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#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi

Indice
Parte prima
Introduzione
1. Avvertenze prima delluso
2. Cambiare le cose, prima che siano loro a cambiarci
3. LIdentit e la missione
Parte seconda
Costruire il PD
1. Dare una spiegazione. E chiedere scusa
2. Un nuovo umanesimo
3. La destra e la sinistra
4. Il berlusconismo
5. Il populismo
6. La rabbia
7. Qualcosa per cui combattere
8. Essere democratici
9. Il Partito dei Democratici
9.1 Il Partito e una societ che si trasforma
9.2 Il PD: dal Partito nuovo alla nuova Partecipazione
9.3 Scrivere una pagina nuova
9.4 Le case del lavoro
10. Verso le elezioni regionali del 2015
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Parte terza
Cambiare la Campania
1. Lo chiediamo allEuropa
2. Rotolando verso sud: il Mediterraneo
3. Una nuova visione per il Mezzogiorno
4. Istruzione e produzione: il ticket pubblico per rilanciare il Mezzogiorno
4.1 Dalla fuga dei giovani e delle imprese alla Regione del lavoro
4.2 La necessit lopportunit della concentrazione territoriale
4.3 Occupazione e innovazione: il ritorno alla terra
4.4 Fondi europei: se non aggiuntivi, almeno spendiamoli bene
4.5 Il sistema dei saperi in Campania: luniversit
4.6 Il sistema dei saperi in Campania: la scuola
4.7 La Campania ed il sapere: nessuno rimanga indietro
5. La questione ambientale
5.1 La terra dei fuochi
5.2 Rifiuti: da problema a risorsa
5.3 Energia: questione ecologica e democratica
5.4 Le citt intelligenti, per un nuovo Rinascimento
5.5 Territorio: un patrimonio da valorizzare
5.6 Sarno: la coscienza ri-pulita di nuova stagione
6. I diritti negati: casa, salute, welfare, trasporti
6.1 Sanit e politiche sociali: il diritto alla salute
6.2 Il diritto alla casa e la difesa del territorio
6.3 Il trasporto pubblico: il diritto alla mobilit
7. Urbanistica partecipazione. Partecipazione cambiamento.
8. Il terzo settore e il servizio civile
9. Una nuova cultura della legalit
9.1 Leconomia sociale come antidoto alleconomia criminale
10. Dai beni culturali alla cultura dei beni
Parte quarta
Conclusioni
1. La bellezza
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Parte prima
Introduzione
1. Avvertenze prima delluso
Questo documento frutto di un!elaborazione collettiva e di una contaminazione tra modelli,
esperienze e percorsi.
In vista del prossimo congresso regionale del Partito Democratico, prima che la
competizione venga legittimamente caratterizzata da slogan, battute taglienti ed interviste,
pensiamo sia necessario discutere su come costruire la Campania che vorremmo e come il
PD possa divenire il Partito adatto a farlo.
Il nostro candidato alla segreteria regionale, Michele Grimaldi, sar probabilmente il pi
giovane. Ma non questo che ci interessa sottolineare; vorremmo provare ad essere quelli
che hanno qualcosa da dire, e che studiano, si confrontano, ascoltano, e poi sono pronti a
dar battaglia politica no in fondo.
Per questo il testo che leggerete da considerare un punto di partenza: lo abbiamo
immaginato e scritto perch fosse uno strumento utile per aprire una discussione larga, nei
circoli, nei luoghi di lavoro e di studio, tra i militanti, gli elettori e i simpatizzanti del PD e non
solo. Uno strumento che, laicamente, vuole parlare ed ascoltare i cittadini, che potr essere
oggetto di critiche e che rifugge l'idea per la quale poco o nulla va detto se c! il rischio di
scontentare o inimicarsi qualcuno.
Uno strumento che possa dar vita a critiche, dibattiti, discussioni e visioni alternative per
costruire dal basso un cambiamento che sia fatto di idee e proposte.
2. Cambiare le cose, prima che siano loro a cambiarci
Vorremmo cambiare le cose.
Passare dall!apatia all!impegno, dall!abbandono alla solidariet, dal clientelismo alle pari
opportunit, dalla disuguaglianza alla ridistribuzione di risorse.
Il destino di ogni cittadino non pu e non deve essere afdato al caso, e quindi alla famiglia,
al genere, alla parte di citt, alla porzione di territorio in cui nasce.
Nel mondo, come in Campania, le scuole, gli studi, il lavoro, la salute, la possibilit di fare
famiglia o acquistare una casa, non possono essere un copione gi scritto che viene
assegnato alla nascita. Ci sono diritti che devono essere universalmente garantiti.
E beni che sono comuni.
E possibilit che non possono essere precluse.
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La destra in questi anni ha sedato la rabbia, oggi assieme ai movimenti populisti la cavalca.
Noi vorremmo trasformare la rabbia in speranza.
3. LIdentit e la missione
La politica il modo in cui abbiamo scelto di stare nella realt, per non rassegnarci, per
cambiare e migliorare le cose.
Ogni comunit vive della propria identit, ed ogni identit ha un margine che ci ricorda che
apparteniamo tutti alla stessa umanit.
Ogni progetto politico ha una missione.
Senza identit e senza missione, le citt e i territori diventano solo luoghi senza prospettiva e
i partiti solo macchine funzionali al potere.
Per questo la nostra riessione parte da queste domande: quale identit per la Campania?
Quale il suo ruolo nel mezzogiorno? E quale missione per il Partito Democratico nella nostra
regione?
L'Italia ha un sistema regionale relativamente giovane (le regioni esistono da meno di mezzo
secolo) che ha prodotto effetti differenti nelle varie aree del Paese; laddove esistevano Stati
regionali (Piemonte, Lombardia, Toscana) e la percezione statuale per le popolazioni
amministrate era gi legata ad un ambito territoriale denito, esso si mostrato
assolutamente congeniale.
Nel Mezzogiorno realt storica, geograca e politica da diversi secoli esisteva invece la
struttura, la forma e la congurazione di uno Stato unitario e il regionalismo ha incontrato pi
difcolt ad affermarsi come dimensione identitaria, avendo di fatto spezzato un territorio con
una solida tradizione e un!auto-rappresentazione unitaria alle spalle. Inoltre il regionalismo
italiano , ancora oggi, meno incisivo e funzionale in quei territori dove insistono grandi citt
metropolitane e dove il sistema delle citt medie ha una diffusione meno capillare.
In pochi nella nostra regione, per denire la propria appartenenza territoriale, usano denirsi
campani: si napoletani o irpini, sanniti, lucani, casertani o salernitani.
E non solo una questione etimologica o geograca: le parole deniscono le cose, le idee e
il sentimento di un popolo e quindi delle sue classi dirigenti.
E' ancora assente, nella nostra regione, una visione policentrica capace di esaltare le
molteplici vocazioni della Campania, terra di dialogo civile, culturale ed economico fra
Mediterraneo ed Europa.
In un contesto in cui i processi e le relazioni economiche (e non solo) superano i conni
regionali e si investe sempre pi sulle interconnessioni tra est e ovest del Mediterraneo, la
Campania deve ripensare se stessa come Regione aperta, viva e dinamica nel suo
complesso e in tutte le sue articolazioni.
Senza un patto tra territori e cittadini, che punti alla valorizzazione delle vocazioni delle
singole aree e costruisca un sistema di sviluppo integrato, la Campania sar destinata a
rimanere solo un soggetto amministrativo.
Il patto tra territori e cittadini va scritto in un luogo sico e politico: la Citt.
La Citt come cellula amministrativa e geograca la cui rete - imperniata sui concetti di
mobilit e cooperazione - sia lo snodo da cui riparte l!identit campana.
La Citt, luogo che favorisce la produzione e combatte la rendita.
La Citt, primo tassello di una nuova cultura ambientale (dal piano riuti zero agli eco-
quartieri, dalla ri-vitalizzazione e il riuso degli spazi urbani all!idea di Smart City).
La Citt, spazio di solidariet, di intersezioni sociali, di sviluppo del terzo settore,
dell!economia verde.
La Citt che sperimenta ed attua modelli e metodi di tipo 3P (Public-Private-Partnership) e
4P (People-Public-Private-Partnership), che esplora percorsi di co-progetto, in cui il cittadino
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da semplice consumatore o fruitore di servizi diventa parte attiva e determinante in processi
e decisioni.
Immaginiamo quindi la nostra regione non pi come una piramide che eroga fondi dal vertice
e alimenta sistemi clientelari territoriali, ma come una rete di Citt, che fondano la propria
azione sulla cooperazione e la concertazione territoriale, dalle politiche sociali alle politiche
industriali, dalle politiche per il turismo a quelle per la difesa del suolo e delle acque.
Una rete di Citt che fondi se stessa sul lavoro, e cio sulla dimensione produttiva nella sua
accezione pi vasta, dalla fabbrica al terziario, dall!impresa all!artigianato, dal commercio alla
produzione culturale.
E che tramite questa rete dia un!identit alla nostra regione.
Scrive Luciano Gallino: Il predominio del capitalismo nanziario vuol dire uno svuotamento
sostanziale della democrazia; si va a votare ma poi nei Parlamenti quello che avviene che
le leggi seguono, per varie ragioni, le indicazioni dei centri nanziari, delle fabbriche del
pensiero neoliberista e cos via. Anche su questo fronte non pare ci sia, almeno a breve
periodo, da attendersi molto.
Pare fargli eco Giulio Sapelli: Rendita urbana, rendita fondiaria, rendita nanziaria si
fondono in un magma di frattali. Ma questa funzione potentissima, perch senza la nanza
la rendita urbana non si realizza. Questa l!altra grande trasformazione sotto i nostri occhi.
Lo stesso marketing territoriale perde la sua densit ricreativa e da competizione des loisirs,
per divenire ipostatizzazione di un midollo di governo cittadino assimilato tragicamente a
quello delle imprese capitalistiche. Le citt si fanno portatrici di una vera e propria politica
economica diretta transnazionalmente, dalle societ immobiliari e nanziarie pi aggressive
che hanno per oggetto aree edicabili e piani di rientro dagli indebitamenti che si sono rivelati
disastrosi. Viene delineandosi una vera e propria simmeliana aggregazione di societ
segrete che hanno come ne, nelle nuove citt, di allocare interessi nanziari, politici,
immobiliari che ovunque hanno una trama nissima di relazioni omoliache, familiaristiche e
consanguinie.
Con l!inizio del nuovo millennio e il superamento denitivo della dicotomia tra lavoro e
capitale che aveva caratterizzato la politica, la societ e l!economia nei secoli precedenti, le
vite degli uomini vengono immerse in un nuovo conitto: quello tra mondo del lavoro e
rendita nanziaria. Un conitto il cui campo d!azione non solo il mondo globale, ma che si
riversa nel quotidiano nelle piccole e grandi scelte, nei ussi, nei processi decisionali e
democratici anche delle nostre comunit.
L!ideologia della nanziarizzazione dell!economia, che ha come obiettivo quello di produrre
denaro con denaro, e che si affermata a scapito della produzione dell!economia reale,
trova molteplici alleati nelle dimensioni locali, alleati che al tempo stesso sono prodotti e
producono questo fenomeno: la rendita urbana e la speculazione edilizia, la corruzione della
politica e della macchina amministrativa, la burocratizzazione, la criminalit organizzata, le
politiche di depauperamento e consumo del suolo, delle acque e dell!ambiente. E' questa la
nera alleanza che fa dell!avidit la propria causa comune, il nemico che impoverisce e uccide
le nostre terre.
Contro questa armata di distruzione e di morte va organizzata e contrapposta una rete
ampia, ramicata, capillare, robusta, che nei luoghi del conitto opponga un!adeguata
resistenza e, soprattutto, immagini e costruisca una visione e una prospettiva alternativa.
I bisogni e gli interessi del cittadino/lavoratore che cerca nel lavoro il signicato della propria
esistenza e chiede diritti (sicurezza, salute, saperi, occupazione) riutando l!etichetta di
cittadino/consumatore/utente e i bisogni e gli interessi dell!impresa che vuole produrre e che
chiede - per competere - infrastrutture, legalit, investimenti in innovazione, snellimento della
macchina burocratica e un brand territoriale sono oggi coincidenti.
Come sono coincidenti tante battaglie, piccole e grandi che vengano considerate o percepite:
quelle sui Piani Urbanistici Comunali, sui Piani di insediamento produttivi territoriali, sui
presidi sanitari e ospedalieri, sulla dimensione dei trasporti e del potenziamento delle
infrastrutture, sul sostengo alla liera scuola-universit, sulla descalizzazione del lavoro, sul
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micro-credito e le agevolazioni per i giovani professionisti, sull!allocazione delle risorse e dei
fondi europei.
E' un fronte comune, che parla di redistribuzione e produzione, e che si frappone alla rendita,
che per vivere ha bisogno di sprechi, corruzione, cristallizzazione sociale ed economica.
E' un fronte comune che parla alla vita quotidiana dei cittadini, dei luoghi nei quali vivono,
delle condizioni ambientali e della loro salute, delle loro opportunit di sviluppo e quindi di
lavoro: politiche pubbliche per il lavoro, ad esempio, che orientino la produzione verso
l!economia verde, che migliori le condizioni ambientali, che favorisca l!occupazione e che
l!impresa, sono obiettivo comune di tutti i cittadini, qualsiasi funzione sociale o lavorativa
interpretino.
Unire il mondo del lavoro, dargli rappresentanza nelle sue molteplici forme (a partire da
quella di chi un lavoro non ce l!ha), sostenerlo nei suoi conitti, contribuire a ridisegnarlo
assieme agli attori sociali che lo compongono, favorire la cooperazione dal basso e i sistemi
integrati territoriali, la missione che immaginiamo per il Partito Democratico che vorremmo
costruire.
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Parte seconda
Costruire il PD
1. Dare una spiegazione. E chiedere scusa
Noi faremo, partendo da qui, quello che altri avrebbero dovuto fare: provare a dare una
spiegazione e chiedere scusa alle tante donne e ai tanti uomini impegnati nella costruzione
del progetto del Partito Democratico, dal primo giorno con grande entusiasmo e passione.
Perch in questi anni il PD ha sdato la loro pazienza, ha morticato le loro aspettative, ha
usato le loro forze, il loro tempo, per battaglie spesso pi utili a tutelare interessi verticistici
che di tutto il partito.
E chiediamo scusa ancor pi ai cittadini e alle cittadine campane, per non avere esercitato la
funzione a cui siamo stati chiamati, spostando la nostra attenzione dentro una discussione
chiusa ed autoreferenziale, pagando con la scontta alle ultime elezioni politiche tale
presunzione. Crediamo che solo invertendo questo schema il PD potr essere percepito, se
non come necessario, almeno come utile.
Noi lo abbiamo capito, e con questo spirito critico abbiamo provato e proveremo ad
affrontare i passaggi congressuali e a fornire sempre il nostro contributo, guardando meno a
noi stessi e pi al paese reale. Sarebbe facile oggi raccogliere applausi e consensi,
marciando sul terreno della delusione e del disincanto, amplicando i nostri difetti, limitandoci
a denunciare le mancanze. Lo fanno in tanti, per vincere magari qualche turno di primaria, o
qualche elezione, nonostante il PD. Ma parafrasando Alcide De Gasperi, ci piace pensare
che la politica abbia il dovere di guardare oltre le prossime elezioni, e di scegliere anche la
via pi lunga e tortuosa, purch guardi al futuro, alle prossime generazioni.
Noi al sogno di costruire un grande partito democratico, percepito come un corpo intermedio
al quale guardare per ricostruire speranza e cambiamento, non smettiamo di credere, e oggi
ci candidiamo ad assumere un ruolo sicuramente pi difcile: quello di metterci la faccia e
chiedere e costruire una nuova possibilit.
In questi anni abbiamo provato a fare cose di sinistra, scontrandoci con l!astrattezza e la
demagogia che nell!ultimo ventennio hanno aleggiato sulla risoluzione dei problemi reali
senza mai toccare terra. Siamo stati percepiti a volte come dei bravi oratori, ma inadatti
all!azione, alla soluzione concreta dei problemi. Noi non ci sentiamo davanti ad un bivio, ma
siamo convinti che gli ideali di giustizia sociale e uguaglianza nei quali fortemente crediamo,
possono farsi strumento, prendere forma, diventare le armi con le quali attrezzare il
cambiamento.
Visibili, accessibili, e non il vezzo degli intellettuali dalla pancia piena.
Una nuova occasione il PD se la deve meritare. E questa volta avr bisogno di darsi un
orizzonte alto, teorizzare un pensiero originale, partendo dal presupposto che non ci saranno
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blocchi sociali gi deniti. In una societ in continua trasformazione, compito nostro sapere
da che parte stanno gli ultimi, rappresentarli e recuperare quel sogno di costruire un mondo
nel quale nascere uguali. Ci vorr ci che no ad oggi mancato: l!umilt, la capacit di
coltivare il dubbio pi che la certezza, il coraggio di navigare non a vista ma in mare aperto,
poich la rotta la trovi sempre se ti guida una grande tensione ideale.
2. Un nuovo umanesimo
Il centrosinistra in Italia, ma pi in generale i partiti che si riconoscono anche in Europa in
una tradizione progressista, hanno perduto la capacit di indicare ni, di fornire un orizzonte
di senso, di dare un'anima alle loro azioni e ai loro programmi. Noi non solo vogliamo
dargliela, un'anima, ma pensiamo anche che ciascuno di noi deve un pezzetto della sua
anima - della sua vita e del suo stare al mondo - agli altri e alla comunit che con gli altri
intende costruire. Nella carta dei valori del PD, che dovrebbe valere, per il nostro partito,
come i primi articoli della costituzione valgono per il nostro Paese, si indica l'obiettivo
ambizioso di costruire un nuovo umanesimo. Perch quello vecchio non andava pi bene?
Perch il vecchio, sia quello liberale che quello socialista, mentre costruiva umanit
produceva barbarie. In modi diversi e per vie diverse, che per fortuna con il Novecento ci
siamo lasciati alle spalle.
Ma non possiamo lasciarci alle spalle l'idea stessa di umanit. Ne va di quel pezzetto della
nostra anima che, come diceva per primo Jean Jacques Rousseau non tutto intero dentro
di noi. Questo quel che non va nell'idea di individuo, che trionfa oggi un po' ovunque:
nelle relazioni interpersonali come nella sfera politica, ma innanzitutto e soprattutto sul
mercato. Grande idea di libert, straordinaria idea di libert, ma che trascura un fatto
essenziale: la costituzione dell'uomo tale - sempre Rousseau che parla - che l'uomo non
pu mai essere soddisfatto di s senza il concorso degli altri. L'individuo, insomma, non
basta. Un pezzetto della nostra anima si fa solo con il concorso degli altri. Di questo
concorso si tratta, del modo in cui si concorre insieme, non solo l'uno contro l'altro.
Un pezzetto della nostra anima si fa con gli altri, e con il mondo, l'ambiente che ci circonda.
Noi non siamo solo presso noi stessi, noi siamo, ci siamo, qui, perch siamo in mezzo alle
cose che usiamo, all'acqua che beviamo o all'aria che respiriamo. Noi siamo gli altri, che
sono il nostro ne.
3. La destra e la sinistra
Giorgio Ruffolo ha scritto che un modo per capire se una persona di destra, sentirlo
dire che non c! pi alcuna differenza tra destra e sinistra.
Il losofo francese Alain afferma che quando qualcuno mi domanda se abbia ancora un
senso la divisione tra partiti di destra e di sinistra, la prima cosa che mi viene in mente che
la persona che mi fa questa domanda non certamente di sinistra.
Non un caso che spesso si proclami la ne della distinzione fra le tradizionali categorie
politiche: dichiarando le parti estinte si mira a costruire un nuovo blocco trasversale di
gestione. Sarebbe un indice interessante per valutare l!operato delle classi dirigenti. Ad
esempio, qualche volta ci capitato sentirlo dire da autorevoli esponenti del gruppo del
Partito Democratico nel consiglio regionale della Campania. In effetti, considerati i risultati,
possiamo dare ragione anche noi a questa teoria.
Intanto una certa idea di globalizzazione e la mutazione della natura del capitalismo
(affermatesi col nire dell! Et dell!oro, cos come Eric Hobsbawm ha denito il periodo di
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crescita e di conquiste sociali determinate dal compromesso fra capitalismo e democrazia,
che va dal secondo dopoguerra agli inizi degli anni Settanta) hanno compresso il potere degli
Stati nazionali, della politica e dell!economia nazionale in nome della competizione globale.
Si afferma il concetto di naturalit, anzi addirittura, di desiderabilit del liberismo e della
deregolamentazione del mercato. Le forze socialdemocratiche hanno subito questo processo
favorendo il trionfo del pensiero unico liberista, che ha aggredito con violenza inaudita lo
Stato sociale. Il capitalismo nanziario, cos come denito da Giorgio Ruffolo, assume in
questa fase un potere sproporzionato rispetto agli altri fattori della produzione, a partire dal
lavoro, che viene colpito nella sua essenza da una disoccupazione strutturale, dalla
precarizzazione e dalla conseguente mancanza di rappresentanza unitaria.
E allora diciamolo con chiarezza: la crisi che sta dilaniando le nostre esistenze non nasce
perch l!ha voluta il caso ma stata determinata da questa ideologia.
Ed proprio in questo dramma che si riafferma la necessit della dicotomia destra/sinistra.
In Europa, rispetto a questa crisi, la destra mostra pi facce: quella delle politiche di
austerit, del dominio della tecnica sulla politica e della mancata messa in discussione del
potere nanziario, con una sorta di manutenzione straordinaria del pensiero unico; e quella
dei populismi, sostanzialmente antieuropei, eversivi rispetto alle istituzioni e alla democrazia,
che trovano la loro legittimazione o nel carisma del leader o negli egoismi territoriali.
E qui veniamo al punto: sinistra e destra vogliono le stesse cose?
Utilizzeremo la chiarezza di Tony Judt: E' diventato un luogo comune dire che vogliamo tutti
la stessa cosa e abbiamo solo modi leggermente diversi per giungere a essa. Ma
semplicemente falso. I ricchi non vogliono le stesse cose che vogliono i poveri. Chi non ha
bisogno di servizi pubblici non cerca le stesse cose di chi dipende esclusivamente dal settore
pubblico. Le societ sono organismi complessi, composti da interessi in conitto fra di loro.
Dire il contrario, solo un modo per favorire un insieme di interessi a discapito di un altro.
E certamente questi interessi non sono quelli dei pi deboli. Nel mondo sta accadendo
qualcosa. Certo le scintille delle tante rivolte hanno natura diversa, ma come osserva
intelligentemente Slavoj Zizek, sono attraversate da un sentimento comune di avversione
all!ulteriore espansione senza regole del mercato, che si combina con elementi caratteristici
delle particolari situazioni geopolitiche: chiusura degli spazi pubblici, riduzione dei servizi
pubblici, gestione autoritaria del governo politico, fondamentalismo religioso.
No, non siamo tutti dalla stessa parte. Sarebbe presuntuoso denire da soli la sinistra: il
valore dell!uguaglianza (Norberto Bobbio), l!inaccettabilit della riduzione della persona ad
homo economicus regole del mercato (Stefano Rodot), il lavoro come parte da riscattare e
da rappresentare (Carlo Galli) sono solo alcuni dei pezzi di una ricerca collettiva. Ma
sappiamo cosa si prova ad essere uomini e donne di sinistra. Avvertire su noi stessi tutta la
sofferenza delle oppressioni, delle ingiustizie, delle disuguaglianze che afiggono l!umanit.
Non accettare che la storia dell!umanit sia storia di dolore, ma volerne il riscatto. Avvertire il
dovere di cambiare le cose. Essere di sinistra o di destra non una questione semantica,
una questione politica.
Signica scegliere da quale parte stare. E noi abbiamo scelto.
4. Il berlusconismo
Uscire dal berlusconismo apparsa, in questi anni, per le classi dirigenti del centrosinistra la
priorit assoluta e necessaria per costruire un futuro per il nostro Paese. Pi che destra e
sinistra, a un certo punto della storia, la contrapposizione avvenuta tra Berlusconi e il suo
contro.
E' sembrata l'unica strada per reggere l!urto della modernit sulla pesante eredit dei partiti.
Quante volte abbiamo dovuto misurarci con domande del tipo hanno ancora senso i partiti
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oggi?, oppure come si declinano i valori della sinistra nella modernit?, oppure ancora
come si conciliano i valori della socialdemocrazia con le nuove regole del mercato del
lavoro?.
A queste domande avremmo dovuto dare risposta e rilanciare con un!offerta politica chiara,
riordinata, rimotivata.
Invece il PD ha rappresentato l!emblema di questa scorciatoia politica, l!immagine plastica di
una sinistra che a quelle domande ha risposto con l!antiberlusconismo ideologico. La
scontta alle ultime elezioni politiche, mai analizzata negli organismi dirigenti, testimonia un
dato di fatto: di antiberlusconismo non si vive e non si vince.
Il PD oggi dato ancora nei sondaggi a discrete percentuali. Ci sembra di ricordare che
questi stessi sondaggi ci dessero per vincenti in maniera larga prima del 24 e del 25
Febbraio. Continuare ad orientare la propria azione politica leggendo solo quei sondaggi,
sarebbe perseverare nell!errore, continuare a dare pi credito a media, stampa e
applausometri che al cuore della propria base e del proprio popolo.
A meno che non ci si accontenti di esercitare il ruolo del male minore di cullarsi sull!effetto
duciario generato dall!essere, spesso immeritatamente, gli eredi di grandi storie politiche, e
di usare quel po! di consenso per garantire e conservare le posizioni acquisite da un pezzo
sempre pi ristretto del vecchio gruppo dirigente.
Bisogna andare oltre.
Se per paradosso producessimo un esercizio retorico, forse utilmente provocatorio, e
immaginassimo che PD e SEL avessero raggiunto la maggioranza anche al Senato, come
avrebbero governato l!Italia?
Perch per voler a tutti i costi governare devono evidentemente essere molto forti le ragioni
della proposta, molto chiare le idee. Peccato, ad esempio, che sulla politica economica del
PD sia ancora aperto il dibattito che tiene dentro sussulti di neoliberismo e una traduzione
sbagliata, artatamente post-berlingueriana, quasi moralista, dell!economia produttiva. Oggi,
con la decadenza di Silvio Berlusconi e la nascita del nuovo movimento politico di Alfano,
sempre pi vicino a soluzioni centriste, il tema da porci : da questo ventennio berlusconiano
da cui non vedevamo l!ora di uscire, come si esce? Per riprendere una riessione di Mario
Tronti, la domanda corretta sarebbe: come si deve uscirne? Non basta evidentemente
abbattere la statua del profanatore, perch tutto ritorni a posto. Il berlusconismo la veste
antropologica di tutto quanto stato denito seconda Repubblica, nell!et neoliberista:
populismo privatistico, individualismo possessivo e quel grido maledetto sia il pubblico,
che risuonato dall!alto e si diffuso in basso. Le formule le conosciamo: ci penso io, di
un uomo solo al comando; e la risposta corrispondente della folla solitaria: mi salvo da
solo e tutti i mezzi sono leciti. Come dice il poeta, attenzione, il ventre che ha generato tutto
questo ancora fecondo. Stia in guardia il campo antiberlusconiano a non produrne una
variante progressista.
5. Il populismo
Vengo da una generazione di disillusi. Dal video lesi educati ad essere ambiziosi e poi
scaricati a terra tipo pesi, di zavorra da una mongolera.
Era il 1998, e gli Articolo 31 pubblicarono Nessuno.
Il testo del singolo che diede il nome all!intero album proseguiva cos:Mi hanno cresciuto
riempiendomi le orecchie di cazzate. Il professore, il televisore, il politico, il prete. [...] Il
professore mi diceva di studiare il televisore di comprare il politico di votare il prete di
pregare, io ho studiato votato ho persino pregato, non ho potuto comprare e alla ne ho visto
premiato solo chi ha comprato. Quell!album vendette circa duecentomila copie, stato un
disco di culto per chi era adolescente a quell!epoca.
