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Analisi di Cleopatrs di Renata Savo 0 Contesto Durante gli ultimi anni della sua vita, resi difficili da un tumore

che lo avrebbe portato via nel 93, Giovanni Testori nato nel 23 nel milanese da una famiglia di ferventi cattolici ha scritto la sua ultima fatica: un progetto drammatico ambizioso, ispirato alla Divina Commedia, di cui rappresenta una sorta di parodia. Tre monologhi in versi, tre personaggi per tre cantiche: Cleopatrs (la regina, si pu dire, qui viene direttamente dal girone infernale dei lussuriosi), Erodis (parte che corrisponde al Purgatorio) e Mater Strangoscis (parte che corrisponde al Paradiso). I Tre lai (cos pubblicati, il laio era una forma poetica fissa in uso durante il Medioevo, poi sviluppatosi in generi di poesia diversi) non furono rappresentati insieme: nel 1996 and in scena Cleopatrs, al Teatro Rasi di Ravenna per il Ravenna Festival, e gli altri due confluirono in Due lai, del 98; tutti, quindi, sposarono la scena dopo la morte dellautore. Forse il dolore della malattia, che rendeva la morte una realt sempre pi imminente, port Testori a sentire lurgenza di comporre questi tre monologhi, dove i personaggi piangono la morte o il rifiuto di una persona amata (in questultimo caso c comunque la protagonista, Erodiade, che nutre il desiderio di annullamento): Cleopatra piange la morte di Antonio, Erodiade si strazia per il rifiuto di Giovanni Battista, la Madonna si addolora per la morte del figlio. Proprio lamore, tuttavia, e non la morte, il centro ispiratore dellopera: <<quello ricambiato e goduto nel primo caso, quello inappagato e frustrato nel secondo e infine quello che si realizza nel desiderio di dare senza niente chiedere in cambio>>.1 Cleopatrs debutta il 2 luglio del 1996. Testori morto gi da tre anni. E Federico Tiezzi con i suoi Magazzini2 a prendere in mano il testo di Cleopatrs e vestirlo addosso a Sandro Lombardi, quasi shakespearianamente (non a caso, la fonte drammatica pi nota della storia damore fra Antonio e Cleopatra proprio quella del Bardo, che Testori tiene ben presente, facendo citare a Cleopatra direttamente il famoso in folio), scegliendo di far interpretare il monologo femminile a un uomo. Sia Lombardi che Tiezzi avevano gi avuto modo di confrontarsi con la drammaturgia testoriana con Edipus (1994) (che valsero il Premio Ubu a entrambi, regista e interprete), e avrebbero continuato a farlo nel 2001 con Ambleto . Secondo alcuni, senza Sandro Lombardi e Federico Tiezzi, nel teatro italiano, di Testori non si sarebbe parlato;3 Sandro Lombardi ha raccontato nel 2003, infatti, come dieci anni prima, a partire da Edipus, il lavoro insieme a Tiezzi abbia contribuito a non lasciar appiattire il giudizio della critica su Testori, cattolico e omosessuale; la critica, infatti, non riusciva a comprendere il valore complesso della sua scrittura. Da dieci anni mettiamo in scena opere di Testori, in particolare i cinque testi (Edipus, Cleopatrs, Erodis, Mater stranguscis, Ambleto). Tutto quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto unicamente pensando a risolvere problemi di carattere teatrale; solo a posteriori, oggi, mi posso rendere conto che allora, dieci anni fa, cera un tentativo, pi o meno consapevole, da parte
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http://amati.fupress.net/S100?idattore=4404&idmenu=8 Compagnia formatasi nel 72 come il Carrozzone, composta stabilmente da Federico Tiezzi, Sandro Lombardi e Marion DAmburgo. Lo stesso nucleo artistico ha lavorato poi, dallinizio degli anni ottanta, come Magazzini criminali, diventato in seguito Magazzini. Oggi parte del gruppo originario lavora come Compagnia Lombardi -Tiezzi dal 2001. 3 http://www.railibro.rai.it/articoli.asp?id=152

dellestablishment teatrale e culturale italiano di archiviare il pi frettolosamente possibile Testori, e quindi di appiattirlo sullultima fase del suo percorso spirituale, della sua tormentata avventura espressiva e cio la sua adesione diretta al cattolicesimo. Lungi da me dal diminuire limportanza di questo momento ma chiaro che esso ha senso solo se messo in rapporto con altri aspetti della vita e dellopera di Testori, un autore che ha fatto del proprio rapporto con la realt il centro della sua attivit di scrittura. Il cattolicesimo quindi ha senso nel complessivo contesto testoriano, se lo si fa cortocircuitare con il suo momento anarchico, e questo non si spiega senza la dimensione dellerotismo, cos come la dimensione dellerotismo non scindibile dalla suo ricerca della verit e dello spirito. Tutto questo precipita, proprio come un precipitato chimico, in quella grande invenzione della lingua testoriana.

