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Giuseppe Duso

TEOLOGIA POLITICA-TEOLOGIA ECONOMICA: COME PENSARE LA POLITICA?


Political Theology-Economic Theology: How do We Think Politics?
Within contemporary debates it is commonly stressed the absolute character of the theological dimension as a precondition of dominion among men, concerning both power and economic processes. In order to criticize this interpretation, the essay proposes a reading of Carl Schmitts thought aiming to grasp a deeper and more original meaning of political theology. This meaning refers to the movement of transcending the empirical dimension and the status quo both conceived as main features of praxis and politics ; this movement explains not only the possibility of sovereignty and dominion, but also the necessity to overcome them. It is argued that the interlacing of political and economic theology produces a constitutional theology. This allows reconsidering the category of government. Government is not a paradigm that must be refused, but the question to be faced in order to think in a new way the relationships among men and political obligation. Keywords: political theology, economic theology, constitutional theology, government

1. Il dibattito odierno
Si pu notare negli ultimi tempi una forte ripresa della discussione relativa alla teologia politica, in concomitanza con la proposta di ci che costituirebbe insieme una sua anticipazione e un suo completamento, quella cio della genealogia teologica delleconomia e del governo. A prescindere da un giudizio sulla forza ermeneutica di questa operazione, mi pare che abbinare la teologia politica, come si era presentata nel dibattito, con la teologia economica presenti una felice opportunit per la riessione, soprattutto per una riessione che non intenda mantenersi nellambito di una dimensione meramente critica, ma piutGiuseppe Duso, Dipartimento di Filosoa, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata, Universit degli studi di Padova, Piazza Capitaniato 3, 35139 Padova giuseppe.duso@ unipd.it
FILOSOFIA POLITICA 3/2013, pp. 393-408 ISSN 0394-7297 Societ editrice Il Mulino

Giuseppe Duso

tosto rispondere al compito innegabile di pensare il problema politico, quello cio dellagire in comune degli uomini e dellobbligazione politica. Il tema complesso e lespressione di teologia politica (TP) ha assunto i pi diversi signicati e diverse forme di utilizzazione. Mi limito qui a unaccezione che prende la sua determinazione allinterno del pensiero di quello Schmitt che, se non ha inventato il termine, sicuramente stato colui che ha proposto la centralit della TP per pensare la politica e che costituisce ancora il punto di riferimento fondamentale nella discussione. Per lo scopo della presente riessione, e in relazione ai contenuti dei saggi di questo numero di Filosoa politica, mi pare sia utile riconoscere che sostanzialmente si presentano nella discussione e nelle pubblicazioni recenti due tipi di atteggiamento. Il primo quello pi diffuso, al punto che tende a identicarsi con il modo in cui il termine di TP risuona nellimmaginazione e nel senso comune. Questo consiste nellintendere laccostamento dei due termini nel senso della fondazione teologica della politica, una fondazione che riveste insieme un carattere ideologico e una funzione nella dimensione di dominio che appare caratterizzare la politica. Emblematico di questa posizione diffusa il recente lavoro di Roberto Esposito1. TP qui un dispositivo del pensiero, egemone non solo nella Modernit ma in tutto il pensiero occidentale dai Greci no a noi, che fonderebbe teoricamente il dominio esercitato sugli uomini, dominio che ancora pi intenso nella dimensione biopolitica delleconomia. Tema, questo del potere che si esprime attraverso leconomia, sempre pi ripreso, soprattutto in seguito al lavoro di Agamben dedicato alla genesi teologica delleconomia (TE). A questo proposito signicativo il riferimento al frammento benjaminiano Il capitalismo come religione che si ha in molti lavori recenti. Della TP e della TE bisogna dunque se si riesce liberarsi, e che questo sia il compito implicito nella stessa identicazione del duplice dispositivo di pensiero con la macchina del dominio. Laltro atteggiamento, molto meno diffuso, consiste invece nel riconoscere nella TP la presentazione di un problema che ha insieme a che vedere con la dimensione del pensiero, non solo, ma anche della prassi. A maggior ragione nella congiunzione con la TE, la TP presenterebbe allora lorizzonte allinterno del quale si pu assolvere il compito di pensare nel presente lagire in comune degli uomini e la dimensione dellobbligazione politica e del comando. Non solo nei due diversi atteggiamenti si manifestano modi diversi di intendere il pensiero e la prassi, ma lo stesso uso del termine teologia viene ad assumere un diverso signicato. da vedere se siamo in presenza di modalit del pensiero relative a presupposti diversi, oppure se ci sia unaccezione della TP che riesce a rendere ragione anche dellaltra, in consonanza con quella struttura del chiedere e del dar ragione che costituisce la dimensione intrascendibile del pensiero. Inoltre, si tratta di comprendere quali strumenti possano venire dalle due diverse posizioni ai ni di pensare in modo nuovo la politica.
1 R. Esposito, Due. La macchina della teologia politica e il posto del pensiero, Torino, Einaudi, 2013.

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Vorrei occuparmi innanzitutto del primo atteggiamento, quello di un pensiero critico che intende denunciare e liberarsi della dimensione della TP e insieme della TE, cercando di mostrarne le eventuali difcolt, per dedicarmi in un secondo tempo a chiarire in quale senso la TP pu essere intesa come posizione di quello che il nostro problema e quale indicazione ne venga per pensare la politica in modo diverso da quello del potere moderno. Cercando di sviluppare semplicemente un ragionamento, non mi riferir in modo analitico ad alcuni testi, limitandomi a indicare quelli che nella discussione attuale mi sembrano essere diventati luoghi comuni, anche se terr particolarmente presente in alcuni punti il contributo di Agamben, che ha avuto sulla nozione di teologia economica la posizione pi originale e anche la responsabilit della proposta , senza della quale una serie di lavori recenti non sarebbero certamente esistiti2.