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Ma non pass molto in certi ambienti, soprattutto a sinistra, perch gli Articolo 31 non erano
nati in un centro sociale e poi andavano anche al Festivalbar.
Poi arrivarono il 2001 e Genova, il movimento dei movimenti, i cortei, le piazze, i forum e la
sensazione e la speranza che qualcosa potesse cambiare.
Nel frattempo fuori da quella minoranza larga che abbiamo creduto maggioranza, si
muoveva una generazione che da l a qualche anno sarebbe stata chiamata a sperimentare -
assieme a chi lo aveva vissuto - la scontta e la disillusione di quel movimento: la precariet,
la globalizzazione della nanza, l!aumento delle disuguaglianze, la ne delle opportunit. La
sinistra riformista si trov a rincorrere una terza via che and a sbattere con la guerra in Iraq,
la sinistra radicale non lesse i profondi conitti sociali che stavano nascendo anche nel
nostro paese, un pezzo della gerarchia ecclesiastica intraprese guerre ideologiche sui diritti
civili, la scuola pens che la meritocrazia fosse meglio di Don Milani.
Nel frattempo la societ vedeva autodistruggersi i corpi intermedi, la convinzione
che solidariet, comunit e reti potessero essere un antidoto alla solitudine, sgretolarsi la
ducia nelle tradizionali istituzioni che quelle reti avevano rappresentato.
I luoghi del conitto, del disagio, dell!abbandono, esistono anche se non visti.
La frustrazione di promesse non mantenute, della distanza tra il mondo raccontato e
prospettato e quello costretti a vivere, esiste anche se non ascoltata.
Quell!album raccontava appunto il sentimento di una generazione non vista e non ascoltata.
Un sentimento che cresciuto, si sedimentato nel tempo, divenuto patrimonio cognitivo
di un pezzo di paese. Quello che si sentito tradito, ignorato, preso in giro. Nello stesso
anno di Nessuno usciva, postumo, Changes di Tupac Shakur, che narrava della vita nei
ghetti, del razzismo, della povert della popolazione afro-americana. Tupac cantava: And
although it seems heaven sent / We ain!t ready, to see a black President, uhh / It ain!t a
secret don!t conceal the fact / the penitentiary!s packed, and it!s lled with blacks (Anche se
sembra invitato dal cielo / non siamo pronti a vedere un Presidente Nero / Non un segreto,
non nascondere il fatto che il penitenziario affollato ed pieno di Neri).
Nel 1997 Barack Obama era stato eletto senatore dell!Illinois. Nel 2008, solo dieci anni dopo,
divenne Presidente degli Stati Uniti d!America. Spesso la musica racconta tante cose, in
qualche modo ce le ricorda, in qualche altro modo addirittura le anticipa o le smentisce. La
differenza tra la rassegnazione e l!audacia della speranza forse passa proprio da l, dalla
capacit e dal coraggio di chi non si accontenta dei fatti ma prova ad immaginare e
realizzare promesse. Quando analizziamo il fenomeno 5 Stelle, l!odio per i politici, la
carica anti-sistemica e intrisa di rancore, forse occorre ripensare anche all!ansia di rivincita
dei tanti Nessuno.
Perch nel nostro paese e nella nostra regione vive tanta rabbia, e non pu essere nascosta
sotto il tappeto. La politica, appunto, e la sinistra dovrebbero ri-nascere, esistere, vivere, per
trasformare la rabbia in speranza di cambiamento.
6. La rabbia
Secondo il Taccuino del nevrotico di Mignon McLaughlin la disperazione rabbia senza
alcun posto dove andare. La parola rabbia, cos come l!odio e la povert, salvo rare
eccezioni, sono scomparse dal vocabolario politico. Quasi a volerne esorcizzare l!esistenza,
le cause e le responsabilit, le classi dirigenti di questi anni, tra sorrisi falsi, slogan
anglosassoni e rassicuranti loft, hanno trasversalmente bandito l!uso e la riessione su
sentimenti e condizioni che invece esistevano ancora nel paese e nelle vite di molti.
Il punto che se anche cancellassimo la parola rabbia per decreto ministeriale dal nostro
vocabolario, quel sentimento non sparirebbe affatto. Siamo convinti, in verit, che tacendolo
non si afevolirebbe nemmeno, ma anzi aumenterebbe in maniera proporzionale allo sforzo
da noi prodotto per nasconderlo. Perch sar forse vero che nei circoli della Roma o della
Milano o della Firenze bene, la rabbia non sia un sentimento cool, e che certo non si
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 12
intoni bene al clima festoso di qualche particolare ambiente, ma la rabbia - un sentimento
che nessuno aspira a provare con particolare piacere - esiste in natura come reazione, e non
si cancella zittendola, ma eliminando le cause che la creano, la amplicano e la diffondono.
Nel nostro paese e in Campania intere fasce generazionali e interi blocchi sociali di rabbia ne
hanno piene le tasche, le vene, a volte anche la testa.
E! una rabbia che vediamo spesso sfociare non solo nelle manifestazioni di piazza, ma
spesso nei luoghi dove mancanza di aria, spazio, diritti, provocano disagi ed esasperazione:
alle fermate del treno in perenne ritardo cos come in quello stesso treno perennemente
zeppo di pendolari, migranti, lavoratori; nel trafco impazzito come nelle code agli sportelli
delle poste; negli ufci comunali che si occupano di tributi o di politiche sociali o nei centri per
l!impiego. E! una rabbia che non trova quasi mai interlocutori n risposte e si rivolge quasi
sempre verso il diverso, il debole. O verso le istituzioni e lo stato, percepiti cos distanti, cos
immobili, cos sordi.
E! una rabbia che vive in tutti noi e che nasce da lontano.
Dalle scuole, dove spesso i voti sono quasi sempre proporzionali allo status economico e
sociale dei propri compagni di classe e dove spesso docenti e operatori, spesso mal pagati,
spesso precari, operano in situazioni di difcolt e solitudine.
Dalle periferie, quando si vedono i propri amici, vicini, conoscenti, entrare ed uscire da
circuiti pericolosi e da case circondariali, perch - mentre ovunque si discute e si ambisce ad
una societ meritocratica - per molti non ci sono nemmeno le risorse economiche per
garantire la sussistenza, gurarsi per i libri, e allora la retorica della scuola che dovrebbe
premiare le eccellenze appare alquanto ipocrita.
Dalle fermate della SITA o della Circumvesuviana, dove non esistono pi gli abbonamenti
per gli studenti pendolari e invece esistono gli idonei non assegnatari di borse di studio, che
sono quelli a cui lo stato riconosce di necessitare e meritare di un supporto nel percorso
formativo ma poi non lo garantisce.
la rabbia di chi vede i propri amici e i propri gli andare via, non con la speranza di
ritornare ma con l!odio per essere stati costretti ad andare via, e la consapevolezza che qui,
invece, non ci verrebbe e non ci viene nessuno.
la rabbia di chi riparte di nuovo.
la rabbia di chi ha visto i propri genitori emigrare in giovent (quando a Torino e Milano si
leggeva non si aftta ai meridionali), essere tornati e avere la voglia di andarsene di nuovo,
anche se in pensione ci andranno non si sa quando.
la rabbia di vedere i propri coetanei o i propri gli lavorare in un Centro scommesse, o
come segretarie a nero in un qualche azienda o in qualche nta cooperativa, nella quale
offrono loro 3,50 euro all!ora netti, dopo che hanno studiato, sudato, preso lauree, ripreso
specialistiche, fatto anche qualche master.
la rabbia di chi vede che i diritti vengono chiamati privilegi e che i privilegi vengono
chiamati modernit, di chi assiste impotente al nepotismo e al fatto che nel nostro paese
anche le opportunit siano divenute un diritto feudale ed ereditario, tra raccomandazioni e
ingiustizie.
la rabbia dei gli costretti a svolgere, non per scelta, ma per obbligo, sempre e comunque
solo per quanto riguarda il basso ovviamente, gli stessi lavori dei padri: quando sono
fortunati, ovviamente.
la rabbia di chi svolge la stessa mansione lavorativa del collega, ma con un contratto
diverso, che prevede - ovviamente - meno diritti, meno tutele, minor compenso.
la rabbia degli anziani soli e abbandonati, che vivono sulla propria pelle un sistema in base
al quale le politiche sociali sono sempre il primo capitolo di spesa ad essere colpito dai tagli,
a tutti i livelli.
la rabbia dovuta al fatto che, nonostante la crisi e spesso grazie alla crisi, il 10% della
nostra popolazione conservi il 50% della ricchezza e che, sempre nonostante la crisi, le
solite dieci vecchie famiglie del capitalismo italiano detengono tutto il sistema dei media, che
producono continui fallimenti, ma che hanno comunque accesso al credito da parte del
sistema bancario (al contrario di piccoli e medi imprenditori), gli stessi che ci raccontano di
continuo, provando a convincerci, che tanto sempre e comunque colpa di qualcun'altro.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 13
la rabbia di chi vede le proprie terre avvelenate mentre societ private decidono dove
possano essere aperte e come debbano essere gestite le discariche, nonostante tutti
sappiano chi ha sversato, dove e perch, e nessuno parli, nessuno denunci, nessuno
intervenga, nessuno agisca.
la rabbia di chi vede le proprie coste e le proprie montagne sventrate, deturpate,
cementicate, mentre le leggi regionali sulla casa e i piani urbanistici comunali continuino
ad essere disegnati per favorire la rendita e la speculazione e distruggere ambiente e centri
storici.
la rabbia di chi assiste al dramma di tanti padri di famiglia disperati che passano le loro
giornate nelle sale giochi a farsi derubare dalle slot machine, quelle macchinette denite
legali, ma che spesso sono fonte di guadagno per la criminalit organizzata e la camorra,
che altrettanto spesso evadono le tasse o usufruiscono di condoni.
la rabbia di chi ascolta la vicina di casa anziana, con le lacrime agli occhi, affermare che
deve votare il signor Caio, perch le ha pagato la spesa: la rabbia di chi percepisce la
politica come strumento di sfruttamento del bisogno, e non di liberazione da esso.
la rabbia di chi all!alba, nelle strade di campagna, si accorge che ci sono ancora uomini
che comprano altri uomini, per pochi euro al giorno, tastando loro i muscoli delle braccia.
a rabbia di pensare che senza treni e con i parcheggi a 5 euro l!ora, a un adolescente delle
nostre terre oramai proibito anche di andare al mare come pendolare.
la rabbia provocata da un sistema nel quale se a sedici anni commetti un errore sei
condannato a vita, ed invece in certi ambienti gli errori non si pagano mai.
una rabbia diffusa, alla quale o risponde la politica o risponder la demagogia ed il
populismo, come gi sta accadendo.
La sinistra dovrebbe parlare a quella rabbia, organizzarla in protesta e proposta e non darle
pi ragione per esistere.
Perch la sinistra e il PD dovrebbero aspirare a governare proprio per rispondere a quella
rabbia: se sono questo, se incarnano quella risposta, i partiti servono le istituzioni,
garantiscono partecipazione, difendono la democrazia.
Altrimenti il tutto si riduce al valzer delle agenzie di stampa e ai balletti dei posizionamenti
congressuali.
E in tutta onest, non uno spettacolo cui vale pena di partecipare, n come attori, n come
spettatori.
7. Qualcosa per cui combattere
Un partito dovrebbe essere una comunit di uomini e donne liberi, tenuta insieme da una
comune identit, un comune sguardo sul mondo e comuni interessi e orizzonti: se un partito
fosse questo, come dovrebbe, si potrebbe discutere laicamente di quali forme organizzative,
di quali strategie e anche di quali siano i dirigenti migliori per far conseguire a quella
comunit gli obiettivi che si prepone. Ma mai, in nessun caso, se un partito fosse questo, a
qualcuno verrebbe in mente di danneggiare le fondamenta della casa comune, di abbattere
per dispetto i muri portanti, di far rischiare il crollo di tutto l!edicio solo per allargare un po!
in pi la propria stanzetta. Perch quella casa sarebbe patrimonio di tutti, in quanto
strumento comune di una comune battaglia.
Il Partito Democratico di oggi non per questo partito. Anzi, in molti casi ne forse
l!opposto, in Italia e nella nostra regione. Pare essere una multipropriet dove in maniera
abusiva tutti tendono a costruire un po! dove gli pare, senza pensare alle regole, alla
sicurezza e nemmeno all!estetica. Solo cemento su cemento, e chi ha pi soldi acquista pi
mattoni, e non importa se a furia di far passare bulldozer si distrugge anche quel po!di verde
che comunque resiste. Se ad ogni tornata congressuale lo spettacolo purtroppo sempre lo
stesso, evidente che per molti, troppi - i cosiddetti leader - il PD oramai solo un cartello
elettorale, un brand da conquistare ad ogni costo, pur di usarlo per la propria auto-
promozione personale. Una sda tra comitati elettorali per chi conquista il comitato elettorale
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 14
pi importante, la stelletta, il simbolo, il quartiere generale. E anche se la comunit che fa
riferimento a quel simbolo, e nanche quel simbolo stesso, ne risultano scalti e danneggiati
da questa continua guerra, ai contendenti pare non importare: al centro della loro attenzione
c! solo l!occupazione e la gestione militare del palazzo. In tutto questo, ovviamente,
militanti, cittadini, iscritti (quelli veri), non c!entrano nulla: non c!entrano nulla i loro bisogni, le
loro speranze, i loro sacrici, le loro facce. In fondo la logica delle societ per azioni: se il
prezzo delle azioni crolla, pi facile scalare i vertici, e chi se ne frega se i piccoli
consumatori perdono i risparmi di una vita. Solo che alla ne, ammesso che la scalata
riesca, non detto che sulle macerie ci sia ancora qualcosa da poter fare.
Il punto rimane sempre lo stesso: perch esiste il PD cosa vuole rappresentare, chi
difendere, cosa promuovere. Gli interessi di qualche notabile o i bisogni e le opportunit di
un pezzo del paese? Per questo, prima che le macerie siano l!unica cosa che resta ad una
comunit larga che ancora vede in quel partito uno strumento di libert e di emancipazione,
c! da metterci la faccia per liberare il palazzo, senza avere l!ambizione di occuparlo, ma con
la volont di restituirlo ai legittimi proprietari: dignit, uguaglianza, speranza.
Che in fondo sono tre cose per cui vale ancora la pena combattere.
8. Essere democratici
Che signica partito democratico? Che cosa signica in positivo, non in negativo. Noi
dobbiamo essere quelli che hanno scelto di chiamarsi semplicemente democratici non
perch non ci si poteva accordare sull'aggettivo da afancare al nome. Democratico non il
denominatore comune di un pezzo di democratici di sinistra, che hanno per dovuto
rinunciare alla parola (e all'idea) di sinistra, e di un altro pezzo di democratici cristiani che
hanno dovuto accantonare l'identit del cattolicesimo politico italiano, sacricando l'aggettivo
cristiano.
Noi dobbiamo fare che democratico signichi qualcosa in pi, non qualcosa in meno.
Non siamo democratici a perdere, ma a vincere e per vincere.
Ma che cosa c' di pi nella parola nuda, democrazia? Certo, nch della democrazia noi
abbiamo un'idea semplicemente procedurale, formale, non ne caviamo poi molto, da questa
parola. Ma poich da anni assistiamo a un restringimento sempre pi evidente degli spazi di
democrazia, ad uno svuotamento dall'alto e dal basso delle sue motivazioni ideali e dei suoi
poteri effettivi, a un'erosione della partecipazione dal basso e a una supplenza tecnocratica
dall'alto, possiamo toccare con mano che signichi essere democratici, oggi: signica che la
posta in gioco riguarda le ragioni stesse della democrazia. un'intuizione che si trova nei
documenti preparatori del seminario di Orvieto, nel 2006, prima della nascita del PD. Essere
democratici signica essere il partito per il quale la questione sociale, la forbice della
diseguaglianza sempre pi ampia, la disoccupazione e l'inoccupazione sempre pi elevate,
la marginalit sociale e le sacche di esclusione, di nuove povert, la perdita di dignit del
lavoro, pongono non solo problemi di ordine economico: pongono una questione
democratica, di legittimit e di senso delle istituzioni democratiche del nostro paese.
Abbiamo detto ragioni ideali, e abbiamo sbagliato: dovevamo dire non ragioni, o non solo
ragioni, ma passioni. Democrazia passione per l'apertura, passione per l'inclusione,
passione per l'eguaglianza, passione per il cambiamento. Siamo democratici perch siamo
orgogliosi delle nostre passioni e ragioni. E non saremmo democratici se perdessimo queste
passioni e queste ragioni. Non saremmo democratici, inne, se non credessimo anche che la
politica la casa dell!immaginazione perch il luogo del cambiamento. Tutte le storie di
oppressione, di emarginazione, di discriminazione, di esclusione, sono anche storie di
morticazione dell!immaginazione. Chi oppresso o discriminato non perde solo diritti e
opportunit, perde anche la capacit di pensare che le cose gli possono andare
diversamente. E noi siamo convinti che fare politica, fare buona politica, signica anzitutto
dimostrare questo, che le cose possono andare diversamente. L!educazione, la formazione,
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 15
la conoscenza, la partecipazione e la democrazia sono, da questo punto di vista, una sola e
stessa palestra. La palestra in cui le cose possono cambiare.
9. Il Partito dei Democratici
La vita del PD non pu continuare come prima. Cambiare l!assunto fondamentale da cui
parte il nostro impegno politico, soprattutto qui in Campania. La coalizione guidata da
Pierluigi Bersani ha mancato l!occasione storica di guidare da sinistra la fuoriuscita dal lungo
ciclo berlusconiano. Per costruire il paese dopo questa transizione avevamo fondato il PD:
ma un partito che non assolve la propria funzione costituente, che implode nelle fasi di crisi -
come quella per l!elezione del Presidente della Repubblica - da ripensare. Non si tratta
solo di correzioni parziali: la vittoria di Matteo Renzi segnala a tutti noi un!insofferenza
profonda - innanzitutto da parte del popolo del centrosinistra - verso errori, schemi e letture
del passato. Un!insofferenza manifestata senza, e in qualche modo oltre, un vero congresso
nazionale che rielaborasse in maniera collettiva la politica, la cultura e l!organizzazione del
PD. Ma questo un lavoro ineludibile, non solo per affrontare le sde dell!oggi, ma per far s
che ci siano ancora sde domani: i prossimi congressi regionali del PD, a partire da quello
della Campania, possono essere l!occasione per riannodare il lo di un discorso troppo
presto spezzato.
I partiti - si dice - sono superati, ma i soggetti presuntivamente rivoluzionari delle sinistre
radicali vivono purtroppo solo nella testa di pensatori un po' attempati: in Oltre il Novecento
Marco Revelli accenna al passaggio dall!estenuata gura del militante a quella, ancora
incerta e vacillante, del Volontario. Toni Negri, dal canto suo, si ispirava addirittura a San
Francesco per delineare la nuova gura del militante creativo, ispirato da un progetto di
amore. Nulla di male, per carit. Ma stiamo con i piedi per terra, la scelta del partito che
andrebbe costruito non si d fra un esperto di marketing e un francescano, n fra un partito
di amministratori e una congrega di santi.
Non serve un dibattito congressuale che si svolga fossilizzandosi sulla gura del leader.
evidente che ogni comunit necessiti di una guida, ma vorremmo che il prossimo gruppo
dirigente del PD sia un soggetto collettivo, che sappia fare sintesi, che si identichi e sia
riconosciuto nell!opinione pubblica, che sia la proiezione esterna di un soggetto politico che
ha un!idea di societ e un orizzonte e che lavora per costruirli. Non una sommatoria di
comitati elettorali che, in base ai sondaggi, determinano le scelte di convenienza del
momento.
Un partito aperto, contendibile, trasparente, autorevole.
Nel quale, ad esempio, la direzione regionale sia composta al massimo da sessanta membri:
organismi elefantiaci non sono n dirigenti n trasparenti n autorevoli.
Servono a creare nte rappresentazioni della democrazia mentre in pochi, in ristrette stanze,
decidono per tutti.
Il PD che crediamo serva alla Campania e serva all!Italia, non un comitato elettorale: n
per un leader nazionale, n per un senatore o consigliere regionale, n per un sindaco. Non
l!organizzazione di claques per il notabile di turno n il mero espositore di gazebo di una
innita serie di primarie. Il partito come noi lo immaginiamo il luogo dove trova sedi, spazio,
possibilit reali di applicare il desiderio di impegno politico; dove si d vita in un confronto
costante a un collettivo che analizza, costruisce, e fa camminare dentro la societ, giorno per
giorno, e per tutto l!anno, la proposta politica. il luogo nel quale crediamo che i gruppi
dirigenti debbano formarsi in una gara leale di impegno e capacit.
In Campania pi che altrove, in questi anni abbiamo assistito alla depauperizzazione del
tessuto della comunit del PD e di chi stato chiamato a dirigerla e rappresentarla. Una
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 16
selezione del personale politico composta per liere di potere, basata sulla fedelt, spesso
addirittura di stampo nepotistico, che ha creato un cortocircuito di autoreferenzialit, chiusura
e ripiegamento verso l!interno.
Un partito nel quale i gruppi dirigenti apparivamo o scomparivano in base alle convenienze
dei tempi, nel quale il notabilato locale come in un tram poteva salire e scendere a
seconda del proprio tornaconto personale.
Intanto quella stessa compagine si congurava come una gabbia senza identit per i pochi
militanti rimasti e come un luogo inaccessibile per i tanti che invece avrebbero voluto
incontrare il PD, la sua struttura e il suo essere strumento di tante battaglie - piccole o
grandi, anche momentanee che fanno parte di una visione complessiva della societ e alle
quali la sinistra non pu non guardare se vuole ancora avere una funzione e un senso.
Per questo crediamo che occorra costruire un partito che abbia gruppi dirigenti che si
assumano responsabilit, e strumenti di partecipazione essibile che lo rendano percepito
dai cittadini non solo come un semestrale voticio, ma come un luogo utile a creare e
sostenere conitto per i propri bisogni e per i propri interessi: a partecipare, si sarebbe
detto un tempo, dove la partecipazione non solo esprimere un voto, ma poter dire la
propria, orientare le idee, determinare le politiche e le priorit dei partiti e delle istituzioni.
E crediamo, inoltre, che per ottenere gure che sappiano incarnare autorevolezza fuori e
dentro al partito, si debba tornare a ingredienti che non possono certo essere deniti
obsoleti: la militanza e la formazione. Bisogna far vivere infatti centri studi e di ricerca per la
formazione di una nuova generazione di intellettuali politici, un investimento per la
produzione di vere, serie, preparate classi dirigenti.
E tutto ci non facendo appello ad un arcaico feticcio, ma ridando valore al tesseramento
come strumento identitario e decisionale, rendendo la formazione strumento obbligatorio per
l!assunzione di ruoli dirigenti e alternativo alla cooptazione di liera, contaminando il ruolo, i
diritti e i doveri dell!iscritto con l!apporto ideale e pratico di tanti simpatizzanti ed elettori che
su singole battaglie - e non solo nell!esercizio del voto delle primarie politiche - vogliano dare
il loro contributo.
Non si consapevoli del fatto che uscire dalla crisi politica altrettanto drammaticamente
urgente quanto uscire dalla crisi economica. Non bisogna sottovalutare mai le ragioni del
consenso. Si vorrebbe invece un consenso, o quantomeno la richiesta di esso, dettato da
motivazioni collegiali e non da emozioni individuali, che sono aleatorie e pericolosamente
esposte alla manipolazione interessata di chi oggi ha la propriet dei grandi mezzi di
comunicazione, che sono uno strumento fondamentale in questo campo.
Siamo convinti infatti che il consenso non si possieda, ma che debba essere organizzato e
costruito rappresentando istanze e bisogni. Sapendo che il pensare e l!agire sono
elementi indispensabili per il cosiddetto contare.
E anche al tema del consenso elettorale va capovolto lo sguardo: non un pericolo ma
un!ambizione, un!ambizione che si costruisce difendendo e rendendo egemoni le proprie
idee, dando rappresentanza a parti della societ che sono escluse da essa, vincere non
avendo paura di perdere insomma.
E costruire un partito dove non vi siano vecchi da rottamare n giovani da garantire, ma solo
una politica intesa come servizio e passione. Una politica volontaria e gratuita, che
appartenga a tutti quelli che la scelgono come strumento di miglioramento della societ e
non dei propri destini individuali.
Occorre costruire un partito che non sia fatto di tessere spesso mutuate dagli elenchi
telefonici, di anime morte, di truppe cammellate, ma di uomini e donne in carne ed ossa che
sostanziano il proprio agire quando parlano, si impegnano, si confrontano, e non depongono
soltanto delle schede nell!urna a seguito di capi e capetti. La gestione delle procedure per il
congresso nazionale in Campania purtroppo ci consegna, ancor peggio che in passato,
esattamente questo scenario: un partito brutto nel quale iscritti ed elettori fanno sempre pi
fatica a ritrovarsi, ma che stranamente farebbero a gara, stando agli elenchi, per iscriversi al
PD. Anche qui, la drammatica scontta del PD campano alle scorse elezioni politiche
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 17
avrebbe dovuto imporre a gure istituzionali e dirigenti una seria riessione seguita da atti di
responsabilit.
In fondo la domanda rimane sempre la stessa: che partito vogliamo costruire? Una rete di
comitati elettorali? Una struttura che somma consenso di leadership individuali e istituzionali,
siano esse sindaci, parlamentari o consiglieri regionali? Una comunit di persone che stanno
assieme per un comune obiettivo, per difendere o promuovere comuni interessi e bisogni?
Cosa un partito insomma?
Si pu cominciare a discutere laicamente del rapporto tra partito, istituzioni ed economia?
Della inconcepibile e inaccettabile sovrapposizione pressoch totale tra leadership
istituzionali e partitiche, tra incarichi dirigenti nel partito e incarichi nei Consigli di
amministrazione delle societ miste a capitale pubblico? accettabile che l!unico modo per
costruire un!area culturale nella nostra regione, sia quella di avere riferimenti istituzionali che
nanzino, corrente per corrente, iniziativa per iniziativa, ognuno il proprio clan, ognuno la
propria famiglia, ognuno il proprio pezzo di potere?
Occorre cambiare tutto, ma sul serio.
Aprire le case del lavoro e cedere sovranit decisionale al mondo della produzione;
differenziare il costo della tessera a seconda dell!et e delle possibilit economiche; rendere
incompatibili incarichi nel partito e incarichi istituzionali o ruoli in societ a capitale pubblico.
Insomma, liberare il partito, riconoscendo le leadership certo, ma dando la sovranit ai
circoli, ai militanti, al mondo del lavoro. Rompere i vecchi schemi, allargare il campo e ri-
costruire un!alternativa deve essere il compito del prossimo segretario nazionale del PD
(chiunque esso sia) e - soprattutto - della nuova generazione, che oggi pi che mai
chiamata a scegliere tra l!essere tifoseria organizzata o classe dirigente. Utile al PD, ma
soprattutto utile al paese.
9.1 Il Partito e una societ che si trasforma
Che il mondo sia cambiato ed anche rapidamente non pu essere negato.
Guidare il cambiamento doveva essere - ed - la missione della politica, della sinistra.
La globalizzazione, tra entusiasmi e paure, non un fenomeno che poteva essere trattato
per con uno schema noto: analisi, interpretazione, soluzione.
Semplicemente perch la globalizzazione non era e non un problema da risolvere.
E cos, mentre il mondo cambiava pi velocemente dei rassicuranti schemi del passato, la
politica si separata dai processi reali, spesso non comprendendoli, spesso subendoli,
spesso - ancora - portando il broncio ai propri tempi pagandone pegno.
