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LA TESTIMONIANZA MOLTEPLICE DEL NUOVO TESTAMENTO: PAOLO, MARCO, MATTEO E LUCA, GIOVANNI

Dopo aver preso in esame le testimonianze storiche ed archeologiche e la testimonianza del Primo Testamento letta alla luce della letteratura intertestamentaria, ci concentriamo ora su quella che e rimane la principale testimonianza su Ges anche da un punto di vista storico: gli scritti neotestamentari. Inizieremo dalla testimonianza di Paolo, per poi passare a quella di Marco, in seguito a quella di Matteo e Luca insieme ( e la fonte Q) e per concludere a quella del Quarto Vangelo. Ovviamente saranno selezionati soltanto alcuni testi, sperando al termine dellindagine di riuscire a raccogliere i dati per mostrare e dimostrare almeno un paio di cose fondamentali.

La testimonianza di Paolo
Cominciamo dunque con le lettere di Paolo, poich sono i testi pi antichi per redazione del NT, precedenti anche alla redazione dei Vangeli, nonostante il diverso ordine nella Sacra Scrittura. Del corpus paolino che abbiamo nel NT, cio tutte le lettere della tradizione paolina, gli studiosi attribuiscono con certezza alla dettatura dellApostolo solo alcune lettere, lattribuzione di altre discussa, mentre la redazione di alcune probabilmente avvenuta attraverso alcuni suoi discepoli o una sua comunit che ha sviluppato o approfondito alcuni suoi insegnamenti. La lettera agli Ebrei gi dai Padri della Chiesa non era attribuita a Paolo, anche se per un periodo alcuni lhanno assegnata allApostolo per alcune sue tematiche. Lettere scritte Lettere paoline forse da Paolo Efesini Colossesi 2 Tessalonicesi 1 Timoteo 2 Timoteo Tito

Lettere scritte da Paolo Romani 1 Corinzi 2 Corinzi Galati Filippesi 1 Tessalonicesi Filemone

I passi presi in esame della lettera ai Romani e della prima lettera ai Corinzi con ogni probabilit sono recepiti da Paolo, cio non sono scritti creati da lui, ma sono formule liturgiche o di fede che egli aveva ascoltato, ricevuto. Esse risalgono verosimilmente attorno al 40 d.C. circa, quindi tra i 10 e 15 anni dopo la morte di Ges. Questo significa che gi la primissima comunit cristiana professava la risurrezione di Ges dai morti come evento cruciale, perch la troviamo come elemento fondamentale delle formule.
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1) Lettera ai Romani La lettera ai romani risale allincirca al 57 d.C. Precedente per la formula di fede che Paolo recepisce in Rm 1,3b-4a: generato dal seme di Davide secondo la carne, stabilito Figlio di Dio in potenza secondo lo Spirito di santit dalla risurrezione dei morti. Il brano Rm 1,1-7 lintroduzione alla lettera, il prescritto o saluto. Incastonato in esso, come la gemma di una corona, troviamo questa antica formula di fede che mostra chiaramente echi giudaici, come per esempio limmagine del Messia davidico. generatocarne: generato secondo langolatura della carne, intesa come tutto ci che umano e tutto ci che riguarda il ciclo naturale delle cose. Secondo la carne (la materialit, lumanit), dal seme di Davide, nato Ges e lo riconosco co me Messia. stabilito morti.: dalla resurrezione dei morti, secondo lo Spirito di santit, dallangolatura dello Spirito Santo, quindi delle cose divine, Ges stabilito in potenza Figlio di Dio. Egli lo era gi prima della resurrezione, ma grazie a questo evento lo riconosco chiaramente Figlio di Dio (come dalla discendenza di Davide lo riconosco chiaramente come Messia). La parola stabilito veniva tradotta da alcuni Padri della Chiesa, tra cui s. Giovanni Crisostomo, con manifestato, perch stabilito provocava discussioni a proposito dellidea che Ges diventato Figlio di Dio soltanto dopo la risurrezione. Per alla lettera la traduzione di questi Padri per s non corretta, perch il significato proprio costituito, stabilito. Il senso di segno di riconoscimento, quasi di passaporto, dato a stabilito dalla specificazione in potenza, cio non pi in modo nascosto, ma in modo potente, glorioso, efficace, manifesto. Abbiamo quindi due identificazioni di Ges come Messia: - secondo la carne, secondo la vita terrena prima della Pasqua, dalla sua discendenza davidica; - secondo lo Spirito di santit, secondo la vita divina dopo la Pasqua, dalla sua risurrezione. Leggendo questi versetti non si sa molto su Ges, una formula molto essenziale, concentrata; infatti non parla dei miracoli, dellultima Cena, della predicazione del Regno e nemmeno della morte di croce di Ges. Questo perch una formula di fede e come tale breve, condensata e dice solo alcune cose fondamentali. Se noi fossimo persone che non hanno mai letto un Vangelo, cosa verremmo a sapere da questa formula? Che Ges nato umanamente secondo la discendenza di Davide, che nato una seconda volta dalla resurrezione dei morti e che il Figlio di Dio.
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2) Prima lettera ai Corinzi La prima lettera ai Corinzi risale circa al 53 dC. Precedente per la professione di fede che Paolo presenta in 1Cor 15,3b-5, introducendola cos A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anchio ho ricevuto, cio che: Cristo e che e che e che mor fu sepolto risorto apparve per i nostri peccati il terzo giorno secondo le Scritture secondo le Scritture a Cefa e quindi ai Dodici.

Nei versetti 1-9 del capitolo 15, Paolo ricorda qual il fondamento del suo annuncio, cio la risurrezione, e lo fa anche a difesa di s stesso, autodefinendosi come apostolo (uno dei temi delle due lettere scritte agli abitanti di Corinto). In questo brano scritto per la comunit di Corinto c una professione di fede precedente a Paolo stesso, e qui Paolo lo mostra in modo pi chiaro perch la introduce formalmente. Questa confessione di fede su alcuni fatti di Ges, e in questo caso c anche la morte; c un po tutta la Pasqua (morte, sepoltura, resurrezione, apparizioni prima dellascensione). Due volte troviamo secondo le scritture e quando si parla di scritture si intende la TaNaK (Torah, Profeti, Scritti). Queste parole si riferiscono non tanto al mero fatto che Ges mor ed risorto, quanto piuttosto a per i nostri peccati e il terzo giorno. Il fatto che Ges sia morto era un fatto conosciuto, era una notizia di cronaca, lo sapevano tutti, anche chi non credeva in lui come il Messia. Ma il senso di quella morte, cio per i nostri peccati secondo le scritture gi una basilare lettura di fede, un minimo di teologia, il senso salvifico di quella morte. Questa morte secondo le scritture, preannunziata nellAT, probabilmente con riferimento al servo sofferente di Isaia (Is 52-53). Cristo mor per i nostri peccati secondo le Scritture: d una lettura salvifica della morte di Ges che troviamo anche nelle parole sul pane e sul calic e nellultima Cena nei sinottici (Mt 26,26ss, Mc 14,22ss, Lc 22,19ss) e in Paolo (1Cor 11); secondo le scritture ebraiche c questo aspetto salvifico. fu sepolto: giorni della morte, della sepoltura di Ges. risorto il terzo giorno: vi forse un riferimento ad alcuni profeti che parlano di questo (cfr. Os 6,2; anche Sal 16,10), nel senso che Adonai non abbandona il giusto pi di tre giorni. apparve a Cefa e quindi ai Dodici.: lapparizione tra la risurrezione e lassunzione di Ges al cielo. I Dodici (Dodeka) un termine tecnico e simbolico che indica il gruppo di persone che Ges aveva scelto (ricordano le dodici trib dIsraele) per dar vita al nuovo popolo di Dio. E singolare il fatto che Cefa sia nominato a parte.
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Nellultima colonna abbiamo due secondo le Scritture, perch la testimonianza erano le Scritture dellAT, con le attese messianiche; lultimo elemento a Cefa, cio il collegio apostolico, messo quasi in parallelo mostrando i dodici Apostoli come testimoni di un nuovo evento. Questa testimonianza apostolica porter poi alla redazione del NT.