2. Teologia politica, sovranit e meccanismo del dominio


Proprio con riferimento alla modalit con cui Schmitt in modo diretto apre la tematica della TP (tutti i concetti decisivi della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati), questa viene collegata al contesto concettuale della sovranit. Per questo della sovranit, invece che essere un concetto storicamente determinato in quanto cio espressivo della forma politica moderna viene eretto a paradigma universale, secondo latteggiamento tipico della storia delle idee, che considera i concetti come eterni e validi per intendere il comportamento delluomo nelle diverse epoche3. Quello della sovranit diventa in tal modo un paradigma che, con il suo carattere epistemico e normativo, viene a determinare il politico in quanto tale. Sua caratteristica fondamentale unobbligazione che, provenendo dallalto, esercita un dominio su coloro che ad essa sono assoggettati. Il legame posto tra sovranit e TP individuerebbe nella trascendenza il fondamento di questa dimensione di coazione: cos come si soggetti a Dio e alla sua onnipotenza, si soggetti al sovrano e al suo comando.
2 Questo non ai ni, in questa sede, di unanalisi e di un confronto con la proposta teorica di Agamben (Il regno e la gloria. Per una genealogia teologica delleconomia e del governo, Torino, Bollati Boringhieri, 20092), ma piuttosto dellevidenziazione di topoi, appunto, che mi sembrano ripresi nel dibattito sul tema e della direzione di fondo che ha un tale modo di affrontare il tema della TP e della TE, anche con la consapevolezza che ci pu portare ad alcune semplicazioni. 3 Le nostre ricerche storico-concettuali hanno individuato nella sovranit, e nei concetti che hanno in essa il loro esito, un contesto concettuale moderno, non solo, ma tale che si potuto imporre solo mediante la negazione della modalit di pensare la politica che dai Greci arrivata no alla prima et moderna. Se questo fosse vero, allora quei lavori (e sono molti) che presuppongono la presenza della sovranit nelle diverse epoche in realt non farebbero altro che ipostatizzare il concetto moderno con linevitabile esito di fraintendere le fonti, da una parte, e dallaltra di non interrogare radicalmente il concetto.

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In ogni caso il dispositivo della sovranit appare meramente formale: non d conto della realt e nemmeno dellefcacia o meno del comando stesso. Perci appare interessante loperazione che cerca di mostrare come la teologia politica sia insieme completata e anticipata da una genealogia teologica delleconomia e del governo. Qui lo stimolo alla ricerca che proviene da Schmitt congiunto allevidenziazione del tema della governamentalit che si deve a Michel Foucault. Allora il paradigma teologico-politico viene congiunto con quello di uneconomia che avrebbe la sua genesi nella teologia trinitaria, ma nello stesso tempo costituisce la chiave teorica di quella stessa teologia, che viene concepita n dallinizio come economica, nellorizzonte cio del problema della gestione e del governo4. In questo modo il tema della TP viene considerato come completato, in quanto mostra di avere una portata pi ampia dellambito del diritto pubblico a cui sembra ridursi la sovranit, riuscendo a coinvolgere il concreto della vita e della prassi. Uno dei meriti di questa proposta consiste nel fatto che si pone lattenzione sul problema di un operare sulla complessit delle cose e degli uomini che non si basa su norme o su rapporti formali, ma che ha a che fare con la gestione e la guida di una realt complessa e plurale, appunto con il governo. Questo un operare che sembrerebbe non venire dallalto, nella forma della coazione, ma nascere invece dallesigenza stessa delle cose nella loro pluralit: si tratta della guida e della gestione che le cose e gli uomini mostrano di richiedere. Si presenta in questo modo lidea del mondo come complessit che richiede coordinamento e governo afnch la conittualit non risulti distruttiva del tutto e delle parti stesse e queste possano esprimersi al loro meglio secondo la loro natura. Sembrerebbe in questo modo raggiunta una modalit di pensiero concreto della politica, che supera la razionalit formale caratterizzante il paradigma della sovranit, quello appunto teologico-politico. Ma se ci chiediamo quale valenza e quale esito abbia questoperazione vediamo che le cose non stanno in questo modo. In realt quello teologico-economico a sua volta ridotto a paradigma, dunque identicato con un modello, che sulla scia di Foucault considerato come lambito della biopolitica, quello in cui il dominio non forza esterna, ma non viene meno; al contrario diventa onnipervasivo, penetra i corpi e le anime, come ben avrebbe mostrato il pastorato cristiano. Per comprendere che leconomico non generato dalla teologia, ma sussunto da essa, interessante che il riferimento principe (ricorrente in tutta una serie di lavori recenti)5 sia costituito dalla sfera delloikos quale trattata nel pensiero aristotelico. Questo riferimento mi pare signicativo per comprendere il tipo di operazione che si sta facendo con la proposta di una TE. Infatti ben vero che il comando [arch] che emerge nella sfera delloikos deve essere inteso nel senso della ge4 Sui problemi che questa operazione pone si veda il saggio di Villacaas in questo stesso fascicolo. 5 Cfr. ad es. E. Stimilli, Il debito del vivente. Ascesi e capitalismo, Macerata, Quodlibet, 2011, e M. Esposito, Oikonomia: una genealogia della comunit, Milano, Mimesis, 2011.

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stione, cio del governo. Ma se ci si chiede in che cosa consista per Aristotele il comando allinterno della polis, bisogna riconoscere che non ha certo i caratteri della sovranit e del suo orizzonte epistemico. Larch politik non ha niente a che vedere con la razionalit formale della sovranit o del potere legittimo (impensabile per Aristotele e per il pensiero greco), ma deve essere intesa secondo il signicato che pu appunto esprimere il termine di governo. Certo il comando politico pu avere diverse forme deviate che si riducono allesercizio del dominio , da quella della democrazia a quella della tirannia, ma non in quanto tale dominio; al contrario prassi naturale, razionale e anche utile, e fa tuttuno con il darsi stesso della dimensione politica. Senza governo non pensabile quella che, da Aristotele ai pensatori della prima et moderna, quale ad esempio Althusius per i quali la comunit politica, la polis o la societas, (come il governo appunto) secondo natura , la prima legge della politica, cio la koinonia, la comunione, laccordo, lagire in comune. La natura del governo politico irriducibile alla mera dimensione della coazione; piuttosto appare inserito in un orizzonte che ha una sua oggettivit (il buon governo secondo le leggi) e appare necessario alla guida e al coordinamento degli uomini nella pluralit che caratterizza la polis6. Non nel fatto di essere arch che si distingue il comando che si esercita nellambito delloikos da quello che si esercita nella citt: entrambi devono essere intesi nel senso del governo. Ma c certo una differenza sostanziale tra larch politik e larch economica, che dispotik: mentre il governo politico si esercita su uomini ugualmente liberi, quello dispotico si esercita su esseri di natura diversa, che non sono uomini liberi. Non c qui reciprocit e possibilit di pensare allazione libera dei governati (come avviene invece nella polis, nella quale lagire politico non solo quello dei governanti): il comando qui dispotico, dominio. Se si tiene presente questo si pu comprendere quale sia loperazione di coloro che (magari sulla scia dellimmagine del pastorato cristiano) per intendere il signicato che ha il governo si riferiscono non allarch politica di Platone e di Aristotele (non a questo proposito decisiva la distinzione tra i due che emergerebbe nella critica di Aristotele a un Platone che non comprenderebbe la differenza tra oikos e polis), bens alleconomica di Aristotele7. Infatti, se il governo in quanto tale dispotico, allora il problema della necessit di guida, coordinamento e gestione di una realt complessa e plurale, il governo necessario alla dispositio delle cose e degli uomini, non presenta un problema inevitabile su cui riettere in positivo, ma un meccanismo di cui liberarsi, so-

