You are on page 1of 66

DIFETTI NEI MATERIALI

SOLIDS ARE LIKE PEOPLE. IT IS THEIR DEFFECTS THAT MAKE THEM INTERESTING Nei materiali si possono individuare alcuni tipi di difetti 1. Difetti PUNTUALI [chiamati 0-D] 2. Difetti DI LINEA (detti dislocazioni) [1-D] 3. Difetti SUPERFICIALI [2-D] 4. Difetti DI VOLUME [3-D] La quantita e il tipo di difetti presenti in un materiale molto spesso ne determinano le proprieta chimico-fisiche e meccaniche. Vedremo inoltre che, processi tecnologici quali ricottura, sinterizzazione o fenomeni quali ossidazione e creep vengono influenzati in maniera sostanziale dalla presenza di questi difetti. Comunque non sempre la presenza di difetti viene vista dall ingegnere come un problema. Spesso dei difetti vengono introdotti ad arte per esaltare certe proprieta (ad esempio elettriche) di alcuni materiali. Vediamo alcuni esempi: La conducibilita del silicio aumenta di 10.000 volte semplicemente aggiungendo lo 0.01% di arsenico La presenza di dislocazioni permette la deformazione plastica dei metalli. Materiali senza dislocazioni sono invece fragili e quindi molto difficili da usare da parte degli ingegneri.

Questo gioiello deve il suo colore a difetti di boro presenti al suo interno

DIFETTI PUNTUALI

Sono difetti presenti in regioni del reticolo cristallino e coinvolgono uno o pochi atomi. I solidi cristallini sono sempre caratterizzati dal reticolo cristallino, una struttura poliedrica ordinata costituita da celle elementari, ai cui vertici (o posizioni nodali) si trovano gli atomi della sostanza.

Se tutte le posizioni nodali sono occupate da atomi il reticolo e perfetto, altrimenti, si dice che in esso sono presenti dei difetti puntuali.

In ogni materiale e sempre presente, ad ogni temperatura, una quantita non trascurabile di difetti puntuali che influenza le loro proprieta chimico-fisiche e meccaniche. Tali difetti, come vedremo, sono prodotti termicamente, ma sono a volte conseguenza di processi tecnologici cui il materiale e stato sottoposto, e spesso sono introdotti in modo artificiale per esaltarne alcune proprieta (si pensi all'indurimento di un metallo per soluzione solida oppure difetti introdotti per alterare la conducibilita elettrica). I difetti dipendono dalla struttura del reticolo cristallino del materiale in questione. Si possono definire due casi fondamentali:

1. Nei metalli o in elementi aventi struttura cristallina si hanno VACANZE, cioe siti del reticolo cristallino non occupati da nessun atomo 2. DIFETTI INTERSTIZIALI , cioe atomi dello stesso elemento (o di elementi diversi) situati in una posizione interstiziale. 3. Nel caso di composti si hanno difetti analoghi, che pero agiscono in coppia: nei cristalli ionici si ha il DIFETTO DI SCHOTTKY quando viene a mancare una coppia di ioni di carica opposta (ovviamente cio accade affinche il materiale mantenga la neutralita di carica locale nell'ambito del reticolo), mentre in altri composti i DIFETTI DI FRENKEL che sono la combinazione di una vacanza e di un interstiziale.

Fig. 1 Difetto di Frenkel

Fig. 2 Difetto di Schottky

Tra i difetti del primo tipo si possono inserire anche i sostituzionali , atomi di un elemento diverso da quello predominante che vanno a sostituirsi ad esso nelle posizioni nodali del reticolo. Questa tipologia pero e stata gia inquadrata nel contesto piu ampio delle soluzioni solide. In generale quindi i difetti puntuali hanno le seguenti tipologie:

Fig. 3 (a) vacanza, (b) atomo interstiziale, (c) atomo sostituzionale piccolo, (d) atomo sostituzionale grande, (e) difetto di Frenkel, (f) difetto di Schottky.

I difetti puntuali agiscono sull' impacchettamento perfetto degli atomi circostanti, inducendo concentrazioni di stress di trazione, nel caso di vacanze, di interstiziali o sostituzionali di dimensione minore degli atomi circostanti, e di compressione, nel caso di atomi di dimensioni maggiori. L'effetto non e circoscritto ma coinvolge centinaia di posizioni reticolari. Vedremo in seguito che un difetto di linea (chiamato dislocazione) responsabile della deformazione plastica dei metalli, quando incontra una zona in cui gli atomi non sono nella posizione di equilibrio, ha bisogno di piu forza applicata per poter superare il difetto; questo fenomeno e utilizzato nei metalli per innalzarne il limite di snervamento, tramite l' introduzione di difetti nel materiale (indurimento per soluzione solida)

Fig. 4 Influenza dei difetti sul moto (diffusione) di altri atomi

Le v a c a n z e sono prodotte da imperfezioni di impacchettamento durante la cristallizzazione o da vibrazioni reticolari termiche ad alta temperatura. Vacanze possono venir prodotte anche da deformazioni plastiche, da temperatura o da radiazioni (raggi ). La concentrazione di vacanze nei materiali puri e a bassa temperatura e molto bassa, circa una vacanza ogni 108 atomi. Ad alta temperatura (vicino alla temperatura di fusione del materiale considerato) invece il numero di vacanze e maggiore, circa 1 vacanza ogni 103 atomi. Le vacanze sono molto importanti perche consentono agli atomi di muoversi nel reticolo cristallino e quindi influiscono in maniera sostanziale sulla velocita di diffusione degli atomi stessi nel reticolo cristallino. La loro presenza e concentrazione e quindi vitale in processi quali sinterizzazione, creep, ossidazione, cementazione etc.

Le vacanze sono state postulate per la prima volta dallo scienzato russo Frenkel nel 1926.

Dipendenza dalla temperatura dei difetti puntuali


La velocita di molti processi legati alla scienza dei materiali e all'ingegneria aumenta esponenzialmente con la temperatura; e il caso, ad esempio, della deformazione a creep, o della diffusivita in una lega metallica. Vedremo qui che anche la produzione di difetti puntuali in un materiale ha questa caratteristica.

L'equazione che descrive questi processi e:

Q v = c exp RT

(1)

Dove v e la velocita, C una costante preesponenziale indipendente dalla temperatura, Q l' energia di attivazione, R la costante universale dei gas e T la temperatura assoluta. Solitamente ci si riferisce a questa relazione con il nome di equazione di Arrhenius.

Lequazione (1) puo venir scritta anche come:

ln v = ln C

Q RT

(2)

se ora si traccia il diagramma di ln v rispetto al reciproco della temperatura assoluta si ottiene una linea retta (si veda la figura). La pendenza della retta, detta Arrhenius plot e -Q/R, e l'estrapolazione della retta a 1/T=0 da come intercetta ln C.

Fig. 5 Un tipico grafico di Arrhenius

Dunque conoscendo la velocita del processo a due diverse temperature e possibile determinare la velocita a una terza temperatura, o analogamente, conoscendo la velocita a una temperatura qualsiasi e l'energia di attivazione Q , e possibile determinare la velocita a qualsiasi altra temperatura. In generale, comunque, questo grafico viene utilizzato per ricavare il valore di Q tramite la misurazione della pendenza della retta. Nei solidi cristallini quindi l'attivazione termica causa la vibrazione continua del reticolo, in accordo con l'equazione di Arrhenius; i difetti puntuali derivano proprio da questa vibrazione: quando l'energia di un atomo supera un certo valore quell'atomo produce un difetto. A una data temperatura l'energia termica di un materiale e fissa ma, secondo la distribuzione di Maxwell-Boltzmann, una certa frazione di atomi avra energia termica sufficiente a produrre difetti, inoltre, il numero di questi atomi aumentera esponenzialmente con la temperatura; tutto cio si illustra con la seguente relazione:

E n = c exp N k T

(3)

n e il numero di difetti presenti a una temperatura T, N e il numero di posizioni reticolari. Quindi n/N e la frazione di atomi che producono difetti, C e la costante preesponenziale, E e l'energia richiesta per creare un singolo difetto puntuale nel reticolo cristallino e k e la costante di Boltzmann. Ovviamente l'energia E e diversa per ogni tipo di materiale e difetto considerato (vacanze, interstiziali...). Ad esempio lenergia (E) per creare un difetto nel rame e pari a 1.17 eV mentre per l alluminio e 0.76 eV.

DIFFUSIONE ALLO STATO SOLIDO


La presenza di difetti in un solido cristallino permette la migrazione di atomi (dello stesso elemento o di un altro) tra zone diverse del reticolo cristallino. Il fenomeno e chiamato diffusione allo stato solido, ed e peraltro molto difficile in assenza di difetti puntuali,. La diffusione avviene appunto tramite le vacanze (e la direzione del moto dell'atomo e opposta a quella della vacanza) o per via interstiziale.

Il caso che si presenta piu frequentemente e il seguente:

Sebbene ogni atomo di A o B abbia la stessa probabilita di migrare in qualunque direzione possibile, la concentrazione di A sul lato sinistro del sistema e quella di B sul lato destro causeranno un flusso uniforme di atomi di A nel solido B, e viceversa.

Matematicamente, la diffusione e rappresentabile con alcune espressioni note come le leggi di Fick.

