo informati che tutto questo, e le condanne che sono state comminate ad alcuni dei detti Ebrei che erano stati trovati colpevoli di detti misfatti e delitti contro la nostra santa fede cattolica, non bastano per porre completamente rimedio, al fine di ovviare e di rimediare perch cessi un cos grande obbrobrio e offesa della fede e religione cristiana, e poich ogni giorno capita ed appare che i detti Ebrei insistono nel continuare il cattivo e dannato proposito dove vivono e conversano, e perch non si dia adito ad offendere oltre la nostra santa fede cattolica, sia per quelli che fino ad oggi il Signore ha voluto conservare, che per quelli che caddero, e si emendarono, e ricorsero alla santa madre Chiesa, cosa che, secondo la debolezza della nostra umanit e linfluenza diabolica che ci fa una continua guerra, potrebbe facilmente accadere se non eliminiamo la causa principale cacciando i detti Ebrei dai nostri regni; e perch quando alcun grave e detestabile delitto viene commesso da alcuni membri di qualche collegio od

universit la ragione vuole che quel tale collegio od universit sia disciolto e distrutto e separati i minori dai maggiori, e gli uni siano puniti per gli altri, e il piccolo numero per il maggiore; e quelli che pervertono il buono ed onesto vivere delle citt e delle campagne potendo influire negativamente sugli altri siano banditi dalle popolazioni, ed anche per altre pi lievi cause che siano a danno della repubblica; tanto pi per il maggiore dei delitti, e il pi pericoloso e contagioso, quale questo. Per cui noi, col consiglio e il parere di alcuni prelati ecc.. Qui non si tratta di esaminare se in queste accuse fatte agli Ebrei vi fosse o no un podi esagerazione, bench secondo tutte le apparenze, considerando i rapporti in cui erano i popoli rivali, vi doveva essere un gran fondo di verit. E si noti che sebbene nel preambolo della prammatica i sovrani si astengano dallaccusare gli Ebrei di mille altre colpe che comunemente addebitava loro il popolo, tuttavia le lamentele che circolavano erano tanto forti che avranno certamente influito non poco ad aggravare la situazione degli Ebrei e muovere lanimo dei re a trattarli con durezza. Quanto alla diffidenza con cui erano guardati i Mori e i loro discendenti, oltre ai fatti gi indicati se ne possono illustrare altri che manifestano una disposizione danimo tale, nei loro confronti, che erano visti come se stessero continuamente cospirando contro i vecchi Cristiani. Era trascorso circa un secolo dopo la conquista di Granata, e si temeva ancora che quel regno fosse il centro delle trame ordite dai Mori contro i Cristiani, e che di l provenissero perfide informazioni ai nemici della Spagna e gli aiuti per ogni sorta di misfatti che venivano commessi sulle coste contro le persone indifese. Si legga questo atto del 1567 emanato da Filippo II: Lib. 8, tit. 2 della nuova compilazione. Leg. 20, che impone gravi pene agli abitanti del regno di Granata che nascondessero o accogliessero o favorissero Turchi o Mori o Ebrei, o dessero loro notizie, o fossero in corrispondenza con loro. D. Filippo II, in Madrid l 10 dicembre dellanno 1567. Essendo noi stati informati, che nonostante tutto quello che per la difesa e la sicurezza dei mari e delle coste dei nostri regni abbiamo provveduto tanto per mare che in terra, e specialmente nel regno di Granata, i Turchi, i Mori , i corsari e altri hanno fatto e fanno nel detto regno, nei porti e sulle coste e luoghi marittimi e altri circostanti, ruberie, torti, danni e sequestri di Cristiani, che sono di pubblica conoscenza, e che si dice che hanno potuto e possono fare con facilit e sicurezza mediante il commercio e la connivenza che hanno avuto ed hanno con alcuni conterranei, i quali li avvisano, li guidano, li accolgono, li nascondono e dnno loro appoggio e aiuto, passando alcuni di essi dalla parte dei detti Mori e Turchi, e portandosi appresso le mogli, i figli e la roba, e i Cristiani e la roba di questi che possono avere nelle loro mani; e che altri dei detti loro conterranei, che sono stati partecipi e consapevoli, rimangono nel paese e non sono stati n sono castigati n pare che si sia provveduto con quel rigore interamente e particolarmente come converrebbe; e vi molta difficolt nel verificare ed informare, ed anche trascuratezza e negligenza nei processi e nei giudici che dovevano inquisire e castigare; essendo tutto questo stato trattato e discusso nel