6 Ho cercato di chiarire la distinzione tra una modalit di pensare la politica che implica il principio del governo e il concetto (che non pu essere che moderno) di potere, in Fine del governo e nascita del potere, in G. Duso, La logica del potere, Monza, Polimetrica, 2007, (anche www.polimetrica.com), pp. 83-122. 7 Mi pare che si tratti della stessa operazione qui di seguito ricordata che compie Hobbes nel Leviatano.

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prattutto dopo che il concetto di libert soggettiva si imposto ed diventato destino nella Modernit8. Se la riduzione del governo a dominio impedisce di pensare il problema che esso pone, ugualmente la concezione diffusa della sovranit mi pare non permetta di capire dove si celi il fondamento del dominio che in essa si manifesta; e questo un punto rilevante, a causa della relazione posta tra TP e il concetto di sovranit. Se la sovranit concepita come coazione esercitata sui cittadini, allora la TP altro non sarebbe che la fondazione dellobbligo di ubbidienza incondizionata al sovrano9. TP e sovranit avrebbero in tal modo la loro radice nella trascendenza. Ora ben vero che il comando inteso nel senso del potere o della sovranit dominio e viene dallalto, ma questo nella scienza politica moderna tuttaltro che un presupposto, piuttosto il risultato di un processo. Come si pu vericare nei trattati di diritto naturale, nei quali nasce il concetto di sovranit, e come emerge con particolare evidenza in Hobbes, il sovrano e la sua assolutezza sono il risultato di una concezione della politica che ha il suo punto di partenza proprio negli individui e nei loro diritti, in particolare nel concetto di libert, inteso come laffermazione del singolo che non patisce comando su di s e nega ogni punto di riferimento per lagire che vada oltre la propria immediatezza. Questo il presupposto! Non c qui laccettazione di una dimensione che trascende lindividuo e la sua volont ma, al contrario, una concezione della politica segnata da un tentativo di totale immanenza. E questa immanenza sar ancora pi evidente quando sar tolta anche lalterit della persona del sovrano, mediante laffermazione del popolo sovrano, soggetto assoluto della politica in quanto composto da tutti gli individui, che non patiscono allora nessun comando a loro esterno. questo concetto di libert a negare la relazione di governo, come mostra loperazione mirata e certo non innocente che Hobbes compie nella trattazione della IX legge di natura, dove riduce il governo (loggetto del Leviatano lordine politico) a quel governo dispotico che si d nellambito delloikos, e dunque alla relazione che il padrone ha con lo schiavo (che per sua natura non libero). In tal modo il governo in quanto tale negazione del concetto di libert, che costituisce la pietra angolare della nuova scienza politica10. la negazione della relazione di governo, che era al centro delle pi diverse dottrine politiche,
8 Sul necessario passaggio attraverso la libert soggettiva per pensare la politica rimando al mio Libert e costituzione in Hegel, Milano, FrancoAngeli, 2013. 9 Cosi, in modo esemplare, A. Illuminati, recensione di E. Stimilli, Il debito del vivente. Ascesi e capitalismo, in Filosoa politica, 2012, n. 3, pp. 491-494. 10 Loperazione hobbesiana riduce il governo a una relazione formale, nella quale si perde il senso gestionale legato alla natura della cosa che si governa e si evidenzia solo laspetto della coazione; dunque la riduce a quel concetto di potere, che nasce nel cap. XVII del Leviatano, ma privo del momento di legittimazione, cio del processo di autorizzazione, secondo il quale autori del comando e dellatto politico sono tutti coloro che hanno costituito lautorit: in tal modo sia il governo sia la concezione politica aristotelica sono ridotti a qualcosa che logicamente insostenibile (cfr. G. Duso, La democrazia e il problema del governo, in Filosoa politica, 2006, n. 3, pp. 367-390).

