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BELLE ARTI 131

RIVISTA ON LINE DELLA GALLERIA NAZIONALE DARTE MODERNA E CONTEMPORANEA

numero 1 - 2012

ISSN 2281-4817

BELLE ARTI 131


RIVISTA ON LINE DELLA GALLERIA NAZIONALE DARTE MODERNA E CONTEMPORANEA

Parerga

Attraverso il museo
Martina De Luca - Chiara Stefani
a cura di

Pagina 9

Temporanea
Giovanna Coltelli
a cura di

Pagina 107

Dietro il palcoscenico
Fabiana Verolini
a cura di

Pagina 153

Lo sguardo del/sul pubblico

Maria Mercede Ligozzi

a cura di

Pagina 173

La Babele dellarte
Maria Giuseppina Di Monte
a cura di

Pagina 203

Appendice
Pagina 221

sommario

Maria Vittoria Marini Clarelli

a cura di

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Parerga

UN INDIRIZZO (NON SOLO POSTALE)

Belle Arti 131 lindirizzo postale della Galleria nazionale darte moderna e anche della sede centrale di una rete che comprende i Musei Andersen, Boncompagni Ludovisi, Praz di Roma e la Raccolta Manz di Ardea. E un toponimo che pu essere applicato a tutte le nostre raccolte senza citarne una in particolare ed , al tempo stesso, un richiamo allesposizione internazionale di Belle Arti che si svolse a Valle Giulia nel 1911, quando fu costruita lala pi antica della Galleria. Ai lati del viale che da quellevento prese nome, al posto dei padiglioni espositivi smantellati, sorsero poi gli istituti di cultura e le accademie straniere. A cavallo fra Otto e Novecento, i due secoli di nostra competenza, il termine Belle Arti conosce una particolare fortuna, con equivalenze quasi perfette nelle principali lingue europee (Beaux Arts, Fine Arts, Belas Artes, Schne Kunste, e cos via). Dico quasi perfette perch solo la versione francese definisce anche uno stile architettonico eclettico, che domina la stagione delle grandi mostre internazionali e del quale da poco iniziata la rivalutazione. Anche ledificio al n. 131 di viale Belle Arti un tipico esempio di stile Beaux Arts, forse un po attardato ma talmente corrispondente alla tipologia internazionale del museo che i turisti lo identificano subito come tale, anche da molto lontano. Infine, alle Belle Arti sono state intitolate le accademie che formano gli artisti ma anche la direzione generale che in Italia gestiva, fra laltro, i musei statali; la quale, tanto parsa benemerita a decenni dalla sua soppressione, che ne stato recentemente ripristinato il nome (Antichit e Belle Arti), anche se diviso fra due uffici ministeriali. Allindirizzo fisico, che funge da titolo della nostra rivista on-line, tornato dattualit per i 150 anni dellUnit dItalia, dovrebbe seguire ora lindirizzo inteso come dichiarazione dintenti, come annuncio di che cosa faremo e perch. Pi che da un programma, per, Belle Arti 131 nata, quasi per forza di cose, da un momento di

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vitalit di tutte le strutture facenti capo alla soprintendenza, che comprendono anche il catalogo, i laboratori di restauro, gli archivi, la biblioteca. Lintrecciarsi di studi e attivit, teoria e prassi, giustifica il taglio editoriale scelto: non un semplice rapporto annuale ma nemmeno una rivista solo storico-artistica, perch, anche se questa nel nostro caso la materia intorno alla quale ruotano le collezioni, il lavoro tecnico-scientifico nei musei richiede sempre una prospettiva multi- (e spesso inter-) disciplinare. Molto meno scontato di quanto sembri, questo obiettivo per noi si concretizzato anzitutto nellautogestione della rivista, compresa la grafica editoriale. Per motivi di articolazione e continuit redazionale, abbiamo adottato la classica suddivisione in rubriche, che hanno comunque tutte un taglio trasversale. Attraverso il museo la sezione di approfondimento pi capiente, perch i suoi temi riguardano le collezioni, le sedi e lorganizzazione museale, mentre Temporanea la rubrica dedicata alle mostre e a tutto ci che ha una durata a termine. Dietro al palcoscenico si occupa delle attivit remote e di tutto ci che non trapela nel risultato finale (ovviamente dei retroscena in senso non figurato ma tecnico). Lo sguardo del/sul pubblico la parte dedicata ai visitatori, nella reciprocit del dare e ricevere (servizi, indagini, feedback). sotto forma di indagini che li riguardano o di commenti che da loro provengono. La Babele dellarte, infine, la nostra rubrica di recensioni librarie. Al direttore qui riservato uno spazio di divagazioni, variazioni sul tema o come altro si voglia tradurre il greco-latino Parerga, titolo che ha il pregio di essere tanto conciso quanto adattabile. In questa prima occasione, la funzione introduttiva/esplicativa che il mio breve testo deve necessariamente svolgere non consente veri e propri sconfinamenti. Posso per permettermi una citazione a mo di prologo dallartista del quale, mentre scrivo, in corso in Galleria una mostra dedicata al rapporto con lItalia: Paul Klee. Il quale cos scrive, dopo il suo ritorno a Berna il 3 giugno 1902: Dal viaggio in Italia trascorso un mese. Un severo bilancio delle mie faccende come artista non stato incoraggiante. Non so come, tuttavia, continuo a sperare. Forse perch riconosco che la mia autocritica demolitrice pur sempre basata su un certo progresso spirituale. Ci

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che ora conta non neppure di dipingere soggetti prematuri, bens di essere uomo o almeno di diventarlo. Larte di dominare la vita la condizione fondamentale di tutte le manifestazioni ulteriori, si tratti di pittura, architettura, dramma o musica. Non soltanto dominare la vita in pratica il problema, bens darle un contenuto interiore, occupando una posizione per quanto possibile salda. Ecco, il nostro scopo principale, in fondo, questo: occupare insieme una posizione per quanto possibile salda. Maria Vittoria Marini Clarelli

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Attraverso il museo

LORDINAMENTO DEL DEPOSITO XIX SECOLO OGGI APERTO ALLA CONSULTAZIONE DEL PUBBLICO La relazione dinamica che si crea tra la parte di collezione esposta e quella che non lo costituisce un principio basilare del funzionamento di un museo. La relazione stessa talmente stretta che , cos come si parla di ordinamento delle collezioni esposte, si usa definire ordinamento anche lorganizzazione di un deposito. Gli studi di museologia hanno spesso sottolineato la utilit dei depositi darte nel museo, analizzandone la funzione e suggerendone spazi e modalit di immagazzinamento , raccomandando la facilit di reperimento , la selezione dei materiali, etc, (1) e ne hanno anche spiegato la valenza di riserva dalla quale attingere per assicurare al pubblico un percorso non statico, vivacizzato e reso pi attraente da cambiamenti, nuove interpretazioni , accostamenti , approfondimenti di particolari tematiche, in un gioco di interrelazioni nelle quali una parte della collezione fa da stimolo allaltra (2). Nella storia della Galleria nazionale darte moderna, fin dagli anni della sua fondazione, la dinamicit del rapporto stata spesso spinta alleccesso, in un vorticoso succedersi di trasformazioni , anche architettoniche, negli spazi espositivi , con conseguenti traslochi di opere, spesso dettati da volont esterne allistituzione, ai quali ha corrisposto una disordinata gestione di quella parte della collezione che si inabissava in ambienti non destinati alla visione. Almeno sino al 2004 (vedi pi sotto) , e con la sola eccezione del deposito parzialmente attrezzato negli anni 80, i depositi della Galleria si sono formati sotto spinte di emergenza , o meglio, venendosi a costituire , e a modificare, man mano che nelle sale espositive si susseguivano le mostre e gli ordinamenti (3) o si eseguivano lavori di ristrutturazione. Se abbiamo documentazione sugli ordinamenti espositivi che si succedettero a partire dal 1915, anno delleffettiva apertura della Galleria Nazionale nella sede attuale di Valle Giulia , decisamente scarsa quella relativa al numero e alla modalit di organizzazione delle opere conservate negli ambienti destinati ad accogliere le sePagina 5 Pagina 9

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zioni di collezione non esposta. La parte delledificio del 1911 che Cesare Bazzani aveva specificamente destinato alle funzioni di accoglienza e di messa in deposito delle opere era quella del seminterrato posto nellala sinistra del palazzo, con entrata dallattuale Via Gramsci. Sei vasti ambienti denominati, in una delle piante del progetto, come Depositi provvisori opere darte, e tre denominati Accettazione e catalogazione delle opere. (4) Nella relazione presentata dallarchitetto in occasione del Concorso del 1908 per il nuovo Palazzo per lEsposizione internazionale, da utilizzare in seguito come edificio della Galleria, cos li descrive: Nei locali sottostanti il piano principale oltre il passaggio coperto per le vetture , oltre un ampio androne darrivo e scalee, oltre i detti locali adibiti a gabinetti di toeletta si sono situati i locali di arrivo e accettazione e catalogazione delle opere con i locali di deposito temporaneo e montacarichi ecc. e si sono situati i locali per il custode per il riscaldamento e annessi locali di magazzinaggio vario. (5) Abbiamo notizia del succedersi, nella porzione delledificio che attualmente ospita i depositi, e cio nei locali seminterrati posti sulla parte del viale delle Belle Arti, di lavori di restauro di parti architettoniche , lavori che sembrano essere finalizzati unicamente ad estendere le superfici espositive, come quelli eseguiti tra il 1918 e il 1922 dalla Direzione Lavori per gli Istituti di Antichit e dArte di Roma (6), mentre non ci giunta notizia di lavori di riordino per laltra sezione. Certo per che alla fine degli anni 20 gli spazi originariamente destinati ai depositi venivano ancora utilizzati in maniera impropria, come si desume da una corrispondenza tra il Soprintendente alla R. Soprintendenza alle Gallerie e alle opere dArte e medievali e moderne della Provincia di Roma Federico Hermanin e Ugo Fleres, Direttore della Galleria dal 1908 al 1933 . Nel dicembre 1929 Hermanin scrive a Fleres: Ieri, dovendo cercare qualche quadro di magazzino per decorarne alcune sale del Senato del Regno, ho visitato i depositi di codesta Galleria, ed ho avuto il dispiacere di vedere che, in seguito alloccupazione di gran parte di questi locali, per diversi usi, i magazzini sono ridotti a due sotterranei oscuri e polverosi in cui opere darte anche pregevolissime come ad

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esempio alcune incisioni di Frank Brangwin, che valgono molte migliaia di lire, si trovano ammucchiate, non dir in modo pericoloso ma certamente indecoroso. Io so benissimo che di ci non da fare colpa a codesta Direzione, che sollecita del decoro del grande Istituto al quale preposta, ma ci non toglie che il fatto esiste ed spiacevolissimo. Prego quindi V.S.Illma di volere fare in modo che si rimetta un po dordine nei depositi, che incisioni o disegni non continuino a stare ammucchiati sul pavimento con sicuro danno, e che le tele dipinte abbiano collocamento degno. Ritengo che potrebbe costituirsi a deposito quellampia sala in cui sono ancora numerose casse di non so quale fallita mostra di scuole industriali. La prego vivamente di volere provvedere e Le sar grato di un cenno di ricevuta La risposta di Fleres di pochi giorni seguente: E vero, purtroppo, che come dice la S.V., le condizioni dei magazzini di questa Galleria sono pessime, ma come fare se tutte le sale terrene sulla facciata, quasi sempre impegnate in mostre e in lavori estranei, son cedute ora alla Collezione Gorga? A stento siamo riusciti a riserbare per la Galleria un salone laterale, quello appunto ove la S.V. veduto ammucchiate le opere darte non potute esporre, le quali del resto non giungono ad avere un po dordine costante, perch di continuo sconvolte a causa di depositi temporanei in istituti di Roma e fuori. Ad ogni modo, per deferenza alla Sua cortese osservazione, assicuro la S.V. che si far il possibile affinch il danno non aumenti. Debbo aggiungere che nel suddetto salone non si mai mancato di badare che la polvere non invada, e che, l soltanto, non penetra umidit. Per questo anzi escludiamo la parte di fondo, e collochiamo alle pareti, o sopra scansie, o sopra tavoloni, quanti pi disegni, quadri e sculture possibile.(7) Per lunghi anni i direttori della Galleria vedranno limitato il proprio campo dazione , non riuscendo a svolgere pienamente i compiti di conservazione ed esposizione delle ingenti collezioni che si andavano acquisendo. Neanche la costruzione, terminata nel 1933, dellampliamento bazzaniano, subito requisito per fare spazio alla Mostra a lungo termine della Rivoluzione fascista, riesce a soddisfare la esigenza di spazi dove collocare le opere che si andavano accumulando, tan-

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to che Roberto Papini, Soprintendente succeduto a Fleres nel 1933, dovr nel 1938, quando proceder ad un nuovo allestimento espositivo, accontentarsi degli ambienti delledificio del 1911, e neanche di tutti, inaugurando quel sistema basato sulle sale di consultazione destinate agli studiosi, collocate al piano terreno della Galleria .(8) Dovendo affrontare, a pochi anni dalla costruzione, ingenti spese per lavori di manutenzione delledificio, continuamente costretto a chiedere fondi, che spesso gli vengono negati, da dedicare ad una dignitosa esposizione delle collezioni. Palma Bucarelli, che gli succede durante la guerra, deve affrontare numerosi problemi, dagli eventi bellici alla urgenza di dover, come lei stessa si espresse, mettere a punto la struttura di una Soprintendenza allarte contemporanea (9) Anche a lei i difetti di costruzione delledificio del 1911 e gli scarsi mezzi finanziari creano non pochi problemi per lincolumit delle opere. Nel 1946 scrive al Genio Civile chiedendo interventi di urgenza: In seguito allalluvione della scorsa settimana, i locali terreni di questa Galleria sono stati invasi dallacqua proveniente dallesterno per lostruzione delle fognature stradali ( ) causando un allagamento di ben 10 o 15 centimetri di acqua mettendo in serio pericolo le numerosissime opere darte che vi si conservano (.. ) con il personale della Galleria fu per il momento provveduto a sollevare i quadri deponendoli sopra a cavalletti improvvisati ad evitare maggiori danni. (10) Tuttavia gi nel 1948 Bucarelli apre il suo nuovo ordinamento, destinando le 31 sale delledificio del 1911 ad esposizione permanente, mentre le 24 dellampliamento Bazzani, finalmente liberate dai residui della mostra della Rivoluzione fascista, furono destinate allitinerario secondario o di documentazione: seguendo la via praticata dal predecessore Papini, le collezioni venivano infatti disposte secondo un criterio che divide le opere in parte scelta e parte documentaria, allineando nella seconda sezione tutte quelle opere che avevano dovuto essere escluse nella prima scelta come materiale documentario o sussidiario allitinerario principale (11 ) Le Sale documentarie o Sale supplementari (nella guida del 1951 esse sono descritte dell800 nellala alta a sinistra, del 900

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nellala alta a destra dellampliamento Bazzani) , che sono quanto di pi vicino possiamo immaginare al concetto di deposito perch in questi ambienti, peraltro visitabili, le opere sono ordinate ed esposte con criteri diversi dal percorso espositivo vero e proprio , furono mantenute almeno fino al 1966, quando Bucarelli, inaugurando il nuovo ordinamento dellOttocento, accantona tale divisione , colpevole di aver escluso dal percorso principale, per mancanza di spazio, opere degne di farne parte. Ma ben decisa a fare della Galleria una istituzione moderna, in grado di attrarre il pi vasto pubblico possibile, Bucarelli non tralascia di curare gli aspetti meno eclatanti, come la consultazione, da parte di studiosi, di quella parte del patrimonio non esposta. Nel 1957 scrive al Provveditorato alle opere pubbliche per la Capitale, prospettando i lavori che sarebbero da eseguire al fine di rendere l edificio il pi possibile efficiente e adatto alla sua funzione: Per acquistare spazio, necessario per la collocazione in locali del tutto asciutti del materiale grafico (disegni, stampe, dipinti su carta), necessario creare, cos come esiste nella parte sinistra, un solaio (circa mq 60) con apertura di porta daccesso sul pianerottolo della scala e tramezzi divisori. (12) E nel 1961 scrive allarch. Ezio Bruno De Felice: Egregio Architetto, dovendo procedere alla sistemazione dei depositi di questa Galleria, ed essendo mio intendimento di installare in una grande sala dei pannelli metallici scorrevoli su binari, simili a quelli impiegati nei magazzini della Galleria di Capodimonte a Napoli, mi sono rivolta per informazioni al Dott. Oreste Ferrari, il quale mi ha suggerito di rivolgermi a Lei. Per una rapida realizzazione del progetto, mi sarebbero infatti preziosi i disegni esecutivi da Lei eseguiti per i pannelli attualmente in funzione a Capodimonte. Posso pregarLa di volermene inviare copia cianografica? Il Dott. Ferrari, che mi assicura circa il perfetto funzionamento dellattrezzatura da Lei ideata, trova che con qualche piccola modifica riguardante le dimensioni, questa potrebbe senzaltro essere adattata anche ai nostri ambienti, e mi garantisce anche che Lei prender nella pi gentile e sollecita considerazione la nostra richiesta. Le sarei grata se, insieme, volesse darmi anche delle notizie circa la ditta che ha eseguito a Napoli i lavori. (13) Larchitetto

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napoletano le invier i progetti esecutivi nel 1966, ma per chiss quale impedimento questi non furono realizzati. Tra i lavori eseguiti in vista dellordinamento del 1966-68, la Soprintendente elenca invece: Si proceduto inoltre, contemporaneamente, alla revisione e al riordinamento della Collezione di disegni e stampe che consta di 7.625 pezzi e che aveva urgentemente bisogno di una collocazione. Si provveduto anzitutto ad una nuova accurata disinfestazione collocando i fogli in un ambiente a tale scopo preparato, poi si sono liberati da cornici, vetri, passepartout e cartoni in cattivo stato, si sono incorniciati entro nuovi passepartout quando necessario, e protetti con veline trasparenti e involucri di plastica. Si poi dato un primo sommario ordinamento alla raccolta con la divisione delle opere dal XIX secolo da quelle del XX e con la distribuzione in ordine alfabetico per autori in mobili metallici a cassetti appositamente costruiti () Le raccolte sono state collocate nelle due salette allestremit del corridoio dedicato allesposizione della grafica cui ho gi accennato, e potranno essere consultate dagli studiosi. (14) Nel 1968 , con lapertura del nuovo ordinamento del 900, gli spazi espositivi dilagano per tutto ledificio, esponendo forse la maggior parte delle collezioni esistenti in quel momento. Alla fine del suo mandato, si assister a periodi di chiusura di sale espositive che sono oggetto di lavori di ristrutturazione. Le altre opere, siano esse dipinti o sculture, o opere multimediali, ancora giacciono in ambienti definiti variamente come magazzini, situati a macchia di leopardo nei sotterranei delledificio, privi di climatizzazione , almeno fino agli anni 80 . Nel 1976 , negli ambienti che Bazzani aveva destinato a depositi furono trasferiti gli uffici e le strutture della biblioteca, sino ad allora ubicati nella superfetazione delle terrazze (15) Dal marzo al giugno 1979, nel corso di una verifica amministrativo contabile effettuata dai Servizi Ispettivi della Guardia di Finanza per conto dellallora Ministero del Tesoro, tra le numerose irregolarit , di contabilit e di gestione , riscontrate , alla voce Patrimonio artistico si rilevava essere

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..nei Depositi molte le opere accatastate, per la conservazione delle quali nessuna cura viene prestata . (16) La risposta del Soprintendente Giorgio De Marchis laconica : Per quanto riguarda la conservazione delle opere dei depositi si fa presente che nelle intenzioni della Soprintendenza aprire non appena possibile i depositi al pubblico in modo che tutte le opere del patrimonio siano fruibili e siano sottoposte nello stesso tempo a cura e vigilanza quotidiane.(17) Agli inizi degli anni 80 inizia il lungo capitolo delle ristrutturazioni, tese ad adeguare il vecchio edificio ai provvedimenti imposti dalle leggi sulla sicurezza, che si trascineranno per anni tra alti e bassi finanziari, e che per molto tempo avranno la sola conseguenza di chiudere al pubblico le sale espositive, mutate forzatamente in luoghi di deposito, non pi per visitabili. Nel 1982 il Soprintendente Dario Durb decide di installare nellambiente situato nel Seminterrato Sud Est (nella parte opposta a quella destinata da Bazzani ai depositi), pannelli di ferro , che aveva avuto modo di vedere nella casa-studio di Alberto Burri a Citt di Castello, facendone realizzare ben ottantotto, sufficienti ad attrezzare le due pareti lunghe dellambiente. Nel deposito, che da allora prese il nome di deposito pannelli di ferro, si volle destinare la quasi totalit dei dipinti in quel momento non esposti, provenienti dalle sale espositive sottoposte a lavori di ristrutturazione e da altri ambienti precedentemente adibiti a deposito temporaneo. I lavori di appendimento dei dipinti ebbero la durata di circa due anni, interessando circa 1800 opere. Fu mantenuta la distinzione, gi applicata alla catalogazione nella convenzione invalsa dai tempi della Soprintendenza Bucarelli, , tra dipinti di autori cosiddetti dell800 ( eseguiti da autori nati prima del 1870) disposti sulle pareti degli ambienti circostanti e dipinti di autori cosiddetti del 900 (eseguiti da autori nati dopo il 1870) , un nucleo di circa 1400 dipinti i quattro quinti dei quali circa furono disposti sui pannelli di ferro . Per il primo nucleo (opere dell800) venne mantenuto il criterio espositivo, che vedeva, fin dai tempi delle scelte praticate da Ettore

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Ferrari e Aristide Sartorio, incaricati nel 1910 di formare la disposizione delle raccolte per la Galleria (18), la distinzione in scuole regionali. I dipinti vennero cos divisi per settori denominati, tramite cartellini, scuola lombarda, toscana, romana, napoletana, meridionale, etc. Il nucleo composto da opere di artisti non italiani venne denominato genericamente stranieri. Al secondo nucleo (dipinti del 900) venne applicato lordine alfabetico per cognome di autore, data la evidente difficolt di rintracciare, nella produzione novecentesca, non diciamo derivazioni regionali ma neanche sempre correnti artistiche ben definite. Nel 1984, al termine del riordino, lo spazio nei pannelli si rivel sufficiente ad accogliere i soli dipinti eseguiti da autori il cui cognome inizia con le lettere da A a R (dunque circa quattro quinti del totale). Le restanti opere (dalla S alla Z) vennero appese a supporti verticali fissi , costituiti da pannelli di legno autoportanti , ospitati negli ambienti circostanti. Infine, le opere di grande formato, esorbitanti dalla superficie dei pannelli, furono conservati in altri locali. Tuttavia nessuno di essi fu reso accessibile al pubblico,a causa dei continui lavori che vi si dovettero effettuare. Nel luglio del 1984, in merito alle richieste di procedere alla revisione inventariale del patrimonio artistico della Galleria, il Soprintendente Durb scrive allallora Ufficio Centrale per i beni AA.AA.AA.AA. SS: Le opere negli ultimi anni sono state sottoposte ad un ingente numero di spostamenti, anche massicci, derivanti dalla necessit di provvedere ai lavori di ristrutturazione dellintero edificio della Galleria Nazionale darte moderna con conseguente rinnovata ridistribuzione degli spazi destinati alla conservazione delle opere medesime . Nella relazione allegata si afferma:..va fatto presente che la ricognizione dei depositi quella che, per quanto gi iniziata, presenta le pi gravi difficolt, considerato che proprio nei depositi si sono avuti e si hanno, causa i lavori, i maggiori e pi consistenti interventi. Si ricorda infatti che nel corso di ben quattro anni (dal 1981 ad oggi) si provveduto ad eseguire tutta una serie di interventi di restauro o risistemazione finanziati dal-

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le apposite perizie per un importo complessivo di Lire un miliardoquattrocentomilioni. (19) Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta gli incrementi per acquisizioni di opere darte, dovuti principalmente allattivit espositiva dedicata ad artisti contemporanei promossa dalla Soprintendente Monferini, che davano poi luogo a generose donazioni , portarono alla creazione di un altro ambiente di deposito, attrezzato con strutture di legno, destinato anchesso ai soli dipinti, mentre le opere un tempo visibili nelle sale espositive, alla chiusura di esse per lavori , venivano progressivamente disposte tutte in un ambiente, in file serrate sulle alte pareti, le sculture al centro . Nel corso del 1992 ben 970 dipinti di produzione ottocentesca, provenienti dalle sale da tempo chiuse al pubblico furono riuniti negli ambienti del cosiddetto 800 basso (che ora ospitano il Caff delle arti,) appesi sulle pareti e su pannelli prelevati dalle ex sale espositive . Purtroppo i lavori di ristrutturazione che negli anni Ottanta avevano interessato il deposito contenente i pannelli di ferro si rivelarono male eseguiti, e nel 1998 il deposito dovette essere evacuato. I dipinti in esso conservati furono trasferiti nellAmpliamento Cosenza, che fino al 1995 aveva ospitato mostre temporanee, per poi esporre, sino al 1997 , la collezione dell800 della Galleria , e appesi alle pareti con modalit di quadreria mantenendo la stessa divisione per nuclei 800 e 900, e solo per questultimo lordinamento alfabetico. Il nucleo dei dipinti di autori dell800 venne infatti ordinato per scuole (Divisionisti, Foreign (sic) , Lombardo Piemontesi,Meridionali,Nord I, Roma I, Roma II , Toscana I,Toscana II, Veneti, ) prefigurando lordinamento espositivo che di li a poco sarebbe stato realizzato dalla Soprintendente Sandra Pinto . Ma anche il deposito costituito nellAmpliamento Cosenza venne sgomberato nel 2002 per consentire i lavori del cantiere Diener, che sembravano imminenti (20) I dipinti , assieme a quelli conservati in altri ambienti ( in tutto circa 2000) vennero trasferiti nel Seminterrato Nord Est (attuale Deposito n.4), dove locali ristrutturati per ospitare le attivit didat-

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tiche furono riconvertiti a depositi di opere darte installando strutture in ferro a griglia espositive autoportanti In quelloccasione fu mantenuto il nucleo di dipinti 800 distinto in scuole regionali, mentre fu sciolto il criterio alfabetico per i dipinti 900 . Nel 2003 sono iniziati i lavori di restauro e messa a norma degli ambienti Seminterrato Sud, portati a termine nel 2004, che hanno condotto alla realizzazione di due depositi (Depositi 1 e 2) destinati alla conservazione di sculture polimateriche, i primi ad essere dotati di sistemi di areazione e antincendio. Nel febbraio 2011 viene quindi ultimata la ristrutturazione del Seminterrato Sud Est, anchesso dotato di sistemi di controllo e climatizzazione adatta alla tipologia dei dipinti.(21)

Filippo Agricola , Il salto della giovane albanese nellanno 1769 , 1833

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Si era nel frattempo arrivati alla decisione, derivante da alcune significative ricorrenze legate al centenario della sede espositiva (22) di procedere al riallestimento generale delle collezioni esposte del Museo. Negli incontri di lavoro che si sono succeduti a partire dal luglio 2010 si veniva delineando da parte dei curatori lipotesi di un ordinamento che ricorresse sia a raggruppamenti tematici che cronologici, suscettibile di cambiamenti da operarsi con leventuale inserimento di nuove tematiche e fili conduttori, flessibile e aperto a nuove suggestioni pur mantenendo limpianto tradizionale. Si prospettava un forte ridimensionamento, nelle sale espositive, del numero dei dipinti 800, che avrebbero dunque dovuto trovare posto nei depositi visitabili. Si deciso allora di destinare al nuovo deposito i soli dipinti di autori dell 800 (per convenzione, lo ricordiamo, autori nati prima del 1870), provenienti sia dalle sale espositive che dagli altri ambienti chiusi al pubblico, e di creare dunque un nucleo abbastanza omogeneo , data la tipologia comune anche alla gran parte delle cornici, ordinato alfabeticamente per cognome degli autori, e che alla fine sarebbe consistito in 963 opere. Lattivit effettiva di riordino del deposito ha di poco preceduto quella del riallestimento generale (iniziati il 19 settembre 2011 i lavori nel deposito, il 26 ottobre 2011 quelli del riallestimento): in realt da pi di un anno le collezioni della Galleria (non solo quelle ottocentesche) erano oggetto di una riflessione globale, dalla quale si venivano sviluppando ipotesi interpretative giocate su continue variabili, in ci favorite dai criteri scelti per il riordino stesso. La riflessione, condotta fino quasi a ridosso della inaugurazione, ha fatto si che i rimandi tra le opere si facessero sempre pi fitti , creando attorno a ciascuna di esse una sorta di valore aggiunto agli studi storico-critici condotti sino a quel momento. Il prelievo dalle sale espositive, nel giorno di chiusura della Galleria , dei dipinti che si prevedeva di non includere nel nuovo ordinamento del museo, e il distanziamento delle opere restanti per garantire comunque un percorso visitabile , volendo mantenere il museo aperto fino alla fine di ottobre, dunque diventata una sorta di prova generale che favoriva nuove ipotesi o suggeriva improvvise marce indietro. .

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Infine furono prelevati dalle sale, ed andarono a raggiungere le opere gi conservate nei depositi, circa duecento dipinti, da Il salto della giovane albanese nellanno 1769 di Filippo Agricola fino a Il vecchio arzillo e Irene di Zuloaga , passando per i due Bartolomeo Bezzi Preludio della sera e A sera, i tre Cabianca Forio dIschia, Castiglioncello e Viareggio, i tre Dazeglio Bosco con bravo in agguato, Difesa di un castello e Convoglio di truppe in marcia, il Viaggio triste di Faccioli, la Scena dal Giulio Cesare del Gagliardi, la Bagnante di Hayez, il Soggetto di genere di Domenico Induno, l Alessandro VI e lAmbasciatore veneto di Francesco Jacovacci, La visita di condoglianza di Krohg e Linverno di Laermans, Il Malatino e il Ritratto di Chiarand di Antonio Mancini, i Previati di Mammina, Gigli giapponesi, lAutoritratto, Farfalle, Il ritorno dalla caccia del Quadroni, i due Raggio Trasporto di un blocco di travertino e Idillius , la Pioggia d'estate (Settignano) e Il ghetto di Firenze di Telemaco Signorini, Ultime gocce di Tavernier, i cinque Ussi La cacciata del Duca dAtene, Fantasia araba, Ricevi-

Ignacio Zuloaga y Zabaleta, Irene, 1910 c.ca

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mento dellAmbasciata dItalia in Marocco, Il figlio del Governatore Ben Anda con la scorta donore e Festa di Maometto a Tangeri, i due Vannutelli Ritratto di giovinetta e I funerali di Giulietta. Uniti agli altri dipinti gi conservati nei depositi, costituiscono un percorso finalmente godibile anche da parte di un pubblico non necessariamente specializzato, specie se la visita ai depositi va ad integrare quella nel museo. Sullaltro versante, quello di chi sollecitato alla cura delle collezioni, le valutazioni che attorno alle singole opere o ai nuclei di collezione si sono sviluppate durante il riordino -nei depositi e nel percorso espositivo - hanno intessuto una trama di relazioni che ora attendono di essere rintracciate e svelate. Barbara Tomassi

Note al testo

1.

per restare in ambito italiano, cfr. Il Museo e i suoi depositi, serie monografica, in Musei e Gallerie dItalia (rivista dellassociazione nazionale dei Musei italiani) anno XXX, nuova serie, 9-10/1986, A. Mottola Molfino, Il libro dei Musei, Torino, 1998 pp.135-139 , M.L.Gavazzoli Manuale di Museologia,Milano 2003, M. C. Mazzi, In viaggio con le muse, Firenze 2005, M. V. Marini Clarelli, Il museo nel mondo contemporaneo. La teoria e la prassi Roma 2011, con una approfondita ed esaustiva bibliografia, anche internazionale, alla quale si rimanda

2. cfr. M.V. Marini Clarelli, Il bello di avere molte riserve, in Le storie dellarte a cura di M. Mininni, Milano 2011, pp.63-66 3. per una storia degli ordinamenti cfr. S.Pinto, in Quale modernit? Un secolo di ordinamenti e dibattiti sullo Statuto contemporaneo e sulla sede , in Galleria Nazionale dArte moderna. Le collezioni. Il XX secolo , a cura di Sandra Pinto, Milano 2005 4. segnalazione dellArchitetto Massimo Licoccia, sue ricerche sulledificio del Bazzani in corso di pubblicazione

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5. in A.M.Racheli, Primi risultati di indagini documentarie. La Galleria Nazionale dArte Moderna di Cesare Bazzani e le vicende della sua costruzione. in Roma 1911,catalogo della mostra a cura di G.Piantoni, (Roma, Galleria Nazionale dArte Moderna), Roma 1980, pp.285-290 6. per le trasformazioni del palazzo del Bazzani cfr. M.Licoccia, Il percorso museale negli ordinamenti Bucarelliani :antitesi con il progetto architettonico. Incomunicabilit tra evento e architetturanella strategia del Soprintendente In Palma Bucarelli.Il museo come avanguardia, catalogo della mostra a cura di M.Margozzi, (Roma, Galleria nazionale darte moderna) Milano 2009, pp 105-121 7. Archivio GNAM, pos. 2 A 1 , 1929, segnalazione di S. Marson 8. M.Margozzi, Gli anni Trenta della Galleria Nazionale dArte Moderna, in La Galleria Nazionale dArte Moderna. Cronache e storia 1911 -2011 , a cura di S.Frezzotti e P.Rosazza, Roma 2011, pp. 129-141 9. cfr. in Palma Bucarelli Relazione della Soprintendente dott.Palma Bucarelli. Estratto dal Catalogo Mostra delle attivit delle Soprintendenze . IX Settimana dei Musei Roma, Sala di Santa Marta marzo-aprile 1966, Roma, 1966

10. Archivio GNAM, pos 7.O, 1946 11. per questo e altri aspetti della strategia espositiva della Bucarelli cfr. S.Marson, Gli ordinamenti delle collezioni dal 1950 al 1968 , in Palma Bucarelli.Il museo come avanguardia, op.cit., pp.42-47 12. Archivio GNAM, pos.7, 1957. La raccolta di opere di grafica, che consta oggi di circa 15.000 fogli, inizia ad essere formata sin dalla fine dell800, assicurando alla Galleria le imponenti raccolte di Bernardo Celentano, circa 790 fogli, di Domenico Morelli ,circa 800 fogli, Bartolomeo Pinelli, circa 250, Sabatelli, circa 100, Luigi Serra, pi di 100, negli anni 20 le 280 acqueforti di Frank Brangwin e quelle di Giovanni Fattori, etc. 13. Archivio Gnam, pos.7 Gall., 1961, segnalazione di S.Marson 14. in P.Bucarelli, op.cit., pp.3-17 15. la biblioteca venne poi ridisegnata e adeguata da Costantino Dardi nel 1991

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16. Archivio Storico GNAM, pos.5 -1979 17. Archivio Storico GNAM, pos.5 -1980 18. cfr. , per ultimo, il saggio di Laura DAngelo Lordinamento del 1915 , in La Galleria Nazionale dArte Moderna. Cronache e storia, op.cit.,pp. 8399 19. Archivio GNAM pos. 5F-12-20 1984 20. Per la vicenda legata al concorso internazionale per la demolizione ed il rifacimento dellAmpliamento Cosenza, vinto dallo studio svizzero Diener&Diener, cfr. Progetto e destino. Otto architetti per lampliamento della Galleria Nazionale dArte Moderna, catalogo della mostra a cura di Francesco Garofalo (Roma, Galleria Nazionale dArte Moderna),Torino 2000 21. cfr.scheda tecnica di A.M.Liguori 22. cfr. M.V.Marini Clarelli, Studiare e ripensare il Museo, in La Galleria Nazionale dArte Moderna. Cronache e storia 1911-2011 ,op.cit., pp.XIXXI

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I LAVORI DI RISTRUTTURAZIONE DEL DEPOSITO PANNELLI DI FERRO I seminterrati delledificio del 1911, destinati fin dallepoca della costruzione a contenere gli spazi di servizio e gli impianti, sono attualmente occupati dai depositi e dal laboratorio di restauro, collocati al di sotto dei corpi centrali e a sud-est, e dalla biblioteca, collocata a sud-ovest. Le profonde trasformazioni duso e linvecchiamento di questa componente delledificio hanno determinato lo studio di un intervento organico volto ad una migliore razionalizzazione degli spazi e delle funzioni per garantire gli standard museali e la sicurezza delle opere e del personale. La necessit di spazi di servizio per la funzionalit del museo aumentata, non soltanto a causa dellampliamento, realizzato dallo stesso architetto Bazzani, progettista delledificio originario, che ne ha raddoppiato la superficie nel 1934, ma anche per la crescita del patrimonio attraverso le acquisizioni. Il progetto generale di ristrutturazione del seminterrato ha gi visti completati tra il 2003 e il 2006 i lavori riguardanti i due depositi di opere tridimensionali, per aumentarne la capacit e le prestazioni ai fini della conservazione, e la realizzazione del montacarichi che stato collocato in posizione baricentrica tra i corpi di fabbrica del 1911 e del 1934 e che costituisce il cardine del percorso delle opere darte in partenza e in arrivo, in grado di servire i depositi e i livelli espositivi. Gi nel 1982 il grande locale centrale situato nel Seminterrato Sud Est veniva adibito a deposito di dipinti. I lavori di ristrutturazione di questa zona, iniziati a gennaio 2010 e terminati a gennaio 2011, hanno portato ad una riduzione dello spazio da adibire a deposito dipinti per permettere la creazione e la compartimentazione, con pareti a struttura metallica e calcestruzzo ordinario di tipo alleggerito, del percorso indipendente per le opere darte in transito dall esterno dell edificio al montacarichi che accede agli ambienti espositivi e viceversa.

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Il deposito fu dotato da subito di strutture (pannelli di ferro) realizzate appositamente per lappensione dei dipinti, composte da doppia lamiera di ferro, con intercapedine, inserita in un telaio portante. Su entrambe le lamiere sono stati praticati, per lintera superficie, fori a distanze regolari ai quali vengono appesi, tramite ganci, i dipinti. I pannelli, che sono stati tutti recuperati e riposizionati lungo le due pareti maggiori poste una di fronte allaltra, poggiano su sfere dacciaio a cuscinetto che, assieme ai perni posti sulla sommit, permettono la rotazione a 180: lapertura dei pannelli avviene, quindi, in modalit a libro, impugnando la maniglia posta sulla dorsale. Nellambito dei lavori di ristrutturazione di cui sopra, si , inoltre, provveduto a realizzare nuove pavimentazioni con massetto in calcestruzzo con finitura autolivellante e posa di linoleum di color grigio chiaro; si sono revisionati tutti gli intonaci delle pareti laterali e realizzati due nuovi ingressi che sono anche uscite demergenza; si sono montati a soffitto una barriera in pannelli isolanti REI 120 in

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aderenza alla soletta in c. a. del sovrastante piano espositivo nonch un ulteriore controsoffitto in pannelli 60 x 60 REI 120 per mascherare la presenza degli impianti di illuminazione, di climatizzazione, di sicurezza e di spegnimento automatico a gas IG55. Per quanto concerne gli impianti elettrico e di illuminazione, con lalimentazione dal quadro elettrico generale del seminterrato, stato realizzato un nuovo quadro di zona a servizio delle plafoniere di illuminazione 60 x 60 incassate nel controsoffitto e delle prese previste. Le distribuzioni e le linee sono dimensionate per assicurare notevole flessibilit di impianto, per linstallazione di nuove apparecchiature e per ampliamenti. Limpianto di climatizzazione stato progettato in maniera ottimale per consentire il rispetto degli standard museali previsti per la conservazione delle opere. Laria proveniente dalle unit di trattamento presenta condizioni termoigrometriche controllate per garantire il necessario apporto frigorifero in tutto lambiente.. Il sistema di condizionamento prevede limmissione dellaria trattata nel corridoio centrale, in modo da non investire direttamente le opere immagazzinate. La ripresa avviene attraverso una griglia di ampia sezione, a bassissima velocit di ingresso dellaria. La depressione provocata dalla suddetta griglia tale da far transitare laria immessa nella zona a velocit assolutamente inavvertibile. Limpianto di sicurezza (antintrusione, antincendio e TVCC) in linea con quelli gi realizzati per i depositi delle opere tridimensionali. Limpianto di allarme antintrusione, coerente e compatibile con quello gi in funzione nel resto del museo, costituito da componenti, dispositivi ed apparecchiature di rilevamento, di segnalazione acustica e visiva, che assicurano la protezione degli infissi perimetrali, il sistema di protezione volumetrico, la trasmissione di allarmi e segnali al posto di controllo di sede, la trasmissione della segnalazione di allarme alle forze dellordine. Limpianto TVCC costituito da una rete di telecamere che riprendono gli accessi e i percorsi interni, e dallimpianto di videoregistrazione. Limpianto di rivelazione incendi costituito dalle apparecchiature necessarie al rilevamento, alla segnalazione acustica e visiva ed alla trasmissione dei dati alla sala controllo ed ai Vigili del Fuoco.

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Limpianto di spegnimento automatico con gas INERTE IG55, non distruttivo e non letale, adeguato al carico di incendio, collegato ad una centralina, predisposta per il controllo contemporaneo di tutte le batterie di bombole, allarmata da una serie di sensori posti in ambiente che danno il consenso di spegnimento mediante un comando elettrico ad azionamento sullattuatore della valvola di scarica rapida delle bombole pilota. Limpianto di erogazione installato a soffitto nel locale, a protezione delle opere depositate, e nel controsoffitto del medesimo locale per garantire la saturazione completa del volume presente. Il nuovo deposito, infine, garantisce la possibilit, da parte di pubblico selezionato e mediante accessi regolati, di effettuare visite guidate. Alessandro Maria Liguori

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IL VECCHIO NEL NUOVO 1 - LE CORNICI DEL MUSEO: ROBA VECCHIA E SCOPERTE NUOVE Le cornici sono servite in genere a proteggere, delimitare e impreziosire i quadri, cercando di accordarli allambiente. In modo assimilabile alla loro collocazione fisica, posta com' sul margine della pittura, esse sono state considerate marginali rispetto allopera che circondano. Costituiscono quindi un esempio eloquente di ci che la critica idealista escludeva dalla categoria dellarte. Dribblando tali partizioni concettuali, fumose e probabilmente inutili, nonch il lungo dibattito estetico da esse provocato, questa ricerca si dedica a un argomento poco frequentato, che riporta a un carattere profondo del nostro paese. La cui vocazione storica alla figurativit - grande retaggio greco romano, spesso quantificato in modo brutale come percentuale di arte del mondo viene indirettamente sottolineata dal nostro esame su questa specie di microarchitetture accessorie ai dipinti. Soltanto da poco tempo si concede qualche attenzione critica alle cornici, la cui produzione ha seguito in Europa moduli legati a caratteri nazionali, quando non regionali. In Italia quella variet corrisposta alle divisioni preunitarie e ad aree perfino pi ristrette. Ad esempio, nello Stato Pontificio diverse tipologie vennero create a Bologna, nelle Marche e a Roma. E nella capitale si svilupp in epoca barocca una ricca pluralit di modelli, solo in parte giunti sino a noi: sono abbastanza noti quelli detti salvator rosa e maratta, dai nomi di celebri pittori. Mentre quasi nessuno ha sentito parlare delle cornici allora definite pietro da cortona, n delle tipologie imitanti l'acciaio, oppure colorate nelle tinte pi accese del giallo e dell'azzurro, ricordate dalle carte d'archivio (1). successo che taluni esemplari di speciale prestigio venissero affidati a star della scultura, come Algardi o Bernini. Cornici antiche paiono essersi insinuate, alla stregua di radici invasive, in un museo dedicato a cose piuttosto recenti come la GNAM.