La prima legge di Fick e:

Jx = D

c x

(4)

dove Jx e il flusso della diffusione nella direzione orientata x dovuto a un gradiente di concentrazione (c/x). Il coefficiente di proporzionalita D e detto diffusivita. Come e evidente dalla figura precedente, il gradiente di concentrazione in un certo punto del processo diffusivo varia con il tempo, t; questo porta alla seconda legge di Fick:

Cx Cx = D t x x
semplificata:

(5)

Se si suppone D indipendente dalla concentrazione, allora la legge assume questa forma

Cx 2 Cx = t x2

(6)

Quest'ultima equazione e comunemente usata per analizzare la diffusione di una sostanza all'interno di un materiale solido mentre la concentrazione superficiale della specie chimica che sta diffondendo, Cs rimane costante. Questo tipo di diffusione viene largamente usato nell'industria, ad esempio nella cementazione o nella nitrurazione dei metalli. Data dunque la suddetta condizione iniziale l'equazione della seconda legge ha la seguente soluzione:

x C x C0 = 1 erf Cs C0 2 D t

(7)

dove C0 e la concentrazione iniziale della specie diffondente nel solido, C x la concentrazione a distanza x dalla superficie del solido e erf e la funzione errore di Gauss, i cui valori sono disponibili in tabelle matematiche.

Finora si e parlato di diffusione assumendo implicitamente che la temperatura fosse fissa, ma poiche la diffusione, come si e detto, dipende nei solidi dai difetti puntuali, e chiaro che essa sara favorita da un elevato numero di vacanze presenti; dipendera, percio, da una equazione di tipo Arrhenius:

D = D0 exp (

Q ) kT

(8)

dove D0 e la costante preesponenziale e Q l'energia di attivazione per l'inizio della diffusione nelle vacanze, che generalmente non coincide con l'energia necessaria per formare il difetto (E). In questo caso e l'energia necessaria perche il difetto si muova con movimento interstiziale. I dati ricavati da questa equazione vengono riprodotti su un Arrhenius plot. Comunemente si preferisce tabulare i dati in termini di quantita molari; si utilizza, cioe, un'energia di attivazione data per mole:

D = D0 exp (

Q ) RT

(9)

dove R e la costante universale dei gas. La figura che segue riunisce gli Arrhenius plot per alcuni sistemi metallici, e la tabella da i parametri dell'equazione di Arrhenius per gli stessi.

Si noti, ad esempio, come il carbonio diffonda (con meccanismo interstiziale) piu velocemente nel ferro BCC che non nel ferro FCC (nella tabella, Q BCC < Q FCC). Chiaramente, questo e causato dalla maggior apertura della struttura BCC. Analogamente, la diffusione dello stesso Fe (attraverso le vacanze) e piu veloce nel ferro BCC che non nel ferro FCC.

STRESS SFORZO
Si definisce sforzo o stress () il rapporto tra la forza(F) e la superficie (A) su cui agisce la forza stessa. Lo stress si misura in [MPa].

F A

Si definisce invece deformazione () il rapporto tra la variazione di lunghezza (l-l0) del provino e la lunghezza iniziale (l0) del provino stesso. La deformazione e adimensionale

l l0 l0

le due quantita (stress e deformazione) sono legate dall equazione di Hook

=E
dove E e il modulo di Young o modulo elastico [MPa o piu spesso in GPa]. Il modulo di Young rappresenta la forza dei legami interatomici e quindi ci da una misura della rigidita (stiffness) di un materiale. Un materiale con elevato modulo di Young e molto rigido cioe si deforma poco quando viene caricato.

Bisogna sottolineare che il modulo di Young dipende solo ed esclusivamente dalla forza di legame perci ad esempio ogni tipo di acciaio avra un modulo di Young di circa 200 GPa ma attraverso trattamenti termici o termo-meccanici la resistenza a trazione dello stesso acciaio potra variare anche di un ordine di grandezza.

Quando si deforma un materiale (ad esempio a trazione) il materiale si allunga e contemporaneamente si contrae.

Il rapporto tra queste due deformazioni e detto Rapporto di Poisson () (adimensionale)

= t a
t e la deformazione trasversale, a quella assiale. Per quasi tutti i materiali il rapporto di Poisson varia tra 0.25 e 0.3. Analogamente al modulo di Young si puo definire anche un modulo di taglio (G) dato da

=G
dove e lo stress di taglio e e la deformazione a taglio

Le tre quantita, E, G e sono legate dalla relazione

G=

E 2(1 + )

Concludiamo con alcuni dati interessanti e da ricordare!!!!! Materiale Acciaio Titanio Alluminio Magnesio Allumina Carburo di silicio (SiC) Tungsteno E (GPa) 200 115 69 45 400 340 Densita (g/cm3) 7.8 4.5 2.7 1.7 4 3 19.3 Temp. fusione 1538 1668 660 650 2050 2300 3370

Anche da questa semplice tabella e possibile vedere come il rapporto / per i materiali ceramici sia di gran lunga migliore rispetto a quello dei metalli. Ecco quindi che si giustificano tutti gli studi sulle possibili applicazioni strutturali delle ceramiche ad alta temperatura. Purtroppo i materiali ceramici sono ancora troppo fragili

DIFETTI DI LINEA DISLOCAZIONI

Fig. 6 Dislocazioni (linee e cerchi neri) in Nickel

Mentre I difetti puntuali sono associati a vibrazioni reticolari, quelli di linea e cioe le dislocazioni sono difetti che si creano durante la cristallizzazione (perche si possono avere orientazioni diverse di pezzi di reticolo cristallino) o durante la deformazione plastica di un materiale. In pratica una dislocazione e la mancanza di un filare di atomi e quindi uninterruzione nella periodicita del reticolo cristallino.

Fig. 7 Il mais puo essere un buon esempio di un filare di atomi in piu.

Normalmente in un materiale non deformato la densita di dislocazioni e dell ordine delle 105 106 dislocazioni/cm2. Mentre se il materiale e deformato questo valore sale a 1

circa 1010 1012. La densita viene fornita in dislocazioni/cm2 perche si tratta di cm di dislocazioni al cm3. Le dislocazioni sono dunque dei difetti nel reticolo cristallino. Se si applica uno stress al materiale, alcune dislocazioni possono muoversi allinterno del reticolo. Questo movimento ha delle importanti implicazioni sulle proprieta meccaniche dei materiali. In particolare solo ipotizzando il moto delle dislocazioni si puo spiegare lo sforzo di snervamento e la deformazione plastica dei materiali. Inoltre, se si riesce a rallentare il moto delle dislocazioni si puo aumentare la resistenza meccanica (lo vedremo in seguito).

Fig. 8 Dislocazione chiamata a spigolo

I primi ricercatori avevano calcolato che per deformare un reticolo cristallino perfetto era necessario uno stress notevole, dellordine dei 1 2 104 N/mm2 mentre in realta per deformare i materiali e sufficiente applicare uno stress molto piu basso e dell ordine dello 0.1 - 10 N/mm2. Questa discrepanza si puo spiegare solo se si ipotizzano le dislocazioni. In pratica la deformazione plastica avviene mediante rottura e ricostruzione di legami atomici allinterno del materiale. Se ci sono le dislocazioni questo meccanismo di rottura-ricostruzione richiede unenergia minore.

Fig 9. Scorrimento in un reticolo perfetto, situazione che richiede molta energia

Fig. 10 Scorrimento in un cristallo con presenza di dislocazione. La situazione richiede minore energia se confrontata con la situazione precedente

Fig 11 Ancora una situazione di scorrimento in presenza di dislocazione.

Fig.12 Il movimento della dislocazione puo venir associato al movimento di un millepiedi

Caratteristiche delle dislocazioni


Le dislocazioni si muovono piu facilmente nei metalli perche le posizioni del reticolo cristallino sono occupate tutte dallo stesso tipo di atomo e i legami coinvolti nel legame sono fortemente delocalizzati. Al contrario nei materiali con legami ionici le posizioni reticolari sono occupate da ioni di carica opposta. Analogamente i materiali con legami covalenti hanno appunto legami direzionali e forti che non sopportano nemmeno piccoli spostamenti. Per questa ragione i metalli sono duttili mentre i materiali ceramici sono fragili. La deformazione (detta anche scorrimento) avviene solo lungo certi SISTEMI DI SCORRIMENTO (combinazioni di un piano e una direzione di scorrimento). Questi piani sono quelli di massima densita atomica cioe dove gli atomi sono piu vicini e quindi la distanza interatomica e minore. I materiali BCC e HPC a causa della loro cristallografia hanno piu sistemi di scorrimento dei materiali FCC. I primi sono quindi piu duttili dei secondi. Allinterno del materiale vi sono delle sorgenti di dislocazioni (sorgenti di Frank-Read). Durante una deformazione plastica queste sorgenti fanno si che la densita delle dislocazioni aumenti. Come si e detto precedentemente il moto delle dislocazioni all interno del reticolo cristallino provoca la deformazione plastica. In pratica quando si applica uno stress ad un materiale si fornisce al materiale stesso dellenergia (area sottesa dalla curva sforzideformazioni). Questa energia (detta energia elastica di deformazione) inizialmente non e sufficiente a far muovere le dislocazioni e quindi viene incamerata dal materiale che si deforma elasticamente. Ad un certo punto (chiamato limite di snervamento o yield strength) lenergia fornita dallo stress applicato e sufficiente a far muovere le dislocazioni e quindi il materiale inizia a deformarsi plasticamente.