DA NOTARE: 1Cor 15,20-28 Qui abbiamo un brano in cui Paolo, con la sua autorit di apostolo, tratta di escatologia, proponendo una catechesi sulle cose ultime e trasmettendo la fede da lui ricevuta. Vi lannunzio della resurrezione di Cristo dai morti, un parallelo tra Ges e Adamo ed in seguito lApostolo mette in ordine la ricevibilit della resurrezione: prima Cristo (anticipo del compimento, gi avvenuto), poi alla sua venuta (tema della Parusia) quelli che appartengono a Cristo, ed infine ci sar il compimento di tutto quando Ges riconsegner il regno a Dio Padre. Lultimo nemico ad essere annientato sar la morte. Poniamo attenzione al linguaggio usato qui da Paolo: ci dovremo ritornare per un confronto con il linguaggio di passi come Mc 12,1-9 o Q 10,22.

3) Prima lettera ai Tessalonicesi Nella prima lettera ai Tessalonicesi risalente circa al 51 d.C., vi tra i temi dominanti, quello dellescatologia. Inizialmente lattesa del ritorno di Ges era molto forte, infatti i primi cristiani, probabilmente anche Paolo neo-convertito incluso, ritenevano la sua venuta imminente. Il Paolo maturo comprender meglio la fede. Il problema in questa comunit di Tessalonica era quello della forte attesa, tanto che alcuni preferivano non lavorare, perch presto sarebbe tornato Ges, Paolo rispose a questi che chi non vuol lavorare neppure mangi! 1Ts 1,9b-10 come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire il Dio vivo e vero e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Ges, il quale ci libera dallira che viene.

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In questo passo, secondo alcuni insigni esegeti come B. RIGAUX, Paolo riporta una formula arcaica a lui precedente, mentre per altri uno scritto di Paolo agli inizi della sua conversione. In questi pochi versetti sono evidenziati alcuni temi: - la conversione dagli idoli a Dio, tema dellAT che troviamo in Osea, fortemente profetico-giudaico; - il servizio a Dio, uno dei temi dellEsodo, dove Dio, per bocca di Mos dice al faraone: Lascia partire il mio popolo, perch mi possa servire! (Es 9,1) - lattesa del Figlio; Ges gi risorto e asceso al cielo, ove "nascosto", e i cristiani attendono il suo ritorno; - liberazione dallira che viene, tema gi della predicazione di Giovanni il Battista (Lc 3,7; Mt 3,7). Da questo testo quindi possiamo trarre alcune informazioni come lattesa della Parusia, la risurrezione e la salvezza (in questa terminologia arcaica) che ci libera dallira che viene. 1Ts 4,13-17 Se infatti crediamo che Ges morto e risorto, cos anche Dio, per mezzo di Ges, raduner con lui coloro che sono morti Anche in 1Ts 4,13-17 Paolo parla del ritorno del Signore, della Parusia. Nel versetto 14 troviamo una professione di fede che prosegue dicendo che Dio insieme a Ges raduner quelli che sono morti: questa lescatologia che Paolo ha ricevuto. Nel versetto 15 trovi amo parola del Signore: secondo alcuni, Paolo sta citando ci che era scritto nei Vangeli, secondo altri come quando nellAntico Testamento troviamo Oracolo del Signore, con il quale il profeta parlava riferendosi allautorit di Dio. Paolo al versetto 17 dice quindi noi, i vivi: da qui si comprende che egli sperava di essere ancora vivo al ritorno di Ges. Gli elementi fondamentali su Ges ci sono: morte, risurrezione, ritorno, il fatto che quelli che gli appartengono tornano in vita e sono radunati insieme con lui, e in pi abbiamo un po di elaborazione (v. 16). Troviamo quindi unescatologia essenziale ma gi un po elaborata, considerando poi che passato poco tempo dalla morte e risurrezione di Ges.

Di grande importanza anche il testo della lettera ai Filippesi (Fil 2,6-11), anchesso con ogni probabilit preesistente alla redazione della lettera stessa, e lo riprenderemo nella seconda parte del per-corso, cio in quella dedicata allapprofondimento e sviluppo dogmatico e teologico.

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La testimonianza di Marco

In questa lezione affronteremo la testimonianza di Marco (redazione del vangelo risalente circa al 70 d.C.) usando i metodi e gli strumenti esposti nella seconda lezione per scavare dentro i suoi testi. Faremo questo per trovare elementi originari, "scrostando" per quanto possibile la mediazione del pittore per poterci approssimare al volto di Ges prima della sua glorificazione pasquale ( sempre mettendoci nei panni del poliziotto cinese). Cos una parabola? E un metodo narrativo (come una poesia o unallegoria), un modo di strutturare un racconto usato nella Bibbia e nell'insegnamento rabbinico. Ges ne fa un uso magistrale. Per capire che la parabola era un metodo abituale, possiamo prendere in considerazione il passo del secondo libro di Samuele che racconta la storia del re Davide che, invaghitosi di Betsabea, moglie di Uria, manda a morire il marito pur di averla. Il profeta Natan allora mandato da Dio a rimproverarlo e gli racconta questa parabola: Due uomini erano nella stessa citt, uno ricco e laltro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero; mentre il povero non aveva nulla, se non una sola pecora piccina, che egli aveva comprato. Essa era vissuta e cresciuta insieme con lui e con i figli, mangiando del suo pane, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Era per lui come una figlia. Un viandante arriv dalluomo ricco e questi, evitando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso quanto era da servire al viaggiatore che era venuto da lui, prese la pecorella di quelluomo povero e la serv alluomo che era venuto da lui. 2Sam 12,1-4 Davide si infuria dicendo che quelluomo deve essere mandato a morte e solo allora Natan gli apre gli occhi, dicendogli: Tu sei quell'uomo!. Il profeta aveva usato questa parabola, somigliante alla realt, per portare Davide ad emettere un giudizio prima di rendersi conto che stava giudicando s stesso. Se il re avesse saputo che stava rispondendo per s, per interesse personale avrebbe modificato la risposta. Non tutti gli elementi della parabola sono da interpretare, non sono unallegoria (racconto in cui ogni elemento o personaggio deve essere riferito ad altro); nella parabola interessa soltanto il punto di somiglianza che porta ad emettere un giudizio. Nellinterpretazione che ne hanno fatto i Padri della Chiesa spesso se ne estratto ben di pi, perch la Parola di Dio infinitamente ricca. Ma se stiamo al meccanismo narrativo, le parabole vogliono dire una cosa sola, a seconda del punto detto punctum o tertium comparationis, che fa scattare questo effetto del racconto.