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Difatti la ricognizione organizzata in questa sede, dedicata al passato prossimo, ha rivelato numerosissimi pezzi sei e settecenteschi, ossia di epoche ben pi remote rispetto a quelle contemplate dalla galleria. Si tratta di un patrimonio imprevisto e incidentale, ma allo stesso tempo molto significativo circa la forte eredit storica e artistica del nostro paese. Le prime domande riguardano chi o cosa abbia determinato questo fenomeno: se si sia trattato di scelte precise e se queste si debbano in prevalenza agli artisti o piuttosto ai proprietari delle opere. Alcune risposte presuppongono un approfondimento adeguatamente allargato sulle provenienze, che ancora da svolgere. Ma lo stato della ricerca consente, gi adesso, di trarre diverse conclusioni. Il materiale ritrovato non in genere riconducibile a programmi precisi, sebbene ci siano casi in cui si possa sospettare qualche traccia di intenzionalit sistematica. Tale eventualit ammissibile laddove si registri linsistito abbinamento di tipologie antiche a la-

Fig.1: M. Broglio, Autoritratto

Fig.2: G. Morandi, Le Bagnanti

vori di un determinato artista. legittimo sospettare una scelta deliberata riguardo ai quadri qui raccolti di Mario Broglio che, nonostante provengano da acquisti diversi (2), si accompagnano a cornici a cassetta: un tipo meno diffuso e fra i pi antichi di questa rassegna (fig. 1). Il dato sembra riflettere la poetica e lattivit editoriale dellartista, programmaticamente parallela allo studio della pittura italiana del primo Rinascimento. L'abbinamento con pezzi

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antichi ricorre anche nel caso di Morandi, a sua volta particolarmente attento alla tradizione (fig. 2). Consonanze si possono supporre pure riguardo a De Chirico, il cui linguaggio si collega bene alle imitazioni ottocentesche di modelli storici, che in maniera vistosa e quasi esibizionista incorniciano le sue opere (3). Non mancano gli interventi volti ad aggiornare la reale epoca di appartenenza di quegli accessori, attraverso manipolazioni eseguite dal pittore, come capita di vedere in diversi quadri di Antonietta Raphal (4). Sicuramente frutto di una violenta modernizzazione la cornice delle Impressions simultanes di Severini, ottenuta piallando in profondit un inconsueto esemplare del tardo XVII secolo, come indicano le gallerie lunghe e stuccate dei tarli, ben visibili sulle larghe superfici di legno sbucciato e allisciato (fig. 3) (5). Da questo modello spurio la direzione della GNAM deve aver fatto fare, a seguito del clamoroso furto del 1998, ben tre esemplari destinati ad altrettante highlights del museo, quali le due tele di Van Gogh e quella di Czanne (fig. 4-5) (6).

Fig.3: G.Severini

Fig.4: V. Van Gogh, Il Giardiniere

Fig.5: V. Van Gogh, LArlesiana

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Merita di essere sottolineato un dato storico grezzo ma fondamentale, quale il modestissimo valore attribuito alle cornici antiche nella prima met del Novecento. Fino dal secolo XIX esse costavano meno delle imitazioni nuove. Ma non stato sempre cos. In et gotica e nel primo Rinascimento la costruzione lignea degli altari precedeva, in certi casi addirittura di anni, la pittura vera e propria, la quale era quindi concepita in subordine a quelle carpenterie. Ancora fra Sei e Settecento le cornici spuntavano prezzi superiori perfino ai quadri che contenevano, se questi non erano di pittori molto quotati. Il loro valore era tanto cospicuo che frequentemente gli antichi inventari le descrivono con una cura simile a quella riservata ai dipinti. Anche fra le basi poste a reggere le sculture della GNAM ne emersa qualcuna intrisa di questa stessa eredit profonda e invadente. il caso di esemplari realizzati con marmi archeologici colorati, perpetuando unattitudine al riuso iniziata addirittura in epoca tardo imperiale. Come il sostegno a colonna del Ritratto di A.L. Rivers di Troubetzkoy, in giallo antico di Numidia, zona del nord Africa corrispondente allattuale Tunisia (fig. 6) (7). Anche qui la dinamica dei prezzi indica che il riuso era conveniente, giacch fino a mezzo secolo fa quei materiali antichi erano economicamente Fig.6: P. Troubetzkoy, Ritratto di A. L. Rivers concorrenziali al marmo appena cavato. Resta il fatto che la silenziosa infiltrazione di un debordante passato archeologico in un museo dedicato al moderno un fatto sintomatico della storia di una citt come Roma. Questa indagine alla GNAM evidenzia un fenomeno opposto a quanto si registra nella maggioranza dei musei del mondo dedicati agli old masters, nei quali ci si aspetterebbe di trovare molte corni-

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ci antiche. Al contrario, con grande frequenza quelle sedi ne sono poco provviste, a tutto vantaggio delle dilaganti incorniciature da museo o, addirittura, di quelle moderne in stile. Se negli istituti americani tendono a furoreggiare le tipologie francesi settecentesche vere e false, il Louvre rigurgita delle strutture nere lisce un po squallide, risalenti alla fase della costituzione napoleonica organizzata da Vivant Denon. Per non parlare delle sfavillanti dorature che brillano attorno ai dipinti dei musei russi. Sotto questo aspetto, lantinomia fra la GNAM e quegli istituti in s significativa e riflette in modo esemplare l'impronta storica del nostro paese, nonch un certo suo carattere poco proclive al nuovo, che probabilmente si riflette anche nella straordinaria attitudine italiana alla conservazione materiale. Questo speciale osservatorio sembra raccontare molto di pi su certi contesti rispetto a quanto talvolta arrivino a fare gli studi sul collezionismo, non di rado inclini a stiracchiare deduzioni basate sugli autori o sui soggetti delle opere presenti nelle raccolte. L'inarrestabile movimento del gusto ha inciso e deciso con grande profondit la vita e il ruolo delle cornici. Ne testimonia in modo eloquente un fenomeno poco noto della Firenze di fine Quattrocento, dove vennero rinascimentalizzati svariati polittici gotici: dai complessi giotteschi della Badia e della cappella Baroncelli in S. Croce, al Fig.7: B. di Stefano Rosselli e B. Daddi, ub. Ignota e Delgado polittico di Bernardo Daddi, finito all'I- Mus. New Orleans saac Delgado Museum of Art di New Orleans. In quest'ultimo le aggiunte, disperse da quasi un secolo, sono testimoniate da una serie di foto storiche, che permettono unattribuzione a Bernardo di Stefano Rosselli (fig. 7) (8). Nella nostra indagine troviamo le tracce di una quantit di segni rimasti sulle cornici antiche, relativi a diverse fasi della loro vita:

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attaccaglie originali e scassi vari nel legno, derivanti soprattutto da modifiche del formato, deducibili dai tagli a 45 che si vedono dal lato posteriore. Se gli esempi di questultima eventualit sono moltissimi (fig. 8a-d), non ne mancano neanche della prima, a partire dalla Carminella di Mancini, inclusa in una cornice nera e oro, forse fiorentina del tardo XVII secolo, e ancora altrove (fig. 9) (9).

Fig.8a: F. Podesti, Natura morta

Fig.8b: D. Induno, Cucitrici

Fig.8c: N. Parisani,

Fig.8d: francese fine XIX sec., inv.1312

Fig.9: A. Mancini Carminella

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In genere appare determinante limportanza tributata al dipinto che ha stimolato la disponibilit di spesa. Per cui risulta pi probabile trovare ancora insieme un quadro con la sua prima cornice, se esso stato meno apprezzato. Questintegrit contraddistingue ad esempio certe opere secondarie della Galleria Doria Pamphilj, laddove, al contrario, il capolavoro della raccolta, il Ritratto del Papa di Velzquez, circondato da una struttura di et umbertina, installata verso il 1900 e attestante proprio quel tipo di cura (10). Insomma, questo campo ha subito violente necessit di aggiornamento al gusto, significativamente trascurate dalle polemiche sulla conservazione, che pure infuriata per secoli sulla letteratura d'arte. A partire da met Ottocento, moltissime carpenterie gotiche e rinascimentali vennero sottoposte a sostituzioni con nuove strutture in stile, per l'affermarsi della moda neogotica e della connessa riscoperta dei primitivi. Probabilmente in relazione a quel fenomeno, l'Art and Crafts di William Morris (11) promosse un diverso interesse per le cornici, creandone di espressamente accordate ai dipinti, come fece anche il pittore Whistler (12). Da allora furono sempre di pi gli artisti impegnati a progettare o a realizzare l'elemento da mettere insieme alla propria opera. Quest'attitudine diventata talvolta irrinunciabile e parallela alla creazione principale, come nei campi del Simbolismo, del Divisionismo, della Secessione viennese e dellAvanguardia Futurista. Linvenzione di modelli diversi da quelli in precedenza codificati si lega a una tendenza a considerare quellaccessorio una parte dellopera. il segno di una visione artistica integrale che si riflette in casi celebri, fra i quali spiccano le incorniciature disegnate coerentemente con i dipinti da Giacomo Balla, di cui la GNAM possiede illustri esemplari. Il reimpiego di pezzi antichi, come accennato un tempo acquisibili a prezzi contenuti, si associa anche a orientamenti diversi, contrassegnati da un certo disinteresse per la cornice, situazione comune probabilmente alla maggioranza dei ritrovamenti. Sembra collegarsi a fatti episodici, per esempio, il notevole esemplare a cassetta del primo Seicento, che avvolge la Natura morta (1911) di G. Bra-

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que, dotazione forse da ascrivere a un proprietario dell'opera (fig. 10) (13).

Fig.10: G. Braque, Natura morta

Tale casualit a sua volta indicativa e merita di essere rimarcata, scorrendo qui di seguito la parziale rassegna delle cornici antiche rinvenute, ordinate secondo i modelli. Tipo detto a cassetta: G. Braque, Natura morta con clarinetto, 1911, inv. 5473, un bel esemplare romano punzonato, con tracce dell'antica attaccaglia. M. Broglio, La sorgente 1934, inv. 3364, notevole romana, prima met '600, con stemma casa di provenienza, punzonata e modificata. M. Broglio, La rusticana 1937, inv. 3702, come sopra, ma un po' meno bella. M. Broglio, Autoritratto 1934, inv. 8468, bell'esemplare, con fascia piatta dipinta dall'artista a tempera, per coprire l'antica punzonatura seicentesca, che per riaffiora. T. Lessi, Cennini padre e figlio, inv. 1016, bel pezzo dinizio 600 punzonato (fig. 11)
Fig.11: T. Lessi, I Cennini

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Tipi scolpiti: E. Tito, Discesa, inv. 1116, esemplare dorato di met 600, sottoposto a modifiche (fig. 12).

Fig.12: E. Tito, Discesa

Tipo detto salvator rosa/maratta: Amerigo Bartoli Natinguerra, Amici al caff, 1929/30, inv. 3022, grande romana del XVIII secolo, probabilmente di illustre provenienza. Ha molti rattoppi dell'oro a porporina annerita, che sembra comunque pi antica del quadro. Cesare Brandi, Rive Mugnone, 1928, inv. 13028, in argento meccato, con ritocchi laterali per nascondere danni; semplice lineare del sec. XVIII. F. De Pisis, Interno con giovane nero inv. 3796, dono dellartista, si accompagna a una bella struttura del XVIII secolo, ridotta su ogni lato, con antico scasso attaccaglia finito sul lato basso (una sua tela con via di Parigi del 1932 inv. 3165 ha una cornice 800 molto dipinta da lui stesso, per accompagnarla alla luce spenta e invernale della scena). D. Induno, Cucitrici, inv. 1289, esemplare di fine 600, che reca

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modifiche su tutti i lati (fig. 13).

Fig.13: D. Induno, Cucitrici

G. Morandi, Paesaggio 1943, inv. 8529, un bellissimo esemplare romano tipo s. rosa, probabilmente da casa nobile, mai modificato, con tracce di antica attaccaglia. Armando Spadini, Bambino con vestaglia, 1913, inv. 2664, cornice probabilmente di Firenze inizi XVIII secolo. N. Parisani, Un cielo, inv. 2477, pezzo di seconda met 700 modificato nelle dimensioni e nellorientamento duso. N. Pazzini, Aratura, inv. 1237, esemplare romano dinizio 700 (fig. 14a-b).

Fig.14a: N. Pazzini, Aratura

Fig.14b: N. Pazzini, Aratura

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F. Podesti, Natura morta, inv. 3860, esemplare romano dinizio 700 (fig.15).

Fig.15: F. Podesti, Natura morta

F. Podesti, Martirio di san Lorenzo, inv. 1286, esemplare del XVIII secolo, ridorato e modificato nelle dimensioni. G. Vagnetti, Fattoressa 1927/28, esemplare romano del '700, con ignobile passepartout, oro rovinato, mozzicone di antica attaccaglia, che segnala un precedente uso orizzontale del pezzo. False maratta e salvator rosa: G. Rossi, Fanciullo che legge, 1922, inv. 4977; idem Carr, inv. 2890.

Tipo liscia scura e oro, talvolta definita impropriamente salvator rosa: Antonio Mancini, Carminella, inv. 3335, bellesemplare nero e

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oro, forse fiorentino del tardo XVII secolo. Armando Spadini, Ritratto della signora Teresa Mauri Nues, 1917, inv. 4570, tipo liscio nero, invalso specialmente a Firenze nel secolo XVII. Tipo detto pietro da cortona: A. Zivieri, Morte di ragazzo, inv. 8584 mecca e ocra gialla ricorda quella tipologia quasi sconosciuta, rispetto alla quale presenta tuttavia modini pochissimo poco rilevati. Tipo con graniglie dorate: Antonietta Raphael Mafai, Ritratto di Mario 1928, inv. 5184, modello fine '700 con sabbia dorata, con scrostature e ritocchi dell'autrice. Tipo neoclassico detto a guantiera (riverniciate e non); fra le molte della galleria si vedano: Scipione, Uomini che si voltano, 1930, inv. 4558, inizi '800, lesemplare stato trattato con porporina. Fausto Pirandello, Ritratto di Stefano, 1928, inv. 9358, opera databile fra '700 e '800 non riverniciata. Basi per sculture: A. Dazzi, Bambino dormiente, base alabastro di Palombara? A. Wildt, San Francesco, 1925, inv. 2779, base marmo cipollino marino.

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P. Troubetzkoy, Ritratto di A.L. Rivers, inv. 9139, base giallo antico di Numidia.

Note al testo: Ha fornito valida assistenza a questa ricerca S. Marson, che ringrazio. illustrato e molto generico La cornice italiana dal Rinascimento al Neoclassico, a cura di F. Sabatelli, Electa Milano 1992. Una rara ma inesatta discussione sul tipo pietro da cortona nel Manuale per leggere una cornice: storia dei telai d'autore e delle cornici d'arte di L. Rizzo (Edup Roma 2003), dove tuttavia confusa con quella liscia romana detta maratta. 2 LAutoritratto (inv. 8468) acquistato nel 1986, incluso in un notevole pezzo romano punzonato e con stemma gentilizio, il tutto nascosto da una brutta vernice marrone; la Sorgente (inv. 3364) entrata nella Galleria nel 1935. Le cornici sono dello stesso tipo, ma non di un stesso blocco. 3 Fra esse, quella della copia dalla Gravida, da Raffaello (inv. 8641), ha sul retro un pannello ligneo con data 1925, che forse corregge il 1923 riportato sull'etichetta. 4 A. Raphael Mafai, Ritratto di Mario 1928, inv. 5184: modello fine '700, con sabbia dorata, scrostature e ritocchi dell'autrice. 5 G. Severini (inv. 5512, acq. 1972); la cornice antica, che ha subito anche una riduzione, accompagnava lopera al momento del suo acquisto per diritto di prelazione dalla raccolta Safra di Milano. 6 V. Van Gogh, Arlesiana (inv. 5164; acq. 1962), Giardiniere (inv. 8638, acq. 1989); P. Czanne, Le cabanon de Jourdan (inv. 8534, acq. 1987). Inv. 9139, dono Klaus del 1996, ma la colonna accompagna quasi certamente lopera da molto tempo, forse dalla sua esecuzione.
7 1 Ben

Si veda C. Filippini, Riquadrature e restauri, in Maestri e botteghe, cat. mostra Firenze a cura di M. Gregori, A. Paolucci e C. Acidini, Silvana Cinisello Balsamo ed. 1992, p. 199 210; F.R. Shapley, Paintings from the Kress Collection. Italian Painting. Thirteenth to Fifteenth Century, Phaidon Press London 1966, p. 28, fig 60, indica che il fatto ha preceduto lacquisizione di S. Kress; cfr. W. Angelelli, A.G. De Marchi, Pittura dal Duecento al primo Cinquecento nelle fotografie di Girolamo Bombelli, Electa Milano 1991, p. 131. 9 Inv. 3335, acq. 1935. Sul bordo laterale posteriore della cornice uno scasso che fa intendere come lattaccaglia fosse in origine fissata in quel punto. Simili capovolgimenti si possono ricondurre alla Fattoressa di F. Vagnetti, e al Giovane nero di F. De Pisis (inv. 3796).
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La brutta cornice di Giuseppe Berardi del 1901: Archivio Doria Pamphilj, Giustificazioni.
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Cfr. P. Mitchell, L. Roberts, Burnes-Jones's picture frames, in Burlington Magazine 2000, 167, p. 362-370; si noti che la cornice della Storia di Troia (Birmingham Museum of Arts; idem fig. 33) richiama quella di Mantegna in San Zeno; mentre il Re Caphetua esposto nel 1898/99 alla National Gallery di Londra ha una struttura a tabernacolo identica a quella vista alla recente mostra romana della GNAM (S. Giorgio, Kronberg, Hessische Hausstiftung), per proporzioni uguale alla Venus Discordia di Cardiff (National Gallery del Galles). Cos la cornice Il Cuore della rosa (coll. privata) in mostra a Roma e The tree of Forgiveness 1881/2 (National Museum and Gallery di Merseyside (idem fig. 37) .
11

Su Whistler e sui Preraffaelliti si veda J. Payne, Framing the Nineteenth Century: Picture Frames 1837-1935, Images Publishing Group Victoria 2007: parla dello sviluppo dellindustria della cornice nella prima met dell800 e della reazione alle cornici di salons e accademie; elenca 55 corniciai registrati su opere della National Gallery di Victoria.
12

Inv. 5473, acq. 1968; il bell'esemplare romano, non modificato, ha sul retro le tracce dell'antica attaccaglia.
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IL VECCHIO NEL NUOVO 2 - QUADRI ANTICHI A SORPRESA Una ricognizione fra i quadri in deposito alla GNAM ha sorprendentemente messo in evidenza un nucleo di quadri antichi, caratterizzati da unemblematica mancanza di notizie sulla provenienza. Questi ritrovamenti inaspettati sottolineano quanto osservato a proposito delle cornici, riguardo alla forza del retaggio figurativo italiano, la cui intensit spiega come mai un museo consacrato alla storia dellarte pi recente si scopra a ospitare incidentalmente pezzi simili. Di tali opere si mettono ora a fuoco i caratteri molto diversi, per epoca, scuole e materiali costitutivi.

Fig.1: Falsario della Mostra Giottesca, Madonna col Bambino

Fig.2: Madonna Volpi, Firenze XIII sec., ub. ignota

Una Madonna col Bambino su tavola (fig. 1) manifesta palesi elementi duecenteschi. Un esame pi approfondito rivela tuttavia che si tratta di un falso, basato su un modello appartenuto a Elia Volpi (fig. 2), mercante darte attivo attorno al primo quarto del Novecento a Firenze, dove fiss la sua sede nel palazzo Davanzati, poi musealizzato dallo Stato (1). Lattuale ubicazione del prototipo ignota ed esso risulta conosciuto poco e in prevalenza attraverso fotografie. Su tali fragili basi la tavola ex Volpi stata dichiarata a sua volta molto manipolata dalla critica specialistica. Nonostante la

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scarsa fama, dal modello sono derivate altre contraffazioni individuate dal sottoscritto, che le ha attribuite al cosiddetto Falsario della Mostra Giottesca (2). Costui stato cos soprannominato per aver dipinto parecchie parafrasi fraudolente, variamente basate su opere esposte nella celebre esposizione organizzata a Firenze nel 1937, con chiari intenti nazionalistici (3).

Fig.3: C. dellAltissim0, Ritratto di Francesco de Medici

Figg.4-5: Fiorentino sec. XVI, Francesco de Medici, Ub. ignota

Un'altra tavola appare compiutamente tardo cinquecentesca e si rivela un Ritratto di Francesco de' Medici (fig. 3), svolto con modalit che richiamano i lavori di Cristoforo dell'Altissimo (Firenze circa 1530-1605), specialista di elementi destinati alle gallerie iconografiche (4). Ma gli esemplari del genere risultano piuttosto numerosi e una loro affidabile attribuzione consiglia prudenza. Strettamente confrontabili a questo sono altri due pannelli di ubicazione ignota, documentati dalla fototeca Zeri (figg. 4-5). Va osservato come la fisionomia di Francesco, qui come in alcune altre sue effigi, rassomigli in modo certamente propagandistico a quella del padre Cosimo I, fondatore del granducato. Per questo lo si volle irrobustire nel viso, come appare nelle immagini prossime alla sua morte, avvenuta forse per un avvelenamento organizzato dal fratello Ferdinando cardinale. Sul retro del pannello in legno di latifoglia stata applicata una traversa non originale, che ha provocato due spac-

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cature del supporto, che tenderebbe altrimenti a incurvarsi. un caso classico della perversione estetica che ha causato e causa ancora danni irreversibili a migliaia di dipinti lignei, ai quali si cercato di imporre una irragionevole planarit, attraverso le pi diverse forme di costrizione, spesso definite senza ironia risanamenti. Tavole giuntate di conifera fanno da base a un'Assunzione della Vergine, opera tardomanierista, databile attorno al 1580/90, che attende una collocazione definitiva (fig. 6). Essa fa venire in mente, comunque, il modo artistico dellItalia meridionale del secondo Cinquecento, evocando i modi di Dirk Hendricks, detto Teodoro dErrico e di Francesco Curia. Il peso del legno del supporto fa pensare che si tratti di larice (5). L'uso di simili essenze di solito riferibile alle zone prossime all'arco alpino, ma un serio censimento delle specie vegetali in rapporto ai dipinti deve ancora essere condotto (6). E i dati stilistici di questopera alimentano il sospetto che materiali del genere siano stati usati lungo tutto larco appenninico.

Fig.6: Meridionale secondo 500, Assunzione di Maria

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Un San Girolamo penitente su tela (fig. 7) va datato in quella stessa epoca o poco oltre e si pu riferire con certezza a Jacopo Negretti, detto Palma il Giovane (Venezia, 1544 14 ottobre 1628). Difatti una replica della stessa composizione era gi stata accostata al nome del pittore veneziano, che combin in senso manierista i moduli di Tiziano tardo e del Tintoretto (fig. 8) (7). Resta da chiedersi chi si preoccuper di verificare nel dettaglio il catalogo dell'artista, che influenz con tale forza vari colleghi, al punto da far attribuire a lui pezzi verosimilmente spettanti ad altri.

Fig.7: J. Negretti, detto Palma il Giovane, S. Girolamo

Fig.8: J. Negretti, S. Girolamo, Ub. ignota

Una Madonna col Bambino di modestissima fattura risale di certo a un artista di fine Settecento (fig. 9) (8).

Fig.9: Napoletano di fine XVIII sec.

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Chiude la rassegna un piccolo quadro databile al 1775/85, di cui si pu ristabilire liconografia (fig. 10). Si tratta di unillustrazione piuttosto precoce e rara per lItalia, cui sembra rimandare lo stile, del finale di Giulietta e Romeo, adattato da David Garrick nel 1748 (9). Da tale modifica del testo shakespeariano proviene la situazione in cui leroina si risveglia dallo stato di morte apparente simulata e ha lopportunit di rivedere lamato, su cui il veleno sta per agire. Egli combatter mortal- Fig.10: Italiano circa 1780, Morte di Giulietmente anche col personaggio ta e Romeo che sta entrando con la fiaccola, da identificare in Paride. La riscrittura riscosse immenso successo, venendo tuttavia anche criticata per alcune incongruenze, sulle quali spicca labito nero indossato da Romeo per questa scena tragica: un vezzo amletesco giudicato perfino comico. Copie: Un Ritratto femminile (inv. prov. 2390; cm 103x87) ripete il celebre dipinto raffaellesco del Louvre, in cui stata tradizionalmente identificata la Regina Giovanna di Napoli o, da ultimo, unaltra esponente del vicerame (Isabella de Resquenses). Una SantAgata (senza numero, firmata da F.A. Cioppa) su tela ricondotta a Massimo Stanzione in realt una copia moderna della nota tela assegnata a Francesco Guarino del Museo Nazionale di s. Martino, della quale unaltra versione appartenne alla collezione Cini di Venezia. Una tela incompiuta (inv. prov. 84; 143x129) riproduce la composizione della Mezzana di Jan Vermeer del 1656, conservata alla Gemaeldegalerie di Dresda. Andrea G. De Marchi

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Note al testo: 1Ha fornito valida assistenza a questo lavoro S. Marson; inv. prov. 2387; cm 56x28; cfr. R. Sferrazza, Palazzo Davanzati e le collezioni di Elia Volpi, Centro di Firenze 1993. 2 A.G.. De Marchi, La derivazione dai modelli nei falsi primitivi, in Pittura dal Duecento al primo Cinquecento nelle fotografie di Girolamo Bombelli , Electa Milano 1991, p. 277-302; nonch Falsi primitivi. Prospettive critiche e metodi di esecuzione, Allemandi Torino 2001, p. 86-87. Cfr. A. Monciatti, La "Mostra giottesca" del 1937 a Firenze, in Medioevo/ Medioevi: un secolo di esposizioni di arte medievale, a cura di E. Castelnuovo, Il Saggiatore Pisa 2008, p. 141-167. Apparve solo nel 1943 il voluminoso catalogo a cura di G. Sinibaldi e G. Brunetti, Pittura italiana del Duecento e Trecento: catalogo della mostra giottesca di Firenze del 1937 , Sansoni Firenze 1943. 4 Inv. prov. 83; cm 54.2x43.4; sul retro si vedono due traverse aggiunte in legno di quercia, e una terza originale, piallata.
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Inv. prov. 2386; cm 116.2x82.5; che si tratti di larice confermato dallo specialista P. Monfardini, che spiega i buchi di tarli, rari su tale essenza, con limpiego anche di alburno, ossia della porzione esterna della pianta.
5

Il repertorio di J. Marette (Connaissance des primitifs par l'tude di bois, Picard Parigi 1961), notevole per la sua epoca, mostra tuttavia molte inesattezze e, soprattutto, la quantit del materiale esaminato risulta del tutto insufficiente. Del resto, il testo tratta dei supporti di tutte le scuole di pittura europee. 7 Inv. prov. 2391; cm 114.2x88.5; la replica dubicazione ignota (cm 179x132) documentata da una foto dellArchivio Zeri.
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Inv. prov. 2389; cm 83x60.

Inv. prov. 199, lopera era finora definita scena romanzesca; un esempio illustrato di tale riscrittura la tela di B. Wilson del Theatre Museum di Londra (cfr. D. Shawe-Taylor in Shakespeare nellarte, cat. mostra Ferrara e Londra a cura di J. Martineau e M.G. Messina, Ferrara 2003, p. 196-197).

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MANZ E L ARTE RICONCILIATA CON DIO. ICONOGRAFIA DEL PIUS PELLICANUS NEI CIBORI DELLA CAPPELLA DI S. FRANCESCO DELLA CATTOLICA DI MILANO E DELLA CHIESA PARROCCHIALE DI S. PIETRO APOSTOLO AD ARDEA Adro te devte, ltens Ditas, Qu sub his figris, vere ltitas Pie pellicne, Jesu Dmine Me immndum munda tuo snguine Con questi accorati versi San Tommaso, anticipando di circa cinquantanni il canto XXV del Paradiso dantesco, allinterno del salmo di celebrazione liturgica propedeutica alladorazione del mistero eucaristico Adoro te devote, fa riferimento alliconografia cristiana del pio pellicano- in cui adombrata la figura di Cristo- in atto di nutrire la prole con il proprio sangue, strappandosi brani di corpo con il becco, in analogia con il supremo sacrificio di s sulla croce compiuto dal figlio di Dio a beneficio dellintero genere umano. L'Adoro te devote uno di cinque inni eucaristici attribuiti a San Tommaso d'Aquino, in occasione dell'introduzione della solennit del Corpus Domini nel 1264, su commissione di papa Urbano IV, anche se possono sussistere alcune perplessit nel merito, dal momento che le prime testimonianze di una simile paternit letteraria risalgono a non meno di cinquant'anni dalla morte del Dottore Angelico (1). L'inno (pi precisamente un "ritmo"), inserito nel Messale Romano del 1570 per volere di papa Pio V, e citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica, attualmente utilizzato durante le adorazioni eucaristiche e nelle preghiere di ringraziamento al termine della Messa. Liconografia cristiana del pellicano - dal greco pelekus, ascia, scure, come suggerisce la forma stessa del becco a partire dal trattato del Physiologus( II-IV secolo) si appropria del mito secon-

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do il quale i piccoli risorgono tre giorni dopo la loro uccisione avvenuta ad opera della madre; in questo infatti sarebbe adombrata la simbologia della morte e resurrezione di Cristo; anche in campo alchemico peraltro, a partire dal tardo medioevo, il pellicano assurge a simbolo di generosit e abnegazione estrema, in stretta analogia con la predisposizione della stessa pietra filosofale ad una sorta di auto immolazione in vista del raggiungimento di un fine superiore, rappresentato dalla trasformazione della pietra in oro. Il ciborio della Parrocchiale di S Pietro Apostolo di Ardea consiste in una struttura cubica alta circa cm 40 realizzata in lamina di ottone dorato, il cui sportello frontale, in laminato dargento pure dorato, reca la raffigurazione, a sbalzo e cesellatura, del pius Pellicanus in atto di nutrire la prole, e fa parte dellinsieme di arredi liturgici donati in vita da Giacomo Manz alla chiesa principale della nuova patria adottiva. Anche i monogrammi presenti su entrambi i lati del tabernacolo sono stati realizzati a sbalzo. Di sicura paternit artistica, allinterno del donativo, risultano il fonte battesimale in argento, stilisticamente affine agli arredi creati per la cappella di Don Giuseppe de Luca nella prima met degli anni sessanta, e il ciborio, mentre ulteriori ricerche dovranno essere svolte per quanto riguarda lattribuzione dei sette candelabri a tripode in bronzo, risultati misteriosamente ad oggi -analoghi a quelli in bronzo dorato di S.Anselmo allAventino, nonch delle dieci lucerne in rame che, singolarmente evocando nellimpianto futuribili pale eoliche, sono state ricollocate sui soffitti della Parrocchiale dal giugno 2011, in seguito ad intervento conservativo svolto congiuntamente dalla Soprintendenza ai Beni Storico-artistici del Lazio e dalla Galleria nazionale darte moderna. A complicare la situazione relativa allo studio di questi arredi liturgici concorre la totale mancanza di una documentazione di presa in carico da parte della parrocchiale di S Pietro di Ardea, cos come la mancata pubblicazione di una qualche documentazione certa da parte dellArchivio Manz, eccezione fatta per il battistero. Per quanto riguarda il tabernacolo una generica proposta di datazione molto tarda, tra il 1970 e il 1980, potrebbe risultare accettabile al pi per quanto riguarda la capsella di contenimento dellostensorio, ma non certo per il bassorilievo dello

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sportello frontale. A tale riguardo infatti stabilire una datazione abbastanza sicura dellopera, cos come stato recentemente ipotizzato dalla stessa Soprintendenza ai Beni Storico-Artistici del Lazio nella relativa scheda di catalogazione, risulta pi che possibile alla luce di raffronti con altri manufatti di Manz, analoghi per destinazione duso e scelte stilistico-iconografiche. A partire dalla stessa tecnica di esecuzione infatti, consistente, come gi detto, in uno sbalzo a freddo su lastra di metallo dorato, siamo indotti a risalire e delimitare il campo dazione alla cosiddetta preistoria artistica di Manz risalente ai primissimi anni trenta, caratterizzata per lappunto da una serie di bassorilievi sbalzati su argento, su cristallo di rocca, su rame, quasi sempre di argomento devozionale, in linea con la prima consistente committenza religiosa di sculture e arredi sacri ottenuta nel 1931 dallartista tramite gli uffici dell architetto lombardo Giovanni Muzio per la realizzazione della cappella votiva del Sacro Cuore presso lUniversit Cattolica di Milano, il cui rettore e fondatore era Padre Agostino Gemelli. Nel 1932 leditore Vanni Scheiwiller dedica un primo importante saggio monografico al giovane Manz, dando particolare risalto alla sua produzione grafica e pubblicando solo alcune tra le numerose opere di soggetto sacro eseguite nel triennio precedente; oltre alle due versioni del San Giovannino ( seduto, del 1931, in piedi, dellanno seguente), per le quali viene evocata quell atmosfera dintimit destinata a contraddistinguere la maggior parte della produzione successiva (2), Scheiwiller seleziona infatti esclusivamente le immagini di un angelo-bandoliera in rame oggi disperso e della celebre Vergine Immacolata, la cui posizione dorigine- tale almeno la motivazione ufficiale- allinterno della cappella sarebbe stata in seguito cambiata da Padre Gemelli non del tutto convinto del carattere devozionale dellopera(3). Certo il meglio delle recenti fatiche di Manz si ritrova nei due sbalzi figurati per gli sportelli dei tabernacoli di delicata fattura e in quella statua della madonna con il bambino ( per la cappella dellImmacolata) ..questa lopera schietta di un puro e di un sensibile, opera..che si accosta al divino con modo semplice e eternamente nuovo In questi termini nel 1933 Lamberto Vitali illustra

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S. Pietro Apostolo ad Ardea

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quanto a suo parere costituisce per lappunto il meglio della produzione di Manz in Cattolica(4), e, per quanto riguarda i due sportelli di tabernacolo, il riferimento inteso come dimostrano le immagini al testo- ai due bassorilievi dellAgnus Dei, campeggiante su di uno sportello quadrangolare, e a quello di un Pio pellicano che, sebbene di forma ogivale, per tutto il resto pu essere considerato limmediato prototipo dello sportello ardeatino. Le ricevute settimanali di pagamento riscosse da Manz direttamente presso larchitetto Giovanni Muzio, che in qualche modo diventa cos suo diretto committente baipassando padre Gemelli testimoniano dei tempi di lavoro di Manz alla Cattolica. La prima ricevuta del 4 maggio 1932, mentre il saldo finale del 19 luglio. Il 32 quindi lanno della maggiore attivit di Manz, in cui realizza la maggior parte delle sculture della cappella, anche se ipotizzabile che lideazione e il progetto abbiano avuto luogo dallinizio del 31. Queste ricevute rappresentano purtroppo lunico documento ufficiale dellopera di Manz in Cattolica, anche se in esse non traccia di cosa sia stato esattamente commissionato allartista, n che ruolo vi avesse larchitetto Muzio. Tale mancanza di documenti peraltro imputabile alla distruzione degli archivi delluniversit in seguito ai bombardamenti del 1943, come nota Cristina Casero allinterno di un importante contributo del 2004 (5); nel medesimo scritto poi viene menzionato il fondamentale articolo del 1932 di Giuseppe Gorgerino, dedicato allinaugurazione della nuova sede e datato 23 novembre 1932. Vi si parla delle quattro sculture parietali della cappella, delle quattro sculture della cripta, e dei due sportelli recanti le raffigurazioni dellAgnus dei e del Pius pellicanus, destinato questultimo alla cappella di clausura di San Francesco, ubicata al secondo piano del primo chiostro, dove si trova tuttora. In virt di tale testimonianza, possibile stabilire con assoluta certezza la datazione dello sportello ogivale entro lo stesso 1932. del Manz lUniversit cattolica ha ancora due riuscitissime portine per tabernacolo, in sbalzo dorato, con i simboli eucaristici del pellicano che nutre il piccolo col proprio sangue e lagnello di Dio poggiante sul Vangelo. Cos infatti scrive Gorgerino il 24 novembre 1932 su LAmbrosiano. A Manz, puntualizza la Casero,

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nellambito della ristrutturazione del monastero di S.Ambrogio destinato a nuova sede delluniversit Cattolica , incarico affidato da padre Gemelli allarchitetto Giovanni Muzio e allingegner Pier Fausto Barelli, e portato avanti dal 1928 al 34, viene affidata la decorazione della cappella maggiore per la quale realizza quattro figure di santi nella navata e altre quattro nella cripta, lo sportello del tabernacolo per laltare e la statua dellimmacolata inoltre, esegue lo sportello del tabernacolo per la cappella di San Francesco, alcuni elementi di arredo esterno, come la ventoliera con langelo, e probabilmente un galletto in rame, entrambi dispersi, e realizza sicuramente in un secondo bench vicino momento i quattro tondi con gli Evangelisti collocati in origine nel cancello della cappella dei collegi maschili (6). Nel bassorilievo dello sportello del ciborio milanese la frontalit bloccata della raffigurazione del pellicano , lallungamento manieristico delle membra, la sensibilit di descrizione calligrafica del piumaggio, tutto concorre ad evocare nello sfarzo luministico delloro i paliotti medioevali di periodo carolingio e ottoniano; la sensibilit del modellato e la sinuosit lineare delluccello sono peraltro prossimi a quelli dei Pavoni alla fonte, uno dei sei bassorilievi in cemento, sempre del 32, che si trovano sulle pareti laterali della Cappella del Sacro Cuore, e dei quali Gorgerino non parla affatto. La Casero, che al riguardo preferisce non sbilanciarsi, ne sottolinea tuttavia la problematica attribuzione, se non a Manz, a qualche altra figura di artista o decoratore al lui prossima e attiva nella cerchia di Giovanni Muzio(7). In realt a mio parere la vicinanza stilistica della coppia dei pavoni allo sportello del tabernacolo della Cattolica tale da consentirne senza dubbio lattribuzione a Manz, cos come nel tabernacolo ardeatino rinvenibile la medesima sensibilit artistica, volta a cogliere ogni suggestione possibile dal repertorio dellanimalistica medioevale, dai pavoni dei plutei bizantini, ai menzionati paliotti aurei del centro-europa, alle rappresentazioni araldiche e stilizzate degli animali dei tacquini trecenteschi di area lombarda. Certo nel ciborio di Ardea si verifica una singolare msalliance tra liconografia, che esattamente la stessa dello sportello ogivale del ciborio della cappella superiore di san Francesco, e una ben pi contenuta struttura

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G. Manz. Ciborio di S. Pietro di Ardea.