La globalizzazione, infatti, rifuggita da tutte le interpretazioni che ne venivano date all!alba
del nuovo millennio: non stata lo strumento che i paesi cosiddetti avanzati hanno usato per
consolidare le proprie posizioni di forza nello scacchiere geopolitico, (come denunciava la
cosiddetta sinistra radicale), n strumento di diffusione di diritti e di democrazia nel mondo
(come prometteva la cosiddetta sinistra riformista).
Solo oggi, dopo quasi trent!anni, iniziamo a fare davvero i conti con ci che stato. Da una
parte: le economie di molti paesi - un tempo deniti forti - sull!orlo del fallimento, la crisi
dell!Europa e dell!euro, la nascita dei Piigs e dei Brics, l!aumento della sperequazione interna
di reddito e di condizioni di vita sia nei paesi in declino che in quelli emergenti, un tasso di
disoccupazione giovanile senza precedenti storici su entrambe le sponde del mediterraneo e
negli Stati Uniti, le migrazioni delle giovani generazioni da sud verso nord, (dentro e fuori i
conni degli stati nazionali), il crollo del concetto consumo quindi esisto che ha
caratterizzato la vita, il lavoro e il sociale di chi nato e cresciuto in quest!epoca; dall!altra: la
diffusione globale di opportunit e di speranze, di diritti, di cultura e di solidariet,
l!accorciamento delle distanze e la condivisione di nuovi processi, nuove tecnologie, nuove
scoperte.
La societ in ogni suo settore sta assistendo ad una trasformazione del modo in cui i suoi
processi costitutivi avvengono: da sistemi gerarchici a sistemi di rete. Il mondo che viviamo,
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 18
e con esso le relazioni politiche, economiche e sociali che lo attraversano e deniscono, non
pu pi essere ridotto in nessuna delle sue parti: ogni aspetto per essere compreso
necessita di una visione globale, cos come le dinamiche che determinano il globale
scaturiscono da una crescente e complessa serie di eventi interdipendenti. I luoghi non sono
pi esclusivamente spazio sico ma nascono e crescono, e muoiono, in base alle relazioni
sociali che li attraversano.
I ussi di persone, merci, informazioni evolvono e si modicano con l!evolversi della
tecnologia e delle forme di produzione e di distribuzione del lavoro, delle risorse, della
conoscenza. Lo stesso concetto di tempo si evolve denendo se stesso in un nuovo rapporto
tra la celerit, l!immediatezza delle informazioni, la possibilit di apprenderle e il saper e
poter decidere. Cambia il rapporto tra i modelli di societ, con la scomparsa della dicotomia
tra societ avanzate e societ meno avanzate che inseguono un unico modello di sviluppo
possibile.
Cambia lo stesso concetto di sviluppo, muta lo stesso concetto di democrazia.
E! questo il contesto in cui abbiamo assistito in questi anni al crollo delle illusioni e delle
politiche errate che hanno caratterizzato la coda lunga degli anni ottanta del secolo scorso.
Nel mondo, in Europa, in Italia.
Le lettere della BCE, l!agenda Monti che ad esse si ispirava, il dramma greco, la crisi
spagnola, sono modelli e dinamiche implosi ed esplosi dinanzi una realt che ha scontto sul
campo teorie che molti hanno preteso essere dogmi.
In quella che era stata denita la nuova epoca dell!individuo, nella quale la societ non
esisteva - per citare Margaret Thatcher - quello stesso integralismo della corsa, nella quale
una competizione destinata a creare perdenti trasforma le speranze e le ambizioni in
emozioni e passioni tristi, gli individui sono stati condannati a studiare, lavorare e competere
pi per la paura di rimanere esclusi che per la speranza di realizzarsi.
Erano gli anni del rampantismo, delle business schools produttrici di elitismo e cultura della
prestazione, della nuova destra europea che in nome della lotta all!inazione sacricava
occupazione e diritti, della divisione netta tra i destini del singolo e quelli della propria
collettivit. Era la visione, il culto di una societ che trent!anni dopo ci ha consegnato un
paese, un continente, un mondo, pi poveri, pi insicuri, dove una solitudine troppo
rumorosa erigeva steccati sici, geograci, economici tra generazioni, blocchi sociali, popoli
interi.
L!esaltazione della sfera privata a scapito di quella pubblica, sia da un punto di vista
economico che sociale, il blocco della mobilit sociale, l!aumento della sperequazione di
reddito, la negazione del valore del lavoro come fattore di emancipazione e democrazia, il
tentativo di destrutturazione del sistema dei saperi pubblico, l!emergere di localismi
antistorici, hanno progressivamente eroso il sistema di diritti ed opportunit del nostro paese.
Una concezione difensivistica ed esclusivamente economica del processo di integrazione,
l!incapacit di costruire una comune strategia di sviluppo, l!ossessione del consenso interno
a discapito di scelte coraggiose e di lungo periodo, hanno afevolito la nascita di un!Europa
politica di stampo progressista che sopperisse a tutto ci. L!atteggiamento compiacente
verso i regimi dittatoriali dell!altra sponda del Mediterraneo da parte dei governi della sponda
nord del nostro mare hanno permesso a ristrette lites di arricchirsi a detrimento della libert
e delle vite dei nostri fratelli tunisini, egiziani, libici.
La crisi che nel 2008 ha colpito il nostro continente, sorella di quella asiatica del 1997, svela
anche ai nostri occhi l!insostenibilit di questo modello economico costruito sulla capacit di
accumulare e vendere debiti e titoli cosiddetti tossici, completamente slegato dalla
produzione e dall!economia reale, che mina alla base il concetto stesso di democrazia,
ponendoci drammaticamente dinanzi al tema di chi realmente decide ed in base a quali
nalit e a tutela di quali interessi.
La crisi del 2008 stata ed la crisi del lavoro e della democrazia, e con l!affermazione - o la
negazione - di questi due valori, o si uscir dalla crisi costruendo un nuovo modello (migliore)
o si soccomber denitivamente.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 19
La storia della liberazione del lavoro nelle sue varie forme la storia della democrazia
moderna: la conquista della democrazia l!altra faccia della conquista della libert non dal
lavoro ma del lavoro.
L!allargamento dello spazio della democrazia stato storicamente l!allargamento dello
spazio del lavoro, inteso come libert di autodeterminazione, di emancipazione, di
conoscenza, di accesso e possesso delle chiavi interpretative della realt.
La concezione dell!individuo come soggetto fondamentale che lavora e produce non soltanto
per soddisfare i propri bisogni primari ma per esprimere talento, capacit, per sentirsi parte
integrante e attiva della societ, il valore fondamentale delle moderne democrazie. La
separazione del lavoro dai diritti, e la rinuncia a parte di reddito e a parte di diritti acquisiti pur
di lavorare, che stata la condizione distintiva della precariet, un passo indietro nella
democrazia perch fa del lavoro non un atto di liberazione ma di costrizione. La
subordinazione della possibilit di accesso alla conoscenza e ai saperi, al proprio reddito, al
proprio status occupazionale e a quello della propria famiglia il simbolo pi grave di questo
drammatico passo indietro.
Ed dall!insostenibilit di questo status quo, dalla richiesta e dal bisogno di pane e
democrazia, diritti ed opportunit, redistribuzione di reddito e potere decisionale, che nasce
il lo rosso che ha legato negli scorsi anni le rivolte della primavera araba, gli indignados
israeliani come quelli spagnoli, gli uomini e le donne di Occupy Wall Street e le reti sociali
nate nel nostro paese. E se vero che i social network, grazie ad un uso non pi
voyeuristico degli stessi, possono segnare la ne del monopolio dell!informazione segnato
dal connubio tra le lites politiche e nanziarie e i mezzi tradizionali di stampa, il ritorno
consapevole e responsabile, non ideologico, alla partecipazione attiva e collettiva segnano la
vera grande novit, la vera grande speranza dell!inizio di questo nuovo secolo.
9.2 Il PD, dal Partito nuovo alla Partecipazione nuova
Una nuova partecipazione, scaturita dal malessere di coloro che sono state e sono le
principali vittime di una crisi provocata dalle politiche sbagliate degli ultimi decenni; una
nuova partecipazione che segna l!uscita dal recinto del non-esserci di intere generazioni e
blocchi sociali, recinto in cui l!omologazione culturale e sociale li aveva relegati. In Italia e in
Campania negli ultimi anni abbiamo assistito a questo: al ritorno da protagonisti dei
movimenti, delle reti civiche, delle organizzazioni collettive, del tessuto dell!associazionismo
diffuso. Ritornano sull!onda lunga dell!affermazione di quelle proposte e di quelle idee che
caratterizzano i pezzi pi fecondi di Genova e del Social Forum di Firenze, quelle proposte e
quelle idee che vissero in quegli anni una funzione di subalternit anche mediatica alle
improbabili esternazioni di improbabili leader e che oggi trovano invece il giusto consenso
anche all!interno dei settori istituzionali: il tema dello sviluppo sostenibile, della riforma degli
organismi internazionali di controllo dell!economia, la tassazione delle transazioni nanziarie,
la difesa e la promozione dei beni e degli spazi pubblici.
La straordinaria vittoria dei quesiti referendari del 2011, troppo in fretta cancellata dal
dibattito pubblico, stata anche questo: non solo una scontta del governo Berlusconi e
delle sue principali politiche, ma il ritorno di un agire e di un impegno collettivo per un bene
ed un obiettivo comune, che ha visto protagonisti innanzitutto le giovani generazioni. I
comitati delle donne, del mondo del precariato e di quello della cultura, il rafforzamento dei
progetti e delle reti a sostegno dell!economia sociale, il mondo dell!antimaa e del
volontariato civile, il protagonismo di un movimento studentesco pi maturo e consapevole,
hanno segnato e segnalano nel nostro paese la presenza di un mondo ampio portatore di
una visione alternativa della societ nella quale viviamo.
Abbiamo visto in questi mesi il mondo cattolico rompere l!asse che aveva caratterizzato
l!alleanza tra gerarchie ecclesiastiche e destra populista, e cio la priorit dei temi cosiddetti
etici, e ridare centralit al tema della lotta alle diseguaglianze e alla povert. E abbiamo visto
settori importanti del paese riscoprire una dimensione europea e globale del conitto,
indicando la casta della nanza come il vero avversario e come vero campo d!azione un
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 20
contesto extranazionale di cui la politica, e quindi la democrazia, ovvero la possibilit di
scelta dei cittadini, deve riappropriarsi. Chi decide e con quali nalit, quali obiettivi, la vera
domanda e la vera discussione che interessa la nuova generazione politica. La costruzione
di un blocco sociale ampio e progressista che rovesci i rapporti di forza, che ridia voce ai
cittadini e che orienti scelte di trasformazione e progresso: questa la vera sda che deve
caratterizzarci, dove le nostre parole d!ordine si ispirino al passaggio dalla crescita per pochi
alla redistribuzione (di reddito, conoscenza, diritti) per tutti.
E! evidente come senza una politica che dia risposte, in un quadro nel quale le istituzioni
sembrano mute o peggio ancora impotenti, l!insofferenza e la rabbia potrebbero portare alla
rassegnazione da una parte e a una pericolosa saldatura tra marginalit sociale e pezzi
minoritari dell!estremismo rosso e nero dall!altra, come dimostra il cosiddetto movimento dei
forconi. O peggio ancora al crescere di movimenti populistici e nazionalistici che facciano
della rabbia e della paura, e dell!alimentare quella rabbia e quella paura, la propria ragione
ideologica.
9.3 Scrivere una pagina nuova
Vericare modi nei quali incontro e scontro procedono, suscitare e orientare forze, mettersi al
servizio delle stesse, dare, costruire e immaginare risposte il compito della politica, il
nostro compito. Costruire l!alternativa passa proprio per la capacit dei partiti, dei movimenti
e degli attori sociali che li compongono di resistere e di cambiare i modelli e le relazioni di
forza imposte dalla cultura esistente e dominante. Il fenomeno 5 Stelle nasce proprio da
questo, dall!incapacit dei partiti e delle forme sindacali tradizionali di cogliere no in fondo la
necessit di una lettura alternativa della societ e dei processi che la compongono. Se non
la sinistra a vivere ed organizzare la rabbia e a trasformarla in politiche di cambiamento, la
storia insegna che quella rabbia spesso diviene base sociale di svolte autoritarie e populiste.
L!incapacit del Partito Democratico e del centrosinistra di farsi percepire come un fattore di
cambiamento reale rispetto allo status quo, all!ideologia dominante, della BCE come delle
alleate oligarchie economiche del nostro paese, stato l!elemento discriminante della
scontta del 2013 e la base culturale di fondo sui cui si regge il governo delle larghe intese.
D!altronde, se la lettura delle grandi vicende e dei grandi problemi che interessano e
attanagliano l!Europa e il nostro paese, viene raccontata ed espressa come se fossero simili,
e se poi sulle grandi questioni occorre stare assieme, che senso ha non governare
assieme? diventa la domanda banale di coloro che sperano e che al momento vi lavorano
che l!attuale governo non sia solo una parentesi momentanea, ma una prospettiva da
perseguire a lungo termine.
Se la sinistra non scrive pagine radicalmente alternative al racconto e al governo delle destre
di questi ultimi trent!anni, se si limita - per connivenza o paura - solo a correggere qualche
virgola, relegher se stessa alla marginalit relegando inne i cittadini - senza
rappresentanza e quindi senza democrazia - o all!astensionismo o a ad opzioni populistiche
e demagogiche come quelle del duo Grillo-Casaleggio.
La forza dei processi e dei fatti che si possono determinare dentro le istituzioni non mai
una forza interna alle istituzioni, ma sempre qualcosa che viene da fuori, dalla spinta
sociale, dal protagonismo delle organizzazioni collettive, insomma da una cultura nuova che
impone i propri contenuti o il prodotto della sintesi dell!incontro con altri. Immaginare,
costruire, rafforzare questa nuova cultura dovr essere il nostro ruolo, il ruolo del Partito
Democratico. Crediamo che senza discutere di questo - di come organizzare e dare
rappresentanza alla rabbia degli esclusi - continueremo a non vincere e nessun leader
telegenico potr salvare la sinistra (ed il paese) dal baratro di un minoritarsimo inutile ed
elitario.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 21
9.4 Le case del lavoro
Da dove partire per rinnovare il PD? Come ridare slancio, linfa vitale ed energia ad un partito
stanco e che da troppo tempo sembra aver perso la via? Noi pensiamo che per rispondere a
questa domanda non basti uno slogan o qualche battuta ad effetto, ma vi sia bisogno di un
profonda riessione sulla nostra cultura politica, sulla nostra idea di democrazia, e solo a
valle, sulle nostre forme organizzative.
La stessa abolizione del nanziamento pubblico ai partiti, decisa per decreto dal Governo
Letta-Alfano, forse il principale esempio di un partito che, auto-espulso dalla societ,
subisce l!onda del tutto uguale, incapace di costruire una lettura alternativa dei processi e
di farla vivere nei luoghi del reale.
Una forza percepita come non utile, come uguale nelle cause e nelle risposte generate e
date alla crisi, una forza per la quale non vale la pena nemmeno di investire 2,5 euro a
cittadino l!anno per garantirne il funzionamento e l!autonomia.
E il punto forse proprio questo: ancora necessaria una forza politica che abbia uno
sguardo autonomo e che sia indipendente dagli attori economici, siano essi lobbies, gruppi
nanziari o editoriali, multinazionali o speculatori? E che quindi, dinanzi a questi soggetti, che
legittimamente tenteranno di proteggere interessi precostituiti e di applicare politiche
economiche di sperequazione, ci sia una forza politica indipendente che rappresenta invece
gli esclusi, il mondo del lavoro, coloro che credono sia giusto attuare politiche redistributive di
reddito, diritti e opportunit?
Noi pensiamo di si. Ma questa enunciazione, oggi pi che mai, non sufciente: siamo
chiamati a capire come si costruisce una nuova alleanza sociale, con quali contenuti farla
vivere e di quale forma organizzativa dotarla.
Per questo occorre tornare molto indietro con gli anni, quando per fronteggiare la crisi della
politica, in quella che si denisce la ne della prima repubblica, si pens fosse sufciente
ricorrere a un espediente legislativo che permettesse ad uno dei contendenti di vincere o
meno le elezioni, senza soffermarsi sul bisogno di dare risposte che aprissero nella societ
un!altra pagina di storia, con una nuova identit e una nuova missione della politica. La
semplicazione giustizialista che risolse la questione di tangentopoli vide una sinistra
impegnata ad accreditarsi come forza redentrice, quella della politica pulita, della buona
politica, che per accaparrarsi facilmente il consenso e il sentimento di quel pezzo di societ
delusa, e mossa dai primi afati di antipolitica, rinunci alla giustizia sociale in cambio del
marchio DOC dell!onest.
Un!onest, come purtroppo poi dimostrer la storia, spesso presunta e alla prova dei fatti
dimostratasi non reale.
In una societ normale, l!onest di chi ricopre cariche politiche un dato di fatto. Ed il
confronto tra destra e sinistra, tra programmi, progetti, politiche economiche, visioni. Se il
discrimine tra destra e sinistra diviene invece solo il tema legalitario, allora facilmente i
programmi delle due controparti niranno per l!assomigliarsi, per confondersi, e quando
anche la distinzione morale cadr, come caduta, sotto i colpi degli errori commessi, della
crisi economica e di un pezzo di stampa legata al potere nanziario, per molti sar facile
l!assioma destra e sinistra non esistono pi.
In fondo, lo abbiamo ripetuto spesso anche noi: Si vota la persona, non le idee, non il
partito.
Forse i partiti non necessitavano di essere distrutti per essere rifondati, salvandone solo le
classi dirigenti, e non le idee, il radicamento sociale, la funzione che svolgevano nella
societ: la continua esigenza di competere sul terreno della novit (puricatrice) e non su
quello della rappresentanza, per giungere al potere e meritare un! eterna seconda possibilit,
in un quadro di bipolarismo privo di efcacia, dove a maggioranze larghe non corrispondeva
eterogeneit dei ni e quindi capacit decisionale, la competizione elettorale divent il
terreno non delle proposte, ma della conquista del potere.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 22
Su questo presunto nuovo, carenti nell!analisi e nell!interpretazione di ci che stava
accadendo nella societ, abbiamo costruito radici molto deboli. Tant! che oggi risposte
ancora non ne abbiamo, e guardando ai dati delle ultime politiche, e all!ancora consistente
peso elettorale del PDL in questo Paese, si direbbe che neanche un millantato primato
dell!etica ha premiato il nostro operato.
Non l!hanno premiato le nostre forme organizzative, solide nell!immobilismo e sempre pi
liquide nel pensiero, lo svilimento del signicato di tessera e iscritto, le primarie ormai di
default, divenute a volte uno strumento quasi meccanico, privato della sua natura spontanea,
popolare.
Oggi purtroppo a questa presa di coscienza, tardiva ma ormai diffusa, non si accompagnano
azioni e percorsi che deniscano con chiarezza un superamento. Noi vogliamo utilizzare
l!occasione del congresso regionale cio questa occasione e non domani, ma oggi, non
partendo da lontano ma cominciando da qui, per dire come la pensiamo e come secondo noi
si pu costruire un PD che rompa lo stagnamento dell!attuale quadro istituzionale, smuova le
coscienze stanche della nostra gente, crei conitto e produca nalmente cambiamento.
Perch se le cose non cambiano dal basso, nemmeno l!elezione di Matteo Renzi e il suo
straordinario successo ottenuto alle primarie dell!8 Dicembre, saranno sufcienti n a
percorsi di lunga durata n a dare credibilit sui territori.
Soli e divisi, stato il motto di questi anni. Quello che ci ha consegnato una societ
frammentata, fatta di individualismi, di indifferenza, di missioni solitarie. A questo noi
rispondiamo con le parole insieme e unire, rovesciando la cultura degli ultimi trent!anni e
provando come si suol dire ultimamente - a cambiare verso.
E partire con l!unione del mondo del lavoro.
E non perch scegliamo di partire da un tema piuttosto che un altro, ma perch riteniamo
che il lavoro tenga dentro di s, come la nostra carta costituzionale ci ha voluto insegnare, le
parole dignit, persona, cittadino. Unire il mondo del lavoro, per difendere i diritti e costruire
nuove opportunit. Liberare le persone da una condizione di bisogno equivale a liberare la
politica dai legami con quel pezzo di classe dirigente che in questi anni ha fatto della
necessit della povera gente la sua pi grande e redditizia virt.
Rappresentare il lavoro nel suo complesso (da quello salariato a quello autonomo, da quello
essibile - per scelta - a quello dell!impresa) e frapporlo idealmente e politicamente alla
speculazione e alla rendita il nuovo discrimine attraverso il quale si rideniscono le
categorie di sinistra e destra, provando a ridare rappresentanza reale, e quindi democrazia,
a larga parte della nostra regione e del nostro paese.
La partecipazione non si esprime solo con l!elezione di un leader o di un!assemblea, ma
tale se permette ai cittadini di avere strumenti per rappresentare i propri bisogni e i propri
interessi, e su questi organizzare politiche, conitto, programmi di governo e di
cambiamento.
Crediamo per questo che la missione del PD debba essere quella di far incontrare chi il
lavoro ce lo ha gi, chi lo perde, chi lo cerca e chi lo crea, unire il mondo del lavoro, e
contrapporlo a chi questo mondo lo umilia, lo ferisce, lo nega.
Il partito del lavoro quindi un partito libero, che unisce, che sceglie chi rappresentare, da
che parte stare, che fa chiarezza nella societ, individuando pezzi, interlocutori, blocchi.
In una societ in continua trasformazione sapere dove stanno gli ultimi, rappresentarli,
esserne strumento di rappresentanza, compito dei partiti.
Organizzare gli esclusi, ridistribuire le risorse, restituire dignit, tornando ad appassionare i
tanti lavoratori italiani alla politica, dandogli voce e possibilit di scegliere. Non pi un noi e
un loro, ma insieme, nel PD per decidere e scegliere come riorganizzare il mondo del lavoro
e come ripensare nuovi modelli di sviluppo.
Come dare una forma pratica a questa idea, questo processo, questa riforma? Come
concepire l!atto di adesione al Partito Democratico? Chi deve essere il detentore della
sovranit di un partito con questi obiettivi? Se il PD sapr darsi questa identit, sar difcile
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 23
immaginare che continuino a prevalere le correnti personali che in questi anni hanno
assorbito tutto il dibattito del PD, degenerando in vere e proprie bande pi che aggregati di
pensiero. Se la rappresentanza si sposta dai feudatari locali e dal clientelismo al mondo del
lavoro, libereremo il PD dalle correnti personali e soprattutto consentiremo il ritorno alla vita,
alla militanza, alla presenza in quei luoghi di lavoro, di studio, di conitto che oggi si leggono
solo sui sondaggi e nelle interviste. Per questo la nostra proposta quella di chiudere i circoli
- la cui ratio per l!iscrizione l!appartenenza territoriale - e aprire le case del lavoro, nelle
quali l!unit di rappresentanza del PD territoriale (sia essa la municipalit, la citt, la
provincia o la regione) sia composta dall!unione tra le diverse categorie lavorative e le
dinamiche di iscrizione tradizionali. Luoghi sici che creino un ponte, non solo politico, col
mondo del lavoro, con le istanze e i sentimenti di attori tra loro differenti, ma tutti protagonisti
e uniti nel Partito Democratico, con la possibilit di auto-rappresentare i propri bisogni, le
proprie idee e la possibilit di determinare con la partecipazione la linea del partito su tutti i
temi.
Non intendiamo ovviamente sostituirci al ruolo che esercitano i sindacati. Vogliamo offrire
uno spazio in cui, oltre la vertenza, i lavoratori esercitino una funzione critica e costruttiva, si
confrontino con altri pezzi - quelli che in questi anni la societ ha voluto dipingere e far
percepire come protagonisti - e contribuiscano cos a delineare strategie e politiche
complessive. Pensiamo quindi a dei luoghi su base territoriale in cui le persone possano
entrare e partecipare alla vita politica in quanto precari, disoccupati, liberi professionisti,
lavoratori a partita iva, operai, impiegati, atipici, destinando ai rappresentanti delle categorie
una quota dei nostri organismi dirigenti e delle cariche elettive. Una quota ampia, il 40%, sia
delle strutture cittadine che di quelle provinciali e regionali.
Per rappresentare il mondo del lavoro non serve la sommatoria di gurine da candidare alle
elezioni politiche, dall!operaio all!imprenditore, ma la possibilit per quelle categorie e quei
mondi di mettere se stessi ed il Partito in discussione, dando tutti, collettivamente, un
contributo a organizzare idee, proposte, a trovare soluzioni. Se si vuole interpretare il
mondo del lavoro forse bastano i sondaggi. Se invece lo si vuole rappresentare bisogna
tendergli la mano e cedere un pezzo della sovranit del nostro partito. Alla societ del lavoro
s, a quella vogliamo aprirci con coraggio e umilt. Per contaminarci e ripensare insieme una
nuova forma partito.
10. Verso le elezioni regionali del 2015
In molti in questi mesi e in queste settimane stanno vivendo l!appuntamento del congresso
regionale del Partito Democratico non come uno spazio in cui discutere degli errori
commessi, dell!identit della nostra regione, della missione del partito, delle idee e delle
prospettive da realizzare, ma come una tappa intermedia verso le elezioni regionali del 2015.
Una tappa non interpretata come utile per riettere sulla funzione e gli obiettivi del PD, ma
come occupazione sica e politica della carica del Segretario regionale per favorire o
bloccare l!ascesa di un determinato blocco di potere alla candidatura alla Presidenza della
Regione Campania. A fronte di un!opposizione all!attuale Presidente Stefano Caldoro che, a
parte rare eccezioni, sia in consiglio regionale che nella societ parsa troppo spesso
debole se non inesistente, e che in molti casi degenerata nel consociativismo pi bieco,
pare che oggi lo stato maggiore del PD abbia come unico assillo individuare colui che - se
non invertiamo la rotta - guider l!opposizione al secondo mandato dell!attuale governatore.
La stessa attendista impostazione di molti che vorrebbero afdare alle primarie la scelta del
candidato governatore della coalizione di cui far parte il PD, e che oggi ci sembra pi che
un!esigenza dettata da ansie democratiche, l!idea di un partito che si rassegna all!ennesimo
violento scontro personalistico sulla leadership e tra gruppi di potere territoriali e correntizi.
Scontro privo di contenuti, di radicamento e dialogo sociale e territoriale, di prospettiva
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 24
politica.
Per questo crediamo che, anche per quanto riguarda il fondamentale appuntamento del
2015, il PD debba invertire la rotta, capovolgere lo schema e le priorit, ripartire dalle idee e
dai bisogni diffusi.
Crediamo che il 2014 debba essere l!anno in cui il PD della Campania debba lanciare le
primarie delle idee tra i propri iscritti, la cui tessera - tra l!altro - diverr strumento non solo
utile a votare, ma anche a discutere, decidere, veicolare bisogni e programmi, partecipare.
Costruiremo per questo un grande momento assembleare, che viva nei luoghi sici e sulla
rete, composto dall!assemblea regionale eletta in occasione del prossimo congresso e da un
egual numero di membri indicati dal mondo del lavoro, dei saperi, dal terzo settore,
dall!associazionismo, da circoli e istituzioni locali.
A questa assemblea spetter il compito di discutere ed elaborare un documento largo e
analitico che, suddiviso per temi e senza rifuggire le vicende pi complesse, costituisca la
base del programma del PD in vista delle elezioni regionali.
Spetter poi ai circoli e agli iscritti, il dovere e la possibilit di discutere ed emendare, di
aggiungere o sostituire, con le loro idee ed il loro voto, tesi per tesi, la bozza originaria del
documento.
Un percorso partecipativo e dal basso, che dovr necessariamente incrociarsi con le
esperienze, le realt territoriali e quelle di categoria, e che consentir alla sinistra di costruire
una rete e capovolgere nalmente la piramide.
