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Capitolo 9

PROPAGAZIONE DEGLI
ERRORI
La misura della grandezza sica `e generalmente accompagnata dalla stima
dellerrore ad essa associato. Sappiamo come stimare lerrore nel caso di una
misura diretta, ma che cosa accade quando la grandezza sica in esame `e
legata matematicamente ad una o pi` u altre grandezze, ciascuna con il proprio
errore? Si consideri ad esempio lequazione del moto uniforme:
s = v t (9.1)
Supponiamo di voler misurare la velocit`a media di un corpo:
v =
s
t
(9.2)
Entrambe le grandezze s e t sono misurate con una certo errore s e t.
Che errore v dovremo associare alla velocit`a? In che modo gli errori delle
grandezze coinvolte si ripercuotono sullerrore della quantit`a che vogliamo
determinare?
Possiamo aermare quindi che nella maggior parte dei casi lo sperimen-
tatore utilizza un metodo di misura indiretto: il valore della grandezza sica
deriva da misure di altre grandezze, misurate o direttamente o con strumenti
tarati, legate ad essa da una qualche relazione funzionale.
Vediamo un esempio semplice:
Vogliamo calcolare larea di una supercie S rettangolare conoscendo i
suoi lati a e b e vedere come si propagano gli errori a e b.
Se S = a b, lerrore massimo che possiamo compiere su S `e dato da:
S + S = (a + a) (b + b) = a b + a b + b a + ab (9.3)
89
90 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
Se a a e b b allora il termine a b `e piccolo rispetto agli altri
termini e si pu`o trascurare, cio`e se ci fermiamo ai termini al primo ordine
possiamo scrivere:
S = a b + b a (9.4)
Vediamo adesso in dettaglio come si propagano gli errori in vari sottocasi,
supponendo di aver misurato una o pi` u grandezze a, b, c,... aventi errori a,
b, c, ... Chiamiamo x la quantit`a di cui vogliamo ottenere la misura e
lindeterminazione per via indiretta.
9.1 Somme e dierenze
Sia x = a+b. Il pi` u alto valore probabile di a `e a+a, mentre di b `e b +b,
quindi il pi` u alto valore probabile per x sar`a:
x + x = (a + a) + (b + b) = (a + b) + (a + b)
Mentre il pi` u basso sar`a:
x x = (a a) + (b b) = (a + b) (a + b)
da cui ricaviamo che:
x = a + b
Analogamente, nel caso x = a b, il pi` u alto valore probabile per x sar`a:
x + x = (a + a) (b b) = (a b) + (a + b)
Mentre il pi` u basso sar`a:
x x = (a a) (b + b) = (a b) (a + b)
da cui ricaviamo ancora che:
x = a + b
Quindi, generalizzando possiamo dire che:
lerrore massimo associato a una grandezza sica che `e il risultato della
somma, o della dierenza o di una combinazione di esse, fra due o pi` u gran-
dezze, ciascuna misurata con la propria incertezza, si ottiene sommando gli
errori delle singole grandezze.
x = a + b c + .... (9.5)
x = a + b + c + .... (9.6)
9.2. PRODOTTI E QUOZIENTI 91
9.2 Prodotti e quozienti
Sia x = a b. Come prima, il pi` u alto valore probabile di a `e a + a, mentre
di b `e b + b, quindi il pi` u alto valore probabile per x sar`a:
x + x = (a + a) (b + b) = a b + a b + b a + a b
Nellipotesi che a a e b b, possiamo ragionevolmente assumere
che a b si possa trascurare.
Da cui ricaviamo che:
x = a b + b a
Conviene in questo caso introdurre il concetto di errore relativo x/x:
x
x
=
a b + b a
a b
=
a
a
+
b
b
In realt`a la notazione corretta `e la seguente:
x
|x|
=
a b + b a
a b
=
a
|a|
+
b
|b|