nostro Consiglio, affinch si provveda come a cosa di tanta importanza al servizio di Dio nostro Signore, e al nostro, e al bene pubblico, riunitosi il Consiglio con noi, fu convenuto che dovessimo spedire questo nostro editto, ecc.. Passavano gli anni e i due popoli continuavano ad essere divisi dallodio; e nonostante i molti colpi ricevuti dai maomettani, i Cristiani non si dichiaravano soddisfatti. molto probabile che un popolo, che aveva sofferto e stava tuttora soffrendo tante umiliazioni, cercasse di vendicarsi; e pertanto non tanto improbabile che realmente esistessero le congiure di cui i Mori erano accusati. Comunque sia, questa era lopinione generale, e per tale motivo il governo si trovava in un serio avvilimento. A conferma di questo si legga ci che scritto nella legge per lespulsione dei Moreschi, emanata nel 1609 da Filippo III: Lib. 8, tit. 2. della nuova compilazione. Leg. 25. Perch furono cacciati i Moreschi dal regno; le cause che vi furono, e il mezzo che si us per lesecuzione. D. Filippo III, in Madrid l 9 dicembre 1609. Avendo per molto tempo fatto in modo che i Moreschi potessero restare in questi regni, ed essendo stati comminati dal S. Uffizio della S. Inquisizione diversi castighi, e concessi molti editti di grazia, non omettendo mezzi e impegni per istruirli sulla nostra santa fede senza aver potuto conseguire il frutto che si desiderava, perch nessuno si convertito ma si confermato nella sua ostinazione; e visti i pericoli da cui erano minacciati i nostri regni per esservi costoro rimasti, ci si rappresent da persone assai dotte e di molto timor di Dio, che conveniva porvi un immediato rimedio, e che la dilazione potrebbe aggravare la nostra reale coscienza perch questa gente offende molto nostro Signore, venendo noi assicurati che potremmo senza scrupolo alcuno castigarli nella vita e nei beni, perch il persistere nei loro delitti li rendeva consapevoli di eresia, di apostasia e di tradimento di lesa Maest Divina ed umana, e che proprio per questo si potrebbe procedere contro di loro con quel rigore che meritano le loro colpe. Tuttavia, desiderando di convincerli con mezzi soavi e blandi, comandai che si formasse nelle citt e regno di Valenza un tribunale del Patriarca e di altri prelati e persone dotte, affinch vedessero che cosa si poteva ordinare e disporre; ed essendosi saputo che nel tempo medesimo in cui si stava trattando di rimediare, quelli di quel regno e quelli di questi progredivano nel loro dannoso progetto; e sapendosi per notizie certe e vere che hanno spedito a Costantinopoli a trattare col Turco, e in Marocco col re Buley Fidon, affinch spedissero in questi regni le maggiori forze che potessero in loro aiuto e soccorso assicurandoli che troverebbero in questi regni centocinquanta mila Mori come quelli di Barberia, che li assisterebbero con la vita e con i loro beni, assicurando la facilit dellimpresa; avendo essi tentato ugualmente la stessa pratica con eretici ed altri prncipi nostri nemici; considerate tutte queste cose, e per soddisfare lobbligo che abbiamo di conservare e mantenere nei nostri regni la santa fede cattolica romana, e la sicurezza, la pace e la tranquillit nei medesimi, col parere e consiglio di uomini dotti e di altre persone molto zelanti nel servizio di Dio e mio, comandiamo che tutti i Moreschi abitanti in questi regni, sia uomini che donne e bambini di qualunque condizione, ecc..

