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Un politico che rivendica la leadership forte (con un abusato lessico sportivo si afferma che ogni squadra ha un capitano) e poi,

in un elaborato ufficiale, si fa chiamare per nome ricorre a un artificio retorico che mostra il palese degrado della politica sub specie comunicazione che pure abusa di termini come leadership, carisma. Il testo rivendica limportanza della comunicazione e chi non comunica perduto. Ma suona bizzarro, in un testo congressuale che rester agli atti, lanalogia tra il leader-comunicatore e linnamorato che vuol esprimere il proprio sentimento

Michele Prospero

Note critiche sulla mozione di Matteo Renzi


La premessa che accompagna la mozione di Renzi chiarisce tutto. Chiede ai curiosi di leggere senza pregiudizi il testo e di misurarsi solo con le idee che esso esprime. Non si tratta di una precisazione strana. Il problema di entrare nel merito esiste, soprattutto quando limmagine di un politico risente della predilezione per la battuta e difficile diventa trovare nelle sue frasi leggere qualcosa di solido su cui ragionare. Nella pagina conclusiva del documento si ammette esplicitamente che Matteo molto conosciuto per i suoi slogan. E quindi, per superare una situazione oggettiva di fuga dal pensiero e dallargomentazione, una mozione dovrebbe contenere qualche indicazione di sostanza analitica. Forse un contributo a tenere pi elevato il confronto, visto che si tratta di un documento scritto, lo avrebbero potuto portare proprio gli estensori della mozione evitando una ricorrente inclinazione a chiamare un aspirante leader con il nome Matteo, per un finto slancio confidenziale, per creare una fittizia sensazione di vicinanza. Un politico che rivendica la leadership forte (con un abusato lessico sportivo si afferma che ogni squadra ha un capitano) e poi, in un elaborato ufficiale, si fa chiamare per nome ricorre a un artificio retorico che mostra il palese degrado della politica sub specie comunicazione che pure abusa di termini come leadership, carisma. Il testo rivendica limportanza della comunicazione e chi non comunica perduto, si legge. Non certo possibile negare il ruolo delle tecniche della comunicazione nella odierna video-politica. Ma suona bizzarro, in un testo congressuale che rester agli atti, lanalogia tra il leader-comunicatore e linnamorato che vuol esprimere il proprio sentimento. Tempi difficili per la politica daccordo, ma la mozione di Renzi asseconda sin troppo la drastica caduta semantica richiesta da una

societ di massa pigra e senza grandi slanci ideali. La scelta esplicita della mozione quella di discostarsi dalle politiche antiche che rispettano la complessit dei problemi e cercano soluzioni coerenti, supportate con proposte articolate e ponderate. Contro la complessit e le analisi difficili, il documento di Renzi invoca le risposte semplici, anzi come arriva a scrivere semplicemente semplici. Se il complesso allarma e la semplicit invece dobbligo (perch allora il monito sulla necessit di elaborare profonde discussioni?), difficile scavalcare la battuta, la frase ad effetto. La politica scivola nellinsignificante. Non ha pi un collegamento con la riflessione. E solo comunicazione, cio pura propaganda. Desta per questo una certa ilarit il rimando di stampo heideggeriano ai fenomeni che stanno modificando ontologicamente la nostra societ. Malgrado questa strana evocazione dellontologia e della metafisica, limpressione che lo sforzo di fornire almeno delle tracce danalisi non venga neppure tentato. Si incrociano solo battute a raffica contro i burocrati di Bruxelles, rimbrotti contro lEuropa che ci volta le spalle e che con le sue politiche di euroausterity si rivela solo un estratto conto. Ridotta la questione della necessaria critica radicale dellEuropa liberista in questi banali termini, difficile impostare ogni analisi rigorosa, condizione per indicare una credibile politica alternativa. Ma forse troppo aspettare un barlume di pensiero rigoroso da un testo che usa queste affermazioni: tana libera tutti. Lanalisi della grande crisi, che dura ormai da sette anni e non lascia intravvedere prospettive ravvicinate di superamento, affidata ad espressioni del tutto generiche e a suoni indeterminati. La crisi la pi grande opportunit, questa crisi non va sprecata. Ma come, non va sprecata? Quindi gli esclusi, i perdenti, i marginali devono tenersela ben stretta? Sar anche vero che la crisi che impoverisce e rende insicuri, provocando oscuri spiriti di rivolta, loccasione pi straordinaria, loccasione pi bella. Ma, se davvero nulla di meglio pu offrire la societ post-moderna, pare davvero molto arduo attrarre i soggetti spaesati dalla crisi e attratti dai populismi aggressivi con la ripetuta asserzione di concretizzare la speranza per uscire rafforzati dalla crisi. Non basta dire se lItalia fa il suo mestiere tutto si aggiusta. Come uscire dalla crisi sociale, in che modo arginare il declino, con quali politiche industriali? Non basta asserire agli esclusi, ai lavori precari che vogliamo vivere questo tempo ispirati dalla curiosit per mostrare una