questo perche lerrore relativo deve essere comunque una quantit`a positi-
va, a prescindere dal valore della grandezza sica a cui `e associato.
Nel caso in cui x = a/b, il pi` u alto valore probabile per x sar`a:
x + x =
a + a
b b
Introducendo anche qui lerrore relativo si ha:
x + x =
a
b
1 +
a
|a|
1
b
|b|
Moltiplicando numeratore e denominatore per 1 +
b
|b|
, e trascurando i
termini (b/|b|)
2
e (a/|a|)(b/|b|), si ottiene:
x + x =
a
b
(1 +
a
|a|
+
b
|b|
)
Sviluppando questa relazione si ricava:
1 +
x
|x|
= 1 +
a
|a|
+
b
|b|
92 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
E inne:
x
|x|
=
a
|a|
+
b
|b|
Quindi, generalizzando possiamo dire che:
lerrore relativo associato a una grandezza sica che `e il risultato del pro-
dotto, o del quoziente o di una combinazione di essi, fra due o pi` u grandezze,
ciascuna misurata con la propria incertezza, si ottiene sommando gli errori
relativi delle singole grandezze.
x =
a b
c d
(9.7)
x
|x|
=
a
|a|
+
b
|b|
+
c
|c|
+
d
|d|
(9.8)
9.3 Prodotto per una costante
Consideriamo adesso il caso in cui la grandezza di cui vogliamo stimare ler-
rore sia il risultato del prodotto di unaltra grandezza che misuriamo con una
costante priva di indeterminazione. Sia cio`e: x = k b, con k costante.
Utilizziamo la formula trovata nella sezione precedente:
x
|x|
=
k
|k|
+
b
|b|
Poiche k non ha un errore associato, la quantit`a k = 0. Quindi:
x
|x|
=
b
|b|
E inne:
x = |k| b
9.4 Potenza
Consideriamo inne il caso in cui la grandezza di cui vogliamo determinare
lincertezza `e legata alla grandezza misurata, o alle grandezze misurate, da
una legge di potenza. Sia cio`e: x = a
n
.
E suciente scrivere la precedente espressione nella forma:
x = a
1
a
2
a
3
... a
n
9.5. CASO GENERALE 93
con
a
1
= a
2
= a
3
= ... = a
n
= a
Per cui, lerrore `e dato da:
x
|x|
= n
a
|a|
Nel caso di espressioni pi` u complesse che includono prodotti di potenze
di pi` u variabili, come ad esempio:
x = a
n
b
k
si applica una combinazione della regola del prodotto e della potenza,
cio`e:
x
|x|
= |n|
a
|a|
+|k|
b
|b|
9.5 Caso generale
Supponiamo di aver misurato una grandezza x
0
e aver determinato il suo
errore x. Ora vogliamo sapere come si propagher`a lincertezza di x
0
sulla
grandezza y = f(x).
x x +
0 0
x
0
x x
x
0
x) ( f
f (
0
x )
f (
0
x +x)
Il pi` u grande valore probabile di x
0
`e x
0
+x, mentre il pi` u piccolo valore
probabile `e x
0
x. Dal graco si pu`o facilmente vedere che il pi` u grande
e il pi` u piccolo valore probabile di y saranno f(x
0
+ x) e f(x
0
x).
Se lerrore x `e sucientemente piccolo rispetto a x
0
, allora il tratto
di curva compreso fra x
0
x e x
0
+ x si pu`o approssimare con la retta
94 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
tangente in x
0
e assumere che, essendo uguale lampiezza degli intervalli
[x
0
x, x
0
] e [x
0
, x
0
+ x] :
f(x
0
+ x) f(x
0
) = f
f(x
0
) f(x
0
x) = f
Da cui, sommando membro a membro, si ricava che lindeterminazione
da associare alla funzione y `e:
f(x
0
+ x) f(x
0
x) = 2f
ossia:
f =
f(x
0
+ x) f(x
0
x)
2
Poiche in generale f(x
0
+x) e f(x
0
x) sono spesso incogniti o dicili
da derivare, si deve ricorrere a qualche approssimazione. Consideriamo quindi
lespressione:
f = f(x
0
+ x) f(x
0
)
Essendo x piccolo, possiamo espandere la funzione y in serie di Taylor
al primo ordine e scrivere:
f(x
0
+ x) = f(x
0
) +
df
dx