Fig 11 Classica curva sforzi deformazioni per un metallo. Landamento e lineare fino al limite di snervamento (comportamento elastico) poi inizia la deformazione plastica

DISLOCAZIONI E METODI PER AUMENTARE LA RESISTENZA DI UN MATERIALE


Quando un ingegnere deve progettare un componente o una struttura sceglie il materiale in base al suo limite di snervamento e non al suo limite di rottura. E molto conveniente che il materiale si possa deformare plasticamente prima di rompersi ma comunque il progetto viene sempre effettuato sulla base del limite i snervamento (in realta lingegnere si cautela ulteriormente dividendo il limite di snervamento per un coefficiente di sicurezza che a seconda delle applicazioni puo arrivare anche a 10). Se, come detto, in un materiale e veramente importante il suo limite di snervamento e se questo valore edefinito dallinizio del moto delle dislocazioni, per aumentare questo limite di snervamento si dovra cercare di rallentare il moto delle dislocazioni (NB. Si parla di rallentare perche se le dislocazioni sono del tutto bloccate il materiale diventa fragile e quindi difficilmente usabile da un ingegnere). Per far questo si possono usare vari metodi (NB. Molto spesso nella pratica quotidiana si usano contemporaneamente piu metodi perche i loro effetti sono sinergici) Questi metodi che saranno discussi tra poco nel dettaglio sono: Riduzione della dimensione dei grani Indurimento per soluzione solida Indurimento per precipitazione Indurimento per deformazione plastica

Riduzione della dimensione del grano

In questa figura si puo vedere come si formano i grani del materiale durante la sua cristallizzazione dalla fase liquida

Come detto precedentemente, quando si applica uno sforzo si raggiunge un valore limite oltre al quale le dislocazioni iniziano a muoversi. Si e anche detto che le dislocazioni si muovono solo lungo alcuni sistemi di scorrimento. Quando pero le dislocazioni incontrano un bordo di grano devono superarlo per poter poi muoversi allinterno del grano successivo. Il disordine atomico che si ha al bordo di grano crea una discontinuita nel sistema di scorrimento della dislocazione e quindi e necessario fornire ulteriore energia (aumentare lo stress) per far continuare a scorrere la dislocazione stessa.

E chiaro quindi che tanto piu piccoli saranno i grani del materiale tanto maggiore sara il suo limite di snervamento. A questo proposito, la resistenza di un materiale infatti e data dalla Legge di Hall-Petch ( = 0 + 1/d)

(10)

in cui e il limite di snervamento, d e la dimensione media dei grani, 0 una costante tipica di ogni materiale. Nella figura successiva e possibile vedere linfluenza della dimensione dei grani sul limite di snervamento di un ottone.

Indurimento per soluzione solida


Ogni atomo (in soluzione solida) piu' grande o piu' piccolo di quello del solvente crea un campo di stress nel reticolo cristallino della matrice stessa. Questo campo di stress crea un rallentamento al moto delle dislocazioni (vedi anche Fig. 4)

Il meccanismo di rafforzamento e quantizzabile con: y = s3/2 C1/2 (11)

y e il limite di snervamento, C la concentrazione. del soluto, tiene conto della differenza delle dimensioni tra soluto e solvente. Nella tabella e nella figura successive si puo capire linfluenza degli atomi di soluto (Mg) in una matrice (Al). Aumentando la quantita di Mg lo snervamento dell alluminio passa da 40 MP (0.8% di Mg) a 160 MP (5.1%) Lega 5005 5050 5022 5454 5083 5456 % peso Mg 0.8 1.5 2.5 2.7 4.5 5.1 Snervamento (MPa) 40 55 90 120 145 160

Si potrebbe argomentare che dal diagramma di stato Al Mg (in parte riportato qui sopra) non si capisce come si possa far sciogliere il 5.1% di Mg a temperatura ambiente. La solubilita massima del Mg in Al e infatti dell 1.8%. In realta come si e detto in precedenza, i diagrammi di stato riportano situazioni di equilibrio e cioe raffreddamenti molto lenti. La figura sottostante invece riporta situazioni reali. In questo grafico e riportato in ascissa il tempo (logaritmico), in ordinata la temperatura e le due curve all interno del grafico rappresentano linizio e la fine della trasformazione. Grafici di questo tipo si chiamano infatti TTT (tempo, temperatura, trasformazione). Li discuteremo nel 8

dettaglio in seguito, ma fin dora si puo vedere che con un raffreddamento rapido (tempra) che non tocchi il naso della curva di inizio trasformazione e possibile sciogliere anche il 5.1 % di Mg in Alluminio. Se si riesce a raffreddare velocemente fino a temperatura ambiente, la diffusione allo stato solido richiesta per formare la seconda fase e cosi lenta che praticamente non puo avvenire e quindi tutto il Mg rimane in soluzione e la trasformazione a seconda fase non inizia mai. Si ha cosi una soluzione sovrasatura di Mg in Al.

Indurimento per precipitazione o invecchiamento (age hardening)


Quando il diagramma di stato di una lega ha una zona di solubilita che decresce marcatamente con la temperatura vi sono le premesse per un possibile invecchiamento

Il classico esempio sono le leghe di alluminio chiamate DURALLUMINIO (o serie 2000) che contengono circa il 4% di rame. Tra i 500 e i 580 C il rame si scioglie nellalluminio e la lega e monofasica, raffreddando pero il rame forma il composto CuAl2 (partendo dal 4% di Cu a temperatura ambiente abbiamo il 93% di fase e il 7% di CuAl2). Se si raffredda lentamente la velocita con cui si forma il precipitato (detta velocita di nucleazione) CuAl2 e bassa, la velocita di crescita invece e alta e quindi si formano pochi precipitati e ai bordi dei grani (le dislocazioni riescono a muoversi agilmente tra di loro)

Se invece si raffredda velocemente la velocita di nucleazione di CuAl2 e alta, la velocita di crescita invece e bassa e quindi si formano molti precipitati e non obbligatoriamente ai bordi di grano (adesso si che le dislocazioni hanno problemi ad evitarli!!!!!)

10

In questa situazione (tempra) il precipitato che inizia a formarsi durante il processo di invecchiamento (cioe a bassa temperatura) non e quello previsto dal diagramma di stato (cioe il CuAl2) ma un precipitato molto fine e coerente con la matrice chiamato . Questo precipitato cosi fine e coerente con la matrice impartisce alla lega la massima resistenza al moto delle dislocazioni.

11

Linvecchiamento di queste leghe si ottiene a bassa temperatura (120 -180 C) quindi con una mobilita degli atomi ridottissima. Questo e il motivo per cui i precipitati non riescono a crescere troppo.

Le curve (tempo - durezza) per le leghe invecchiabili e riportate qui sopra sono in realta la somma di quattro distinti fenomeni. Vediamo di identificarli e di chiarirne gli effetti

12

1. Indurimento per soluzione solida Allinizio la lega e indurita dalla semplice presenza del rame, intrappolato in una situazione di soluzione solida (s.s.) dal brusco raffreddamento. Quando pero iniziano a formarsi i primi precipitati (zone di Guinier-Preston GP) tutto il rame viene rimosso dalla s.s.

2. Indurimento per precipitati coerenti Come si e detto i precipitati coerenti sono quelli che forniscono la massima deformazione del reticolo della matrice circostante. I precipitati (in generale) quando crescono di dimensione perdono la coerenza e quindi anche lefficacia nel rallentare le dislocazioni viene meno. Lo stress prodotto dai precipitati coerenti ovviamente viene meno quando la coerenza sparisce 3. Indurimento per precipitazione Man mano che linvecchiamento prosegue a causa della diffusione allo stato solido i precipitati aumentano di dimensione (anche se molto lentamente) e iniziano a perdere parzialmente la loro coerenza. I precipitati continuano comunque a rallentare il moto delle dislocazioni. La loro efficacia pero e limitata da due fenomeni:

Le dislocazioni possono tagliare i precipitati Le dislocazioni possono piegarsi attorno ai precipitati

Il precipitato resiste al suo taglio con una forza tanto maggiore quanto piu grande e la dimensione del precipitato stesso e quindi quanto maggiore e il tempo di invecchiamento Il piegarsi attorno ai precipitati e tanto piu facile quanto piu distanziati sono i precipitati stessi. Quindi lo stress per piegarsi e inversamente proporzionale al tempo di invecchiamento. Nella successiva figura si possono vedere schematizzati i due fenomeni appena descritti, il taglio del precipitato da parte di una dislocazione (cut) e il piegarsi della dislocazione attorno ad un precipitato (bowing).

13

In questa figura si puo vedere come la spaziatura tra i precipitati aumenta con la loro dimensione. Bisogna ricordare che la quantita totale di precipitato e fissata fin dallinizio dalla quantita di rame che si e introdotta.

14

Nella figura soprastante si puo vedere come i 4 meccanismi di invecchiamento appena descritto, interagiscono fra di loro e danno origine alle curve tempo-resistenza prima viste per le leghe invecchiabili.

Lega 2000 6000 7000

Composizione 4% Cu 0.5 Mg, 0.5 Si 6% Zn

Raffreddata lentamente 130 MPa 85 MPa 300 MPa

Invecchiata 465 MPa 210 MPa 570 MPa

Nella tabella soprastante si puo vedere la drammatica variazione nel limite di snervamento per leghe di alluminio raffreddate lentamente oppure invecchiate. Le leghe dell alluminio verranno descritte in seguito ma fin dora va sottolineato che la scoperta dell invecchiamento (fatta quasi per caso allinizio del 1900 da un ricercatore Tedesco) ha permesso la messa a punto di leghe molto leggere ma allo stesso tempo sufficientemente resistenti con le quali sono stati costruiti prima gli Zeppelin e poi I moderni aerei civili.

