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A ripartire da qui Le recenti vicende legate alle iniziative di Marchionne alla fiat (deroghe ai CCNL,chiusura dello stabilimento di Termini

ecc.) e alle manovre finanziarie del governo (dal blocco dei contratti del P.I. e degli scatti di anzianit allart.8 dellultima manovra che recepisce in pieno le direttive di Marchionne) rendono ormai chiarissima la linea che le borghesie al governo o allopposizione intendono seguire per superare la crisi. Molto meno chiaro appare invece come le forze del lavoro, in tutte le forme in cui esso oggi si rappresenta, vogliono uscire dal cul de sac in cui questa accelerazione delloffensiva capitalista le ha cacciate. Sul piano politico si deve ricostruire una soggettivit antagonista e una teoria critica che ricomponga i cocci andati in frantumi dopo i 40 giorni di resistenza operaia alla fiat nel 1980 e la sconfitta al referendum sulla scala mobile. un compito apparentemente enorme, che si scontra con una pesante contraddizione: alloggettivo moltiplicarsi di fronti della lotta tra capitale e lavoro si contrappone lincapacit dei soggetti direttamente protagonisti a comunicare tra loro. Le esperienze si moltiplicano ma non c modo di costruire strutture comuni, forme di organizzazioni che superino la dispersione, e la conseguente debolezza, di fronte ai colossi del capitale finanziario globale. Questo limite non ha certo impedito in questi anni e soprattutto oggi lesplosione di movimenti e azioni comuni anche innovative come i forum sociali, e non bisogna sottovalutare lutilizzo sovversivo di mezzi di comunicazione tecnologicamente avanzatissimi per rompere lisolamento mediatico; tutto ci non bastato comunque a formalizzare processi aggregativi che dessero anche lontanamente lidea di una pratica duratura verso lalternativa. Il cum del comune con ha costruito semmai e anche con buone ragioni ha piuttosto esorcizzato organizzazione e rappresentanza. Il problema per resta, soprattutto se consideriamo quel che rimane e non affatto poco o marginale del mondo del lavoro che tradizionalmente si rappresentava nel sindacato di classe e nei partiti del movimento operaio. Nonostante eroici tentativi di resistenza e di organizzazione anche innovativi e nonostante gli ampi spazi politici lasciati vuoti dalla crisi dei partiti e dei sindacati concertativi, la percezione diffusa che ci si ritrovi privi di una rappresentanza che possa tentare di rompere lisolamento, magari riannodando i fili di una solidariet sociale considerata ormai dai pi quasi solo un reperto archeologico. Partendo dalla parzialit di un punto di vista soggettivo e dallesigenza di superarne i limiti attuali, cercheremo di abbozzare un proposta politica a partire dalla nostra esperienza di mia militanza nel sindacalismo di base. Parliamo di una esperienza che aldil dei numeri risicati di iscritti (nulla in confronto ai milioni di cgil,cisl e uil) riuscita negli ultimi 20 anni a mantenere livelli alti di resistenza in alcuni luoghi di lavoro (scuola, trasporti, sanit, grandi fabbriche, precari), a portare in piazza migliaia di lavoratori/trici in occasione di grandi vertenze specifiche, fino al boom dei 300.000 dello sciopero generale del 2008 proclamato dal patto di base. Potenzialit incredibili quindi che hanno creato intorno a queste organizzazioni sindacali livelli generalizzati di interesse e stima che ha loro consentito di svolgere un ruolo importante anche nei movimenti e una interlocuzione stabile con gran parte dellarea dellantagonismo sociale. Ma cosa ci ha impedito di diventare una alternativa credibile ai sindacati concertativi? Partiamoo dai dati pi evidenti: la mancanza di diritti sindacali e quindi di agibilit politica nei luoghi di lavoro dovuta a leggi liberticide (146/90 sul diritto di sciopero e assemblea e successive mod.) e la frammentazione di sigle. Se il primo limite ci parla della novit, della ricchezza e della forza che la nascita dei Cobas della scuola e allAlfa romeo, del COMU, di RdB e della CUB tra la fine degli anni 80 e i primi 90 hanno espresso, costringendo i nostri avversari sulla difensiva, il secondo ci parla di retaggi del passato, di incomunicabilit, vocazione minoritaria e ansie di protagonismo, di tentativi anche grossolani di ridurre la molteplicit delle esperienze ad una unica modello di organizzazione giusto,