Ho detto che i Papi gi fin dal principio cercarono di mitigare i rigori dellInquisizione spagnola, ora con lammonire i re e gli inquisitori, ora con laccogliere le istanze degli accusati e dei condannati. Ho aggiunto anche che la politica dei re, i quali temevano che le nuove idee religiose recassero al popolo confusione e disturbo, aveva creato imbarazzo ai Papi, impedendo loro di usare quei mezzi di benevolenza e dindulgenza come avrebbero voluto. A conferma di questa mia asserzione sceglier, tra gli altri documenti, uno che mostra lirritazione dei re di Spagna per la protezione che gli accusati dallInquisizione trovavano a Roma. Lib. 8, tit. 3, leg. 2 della nuova compilazione. Che i condannati dallinquisizione, che sono assenti da questi regni, non vi ritornino sotto pena di morte e della perdita dei loro beni. D. Ferdinando e Donna Isabella in Saragozza ai 2 di agosto 1498. Prammatica. Siccome alcune persone condannate per eresia dagli inquisitori si allontanano dai nostri regni andando in altre parti dove con false relazioni e formalit indebite hanno impetrato abusivamente esenzioni ed assoluzioni, commissioni, sicurezze ed altri privilegi al fine di sottrarsi a tali condanne e pene in cui erano incorse rimanendo nei loro errori, e in questo modo tentano di ritornare nei nostri regni; volendo quindi estirpare un male cos grande comandiamo che siffatte persone condannate non abbiano lardire di tornare, e non ritornino n rivengano nei nostri regni e signorie per nessuna via, maniera, causa, o ragione che sia, sotto pena di morte e perdita dei beni, nella qual pena vogliamo e comandiamo che per questo medesimo fatto incorrano; e che la terza parte dei detti beni sia per la persona del denunziante, la terza parte per la giustizia, e laltra terza parte per la nostra camera; e comandiamo alle dette autorit giudiziarie, e a ciascuna, e a qualsivoglia di esse nei loro luoghi e giurisdizioni, che ogni volta e quando sapessero che alcune delle persone suddette stessero in qualche luogo di loro giurisdizione, senza aspettare altra richiesta vadano nel luogo ove si trova tale persona, la prendano, ed eseguano immediatamente e facciano eseguire sulla persona e sui beni le dette pene da noi imposte secondo quanto abbiamo detto, senza tener conto di nessuna esenzione, riconciliazione, sicurezza ed altri privilegi che abbiano, i quali in questo caso non hanno alcun valore riguardo alleffetto delle pene suddette. E questo ordiniamo che facciano e adempiano cos, sotto pena e perdita e confisca di tutti i loro beni; alla quale pena incorreranno anche tutte le altre persone che nascondessero queste di cui abbiamo detto, o le accogliessero, o sapessero dove stanno e non le notificassero alle dette nostre autorit; e comandiamo a tutti i grandi, ai consiglieri, e alle altre persone dei nostri regni che prestino appoggio e aiuto alle nostre autorit giudiziarie ogni qual volta e quando lo richiedessero e vi fosse bisogno per adempiere ed eseguire quanto si detto, sotto le pene che saranno imposte dalle autorit stesse. Dal documento che abbiamo riportato si capisce che gi nel 1498 le cose erano arrivate a un punto tale che i re si proponevano di sostenere ad ogni costo il rigore dellInquisizione; e che si ritenevano offesi perch i Papi si intromettevano per attenuarlo. Questo dimostra da chi proveniva la durezza con

la quale erano trattati i rei, e rivela anche una delle cause per cui lInquisizione spagnola talvolta fece uso delle sue facolt con una severit eccessiva. Quantunque non fosse un mero strumento della politica dei re come alcuni hanno detto, ne risentiva per alquanto linfluenza; e ben si sa che la politica, quando si tratta di eliminare un avversario, non solita mostrare troppa compassione. Se lInquisizione di Spagna si fosse trovata allora sotto lesclusiva autorit e direzione dei Papi sarebbe stata nella sua condotta molto temperata e benigna. Lintenzione dei re di Spagna in quel tempo era che i giudizi dellInquisizione fossero definitivi e senza possibilit di appellarsi a Roma. Cos la regina Isabella aveva chiesto espressamente al Papa; ma i sommi Pontefici non volevano cedere a una simile sollecitazione, prevedendo sicuramente labuso