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1) Mc 12,1-9 [Ges] si mise a parlare loro con parabole: Un uomo piant una vigna, la circond con una siepe, scav una buca per il torchio e costru una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne and lontano. Al momento opportuno mand un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mand loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mand un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero. Ne aveva ancora uno, un figlio amato (traduzione letterale che risulta poco chiara in italiano, traducendo a senso si potrebbe scrivere il suo unico figlio); lo invi loro per ultimo, dicendo: Avranno rispetto per mio figlio! Ma quei contadini dissero tra loro: Costui lerede. Su, uccidiamolo e leredit sar nostra!. Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. Che cosa far dunque il padrone della vigna? Verr e far morire i contadini e dar la vigna ad altri. Questa parabola esiste oltre che in Mc, anche in Mt 21,33-41, in Lc 20,9-16 ed riportata nel Vangelo apocrifo di Tommaso al punto 65. Essa si ritrovava quindi diffusamente, attestata in pi fonti. Il racconto in Mc e Mt continua e viene aggiunta la citazione di un salmo (Sal 118,22), aggiunta che per, stando alla comune interpretazione degli studiosi ed esegeti, non inclusa nella forma originaria della parabola, ma un inserto redazionale per spiegare la morte e resurrezione di Ges. La parabola cos come uscita dalla bocca del Signore, con ogni probabilit quella di Marco, perch in Mt e Lc vi sono alcuni ritocchi. La parabola racconta di un padrone che ha fatto un grosso investimento, impiantando una piccola azienda agricola (siepe, buca per il torchio, torre, ecc) e la affida a dei contadini i quali non sono i proprietari, ma sono semplicemente dei coloni che lavorano la vigna per conto del padrone. Poi si dice che luomo se ne va lontano e al momento opportuno manda dei fiduciari, dei suoi rappresentanti, per prendere la sua parte del raccolto. Per questi vengono tutti bastonati , insultati o uccisi. Infine il padrone manda il figlio e i vignaioli decidono di ucciderlo per avere la sua eredit. Alcune importanti testimonianze utili per la valutazione storico-critica di questa parabola sono i papiri di Zenone1 e la giurisprudenza giudaica del tempo. Nei papiri infatti sono riportati testi amministrativi di un fondo di propriet, in cui si spiega la gestione delle terre e le abitudini economiche. Gli storici hanno ritrovato poi che al tempo di Ges cerano
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Zenone fu amministratore in Palestina circa dal 280 al 260 a.C. e in questa sua qualit di ufficiale al servizio del governatore tolemaico Apollonio, braccio destro del re Tolomeo II Filadelfo (285-264 a.C.), raccolse circa duemila papiri amministrativi. Tra quelli conservati quaranta riguardano i possedimenti tolemaici in Palestina e in Fenicia, tra cui si trovano quelli del podere viticolo di Apollonio in Beth Anath in Galilea.