x=x
0
(x
0
+ x x
0
) = f(x
0
) +
df
dx

x=x
0
x
E quindi:
f =
df
dx

x=x
0
x
cio`e per trovare lerrore associato alla funzione y = f(x) dobbiamo cal-
colare la derivata
df
dx
e moltiplicarla per lerrore x. Resta inteso che la
derivata
df
dx
deve essere non nulla o prossima a zero per x = x
0
.
Si faccia inoltre attenzione che non necessariamente (x+x) > (xx)
implica f(x + x) > f(x x). Nel caso in cui la pendenza della retta sia
negativa, si avr`a:
f =
df
dx

x=x
0
x
9.5. CASO GENERALE 95
E quindi generalizzando:
f =

df
dx

x=x
0
x
Se adesso la grandezza y `e funzione di k grandezze x
j
misurate diret-
tamente, cio`e y = f(x
1
, x
2
, x
k
), allora dovremo fare uso del concetto di
dierenziale di una funzione di pi` u variabili: per variazioni innitesime dx
j
la variazione di y `e data dal dierenziale di f(x):
df =
k

j=1
f
x
j
dx
j
Se gli errori x
j
sono sucientemente piccoli da giusticare lapprossi-
mazione lineare e le derivate sono non nulle, lerrore massimo di y `e da-
to dal dierenziale della funzione f(x
1
, x
2
, x
k
), prendendo i moduli delle
derivate:
f =
k

j=1

f
x
j

x
j
=x
jo
x
j
La propagazione degli errori massimi mediante luso del dierenziale si
basa sullassunzione che le variazioni innitesime delle variabili siano date dai
rispettivi errori. Poiche si vuole stimare lerrore massimo per y `e opportuno
sommare tutti i termini coerentemente, ovvero si prendono i moduli delle
derivate parziali. Di solito viene considerato lerrore massimo nei casi in cui:
(1) il metodo di misura sia grossolano, la ripetizione delle misure porti sempre
allo stesso risultato entro lerrore di sensibilit`a dello strumento o del metodo;
(2) non ci sia stata la possibilit`a di ripetere un numero sucientemente alto
di misure (n 10) per poter stimare lerrore quadratico medio; (3) si possa
approssimare f(x) 3 f(x) per n 10.
96 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
9.6 Esempi in sica
9.6.1 Legge di Snell
n1
n2
r
i
Quando un fascio di luce attraversa due mezzi aventi indice di rifrazione
diverso, subisce una deviazione nella sua direzione di propagazione, secondo
la famosa Legge di Snell:
n
1
sini = n
2
sinr
Dove n
1
e n
2
sono gli indici di rifrazione dei due mezzi, i `e langolo di
incidenza e r `e langolo di rifrazione, entrambi misurati rispetto alla verticale
alla supercie di separazione dei due mezzi. Se assumiamo che il primo mezzo
sia laria, allora n
1
= 1, e possiamo calcolare n
2
= n misurando i due angoli
i ed r:
n =
sini
sinr
Alla misura di questi angoli sar`a associato un errore, rispettivamente i
e r. Applicando la formula generale della propagazione degli errori, si
ottiene:
n =

n
i

i +

n
r

r
Da cui:
9.6. ESEMPI IN FISICA 97
n =

1
sinr
sini
i

i +

sini

r
1
sinr

r
n =

cos i
sinr

i +

sini cos r
(sinr)
2

r
Dividendo ambo i membri per n si ricava lerrore relativo:
n
n
=

i
tani

r
tanr

`
E possibile raggiungere il medesimo risultato applicando lespressione del-
la propagazione degli errori nel caso del quoziente. Si scriva X = sini e
Y = sinr, allora sar`a:
n =
X
Y
e lerrore relativo sar`a:
n
n
=

X
X

Y
Y

Poiche X e Y non sono quantit`a misurate direttamente ma ottenute


da funzioni delle quantit`a misurate i e r, le espressioni per X e Y si
otterranno dierenziando X e Y :
X =
d sini
d i
i = cos i i
Y =
d sinr
d r
r = cos r r
Da cui:
n
n
=

cos i i
sini

cos r r
sinr

E inne:
n
n
=

i
tani

r
tanr

98 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI


9.6.2 Legge dei punti coniugati
Consideriamo un sistema ottico, ad esempio una lente convergente sottile di
lunghezza focale f non conosciuta, e poniamo da un lato una sorgente lumi-
nosa a una distanza p dal centro della lente. La lente former`a unimmagine
dallaltro lato ad una distanza q dal centro.
p
f
q
Le tre quantit`a in gioco sono legate dalla legge dei punti coniugati:
1
p
+
1
q
=
1
f
Vogliamo determinare la focale f e il suo errore f, noti pp e q q.
Conviene scrivere lespressione per la lunghezza focale nel modo seguente:
f =
pq
p + q
Sar`a quindi:
f =