che poteva derivare da unarma cos terribile il giorno in cui le mancasse il freno di unautorit moderatrice. Dai fatti finora citati si pu vedere se ho detto il vero quando affermai che se si giustifica la condotta di Ferdinando e Isabella riguardo allInquisizione, non si poteva biasimare quella di Filippo II; perch i re cattolici si mostrarono pi severi e pi duri di questo sovrano. Ho gi indicato il motivo per cui stata condannata senza alcuna piet la condotta di Filippo II, ma bisogna anche mostrare perch, viceversa, stata scusata con tanta ostentazione la condotta di Ferdinando e Isabella. Quando si vuole falsificare un fatto storico, calunniando una persona o unistituzione, sincomincia simulando buonafede e imparzialit; per cui ci si mostra indulgenti verso quelle stesse cose che si vogliono condannare, facendo per in modo che questa indulgenza sembri una concessione fatta gratuitamente ai nostri avversari, oppure appaia come un sacrificio che facciamo delle nostre opinioni e dei nostri sentimenti sullaltare della ragione e della giustizia, che sono la nostra guida e il nostro modello. In tal caso predisponiamo chi legge o chi sente a considerare la condanna che stiamo per pronunciare come una sentenza dettata dalla pi scrupolosa giustizia, in cui non abbia avuto parte alcuna passione, n lo spirito di parzialit, n idee riflesse. Come dubitare della buona fede, dellamore per la verit, e della mancanza di parzialit di un uomo che giustifica quel tale personaggio che, considerando le sue opinioni personali, dovrebbe invece condannare? Questo il caso di coloro di cui stiamo parlando: volevano attaccare lInquisizione, ma la protettrice di questo tribunale, e in certo modo colei che lha istituito, era stata proprio la regina Isabella, nome illustrissimo che gli Spagnoli hanno sempre pronunciato col massimo rispetto, regina immortale, uno dei pi begli ornamenti della nostra storia. Che fare in un tale imbarazzo? Il mezzo era semplice: poco o nulla importava che gli Ebrei e gli eretici fossero stati trattati con tutto il rigore al tempo dei re cattolici, che questi sovrani con la loro severit siano andati pi in l degli altri loro successori: bisognava chiudere gli occhi su questi fatti e giustificare la loro condotta col far notare i gravi motivi che li spingevano ad usare il rigore della giustizia. Cos si schivava la difficolt di evitare di macchiare la memoria di una grande regina amata e rispettata da tutti gli Spagnoli, e rimaneva aperta la strada per accusare senza piet Filippo II. Questo sovrano aveva contro di s le proteste unanimi di tutti i Protestanti per la semplice ragione che ne era stato il pi potente avversario; e in tal modo non era difficile far ricadere su di lui tutto leccesso di

questa mistificazione. Questo risolve lenigma, questo spiega la ragione di una faziosit cos ingiusta e lipocrisia dellopinione che, scusando i re cattolici, condanna senza appello Filippo II. Senza voler giustificare su ogni cosa la politica di questo sovrano, ho presentato alcune riflessioni che possono servire a moderare alquanto i forti attacchi diretti contro di lui dai suoi avversari; mi manca solamente dinserire qui i documenti ai quali ho fatto allusione, onde provare che lInquisizione non era un mero strumento della politica di questo principe, e che egli non ebbe intenzione di stabilire in Spagna un regime oscurantista. D. Antonio Perez nelle sue Relazioni, nelle note ad una lettera del confessore del re, Fra Diego di Chaves, nella quale questi afferma che il principe laico ha potere sulla vita dei sudditi e vassalli, dice: Non riferir tutti i giudizi che ho sentito su alcune di queste proposizioni, poich non questo di mia competenza. Quelli a cui spetta lo capiranno subito nellascoltarle; dir solamente che, stando io a Madrid, fu condannata dallInquisizione una proposizione che un tale (non importa dire chi fosse) pronunci in un sermone a S. Girolamo di Madrid in presenza del re cattolico: cio, che i re hanno il potere assoluto sulle persone e sui beni dei loro vassalli. Oltre ad alcune altre pene particolari, questo tale fu condannato a ritrattarsi pubblicamente nel medesimo luogo con tutta lufficialit di un atto giuridico, come