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molte sommosse e molti malcontenti. I servi non avevano rappresentanza legale e lunico che poteva agire come il padrone era il figlio maggiorenne; per questo infatti che i vignaioli vogliono ucciderlo per ottenere leredit. Di conseguenza la parabola fedele al contesto socio-economico di quel tempo, poteva essere un fatto di cronaca. Una piccola annotazione da fare sul testo dove c scritto un figlio amato, ultima traduzione (letterale) della CEI. In greco sarebbe uion agapeton ma non c larticolo, se no sarebbe o uion ton agapeton. Traducendo cos corretto ma si perde un po il senso perch nella traduzione dei LXX (dallebraico al greco) la parola yahd (unico in ebraico) tradotta in greco con agapeton (amato, diletto). Larticolo non presente, per mettere in rilievo la parola figlio. La traduzione che si pu fare andando a senso il suo unico figlio, che ci fa comprendere meglio il testo. Anche per landamento del racconto doveva essere lunico figlio, perch se i vignaioli avessero ucciso uno dei figli, leredit sarebbe andata ai suoi fratelli. Per cui questa annotazione significativa anche per landamento della parabola. Ges mentre racconta la parabola ha davanti a s i suoi discepoli e, soprattutto, i rappresentati del Sinedrio (vedi Mc 11,27-33), autorit politico-religiosa che governava Israele. Tenendo conto quindi del contesto, alcuni elementi di rassomiglianza con la realt sono: In Is 5,2 il profeta parla del rapporto tra Dio e il popolo, questultimo identificato con la vigna. Questa metafora in Isaia era presente nella mente degli ebrei di quel tempo, di conseguenza gli israeliti comprendono la somiglianza inserita in questa parabola. Gli affittuari rifiutano i servi e decidono di uccidere il Figlio per impadronirsi delleredit (il popolo dIsraele). Ges dice questo perch sente il rifiuto che quelli del sinedrio hanno nei suoi confronti, presentendo come andr a finire, anche se non ci sono accenni di altro genere. Una differenza di questa narrazione tra Mc e Mt o Lc che in Marco alla fine della parabola viene detto: Lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna mentre in Mt e Lc il Figlio viene prima gettato fuori della vigna e poi ucciso. Avendo presente la successione degli eventi della passione di Ges, egli stato prima buttato fuori poi ucciso. Mt e Lc hanno quindi corretto il testo in modo da adeguarlo al racconto della passione, segno che in Marco non c un errore ma un indizio di antichit ed autenticit del testo. Applicando i criteri di storicit ed autenticit alla parabola: - Molteplice attestazione; questo criterio vale alla luce del testo perch presente in Mt, Mc, Lc, Vangelo apocrifo di Tommaso. Ha quindi 4 attestazioni, per cui il racconto anche se con alcuni ritocchi un buon indizio di autenticit; - Continuit; si riferisce al contesto storico, per quello che stato ritrovato sui papiri di Zenone e sulla giurisprudenza giudaica di quel tempo. Di conseguenza il racconto parabolico molto coerente con il contesto sociale-giuridico del tempo. Il criterio di continuit, attraverso il contesto storico, un ulteriore indizio sullautenticit della parabola in Marco. Vi anche una continuit con la teologia di testi antichi: gli studiosi che hanno ritrovati testi hanno visto alcuni elementi come il
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Padrone che torna, il Figlio rifiutato (rifiuto del Messia), e vi anche un contesto di coerenza di contenuti. - Discontinuit; vi sono alcuni indizi di autenticit, come per esempio la questione dellordine tra uccisione e cacciata dalla vigna, il ritorno del padrone e non del figlio, la non interpretazione redentrice della morte del figlio, ed infine la discontinuit con la mentalit giudaica del tempo (Figlio con gli stessi poteri del Padre. Tutti questi criteri, pur con dei limiti, indicano che questo testo nella versione di Mc un testo arcaico, con un linguaggio vicino allaramaico, comunque vicino a come uscito dalla bocca del Signore. Questa parabola porta con s una questione importante, cio il fatto che Ges si riconosce come il Figlio. Questo tema stato molto discusso negli ultimi 30 anni, tanto che alcuni non ritenevano questa coscienza filiale chiara. Esistono per tre passi indiscutibili in cui Ges si ritiene in modo chiaro il Figlio: due sono quelli trattati qui in Marco, laltro verr analizzato in Q. 2) Mc 13,32 Questo un versetto che ha fatto scrivere tanto, soprattutto nei Padri della Chiesa perch alcuni eretici come Ario, lo usavano per sostenere la tesi della non divinit di Ges. Questo loghion si trova nel contesto del discorso escatologico indirizzato ai quattro discepoli "privilegiati" (vedi Mc 13,1-5 e seguenti). Quanto per a quel giorno o a quellora, nessuno lo sa, n gli angeli nel cielo n il Figlio, eccetto il Padre. In questo breve versetto si sta parlando del giorno e dellora, del giudizio, del la Parusia, e vi unaffermazione di non conoscenza da parte di Ges. Nessuno sa il giorno e lora, n gli angeli n il Figlio, se non il Padre. Apparentemente questo brano parrebbe non porre il Figlio sullo stesso piano del Padre, per l'uso progressivo dei vari termini in realt pone il Figlio in coppia con il Padre. Mt riporta questo versetto, mentre Luca ha fatto la scelta redazionale di ometterlo, forse perch era scomodo gi per la prima comunit cristiana. Paradossalmente questa scomodit indizio di autenticit, perch se Ges non lavesse detto non si sarebbero inventati una affermazione sconveniente. Questa scomodit cristologica un indizio di gesuanit, proprio perch molto probabilmente uscita dalla bocca stessa del Signore. Abbiamo rilevato che Luca non inserisce questo passo nel sua redazione del Vangelo, per fa la scelta di mettere in bocca a Ges risorto, negli Atti degli apostoli questa frase: Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scender su di voi (At 1,7 -8).
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Quello che conta della parola di ammonizione che troviamo in Mc 13,32, non sapere il giorno e lora del ritorno del Signore, ma la presenza di questo versetto in tutti i testi arcaici, e che la decisione di fronte a Ges adesso, quella che decide del futuro di ognuno di noi: se riconosco Ges, egli mi riconoscer quando verr nella sua gloria, se lo rinnego anchegli mi rinnegher. Questo senso lo possiamo trovare in Q 12,8-9 e in Mc 8,38. Non quindi unaffermazione di colpevole ignoranza del Signore, bens di sapiente nescienza, cio il Figlio semplicemente non sa n il giorno n lora perch questo non importante, ci che conta davvero essere pronti adesso, senza inutili distrazioni, davanti al Figlio delluomo. Anche in questo versetto troviamo le parole il Figlio, in cui Ges aveva coscienza di parlare di s, di essere il Figlio dinanzi al quale si decide il futuro, leternit.

La testimonianza di Matteo e Luca


1. Mt, Lc e Q Matteo e Luca vengono presi insieme perch, secondo lipotesi, ci sono passi comuni che si possono far risalire a Q. Come gi detto, la fonte Quelle unipotetica fonte di detti di Ges. Gli studiosi che accettano questa ipotesi, hanno rilevato che il Vangelo secondo Luca mantiene perlopi lo stesso ordine dei testi di Q (ragion per cui si convenuto di indicare i passi di Q usando i versetti di Lc), anche se levangelista pu averne migliorato la forma. Matteo perlopi ha scambiato lordine, men tre, data la sua vicinanza alla mentalit ebraica, tiene le formulazioni in modo pi simile a Q. Queste indicazioni generali possono comunque variare in casi specifici. Nella seconda lezione, trattando il tema della formazione dei Vangeli, stato detto che vi unipotesi in cui si da priorit a Mc e Q i quali sono indipendenti fra loro. Di conseguenza possono esserci detti che sia Q che Mc hanno riportato, quindi Lc e Mt, trovando le due formulazioni, le hanno prese entrambe, creando quindi nelle rispettive redazioni dei Vangeli delle frasi simili in punti diversi. TRADITIO TRIPLEX Mt 16,27 Mc 8,38 Lc 9,26 TRADITIO DUPLEX Mt 10,32-33 Q 12,8-9 Lc 12,8-9

Nel caso della traditio triplex, i temi che ricorrono sono il ritorno del Figlio delluomo, la gloria del Padre, gli angeli e il tema della vergogna (non in Mt). Secondo studiosi questi due passi di Lc e Mt, riformulati, derivano da Mc. Nel caso della traditio duplex i temi sono analoghi, anche se per i testi sono pi elaborati.
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In conclusione alcuni detti di Ges erano riportati sia in Mc che Q (con qualche comprensibile diversit tra le due versioni) e sono state poi recepiti da Mt e Lc doppiamente2. 2. Q 12,8-9 a b a b Chiunque si dichiara per me davanti agli uomini, anche il figlio delluomo si dichiarer per lui davanti agli angeli. Chiunque invece mi avr rinnegato davanti agli uomini, anche il figlio delluomo lo rinnegher davanti agli angeli.