15

Indurimento per deformazione plastica


Abbiamo visto che alcune leghe dell alluminio possono venir indurite per invecchiamento. Questo e possibile per la famiglia delle leghe 2000 (aggiunte di Cu) la famiglia delle 6000 (Mg e Si) e le 7000 (aggiunte di Zn). Alcune leghe dellallumino e in particolare le 1000, 3000 e 5000 non possono venir invecchiate, pertanto la loro resistenza meccanica si puo aumentare (ovviamente per s.s.) ma soprattutto per incrudimento. Se infatti un materiale si deforma plasticamente nel suo interno aumenta la densita delle dislocazioni. Questa foresta di dislocazioni puo ancora muoversi ma Muovere piu dislocazioni richiede piu energia Le dislocazioni interagiscono tra di loro (sono troppe) e si bloccano a vicenda Il deformare plasticamente un materiale e detto appunto incrudimento.

Da questa figura si puo intuire come la presenza di troppe dislocazioni crei un ostacolo al loro moto

Lincrudimento mediante laminazione e decritto dalla relazione: y = A n (12) e la deformazione subita dal materiale. A e n sono delle costanti. Per lalluminio 1/6 < n < 1/3. In generale inoltre la percentuale di incrudimento subita dal materiale (in inglese cold work) e data da %CW = 100 (A0 Ad)/A0 (13)

16

dove %CW e il grado di incrudimento. A0 e Ad sono le aree iniziali e finali del pezzo incrudito. Normalmente un pezzo puo (e deve) subire piu fasi di incrudimento perche se la deformazione plastica totale viene applicata in ununica passata la densita di dislocazioni aumenta troppo e il materiale o diviene troppo fragile o addirittura si spezza. "half hard" "hard" Lega Ricotta (y in MPa) 1100 35 115 145 3005 65 140 185 5456 140 300 370 Dalla tabella sovrastante si puo capire linfluenza del grado di incrudimento sul limite di snervamento.

Da queste figure si puo comprendere come il CW migliori la resistenza ma riduca la duttilita

17

Inoltre anche la dimensione ma soprattutto la forma dei grani viene alterata dal CW.

Per ovviare a questo inconveniente il materiale dopo ogni passata di CW subisce un trattamento termico di ricottura (recovery o annealing) che riduce la densita delle dislocazioni

18

In particolare il CW o se vogliamo lestrusione, non solo ha la convenienza di aumentare la resistenza della lega ma anche quella di produrre trafilati con forme e geometrie complesse che ben si adattano alle varie esigenze progettuali, riducendo inoltre i costi di lavorazione

Per concludere questo capitolo osserviamo che tutti i metodi di indurimento descritti (eccetto la riduzione nella dimensione dei grani) rendono il materiale piu resistente (aumenta il limite di snervamento) ma LA DUTTILITA DEL MATERIALE CALA ANCHE IN MANIERA SOSTANZIALE quindi il materiale diventa piu fragile. Questo spesso non e stato compreso dai progettisti (attorno agli anni 1950 50) e le rotture fragili e inaspettate sono state molto frequenti.

19

Comunque non bisogna essere troppo preoccupati ma bisogna capire il fenomeno ed usarlo ai propri fini. Qui sotto ce una parte di un articolo divulgativo su un nuovo acciaio molto resistente e prodotto appunto mediante trafilatura (la trafilatura produce estesa deformazione plastica). Bisogna sempre ricordare che maggiore e la resistenza del materiale minore sara la sua sezione e quindi il componente sara piu leggero.

NUOVI ACCIAI PER COSTRUZIONI PIU LEGGERE La SSAB Swedish Steel ha sviluppato una nuova serie di acciai ad altissima resistenza. Il carico di rottura dei nuovi Acciai Ultra Alto Resistenziali Docol UHS, laminati a freddo, compreso tra 1000 e 1400 MPa. Le nuove qualit di acciaio consentono di realizzare costruzioni pi leggere senza comprometterne le prestazioni. Anche le caratteristiche di lavorabilit sono molto buone. Con il nuovo Docol UHS la SSAB Swedish Steel conferma una posizione leader tra i produttori di acciaio nel mondo. In Europa l'unica acciaieria ad essere riuscita a realizzare un acciaio per le produzioni in serie dotato di queste caratteristiche. "I nostri nuovi acciai sono sicuramente interessanti per molte aziende che realizzano applicazioni dove il peso limitato e la grande resistenza sono caratteristiche fondamentali" sostiene Jan-Olof Sperle, responsabile della ricerca alla SSAB Swedish Steel. La necessit di realizzare costruzioni sempre pi leggere una realt che l'industria automobilistica e dei veicoli industriali si trova a dover affrontare ogni giorno. Se i veicoli sono pi leggeri, possono essere realizzati in modo da avere un impatto minimo sull'ambiente, senza dover compromettere comfort e sicurezza. Gli acciai Docol UHS presentano una grande capacit di assorbimento d'urto e sono particolarmente indicati per la costruzione di traverse e montanti destinati ad assorbire l'energia d'urto che si genera in caso di collisione.

20

PROVA DI TRAZIONE
Le proprieta' meccaniche sono quelle che un materiale manifesta quando sottoposto allazione di un carico.

Fig. 1:schema del macchinario usato durante la prova

La prova di trazione (tensile test) (Fig.1) consiste nel sottoporre un provino ad una deformazione a velocita' costante, mediante lazione di un carico di trazione unidirezionale F (load) applicato ortogonalmente alla sezione del provino. Durante la prova si misura il valore del carico e la lunghezza del provino (tabella 1) tramite rispettivamente una cella di carico e un estensimetro.

Carico [KN] 0 5 10 15 20 25 30 35,6 35,6 (max) 33,8 (frattura)

Lunghezza [mm] 50,00 50,03 50,06 50,09 50,12 50,15 50,18 52,00 53,00 55,20

Stress [MPa] 0 40,7 81,5 122,1 162,8 203,5 244,2 290,1 290,1 275,5

Strain 0 0,0006 0,0012 0,0018 0,0024 0,0030 0,0036 0,0400 0,0600 0,1400

Tabella 1: valori della prova a trazione per un provino d una lega dalluminio di diametro 12,5 mm

Fig.2: diagramma carico-lunghezza ottenuto dai valori della prima e seconda colonna della tabella 1

I risultati potrebbero essere riportati in un diagramma carico-lunghezza (Fig. 2) ma in tal modo sarebbero influenzati, ad esempio, dal diametro del provino. E piu' logico far si' che i valori di un test siano indipendenti dalla geometria del provino ma validi per qualsiasi forma o dimensione. Per questo si preferiscono misurare durante la prova lo sforzo (o stress o engineering stress ) e la deformazione (o engineering strain o strain) definiti rispettivamente come:

F A0 l - l0 l

[MPa o Kg/mm2]

[adimensionale]

in cui A0 e' larea della sezione del provino prima del test, l0 e' la lunghezza iniziale del provino e l la lunghezza durante la prova dopo che il carico F e' stato applicato. Operando in questo modo (anche con altri materiali) si ottengono dei valori (Tabella 1) che vengono riportati nel diagramma sforzi-deformazioni (stress-strain curve) (Fig.3).

Fig.3: Curva sforzi-deformazioni ottenuta dai valori della terza e quarta colonna della Tabella 1

Dallosservazione di questa curva si evidenziano comportamenti diversi del materiale testato. Inizialmente, quando il carico ha un valore basso, il materiale si allunga elasticamente ovvero puo' riprendere la sua lunghezza originaria se il carico torna a zero. La curva segue, quindi, un andamento lineare rappresentato dalla legge di Hooke = E in cui la costante di proporzionalita' E e' il modulo delasticita o di Young [MPa o Kg/mm2]. I valori di che descrivono il tratto iniziale rettilineo, la cui pendenza e data da E, definiscono il campo elastico. Sopra un certo valore di la deformazione aumenta: se questa rimane anche in piccola parte dopo che il carico e' stato tolto, il materiale ha subito una deformazione permanente e si e entrati nel campo plastico; carichi piu elevati conducono poi alla rottura del materiale. Il limite di snervamento sy (yield strength) e lo stress al quale si passa dal campo elastico a quello plastico che generalmente coincide con il limite di proporzionalita' P in cui la curva smette di seguire un andamento lineare. Spesso pero' questo limite non e' determinabile con esattezza e allora si assume come y quello che comporta una deformazione plastica dello 0,2% (offset yield strength o proof strength): esso viene determinato portando la parallela al tratto elastico iniziale della curva, in corrispondenza del valore = 0,002, e vedendo a quale valore dello stress corrisponde lintersezione di tale retta con la curva (Fig.4).