f
p

p +

f
q

q
Ora, la derivata parziale di f rispetto a p vale:
f
p
=
(p + q)
(pq)
p
(pq)
(p+q)
p
(p + q)
2
=
q
2
(p + q)
2
Mentre la derivata parziale di f rispetto a q vale:
f
q
=
p
2
(p + q)
2
E quindi sostituendo e calcolando lerrore relativo si ottiene:
9.6. ESEMPI IN FISICA 99
f
f
=

q
p + q

p
p

p
p + q

q
q

Poiche p, q e f sono tutte quantit`a positive il modulo non `e necessario, e


si pu`o scrivere:
f
f
=
q + p p
p + q
p
p
+
p + q q
p + q
q
q
da cui si ottiene:
f
f
=
p
p
+
q
q

p + q
p + q
Proviamo ora a vedere cosa accade se poniamo X = pq e Y = p + q. In
questo caso:
f
f
=

X
X

Y
Y

Per ottenere X e Y bisogna dierenziare le loro espressioni:


X = qp + pq
Y = p + q
Da cui si ha:
f
f
=

qp + pq
pq

p + q
p + q

f
f
=

p
p

q
q

p + q
p + q

Di nuovo, essendo le variabili tutte quantit`a positive i moduli si possono


eliminare. Si pu`o vericare agevolmente che questultima espressione non
coincide con quella ottenuta applicando la formula generale per la propa-
gazione degli errori! Questo accade perche le stesse variabili si presentano
sia al numeratore che al denominatore e quindi variazioni p o q agiscono
contemporaneamente e possono produrre un eetto compensativo. Di conse-
guenza, in questi casi particolari, utilizzare il metodo appena esposto produce
una sovrastima dellerrore e quindi non `e consigliabile.
100 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
9.7 Esempi in astrosica
9.7.1 Flusso e magnitudine
La magnitudine di una stella `e legata al usso di energia misurato dallosser-
vatore dalla seguente espressione:
m = m
0
2.5 log
10
f
dove m `e la magnitudine, m
0
`e una costante e f `e il usso di energia
emesso dalla stella considerata. Il usso viene misurato integrando il segnale
luminoso registrato su un rivelatore (CCD, lastra fotograca) allinterno di
unapertura di raggio alcuni secondi darco. Al variare dellapertura scelta,
varia anche il usso di energia in essa contenuto. Le uttuazioni casuali
del segnale, che chiamiamo rumore, introducono signicative incertezze nella
misura del usso.
Se misuriamo pi` u volte il usso della stella in esame, oppure se consi-
deriamo pi` u immagini della stessa stella e in ognuna di essere misuriamo il
usso, possiamo stimare lincertezza f.
Come si traduce questa incertezza in termini di magnitudine, m ?
Applichiamo le formule viste prima:
m =

dm
df

f
9.7. ESEMPI IN ASTROFISICA 101
m =

d
df
(m
0
2.5 log
10
f)

f
m =

d
df
m
0

f + 2.5

d
df
log
10
f

f
Convertendo il logaritmo decimale in logaritmo naturale, e considerando
che m
0
`e una costante, si ha:
m =
2.5
ln10

d
df
lnf

f
m = 1.086
f
f
In questo caso, poiche f `e una quantit`a sicuramente positiva, il modulo
non `e necessario. Un errore del 20% sulla misura del usso, si traduce in
circa 0.2 mag di errore. Si consideri che la tecnica dei transiti, utilizzata
per identicare candidati pianeti extrasolari, ossia pianeti in orbita attorno
a stelle diverse dal Sole, richiede una precisione dellordine del millesimo di
magnitudine, che signica un errore nella misura del usso dellordine dello
0.1%.
9.7.2 Flusso di una riga spettrale
Supponiamo di osservare una nebulosa della Via Lattea attraverso un tele-
scopio dotato di uno spettrografo. Lo spettro I() risultante mostrer`a una
serie di righe spettrali in emissione che rappresentano la distribuzione di
energia in funzione della lunghezze donda. Ogni riga spettrale corrisponde
a un determinato salto di energia degli elettroni di un atomo o di una specie
atomica.
102 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
Per ottenere il usso di una riga bisogna integrare il suo prolo nella dire-
zione delle lunghezze donda. Il prolo ha una forma che ricorda la funzione
gaussiana e quindi si pu`o usare lapprossimazione:
f(
0
) =
_