1 Temi, topic e sottotemi Lamore: erotico, carnale, sensuale, passionale, illecito, nascosto. Cleopatra situata nel girone infernale dei lussuriosi nella Divina Commedia. Testori recupera Dante, citando quasi letteralmente le note terzine amar che a nullo ho amato amar perdona, mi prese del costui piacer s forte del Canto V, traslandole in: amor che a nullo orrato /orrar perdona mi prese del roman/piacer s forte. Ogni potenziale relazione con un essere vivente pensata e agita in termini sessuali o allusivi, dal garzon che le porger il cestino in cui si nasconde il serpente, al ricordo di Giulio Cesare, allo stesso serpente: Alzati, allora, su, alzati, o serpentello. *+ Oh bello, bello Entro le dida, fatigando, io me, o gran liberator, te prendo *+ per offrirtela a te pronta la mia tetta?. La morte: inevitabile, espressione di una visione nichilista Oh Togn, *+ Reposarem?/ E cuma,/ e com,/ se pian pianon/ de merda spurulenta/ diverrom? scagliandosi in fin di vita verso lo stesso dio; morte spettacolarizzata: la Cleopatra di Testori profondamente consapevole del modo in cui il teatro la fa morire sulle scene e lei stessa in punto di morte si rivolge allo scrivan che dovr perpetuare la sua memoria.

Anche il teatro, nella sua declinazione meta-teatrale, un altro tema forte di questa pice, Cleopatra quasi del tutto lattrice che interpreta Cleopatra, il non-personaggio di Cleopatra. Talvolta la regina si rivolge direttamente agli spettatori, invitandoli a restare fino alla fine, anche dopo che il serpente si sar staccato dal suo seno e sar sceso in platea, affinch essi non si perdano il momento culminante della sua recita. Inoltre, da brava prima attrice si preoccupa di come gli spettatori possano vederla e domanda al garzone (un fantoccio ritagliato in lamiera, secondo la didascalia del testo) unopinione a riguardo: cos va ben?/ Son giusta/come attor?/Il gesto/mappartien? . E per finire, forte la sua consapevolezza di attrice/personaggio quando, rivolgendosi allautore (con curioso effetto autoironico), gli fa notare di essersi ispirato anche lui come tanti allenfolio scespiriano. Non mancano riferimenti pi generali alla musica e allo spettacolo (rock, foxtrot, tango, Turandot), una dimensione che Tiezzi fa accentuare attraverso il canto e laccompagnamento al piano, creando unatmosfera da avanspettacolo.

2 Ricostruire la fabula

2.1 Racconto drammatico

Parla un dialetto fantasioso, una specie di grammelot, Cleopatra (o Cleopatrs), un dialetto costruito sul milanese della Valassina, territorio in cui potremmo sforzarci di immaginare questo monologo. Con questa lingua bizzarra Testori fa piangere la famosa Cleopatra, regina dEgitto che ha perduto il suo Antonio; dentro un flusso di ricordi che talvolta sinterrompe per smascherare la finzione e far salire a galla quel gioco teatrale che sposta il dramma della perdita su un piano quasi esclusivamente erotico e sessuale. Cleopatra, donna affascinante e altezzosa come una prima attrice. Ma unattrice che deve cominciare a prendere coscienza del tempo che passa. Del sole che tramonta sul viale in cui cammina. A un certo punto, infatti, Cleopatra ricerca le attenzioni del garzone che deve porgerle la fiscella; tenta di sedurlo, ma sintuisce che questi non le corrisponde. Sintuisce perch il garzone un personaggio che non parla, un oggetto inanimato nel testo (nello spettacolo di Tiezzi proprio fisicamente assente). Tuttavia, svolge una precisa funzione drammaturgica allinterno del dispositivo teatrale: lelemento che giace sulla scena per ricordare allattrice che il dramma deve andare avanti, fino alla fine, fino al morso di quel serpente che le toglier la vita ma solo per finta. E allora per continuare serve lo scrivn, lo scrittore, al quale Cleopatra-personaggio rivolge le sue ultime imprecazioni, per averle ricordato la felicit di un tempo e quel fascino di cui non rimasto molto. Al finale, quindi, ci si deve arrivare pian piano, con la lentezza che merita, affinch quellinesorabile momento, la tragica morte, possa diventare il culmine atteso dello spettacolo. E anche quando il serpente sbucher dal cestino per morderle il seno (in realt ci sar evocato solo dal testo), le ultime parole saranno sprecate ancora una volta per invitare gli spettatori presenti a non fuggire, a non perdere la parte pi degna di plauso della sua recita, come se un serpente vivo si fosse realmente annidato in quel cestino. Tutto il monologo, quindi, si colloca dentro una dimensione sospesa, a met tra realt e finzione teatrale. Il ruolo dellintreccio, quindi, ricorda un po Amleto tra Shakespeare e Laforgue di Carmelo Bene, dove il fulcro centrale del dramma non era quello familiare e, quindi, commettere o non commettere lorrido evento ma, studiando il modo migliore per inscenarlo, essere o non essere attori. In questo senso anche la regia di Tiezzi profondamente meta-teatrale, a partire dalla scelta di far interpretare Cleopatra a Sandro Lombardi, che s sottolinea la finzione, ma anche cita consapevolmente il teatro elisabettiano (quindi Shakespeare, autore della fonte drammatica pi nota, Antonio e Cleopatra) dove, come tutti sanno, a esibirsi come personaggi femminili erano interpreti maschili; lo stesso Shakespeare con autoironia lasciava dire a Cleopatra che prevede cosa ne sarebbe della memoria di s nel caso in cui diventasse la schiava di Ottaviano:

Littori screanzati ci abbrancheranno come prostitute e rognosi poetastri cantastorie comporranno su noi lubrici versi; e i lesti commedianti, improvvisando, ci rappresenteranno sulla scena,

noi e i nostri festini di Alessandria, raffigurando Antonio nelle vesti dun grande ubriacone, e io dovr vedere un ragazzetto nei panni miei, nei panni di Cleopatra, divertirsi a squittir la mia grandezza, 4 dandosi atteggiamenti di puttana.

Proprio limmagine dellultima quartina sembra aver ispirato la regia di Tiezzi, ma anche (e soprattutto) la Cleopatra testoriana, cos consapevole della sua natura di personaggio e cos voluttuosa. Un altro aspetto meta-teatrale che caratterizza il testo spettacolare latmosfera creata da Tiezzi, che ricorda quella di una serata di cabaret. Lo spettacolo si apre, infatti, con due mani coperte da guanti bianchi che si fanno spazio in mezzo al sipario, un occhio di bue che illumina davanti al sipario la figura intera di Lombardi, entrato vestito in abito da sera e con il volto camuffato da una maschera di trucco quasi clownesca; a marcare con nettezza la distanza critica tra lui, lattore, e il personaggio che sta per interpretare. Prima di cominciare, per, quasi ripercorrendo la struttura di una tragedia greca, il primo ingresso segnato da un canto (o meglio, una canzone) che narra l antefatto agli spettatori; anche qui la fonte musicale del brano assolutamente teatrale, e non a caso, forse, la citazione va proprio al regista meta-teatrale per eccellenza, Bertold Brecht: la melodia su cui Lombardi narra lantefatto e invita gli spettatori ad ascoltarlo , infatti, Salomon Song di Kurt Weill, dallOpera da tre soldi. Nella regia di Tiezzi il testo drammatico ridotto, ma si ritrovano in pi canzonette accompagnate al pianoforte, che accentuano la componente spettacolare, cabarettistica, in maniera crescente, fino al melanconico finale, che riprende, musicata, una poesia dello stesso Testori, Volpe damore, quasi come se lelemento autobiografico alla fine abbia preso il sopravvento per esprimersi del tutto in una finta autocelebrazione dellautore. Sandro Lombardi attore unico, gli altri personaggi vivono nella sua memoria e nella sua immaginazione: Antonio, al quale Cleopatra si rivolge come fosse l presente, evocato da un manto rosso che Lombardi tiene fra le braccia, il garzone fisicamente assente, il serpente richiamato da Lombardi sulla sua bombetta, ma anche, da un certo punto in poi, in alto, al centro della scena, sospeso in aria in modo da creare un effetto del tutto figurativo e bidimensionale. 2.2 Linguaggio S gi accennato alla particolare scelta del linguaggio di questa Cleopatra: il dialetto milanese parlato nella terra dellautore. DallEgitto alla Valassina, quindi. Una regina trasferita in una regione provinciale e inurbata, in mezzo alla pianura padana, non conserva nulla di regale. Questa trasposizione che poi vera e propria non perch il testo, pur ispirandosi a diverse fonti, possiede una logica e una valenza senza paragoni fa pensare indirettamente al procedimento inverso subito dal noto romanzo scritto da un autore peraltro molto caro a Testori, Alessandro Manzoni, che rimaneggi I Promessi Sposi ripulendone il linguaggio delle inflessioni dialettali (milanesi) che abbondavano nella prima edizione (1827). Anche qui, nel caso Testori, il linguaggio in versi diventa un incrocio di tante cose: parole toniche terminanti in consonanti, dove la consonante o lultima della parola, troncata della vocale finale (es. scrivn), oppure, viene aggiunta come un vezzo alla parola intera (creando una sorta di parodia della lingua stessa,