autenticamente antagonista, e cio il proprio. Oggi difficile spiegare ad un trentenne indignato le ragioni e le diversit di sigle che hanno faticosamente resistito allavanzata di un avversario, ch e ha fatto della capacit di disgregazione sociale il suo principale punto di forza. Il Patto di base doveva essere un buon punto di partenza per arrivare ad una confederazione che senza mortificare le differenti identit, provasse a ricostruire quantomeno vincoli di solidariet e capacit di mobilitazione, ma altre logiche hanno prevalso portando, nello specifico, la RdB a rompere con la sua associata CUB e formare lUSB con altre micro sigle, frantumando cos il patto, nonostante i tentativi di mediazione dei Cobas Aldil delle motivazioni che hanno determinato questa scelta, oggi pi che mai si mostra la miopia politica che ne consegue per le proposte di lotta e per la rappresentanza. E possibile oggi superare questo stallo? Loffensiva padronale e la crisi dei concertativi ci impongono di provarci. Ritengo che lunica via praticabile oggi sia lunit di azione su temi e vertenze specifiche in particolare nei luoghi dove sono presenti pi organizzazioni; insomma ripartire dal basso, dalliniziativa decentrata che costruisca momenti stabili di confronto tra lavoratori, luoghi e strutture non gerarchicamente orientate, in vista di una finalit condivisa: lotte comuni, controinformazione, ricerche e approfondimenti che socializzino saperi e pratiche antagoniste. Questo percorso condiviso potrebbe portarci in tempi relativamente brevi, laddove le relazioni tra i compagni e gli statuti delle organizzazioni lo consentano, a costituire nei territori delle associazioni di organizzazioni e singoli (sul modello di Libera) che, con la forza delle mobilitazioni e dei numeri possano imporre la presenza stabile del sindacalismo di base nei tavoli di trattativa al livello regionale e provinciale. Va da s che questa linea dovrebbe portarci ad affrontare le elezioni delle RSU nel P.I. con degli accordi per evitare la dispersione dei voti e ambire in molti settori alla rappresentativit. Ma il punto non tanto e soltanto la conquista degli spazi di rappresentanza e di agibilit politica sulla scena della politica tradizionale, quanto la costituzione di camere del lavoro (e non lavoro) metropolitane, soggettivit molteplice e parte dei senza parte, un punto di riferimento per lopposizione a tutte le forme che lo sfruttamento capitalistico assume. Non pensiamo ad un partito ovviamente, ma neppure alla tanto decantata societ civile, che prima o poi nella politica versa i suoi frutti maturi consegnandoli alla prospettiva di una etero direzione delle lotte, un riflesso talvolta caricaturale del comando capitalista in versione progressista. Niente deleghe e nessun mito del buon governo. Il riscatto dei lavoratori di ogni tipo da questo imbarbarimento e dal degrado legati alla logica mercantile nasce concretamente dalla capacit di coinvolgere nella elaborazione di piattaforme sociali gli utenti dei servizi, le associazioni, i singoli cittadini che vogliono difendere il diritto alla salute, alla qualit dellassistenza, allistruzione, al reddito, a condizioni di lavoro dignitose e la garanzia dei diritti dei lavoratori. Oggi come non mai impensabile credere di poter risolvere la complessit e la dimensione del conflitto nellambito della singola azienda. La capacit di articolare un contro piano di vertenze che coinvolgano tutti i soggetti interessati, valicando anche i confini ormai angusti dello stato nazione, diventa un elemento strategico. E importante creare reti anche per difendere concretamente i risultati dei referendum sui beni comuni, che pongano territorialmente il problema della difesa del carattere pubblico dei servizi contro i tentativi di privatizzazione, coinvolgendo in eguale misura gli interessi dei cittadini, delle associazioni e dei lavoratori. E solo da queste reti che pu nascere un movimento generalizzato di lotta , in grado di comunicare con la gente e di incidere nelle scelte delle Amministrazioni locali e globali, governative o imprenditoriali, indicando e costruendo, con continuit, mobilitazioni e rivendicazioni. Forse la ricerca di questo terreno di comunanza dinteressi fra lavoratori e utenti pu costituire anche un terreno su cui sperimentare forme di organizzazione e relazione sociali differenti, la riscoperta di un mondo dove la solidariet collettiva rappresenta unalternativa concreta alla mercificazione e allo sfruttamento. Se ci si riuscisse non dovremmo lambiccarci il cervello per inventare alchimie politiche, e in fondo sarebbe ci che intendiamo per attualit del comunismo.

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