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a comportare, sulla base del concetto di libert, la sovranit, cio il potere politico nellaccezione moderna, un potere che di tutto il corpo politico e proprio per questo non pu che essere irresistibile per garantire la libert che non pu che essere privata di tutti11. Se la relazione di governo caratterizza la realt della vita in comune degli uomini, la sovranit non riesce certo a cancellarla, ma la teoria che la sorregge si basa su questa negazione. Se si guarda alla storia non si pu affermare, come stato detto, che la sovranit cade quando cade la testa del re, ma al contrario, che nasce solo in questo momento: solo quando si pensa che nessuno possa governarci nasce la sovranit. Un potere assoluto cui si ubbidisce sempre, senza potere giudicare i contenuti del comando, pu avere una sola giusticazione razionale: che il potere fondato dal basso, che cio ubbidire al comando nella dimensione della sovranit (che non potr che essere quella del popolo) signica in fondo ubbidire a se stessi. Infatti se il concetto di sovranit si forma da un punto di vista teorico nelle dottrine del contratto sociale e nei trattati di diritto naturale, i suoi effetti da un punto di vista storico possono essere riconosciuti solo a partire dalla Rivoluzione francese, quando appunto cade la testa del re12. In questo tragitto teorico dalla libert alla sovranit (questo il dispositivo moderno, o la macchina del potere), se quello di libert il concetto fondante e genetico del processo, quello di rappresentazione a fornire il mezzo strategico che conduce inevitabilmente alla sovranit, come potere assoluto a cui tutti, per propria volont, si sottomettono. Il concetto moderno di rappresentanza lunico modo possibile dice Hobbes con ragione di pensare un corpo collettivo, una persona civile (appunto lo Stato) a partire da una moltitudine di individui. Con ragione certo, ma solo in quanto il presupposto di partenza consiste nel pensare la societ e la relazione sulla base di un concetto di individuo che acquista il carattere di fondamento. da ricordare che la stessa assolutezza del comando del sovrano (si veda il XVIII cap. del Leviatano) si fonda sulla sua natura di rappresentante: per il fatto che solo attraverso di lui si esprime il soggetto collettivo che non ammessa resistenza. Il concetto moderno di rappresentanza non consiste in un passaggio di volont politica dai singoli al rappresentante (non sarebbe possibile n consono logicamente al concetto), ma appunto nella costituzione di questultimo come attore di azioni di cui tutti si dichiarano responsabili, cio autori. la fondazione dal basso che permette
11 Questa logica del potere moderno (sovranit) stata oggetto di numerosi lavori di ricerca storico-concettuale; per tutti ricordo Il contratto sociale nella losoa politica moderna, Milano, FrancoAngeli, 20073; Il potere, Roma, Carocci, 20012, entrambi a cura di G. Duso e, sinteticamente, Id., Il potere e la nascita dei concetti politici moderni, ora in S. Chignola G. Duso, Storia dei concetti e losoa politica, Milano, FrancoAngeli 2008, part. pp. 176-183 per quanto riguarda il processo logico rigoroso che, partendo da questo concetto di libert, conduce inevitabilmente alla sovranit come suo compimento. 12 Ci si pu facilmente rendere conto di quanto sia dissonante tale affermazione nei confronti del modo in cui si considera la sovranit nel dibattito recente e anche nellaccezione della TP sopra ricordata. Il problema non tanto di riconoscere punti di vista diversi, ma di vericare nella lettura dei testi la capacit o meno di cogliere la logica del concetto.

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che il comando (che non pu essere che unico e dunque non pu essere espresso dai molti individui diversi) provenga dallalto, senza che i singoli possano contribuire alla sua formazione. La concezione della sovranit o del potere legittimo non nasce grazie allaccettazione di una verit trascendente, ma grazie a un dispositivo concettuale basato sul tentativo di perfetta immanenza, che intende appunto il comando in quanto tale come dispotico. Nella proposta della TE il tema delleconomia e del governo non pone un problema da comprendere e da pensare, ma inteso come un paradigma che, insieme a quello della sovranit, costituisce la macchina del dominio a cui da sempre gli uomini sono stati assoggettati. Questo carattere di dominio che caratterizza la nozione di governo (il problema, come si sar capito, non consiste tanto nel fatto che nella relazione di governo si possa dare dominio, ma che in quanto tale sia dominio) diventa evidente quando vengono indicati come massimo esempio dellazione di governo la gura di Hitler, il nazismo e il fascismo13. Ci colpisce a maggior ragione se si compie unanalisi concettuale del tragitto che dalla genesi della sovranit conduce alla democrazia moderna. Infatti, la tematica della democrazia plebiscitaria si colloca nella congiunzione non solo storica, ma anche teorica, tra lelemento legale del potere e quello carismatico, come gi era chiaro nel pensiero di Weber prima di Schmitt14. Insomma, si tratta di un fenomeno che non esemplare della categoria del governo, ma piuttosto si inserisce nellorizzonte teorico della forma politica moderna e del potere come potere legittimo, cio della sovranit, nello spazio che va dalla concezione formale di questultima a quella radicalizzazione esistenziale che si esprime nella formula schmittiana: sovrano chi decide sullo stato di eccezione. In questa linea governo non altra cosa dal potere, ma piuttosto la sua forma pi intensa: leconomia il massimo del potere, perch il potere nella forma del governo. I due paradigmi della sovranit e del governo sono espressione del potere inteso come dominio. Ci che presupposto allora il concetto di potere, un concetto che tende a essere identicato immediatamente con la realt delle relazioni tra gli uomini. Qui il potere, nel senso della coazione della volont, alla quale ridotto indistintamente anche il governo, inteso come la realt; conseguentemente il pensiero politico che ravvisa la necessit della dimensione del comando e dellobbligazione politica relegato nella dimensione dellideologia: cio giusticazione del dominio15. La cifra di questa operazione rischia di essere ancora quella della critica dellideologia. La mossa felice, consistente nel porre la relazione tra la realt complessa degli uomini e delle cose e la necessaria azione di guida e di governo, non

13 Cos G. Agamben, Il regno e la gloria, cit., pp. 91 ss. Seguendo Bataille, la relazione tra teologia politica e fascismo ripresa anche da R. Esposito, Due, cit., pp. 52 ss. 14 Sul carattere teorico che viene ad assumere la gura della democrazia plebiscitaria allinterno della trattazione weberiana dei tipi del potere cfr. G. Duso, Tipi del potere e forma politica moderna in Max Weber, in Id., La rappresentanza politica: genesi e crisi del concetto, Milano, FrancoAngeli, 2003, part. pp. 127 ss. 15 Cfr. G. Duso, Il potere e la nascita dei concetti politici, cit., part. pp. 172 ss.

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riesce a ravvisare in essa la via per un modo diverso di pensare la politica e, in quanto intende il comando in quanto tale come dominio, rischia di rimanere ancora allinterno dellorizzonte moderno dellaffermazione della libert intesa nel suo senso pi immediato. Il richiamo allinoperosit, o al tema della prassi in Aristotele, con la consapevolezza che la contemplazione la forma pi alta della prassi, pu anche andare nella direzione di un altro modo di pensare la politica, purch sia collegato alla constatazione che questo senso della prassi e della contemplazione non escludono un pensiero della politica e dellarch, ma al contrario permettono di intenderne il signicato. Ugualmente il pensiero di Spinoza diventa rilevante per la riessione politica, se si tengono contemporaneamente presenti lontologia dellEtica e i Trattati sulla politica e sullimperium, con la relazione necessaria e insieme lo scarto che si pone tra ontologia e politica. Nelle posizioni che presentano TP e TE come ci di cui bisogna liberarsi, mi sembra non si riesca a rintracciare una linea per pensare in altro modo la politica, sia che si termini in una posizione esplicitamente impolitica, sia che ci si richiami vagamente a un pensiero tutto immanente che permetterebbe di realizzare la fratellanza. Mi pare che non si riesca a pensare il politico se non si riesce a concepire lagire (politico) degli uomini in comune, e insieme lobbligazione politica e una modalit di darsi del comando.