I
0
e

(
0
)
2
2
2
d
dove
0
`e la lunghezza donda della riga spettrale considerata, I
0
`e lin-
tensit`a della riga a =
0
e inne `e un parametro che da la larghezza
della riga. Il calcolo di questo integrale non `e immediato, mentre il risultato
`e molto semplice:
f(
0
) =

2I
0

Il calcolo del usso della riga `e quindi funzione di due variabili, I


0
e ,
ognuna delle quali sar`a misurata con una certa incertezza, I
0
e .
Applicando la propagazione degli errori si ha:
f =

f
I
0

I
0
+

Da cui si ottiene:
f =

2I
0
+

2I
0

Dividendo ambo i membri per f si ha:


9.7. ESEMPI IN ASTROFISICA 103
f
f
=

2I
0
+

2I
0

2I
0

E inne:
f
f
=
I
0
I
0
+

Un errore del 10% nella misura di I


0
e del 5% nella misura di si trasforma
in un errore del 15% nel usso della riga. Si tenga conto che errori relativi
tipici nella misura dei ussi delle righe spettrali variano dal 5% al 20-30%.
9.7.3 Rapporti di intensit`a fra righe spettrali
In spettroscopia `e usuale calcolare rapporti fra intensit`a delle righe spet-
trali misurate. Poiche ogni riga `e accompagnata da unincertezza, il rappor-
to fra due o pi` u righe avr`a a sua volta unincertezza che si pu`o facilmente
calcolare applicando il metodo di propagazione degli errori.
Supponiamo che il rapporto fra due righe spettrali di usso f
1
f
1
e
f
2
f
2
sia:
104 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
R
1
=
f
1
f
2
Allora, lincertezza su R
1
vale:
R
1
=

R
1
f
1

f
1
+

R
2
f
2

f
2
Da cui:
R
1
=

f
1
f
2

f
1
f
2
2
f
2

E inne:
R
1
R
1
=

f
1
f
1

f
2
f
2

Anche in questo caso, poiche si stanno trattando grandezze positive, il


modulo non `e necessario.
Nel caso in cui:
R
2
=
f
1
+ f
2
f
3
Lincertezza su R
2
vale:
R
2
=

R
2
f
1

f
1
+

R
2
f
2

f
2
+

R
2
f
3

f
3
R
2
=
f
1
f
3
+
f
2
f
3
+
f
1
+ f
2
f
2
3
f
3
R
2
R
2
=
f
1
+ f
2
f
1
+ f
2
+
f
3
f
3
9.7.4 Legge di Hubble
Proviamo ad applicare la propagazione degli errori ad una delle leggi astro-
nomiche pi` u importanti e famose, la legge di Hubble:
v = H
0
d
9.7. ESEMPI IN ASTROFISICA 105
Vogliamo calcolare la distanza d di una galassia e per farlo dobbiamo sti-
mare la sua velocit`a di recessione v v, sapendo che la costante di Hubble
vale H
0
= 72 3 kms
1
Mpc
1
. Per farlo puntiamo un telescopio dota-
to di uno spettrografo nella direzione della galassia in esame e acquisiamo
uno spettro, il quale per eetto dellespansione delluniverso e quindi del-
lallontanamento delle galassie dalla nostra posizione di osservatori, avr`a le
righe spettrali spostate a lunghezze donda maggiori rispetto al valore che
avrebbero se questo allontanamento non ci fosse (redshift).
Consideriamo una riga spettrale di lunghezza donda
0
, per eetto del
redshift essa si trover`a a lunghezza donda , con >
0
. Dalla misura
della posizione della riga spettrale nello spettro della galassia osservata si
determina il redshift z e la velocit`a di recessione:
z =

0

0
v = c z
con c velocit`a della luce.
Quindi possiamo esprimere la distanza d in questi termini:
106 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
d =
c
H
0
_

0
1
_
Il valore della lunghezza donda misurata della riga spettrale in esame
avr`a una certa incertezza , quindi lerrore sulla distanza sar`a inuenzato
sia da che da H
0
. Applicando la propagazione degli errori si ottiene:
d =

d
H
0

H
0
d =

_
c
H
0

0

c
H
0
_

H
0
_
c(
0
)

0
1
H
0
_

H
0
d =

c
H
0

c(
0
)