Fig.4: Determinazione del limite di snervamento convenzionale per una ghisa grigia

Il valore del limite di snervamento cosi' ottenuto e' un limite convenzionale perch spesso si e' gia' nel campo plastico. Ovviamente il limite di snervamento puo' essere molto diverso da materiale y puo' a mater variare da 35 MPa per una lega di Al a 1400 MPa per un acciaio ad alta resistenza: La curva sforzi-deformazioni per certi acciai a basso contenuto di carbonio puo' presentare un doppio limite di snervamento (Fig. 5): cio' accade poich il materiale dovrebbe iniziare a deformarsi plasticamente allo stress 1 ma, in realta', piccoli atomi interstiziali raggruppati attorno alle dislocazioni interferiscono con il loro movimento (che fa segnare linizio della deformazione plastica) il quale comincia solo ad un valore 2 detto limite di snervamento superiore (upper yield point). Solo dopo che si e' raggiunto tale limite, le dislocazioni si muovono e lallungamento del campione puo' avvenire sotto uno stress che puo' anche diminuire fino al valore 1 detto limite di snervamento inferiore (lower yield point). Da notare che nel tratto tra Z e 2, il comportamento e' elastico ma non piu' proporzionale (vale a dire non segue la legge di Hooke).

Fig. 5: Limiti di snervamento inferiore e superiore per un acciaio a basso contenuto di carbonio

Ritornando alla Figura 3, dopo y si ha linizio di una deformazione plastica: tuttavia inizialmente questa deformazione e' uniforme, ossia lallungamento interessa tutta la lunghezza del provino e contemporaneamente si ha ununiforme diminuzione della sezione (incrudimento). Il materiale diventa piuresistente, lo stress necessario per deformarlo sale sulla curva ad un valore massimo t (tensile strength) preso come misura della resistenza a trazione. t puo' variare da 50 MPa per una lega di Al a 3000 MPa per un acciaio ad alta resistenza, comunque alcuni esempi sono riportati nella Tabella 2: y [MPa] t [MPa] Materiale y>>t Diamante 50000 Carburo di tungsteno WC 6000 " Acciai temprati 500-1980 680-2400 Leghe al nickel 200-1600 400-2000 Titanio e sue leghe 180-1320 300-1400 Ghise 220-1030 400-1200 Leghe al rame 60-960 250-1000 Rame 60 400

Alluminio Ferro Oro Argento Piombo e sue leghe

40 50 40 55 11-55

200 200 220 300 14-70

Tabella 2: valori della resistenza a trazione e del limite di snervamento per alcuni materiali

Nello stesso punto in cui si raggiunge t avviene simultaneamente la strizione (necking), cioe' lallungamento successivo sara' localizzato in una zona precisa del provino (neck) che portera' ad una riduzione locale dellarea della sezione (Fig. 6 e 7): si produrra' quindi una cricca che, propagandosi velocemente, portera' il provino alla rottura in corrispondenza al raggiungimento dello stress di rottura r (rupture strength).

Fig. 6: Fenonemo di necking

Fig. 7: Comportamento del provino durante il test

Secondo la curva sforzi-deformazioni si avra' una diminuzione dello stress dopo la strizione sino alla rottura. Questo avviene perche, a seguito della riduzione della sezione, sara' richiesta una forza piu' bassa per mantenere una certa velocita' di deformazione ma lo stress verra' calcolato in base al valore costante dellarea originale A0, non tenendo cioe' in considerazione che questa diminuisce' (cioe' lo stress in realta' continua a salire). Tuttavia bisogna osservare che una grossa differenza tra le due curve (reale e registrata dallapparecchiatura di prova) si ha a partire dalla strizione, e considerando che nella progettazione si tiene conto del limite di snervamento (perch in genere non si vogliono deformazioni permanenti nei materiali usati), luso della curva convenzionale soddisfa in ogni modo le esigenze dellingegnere.

Fig. 8: relazione tra i diagrammi true stress-strain ed engineering stress-strain

Altre informazioni sono ricavabili dalle curve sforzi-deformazioni, come ad esempio la duttilita' (ductility) definita come il grado di deformazione plastica che un materiale puo' sostenere durante la prova di trazione sino alla frattura. La duttilita di un materiale puovenir espressa come: allungamento percentuale (% elongation) % = oppure come riduzione dellarea (% reduction area) RA =

lf l 0 100 l0

A 0 Af 100 A0

dove lf e l0 sono la lunghezza finale, dopo rottura, e iniziale del provino mentre Af e A0 le rispettive aree della sezione del provino in cui e' avvenuta la frattura dopo e prima il test. Di solito i due valori non sono uguali, inoltre lallungamento dipende dalla misura di l0 che deve percio' essere riportata quando si forniscono i valori di (in genere si usa l0 pari a 50 mm). La duttilita' di un materiale permette che esso possa essere tirato in fili sottili ed il suo valore interessa sia il progettista, il quale preferisce che in caso di carichi troppo alti ci sia deformazione piuttosto che rottura, sia chi lo produce, perche puo' lavorare il materiale senza romperlo durante il processo di produzione. Al contrario dei materiali duttili quelli fragili ( brittle materials) presentano una piccola, se non assente, deformazione plastica prima della rottura: nella loro curva sforzi-deformazioni t coincidera' con r e, nei casi estremi (come per i materiali ceramici), anche con y (Fig.13).

Fig. 9: comportamento a trazione di un materiale fragile paragonato a quello di altri piu' duttili

Approssimativamente potranno essere considerati fragili quei materiali che raggiungono la frattura per deformazioni inferiori al 5% e, proprio per questa loro caratteristica, risultera' difficile eseguire su di essi la prova di trazione. La resilienza (resilience) e' la capacita' di un materiale si assorbire energia sotto deformazione elastica per poi restituirla una volta scaricato. Questa proprieta' e' quantificata con il modulo di resilienza Ur il quale rappresenta lenergia elastica immagazzinata, per unita' di volume, in un materiale affinch esso passi da uno stato di stress nullo al limite di snervamento. Per un provino sottoposto a trazione Ur e' dato dallarea sottesa dalla curva sino al y, cioe':

y U r = d 0

[J/m3]

In Figura 10 Ur e' dato dallarea ombreggiata.

Fig. 10: Resilienza data dallarea ombreggiata

In base alla legge di Hooke si ha che:


2 y y 1 1 Ur = y y = y ( ) = E 2E 2 2

In tal modo un materiale resiliente e' tale se ha alto y e basso E. La tenacita' (toughness) quantifica la capacita' di un materiale di assorbire energia sino alla rottura; il suo valore percio' sara' pari allarea sottesa dalla curva sino alla rottura e si misurera' in J/m3. Affinch un materiale sia tenace esso deve essere sia resistente sia duttile, quindi i materiali duttili sono piu' tenaci di quelli fragili. Cio' lo si vede in Fig. 11: sebbene il materiale fragile abbia un piu' alto y e t, la sua tenacita' (cioe' larea ABC) e' minore di quella del materiale duttile (cioe' dellarea AB'C'). Si tenga presente che per arrivare alla frattura sara' necessario un contributo di energia elastica ed uno di energia plastica, tuttavia al suo raggiungimento il primo verra' restituito.

Fig. 11: Comportamento a trazione di un materiale duttile ed uno fragile caricati sino a trazione

Ovviamente materiali diversi risponderanno con comportamento differente ad una prova di trazione sicch si otterranno curve stress-strain diverse. I polimeri sono costituiti da lunghe catene aggrovigliate dunita' base dette monomeri (che sono molecole piu' o meno semplici) ripetute allinfinito. Un elastomero e' un materiale che puo' essere allungato fino ad almeno due volte la sua lunghezza originaria, anche con bassi stress, e una volta rilasciato torna alle dimensioni iniziali. In base a questa definizione i polimeri possono distinguersi in gomme (che sono materiali elastomerici) o in plastiche (che sono materiali piu' rigidi). Quando una gomma viene sottoposta a trazione, le catene di molecole cominciano ad allungarsi e a districarsi in direzione dello sforzo, e il materiale si fa piu' rigido a causa delle aumentate forze attrattive tra le molecole; quando lo sforzo cessa, le catene ritornano al loro stato intrecciato originario.

Fig. 12: curva sforzi-deformazioni per una gomma tenera

In Fig. 12 e' data la curva sforzi-deformazioni per una gomma, da cui si deduce che questa non obbedisce alla legge Hooke, ha un modulo di Young basso e la resistenza a trazione puo' andare da 7 MPa a circa 20 MPa subito prima di rompersi. Analogamente a quanto fatto per uno sforzo di trazione, si possono tracciare curve sforzideformazioni per una prova a compressione: nel caso della gomma (Fig. 13) una compressione causa allinizio un piu' efficiente riempimento dello spazio del materiale; al diminuire dello spazio disponibile, aumenta la resistenza ad unulteriore compressione finch cominciano a reagire alla tensione applicata dei legami primari dentro le catene. Aumenta cosi' la pendenza della curva allaumentare della deformazione stessa in compressione.

Fig. 13: tipico comportamento elastico di elastomeri a compressione e trazione

I materiali polimerici possono dividersi in tre gruppi in base alla loro curva stress-strain (Fig. 14): polimeri fragili (curva A) i quali si rompono mentre si deformano elasticamente, polimeri plastici 8

(curva B) in cui la deformazione iniziale elastica e' seguita da snervamento e deformazione plastica e infine polimeri elastici (curva C) i quali sono degli elastomeri.