G. Manz. Ciborio Cappella di S. Francesco (Universit Cattolica Milano).

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dimpianto, ascrivibile alla forma quadrata del secondo sportello milanese dellAgnus Dei, collocandosi esattamente a met tra i due arredi della Cattolica, narrazione del primo e gabbia del secondo. Ne consegue, rispetto al pellicano della Cattolica, un effetto di analogia solo apparente, ma con alcune diversit sostanziali, dimpatto visivo ed emozionale, come se dal bassorilievo di Ardea emanasse una maggiore energia, dovuta in qualche modo alla pi accentuata compressione di forme e volumi, che qui esaltano il cot forte, quasi neo-barbarico di una rappresentazione animalistica ad quadratum, tutta frontale, in cui la sagoma compressa del volatile saldamente accampato nello spazio assurge alla doppia valenza di Pius pellicanus, ma anche, nelle fantasie di chi abbia un minimo di reminiscenze medievaliste, di aquila imperiale. In ogni caso, anche a prescindere dalla prossimit iconografica con lo sportello del tabernacolo della Cattolica, opera, ripetiamo, unanimemente attibuita a Manz dalla critica, larredo ardeatino non pu essere considerato in maniera stilisticamente disgiunta dal nucleo della produzione sacra del Manz dei primi anni trenta, quando lartista, sia pure con alcuni distinguo, nel periodo che va dal 1929 al 32 -33 fa parte di quella compagine di giovani gravitanti intorno a Edoardo Persico e Tullio Garbari che porta avanti il discorso, o meglio lutopia, di unarte moderna riconciliata con Dio (8). Persico proviene dallambiente torinese di Lionello Venturi (autore de Il gusto dei primitivi, 1926), del collezionista e mecenate Riccardo Gualino e dei Sei di Torino, laddove in quegli anni minimo comun denominatore della cultura progressista contraria al regime unapertura totale alla Francia ( dellImpressionismo) e allEuropa ( cristiana, del medioevo), in nome della libert e dellimpegno individuale del fare artistico; Tullio Garbari, pittore e teorico imbevuto delle dottrine del cattolicesimo modernista propugnato allepoca dal filosofo francese Jacques Maritain, inviso alle gerarchie ecclesiastiche a causa della forte carica polemica nei confronti della Chiesa romana, la stessa, a ben considerare, che anima le pi tarde Crocifissioni e Deposizioni esposte da Manz nel 1939-41 alla galleria Barbaroux di Milano, tra i pi fervidi seguaci e divulgatori delle teorie del filosofo-telologo francese, insieme con Gino Seve-

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rini, che, amico personale e ospite dello stesso Maritain nello studio svizzero di Meudon, il primo a veicolare in ambiente milanese il testo di Art e Scolastique, fornendone una copia a Carlo Carr. Persico, insieme con Garbari, risulta anchegli in prima linea nel sostenere questa nuova arte sacra milanese nata dallincontro di pensatori-scrittori francesi cattolici, quali per lappunto Maritain, Ghon, Bloy, e artisti come Carr e Severini, con numerosi interventi espositivi, articoli e recensioni a favore dei giovani agli esordi degli anni trenta. Cos Persico si esprime nel 1931 a proposito dellarte sacra, citando direttamente Maritain:Su questa espressione arte sacra- bisogna anche intendersi senza mezzi termini. Non tale quellarte che esposta nelle chiese proposta alla devozione dei fedeli ai quali narra la grandezza di Dio e la storia dei santi. Perch unopera possa dirsi cristiana, necessario, secondo Maritain, che porti dans sa beaut le reflet intrieur de la clart de la grace (9). In altre parole, lassunto del teorico francese, in un contesto che intende equilibrare creativit artistica e prudenza, mira al concetto assoluto di forma che risplende sulla materia, trascendendo ogni genere di convenzionalit, e di imitazione della naturacome manifestazione di una realt non oggettiva, bens trans-apparente. In ogni caso- e questo potrebbe a ben considerare aver costituito humus dispirazione per lo stesso Manz delle Crocifissioni e Deposizioni del 39-41, dove compare la figura della Maddalena-meretrice- Maritain raccomanda di tenere ben presente la distinzione dei due canali di arte religiosa e arte sacra, dove la religiosit un fattore connaturato, in modo pi o meno consapevole, a qualunque artista si accorga, in itinere, di rientrare, con il proprio operare, alinterno di un contesto di assoluta bellezza, mentre la cosiddetta arte sacra da intendersi in stretto ed esclusivo riferimento al culto liturgico cui deve competere. Va da s quindi che la teoria di Maritain tenda ad occuparsi solo del primo genere artistico; del resto ipotizzabile che il filosofo francese abbia risolto a monte la questione relativa a tale dicotomia quando, trovandosi a valutare larte di Georges Rouault,abbia dovuto decidere da subito se accettarlo o rifiutarlo in blocco, a motivo di uno dei suoi soggetti pi ricorrenti, vale a dire le prostitute. In effetti

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Maritain, preso dalla fortissima carica mistica dellopera di Rouault, volle qui interpretare la funzione della prostituta come una sorta di vittima sacrificale, rinvenendo quindi anche in aspetti obiettivamente ben al difuori del recinto del sacro la medesima tensione religiosa che pervade il resto della produzione di Rouault: il riflesso interiore della grazia. Punti di riferimento per Maritain, come ricorda Elena Pontiggia(10), sono, tra otto e novecento, artisti come Maurice Denis, Marc Chagall, lo stesso Rouault, la cui produzione pittorica si caratterizza per un fervore di misticismo religioso e visionario che, trascendendo qualunque canone del bello, punta piuttosto al recupero di una naivet neomedioevaleggiante, giungendo quindi, per altra via, alle medesime conseguenze di Venturi e Persico, e amalgamandosi con la loro visione filofrancese e filo-europea nella Milano dei primi anni trenta. Larte, sostiene Persico citando Maritain, il mezzo che Dio d alluomo per esprimersi: e artista pi grande da ritenersi chi pi generosamente e totalmente abbia svelato se stesso nellespressione artistica; fondamento dellarte la preghiera, cos come il suo fine ultimo apostolico. Fare cose comuni in maniera divina lassunto della rinascita cristiana, estetica e sociale, perseguita dal filosofo francese in Frontires de la Posie(11) . Che Maritain abbia in giovent seguito corsi universitari ad Heidelberg insieme con lo stesso padre Gemelli, e che sia stato invitato da questultimo a tenere alcune conferenze alluniversit Cattolica proprio nel magico anno 1931 (12); che, sempre nel gennaio del 31, il critico presenti la personale di Garbari al Milione, scrivendone unaccorata commemorazione in seguito alla scomparsa avvenuta lottobre successivo (13), tutta questa serie di coincidenze gravitanti intorno alla figura del giovane Manz, non pu non averne influenzato sia pure parzialmente la produzione del momento; opere di Manz dal 1929 al 33 in cui particolarmente evidente linflusso di Persico possono sotto ogni aspetto essere considerate Adamo ed Eva, Annunciazione (entrambe presso la Raccolta Manz di Ardea), Fuga in Egitto (un dipinto su tavola), Colonna di Salomone, San Giovannino nel deserto, Madonna della povert, per citare le pi note.

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A questo proposito, opportuno ricordare come Persico lodi, di Manz, unimprecisata scultura presente alla triennale milanese del 33 nella sezione dedicata allarte sacra, insieme con unopera di Leone Lodi, come gli unici due esempi scevri dall enfasi decorativa senza nessuna spiritualit imperante allinterno della rassegna espositiva (14). Nonostante le indiscutibili e numerose affinit tra il giovane Manz e alcuni degli artisti gravitanti intorno a Persico, date dalla sua produzione scultorea primitivo-religiosa di quegli anni, nonch da singole prove pittoriche, come Fiori del 31 (15), un olio su cartone della collezione Gianni Iotti, nondimeno lartista stesso, in una delle sue ultime interviste, singolarmente cos nota: Persico era molto intelligente, purtroppo anche cattolico e fascista. I miei legami veri erano con Sassu e Birolli (16). Ad onta di posteriori esternazioni di Manz, tuttavia, Leonardo Sinisgalli, nella prefazione al pieghevole della mostra Birolli-Manz della Galleria Genova, 12-28 ottobre 1938, cos testimonia delle frequentazioni tra Persico e Manz: questi quattro ragazzi ( Sassu Birolli Tomea e Manz) Persico, riparato da poco a Milano, li aveva presi docchio, e giravano intorno a lui per i caff, a parlare nientemeno dellEuropa e della tradizione moderna. Per tornare ai due tabernacoli milanesi di Manz, Luciano Caramel ( 17) ne sottolinea ..la funzione fortemente connessa alleucarestia, centro dellassemblea dei fedeli e della liturgia cristiano-cattolica, ascrivendo il progetto iconografico degli stessi arredi di Manz Pius pellicanus incluso, quindi a Padre Gemelli e al di lui strettissimo collaboratore Mons. Francesco Olgiati. La scelta di uniconografia tomista per lo sportello del tabernacolo della cappella di s.Francesco, peraltro, riconduce, oltre che allinno eucaristico attribuito al santo, allo stretto rapporto di collaborazione e di stima tra padre Gemelli, il filosofo neotomista Jacques Maritain, e la cerchia dei modernisti francesi, in particolare Lon Bloy ed Henry Ghon, autore questultimo del Triomphe de Saint Thomas dAquin, del 1927, ispiratore di un celebre dipinto di Tullio Garbari del 1931, intitolato per lappunto Trionfo di san Tommaso, laddove si mescolano simboli della cristianit con quelli della cultura e

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della mitologia greca(18) Questopera, incompiuta a causa della morte di Garbari, fu esposta insieme con altri lavori accanto al letto funebre dellartista, e colp particolarmente Maritain, come narra il suo biografo Piero Viotto in Grandi amicizie (Roma 2008, pp.382383), sottolineando il particolare del distico riportato da Garbari sul libro aperto del Santo Bene hai scritto di me Tommaso, che, nella tempera su tavola di riferimento, il quattrocentescoTrionfo di San Tommaso del fiorentino Benozzo Gozzoli, compare invece in uno spazio superiore provvidenzialmente lasciato vuoto. Nellinterpretazione di Viotto, la collocazione centrale adottata da Garbari tende verosimilmente a rafforzare lesaltazione dellidentit della dottrina tomista con linterpretazione del Verbo allinterno della corrente modernista facente capo a Maritain. Ghon, in scritti antecedenti, lamentava la perdita contemporanea dei cos detti santi, nonch del senso-del meraviglioso e del concreto insieme- della fede di un tempo, tematiche tutte particolarmente perseguite da Garbari nella produzione religiosa dellultimo periodo. Si che il nostro trentino era una natura religiosa e possedeva una costruzione mentale del tutto dogmatica. Egli, nel suo linguaggio astratto, filosofante e un poco oscuro, discuteva come un Tomista: cos, fin dal 1934, il critico Vincenzo Costantini in Pittura italiana contemporanea dalla fine dellottocento ad oggi, evidenzia nella personalit artistica di Garbari questo preponderante orientamento filosofico, cos come poco pi tardi confermato da Gino Severini in un articolo comparso sulla Gazzetta di Venezia il 13 febbraio del 1936, dove, parlando dei propri scambi epistolari con lamico scomparso, precisa che egli dunque augurava unarte costruttiva e obiettiva, ma in senso tomistico e cio spirituale. Per chiarire ab ovo linflusso di san Tommaso su codesta congerie di pensiero, e , per li rami, giustificare la scelta iconografica dei cibori giovanili di Manz, occorre tenere presente il testo-chiave sullestetica di Maritain, Art et Scolastique, la cui prima comparsa nel 1920, sotto forma di articoli sparsi in cui il filosofo mette all'opera, e non solo su questioni di estetica, gli strumenti offertigli da San Tommaso, risale al sodalizio di Jacques e la moglie Raissa con

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Lon Bloy e, tramite quest'ultimo, con Georges Rouault(19). La nuova edizione del 1927, inclusiva di altri testi, come Frontires de la Posie, viene recensita da Severini nei suoi Ragionamenti sulle Arti Figurative del 1936; quanto egli giudica essenziale nei contenuti di Art et Scolastique, pu essere riassunto in questa frase: " un errore separare l'arte del passato dall'arte del presente: o non si capisce n l'una n l'altra o si capiscono tutte e due"; con questa affermazione, Severini esalta il concetto maritainiano di bellezza come "splendore di una forma sulla materia", inteso come possibile risoluzione del problema dell'imitazione -rappresentazione nel fare artistico, a vantaggio di una libert d'espressione che, scevra dai canoni imposti dal classicismo accademico, dal Seicento in poi aveva invece dovuto fare i conti con una pesante "servit della realt oggettiva e dell'aneddoto". L'arte per Maritain un fare finalizzato alla produzione di opere belle; la gi ricordata "forma" che in esse risplende su di una materia opportunamente disposta, , secondo il principio aristotelico-tomista, "un principio di intelligibilit che afferrato nel sensibile e mediante il sensibile d gioia"(20). Tale gioia tuttavia non dipende dalla verit dell'imitazione come riproduzione oggettiva delle cose, quanto piuttosto dalla verit dell'imitazione stessa, come rivelazione della forma "splendore della materia", escludendo di conseguenza che scopo principale dell'arte siano unicamente risultati conformi a canoni assoluti ed immutabili, a tutto vantaggio di una visione antiaccademica, libera e individuale delle opere, riferibile a quanto accaduto in Europa dal Romanticismo in poi. L'artista eccessivamente abile di mano, sostiene Maritain in un passaggio essenziale per il discorso qui intrapreso, rischia di fatto di travalicare le esigenze specifiche dell'opera; il riconoscimento, a ci conseguenziale, che "una virt spirituale pu passare in un tratto maldestro", cos come il riconoscimento della "maladresse" dei Primitivi intesa come qualit piuttosto che come difetto, costituiscono una serie di caratterizzazioni tali da motivare precise scelte estetiche di Garbari -e, relativamente agli anni 1929-33, dello stesso Manz sacro - in merito ad una rappresentazione del vero che trascende stilisticamente la "mimesi", senza il timore di ricorrere alla deformazione o all'apparente naivet d'espressione, qualora il

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ricorso ad entrambe concorra ad accentuare il senso profondo di un sentimento sprigionante dall'opera. Arte cristiana, per Maritain, non solo quella strettamente connessa alla sfera ecclesiastica, bens la versione ampliata, recante l'imprinting di un cristianesimo inteso in senso globale, "l'arte dell'umanit riscattata", testimone della duplice difficolt rappresentata dalla scelta di essere artisti e cristiani al contempo, e di conseguenza estremamente difficile da raggiungere. A questo punto, il consiglio del filosofo il seguente: "Se voi volete fare un'opera cristiana, siate cristiani ...non cercate di "fare cristiano"...se voi faceste della vostra estetica un articolo di fede, voi guastereste la vostra fede. Se voi faceste della vostra devozione una regola di operazione artistica voi rechereste danno alla vostra arte"(21); l'unica necessit vera sostenuta al riguardo da Maritain che l'arte religiosa non si isoli dal contesto di quella, viva, del proprio tempo, appropriandosi anzi dei fermenti di maggior innovazione che ne consentono un continuo sviluppo Lo stesso Persico, in tale fervore di idee, studia a sua volta e divulga tra i giovani artisti milanesi le opere di San Tommaso, avendo nel 1919, non ancora ventenne, tenuto a Napoli, sua citt natale, una conferenza sul santo (22). Alla luce di questi fatti stupisce non poco la tarda dichiarazione di cui sopra, consistente nella presa di posizione di Manz nei confronti del critico del Milione, cos come non pu convincere linterpretazione di un suo rigetto della religiosit fin dagli esordi, come giustamente Caramel osserva nei confronti di una decisa interpretazione dellateismo di Manz mossa da Ragghianti in un contributo del 1940, dal titolo Giacomo Manz scultore (23). Leducazione sentimentale dellinfanzia, profondamente religiosa, cos come la pietas intrinseca alla sua intera produzione, fanno di Manz, insieme con alcune tragiche vicende private, lennesima vittima psicologica e spirituale dellolocausto, provocandogli di fatto, a partire dal 1939, una violenta reazione nei confronti di gerarchie ecclesiastiche ritenute e di qui in poi rappresentate-conniventi. Di qui lurgenza di una denuncia violenta espressa nei crismi di un linguaggio artistico il pi aulico possibile, donatelliano, e la profonda crisi spirituale durata oltre un ventennio. Ma, daltronde, se il germe di quella arte moderna riconciliata

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con Dio di cui parla Persico nel 1931, annientata dall approssimarsi della guerra e dal giro di vite degli estabishement politici e religiosi di competenza, non fosse rimasto pi che radicato in fondo allanima di Manz, allincontro risolutivo del 1958 con Papa Giovanni XXIII non sarebbe in alcun modo potuto conseguire il celere completamento della Porta della morte, opera rimasta in stallo per lunghi anni, oltre che capolavoro assoluto della produzione sacra dellartista. In conclusione, tornando ad occuparci delle opere di Manz ad Ardea, e pi precisamente di quelle presenti in raccolta, tra i due bassorilievi del '29, il pi imbevuto di tali teorie pu forse risultare quello dell'Annunciazione, che anche il pi noto e pubblicato, esistendone tra laltro pi duna versione; Corrado Maltese, nella Storia dellarte in Italia del 1960, sottolinea, citando proprio questopera, come la produzione del primissimo Manz non possa prescindere, sotto alcuni aspetti, da Garbari e dal nuovo religiosismo introdotto da Persico e Maritain nella Milano di quegli anni. Anzi, al riguardo cita anche lopera giovanile di Birolli, San Zeno pescatore, del 1934. La tendenza a tradurre l'episodio sacro in vicenda quotidiana, sermo humilis, esplicitata non solo in quest'opera, ma di fatto in tutta la produzione successiva di Manz, viene a coincidere con pi di uno tra i punti-cardine del pensiero estetico e religioso di Maritain, per quanto ad esempio riguarda il doppio impegno di dover essere artisti e cristiani insieme, e per quanto riguarda il non- isolamento dell'arte religiosa dal contesto globale della vita. Il medesimo intendimento, come precedentemente accennato, traspare in altre celebri opere di Manz dei primi anni trenta: dalla terracotta del San Giovannino del 31', esposta nello stesso anno alla Galleria del Milione e lodata da Scheiwiller nella monografia del '32, alla serie degli sbalzi su rame o argento con scene della vita di Cristo del 1932-33, particolarmente vicini al primitivismo di Garbari, tra i quali si ricorda l'episodio Ges e le pie donne, vincitore nel '34 del Premio Grazioli. Questi infatti sono i soli anni di completa adesione da parte di Manz al canone primitivista e neomedioevale caldeggiato da Garbari e Maritain, prima di incorrere nel senso di perfezione formale e d'equilibrio compositivo che ne fanno il pi classico tra gli scultori italiani del novecento.

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Indubbiamente complessa e controvertibile si presenta infine la questione relativa alla religiosit intrinseca di Manz, vera o presunta, e che lo conduce dall'infanzia di ristrettezze vissute alla luce dell'esempio cristiano dei genitori - il padre ciabattino e sacrestano, la madre povera ma caritatevole al punto di accogliere alla mensa i pi poveri di lei - alle innumerevoli raccomandazioni di alta moralit contenute nelle lettere inviate al figlio Pio, all' urgenza costante, dalla serie delle Deposizioni -Crocifissioni del '39-41 in poi, di testimoniare con l'arte il senso, quasi sempre drammatico, della vita stessa, denunciando ogni violenza perpetrata dal potere secolare ma anche religioso nei confronti dell'individuo. Chi meglio di Manz pu di fatto aderire alla teoria del cristianesimo globale di Maritain, non tanto pi ormai dal punto di vista estetico, quanto da quello etico, quando quest'ultimo parla di arte come veicolo di riscatto dell'umanit? La testimonianza di Manz e rimane, nel tempo, per un'arte d' opposizione al cattolicesimo gerarchico e repressivo di una Curia che non fa che ostacolarlo ed attaccarlo; il suo inestinguibile senso del sacro si apre nelle opere della maturit in modo universale, testimoniando l'equivalenza del dolore del Cristo con quello del Partigiano nel destino di morte comune, cui assistono muti ed inerti personaggi identificabili con militari nazisti e prelati cattolici. Sembra davvero, sotto tale profilo, corrispondere alle istanze religiose ed estetiche di Art et Scolastique, laddove Maritain rivendica la difficile autonomia dei due ruoli di arte e fede, destinati a convivere in un complesso ma indispensabile equilibrio. Il prevaricare dell'uno sull'altro infatti ...recherebbe danno alla vostra arte"(24). Marcella Cossu

Note al testo 1. R.Cantalamessa, Credo ci che ha detto il Figlio di Dio: riflessioni sullEucarestia, seconda predica di Avvento, Citt del Vaticano, 10 dicembre 2004, in WWW.Zenit.org/article-2391-italia

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2. G.Scheiwiller, Manz, Hoepli, Milano 1932, tavv.V e VIII 3. G.Scheiwiller, op.cit, tavv.IX e X 4. L.Vitali, Sculture di Giacomo Manz, in Domus, febbraio 1933, pp. 6768 5. C.Casero, Giacomo Manz. Le sculture in Universit Cattolica, in Manz in Universit Cattolica. Un contributo del 900 allarte sacra, AA VV (L.Ornaghi, L.Caramel, C.Casero, M.Vianello, L.Arrigoni, C.Pannigoni, M.Bona Castellotti),Vita e Pensiero, Milano 2004, pp.34-35 6. C.Casero, in op.cit., p.3 7. C.Casero, in op.cit., p.36 8. E.Persico, in E. Pontiggia, La spiritualit e la vita. Edoardo Persico critico darte, in Persico e gli artisti 1929-1936, catalogo della mostra a cura di E.Pontiggia, PAC, Milano 1998, p.14 9. E.Persico, Arte sacra a Padova in Casa Bella, ottobre 1931, rip. in E. Persico, Destino e modernit, a cura di E.Pontiggia, edizioni Medusa,Milano 2001, pp.101-103 10. E.Pontiggia, Unarte moderna riconciliata con Dio, introduzione, in op.cit., pp.10-11 11. E.Persico, Arte sacra alla Triennale, in LItalia Letteraria, 18 giugno 1933, rip. in op.cit.,pp.135-136 12. P.Viotto, Jacques Maritain et l'Italie, in V.Aucante-R.Papini, Jacques Maritain, philosophe dans la cit, Langres- Saints Geosmes 2007, pp.177178 13. E.Persico, La salma di Garbari inumata a Pergine, in LAmbrosiano, 19 ottobre 1931, rip. in Milano 2001,pp.99-100 14. E.Persico, Arte sacra alla Triennale, in op.cit.,p.136 15. E.Pontiggia, a cura di Persico e gli artisti 1929-1936 , catalogo mostra, PAC, Milano 11 giu-13 set 1998, Electa, n.91 p.143

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16. F.Minervino, in Manz, catalogo della mostra a cura di R. Bossaglia e P.Portoghesi, Palazzo Reale, Arengario, Museo del Duomo, 17 dicembre 1988-20 febbraio 1989, p.24 17. L.Caramel, Arte e sacralit per ununiversit di scienze e fede, in Manz in Universit Cattolica, V &P, Milano 2004, p.25 18. E.Pontiggia, Tullio Garbari. Il trionfo di san Tommaso, in Persico e gli artisti, 1929-1936, catalogo della mostra a cura di E. Pontiggia, PAC, Milano 1998, pp.116-118,n.67 19. G.Grandi, Jacques Maritain. Da laici nel mondo e nella chiesa, Milano 2007, p.25 20. G.Severini, Ragionamenti sulle arti figurative, Milano 1936, p.XVI 21. G.A. Dell'Acqua, Maritain e Garbari, in catalogo della mostra Garbari, Trento 1984, pp.42-45 22. L.Caramel, in Milano 2004, p.20 23. L.Caramel, in op.cit., p.9 24. Maritain, in G.A.Dell'Acqua, Trento 1984, p.44

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LA GIOCONDA DI GABRIELE DANNUNZIO Come noto, cento anni fa, nellagosto del 1911, il pi celebre quadro del mondo fu rubato dallitaliano Vincenzo Perugia, un imbianchino che lavorava al Louvre, nellintento di restituire allItalia il famoso ritratto raffigurante Lisa Gherardini, moglie del fiorentino Franceso del Giocondo, donde la Joconda, detta Monna Lisa, come il pi attendibile dei biografi del tempo, il Vasari, nel 1550, ci ricorda: Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie. Ma la straordinaria notoriet del ritratto deriva appunto dalla mattina (un luned, a museo chiuso) di quellagosto 1911, quando il Perugia stacc lopera dal Salon Carr del Louvre e se la port via, indisturbato, sotto il soprabito. Da allora ad oggi questo ritratto ha acquisito una popolarit planetaria, ma pure lo sbeffeggiamento senza pari da parte di molti artisti del Novecento, da Marcel Duchamp a Andy Warhol, a Jean Michel Basquiat, anche se fu il celebre critico Bernard Berenson tra i primi ad ironizzare sulla fortuna del dipinto: Entrano nel museo docili al comando delle guide, corrono davanti al capolavoro, si inchinano davanti ad esso ed escono felici senza aver capito nulla. Chi scrive poi, immodestamente, dichiara la propria antipatia per questo dipinto di Leonardo. E suppongo che anche Gabriele DAnnunzio non nutrisse particolare ammirazione per questopera, di cui tuttavia dovette percepire il fascino del mito letterario che intorno ad essa si era creato. Difatti, tra le numerose donne da lui amate, quella che maggiormente lo aveva sedotto fu appunto una Luisa, la nota Marchesa Casati Stampa (1881-1957) con la quale ebbe un singolare carteggio tra il 1908 e il 1932 (1). Ebbene apprendiamo proprio da questa corrispondenza che agli inizi del rapporto tra il DAnnunzio e la Casati, il primo vezzeggiativo con il quale il poeta si rivolgeva a questa femme fatale, fu appunto Monna Lisa, ma non per un riferimento diretto al ritratto leonardesco. Giova ricordare innanzitutto, che leccentrica e stravagante marchesa aveva fra le molte, tante passioni, quella dei travestimenti, abbigliamenti fantasiosi ed esotici con i quali amava farsi ritrarre

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Fig. 1. Giovanni Boldini, La Marchesa Casati con i levrieri, 1908.

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dagli artisti pi famosi del suo tempo: dal surreale e simbolista Alberto Martini al futurista Giacomo Balla. Ma il pi noto La Marchesa Casati con i levrieri, 1908, di Giovanni Boldini [fig. 1], gi in collezione Rothschild, oggi in quella del compositore Andrew Lloyd Weber. Il ritratto ebbe unimmediata notoriet a Parigi tra il 1908 e il 1909, tanto che un critico del Le Figaro defin antiGioconda leffigiata per sottolineare lo sguardo magnetico ed aggressivo tipico della nobildonna lombarda, dai grandi occhi bistrati. Lappellativo anti-Gioconda fu formulato dal critico francese in occasione della pubblicazione a Parigi del primo manifesto futurista del 1909; e difatti amica del Marinetti (2) e del futurismo la Casati lo fu. Ecco dunque per Gabriele DAnnunzio loccasione per rivolgersi allunica donna che laveva veramente sbalordito con il nomignolo Monna Lisa fin dallinizio del loro rapporto. E cos dal primo biglietto su carta azzurra di Pineider inviato alla marchesa si legge: Grazie, gentilissima Signora, che vorrei chiamare Monna Lisa. Domani verr. (3) DAnnunzio us questo vezzeggiativo un paio danni, poi le si rivolse col pi duraturo e classicheggiante Cor (dal greco chor: ragazza, vergine), pi consono al suo sensuale lirismo, e forse anche al pi semplice e arcaico dialettale abruzzese: core, core mio. Ma lanti-gioconda, dieci anni dopo, nel 1919 fu ritratta da un altro celebre pittore, linglese Augustus John (1878-1961), The Marchesa Casati (Art Gallery of Ontario, Toronto) (4) [fig. 2] che riprende, con una certa ironia, Luisa Casati nella posa della Lisa leonardesca, tanto che la critica del tempo in Italia volle definirla come una coraggiosa ma alquanto immodesta sfida alla Monna Lisa di Leonardo da parte dellartista inglese. Ma da allora era gi iniziata la stranissima fama del ritratto pi dileggiato ed enigmatico del mondo. Mario Ursino

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Fig. 2. Augustus John (1878-1961), The Marchesa Casati (Art Gallery of Ontario, Toronto)

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Note al testo 1. Gabriele d'Annunzio, Infiniti auguri alla nomade. Carteggio con Luisa Ca sati Stampa, a cura di Raffaella Castagnola, Archinto, Milano 2000 2. Carlo Carr, Ritratto di Marinetti, 1911 3. Gabriele d'Annunzio, op. cit., p. 43 4. Il dipinto fu esposto in una sala allestita per l'occasione nella Galleria Nazionale d'Arte Moderna per la serie "L'Opera in prestito" dal 15 dicembre 2004 al 6 gennaio 2005 (v. pieghevole a cura di Mario Ursino e foto allestimento)

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LAMPLIAMENTO DELLA GALLERIA NAZIONALE D ARTE MODERNA: - I MOMENTI CRITICI NELLA STORIA DEL CANTIERE - I CONTATTI TRA PALMA BUCARELLI E WALTER GROPIUS

1) Cronologia degli eventi nella storia del cantiere


E ormai legittimamente possibile parlare di storia del cantiere, quasi ci si riferisse ad una delle leggendarie fabbriche italiche: sono infatti trascorsi ben 36 anni dalla posa della prima pietra e quasi 50 dalla progettazione. Qui di seguito si sono semplicemente elencate le tappe fondamentali di questa storia, quelle cio che hanno determinato tempi e modi in cui la fabbrica pervenuta sino a noi: - 1960/62: i contatti tra Palma Bucarelli e Walter Gropius ; - 1967: nel bilancio dello Stato stanziato il primo miliardo di lire per lampliamento che, per, diverr spendibile solo dopo il 1973; - 1967: Bucarelli incarica del progetto Luigi Cosenza; - 1969: inizia lelaborazione di un disegno di legge per formalizzare la regolarit del costruendo edificio e, dopo un iter tormentato, la legge approvata e promulgata dal Presidente della Repubblica il 12 marzo 1973 (1); - 1969: Cosenza presenta al Ministro dei Lavori Pubblici il plastico del suo progetto (fig. 1) e una prima serie di elaborati che, pur con qualche variazione, resteranno a fondamento dellidea finale; - 1973/1976: si perde altro tempo, soprattutto per problemi legati al passaggio di propriet del terreno e allespletamento delle procedure di appalto a cura del Provveditorato alle OO.PP. (Genio Civile); - marzo 1975: Bucarelli collocata in pensione, mantiene per lincarico di seguire i lavori dellampliamento;

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- 1975: Italo Faldi alla guida della Galleria (soprintendente dal 1975 al 1979); - marzo/novembre 1975: nel salone centrale della Galleria allestita una mostra del progetto Cosenza. Sono esposti il plastico, le piante, i prospetti, le vedute delle parti coperte, del verde e della loro collocazione nellambiente e nellintero complesso di Valle Giulia (figg. 2, 3 e 4); - inizio 1976: finalmente si parte! Iniziano i lavori ; - novembre 1976: altri tre miliardi sono concessi e stanziati dal Ministero del Tesoro (da erogare nei tre anni 1977, 1978 e 1979); - 3 febbraio 1977: decreto di esproprio del Ministro dei Beni Culturali e Ambientali con cui si dichiara di pubblica utilit i lavori necessari allampliamento della Galleria Nazionale dArte Moderna pronunciata lespropriazione dellimmobile casale Aldrovandi e dei terreni (v. nota 11); - 1979: Giorgio De Marchis alla guida della Galleria (soprintendente dal 1979 al 1981); - 1982: Dario Durb alla guida della Galleria (soprintendente dal 1982 al 1985); - 1983/1984: da varie relazioni del Genio Civile si apprende che la Galleria Maggiore (la cosiddetta manica lunga) e lAuditorium sono realizzati pi o meno come ancor oggi possibile osservarli (anzi meglio, perch non ancora deteriorati dallusura del tempo e dalle colpevoli variazioni pi avanti introdotte) (2); - 3 aprile 1984: muore Luigi Cosenza (e la presenza della Bucarelli si fa sempre meno incisiva); - 1985: Eraldo Gaudioso alla guida della Galleria (soprintendente dal 1985 al 1987); - 9 febbraio 1985: decreto del Prefetto di Roma che ratifica e rende esecutivo il decreto di esproprio del 3 febbraio 1977 del Ministro dei Beni Culturali (v. nota 11); - 11 aprile 1985: il T.a.r. del Lazio accoglie il ricorso che annulla il decreto prefettizio di esproprio del 9 febbraio 1985 (v. nota 11); - 1984/1987: viene realizzata un ampia scala interna ubicata a met della manica lunga. Opera delling. Giancarlo Cosenza (3). Non era prevista nel progetto originario;

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- 1985/1987: viene installata dal Provveditorato e dallEnel una nuova cabina per la fornitura della corrente elettrica in media tensione (v. nota 14). E ubicata nel piano inferiore del cubo ossia, nonostante appaia incredibile, nel foyer-atrio del museo (figg. 6, 7 e 8); - 12 marzo 1987: verbale di consegna provvisoria. LUfficio Speciale del Genio Civile per le Opere Edilizie della Capitale (Usgc), consegna al soprintendente Eraldo Gaudioso le seguenti opere: 1) ledificio Museo-Mostre di due piani (la manica lunga); 2) la menzionata cabina Enel; 3) una cabina elettrica di trasformazione; 4) la centrale termica di condizionamento (gli ultimi due impianti elencati sono ubicati nei cosiddetti locali tecnici addossati alla parete sud della manica lunga) (4); - 1987: Augusta Monferrini alla guida della Galleria (soprintendente dal 1987 al 1994); - Fondi Fio 86: alla Galleria Nazionale dArte Moderna sono assegnati ingenti fondi (pi di venti miliardi di lire), una parte dei quali sar destinata ai lavori dellampliamento (v. nota 15); - 9 giugno/25 settembre 1988: nel piano inferiore (piano terra) della manica lunga si tiene una mostra dedicata alle opere di Luigi Cosenza (5); - 1988/1997: la manica lunga utilizzata dalla Galleria Nazionale. Vi sono dapprima allestite numerose mostre temporanee e successivamente alcune sue parti vengono destinate a servizi vari (6). Le condizioni architettoniche, impiantistiche e di sicurezza in genere in cui queste attivit avvennero erano, al di l della mera apparenza, piuttosto precarie e comunque impensabili rispetto agli standard attuali di conservazione, di safety e di security; - 6 luglio 1989: secondo verbale di consegna provvisoria. LUsgc consegna al Soprintendente Augusta Monferrini le seguenti opere: 1) ledificio Auditorium (fig. 5) completo degli impianti elettrici, illuminazione, condizionamento e antincendio; 2) ledificio Manica lunga e Manica Corta (!!!) con diversi gradi di ultimazione (v. nota 4); - 25 novembre 1992: terzo verbale di consegna provvisoria. LUsgc consegna al soprintendente Monferrini le seguenti opere: 1)

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edificio Auditorium: corti esterne e in particolare la corte esterna del lato prospiciente lingresso di via Gramsci stata rifinita con solettone in c.a., cunette e rete di smaltimento delle acque piovane, mentre per la corte prospiciente il Museo Mostre si eseguito il livellamento a quota con ghiaione e cancellata di protezione (v. nota 4); - 12 luglio 1994: il Direttore dei lavori, arch. Mario Lolli Ghetti, certifica che le opere di cui ai Fondi Fio-Concessione n. 172 IV stralcio, consegnate al Concessionario il 19/10/1988 ma con inizio lavori del 12/01/1993, sono state ultimate il 12 luglio 1994; - 7 gennaio 1995: Bianca Alessandra Pinto prende servizio presso la Galleria Nazionale. La guider fino al 1 luglio 2004 quando al timone della Gnam subentrer lattuale soprintendente Maria Vittoria Marini Clarelli; - Fondi Roma Capitale: ai sensi della Legge 15 dicembre 1990 n. 396 Interventi per Roma, capitale della Repubblica, assegnato alla Galleria uno stanziamento di circa 10 miliardi di lire. Con questi fondi viene ristrutturato ledificio storico; - Fondi Giubileo 2000: ai sensi della Legge 23 dicembre 1996 n. 651 Misure urgenti per il grande giubileo del 2000, assegnato alla Galleria uno stanziamento di 15 miliardi di lire. La soprintendente Pinto vorr destinare questi fondi allampliamento ma, come si vedr, opter presto per una strada radicalmente diversa rispetto allidea di Luigi Cosenza (7); - 11 ottobre 1999: esce il bando del Concorso di progettazione per lampliamento della Galleria Nazionale dArte Moderna; - 15 aprile 2000: la giuria (8) proclama vincitore il progetto presentato dallo studio di Basilea Diener & Diener (9); - 5 aprile 2004: il soprintendente Pinto Consegna larea dellampliamento al Provveditorato alle OO.PP. che, contestualmente, la consegna a sua volta allA.T.I. aggiudicataria (10); - 2012: la realizzazione del progetto Diener sembra, al momento, accantonata. Gli sviluppi dellampliamento della Galleria, quale che sia la direzione che si vorr intraprendere, appaiono allo stato, pertanto, del tutto indeterminati.

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Fig.1: Il plastico di L. Cosenza, 1969. (conservato presso la Galleria nazionale darte moderna) (foto di M. Licoccia; scritte esplicative sovrapposte da M. Licoccia)

Fig.2: pianta del livello inferiore quote 0.00/0.60/1.80 (Tav. n. 5 del progetto di L. Cosenza, Ottobre 1973) (Archivio Fotografico Gnam, Neg. N E/10603/6)

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Fig.3: pianta del livello superiore quote 4.20/4.80/6.00/7.20 e 8.40 (Tav. n. 6 del progetto di L. Cosenza, Ottobre 1973) (Archivio Fotografico Gnam, Neg. N E/10603/15)

Fig.4: pianta delle coperture quote varie (Tav. n. 7 del progetto di L. Cosenza, Ottobre 1973) (Archivio Fotografico Gnam, Neg. N E/10603/16)

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Fig.5: prospettiva dinterno dellauditorium (Tav. n. 30 del progetto di L. Cosenza, Ottobre 1973) (Archivio Fotografico Gnam, Neg. N E/10603/14)

2)Il rapporto tra larchitettura e la Galleria Nazionale dArte


Moderna e i momenti critici nella storia della fabbrica dellampliamento Il rapporto tra la Galleria Nazionale dArte Moderna e larchitettura storicamente tormentato. La prima parte delledificio di Cesare Bazzani, realizzata tra il 1909 e il 1911, vide introdurre alcune modifiche al progetto del 1908 che la struttura ancora sconta con una minore qualit architettonica ma anche, e in conseguenza, con livelli meno efficienti di funziona-

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lit, di praticit della manutenzione, di logica ed evidenza dei percorsi museali, etc. Fin dal 1911 si prospettava di ampliare loriginario palazzo e ben presto ne fu incaricato lo stesso architetto. Egli riuscir, per, a vedere lopera compiuta solo nel 1933, dopo ben ventidue anni. Tanto tempo dunque ma, soprattutto, trascorso senza che gli fosse data la possibilit di correggere le variazioni che lidea del 1908 aveva dovuto subire nel 1911. Infatti, anche la progettazione del corpo del 1933, nelle varie soluzioni prospettate tra il 1920 e il 1930, fu pi volte modificata e alterata, determinando ancora una volta unopera di compromesso. Pertanto sembrava davvero improbabile poter rivaleggiare con lungaggini, difficolt e ambiguit riscontrate nelle vicende su accennate e, invece, quelle del secondo ampliamento faranno impallidire le prime. Il secondo ampliamento lega il suo nome al progettista napoletano Luigi Cosenza (1905-1984) e al soprintendente che lo promosse, Palma Bucarelli (1910-1998). Questultima cominci ad avvertirne la necessit sin dalla fine degli anni 40, tentando di preservare lunico terreno rimasto ancora libero per unulteriore espansione della Galleria: la collinetta (o poggio) a nord dellampliamento 1933. Mosse allora i primi passi con il comune di Roma, cui il terreno allora apparteneva, riuscendo ad ottenere che fosse recintato e che gli fosse riservata, di massima, una destinazione per le future necessit della Galleria. Nel 1973, la Bucarelli otterr il passaggio di propriet al demanio dello Stato per donazione, grazie anche al consenso del Sindaco Clelio Darida, a dimostrazione di una koin oggi forse impensabile (v. nota 1). La costruzione avrebbe dovuto occupare 3.405 mq. di unarea di 6.585. Il terreno, superato uno stretto intervallo quasi in piano, sinnalzava di alcuni metri rispetto alla zona circostante il vecchio fabbricato, per poi proseguire dolcemente la sua ascesa verso nord. Sul fronte ovest, superato il tornante su via Gramsci, larea procedeva in salita parallelamente alla via Cancani. Il lotto, come si osserva nelle foto ante costruzione, era tagliato trasversalmente (da nord verso sud) da una sorta di gradone naturale alto meno di un

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paio di metri. Cosenza manterr questo dislivello riproponendolo nei suoi calpestii interni, poi rileggibili anche in prospetto. E solo un piccolo esempio di come tutta la progettazione fosse improntata sul rispetto e sullassecondamento dellorografia naturale che, viceversa, verr devastata dopo la scomparsa del progettista e luscita di scena della Bucarelli. Ma, proprio prendendo spunto dallepisodio su accennato, sar bene rivolgere lattenzione su quelli che si ritengono i punti maggiormente critici nella intricata vicenda dellampliamento. Nel paragrafo precedente, infatti, si soltanto proposto un asettico elenco cronologico delle principali tappe che hanno caratterizzato la storia della fabbrica. Quel regesto costituisce gi una selezione degli accadimenti occorsi ma, anche in questambito gi circoscritto, chiaro che non tutti gli eventi l indicati hanno avuto il medesimo peso specifico. Alcuni di essi, infatti, si sono rivelati autentici spartiacque. Tra questi, in particolare, ritengo opportuno evidenziare: - il mancato esproprio degli immobili a nord-est del terreno gi demaniale ha avuto, come pi grave conseguenza, quella di privare larea dagli accessi dai fronti nord (via Mangili) e est (via Aldrovandi). E singolare riscontrare che al ricorso presentato dalla societ proprietaria degli immobili in corso desproprio, lamministrazione non ritenne mai di proporre un contro ricorso che, a mio avviso, non sarebbe certo stato carente di legittime argomentazioni (11); - luscita di scena a partire dalla seconda met degli anni 80 di Cosenza e di Bucarelli ha lasciato il cantiere senza guide sicure e, per varie ragioni, leredit tecnico-culturale dei due presto andata dispersa. A dimostrazione di ci, a puro titolo di esempio, si pu citare laffermazione: In sintesi, il ventaglio dei progetti ha messo la giuria di fronte alla contraddizione tra un concorso per un ampliamento e il vincolo di un organismo che era stato invece concepito da Luigi Cosenza come un oggetto deliberatamente e orgogliosamente autonomo (12). Se vero, infatti, che lampliamento era concepito per essere anche autonomo, ancor pi vero e significativo il suo contrario, cio che uno dei suoi punti di maggiore forza era proprio lorganico collegamento/integrazione

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con il vecchio edificio. Lerrata interpretazione, a mio avviso, deriva in primis dalla mancata comprensione dellarea di connessione e intervallo che Cosenza pone tra la sua Galleria Maggiore (la cosiddetta manica lunga) e il vecchio edificio ma anche della finalit ultima cui erano improntati gli ultimi ordinamenti di Palma Bucarelli (13); - linserimento nellatrio dellampliamento di una cabina per la fornitura di corrente in media tensione (1980-1987) ha generato, con effetto domino, tutta una serie di errori che hanno interessato aspetti distributivi, architettonici (sia in interno sia in esterno), allestitivi, di sicurezza, etc. In particolare la presenza della cabina causer gravissime alterazioni al prospetto sud dellampliamento e alla pianta dellatrio, ossia a una delle zone-funzioni pi importanti e delicate di qualsiasi complesso museale (figg. 6, 7 e 8). Lubicazione della cabina Enel, proposta dal Provveditorato alle OO.PP., fu autorizzata con nota del 29 settembre 1980 del soprintendente Giorgio De Marchis, sentiti i tecnici della soprintendenza (14);

Fig.6: prospettiva dangolo tra prospetti ovest e sud (il cubo) (Tav. n. 29 del progetto di L. Cosenza, Ottobre 1973) (Archivio Fotografico Gnam, Neg. N E/10603/13)

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Fig.7: latrio inferiore: stato di fatto (quota +0.60) (disegno di M. Licoccia)

Fig.8: latrio inferiore: come da progetto di L. Cosenza (quota +0.60) (disegno di M. Licoccia)

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- le opere eseguite tra il 1988 e il 1994 con i Fondi Fio 86, alterano gravemente lo stato dei luoghi. Un enorme scavo (laspetto odierno quello di una sorta di ground zero, meno drammaticamente noto in Galleria con lappellativo di mostro) ha determinato lo sbancamento di buona parte della collina, proprio l dove i movimenti di terra erano, invece, orgogliosamente esclusi. A rendere il tutto ancor pi grave la constatazione che quella campagna di lavori lascer il cantiere in una situazione di non finito maggiore di quella ereditata (15); - la decisione del soprintendente Bianca Alessandra Pinto di orientarsi verso il concorso per una nuova progettazione anzich verso il recupero e il completamento del progetto Cosenza. Fu una scelta che si pu o meno condividere. Poco condivisibili sono per alcuni aspetti, non di dettaglio, posti a margine di quella decisione. Ad esempio le conclusioni apodittiche della giuria esaminatrice : si dimostrato che latteggiamento pi corretto non consiste nellartificioso recupero di forme, ma nella reinterpretazione contemporanea dellidea di ampliamento , non tengono conto che quella dimostrazione, se anche c stata, chiaramente derivata dalle modalit di selezione stabilite da quella stessa commissione e, pertanto, ci che presentato come verit assoluta soltanto una posizione, una delle diverse possibili (16). Tra gli otto progetti selezionati dalla giuria esaminatrice quello dello studio di Basilea Diener & Diener, risultato vincitore, quello che pi radicalmente si allontana dallidea cosentina e che, a mio avviso, si accosta alledificio storico della Galleria con modalit pi prepotenti. Naturalmente ognuno di questi temi meriterebbe un ampio approfondimento il cui risultato, ritengo, dimostrerebbe incontrovertibilmente come lampliamento Cosenza sia stato spesso poco correttamente interpretato e certamente giudicato in condizioni di tale incompletezza e inadeguatezza da non permettere lapprezzamento dei principali punti di forza posti alla base dellidea progettuale. Questi temi sono per tra loro organicamente collegati ed perci problematica una loro trattazione disgiunta, il che mal si adatta alla snellezza qui richiesta. Sperando quindi di colmare altrove e al pi presto queste lacune, loccasione sembra invece adatta per af-

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frontare un tema circoscritto, quello dei legami tra Walter Gropius, lampliamento e la Galleria Nazionale in genere. Non si pretende qui di scrivere una parola esaustiva sul tema, ma di dare una prima e documentata chiave di lettura di quelli che sono stati i rapporti fra il grande architetto e Palma Bucarelli, la soprintendente che individu nel maestro del Bauhaus un importante riferimento culturale e ideologico per il suoampliamento. 3) Lampliamento, Palma Bucarelli, Walter Gropius e la mostra del Bauhaus Approfittando di un viaggio a Roma di Walter Gropius, Palma Bucarelli riesce a coinvolgerlo in un sopralluogo sullarea destinata allampliamento: Ricorder sempre quella mattina di domenica, giugno 1960: per tre ore, in quel terreno vago, il vecchio Gropius tracci nervosamente schizzi e annot misure su un suo taccuino, scatt unintera pellicola di fotografie che gli servivano per un primo embrione di progetto. Ma lo Stato non trov i fondi, tutto si ferm e, nel 1969, Gropius mor (17). I contatti tra la soprintendente e il grande architetto risalgono dunque allinizio degli anni 60 e, come si vedr, coinvolgeranno anche Giulio Carlo Argan. Tra settembre e novembre 1961, Bucarelli si reca negli Stati Uniti. Il 9 ottobre, raggiunge lUniversit di Harvard a Cambridge e l, dopo aver visitato il Fogg Art Museum, si reca negli studi e laboratori della Architects Collaborative dove incontra Gropius e il suo collaboratore Thompson (16 mesi sono trascorsi dal sopralluogo romano). Pur nellambito di quel breve incontro Bucarelli dimostra la consueta intraprendenza e, infatti, cos riferisce nel suo diario personale: Parlo ora del suo grattacielo in costruzione a New York, e del museo Guggenheim, che, naturalmente, non pu approvare. Mi domandano notizie degli architetti italiani. Dopo colazione torniamo allo studio e gli mostro le piante del terreno e discutiamo sul da farsi (18).