0
1
H
2
0

H
0
E passando allerrore relativo:
d
d
=

(
0
)
+
H
0
H
0
9.8. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI STATISTICI OQUADRATICI107
Essendo lerrore su H
0
relativamente piccolo, `e facile capire che la prin-
cipale sorgente di errore nella determinazione della distanza sta nella misura
accurata delle posizioni delle righe spettrali.
Possiamo arrivare allo stesso risultato ponendo d = X Y , dove X =
c
H
0
e
Y = (

0
1).
Infatti:
d
d
=

X
X

Y
Y

X
X
=
c
c
+
H
0
H
0
=
H
0
H
0
perche c `e una costante priva di errore.
Inoltre:
Y =

0
e
Y
Y
=


0
Quindi, concludendo:
d
d
=

H
0
H
0

9.8 Propagazione degli errori statistici o qua-


dratici
9.8.1 Caso 1
Supponiamo di voler calcolare una grandezza sica y che sia funzione di una
sola grandezza x misurata direttamente. Sia cio`e: y = f(x).
Eettuiamo adesso n misure dirette, indipendenti e nelle stesse condi-
zioni della grandezza x, dalle quali poi calcoliamo la media aritmetica x e
lo scarto quadratico medio (x). Qual `e la miglior stima per f(x) e quale
indeterminazione dobbiamo associare?
108 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
In corrispondenza alle n misure dirette x
i
si hanno n valori di y =
y
1
, y
2
, y
n
= f(x
1
), f(x
2
), f(x
n
), con valore medio:
y =

n
i=1
f(x
i
)
n
Ricordiamo che una funzione f(x) si pu`o sviluppare in serie di Taylor
nellintorno di un punto x
0
arbitrario:
f(x) = f(x
0
) +
df
dx

x=x
0
(x x
0
) +
1
2
d
2
f
dx
2

x=x
0
(x x
0
)
2
+
Particolarizziamo lo sviluppo in serie ad un intorno del punto x e trascu-
riamo i termini di ordine superiore al primo. Otteniamo cos`:
y
i
= f(x
i
) f( x) +
df
dx

x= x
(x
i
x)
Ci`o pu`o essere fatto per ogni misura diretta della variabile x
i
. La media
aritmetica delle quantit`a y
i
pu`o essere scritta nella forma:
y =
nf( x) +
df
dx

x= x

n
i=1
(x
i
x)
n
Poiche la somma degli scarti rispetto alla media `e nulla, cio`e
n

i=1
(x
i
x) = 0
Si ottiene:
y = f( x)
cio`e il valor medio di una funzione coincide con il valore della funzione in
corrispondenza al valore medio dellargomento. Tale risultato `e valido solo
approssimativamente, dato che nello sviluppo in serie di Taylor sono stati
trascurati i termini di grado superiore al primo. I termini dello sviluppo in
serie contengono le potenze (x
i
x)
i
, quindi poterli trascurare `e giusticato
se gli errori delle misure dirette sono piccoli. Il risultato `e valido esattamente
se la funzione y dipende linearmente dalle altre grandezze.
Calcoliamo adesso lo scarto quadratico medio di y:
9.8. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI STATISTICI OQUADRATICI109

2
(y) =
n

i=1
[f(x
i
) f( x)]
2
n 1
=
=
n

i=1
_
f( x) +
df
dx

x= x
(x
i
x) f( x)
_
2
n 1
=
=
n

i=1
_
df
dx
_
2

x= x
(x
i
x)
2
n 1
=
_
df
dx
_
2

2
(x)
Quindi lo scarto quadratico medio risulta:
[f(x)] =

df
dx

(x)
Risultato formalmente identico a quello trovato per gli errori massimi,
sostituendo (x) al posto di x.
Vediamo di seguito alcune applicazioni di uso frequente.
Moltiplicazione per una costante: y = x

2
(y) =
2
(x)
2
(x) (y) = || (x)
Logaritmo naturale: y = ln(x)