3. Un duplice significato di teologia politica in Schmitt?


Bisogna interrogarsi sulla nozione di TP implicata in questa linea critica, per vedere se essa non presenti una natura pi complessa di quanto si creda. Per fare questo utile ritornare a Schmitt, che in Politische Theologie propone appunto lanalogia tra i concetti politici e quelli teologici. Ma, se ci si ferma alla denizione sopra ricordata, si rischia di perdere la complessit del pensiero schmittiano e, pur con intenzioni critiche, si nisce per restare ingabbiati in esso, non riuscendo a utilizzare le possibilit che pure vi sono presenti per pensare la politica oltre i concetti moderni16. Innanzitutto da osservare che, come Schmitt chiarir pi tardi17, la TP non vuole porre il problema della relazione tra religione e politica o riferirsi a possibili e vaghi parallelismi tra concezioni religiose, escatologiche e politiche. Si riferisce piuttosto al terreno dei concetti e, in modo preciso, ai concetti ela16 Riprendo qui molto sinteticamente largomentazione contenuta in G. Duso, Ripensare la rappresentanza alla luce della teologia politica, in Quaderni orentini per la storia del pensiero giuridico moderno, 2012, vol. 41, pp. 9-47, dove si cerca di mostrare perch la TP possa costituire lorizzonte in cui pensare con nuove categorie la politica e lordine costituzionale. Ma per lanalisi dei testi schmittiani che giustica la proposta qui ripresa che cio nella struttura della rappresentazione che si cela il senso pi profondo della teologia politica schmittiana rimando a G. Duso, La rappresentazione come radice della teologia politica in Carl Schmitt, in Id., La rappresentanza politica, cit., pp. 174-195. 17 Cfr. La Postfazione a Politische Theologie II, Berlin, Duncker & Humblot, 1970; trad. it. di A. Caracciolo, Milano, Giuffr, 1992, p. 90.

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borati nel razionalismo occidentale tra la Chiesa cattolica con la sua razionalit giuridica e la dottrina dello Stato. Dunque, non si tratta dellinuenza della religione sulla politica, ma dellanalogia strutturale tra i concetti. E, se vero che si tratta dei concetti politici pregnanti della moderna dottrina dello Stato, evidente che il concetto centrale, che potremmo dire tutti li riassume, o in cui tutti conuiscono, quello di sovranit. Non un caso che il primo esempio richiamato nel testo del 1922 riguardi proprio lanalogia tra lonnipotenza del legislatore (cio della prima e massima espressione della sovranit, il comando che legge obbligante per tutti) e lonnipotenza di Dio. Chiaramente la chiave di questa TP consiste nella caratteristica dellassolutezza: i suoi presupposti sono lassolutezza di Dio, di cui la teologia scienza, e lassolutezza del potere che solo nella Modernit concepibile nella forma della sovranit. Nella proposta della TP cos concepita il pensiero stesso che la formula resta dipendente da questi due presupposti che si sottraggono allinterrogazione. Si tratta di capire se lassolutezza racchiusa in questi due presupposti regga a una analisi concettuale e quale rapporto abbia con la struttura del pensiero. Il nesso sopra ricordato a proposito di Hobbes tra sovranit e rappresentazione, alla cui comprensione Schmitt ha offerto un contributo fondamentale, ci offre una via produttiva di analisi. Se vero che il segreto della sovranit sta nel concetto di rappresentanza, e laffermazione della TP no a qui considerata riguarda i concetti politici moderni che si concentrano nella sovranit, si tratta di chiederci quale signicato teologico-politico sia possibile ravvisare nel concetto di rappresentanza. Nella famosa denizione contenuta nella Dottrina della costituzione (Reprsentieren heisst, ein unsichtbares Sein durch ein ffentlich anwesendes Sein sichtbar machen und vergegenwrtigen), la struttura della rappresentazione viene individuata nella necessit di rendere lidea visibile e presente nellesperienza politica, ma con la consapevolezza che essa per sua natura non visibile, non oggetto e possesso del nostro sapere: ospite straniero, come Schmitt dice richiamandosi a un verso di Goethe18. Come noto, Schmitt ricorda che ci avviene anche nella forma pi secolarizzata di politica, quella del parlamento democratico, perch il popolo a cui si attribuisce la legge non empiricamente presente, ma unidea che prende forma appunto attraverso la rappresentazione. Si manifesta in tal modo una dialettica tra visibile e invisibile: la dialettica del concetto consiste nel fatto che linvisibile [das Unsichtbare] presupposto come assente [abwesend] ed nello stesso tempo [gleichzeitig] reso presente [anwesend]19. Naturalmente non che, in quanto resa presente, lidea per-

18 C. Schmitt, Der Wert des Staates und die Bedeutung des Einzelnen, Mohr, Tbingen 1914 (trad. it., Bologna, Il Mulino, 2013), p. 75: la citazione, ripresa da Harnach (Urchristentum und Katholizismus), cos suona nella pagina di Goethe: Eine jede idee tritt als ein fremder Gast in die Erscheinung (Goethes Werke, Hamburger Ausgabe, 14. Bd., Mnchen, C. H. Beck, 1982, Bd. 12, p. 439). 19 Cfr. C. Schmitt, Verfassungslehre, Berlin, Duncker & Humblot, 1928, p. 209; trad. it. Dottrina della costituzione, a cura di A. Caracciolo, Milano, Giuffr, 1984, p. 277.