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Dopo il sopralluogo in Galleria del giugno 60, questa rester lunica riunione tecnica che ho potuto documentare sullampliamento. Dopo una decina di giorni, mentre il suo tour laveva condotta a Los Angeles, Bucarelli scrive allarchitetto (20 ottobre) che subito le risponde al suo recapito californiano (24 ottobre 1961): La mia prenotazione aerea per il 10 novembre da Londra a Roma dove voglio stare 8 o 10 giorni. Ho appena ricevuto una lettera dal nostro ufficio di Roma che comunica che dovr andare da Roma a Baghdad dal 14 al 17 novembre per incontrare il primo ministro iracheno per il nostro progetto delluniversit di Baghdad (19). Per questo sar per me impossibile essere presente allapertura della mostra sul Bauhaus prevista il 16 novembre, a meno che questa data non possa essere spostata prima o dopo il mio viaggio a Baghdad. Siccome poi devo tornare presto in questo paese, star per un breve tempo a Roma e sar molto impegnato nel TAC office (n.d.a.: la sigla dello studio con cui firma i progetti del dopoguerra, sta per The Architects Collaborative). Sebbene avrei piacere di vederla di nuovo a Roma non dovrebbe, credo, fare uno sforzo eccessivo per tornare prima, a causa della mia breve permanenza a Roma visto che devo subito tornare a Baghdad. Il signor Peterich (20), mi ha comunicato la data di apertura della mostra del Bauhaus e che il Professor Argan, che far un discorso dapertura, mi ha chiesto di dargli durante la mia permanenza romana un saggio sull architettura museale ( a paper on museum architecture ). Questo sar per me impossibile da realizzare in ogni caso, perch alla fine della settimana partir per Londra e l non mi rimarr tempo da dedicare alla stesura del saggio. (v. nota 18). La richiesta del saggio, quasi un inciso nel racconto di Gropius, invece di grande rilievo nella strategia della coppia ArganBucarelli. Infatti, da numerosi accenni ritrovati nella copiosa corrispondenza che i due tengono durante il viaggio americano del soprintendente, apprendiamo che Argan insiste affinch Bucarelli persuada Gropius a perorare pubblicamente limportanza della realizzazione di un nuovo museo di arte contemporanea a Roma e, in

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particolare, di un museo che ponga laccento su temi quali la didattica e la pedagogia. Di conseguenza, la presenza di Gropius alla Mostra sul Bauhaus(21) era veramente troppo importante. Era in realt in gioco, pur non in modo dichiarato, una partita pi grande: quella della promozione dellampliamento e larchitetto, consapevolmente o meno, doveva essere pedina importante di quella partita. Pertanto la data prevista del 16 novembre sar subito posticipata, cos da permettere a Gropius di rientrare dal viaggio a Baghdad. Il calendario divenne pertanto il seguente: - luned 20 novembre 1961: inaugurazione della Mostra del Bauhaus che si sarebbe protratta sino al 5 dicembre; - marted 21, ore 17,00: conferenza-dibattito sul tema Larchitettura contemporanea e i musei. Allinaugurazione, oltre a Gropius e alle pi importanti personalit del mondo diplomatico e culturale germanico, erano presenti il direttore generale alle antichit e Belle Arti Bruno Molajoli, nomi illustri nel campo dellarchitettura come Bruno Zevi, Ernesto Nathan Rogers, e della cultura in genere quali Argan e Cesare Brandi, oltre naturalmente a numerosi artisti. La conferenza-dibattito del giorno seguente non vide Gropius tra i relatori, nonostante la sua presenza in Galleria. La qual cosa, lecito supporlo, pot apparire bizzarra. Il maestro era stato infatti di parola e, come aveva annunciato nella lettera del 24 ottobre, non prepar nessun paper. Opt invece per una video-intervista (22), registrata nelle sale della Galleria ma di natura riservata (con un breve intervento anche di Bruno Zevi). In essa, insieme ad una lucida difesa del metodo dinsegnamento del Bauhaus, Gropius d una interessantissima visione dellarchitettura e della societ contemporanee. Se pure quellintervista fu in qualche modo concordata con Bucarelli, ci avvenne in modo molto subliminale. Infatti, fra i molteplici temi trattati, neanche una parola spesa sul tema ampliamento (v. nota 22 e v. Appendice). Se proprio si vuole cercare un indiretto appoggio nei contenuti dellintervista, questo pu forse individuarsi in due punti: il primo, nel sostegno di Gropius (pur tra mille distin-

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guo) allaccostamento tra edifici antichi e moderni; il secondo, nel particolare accento che egli pone sulla necessit di una crescita culturale della societ, cosa che ben si coniugava con il museo didattico-pedagogico che la coppia Argan-Bucarelli si accingevano a promuovere. La suddetta tipologia museale era stata, infatti, teorizzata e sostenuta da Bucarelli proprio in quella conferenza del 21 dicembre dove la soprintendente presenta una relazione dal titolo Larchitettura moderna e i musei impostata in gran parte proprio sui principi del museo-didattico-pedagogico. Questi, di l a poco, troveranno concretizzazione nel progetto di Luigi Cosenza. Tra gli altri relatori fu di particolare interesse il saggio proposto dallarchitetto Franco Albini. Bucarelli scriver ancora a Gropius il 27 dicembre. Largomento la Mostra dedicata a Oskar Schlemmer, la cui inaugurazione in Galleria avverr il 30 gennaio 1962. Anche questa mostra rientra probabilmente nel quadro delle relazioni che la soprintendente vuole alimentare con Gropius; infatti, lo studio e la riscoperta di Schlemmer erano un tema caro al maestro del Bauhaus. Nella sua parte conclusiva la lettera ci offre la sintesi bucarelliana della presenza di Gropius nella due giorni romana colgo loccasione per dirLe quanto io sia stata commossa per avere Lei accettato dintervenire allinaugurazione della mostra e di parlare, e di assistere al Convegno sullarchitettura, nonostante il molto lavoro da cui gravato (23). Dunque larchitetto ha speso qualche parola allinaugurazione ma, poich ci sembra non in altro modo documentato, probabile che si sia limitato alle consuete frasi di circostanza e ringraziamento; il suo vero e lungo intervento quello della video-intervista di cui si gi detto (non da escludere che la Bucarelli con il suo inciso e di parlare , faccia riferimento proprio a quellintervista). Per quanto concerne invece il Convegno sullarchitettura, i ringraziamenti della Bucarelli ci danno la definitiva conferma della presenza soltanto passiva di Gropius. Larchitetto risponde a Bucarelli con una sua lettera del 8 gennaio 1962 (24). Il maestro commenta compiaciuto gli esiti della mostra

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del Bauhaus e d ancora alcuni suggerimenti sia su quella mostra (la cui conclusione fu forse posticipata) sia su quella di Schlemmer. N Bucarelli n Gropius spendono pi una parola diretta sullampliamento e in ci autorizzano a ipotizzare che questo sia improvvisamente divenuto, in qualche modo, un tema imbarazzante e, almeno per il momento, da evitare. In conclusione, lesame di tutti questi documenti, pur cos frammentari, autorizza a pensare che Bucarelli sper davvero, almeno sino ad un determinato momento, di coinvolgere il maestro del Bauhaus nel suo ampliamento. Fuori da ogni dubbio che tent con Argan, benevolmente, di strumentalizzarne il prestigio. Allo stato, per, segni concreti dellintervento di Gropius sulla progettazione dellampliamento, a parte il sempre basilare riferimento culturale, non mi risultano documentati. Pertanto si deve accettare, almeno per il momento, la gi citata conclusione della Bucarelli: lo Stato non trov i fondi, tutto si ferm e, nel 1969, Gropius mor . 4) Conclusioni e proposte Attualmente, gli sviluppi dellampliamento della Galleria, quale che sia la direzione che si vorr un giorno intraprendere, appaiono indeterminati. Difficile sentenziare, dogmaticamente, se sia pi corretto proporre una pi moderna e diversa progettazione o un restauro filologico del progetto Cosenza. Auspicherei per che una scelta o laltra sia presa adducendo motivazioni consapevoli, sincere e prive dipocrisia. Solo su queste basi, infatti, sar possibile realizzare qualcosa di duraturo e funzionale. Se si dovesse un giorno optare per la scelta che pi nelle mie corde, quella del restauro, penso sia importante porre laccento su un punto: non si affronta un simile impegno in assenza di un progetto generale. Poi si potr anche intervenire, a seconda delle disponibilit economiche, per lotti funzionali anche minuti. Ma sempre sulle

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orme fedeli di quel progetto (25). Solo cos si avr almeno speranza di non perpetrare gli errori, talvolta gli orrori, fin qui commessi. Quel progetto generale dovr inevitabilmente fare i conti con le ferite inferte alla fabbrica. Quelle semplicemente prodotte dal tempo e dallabbandono potranno essere risolte con intelligenti restauro e adeguamento funzionale. Pi gravi quelle introdotte dal mancato esproprio e, soprattutto, dalle colpevoli alterazioni dello stato dei luoghi dovute in particolare ai lavori Fio. Tutto ci ha mutato oggettivamente alcuni degli originari presupposti progettuali e suggerisce persino a chi, come chi scrive, da sempre sostiene con passione lidea di un restauro filologico e di un completamento del manufatto con modalit le pi possibili fedeli a quelle originarie, la necessit di integrare la progettazione del maestro napoletano. Star allintelligenza, e soprattutto alla cultura di chi interverr, non abusare di questo grado di libert, limitandolo a quanto strettamente necessario. Unaltra convinzione legata alla stesura del progetto generale la devo alla mia attivit di funzionario presso un museo: non andr pensata una struttura che sia bella solo il giorno dellinaugurazione. Un museo infatti, deve essere semplice: ossia facilmente manutenibile, il pi possibile autosufficiente e a basso consumo energetico. Un ultimo pensiero, anche prescindendo dallampliamento Cosenza, va infine al confronto, che spesso si fa, tra i musei del XX secolo (almeno fino al 1975) e quelli contemporanei. Ritengo questo confronto, fatte salve alcune importantissime eccezioni, del tutto improponibile. Penso infatti che, assai spesso, nei super musei contemporanei la plastica scultorea e il suo aspetto emozionale predominino, almeno in buona parte, sui contenuti. Nel museo del XX secolo invece e, in particolare, in quello tardo razionalista di Cosenza, larchitettura si pone a servizio del visitatore e dellopera, o almeno ci prova. Gli esiti naturalmente possono essere pi o meno felici, negli uni e negli altri casi. Nessuna assurda graduatoria di merito tra i due modelli di architettura: rispondono a filosofie, a momenti socio-culturali e, in ulti-

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ma analisi, a presupposti progettuali troppo distanti per poter essere in alcun modo comparabili. Massimo Licoccia

Note al testo

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A.S.Gnam, posiz. 7D, busta 1, fasc. 1: Ampliamento Cosenza, Riassunto schematico degli atti dagli inizi alla promulgazione della Legge del 1973: Relazione di Palma Bucarelli. Le relazioni sono a firma delling. Dante De Marchis, primo dirigente del Ministero dei Lavori Pubblici - Provveditorato Regionale alle OO.PP. per il Lazio - Ufficio Speciale del Genio Civile per le opere edilizie della capitale. Giancarlo Cosenza, ingegnere, figlio del progettista Luigi. La scala, come detto nel testo, non era prevista nel progetto. E per me evidente che la scelta della variazione, comunque la si valuti nel merito, va attribuita anche al committente che, facile pensarlo, poneva il problema di un collegamento tra i due livelli. Nel documento specificato che: Il presente verbale di consegna provvisoria diverr definitivo allatto della consegna del costruendo complesso al demanio dello Stato. Per il Genio Civile firmano ling. capo Leonardo Molinari e il primo dirigente arch. F. Giachetti. Molinari firmer come ing.capo anche nei successivi verbali del 6/7/1989 e del 25/11/1992 nei quali, come primo dirigente, apporr la firma ling. V. Mattiolo. Cfr. Luigi Cosenza-LAmpliamento della Galleria Nazionale dArte Moderna ed altre architetture 1929/1975, a cura di G. Cosenza e V. Bazzarini, Clean, Napoli 1988. La manica lunga ha ospitato dal 1988 al 1994 mostre temporanee; dal 1995, invece, parte delle collezioni in corso di riordinamento e il Gabinetto

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dei Disegni e della Stampe. Intorno al 1997 stata definitivamente abbandonata. Sulle mostre temporanee nellampliamento vedi: S. Marson, Lampliamento di Luigi Cosenza tra allestimenti e mostre in La Galleria Nazionale dArte Moderna cronache e storia a cura di S. Frezzotti e P. Rosazza Ferraris, Palombi ed., Roma 2011, pp. 221-231.
7)

I fondi del Giubileo erano ai sensi della Legge 23 dicembre 1996 n 651 Misure urgenti per il grande Giubileo del 2000. Alla Galleria fu assegnato uno stanziamento di 15 miliardi di lire che, in parte, sar poi impegnato per pagare le spese relative al concorso di progettazione per lampliamento della Galleria di cui al bando del 11 ottobre 1999 e, soprattutto, per la redazione del progetto definitivo ed esecutivo da parte dello studio vincitore del concorso stesso. I membri della Giuria erano: Sandra Pinto (Presidente e Soprintendente alla Galleria Nazionale dArte Moderna), Angelo Balducci (Provveditore alle Opere Pubbliche del Lazio), Michela Di Macco (professore di Storia dellarte, Universit di Torino), Leopoldo Freyrie (architetto, Milano e vice presidente del Consiglio Nazionale Architetti), Margherita Guccione (architetto, Ministero per i Beni e le Attivit Culturali), Vittorio Magnago Lampugnani (architetto, Milano, Preside della Facolt di architettura del Politecnico di Zurigo), Heinz Tesar (architetto, Innsbruck; in sostituzione di Alvaro Siza che aveva comunicato di dover rinunciare). Supplenti: Francesco Garofalo (Architetto, Roma), Mario Lupano (Direttore della Scuola di specializzazione in storia dellarte contemporanea dell Universit di Bologna). Gli otto studi professionali ammessi allultima selezione erano: Massimo Carmassi; Joao Lus Carrilho Da Graca; David Chipperfield; Felix Claus e Kees Kaan; Nicola Di Battista e Hans Kolhoff; Diener & Diener; Lazzarini Pickering Architetti; Dominique Perrault. A.S.GNAM., posiz. 7D, busta 5, fasc. 1: Corrisp. con Provveditorato alle OO.PP.; il verbale di consegna dellaria riporta il prot. della Gnam n. 2781 del 15/04/2004. L aggiudicataria era risultata la A.T.I costituita tra la IACE s.r.l. (mandataria) e tra le ditte Bandettini s.r.l., Mancini s.r.l., S.A.P.P. s.r.l., Italsistem s.p.a.

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9)

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11)

Immobile e terreni previsti dai decreti di esproprio del 3/2/1977 e del 9/2/1985 erano quelli distinti al catasto (N.c.e.u.) al foglio 552, partita 2248, particelle 21, 24, 26, 27, 94, 95, 96. La societ proprietaria degli immobili espropriati era la immobiliare unipersonale Ammios Immobilien Und Handels Anstalt, costituita nel Liechtenstein, che aveva formalmente acquisito le propriet in data 04.12.1972. F. Garofalo, in Progetto e destino, Otto architetti per lampliamento della Galleria Nazionale dArte Moderna, a cura di F. Garofalo, Societ editrice Umberto Allemandi & C., Roma 2000, p. 8. vedi anche: M. Licoccia, Il percorso museale negli ordinamenti bucarelliani: antitesi con il progetto architettonico. Incomunicabilit tra evento e architettura nella strategia del soprintendente in Il museo come avanguardia a cura di M. Margozzi, Electa, Milano 2009, pp. 105-121 (in particolare cfr. da pag. 115, parte dedicata allampliamento Cosenza). A.S.GNAM., posiz. 7D, busta 4, fasc. 5: Ampliamento Cosenza, ubicazione cabina Enel, rapporti con il Genio Civile. La lettera del soprintendente d il suo parere favorevole sentiti i tecnici della soprintendenza : non chiaro chi fossero costoro e, soprattutto, che tipo di preparazione accademica avessero; non mi risulta infatti in quel periodo la presenza in organico di architetti o ingegneri. I Fondi Investimento Occupazione (Fio 86) furono ammessi al finanziamento con deliberazione Cipe del 12/05/1988 (pubblicata su G.U. del 21/6/1988 n.144). Segu la convenzione del 18/10/1988 rep. n. 172 che vedeva come Concedente il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali nella persona del Direttore Generale dr. Mario Serio e come Concessionaria la I.C.L.A. Costruzioni Generali S.p.a. , societ di Napoli (incorporante la Fondedile S.p.a.) quale mandataria della A.T.I. formata dalla stessa I.C.L.A., dalla Infrasud S.p.a. (poi Infratecna in liquidazione S.p.a.), dalla P.T.I. Progetti Territoriali Integrati S.p.a. e dalla Edilfornaciai S.r.l.. Limporto della concessione era di 48 miliardi e 543 milioni di lire: quasi 28 destinati alle Mura di Otranto e 20 miliardi e 640 milioni alla Galleria Nazionale dArte Moderna di Roma: una parte dedicata alledificio storico e una parte, il IV stralcio, allampliamento. Ing. Capo e Direttore dei lavori era larch. Gianfranco Ruggieri, soprintendente ai Beni Ambientali e Archi-

12)

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tettonici del Lazio; questi fu sostituito in tutte quelle funzioni dallarch. Mario Lolli Ghetti proprio nei lavori del IV stralcio. Non si in grado di dire quanto il subentrante avesse possibilit e/o desiderio di modificare decisioni eventualmente gi impostate.
16)

A.S.GNAM, posiz.: sistemazione provvisoria, Concorso di progettazione per lampliamento della Galleria Nazionale dArte Moderna, Verbale della Giuria della seconda fase, Roma 14-15 aprile 2000. Palma Bucarelli, in Luigi Cosenza-LAmpliamento della Galleria Nazionale dArte Moderna ed altre architetture 1929/1975, op. cit., pp. 13-17. Lappunto tratto dal diario personale di P. Bucarelli. Il diario, cos come la lettera del 24 ottobre 1961 di W.Gropius e quelle tra Argan e Bucarelli nel periodo americano, sono stati visionati per gentile concessione della signora Anna Bucarelli. Alla ricerca sono stato indirizzato da Mariastella Margozzi che ringrazio. La lettera un documento dattiloscritto in lingua inglese ( traduzione a cura di M. Licoccia). Il progetto a Baghdad di cui si parla nella lettera fu, con ogni probabilit, vanificato dal colpo di Stato del 8/2/1963. Peterich, allora Direttore delle Biblioteche Germaniche di Roma e Milano. La mostra sul Bauhaus era la replica romana di quella organizzata dal Governo tedesco e dalla Biblioteca Germanica nel Palazzo reale di Milano, posta sotto il patrocinio di Walter Gropius. Oltre agli intervenuti, tra gli invitati alla inaugurazione cera il top dellarchitettura specialistica italiana del tempo: Franco Albini, Carlo Scarpa, il prof. Vittorio Viale, etc. La mostra fu successivamente allestita anche a Bologna. La video-intervista fu concessa al prof. Emilio Garroni (1925-2005), filosofo e ordinario di Estetica presso lUniversit degli studi di Roma La Sapienza e allora giornalista RAI. Da interprete (Gropius risponde in tedesco) fungeva M. Frhr. Marschall v. Bieberstein, allora direttore della Deutsche Bibliothek Rom. Il video disponibile su you tube e sul sito internet di Emilio Garroni. Lesame del video chiarisce che le domande

17)

18)

19)

20) Eckart

21)

22)

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erano state precedentemente concordate: Marschall le aveva infatti gi scritte in un suo appunto e lo stesso Gropius, anche se molto saltuariamente, consulta talvolta dei suoi appunti. La trascrizione della Videointervista, a cura di M. Licoccia, riportata in calce al presente testo quale APPENDICE.
23)

La lettera del 27 dic. 1961 della Bucarelli a Gropius in A.S.Gnam, p. 9a, b. 15, Mostre in Galleria, Mostra Schlemmer. La lettera del 8 gennaio 1962 stata invece ritrovata da chi scrive presso una sistemazione provvisoria (Torri della Galleria), posiz. 9a. E un documento dattiloscritto in lingua inglese ( traduzione a cura di M. Licoccia). Tra le tante criticit, ne ricordo alcune da risolvere preliminarmente in un progetto generale: 1) la zona di cerniera tra auditorium e manica corta; 2) latrio inferiore e lo spostamento della cabina elettrica; 3) i passaggi tra edificio vecchio e nuovo; 4) il giardino tra le due maniche; 5) limpiantistica in generale; 6) i parcheggi; 7) una rivisitazione dei servizi per il pubblico integrata tra vecchio e nuovo edificio; 8) la eco sostenibilit; 9) etc.

24)

25)

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APPENDICE
ARTE E SCIENZE - CRONACHE DI ATTIVITA Incontro con Gropius a Roma di Emilio Garroni (vedi nota n. 22 a margine del testo di M.Licoccia) (Roma, Galleria Nazionale dArte Moderna, Marted 21 novembre 1961)

EMILIO GARRONI: Luned si aperta a Roma la mostra del Bauhaus, fondato nel 19 da Walter Gropius e soppresso nel 33 dai nazisti. C una gran folla alla Galleria dArte Moderna e c anche Walter Gropius in persona. Labbiamo incontrato per parlargli. Ci serve prima il signor Marschall, direttore della Biblioteca Germanica di Roma, che ci aiuter a superare le difficolt linguistiche e linevitabile imbarazzo di trovarci di fronte a uno dei massimi architetti del nostro tempo. Il Bauhaus stata la pi originale scuola darte di tutti i tempi. Gli allievi, per esempio, cominciavano a prendere contatto con i materiali; le pi elementari e le pi stravaganti, come queste scatole di fiammiferi svedesi; si abituavano a capire e a sviluppare le possibilit dei materiali e costruivano oggetti astratti. Ebbene, proprio di qui sarebbero venuti fuori architetti, pittori, scultori e progettisti di oggetti concretissimi da fabbricare industrialmente.

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Agli anni successivi era riservato, fra laltro, lo studio dei contrasti: poveri e ricchi, per esempio, grassi e magri. Paiono caricature, giochi grotteschi e satirici e lo sono anche, ma il fine un altro. Si tratta piuttosto di riconoscere le motivazioni, le leggi formali degli infiniti contrasti possibili. Si studiano le regole della forma in relazione alle reazioni psicologiche dellosservatore, per applicarle poi nella progettazione. Cos dallocchio vero, si ricava lo schema formale dellocchio che conferir efficacia inconsueta ad un manifesto davanguardia. Parr strano ma di qui nascono le forme di infiniti oggetti, sedie, posate, eccetera: quelli stessi che oggi noi usiamo giornalmente. E soprattutto architetture, rigorose come teoremi matematici; muore cos lartigianato, gi disfatto, e nasce la cultura industriale. Aspettando che il pubblico si diradi ci rechiamo dal professor Zevi, ex allievo di Gropius. Un suo giudizio poetico sarebbe lideale per dare pi rilievo alla figura del maestro.

BRUNO ZEVI: Il Bauhaus stato certamente il pi importante centro didattico per larchitettura e per le arti applicate nel periodo fra le due guerre mondiali. In questo senso ogni discorso sul rinnovamento dellinsegnamento architettonico parte dal Bauhaus. Dato questo riconoscimento, non mi sentirei per di affermare che il metodo pedagogico instaurato a Weimar e a Dessau subito dopo la prima guerra mondiale, sia meccanicamente applicabile allinsegnamento dellarchitettura o delle arti applicate, oggi. In questo senso, la mostra della Galleria dArte Moderna abbastanza deludente.

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Questi prodotti, questi giochi di pezzi di carta, di fili di metallo e di stoffe, non vero che si avvolgono fra di loro, non formano altro che un repertorio del formalismo moderno che ormai abbastanza scontato.

GARRONI: Torniamo alla Galleria. Gropius ora quasi solo, frastornato ma gentile e modesto come non avremmo mai supposto. Scusi professor Gropius, che cosa prova oggi nel riguardare, condensate in una mostra storica le sue esperienze del tempo del Bauhaus. Le paiono ancora attuali anche per un giovane architetto ?

WALTER GROPIUS: La mostra pu essere detta storica in quanto testimone di ci che si fatto al Bauhaus in un certo periodo. Ma non questo il punto essenziale. Lessenziale invece il metodo dinsegnamento del Bauhaus. Nelle vecchie scuole darte, lallievo imparava secondo il metodo personale del suo maestro, il quale trasmetteva appunto la sua esperienza personale ma non possedeva un metodo oggettivo dinsegnamento. Il Bauhaus ha invece tentato di dare basi oggettive ad ogni allievo, che avrebbe potuto poi sviluppare la propria attivit di progettista secondo leggi naturali e psicologiche, e arrivare cos ad un suo modo di progettazione poetica. Questo il punto essenziale del Bauhaus. E in ci era radicalmente diverso da tutte le altre scuole darte.

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Oggi mi sembra che sia di nuovo necessario ripensare a questo metodo oggettivo. Si vedono in giro troppe deviazioni eclettiche. Bisogna invece che i progettisti, gli architetti, si costruiscano la propria strada, liberamente, personalmente, con i mezzi forniti da questo insegnamento oggettivo.

GARRONI: Le dispiace professore se continuiamo la nostra conversazione seduti? Prego. La domanda che ora vorremmo rivolgere al professor Gropius esattamente questa: larchitettura esprime la societ o addirittura in grado di condizionare la societ. In poche parole, possibile unarchitettura valida anche in una societ contraddittoria? Vorrei pregare il signor Marschall di tradurre in tedesco questa domanda per il professor Gropius.

GROPIUS: Larchitettura sempre stata lo specchio della societ ma ci non vuol dire che essa non possa anche influire sulla societ. Noi viviamo oggi in un tempo in cui la vecchia societ quasi completamente distrutta, basti pensare allenorme sviluppo dei mezzi di produzione. Potrei dire che nel corso della mia vita sono successe tante cose sotto il profilo del progresso tecnico quante ne sono accadute in 2000 anni dalla nascita di Cristo ad oggi. Tanti eventi in cos poco spazio di tempo hanno trasformato radicalmente il nostro ambiente fisico e vitale; non dobbiamo perci meravigliarci se oggi

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non c quella unit che caratterizzava le culture e le societ del passato. Ma speriamo di poter riconquistarle un giorno. Ho viaggiato molto in questi ultimi dieci anni e sono arrivato alla conclusione che il Giappone, paese di antichissima civilt mai disturbato dallesterno per centinaia di anni, proprio il Giappone ci fornisce nel campo dellarchitettura il miglior esempio di ci che io chiamo unit nella molteplicit. Esso possiede una architettura modernissima ricca dinfluenze europee e di tutto il mondo e tuttavia pienamente giapponese nel senso migliore; n in Europa n negli Stati Uniti esiste invece una larga base comune per larchitettura e ci vuol dire che una nuova societ ben strutturata non esiste ancora. Dappertutto ci sono focolai vitali, auguriamoci che in avvenire si possa formare da questi focolai una societ pi coerente e di conseguenza anche un pi chiaro linguaggio architettonico.

GARRONI: Il passato, prof. Gropius, ci offre degli eccellenti esempi di felicissime combinazioni di stili diversi; per esempio il rinascimento vicino al barocco, il barocco vicino al rococ, e cos via. Ora, la stessa cosa giustapporre due stili diversi e inserire un edificio moderno in un ambiente storico? Qui cio non intervengono delle ragioni particolari che rendono particolarmente complesso il problema, non fossaltro per la scala proprio abissalmente diversa della citt moderna rispetto alla citt del passato?

GROPIUS:

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Questi problemi mi hanno sempre interessato moltissimo. Per esempio tutta una raccolta di fotografie che dimostrano la possibilit che edifici costruiti in tempi diversissimi, stiano benissimo luno accanto allaltro. Ho studiato questo fenomeno e ho concluso che i fattori importanti sono: la scelta dei materiali e la scala, cio il rapporto degli edifici fra loro, con lambiente e con luomo. Certo, inserire un edificio moderno in un ambiente antico presenta ancora specifiche difficolt, ma non credo che esse siano insuperabili se ci accostiamo con amore allantico, se ci sforziamo di capirlo e se riusciamo a determinare un giusto rapporto di dimensioni. Ma proprio sul problema del rapporto della scala da scegliere, vorrei soffermarmi che la cosa pi importante: Roma, mi ospita spesso in questi ultimi tempi e mi sono rallegrato nel constatare che il suo centro storico non sia stato distrutto dallinserzione di grandi edifici in scala sbagliata, cosa che purtroppo successa in tante altre grandi citt. Vorrei aggiungere per, che a causa delle automobili e del traffico moderno, le citt sono destinate a subire un notevole cambiamento. Bisogna affrontare dunque tutti questi problemi, determinare il giusto rapporto delluomo con lambiente. E difficile da capire che cos un rapporto in una scala umana. Una volta gli architetti lo capivano molto meglio di noi. Per esempio in Inghilterra stata costruita una nuova citt, ma stata fatta troppo grande, con rapporti non giusti, e i suoi abitanti non sono felici perch quella citt non vibra abbastanza, non abbastanza unita. Bisogna determinare il giusto rapporto umano per rendere umano vivere le nostre strade, le nostre piazze e quindi trovare una appropriata connessione tra lambiente umano e lambiente del traffico che inevitabilmente progettato in una scala diversa. Questo un fatto molto importante.

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GARRONI: Professore, un problema di estrema attualit. Esiste una enorme quantit delle nostre citt moderne, di case pseudo moderne, volgari, piazze che rendono inospitali, qualche volta addirittura repulsive le nostre citt. Ed esiste poi una piccola schiera di eccellenti costruzioni, qualche volta addirittura di capolavori.

GROPIUS: E una domanda molto vasta e difficile alla quale posso qui rispondere in un solo modo. Ogni nostra speranza riposta in una migliore educazione, una educazione che cominci fin dal giardino dinfanzia. Perch si progetti e si costruisca bene bisogna che si educhi non solo il progettista ma anche il consumatore, il quale deve essere in grado di vedere, di giudicare, di prendere insomma parte viva allambiente che lo circonda. E proprio questo stato il contributo del Bauhaus.

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Temporanea

IL GRAN MURO PANORAMICO VIBRANTE DI JESUS RAFAEL SOTO IL RECUPERO DI UN'EMOZIONE Il Gran muro panoramico vibrante di Jesus Rafael Soto viene acquistato da Palma Bucarelli alla Biennale di Venezia del 1966. In questa occasione l'artista venezuelano aveva ottenuto una propria sala nel padiglione del suo paese e vi esponeva una serie di opere di dimensioni contenute e questa parete vibrante, l'opera di maggiori dimensioni, costruita proprio nella sala della Biennale. L'opera indicata in origine per la Galleria nazionale era in realt un'altra, la Vibrazione azzurra e nera(1), di circa due metri per due, ben altra cosa, evidente, dal muro. Tuttavia, nel corso delle trattative, la stessa opera era stata venduta dalla Signals di Londra a un altro acquirente, che prontamente l'aveva anche prelevata(2). Palma Bucarelli, molto seccata di questo inconveniente, chiese perentoriamente al gallerista veneziano Renato Cardazzo di cercare un'altra soluzione per la propria Galleria. L'unica possibile era prendere in considerazione il muro, probabilmente poco appetibile da parte del mercato per la grandezza e la sua intrinseca fragilit(3). Su suggerimento dell'allora responsabile dell'Ufficio Vendite della Biennale, Commendator Ettore Gian Ferrari, infatti, la Bucarelli si risolse di prendere la grande opera che Soto aveva costruito direttamente nel padiglione venezuelano, a un costo che copriva poco pi delle spese sostenute dall'artista, due milioni e mezzo di lire(4). L'impresa del trasporto del muro non dovette risultare facile, per lo smontaggio e l'imballaggio dei pezzi costitutivi, ma soprattutto per il grave rischio al quale era sottoposta la lunga parete tappezzata di serigrafie a righe verticali bianche e nere. Queste, infatti, sarebbero state gioco forza strappate nei punti di raccordo dei pannelli di legno del fondo. Avrebbero, pertanto, dovuto essere risarcite in qualche modo. Il muro giunge in Galleria il 27 dicembre 1966, dopo numerosi solleciti e insieme ad altre sette opere di artisti stranieri acquistate in quella circostanza(5). La Bucarelli si inte-

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ressa fin dall'inizio dell'inconveniente che la parete serigrafata presentava, probabilmente sottostimando la complessit dell'insieme e soprattutto le condizioni della parete serigrafata e le relative operazioni di risarcimento. Giunto in Galleria, il muro viene montato dagli operai coordinati dal laboratorio di restauro interno. La parte serigrafata, tuttavia, risulta gi assai danneggiata e lacunosa, bisognosa di reintegrazioni della carta. Cardazzo fornisce alla soprintendente l'indirizzo di un serigrafo milanese, Sergio Tosi, probabilmente gi contattato dallo stesso Soto per Venezia. Inizia cos una lunga ed estenuante corrispondenza tra Bucarelli e il Toso sul tipo di carta serigrafata, sulla dimensione delle sottilissime righe, sul numero dei fogli occorrenti per la eventuale totale sostituzione. Il serigrafo risponde in modo lacunoso, sparisce per lunghi periodi, lasciando la Bucarelli in attesa di risposte(6). Anche l'artista, attraverso lo stesso Tosi, viene contattato per avere consigli sulla sistemazione dell'opera. Soto, per, non si far mai vivo con la Bucarelli, mostrando in tal modo un evidente disinteresse per l'opera e per la Galleria romana, dietro il quale possiamo immaginare una certa insofferenza per quella vendita forzata allo Stato italiano di un'opera tanto grande a un prezzo decisamente conveniente. Almeno da quel dicembre 1966, quando il muro giunge in Galleria, al 1972, anno in cui si realizza un primo, anche se parziale, intervento di restauro, si trascina una sorta di commedia epistolare tra Bucarelli e Tosi, mentre l'opera non riesce ad essere presentata in maniera dignitosa, perch presenta delle grandi zone del fondo danneggiate. Alla fine, giunti i fogli definitivi di carta serigrafata e applicati l dove servivano, Bucarelli decide, per quanto insoddisfatta della soluzione, di rassegnarsi a quell'aspetto un po' vissuto in cui il muro versava e di lasciarlo esposto cos come era venuto dopo quella sorta di maquillage. La grande opera di Soto, che forse, ma non certo, l'artista aveva visto in Galleria durante una sua visita a Roma tra marzo e aprile 1968 (7), nella quale tuttavia non aveva incontrato la Bucarelli, rimase allestita nelle sale dell'ala destra del cosiddetto corpo Bazzani del 1934 fino ai primissimi anni ottanta, quando esigenze di ristrutturazione delle sale stesse resero necessario il suo smontaggio

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Il Gran muro panoramico vibrante allestito nel 1968 nella sala LXIII, Archivio fotografico GNAM

Il muro di Soto oggi, dopo il restauro, foto Talarico & Mercuri

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e il ricovero nei depositi della Galleria. A dire la verit lo smontaggio fu condotto in maniera esemplare, numerando tutte le 700 bacchette di ferro nere e azzurre e numerando anche i punti del tettuccio dove ciascuna era posizionata. Venne disegnata una sorta di mappa dell'intero manufatto che desse conto della situazione pre-smontaggio, vennero impacchettate a gruppi tutte le bacchette. In sostanza, dal procedimento documentato, sembrerebbe che a quel temporaneo disallestimento dovesse seguire un riallestimento in tempi ravvicinati. Di fatto, quando solo all'inizio degli anni novanta si pens di risistemare nelle sale il muro di Soto, un'indagine condotta sui materiali costitutivi sconsigli di procedere al rimontaggio, poich perfino l'intero supporto ligneo risultava seriamente danneggiato. Per non parlare poi delle serigrafie, che dovendo necessariamente essere tutte sostituite ponevano il problema di dover forse optare per una carta di tipo diverso, per esempio stampata e autoadesiva, che ovviasse all'inconveniente della fragilit della carta cellulosica anche circa l'adesione ai pannelli di legno(8). Il muro mostrava, una volta ancora, tutta la sua problematicit di manufatto complesso, che poneva diversi interrogativi su procedimenti e materiali. Si decise, pertanto, di considerare l'opera praticamente persa e di ipotizzare perfino un suo rifacimento integrale, seppure fedele. Tuttavia, i costi di tale operazione si mostrarono troppo elevati per l Amministrazione. Anche del rifacimento, pertanto, non si fece niente. A parte la congiuntura, che oggi possiamo sicuramente considerare fortunata, che rese impossibile ricostruire il muro ex novo, la vicenda fa capire come, ancora a quei tempi, un'opera come il Gran muro panoramico vibrante di Soto fosse intesa soprattutto come una grande attrazione per il Museo e non chiaramente per quello che era: uno degli esempi pi alti di arte cinetica virtuale, capace di rendere alla perfezione l'effetto straniante della percezione visiva alterata dalla doppia serie di righe, quelle serigrafate del fondo e quelle reali delle bacchette di metallo dipinte del primo piano. Nel percorso artistico di Soto, nel 1966 gi un grande nome dell'arte cinetica nel mondo, il Il gran muro panoramico vibrante, pro-

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gettato prima, ma portato a termine in occasione della Biennale e sul posto, era stato indubbiamente un momento fondamentale di passaggio dai grandi muri serigrafati all'intuizione dei primi penetrabili, suoi ambienti tipici gi dalla fine degli anni sessanta. Dopo quello presentato a Venezia, l'artista venezuelano costruir un altro muro, ispirato agli stessi principi compositivi, ma di ingombro ambientale maggiore, allo Stedelijk di Amsterdam nel 1968, intitolato Ambiente. Questa nuova versione del muro si sviluppava su tre pareti di un ambiente, con una selva di bacchette pi alte, dipinte di tre colori, che interagivano con un fondo a sua volta distinto in tre fasce colorate sovrapposte. Lo spazio, che il muro della Gnam ha per la prima volta intuito, nell'opera di Amsterdam viene sviluppato fino a prevedere l'apertura di un passaggio attraverso e quindi una percorribilit al suo interno. L'anno dopo Soto debutter con i suoi primi penetrabili, nei quali dei fili di plastica sospesi dall'alto creano uno spazio integralmente attraversabile e quindi fruibile a trecentosessanta gradi. Il Gran muro panoramico vibrante che, con un laborioso intervento di restauro, consistito nel riassemblaggio di tutti gli elementi originali e nell'intera sostituzione delle serigrafie del fondo(9), stato ripresentato al pubblico dopo trent'anni d'oblio, rappresenta non solo un considerevole recupero patrimoniale della Galleria nazionale d'arte moderna, ma anche un pezzo di assoluta poesia nell'ambito della fortunata stagione delle ricerche cinetiche. La stessa Palma Bucarelli, che tanto aveva insistito per poter portare a casa anche un'opera di Soto tra quelle di artisti stranieri selezionate dalla Commissione acquisti della Biennale, della quale faceva parte insieme a Giulio Carlo Argan e a Corrado Vigni. Bucarelli non aveva scelto l'opera, questa opera in particolare, bens l'artista, il nome famoso che voleva facesse parte delle collezioni della Galleria nazionale. Il muro costituiva l'apertura internazionale alla nascente collezione di opere d'arte cine-visuale italiane, quella collezione che Bucarelli inaugur nelle sale della Galleria nel 1968, in occasione del nuovo riordinamento. Al momento della sua entrata in Galleria, infatti, l'opera di Soto era la seconda straniera della nuova tendenza(10). Certo, il ripiego sul grande muro, dopo la