Nel caso di elezioni primarie, ogni iscritto del PD che decidesse di candidarsi a tale
competizione, dovr sottoscrivere quel documento e quel programma, impegnandosi a farlo
proprio. E a condividerlo con una coalizione ampia, che allarghi la base e gli orizzonti del
partito, che guardi al modello dell!Ulivo, che unisca tutte le forze progressiste e democratiche
della nostra regione: per sconggere le destre e cambiare nalmente la Campania.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 25
Parte terza
Cambiare la Campania
1. Lo chiediamo allEuropa
L'Europa, o meglio l!euro-zona, pare essersi inlata in un!aporia: o avanzare verso un rapido,
completo e possibilmente denitivo trasferimento di sovranit, anzitutto scale, all!Unione
Europea e alle sue riformande istituzioni, oppure prendere la direzione opposta, e puntare al
recupero della piena autonomia nazionale, liberandosi dai vincoli (prevalentemente vincoli di
spesa pubblica e di rigore scale) che ci sono attualmente imposti a livello europeo. La crisi
dell!unione monetaria sembra cio obbligarci a optare urgentemente o per l!una o per l!altra
soluzione: o il federalismo europeo, oppure una sorta di ripiegamento difensivo entro i conni
nazionali. Allo stato, abbiamo qualche difcolt a non denire entrambe le opzioni - diciamo
entrambe: non solo l!una, non solo l!altra - puramente retoriche. Il che non vuol dire che
dobbiamo metterle sullo stesso piano, e rimanere nell'aporia, o nella contraddizione. Vuol
dire invece che dobbiamo individuare un percorso realistico, concreto, determinato, per
venirne fuori senza scivolare nel passato degli egoismi nazionali, ma senza neppure
rimandare al futuro remoto degli Stati Uniti d'Europa la soluzione della crisi. Che crisi
economica, ma anche crisi di ducia e di senso. E non possiamo non farcene carico, visto
che le elezioni europee sono alle porte e noi dobbiamo batterci perch tramonti l'egemonia
conservatrice sull'Europa.
Le elezioni alle porte ci impegnano sul nostro futuro prossimo: l che dobbiamo trovare la
chiave per entrare. E questa chiave non sta nelle stanze dell'Eurotower di Francoforte, e
nemmeno nelle cancellerie europee, ma - per noi democratici - si trova anzitutto nei
Parlamenti, nei partiti, nell'opinione pubblica.
La crisi ci dice con ogni evidenza che di sola austerit si muore. Vent'anni sono passati dalla
denizione dei parametri di Maastricht: un'altra era geologica. Nel futuro, nel futuro prossimo,
immediato, ci deve essere un nuovo investimento politico sull'Europa, che non si limiti a
ridenire il tetto-capestro del 3% nel rapporto debito-PIL - questo l'ha osservato di recente
Romano Prodi e non possiamo non essere d'accordo - ma l'idea stessa che un'Europa
politica possa nascere stracciando le pagine del Libro Bianco di Jacques Delors, rinunciando
a denire obiettivi in termini di occupazione, crescita, sviluppo, investimenti, inibendosi di
usare a fondo gli strumenti politici di rilancio della domanda, ma anche di regolazione sia
qualitativa che quantitativa degli investimenti e della produzione. Un'idea troppo rinunciataria
del riformismo ha fatto dimenticare, e invece occorre che ne conserviamo memoria, che
come forza politica che concorre al socialismo europeo non solo abbiamo il compito di
ridistribuire, ma anche di imporre una modernizzazione democratica dell'economia, con
l'ambizione di collegare la forza del salario alla modica dei metodi di produzione.
Senza coltivare e promuovere questo nesso, non avremo mai forza sufciente in Europa.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 26
Certo, le soluzioni non sono a portata di mano, ma nulla a portata di mano se non
stendiamo la mano per cercare di afferrarci a un'idea nuova di Europa.
Basti pensare alla proposta della Confederazione Sindacale Tedesca Dgb: un Fondo
Europeo per il Futuro formato dagli introiti di un!apposita patrimoniale una tantum europea
del 3%, da applicare ai patrimoni superiori ai 500.000 Euro. L!obbiettivo che tale proposta si
pregge quello di reperire fondi per realizzare investimenti per la riduzione del consumo
energetico e per il rilancio dell!economia e delle infrastrutture verdi. Sono previste spese
nella nuova edilizia che non consuma altro suolo ma rinnova edici pubblici e aree gi
costruite: ne benecerebbero ospedali ed edici scolastici cos come l!edilizia privata e
sociale che, una volta riqualicati, andrebbero a ridurre i consumi energetici e idrici.
Parliamo, per capirci, di risorse dai 27000 miliardi di euro oggi pressoch inattivi, risorse che
sarebbero preposte ad emettere obbligazioni New Deal in grado di assicurare investimenti
per 260 miliardi annui, fra investimenti diretti (160) e prestiti a bassi tassi agli investitori
privati (100). Con gli investimenti privati che ne discenderebbero si giungerebbe a 400
miliardi, pari ad un ulteriore impulso alla crescita superiore al 3% del Prodotto Interno Lordo
dell!UE nel 2011 ovvero undici milioni di posti di lavoro di qualit in dieci anni.
2. Rotolando verso sud: il Mediterraneo
Del Mediterraneo se ne parla in molte forme: un mare stupendo, il centro dei commerci
internazionali, la culla della storia. Qualsiasi editoriale che affronti la vicenda del
Mediterraneo usa queste affermazioni che, nonostante la loro parziale verit, possono
esserci utili per comprendere lo spessore del nostro dibattito pubblico sul tema, che
purtroppo non molto grande.
Le stesse scelte tattiche e strategiche dei paesi europei sono state evidenti: lungo il corso di
questi anni sono diminuite drasticamente le risorse pubbliche per la cooperazione
internazionale e i rapporti fra gli stati sono rimasti - anche a causa dell!accordo di Barcellona
- quasi esclusivamente bilaterali.
Nel corso del tempo succede che le cose a cui un popolo d valore mutano di forma, senso
e importanza. Ma accade soprattutto che nell!intrecciarsi delle variabili che determinano
queste metamorfosi anche il popolo, come concetto e soggetto, cambia forma, senso e
importanza insieme alle cose stesse. Forse sarebbe pi utile discutere con meno astrattezza
di questo fenomeno.
Ma se la prima parte del ragionamento, nonostante la sua fumosit, pu essere in qualche
modo vera, allora sar interessante capire come possa legarsi con un!altra considerazione:
al momento non esiste un popolo mediterraneo in quanto tale, e non detto che esister, ma
evidente la relazione fra le vicende dei paesi del nord e del sud della regione, il loro destino
intrecciato e la loro enorme portata generazionale, attorno alla quale possibile costruire
qualcosa.
Secondo molti degli studi economici pi accreditati in atto pi o meno in tutta l!Europa
meridionale un processo di deserticazione industriale. Mentre in Italia si procede verso la
cessione di importanti quote statali in imprese strategiche, l!Eurostat ci mette a disposizione i
dati sulla disoccupazione giovanile. Secondo il centro di ricerca i greci under 25 senza lavoro
sono il 61,5% (giugno 2013), seguiti dal 56% degli spagnoli (agosto 2013), dal 52% dei croati
(2 trimestre 2013), poi dal 40,1% degli italiani (agosto 2013) e dal 36,8% dei portoghesi
(agosto 2013).
Alla crisi produttiva del nostro sistema abbiamo risposto con la nanziarizzazione
dell!economia. Cos abbiamo nascosto le nostre contraddizioni pi feroci, permettendo che si
continuasse a consumare terra, aria, suolo e vite. In Italia e nell!Europa del sud gran parte
del settore industriale ha enormi difcolt ad incamerare conoscenza e a essibilizzare
l!organizzazione del lavoro ancor prima del suo costo.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 27
Dall!altra sponda del mare le cose sono altrettanto complesse e noi abbiamo commesso
troppo spesso l!errore di provare a leggerle (o meglio a giudicarle) con le nostre chiavi di
lettura culturali.
Dalle primavere arabe certamente cambiata una parte del dna politico degli stati che hanno
ospitato questi movimenti. A mutare in misura diversa stato anche il sistema economico.
Con una lettura superciale, alcuni paesi pare abbiano mantenuto (si veda il caso libico)
un!economia basata quasi esclusivamente sull!approvvigionamento energetico, altri hanno
tentato in qualche misura (il caso Tunisino ad esempio) un!accelerazione su settori
imprenditoriali diversi, mentre continuato a crescere il commercio di armi in direzione nord-
sud. Fra tutti i fattori di instabilit il pi invadente rimane ancora il condizionamento degli
interessi neocoloniali su tutta la regione.
Non ci si pu arrendere, da un lato, alla recessione economica n, dall!altro, ad
un!immutabile condizione di subalternit ed instabilit. Bisogner dare una mano alle
organizzazioni sociali, a partire da quelle di rappresentanza studentesca, che stanno
provando a mettere insieme le proprie forze per dare una risposta comune a queste vicende.
I diritti inviolabili di ogni uomo e donna dentro e fuori il lavoro, la diffusione della conoscenza,
il libero accesso ai saperi, la tutela della salute, la mobilit internazionale, il disarmo,
l!alimentazione, l!approvvigionamento energetico: cominceremo da qui.
3. Una nuova visione per il Mezzogiorno
Nel paese e nella sinistra negli ultimi decenni il Mezzogiorno stato derubricato, nella
migliore delle ipotesi, a paragrafo dovuto di mozioni congressuali e ad elemento, nemmeno
centrale, delle vaghe liste dei problemi che afiggono le nostre comunit.
Ogni qual volta si accenna alla parola Mezzogiorno nel dibattito pubblico siamo costretti ad
assistere ad un circuito strumentale e tattico di dichiarazioni, standing ovation e
lamentazioni, che costituisce spesso la fotocopia trita e stanca di un copione ventennale.
Lo stesso copione che ha visto in questi anni il sud del paese perdere di competitivit,
aumentare il distacco dal nord cosiddetto produttivo, erodere le proprie basi non solo
economiche ma anche sociali.
In questa vicenda del Mezzogiorno molte delle responsabilit fanno capo alle classi dirigenti
politiche e imprenditoriali: l!uso clientelare dei fondi pubblici, l!assenza di una visione
strategica e una politica che troppo spesso ha sfruttato il bisogno anzich liberare i cittadini
da esso, ne sono i principali esempi.
Ma rimaniamo convinti che la vera colpa delle classi dirigenti meridionali degli ultimi venti
anni sia stata quella, in molti, troppi casi, di aver accettato una lettura subalterna dei processi
che interessavano i territori da loro rappresentati, sia istituzionalmente che politicamente. E
cio l!essersi rassegnata a vivere un rapporto di dipendenza da quel circuito politico,
nanziario e mediatico che tutela solo gli interessi di quella parte di paese dove risiede, ossia
il nord. Negli ultimi anni, mentre i luoghi delle decisioni reali si spostavano altrove - e cio,
specularmente, nell!asse con la Lega Nord per quanto riguarda il PDL e nell!asse tosco-
emiliano per quanto riguarda il PD - il mezzogiorno ha assunto sempre maggiormente la
conformazione di bacino elettorale, con un patto di reciproco scambio e legittimazione tra
l!immutabile patto di sindacato delle leadership nazionali e i feudatari locali. La crisi
economica, che aumentando la dimensione del bisogno riduce lo spazio della democrazia e
della partecipazione, ha contribuito ad alimentare tale deriva, producendo una selezione
della classe dirigente non in base alla capacit di promuovere sviluppo e rispondere ai
bisogni, ma in base all!abilit nel controllare e - in qualche caso sfruttare - da un parte la
marginalit sociale ed il disagio, dall!altra la speculazione e la rendita. E che fosse il
razzismo di Bossi o il buonismo di una certa sinistra, il sud del paese veniva declinato e
costruito come un peso, o da combattere, o al quale guardare con la compassionevole carit
del per far crescere il paese occorre far crescere il Mezzogiorno.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 28
Un partito di sinistra, invece, dovrebbe smentire luoghi comuni, produrre contro-
informazione, smentire false narrazioni, raccontare come avvenuto il processo di
riunicazione in Germania e dire perch l!Europa guarda ad est e non a sud. E avere il
coraggio di dire anche che i fondi europei in questi anni sono passati dall!essere aggiuntivi a
sostitutivi di quelli nazionali; che la camorra non un male endemico del sud, che anche
assessori lombardi di CL vengono arrestati come interlocutori della #ndrangheta, che in
Brianza si sciolgono i comuni per inltrazioni di stampo maoso e che la malavita oramai ha
contaminato anche le cooperative rosse. E ancora, dire che il tema del rapporto politica-
mae andrebbe riletto non in chiave socio-geograca ma in termini di rapporto etica-politica ;
che vi anche un pezzo di ceto produttivo - al sud come in Italia, dove esiste un capitalismo
corporativo che non ha eguali in Europa e che caso unico al mondo opera in bacini di
monopolio - troppo attento alle commesse e poco attento all!innovazione e alla crescita; che
le classi dirigenti non determinano da sole la qualit e la quantit dello sviluppo ma sono
spesso determinate dal contesto sociale nel quale operano e dal quale sono prodotte: per
capirci, rileggere Marx e relegare Weber nell!analisi di cause, effetti e processi. Ci vorrebbe il
coraggio di dire tutta la verit, di essere critici attenti nei confronti di chi ha mal amministrato
e di chi mal amministra, e nel frattempo tenere la barra dritta per non trasformare il
Mezzogiorno da vittima a colpevole: per far ripartire il mezzogiorno del paese occorrono
politiche nazionali di sistema e - soprattutto - investimenti pubblici mirati che rilancino
l!economia e i settori produttivi, che alimentino tramite spesa pubblica produzione e consumi,
che creino infrastrutture, che si afdino a politiche di coordinamento trasparenti ed
efcaci. Occorrerebbe ridisegnare un nuovo modello di sviluppo per la Campania ed il
Mezzogiorno: investire i fondi europei per far partire i piani di insediamenti produttivi e
rafforzare le infrastrutture materiali e immateriali; dare priorit al mondo dei saperi come
strumento di contrasto alla criminalit, come elemento di mobilit sociale, come vicenda
essenziale per competere nei mercati globali; sostenere le imprese che investono in
innovazione ed energia pulita; ripensare le citt partendo dalle Smart City e connettendole
direttamente ai modelli e ai bandi europei; dare priorit al contrasto alla povert
capovolgendo i bilanci regionali (prima i nanziamenti per le politiche sociali ed il mondo del
terzo settore, da quello cooperativo a quello del servizio civile, e poi i grandi eventi e le
piccole sagre). Tramontato il modello fordista, il sud del Paese e la Campania andrebbero
trasformati in un grande Hub economico e produttivo, dove si intreccino rinnovamento,
culture nuove, snodi di persone, idee, innovazioni tecnologiche. E questo lo si fa e da qui
non si scappa, se del Sud non si vuole parlare solo per demagogia se in Europa non si
discute non solo l!allentamento dei patti di stabilit e dei vincoli di austerit, ma anche il
cambio di rotta delle politiche del nostro continente: non pi solo l!est come spazio vitale per
la Germani della Merkel, ma pi sud e pi Mediterraneo come fattore di opportunit e
riequilibrio necessario per i paesi della sponda sud della comunit europea. questa una
sda aperta, che si pu decidere di accettare o riutare, ma della quale non si pu eludere la
lettura.
Ed un sda che riguarda innanzitutto la comunit del PD e della sinistra: costruire reti,
riannodare li di battaglie sociali, immaginare risposte e ideare prospettive, ripensare - per
usare un!espressione antica - contenuto e contenitore: questa dovrebbe essere l!ambizione
del PD, in special modo in Campania e nelle regioni meridionali.
La diversa distribuzione dei redditi fra Nord e Sud fa emergere come nel Mezzogiorno che
si concentrano le sacche di povert pi grandi.
Nel 2012 il 14% delle famiglie meridionali guadagna meno di mille euro al mese, quasi tre
volte pi del Centro-Nord (5%), in particolare il 12,8% delle famiglie calabresi, il 15% delle
campane, il 16,7% delle lucane e il 19,7% delle siciliane. Il 62% delle famiglie meridionali,
cio due su tre, appartengono alle classi pi povere. In Sicilia, Calabria, Campania e
Basilicata il 40% delle famiglie poverissimo. Ad aggravare la povert delle famiglie
concorrono sia la disoccupazione che il numero dei familiari a carico. Quasi il 50% delle
famiglie meridionali infatti monoreddito, con punte del 58% in Sicilia, e il 15% (con punte
del 18,5% in Basilicata) ha un disoccupato in casa. Ma, anche se lavorano due persone in
famiglia, nel Mezzogiorno il rischio povert interessa ben il 23% delle famiglie, quattro volte
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 29
di pi del Centro-Nord (6,5%). In valori assoluti, nel 2012, 790mila famiglie meridionali sono
a rischio di povert assoluta .
Imporre la risoluzione prioritaria di questi temi nell!agenda nazionale deve essere il primo e
principale obiettivo: del PD, della sinistra, del governo.
Per fare degli esempi: la spesa sociale, il sostegno al reddito e il sistema degli
ammortizzatori sono pensati in Italia come rivolti a chi perde il lavoro, non a chi lo cerca, lo
esercita in nero o vive in un territorio dove la disoccupazione un fattore endemico; la
stessa spesa sanitaria ripartita non in rapporto al reddito della popolazione, alla
composizione dei nuclei familiari o alle condizioni ambientali, ma premia le regioni col pi
alto grado di anzianit (la Campania la pi giovane d!Italia). Capovolgere questo schema e
questo sistema dovrebbe essere la priorit di una sinistra che riscopre nelle parole
mezzogiorno ed uguaglianza la stessa radice dalla quale germoglia il seme di un!identit e di
un!appartenenza comune.
Altro che lo spettro di una guerra tra bande, dove a sostenere la rottamazione vi sono gure
che ricoprivano incarichi istituzionali quando molti dei nativi democratici non erano ancora
nati e dove le culture storiche del cattolicesimo e della sinistra non paiono in grado di
produrre altro che stanchi arroccamenti identitari.
Noi invece pensiamo che occorra capovolgere la piramide, che si debba riportare il
Mezzogiorno al centro del dibattito nazionale del paese, senza revanscismi localistici e
senza subalternit culturali, cominciando a produrre una discussione vera - non strumentale,
non demagogica - sul come si costruiscano le condizioni di sviluppo e di rilancio delle nostre
terre. Recuperando un!idea antica, e cio che parlare non sia solo un esercizio sico ma
anche la conseguenza di un lavoro intellettuale duro, faticoso, analitico: capire e interpretare
le dinamiche economiche e sociali, analizzare i ussi e le reti sociali, interpretare la realt per
poi produrre soluzioni per cambiarla. La politica dovrebbe essere anche e innanzitutto
questo.
4. Istruzione e produzione: il ticket pubblico per rilanciare il
Mezzogiorno
Immettere sapere nel lavoro per riattivare lo sviluppo, far convivere competizione e coesione
sociale: il socialista Jacques Delors, da presidente della commissione europea, lo teorizz (e
fu l!elaborazione pi avanzata della sinistra europea) nel suo Libro Bianco di ne anni !80,
poco dopo il tramonto del fordismo.
La conoscenza non si piega al protto: diversamente dal denaro, circolando aumenta e non
diminuisce; la conoscenza genera sviluppo.
E infatti i paesi scandinavi - i soli ad aver raggiunto gli obiettivi dell!agenda di Lisbona - sono
anche gli unici ad avere un'economia solida, una buona bilancia commerciale, poca
disoccupazione, e un!equa distribuzione della ricchezza.
Delors aveva ragione in teoria, i provvedimenti e la strada intrapresa da Obama stanno
avendo ragione in pratica. Il manifatturiero hi-tech statunitense in tre anni ha creato 500mila
posti di lavoro, e almeno altrettanti ne attende nei prossimi tre.
La lezione americana mostra un orizzonte diverso dal declino inarrestabile del vecchio
occidente.
"Svalutazione del costo del lavoro", "competizione su quanto poco si paga il lavoratore":
bufale conclamate, visto che ormai anche in Cina la classe media cresce e i consumi
aumentano. La concorrenza della maglietta Made in China una storia vecchia di dieci anni,
visto che ormai la Cina produce direttamente nel nostro paese e per le nostre strade girano
automobili indiane e usiamo telefonini coreani.
Le imprese italiane oggi devono affrontare questo cambiamento: l!estensione della liera
produttiva (design/ marketing/ assistenza cliente), la rilevanza dell!impatto ambientale,
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 30
l!innovazione nella produzione. Occorre una grande immissione di conoscenza nei processi
di produzione, e una schiera di lavoratori pi formati.
La globalizzazione all!italiana invece ha esattamente rovesciato questo usso: le imprese
italiane spendono la stessa cifra in ricerca e in pubblicit, mentre le universit sono sempre
pi piccole e pi povere, ed i corsi di laurea sono stati ridisegnati sui "bisogni del mercato
(all!italiana)".
Investire nell'universit oggigiorno non un costo ma una spesa, le cui ricadute sono
sempre largamente retribuite. Finanziare l'universit vuol dire investire sulla gamba solida
dello sviluppo: ricerca pubblica, diritto allo studio, concorsi regolari per i docenti, fondi di
mobilit internazionale.
Oggi, oltre un decennio dal lontano 2000, la lezione di Obama sul rapporto tra conoscenza e
sviluppo, saperi ed economia, uno dei punti pi avanzati delle politiche progressiste in tutto
il mondo, come quella di Lula (il rientro dall!analfabetismo nel Brasile) lo era stato nel
decennio precedente.
"Una seconda era roosveltiana" scrivono i commentatori americani. "Indebita intromissione
dello Stato" dicono i repubblicani. Una rinascita per decine di citt e milioni di persone,
dicono i fatti.
I fatti, appunto: serve guardare la luna e non il dito. La realt dei fatti che negli ultimi anni,
gli anni delle destre e dei tecnici, il modello di universit propinato tende ad essere pi
piccolo - le riassunzioni crollano dall!attuale 41% al 21% delle cessazioni - e, con i tagli al
FFO e la diminuzione delle borse di studio, pi povero.

Soprattutto nel Mezzogiorno, questo modello accelerer la perdita di competenze ed
esperienze di quei giovani che sono le punte pi avanzate della modernizzazione, che hanno
investito in percorsi legati alla conoscenza e si sono resi protagonisti alle manifestazioni
contro le mae e alla mobilitazione referendaria. Sono loro le prime vittime della crisi, lo sono
perch vivono in un sud immobile che paradossalmente si regge solo per il suo irrigidimento.
La somiglianza di questo sud con la Grecia pi che con l!Europa la prima rotta da invertire.
Se l!investimento formativo al Sud, a causa di un decit di domanda di lavoro (specie
qualicato), conduce all!emigrazione come unico strumento di mobilit sociale o - peggio
ancora - all!inattivit e alla disoccupazione di lunga durata, allora le nuove generazioni
possono essere scoraggiate ad investire nell!istruzione superiore.
Si tratta di ribaltare lo schema, portare a vincere le cause perse signica anche rimettere
mano ad alcuni strumenti tab: riattivare la spesa pubblica nel Mezzogiorno (sul modello di
quello provato ad attuare dal ministro Barca) per dare stimolo all!economia e all!impresa,
dando una prospettiva occupazionale ai giovani.

La mobilit legata con un rapporto direttamente proporzionale al reddito: chi pu se ne va,
chi resta si arrangia. Se ne vanno le future classi dirigenti meridionali, chi resta invece o lotta
o si arrende. Se ne vanno le donne: le giovani meridionali compongono il 54,6% degli
spostamenti per lavoro da Sud a Nord, e spesso sono diplomate e laureate. Per rimettere in
ordine le cose serve recuperare quei principi del migliore meridionalismo, congiungendo
istruzione e produzione. Signicherebbe rilanciare un po! di politiche industriali, far sentire la
presenza dello Stato come fattore di sviluppo. Alla met degli anni !90 i cambi di residenza
sono stati settantamila, 140 mila al 2010 (gi ridimensionati dalla crisi, dati SVIMEZ). La
cancellazione con Berlusconi di misure come il credito d!imposta, il prestito d!onore e
contratti di sviluppo, la riduzione della qualit della didattica e del diritto allo studio - gli
studenti italiani che alloggiano in residenze universitarie sono il 3%, penultimi in Europa - i
limiti dell!accesso al credito, il sostegno dei genitori che si sostituisce al welfare dello Stato
sono condizioni di fatto.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 31
4.1 Dalla fuga dei giovani e delle imprese alla Regione del lavoro
oramai prassi trasversale da parte delle istituzioni e della politica usare annunciare ripresa
e crescita economica come spot elettorale. Il governo regionale di Stefano Caldoro, in
particolare, ha assunto questa prassi come vero e proprio leitmotiv. Eppure i dati della
Campania ci raccontano ogni anno cose ben diverse.
Ormai la lettura dei dati e delle le conclusioni che annualmente ci consegnano i rapporti della
SVIMEZ non desta nemmeno pi sorpresa: deserticazione industriale e produttiva, tsunami
demograco, disoccupazione femminile e giovanile superiore al 50%.
Gli occupati nel Mezzogiorno scendono nei primi mesi del 2013 sotto la soglia dei 6 milioni:
non accadeva da 36 anni, dal 1977. Nel 2012 il tasso di occupazione in et 15-64 stato del
43,8% nel Mezzogiorno e del 63,8% nel Centro-Nord.
A livello regionale il tasso pi alto si registra in Abruzzo (56,8%), il pi basso in Campania,
dove lavora solo il 40% della popolazione in et da lavoro.
Nel 2011 si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord circa 114 mila abitanti. Anche
riguardo alla provenienza il record negativo per partenze spetta alla Campania, con una
partenza su tre (36.400).
Il rischio quello di una deserticazione demograca e industriale, visto che il calo degli
investimenti di settore al Sud stato nel 2012 dell!11%, un dato catastroco.
Dal 2007 al 2012 secondo valutazione SVIMEZ il manifatturiero al Sud ha ridotto la
produzione del 25%, i posti di lavoro del 24% e gli investimenti addirittura del 45%. Il valore
aggiunto del manifatturiero sul totale al Sud sceso quindi dall'11,2% del 2007 al 9,2% del
2012, un dato ben lontano dal 18% del Centro-Nord e dal target europeo del 20%. Con la
Campania, che in anche in questo caso capola, scendendo dall!11, 2 % all!8,8 %, tra le
cifre pi basse registrate in Italia, con un gap di 10 punti percentuali rispetto al Nord.
Senza contare le oltre 500 vertenze aperte nella nostra Regione, al netto di quelle che
riguardano le piccole imprese e il mondo dell!artigianato, che spesso non rientrano nemmeno
nella casistica.
Cifre e graci che danno sempre pi la misura della disperazione di un Mezzogiorno che
soffre e che rischia il collasso.
Collasso che colpisce trasversalmente le generazioni e penalizza in maniera drammatica
quelle giovani, le quali subiscono pi di tutti la giungla delle forme contrattuali atipiche: dalle
collaborazioni a progetto alla somministrazione, dalle collaborazioni occasionali alle false
partite iva, dall!associazione in partecipazione al lavoro nero, passando per stage e tirocini,
lavoro a chiamata, apprendistato in somministrazione, staff leasing, etc.
Una giovane generazione condannata a contratti e prestazioni lavorative atipiche, non
standardizzate con le classiche prestazioni di lavoro subordinato. La proliferazione e l!abuso
di queste forme di contratto hanno di fatto polverizzato il mercato del lavoro del nostro Paese
e della nostra regione, provocando non un regime di essibilit e sicurezza che guardasse ai
paesi scandinavi, ma un vero e proprio regime di precarizzazione e di ricattabilit nei luoghi
di lavori senza precedenti.