http://www.liberliber.it/mediateca/libri/s/shakespeare/antonio_e_cleopatra/pdf/antoni_p.pdf

da quella dialettale a quella poetica): soprattutto la consonante s (alla maniera dellitaliano che tenta di parlare spagnolo) come si evince anche dal titolo dellopera, Cleopatrs. In virt di questa strana commistione linguistica lo stile oscilla tra laulico, il pomposo, e il basso; non manca, infatti, il lessico volgare, ricavato dalla sfera erotica e sessuale, cos come non mancano le metafore e termini onomatopeici per indicare lamplesso (bum bum) e lautoerotismo (mio caro servidore, forse che senza anca toccare non ti sei messo lusellin, l, l, a tirare?). Numerosissime le allitterazioni, le assonanze, le ripetizioni, che spesso confluiscono nella rima baciata; numerosi i superlativi, quindi le iperboli, che accentuano il carattere altisonante del personaggio, cos come sono presenti dei diminutivi, che umanizzano e sminuiscono la grandezza della figura storica, come nel caso delle invocazioni Togn, Tugns, Toni, Tugnn per Antonio. Abbondano (com prevedibile, data la romanit dellamato defunto) latinismi, soprattutto la particella coordinante et. Si gi accennato alla struttura dellopera letteraria, che si articola in un unico monologo della regina, senza altre voci (neppure fuori scena), nonostante i riferimenti al garzone: figura muta che dovrebbe essere visibile in scena sotto forma di fantoccio, ritagliato in lamiera, dun giovane pastore che reca nelle mani la fiscella (assente nella regia di Tiezzi, vediamo gi la fiscella in scena, e il garzone lo immaginiamo dietro le quinte); com indicato nellunica didascalia del testo, situata in apertura, che assolve la funzione di sottolineare il gusto ibrido della scena, e quindi del trono (in stile egizian-canturiese), e segnalare la presenza di ampi gradini davanti ad esso.

3 Attore-personaggio-performer Si gi detto come il personaggio di Cleopatra oscilli tra l attore che interpreta Cleopatra e il personaggio della regina, ma trasposto in una veste assolutamente nuova, quella del cabarettista milanese a cui piace dar mostra di s. Abito da sera, papillon e guanti bianchi, una bombetta alla Charlot, il trucco che ricopre il volto di una carica androgina: questa la Cleopatra di Tiezzi. La sua storia evocata da un trono austero, sovraccarico di linee appuntite che sirradiano nello spazio come ali di pavone, e un serpente doro, che si attorciglia sulla sua bombetta creando un bizzarro accostamento. Una Cleopatra prima attrice che ha perduto il sua fascino e la sua leggendaria sensualit. Una Cleopatra vera capitana e antesignana di tutte le soubrette, che pur di recuperare almeno un po di quella sensualit sarebbe disposta a tutto, anche a provarci con il primo essere vivente di turno. Ma qui non ce ne sono. Cio, ci sono, ma non se ne vedono: dovr essere la stessa Cleopatra a raccogliere da s il cestino che nasconde il serpente, perch il garzone si mantiene distante, dietro le quinte, e lo stesso animale in scena si tiene alla larga dalla regina, restando in alto, come uninnocua evocazione. Tutto lo spettacolo costruito per evocazioni: lo stesso Antonio evocato da un manto rosso, tenuto fra le braccia come la Madonna regge Cristo nella Piet michelangiolesca (che Tiezzi alluda alla terza parte della trilogia dei Tre lai?). A met spettacolo Cleopatra-Lombardi indossa sopra labito un mantello regale bianco e foderato in oro; cos vestito, invoca prima il sole e poi la luna, rappresentati da un cerchio che assume rispettivamente i colori rosso e bianco, contrastanti con il resto del fondale, blu, dove illusionisticamente si sovrappone, schiacciandosi, la linea serpentina dellaspide; sono immagini, queste, che ricordano la pittura astratta di Kandinskij con le sue teorie sul contrasto cromatico e i suoi elementi costitutivi: punto, linea e superficie.