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mancata acquisizione dell'opera scelta, dovette sembrare subito alla Bucarelli un po' impegnativo, soprattutto a livello espositivo. Quanto poteva aver compreso la soprintendente che la presentazione al pubblico di quell'opera, pagata una cifra molto pi alta delle altre, le sarebbe costata ancora qualche centinaio di migliaia di lire di pi e le avrebbe fatto perdere un tempo infinito nella corrispondenza con Cardazzo e con il serigrafo Tosi? Se l'avesse solo immaginato, Palma Bucarelli, al momento di definire l'acquisto del muro forse ci avrebbe rinunciato. Sicuramente, nel 1972, quando riusc finalmente a far sistemare la parte serigrafata con l'ennesima fornitura di fogli commissionati al Tosi, la soprintendente non pienamente soddisfatta del risultato, decise comunque di rassegnarsi alle imprecisioni che il montaggio delle serigrafie aveva comportato. Da donna pratica qual era, Bucarelli realizz che il suo effetto di cinetismo ottico il muro lo determinava comunque, vista la grandezza; e, infatti, nel commento che ne fa sulla Guida pubblicata nel 1973 non particolarmente penetrante e si ferma a un livello di lettura dell'opera del tutto superficiale: le mutazioni di frequenza della vibrazione, determinata dall'incontro delle righe del fondo con le asticelle metalliche colorate, con effetti 'marezzati', sono provocate dal muoversi dell'osservatore lungo la curva della parete(11). Proprio attraverso il restauro dell'opera, condotto in occasione della recente mostra Arte programmata e cinetica, abbiamo potuto ripercorrere le tappe fondamentali della sua costruzione a Venezia e riappropriarci di tutta la poetica che scelte dei materiali e loro assemblaggio avevano saputo dare a un progetto che l'artista aveva prima della Biennale semplicemente abbozzato. Abbiamo capito che il collage di serigrafie del fondo, mutuato dai precedenti grandi muri costruiti da Soto, vuole rappresentare la profondit remota di uno spazio che pi in superficie viene scandito dalle centinaia di bacchette metalliche che piovono a pioggia, su pi file, e che si infittiscono in corrispondenza dell'ampio angolo. Non solo il cinetismo virtuale del ripetersi della linea verticale che ci colpisce, quanto piuttosto quella vibrazione sottile degli elementi mobili le bacchette su quelli immobili le righe a darci una senza-

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zione di sbandamento e di attrazione all'interno dello spazio, che improvvisamente ci sembra pi ampio del reale, penetrabile, anche se misterioso, uno spazio della mente nel quale perdersi. Il colore azzurro della parte inferiore delle bacchette, dipinto a vernice con pennello dallo stesso artista, il tono che crea l'atmosfera d'incanto del mistero, l'elemento che consente e anzi provoca l'avvicinamento. Se esse fossero state interamente nere, questo potere di attrazione non si sarebbe generato e l'effetto sarebbe rimasto a un livello di percezione visiva e non di partecipazione psicologica. Tale invece la dimensione nella quale l'artista vuole immergere lo spettatore. Una dimensione di sospensione e di attesa, di tensione verso un altrove che dentro l'opera, che paesaggio senza essere veduta. Se ora proviamo a scandire nella nostra mente il titolo che Soto ha voluto dare all'opera: Gran muro panoramico vibrante ci accorgeremo di riuscire a cogliere non solo il senso della percezione visiva, ma anche quello dell'emozione. Mariastella Margozzi

Note al testo 1. Si trattava della n. 57 del Catalogo della Biennale. Cfr. Archivio Storico Gnam (da qui in avanti AS Gnam), pos. 9/B n. 3166, lettera di Palma Bucarelli a Renato Cardazzo della Galleria del Cavallino, che faceva da intermediario. 2. Cfr. A S Gnam, pos. 9/B, n. 3742. 3. Cfr. A S Gnam, pos. 9/B n. 4309. La Bucarelli aveva interessato della questione il Commendator Ettore Gian Ferrari, responsabile dell'Ufficio Vendite della Biennale. 4. Ettore GianF errari scrive alla Bucarelli: Soto disposto a cedere il 'muro' che ha costruito alla Biennale al prezzo che gli costato, o poco pi: mi sembra veramente un ottimo affare, A S Gnam, pos. 9/B n. 4238

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5. Il tutto fu distribuito in 25 colli, spediti da Venezia il 23 dicembre 1966 e giunti in Galleria il 27 dello stesso mese, insieme alle altre opere acquistate nella stessa occasione. Cfr. A S Gnam, pos. 9/B n. 5423 6. Dal 22 gennaio 1968 al 17 luglio 1970 si svolge una fitta corrispondenza per risolvere la questione delle serigrafie dell'opera tra Bucarelli e Cardazzo e tra Bucarelli e Tosi, in verit sempre un po' latitante. Cfr. A S Gnam, pos. 2B2. 7. A s Gnam, pos. 2B2, n. 1552, lettera di Tosi a Bucarelli. 8. La relazione relativa alla possibile risistemazione del muro, corredata da numerose fotografie che documentano anche il precedente smontaggio, stata redatta dal Laboratorio di restauro della Galleria nazionale ed conservata presso l'Archivio dello stesso laboratorio, sotto il nome dell'artista. 9. Il restauro stato realizzato da Equilibrarte di Carlo Serino e Antonio Iaccarino Idelsone da Filippo Mercuri & Marzia Mercuri, con la direzione operativa di Luciana Tozzi. 10. La collezione inizia a formarsi nel 1963, con opere di Gianni Colombo e Alberto Biasi; la prima opera straniera di Julio Le Parc e viene acquisita nel 1965. 11. P. Bucarelli, la Galleria nazionale d'arte moderna, Poligrafico dello Stato, Roma 1973, p. 111

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Con questi accorati versi San Tommaso, o chi per lui, anticipando di circa cinquantanni il canto XXV del Paradiso dantesco, allinterno del salmo di celebrazione liturgica propeCAMMINARE, VIAGGIARE, VOLARE deutica alladorazione del mistero eucaristico Adoro te devote, fa riferimento IL TEMA DEL MOVIMENTO IN PAUL KLEE alliconografia cristiana del pio pellicano- in cui adombrata la figura di Cristo- in atto di nutrire la prole con il proprio sangue, in analogia con il supremo sacrificio di s sulla croce compiuto dal figlio Dio a beneficio dellintero genere umano, Ci sono artisti per di i quali esiste un solo paesaggio o ai quali il viagL'Adoro devote uno di cinque inni eucaristici che si pensa siano stati scritti San giare te non arreca sensibili variazioni nella loro opera. Altrida artisti invece,d'Aquino, sono viaggiatori per definizione, e nondel solo perch alla Tommaso in occasione dell'introduzione della solennit Corpus Domini nel scoperta perenne nuovi sfondi, nuovi soggetti, nuove atmosfere. 1264, su commissione di di papa Urbano IV. L'attribuzione tuttavia resta controversa, poich Paul Klee ha avuto la possibilit di viaggiare e se non ha attraverso le prime testimonianze di tale paternit letteraria risalgono a non meno di cinquant'anni dalla oceani, morte del come DottoreGauguin, Angelico. Matisse, Mondrian, ha per viaggiato molto per l'Europa e il Mediterraneo e soprattutto ha viaggiato con i suoi L'inno (pi precisamente un "ritmo"), inserito nel Messale Romano del 1570, voluto da pastrumenti di lavoro e con la fantasia. Le sue opere tracciano un vapa Pio V, e citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica, attualmente utilizzato durante le sto mondo, dove appaiono i luoghi vissuti e visitati dall'artista e anadorazioni eucaristiche e nelle preghiere di ringraziamento al termine della Messa. che quelli raggiunti con l'immaginazione. Ma il viaggiare imporLiconografia del pellicano - dal soggetto. greco pelekus come suggerisce la tante per cristiana Klee non solo come Il, ascia, temascure, del viaggio infatti forma stessa del becco a partireal dal trattato del Physiologus ( II-IV secolo) si appropria instrettamente connesso grande tema del movimento e del divenifatti mito secondol'opera il quale ie piccoli risorgerebbero tre di giorni dopo loro uccisione avredel che innerva la Weltanschaung Klee. Ola meglio, il movenuta ad opera della madre; in questo infattidella risiederebbe la simbologia diretta della morte vimento l'elemento generatore figurazione stessa, in quanto e resurrezione movimento di Cristo; di un anche punto in campo che forma alchemico unaperaltro, linea, a movimento partire dal tardo della medioevo, ma- il tita sul foglio e movimento degli occhi nella pellicano assurge a simbolo di generosit e abnegazione totale,visione venendo acomplessiva coincidere con la dell'opera. predisposizione della stessa pietra filosofale ad una sorte di autoimmolazione indispensabile ai fini del procedimento di trasformazione /invenzione delloro. Camminare datazione e provenienza dellopera, che nel merito, per quanto attiene ad uneffettiva doPasseggiate di una matita potrebbe intitolarsi quindi lopera di cumentazione del dono da parte dellautore alla chiesa ardeatina, nonch per un qualsivoKlee, nel senso che il percorso della matita sul foglio delinea una glia attestato comprovante la presa in carico del prezioso arredo liturgico da parte della sorta di passeggiata, un topos che lartista enuclea nella Confessiostessa parrocchiale, presenta alcuni aspetti tuttora irrisolti. E tuttavia, stabilire una proposta ne creatrice, il primo testo realmente teorico della sua vasta produdi zione datazione parte della Facciamo, stessa parrocchiale, presenta alcuni tuttora irrisolti. E tuttaletteraria. disegnando un aspetti tracciato topografico, via, stabilire una proposta di datazione un breve viaggio nel regno duna migliore conoscenza. Superato il

Angelandreina Rorro punto fermo, si ha la prima azione motoria (la linea). Dopo un po, alt per riprendere fiato (linea spezzata, ovvero, se ci fermiamo pi volte, linea articolata)... Tutto il paragrafo II gioca con linee e parole che tracciano appunto un viaggio, una passeggiata a piedi, durante la quale incontriamo elementi naturali come un lampo (linea a zig-zag)o le stelle (una seminata di punti), architettonici e co-

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Con questi accorati versi San Tommaso, o chi per lui, anticipando di circa cinquantanni il canto XXV del Paradiso dantesco, allinterno del salmo di celebrazione liturgica propedeutica alladorazione del mistero eucaristico Adoro te devote, fa riferimento alliconografia cristiana del pio pellicano- in cui adombrata la figura di Cristo- in atto di nutrire la prole con il proprio sangue, in analogia con il supremo sacrificio di s sulla croce compiuto dal figlio di Dio a beneficio dellintero genere umano, L'Adoro te devote uno di cinque inni eucaristici che si pensa siano stati scritti da San Tommaso d'Aquino, in occasione dell'introduzione della solennit del Corpus Domini nel 1264, su commissione di papa Urbano IV. L'attribuzione tuttavia resta controversa, poich le prime testimonianze di tale paternit letteraria risalgono a non meno di cinquant'anni dalla morte del Dottore Angelico. L'inno (pi precisamente un "ritmo"), inserito nel Messale Romano del 1570, voluto da papa Pio V, e citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica, attualmente utilizzato durante le adorazioni eucaristiche e nelle preghiere di ringraziamento al termine della Messa. Liconografia cristiana del pellicano- dal greco pelekus, ascia, scure, come suggerisce la forma stessa del becco a partire dal trattato del Physiologus( II-IV secolo) si appropria infatti del mito secondo il quale i piccoli risorgerebbero tre giorni dopo la loro uccisione avvenuta ad opera della madre; in questo infatti risiederebbe la simbologia diretta della morte e resurrezione di Cristo; anche in campo alchemico peraltro, a partire dal tardo medioevo, il pellicano assurge a simbolo di generosit e abnegazione totale, venendo a coincidere con la predisposizione della stessa pietra filosofale ad una sorte di autoimmolazione indispensabile ai fini del procedimento di trasformazione /invenzione delloro. datazione e provenienza dellopera, che nel merito, per quanto attiene ad uneffettiva documentazione del dono da parte dellautore alla chiesa ardeatina, nonch per un qualsivoglia attestato comprovante la presa in carico del prezioso arredo liturgico da parte della stessa parrocchiale, presenta alcuni aspetti tuttora irrisolti. E tuttavia, stabilire una proposta di datazione parte della stessa parrocchiale, presenta alcuni aspetti tuttora irrisolti. E tuttavia, stabilire una proposta di datazione

Angelandreina Rorro
Kairuan, 1914, 42, Ukmer Museum, Stiftung Sammlung Kurt Fried.

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struttivi come ponti (arcate) e carri (la ruota), ma anche umani come un bimbo gaiamente riccioluto (movimento a spirale) ed emotivi, come gioia (convergenza) o divergenze (due linee ad andamento autonomo). Un punto si fa movimento e linea, sintetizza l'artista. Non ancora Meister a Weimar, Klee riprende in questo testo del 1920, una questione teorica che verr affrontata in parallelo sia da Klee che da Kandinsky nel loro impegno didattico al Bauhaus. La linea geometrica unentit invisibile. E la traccia del punto in movimento, dunque un suo prodotto. Nasce dal movimento e precisamente dalla distruzione del punto, della sua quiete estrema, in s conchiusa. Qui si compie il salto dallo statico al dinamico, cos Kandinsky apre il capitolo dedicato alla linea in Punto, linea, superficie uscito nel 1926 nella serie dei Bauhausbcher. Pubblicata nel 1920, ma probabilmente concepita e scritta gi nel 18 la Confessione creatrice riprende la discussione sui mezzi della grafica che doveva aver animato le ultime discussioni del gruppo monacense del Cavaliere Azzurro prima dello scoppiare della guerra. Anche Kandinsky nel 14 aveva espresso lintenzione di occuparsi del punto e della linea dopo aver trattato con lo Spirituale nellarte degli effetti del colore. Abbandonata la Germania in quanto cittadino russo, Kandinsky si rifugia per qualche a mese a Goldach sul lago di Costanza, dove Klee lo va a trovare. In Svizzera Kandinsky avvia una riflessione sulla grafica. Dagli appunti di questo periodo nasceranno due brevi saggi pubblicati a Mosca che faranno da base allo sviluppo teorico di Punto, linea e superficie, uscito nel '26 nella serie dei Bauhausbcher. E' possibile che Kandinsky e Klee a Goldach abbiano discusso proprio del disegno ed sintomatico che nei Diari di Klee dopo il resoconto delle avventure cromatiche tunisine, trovi spazio un'annotazione specificamente dedicata alla grafia. La grafia come movimento di espressione della mano, con la matita che registra, come io la pratico comunemente, cos radicalmente diversa dall'uso del tono e del colore che si potrebbe benissimo praticare quest'arte, come motivo, nell'oscurit, nella notte pi profonda (Diari 928). Non ovviamente lunica riflessione sul disegno che Klee da anni pratica e analizza critica-

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Sulla mia casa ovviamente la luna, 1927, 263 (Ae. 3), Collezione privata

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mente a fondo. Nel gruppo del Cavaliere Azzurro Klee infatti era entrato essenzialmente come disegnatore, partecipando alla sua seconda esposizione del 1912, significativamente intitolata SchwarzWeiss-Kunst e dedicata al disegno e alla grafica. Lampiezza, la variet e la profondit dei suoi esperimenti grafici erano tali da suggerire a Leopold Zahn, autore della prima monografia critica su Klee, laccostamento alla psicografia taoista e ai grandi interpreti orientali. Di fatto l'immagine della linea come sviluppo dinamico di un punto, accomuna Klee e Kandinsky sia come Meister al Bauhaus, sia come teorici. Ogni figurazione movimento, in quanto comincia in qualche luogo e in qualche luogo ha termine. Le vie percorse dall'occhio che procede a tentoni, riguardo a ci, sono generalmente libere in senso temporale e spaziale: in altre parole l'occhio non obbligato a cominciare da un punto determinato, a procedere verso punti determinati e a finire in un punto determinato. (p. 195) Nel complesso della didattica il movimento legato al ritmo e all'articolazione divisibile-individuale, nel corpus delle opere possibile rintracciare il suo sviluppo con immagini dedicate tanto a chi cammina e passeggia (si veda Camminando nel vento, 1926), quanto al tracciato e alle vie del movimento (come Sentieri sulla sabbia). Camminare per Klee quindi sintetizzabili in un diagramma astratto, ma anche un'esperienza di vita ed per questa ragione che l'artista negli scritti biografici riporta sempre con grande accuratezza le camminate che ha compiuto, come le escursioni in montagna o le marce militari. Viaggiare La vena romantica che percorre l'arte di Klee trova nel tema del viaggio uno dei soggetti pi forti e coerenti, dove si congiungono fantasia e nostalgia. Senso di passione repressa; il mio tipico io. Il moto della natura per me stimolo all'azione, alla ricerca di esperienze di vita, anzi tutto. Desiderio urgente di peregrinare, di eva-

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dere verso una terra remota, verso primavera. Avanti, sempre avanti, scrive nei Diari. Klee ha qui diciannove anni e mancano ancora due anni al viaggio in Italia, contrassegnato da quell'anelito al Sud che gi spicca in questa annotazione del 1898. Lamore per la cultura antica, la passione per la natura rigogliosa e variegata del Meridione, la meraviglia di fronte ai paesaggi millenari e selvaggi dellAfrica lo condurranno a sobbarcarsi non poche fatiche, dove il Sud si alterna al Nord. Sicilia, Elba Corsica, Provenza, Pirenei,Tunisia, Egitto da una parte, il mare del Nord e lAtlantico della Bretagna e del Mdoc dallaltra, alla ricerca della risonanza Klang di queste regioni, in quanto la natura resta conditio sine qua non per lartista. Quel che non potr vedere, quello che i viaggi non potranno raggiungere, sar cos creato con la fantasia e nella sua opera si trovano anche mete ben pi esotiche e lontane di quelle effettivamente raggiunte, quasi Klee fosse un novello Salgari o un seguace del Doganiere Rousseau. Ecco i Tropici (Giardino tropicale, 1919,183 ad esempio), o l'Artico che gli appare una landa desolata e cupa come un paesaggio innevato di Friedrich, ma incredibilmente ammobiliata (Artico ammobiliato, 1935,xx). Accanto alle citt visitate e descritte nelle sue opere, Parigi o Porto Ferraio, si distendono cos un'infinit di citt immaginarie che ricordano palcoscenici di romantici racconti, di favole o saghe. I loro nomi sembrano rebus o complicati indovinelli di una mappa del tesoro, come per Beride. Nel 9127, lanno delle vacanze nella piccola isola di Porquerolles e in Corsica, Klee crea una piccola serie di disegni dalla trama sottile a righe come uno spartito, che raffigurano la citt di Beride: Beride, 1927,41, Beride (Univerist), 1927,53, Piccolo castello estivo a Beride, 1927,56, Case di campagna presso Beride, 1927,55, Beride (Citt dacqua), 1927,51, Periferia di Beride, 1927,54. Per quanto ben delineata questa citt resta tuttavia non trovata come lisola che non c. E cos anche molti luoghi reali e concreti della sua biografia spesso vengono trasformati in immagini ideali e astratte. Volare

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Con questi accorati versi San Tommaso, o chi per lui, anticipando di circa cinquantanni il Tra i temi pi significativi della sua opera, legato essenzialmente canto XXV del Paradiso dantesco, allinterno del salmo di celebrazione liturgica propealle creature che volano, come uccelli vi il volo. E' risadeutica alladorazione del mistero eucaristico Adoroe teangeli, devote, fa riferimento puto che agli angeli critica ha prestato grande la attenzione, main analliconografia cristiana del la pio pellicano - in cui adombrata figura di Cristoatto che gli uccelli occupano un spazio rilevante nella sua produzione. di nutrire la prole con il proprio sangue, in analogia con il supremo sacrificio di s sulla Durante la dal guerra, alDio campo d'aviazione di Gersthofen, croce compiuto figlio di a beneficio dellintero genere umano, Klee intreccia l'immagine dell'uccello in volo a quella degli aeroplani, mentre L'Adoro te devote uno di cinque inni eucaristici che si pensa siano stati scritti da San la lettura delle novelle cinesi gli suggeriva variazioni suggestive Tommaso d'Aquino, in occasione dell'introduzione della solennit del Corpus Domini nel sull'usignolo dell'imperatore. 1264, su commissione di papa Urbano IV. L'attribuzione tuttavia resta controversa, poich Anche volare in quanto immagine dinamica metafora della creale zione. prime testimonianze di taleciclo paternit letterariale risalgono a non , meno di cinquant'anni dalGi nel primo artistico, Invenzioni appare l'eroe alala to morte del Dottore Angelico. come rappresentazione dell'artista. Unica tra le acqueforti del L'inno (pi precisamente un "ritmo"), inserito nel Messale Romano del 1570, voluto da paciclo, impreziosita da un aforisma. Leroe con lala. Dalla natura painsolitamente Pio V, e citato nelmunito Catechismo Chiesa attualmente utilizzato durante le di della unala, si Cattolica, fatto lidea, di essere predestinato aleucaristiche volo, ma ene viene distrutto. Lartista nei Diari il adorazioni nelle preghiere di ringraziamento al termine delladefinisce Messa. suo eroe un antico Don Quichotte, ma potrebbe anche essere Liconografia cristiana del pellicano - dal greco pelekus , ascia, scure, come non suggerisce la estraneo il richiamo, evidenziato da Physiologus Mark Rosenthal al mito di Icaforma stessa del becco a partire dal trattato del ( II-IV secolo) si appropria inro. Pure in questa composizione savverte tono amaro euccisione sarcastifatti del mito secondo il quale i piccoli risorgerebbero tre il giorni dopo la loro avco che contraddistingue lintero ciclo, sorto per esprimere i dubbi e venuta ad opera della madre; in questo infatti risiederebbe la simbologia diretta della morte le amarezze di Klee di ritorno dal viaggio in Italia. Lidentificazione e resurrezione di Cristo; anche in campo alchemico peraltro, a partire dal tardo medioevo, il delleroe con lartista e con Klee stesso controversa, ma indubpellicano assurge a simbolo di generosit e abnegazione totale, venendo a coincidere con la bio che limmagine del volo ha una Stimmung molto personale, copredisposizione della stessa pietra filosofale ad una sorte indispensabime evidenziano le annotazioni dei Diari e di leautoimmolazione poesie. Un uomo in le volo! ai fini del procedimento di trasformazione /invenzione delloro. La terza dimensione entra nella superficie. La posizione delle datazione e provenienza dellopera, che nel merito, per quanto attiene ad uneffettiva dobraccia, delle gambe. Mancanza di scorci. Mi appare anche in socumentazione delme dono da parte dellautore alla chiesa ardeatina, per un qualsivogno. Sogno stesso di fronte al mio modello. Ilnonch mio io proiettato. glia attestato comprovante la presa carico del prezioso in arredo liturgico da parte della Destandomi riconosco lainrealt. Giaccio posizione complicata ma parrocchiale, supino, tutto aderente al lenzuolo. Sono il mio stile (Diari stessa presenta alcuni aspetti tuttora irrisolti. E tuttavia, stabilire una proposta In parte queste righe 1902 il presenta volo appare privotuttora di connotazioni di 425). datazione della stessadel parrocchiale, alcuni aspetti irrisolti. E tuttasimboliche, perch lartista lo mette a fuoco solo in termini puravia, stabilire una proposta di datazione

mente stilistici, in proiezione spaziale, ma in una Angelandreina poesia senza data, Rorro sicuramente pi tarda, un altro sogno rivela invece lelemento personale collegato al volo, una sottile angoscia che intravede nel volare una via di fuga: Prigioniero in una stanza / grande pericolo / nessuna uscita / Ecco: una finestra aperta, staccarsi in volo: / e librarsi libero, / ma piove sottile, piove sottile, / e piove, / piove, / piove... / piove...

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Con questi accorati versi San Tommaso, o chi per lui, anticipando di circa cinquantanni il canto XXV del Paradiso dantesco, allinterno del salmo di celebrazione liturgica propedeutica alladorazione del mistero eucaristico Adoro te devote, fa riferimento alliconografia cristiana del pio pellicano- in cui adombrata la figura di Cristo- in atto di nutrire la prole con il proprio sangue, in analogia con il supremo sacrificio di s sulla croce compiuto dal figlio di Dio a beneficio dellintero genere umano, L'Adoro te devote uno di cinque inni eucaristici che si pensa siano stati scritti da San Tommaso d'Aquino, in occasione dell'introduzione della solennit del Corpus Domini nel 1264, su commissione di papa Urbano IV. L'attribuzione tuttavia resta controversa, poich le prime testimonianze di tale paternit letteraria risalgono a non meno di cinquant'anni dalla morte del Dottore Angelico. L'inno (pi precisamente un "ritmo"), inserito nel Messale Romano del 1570, voluto da papa Pio V, e citato nel Catechismo della Chiesa Cattolica, attualmente utilizzato durante le adorazioni eucaristiche e nelle preghiere di ringraziamento al termine della Messa. Liconografia cristiana del pellicano- dal greco pelekus, ascia, scure, come suggerisce la forma stessa del becco a partire dal trattato del Physiologus( II-IV secolo) si appropria infatti del mito secondo il quale i piccoli risorgerebbero tre giorni dopo la loro uccisione avvenuta ad opera della madre; in questo infatti risiederebbe la simbologia diretta della morte e resurrezione di Cristo; anche in campo alchemico peraltro, a partire dal tardo medioevo, il pellicano assurge a simbolo di generosit e abnegazione totale, venendo a coincidere con la predisposizione della stessa pietra filosofale ad una sorte di autoimmolazione indispensabile ai fini del procedimento di trasformazione /invenzione delloro. datazione e provenienza dellopera, che nel merito, per quanto attiene ad uneffettiva documentazione del dono da parte dellautore alla chiesa ardeatina, nonch per un qualsivoglia attestato comprovante la presa in carico del prezioso arredo liturgico da parte della stessa parrocchiale, presenta alcuni aspetti tuttora irrisolti. E tuttavia, stabilire una proposta di datazione parte della stessa parrocchiale, presenta alcuni aspetti tuttora irrisolti. E tuttavia, stabilire una proposta di datazione

Angelandreina Rorro

Leroe con lala, 1905, 38, Collezione privata, Berna.

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Se leroe dellInvenzione del 1905 non pu volare, anzi viene distrutto, chi vola, librandosi senza sforzo Il creatore, 1934,213, nel dipinto che Klee ultima a Berna, agli inizi del suo esilio bernese dopo la fuga dalla Germania nazista e che forse potrebbe essere la raffigurazione della posizione complicata che ha generato quel lontano sogno di volo. Che Klee si sia autorappresentato come una figura sospesa, non terrestre, ma librata in alto, appare chiaramente nel breve scritto dedicato dallartista a Emil Nolde in occasione del suo 60. compleanno. Ricorrendo allo schema duale e polare, a lui tanto caro, Klee delinea due figure archetipe, dove Nord e Sud, Terra e Aria, Reale e Astratto, si fronteggiano. Se nei Diari Klee aveva cantato la luna del sud come sua sposa, precisando io stesso per sono il sorgere della luna del Sud (Diari 926 k), in seguito trova in Nolde il proprio contrapposto, lArtista del Nord, 1939,673. Tilman Osterwold propone lipotesi che il tardo dipinto si tratti proprio di un ritratto di Nolde, originario della Slesia del Nord e residente a Seebll, piccola localit non distante dalla Danimarca. Nel testo del 27 si leggano in filigrana questi simbolici ritratti, dove Klee si presenta come creatura aerea e astratta, come angelo romantico che dallalto osserva la terra. Rappresentarsi come uomo in carne e ossa Nolde, lanima antica,il terrestre, riesce meno difficile che per altri... Chi lontano dalla terra o chi la rifugge, gli astratti talvolta dimenticano che Nolde esiste. Non io, nemmeno nei miei pi ampi voli, dai quali curo sempre di tornare indietro al suolo, per riposarmi tornato pesantezza. Tulliola Sparagni

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WARHOL IN ITALIA LA PERCEZIONE DEI GIORNALI Fino a un anno fa, in Italia non mi conosceva nessuno, non sapevano nemmeno come si scrive il mio nome. Poi mi hanno scoperto su Uomo- Vogue e adesso per me non c' pi scampo (A.W. 1975) A 25 anni dalla sua morte, avvenuta il 22 febbraio 1987, Andy Warhol torna a Roma con una mostra - Warhol Headlines - che indaga il rapporto dellartista con i titoli di giornale. Letteralmente Titoli o Testate di giornale gli headline works di Warhol sono disegni, dipinti, serigrafie, stampe, fotografie, ma anche video, film e produzioni televisive e si soffermano soprattutto su due tematiche: le celebrit e le catastrofi, da sempre al centro della sua attenzione. Esplorati in tanti modi diversi: copiando, rivedendo, spostando e variando in modo provocatorio, gli headlines in mostra offrono la possibilit di approfondire la conoscenza di Andy Warhol e di riflettere una volta di pi con lui, sul potere del messaggio mediatico, ma anche di comprendere la relazione continua dell'artista con la contemporaneit attraverso i giornali in particolare. Il piccolo Andrew (il vero nome di Andy Warhol, figlio di emigrati cecoslovacchi era Andrej Wahrola) raccoglieva sin dall'et di sei anni ritagli sulle star del cinema, attratto dalla fama e spinto ad accumulare in modo compulsivo, quasi ad esorcizzare le privazioni in cui era costretto a vivere. Anche da adulto e una volta raggiunto il successo, continu a raccogliere le cose pi disparate e minute (lettere, ricevute, fotografie, cappelli), conservando tutto confusamente in scatole di cartone marrone datate e chiamate da lui stesso"time capsule": le capsule del tempo dove collezion anche i moltissimi giornali che acquistava ogni giorno. Ma in che modo i giornali recepirono il fenomeno Warhol? Cosa titolavano a proposito del grande artista pop? Come fu accolto e compreso in Italia?

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Quasi ad invertire il tema della mostra attualmente in corso (qui Warhol ad essere soggetto dei titoli), gli appunti che seguono propongono un percorso, un proposito di studio da approfondire al quale si vuole dare inizio. La prima mostra di Warhol in Italia fu presso la galleria di Gian Enzo Sperone a Torino nel 1965. Stampasera del 15 marzo in un articolo intitolato Fotogrammi della pop art parl di sequenze fotografiche abilmente trattate nelle quali ci che conta non pi il fatto ma l'accadimento, l'evento, l'irrazionale () un prodotto che, nel campo della pop art, rappresenta anche un originale apporto interpretativo delle possibilit che in una certa direzione, si offrono ad un'attuale nuova raffigurazione. Quando invece nel 1968 la Galleria la Tartaruga di Roma present in anteprima le serigrafie a colori della foto di Che Guevara morto e l'Avanti del 16 marzo pubblic un articolo intitolato L'americano Warhol alla galleria La Tartaruga. Nel corpo del testo alla domanda retorica:Che significato ha la riproduzione di una immagine che cos diffusa in tutto il mondo e che quindi, in base al senso comune, non dovrebbe presentare pi interesse per il pubblico, o almeno non pi di quanto ne abbia suscitato nel momento in cui apparsa, legata a un avvenimento politico drammatico? si rispondeva, colgliendo nel segno: egli non intende fare un discorso sul contenuto della immagine scelta: stata una volta Marylin Monroe, una volta Jacqueline Kennedy, serena o disperata, oggi Guevara. Ci che accomuna queste immagini che sono conosciute praticamente da tutti: cos Warhol lega immediatamente all'opera ogni tipo di spettatore. Il 10 aprile 1972 Wahrol si rec a Roma invitato dagli Incontri Internazionali d'arte per portare un'informazione sull'attuale lavoro che sta svolgendo nel cinema (Graziella Lonardi in Incontri 1972, Quaderni del Centro dInformazione Alternativa, Mondadori 1979, p.10). Accogliendo la proposta l'artista decise di arricchire la sua partecipazione con due film inediti: Women in revolt e Lamour

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che vennero proiettati l'uno alla fine dell'incontro e l'altro il giorno dopo. Alla presentazione introdotta da Graziella Lonardi, intervennero Alberto Boatto, Achille Bonito Oliva, Maurizio Calvesi, Alberto Moravia e Paul Morissey (collaboratore di Warhol alla Factory). Nel dibattito che segu alle domande postegli, Warhol rispose ermeticamente, tanto che Costanzo Costantini nel Messaggero del 15 aprile intitol il suo articolo-intervista Non penso, vedo. Riportando un po' di ci che aveva ascoltato durante il dibattito presso gli Incontri e un po' di ci che l'artista gli aveva detto, con il sottotitolo I silenzi del clown Costantini scriveva dell'amore di Warhol per il cinema italiano, della superficialit intesa dall'artista come semplicit e come superficie in senso fisico, della pericolosit di New York, della superiorit delle donne ma soltanto di domenica. Mentre nella parte di commento dal sottotitolo Chi e cosa ha fatto lo descriveva il creatore o uno dei creatori della pop art, nonch uno dei principali esponenti del cinema underground ma, chiudendo, spiegava come il suo viaggio a Roma avesse tutto l'aspetto d'una operazione destinata ad inserire il regista-pittore underground e pop in quei circuiti industriali e commerciali contro i quali era insorto il cinema underground. Nel 1975 fu pubblicato il libro La filosofia di Andy Warhol. Nell'Espresso (5 ottobre 1975) Romano Giachetti scrisse un lungo articolo dal titolo Rinomata fabbrica opere d'arte, mettendo insieme alcune delle cose espresse dallartista nel libro (quelle meno private) e immaginando un dialogo con Andy. L'intervista simulata faceva il punto sulla situazione sulla visione degli anni 70 e la differenza con gli anni 60 nei quali si era fatto e inventato tutto, anche se la migliore arte del mondo (lo capiamo oggi) quella di saper fare quattrini. In questo ci distinguiamo dagli hippies. Mentre a proposito dei media e in particolare della televisione l'artista affermava vorrei avere un mio programma televisivo, lo chiamerei Niente di speciale.

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Nel 1975, presso il Palazzo dei Diamanti a Ferrara Warhol espose 105 inediti; tele emulsionate aventi come unico soggetto travestiti negri; il titolo era Ladies and gentleman. La mostra fu accolta in vario modo: stup la scelta del tema sociale che fu interpretato come una forma di denuncia dellemarginazione o semplicemente come un ulteriore documento dellera del consumismo. Ci fu chi come Flavio Caroli per Il Corriere della Sera del 26 ottobre analizz acutamente il cinismo presente nei lavori esposti. Chi intervist lartista (Elisabetta Rasy per Paese sera del 2 novembre) sentendosi rispondere da Warhol che il lavoro che i travestiti fanno per assomigliare alle donne (anche quelli presenti nei suoi film) molto serio e che non c pi molto da fare con la pittura perch larte oggi va in direzione della televisione, oppure c il ritorno al cinema. O chi, infine, scrisse un lungo pezzo per il giornale locale Lo specchio e lo intitol Pseudo arte per pseudo intellettuali (Luigi Mattei) ritenendo che il comune avrebbe potuto spendere meglio i soldi dei contribuenti, poich nulla ha inventato Warhol. Di diverso avviso Paola Marzotto che durante una passeggiata A Roma con Andy - dopo la mostra ferrarese - ne traccia un ritratto positivo (per la rivista Libera, n.11 del dicembre 1975), secondo il quale l'artista sarebbe stato timido, disponibile e interessato alle cose e alle persone. I giovani hanno fiducia in Andy perch Andy ha fiducia nei giovani scriveva la Marzotto perch cos open minded da stare al passo coi tempi. Nel 1979 Lucio Amelio fece conoscere a Warhol (che aveva gi esposto le sue Electric chairs alla Modern dArt Agency a Napoli nel 1972), Joseph Beuys e da questo incontro nacque la mostra di ritratti Beuys by Warhol, inaugurata il 1 aprile presso la galleria di Amelio. Il giorno dopo Il Mattino titolava Mostra di artista su artista. L'articolo scritto da Michele Buonomo metteva l'accento sul rapporto nato fra i due grandi artisti, diversi per personalit e stile ma entrambi fortemente impegnati nel fare arte: con i quadri esposti da Lucio Amelio () Warhol ha dichiarato la sua totale adesione al programma politico di Beuys. Ieri sera al City Hall Caf di Corso

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Vittorio Emanuele, circa centocinquanta persone hanno festeggiato lo storico incontro e Leopoldo Mastelloni ha dedicato a Warhol uno special fatto con il meglio del suo repertorio. Il rapporto con Lucio Amelio ebbe una nuova importante tappa dopo il terremoto che sconvolse Napoli e l'Irpinia il 23 novembre del 1980. L'intellettuale napoletano decise infatti di chiedere a cinquanta importanti artisti contemporanei di produrre un'opera per rispondere alla catastrofe e alle sue conseguenze e per costituire una collezione per la citt di Napoli (la raccolta che prese il nome di Terrae Motus doveva circolare, fu poi portata a Caserta dove conservata). Il primo lavoro ad essere compiuto e donato alla Fondazione Amelio fu proprio quello di Warhol: Fate presto, il pi grande degli headline works e anche il titolo de Il Mattino all'indomani del terremoto. Cos l'edizione speciale del quotidiano napoletano di due a nni dop o (esattamente edita il 2 dicembre 1982), presentando l'opera in occasione della sua esposizione e donazione, titolava Il primo scossone di Andy Wahrol nella Factory durante la realizzazione del trittico Fate Presto, 1981. Foto Michele Bonuomo Terrae Motus viene da Andy Wahrol. L'emozione che si prova davanti a queste tre grandi tele forte e si prova ogni volta, sostiene Carlo Franco, uno dei due articolisti. Il grido d'allarme del giornale ripetuto da Wahrol si amplificava diventando opera darte.

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Il 20 novembre 1982 nella sala degli Orazi e Curiazi in Campidoglio si tenne la mostra Wahrol verso De Chirico. Il curatore Achille Bonito Oliva pubblic lintervista fatta allartista per il catalogo, su La Stampa dello stesso giorno, a corredo di un altro articolo (a firma Vincitorio) intitolato Andy Warhol: che bel De Chirico lo faccio in serie. Nel dialogo con Warhol emerse lammirazione dellartista per de Chirico, per la sua capacit di ispirare altri pittori e per quella sua idea di ripetere sempre gli stessi dipinti. E fu proprio il tema della ripetizione e della copia ad essere colto dai giornali: Ma che fai copi? Copio anchio (Massimo Carboni per Repubblica 25 novembre); Che copia lavoro! (Enrico Franceschini e Mauro Calamandrei per lEspresso, 132 del 24 ottobre 1982). Ancora a Napoli nel 1985 fu esposta lopera Il vesuvio secondo Andy Warhol, nel Salone dei Camuccini del museo di Capodimonte. Il resto del Carlino del 14 agosto titol Andy Warhol sul vulcano. Il Vesuvio visto da uno dei padri della pop art. Larticolo a firma di Giuseppe Galasso parlava di un ritorno alla pittura pura, senza supporti serigrafici in cui lartista si misura con il simbolo. A seguire, in un intervista allartista di Michele Buonomo, Warhol spiega di aver scelto limmagine del vulcano in eruzione perch unimmagine sconvolgente, un avvenimento straordinario ed anche un gran pezzo di scultura. Lultima fatica italiana fu il rifacimento di immagini dellUltima cena di Leonardo, esposte presso il Palazzo delle Stelline a Milano nel gennaio del 1987. Wahrol part copiando un calendario dopo aver lungamente pensato allopera che aveva visto circa quattro anni prima, come afferma nellarticolo che il settimanale Oggi dedica allimpresa (n. 205 dell11 febbraio 1987) intitolando il pezzo: Ultima cena in salsa pop. In cucina il mio primo Leonardo invece il titolo scelto da Tino della Valle per larticolo del Resto del Carlino datato 24 gennaio. Anche in questo caso sono le parole dellartista a spiegare:

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limmagine del Cenacolo che ho in testa quella di una riproduzione su un calendario nella cucina della casa di Pittsburgh dove sono nato e cresciuto, mentre parlando del ritorno alla pittura Warhol racconta di aver lavorato per circa due anni con pitture acriliche su serigrafie riportate su tela, ad eccezione delle figure del Cristo che invece sono su carta. La notizia della morte di Andy Warhol (il 22 febbraio 1987), personaggio e artista noto in tutto il mondo, venne pubblicata a caratteri cubitali da tutti i giornali. Tra le tante pagine dedicategli ne scegliamo due: quella de Il Mattino (23 febbraio) con gli articoli di Michele Buonomo, Lucio Amelio e Antonio Fiore, e quella dellUnit (24 febbraio) con i testi di Baruchello, Calvesi e Ugo Casiraghi, tutti in qualche modo testimoni diretti e conoscitori dellopera dellartista. Arte, a noi due. Luomo che volle diventare una star il titolo scelto da Buonomo per tratteggiare la storia e la figura di Warhol; Amabile sovversivo in giro per Napoli il pezzo di Lucio Amelio che parla del carattere delluomo e del suo amore per la citt di Napoli, mentre Mass Mida e il suo Empire larticolo di Fiore dedicato allaspetto mondano e spettacolare di Andy. Con Warhol, serial dartista; Calvesi intende raccontare lascesa e il ruolo di Warhol nellambito della Pop art; Casiraghi parla dei films con larticolo intitolato Nella sua factory nacque il cinema primitivo . Nel testo scritto da Gianfranco Baruchello per l Unit Quella zuppa quotata in borsa, un ricordo personale dellartista e tuttavia il pi obiettivo e in un certo senso vicino a Warhol. Definito Vero conoscitore del marketing di s stessi () esperto persuasore, geniale portatore di intuiti ma non promotore di denunce sociali che altri hanno voluto vedere viene salutato da Baruchello con un ingeneroso addio da pittore. Perch Muoiono i pittori () Restano le opere, le storie che se ne raccontano, restano i prezzi, il mercato, il dollaro che sale e scende, resta il mito della pittura. Angelandreina Rorro

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METALOGANDO CON TAMBURI

Allestimento mostra Semplice Complesso, GNAM 2012

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Questo colloquio con Ennio Tamburi stato registrato al Caff delle Arti, presso la Galleria nazionale darte moderna e contemporanea di Roma, qualche giorno prima dellinaugurazione della mostra Ennio Tamburi. Semplice/Complesso (12 giugno-9 settembre 2012). La conversazione doveva esser resa nella forma della classica intervista storica dellarte-artista ma, la forma dialogica che si sviluppata fin dallinizio dellincontro, ha liberato entrambi dai vincoli della rigidit discorsiva. La relazione che ne nata stata utilizzata da Tamburi per descrivere il suo modo di vedere le cose: i contorni del racconto non sono definiti e determinati una volta per tutte, si ricompongono come in un collage - o come in alcune delle sue opere - dove i frammenti sono uniti per dare nuovi ed ulteriori risvolti narrativi. G: Ennio, prima di tutto volevo chiederti cosa significa per te questa mostra che ti dedica la Gnam. E: cominciamo bene. Pensavo che tu cominciassi dallinfanzia, chi era tuo padre. G: no, queste notizie le lasciamo ai biografi. E: allora, questa mostra alla Gnam per me importantissima, per molti aspetti. Prima di tutto professionali, perch essere accolto e esposto, benvoluto devo dirti, apprezzato in questo museo che ho sempre frequentato sin da ragazzo, dove mi sono formato - perch venivo sempre qui, da solo a scoprire i grandi maestri - per me un grande riconoscimento. Anche le mostre che qui si organizzavano, mi hanno dato la possibilit di scoprire artisti, senza bisogno di dover fare lunghi viaggi per vederli. Una spinta alla conoscenza, qui che ho scoperto Pollock per esempio, sconosciuto in quegli anni. Copiavo, copiavo molto, uscivo di solito dopo ore e ore con un bagaglio molto pesante, pesante perch mi portavo via un po di de Chirico, un po di Burri soprattutto, poi Fontana, Afro - che adoro Pagina 17 Pagina 132

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per me un maestro che ha contato molto. Novelli in seguito, con cui ho sentito anche affinit non tanto per ci che riguarda la pittura ma la scrittura. I segni, ecco: piano piano sono poi diventato signico e simbolista. Vedi che mi hai fatto una domanda importante, perch qui ho maturato, diciamo da scolaro, da allievo, da cacciatore di emozioni, di immagini, di arricchimento culturale, insomma di formazione e adesso mi trovo a fare una mostra, sono passato dallaltra parte, tra quelli che hanno prima di me avuto questo privilegio, questa opportunit. Opportunit che, con il tempo, stata anche riconosciuta dalla qualit, dal lavoro, dallesperienza, dal sacrificio, dal fatto di sentirsi. Sai, chi fa questo lavoro o va incontro al consenso, cio mira al consenso, e allora raccoglie anche dei risultati A me non interessano quei risultati... G: cos che ti muove? E: a me interessano altri risultati: del rischio, della scoperta, del dubbio per esempio, posso dire della paura. Paura di non sapere che stai facendo, ma essere cosciente che stai facendo qualcosa di importante per te, che ti stai sottoponendo a delle esperienze quasi come una cavia. Nel senso di che vuol dire? che senso ha? che sto facendo? Per, il mio vantaggio che in tutte le mie mostre, specialmente in Svizzera e anche qui sul catalogo della Gnam, ho fatto inserire una parola che per me una chiave di volta, una specie di chiave di apertura di qualcosa: continuum. Perch io mi ispiro alla storia, a quelli migliori di me, per cui se dico queste cose vuol dire che le ho lette o le ho sentite e non sono una mia invenzione, la continuit, un po quello che dicevamo prima. Non ci sarebbe Rothko senza Bonnard. Per esempio Klee mi ha aperto alla fantasia, allimmaginazione, al volo, al gioco, allinfanzia e alla psicoanalisi anche. In questa continuit adesso ci sono anchio e non ti dico per me questo cosa vuol dire. Ecco, tutto questo, questa continuit, parte da qui. Venivo qui che avevo 13-14 anni, la mia famiglia di Jesi, ma ci siamo trasferiti a Roma subito dopo la guerra.