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da la propria invisibilit, perche quella prodotta dalla rappresentazione non lidea, ma grazie allidea unimmagine. Nei confronti di una tale denizione i primi critici hanno ricordato che essa tipica del divino, il quale eccede le capacit umane del pensiero. Emerge qui un senso diverso della TP, quello di una prassi in cui lidea si presenta solo nella contingenza, segnando ogni momento dellesperienza, rimanendo tuttavia eccedente le capacit del pensiero. Proprio in quanto non mai empiricamente realizzata da questo punto di vista si pu dire che utopia, non ha cio un luogo nellempirico necessariamente implicata dalla prassi e ne costituisce il motore20. Si tratta di una struttura teoretica per la quale ci si pu con ragione riferire a Platone, non al Platone dualista della vulgata, ma a quel Platone in cui la relazione con lidea costitutiva dellesperienza, sia dal punto di vista del pensiero, sia da quello della prassi, e tuttavia lidea rimane eccedente la possibilit del nostro vedere21. Ho gi tentato di mostrare come questa struttura teoretica si venga delineando negli scritti schmittiani del secondo decennio del secolo XX, in particolare in Der Wert des Staates22. Qui il diritto, come istanza innegabile di giustizia, ci a cui lo Stato con la sua forza non pu non guardare nel compito continuo di rendere visibile lidea. Il diritto non allora linsieme delle leggi come espressione assoluta del comando del legislatore, ma precede lo Stato e rende possibile la politica. appunto questo compito della Sichtbarmachung, del rendere visibile ci che ideale, a caratterizzare il politico. In Cattolicesimo romano viene detto: Nessun sistema politico pu durare, anche soltanto per una generazione, con la sola tecnica della conservazione del potere: al politico inerisce lidea, dato che non c politica senza autorit, n c autorit senza un ethos della convinzione23.
20 Questo signicato di utopia assai diverso da quello in cui lidea ravvisata in una soluzione teorica delle contraddizioni e del dominio tra gli uomini divenendo cos forma e posta in un futuro realizzabile. 21 Cfr. G. Duso, La rappresentazione e larcano dellidea, in Id., La rappresentanza politica, cit., part. pp. 40-50. Il richiamo a Platone particolarmente rilevante in questa riessione, in quanto lega insieme la questione della giustizia lidea a cui guarda il losofo per disegnare la citt e a cui deve guardare chi governa la citt al problema del governo. Se la giustizia riguarda il compimento di ci che proprio delle diverse parti della citt (come dellanima), la pluralit che caratterizza linsieme richiede che questa realizzazione del proprio di ogni parte un proprio che non isolato da quello delle altre parti abbia bisogno di una funzione di guida e di coordinamento, di governo appunto: in questo caso si pu dire che il fatto che la dispositio delle parti dellanima e della citt implichi unazione di governo, anzich fondare il dominio, costituisce invece il problema politico da pensare (cfr. G. Duso, Platone e la losoa politica, in La losoa politica di Platone, a cura di G. Chiodi R. Gatti, Milano, FrancoAngeli, 2008, pp. 9-23). 22 Cfr. G. Duso, La rappresentazione come radice della teologia politica, cit. Signicativo il fatto che, nello stesso contesto della TP come analogia strutturale di concetti, sia lo stesso Schmitt a rimandare a questopera del 1914. 23 Cfr. C. Schmitt, Rmischer Katholizismus und politische Form (1923), Mnchen, Theatiner Verlag, 19252, p. 25; trad. it. Cattolicesimo romano e forma politica, pref. di C. Galli, Bologna, Il Mulino, 2010, pp. 34-35. La comprensione dellimpossibile garanzia in questa