Un altro universo figurativo inevitabilmente richiamato la pittura surrealista: nellaccostamento dei colori, nellassociazione bombetta-serpente, in una conchiglia che pende a destra della scena, vicino alla quale Cleopatra-Lombardi avvicina lorecchio. C forse proprio qualcosa di Dal in quel personaggio tronfio, che si esprime con una verbosit inaudita, e che nelle linee del volto, con le sopracciglia disegnate sulla fronte come per ammiccare a due occhi sbarrati, ricorda una smorfia in cui lartista spagnolo si lasciava immortalare spesso. Per quanto riguarda lazione, la gestualit di Lombardi retorica, ma calcolata; il tronco fermo, le braccia si muovono quasi a scatti, per pose, durante le quali le mani si appiattiscono per assumere una forma squadrata, al punto da sembrare in alcuni momenti una marionetta. Altre azioni, nei momenti di pausa, consistono principalmente in esibizioni canore, trucchetti di magia, oppure vediamo Lombardi fare segno di aspettare e di ritardare il suo ingresso al garzone fantasma dietro le quinte, perch tutto il pathos, lazione, a teatro, deve convergere l, dopo, nel finale. Prima di allora, la tensione deve solo accumularsi, per poi esplodere e strappare lapplauso del pubblico. Proprio quella morte tanto attesa culminer in una smorfia di piacere, in un sospiro di sollievo. Forse perch anche per lattore, come per chi desidera la morte, la fine della recita rappresenta una liberazione.

4 Spazio Qualcosa sullo spazio si gi detto. Il testo indica pochi oggetti: ampi scalini, un trono in stile egiziancanturiese, un fantoccio in lamiera che rappresenta un giovane pastore. Uno spazio essenziale, che Tiezzi rielabora secondo una chiave surrealista, pi visionaria rispetto al testo, che passa attraverso il Teatro, o meglio, la finzione teatrale. Allinizio, dietro il sipario davanti al quale Lombardi esordisce con unesibizione canora su una musica non originale ( di Kurt Weill) orchestrata al pianoforte (dove si trovi il pianoforte non chiaro unicamente sulla base della fonte audiovisiva registrata per la Rai, a mia disposizione) esibizione che assolve una funzione introduttiva, simile a quella di un coro tragico che condensi la storia di Cleopatra in una morale conclusiva ( Beate son le brutte!) dietro il sipario, dicevamo, troviamo un altro panneggio simile a un secondo sipario, ma blu e aperto al centro. Questa parte centrale occupata da un telo per proiezioni che sillumina e cambia colore. Grazie a esso, lEgitto non assente ma rimane sullo sfondo. Non in senso metaforico, ma proprio in senso letterale: sullo sfondo, al centro della scena. Dapprima azzurrino e in contrasto con il giallo della conchiglia, questo sfondo conferisce allo spazio scenico unatmosfera da paesaggio pittorico daliniano per poi in seguito cambiare colore e inglobare al suo interno anche delle figure stilizzate come la luna, si detto, ma anche una palma bianca su fondo verde, come a sintetizzare in ununica immagine lEgitto e la pianura padana. Lunico elemento plastico (oltre al serpente sulla bombetta, laltro, quello sospeso in aria, rientra pi allinterno di sole due dimensioni) della scena il trono regale, la cui parte superiore ricorda nelle linee che escono dai lati una coda di pavone. LEgitto, quindi, viene chiamato in causa pi per i suoi luoghi comuni, attraverso una superficiale visione del concetto di esotico, che come regno della storica regina dEgitto. Lesperienza vissuta dallo spettatore somiglia per luso dello spazio e per la struttura scenica, per gli elementi visivi che la caratterizzano (compresa la figura dellattore), a quella di uno spettacolo di cabaret, senza tuttavia riuscire a identificarsi come tale per la discorsivit, per la cura attenta verso il particolare (il gesto, la voce), per il ruolo dello spettatore, che rimane in ascolto, in silenzio, per tutta la durata dello spettacolo. Il dispositivo scenico complesso, non neanche semplice da descrivere. Le tecniche dispiegate sono quelle di un teatro che finge di essere qualcosaltro (soprattutto quando nella ripresa televisiva vediamo Lombardi guardare lo spettatore dritto nella macchina da presa: cambia, allora, il destinatario del messaggio?), ma che rimane

ancorato alla sua natura grazie alla presenza di elementi stabili. In primis, la continuit della presenza scenica dellattore, che pur fingendo di essere lattrice che interpreta Cleopatra, ma che Cleopatra, come se le due figure fossero storicamente sovrapponibili, resta sempre il personaggio di Cleopatra interpretato da Lombardi: il grande attore che interpreta il personaggio dellattrice Cleopatra, regina dEgitto in Brianza.

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