2
(y) =

2
(x)
x
2
(y) =
(x)
x
Elevamento a potenza: y = x

2
(y)
y
2
=
2

2
(x)
x
2

(y)
y
= ||
(x)
x
110 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
9.8.2 Caso 2
Consideriamo adesso un caso pi` u generale, cio`e sia y = f(x
1
, x
2
, x
k
), una
funzione di k grandezze misurate direttamente ed aette da errori accidenta-
li, di entit`a
1
,
2
,
k
. Siamo in una situazione diversa rispetto agli errori
massimi. In questultimo caso era suciente sommare coerentemente tutti i
contributi, presi in modulo. Nel caso degli errori accidentali ad ogni misu-
ra essi si combinano in modo imprevedibile, potendo portare anche ad una
parziale o totale compensazione.
Ripetendo n misure dirette per le k variabili si ottiene una distribuzione
di valori di y, data da tutte le possibili combinazioni degli errori accidentali
sulle x
j
. Tale distribuzione `e rappresentata da un istogramma di frequenza,
con valori di y pi` u frequenti di altri corrispondenti alle combinazioni pi` u
frequenti di errori, e con larghezza determinata oltre che dallentit`a dei x
j
anche dalle modalit`a di dette combinazioni.
Calcoliamo adesso il valore medio.
Sia y = f(x
1
, x
2
, x
k
) e si eettuino n misure per ciascuna delle k
variabili. Sia inoltre x
ji
la misura i-esima della variabile j-esima.
Analogamente al caso di una sola variabile sviluppiamo in serie di Taylor
arrestandoci al termine di primo grado:
f(x
1i
, x
2i
, x
ki
) = f( x
1
, x
2
, x
k
) +
k

j=1
_
f
x
j
_
x
j
= x
j
(x
ji
x
j
)
Quindi, dalla denizione di valore medio di y si ottiene:
y =
n

i=1
f(x
1i
, x
2i
, x
ki
)
n
=
nf( x
1
, x
2
, x
k
) +
n

i=1
k

j=1
_
f
x
j
_
x= x
(x
ji
x
j
)
n
Dalla propriet`a della media aritmetica per cui la somma degli scarti `e
identicamente nulla,
n

i=1
(x
ji
x
j
) = 0; j = 1, 2, k
otteniamo:
9.8. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI STATISTICI OQUADRATICI111
y = f( x
1
, x
2
, x
k
)
Calcoliamo ora lo scarto quadratico medio.
Espandiamo la i-esima determinazione y
i
in serie di Taylor nellintorno
del valore medio y arrestata ai termini di primo ordine (approssimazione di
linearit`a):
y
i
= f(x
1i
, x
2i
, x
ki
) = f( x
1
, x
2
, x
k
) +
k

j=1
_
f
x
j
_
x
j
= x
j
(x
ji
x
j
)
Valutiamo lo scarto i-esimo rispetto alla media:
y
i
y =
k

j=1
_
f
x
j
_
x
j
= x
j
(x
ji
x
j
)
Calcoliamo la varianza di y:

2
(y) =
n

i=1
(y
i
y)
2
n 1

2
(y) =
n

i=1
_
k

j=1
_
f
x
j
_
(x
ji
x
j
)
_
2
n 1
=
=
n

i=1
_
k

j=1
_
f
x
j
_
2
(x
ji
x
j
)
2
+ 2
k1

l=1
k

m=l+1
_
f
x
l
__
f
x
m
_
(x
li
x
l
)(x
mi
x
m
)
_
n 1
Si pu`o vedere che (y)
2
`e dato dalla somma di due componenti, la prima
contenente termini quadratici del tipo (x
ji
x
j
)
2
, la seconda contenente
termini misti del tipo (x
li
x
l
)(x
mi
x
m
). La prima parte pu`o essere riscritta
come:
k

j=1
_
f
x
j
_
2 n

i=1
(x
ji
x
j
)
2
n 1
112 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
Quindi si pu`o scrivere:

2
(y) =
k

j=1
_
f
x
j
_
2

2
(x
j
)
a cui vanno aggiunti termini misti contenenti i prodotti
_
f
x
l
__
f
x
m
_
(x
li
x
l
)(x
mi
x
m
)
detti termini di covarianza.
Si dimostra che se le variabili sono indipendenti i termini di covarianza
sono piccoli e tendono a zero quando il numero di misure tende allinnito. In
queste condizioni la legge di propagazione degli errori quadratici o statistici
diventa:

2
(y) =
k

j=1
_
f
x
j
_
2

2
(x
j
)
Quindi in pratica si eettua la somma in quadratura dei prodotti delle
derivate parziali per gli errori statistici delle singole variabili.
Ricordiamo che tale trattazione approssimata vale quando: (1) le mi-
sure dirette sono aette da errori sucientemente piccoli da legittimare la
linearizzazione della grandezza y (sviluppo in serie di Taylor arrestato al
primo ordine); (2) le grandezze misurate direttamente siano variabili indi-
pendenti, cio`e se in pratica non vi `e inuenza reciproca tra le misure delle
diverse grandezze. Il procedimento `e esatto nel caso in cui la grandezza y sia
combinazione lineare di varibili indipendenti.
Vediamo di seguito alcune applicazioni di uso frequente.
Somma o dierenza : g = x y