Questo testo di Q quello fatto secondo la ricostruzione abituale. In questo brano troviamo una struttura, un parallelismo (chiasmo) tra i primi due versetti (a-b) e i secondi due (a-b). Dalle retroversioni in aramaico si possono notare rime e quindi lutilizzo di uno stile poetico. Questo perch Ges le diceva in un modo tipico ed ordinario degli insegnamenti dei rabbini, molto pi semplice da memorizzare. Queste parole sono sulla bocca di Ges. Non c esplicitamente la sua identificazione con il figlio delluomo ( dunque una parola euristica). Vi il tema ebraico degli angeli, modo classico per dire davanti a Dio: per parlare di Dio si dicevano circonlocuzioni in modo da non nominarlo. Alcuni elementi del testo: - sceneggiatura da giudizio universale; rappresentato uno sfondo da giudizio universale, da fine del mondo con questo riconoscere davanti a Dio. Troviamo il tema del Figlio delluomo, tema escatologico; - niente indica che questo loghion (parola, detto) sia un vaticinium ex eventu; il vaticinium ex eventu una predizione aggiustata e arricchita di dettagli dopo che levento si compiuto, per far rassomigliare maggiormente la predizione (che magari era troppo scarna e asciutta) allo svolgimento storico di un determinato evento. Un esempio nel passo di Mc 12,1-9: mentre Mc dice che il figlio stato prima ucciso poi portato fuori, Mt e Lc invertono i fatti. Nella parabola di Mt e Lc troviamo il vaticinum ex eventu, perch hanno modificato leggermente la parabola in modo da renderla pi rassomigliante (quasi una profezia) rispetto allo svolgimento storico della Passione di Ges, che prima stato portato fuori da Gerusalemme e poi crocifisso;
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Qui procedo semplificando la questione fin troppo e partendo gi dallipotesi comunemente accolta: si tenga presente che in realt nel corso delle ricerche e degli studi stata proprio la necessit di spiegare nel modo pi semplice possibile la peculiarit dei tre vangeli sinottici con le loro strette rassomiglianze anche letterali talvolta triplici (Mc, Mt, Lc) e talvolta invece soltanto duplici (tra Mt e Lc) unitamente alla presenza nei soli Mt e Lc di alcuni passi simili riportati doppiamente in punti diversi della redazione a far sorgere lipotesi di una precedente fonte (scritta?) di detti di Ges (denominata appunto Q) che in coppia con Mc potrebbe essere alla base della redazione di Mt e Lc. Il ritrovamento poi a Nag Hammadi nel 1945 del testo del cosiddetto Vangelo copto di Tommaso ha fornito un ulteriore appoggio esterno alla validit di questipotesi, poich (seppur con pesanti e evidenti rimaneggiamenti gnostici) composto esclusivamente di 114 detti attribuiti a Ges, parte dei quali coincide con quei passi comuni a Mt e Lc che gli studiosi gi ipotizzavano risalire a Q.

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- niente indica una lettura ecclesiale post-pasquale, cio non una rilettura della Chiesa dopo la morte di Ges e non ci sono riferimenti alla risurrezione; - immediatezza tra il piano divino e il piano umano; chi si dichiara per me davanti agli uomini, ora, qui, il figlio delluomo si dichiarer davanti agli angeli (a Dio) lultimo giorno. Ci significa che quello che decido davanti a Ges qui e ora, riconosciut o nelleternit. Di conseguenza c unimmediatezza sia in positivo che in negativo tra i due piani, e chi fa da punto di contatto Ges; - Ges consapevole che davanti a lui si decide il destino escatologico di ciascuno; c una conoscenza di Ges, di chi lui , di quale autorit, di quale potere, di quanto sia importante quello che e di quanto sta facendo. 3. Q 10,22 (Mt 11,27; Lc 10,22) Questo un passo molto importante per la conoscenza di Ges e per il nostro corso. A questo brano vanno affiancati i due passi di Mc che abbiamo visto, perch, insieme a Q 10,22 sono i tre testi che anche secondo la critica scientifica, conservano nel Ges prima della Pasqua il tema non del figlio di Dio o del figlio di Davide, ma semplicemente del Figlio. Prima di passare alla traduzione in italiano del testo in greco di Q, leggiamo i passi di Mt e Lc. Questi vengono integrati nei Vangeli, messi dentro un contesto, a volte ritoccati o attaccati ad altri passi, interpretandoli. Di conseguenza il senso che il passo ha nella redazione di Mt o Lc non sempre lo stesso e non identico allipotesi di Q, dato dalla mediazione del pittore, il che non toglie dal ritenere questi testi canonici ispirati da Dio. Quello che noi tentiamo di fare, dando per buona lipotesi di Q, vedere qual il senso di questo detto prima della redazione di Mt e Lc. Leggendo il testo di Luca (10,22) notiamo che inserito in un inno cosiddetto inno di giubilo, e stessa cosa per Matteo (11,27). Entrambi saldano questo detto con unalt ra parola, anche se secondo quasi tutti gli studiosi essi sono distinti. Sono state unite probabilmente perch ritorna la parola rivelazione, ma si ritiene che in origine fossero due parole distinte. Di conseguenza il brano di Q, anche se inserito nei Vangeli, un loghion in s completo e in origine a s stante. Scavando in questi versetti si ricostituisce un loghion in greco di cui di seguito riportata una traduzione, in modo da comprendere meglio il senso. A sinistra sono state inserite delle lettere (a, a, b, b) che verranno utilizzate per individuare la struttura del testo. a b b a Tutti mi sono stati dati-affidati dal Padre mio e nessuno conosce per bene il Figlio se non il Padre, nemmeno uno solo conosce per bene il Padre se non il Figlio e a tutti il Figlio sovranamente porter la rivelazione ultima.