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G: alla Gnam cominciava allora la mitica epoca della soprintendente Palma Bucarelli. E: si, cera la Bucarelli. Che suscitava sempre delle fortissime tensioni, anche conflitti, contrasti, dubbi. Burri, Fontana e soprattutto Picasso. Sai, uscivamo da anni diciamo bui, per essere gentili. Mi ricordo che mio padre - vengo da una famiglia di sinistra perci mi sono formato con dei valori etici, sociali, culturali e politici - leggeva gli autori russi clandestinamente: Dostoevskij, Gogol, Tolstoj, pubblicati da Mondadori nella collana Medusa. Durante il regime fascista mia madre aveva molta paura che ci fossero delle visite, dei sopralluoghi e trovassero questi volumi, che erano considerati come armi, perch ti aprivano la mente verso spazi, mondi e modi di essere e di pensare diciamo diversi. G: quanto di questa tua formazione politica traspare nella tua opera? E: ho sempre rifiutato i gruppi. Ho sempre rifiutato le etichette. Solo una volta allinizio del mio lavoro, avendo avuto appunto uneducazione politica di sinistra, io pensavo che larte fosse uno strumento, e lo bada bene. Ma in giovane et lo pensavo come fosse quasi una scienza, la chimica, la biologia, come appunto una ricerca che servisse a dare un contributo sociale alle coscienze, alle persone, al livello della cultura. G: nel senso di un miglioramento? E: si, un miglioramento. Tant vero che negli anni dal 1958 al 1964, il PCI aveva delegato una funzione alle gallerie darte, a Roma ce nerano 12, ti rendi conto? 12 gallerie del partito. Ti parlo del Gabbiano, della Nuova Pesa, del Fante di Spade, del Girasole, cerano anche dei nomi un po strani. E vi si esponevano opere di artisti che andavano contro, che erano comunque contro qualcosa, Pagina 17 Pagina 134

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contro qualcuno e noi sapevamo benissimo contro chi rivolgerci: la condizione delluomo. Una volta io feci una mostra a Ferrara, si chiamava proprio Condizione uomo, era una vera denuncia, come diremmo oggi, ma purtroppo queste cose non si fanno pi. Poi venne Antonioni con il discorso sullincomunicabilit, Pasolini che invece indagava il rapporto con la realt, quella pi forte. C stato tutto un percorso di cinema sociale, pensa a Visconti, a Elio Petri con Indagine su un cittadino al disopra di ogni sospetto, nel 1970. Erano impegnati, alcuni furono censurati. Todo Modo per esempio, addirittura tolto di mezzo, ritirato; perch era un film sul raduno della DC in un convento, con Mastroianni che faceva il prete, cera Volont che faceva Moro. Insomma, delle cose devo dire eccezionali dal punto di vista cinematografico e anche nel campo letterario. Ma anche dal punto di vista della pittura, larte era presente, vi erano delle dichiarazioni, delle provocazioni, erano delle critiche al sistema, insomma si dava un contributo. G: la possiamo definire unarte pensata e vissuta in comunione con la vita? E: si, arte e vita. In quegli anni cerano Vespignani, Guttuso, Calabria, cera Turcato che aveva fatto Comizio, con le bandiere rosse, un capolavoro assoluto. Ecco io, che ero giovane, ero poi incoraggiato a seguire tutta questa corrente diciamo, questo gruppo con cui io stavo, con Menna, Crispolti, cera poi Duilio Morosini. G: Morosini io lho conosciuto, aveva una casa allIsola dElba accanto a quella dei miei genitori, scriveva su Paese Sera. La vostra generazione ha operato in modo attivo, convinto, per il cambiamento della societ italiana, avevate molte aspettative? E: no, avevamo anche molte opportunit, perch cera un clima che lo permetteva. Poi, c stato un momento, crescendo, intanto mi sono occupato di altre cose, scenografia, teatro, poi di grafica. Io non Pagina 17 Pagina 135

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so perch, non ho fatto nessuna scuola per ho scoperto, gli altri hanno scoperto, che avevo unattitudine creativa. Creativa, per il mio lavoro, l ci voleva, per creativa non pi per me ma per gli altri. Gli altri erano questi grandi editori, editori che mi incaricavano di curare laspetto estetico, creativo. Ero considerato un art director. Che facevo? Facevo dei progetti, come un architetto fa un palazzo, per lo fa su carta, poi dopo ci sono i tecnici, gli ingegneri che lo realizzano, lo fanno stare in piedi. Ho avuto la fortuna di lavorare, si sparsa la voce per cui andavo dalleditoria alla pubblicit per grosse aziende, soprattutto farmaceutiche, chiss perch, per me ancora un punto interrogativo. Poi, per esempio il teatro, mi chiamavano per fare cataloghi, locandine, manifesti, per Ronconi, Strehler, Romolo Valli, La compagnia dei giovani, insomma c stato proprio un clima culturale devo dirti eccezionale. Mentre quello chiamiamolo commerciale era finalizzato alla produzione, cio tu dovevi avere unidea per produrre, per far produrre. G: far produrre di pi. Invece, con il teatro potevi esprimerti pi liberamente? E: certo, anche perch i miei contatti erano gi pi intellettuali, insomma, fare un manifesto per Strehler non voleva dire vendere un prodotto, voleva dire G: instaurare una relazione? E: s, coincidere con le intenzioni dellartista. Per dirti, I Giganti della montagna, un lavoro molto bello, poi voleva dire parlare a lungo, bisognava avere quella confidenza, non mi vedevano come un esecutore, ma uno con il quale costruire unimmagine; non so, Cantata per il mostro lusitano di Peter Weiss, sul colonialismo in Angola. Erano anche dei testi che vanno da Il Candelaio di Ronconi, che stato il primo lavoro, poi insieme abbiamo fatto LOrlando Furioso e anche altri. Per io, piano piano che ti dico Pagina 17 Pagina 136

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queste cose, mi sto allontanando da quello che era laspetto politico che ho detto allinizio, della politicizzazione anche, del contributo che dai come artista a questi contesti, questi conflitti, questi contrasti sociali. Erano delle dichiarazioni, erano delle provocazioni, poi erano come unoccasione - con la pittura - di mettere in evidenza questi conflitti, queste contraddizioni. Perci, per me, stare qui, cara Giovanna, una cosa che tu non puoi immaginare. Si vede vero? Forse anche dalle mie emozioni, di mostre ne ho fatte tante, per, ritornare qui, dopo cinquantanni G: dove tutto si originato? E: s, ritornare a casa, cio nel luogo che per me era quello deputato a raccogliere queste sollecitazioni, sollecitazioni voleva dire anche culturali perch io qui studiavo, cio non venivo solo a perder tempo. Mi bastava fermarmi davanti a Fontana, cercare di capire questi tagli, questi fori. Afro ti apriva un mondo infinito, insomma voi avete un quadro, Grande Ocra, secondo me un capolavoro assoluto. Ecco, sono ritornato qui, capisci? Qui ho avuto la fortuna di conoscere Plinio De Martiis, della galleria La Tartaruga, ho fatto due mostre da lui, e Plinio era un po il centro a Roma; Roma non mai stata una citt, diciamo cos, che fa delle proposte, un po accartocciata, chiusa su se stessa. G: molto romano-centrica? E: romano-centrica, riceve le cose di rimbalzo, a volte anche in ritardo. Io dico sempre che ho la fortuna, vivendo a Zurigo, di vedere delle cose che qui non vedremo mai, degli spettacoli che qui non vengono, e i balletti che si fermano a Basilea, capisci? quando molti dicono che c il buco nero, mai sentito? in cielo c un buco nero, buco nero che questa strana e misteriosa cosa. G: parli dei buchi neri in senso astronomico? Pagina 17 Pagina 137

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E: s, io dico sempre che il buco nero noi ce labbiamo nella testa, perch vuol dire che abbiamo dei vuoti, che sono la mancanza di conoscenza. Io ho la fortuna di viaggiare, ho la possibilit di vedere, intanto sono molto mobile, e questo mi permette di capire. Io non sono un benestante, mi sono accorto che quello che gli altri spendono per fare delle cose, io lo spendo per farne altre, e le cose che mi ritornano mi arricchiscono, cio tre pieni di benzina di una automobile sono per me un viaggio a Berlino. Berlino una citt stupenda. G: una citt piena di giovani, dove si sente la vita che batte, ci sono stata nel 2008 a portare la mostra di Emilio Vedova, cera anche il suo di Continuum E: cera il Continuum? S, adesso me lo ricordo. Ho degli amici a Venezia, e cos ho avuto la fortuna di conoscerlo Vedova. Ho conosciuto lui e Cacciari. Anche altri veneziani, per esempio De Luigi, un artista che non c pi, amico di Fontana, amico di Scarpa e, devo dirti, che ho avuto la possibilit di frequentare molte persone che ti arricchiscono. Sono persone di qualit, non che sono un saccheggiatore che mi metto dentro tutto, in tasca. No, per ti aiutano a formarti. Allora, io che faccio? Entro in crisi, ma non una crisi come dicono tanti, esistenziale. No, una crisi perch quello che tu hai fatto, perch in quel periodo - il periodo politico, sociale, quello dellimpegno non basta pi. G: anche perch quello che la politica restituisce spesso una delusione? E: s, ecco, anche una delusione, perch pensi di aver dato un contributo utile, necessario, e invece ti accorgi che non cambiato quasi niente. Erano gli anni della DC, una presenza forte al livello culturale, perci con tutti i limiti anche del pensiero, del fare. Improvvisamente entro in crisi, comincio a capire che questo non mi Pagina 17 Pagina 138

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bastava, cio non vedevo risultati, non vedevo che raggiungevo degli scopi, non cerano grandi cambiamenti. Allora ho pensato che, invece di volgermi al sociale, io fossi forse - pi attratto da una cosa che avevo dato per scontato oppure pensavo che fosse insita nel fare, quella di tornare indietro. G: rivolgerti a te stesso? E: rivolgermi a me, rivolgermi allarte pi che al sociale. Questo non vuol dire che larte ha perso la sua funzione, perch? perch prima ho visto un quadro di Fontana, Concetto spaziale, rosso terra con buchi, impressionante! Bene, quello ha una funzione non solo allinterno della storia dellarte ma anche socialmente; tu pensa il contributo che d al livello sociale, ti apre la mente, ti fa vedere cose che non conosci. Ti mette in discussione, cio rivela anche i tuoi limiti, capisci? Possibile che io non riesco ad andare oltre? Ecco, allora Fontana ti d una spinta, ti d un consiglio. A volte c pure chi ti d un calcio, a volte lo fanno con forza: i Beatles, de Kooning, Twombly. Ti rendi conto? G: Twombly lho conosciuto, nel 2009 quando abbiamo organizzato qui la sua mostra, poi morto, lui era molto rivolto a se stesso. E: s, morto. Io lo incontravo spesso in una trattoria; in giro per Roma, con un lino sgualcito, bianco di solito, se ne andava in questa trattoria a via del Pellegrino, solo, un po inavvicinabile devo dirti, parlava pochissimo. G: torniamo a te. E: ti dicevo che allora mi sono rivolto verso me stesso e verso un po la storia dellarte, cio cercavo di approfondire certe conoscenze. Gli artisti che da giovanissimo guardavo ma non ero pronto, per me erano ermetici. Pagina 17 Pagina 139

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G: quindi ti sei messo a studiare la storia dellarte? E: si, gli artisti dal vero, ma studiavo anche la loro storia; ricordo che mio zio Orfeo Tamburi, si era trasferito a Parigi nel 47 e io ero lunico che lo frequentava perch ero figlio del fratello gemello, mi diede i primi libri su Czanne per esempio, e fu cos che scoprii il Cubismo, allora mi si aprirono delle dimensioni diciamo cos misteriose, non conosciute. Sai che a Zurigo hanno fatto una mostra adesso, Finito non finito. Beh, una mostra di duecento Czanne, di cui ottanta sono la Montagne Sainte Victoire, in tutte queste opere ci sono pezzi di tela bianca, non dipinta: i bianchi di queste opere cubiste sono il bianco del colore della tela. Ecco che negli anni 60 io mi allontano da questi riferimenti, ormai li avevo assimilati. G: come si traduce nelle tue opere di quegli anni questo cambiamento? E: questa esperienza ha anche diciamo un'identit visiva, per esempio ero un artista figurativo, chiaro? Figurativo perch queste denunce, dichiarazioni, questo realismo - stavo per dir socialista - insomma questo realismo aveva anche una funzione, che era una funzione dal punto di vista visivo molto diretta, non era filtrato da stati d'animo o da conoscenze culturali. G: nel senso che non c'era mediazione, utilizzavi un linguaggio diretto? E: brava, non c'era mediazione, pensa a Vespignani, le periferie, 'ste tragedie umane, Guttuso, poi c'erano anche tanti altri artisti a Roma che erano di sinistra come me e facevano questo tipo di cose. Poi anche Mazzacurati, Cagli, tutti questi un po' pi anziani di me, erano i miei riferimenti, sostenuti dai critici, che poi avevano anche una funzione informativa, divulgativa, perch scrivevano sui giorPagina 17 Pagina 140

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nali. Parlavamo prima di Morosini su Paese Sera; Crispolti, Trombadori su Rinascita, etc. G: erano pi oppure meno svincolati, rispetto a oggi, dal cosiddetto sistema dellarte? E: erano pi politicizzati e avevano questa funzione diciamo, se vogliamo usare una parola brutta, di dare un messaggio, quindi la pittura era un mezzo. Oggi c' la televisione, ci sono altri strumenti per questo. In quegli anni io lavoravo moltissimo perch sono sempre pieno di conflitti, di dubbi. Io non ho mai cercato uno stile, molti invece fanno del tutto per trovarlo, per affermarlo. G: per essere riconoscibili? E: per essere riconoscibili, io non ho mai corteggiato critici, n il mercato, n i galleristi. Per questo forse stata apprezzata anche la mia intenzione, perch sono libero, come ha scritto anche G. Di Monte, sono libero da legami per altri produttivi e per me, invece, improduttivi. G: inutili? E: inutili e non solo, limitativi e un po' anche restrittivi. Guarda che a me capitato con una grande galleria di Parigi: mi voleva imporre di fare quadri pi piccoli perch l si vendevano meglio. Una mostra importante era stata programmata. Io ho cancellato subito laccordo. Appena sento queste cose io scappo, scappo perch quel continuum che dicevo prima perde il suo valore e il suo significato. Perch se continuum vuol dire che mio zio, per farmi un dispetto, ogni volta che gli mandavo un invito per le mie mostre - vedeva una volta il neon, una volta la plastica, una volta lacciaio - mi mandava un telegramma in cui diceva: eclettici auguri, io non ho mai capito se era un complimento oppure era uno sberleffo. Per lui il Pagina 17 Pagina 141

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valore era lo stile, insomma unaltra generazione, cercava questa identit. G: per me leclettismo un valore, ma chi eclettico spesso viene accusato di superficialit, di non soffermarsi ad approfondire, anche se quasi sempre sono persone pi curiose, pi acute. E: ma pensa che ricchezza, dove tu vai dal caldo al freddo, dal nord al sud. Se non hai questa mobilit, ti fossilizzi in una gabbietta, ecco i buchi neri, in una gabbietta che per te sembra doro, invece sei chiuso dentro come un poveraccio. Io sono molto convinto di questo, ma attenta, tu lo vedrai, lo fai e te lo fanno pagare, perch il sistema invece cerca sicurezze, cerca garanzie, tranquillit, cerca investimenti. G: si pu investire su quellartista solo prevedendo con sicurezza il ritorno che se ne avr. E: quello che fa le mele deve fare tutta la vita le mele; se poi prova a cambiare, allora il mercato entra in crisi. Sai, mio zio, cha ha fatto tutta la vita le casette, era conosciuto e molto apprezzato per quei quadri dal collezionismo borghese - te lo racconto Giovanna che un fatto curioso - una volta nello studio della sua bella casa a Parigi, apre una porticina, che quando chiusa non si vede perch tuttuna con la boiserie, la apre e dentro ci saranno state 40/50 tele, una sopra laltra. Me le mostra, erano tutte informali, ma ti rendi conto? I suoi mercanti non le hanno mai accolte. Io ho un quadro suo informale dentro casa, che nessuno vuole. Non lo riconoscono, vogliono le casette, i tetti, le finestre, i camini rossi, tutte cose che riconoscono. Che cosa faccio allora io? Mi rivolgo verso me stesso, verso i miei orientamenti. Mi ricordo che cosa sta succedendo in queglanni. Sta succedendo una cosa che io prendo al volo perch mi riguarda, mi interessa molto, che lArte Concettuale, cio larte non pi dimostrativa, c anche la Pop Art, ma la pop io Pagina 17 Pagina 142

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non la sento, il consumismo lho sentito prima capisci, quando facevamo la battaglia si diceva contro il consumismo. G: vuoi dire che lhai sentita pi come una battaglia prettamente politica, di militanza? E: s, s, ho fatto delle mostre dove si andava contro le piante sotto vetro, il consumismo, i supermercati, le macchine, le autostrade. G: dove veniva evidenziata laberrazione? E: laberrazione s, e sono gli anni del boom, ti ricordi, tutti impazziti. LArte Concettuale, prima viene poco a poco, mi avvicino nel senso di avere non so, sono fatti di stati danimo, un fatto di coincidenze G: di consonanze? E: consonanze brava, perch riguarda pi la psicoanalisi che il fare, tant vero che basta un segno, in quegli anni, Lorenz Weiner che scrive sul muro, Bruce Nauman che installa neon, Carl Andre che espone le mattonelle capisci, che non Arte Povera attenta, non Boetti, Zorio, Penone, qualcosa che va dritto pi che alla vita alla mente, al pensiero, e questo importantissimo. E in quegli anni io faccio delle esperienze su questa linea diciamo cos molto G: introspettiva? E: introspettiva, quasi misteriosa, delicata, fragile. Non devi dimostrare niente, capisci, poi dopo diventa il Minimalismo che non minimalismo ma grandismo, perch le tele diventano immense, diventa tutto molto grande. Per, e qui arriviamo alle carte, c un momento in cui sento di dover cambiare, cio non devo pi raccontare me, del mio stato danimo, dei miei piaceri anche, io ho delle Pagina 17 Pagina 143

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tele enormi: Gita al mare con figli, Toscana, Monte Amiata. Ho vissuto in Toscana dieci anni, a San Casciano, mi ci aveva portato Giorgio Franchetti, il collezionista, che aveva l dei casali. Cera anche Joseph Kosuth con i suoi neon. Sono racconti, come se io volessi comunicare a te lora, il giorno, le emozioni, la scelta del soggetto, quel particolare soggetto, in quelle particolari condizioni. Per non parlare dei viaggi, Giappone, Birmania, Tokyo, insomma dappertutto e torno a casa, io sto prendendo appunti, facendo acquarelli e, a un certo momento, entro in crisi unaltra volta e dico: ma che autorit ho io, che prepotenza ho esercitato su chi mi vede; perch io devo raccontare delle mie storie e rendere, con presunzione, laltro partecipe della mia storia. Allora, se io ero scrittore, forse potevo scrivere, che so, Guerra e pace, chiaro che si parla di cose dove non centri niente, ovvio, di amori, infelicit di altri. Ad un certo momento ho detto basta, con umilt, con modestia, perch poi io non sono uno che si vuole affermare, no non ci credo. G: altrimenti rimanevi a San Casciano? E: altrimenti rimanevo a San Casciano, nella piscinetta piccola cos, sembrava di stare tra la Jugoslavia e Bratislava, una cosa del genere, povera. Adesso, mi ci ha portato un mio amico svizzero, in questo posto orrendo, una specie di Hollywood, guarda, una cosa veramente tremenda. Io sono stato l nel 75, si andava senza luce, senza acqua, senza telefono, senza strada, per una meraviglia. G: la natura? E: si, la natura. Poi, a un certo momento ho detto: perch devo raccontare queste storie? Perch, con precisione, voglio catturare e rendere partecipi gli altri di cose che io invece ho vissuto? Capito che strana cosa? Operazione che tutti continuano a fare, cose molto personali. Per Afro no! Intanto, sai che mi sono chiesto? Ti risulta che Picasso, quando dipingeva, faceva queste cose di far sentire che Pagina 17 Pagina 144

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lui era triste, malinconico, solo, oppure donnaiolo, benestante, ubriaco, dormiglione? G: no E: no, ti ha lasciato unopera che tu devi, se vuoi essere partecipe, entrare in quella storia, lui ti d una chiave, anzi molte volte la butta pure, non te la d, fai te; infatti c chi entra, chi ha paura, c chi si ritrae, c addirittura chi fa finta di non vedere. G: Picasso certe volte pu essere spaventoso. E: pu essere spaventoso. Entrare in quel buco nero fa paura, perch tu dici: chiss questo dove mi porta? Io invece li portavo in Birmania, i fiori, gli amori, tutte cose belle e allora ho detto no, non devo farlo assolutamente. Sono tornato ad un rigore pi psicologico, cio il segno. Ecco ci avviciniamo alla carta. G: alla carta, al segno e al punto. E: lascio i mezzi tradizionali, lascio la tela, i colori, i pennelli, lascio questi strumenti che sono strumenti diciamo un po convenzionali. E un po come chi che lo diceva, sempre Picasso quando tu lasci una cosa un po come morire e poi rinascere. Ed io non parlo pi di crisi attenta ti parlo di consapevolezza in questo caso, non entro in crisi ah che delusione! E sento che questo cambiamento coincide poi con tutta una serie di aspetti della mia vita personale, la maturit, lesperienza, problemi anche privati che ti formano, ti influenzano. Per devi avere molta forza perch io ho visto molti artisti, anche miei amici, nei quali questa forza si esaurita nel fare e quando finita questa parabola sono rimasti fermi, non hanno fatto un salto. Non hanno fatto un cambiamento, perch cambiare, vuol dire invece andare incontro a una nuova esperienza. Disarmato, nudo, perch in fondo io sento questa rePagina 17 Pagina 145

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sponsabilit con me stesso di essere onesto, di non mentirmi, mentre invece non mi posso raccontare. G: vuoi guardarti allo specchio e riconoscerti? E: assolutamente, con tutti i limiti, attenta! Ho sempre fatto quello che in quel momento sentivo onestamente con me stesso di fare, e questo rispetto che io ho per me stesso evidentemente si sente, perch c molta pulizia. G: torniamo alla carta? E: dopo tutti i colori, le cose, bla bla bla, scopro la carta. La carta la scopro a Zurigo, dove vivo molto spesso: una citt piccola ma molto vivace, specie dal punto di vista culturale, ci sono pi gallerie che a Roma e Milano messe insieme. Mi hanno detto che anche una questione di benessere - che io non ho visto per niente e non ha a che fare con me - per, siccome il centro delleconomia, evidentemente le gallerie girano intorno. E poi sono garantite dal fatto che c un forte collezionismo. G: certo, sicuramente il benessere lo influenza. E: tu vedi in queste mostre persone che qui non vedrai mai, cio persone normali. L vedi bambini e sai - anziani alla mostra di Beuys. Ti rendi conto? E loro si domandano che vuol dire, per apprendere, per capire. La mostra di Beuys, guarda che difficile. Allora, l ho scoperto la carta. Anzi, veramente la carta lho scoperta in Giappone, a Zurigo ho scoperto invece un negozio, di cui ringrazio sul catalogo Marcel Zumstein, che il mio fornitore di carte, perch ha un importatore che gli fornisce la carta dal Nepal, dalla Cina, dal Tibet, da mezzo mondo. Ho scoperto delle carte preziosissime. La Soprintendente Clarelli dice addirittura, nellintroduzione al catalogo, che io ho talmente rispetto di queste carte, fatte da un Pagina 17 Pagina 146

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artigiano, a mano, con sistemi antichi, che a volte faccio pochissimo, non le dipingo, non le altero, mantengo proprio la loro consistenza. G: fai come Czanne quando lasciava comparire la tela? E: bianco non bianco, bellissimo, e allora vedrai che in mostra ci sono delle carte, alcune sono dipinte, e l un po il pittore esce fuori, soprattutto quelle indiane, quelle indiane sono color paglierino, invece poi diventano blu, rosse, sono carte diverse; alcune invece pi delicate, tu vedrai, fragili, sembrano proprio di tessuto, tant vero che ho invitato Karmen Corak - restauratrice di opere su carta - ad essere presente sul catalogo, con un testo sulla carta. Lei parla delle origini, sono fatte a mano, hanno una storia, una funzione anche religiosa, perch sono carte talmente preziose che io mi sono sempre chiesto: non ci si fanno i pacchetti, non ci si incarta la roba, non serve per scrivere a che serve? G: per bellezza? E: per bellezza e, in Tibet, serve addirittura per cerimonie, e se tu le tocchi sono tessuti. Poi, in Svizzera ho avuto un contatto - io ho sempre fatto mostre in Europa, Stati Uniti - ho scoperto lArte Concreta, che la loro identit culturale, come per la Francia lImpressionismo, noi lArte Povera e altre cose, perch loro sono cos, sono razionali, sono concreti, sono precisi, hanno questi colori, non senti pi lautore, nel senso che sono delle tinte piatte, curatissime, dove non si sente la pennellata, cio vuol dire che non si sente nemmeno chi la fa; cos ho sentito questa coincidenza con quello che ti dicevo prima, dove io non voglio pi raccontare i miei fatti personali, privati, con la presunzione di coinvolgere, come per dire: che bello! ah, che peccato! Allora, la carta, che mi allontana dalle tele e i colori tradizionali, e anche dai formati fino a un certo punto, adesso vedrai dei lavori che sono tre metri per due. Pagina 17 Pagina 147

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G: le carte tu le presenti rigorosamente senza cornici, per quale motivo? E: Rigorosamente senza cornici. Per, quando mi chiedono: la carta fragile, come si fa? Lascio che le mettano sotto vetro. Sai perch non voglio le cornici? Perch non voglio che ritorni ad essere quello che ho lasciato da un pezzo, ad essere quadro. Insomma c tutto un percorso prima di arrivare alle opere esposte qui, questo continuum di cui dicevamo prima, siamo arrivati allarte concettuale, per prima c figurativo, materico, informale, insomma c tutto un percorso perch? Perch ho sentito che questi segni, non sono rappresentativi della mia identit attuale, capisci? Adesso li vedrai, sono diciamo intanto possono averli fatti tutti, tutti, come Klee; tu vedi i disegni di Klee e pensi che li ha fatti un bambino, quante volte lo senti dire? Per anche lui si ispirato alla simbologia dellinfanzia, al sogno, al desiderio, allingenuit, alla pulizia dellinfanzia. G: anche lui uno pulito, un onesto. E: Ecco! Allora, ho cominciato a fare questi segni per, qui sicuramente mi farai la domanda, da dove ti vengono queste cose? Ecco che con una emotivit sempre molto allerta, un po attenta, io catturo queste sensazioni, stando sempre con la lucetta accesa, le catturo dalle cose che a volte sembrano delle lezioni di fisica, prendo appunti, oppure prendo gli strumenti, faccio un acquerello, faccio un progettino, adesso per esempio, se tu guardi tutti gli schienali delle sedie, lo vedi che formano delle pi o meno delle geometrie? Con questa luce sarebbe bello fare [comincia a disegnare], lo vedi che alcune sono frontali, alcune a tre quarti, altre sono di sbieco, sai, col fondo bianco, cos, e fai questa cosa vedi, bastato un attimo, questo mi capita spesso, mi capita in treno, quando cammino per Roma, quando sto sul lago di Zurigo perch devo andare da un posto allaltro, il lago, i riflessi del sole sul lago..acquarelli con Pagina 17 Pagina 148

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delle strisce arancioni su un fondo ceruleo. Ecco, se io adesso, Giovanna, faccio questo per questo, capito? ma questo non che mi allontana dalle cose reali. C il momento reale che diventa per me, quasi uno stimolo a conviverlo e viverlo direttamente. Cio, se io non sentissi questa attrazione diciamo queste sedie mi stanno attraendo, veramente G: oggi arrivi a casa e fai le sedie? E: no, le gambe non mi interessano, per queste zone, queste ombre sono intriganti E questo un continuo, mi succede tutti i giorni. Klee diceva: tutti i giorni un segno. Poi, con queste carte che, ti ripeto, sono segni, ecco, se vuoi dare una definizione, diventa una forma di simbolismo. G: s vero, a proposito, sai che Klee sar esposto subito dopo di te? E: a ottobre? Veramente? Io ci sono andato quattro o cinque volte [a Berna], destate e dinverno, due o tre volte dinverno, il museo fatto da Renzo Piano quando lho visto mi ha fatto venire un brivido. L c una collina, quando c la neve tutta bianca; e c questonda e tu entri e il museo qui dentro, poi tu cammini, fai una passeggiata e sei sopra. G: dimmi del titolo della mostra, che vuoi dire con Semplice/ Complesso? E: Semplice/Complesso labbiamo pensato perch ci sono due aspetti: uno questa apparente semplicit, cio la carta, il segno, il piacere - quando tu fai queste cose sono anche piacevoli - per, allinterno c la complessit che dicevamo prima, cio quella di catturare queste cose e di dargli anche un significato. Ad esempio c, nel catalogo, una citazione di Antonin Artaud che dice: i miei Pagina 17 Pagina 149

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disegni non sono disegni ma dei documenti. Bisogna guardarli e capire quello che c dentro. G: unaltra cosa voglio sapere, rimanendo sempre su queste tue ultime opere: perch non hanno mai un titolo? E: non hanno mai un titolo proprio per non ricadere in quello che ti dicevo prima capisci, perch il titolo pu influenzare lo spettatore. Io cerco di non dare input, di non guidare lo spettatore, voglio che lo spettatore sia autonomo. Libero di pensare, immaginare, accettare, stabilire quel contatto che, se c, ben venga. Poi c unaltra cosa, io ci tengo a questa: quando uno dice poetico, quel quadro poetico. Io non sono mai convinto di questa cosa. Ti giuro che io non ho mai pensato di mettermi, adesso con queste carte, oppure al cavalletto con poesia: oggi divento poetico! Ma quando mai? Sono incazzatissimo con tutto e tutti, col mondo, per ho delle risorse. C una cosa di Baudelaire, Scritti sullarte, dove dice che la poesia non in chi la fa, ma in chi la sente; cio tu passi davanti a delle opere, ti capita che a volte non ti fermi perch non ti dicono nulla? Quando tu ne vedi una e ti soffermi vuol dire che in te c quel bagaglio, quel contenitore di poesia, tu la senti perch quello stato lelemento che ti ha portato a girare la testa. Non il pittore che dipinge con poesia, ah!... questopera molto poetica, no. Questa cosa della poesia, importante; uno non dipinge poeticamente, non pu essere uno stimolo o uno stimolante a fare in modo che tu veda o senta poeticamente, assurdo. Ora mi fa piacere che lo abbia scritto Baudelaire, e io l'ho preso al volo, perch io sentivo questa cosa un po' ruffiana, un po' demod, un po' decadente. Come fa uno a dipingere con poesia? assurdo! Ma come si fa? Perch usi dei colori tenui? Oppure dipingi un tramonto, non so con il Monte Amiata? Io volevo dirti poi del perch sono passato ai segni, questo simbolismo semiotico, ecco perch in catalogo ci sono due testi di importanti semiotici, Tiziana Migliore e Tonino Griffero. Infatti quando si trattato di preparare la scaletta io ho detto: Pagina 17 Pagina 150

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non vorrei il critico. Perch il critico comincia a scavare, capisci? Allora preferisco l'analista, almeno usa un metodo empirico. E poi ho a che fare con il segno, con la scrittura, con il punto. G: Ennio, ecco come ultima cosa vorrei proprio sapere del punto, cos per te? E: si , il punto. Io ho letto Leibniz, il filosofo, perch io leggo molto, leggo di psicanalisi, di filosofia. Lui parla della monade. La monade che cos'? La monade un puntino che ha una sua autonomia. G: anche procreativa. E: come la cellula che insieme ad altre formano l'organismo. Questo organismo pu essere una linea, pu essere un quadrato, quando ho letto questa cosa ho fatto una scoperta, le cose che faccio non le faccio perch ho letto la monade, la monade viene dopo, allora sono nel giusto. Questi puntini sono migliaia, uno vicino all'altro, fino a formare una cosa, uno spazio. G: questi tuoi lavori richiedono molto tempo per essere realizzati? E: si, molto. Giovanna Coltelli

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Dietro il palcoscenico

LUCIA ROMUALDI AL MUSEO ANDERSEN QUANDO IL BACK STAGE VALE UN SITE SPECIFIC Lucia Romualdi ha calcato per ben due volte le scene del Museo Andersen (9 ottobre 2010 e 4 maggio 2011) , con variazione op K10_ n Newport partitura di luce per macchinari ottici, e per prima si accorta dellestremo fascino di queste quinte espositive. A seguire, una folla di artisti sempre pi pressante ne richiede ora la disponibilit. Lamore per le sculture di Andersen stato una folgorazione, altrettanto visualmente emozionante stato il procedere di Lucia per giungere alla performance, ricca di colpi di scena, di appostamenti, di lunghe frequentazioni pomeridiane, fino allo spegnersi del sole, alla scoperta delle ombre lunghe della sera. Lattrazione reciproca tra le misure auliche di Hendrik e le partiture auree di Lucia sono nate dietro le quinte, in una storia narrata e costruita in virt dellocchio che sa misurare e definire la luce e il buio, il contrasto, larmonia. Per questa artista stato un coup de foudre con il quale ripercorrere il viaggio di Andersen da Newport a Roma, stata una rinascita, una memoria viva delle maree e della navigazione vichinga, ma pi ancora uno scambio ideativo tra artisti (Lucia Romualdi e Ivan Fedele) che hanno collaborato allevento. E stata una ricerca sempre attenta al rispetto, allascolto dei suoni delle maree, alle immagini ancora vive di Hendrik Andersen, al suo lavoro site specific. Lucia entrata con occhio vivace e cuore spalancato alla percezione del luogo, frequentando il museo con insistente, affettuosa riflessione nei mesi antecedenti levento.

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I primi contatti che ha avuto con tutto il Museo, dal personale a ogni espressione artistica monumentale o minima che fosse - e chi conosce lAndersen sa cosa significhi - stata di comprensiva conoscenza, alla minuziosa costante scoperta dello spirito che anima il luogo, in una progressiva trasposizione dallidea alla creazione. E cos il Museo si ritrovato davanti alla costruzione di un set con proiettori fissi e in movimento, centraline ottiche, film che producono suono come sciabordio dacqua. E poi questo suono si sommato alla composizione musicale di Ivan Fedele, alcuni gessi monumentali sono stati coperti, altri nascosti come da quinte bianche e poi ci sono state la proiezione dei tabulati di Newport e i films in slow motion. Lacqua e il mare elemento primario che unisce e divide, che conduce lo scultore dallEuropa allAmerica e poi in Europa ancora definitivamente, il mare elemento simbolico richiamato con assiduit da Romualdi e Fedele nel loro discorso a distanza. Uno degli aspetti pi intriganti stata la scelta e la misurazione di quei panneggi ignifughi atti a occultare alcune statue. I tessuti sono stati pensati, poi ricercati e acquistati con grande cura e alacrit, con dovizia nei dettagli, ma anche con ansia e affetto, perch coprissero solo parte delle sculture con lintento voluto di riprodurre le procedure della tecnica plastica operata da Hendrik, documentata da fotografie di archivio mentre il nume tutelare opera nel suo studio atelier. Le stoffe poste sulle sculture, come asciutti drappi monocromi, sono apparse quindi, al momento dellevento, come una meravigliosa invenzione, tendaggi fatti di rarefazione, come in unannunciazione, ad attendere lapparizione dei protagonisti di una storia passata eppure estremamente viva, rievocata dal buio e apparsa nella luce, nella dimensione bianca e nera del salone dei gessi. Lucia Romualdi, toscana di nascita, nelle apparizioni luminose prima proiettate dal suo intelletto e poi riprodotte, replicando i momenti clou della vita dello scultore norvegese-americano, dona

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allo spettatore un momento contemplativo di memoria ancestrale, prossima alla prospettiva aurea di Piero della Francesca e di Beato Angelico. Questi arditi accostamenti, sono riconducibili al principio dello studio della luce, dei raggi visivi, della costruzione degli spazi, la proporzione tra lo spazio pensato e lo spazio empirico, la misura delle corrette distanze tra le proiezioni di luce, cercate e trovate, e le opere esposte, i suoni e le rifrazioni in movimento nei monitor appostati ai piedi dei giganti in gesso, sono metrica assimilabile alle ricerche rinascimentali. Si rintraccia poi uno speciale legame con Leon Battista Alberti, allusioni alle lastre marmoree decorate, rifrangenti la luce, percorse da immagini simboliche che scandiscono spazio e trovano la proporzione perfetta, come nel Tempio Malatestiano a Rimini o come nel San Sebastiano di Mantova. Cos Lucia definisce proporzionalmente con le proiezioni filmiche le immagini proiettate sulle pareti. Si ricostruisce in numerica sintesi il viaggio per nave di Hendrik con le teorie dei remi vichinghi, disegnando con illuminazione artificiale il cerchio sulla sfera in gesso della Figura danzante, universo luminoso, centro prospettico a cui rimettersi per la costruzione del microcosmo immaginato. Queste citazioni trovano sostanza nel carteggio ideato e realizzato tra Lucia e Ivan, la volont di ripristinare modalit care a Hendrik (carteggio tra lo scultore e lo scrittore angloamericano Henry James) si esprimono in una scrittura moderna, mediatica che ben si addice alla performance e che poi si concretizzata in un libricino dautore pubblicato dallartista: Ivan, parlami ancora di 2 notturni con figura lucia Beh, il titolo legato allesecuzione dal vivo. Sembra il titolo di un quadro no? E in effetti si tratta di un quadro sonoro, di una cornice frontale di altoparlanti in mezzo ai quali posto il pianoforte

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lascolto si immerge nella visione tridimensionale di una scultura sonora Ancora: Cara Lucia, ho una vera passione per il linguaggio simbolico (algebra, geometria, logica matematica etc) Le formule sono versi e i teoremi poemiQuindi non vedo lora di leggere il linguaggio simbolico delle maree di Newport! Il mare lorizzonte marino e le barche che rientrano unemozione, un segno.. e quindi un senso forte(1). Il pensiero di questi due principali attori, si brucia nellevento di una notte, quanto di pi esaltante per il fuoco creativo, che si costruisce tuttavia con centellinata perizia momento per momento, prima dellepifania. Raramente capitato di accogliere al museo artisti che abbiano avuto un pari entusiasmo, una pari passione espressiva, un pari interesse a entrare in empatia con lars operandi di Andersen. Il rispetto per la storia, per il luogo e per le persone, dimensione a volte rara, stata sempre siglata dalle collaborazioni privilegiate e da uno staff personale dellartista di rara qualit. Basti pensare alla musica di Ivan Fedele, ma ancora il riferimento a tutto lo staff, i tecnici del suono e delle luci, Claudio De Rosa, Mira Dujela, Paolo Pittoni, Matteo Romano, che preparavano ogni singolo supporto tecnico e tecnologico con attenzione meticolosa e grande professionalit. Il fare minimale della Romualdi in realt cela un operare forte e grandioso, di spessore classico, che si tramuta dietro le quinte in una preparazione meticolosa e precisissima, ricca di dettagli e di accorgimenti tecnologici ammalianti. A miglior delucidazione bene sottolineare che quanto raccontato stato preparato giorno dopo giorno, in mesi di sperimentazione e prove in sala, definitivamente costruito e mostrato in una sola sera, al momento del calare delle ombre fino a notte tarda, niente di

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pi unico, un dono ardito e quanto mai appropriato al progettista dellutopico World Centre of Communication, allo scultore grande ammiratore di Michelangelo e delle Tombe Medicee, quindi vicino alla teoria albertiana delle proporzioni fondata sull'anatomia, in rapporto alla luce e alla composizione armoniosa delle storie. Matilde Amaturo

1. Lucia Romualdi; variazione op k10_n Newport- partitura di luce per macchinari ottici; Ivan Fedele, due notturni con figura- per pianoforte e elettronica , Carteggio improbabile , Museo Hendrik C. Andersen, ottobre 2010 Fotografie di Luca Lo Jacono

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IL PATRIMONIO CULTURALE ONLINE: MUSEO&WEB. INTERVISTA A MARIA TERESA NATALE Da tempo ormai i musei si sono avventurati in quel territorio per loro insolito che il web, passando da luogo della cultura elitario a dimensione culturale accessibile a tutti anche attraverso un nuovo ed efficace canale di dialogo quale pu essere il sito web. I musei si sono messi prima in vetrina trasponendo sulla rete quella che era la brochure stampata per avvicinarsi nel tempo al cosiddetto web 2.0. Non sono mancati gli aspetti critici: il costo della tecnologia, la rapida obsolescenza dei mezzi tecnologici e la necessit di competenze specialistiche difficilmente recuperabili in un museo. Per questo interessante conoscere quali sono stati i passaggi e gli attori che, dietro le quinte, hanno condotto e reso possibile questa rivoluzione. Accanto a Istituzioni museali illuminate che hanno colto in tempo reale le possibilit di rendere il museo disponibile a tutti ci sono state attivit e attori che questa possibilit hanno contribuito a renderla possibile. Uno di questi attori senza dubbio Maria Teresa Natale, archeologa, coordinatrice per il MiBAC del progetto Museo&Web alla quale ho chiesto di parlarci di questo progetto e degli steps che hanno reso possibile anche a musei molto piccoli di essere presenti in rete. Chi Maria Teresa Natale? Archeologa di studi, multi-tasking, opero ormai da pi di trentanni nel settore dei beni culturali, collaborando a vario titolo

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con biblioteche, archivi, musei e istituti del Ministero per i beni e le attivit culturali. Da dieci anni faccio parte di un team, attualmente coordinato dallIstituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane, specializzato nella gestione di progetti europei legati alle tematiche della digitalizzazione del patrimonio culturale europeo. In particolare, ho avuto lonore di partecipare ad alcuni gruppi di lavoro europei attivi nellambito della qualit del web culturale e delle terminologie multilingue e al gruppo di lavoro di Europeana sugli users del portale europeo. Fin dalla nascita coordino il progetto MiBAC Museo & Web. Avendo un carattere eclettico e appassionato, anche a livello extraprofessionale seguo diverse attivit: in particolare, sono una delle due curatrici di Lascia il segno(1), il maggior museo virtuale italiano dedicato alla street art, e, di recente, mi sono lanciata nel progetto Appasseggio(2), uniniziativa che, aderendo alla Carta internazionale del cammino (3) promuove la cultura della passeggiata e la passeggiata delle cultura, sfruttando le potenzialit offerte dalle tecnologie mobile per la realizzazione di itinerari culturali. Come nasce Museo&Web e perch Innanzitutto specifichiamo cos Museo & Web. Il kit di progettazione Museo & Web (4), presentato per la prima volta in italiano nel dicembre 2004 e successivamente tradotto in inglese e francese, rappresenta il risultato pi concreto del progetto europeo MINERVA nellambito della progettazione dei siti web culturali. Si tratta di uno strumento originale, realizzato dal Ministero per i beni e le attivit culturali, con lobiettivo di facilitare le istituzioni nella realizzazione di siti web di qualit e accessibili, che rappresentino e comunichino in maniera adeguata ed efficace leccellenza del patrimonio culturale italiano.