Fig 14: Curve stress-strain per materiali polimerici fragili, plastici ed elastici

Fig. 15: Curva sforzi-deformazioni per il nylon 6,6, tipico polimero plastico

Consideriamo la curva per un polimero plastico (Fig. 15): la deformazione elastica e' concessa dai legami covalenti tra i monomeri che permettono di allungare le catene e recuperare poi la deformazione quando lo stress termina. Il tratto iniziale della curva puo' essere lineare, tuttavia alcune zone delle catene possono richiedere ore o mesi per ritornare alle dimensioni originarie e cio' puo' indurre ad un comportamento elastico non lineare. Superato lo snervamento si ha un comportamento plastico (quindi una deformazione permanente) causato dallo scivolamento delle catene una sopra laltra: ovviamente piu' velocemente lo stress e' applicato tanto piu' e' favorito un comportamento fragile del polimero. In Tabella 4 sono forniti alcuni valori indicativi di t per certi polimeri e il loro allungamento percentuale al momento della rottura.

Materiale polietilene (bassa densita') polietilene (alta densita') polivinilcloruro polipropilene polistirene polimetilmetacrilato fenolformaldeide nylon 6,6 poliestere policarbonato

Resistenza a trazione [MPa] 8,3-32,7 22-31 41-52 31-41 36-52 48-76 34-62 76-94 48-72 66

Allungamento a rottura (%) 100-650 10-1200 40-80 100-600 1,2-2,5 2,0-10 1,5-2,0 15-300 30-300 110

Tabella 4: Proprieta' meccaniche di alcuni polimeri a temperatura ambiente

Il legno e' un polimero naturale, in particolare un materiale cellulare in cui le macromolecole sono orientate e cristalline: esso e' completamente rigido a compressione fino a che la sollecitazione non provoca linflessione elastica delle pareri della cavita', al quale punto si puo' avere una considerevole deformazione senza notevole incremento della sollecitazione. La rigidezza puo' aumentare poi di nuovo allorch le cavita' si annullano. In tali materiali notevoli deformazioni non lineari possono essere recuperate; naturalmente, se la sollecitazione diventa sufficientemente alta, le cavita' cellulari si schiacciano e la deformazione non puo' piu' essere recuperata. Chiaramente, in trazione le pareti della cavita' non possono flettersi elasticamente allo stesso modo; una tipica curva sforzi-deformazioni e' mostrata in Figura 16.

Fig. 16: tipico comportamento a compressione e trazione di materiali cellulari

10

I materiali ceramici, sia cristallini sia non, hanno un comportamento tipicamente fragile, in altre parole presentano deformazione esclusivamente elastica (quindi una relazione lineare tra e ), se sottoposti sia a trazione sia a compressione, fino al punto di rottura (Fig. 17): tuttavia mentre la resistenza a trazione e' bassa e generalmente imprevedibile quella a compressione raggiunge valori molto elevati.

Fig. 17. tipico comportamento elastico di materiali cristallini a trazione e a compressione

In Fig. 18 e' riportata infine la curva sforzi-deformazioni per un tessuto biologico molle, il quale presenta un comportamento elastico particolare tale da permettergli di rimanere resistente anche quando severamente deformato.

Fig. 18: comportamento a trazione di un tipico tessuto biologico molle

11

Per quanto riguarda i provini usati durante il test, essi hanno generalmente tre tipi di teste (Fig. 19a e 19b) ed una forma a osso di cane, con una sezione piu' piccola nella parte centrale in modo da favorire la frattura lontano dalle estremita' e quindi dalla zona piu' influenzata dagli sforzi dattacco. Per le loro dimensioni, cioe' la lunghezza l0 e larea della sezione centrale A, si fa in modo di rispettare la condizione:

l 0= K

dove K e' una costante il cui valore varia secondo lo standard di riferimento adottato: ad esempio quello americano ASTM raccomanda che l0 = 4,5 A (l0 quattro volte il diametro del provino) mentre quello inglese che l0 = 5,65 A (l0 cinque volte il diametro); in genere i provini hanno diametro di 12,5 mm e lunghezza 50 mm.

Fig. 19a: tipi di teste delle provette per trazione

Fig. 19b: provino standard a sezione circolare per prove di trazione

PROVA DI DUREZZA
La durezza H (hardness) e la resistenza che la superficie di un materiale oppone alla sua penetrazione: I vantaggi della prova di durezza risiedono nella sua facilita e rapidita, nella sua economicita visti anche i bassi costi delle apparecchiature usate e infine nel fatto di non essere una prova distruttiva (quindi pu essere ripetuta in piu punti del provino). Per identificare la durezza di un materiale e bene ricordare lesistenza della scala di Mohs (Fig.1), usata particolarmente in mineralogia: essa e formata da dieci sostanze naturali standard la cui collocazione dipende dalla capacita che hanno di scalfire, consumare o deformare il materiale che occupa una posizione piu in basso. 12

Minerale diamante corindone topazio quarzo ortoclasio apatite fluorite calcite gesso talco

N 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1

Caratteristiche materiali duri non rigabili con una punta d' acciaio " " " materiali semiduri rigabili con una punta d' acciaio " " " materiali teneri rigabili con l' unghia ''

Tabella 5: Scala di Mohs

Per avere valori di durezza meno empirici della scala Mohs e piu ingegneristici sono stati messi a punto 4 tipi di misure e apparecchiature.

1.

Durezza Brinell (HB)

In questa prova viene usato come penetratore una sfera del diametro di 10 mm dacciaio indurito o di carburo di tungsteno (nome commerciale widia), la quale viene pressata sulla superficie del provino per un tempo standard (da 10 a 30 secondi) e sotto un carico costante fissato, che non deve essere impulsivo. Secondo il tipo di materiale questo carico varia tra i 500 e 3000 Kg con incrementi di 500 Kg alla volta Rimossa la sfera si misura, tramite un microscopio, il diametro dellimpronta lasciata (che sara un cerchio) in due direzioni ortogonali tra loro in modo da appurare se limpronta e simmetrica o meno. Questa prova richiede luso di provini con superfici lucide e piatte, inoltre bisognera accertarsi che limpronta non abbia raggiunto la superficie opposta del provino (lo spessore minimo deve essere almeno otto volte la profondita dellimpronta) o che non sia troppo vicina al suo bordo o ad unimpronta precedente (queste osservazioni sono valide peraltro anche nelle altre prove). La durezza Brinell verra calcolata con la seguente equazione e sara funzione del carico applicato F e dellarea dellimpronta A:

HB =

F 2F = A D ( D D 2 d 2 )
13

in cui F e il carico applicato [Kg], D il diametro della sfera [mm], d il diametro dellimpronta [mm]. Per ottenere buoni valori di HB ci deve essere la seguente relazione tra D e d: 0,25 D < d < 0,50 D che viene rispettata mantenendo costanti i valori di (F/D2) per ogni materiale testato (ad esempio per gli acciai(F/D2)=30, per le leghe di rame (F/D2)=10). Solitamente la prova si esegue usando la sfera di diametro 10 mm, carico di 3000 Kg e durata di permanenza del carico quindici secondi: il risultato e poi indicato con la sigla HB. Esistono per anche sfere di diametro 1, 2, o 5 mm per prove particolari; allora, in condizioni di test diverse dal solito, i risultati sono indicati facendo seguire al simbolo HB un indice che specifichi nellordine il diametro della sfera in mm, il carico e la durata di permanenza in secondi (ad esempio HB5/250/15). Le limitazioni di tale prova sono le seguenti: - nel caso di materiali molto duri ci pu essere una deformazione della sfera (specie sopra i 450 HB per la sfera dacciaio o sopra i 600 HB per quella di widia) - se limpronta e larga la sfera pu agire da stress e dare origine ad un crack - non ci sono limiti al valore del carico, ma bisogna comunque stare attenti a non avere penetrazioni eccessive perche si pu leggere al massimo unimpronta del diametro uguale a quello della sfera. Da notare che solo per gli acciai esiste una relazione lineare (Fig. 20) tra durezza e resistenza meccanica:

= 3,45 HB

[MPa]

Fig. 20: Relazioni tra durezza e resistenza a trazione per lacciaio, lottone e la ghisa

14

2.

Durezza Rockwell (HR)

In tale prova il penetratore pu essere una sfera dacciaio o, per materiali piu duri, un cono con la punta di diamante con un angolo interno di 120. Il carico usato e il tempo dapplicazione variano in base alle dimensioni e tipo di penetratore ed al suo utilizzo; inoltre loperazione di carico viene preceduta da una di pre-carico in modo da posizionare bene la punta sotto la superficie del provino impedendo cos che le irregolarita della stessa influenzino la prova. Successivamente si misura la profondita t dellimpronta lasciata e si calcola la durezza con lequazione corrispondente al carico adoperato (Fig. 21).

Fig. 21 : Rockwell test

In particolare per test di durezza veri e propri si usano il cono o la sfera con un precarico di 10 Kg e carichi variabili da 60 a 150 Kg (vedi Tabella 6); ogni possibile combinazione viene indicata con delle lettere dalla A alla K. Simbolo scala HRA HRB HRC HRD HRE HRF HRG HRH HRK Penetratore Cono sfera D=1,5875 mm Cono Cono sfera D=3,175 mm sfera D=1,5875 mm sfera D=1,5875 mm sfera D=3,175 mm sfera D=3,175 mm Carico [Kg] 60 100 150 100 100 60 150 60 150 Durezza 100-500 t 130-500 t 100-500 t 100-500 t 130-500 t 130-500 t 130-500 t 130-500 t 130-500 t

Tabella 6: Scale di durezza Rockwell (D e il diametro della sfera)

La prova Rockwell e tra le piu pratiche perche automatizzata (quindi trascende da errori sempre possibili da parte delloperatore), riesce a fornire il valore della durezza velocemente richiedendo solo pochi secondi, in piu permette di effettuare variazioni sul tempo di applicazione del carico.