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Analisi del testo Possiamo notare nella struttura del testo la presenza di un chiasmo concentrico. Il chiasmo (parola che deriva dalla lettera greca ) una figura letteraria, un incrocio di paralleli a forma di X. In greco ci sono cambi daspetto del verbo. In questo testo in tutti i verbi che troviamo (dati/affidati, conoscere, porter) c laspetto di un tipo di aoristo in ogni versetto. Inoltre abbiamo alcuni quantificatori sottolineati nel testo - tutti (), nessuno (udeis), nemmeno uno solo (udetis), tutti (oean) che precedono i cambi di aspetto del verbo. Per cui ad uno studio letterario si rivelano 4 stichi alternati (tutti, nessuno, nessuno, tutti) che formano questa struttura a chiasmo. Anche secondo i cambi di aspetto del verbo troviamo la stessa struttura, poich: il verbo dati/affidati una azione gi compiuta, il verbo conosce al presente non terminato e poi c il futuro con porter. Notiamo quindi che da tutti questi punti di vista viene confermata la struttura a, a, b, b, perch a e a corrispondono a tutti, b e b corrispondono a nessuno, per vi anche un contrasto tra a e b, a e b. Guardando i versetti b e b notiamo un chiasmo interno: in b troviamo la parola Figlio e poi la parola Padre, mentre in b le due parole sono invertite. E importante identificare la struttura del loghion per cercare di scavare, di far ven ire fuori ci che dice il testo. La struttura consente di capire alcune parole perch, in italiano come in greco, certi vocaboli hanno pi di un senso. Tenendo conto quindi della forma, si pu dare una traduzione pi corretta attraverso il contesto. Per esempio la parola tradotta letteralmente significa tutte le cose, per nella tradizione greca, soprattutto accanto al verbo , pu avere valore di tutte le conoscenze, tutte le dottrine. Questa interpretazione per viene smentita dal chias mo, poich non ci sarebbe pi il parallelismo tra a e a (b, b) e nemmeno il contrasto a, b (a, b). Di conseguenza svela il suo significato di tutte le persone. Pi precisamente, tenendo conto del linguaggio e della mentalit aramaica ed ebraica, designa il popolo di Dio nel suo insieme, in particolare quando raggiunger la totalit grazie alla divina sanzione escatologica. Anche il verbo , che significa trasmettere, pu avere diversi significati e traduzioni, ma anche qui la struttura ci illumina su quale senso pu avere. Escludendo, alla luce dei versetti b e b, i significati di trasmissione di dottrina o di potere, resta il significato di passare di mano in mano come il passaggio del testimone in una corsa a staffetta e di affidare, lasciare qualcosa a qualcuno. E da notare che questa azione del passare ricorda la parabola dei vignaioli in Mc 12, 19, dove al Figlio passa leredit (gli stessi poteri) del Padre. Laoristo del verbo, alla luce del soggetto determinato tutti, svela il carattere di aoristo complessivo, cio unazione terminata (infatti si potrebbe aggiungere un gi davanti) con sottolineatura dellunitariet del soggetto. Nei versetti b e b troviamo il verbo conosce, tradotto dal greco . Esso, alla luce di un accurato studio lessicografico (cfr. le dispense del prof. R. WIELOCKX), svela il carattere intensivo conoscere per bene (epi = intensivo).
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Laoristo alla luce del parallelismo chiastico di b rispetto ad a e di b rispetto ad a svela laspetto di non terminato, di azione ancora in corso. Nel versetto a troviamo , che in questa forma significa letteralmente a chiunque voglio. E una forma caratteristica, un modo di dire che troviamo anche in Dn 4,31 nella versione dei LXX, che sta ad indicare il volere regale di un sovrano. Alla luce del contrasto tra b e a si esclude il senso iterativo del verbo e resta il senso generale. Sempre nellultimo versetto, troviamo come ultima parola , la quale priva della qualificazione delloggetto. Dalla traduzione italiana si p otrebbe comprendere che il Figlio opera la rivelazione e che loggetto della rivelazione il Padre. Nella versione greca invece, loggetto della rivelazione non presente. Questo importante perch si comprende che non c un errore, bens si parla della rivelazione per eccellenza. Essa la rivelazione che dai profeti in poi (Ez 36,23, ecc) la rivelazione finale, propriamente escatologica, caratterizzata dal fatto di essere manifestata davanti a chiunque. La rivelazione ultima la conoscenza del Padre nella gloria dei figli di Dio. Infatti in 1Cor 15,20-28 Paolo dice che vedendo la gloria dei figli di Dio, conosci il Padre. Esistono tre retroversioni in aramaico le quali, seppur con qualche diversit, svelano la forma poetica di questo loghion, con intonazione e rima, chiamata Qina. Essa era un canto funebre attestato nei profeti e nei salmi (cfr. Am 5,1-8; Sal 19,8-14)e in uso ai tempi di Ges. Anche questo un elemento di analisi letteraria che ci permette di comprendere il senso del testo. Esistono diversi generi letterari, come per esempio la parabola, incontrata e definita nella lezione scorsa. Il genere letterario raro e particolare di questo brano la parola euristica. Il termine deriva dal greco, per intenderci Archimede disse il famoso Eureka (ho trovato!) Questa un detto, un modo di dire, una forma poetica, che induce a riflettere per scoprire qualcosa di pi, comprendendo pi profondamente laffermazione stessa. Anche il versetto al punto 2 (Q 12,8-9) una parola euristica, perch non c identificazione esplicita tra Ges e il figlio delluomo. Ragionando per si comprende che il figlio delluomo Ges quando torner nellultimo giorno. Nel caso di questo brano Ges dice tutti mi sono stati dati, lui che parla, per egli non dic e direttamente di essere il Figlio, quindi in teoria pu essere qualcun altro. Per le parole Padre mio e la struttura portano a capire che lui il Figlio. Applicando i criteri di storicit ed autenticit: - Discontinuit; secondo uno studio accurato scopriamo la validit di questo criterio perch c unoriginalit rispetto al misticismo ellenistico, al giudaismo palestinese (sia nellapocalittica che nella tradizione sapienziale) e alla Chiesa delle prime generazioni; - Molteplice attestazione; questo criterio vale alla luce del testo perch presente in Mt, Lc e nellipotesi di Q. Ha quindi 3 attestazioni, per cui un buon indizio di autenticit;
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- Continuit; coesione con lescatologia prettamente gesuana. Si possono ricordare elementi come la somiglianza con la parabola di Mc, limmagine del passaggio del testimone, limmediatezza tra il piano divino e umano. Senso del testo Questo un detto in s completo, del Ges prima della Pasqua, lo stesso che ha raccontato la parabola della lezione scorsa di Marco, in cui sono presenti temi come il Figlio unico che ha gli stessi poteri del Padre,il quale lerede della vigna, il rifiuto e luccisione per leredit. In questo momento della vicenda terrena di Ges si colloca questo loghion di Q, con la forma della Qina, che porta con s un senso di mestizia, di fallimento. Ges dice che tutto il popolo gli stato affidato (cfr. Mc 12,1-9) ma nessuno in quel momento lo conosce veramente per quello che , nemmeno gli Apostoli. Questo dramma di rifiuto di riconoscenza si riflette sul Padre perch quello che il Padre vuole fare non si conosce se non si conosce il Figlio. Abbiamo quindi tre tempi: o passato, il Padre consegna tutte le persone, tutto il popolo al Figlio; o presente, dramma del rifiuto, della non conoscenza di Ges, del mistero (cfr. Mc 13,32); o futuro, quando il Figlio come Signore porter la rivelazione a tutti. Di conseguenza chi lo ha rinnegato avr una visione di condanna, ma chi invece lo ha riconosciuto ed accolto ricever la rivelazione, la gloria dei figli di Dio, che porta alla conoscenza del progetto salvifico del Padre (Q 12,8-9). Questa visione escatologica tipica di Ges, ed riconoscibile anche nella parabola di Mc 12,1-9 gi affrontata precedentemente. Ci sono infatti diversi contatti come il passaggio, la successione (), c un rapporto tra Padre e Figlio unico, il dramma del non riconoscimento. C tutto in Ges: il Figlio, il regno, davanti a lui si decide leternit, ma molti lo rifiutano o non lo comprendono. Anche gli Apostoli comprendono qualcosa ma non tutto (Lc 9,54; Lc 22,24). Ges per richiede la conoscenza per bene, fino in fondo (). Per l'analisi completa si vedano le dispense e gli articoli del rev. prof. ROBERT WIELOCKX, da cui tratta tutta questa parte.