Le stime dell!Istat ci dimostrano che tendenzialmente il lavoro precario nir col superare il
lavoro stabile: ogni sette nuovi contratti su dieci sono precari. Questo scenario non fa altro
che alimentare le criticit presenti nel nostro territorio. I tassi di migrazione sono allarmanti, e
ricalcano i livelli dell!Italia pre e post boom economico, con la differenza che oggi verso i
paesi del nord non vi solo una migrazione di ritorno che interessa ambiti lavorativi
richiedenti bassi livelli di formazione e specializzazione, ma anche soprattutto una fuga chi
ha investito il proprio percorso formativo, e che parte non per scelta ma perch espulso dal
proprio territorio.
Sempre il rapporto SVIMEZ ci dice che il sud si svuotato, in venti anni sono andati via 2,7
milioni di meridionali, uno su tre campano, mentre di contro la regione Lombardia si
ripopolata e vanta un PIL pari a quello di tutto il meridione d!Italia. Questo non solo un
problema economico o demograco, questo un problema che investe la tenuta
Democratica del nostro Paese.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 32
Inoltre, al netto dei dati che interessano il Mezzogiorno, la sacca di disoccupazione si allarga
a dismisura se rapportata alla nostra Regione, che distacca di poco la Calabria: la
percentuale pi alta di Neet, di coloro che non studiano, non lavorano, non si formano e,
disillusi, non fanno nulla, trovano dimora in Campania per il 35 % del totale.
E come se non bastasse i dati sull!occupazione femminile ci dicono che siamo in Europa agli
ultimi posti dinanzi all!isola di Malta, che un paio di anni fa ha introdotto la legge sul divorzio,
insomma non proprio un esempio di politiche di genere inclusive.
I giovani professionisti campani, poi, vivono una crisi senza precedenti, si trovano a dover
affrontare percorsi di inserimenti tanto angusti quanto maggiore, alta e qualicata risulta
essere la loro professionalit. Insomma i tempi del Dottore, dell!Ingegnere, dell!Architetto,
che soprattutto nelle piccole realt animavano l!immaginario comune di un futuro prospero e
sereno, sembrano traballare di fronte alle difcolt che i giovani riscontrano durante la
cosiddetta gavetta, preludio caratterizzante per un qualsivoglia inserimento lavorativo. La
fuga di cervelli all!estero n sicuramente una testimonianza. Tale situazione si aggrava in
tema di mobilit sociale e turnazione, ponendoci agli ultimi posti all!interno dell!Unione
Europea. Il quadro legato alle partite iva diviene ancor pi desolante se si pensa che i livelli
di reddito sono lontani da quelli che dovrebbero esprimere soggetti professionalizzati, che
incorporano nel loro reddito di partenza sia il Capitale Sociale (formazione, aggiornamenti,
etc.) che il rischio dell!attivit indipendente. Per rilanciare e arginare le criticit legate a
questo complesso fenomeno, occorrerebbe - ad esempio - rivitalizzare e rendere operativa
la legge regionale redatta dal Consigliere Regionale Antonio Marciano, al ne di una
maggiore incentivazione sia nelle fasi di start- up che nel favorire forme di cooperazione per
giovani professionisti Campani.
Le stesse esperienze lavorative fuori regione o all!estero, d!altronde, non costituiscono di per
s una vicenda negativa, ma dovrebbero essere una scelta e non una costrizione dovuta alla
mancanza di prospettiva.
La precariet e il sommerso, infatti, e non solo per le nte partite iva, sono per i nostri territori
la faccia della stessa medaglia; andrebbero invece richiesti su tutto il territorio regionale
l!istituzione di Osservatori Permanenti sul lavoro sommerso e sulla precariet, di concerto
con le organizzazioni sindacali e le associazioni di categorie: bisogna chiedere alle istituzioni
di monitorare e di prevedere attraverso principi di congruit l!attuazione di una scalit di
vantaggio per tutte le aziende che rispettano i diritti dei lavoratori. I giovani e la precariet
non sono categorie dello spirito, e la questione non pu essere trattata n con
generalizzazioni n con slogan e faciloneria: si pu essere maturi all!anagrafe e giovani
sull!estratto contributivo.
Il fenomeno dell'immigrazione passiva, inne, viene ancora considerato una zavorra,
derubricata a questione sociale o feticcio, e non invece interpretata come una risorsa: la
guerra tra poveri, fomentata da una politica inconcludente e senza lungimiranza e
progettualit, una deriva sbagliata da contrastare. Sarebbe auspicabile una politica che
oltre a denunciare lo status quo (forme di caporalato disumane, troppo spesso la mancanza
delle pi elementari forme di tutela, estenuanti orari di lavoro, razzismo latente manifestato in
diverse forme, ecc.) favorisse un processo di contaminazione interculturale, che veda nella
liera dell!integrazione un!opportunit di rilancio per i nostri territori. Ovviamente,
occorrerebbe innanzitutto investire su quelle che noi riteniamo essere delle Risorse, a partire
da un progetto regionale che preveda la formazione, e dunque inclusione, linguistica (ossia
l!insegnamento dell!italiano L2), poich il primo muro cognitivo e comportamentale degli
immigrati proprio la lingua, che diviene causa di mancata inclusione sociale, che tra l!altro
ha forti ripercussioni anche in ambito lavorativo.
Quindi, checch ne dicano il presidente Stefano Caldoro e l!assessore Severino Nappi,
questi sono gli aspetti della drammatica situazione in cui versa il nostro territorio, e a nulla
serve la falsicazione della realt.
I principali problemi e limiti della nostra regione stanno proprio in questo: nell!assenza di
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 33
politiche industriali, nel quasi assente ma comunque errato uso degli strumenti di
concertazione territoriale, nella mancanza di un sistema integrato di politiche attive del
lavoro, i cui soggetti incaricati sono spesso obsoleti e non all!altezza della situazione
drammatica vissuta da chi alla ricerca di un lavoro.
E partendo proprio da queste ultime, e per fare degli esempi:
I centri per l!impiego (C.P.I.) non funzionano, hanno una mera funzione notarile,
sanciscono l!avvenuto o meno status di disoccupazione, abdicando alla loro funzione
centrale che quella di essere lo strumento pubblico di intermediazione tra domanda e
offerta di lavoro;
La formazione/inclusione molto spesso non tiene conto del reale fabbisogno e delle
peculiarit del territorio: corsi di wedding planner e di inglese base servono di pi a chi
eroga formazione che a chi ha bisogno di formarsi per lavorare;
Il sistema universitario, che dovrebbe essere il perno di un dinamico sistema di politiche
attive, stato troppo spesso pi utile al lancio della carriera politica di qualche barone che
strumento capace di leggere le dinamiche di sviluppo, di avviare un processo di
integrazione territoriale e di stimolo reale all!innovazione.
Ancor pi pericoloso il fenomeno messo in evidenza da molti studiosi negli ultimi anni: la
rinuncia da parte di molti, troppi, al percorso universitario, non pi considerato come uno
strumento utile a migliorare la propria condizione sociale ed economica. Fenomeno che
riguarda quella generazione di ventenni i cui fratelli trentacinquenni-quarantenni, nonostante
lauree e master, svolgono attivit lavorative al di sotto delle proprie competenze, pagati
sempre meno e sempre peggio.
Un primo e rapido strumento che potrebbe rivelarsi adeguato per allentare la scure della
disoccupazione giovanile, potrebbe essere l!apprendistato: perch nasce da un ampio
consenso concertativo, perch un contratto con delle tutele, perch se utilizzato bene
innalza il livello di competenze del lavoratore e pure la qualit delle aziende. L!apprendistato
potrebbe essere il perno centrale di una liera occupazionale di qualit, dove stage e
tirocini attendono all!apprendistato e dove l!apprendistato funge da volano per forme di
occupazione stabili. Purtroppo ad oggi questa forma contrattuale non ha prodotto i risultati
sperati e tanto decantati: solo il 4% delle nuove assunzioni in Campania avvengono con
l!utilizzo di questo contratto di lavoro, burocrazia e mancanza di progettualit hanno fatto il
resto.
Indicativi sono invece gli incentivi ai Neet, i tirocini retribuiti previsti dal D.L.76, che
nell!insieme rappresentano una buona intenzione, ma che nei fatti fotografano appieno la
situazione attuale: per 1000 tirocini si sono candidati circa 12000 Campani. Il Matching si
rilevato questione privata tra Click Lavoro e, sul versante gestionale, Italia Lavoro S.P.A. Pur
riconoscendo il carattere pubblico dei due Agenti, fa riettere la mancanza di un ente
Pubblico quale il C.P.I. ed un ruolo attivo delle parti sociali. Bisognerebbe arginare tale
bilateralismo a partire dai prossimi provvedimenti, pi cospicui economicamente e legati
alla Garanzia Giovani, dove sono previsti per le aree di convergenza fondi europei pari a
circa 500 milioni di euro.

Ma rimettere al centro il lavoro, al di l dei provvedimenti del giorno e delle vicende legate
alla riforma degli strumenti contrattuali, vuol dire interrogarsi ed agire per il futuro della nostra
regione, partendo dal ruolo del pubblico nel rilancio della crescita e dell!occupazione: la
Campania, infatti, da regione ad oggi pi giovane di Italia, diventer un'area sempre pi
anziana e, di conseguenza, economicamente dipendente dal resto del Paese a sua volta
invecchiato. E se da un lato c! forte il tema legato alla qualit e le opportunit di
occupazione, concetti come deserticazione industriale e produttiva ci impongono una
riessione sulle politiche economiche ed industriali adottate in questi anni nel Mezzogiorno e
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 34
nella Campania. La scelta di competere sui mercati abbattendo il costo del lavoro e la sua
precarizzazione anzich privilegiare l'innovazione di prodotto e di processo, la mancata
riessione sulla necessaria riforma di sistema e la mancanza di investimenti materiali e
immateriali, sulle persone e sulle loro capacit, spiega gran parte della bassa crescita del
nostro Paese e delle regioni meridionali. Una responsabilit complessiva, anche di quella
parte della nostra classe imprenditoriale, per lo pi denibile come procacciatrice di risorse
pubbliche o di rendite, e che ha mostrato uno scarso interesse per l'innovazione, legandola,
nel migliore dei casi, al tema quantitativo della produttivit; o che ha preferito investire solo
in relazioni personali di clientele e favoritismi, il pi delle volte agendo come un freno a
quell!imprenditoria sana che non solo maggioranza ma anche presidio di civilt e di tenuta
sociale nei nostri territori.
Basti riettere sulla miopia con la quale si sono gestite in questi anni molte delle crisi
industriali: il caso di Pomigliano, con la costituzione della New-Co ed il referendum,
sicuramente il pi eclatante. Tesa all'abbattimento delle condizioni di lavoro e incentrata sul
paradigma della produttivit, la FIAT ha completamente perso di vista cosa produrre e con
quale livello qualitativo. La produzione di 250.000 autovetture all'anno era gi stata
ampiamente raggiunta agli inizi degli anni 2000 quando si lanci sul mercato il motore
Multijet, altamente innovativo e tecnologico, che fu venduto a tutte le altre case
automobilistiche europee. Non un caso che la Volkswagen stia lanciando sul mercato
automobili a bassissimo impatto ambientale (pensiamo alle macchine elettriche) che
garantiscono un risparmio sul mantenimento dell'autovettura e a tutela dell!ambiente e della
salubrit delle citt: nel frattempo l!A.D. della FIAT, per provare a competere nel mercato
globale, punta sulla riduzione del costo del lavoro e la negazione dei diritti.
Altrettanto incomprensibile la decisione di chiudere lo stabilimento Fincantieri di
Castellammare di Stabia: l'80% del commercio internazionale avviene via mare e le navi
commerciali sono sempre pi obsolete rispetto alle nuove tecnologie. Abbattere tutta la
cantieristica navale nel centro del Mediterraneo risulta essere una decisione impenetrabile
ed evidenzia l'incapacit di formulare una politica industriale capace di dare risposte e
prospettive. La lista sarebbe purtroppo ancora lunghissima: la vertenza Irisbus, azienda
produttrice di autobus che viene chiusa, nonostante ci sia una procedura di infrazione con
l'Europa che ci impone di cambiare l'intero parco macchine all'indomani della promulgazione
dell'Agenda 2020, che d centralit alla mobilit sostenibile; le vertenze Firema e, in
particolare, Ansaldo, competitori mondiali nel settore dei trasporti, cos come quelle delle e
tante altre aziende presenti sul nostro territorio che hanno utilizzato la crisi o per andare via o
per abbattere i costi del lavoro. Posti di lavoro che saltano, graci e statistiche che
nascondono la vita concreta di migliaia di persone e famiglie, deprimendone i consumi e le
prospettive di vita.
Riteniamo che il lavoro vada rimesso al centro per rivedere i concetti di sviluppo, di consumo
e di investimento. Rimettere al centro la persona, il lavoratore, le capacit e le intelligenze,
vuol dire necessariamente aprire una grande stagione di investimenti che sostengano la
crescita e lo sviluppo sostenibile. Il risanamento necessario ma non pu pesare sui redditi
da lavoro e sugli investimenti che penalizzano, soprattutto, le nuove generazioni e le aree pi
deboli.
necessario porre mano, senza indugio, alle riforme strutturali per agganciarci ai lievi
segnali di rilancio che si intravedono. Costo dell!energia, burocrazia morosa e supponente,
elevato carico scale per lavoratori e imprese, incertezza e lentezza della giustizia civile e
consociativismo istituzionale: sono queste le leve negative su cui bisogna agire con
fermezza.
Questi punti sono esogeni alle responsabilit dirette dell!impresa e sono, invece, endogeni
ad una seria attivit dei diversi livelli istituzionali che ci governano.
Un territorio che vuole crescere non pu che ripartire da se stesso. necessario un cambio
culturale che si tramuti in un cambio di passo. su questo terreno che si fonda la territorialit
come valore competitivo, quale valore caratterizzante le nostre produzioni, una forte
coscienza di luogo in cui intendiamo riconoscerci e per la quale occorre battersi a viso
aperto, senza compromessi al ribasso. Si tratta di creare un modello innovativo che tramuti
in fattori comuni le eccellenze del territorio e di quel tessuto imprenditoriale sano e dinamico,
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 35
imponendo un nuovo sistema di buona amministrazione che guardi al risultato e alla
realizzazione delle attivit, interagendo con il sistema bancario anche attraverso strumenti di
nanza alternativa che siano capaci di riattivare i ussi di liquidit necessari alle imprese.
In tempi di crisi necessario investire. Nulla di pi vero, ma quando per un numero sempre
pi crescente di aziende il mancato pagamento delle imposte diventa un canale alternativo di
nanziamento, vuol dire che qualcosa non sta funzionando come dovrebbe.
Quando, poi, come ci ricordano le testimonianze di qualche tribunale, per molti imprenditori
pi conveniente la multa per i tributi non corrisposti che il tasso d!interesse applicato dalla
banca ai loro nanziamenti, allora davvero si giunti ad un punto di non ritorno.
Una seria politica industriale ha il credito tra le sue priorit. Senza credito - viene da s - non
c! ripresa economica. Lo ha ricordato il Presidente della Repubblica in occasione della
giornata mondiale del risparmio, quando ha sollecitato comportamenti responsabili da parte
delle banche nell!esercitare un ruolo che pu essere cruciale in questi mesi in cui l!Italia
scommette sull!aggancio della ripresa. Il rischio bancario deve essere assunto in parte dal
pubblico - attraverso il potenziamento dei fondi di garanzia - e dall!altra bisogna sviluppare
con forza le fonti alternative di accesso ai capitali, oltre a rafforzare il patrimonio aziendale,
presupposto ineludibile per poter tornare a parlare di competitivit. Utile, a tal proposito,
sarebbe impegnarsi per la costituzione un comitato composto da soggetti istituzionali,
sistema camerale, bancario e associazioni categoriali che possa proporsi come facilitatore
per le imprese e le tante start-up nel trovare business angels interessati ad entrare nel loro
capitale.
Insieme al credito altra priorit per il Mezzogiorno il territorio, in un contesto internazionale
in cui esso costituisce l!unico strumento di differenziazione e non riproducibilit: territorio non
una parola vuota, non solo uno spazio o un contenitore sico. Territorio molto di pi,
cultura, intesa nel suo signicato pi ampio, che ribolle da decine, centinaia, di anni.
Territorio un insieme di storie, tradizioni, sapori da difendere oggi pi che mai. Rendere
competitivo un territorio vuol dire curarlo, valorizzarlo e renderlo attrattivo. Occorre, in
particolare, agire e immediatamente sulla semplicazione amministrativa (favorendo le
strutture come le unione dei comuni e abolendo molti degli inutili enti di gestione che
spesso si sovrappongono), la scalit e le infrastrutture: misure e strumenti, insomma, che
favoriscano la localizzazione di nuove imprese e stimolino un!occupazione di maggiore
qualit e in cui la sda della competitivit si sposti sul piano della formazione degli addetti e
della qualit dei prodotti e dei servizi.
Abbiamo dinnanzi a noi una grande sda, fare della Campania la regione del lavoro.
Mai come in questo momento gli interessi dei cittadini e dei lavoratori sono stati vicini agli
interessi delle aziende produttive, perch solo aziende sane possono garantire lavoro e
redditi e solo aziende non inquinanti possono garantire sviluppo duraturo.
Anche per questo una grande innovazione sarebbe la sperimentazione dell!assunzione, da
parte di aziende e sindacati, di un nuovo modello di relazioni sindacali che sappia legare
(sancito un tetto minimo) i livelli salariali all!andamento dell!azienda e quindi, imprese come
patrimonio privato e bene collettivo.
Decisioni in capo alla propriet e controllo ai lavoratori interessati al buon andamento
dell!azienda.
E! questo un modello molto diffuso in Germania e nel mondo scandinavo. Un modello che
punta ad aumentare la competitivit delle aziende migliorando la produttivit e la qualit dei
prodotti senza rinunciare ai diritti di chi lavora.
Un modello che dovrebbe ridare centralit anche al sistema cooperativo, fondato su
produzione e lavoro, dove i soci sono anche lavoratori. Un modello che andrebbe sostenuto
e rilanciato, ma anche protetto con vincoli normativi pi stringenti, atti a bloccare la
proliferazione di cooperative nte, che servono a giusticare livelli di sfruttamento infame,
fenomeno che si riscontra anche in altri tipi di azienda, ma che in questo caso addirittura
pi odioso.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 36
A questi processi di innovazione andrebbero afancate serie politiche di descalizzazione,
anche parziale, degli utili non ripartiti e reinvestiti nell!azienda (come avviene, appunto, per
tutte le cooperative a mutualit prevalente).
L!alternativa ad un!inversione di rotta sar la drastica riduzione dei salari o la
delocalizzazione della produzione nei paesi emergenti.
Non oggi possibile ipotizzare che gli imprenditori siano tanti Bill Gates, anche perch la
dimensione delle imprese trainanti diventata enorme, e la gura dell!imprenditore-
proprietario stata sostituita dal manager d!azienda che non rischia in proprio, ma tende ad
auto-tutelarsi e spesso agisce per conto di grandi gruppi nanziari: proprio per questo, oltre
che a innovazioni di processo o di prodotto, abbiamo bisogno di innovazioni di sistema.
Politiche e investimenti pubblici, politiche attive per il lavoro, il rilancio della concertazione e
della cooperazione territoriale ed istituzionale, l!economia verde, un nuovo ruolo
dell!Universit come fattore determinante di innovazione e ricerca e quindi competitivit, ci
paiono essere la strada che la Campania dovr seguire per uscire dalla crisi.
4.2 La necessit lopportunit della concentrazione territoriale
Ciascun territorio della Campania possiede identit, caratteristiche e potenzialit di sviluppo,
diverse tra loro ma certamente complementari, che possono concorrere a costruire un
sistema regionale competitivo, aperto, che sia piattaforma di metabolizzazione per i ussi
che attraversano il Mediterraneo (economici, sociali, culturali ), nessuno dei quali
indipendente dall!altro.
Far decollare l!economia dei luoghi e far atterrare l!economia dei ussi un!impresa che
richiede lo sforzo convergente e integrato di Istituzioni, mondo della cultura, mondo del
lavoro e societ, a tutti i livelli, dal piccolo Comune no all!Unione Europea.
Le diverse potenzialit di sviluppo dei Territori della Campania, sono state esplorate e
analizzate per un decennio (dal 1999 al 2008). Questo lungo e faticoso processo di ricerca e
interazione istituzionale e sociale ha, inne, prodotto il Piano Territoriale Regionale (PTR).
Il principale criterio ispiratore del PTR l!integrazione tra pianicazione urbanistica e
programmazione socio-economica, a partire dalla dimensione dei Sistemi Territoriali di
Sviluppo in esso individuati.
Un!intuizione in linea con le politiche comunitarie 2014-20.
Il PTR Legge Reg. N. 13/2008, approvata all!unanimit ma puntualmente ignorata e
disattesa.
Il metodo della concertazione dal basso, infatti, stato completamente abbandonato. Non
risultano esperienze signicative successive al periodo dei Patti Nazionali
e dei Patti Europei. Quelle stesse esperienze, per quanto innovative, hanno manifestato limiti
e incongruenze (soprattutto i Patti Nazionali), al contrario del metodo che invece andrebbe
salvaguardato e riproposto, anche perch era questo l!obiettivo vero delle politiche
sperimentali di coesione: imparare un metodo.
C' ovviamente un problema di ceto politico ed amministrativo (basti pensare al Principato di
Arechi o alla vicenda del Patto dell'Agro e di Agroinvest) nonch le resistenze che la
concertazione dal basso ha sempre incontrato in pezzi di mondo imprenditoriale, nelle
Amministrazioni delle citt capoluogo e in pezzi dell'apparato burocratico. Ma concertazione,
concentrazione delle risorse, coesione istituzionale e coesione sociale sono i modelli
operativi dai quali ripartire. Le leve dalle quali ripartire sono molteplici, e vanno dall!uso dei
fondi europei all'ordinaria attivit dei Piani di Zona per le politiche sociali; d!altronde
l'eventuale abolizione delle Province render inevitabile riaprire il confronto sul tema.
Anche perch la Regione non un Ente inutile, come ha recentemente e surrealmente
dichiarato Stefano Caldoro: il suo compito di svolgere efcacemente le funzioni di
pianicazione/programmazione, di indirizzo, monitoraggio e controllo oltre che di raccordo
istituzionale, orizzontale con le altre Regioni e verticale con le istituzioni sovra locali come il
Governo centrale e l!U.E.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 37
un ente dannoso se continuer ad esercitare un potere neocentralista e interdittivo, e
funzioni gestionali che competono alle Autonomie locali.
Il Nuovo Ordinamento Regionale varato nel 2011 dalla Giunta regionale non risolve questa
inadeguatezza, accresce i costi della struttura, duplica funzioni e dirigenti, rende (ancor pi)
farraginosa e burocratica la macchina amministrativa regionale.
Il modello adottato tende ad un efcientismo aziendale che poco o nulla ha a che vedere
con le funzioni politico-istituzionali che competono alle Regioni.
Questo insieme di inefcienze/inadeguatezze del sistema pubblico regionale causa
principale dello scarso utilizzo delle risorse comunitarie. Una contraddizione vergognosa, che
ad esempio ha portato il governo regionale a distribuire nell!ultimo anno risorse europee per
Comuni e Asi andando a ripescare vecchie domande, senza verica della loro utilit o
rispondenza attuale ad esigenze di sviluppo regionale.
Anche perch le Autonomie Locali sono allo sbaraglio, abbandonate a se stesse:
i 551 Comuni della Campania (gran parte di essi al di sotto dei 30.000 abitanti) reggono il
peso di funzioni e responsabilit che, di fatto, sono state scaricate sul territorio senza dare
ad essi la riorganizzazione di funzioni e risorse promessa nel Quadro di riforma delle AALL
sin dal 1990.
Riforme mai compiute, o attuate confusamente, per pezzi, generando costi e inefcienze
insostenibili per l!erario pubblico.
D!altronde l!aver abbandonato la bandiera del decentramento lasciando spazio alle idee di
federalismo, alimentato da egoismi e particolarismi territoriali, uno dei fattori che ha reso
anche la sinistra complice della nascita della cultura leghista.
Questa inerzia, al limite dell!immobilismo, rende inne ancor pi insopportabili provvedimenti
del Governo centrale, come la spending review, che intaccano prerogative costituzionali
degli enti locali e dei comuni.
Occorre reagire e farlo con celerit. Un primo atto rivoluzionario sarebbe censire e mettere
in rete il sistema delle aree industriali esistenti, per garantire politiche di sostegno, coordinate
a l i vel l o regi onal e, che garanti scano i nfrastrutture materi al i ed i mmateri al i ,
internazionalizzazione, credito e logistica alle piccole e medie imprese campane.
Ci sono le condizioni per praticare un!efcace strategia operativa di decentramento,
innovazione amministrativa, sviluppo e coesione territoriale.
Basterebbe raccordare e portare a coerenza le tre principali normative regionali, nazionali e
comunitarie che trattano queste materie:
La L. R. 13/2008- Il Piano Territoriale Regionale che articola la Regione (e i suoi 551
Comuni) in 45 Sistemi Territoriali di Sviluppo individuati secondo caratteristiche, identit e
vocazioni di sviluppo omogenei, in grado, appunto, di fare sistema.
Il quadro di riforma degli Enti Locali che, dal 1990 suggerisce di costituire forme
associate tra i Comuni, per accrescere efcienza, efcacia ed economicit della Pubblica
Amministrazione locale.
Gli strumenti nanziari previsti nella programmazione comunitaria 2014-2020 per lo
sviluppo orientato ai luoghi: SLoP (Sviluppo Locale Partecipativo) e ITI (Investimenti
Territoriali Integrati) - Articoli 28-31 e 99 del Regolamento.
Su queste materie ad esempio, Legautonomie e BRI hanno contribuito a formulare una
Proposta di Legge Regionale che - come tante altre cose - langue, anche nell!indolenza del
Partito e del Gruppo Regionale.
In Campania, l!ipotesi ottimale di favorire la costituzione delle forme associate dei Comuni
sulla base dei STS individuati con il PTR e accompagnare processi di coesione istituzionale,
territoriale e produttiva con gli strumenti della programmazione comunitaria 2014-2020.
I cervelli in fuga potrebbero essere messi utilmente sotto sforzo nei rispettivi Sistemi
Territoriali, essere le gambe e i cervelli che servono per attuare le politiche comunitarie,
per le loro comunit e loro territori.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 38
Ci vuole il coraggio di produrre questa innovazione istituzionale e politica.
E il coraggio di rivolgere anche a nuovi ambiti di sviluppo: necessario risanamento
ambientale e protezione del suolo e delle acque, agricoltura, turismo, cultura ed
enogastronomia.
Un nuovo rapporto, non gerarchico n istericamente conittuale, tra le aree interne e l'area
metropolitana pu rappresentare appunto questa svolta. Cos come una politica che
programmi e realizzi la fondamentale logistica necessaria ad una vera integrazione e
connessione tra porti, interporti e reti di trasporto.
4.3 Occupazione e innovazione: il ritorno alla terra
Gli anni della globalizzazione sono conosciuti anche come anni di intensicazione dei sistemi
territoriali, il pi delle volte non legati ai conni istituzionali (comuni, provincie, regioni ecc.)
quanto ad afnit di tipo produttivo e sociale. il caso di tantissime realt europee che
competono nel mondo attraverso la costruzione di veri e propri brand territoriali (tutto ci che
viene prodotto in una determinata area viene associata alle sue peculiarit territoriali,
culturali e di tradizione). Si distinguono in tal senso proprio quelle realt in cui sono
particolarmente sviluppati i servizi per il turismo, paesaggistico e culturale, uniti il pi delle
volte ad importanti liere agroalimentari e ecosostenibili.