15

3.

Durezza Vickers (HV)

Per questo test si adopera come penetratore una piramide di diamante a base quadrata, sotto un carico fisso F, e si misurano le diagonali dellimpronta lasciata; il carico deve raggiungere il suo valore massimo entro 10-15 secondi e permanere per un tempo uguale. La durezza Vickers sara data dallequazione:

2 F sin( ) F 2 = 1,854 F = HV = A d2 d2
in cui F e il carico [Kg], d e la media delle diagonali [mm],

La prova Vickers viene usata per materiali molto duri e pone, come condizioni sul pezzo, uno spessore minimo di 1,5 volte la diagonale dellimpronta e sul carico da applicare il limite 5-120 Kg. La piramide Vickers, se adoperata con carichi molto bassi (da 1 a 1000 g), e usata anche per test di microdurezza, cioe per valutare la durezza di microcostituenti sfruttando le piccole dimensioni delle impronte (Fig. 22); tuttavia, proprio per il fatto di dover misurare accuratamente piccole lunghezze, richiede che i provini abbiano una superficie lucidata e il piu regolare possibile.

Fig. 22: impronte di microdurezza Vickers su un microcomponente misto acciaio-alluminio

Il simbolo HV senza ulteriori specificazioni indica che la prova e stata eseguita con F = 30 Kg e durata di permanenza del carico 10 -15 secondi; in condizioni di test diverse si pone alla destra di HV un indice che specifichi il carico impiegato e la durata di permanenza (ad esempio HV30/20 o HV5/15). 4. Durezza Knoop (HK)

Il principio di funzionamento di questa prova e lo stesso di quella Vickers ma in questo caso viene usata una piramide di diamante a base rombica con un rapporto tra le diagonali 7 a 1. Limpronta lasciata, di profondita t, sara un rombo allungato di diagonale maggiore l e minore b; la durezza si ricavera mediante la seguente equazione dopo aver misurato l: 16

HV = 14,2 2 In genere, a parita di carico e materiale, le impronte Knoop sono due o tre volte piu lunghe e meno profonde di quelle Vickers; in base a tali ragioni, il metodo e particolarmente indicato per misurare la durezza dei materiali molto fragili o molto sottili o induriti superficialmente. Inoltre, sempre rispetto alla prova Vickers, presenta una maggiore facilita di lettura (perche limpronta e piu larga) e una maggior rapidita (perche si misura una sola diagonale). Anche questa prova, per i piccoli carichi (25 - 3600 g) e dimensioni delle impronte, e sfruttata per test di microdurezza in particolar modo sui tipi di materiali sopra citati.

F l

Nella Tabella 7 e riportato schematicamente quanto finora detto.

Tabella 7: paragone tra le diverse durezze

Nella Tabella 8 sono riportati invece i diversi valori di durezza per gli stessi materiali in base ai differenti tipi di test eseguiti. Come si puo vedere non e facile confrontare valori di durezza misurati con metodologie diverse

17

Materiale acciaio per getti acciaio per utensili acc tenace per lavoraz. a caldo acciaio nitrurato ghisa malleabile ghisa bianca ghisa grigia ghisa sferoidale Al puro leghe di Al per getti bronzo al berillio per molle ottone con piombo ottone senza piombo

HB (*) HRB 107-163 64-85 575-630 /-/ 417-565 114-/ 665-757 /-/ 110-280 65-104 240-380 100-111 150-250 82-102 130-280 73-104 15-25 /-/ 40-115 /-67 150-420 (**) 82-114 70-110 33-65 45-85 /-52

HRC /-2 56-61 44-57 63-69 /-29 23-40 1,0-24 /-29 /-/ /-/ 1,0-44 /-/ /-/

HV 120-160 690-840 440-670 900-1160 122-281 240-390 151-252 144-281 /-/ /-129 151-440 /-122 /-/

HK 135-184 688-815 441-670 850-983 137-300 266-400 175-276 156-300 /-/ /-141 175-443 91-137 /-109

Tabella 8: Valori approssimativi di durezza per alcuni materiali nelle diverse scale

(*) risultati ottenuti con sfera di diametro 10 mm carico di 5 Kg (**) risultato ottenuto con sfera di diametro 10 mm e carico di 30 Kg

18

CREEP
Spesso i materiali devono operare ad elevate temperature e quindi oltre alle prove meccaniche gia descritte (prova a trazione, durezza) e molto importante riuscire a valutare il comportamento in funzione della temperatura. Per capire limportanza di questa prova va ricordato che le leghe di alluminio fondono a circa 660 C ma la temperatura massima di utilizzo e di circa 120-150 C in quanto i precipitati che le rendono cosi resistenti, gia a queste temperature iniziano ad ingrossare (effeto detto overaging), perdono del tutto la loro coerenza con la matrice e quindi le leghe degradano la loro resistenza. La prova che ci fornisce indicazioni sul comportamento dei materiali in funzione della temperatura e la PROVA DI CREEP: La prova consiste nel sottoporre un provino (geometrie simili a quelle usate nella prova di trazione) ad uno sforzo costante e ad una certa temperatura costante. Quello che si registra e il tempo necessario per la rottura.

Fig. 1 Forno e provino tipici di una prova di creep

Il grafico che si ricava, in una tipica prova di creep e riportato nella figura sottostante

Come si puo vedere il grafico e suddiviso in 4 zone.

1. Inizialmente il provino subisce una deformazione elastica. 2. Poi vi e una zona detta di creep primario in cui la velocita di creep tende a diminuire 3. Questa zona e seguita poi da un creep secondario, caratterizzato da una velocita di creep costante 4. La quarta zona (creep terziario) e caratterizzata da una velocita di creep crescente che porta velocemente il provino alla rottura I grafici delle prove di creep riportano sulle ascisse il tempo (logaritmico). E evidente quindi che il creep primario e terziario sono zone caratterizzate da tempi molto brevi. L ingegnere quindi si focalizza sul creep secondario (detto anche steady state creep) perche questa fase e quella che caratterizza quasi tutta la vita del componente a quella temperatura. Cercheremo quindi di capire quali sono le equazioni che regolano il creep secondario per cercare di allungare quanto piu possibile la vita del materiale in esame. Il parametro piu importante che viene determinato con la prova di creep e appunto la pendenza della retta che ci da il creep secondario, /t. Viene chiamata steady state s creep rate e indicata con Questo parametro viene ad esempio usato nella progettazione di componenti che devono funzionare per decenni come ad esempio nelle centrali nucleari. In applicazioni a piu breve termine, molto spesso si usa piu frequentemente il tempo totale per raggiungere la rottura. Per la steady state creep rate lequazione che lega stress e temperatura e

s = K n exp(

Q ) RT

dove K e n sono costanti tipiche del materiale (3<n<8), e lo stress applicato, R la costante universale dei gas, T la temperatura assoluta, Q lenergia di attivazione del processo. Come si puo vedere sia lo stress che la temperatura influenzano il creep e un loro aumento fa crescere sempre la velocita di creep ma la temperatura lo influenza in modo esponenziale (un aumento di soli 20 C puo talvolta raddoppiare il creep). Se controlliamo bene lequazione precedente possiamo ricavare che A stress (carico) costante la deformazione si accumula nel tempo A deformazione costante, lo stress cala nel tempo. Questo e il motivo per cui per applicazioni ad alta temperatura le viti o i serraggi vanno controllati e stretti regolarmente. Senza entrare nel dettaglio dei meccanismi di creep, la deformazione conseguente al creep e causata da due fenomeni 1. Movimento di dislocazioni 2. Diffusione di atomi e vacanze verso i bordi di grano

L effetto finale di questo fenomeno per un osservatore esterno come se la dislocazione si fosse spostata. Le dislocazioni cos facendo possono superare ostacoli come i precipitati, effetti di solution hardening e leventuale ostacolo dovuto allinterazione delle dislocazioni stesse.

Vediamo un esempio di materiali per alte temperature e come il problema del creep e stato affrontato.