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signicativo che per questo compito di rendere visibile lidea sia usato anche il termine di secolarizzazione [Skularisierung], che in questa struttura teologico-politica non ha il senso di un passaggio epocale avvenuto, ma piuttosto di un compito costitutivo del politico, strutturale e dunque tale per cui nessuno dei due termini, lidea e il secolo o lesperienza mondana, possono essere pensati in modo indipendente: la prassi che implica lidea, cos come questa si d sempre e solo nel compito contingente, nellimmagine che di essa di volta in volta si riesce a dare. Nel cammino in cui emerge tale struttura della rappresentazione ha un posto particolarmente rilevante la natura della Chiesa quale viene determinata nel saggio su La visibilit della Chiesa24 e in Cattolicesimo romano, opera questa che assume in questa prospettiva una rilevanza particolare. in essa infatti che si afferma la natura rappresentativa della Chiesa e il suo carattere giuridico. In questa accezione la TP non ha la cifra dellassolutezza, ma piuttosto dellimpossibile assolutizzazione dellesperienza e dello status quo in cui ci troviamo. Leccedenza dellidea comporta che pensare la prassi in relazione a essa ci esponga continuamente al rischio, poich limmagine a cui d luogo la rappresentazione non dedotta dallidea, quasi questa potesse essere oggetto certo del nostro sapere, ma unimmagine sempre contingente che non coincide con lidea, ma che rimanda a essa. Non c qui lassolutezza del potere, del comando del sovrano, sia questo il sovrano-rappresentante di Hobbes o il popolo sovrano delle moderne democrazie; non c fondamento del potere, ma piuttosto sfondamento della logica del potere. In questa struttura teoretica non abbiamo laffermazione di qualcosa di trascendente, in quanto i termini di trascendenza e immanenza si mostrano inadeguati e contraddittori. Ci che si presenta invece un movimento continuo di trascendimento nei confronti dellempirico e dello status quo, un trascendimento in cui consiste la prassi politica. La realt politica non identicabile con la realt empirica nella sua immediatezza, ma con il movimento in cui continuamente implicata lidea, e ci non per uscire da se stessi, ma per essere se stessi al meglio. Non c trascendenza, perch questo movimento di trascendimento dellempirico costitutivo della prassi, e dunque si potrebbe dire che a essa immanente, nel senso che la sua struttura. Ma nello stesso tempo si pu dire che supera limmanenza, se questa ha il signicato dellassolutizzazione della sua immediatezza empirica. Se vero che questa accezione della TP rintracciabile in Schmitt, si tratta di capire come essa stia in relazione con lonnipotenza del legislatore e dunque con la teologia della sovranit. Rispondendo a questa domanda abbiamo la possibilit sia di comprendere meglio la complessit del pensiero schmittiano, sia anche di individuare la via che, nel suo attraversamento, ci
relazione con lidea congiunta con la nostalgia dellistituzione ha certo fornito a Schmitt una deriva pericolosa. 24 C. Schmitt, Die Sichtbarkeit der Kirche. Eine scholastische Erwgung, in Summa, 1917-18, n. 2, pp. 71-80; trad. it. C. Sandrelli, rev. C. Galli, in Il Centauro, 1985, n. 15, pp. 177-184 e in Cattolicesimo romano, cit., pp. 71-85.
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porta denitivamente al di l di esso. la struttura della rappresentazione che d ragione della possibilit della TP della sovranit e nello stesso tempo della sua contraddittoriet, della necessit del suo superamento, del fatto che al suo interno da sempre superata. Si pu ricordare non solo che lassolutezza del legislatore e la riduzione della legittimit alla legalit da Schmitt criticata, ma anche che egli indica esplicitamente come questo movimento di trascendenza si trasformi nei concetti politici moderni in un tentativo di totale immanenza25. Si pu a questo proposito pensare gi al sovrano hobbesiano che riduce la rappresentazione del soggetto collettivo alla sua volont empirica. Ma si pu a maggior ragione pensare al concetto di popolo, che appunto lidea a cui si riferisce la democrazia. Sia nella versione rousseauiana della sua espressione diretta, sia nella democrazia rappresentativa, il riferimento al popolo intende essere fondante e decisivo, in quanto il popolo il soggetto assoluto della politica, il soggetto onnipotente in un orizzonte in cui si viene a negare ogni movimento di trascendimento, ogni punto di riferimento, e tutto si risolve in modo totalmente immanente nellespressione della volont dei singoli e del soggetto collettivo. Ma se vero che la sovranit non pensabile senza la rappresentazione26 e che nello stesso tempo essa nega quel movimento di trascendimento in cui consiste la rappresentazione, allora ci troviamo di fronte a un concetto contraddittorio, che nega cio lo stesso movimento che permette il suo porsi. La TP come rappresentazione spiega allora come sia possibile la sovranit e ne comporta nello stesso tempo il superamento. Da una parte cio il popolo come soggetto perfetto e immanente della politica pensabile solo in quanto esso idea, dunque grazie ad un trascendimento della realt empirica, ma dallaltra pretende di essere un fondamento tutto immanente della politica. Questo movimento contraddittorio avviene in quanto lidea da rappresentare identicata con il soggetto collettivo e con la sua volont: dunque con un elemento che decisivo solo allinterno della riduzione moderna della politica alla razionalit formale. nellambito della razionalit formale che assolutizzata la volont del singolo e insieme inevitabilmente quella del soggetto collettivo. Individuare questa contraddizione, per, comporta la necessit di superare leffetto di immanenza che caratterizza il concetto moderno di rappresentanza e ci grazie proprio alla struttura teoretica che esso presenta. In questa accezione la TP, come struttura che rende possibile il dispositivo della forma politica
25 Cfr. la Premessa del 1924 a Politische Romantik, Mnchen-Leipzig, Duncker & Humblot, 19252, p. 23; trad. it., Romanticismo politico, a cura di C. Galli, Milano, Giuffr, 1981, p. 21. 26 Ci vale per entrambe le forme speculari della sovranit; infatti anche in Rousseau lespressione del popolo come potere costituente ha bisogno della mediazione personale del Legislatore, che tipica della rappresentazione, anche se si ha il riuto esplicito del concetto di rappresentanza; per limplicazione che lo stesso principio di identit cio presenza diretta del popolo ha della rappresentazione a cui si contrappone, si veda G. Duso, Rappresentazione e unit politica nel dibattito degli anni Venti: Schmitt e Leibholz, in Id., La rappresentanza politica, cit., part. pp. 158-167.

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moderna, richiede una modalit di pensare la politica che superi quel dispositivo, che non riguarda il pensiero occidentale dai Greci a oggi e nemmeno tutta la losoa moderna, ma piuttosto quella modalit di pensare la politica che si diffusa nella scienza moderna, nel senso comune e che sta alla base delle costituzioni. Questo pensiero non si trova da unaltra parte, ma, sia pur tradito, allinterno degli stessi concetti moderni e viene in luce con consapevolezza in molti punti alti della losoa moderna (in cui si manifesta appunto il losoco), tra cui certo Spinoza, ma anche un Kant non riducibile a una concezione formale della politica, e uno Hegel che non certo compreso se lo si riduce al compimento del paradigma hobbesiano della sovranit. In questo compito lidea, senza cui non pensabile societ umana, quella della giustizia, che sta alla base anche dello stesso tentativo hobbesiano, ma in modo contraddittorio, in quanto il dispositivo formale del potere nasce dalla questione di ci che giusto, ma tende contraddittoriamente a toglierla di mezzo fornendo una risposta risolutiva, quella appunto della forma politica moderna, caratterizzata dal nesso libert-sovranit.