reale attenzione ai processi in corso e una capacit di governarli. Il documento parla di societ liquida e il ruolo delle differenze sociali, delle esclusioni e marginalit non viene mai evocato come un problema cruciale. Laccenno fugace ai temi delleguaglianza si accompagna al tempestivo rigetto del fantasma dellegualitarismo. Il testo se la prende con il partito (quale?) autore di alcuni tra i convegni pi interessanti sulloperaismo che poi si scontra con il fatto che le fabbriche non ci votano. Dopo questa critica vana ogni ricerca, che pure sarebbe doverosa, di qualche indicazione progettuale su come recuperare un qualche radicamento sociale.Per i sostenitori di Renzi occorre cancellare il conservatorismo di chi intende mantenere il target (ormai non c nulla da fare, si parla cos, anche nei testi congressuali!). Lo sforzo del partito deve essere quello di trascendere le questioni sociali che sono segno di archeologia nella societ degli individui. Sul ruolo dei diritti, del sindacato, dei movimenti sociali il documento esplicito. Sono troppe duemila norme con dodici riviste di diritto del lavoro. A parte lo stravagante richiamo alleccessivo numero delle riviste specialistiche nel campo del diritto del lavoro, affiora tra le righe un larvato fastidio sulla presenza del sindacato. Lo rivela bene un accenno esplicito su un numero di sindacati e sindacalisti che non ha eguali in nessun paese occidentale. La societ liquida di Renzi non conosce differenze di classe (parola orribile), conflitti (forse ritenuti troppo ruvidi da un leader che sogna un rapporto pi gentile tra le persone). Le politiche delleguaglianza sono riferite solo ai players delleconomia e non si prefiggono in alcun modo di accorciare il differenziale di potere sociale che caratterizza sempre di pi il capitalismo moderno. Il valore prioritario riconosciuto nel documento quello assegnato al merito, in virt del quale chiunque pu giocarsela e diventa quindi possibile impostare il superamento del carattere categoriale del welfare. Lideale generale perseguito quello di uno Stato che cerca di lasciare liberi i cittadini. E quella che si chiama societ liquida, che si riproduce con uno Stato solo regolatore (contro le polverose stanze delle burocrazie centrali). Come da queste precarie basi analitiche possa poi scaturire una una rivoluzione radicale rimane un vero mistero. Le pure formule (riforme nella scuola, sulla scuola, con la scuola), le immagini banali (i nostri nonni affrontavano i francesi e i tedeschi sui campi di guerra, noi abbiamo la fortuna di essere divenuti