L!agroalimentare e le attivit connesse alla green economy sono gli unici settori che
nonostante la crisi hanno tenuto o hanno addirittura registrato una crescita.
Le aziende agricole e di allevamento in Campania sono circa 135.000, l!8% del Paese, e si
tratta dell!unico settore nel quale sono aumentate le assunzioni: molti, infatti, sono stati i
giovani che, dopo gli studi o altre esperienze lavorative, hanno deciso di investire con
coraggio e determinazione nelle piccole aziende agricole di famiglia o di costituirne ex novo.
Nonostante le aziende agricole e casearie della Campania abbiano subito nel mese di
ottobre 2013 un calo delle vendite del 40% rispetto ad ottobre 2012, nendo per la seconda
volta - dopo lo scandalo della mozzarella alla diossina - in ginocchio, no a tre mesi fa il
comparto agroindustriale in Campania era quello che rispondeva meglio alla crisi, con
fatturati quasi stabili ed esportazioni in aumento.
I nostri prodotti rappresentano l!eccellenza nell!ortofrutta e non solo. Il vino, l!olio d!oliva e
tutte le nostre DOC e DOP, sono la base della tanto decantata dieta mediterranea.
La tradizionale funzione economico-produttiva dell!agricoltura rimane primaria e per essere
svolta, nelle nuove condizioni dell!epoca, deve coniugarsi con una pluralit di valori collettivi
legati alla valenza ambientale, sociale e culturale dell!agricoltura e dei territori rurali:
l!agricoltore moderno, infatti, non solo un produttore di beni alimentari, ma un soggetto
attivo ed insostituibile nella tutela e valorizzazione del territorio e delle risorse naturali,
promotore di coesione e sviluppo, garante della qualit, della tipicit e della sicurezza
alimentare, patrimonio vivente di conoscenze e saperi.
La Campania, dunque, non solo la Terra dei fuochi, ma la regione con il pi grande
patrimonio agroalimentare ed enologico nazionale che oggi pi che ieri ha bisogno di essere
portato a sistema, integrato e promosso, agendo sulle dimensione delle imprese, sulla liera
e la promozione commerciale. Occorre puntare sulle coltivazioni di qualit e biologiche, sui
prodotti DOP, DOC e IGP, favorendo la riconversione di alcune coltivazioni come il tabacco,
molto diffuso nelle aree interne della regione. Per far ci sono necessari interventi tesi a
sostenere gli accorpamenti, la crescita dimensionale, il ricambio generazionale, le imprese di
donne, la creazione di sistemi ed accordi tra imprese e di liera, la creazione di reti e distretti
di imprese agricole avanzate, la creazione di convenzioni (vetrina Italia) con ristorazione,
commercio, turismo, ricettivit, trasformazione. Occorre, inoltre, varare un grande piano di
cablaggio delle imprese agricole, estensione, autocerticazione, coordinamento e
unicazione tra controlli ambientali, sanitari, urbanistici ecc.
Le liere vanno non solo evocate, ma strutturate rimuovendo i passaggi eccessivi e questo lo
si fa sostenendo gli sforzi tesi ad una migliore organizzazione, alla costruzione di possibili
piattaforme per le forniture, per la trasformazione, per la logistica, per la promozione. La
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 39
liera corta va sostenuta, cos come la vendita diretta, incoraggiando i sistemi locali a
rafforzare la valorizzazione dei prodotti locali ed il loro utilizzo.
Un!agricoltura di qualit oltre ad essere una straordinaria fonte di sviluppo anche uno
strumento formidabile di cura ed intervento sul nostro territorio: la presenza di numerosi
terreni incolti ha gravissime ripercussioni sull!economia e sull!assetto idrogeologico delle
nostre aree. A questi si aggiungono terreni demaniali abbandonati che non hanno una
specica destinazione d!uso. Ridare futuro all!agricoltura signica sfruttarne la grande
potenzialit occupazionale che questa offre favorendo l!accesso nel settore soprattutto dei
giovani. E! necessario, pertanto, sfruttare questa gi manifestata propensione giovanile verso
l!agricoltura e fornire nuovi strumenti (pure con intervento legislativo) idonei a promuovere
l'accesso alla terra e lo sviluppo di nuove imprese agricole/crescita di quelle gi esistenti.
Tale strategia potrebbe fornire una prima risposta concreta alla drammatica crisi
occupazionale.
Il governo Monti con il Decreto Liberalizzazioni, agli art. 66 e 62, prevedeva, accanto
all'alienazione, anche la possibilit di concedere in locazione i terreni agricoli e a vocazione
agricola demaniali. Il decreto rappresentava il primo passo verso una liberalizzazione di
terreni demaniali che avrebbe portato alla potenziale creazione di 43 mila imprese agricole
condotte da giovani alle quali lo Stato assicurava il diritto di prelazione nelle procedure di
cessione, almeno cos come sostenuto da diverse associazioni di categoria. Il
provvedimento, per, non mai stato attuato. Dal monitoraggio con il Demanio sarebbe
emerso che terreni demaniali a vocazione agricola sono davvero pochi e poi non stato
chiarito chi avrebbe dovuto gestire l!operazione. Sarebbe il caso invece di riprendere
l!impostazione del decreto e riformulare le modalit di accesso di imprenditori privati ai
terreni demaniali, con particolare favore verso i giovani, cos come era gi stato previsto. A
tal proposito un valido ed efcace esempio pu essere fornito dalla Regione Toscana che ha
previsto di concedere ai giovani terre demaniali regionali attraverso la predisposizione di
appositi enti come Terre regionali Toscane e la Banca della Terra.
Terre regionali toscane sar un ente pubblico non economico dipendente dalla Regione che
permetter di gestire in maniera pi razionale ed efcace tutto il patrimonio fondiario della
Regione Toscana. In questo contesto nascer la Banca della Terra, che rappresenta il
primo esempio in Europa di strumento pubblico volto a favorire l!accesso degli imprenditori
privati, in particolare dei giovani agricoltori, ai terreni agricoli e forestali del demanio
regionale. La banca della terra conterr l!inventario completo di tutti i terreni e aziende
agricole di propriet pubblica e privata disponibili per operazioni di aftto, concessione e
compravendita.
Seguendo l!esempio toscano potrebbe essere oggetto di una proposta di legge l!idea di
creare strumenti atti a favorire concessioni d!uso, pratiche di aftto o incentivi per
cessioni di terreni incolti e sostenere i primi insediamenti agricoli da parte di giovani sia
come impresa individuale sia all'interno di una societ agricola esistente o di nuova
costituzione. Nel pieno rispetto del principio costituzionale della propriet privata la strada da
seguire potrebbe essere quella di prevedere incentivi allo scopo di consentire agevolazioni
per l!acquisto di terreni incolti, da parte di aziende agricole under 40, ad un prezzo che,
grazie agli incentivi, risulterebbe per l!acquirente inferiore a quello di mercato. In questo
modo si potrebbe creare un sistema virtuoso atto a favorire la cessione dei terreni
favorendone l!acquisto del suolo ed ottimizzando le risorse rurali oggi inutilizzate.
Riprendendo l!esempio Toscano si potrebbero prevedere enti pubblici non economici
nalizzati ad agevolarne le cessioni, con un ruolo di intermediazione tra proprietari di terreni
incolti e le aziende agricole richiedenti. Il tutto potrebbe essere accompagnato da
agevolazioni di accesso al credito bancario per la nascita di aziende agricole giovanili e
sostenerle, cos, nel processo di crescita e di sviluppo aziendale. In tal modo si garantirebbe
una nuova vitalit del settore agricolo che potrebbe veder nascere nuovi ed innovativi
soggetti economici del settore. Ci potrebbe rappresentare un!efcace risposta alla crisi e
soprattutto fornire un!opportunit occupazionale per i giovani arginando il fenomeno dello
spopolamento che ormai colpisce le aree interne e rurali del Mezzogiorno e, in particolare,
della Campania.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 40
Ripensare lo sviluppo, ripensare al modo di produrre e consumare, ripensare alle proprie
citt, ai servizi, sono le questioni su cui ricostruire una visione e l!impegno su cui sono
chiamate a misurarsi le classi dirigenti. Interrogarsi oggi su un nuovo modello di sviluppo per
il la Campania ed il Mezzogiorno l!unico modo per immaginare un presente ed un futuro
possibili. L'economia verde la sola opportunit per uscire da due grandi crisi: quella
climatica e quella economica, per creare sviluppo e lavoro tenendo conto del vincolo delle
risorse naturali e ripartire su basi nuove e pi solide. In Campania l'economia verde
s'incrocia con la qualit, la coesione sociale e la ricchezza dei territori. Questo processo
tocca trasversalmente ogni settore produttivo, ha i suoi cardini nel risparmio energetico,
nell'efcienza energetica, nell'uso di fonti rinnovabili di energia, nelle tecnologie e nelle
innovazioni che riducono l'impatto ambientale dei processi produttivi e pu applicarsi
all'edilizia come alla meccanica, alla chimica come all'agricoltura, all'industria come al
turismo di qualit. La sda dell'economia verde pu diventare il vero catalizzatore della
catena di connessione tra ricerca, innovazione e produzione, da coniugare al meglio in
sinergia con universit e patrimonio territoriale. Solo un rinnovato slancio dell'agricoltura di
qualit, del turismo e della salvaguardia del patrimonio storico e paesaggistico, accanto a
politiche di sostegno delle energie rinnovabili e di eco-sostenibilit possono garantire ai
nostri territori cura, valorizzazione e sviluppo.
4.4 Fondi europei: se non aggiuntivi, almeno spendiamoli bene
Le politiche di coesione varate dall!Unione Europea vengono pi volte ricordate come l!ultima
opportunit possibile per la Campania ed il Mezzogiorno. In realt, esse hanno una
condizione per la realizzabilit dei loro obiettivi: l!addizionalit.
Ci vuol dire che possono avere successo solo se esse si aggiungono alle politiche che i
singoli Stati svolgono gi in quegli stessi territori oggetto dell!intervento comunitario.
Se gli Stati non fanno ci, le risorse europee non sono in grado, da sole, di invertire il
sottosviluppo di quelle aree. Non si vuole qui sostenere che non vi siano problemi di
inefcienza presenti nell!azione dell!amministrazione pubblica al Sud, ma la discussione
sull!argomento spesso viziata da pregiudizi consolidati che trovano spesso riscontro in
autorevoli commentatori sui giornali nazionali. La spesa pubblica corrente pro capite in
Meridione signicativamente minore che nel resto del Paese; un!altra favola metropolitana
quella del peso occupazionale del settore pubblico in Italia, e dell!ipertroa di quest!ultimo
nel Sud: niente di pi falso che non ha alcuna corrispondenza con i dati statistici in quanto
l!Italia (il Sud allineato alla media nazionale) al penultimo posto in Europa con 6,1 unit di
lavoro per 100 abitanti. Con Carlo Azeglio Ciampi ministro del Tesoro (1996-98) si avvia una
nuova politica di sviluppo per il Mezzogiorno che mira ad intervenire pi sulle condizioni di
contesto in cui i cittadini e le imprese vivono. Si stabilisce, in quel contesto, che al Sud
devono essere destinati il 45% della spesa pubblica in conto capitale. Obiettivo, questo, che
non solo non stato raggiunto ma che si anche ridotto per mano dei governi di
centrodestra come di centrosinistra.
Al di l degli impegni presi e non mantenuti, dagli anni duemila abbiamo assistito ad una
diminuzione continua delle spese a consuntivo.
Come potuta avvenire una simile cosa nonostante i fondi strutturali europei fossero
aumentati tra il 2002 e il 2006 da 3,9 miliardi a 5,6 miliardi di euro e nonostante il fatto che -
per le stesse regole applicative di questi fondi - essi potessero essere erogati solo a fronte di
altrettanto impegno dei fondi degli Stati nazionali?
accaduto che, in accordo con la Commissione Europea presieduta da Prodi, i fondi europei
divennero sostitutivi di quelli italiani, che cos diminuivano nel contempo non solo rispetto agli
impegni presi, ma anche rispetto alla spesa effettiva a consuntivo degli anni precedenti. In
alcuni settori la spesa pubblica stata ridotta in maniera marcata: signicativo il caso delle
Ferrovie dello Stato che ha dimezzato il suo impegno nel Mezzogiorno.
Tuttavia, gli ultimi studi ci rappresentano un quadro estremamente allarmante delle
condizioni economiche ed occupazionali della regione Campania, in difcolt anche rispetto
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 41
al resto del Mezzogiorno. Le notizie diffuse dal Ministero per la Coesione Territoriale relative
ai dati sulla certicazione delle risorse comunitarie al 30/09/2012, confermano una situazione
del Por Campania 2007/2013 che continua ad aggravarsi, e non solo sul Fesr. La spesa
certicata - che quella su cui Bruxelles esamina a ne anno le performances regionali ai
ni del disimpegno delle risorse fa infatti segnare un arretramento della Campania rispetto
ai dati sui pagamenti del Por Fesr conteggiati dalla Ragioneria Generale dello Stato al 30
giugno 2012. Si scende dal 14,42% al 13%, addirittura all!11,9% se si scorpora l!effetto
matematico dovuto alla riduzione del conanziamento nazionale a seguito del Piano Azione
e Coesione. Non solo si spende poco, ma si spende anche male: in maniera sempre meno
coerente con le linee d!indirizzo del QSN 2007-2013 e di conseguenza, sempre meno
europea.
Tutto questo il risultato di due anni (aprile 2010-marzo 2012) di ingiusticabile e
incomprensibile paralisi. Nonostante il lavoro svolto dalla struttura di commissariamento de
facto voluta dall!ex Ministro per la Coesione Territoriale, di concerto con la Commissione
Europea, ed insediatasi proprio a marzo per accelerare i programmi, la situazione rimasta
molto difcile.
In una impietosa classica la Campania si colloca all!ultimo posto per spesa realizzata dei
fondi comunitari. Sembra che la nostra regione sia in un vortice che non lascia via di fuga,
stretta da un lato dall!assenza di un!attenzione nazionale, e dall!altro dall!incapacit di
ricostruire per s una visione.
Spendere i fondi europei oggi la priorit per sostenere gli enti locali e immaginare un futuro
per questi territori: occorre farlo nel sistema delle imprese, nella cantieristica, nelle
infrastrutture, nelle attivit produttive e nei settori ad alta innovazione. Entro ne anno
sarebbe stato possibile realizzare investimenti produttivi per 800 milioni di euro. Questo a
patto che si fosse provveduto a spezzare il circolo vizioso generato dalla maldestra politica di
questa Giunta Regionale nella gestione dei fondi comunitari.
Dall!analisi dello stato di attuazione dei grandi progetti si capisce chiaramente che almeno la
met di questi non saranno realizzati nell!arco dell!attuale ciclo di programmazione.
Per questo dobbiamo programmare le risorse a disposizione, in maniera assolutamente
funzionale a generare spesa vera e immediatamente effettuabile.
Rimettere il Mezzogiorno al centro dell!agenda politica e di governo dell!Italia e dell!Europa
passa per la responsabilit delle classi dirigenti meridionali e campane di ricostruire una
missione per queste aree, nella loro straordinaria diversit e complessit, dalle coste alle
aree interne.
In questo contesto pensiamo che tre possano essere le priorit cui guardare:
Il sostegno strutturale e infrastrutturale alle aree industriali e ai piani di insediamento
produttivo.
Un programma europeo per la rigenerazione urbana, in particolare dei centri storici e
delle arie cosiddette periferiche, delle citt campane.
La destinazione del 25% dei fondi Fse verso le 7 Universit campane, conferendo loro
la funzione di organismi intermedi.
Invertire la rotta l!unico modo che abbiamo per pretendere di pi.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 42
4.5 Il sistema dei saperi in Campania: luniversit
L!Universit italiana vive un periodo di enormi difcolt, a partire dal piano economico. Il
fondo di nanziamento ordinario ha subito anche per il 2013 un ulteriore taglio di 300 milioni
di euro.
Lo Stato italiano trasferisce appena 140 milioni di euro per le borse di studio, mentre Paesi
come Francia e Germania pi di 2 miliardi.
Il sistema del numero chiuso e dell!accesso programmato limita ogni anno l!accesso ai saperi
a migliaia di studenti e sempre di pi si mostra come un meccanismo inadeguato.
L!inserimento di sistemi premiali per l!attribuzione di parte dei fondi ha generato una guerra
tra poveri tra le Universit, in cui sono spesso gli Atenei meridionali ad avere la peggio: i
criteri di valutazione, infatti, sono quanto meno discutibili e non tengono conto delle enormi
differenze di contesto territoriale tra nord e sud del Paese.
Anche in un contesto di per s difcile, la nostra regione riesce ad essere capola di dati e
prassi negative.
La Campania la Regione con la pi bassa percentuale di borse di studio erogate, meno del
30%, a fronte di un numero di aventi diritto tra i pi elevati in Italia. Ci genera un numero
enorme di studenti idonei non beneciari, che avrebbero diritto alla borsa di studio ma che
non possono riceverla per assenza di copertura nanziaria.
L!erogazione della totalit delle borse avviene anche con estremo ritardo perch la Regione
bloccata nella spesa dal Patto di Stabilit. In particolare, con l!aumento della tassa
regionale, passata da 62 a 140 euro, i nuovi introiti che dovrebbero essere restituiti agli
studenti in forma di borse di studio sono completamente bloccati.
Le aziende del diritto allo studio hanno le mani legate perch non hanno autonomia
nanziaria ma sono legate al bilancio regionale.
Anche per quanto riguarda le strutture la situazione delle Universit campane per alcuni
versi drammatica. Gli studenti delle Universit napoletane vivono situazioni di disagio
grottesche, con strutture fatiscenti, carenza di aule e sale cinematograche che si
sostituiscono ad aule delle Lauree.
D!altro canto, il modello del Campus offerto dall!Universit di Salerno la dimostrazione che
anche nella nostra Regione possibile creare poli d!eccellenza in termini di vivibilit,
sostenibilit e funzionalit.
Inne, sul fronte della cittadinanza studentesca, le aree pubbliche vicine agli Atenei non sono
organizzate pensando alla centralit dello studente che le vive. I servizi dedicati agli studenti
sono pressoch assenti, cos come biblioteche e luoghi di aggregazione.
Disastrosa la situazione dei trasporti. Raggiungere le sedi pi periferiche spesso un
impresa per la maggior parte degli studenti e, in alcuni casi, non c! alcuna alternativa
all!utilizzo dell!auto. Sono state tagliate numerose corse (Cumana, Circumegrea e
Circumvesuviana), cancellate molte delle agevolazioni per gli studenti sugli abbonamenti e
quando le aziende del trasporto pubblico sono sull!orlo del fallimento gli studenti sono
sempre i primi a pagare (vedi CSTP).
Escludendo il caso dell!Universit di Salerno e della Parthenope, si fatto pochissimo in
tema di residenzialit universitaria.
Le realt che le Istituzioni e il territorio sono completamente assenti rispetto alla questione
della cittadinanza studentesca.
Lo stesso PD e lo stesso centrosinistra, in questi anni, subendo troppo spesso in silenzio sia
l!operato del ministro Gelmini che quello del ministro Profumo, sono stati assenti dal tema
della funzione e del rilancio del mondo dei saperi: candidare esponenti del mondo
accademico nelle proprie liste non serve a recuperare le continue disattenzioni.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 43
Occorre invertire la rotta.
La Regione deve investire di pi. Il Diritto allo Studio degli studenti campani non pu
essere soggetto a vincoli di bilancio. Finora gli interventi a favore degli studenti sono stati
totalmente inadeguati.
Occorre un piano straordinario per il recupero e la creazione di nuove strutture
moderne, tecnologiche e ecosostenibili. Gli studenti devono riappropriarsi degli spazi,
perch gli spazi costituiscono identit.
Si deve avviare un!opera di sensibilizzazione e di intervento sinergico degli
stakeholders. Gli studenti devono essere percepiti come una risorsa e le migliaia di fuori
sede hanno il diritto di sentirsi a casa.
Bisogna investire in maniera maggiore e continua in alta formazione e ricerca,
integrando anche i fondi nazionali.
4.6 Il sistema dei saperi in Campania: la scuola
Il sistema educativo un po! come una grande rete idrica. Le riserve d!acqua sono i pozzi di
conoscenza, mentre gli acquedotti e le tubature il loro meccanismo di trasmissione. Il
principio non poi troppo differente dal modo in cui, in giro, fuori le scuole, veniva un tempo
costruita la cultura e maturavano le sue tendenze. C! un problema, la rete idrica saltata e
ora la cultura viaggia per canali propri e non pu farsi rinchiudere nelle tubature. Che vuol
dire? La sua trasmissione non pi verticale, o unidirezionale se preferite, ma trasversale e
interattiva. La scuola ancora quella pensata in un vecchio mondo per un vecchio mondo.
rimasta chiusa nel disciplinarismo ordinato dall!alto: il ministero decide quali sono gli obiettivi
da raggiungere, quali gli argomenti specici e quante le ore a disposizione. Non andava
bene allora, non andr certamente meglio oggi. L!istruzione pubblica deve liberarsi dalle sue
stesse prigioni se vuole accompagnare i tempi nuovi e dare un senso alla propria missione
educativa. Che riparta dall!autonomia, che dia pi valore ad insegnanti ed alunni, al loro
rapporto. La condivisione di immagini, pensieri e idee come qualsiasi altro dato di realt che
produce tendenze, conoscenza e identit accessibile direttamente attraverso canali nuovi,
liberi e soprattutto interattivi: il web in primis. Il rischio grande che se la scuola non si
aggiorna diventer sempre pi chiusa e i ragazzi sempre pi schiavi degli criteri di ricerca di
Google, senza un metodo, ma con tanti mi piace su facebook.
Sarebbero proprio i docenti e gli alunni i diretti interessati ad aprire una discussione del
genere, a mettersi in gioco. Tocca a noi, al Partito Democratico, darci un tempo, immaginare
di discutere non solo di quello che accade oggi o domani, ma del futuro dei ragazzi che
frequenteranno le scuole del nostro Paese.
Partiamo da alcune considerazioni di fondo. Il sistema d!istruzione ha subito in tutto il paese
un taglio di otto miliardi di euro nel triennio 2008-2011 e nessun vero rinanziamento nel
corso di questi anni, fatta eccezione per la prima boccata di ossigeno del Decreto Istruzione
voluto dal Ministro Carrozza qualche settimana fa. Chi ne ha avuto da perdere sono state le
scuole di frontiera, le periferie. Lo descrive benissimo Marco Lodoli. Una scuola che non pu
stare aperta tutto il giorno e tutto l!anno, che non ha gli strumenti e le risorse per evitare di
lasciare indietro i propri ragazzi, perder la sda educativa nei luoghi del bisogno. E se fuori
non c! un paese che valorizza il sapere artigiano delle mani e della mente, che si crea nel
rapporto indissolubile fra studio e pratica, intelligenza e manualit, sar l!Italia a perdere
un!altra sda: quella dell!emancipazione, della vita. L!istruzione non pu essere considerata
un costo, ma un investimento. Sganciamola dalla stima del debito. C! bisogno di ripartire da
dove ci siamo fermati: programmazione, autonomia e valutazione.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 44
4.7 La Campania ed il sapere: nessuno rimanga indietro
Il sapere non solo trasmissione. glio d!artigiano. Condivide le esperienze, mette alla
prova tutti, indirizza al metodo, interroga mani e menti.
Il sapere l!amore incondizionato per la propria terra e i propri gli, dimostrato dai tanti
maestri di strada, come Marco Rossi Doria, che non solo hanno recuperato
dall!emarginazione tanti ragazzi di periferia, ma hanno dimostrato che l!intelligenza non
soltanto un quiz, ma pu vivere fra le furbizie e le capacit di un ragazzo di strada.
Dobbiamo capire come riconoscerle, metterle a valore e riportarle nelle aule e fra i corridoi
dei nostri istituti.
Altrimenti il rischio che anche noi contribuiamo all!idea che ci possa essere una gerarchia
fra le scuole e le conoscenze. Bisogna dirlo con franchezza: l!attuale sistema scolastico
registra le disuguaglianze sociali, economiche e culturali, non riesce a recuperarle.
I dati della ricerca internazionale OCSE-PISA 2012 sui rendimenti dell!istruzione lo dicono
chiaramente. Nelle scuole del nord-est gli studenti raggiungono livelli di competenze (in
matematica, scienze e lettura) signicativamente pi alti della media internazionale, mentre
al sud sono signicativamente pi bassi. Vale per la Campania come per le altre regioni del
Mezzogiorno. Eppure il problema sociale, non territoriale: differenziando i dati delle prove,
si riconosce il vero volto delle disuguaglianze. Sono soprattutto gli istituti tecnici e i
professionali, in tutta Italia e con ribassi eccezionali nelle regioni Meridionali, ad avere una
scarsa capacit formativa.
A cosa lo dobbiamo? Al taglio delle risorse e alla riduzione delle ore laboratoriali prima di
tutto. Lo dobbiamo a quell!idea diffusa che il sapere delle mani cosa diversa da quello della
mente. Abbiamo permesso che accadesse quando con troppa poca convinzione abbiamo
denunciato il mancato nanziamento della Legge Regionale sul diritto allo studio, approvata
nel 2005 e dimenticata un anno dopo. Quel testo serviva a tutelare i ragazzi con maggiore
difcolt. Per loro qualche centinaio di euro per l!acquisto dei libri, per l!abbonamento ai
trasporti e l!accesso ai luoghi di cultura fanno la differenza. Un ragazzo su cinque in
Campania non raggiunge il diploma. Abbiamo il 22% di abbandono scolastico, ben cinque
punti sopra la media nazionale. Mentre i giovani campani che non studiano e non cercano
lavoro sono il 35,2%. Quei ragazzi vanno via perch non hanno risorse, ma soprattutto
perch non gli abbiamo ancora offerto una chiave di senso che li trattenga, di cui possano
darsi.
Non va rivista soltanto la didattica, o il modo in cui la scuola si organizza al suo interno.
Occorre rivedere il come si relaziona alle sue citt e al loro sviluppo. Per questo bisogner
rivedere l!alternanza scuola/lavoro. Oggi non forma come dovrebbe e coinvolge troppi pochi
studenti. I progetti di formazione dovranno essere stabiliti da tutta la comunit, non solo dalla
scuola o dalle imprese. Dovranno avere tutti un carattere strategico. Dalla regione no al
comune, dovremo rintracciare insieme a scuole ed imprese gli elementi su cui investire:
tutela del paesaggio e del patrimonio artistico culturale; risorse rinnovabili; innovazione
nell!ambito delle tecnologie agricole, di coltura e raccolta; turismo; artigianato.
5. La questione ambientale
La Campania vive anche di molte contraddizioni. Dalla Terra dei Fuochi al ume Sarno, dal
litorale casertano alla discarica di Terzigno nel Parco del Vesuvio, dal dissesto idrogeologico
alla vicenda del ciclo dei riuti, la nostra regione giunge spesso alla ribalta delle cronache
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 45
nazionali per la questione ambientale, che determina gravi problemi sia per la salute dei
cittadini, sia per lo sviluppo del territorio, sia per la possibilit delle imprese di competere.
Questo nonostante la Campania disponga di risorse naturali che, al contrario, potrebbero e
devono rappresentare importanti fonti di sviluppo, pilastro della rinascita della nostra
Regione.