PALETTE PER TURBINE A GAS

Il rendimento termodinamico di una turbina si puo generalizzare come

T =1 2 T1
dove T2 e la temperatura di ingresso dei gas e T1 quella di uscita. E evidente quindi come i progettisti cerchino da molti anni di aumentare la temperatura di uscita dei gas caldi per aumentare il rendimento. Questo pero crea grossi problemi di creep nei materiali delle palette. In generale si ha che La temperatura limite della combustione del carburante e circa 2000 C La temperatura dei gas di combustione e circa 1200 C

La temperatura di fusione delle superleghe al nickel e di poco superiore ai 12501300 C I materiali per palette di turbina devono soddisfare a molte esigenze Devono resistere ad alte temperature, quindi buona resistenza al creep Devono resistere agli urti, quindi elevata tenacita Resistenza alla corrosione e erosione Resistenza agli shocks termici Devono essere il piu leggeri possibile, quindi bassa densita Devono avere un alto punto di fusione Elevato modulo di Young Basso coefficiente di diffusione (per impedire lo scivolamento delle dislocazioni. Poich il coefficiente di diffusione dipende dalla struttura cristallina del metallo sono da preferirsi metalli che cristallizzano nel FCC rispetto a quelli che cristallizzano nel BCC struttura molto pi aperta. Per i motivi sopraelencati il nichel e il cobalto (che pero ha problemi di ossidazione) rappresentano i migliori candidati per la realizzazione di componenti per alte temperature. Inoltre come gi detto di fondamentale importanza la struttura a livello microscopico. E preferibile produrre strutture eutettiche con grani grossi o meglio ancora monocristalli al fine di minimizzare linfluenza della diffusione. Sempre per questo motivo pu essere utile introdurre dei precipitati per bloccare il moto delle dislocazioni. I pi usati sono (MoC, Ni T, e soprattutto Ni3Al che un precipitato coerente che riesce a dare resistenze al creep elevatissime.
3

Al decollo di un aereo civile una paletta e sottoposta ad uno stress di circa 250 MPa, queste palette devono resistere a questo stress mentre vengono testate a 850 C. I materiali attualmente usati sono una vasta famiglia chiamata superleghe al nickel. La prima lega di questo tipo nota come NIMONIC 75 si poteva usare solo fino a 750 C ed e stata brevettata nel 1940. Attualmente le leghe sono state perfezionate e ingegnerizzate. Ad esempio due di queste leghe sono commercialmente note come MAR M 200 Ni 60.25 (%peso) W 12.5 Co 10 Cr 9 Al 5 Ti 2 Nb 1 C 0.15 Zr 0.05 B 0.015 PW454 Ni 62.5 Ta 12 Cr 10 Co 5 Al 5 W 5 Ti 1.5

Puo sembrare strano o quantomeno empirico utilizzare tutti questi elementi nella lega (manca solo un pizzico di ali di pipistrello) ma in realta tutti gli elementi aggiunti hanno un loro preciso ruolo nel bloccare il moto delle dislocazioni e quindi nel rallentare il processo di creep. W, Co, Nb (e ora anche il Re) rinforzano la matrice per soluzione solida Cr, Al danno ossidi stabili sulla superficie delle palette per migliorare la resistenza allossidazione Al, Ti, Ta danno precipitati coerenti e molto stabili con la temperatura W, B, Ti, Cr danno precipitati (carburi) che non sono coerenti ma comunque sono abbastanza stabili con la temperatura B, Zr induriscono il bordo dei grani e quindi riducono lo scivolamento di un grano sullaltro La, Th, Y sono delle novita non si sa bene come ma rendono piu stabile lo strato di ossido anti ossidazione. Ovviamente oltre ai materiali si puo ingegnerizzare tutta la costruzione della paletta. Infatti levoluzione, negli ultimi anni e stata: palette in lega policristallina, palette in lega eutettica o colonnare palette in monocristalli (un esempio e riprodotto nella figura sottostante)

Fig. 2 Da sinistra a destra levoluzione nel sistema di produzione delle palette per turbine. Palette in lega policristallina, Palette in lega eutettica o colonnare, Palette monocristalline

In Figura 3 si pu notare come il progresso nella produzione di materiali resistenti a creep abbia permesso agli aerei di viaggiare sempre pi veloci.

Fig. 3 Sviluppo storico dei motori e delle carlinghe degli aerei

Come e stato gia detto, sia lo stress che la temperatura influenzano la resistenza al creep. Nelle ultime due figure qui sotto e evidenziato nuovamente questo fenomeno. Nella prima figura in maniera schematica, nella seconda e riportata linfluenza della temperatura sulla resistenza al creep di acciai inox.

ROTTURA PER FATICA


Sia il fenomeno del creep sia questo che illustreremo non sono spiegabili studiando il risultato di una prova di trazione. Infatti il creep porta a rottura un pezzo applicando un carico costante, inferiore al carico di snervamento ma comunque ad una certa temperatura. La fatica porta a rottura un pezzo applicando (anche a temperatura ambiente) carichi alternati ma comunque ognuno di essi inferiore al carico di snervamento. Luomo ha sempre saputo che si poteva rompere un pezzo di legno o di ferro sottoponendolo a flessioni ripetute e di segno opposto cio nonostante il fenomeno della fatica fu individuato e studiato solo poco piu di 100 anni fa (1860-1870). Anche adesso si reputa che circa il 90 % delle rotture di materiali metallici sia dovuta al fenomeno della fatica. Per rendersi conto della frequenza con cui queste parti meccaniche vengono sollecitate basti pensare che in 200 ore di volo un albero di un motore di un aeroplano compie pi di 25 milioni di giri La rottura per fatica si innesca di solito in un punto di concentrazione degli sforzi come un intaglio, un angolo acuto o in corrispondenza a inclusioni o a difetti metallurgici. La frattura a fatica particolarmente insidiosa proprio perch durante questa fase di progressivo avanzamento non da allesterno alcun segnale premonitore come ad esempio una deformazione plastica che possa in qualche modo far presagire la rottura. Non e un caso che i primi studi sulla fatica siano stati fatti sugli assi delle vetture ferroviarie e infatti le prime equazioni sul fenomeno si devono a Wohler (1819-1914) ingegnere capo delle ferrovie bavaresi. Wohler dimostro che la vita a fatica di un componente puo venir caratterizzata riportando in un grafico il numero di cicli necessari per avere la frattura (logaritmico) in funzione dello stress di trazione Massimo per ogni ciclo. In questo caso si assume che ogni ciclo sia uguale, ovviamente nelle applicazioni quotidiane questo non e vero ma in laboratorio si applica questo metodo.

La prova classica di laboratorio consiste nel sottoporre un provino cilindrico ad una rotazione applicando un carico di flessione. In questo modo si hanno cicli di flesione alternata e si registra quanti cicli sono necessari per la frattura. Cambiando ogni prova il carico si puo tracciare la curva di Wohler detta anche curva S-N (S=stress, N=numero di

cicli). Si puo vedere dale figure sottostanti che le leghe ferrose (acciai e ghise) hanno un limite a fatica. Cioe esiste un valore dello stress al di sotto del quale il materiale in teoria puo resistere indefinitamente. Per tutte le alter leghe metalliche questo limite non esiste e allora convenzionalmente si sceglie lo stress che si ottiene dalla curva di Wohler a 108 cicli.

Lo stress applicato al provino durante la prova a fatica (Wohler) si determina usando la

= 10.18

lP d3

Dove lo sforzo misurato in (MPa), l la lunghezza del provino (mm), d il diametro del provino (mm), F il carico applicato (N). Come si e detto precedentemente e irrealistico supporre che tutti i cicli di carico siano uguali (prova di Wohler). Attualmente le nuove tecnologie permettono di effettuare prove a fatica cambiando i cicli di carico per renderli piu simili a quelli reali.

ASPETTI MICROSCOPICI DELLA FRATTURA A FATICA Difetto di partenza Mirror

Zona rugosa

Quasi tutte le fratture a fatica hanno lo stesso aspetto Vi e una zona iniziale (che pero si puo estendere anche per il 90% della superficie resistente) di propagazione lenta della cricca. Laspetto di questa zona e tipico, emolto lucida e di forma semicircolare. Viene chiamata mirror (specchio). Questo aspetto e dovuto al fatto che le due superfici della cricca sono direttamente a contatto e sono soggette a continuo sfregamento durante ogni ciclo. La seconda zona ha un aspetto rugoso e grezzo ed e la zona di propagazione veloce della cricca e del cedimento di schianto del componente. Se lapice della cricca si muove con velocita variabile (ci possono essere ad esempio periodi in cui il componente non viene caricato perche la struttura non lavora (carro ferroviario fermo)) allinterno della prima zona (mirror) si vengono a formare delle linee dette di arresto o di spiaggia. Il difetto da cui si propaga la frattura e quasi sempre superficiale quindi la finitura superficiale del pezzo e fondamentale per aumentare la vita a fatica. Rugosita (m) 2.67 0.15 0.13 0.09 0.05 Vita a fatica (cicli) 24 000 91 000 137 000 217 000 234 000

Pezzo dopo tornitura Lucidato a mano Lucidato con carta vetr Lucidato con grana sottile Lucidato con pasta diamante

Spesso proprio per migliorare la finitura superficiale si effettuano operazioni che introducono stress di compressione sulla superficie del pezzo. Una di queste tecniche e chiamata shot-peening e consiste nello sparare sferette tutte uguali di vetro contro la

superficie del pezzo. La deformazione plastica causata dagli urti crea uno stress residuo di compressione sulla superficie del pezzo che limita la possibilita di propagazione dei difetti.

Come si e detto in precedenza non sempre le sollecitazioni sono costanti cioe non tutti i cicli sono uguali. Come fare per calcolare allora la vita a fatica di un pezzo??? Sono state proposte varie alternative, quella piu usata e la REGOLA DI MINER che si puo esprimere come

n i =1 Ni
dove ni e il ciclo sottoposto allo stress i, N la vita del componente sottoposto ad una prova di Wohler. Vediamo un esempio di come si applica la regola di Miner Un componente viene sottoposto a 20 cicli a 210 MPa 400 cicli a 140 MPa 1000 cicli a 70 MPa il tutto in un mese. Usando il grafico S-N per la specifica lega in esame si ricava che 210 MPa corrispondono a 104 cicli, 140 MPa corrispondono a 106 cicli e 70 MPa corrispondono a 108 cicli. Per cui si ha

20 10 4

400 1000 + = 24.1 10 4 6 8 10 10

la vita totale del componente sara quindi 1/24.1 10-4 = 4152 mesi = 34.6 anni

You might also like