La testimonianza di Giovanni
Dopo le testimonianze di Paolo, Marco, Matteo e Luca, vediamo quella di Giovanni. Si pu dire che quello circa il Quarto Vangelo un discorso a parte: basti notare la sua assenza dal gruppo dei tre Vangeli chiamati Sinottici. Nel filone degli studi che seguiamo, che scavano per vedere limmagine di Ges andando oltre la pennellata del pittore, il Vangelo secondo Giovanni non ha avuto molta fortuna. Questo avvenuto perch ci si concentrati su Marco, considerato il pi antico, e su Matteo e Luca risalendo allipotesi di Q. Gv per le sue numerose particolarit (e ultimo per redazione finale rispetto sia alle lettere di Paolo che ai
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tre Sinottici) stato messo un po da parte. Circa il Quarto Vangelo la questione complessa, perch pi difficile risalire alle origini a causa dei diversi interventi di redazione subiti (e alla mancanza di paralleli, come accade invece per il confronto sinottico). Ci sono quindi pi ipotesi e pi disaccordo tra gli specialisti. Una ipotesi quella della scuola di F. NEIRYNCK. Secondo gli studi di questa equipe di Lovanio, Gv dipende da Mc, Mt, Lc, Q (forse) e da una tradizione propria della comunit giovannea. Sono stati riscontrati elementi archeologici, geografici, di datazione che confermano, al di l dell'elaborato linguaggio teologico, l'esattezza dei dettagli e dei riferimenti. Sono inoltre state proporste alcune tesi, non sufficientemente fondate, che danno per accertata una dipendenza di Gv da gruppi gnostici. Per quanto riguarda l ipotesi della cosiddetta fonte dei segni (Semeia-Quelle), molti attualmente la accettano, mentre alcuni altri no (cfr. studio di G. VAN BELLE). Tenteremo due approcci per leggere Gv: il primo, seguito sino ad ora in questa parte del corso, con a mo di esempio Gv 5,19-30 confrontato con Q 10,22 e Q 12,8-9, oltre che con Mc 13,32 e Mc 12,1-9, ed in parallelo a 1Cor 15,20-28; il secondo, che potremmo chiamare unitario, canonico o teologico, prendendo in esame Gv 15,1-8. 1) Primo approccio (Gv 5,19-30) Ges riprese a parlare e disse loro: In verit, in verit io vi dico: il Figlio da s stesso non pu fare nulla, se non ci che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifester opere ancora pi grandi di queste, perch voi ne siate meravigliati. Come il Padre risuscita i morti e d la vita, cos anche il Figlio d la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perch tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verit, in verit io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma passato dalla morte alla vita. In verit, in verit io vi dico: viene lora ed questa in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che lavranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, cos ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso; e gli ha dato il potere di giudicare, perch Figlio delluomo. Non meravigliatevi di questo: viene lora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno , quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio giusto, perch non cerco la mia volont, ma la volont di colui che mi ha mandato. In queste parole si possono notare somiglianze con i passi presi in esame nelle lezioni precedenti (Q 10,22; Q 12,8-9; Mc 13,32; Mc 12,1-9; 1Cor 15,20-28), ad esempio:
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- la coppia di termini il Padre e il Figlio, che abbiamo gi trovato in entrambi i passi di Mc e in Q 10,22; - il giudizio rimesso al Figlio (identificato qui espressamente con il 'Figlio di Dio' e anche con il 'Figlio dell'uomo') che ha gli stessi poteri del Padre, il Figlio che giudica. L'idea di fondo la medesima anche se il linguaggio di questo brano tipicamente giovanneo di quella espressa nei brani gi presi in esame; - onore al Padre e al Figlio; - tema della risurrezione, che non presente nei passi dei Sinottici presi in esame (es. nella parabola di Mc 12,1-9 c il rifiuto e la vendetta del padrone ma non la risurrezione del figlio amato-unico), ma lo nelle lettere di Paolo. 2) Secondo approccio (Gv 15,1-8) Per sperimentare questo altro tipo di approccio, che potremmo chiamare unitario o canonico, prendiamo in esame Gv 15,1-8. Questo metodo consiste nel leggere il testo cos com redatto nel suo complesso, senza scavare come abbiamo fatto nei testi delle lezioni precedenti. Questo anche lapproccio utilizzato da J. RATZINGER nel primo volume del suo libro Ges di Nazaret". Io sono la vite vera e il Padre mio lagricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perch porti pi frutto. Voi siete gi puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non pu portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, cos neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perch senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sar fatto. In questo glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. ELEMENTI DEL TESTO VITE AGRICOLTORE TRALCI Ges il Padre IDENTIFICAZIONE AZIONI CHE COMPIONO Rimane ben radicata nel terreno Pota la vite; i tralci che non portano frutto vengono bruciati

i suoi discepoli (di allora e di Stanno attaccati alla vite oggi)