5.1 La terra dei fuochi
Per un lungo lasso di tempo, almeno un trentennio, aziende italiane ed europee hanno
versato in maniera illegale riuti spesso tossici nelle terre, nel suolo, nelle viscere della
nostra Regione. In qualche caso, in molti casi, le stesse discariche cosiddette legali sono
state teatro di atti e depositi illeciti e pericolosi. I fatti, fatti che riguardano tutti noi: un ciclo dei
riuti mai completato, che ha visto riempirsi le discariche esistenti senza che fossero
individuate soluzioni alternative, n da un punto di vista logistico n di sistema; una raccolta
differenziata molto al di sotto degli standard indicati dalla comunit europea; gli interessi
economici della malavita organizzata; l!incapacit della politica di costruire partecipazione e
quindi soluzioni condivise dal basso e dai territori; il conseguente diffondersi, nella buona e
nella cattiva fede, del fenomeno Nimby, la teoria del non nel mio cortile; una rete
amministrativa, un apparato industriale e un non senso civico diffuso che sono complici sia
della mancata risoluzione del problema, sia dell!incapacit di progettare e costruire un
sistema anche di sviluppo alternativo a quello esistente. Le mobilitazioni che in questi
mesi stanno animando la Terra dei fuochi e la nostra regione, le migliaia di cittadini che
nalmente assieme si ribellano e chiedono soluzioni, salute, giustizia, sono un segnale di
speranza al quale si ha il dovere di guardare con attenzione, rifuggendo dallo speculare
inganno della strumentalizzazione e del silenzio. La politica e le istituzioni hanno il dovere di
dare risposte, di farlo celermente, e con coraggio e onest intellettuale. Da Raffaele Cantone
a Franco Roberti, la magistratura ha assicurato - e non avremmo motivo per non crederle -
che gi dal 1997, e cio immediatamente dopo le dichiarazioni del pentito Carmine
Schiavone, ha indagato su ci che stava accadendo. Ricordando, e ricordandoci, che
purtroppo molti atti rilevati all!epoca non erano perseguibili penalmente perch divenuti
sanzionabili dalla legge solo anni dopo. Rimane lo sconcerto per quelle dichiarazioni tenute
segrete troppo a lungo (anche se il contenuto di quelle rivelazioni era gi pubblico dal
processo Spartacus, e quindi almeno dal 1998); e rimane altrettanto sconcerto per l!assenza
sul banco degli imputati dei due principali colpevoli di questa tragedia: la camorra e noi
stessi. Di chi ha avvelenato le nostre terre e di chi glielo ha permesso, di chi cio a parte
rare eccezioni - non ha visto, sentito, parlato: noi che abbiamo svenduto le terre e non ci
siamo chiesti perch non producevano pi frutti; noi che in quei cantieri, quelle cave, su quei
camion abbiamo lavorato; noi che abbiamo pensato che il tema fosse solo la crisi della
monnezza, non chiedendoci perch quelle crisi scoppiavano sempre ad orologeria e per
coprire quali interessi; noi che quei politici corrotti, o anche solo incapaci, o anche solo
ipocriti nel negare un nesso tra incidenza tumorale e deturpazione ambientale, li abbiamo
comunque votati. Oggi reclamiamo tutti, con forza e orgoglio, ribellandoci nalmente, il diritto
alla salute, ed anche per questo la manifestazione del 16 Novembre a Napoli, il cosiddetto
#umeinpiena, stato un momento importante di presa di coscienza collettiva. Ma quel
diritto, oltre i cortei e oltre un necessario sentimento di indignazione popolare, necessiter di
atti e di scelte che vadano oltre anche la legittima emozione e rabbia del momento. Occorre
l!introduzione di norme maggiormente stringenti e punitive rispetto al reato di danno
ambientale, e in questo senso i provvedimenti intrapresi dal Ministro Andrea Orlando ci pare
vadano nella giusta direzione. Occorre una mappatura celere dei siti e dei terreni che
certichi parametri e condizioni del suolo, che distingua i siti inquinati da quelli sani per
garantire la salute dei cittadini, dei consumatori e salvaguardare le centinaia di imprese di
eccellenza che operano sul nostro territorio. Occorre che la Regione Campania emetta con
urgenza un!ordinanza che, in un determinato tempo, obblighi tutti i comuni della Terra dei
fuochi alla rimozione e allo smaltimento di tutti i riuti presenti sui terreni non custoditi e sulle
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 46
strade. Occorre prevedere sanzioni, compreso il commissariamento, per le amministrazioni
inadempienti, ma anche incentivi quali nanziamenti ai Comuni per la rimozione e lo
smaltimento dei riuti e deroghe ai criteri di calcolo delle premialit sulle percentuali di
raccolta differenziata per i Comuni costretti alla raccolta e allo smaltimento dell!indifferenziato
illegale. E occorre un!immediata grande opera: la bonica dei terreni contaminati e la messa
in sicurezza di quelli non bonicabili, anche usando i fondi europei. Facendo attenzione ad
un particolare, un particolare grande e annoso come il problema di cui discutiamo: nelle
emergenze che la camorra lucra. Chi e come gestir le boniche (e in questo senso
l!attenzione della commissione antimaa e di personalit quali la senatrice Rosaria
Capacchione ci confortano) sar il vero nodo dei prossimi mesi e dei prossimi anni. Questa
nuova emergenza dovrebbe trovare politica, istituzioni e cittadinanza consapevoli di non
doverla vivere come tale, ma come l!occasione per affrontare il punto vero della
necessaria costruzione di un!alternativa di sistema. Anche perch, seppur non verr costruito
il nuovo inutile inceneritore a Giugliano, le centinaia e migliaia di ecoballe rimarranno pur
sempre l. Anche perch, se non si denisce un nuovo piano regionale per i riuti, che
chiuda denitivamente il cerchio, e lo si connette da una parte con una nuova idea di
sviluppo che faccia delle citt il luogo sico-politico nel quale incentrare strumenti di
economia sostenibile (smart cities, eco quartieri, risparmio energetico, piani riuti zero), e
dall!altra con un controllo serio, costante e mirato del territorio, degli appalti, dei lavori
pubblici e della rete produttiva, signica che ci stiamo solo preparando, nita questa, ad una
nuova grande emergenza. D!altronde dovrebbe essere questo il tempo delle idee, e se
volete anche delle ideologie. E! un!ideologia che ha inquinato le nostre terre: quella della
logica del protto per il protto, della rendita e della speculazione; quella che per perpetuare
se stessa ha bisogno di corruzione, malaffare, elefantismo burocratico, assenza dei processi
partecipativi e debolezza della politica e delle istituzioni; quella che tiene legati con un lo
nero camorra, i padroni del cemento, l!assenza di politiche redistributive e di sviluppo, un
pezzo malato delle istituzioni e del ceto imprenditoriale, l!indifferenza dei cittadini.
Un!ideologia che asservita ad un unico scopo: l!arricchimento di pochi in cambio della vita -
la salute, il lavoro, la vivibilit - di molti. A questo dogma ne andrebbe contrapposto uno
alternativo, che unisca il mondo del lavoro e della produzione. Da questa unione, dalla
costruzione di un progetto che guardi a questo mondo e che passi per gli interessi legittimi di
questo mondo (vivibilit, occupazione, conoscenza, sburocratizzazione, lotta all!illegalit,
politiche pubbliche di sostegno alla produzione, sviluppo sostenibile) passa la sda per la
costruzione di una nuova Campania. Dove i fuochi siano solo quelli della speranza, e non pi
della morte.
5.2 Rifiuti: da problema a risorsa
La gestione dei riuti diventata una questione cruciale nella nostra Regione, per le ben
note vicende che ci hanno tristemente contraddistinto in questi decenni; quelle montagne di
riuti rappresentavano proprio una sorta di summa delle perversioni dell!attuale sistema
socio-produttivo: una era dell!inefcienza, del superuo, dello spreco di materiali, con una
pesante eredit di devastazione del territorio e della salute pubblica lasciata alle future
generazioni. Eppure proprio da noi, a maggior ragione, deve trionfare un modello innovativo
di gestione virtuosa dei riuti, che certo non pu limitarsi semplicemente alle discariche e agli
inceneritori. Al di l delle questioni ideologiche, delle proteste popolari e delle questioni
riguardanti la salute pubblica, un sistema cos strutturato rappresenta innanzitutto un enorme
spreco di risorse che, specialmente in questo momento di crisi, non possiamo pi
permetterci. Dobbiamo dunque essere capaci di trasformare questo problema in una risorsa,
attraverso innanzitutto una raccolta differenziata spinta, con isole ecologiche e vari sistemi
di raccolta (incluso il porta a porta) adeguati al contesto socio-territoriale di riferimento, con
incentivi (economici e non solo) volti a premiare i comportamenti virtuosi. Ma tutto ci a poco
serve se non nalizzato al recupero dei materiali cos differenziati, attraverso impianti di
compostaggio o digestione anaerobica per quanto riguarda la frazione umida e impianti di
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 47
trattamento meccanico per il recupero della frazione secca dei riuti (anche tramite
conversione degli attuali impianti CDR); purtroppo la carenza di tali impianti in Campania
rende estremamente pi costoso per i nostri Comuni l!avvio di serie politiche di raccolta
differenziata e dunque risulta ancora pi incomprensibile che ancora oggi l!attenzione sia
tutta rivolta all!impiantistica tradizionale, ovvero discariche e inceneritori. Il terzo cardine poi
quello delle politiche di riduzione della produzione stessa dei riuti, per ridurre a monte il
problema; tali politiche devono certamente essere rivolte al mondo produttivo e alla sua
responsabilit sociale, premendo per rendere i prodotti sempre pi riciclabili e sempre pi
essenziali (ad esempio riducendo gli imballaggi), ma non possono prescindere da un!opera
di informazione e responsabilizzazione del cittadino verso il consumo consapevole. Il perno
di tutto il sistema virtuoso, d!altronde, dovr essere il cittadino stesso, che deve essere
adeguatamente informato sia sulle modalit che soprattutto sulle nalit del sistema, oltre
che incentivato nell!aderirvi e magari nel contribuirvi direttamente tramite modalit di
smaltimento autonomo dei riuti (ad esempio il compostaggio domestico). Una societ a
riuti zero forse un!utopia ma di sicuro possiamo gi arrivare ad un passo da questo
obiettivo, come gi diverse realt locali, anche della Campania, stanno dimostrando a
scapito di tutti i pregiudizi e gli scetticismi.
5.3 Energia: questione ecologica e democratica
La questione energetica sempre stata di fondamentale importanza in qualsiasi societ, a
maggior ragione in una societ affamata di energia come quella attuale; le politiche
energetiche assumono poi un!importanza ancor maggiore in un Paese come il nostro,
carente delle risorse energetiche tradizionali, e dunque assume sempre di pi i caratteri di
una grande questione democratica, visto il nostro stato di dipendenza energetica dall!estero.
Investire sull!efcienza energetica, attraverso una riqualicazione delle reti di distribuzione e
politiche di risparmio energetico, e sulla sempre maggiore diffusione delle nuove produzioni
energetiche (ovvero quelle in grado di sfruttare le uniche risorse energetiche del nostro
territorio, le rinnovabili), rappresenta dunque l!unica strada percorribile nel nostro territorio, al
di l dell!elevato valore eco-morale della stessa. Naturalmente le istituzioni hanno un ruolo
fondamentale nel favorire questo processo, innanzitutto tramite meccanismi di
incentivazione, magari calibrandoli nel favorire maggiormente le piccole produzioni,
l!autonomia domestica, anzich le grosse produzioni, sia nell!ottica di una maggiore
democraticit di un sistema ancora troppo oligopolistico come quello energetico, sia per
evitare quelle distorsioni speculative che hanno talora infangato il mondo delle produzioni da
energia rinnovabile. Di fondamentale importanza poi il buon esempio da parte delle
istituzioni (ad esempio tramite l!impiego di tecnologia LED per l!illuminazione pubblica, il
miglior isolamento termico degli edici pubblici, i quali vanno anche resi indipendenti
energeticamente tramite gli impianti che sfruttano le rinnovabili), con un notevole benecio
per le casse statali. Inne, sono opportuni maggiori investimenti in ricerca, al ne dal rendere
sempre pi efciente e quindi conveniente questo tipo di produzioni. Investimenti tra l!altro
ampiamente ripagati dall!incremento occupazionale che tale settore sta determinando,
essendo uno dei pochi, nel nostro territorio, che stato capace di reggere all!impatto della
globalizzazione dei mercati e di essere in continua espansione nonostante la crisi economica
dilagante.
5.4 Le citt intelligenti, per un nuovo Rinascimento
I principi dello sviluppo ecosostenibile possono e devono vedere la propria migliore
attuazione nell!adeguamento delle realt urbane a migliori standard di efcienza e
sostenibilit dei servizi e delle utenze e quindi di un generale miglioramento della
qualit di vita, vero indicatore del benessere, troppo spesso trascurato dalle logiche
politiche tese ad ottenere un semplice punto di PIL in pi. L!Unione Europea persegue
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 48
da tempo questa strada, sostenendo col programma Smart Cities quegli esperimenti
d!avanguardia degli Enti Locali volte ad aumentare la quota della produzione
energetica da fonti rinnovabili, migliorare l!isolamento termico degli edici, aumentare
l!efcienza energetica, potenziare ed ottimizzare le reti di trasporto urbano e sostenere
la mobilit ciclabile e pedonale, migliorare la pianicazione urbanistica, implementare il
recupero dei riuti, sfruttare le tecnologie dell!informazione e della comunicazione per
ottimizzare i servizi ai cittadini. Insomma, un rinascimento urbano che liberi i cittadini
dai fastidi provocati dalle inefcienze, la comunit dai costi degli sprechi, la citt
dall!oppressione del trafco e dell!inquinamento, aprendo nuovi spazi per le
infrastrutture sociali e gli investimenti per esse, favorendo il risveglio dal letargo da
citt dormitorio in cui si sono tristemente e progressivamente inabissate tante citt e
quartieri della nostra Regione. Un rinascimento che non pu prescindere, come il resto,
dal coinvolgimento dei cittadini nella missione e nell!incentivazione dei comportamenti
e dell!iniziative virtuose o, il caso di dirlo, intelligenti.
5.5 Territorio: un patrimonio da valorizzare
La difesa del territorio deve anch!essa essere un pilastro dell!agire politico regionale, per
porre rimedio a decenni di speculazione edilizia incontrollata che hanno dilapidato la risorsa
suolo a danno degli utilizzi sociali della stessa; una devastazione che palesa tutta la sua
drammaticit in quelle enormi distese di cemento che sono diventati gli hinterland del
napoletano e del casertano, enormi aggregati urbani dove si sono persi non solo i conni ma
anche intere generazioni cresciute nell!isolazionismo sociale, in quartieri-ghetto dove non si
lasciato un ettaro ad aree verdi, piazze, centri d!aggregazione, attivit ricreative, servizi.
Occorre dunque fermare o quantomeno frenare questa tendenza, con un maggiore controllo
del territorio per contrastare l!abusivismo e una legislazione pi stringente per fermare le
speculazioni edilizie, puntando al recupero del patrimonio edilizio gi esistente, che
paradossalmente troppo spesso inutilizzato; occorre inne investire nei piani di ri-
urbanizzazione dei quartieri-ghetto. Difendere il suolo signica poi anche tutelare le ricche
tradizioni agricole ed enogastronomiche della nostra Regione, che possono e devono
rappresentare un volano economico e sociale; a tal proposito crediamo che sia utile
destinare una parte dei territori demaniali a tale nalit, attraverso l!istituzione di orti urbani
e anche distribuendole ad imprese giovanili. Strettamente connesso al tema della difesa del
suolo poi il contenimento del rischio idrogeologico, altra emergenza della nostra Regione;
in quest!ottica oltre al contenimento della speculazione edilizia e alla preservazione del
patrimonio boschivo, vanno messi in atto tutti i provvedimenti economici e legislativi
necessari alla corretta e costante manutenzione del territorio e messa in sicurezza del
patrimonio idrico (magari anche approttandone per rendere pi efcienti le reti idriche e
dunque risparmiando ulteriori risorse), riuscendo nalmente a prevenire le catastro e non a
pagarne, pesantemente, le conseguenze. Difesa del suolo, inne, vuol anche dire tutela del
patrimonio naturalistico che a sua volta rappresenta oltre che un!insostituibile fonte di
benessere sociale, una notevole e potenziale fonte di benessere turistico e dunque
economico; in tal senso ci preme sottolineare l!urgenza di provvedere, ad esempio, al
recupero dei litorali campani che sarebbero un!attrattiva impareggiabile ma che sono invece
lasciati in preda all!abbandono, all!incuria, alla devastazione edilizia e a sistemi di
depurazione fatiscenti e incompleti, impedendo agli stessi cittadini regionali di goderne
pienamente.
5.6 Sarno: la coscienza ri-pulita di nuova stagione
Una nuova stagione ha bisogno anche dei suoi simboli, e il Sarno, salito alla ribalta delle
cronache nazionali per gli effetti devastanti dell!intreccio tra scellerate politiche di gestione
del territorio e di una perversa dinamica industriale, pu certamente essere uno di questi.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 49
Dopo un quarantennio di grave degrado, in cui il Sarno diventato protagonista in negativo
come ume pi inquinato d!Europa, una complessa ma importante opera di bonica ha fatto
s che nella primavera del 2012 le sue acque siano tornate limpide, o quantomeno quasi
limpide. L!entusiasmo e la limpidezza delle acque sono durati poco, spenti ancora una volta
dal ritorno degli scarichi illeciti che hanno riportato la situazione agli anni bui. Nello specico,
si concentrata una quantit inusitata di scarichi abusivi nelle ore notturne, provenienti
soprattutto dal settore agricolo, da alcune attivit di concia dei pellami, da alcune aziende
impegnate nella lavorazione stagionale di pomodori, da allevamenti zootecnici, da scarichi
fognari provenienti da civili abitazioni, da sversamenti occasionali di autospurgo e di altra
natura non ben denita. Intendiamoci: questi comparti e settori della produzione, che spesso
rappresentano realt di eccellenza della nostra Regione, non vanno criminalizzati nella furia
della generalizzazione. Spetta alla politica la tutela del territorio e il supporto all!attivit
produttiva sana, due momenti inscindibili della stessa politica di sviluppo sostenibile.
Innanzitutto bisogna completare al pi presto le opere del sistema di depurazione e risolvere
le criticit residue dello stesso, tra cui il tratto nale di Gragnano, i cui oneri spettano alla
Regione Campania. Opere che devono includere anche la rivegetazione degli argini naturali
con una serie di fasce boscate e aree umide che, aumentando la biodiversit e la
todepurazione, riescano a mitigare efcacemente il carico inquinante del settore agricolo.
Occorre inoltre potenziare il sistema di sorveglianza del territorio, attraverso un sistema pi
coordinato ed efciente di utilizzo delle risorse in campo, che all!utilizzo di nuove tecnologie
(come ad esempio i microdroni) e al coinvolgimento dei cittadini attraverso l!istituzione di un
numero verde per segnalazioni anche anonime, afanchi un coordinamento delle forze
dell!ordine in campo al ne di mettere a regime gli sforzi seppur straordinari che per vedono
tutti i loro limiti se restano connati nella propria singolarit.
Sia chiaro, per, che il completamento della bonica, seppur con l!aumento della
sorveglianza, non baster da solo a rendere il ume pulito. Per rendere denitivi questi
risultati occorre richiamare alla propria responsabilit sociale le industrie e soprattutto i
cittadini, coinvolgendo le popolazioni nella missione del disinquinamento. In tal senso
bisogna concretizzare quel principio cos alto della sussidiariet orizzontale, richiamato
dall!art. 118 della nostra Costituzione, e stimolare il protagonismo sociale dei singoli e delle
associazioni, senza il quale ogni attivit di intervento sul nostro territorio rischia di apparire
miope, calata dall!alto e senza futuro.
6. I diritti negati: casa, salute, welfare, trasporti
Cinque anni di crisi ed oltre quindici di tagli alla spesa hanno ridotto all!osso le prestazioni
sociali.
In Campania la situazione aggravata dallo sfascio nanziario della Regione e dei Comuni.
Anche in presenza di nanziamenti disponibili, i tempi di pagamento della pubblica
amministrazione arrivano normalmente a 2/3 anni.
6.1 Sanit e politiche sociali: il diritto alla salute
Dai dati forniti dal settore della Cooperazione Sociale della LegaCoop, in Campania, dal
2009 al 2013, c! stata una progressiva erosione delle risorse destinate alle politiche sociali;
nel mentre, nonostante i tagli e le chiusure di vari presidi ospedalieri, aumentata la spesa
sanitaria.
A ci si aggiunge il fatto che, nelle linee guida per la programmazione sociale e territoriale
per il prossimo triennio, la Regione Campania ha reso obbligatoria la compartecipazione dei
Comuni alla spesa socio-sanitaria sostenuta dalle ASL.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 50
Da un lato si tagliano i trasferimenti ai Comuni, dall!altro si obbligano gli stessi a
compartecipare a spese che erano sostenute solo dalle ASL.
Nel frattempo nella nostra Regione la gestione della sanit ancora afdata ad un
Commissario straordinario, incarico ricoperto dal Presidente della Giunta regionale, Stefano
Caldoro.
Un elemento, questo, che dovrebbe far riettere nel momento in cui si affronta la sda di
ricostruire questo settore. Se in tutti questi anni ha preso il sopravvento la logica aziendale
nel governare la sanit, oggi questa impostazione deve essere rivista alla luce di un diritto
fondamentale previsto dall'art. 32 della nostra Carta Costituzionale: "La Repubblica tutela la
salute come fondamentale diritto dell!individuo e interesse della collettivit, e garantisce cure
gratuite agli indigenti".
Siamo tutti consapevoli che la questione della Sanit in Campania sia una delle pi delicate
e incidenti sulla qualit della vita: negli anni abbiamo assistito a continui "tagli lineari" che
spesso hanno penalizzato se non cancellato interi settori della sanit pubblica, operando un
vero e proprio sbilanciamento a favore dell'offerta privata che ha nito non per tamponare
inefcienze, ma lievitarne i costi.
Efcienza e appropriatezza molto spesso sono state usate per fare cassa e per arginare il
debito regionale, restando in quei parametri nazionali che tutti dicono di voler ridiscutere, ma
che nessuno ha realmente messo in pratica per favorire il cambiamento.
Non una novit affermare che la sanit rappresenti un tassello fondamentale in termini di
governo e di economia regionale. Proprio nel riordinare questa materia dobbiamo tener
conto della profonda crisi economica e sociale che si sta registrando nel nostro Paese, in cui
8,3 milioni di cittadini vivono in povert e altri 15 milioni sono a rischio di povert o di
esclusione sociale. Nel corso del 2013 in Italia 5,5 milioni di famiglie hanno rinunciato o
rimandato le cure dentarie, 4,7 milioni di famiglie hanno rimandato o rinunciato a visite
specialistiche e 2,9 milioni di famiglie hanno rimandato o rinunciato a esami di laboratorio.
In Campania tali difcolt sono accentuate dal fatto che la ripartizione nazionale delle risorse
viene effettuata tenendo presente soprattutto la media dell'et della popolazione: si tratta di
una serie di parametri nalizzati all!assegnazione di risorse diverse per ogni cittadino italiano.
Basta dare un'occhiata alla spesa per abitante nel resto d'Italia e poi in Campania (1.710
euro per abitante) per comprendere come ci sia la necessit di uno sforzo regionale e
nazionale per riallineare criteri e risorse che conducono anche al rispetto del diritto alla
salute (Piemonte 1.895; Valle d!Aosta 2.222; Lombardia 1.867; Bolzano 2.256; Trento 2.209;
Veneto 1.812; Friuli-Venezia Giulia 2.074; Liguria 2.044; Emilia-Romagna 1.922; Toscana
1.896; Umbria 1.835; Marche 1.787; Lazio 1.969; Abruzzo 1.757; Molise 2.057; Campania
1.710; Puglia 1.731).
Questo pone di fronte a noi un primo compito, che quello di attuare tra Conferenza delle
Regioni, Regione Campania e Stato, politiche sanitarie condivise che mirino soprattutto a
combattere le diseguaglianze nell'accesso e nella fruizione dei servizi.
Inoltre, restando in Campania si assiste ad una lampante disparit di distribuzione di risorse
che emerge in alcune zone interne della Campania dove, rispetto alla spesa di 1.710 euro
per abitante, si passa ai 1.100/1300 euro per abitante. Siamo quindi chiamati a costruire una
concreta e nuova partecipazione dei diversi livelli istituzionali che possano portare a
innovativi interventi di protezione e promozione della salute.
Uno degli anelli deboli della sanit campana riguarda inoltre la discrepanza tra la
programmazione e la sua effettiva attuazione. Molto spesso, importanti riassetti organizzativi,
specie ospedalieri, non passano dalla teoria alla concretezza perch si ha difcolt a reperire
risorse.
Cos, accade sempre pi spesso che in alcune zone della Campania si sottraggono soltanto
servizi senza dare a quelle popolazione servizi sostitutivi.
Questo errore si commesso spesso nel passare dalla minore ospedalizzazione ad una
maggiore sanit territoriale.
Oggi, molti ospedali sono chiusi e la sanit territoriale stenta a decollare.
Lo stesso piano di razionalizzazione delle strutture ospedaliere sembra irrazionale e dettato
dalla maggiore o minore inuenza politica dei vari Consiglieri Regionali. Non si tratta di avere
un ospedale in ogni paese, ma di organizzare sul territorio strutture dotate di pronto soccorso
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 51
con poche specializzazioni ben funzionanti e collegate in rete in modo efciente. Non c!
bisogno di un reparto di ortopedia ogni 10 kilometri, ma di tutti i reparti nel raggio di 50.
La stessa mission e il relativo rilancio delle cosiddette eccellenze della Campania vanno
rideniti: poli di specializzazione e sanit del territorio potrebbero essere il primo passo da
consolidare.
Per giungere a tutto ci e riprogrammare i servizi socio-sanitari importante una attenta
considerazione della struttura demograca della popolazione.
Pur essendo la nostra regione la pi giovane d'Italia preoccupante il tasso della
popolazione anziana che si registra in alcune zone della Campania. A ci si aggiunge
l'aumento di particolari patologie che, pur essendo in presenza di strutture in grado di
rispondere alle necessit, vedono l!iter penalizzato da lunghe liste di attesa che portano
inevitabilmente ad una conseguente fuga dalla Campania con notevoli aggravi dei costi
sanitari. Proprio questi ultimi possono essere abbattuti con l'ottimizzazione nell'uso e con
l'ammodernamento delle apparecchiature utili alla cura delle patologie, spesso quelle pi
complesse e debilitanti. Rispetto a ci, e per una giusta ed equa revisione della spesa
sanitaria l'ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) e l'ADO (Assistenza Domiciliare
Oncologica), come tutta la gamma delle cure domiciliari, possono di certo migliorare la
qualit della vita delle persone affette da patologie e il contenimento della spesa. Basta dare
un'occhiata a questi numeri per rendersi conto del successo dell'ADI testimoniato dal numero
crescente di pazienti: 2001: 6541/ 2002:6325/ 2003:7616/ 2004:10548/ 2005:12109/
2006:10283/ 2007:14674/ 2008:15931/ 2009:17200/ 2010:19657/ 2011:22801/ 2012:26709.
Nonostante ci continuano imperterriti i tagli alle politiche sociali, col rischio palese che
l!azione emancipativa delle stesse, intese come sostegno a diritti di cittadinanza, venga
denitivamente declassata ad azione assistenziale e caritatevole.
Eppure alcuni servizi sociali, proprio a partire da quanto riguarda l!assistenza domiciliare
integrata, evitano anche spese di ricovero improprio e creano quindi risparmi al servizio
sanitario.
Tutto questo aggravato, per quanto attiene la cooperazione sociale, dall!adozione di una
serie di regolamenti che rendono possibile considerare automaticamente accreditate per i
servizi sociali strutture private gi accreditate con le ASL per prestazioni socio-sanitarie, quali
le residenze per anziani e disabili: in buona sostanza, queste strutture potranno fare anche
assistenza al disagio mentale o alla tossicodipendenza senza assumere gure professionali
che, invece, le cooperative sociali o le Onlus devono avere obbligatoriamente.