4. Una teologia costituzionale?


La TP come relazione allidea nella forma della rappresentazione emerge dunque dalla sovranit stessa come cosa da pensare e, in quanto struttura originaria, impedisce come ha scritto Voegelin criticando Schmitt la sua identicazione con il comando e con colui che lo esprime (il sovrano-rappresentante o il rappresentante del popolo sovrano), in quanto non pu non riguardare la prassi politica di tutti. Se il riferimento allidea di giustizia riguarda tutti e tutti (ma non in quanto singoli) mantengono una dimensione politica, allora il comando, che non pi rappresentativo, deve essere inteso come una funzione di cui responsabile chi governa, cos come rimangono politicamente responsabili di fronte al governo, che non li rappresenta, coloro che sono governati. Mi pare che la categoria del governo fornisca lunico modo di pensare una realt politica che non cada nellaporia del nesso sovranit-rappresentanza, nel quale lunit dei molti nei loro confronti sempre altra ed estranea. Unentit costitutivamente plurale non pu essere pensata che in base al lavoro difcile di accordo delle parti diverse e a una funzione di guida e di coordinamento di governo appunto che lavori a questo accordo e impedisca la distruzione del tutto e delle parti. Il governo non comporta un comando assoluto e inappellabile, in quanto rappresentativo della totalit dei cittadini, ma appare condizionato da ci per cui c governo, dai governati, e inoltre da un orizzonte che permette che ci sia una direzione, una guida, orizzonte che non dipende certo da chi governa. In questo senso il governo implica lorizzonte della relazione allidea di giustizia che la TP presenta. Insomma bisogna pensare il governo, la cui natura non coincide con il dominio, ma ne costituisce piuttosto la negazione. Questa natura della cosa non smentita dal fatto che lesperienza empirica mostra come il governo diventi
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spesso proprio strumento di dominio27. Ma tale esperienza non deve tanto essere corretta sulla base di qualche imperativo morale, ma su quella della natura stessa della cosa, di ci che la prassi governativa comporta. Ci che si cercato di mostrare in relazione alla TP, cio che c una sua accezione che coincide con lassolutizzazione del potere, ma anche quella di una sua comprensione, che presenta una struttura del pensiero e della prassi, si pu riscontrare nella stessa proposta di una TE. Limplicazione del governo, e cio di una funzione di guida e di coordinamento da parte della dispositio delle cose e della complessit della gestione dei problemi economici, pu venire tutta schiacciata sulloggettivit dei processi (del capitalismo, del mercato) secondo una cifra insieme di assolutezza e di immanenza; ma in questo modo si tradisce la funzione stessa del governo, che scompare se le cose si governano da sole e se non ci sono punti di riferimento per la direzione da prendere. la relazione allidea di giustizia che permette che ci sia governo e dunque, anche in questo caso, un movimento di trascendimento continuo dellempirico. In questo senso teologico del trascendimento leconomia, il mercato, il capitalismo non vengono assolutizzati e giusticati, anche se costituiscono condizioni reali e contingenti in cui si d governo. Mi pare dunque che la mossa felice di accostare una TP con una TE ponga con forza lo stesso problema, quello del governo. La mossa felice perch ci aiuta a mettere in questione la pretesa autonomia che nelle due Teologie hanno, da una parte, il potere politico e, dallaltra, i processi economici. Non c politica senza governo delleconomia e non c economia che non comporti il problema del suo governo. Naturalmente ci comporta il superamento della concezione in cui la TP consiste nellaccettazione del potere come dimensione autonoma e la TE in quella assoluta oggettivit e autosufcienza dei processi economici, o in qualcosa come nella religione del capitalismo. Questa duplice concezione dellautosufcienza del politico e delleconomico appare oggi assai diffusa. Da una parte c chi, restando totalmente interno alla logica della sovranit e dunque della democrazia, pensa che, o attraverso la funzione rappresentativa, o attraverso una presunta espressione diretta del popolo, si possa realizzare il protagonismo politico dei cittadini e si possano governare i processi con un atto soggettivo di volont28; e daltra parte chi pensa che invece il mercato abbia le sue leggi e imponga la direzione alla prassi politica: insomma che le cose si governino da sole.

27 Linsopprimibilit della relazione di governo e la relazione allidea che strutturale per la politica possono fare comprendere la possibilit di esperienze come quella di Hitler, ma contemporaneamente anche il tradimento che in essa si determina in relazione la natura del governare e allidea di giustizia. Anche in questa esperienza si tenta contraddittoriamente una totale immanentizzazione dellidea. 28 signicativo che chi pretende di trovare una volontaristica e democratica risoluzione dei problemi economici al di l dei processi di globalizzazione si richiami illusoriamente alla sovranit dello Stato; infatti, la democrazia in senso costituzionale pensata proprio sulla base della concettualit della sovranit.

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Nella direzione qui delineata invece proprio il problema del governo a superare il dualismo di politico ed economico, di societ civile e Stato che sta alla base delle moderne costituzioni. Se si volesse adoperare una formula, questo necessario incrocio di politico ed economico nella direzione del superamento del dispositivo concettuale della forma politica moderna, della dottrina dello Stato e della societ, potrebbe suggerirci il termine di Teologia costituzionale, dove laggettivo indica il concreto stare assieme degli uomini e il modo in cui costituita la realt politica. Una costituzione dunque non riducibile alla dimensione formale delle costituzioni moderne, che si basano proprio sullimmaginario della distinzione di politico ed economico, di societ civile e Stato. Una costituzione in cui la relazione allidea di giustizia riguardi tutti e in cui il comando sia inteso secondo la categoria del governo, secondo quella che mi sembra lunica possibilit afnch i soggetti singoli proprio in quanto governati e non nellillusione di avere espressione attraverso il comando inteso come potere legittimo possano avere dimensione ed efcacia politica. Se si potesse continuare la riessione si potrebbe cercare di mostrare che la nozione di governo non riducibile a paradigma: non dice e non giustica niente (come invece pretende di fare il nesso rappresentanza-sovranit), ma da pensare in relazione alla natura della cosa, e cio in modo tale da aprire il duplice problema della determinazione di ci che giusto non nellautonomia della teoria, ma nella contingenza della situazione presente e della politicit dei governati che, proprio in relazione alla nozione di governo, non pu che avere una rilevanza superiore alla funzione di governo. La TP intesa in questo modo pone il compito di pensare in modo nuovo la politica oltre la dimensione del dominio e della spoliticizzazione che caratterizzano la forma politica moderna tra la genesi del concetto di sovranit e la democrazia rappresentativa , e offre insieme lorizzonte per questo compito 29.

29 Un primo tentativo nella direzione di un pensiero della politica che prenda le mosse proprio dalle aporie che emergono nei concetti politici moderni si ha nei due saggi dedicati al federalismo (termine che, al di l della stessa tradizione e del dibattito odierno, intende focalizzare, contro la pretesa autonomia del singolo, la realt originaria della relazione, e mettere in rilievo la prassi politica dei governati allinterno del nesso governo-pluralit): G. Duso, Oltre il nesso sovranit-rappresentanza: un federalismo senza Stato?, in Ripensare la costituzione: la questione della pluralit, a cura di M. Bertolissi G. Duso A. Scalone, Monza, Polimetrica, 2008, pp. 183-210, e Id., Pensare il federalismo: tra categorie e costituzione, in Come pensare il federalismo? Nuove categorie e trasformazioni costituzionali, a cura di G. Duso A. Scalone, Monza, Polimetrica, 2010, pp. 73-118.

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