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La dinamica presente nella vite che essa grazie alla linfa d la vita ad ogni tralcio, il quale gli rimane attaccato. Evidentemente questo un processo naturale, ma viene espresso perch avviene la sovrapposizione dellimmagine dei tralci/discepoli. Ricercando nella Scrittura passi somiglianti ritroviamo la parabola dei vignaioli omicidi (Mc 12,1-9). I passi dellAT dove troviamo la simbologia della vigna, del r apporto tra Dio e il popolo sono: Is 5,1-7 Voglio cantare per il mio diletto/ il mio cantico damore per la sua vigna./ Il mio diletto possedeva una vigna/ sopra un fertile colle./Egli laveva dissodata e sgombrata dai sassi/ e vi aveva piantato viti pregiate;/ in mezzo vi aveva costruito una torre/ e scavato anche un tino./ Egli aspett che producesse uva;/ essa produsse, invece, acini acerbi./E ora, abitanti di Gerusalemme/ e uomini di Giuda,/ siate voi giudici fra me e la mia vigna./Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna/ che io non abbia fatto?/ Perch, mentre attendevo che producesse uva,/ essa ha prodotto acini acerbi?/Ora voglio farvi conoscere/ ci che sto per fare alla mia vigna:/ toglier la sua siepe/ e si trasformer in pascolo;/ demolir il suo muro di cinta/ e verr calpestata./La render un deserto,/ non sar potata n vangata/ e vi cresceranno rovi e pruni;/ alle nubi comander di non mandarvi la pioggia./Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti/ la casa di Israele;/ gli abitanti di Giuda/ sono la sua piantagione preferita./ Egli si aspettava giustizia/ ed ecco spargimento di sangue,/ attendeva rettitudine/ ed ecco grida di oppressi. La vigna rappresenta, come nella parabola di Mc, il popolo. Allinizio dei versetti troviamo lazione di Dio (v. 2), il quale si aspetta che la vigna faccia uva mentre invece produce acini acerbi (v. 4). Cos si passa alla delusione, alla tristezza. Il brano termina quindi con un giudizio per cui la vigna dovr essere estirpata (v. 6). Sal 80, 9-20 Hai sradicato una vite dallEgitto,/ hai schiacciato le genti e lhai trapiantata./ Le hai preparato il terreno,/ hai affondato le sue radici/ ed essa ha riempito la terra./ La sua ombra copriva le montagne/ e i suoi rami i cedri pi alti./ Ha esteso i suoi tralci fino al mare/ arrivavano al fiume i suoi germogli./ Perch hai aperto brecce nella sua cinta/ e ne fa vendemmia ogni passante?/ La devasta il cinghiale del bosco/ e vi pascolano le bestie della campagna./ Dio degli eserciti, ritorna!/ Guarda dal cielo e vedi/ e visita questa vigna,/ proteggi quello che la tua destra ha piantato,/ il figlio delluomo che per te hai reso forte./ E stata data alle fiamme, stata recisa:/ essi periranno alla minaccia del tuo volto./ Sia la tua mano sulluomo della tua destra,/ sul figlio delluomo che per te hai reso forte./ Da te mai pi ci allontaneremo,/ facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome./ Signore, Dio degli eserciti, f che ritorniamo,/ f splendere il tuo volto e noi saremo salvi.
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In questo salmo, diversamente dal passo di Is, non Dio che parla bens Davide, un membro del popolo. Egli si rivolge a Dio ricordando ci che ha fatto per la sua vigna (vv. 9-10) e chiedendogli il perch essa ora sta subendo gravi danni (vv 13-14). Quindi Davide supplica, grida a Dio perch ritorni (v. 15), perch protegga nuovamente la sua vigna (v. 16), e la sua sorte non sia la condanna. Diversamente da Is, qui non descritto il giudizio di Dio, bens una supplica a lui perch intervenga. In questi due passi troviamo quindi le stesse tematiche: il popolo, Dio e il loro rapporto reciproco. Alla luce dei brani di Is, Sal e Mc, cerchiamo le differenze con Gv: - In Is, Sal e Mc la vigna rappresenta il popolo dIsraele mentre in Gv essa rappresentata da Ges e i suoi, quindi il popolo della nuova alleanza; - In Is la vigna viene sradicata, il Sal si prega Dio perch intervenga, in Mc lo sguardo puntato pi sui vignaioli. In Gv la vite non pu essere sradicata, perch rappresenta Ges, il Verbo incarnato. Io sono Vi inoltre un elemento tipico e molto importante in Gv, che troviamo anche in questo testo. Ges dice Io sono (v. 1 e v. 5). Queste due parole sono importanti perch tornano molte volte sia nel Vangelo giovanneo che nellAT (cfr. Es 3,6.14; Is 43,10). Nel passo di Is 43,10 Dio parla dicendo Io sono; queste parole stanno a significare che Dio presente, qui e rappresentano il tema dellunicit del Signore. Nel caso di Gv, Ges dice Io sono la vite vera, quindi troviamo aggiunto un predicato. Di conseguenza notia mo che vi sono due gruppi, due tipologie di passi in Gv: quelli in cui Ges dice Io sono in assoluto, e quelli dove viene aggiunto un predicato. I brani dove Ges dice Io sono in assoluto sono: Gv 8,24.28.58; Gv 13,19. Con tutti i richiami di Es, Is, questo Io Sono molto forte. I brani dove Ges dice Io sono [+ predicato] sono: Gv 6,48 (Io sono il pane della vita; Ges parla sempre di s stesso con i suoi discepoli), Gv 6,51a ( Io sono il pane vivo), Gv 8,12 (Io sono la luce del mondo; questa luce per chi lo segue, per noi), Gv 10,7.9 (Io sono la porta delle pecore) Gv 10,11.14 (Io sono il buon pastore), Gv 11,25 (Io sono la risurrezione e la vita), Gv 14,6 (Io sono la via, la verit e la vita) ed infine Gv 15,1 (Io sono la vite vera). Mentre lIo sono in assoluto mostra la divinit di Ges, gli altri passi provvisti del predicato ci dicono qualcosa di Ges in rapporto a noi. Questo tema dellunione dei discepoli con Ges un tema molto importante in Gv (Paolo usa limmagine del Co rpo di Cristo per rappresentare i discepoli, cfr. 1Cor 12,12-27); questa nostra unione con Ges va coltivata, custodita, mantenuta. Tutto questo come lettura unitaria di questo testo: non abbiamo scavato, abbiamo preso le parole cos come sono, abbiamo spiegato la Scrittura con altri passi della stessa
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Scrittura senza vedere cosa c sotto la crosta, abbiamo visto i temi che ci sono. Interessante che questi temi sono in assonanza con quelli emersi dallaltro approccio (ad esempio il tema delle persone e quello escatologico). La tematica delle persone anche in Q 10,22 e in alcuni passi di Paolo (1Ts 4, 13-17; 1Cor 15); anche se con un linguaggio diverso, pi arcaico, vi comunque la figura del Figlio, del Padre, c il momento in cui il Figlio inviato, i l Regno che viene, il giudizio escatologico in una fine che coinvolge tutti. Alcuni di questi temi sono la sostanza dei Vangeli, pur studiati con metodi diversi. Un passo di eccezionale importanza per la cristologia il Prologo del Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,1-18) e analogamente a quanto gi detto circa il passo di Paolo in Fil 2,6-11 vi ritorneremo sopra con calma nella seconda parte del corso.

Qualche appunto per un primo tirare le somme


Stando nei panni del poliziotto cinese (vedi lapologo allinizio di questa seconda parte) tentiamo ora un primo e parziale tirare le somme alla luce delle testimonianze dei documenti storici, dei ritrovamenti archeologici, del Primo Testamento letto alla luce della letteratura intertestamentaria e della testimonianza molteplice del Nuovo Testamento. 1) Ges realmente esistito, una persona vera e reale nella storia umana. 2) Coerenza e plausibilit nel contesto storico. 3) I passi di Paolo presi in esame sono databili (circa tra il 50 e il 60 d.C.) e testimoniano un linguaggio e un pensiero gi piuttosto elaborato circa lescatologia, mentre i testi di Mc 12,1-9 e Q 10,22 (e gli altri presi in esame in Mc e Q) conservano un linguaggio e un pensiero ben pi arcaico, indizio chiaro della precedenza/preesistenza di quei testi rispetto alla redazione ultima di Mc, Mt e Lc avvenuta circa negli anni dal 70 al 90 d.C.; questo indizio congiunto con luso dei criteri permette di concludere che sono parole che risalgono a Ges, non creazioni o invenzioni post mortem della primitiva comunit cristiana.

Ora continueremo con una parte riassuntiva prima circa alcuni aspetti e nozioni fondamentali e poi circa la Pasqua di Ges il Cristo. Infine daremo unocchiata alla testimonianza della Chiesa per poi concludere tirando le somme di tutta lindagine di questa parte prima del per-corso, prima di passare alla seconda parte, nella quale studieremo lo sviluppo e lapprofondimento del dogma cristologico nella tradizione della Chiesa.

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BIBLIOGRAFIA SPECIALE

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