la generazione Erasmus) surrogano la proposta politica effettiva. Questa carenza di elaborazione pare evidente anche nelle indicazioni sul modello di partito prescelto. Le parodie abbondano, latitante al solito la riflessione. Avevamo detto di dimezzare i parlamentari, non di dimezzare gli iscritti che sono scesi d 800 mila a 250 mila (e perch allora il verbo dimezzare?). La crisi del partito non viene approfondita con rigore ma diventa la facile occasione per sbrigative formule polemiche: i dirigenti centrali che spiegavano come fosse meglio un partito pesante rispetto a quello leggero hanno finito per lasciarci un partito gassoso. Le ragioni della sconfitta non sono neppure sfiorate con il distacco necessario. Si preferisce alludere alle spese di un partito che era impegnato a guardarsi lombelico. Con il solito repertorio recriminatorio (non ci sono fascistoidi nel nostro partito!), vittimistico (chi tra noi parlava di comunicazione era visto come un potenziale traditore, un infiltrato del nemico), e allusivo (abbiamo respinto ai seggi persone), si costruisce limmagine di una estraneit completa dellaspirante leader solitario rispetto alle responsabilit degli insuccessi, che ricadono solo sugli altri (si parla di un fallimento generale di tutta la classe dirigente del ventennio, da Prodi a DAlema, ad Amato). E in questo partito che non esprime legami (gli altri dirigenti diventano competitor interni), che chiama i gruppi dirigenti in un modo piuttosto insolito (noi addetti ai lavori), il momento elettorale diventa predominante. Nessun cenno sullidentit del partito (tranne il passaggio sulla integrazione nel Pse, non adesione dunque, in vista delle elezioni o lincomprensibile formula costruire chi siamo, cosa vogliamo), sulle sue radici storiche nella vicenda repubblicana e sui profili culturali. Solo delle affermazioni di per s insignificanti: lasciarci ispirati dalla curiosit, spalancati alla curiosit. Nessuno sforzo di indagine sulle ragioni delle sconfitte e sulla crisi di sistema ma solo ilarit sulla non vittoria come la chiama qualcuno e scherzi su un autogol tattico. Di continuo risuonano nel testo termini come entusiasmo, coraggio, tenacia, speranza, volont, sogno. Viene evocata, con le tecniche dellamplificatio, la pi grande campagna di ascolto mai lanciata da un partito a livello europeo. Si insiste, con espressioni alquanto confuse, sul doppio binario di una piattaforma didattica dedicata e di un rapporto personale, vis a vis. Del resto, litaliano della mozione mostra una generale caduta qualitativa, un vistoso impoverimento semantico.

Qualche perla. Non cos. Chi crede nella politica sa che non cos, non pu essere cos. Ci meritiamo di pi; purtroppo o per fortuna; dove continuano a fare e disfare i soliti noti; un progetto che non pi un progetto. Molteplici scorrono poi le frasi stereotipate: in tuttaltre faccende affaccendato; siamo stati bravi a farci del male; amici degli amici; vivacchiare non serve a nulla e a nessuno ; il peso e lonore; deve dargli del tu. Purtroppo non basta dichiarare ad ogni passaggio che con un leader solo al comando si vince per poi vincere davvero alle urne. Non sufficiente prendersela con i metodi che ci hanno impedito di parlare a tutti per conquistare davvero il consenso largo in un tempo di crisi sociale. Non serve sbiadire del tutto i colori dellidentit di parte (le speranze delle persone non hanno bollini) per conquistare il territorio nemico. Non basta studiare come si va in tv per sfondare e capire dove va il paese. Su come incidere sui caratteri strutturali del sistema politico divenuto ormai quadripolare, la mozione non si dilunga. Oltre le dichiarazioni banali (gli elettori non meritano di essere costretti a serate batticuore come nelle ultime elezioni), il documento non si spinge. La formula vogliamo un bipolarismo gentile ma netto non esprime altro che un auspicio, non indica certo un progetto politico. Invocare una nuova legge elettorale che faccia sapere subito chi ha vinto e chi ha perso (ma non lo sanno neppure in Inghilterra!) solo fumo propagandistico. Cos come linvito a rendicontare tutto, ogni centesimo non costruisce di per s la strada per una riforma della politica. La mozione di Renzi si chiude con un elenco delle realizzazioni compiute da Matteo come sindaco di Firenze. La frase pi rivelatrice del documento proprio quella che suggella le varie imprese dellamministratore: Lo pagano per questo. Ecco, in questa espressione contenuto un mondo, unidea precisa della politica. Nel cuore dei campioni del nuovo, purtroppo, si appiccica sempre lo sterco del pi arcaico. Che da questa abissale carenza di pensiero possano sgorgare sogni di vittoria solo lultima illusione del sonno di una ragione politica destinata a subire bruschi risvegli.

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