2
(g) =
2
(x) +
2
(y)
Combinazioni lineari: g = a x b y

2
(g) = a
2

2
(x) + b
2

2
(y) +
Moltiplicazione o divisione: g = x y o g = x/y
passando ai logaritmi ln(g) = ln(x) ln(y) e dierenziando
9.8. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI STATISTICI OQUADRATICI113

2
(g)
g
2
=

2
(x)
x
2
+

2
(y)
y
2
Combinazioni del tipo: g = Ax

passando ai logaritmi ln(g) = ln(A) + ln(x) + ln(y)

2
(g)
g
2
=
2


2
(x)
x
2
+
2


2
(y)
y
2
Applicando quanto sopra agli errori accidentali risulta che: (1) in caso di
somme o sottrazioni lerrore assoluto nale `e la radice quadrata della somma
in quadratura dei singoli errori assoluti; (2) in caso di moltiplicazioni o divi-
sioni lerrore relativo nale `e la radice quadrata della somma in quadratura
dei singoli errori relativi.
9.8.3 Combinazione di errori massimi e statistici
Consideriamo il caso misto in cui la misura di una grandezza sica dipenda
da altre grandezze aette da errori sia massimi che statistici. Si pu`o operare
in modo diverso a seconda dello scopo della nostra misura.
Se vogliamo sapere con certezza in quale intervallo cada il valor ve-
ro della grandezza in esame dobbiamo usare la trattazione degli errori
massimi.
Consideriamo il caso di un singolo errore massimo e di un singolo errore
statistico, situazione cui sempre ci si pu`o ricondurre combinando prima tutti
gli errori massimi e poi tutti quelli statistici. Si trasforma lerrore statistico
in massimo
m 3
m
dove
m
`e lo scarto quadratico medio della serie di determinazioni per m.
Infatti, nel caso ideale della distribuzione gaussiana degli errori accidentali
la probabilit`a di osservare uno scarto dalla media maggiore in modulo di 3
`e inferiore allo 0.3% (molto piccola).
Se vogliamo ottenere una stima realistica ma probabilistica dellerrore
dobbiamo usare la trattazione degli errori quadratici.
Se una grandezza m `e misurata con errore massimo m, possiamo pro-
cedere in due modi:
Assumere una distribuzione uniforme, ovvero costante (misure equi-
probabili) entro lintervallo [m m, m + m] e nulla al di fuori. Si
114 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI
dimostra che tale distribuzione ha varianza
2
(m) =
(2m)
2
12
e quindi
l errore quadratico medio `e
(m) =
m

3
0.577 m
Assumere una distribuzione gaussiana, con picco centrato nel va-
lor medio dellintervallo ed errore quadratico medio tale che 6 (m)
copra lintera larghezza dellintervallo. Sotto queste ipotesi l errore
quadratico medio `e
(m) =
m
3
0.333 m
9.8.4 Lo scarto quadratico medio della media
Lindeterminazione statistica della media, o meglio la larghezza della distri-
buzione relativa alle medie di una serie di misure eettuate in condizioni
identiche, si pu`o ottenere applicando la propagazione degli errori statistici.
Se n `e il numero totale di misure e m
i
la misura i-esima:
m =
n

i=1
m
i
n

m
=

_
n

i=1
_
m
m
i
(m
i
)
_
2
Poiche le m
i
sono misure della stessa grandezza si pu`o associare ad esse
(m
i
) = ; inoltre si ha
m
m
i
=
1
n
.
Quindi lo scarto quadratico medio della media `e:

m
=
_
n
2
n
2
=

m
=

_
1
n(n 1)
n

i=1
(m
i
m)
2
9.8. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI STATISTICI OQUADRATICI115
La dipendenza da
1

n
rende sempre pi` u dicile diminuire
m
aumen-
tando il numero di misure. Anche se si potesse realizzare un numero eleva-
tissimo di misure, diventerebbe impossibile mantenere costanti le condizioni
sperimentali. Lusura degli strumenti potrebbe introdurre errori sistematici.
116 CAPITOLO 9. PROPAGAZIONE DEGLI ERRORI

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