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In una prima fase, il kit metteva a disposizione strumenti pratici per la valutazione del proprio sito web, un tutorial su diversi aspetti legati alla realizzazione di siti web, pubblicati in un sito che si faceva esso stesso esempio, una serie di modelli di riferimento per costruire larchitettura dei contenuti dei siti web delle istituzioni culturali. Il progetto era stato pensato per favorire i musei mediopiccoli, basandosi sulla constatazione che in Italia, e in genere in Europa, i musei locali e territoriali, seppur molto diffusi, erano spesso privi di siti web propri, essendo carenti di risorse economiche e umane. Si voleva perci offrire uno strumento che potesse essere utilizzato sia come guida nella progettazione dellarchitettura del sito web, sia nella realizzazione pratica. In una seconda fase, su richiesta delle stesse istituzioni, il kit di progettazione stato adattato ad altre categorie di soggetti culturali, come archivi, biblioteche, direzioni regionali, soprintendenze, scuole. Lultima tappa di questo ambizioso percorso stata la realizzazione di un CMS, un sistema di gestione dei contenuti (Content Management System), ovvero un'applicazione che permettesse di gestire dinamicamente il contenuto di un sito web, consentendo agli istituti di abbattere i costi dello staff tecnico, dal momento che l'aggiornamento dei contenuti gestibile anche da chi non ha alcuna competenza informatica. Sul mercato esistono molti CMS, assai diffusi, ma la particolarit di Museo & Web quella di essere pensato per rispondere agli obiettivi delle istituzioni culturali. Per tale motivo include e viene via via arricchito con una serie di moduli informatici, studiati appositamente per favorire la creazione di percorsi tematici, lesibizione dei capolavori delle istituzioni, la promozione del turismo culturale, linteroperabilit con il portale della cultura italiana e lOPAC del Servizio bibliotecario nazionale. Il progetto risultato vincente e oggi sono pi di 150 le istituzioni culturali, ministeriali e non, che hanno adottato il CMS per la realizzazione di siti web di musei, archivi, biblioteche, monumenti, soprintendenze, aree archeologiche, direzioni regionali, associazioni culturali e fondazioni, itinerari culturali, musei virtuali, eventi e

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progetti. Hanno scelto di aderire al progetto anche la Galleria nazionale darte moderna e contemporanea e i musei ad essa connessi. Possiamo orgogliosamente affermare che il progetto Museo & Web pu essere considerato una buona pratica del MiBAC, nata dal frutto di risultati condivisi a livello europeo, che hanno portato alla realizzazione di unapplicazione che non viene imposta dallalto, ma progettata con il contributo degli esperti delle istituzioni, che partecipano propositivamente e con entusiasmo allarricchimento della piattaforma. Inoltre, la diffusione del kit tra le istituzioni contribuisce allalfabetizzazione informatica del personale degli istituti culturali preposto alla comunicazione e a una maggior consapevolezza delle tematiche dellaccessibilit, usabilit e qualit dei contenuti culturali. Risultati ottenuti a livello nazionale ed europeo Come gi accennato, la tematica della qualit dei siti web, in Italia, indissolubilmente legata ai risultati del progetto europeo MINERVA (Ministerial Network for Valorising Activities in digitisation) (5), finanziato dalla Commissione europea nelle sue varie declinazioni dal 2002 al 2008. Il consorzio afferente al progetto riuniva pi di venti ministeri dei paesi europei preposti alla cultura e numerose istituzioni culturali, coordinati dal MiBAC. La nascita di MINERVA stata il risultato di una stretta collaborazione tra la Commissione europea e gli Stati Membri, con lobiettivo di facilitare la creazione di una visione comune nella definizione delle azioni e dei programmi nel campo dellaccesso e della fruibilit in rete del patrimonio culturale digitale per tutti i cittadini. Come conseguenza, a sostegno di tutte le istituzioni culturali che devono svolgere attivit di digitalizzazione o devono aggiornare o realizzare i loro siti web, il Ministero ha istituito lOsservatorio tec-

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nologico per i beni e le attivit culturali (Otebac), un servizio con sede presso lIstituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane, nato dallesigenza interna dellamministrazione di utilizzare strumenti innovativi, con particolare riferimento alla digitalizzazione dei contenuti, alla comunicazione e promozione via Internet dei progetti e dei siti web sviluppati dai propri istituti, alla creazione di contenuti digitali e dei censimenti delle risorse digitali. LOsservatorio, che oggi opera a stretto contatto anche con lo staff tecnico di CulturaItalia e di Internet Culturale, promuove ladozione di standard condivisi per lallineamento e linteroperabilit dei portali e dei siti web culturali nazionali anche al fine di rendere possibile la fruizione del patrimonio culturale digitale italiano nelle reti globali. Concluso il progetto MINERVA, grazie ad altri progetti europei che sono seguiti [tra cui ATHENA (6), Linked Heritage (7) e Indicate (8)] stato possibile proseguire lapprofondimento sulle tematiche dellaccesso e realizzare altri strumenti e pubblicazioni sul tema. Mi piace sottolineare soprattutto il recentissimo manuale contenente le Linee guida per la realizzazione di mostre virtuali online (9) realizzato con la collaborazione di numerosi esperti del MiBAC e che gi nei primissimi mesi stato scaricato migliaia di volte dal sito dellOTEBAC. Concludo informando che attualmente stiamo lavorando alla realizzazione di un nuovo strumento, MOVIO, che consentir alle istituzioni culturali di realizzare, seguendo la stessa filosofia di Museo & Web, mostre virtuali online di qualit, sfruttando al meglio le tecnologie innovative, incluso il mobile. Speriamo di essere in grado di erogare i primi corsi sulluso di questo sistema, realizzato grazie a un finanziamento della Fondazione Telecom Italia, entro la fine dellanno affinch fin dagli inizi del 2013 le istituzioni possano realizzare le prime mostre virtuali. Il progetto, gi illustrato in ambito europeo, ha riscosso molto interesse e le aspettative sono molte.

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Note al testo 1. www.lasciailsegno.it 2. www.appasseggio.it 3. www.appasseggio.it/index.php?it/114/progetti/3/ 4. www.minervaeurope.org/structure/workinggroups/userneeds/ prototipo/museoweb.html 5. www.minervaeurope.org/ 6. www.athenaeurope.org/ 7. www.linkedheritage.org/ 8. www.indicate-project.org/ 9. www.otebac.it/index.php?it/320/mostre-virtuali-online-linee-guidaper-la-realizzazione

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LE MOSTRE VIRTUALI DI MUSEO SENZA FRONTIERE Cercando in un qualsiasi motore di ricerca il termine mostra virtuale o, in inglese, virtual exhibition, si ottiene un gran numero di risultati ma niente che possa soddisfare le nostre aspettative o che per lo meno corrisponda alla nostra nozione di mostra, cio una selezione di opere che segue un filo conduttore tematico e che fa intuire lesistenza di un progetto scientifico. Nella maggior parte dei risultati il termine mostra virtuale corrisponde a visite virtuali di spazi espositivi reali, compresi spazi completamente estranei al museo come fiere, saloni automobilistici o centri fitness. Alcuni musei utilizzano il termine mostra virtuale per semplici gallerie dimmagini o per singole opere messe in vetrina e commentate sul proprio sito web. Gli esempi sono innumerevoli ma quasi sempre luso del termine mostra inappropriato e quindi fuorviante. Con il suo programma di mostre virtuali inaugurato nel 2005, un ciclo di 18 mostre su LArte Islamica nel Mediterraneo, Museo Senza Frontiere ha per la prima volta realizzato delle vere e proprie mostre concepite specificamente per il web e realizzate in formato virtuale come prodotto a se stante, con lobiettivo di invogliare alla visita attraverso loriginalit nellapproccio al tema e la variet dei materiali esposti. La facile accessibilit delle singole pagine a prescindere dalla velocit di connessione di cui dispone lutente, costituisce un caposaldo imprescindibile nella ricerca di Museo Senza Frontiere di utilizzare lo spazio virtuale non in maniera complementare allo spazio fisico ma per realizzare dei prodotti autonomi e innovativi che valorizzino a pieno le potenzialit della dimensione virtuale; non solo per mettere in mostra del materiale che non potrebbe essere esposto in una mostra fisica come monumenti, siti o paesaggi, ma anche per permettere a persone e istituzioni di contesti culturali diversi di realizzare dei progetti comuni che offrano a tutti i partecipanti gli stessi benefici e le stesse possibilit di utilizzo del prodotto.

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Il primo ciclo di mostre virtuali di Museo Senza Frontiere fa parte del Museo Virtuale Discover Islamic Art e presenta le grandi dinastie islamiche che per oltre tredici secoli hanno regnato sulle due rive del Mediterraneo dai Califfi Omayyadi (661) fino alla fine dellImpero Ottomano (1919). Le 18 mostre sono state elaborate dai curatori dei musei partner, utilizzando opere, monumenti e siti scelti fra quelli esposti nella collezione permanente del Museo Virtuale. I testi introduttivi e le descrizioni delle opere sono disponibili in nove lingue e ogni immagine pu essere ingrandita permettendo fra laltro di visualizzare dettagli che nella dimensione reale rimarrebbero invisibili. Per lelaborazione delle mostre, Museo Senza

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Frontiere ha sviluppato una metodologia specifica che pur riflettendo il punto di vista di ciascun partner, offre al visitatore una lettura sintetica dei vari fenomeni storici e culturali. Oltre 75 esperti di 14 paesi hanno contribuito alla realizzazione delle mostre virtuali di Discover Islamic Art incontrandosi varie volte in piccoli gruppi tematici o in riunioni plenarie per discutere la struttura e il materiale da esporre in ciascuna mostra. In occasione della messa in rete, il catalogo della mostra stato pubblicato in nove lingue e tutti i musei coinvolti hanno organizzato cerimonie dinaugurazione con conferenza stampa e visita guidata attraverso le mostre virtuali. Nellambito di Discover Islamic Art lItalia rappresentata dal Museo Nazionale dArte Orientale di Roma affiancato dalle principali collezioni siciliane di arte islamica e siculonormanna. La realizzazione del Museo Virtuale Discover Islamic Art e delle 18 mostre virtuali stata resa possibile da un contributo dellUnione Europea nellambito del programma Euromed Heritage. Museo Senza Frontiere sta attualmente completando una seconda sezione tematica del suo Museo Virtuale, dedicata al barocco e interamente autofinanziata dai musei partner di otto paesi fra cui lItalia rappresentata dalla Galleria Borghese, dai Musei Civici di Bologna oltre che dalle Province di Bologna e Roma. Discover Baroque Art in rete dal 2010 (Collezione Permanente e Banca Dati) e offrir ai suoi visitatori un ciclo di nove mostre virtuali presentando il contesto storico e lambiente culturale in cui si formato il barocco dalle sue radici rinascimentali fino a dare vita al roccoc, in un arco di tempo che va dalla conclusione del Concilio di Trento (1563) al Congresso di Vienna (1815). La messa in rete delle mostre previsto per il prossimo mese di settembre. Museo Senza Frontiere continua senza pause la sua ricerca sulle applicazioni del web per creare nuovi format di mostre e per il 2015

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sta preparando un progetto internazionale di e-Exhibition al quale parteciperanno partner di oltre 20 paesi. Eva Schubert

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Alcuni link Il portale di Museo Senza Frontiere: www.museumwnf.org Museo Virtuale Discover Islamic Art| www.discoverislamicart.org/index.php Collezione Permanente (850 opere, 385 monumenti e siti archeologici)| www.discoverislamicart.org/index.php Banca Dati| www.discoverislamicart.org/database_searchform.php Mostre Virtuali| www.discoverislamicart.org/exhibitions/ISL/ Partner e Sponsor| www.discoverislamicart.org/dia_pm_home.php Il catalogo della mostra| www.mwnfbooks.net/books.php?id=islcat Museo Virtuale Discover Baroque Art| www.discoverbaroqueart.org/index.php Collezione Permanente (354 opere 315 monumenti)| www.discoverbaroqueart.org/pc_home.php Banca Dati| www.discoverbaroqueart.org/database_searchform.php Partner e Sponsor| www.discoverbaroqueart.org/index.php Per informazioni Eva Schubert eva.schubert@museumwnf.net

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Lo sguardo del/sul pubblico

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IL PUBBLICO DEL CAFFE DELLE ARTI Nel corso del 2009 stata condotta dall Osservatorio sui visitatori della Galleria nazionale una indagine conoscitiva sul pubblico potenziale del museo svolta in collaborazione con la Fondazione Fitzcarraldo di Torino. La ricerca (1), a cura di Maria Mercede Ligozzi e Alessandro Bollo, stata finalizzata a conoscere e fidelizzare nuovi segmenti di pubblico attraverso metodologie della ricerca sociale e del marketing culturale.
1. http://alturl.com/248sb

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INDAGINE CONOSCITIVA SUL PUBBLICO DEL MUSEO PRAZ


PREMESSA

Alcuni orientamenti contemporanei relativi alla gestione museale tendono sempre pi a superare lidea di una fruizione del museo intesa come consumo culturale, privilegiando il ruolo educativo e formativo delle istituzioni deputate a conservare oggetti darte. Gli studi nazionali e internazionali sul pubblico museale sono finalizzati non solo alla descrizione socio-demografica dellutente e a conoscere il livello di soddisfazione e motivazione dellesperienza della visita, ma anche ad interagire con gli osservatori attraverso le diverse tecniche della ricerca sociale: interviste e indagini sul campo al fine di comprendere luniverso simbolico di chi frequenta i musei (1). I temi indagati nellambito dei suddetti studi sono volti a conoscere lesperienza della visita, le circostanze in cui si verifica e le sue motivazioni. Inoltre, viene considerato il livello di informazioni possedute dal visitatore prima e dopo tale esperienza; il suo grado di soddisfazione e le sue aspettative. Gli obiettivi primari delle strategie di fidelizzazione del pubblico museale sono finalizzati sempre pi ad attirare nuovi utenti cercando di conquistare le persone che non sono mai state in un museo rendendolo visibile, familiare ed invitante (2). Per conoscere il pubblico dellarte importante, quindi, comprendere le motivazione dei comportamenti di massa: perch alcune persone non visitano i musei e altri lo visitano solo occasionalmente o regolarmente (3). I nuovi paradigmi che si stanno affermando nelle politiche di gestione museale sembrano essere volti allinterazione tra istituzione e pubblico. Alcuni direttori dei musei sostengono, infatti, che il ruolo delle istituzioni museali quello di permettere alle persone di sperimentare la qualit di oggetti belli e rari che altrimenti sarebbero a loro preclusi, ed arricchire il loro bagaglio di conoscenze in un ambiente appropriato nel quale i visitatori e le opere darte possano incontrarsi (4). I modelli di sviluppo dei pubblici dei musei e le politiche di promo-

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zione culturale comprendono diverse strategie e modalit di fidelizzazione orientate sempre pi verso una reinvenzione dello spazio -museo, non pi inteso come torre davorio che costituisce un elemento di autoreferenzialit, quale retaggio della concezione museale della prima met del XX secolo. In tal senso, il museo Mario Praz, primo tra i musei satelliti della Galleria Nazionale dArte Moderna e Contemporanea al quale stata dedicata unindagine conoscitiva sui visitatori nel corso dellanno 2009, apparso un campo di indagine dalle forti potenzialit, in quanto esso al contempo casa dello scrittore e luogo di conservazione della sua collezione. Pertanto, gli obiettivi della ricerca sono stati finalizzati a conoscere quali tra le seguenti motivazioni inducesse il pubblico a visitare il museo Praz: la lettura dei testi dellanglista, la curiosit verso lo spazio della sua abitazione a Palazzo Primoli, oggetto anche delle sue riflessioni in materia di arredamento, o piuttosto linteresse nei confronti di quellinsieme unitario di gusto neoclassico. Tali questioni assumono una importanza rilevante non solo al fine di intrecciare un rapporto dialogico tra istituzione e pubblico, mirato a una fidelizzazione dellutenza, ma anche nella fase di progettazione dellattivit espositiva. Inoltre, il fatto che lallestimento della collezione sia definitivo non esime dalla necessit di ripensare unofferta che possa andare incontro allorizzonte di attese del pubblico, pur entro i vincoli di un contesto di riferimento costante. Lindagine conoscitiva sui visitatori del museo Mario Praz offre in tal senso importanti spunti di riflessione. Diverso approccio al museo quello degli studenti che sono stati invitati a visitare la collezione di Palazzo Primoli a seguito di una mirata strategia di promozione del museo secondo le seguenti modalit: contatti diretti con i Dirigenti scolastici e gli insegnanti, ai quali hanno fatto seguito lezioni seminariali con video-proiezioni. Alcuni studi sul pubblico scolastico dei musei dimostrano che lesperienza museale percepita come una estensione della vita scolastica e non come una dimensione altra nella quale vivere intensamente i linguaggi dellarte (5). La sacralit attribuita dallaccezione tradizionale del museo, quale luogo formativo ed educativo in senso didascalico e didattico, non sembra suscitare

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molto interesse nelle generazioni di giovani e di studenti che frequentano i luoghi darte. In tal senso, uno spazio museale quale quello che ospita la collezione di Mario Praz poteva risultare di difficile comprensione e di scarso gradimento per un pubblico giovane. Invece, la particolarit degli oggetti della collezione e del contesto in cui essi sono inseriti ha fatto emergere interessanti risultati, in relazione sia alla dimensione emotiva suscitata dalla visita, sia allinteresse suscitato dagli oggetti darte. Sulla base dei risultati emersi sembra delinearsi, perci, lesigenza di indagini volte non solo a conoscere una particolare tipologia di pubblico, ma anche a delineare il profilo di un pubblico potenziale o di un non- pubblico del museo. OBIETTIVI, METODO
E DEFINIZIONE DELLUNIT DI ANALISI

Il museo Mario Praz, che fa parte della Soprintendenza alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, ospita una raccolta chiusa, esposta in uno spazio gi adibito a residenza abitativa. Data la particolarit del contesto museale, poco noto anche al pubblico romano che spesso ignora la figura di Mario Praz, lindagine stata rivolta a due tipi di pubblico: visitatori italiani e stranieri, studenti degli istituti di istruzione superiore secondaria (6). Le aree della motivazione alla visita, dell interesse e delle eventuali barriere allaccesso sono state indagate in base ai seguenti indicatori: dati socio-anagrafici, gradimento degli ambienti museali, sensibilit per larte, preferenze sulle modalit di fruizione museali, apprezzamento dei percorsi, frequentazione di musei o gallerie darte, background culturale, socialit. Nella fase di elaborazione del progetto sono state previste strategie di coinvolgimento degli studenti adottate attraverso una pianificazione dei contatti con i dirigenti scolastici degli istituti di istruzione superiore secondaria, un terzo dei quali ha aderito alliniziativa promossa (trenta scuole contattate; dieci che hanno ospitato conferenze e accompagnato gli studenti in visita la museo). Nella seconda fase dellindagine stato individuato un campione statistico su-

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periore al 20% degli ingressi stimati sul totale dei dati di affluenza rilevati nella precedente annualit (2008). Lindagine stata svolta con la metodologia della ricerca sociale che ha previsto due questionari semi- strutturati (anche in lingua inglese) composti rispettivamente da 20 domande chiuse (pubblico) e da 14 domande chiuse (studenti); stata prevista anche la modalit altro. Nelle domande relative alle aree del gradimento e dellesperienza della visita museale stata contemplata una scala di gradimento a cinque punti (scala Likert). La somministrazione dei questionari rivolti alle scolaresche e al pubblico dei visitatori adulti stata effettuata nel periodo compreso tra febbraio e maggio 2009. Complessivamente sono stati somministrati n. 376 questionari alle scolaresche e n. 440 questionari ai visitatori abituali, per un totale di n. 816 questionari.
RISULTATI DELLINDAGINE

Per quanto riguarda larea della conoscenza e della frequentazione del museo Mario Praz, dai dati dellindagine emerso che l81% ha visitato per la prima volta il museo Praz; il 24% ne venuto a conoscenza tramite amici e parenti e l11% tramite scuole e universit. L80% del pubblico venuto per visitare la collezione permanente, mentre il 20 % per visitare le mostre temporanee. Tra le motivazioni che hanno indotto il pubblico a visitare il museo, il 36 % ha risposto di essere venuto per arricchire le proprie conoscenze; il 27% invece per ammirare opere darte. Per quanto attiene il background culturale dei visitatori, il 90% afferma di avere acquisito, nel corso della propria formazione, delle conoscenze storico-artistiche; un pubblico interessato a saperne di pi, in quanto il 75% vorrebbe una visita guidata; il 55% vorrebbe trovare una libreria e il 39% uno spazio per la consultazione. Dai dati rilevati risultato, inoltre, che il 32% dei visitatori frequenta prevalentemente musei di arte moderna e contemporanea e il 29% musei di arte antica.

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Il pubblico degli studenti frequenta soprattutto i musei di arte moderna e contemporanea (57%), mentre il 25% frequenta piuttosto i musei di arte antica. Tra linteresse riscontrato da parte del pubblico da rilevare che gli adulti preferirebbero conoscere il museo usufruendo di una visita guidata, mentre il giovane pubblico gradirebbe andare al museo con la scuola: infatti, il 79% degli studenti frequenta abitualmente i musei con i compagni e gli insegnanti e solo l11% li visita con la famiglia. Per quanto riguarda larea relativa al gradimento dellallestimento museale, il pubblico ha prevalentemente scelto il valore molto della scala Likert: il 46% ha apprezzato il percorso della visita, il 44% la disposizione degli oggetti, il 42% la quantit degli stessi, il 34% lilluminazione del museo. Il valore moltissimo stato assegnato dal 63% del pubblico allaccoglienza offerta dal personale del museo. Tra le preferenze riscontrate tra gli oggetti darte della collezione del museo, il 35% del pubblico ha apprezzato il mobilio e il 31% le sculture. Per il 35% dei visitatori loriginalit degli oggetti esposti una particolarit del museo, mentre per il 29% la sua peculiarit il fatto che sia stata una casa. Relativamente allarea del gradimento dellallestimento anche gli studenti hanno scelto in prevalenza il valore molto della scala Likert: il 44% ha apprezzato il percorso della visita, il 34% la disposizione degli oggetti, il 35% la quantit degli stessi, il 32% lilluminazione del museo. Allaccoglienza offerta dal personale, il 41% degli studenti ha assegnato il valore molto. Tra le preferenze rispetto agli oggetti darte della collezione, il 41% degli studenti ha apprezzato il mobilio e il 28% i dipinti. Per il 29% degli studenti la peculiarit del museo Mario Praz il fatto che sia stata una casa, per il 21%, invece, loriginalit degli oggetti esposti. Il valore abbastanza della scala Likert stato prevalentemente scelto dal pubblico per rispondere alle domande relative alla visita: il 42% del pubblico dopo aver visitato il museo ritiene di aver approfondito le proprie conoscenze, il 35% ritiene di aver vissuto delle emozioni e il 37% di aver acquisito una maggiore sensibilit per larte. Il 50% del campione dei visitatori ritiene di aver visto

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oggetti interessanti: questo dato coincide con quello emerso dal campione degli studenti ai quali stata sottoposta la stessa domanda. Allesperienza della visita stato assegnato un valore medioalto anche dagli studenti che hanno scelto prevalentemente il valore abbastanza della scala Likert: il 54% del pubblico giovane, dopo aver visitato il museo ritiene di aver approfondito le proprie conoscenze, il 42% ritiene di aver vissuto delle emozioni e il 44% di aver acquisito una maggiore sensibilit per larte. Il 50% del campione degli studenti afferma di aver visto oggetti interessanti: questo dato coincide con quello emerso dal campione dei visitatori ai quali stata sottoposta la stessa domanda. Il pubblico oggetto dellindagine di genere femminile per il 57% e di genere maschile per il 43%. Il 34% appartiene a una fascia det oltre i 60 anni, mentre il 21% compreso nella fascia det tra i 51 e 60 anni. Il 71% di nazionalit italiana e il restante 29% di nazionalit straniera. Il 24% in possesso di un diploma di scuola media superiore; il 44% di una laurea; e il 19% di un titolo post-laurea. Il 15 % svolge attivit intellettuali, scientifiche e specialistiche; il 18% sono impiegati; l8% insegnanti, a fronte di un 8% di studenti; il 19% pensionati e il 32% comprende le seguenti attivit e professioni: casalinga, in attesa di occupazione, artigiani, operai, artista. Il pubblico scolastico oggetto dellindagine di genere femminile per il 71% e maschile per il 29%. Il 94% risiede nella regione Lazio e il 76% dei giovani visitatori compreso nella fascia di et tra i 14 e i 18 anni. Il 35% frequenta il Liceo Classico e l82% svolge da 2 a 3 ore di lezioni settimanali di storia dellarte. Maria Mercede Ligozzi e Chiara Stefani Note al testo.
1. La place des publics. De lusage des tudes et recherches par les muses , sous la direction de J. Eidelman, M. Roustan, B.Goldstein, Paris, La Documentation franaise, 2007.

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2. N. Kotler P. Kotler, Marketing dei musei. Obiettivi, traguardi e risorse, Torino, Einaudi, 2004. 3. Ibidem. 4. Ibidem. 5. I giovane e il museo. Indagine pilota sui giovani di 19 -30 anni di et residenti in Campania e in Veneto, a cura di A.Maresca Compagna, E. Bucci, Sc.Di Marco, Mibac, 1998; Musei giovani. Idee, progetti e passioni. Atti del convegno a cura di L. Longagnani, Modena, 2006.
6.

Gli istituti di istruzione secondaria della citt di Roma che hanno partecipato a tale indagini sono i seguenti: Liceo Classico Dante Alighieri; Liceo Classico Aristofane; Istituto Vittoria Colonna; Liceo Classico Cornelio Tacito (centrale e succursale); Liceo Classico Benedetto da Norcia; Convitto Nazionale Vittorio Emanuele; ITC Leonardo da Vinci; Istituto Luigi Einaudi; IPSCT Istituto Confalonieri.

Quanto ha apprezzato il percorso della visita?


0% 1%

33%

19%

47%

Per niente

Poco

Abbastanza

Molto

Moltissimo

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Quanto ha apprezzato la disposizione degli oggetti esposti?


0% 35% 1% 20%

44%

Per niente

Poco

Abbastanza

Molto

Moltissimo

Quanto ha apprezzato la quantit degli oggetti esposti?


0% 44% 1% 14%

42%

Per niente

Poco

Abbastanza

Molto

Moltissimo

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Che cosa le ha interessato di pi del museo Praz?


3% 2% 17% 31%

35%

12%

I dipinti il mobilio gli strumenti musicali

le cere le sculture altro

Quale particolarit ha riscontrato nella visita al museo Praz?


8% 2% 13%

29%

35% 13%

L'eleganza degli ambienti La variet degli arredi La cura degli arredi

L'originalit degli oggetti esposti Il fatto che sia stata una casa Altro

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Dati personali: et
2% 34%

11% 14%

21%

18%

14 - 18

19 - 30

31 - 40

41 - 50

51 - 60

Oltre 60

Dati personali: nazionalit

29%

71%

Italia

Estero

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Titolo di studio
13% 19% 24%

44% Diploma media superiore Laurea Post-laurea(master e dottorato) Altro

Quale attivit svolge?


15% 32% 8%

18% 19% 8%

Professioni intellettuali,scientifiche,specialistiche,tecniche Insegnanti Impiegati Studenti Pensionato Altro

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Quanto ha apprezzato il percorso della visita?


13% 1% 5%

37%

44%

Per niente

Poco

Abbastanza

Molto

Moltissimo

Quanto ha apprezzato la disposizione degli oggetti darte?


4%

24%

11%

27% 34%

Per niente

Poco

Abbastanza

Molto

Moltissimo

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Che cosa le ha interessato di pi del museo Praz?


16% 8% 3% 28%

4% 41%

Dipinti

Cere

Mobilio

Sculture

Strumenti musicali

Altro

Tipologia Istituto:
9% 13%

8%

28% 7%

35%

Istituto tecnico Altro

Liceo classico Liceo pedagogico

Liceo linguistico Liceo scientifico

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Come visita un museo o una mostra abitualmente?


7% 11% 1% 2%

79%

Con la scuola

Con la famiglia

Con gli amici

Da solo

Altro

Come preferirebbe visitare un museo?


8% 4%

46%

35% 7%

Con la scuola

Con la famiglia

Con gli amici

Da solo

Altro

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Quale particolare ha riscontrato nella visita al museo Praz?


19% 2% 15%

21% 25% 18%

Eleganza ambienti Variet arredi La cura arredi

Originalit oggetti esposti Il fatto che sia una casa Altro

Dati personali: et
23% 1%

76%

Da 11 a 13

Da 14 a 18

Da 19 a 26

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UNA RICERCA SULLA FREQUENZA MUSEALE IN UN CAMPIONE DI STUDENTI UNIVERSITARI Listituzione museo pu essere inserita allinterno di un sistema culturale che ha le sue fondamenta nel sistema scolastico di ogni livello (Hooper-Greenhill, 2005). Il museo considerato uno spazio formativo-culturale esterno al settore delleducazione formale; comporta modalit di apprendimento di tipo informale, alternative e complementari a quelle scolastiche (Nardi, 1999). Il museo non n intrattenimento n aula scolastica; un luogo dove avvengono conoscenze, scoperte, dove viene attivata limmaginazione, la curiosit e viene promossa la riflessione intellettuale. La visita al museo unoccasione attraverso cui i visitatori instaurano un rapporto interattivo con gli oggetti esposti (Antinucci, 2004) con lo scopo di attivare un processo di costruzione e di conoscenza relativa a eventi artistici, storici, scientifici e tecnologici. Il museo svolge inoltre una funzione educativo-formativa attraverso la promozione di forme di apprendimento che si possono realizzare lungo tutto larco della vita di un individuo (De Socio e Piva, 2005; Nuzzaci, 2002; Vertecchi, 1997). Il museo ha anche lo scopo di concorrere alla costruzione e allacquisizione dellidentit individuale e sociale di un popolo. Le opere esposte in un museo sono lespressione dellidentit di una comunit a diversi livelli: locali, regionali, nazionali e internazionali. La ricerca Obiettivi e ipotesi opinione comune che i giovani non hanno attrazione per il museo e da questo elemento scaturisce la loro scarsa frequentazione. Il non-pubblico dei musei una categoria formata da tutte quelle persone che non considerano il museo come una valida alternativa per occupare il proprio tempo libero (Bollo & Gariboldi, 2008). Da questo assunto di base nasce lesigenza di verificare leffettiva partecipazione giovanile a questo tipo di esperienza, cercando di

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comprendere il perch di questa distanza ed il perch di questo atteggiamento negativo nei confronti dei musei. E un ulteriore contributo alla comprensione del fenomeno con lo scopo di incrementare la loro spinta motivazionale verso il museo e di avvicinarli a questo importante strumento di crescita culturale. Metodo E stata condotta, presso la Facolt di Scienze della Formazione dellUniversit Roma Tre, una ricerca che aveva lobiettivo di indagare alcuni aspetti delle visite museali condotte dagli studenti universitari. Allo scopo stato costruito un questionario articolato in una serie di domande, strutturato in due parti, la prima riguardante i dati socio-demografici, il numero di musei visitati negli ultimi 12 mesi e la tipologia di musei; la seconda parte era composta da due domande aperte, la prima sulla definizione di museo e la seconda sulla motivazione a frequentare o meno i musei. Procedura Il compito dei partecipanti consisteva nel rispondere alle domande chiuse e aperte del questionario, somministrato in aula dopo le lezioni. La somministrazione avvenuta in diversi giorni e il tempo di compilazione del questionario era di circa 10 minuti. I partecipanti sono stati invitati a rispondere in modo sincero e sono stati informati del fatto che il questionario veniva compilato in forma anonima, senza alcuno scopo di giudizio. I rifiuti complessivi sono stati di circa il 20%, un dato in linea con gli studi museali; i motivi pi frequentemente addotti sono stati, stanchezza, fretta, lezione imminente e mancanza di interesse per largomento. Partecipanti Il campione era composto da 522 studenti di quattro Facolt dellAteneo Roma Tre: Giurisprudenza, Ingegneria, Lettere e Filosofia e Scienze della Formazione. Il 57% era composto da femmine mentre il restante 43% da maschi. Let media dei partecipanti era di 22,9 con una deviazione standard di 3,3 e un range compreso tra 19 e 40.

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E stato rilevato che il campione totale aveva ricevuto una formazione artistica (su scala Likert a 7 punti) pari ad una media complessiva di 4,1. Il gruppo di studenti che ha ottenuto una formazione artistica significativamente pi bassa degli altri costituito dagli studenti di ingegneria con una media pari a 3,6. Tale differenza risultata significativa ad unanalisi della varianza (F(3, 513) = 7,34, p = .000). Risultati Visite museali Complessivamente il 24,5% del totale degli studenti non ha visitato alcun museo negli ultimi 12 mesi. Articolato tra le diverse Facolt risulta che non hanno visitato nessun museo negli ultimi 12 mesi: il 15,2% degli studenti di Giurisprudenza; il 18,1% degli studenti di Lettere e Filosofia; il 26,8% degli studenti di Ingegneria; il 34,5% degli studenti di Scienze della Formazione. Le differenze riscontrate nel numero di visite annuali al museo risultano significative al test del Chi quadro, (15) = 28,3, p = .02. Complessivamente gli studenti di Giurisprudenza sono i maggiori frequentatori di musei con l84,8% delle presenze in un anno, seguiti dagli studenti di Lettere e Filosofia con l81,9%. Gli studenti di Ingegneria e di Scienze della Formazione sono coloro che frequentano meno i musei rispettivamente con il 73,2% e il 65,5% delle visite in 12 mesi. Per quanto riguarda le tipologie di musei visitati si riscontrata complessivamente una maggioranza di frequentatori dei musei di arte moderna e contemporanea per tutte e quattro le Facolt. E interessante notare che i musei di scienza e tecnica sono maggiormente frequentati dagli studenti di Ingegneria (25 presenze) rispetto agli studenti delle altre facolt, le cui presenze si aggiravano intorno a 8-9. Domande aperte Definizione di museo Oltre allanalisi dei dati quantitativi abbiamo condotto unanalisi delle domande aperte. Ogni domanda prevedeva una risposta scrit-

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ta di circa tre righe. Abbiamo dunque proceduto allanalisi testuale. Il materiale testuale stato sottoposto ad analisi del contenuto mediante limpiego del software Spad-T; il Systme Portable pour lAnalyse des Donnes Textuelles, creato in Francia nel 1985, costituisce un software statistico di riferimento per lanalisi esplorativa di grandi quantit di dati, anche testuali. Attraverso un procedimento di correzione e compattazione delle risposte scritte, sono stati eliminati gli elementi di scarso interesse per lanalisi ed i termini sinonimici sono stati ricondotti ad una stessa categoria semantica; quindi sono state selezionate le unit lessicali. Il campione iniziale per le due domande aperte era di 266 parole ed stato ridotto ad un insieme rispettivamente di 74 e di 96 unit. Al fine di esaminare le associazioni tra le parole allinterno delle risposte stata applicata lanalisi delle corrispondenze lessicali denominata ACL, che permette di sintetizzare linsieme del materiale testuale raccolto in un numero contenuto di dimensioni o assi fattoriali (Ercolani, Mannetti & Areni, 1999). Gli assi fattoriali estratti, sono definiti dal contributo delle parole, che rappresentano gli elementi attivi dellanalisi: la posizione delle parole su ciascun asse fattoriale determinata dalla sua associazione con tutte le altre parole. In questo modo stato possibile esaminare la relazione tra le categorie emerse attraverso lanalisi dei clusters e i contenuti delle risposte. Nel caso specifico di questa ricerca, lanalisi ha considerato anche alcune variabili attive extra-testuali, quali il genere sessuale degli studenti, la facolt di iscrizione, il grado di formazione artistica ricevuta e il numero di musei visitati. Queste variabili si associano a e si combinano con le parole e i sintagmi per la determinazione di ogni asse fattoriale. Lintroduzione delle variabili attive extra-testuali importante al fine di comprendere meglio la portata semantica di ciascun fattore. Per quanto riguarda la prima domanda aperta sulla definizione di museo, dallanalisi delle componenti principali stato estratto un fattore (pari al 13,86% dellinerzia totale) da cui si evince una definizione fredda a cui si contrappone una definizione calda (contenitore di oggetti vs luogo di formazione culturale

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critica). La rappresentazione negativa del museo (contenitore di oggetti) stata dedotta dalle risposte che classificano il museo come un semplice edificio con il compito di custodire e archiviare oggetti. Questa classificazione pi caratteristica degli uomini, prevalentemente ingegneri, i quali hanno ricevuto una bassa formazione artistica e hanno visitato mediamente un solo museo negli ultimi dodici mesi. La rappresentazione positiva del museo (luogo di formazione culturale critica) stata rilevata dallutilizzo di parole e sintagmi quali spirito critico, luogo formazione cultura ed un elemento distintivo delle donne. In figura 1 si pu osservare il grafico dellanalisi delle componenti principali. Tale analisi si base sulla matrice di correlazione tra le diverse parole utilizzate per fornire una definizione di museo. Quanto pi le parole riportate nel grafico sono vicine tra di loro, tanto pi esistono delle relazioni concettuali. Il valore di ogni singolo elemento sullasse determina la propria posizione nello spazio bidimensionale. Per esempio, la definizione fredda determinata da quel gruppo di parole collocate sulla sinistra del grafico, come archiviazione, custodire, edificio, luogo noioso, luogo esposizione, oggetti, associate a variabili extra testuali (ossia le variabili che contraddistinguono i partecipanti) come maschi, ingegneria, bassa formazione artistica e numero di musei visitati (zero, uno). Il che significa che chi ha una bassa formazione artistica e ha frequentato nessun o un solo museo negli ultimi 12 mesi definisce il museo come un edificio per la custodia di oggetti, ecc. Mentre, sulla destra del grafico troviamo parole come luogo di formazione e cultura, ammirazione, scoprire, conoscenza ecc. associate a variabili come alta formazione artistica, da 7 a 9, femmine, che sta ad indicare che le persone con unalta formazione artistica che frequentano un numero elevato di musei in un anno (da 7 a 9) principalmente femmine, definiscono il museo come un luogo dove si ammirano opere, che ha uno scopo di formazione culturale.

