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MANZONI, SULLUTILITARISMO COME DOTTRINA MORALE

MANZONI, SULLUTILITARISMO COME DOTTRINA MORALE Anche se lautore de I promessi sposi non stato un filosofo originale, il suo interesse per la filosofia sempre stato grandissimo. Delle sue notevoli qualit filosofiche diamo un saggio in questa lettura. A. Manzoni, Osservazioni sulla morale cattolica, Appendice al cap. III Ma altro il dire che, tra la giustizia e lutilit, non ci possa essere una vera e definitiva opposizione; altro il dire che siano una cosa sola, cio che la giustizia non sia altro che utilit. La prima di queste proposizioni esprime una di quelle verit che, pi o meno distintamente e fermamente riconosciute, fanno parte del senso comune; la seconda , diremo anche qui, unalterazione, una trasformazione di questa verit che il sistema ha presa dal senso comune: perch, col mezzo proposto da esso, non si sarebbe trovata in eterno. Infatti, se si domanda al sistema, come mai sarrivi a conoscere che lutilit sempre daccordo con la giustizia o, per dirla con altri suoi termini, che lazione utile al pubblico torna sempre utile al suo autore, e viceversa; se si domanda, dico, come sarrivi a conoscere una tal cosa, con tanta certezza, da farne il fondamento e la regola della morale; il sistema risponde, come s visto, che ce linsegna lesperienza. Ma s visto che, dallesperienza, per quanto sia vasta e oculata, non si pu cavar nessuna conseguenza certa riguardo allavvenire, e quindi nessuna regola certa per la scelta dellazioni. E dopo di ci, non certamente necessario lesaminare quale e quanta sia lesperienza, sulla quale il sistema pretende fondare quello che chiama il suo principio. Ma, per vedere con qual leggerezza proceda in tutto, e per sua natural condizione. non sar inutile losservare di quanto poco si contenti, anche dove sarebbe affatto insufficiente il molto, anzi tutto limmaginabile di quel genere. Cos, dunque, lesperienza posseduta, sia direttamente, sia per trasmissione, da quelli che credono di poterne ricavare una tal conclusione? e suppongo che siano gli uomini che ne possiedano il pi. la cognizione dun piccolissimo numero dazioni umane, relativamente a quelle che hanno avuto luogo nel mondo, e dun numero de loro effetti incomparabilmente minore; giacch chi non sa quanto numerosi, mediati, sparsi, lontani, eterogenei, possano esser gli effetti dunazione umana? effetti, de quali una parte, Dio sa quanta e quale, non ancora realizzata; giacch come s accennato dianzi, chi potrebbe dire che sia compita e chiusa la serie degli effetti dunazione antica quanto si voglia? E con un tal mezzo sarebbero arrivati a scoprire una legge relativa a tutte lazioni passate, presenti e possibili? Che! non avrebbero nemmeno potuto pensare a cercarla; perch il concludere dal particolare al generale, che il paralogismo fondamentale del sistema, non sarebbe nemmeno un errore possibile, se luomo non avesse, per tuttaltro mezzo, lidea del generale, che di l non potrebbe avere. Quella che pretendono daver ricavata dallesperienza, una verit che hanno trovata stabilita, e ab immemorabili, nel senso comune. Il senso comune tiene infatti, che lutilit non possa, in ultimo, trovarsi in opposizione con la giustizia. E lo tiene, non gi per mezzo dosservazioni che non potrebbero mai arrivare allultimo, ma per una deduzione immediata, ovvia e, direi quasi, inevitabile, dal concetto di giustizia. In questo concetto compreso quello di retribuzione, cio di ricompensa e di gastigo; e il concetto di giustizia si risolverebbe in una contradizione mostruosa, o, per dir meglio, non sarebbe pensabile, se la retribuzione dovesse compirsi alla rovescia, e dallopera conforme alla giustizia venir definitivamente danno, che quanto dire gastigo, al suo autore; e viceversa. Ma come poi, e con qual ragione, dal semplice concetto di questa retribuzione, il senso comune corre, con tanta fiducia, a concludere e a credere che deva realizzarsi nel fatto? Ci avviene perch il concetto di giustizia si manifesta alla cognizione come necessario, e quindi non pu entrare nel senso comune che cessi desser tale, riguardo alla realt, alla quale si riferisce, e si riferisce con uguale necessit; giacch si pu ben pensare la giustizia, senza farne alcuna speciale applicazione, ma non si potrebbe pensarla come priva dogni applicabilit. E non gi che il comune degli uomini riconosca riflessamente, e pronunzi espressamente, che ci che necessario in un modo non pu mai diventar contingente in nessun altro; ma, appreso una volta un concetto come necessario, continua naturalmente e senza studio, senza aver nemmeno bisogno del vocabolo, a riguardarlo come tale nellapplicazioni che gli avvenga di farne. Si domandi a un uomo privo di lettere, ma non di buon senso, per qual ragione non si potrebbe supporre una combinazione di cose, per la quale, in un dato caso, dalloperar rettamente potesse resultare un danno stabile e definitivo, e dalloperare iniquamente uno stabile e definitivo vantaggio. Risponder probabilmente: non pu essere, perch allora non ci sarebbe la giustizia. E sar una risposta tanto concludente, quanto
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sar stata irragionevole la domanda, domanda che sottintende non saprei dir quale di due cose ugualmente assurde: o che il concetto di giustizia non importi necessit; o che nella realt possa avverarsi il contrario di ci che necessario per essenza. Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano, l97l, vol. XX, pagg. 490-492

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