fece infatti dal medesimo pulpito, dicendo di aver pronunciata quella proposizione in quel giorno e che la ritrattava come proposizione erronea. Poich o signori, (disse precisamente queste parole leggendo su una carta scritta) i re non hanno altro potere sui vassalli che quello che concesso loro dal diritto divino e umano, e non gi dalla loro libera ed assoluta volont. E so anche chi fu la persona che giudic la proposizione e compil le parole stesse che il reo doveva pronunciare, con sommo piacere del compilatore, il quale ci teneva che si estirpasse unerba tanto velenosa che egli sentiva che stava crescendo, come infatti si visto successivamente. Tale uomo (questo lo voglio nominare) fu il maestro F. Ferdinando del Castello: fu lui che prescrisse ci che doveva dire laccusato. Egli era consultore del S. Uffizio, predicatore del re, uomo di eccellente dottrina ed eloquenza, molto conosciuto e stimato particolarmente in Spagna e in Italia. Il dottor Velasco, personaggio autorevole del suo tempo, diceva di lui che non aveva mai visto chitarra tanto soave nelle mani di Fabrizio Dentici, quanto lo era la lingua del maestro F. Ferdinando del Castello per chi ludiva. Si legge a pag, 47 del testo: Io so che queste parole furono giudicate molto scandalose da persone illustri per dignit, cultura, per avere il cuore puro in un petto cristiano; e fra queste una persona che in Spagna occupava il primo posto nella religione cattolica, e che prima aveva avuto una carica nel tribunale supremo dellInquisizione. Perez dice poi che questa persona era il nunzio di Sua Santit. (Relazioni di Antonio Perez, Parigi 1624). Il passo importante della lettera citata di Filippo II al dottore D. Benedetto Aria Montano dice cos: Quello, che voi Dottor ecc., mio cappellano, dovete fare ad Anversa, dove vi mando. Data di Madrid 25 marzo 1568. Oltre a fare al detto Plantino questo servizio e questi buoni uffici, bene che

sappiate che io fin da questo momento ho destinato i seimila scudi che gli sono stati dati in prestito affinch, man mano che vengono recuperati, si spendano in libri per il real monastero di S. Lorenzo dellordine di S. Girolamo, che sto facendo fabbricare, come sapete, vicino allEscurial. E cos vi ho avvertito di questo mio fine ed intenzione affinch conformandovi ad essa mettiate la massima diligenza nel raccogliere tutti i libri migliori, sia stampati che manoscritti, che voi, come persona che tanto se ne intende, crederete convenienti, per farli pervenire e riporli nella biblioteca del detto monastero, essendo questa una delle principali ricchezze che io vorrei lasciare ai religiosi che dovranno dimorarvi, come la pi utile e necessaria. Per questo motivo ho ordinato anche a D. Francesco De Alaba, mio ambasciatore in Francia, che procuri di avere i migliori libri che potr in quel regno; e voi dovete accordarvi con lui su questo particolare, ed io gli far scrivere che faccia lo stesso con voi. Perch prima di fame lacquisto, vi dovr mandare il catalogo di quelli che riuscir a trovare e i loro prezzi, e voi gli segnalerete quali dovr prendere e quali lasciare, e quanto potr dare per ciascuno di essi. E quelli che avr comprato ve li mander ad Anversa affinch voi li approviate e a suo tempo li spediate qui tutti insieme. Nel regno di Filippo II, di questo sovrano che ci dipingono come uno dei principali fautori delloscurantismo, si cercavano nei paesi stranieri libri scelti tanto stampati che manoscritti per arricchire le biblioteche spagnole; nel nostro secolo, che chiamiamo di luce, sono state spogliate le biblioteche spagnole, e i loro tesori sono andati a finire in quelle degli stranieri. Chi non sa delle raccolte che si sono fatte in Inghilterra dei nostri libri e manoscritti? Si consultino glindici del museo di Londra e di altre biblioteche particolari: chi scrive queste note parla di quello che ha visto con i propri occhi, e che ha sentito deplorare da persone di altissimo merito. Quando ci mostriamo cos trascurati nel conservare i nostri tesori, cerchiamo almeno di non essere cos ingiusti e puerili da inveire senza validi motivi contro quegli stessi che ce li avevano trasmessi in eredit.

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