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Figura 1. Grafico dellanalisi delle componenti principali; quanto pi stono delle relazioni concettuali

le parole riportate nel grafico sono vicine tra di lor o, tanto pi esi-

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Motivazioni alla visita Per quanto riguarda la domanda inerente le motivazioni alla visita, dallanalisi delle componenti principali si evince un fattore che potrebbe essere definito dellinteresse personale; le risposte in questo caso sono state date in maggioranza dai soggetti che hanno frequentato 2 o 3 musei e solo in misura inferiore da coloro che hanno frequentato tra i 4 e i 6 musei in un anno. Linteresse risulta essere la parola pi utilizzata; i partecipati hanno utilizzato locuzioni come interesse particolare per lartista, o interesse per larte in genere, o ancora interesse personale per entrare in contatto con lopera; da queste risposte si evince dunque linteresse, la passione e la curiosit come motivazioni principali che spingono i giovani universitari a visitare i musei. Al contrario, nel secondo semiasse si riscontrano le motivazioni principali che hanno spinto gli studenti a non visitare nessun museo. La motivazione pi frequente che abbiamo riscontrato stata la mancanza di tempo. Ci che ci ha sorpreso nellanalizzare le risposte dei soggetti stato il fatto che molti non vanno al museo per mancanza di occasioni; un partecipante ha risposto perch non ho avuto occasione ma non mi dispiacerebbe farlo, oppure un altro ha unito la mancanza di occasioni con il non interesse rispondendo non c stata occasione n interesse a farlo. La disinformazione risulta essere anche una motivazione in negativo molto presente. Una delle cause della non visita attribuita anche al costo elevato del biglietto. Discussione e conclusioni Dalla ricerca svolta emerge una sostanziale conferma dei risultati ottenuti nelle indagini gi condotte sul rapporto giovani-museo, che hanno dimostrato che il museo non tra gli interessi principali dei giovani adulti e da ci dipeso il loro coinvolgimento e la scarsa frequentazione. I musei hanno difficolt nel raggiungere e coinvolgere con continuit i giovani; risulta quindi importante impegnarsi nella ideazione e programmazione di attivit educative rivolte ai giovani,

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compito che richiede attenzione e competenza, forse pi di quanta ne serva per altri tipi di pubblico. Le motivazioni che spesso spingono questa categoria di persone a frequentare un museo non si basano su un reale interesse ma su una semplice curiosit o sul dovere che obbliga a prender parte ad unesperienza senza essere accompagnati da uneffettiva volont e porta cos ad una frequentazione forzata che pu generare atteggiamenti di indifferenza e noia (Bollo 2008). Per quanto riguarda il tratto di immagine associato al museo, emerge una connotazione generalmente negativa del termine; infatti, nei giovani sono ben radicati e persistono tuttoggi pregiudizi sul museo, quale luogo frequentato da persone definite vecchie non solo per et ma anche nel modo di essere, tanto da generare una situazione di esclusione dal gruppo per coloro i quali scelgono di visitare il museo. Lo scarso numero di giovani che frequenta i musei pu essere riconducibile al fatto che la loro identit, lo stile di vita, gli interessi e il gusto sono spesso in conflitto con gli elementi della tradizione culturale-educativa (Bourdieu, 1979) e quindi anche con le istituzioni museali che di tale tradizione sono i depositari; si creerebbe una sorta di dissonanza tra le caratteristiche e gli obiettivi personali e le opportunit offerte dal museo. Per molti giovani inoltre difficile fare distinzioni tra lidea del museo e quella di scuola (Baldoni Brizza, 2007). Molto spesso viene implicitamente operata unassociazione tra queste due istituzioni. Lapprendimento formale, strutturato che si svolge a scuola corre il rischio, agli occhi dei giovani, di essere percepito anche nella modalit didattica informale che si esplica nel museo. I ragazzi passano parte della loro vita a studiare e imparare; lapproccio sostanzialmente educativo e didattico dei musei vissuto come un carico di lavoro aggiuntivo e come tale non attraente. Gran parte del pubblico giovanile trascura il significato e il valore dei musei e dellarricchimento culturale che se ne ricava frequentandoli, anche se una piccola parte ne consapevole, ma nonostante ci non prova alcun interesse nel visitarli poich

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preferisce altri luoghi come il cinema o i concerti, considerati pi stimolanti, meno noiosi e meno impegnativi rispetto al museo, visto come un semplice contenitore di oggetti rari ma statici, freddi, posti in teche o appesi a pareti con didascalie spesso incomprensibili che non permettono uno scambio, uninterazione, cosa che invece avviene con un film o con la musica dal vivo. Una possibilit di modificazione di questo atteggiamento, al fine di promuovere e incrementare le visite museali dovrebbe provenire dalla scuola, possibilmente sin dalle elementari, cercando di inserire nei programmi scolastici dei percorsi rivolti in maniera pi incisiva al contatto con larte per far crescere negli allievi interesse e passione e avvicinarli cos all esperienza estetica. Stefano Mastandrea

Bibliografia Antinucci F. (2004). Comunicare nel museo. Roma: Laterza. Baldoni Brizza M.T. (2007). Immaginare il museo. Riflessioni sulla didattica e il pubblico. Milano: Jaka Book. Bollo A. (2008, a cura di). I pubblici dei musei. Conoscenza e politiche. Milano: Franco Angeli. Bollo A. e Gariboldi A. (2008). Il visitatore al centro. Esperienza, percezione e gradimento dei visitatori del Sistema Musei della Provincia di Modena. In A. Bollo (a cura di). I pubblici dei musei. Conoscenza e politiche, pp. 77-106. Milano: Franco Angeli. Bourdieu, P. (1979). La distinzione. Critica sociale del gusto. il Mulino, Bologna (2001).

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De Socio P. & Piva C. (2005). Il museo come scuola. Didattica e patrimonio culturale. Carocci, Roma. Ercolani A.P., Mannetti L. & Areni A. (1999). La ricerca in psicologia. Carocci, Roma. Hooper-Greenhill E. (2005). I musei e la formazione del sapere: le radici storiche, le pratiche del presente. Milano: Il Saggiatore. Nardi E. (1999, a cura di). Un laboratorio per la didattica museale. Roma: Edizioni Seam. Nuzzaci A. (2002). I musei pedagogici. Roma: Kappa Edizioni. Vertecchi, B. (1997). Il museo come dimensione dell'apprendimento. Cadmo, IV (13 /14), 75-84.

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La Babele dellarte

MIROGLIFICI. FIGURA E SCRITTURA IN JOAN MIR, TIZIANA MIGLIORE Larte pu ambire alla condizione di una lingua? possibile accedere ai percorsi di formazione di un lessico artistico? Si pu riconoscerli, leggerli e comprenderli? Sono questi gli interrogativi da cui prende le mosse la ricerca condotta da Tiziana Migliore in questo libro. Accogliendo la sfida lanciata pi di un trentennio fa da Raymond Queneau con il Dictionnaire des signes miresques, Migliore esamina la possibilit di svincolare la lingua dai codici convenzionali e valorizzarne la funzione creatrice partendo dal corpus delle opere dellartista catalano Joan Mir. Concepito come un esperimento mentale per pensare una semantica strutturale applicata alle arti, il lavoro di Mir si presta ad unindagine volta a costruire una grammatica della visione, vale a dire ad erigere unanalisi dei modi in cui la visione si organizza a livello sensibile (1) che conduce all'ipotesi di una lingua per immagini. Nel 1949 Queneau coni il termine miroglifico e defin il mir una lingua che bisogna imparare a leggere e di cui possibile fabbricare un dizionario. Partendo da tale intuizione, Migliore prende in esame gli schizzi, i dipinti e i disegni preparatori dellartista; concentrandosi sulla dimensione progettuale dellopera artistica analizza il disegno, che nel lavoro di Mir assume il ruolo di un preliminare indispensabile. E dopo il disegno i diagrammi, poi una combinazione di segni, simboli, sequenze grafiche e cromatiche, dotate di un proprio significato da scalfire, da cogliere, da svelare: Vicende e destini della parole spingono a non accontentarsi di eleganti formule di omologazione, ma a cercare lattivit simbolica immanente, fondata sulla possibilit di trasformare rudimenti naturali in relazioni di potere e dominanza(2). cos che, separando il piano del contenuto dal piano dellespressione latto proprio dellinvenzione della formazione del disegno conduce al fenomeno del simbolismo: I miroglifici, frutto

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di operazioni di simbolizzazione, sono ora emblemi, ora loghi, sigilli o impronte(3). Per Tiziana Migliore il mir un'agor di figure (4). Avanzando la tesi di poter ricostruire un vero e proprio idioma visivo, dotato di una grammatica, una sintassi e un dizionario di figure, Migliore sottoscrive la teoria gi accolta da studiosi come Anati, Dupin, Rowell, Gimferrer e Picon secondo cui Mir avrebbe dato vita ad nuovo linguaggio di segni, un modello di comunicazione tra immagine e parola. Dunque, mettendo insieme larchivio delle opere di Mir e lintuizione di Queneau, lautrice porta in evidenza la specificit assoluta dellopera dellartista catalano nel creare un linguaggio e nel plasmare segni, lo scheletro di un alfabeto [] un vocabolario di forme(5). L'"idio-lessico", vale a dire il lessico idiosincratico di motivi, concepito da Mir a partire dallimmaginario visivo occidentale, costituito da configurazioni ricorrenti e tratti costanti: segni rintracciabili di una scrittura. Si tratta dei principi invariabili della prassi artistica, quelli che Latour definiva immutable mobiles, vale a dire quegli elementi costanti nel corso degli stadi della trasformazione. Come dire, la razionalit nellarte, il metodo nellinvenzione. Facendo riferimento ad alcuni tra gli studiosi pi affermati dellopera di Mir antecedenti fondamentali per compilare un dizionario del mir lautrice recupera ldea secondo la quale nellopera dellartista si possono ritrovare gli psicogrammi dellarte primitiva Mir, che ha ricalcato da quel mondo le maniere con cui forgiare segni, offre dunque loccasione di una seria diagnosi. Mostra i processi della semitizzazione, le vie attraverso le quali una figura diventa pittogramma, ideogramma o psicogramma, quando giunge cio a uno stadio di astrazione che il primo passo verso la scrittura(6). Lesplorazione dei processi di genesi, lanalisi e il confronto delle tipologie di disegno, lo studio delle tracce fisiche e passionali dellartista ricavabili dallopera costituiscono il primo momento della ricerca di Migliore, un momento fondamentale che fonda le basi per una concezione della scrittura come forma stabile(7).

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Le cosiddette stringhe narrative costituiscono le due modalit di impiego della forma grafica riscontrate nel corpus di Mir: si tratta della sequenza, serie composta da pi disegni in progressione, e il motivo configurazione che si ripete nel tempo. Ma lanalisi metodologica dellautrice va molto pi a fondo fino a toccare le radici delle invenzioni del mir. La prima parte della ricerca di Tiziana Migliore propone dunque una panoramica dei motivi che ricorrono nelle opere dellartista catalano e le loro varianti formali e stilistiche: il percorso che porta Mir dal segno al simbolo, le strategie del motivo e della sequenza che permettono di esplicitare una razionalit artistica che si avvale di ruoli e leggi(8). Ed proprio questa la base da cui deriva il progetto del dizionario di figure, appunto, i mirogliorifici. Individuazione di unit interne ai processi che in sintesi sono: forme espressive, ruoli della forma grafica, tecniche di comparazione, supporti, ruoli della forma verbale categorie a statuto artistico(9). Identificate le leggi del sistema, Migliore entra in merito a domande pi esplicite: come si formano i miroglifici, qual la loro storia e la loro provenienza? a questo punto che ci si addentra nella la trama dellidioma scoprendo che il progetto di Mir va ben oltre lutilizzo di singoli segni, funzionando allinterno di una grammatica e secondo regole di sintassi, attraverso una sequela di simboli iconici. Lultimo momento della ricerca di Migliore si incentra sulla scrittura mir. Vengono esaminate le modalit di stesura del mir, libridazione di numeri e lettere e quindi lo studio delle tecniche di raccordo tra i miroglifici e la grafia propriamente alfabetica. In tal senso i due sistemi notazionali, quello ideografico e quello alfabetico, finiscono col coesistere. Si pu dire che il mir traduce e incorpora le mancanze delle scritture alfabetiche rispetto al parlato: il ritmo, lintonazione, i gradi di volume, il timbro, le pause, le caratteristiche individuali di una particolare persona(10). La teoria portata avanti dallautrice quella promossa da Jack Goody(11) che considera langue, parole e scrittura come tre forze vettoriali interdipendenti e, in Mir, inti-

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mamente intrecciate, in modo tale da permettere lincontro tra la lingua e la rappresentazione visiva. Viene sottolineata quindi la traduzione tra miroglifici e segni verbali: verbale e visivo si misurano attraverso i modi del semisimbolico e si traducono con lespediente dellattualizzazione di rime e contrasti(12). Ed proprio la forza della traducibilit tra linguaggio e immagini a confermare lipotesi secondo la quale il mir sarebbe un idioma a tre vertici (come si detto: langue, parole e scrittura). Oltre a delle tavole che riassumono i simboli costanti del linguaggio mir, il libro arricchito da un CD-Rom che contiene pi di 300 opere dellartista, ordinate secondo criteri tematici e cronologici, e molte delle quali pubblicate per la prima volta. Il CD-Rom si rivela in questo caso specifico uno strumento pi che mai utile per applicare la teoria portata avanti nel libro al corpus dellartista catalano. Come scrive Paolo Fabbri nella prefazione del libro: Queneau sfida a decifrare i "miroglifici"; lautrice di questo libro risponde, mostrando che lindescrivibile non limpossibile da descrivere, ma qualcosa che richiede un grande impegno linguistico e semiotico(13). Miroglifici rappresenta lidea del compendio ideale sulla poetica di un artista che ogni fruitore dovrebbe portare con s prima di entrare in un museo. Manrica Rotili

Miroglifici. Figura e scrittura in Joan Mir di Tiziana Migliore et al. / Edizioni, 2011 pp. 305

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Note al testo 1. F. Bernabei, Lvi-Strauss e la critica delle arti figurative in La Biennale di Venezia, nn. LXIV-LXV, 1969; cit. in T. Migliore, Miroglifici. Figura e scrittura in Joan Mir, Et al. Edizioni, Milano, 2011, p. 12. 2. T. Migliore, Miroglifici, op. cit., p. 252. 3. Ibidem. 4. P. Fabbri, in T. Migliore, Miroglifici, op. cit., p. xii. 5. J. Dupin, The Birth of Signs, in AA.VV. 1987, p. 38, cit. in T. Migliore, Miro glifici, op. cit., p. 8. 6. T. Migliore, Miroglifici, op. cit., p. 4. 7. Cfr. ivi, p. 17. 8. Cfr. ivi, p. 105. 9. Cfr. ivi, pp. 107-108. 10. Ivi, p. 22. 11. J. Goody, Il suono e i segni, Il saggiatore, Milano, 1987. 12. T. Migliore, Miroglifici, op. cit., p. 249. 13. P. Fabbri in T. Migliore, Miroglifici, op. cit., p. x.

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LA METAFISICA DELLA BELLEZZA, NICK ZANGWILL Questo libro di Nick Zangwill, uscito in edizione originale presso la Cornell University Press nel 2001 presenta al lettore italiano, nellaccurata traduzione di uno dei nostri migliori esperti di estetica analitica, una scelta di saggi che ruotano attorno a tre campi principali, che sono anche quelli nei quali la ricerca dellautore ha dato i risultati pi innovativi e pi controversi: la questione dello statuto di predicati estetici; la possibilit di riconoscere valori puramente formali nella bellezza naturale e artistica; infine il problema del fondamento dei nostri giudizi estetici. Il primo nucleo di saggi rappresenta una brillante presa di posizione a favore dellidea che le propriet estetiche siano legate alle propriet sostanziali (non estetiche) di un oggetto da una relazione di sopravvenienza. Il concetto non nuovo nellambito dellestetica analitica, per indicare un peculiare rapporto di dipendenza dalle caratteristiche estetiche (la grazia, la delicatezza, leleganza ecc.) da aspetti non estetici (la forma dei contorni, il loro spessore, i colori ecc.): teorizzato, anche se non ancora con questo nome, da Frank Sibley, stato poi variamente ripreso e rimodulato, per esempio da Beardsley e Levinson. Zangwill, oltre ad argomentare brillantemente a favore della nozione di sopravvenienza rispondendo alle critiche pi note che le sono state rivolte nel saggio Difesa della sopravvenienza estetica, si sofferma nei primi due saggi della prima parte sul rapporto che intercorre tra i nostri giudizi estetici verdettivi e i nostri giudizi estetici sostanziali. Con questa terminologia, ripresa dallAustin di How to do Things with Words, Zangwill vuole indicare la differenza che intercorre tra i giudizi che si limitano a dare una valutazione positiva o negativa di qualcosa (come bello o brutto) e i giudizi con i quali descriviamo tali oggetti attribuendo loro caratteristiche estetiche, come per esempio la raffinatezza o la corpulenza. Che rapporto c tra i primi e i secondi? Secondo Zangwill il rapporto tra le propriet verdettive e quelle sostanziali non pu che es-

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sere concepito come un rapporto di dipendenza. Siamo dunque sempre allinterno di una relazione di sopravvenienza, che per si articola adesso su tre livelli anzich su due: le propriet verdettive dipendono da quelle sostanziali, e queste a loro volta dipendono da quelle osservabili nelloggetto. Per spiegarsi con un esempio: un disegno sar bello (propriet verdettiva) perch aggraziato (propriet sostanziale) e sar aggraziato perch le sue linee sono dolcemente curve anzich spigolose (propriet osservabile). Diremo allora che le propriet estetiche sostanziali sopravvengono su quelle osservabili e le propriet estetiche valutative a loro volta sopravvengono su quelle sostanziali. Qualcosa che sia bello scrive Zangwill non pu essere meramente bello. Deve essere bello perch ha certe propriet sostanziali (p. 35); ne segue che chi fosse cieco alla bellezza sarebbe cieco anche alla raffinatezza o alla corpulenza, e chi fosse cieco alla raffinatezza o alla corpulenza sarebbe cieco anche alla bellezza (p. 39). Questo modo di impostare il problema indubbiamente interessante, soprattutto perch, a nostro modo di vedere, va verso una tendenziale assimilazione dei giudizi sostanziali e di quelli verdettivi. vero che Zangwill vuole mantenere la differenza tra il primo e il secondo tipo di giudizio, ma da un lato egli mostra che la natura del primo e del secondo tipo di giudizio la medesima, cio si tratta di giudizi che, kantianamente, possiamo descrivere come soggettivamente universali, dallaltro egli precisa che non ci sono giudizi sostanziali neutrali. I giudizi sostanziali non descrivono caratteri neutrali degli oggetti ma i loro modi di essere belli o brutti (p. 52). Forse si potrebbe fare un passo oltre, e togliere la differenza tra i due tipi di giudizio estetico riconoscendo che ogni giudizio e ogni predicato, se usato in senso estetico, ineliminabilmente valutativo. La parte centrale del volume di Zangwill consacrata ad una difesa del formalismo in estetica. Si tratta di una presa di posizione interessante, oltre che dal punto di vista tecnico-argomentativo, anche da quello, diciamo cos, storico-culturale in senso ampio (cio proprio quel tipo di considerazione che di solito chi proviene da una tradizione continentale trova pi carente nellapproccio anali-

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tico). Infatti dopo il tramonto dello strutturalismo tutte le tendenze dominanti nella critica letteraria e artistica americana ed europea (post-strutturalismo, neostoricismo, cultural studies) sono state caratterizzate da un netto rifiuto della prospettiva formalista, che invece aveva improntato a s alcune correnti critiche fondamentali della prima met del secolo scorso, come la teoria della forma significante di Clive Bell e di Roger Fry nelle arti figurative o il New Criticism in quello letterario. La polemica contro la cosiddetta Intentional Fallacy condotta negli anni Cinquanta una presa di posizione tipicamente formalista (nellopera conta solo quello che ci vediamo o ci sentiamo, non quello che per esempio lautore aveva intenzione di dirci). La tesi esposta nel celebre saggio di Kendall Walton Categories of Art, secondo la quale per il nostro apprezzamento dellopera darte sono determinanti le considerazioni che dipendono dalla storia della produzione dellopera stessa (per esempio il fatto di essere stata prodotta in una determinata epoca storica in riferimento ad un determinato genere artistico, cio in rapporto ad altre opere), al contrario, tipicamente antiformalista. Il formalismo difeso da Zangwill non il formalismo estremo di Clive Bell, secondo il quale un dipinto figurativo solo una fabula de lineis et coloribus in cui il soggetto, cio quel che rappresentato, non ha alcuna importanza: un formalismo estetico moderato. Il formalismo estremo sostiene che in tutte le opere darte le propriet esteticamente rilevanti sono solo quelle formali; il formalismo moderato di Zangwill sostiene che molte opere darte hanno sia propriet formali sia propriet non formali, ma ci sono anche opere darte che hanno propriet solo formali. A questultima classe di opere appartengono secondo Zangwill la musica assoluta e larte visiva non figurativa, per esempio la cosiddetta arte astratta. Opere darte figurative contestuali, cio opere che debbono essere viste necessariamente alla luce di altre opere, come i ready-made; opere rappresentazionali come i ritratti, i quadri storici e le nature morte, hanno propriet non-formali, anche se questo non significa che non possano godere anche di propriet puramente formali.

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Le tesi di Zangwill sul formalismo non sono probabilmente prive di difficolt. In particolare desta pi di un dubbio il tentativo di Zangwill di utilizzare la distinzione kantiana tra bellezza libera e bellezza aderente, dato che essa gi altamente problematica nello stesso Kant. Inoltre appare difficile sostenere, come fa Zangwill, che nel caso della letteratura giochino un ruolo apprezzabile le propriet sensoriali indipendentemente dal significato (pura scorza fonica delle parole e loro valore fonosimbolico), limbarazzata nota a p. 164 ci sembra la prova pi chiara che qui qualcosa non convince. Ma lapplicazione che Zangwill fa del proprio formalismo moderato alla bellezza naturale (nel saggio Bellezza naturale formale) del massimo interesse, anche in questo caso perch essa si oppone al mainstream analitico in materia di estetica della natura, rappresentato come noto dal cosiddetto cognitivismo scientifico di Allen Carlson. La tesi di Zangwill che nella natura, e in particolare nella natura inorganica, ci sono fenomeni che apprezziamo per il loro puro valore formale (per esempio le striature di una roccia o i volumi di un cristallo). Molta bellezza naturale, lungi dallessere dipendente dalle corrette categorie scientifiche come vorrebbe Carlson, categorialmente incongrua: ci stupisce e ci meraviglia proprio perch la troviamo l dove non ce laspettiamo. Le discussioni cui pu dar luogo la scelta formalista di Zangwill sono per ancora poca cosa rispetto alle difficolt che destinata a suscitare nel lettore, che si formato sui classici dellestetica moderna, lultima sezione del volume. In essa Zangwill si fa sostenitore di una posizione realista in materia di giudizi estetici. Questi sono corretti o scorretti, a parere di Zangwill, in base al loro riferirsi a propriet estetiche reali possedute dalloggetto. Si tratta di una convinzione difficile da condividere per chi creda, con Hume, che la bellezza nellocchio dello spettatore, o, con Kant, che i giudizi estetici attestano soltanto qualcosa di relativo al soggetto e al suo stato sentimentale di piacere o dispiacere. Ma direi che proprio il fatto che le opinioni di Zangwill sono tali da spiazzare lo studioso di estetica, costituisce il loro pregio maggiore. In questo come negli altri casi, La metafisica della bellezza ci appare come un libro

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sanamente provocatorio: ci spinge a mettere in dubbio alcuni convincimenti radicati; ci spinge a riflettere sulla loro fondatezza; ci lascia ipotizzare soluzioni diverse. Questo proprio quello che un buon libro di teoria deve fare. Paolo DAngelo La metafisica della bellezza di Nick Zangwill a cura di Michele Di Monte Christian Marinotti, 2011, pp. 268.

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JOHN BERGER L'arte un punto di partenza per parlare dell'enigma del senso, della ricerca del senso nella vita umana. Lo si pu fare raccontando una storia o scrivendo su un affresco di Giotto oppure studiando in che modo una lumaca arriva in cima a un muro. Su tali premesse si fonda il pensiero e la poliedrica opera di John Berger (1926), non solo romanziere, saggista, critico d'arte, ma anche sceneggiatore cinematografico, documentarista, poeta e altro ancora, la cui attivit al centro del trentaduesimo numero monografico di Riga, collana editoriale di rara qualit diretta dai primi anni Novanta da Marco Belpoliti e Elio Grazioli. Il volume, a cura di Maria Nadotti, affronta il lavoro bergeriano da una prospettiva multifocale riuscendo, attraverso la polifonia dei contributi, a restituirne appieno la complessit. Scritti inediti o non ancora tradotti in italiano, testimonianze di colleghi e amici, letture critiche di orientamento disparato e un ricco apparato iconografico, tra cui figura un intenso portfolio fotografico realizzato ad hoc da Armin Linke, si avvicendano senza soluzione di continuit, mostrando questo s in maniera del tutto univoca la stringente coerenza tra la produzione culturale e la vita quotidiana di questo inconsueto intellettuale che, trasferitosi all'apice del successo da Londra a Mieussy, paesino delle Alpi francesi, riflette e si interroga da decenni sui nessi tra linguaggio espressivo ed esperienza sociale. Negli anni Settanta la fama di Berger si lega alla fortunata serie televisiva della BBC inglese Ways of Seeing, da cui scaturisce l'idea dell'omonimo libro (tradotto in italiano con il titolo Questione di sguardi), forse il pi letto e citato dell'intero corpus bergeriano, nel quale gli interessi e il modo di procedere dell'autore sono gi chiaramente delineati. La preminenza dell'aspetto visivo dichiarata nell'incipit del volume: Il vedere viene prima delle parole []. il vedere che determina il nostro posto all'interno del mondo che ci circonda. La visione, avverte Berger, non un'azione meccanica, n puramente fisiologica, una scelta e in quanto tale soggetta a condizionamenti sociali e politici, non sempre immediatamente riconoscibili come tali. Per

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decrittare i codici visivi della cultura contemporanea, in particolare dell'universo pubblicitario della civilt del consumo, Berger in Ways of Seeing ricorre a un uso originale e dinamico delle foto, che non vengono impaginate come semplici illustrazioni funzionali al testo, ma al contrario ne divengono parte integrante, assumendo una posizione fortemente dialettica nei confronti della scrittura. L'iconotesto bergeriano spinge alla lettura incrociata e simultanea di foto e parole che, come ha rilevato Belpoliti, ricorda per certi aspetti il modus operandi del sociologo canadese Marshall McLuhan. L'interesse verso l'uso della fotografia e i suoi effetti sulla percezione e sul comportamento umano, evidente gi in questo libro, viene sviluppato da Berger con autorevolezza e sensibilit in Fotografia e verit, saggio apparso originariamente in Another Way of Telling (1982) e ripubblicato nel volume di Riga. L'autore parte dal discorso barthesiano sul medium fotografico inteso come impronta del reale, come messaggio senza codice, per approdare all'analisi delle conseguenze sociali generate dall'intrinseca veridicit fotografica, da quell'incapacit di mentire connaturata al mezzo, dovuta al suo specifico citare la realt invece che tradurla. Nella prospettiva bergeriana, infatti, trucchi e fotomontaggi non rappresentano altro se non la conferma stessa dell'innato realismo della fotografia. Ed proprio di tale veridicit che si avvale il sistema dell'advertising per acquisire un surplus di autenticit e di credibilit utile a veicolare i propri messaggi distorti: La macchina fotografica non mente neanche quando cita una menzogna. La conseguenza che ci rende la menzogna pi credibile. Se la fotografia di per s non pu mentire, per la stessa ragione non pu neanche dire il vero, o meglio la verit che pu esprimere limitata e circostanziata. Sebbene siano molti i fotografi utopicamente impegnati in una costante ricerca della verit, motivati da sentimenti nobili e capaci talvolta persino di mobilitare l'opinione pubblica, presumere che quanto si vede in foto sia la verit assoluta genera una forte confusione divenuta, secondo Berger, endemica. In un sistema come quello tardo capitalista, in cui si assiste alla progressiva soppressione della funzione sociale della soggettivit, anche la fotografia viene recuperata a questo scopo; il realismo fotografico serve a

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dimostrare che i fatti contengono irrefutabilmente la verit: ormai priva delle speranze del positivismo ottocentesco, la fotografia viene adottata dall'opportunismo del capitalismo corporativo. Analoghe preoccupazioni sull'uso della fotografia in seno alla societ del consumo emergono, negli stessi anni, dagli scritti di Susan Sontag, intellettuale legata a Berger da un rapporto di reciproca stima, autrice del celebre On Photography (1977), saggio ancor oggi cruciale nell'ambito della critica fotografica, nonch testo fondante per le riflessioni bergeriane pubblicate in The Uses of Photography (1978). Un puntuale raffronto tra i due proposto nel contributo di Remo Ceserani che, al di l delle pur profonde divergenze teoriche, rivela una base comune in cui la fotografia letta come strumento in grado di mutare radicalmente la nostra concezione e la nostra consapevolezza della realt: quindi come uno strumento dalle potenzialit sconfinate, davanti al quale continuare a interrogarsi sia per tentare di rintracciarne, come fa Berger, possibili usi alternativi; sia per raggiungere quell'ecologia, non soltanto delle cose reali, ma anche delle immagini, ipotizzata da Sontag. Raffaella Perna John Berger a cura di Maria Nadotti Riga, 2011 pp. 352

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LA TRAPPOLA DI NARCISO. LIMPATTO MEDIALE DELLIMMAGINE FOTOGRAFICA. FRANCESCO PARISI Il titolo di questo volume evoca scenari che, a prima vista, potrebbero apparire lontani dal mondo della fotografia. Cosa ci fa Narciso accostato allimmagine fotografica? In realt, lanalogia sussiste eccome, se si pensa che gi a met dellOttocento Oliver Wendell Holmes (1859) parlava dellimmagine fotografica come di uno specchio dotato di memoria, uno specchio capace di intrappolare lidentit delle persone che avevano offerto il loro volto al tirannico congelamento del dispositivo. Il riferimento alla mitologia, per, non deve ingannare. Il libro di Francesco Parisi, ricercatore presso lUniversit di Messina, tuttaltro che un volume letterario o filologico; piuttosto un tentativo di spiegazione dellimmagine fotografica in termini cognitivi ed estetologici. Che effetto hanno le fotografie su di noi? In che modo modificano la nostra esperienza? Queste sono le domande che guidano la ricerca. Per rispondere lautore usa un approccio multidisciplinare, sebbene prevalentemente cognitivo, risalendo, in questa operazione di mescolamento epistemologico, agli studi di Marshall McLuhan. Nella prima parte del volume, Francesco Parisi cerca di dimostrare che uno studio attento degli effetti dei media deve concentrarsi non sui contenuti che i media stessi veicolano, ma sulla mutazione delle forme estetiche che lintroduzione di tali media ha causato nella relazione tra individuo e ambiente. Qui il tema dominante evidentemente lassunto macluhaniano sintetizzato nel celebre slogan: Il medium il messaggio. Non serve, sosteneva, McLuhan, analizzare limpatto che un certo programma TV (il messaggio) esercita sulle persone; ci che conta davvero capire come la TV stessa (il medium) abbia cambiato le forme dellassociazione umana. Questa impostazione vale per tutti i media e quindi anche per la fotografia: per comprendere limpatto mediale ci che lo stesso McLuhan chiamava il massaggio dellimmagine fotografica sulle nostre strutture sensoriali e cognitive, dunque, non serve indagare il contenuto di ogni singola immagine, ma concentrarsi sui modi di frui-

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zione che losservatore mette in atto dal momento della comparsa delle immagini fotografiche allinterno dello scenario mediale. A partire da questa prospettiva, la seconda parte del volume punta allindividuazione delle specificit estetico -cognitive che limmagine fotografica possiederebbe rispetto ad altre tecnologie mediali. A testimonianza dellimpostazione multidisciplinare che caratterizza lintero volume, lautore fa qui appello agli studi di filosofia della fotografia, condotti nellambito dellestetica analitica di matrice anglosassone, purtroppo ancora scarsamente recepiti in Italia. La discussione critica intorno alla specificit estetologica dellimmagine fotografica (capp. 6-7) si concentra essenzialmente su tre questioni chiave: il problema della trasparenza delle immagini (che affronta le tesi parallele di Kendall Walton e Roger Scruton); la distinzione tra modalit albertiana e modalit kepleriana della rappresentazione visiva (prospettata da Jonathan Friday); la rilevanza epistemica ed estetica dei background beliefs (a partire dalla proposta di Cohen e Meskin) per il modellarsi delle attitudini percettive dellosservatore. Dallintreccio di questi diversi percorsi analitici emerge chiaramente che la specificit mediale dellimmagine fotografica consiste nel suo essere una tecnologia capace di ri-presentare il mondo in modo unico, che deve in sostanza la sua peculiarit alla fusione di tre tecnologie differenti e preesistenti: la meccanizzazione della prospettiva rinascimentale, lestensione protesica della visione e il funzionamento dello specchio (p. 82). Ma il punto decisivo, per ci che riguarda la dimensione estetica, che di questa speciale relazione di dipendenza ontologica lo spettatore inevitabilmente consapevole e ne , altrettanto inevitabilmente, condizionato. Le virgolette qui suggeriscono come le aspettative e le anticipazioni cognitive che agiscono sulla percezione dellimmagine fotografica vadano intese in senso lato, in quanto esse comprendono anche la sfera di una percezione automatica e irriflessa, per quanto acquisita. A questo scopo lautore esplora con attenta cautela anche i recenti risultati delle neuroscienze e le possibili, controverse ricadute sul versante della cosiddetta neuroestetica (cap. 8) senza trascu-

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rare, per altro verso, il problema degli eventuali effetti della rivoluzione digitale sulle nostre modalit percettive (cap. 9). Gli argomenti messi a punto attraverso questi diversi strumenti di analisi conducono infine alla terza parte del volume, intitolata eloquentemente La fotografia smontata, in cui lautore esamina partitamente e mostra gli effetti mediali delle singole tecnologie che costituiscono la specificit dellimmagine fotografica. Anche qui il discorso intesse riferimenti storiografici alla pratica artistica e alla psicologia con la discussione degli esiti empirici di ricerche sperimentali. Scopriamo cos, tra i molti esempi trattati, il reciproco condizionamento tra memoria e percezione fotografica (pp. 160162) che dimostra come immagini fotografiche fasulle possano ingenerare retrospettivamente negli osservatori false memorie (ad esempio aver fatto gite in mongolfiera in realt mai avvenute!) o piuttosto memorie protesiche, vicariate da ci che ci si aspetta dalla forza testimoniale accreditata alla fotografia. Evidentemente ci fidiamo pi delle macchine fotografiche che di noi stessi. Ma si tratta solo di uno dei tanti elementi di riflessione teorica offerti del testo, intesi a mostrare la profonda e pervasiva fusione mediale tra la tecnologia fotografica e la percezione di noi stessi e della nostra vita quotidiana. Il volume di Parisi ha certamente il pregio di trattare in maniera innovativa un soggetto che ormai da qualche tempo risente di una certa staticit teorica. Il prezzo da pagare per questa originalit rintracciabile, forse, nella frammentazione dei riferimenti e nel carattere talvolta eterogeneo degli accostamenti proposti. Scienze cognitive, neuroestetica, filosofia della fotografia, mediologia, storia dellarte: una complicata rete di rimandi che, per, ha sempre come centro di riferimento la natura dellimmagine fotografica. Del resto, si tratta di un lavoro di ricerca che punta alla definizione di un modo alternativo di concepire lo studio di questa materia: in tale prospettiva, non vi sono dubbi sulla validit e sulla ricchezza di spunti che si possono ricavare dalla lettura. Ida Panzera

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La Trappola di Narciso. Limpatto mediale dellimmagine fotografica di Francesco Parisi Le Lettere, Firenze, 2011, pp. 186

Si ringrazia Chiara Cottone per la collaborazione

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IRENE BRIN Qualche anno fa, in seguito allacquisto nel 2000 dal libraio Giuseppe Casetti da parte della Galleria nazionale darte moderna di un fondo archivistico relativo allattivit della Galleria dellObelisco, cominciarono ad evidenziarsi nuovi motivi di interesse e di studio anche in merito ai coniugi Del Corso, loro promotori, e pi in particolare intorno alla figura di Maria Vittoria Rossi, meglio conosciuta come Irene Brin. LObelisco era la Galleria di via Sistina che la Brin apr insieme al marito Gaspero Del Corso nel 1946 e che ha segnato un momento importantissimo per la vita culturale romana dellimmediato dopoguerra. Basti pensare che la coppia per prima port in Italia artisti del calibro di Rauschenberg e Calder e scopr e sostenne nomi come Burri, Afro e Capogrossi. Si inizi ad aprire le scatole dei documenti nel 2005 e cominciarono ad emergere, tra quelli della Galleria, sempre pi copiosi e quasi prevalenti gli scritti di Irene, i suoi libri, gli articoli, le sue foto, le agende scritte a due mani con il marito. Nel settembre dello scorso anno il nipote di Irene, Vincent Torre, attraverso Lorenza Trucchi, amica di famiglia e una delle ultime testimoni dirette della Brin, prese contatti con la Galleria: era il 2011 e si stavano svolgendo nella villa avita di Sasso di Bordighera i festeggiamenti in occasione del centenario della sua nascita. Da questi contatti emerso da una parte la consapevolezza della poca notoriet di questo personaggio ingiustamente dimenticato e dallaltra lesistenza di un nucleo di persone che, a vario titolo, frequentavano ed amavano Irene. Si cos dato il via ad una serie di incontri di cui si sono gi avuti alcuni frutti: il 20 aprile 2012, nellambito delle iniziative della Settimana della cultura, sono stati presentati in Galleria la prima biografia su Irene, Mille Mari di Claudia Fusani con prefazione di Concita De Gregorio, e la riedizione di Olga a Belgrado, di cui il nostro Archivio conserva le ultime bozze, corredata di due testi critici di Franco Contorbia e Flavia Piccinni. La stessa Piccinni curatrice del documentario "I mille volti di Irene Brin", regia di Alessandro Giordani e produ-

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zione Digital Room, e della trasmissione Passioni in onda su Radio 3, una serie di interviste volte a ricostruire la vita, gli interessi, i molti volti ancora sconosciuti di questa donna, giornalista di moda e costume, appassionata darte, soprattutto modernissimo esempio di operatore culturale. Prevediamo inoltre di pubblicare entro la fine dellanno il manoscritto inedito di Irene LItalia che esplode conservato nel Fondo dellObelisco e che narra le vicende italiane dellanno 1952, da lei considerato lanno chiave della trasformazione culturale del nostro paese. Molte altre sono le idee, i progetti e le iniziative che ci impegnano e che vorremmo vedere realizzate. Intanto, oggi, in appendice alla rivista della Galleria nazionale darte moderna, presentiamo lindice analitico di tutti i documenti contenuti nel Fondo dellObelisco (1), frutto di un lungo lavoro di riordino, riconoscimento e schedatura. Pensiamo possa essere un ulteriore tassello per completare il puzzle di questa multiforme personalit e per indagare un periodo storico italiano assai fertile, ricco di idee, che hanno portato lItalia ad una nuova rinascita dopo i disastri che la guerra aveva lasciato. Possa essere un buon auspicio e un esempio per il futuro del nostro paese. Claudia Palma

1.

LObelisco http://bit.ly/THz4OV

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INDICE
PARERGA
Maria Vittoria Marini Clarelli Un indirizzo (non solo postale) pag. 5

ATTRAVERSO IL MUSEO
Barbara Tomassi Lordinamento del deposito XIX secolo oggi aperto alla consultazione del pubblico Alessandro Maria Liguori I lavori di ristrutturazione del deposito pannelli di ferro Andrea G. De Marchi Il vecchio nel nuovo 1. Le cornici del museo: roba vecchia e scoperte nuove 2. Quadri antichi a sorpresa Marcella Cossu Manz e l Arte riconciliata con Dio. Iconografia del Pius Pellicanus nei cibori della cappella di S. Francesco della Cattolica di Milano e della chiesa parrocchiale di S. Pietro Apostolo ad Ardea Mario Ursino La Gioconda di Gabriele DAnnunzio Massimo Licoccia Lampliamento della Galleria nazionale darte moderna: - i momenti critici nella storia del cantiere - i contatti tra Palma Bucarelli e Walter Gropius

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TEMPORANEA
Mariastella Margozzi Il gran muro panoramico vibrante di Jesus Rafael Soto. Il recupero di unemozione Tulliola Sparagni Camminare, viaggiare, volare. Il tema del movimento in Paul Klee Angelandreina Rorro Warhol in Italia. La percezione dei giornali

pag. 107

pag. 115 pag. 124

Giovanna Coltelli Metalogando con Tamburi

pag. 131

DIETRO IL PALCOSCENICO
Matilde Amaturo Lucia Romualdi al Museo Andersen. Quando il back stage vale un site specific Il patrimonio culturale on line: museo & web. Intervista a Maria Teresa Natale Eva Schubert Le mostre virtuali di Museo Senza Frontiere

pag. 153 pag. 159 pag. 165

LO SGUARDO DEL/SUL PUBBLICO


Il pubblico del Caff delle Arti Maria Mercede Ligozzi Chiara Stefani Indagine conoscitiva sul pubblico del Museo Praz Stefano Mastandrea Una ricerca sulla frequenza museale in un campione di studenti universitari pag. 173

pag. 175

pag. 191

LA BABELE DELLARTE
Monica Rotili Miroglifici. Figura e scrittura in Joan Mir. Tiziana Migliore Paolo DAngelo La metafisica della bellezza. Nick Zangwill Raffaella Perna John Berger Ida Panzera La trappola di Narciso. Limpatto mediale dellimmagine fotografica. Francesco Parisi pag. 203 pag. 208 pag. 213

pag. 216

APPENDICE
Claudia Palma Irene Brin pag. 221

BELLE ARTI 131


RIVISTA ON LINE DELLA GALLERIA NAZIONALE DARTE MODERNA E CONTEMPORANEA

Direttore
Maria Vittoria Marini Clarelli

Comitato scientifico
Matilde Amaturo Rita Camerlingo Marcella Cossu Danilo De Girolamo Andrea De Marchi Stefania Frezzotti Massimo Licoccia Alessandro Maria Liguori Maria Stella Margozzi Massimo Mininni Angelandreina Rorro Patrizia Rosazza Ferraris

Comitato di redazione
Giovanna Coltelli Martina De Luca Maria Giuseppina Di Monte Maria Mercede Ligozzi Chiara Stefani Fabiana Verolini

Progetto redazionale
Maria Mercede Ligozzi

Foto
Roberto Galasso Alessandro Maria Liguori Silvio Scafoletti

Progetto grafico
Alessandro Maria Liguori Fabiana Verolini

ISSN 2281-4817

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