La mappa dei servizi che andrebbe erogata, inne, dovrebbe essere arricchita anche dalla
fondamentale creazione di una nuova rete ospedaliera, che oltre a dare risposte tempestive
ai bisogni dei cittadini, migliori la connessione emergenza-urgenza. Occorre ridurre i tempi di
ricovero anche con la creazione di reparti in day-hospital.
Bisogna dare piena attuazione alla riforma Balduzzi sulla professione medica.
E incentivare gli studi di medici di base, convenzionati ed associati (magari in cooperativa),
in grado di fornire primo soccorso e prestazioni ambulatoriali semplici 24 ore su 24.
Favorire la prevenzione e scoraggiare il ricovero, incentivare l!assistenza sociale e la
medicina sul territorio per deospedalizzare la sanit integrandola il pi possibile con le
politiche sociali.
Considerando che, tra l!altro, negli ultimi anni, le politiche sociali in Campania hanno subito
tagli per quasi 100 milioni di Euro, proponiamo la riconversione di una somma pari al 1%
della spesa sanitaria al sociale.
In ultimo, ma non per ultimo, ulteriore tassello da aggiungere al nostro mosaico
l'attenzione da dedicare alla ricerca che si unisce all'obiettivo di una buona formazione che
non pu che essere un cardine del cambiamento.
Un tangibile cambiamento che si concretizza anche nel rivedere la struttura organizzativa, in
particolare delle Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere e delle loro
competenze territoriali, e nell'individuare metodologie nuove per allineare la spesa del
materiale sanitario a medie europee e recuperando le differenze tra nord e sud del nostro
Paese.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 52
6.2 Il diritto alla casa e la difesa del territorio
Il crollo del mercato immobiliare, conseguenza e causa della crisi, ci mette dinanzi ad un
dato di fatto: il problema della casa non causato dalla carenza di alloggi, ma dalla carenza
di credito e dalla povert crescente.
Per troppo tempo abbiamo considerato inevitabile l!aumento dei valori immobiliari: molti
istituti bancari, no ai primi mesi del 2008, ne avevano fatto il perno principale delle loro
politiche aziendali. Era una bolla speculativa e, cinque anni dopo, ci sembra incredibile che
nessuno se ne sia accorto in tempo. Se guardiamo ai numeri, scopriamo che, rispetto al
2007, il numero delle compravendite immobiliari ha subito una riduzione vicina al 40%.
Centinaia di migliaia di immobili di nuova costruzione o ristrutturati, risultano invenduti. Per le
imprese del settore delle costruzioni una tragedia economica. Oltre al crollo del mercato
immobiliare, assistiamo ad una riduzione degli appalti per opere pubbliche di quasi il 50%,
accompagnata dai consueti tempi biblici nei pagamenti.
Alcune banche, dopo aver nanziato per anni qualsiasi tipo di costruzione, non fanno pi
mutui. L!accesso alla propriet della prima casa diventato quasi impossibile anche per quei
nuclei familiari dove c! un doppio reddito.
Aumentano a dismisura gli sfratti per morosit.
Le risposte della politica a questa emergenza sociale sono state deboli e sbagliate.
Le varie versioni del cosiddetto piano casa, sostenuto dai costruttori, ma anche dalla
cooperazione del centro-nord, in mancanza di adeguati nanziamenti, hanno previsto la
possibilit di trasformare la destinazione delle aree industriali dismesse per la realizzazione
di alloggi, in cambio di una percentuale compresa tra il 20 ed il 30% delle nuove volumetrie
destinata ad housing sociale.
Non si parla qui di dismissioni collegate a delocalizzazioni, collegamento fondamentale per
difendere la produzione ed evitare la speculazione, ma della possibilit di costruire nuovi
alloggi nei luoghi laddove prima viveva il lavoro, nuovi alloggi nella maggior parte dei casi
fuori mercato per quella fascia della popolazione che ne necessiterebbe.
A partire dall!ultima fase dell!amministrazione di centrosinistra, la Regione ha messo in piedi
una strumentazione normativa che, sostanzialmente, ricalca l!ispirazione del primo e
secondo Piano casa del Governo Berlusconi. Attraverso la valutazione di manifestazioni
d!interesse, si deciso di premiare una serie di operazioni di cambio di destinazione di aree
e manufatti verso le quali, oltre alla moneta urbanistica, sono state impegnate somme per
oltre 140 milioni di Euro. Tutto questo, rafforzato dall!approvazione della Legge 19/2009 e
successive modiche, ha portato la Regione ad abbandonare qualsiasi forma di
nanziamento di edilizia sociale, regolarmente localizzata in aree PEEP che pure sono
previste dagli strumenti urbanistici di grandi Comuni della nostra Regione a partire da
Salerno e Benevento. Inne, con una norma inserita a sorpresa nell!ultima nanziaria
regionale, stato sancito il divieto di utilizzare i fondi destinati all!edilizia sociale per nuove
costruzioni: una norma che d l!impressione di voler evitare consumo dei suoli, ma che serve
a nanziare con fondi pubblici la trasformazione di aree dismesse, tutte in mani private.
Una trasformazione senza vincoli legati al mantenimento o la ripresa della produzione, senza
la certezza della destinazione d!uso dei manufatti riqualicati e senza la garanzia (in caso di
nuovi alloggi) della possibilit reale di acquisto (o aftto) delle nuove residenze da parte delle
fasce deboli della popolazione.
Si scelto di premiare il regime di deroga alle norme urbanistiche, in cambio di una
percentuale di edilizia sociale, perch questo avrebbe portato alla ripresa del settore. Inoltre,
su proposta dei costruttori, si provveduto ad innalzare il prezzo minimo di cessione in
propriet degli alloggi realizzati con contributi regionali, in modo da poter denire edilizia
sociale anche quella venduta a prezzi di mercato.
A distanza di tre anni abbiamo visto che, anche a causa della crisi economica, pochissimi
programmi sono partiti, fasce sempre pi grandi della popolazione sono esclusi dal diritto alla
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 53
casa e, grazie alla nuove norme, soprattutto nella provincia di Napoli, assistiamo a tentativi di
vero e proprio assalto al territorio.
La valorizzazione immobiliare di aree e fabbricati non solo non ha portato sviluppo, ma non
ha nemmeno portato alla realizzazione di nuovi alloggi destinati a dare risposta alle fasce
deboli della popolazione.
Uno strumento anticiclico come quello proposto dalla Legge Regionale 19/09, per certi versi
anche utile, da utilizzare in una situazione d!emergenza, di proroga in proroga (siamo alla
terza approvata in questi giorni), rischia di trasformarsi in legislazione urbanistica stabile.
Di fronte a queste scelte andrebbero avanzate (cos come fatto dal mondo cooperativo e da
altre reti del terzo settore) proposte che segnalino un!inversione di tendenza:
Occorre dare risposte dove pi forte il disagio abitativo e, per contenere i costi, non
puntare su aree private. Bisogna dare priorit nei nanziamenti a programmi di edilizia
sociale localizzati nei capoluoghi di provincia e nei grandi comuni a forte tensione
abitativa dotati di piani PEEP vigenti e/o di aree pubbliche;
Oltre al problema dei costi bisogna affrontare il problema dell!accesso al credito che
diventa un problema a volte insuperabile per molte famiglie, soprattutto giovani coppie,
che aspirano alla propriet della prima casa. Bisogna prevedere nanziamenti per
l!abbattimento degli interessi e garanzie pubbliche sui mutui agevolati sul modello della
Legge 457/78;
Riordinare il sistema IACP riducendone drasticamente i costi di gestione ed utilizzare
tutti i proventi delle dismissioni di alloggi pubblici per il nanziamento di nuova edilizia
sovvenzionata o in locazione calmierata.
Non abbiamo bisogno di nuovi alloggi, ma di case a basso costo in aftto o in propriet,
destinate a chi la casa non ce l!ha e non se la pu permettere, progettate nel rispetto delle
normali procedure urbanistiche e non in regime di deroga.
Anche per quanto riguarda l!edilizia privata, favorire legislativamente le sopraelevazioni, con
relativi oneri di urbanizzazione, anzich il consumo di nuovo suolo, dovrebbe essere la
strada da intraprendere.
Purtroppo, al momento, la politica urbanistica regionale pare pi orientata alle esigenze del
mondo della speculazione e dei costruttori che alle reali esigenze della popolazione. Con la
benedizione trasversale di destra e di sinistra.
6.3 Il trasporto pubblico: il diritto alla mobilit
Il Diritto di muoversi liberamente all!interno del proprio territorio, che sia Regione, Provincia o
Stato, un diritto sacrosanto, riconosciuto universalmente come diritto fondamentale e come
segno tangibile di emancipazione dell!uomo dalle catene dell!incivilt e dell!arretratezza.
Nell!ultimo trentennio, tuttavia, forze politiche e sociali, pi o meno organizzate, hanno
lentamente messo in discussione tale principio, smantellando in pochi anni, attraverso una
scientica azione di governo, le conquiste di civilt e di progresso costruite nei decenni di
lotta.
L!esempio di tale smantellamento, costante e scientico, la nostra Campania: se si vanno
ad analizzare le politiche per il trasporto pubblico locale adottate dalla Giunta Regionale
Caldoro attraverso l!Assessore Vetrella, se ne pu avere un rapido ed efcace esempio.
All!indomani della vittoria del centro-destra e, dunque, della reazione, si condotta una
subdola azione mediatica di demonizzazione delle precedenti politiche sul Trasporto pubblico
locale, adottate dall!assessore Cascetta e dalla giunta di centrosinistra, cavalcando le parole
chiave dell!establishment: debito, cattiva gestione, spreco.
Si fatto credere che la pi grande ed innovativa idea della Metropolitana Regionale sia
stato un fallimento.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 54
Risorse spese dalla Regione Campania per il TPL Risorse spese dalla Regione Campania per il TPL
2009
521 milioni
2010
519 milioni
2011
400 milioni
2012
377 milioni
Ma stato davvero cos?
La bufala dei debiti. Tirate fuori i soldi!
L!EAV nasce nel 2001 come una societ in houseproviding, cio costituita con capitale
interamente Pubblico, i cui bilanci venivano sottoposti ad un ferreo controllo da parte della
Regione Campania.
Il presunto buco ereditato dalla precedente gestione, altro non che un credito delle
aziende del gruppo EAV nei confronti della Regione Campania e della Stato; soldi che erano
stati stanziati dalla precedente gestione di centrosinistra, e che non sono mai stati
materialmente trasferiti dall!attuale governo di centrodestra.
Stiamo parlando, quindi, non di debiti che l!EAV ha, ma di crediti che vanta nei confronti della
Regione. Crediti per un ammontare di circa 430milioni di euro.
Il collasso dei servizi arriva nel momento in cui la Giunta Caldoro decide di non trasferire pi
tali somme all!EAV, perch mancando queste risorse, le Banche risultano meno propense ad
anticipare per l!EAV.
La parola TAGLI di destra. INVESTIMENTI di Sinistra.
Altro aspetto da chiarire quello dei tagli lineari e scellerati operati dal Governo Caldoro-
Vetrella. Lo Stato centrale, ogni anno, ha operato una riduzione costante dei trasferimenti
alle Regioni per sostenere il settore del trasporto pubblico.
L!annus orribilis il 2011, anno in cui lo Stato ha ridotto le risorse destinate alle Regioni di
circa il 6%. Nello stesso anno, la Regione Campania, riduce l!ammontare delle risorse
destinate al TPL del 23%, 120milioni di euro.
Quello fatto dalla Regione Campania il taglio pi forte tra le Regioni d!Italia, perch mentre
l!assessore Vetrella sottraeva 120milioni di euro per treni ed autobus, in Puglia non si
tagliato affatto, ed in Toscana o Emilia-Romagna si tagliato solo del 5%.

I disservizi legati ai mezzi di trasporto pubblico locale, dunque, non sono imputabili ad una
cattiva gestione, ma sono esclusivamente scelte politiche scellerate, che hanno messo in
ginocchio aziende di trasporto e utenti, e che hanno di fatto smantellato il settore pi
innovativo ed avanguardistico della Regione Campania, a tal punto da essere citato anche
nel Libro bianco sui Trasporti della Commissione Europea del 2001.

Tabella sulla riduzione di spesa annuale della Regione Campania
Come si pu vedere, si riducono di anno in anno le risorse previste nei bilanci regionali per il
trasporto pubblico, con la conseguenza che i disservizi del settore trasporti non sono legati ai
presunti debiti dell!EAV, ma semplicemente al fatto che si spendono meno soldi per il TPL.
E come se non bastasse, accanto a questa balla colossale dei debiti e della scarsezza di
risorse economiche, si va ad aggiungere anche il fatto che la Regione Campania l!unica
regione che non ha attribuito al comparto del TPL l!accisa sui carburanti che, ogni anno,
garantirebbe un fondo extra di circa 40milioni di euro.
A questo disastro, inne, si aggiungono altre perdite quotidiane a danno dei cittadini
campani, di cui non si parla quasi mai: i circa 800milioni di euro di danni derivanti dal
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 55
contenzioso di lavoro apertosi con le aziende che operano sui cantieri per le infrastrutture,
stoppati dal blocco agli investimenti decisi dall!attuale governo regionale.

Salviamo il Consorzio Unico Campania.


L!ultimo dramma del trasporto pubblico locale che si sta consumando sulla pelle dei pi
deboli, in ordine temporale, la decisione dell!Assessore Vetrella di chiudere denitivamente
il Consorzio Unico Campania, togliendo tutte le risorse regionali ad esso destinate.
Il Consorzio stata una grande intuizione, ed stato il modello che tutta l!Italia ha provato a
recepire e far proprio.
L!idea nacque dalla volont di consentire la mobilit all!interno dello spazio regionale
attraverso l!acquisto di un unico biglietto, con costi contenuti ed accessibile per tutti.
Questa possibilit, dal 2014, non sar pi possibile in quanto la Regione Campania ha
deciso di non nanziare pi il biglietto unico perch tale modello, a loro dire, non pi
sostenibile.
Propone per, il ritorno al biglietto aziendale, dove un cittadino - durante il suo percorso -
costretto ad acquistare un biglietto sempre diverso per ogni mezzo di trasporto utilizzato, con
un evidente aumento dei costi per i cittadini, soprattutto studenti e lavoratori.
Non si pu tollerare una scelta di questo tipo: va difesa la natura strategica e pubblica del
Trasporto e del Diritto alla Mobilit, che non possono rimanere vittime delle logiche di
mercato e soccombere di fronte alle scelte utilitaristiche dei privati.
Pertanto, riteniamo di dover dare il nostro contributo di idee, perch abbiamo chiaro in mente
il ruolo che devono svolgere la Politica ed il Pubblico nella gestione di questo settore.
Pertanto, per ridare nuova linfa a tutto il comparto dei Trasporti, crediamo sia necessario fare
poche ma semplici cose. Tutto in 6 punti:
1. Imputare nel Bilancio Regionale, alla voce dedicata al trasporto pubblico locale, l!accisa
speciale sul carburante introdotta dal Governo Monti, al ne di creare un fondo di
investimento interamente dedicato al diritto alla mobilit;
2. Rivedere le modalit di attribuzione e ripartizione dei fondi per il TPL alle singole
province sulla base di criteri qualitativi e non quantitativi, che andrebbero a penalizzare le
aree pi interne o meno popolose;
3. Rivedere ed accorpare i vari Consigli di Amministrazione e reinvestire il risparmio netto
delle risorse sul funzionamento materiale dei servizi;
4. Rafforzare, ampliare e rinanziare il sistema del Consorzio Unico Campania,
estendendolo a tutte le aziende di TPL ed introducendolo quale condizione necessaria di
accesso al servizio di trasporto;
5. Rinanziare le agevolazioni per gli abbonamenti degli studenti;
6. Incentivare la riconversione eco-sostenibile dei mezzi di trasporto, estendendo i
nanziamenti gi previsti per i treni, anche agli autobus.
7. Urbanistica partecipazione. Partecipazione cambiamento
La nostra regione, come d!altronde il nostro Paese, stata attraversata dal dopoguerra ad
oggi da un ciclo lungo, caratterizzato da espansione disordinata, dal consumo di suolo
senza limiti, spesso a scapito delle esigenze dell!agricoltura, dall!assalto alla bellezza dei
passaggi, dal disinteresse della dispersione insediativa rispetto alle caratteristiche dei suoli,
dall!allungamento dei tempi di trasporto e di aggravio dei loro costi, dalla scarsa efcienza di
reti e servizi dell!urbanizzazione, dalla sottrazione al ciclo biologico di risorse fondamentali
per l!equilibrio tra uomo e natura, dalla debilitazione dei legami di coesione sociale, dalla
distruzione dei lasciti delle civilt della storia.
Dalla delicatezza dei quadri ambientali, si passati negli anni al conglomerato diffuso, un
continuum urbanizzato ingovernato, un processo denito nel mondo anglosassone col
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 56
termine sprawl: sdraiarsi sguaiatamente, ingurgitare il territorio, annullare la sua
individualit in un blob gigantesco, in una massa informe e indifferenziata.
Il punto che la speculazione selvaggia non si limita esclusivamente alla distruzione della
citt da un punto di vista sico, ma ne aggredisce la sua capacit di saldare esigenze
materiali, spirituali e morali, ne abbatte cultura, storia, civilt, antropologia.
Al fondo dell!onda travolgente di speculazione e abusivismo che ha trasformato la tradizione
urbana italiana, c! un elemento particolare: il trionfo dell!interesse privato, della rendita,
dell!appropriazione individuale di un valore che prodotto dalla collettivit. un tema,
questo, che si lega a tendenze globali e ha caratteristiche locali. globale perch sul
nesso tra rendita nanziaria e rendita immobiliare, ed su l!economia di carta e di mattone
che il turbo-capitalismo ha trovato prima un grande volano di irrazionale sviluppo a partire
dagli anni !90 e poi il pi violento motivo di arresto. Ma il dominio della rendita elemento
profondamente italiano, perch sulla rendita fondiaria e immobiliare che ha basato parte
importante della propria ricchezza una classe dirigente nazionale che nello sfruttamento del
suolo a ni edilizi ha incontrato la propria vocazione, immaginando la pianicazione
urbanistica come una trattativa privata e non come una grande questione pubblica.
Come si inverte questa rotta?
Noi pensiamo che sia necessario riportare l!urbanistica al centro del dibattito politico e della
sfera pubblica, perch discutere e confrontarsi sulle trasformazioni urbane un atto d!amore
per la propria terra.
Non pi mera scienza tecnica al servizio di poteri economici ed amministrativi, ma strumento
partecipato a tutela dei fruitori nali, e cio dei cittadini.
Riportare il dibattito sul futuro delle nostre citt al centro dell!azione della sinistra e delle reti
di relazione e comunicazione che con essa dialogano, convinti che l!edilizia sia uno dei nostri
motori economici principali, non da demonizzare, ma da indirizzare: non pi uno strumento di
speculazione in mano di pochi, ma strumento di riqualicazione - partecipata - per intere
comunit.
La Campania soffre generalmente di un forte gap in materia di pianicazione territoriale e di
partecipazione dei cittadini e degli attori economici e sociali che agiscono sul territorio. In
molti casi in Italia - al nord, al centro e, in misura minore, al sud - le amministrazioni
comunali, provinciali e regionali hanno avuto il coraggio di imprimere una svolta riformista e
sostenibile nel processo decisionale in merito alla congurazione del territorio, coinvolgendo
il pi ampio numero possibile di interessi, anche contrapposti, nel tentativo di restituire alla
politica il suo ruolo fondamentale: la mediazione.
In altre parole, se altrove cresce l!adozione di decisioni in modo concertato e partecipato (un
esempio dato dalla pianicazione strategica che si afanca al Piano Urbanistico
Comunale), in Campania permane la forte tendenza a vedere la pianicazione come fatto
statico e conservatore, non come un processo adattabile alla crescente pluralizzazione della
domanda d!uso del territorio.
Predominano largamente le istanze degli attori forti, con la conseguente privatizzazione del
pubblico: per questo che l!economia si sostituisce alla politica e che l!interesse occulta il
signicato della rappresentanza. A ci si aggiunga il frequente ricorso ad interventi urbanistici
e di area vasta occasionali, spesso deroganti alle disposizioni del Piano, con lo scopo di
ripagare quei soggetti portatori di pacchetti di voti. E! cos che ancora oggi l!interazione tra
potentato e sudditanza si ricicla e si ricongura con maggiore forza e versatilit.
Tuttavia le opportunit di inversione di tendenza relativamente a queste dinamiche sono
offerte dall!analisi di talune variabili presenti invece nei casi virtuosi.
La prima di esse riguarda il passaggio dal government alla governance, cio l!ampliamento
della sfera decisionale e del raccordo di intenti sia tra comune, provincia (o area vasta) e
regione, sia tra amministrazione e comitati cittadini o di quartiere, sindacati, associazioni,
Onlus, enti di promozione culturale e territoriale, scuole, eccetera. Pi gli attori sono stimolati
a partecipare (tavole rotonde, incontri con tecnici, momenti di incontro tra istanze diverse o
collimanti) pi essi scoprono di avere uno o pi problemi in comune, quindi saranno pi uniti
e disposti al dialogo per risolverli.
Il secondo elemento da prendere in considerazione concerne la crisi della nanza pubblica e
del welfare, nonch la difcolt per le amministrazioni di reperire fondi e risorse per
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 57
l!implementazione delle politiche sul territorio. Si deve allora competere sul mercato
territoriale per attrarre imprese, conoscenze, servizi, ussi di capitali e di turisti. La Campania
in merito alle risorse, al posizionamento geograco e geo-strategico, alla bellezza
paesaggistica e alla manodopera disponibile avrebbe tutte le carte in regola per attuare delle
politiche di marketing territoriale efcaci.
I primi due elementi hanno un punto (presupposto e risultante) in comune: l!importanza del
capitale relazionale, della sinergia, tra attori.
Le citt e le regioni devono essere dei laboratori cognitivi e interattivi, dove si producano
automaticamente e in forme civili e democratiche sentimenti identitari, senso di
appartenenza e di continuit storico-generazionale dove la cultura venga vista nalmente
come risorsa generatrice di ricchezza, occupazione e sostenibilit sociale. Soprattutto in
merito alla tematica del marketing territoriale, il Salento rappresenta l!esempio pi
emblematico: insomma, un territorio attrattivo per gli investimenti quando presuppone in
primis coesione sociale ed attrattivit al suo interno. Il marketing territoriale, come detto,
trova applicazione se il prodotto-territorio attrattivo e offre spunti di protto: in questo
senso assumono rilievo il benessere sociale, il clima di legalit, la cultura aziendale, il livello
di inquinamento, la stabilit politico-istituzionale, i trasporti.
Il terzo elemento dato dal (ri)utilizzo degli spazi pubblici o privati, conscati o abbandonati.
L!Europa, pi che in Italia, ci ha mostrato che un altro modello di sviluppo possibile anche
partendo dalla riqualicazione e dal riutilizzo sociale di questi luoghi. Ci acquisisce
importanza soprattutto alla luce sia della crisi contemporanea dello spazio pubblico sia della
stragrande importanza degli spazi del consumo - diventati simultaneamente luoghi di
socializzazione - che tuttavia fagocitano e rendono funzionale a loro stessi il tessuto urbano.
Il quarto elemento, gi anticipato, la pianicazione strategica, che lo strumento con cui
una comunit si organizza al presente per raggiungere un futuro desiderato, ovvero il
percorso per guidare una comunit da dove essa si trova al presente a dove vorrebbe
trovarsi entro un certo numero di anni. Detta reticolare-visionaria o comunitaria nella sua
accezione contemporanea, essa partecipata, ispirata al principio della razionalit limitata
(dal criterio regolativo del Piano Urbanistico si passa al criterio performativo), si snoda
secondo obiettivi condivisi, ha carattere operativo e partenariale, persegue nalit integrate
(urbanistica, ambiente, economia e servizi) ed processuale e ciclica.
Il processo della Pianicazione strategica questo: Preparazione al Piano (si stabilisce la
leadership, quasi sempre assunta dall!amministrazione, informazione della cittadinanza ed
individuazione dei potenziali portatori di interesse) ! analisi del contesto (albero dei
problemi o analisi dei punti di forza e di debolezza, minacce e opportunit per il territorio) !
denizione degli obiettivi, delle strategie e delle azioni (accordi tra i soggetti coinvolti,
elaborazione dei progetti e dei programmi, visioning) ! attuazione del piano ! monitoraggio
! valutazione e (probabilmente) ! revisione.
Il paradigma partecipativo, all!interno del quale si gioca la vera sda contemporanea della
democrazia reale, in contesti come quello campano, pu risolversi in una partecipazione di
facciata, dove, dietro la retorica della partecipazione, si prediligono i soliti interessi forti.
Ed qui che politica e corpi intermedi devono far sentire la propria voce.
L!urbanistica (in accordo con i dettami dell!Agenda 21) non solo deve saper integrare
produzione e territorio, ma deve anche e soprattutto aiutare la comunit a darsi uno scopo
piuttosto che proporre mete pressate. Proprio la comunit la variabile che attraversa tutte
le fattispecie n qui incontrate. Come testimoniano i recenti conitti territoriali e ambientalisti -
cos come la presa di coscienza riguardo al fenomeno delle ecomae - si sta risvegliando la
centralit del concetto di comunit. Tale tendenza dovuta a vari fattori: la dimensione locale
contrapposta alla globalizzazione, la gi accennata crisi della nanza pubblica (il welfare,
una volta erogato dallo Stato, viene garantito da istituzioni pubblico-private) e la
partecipazione a carattere volontario di comitati di quartiere e di riqualicazione.
evidente cos il ruolo della partecipazione nel riportare la categoria della politica alle sue
forme pi alte; infatti la partecipazione lo strumento della comunit, con cui essa non
rimuove i suoi conitti interni ma tenta di risolverli attraverso la ricerca di scelte e soluzioni
condivise.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 58
Perch non chiedere, ad esempio, che la scelta delle urbanizzazioni secondarie ricadano
su esigenze reali, espresse in maniera partecipativa dai cittadini attraverso a assemblee
pubbliche e una sorta di referendum?
Perch non orientare legislativamente la nuova edilizia privata verso il riuso e recupero del
patrimonio edilizio esistente per ridurre il consumo del suolo?
Vecchie industrie, spazi abbandonati, strutture dismesse possono avere nuova vita e
possono legare il passato e futuro senza tristi cesure e senza apparire come cicatrici
dolorose delle nostre citt.
Le nuove realizzazioni devono puntare ad una sostenibilit sociale ed ambientale: bisogna
partire dall!assunto che il valore estetico produce valori etici, economici e culturali, e quindi
spingere per far realizzare spazi, sia pubblici che privati, non come meri contenitori ma
come luoghi dove le persone possano vivere bene.
La buona pratica garantisce che luoghi piacevoli aumentano il senso civico di chi li abita e
crea la percezione che bene prendersene cura .
Non pi, dunque, realizzazioni di aree, spesso periferiche, dove l!anonimato urbano
delittuoso quanto l! abbandono, ma spazi nuovi, dove viene tutelata la dignit di chi ci abita,
spazi belli e funzionali dove non ci si possa sentire cittadini di serie B.
La sostenibilit ambientale passa attraverso l!utilizzo di fonti energetiche rinnovabili e una
corretta gestione dei riuti.
Percorsi condivisi con i cittadini e le istituzioni portano ad un!urbanistica pi giusta dove non
ci sono scontti e si attenti ai bisogni di tutti e della natura.
La politica deve ripartire da qui: dal necessario riconquistare il tema dell!urbanistica da parte
della politica, convinti che progettare la citt sia progettare la societ. Per questo
necessario munirsi di adeguati strumenti culturali e amministrativi per riportare all!urbanistica
e alla politica la prerogativa di trasformare i luoghi della vita comune. Oggi, alle prese con
sde capitali e nuove, dall!immigrazione allo sviluppo territoriale alla riorganizzazione dei
servizi sociali, dobbiamo rinnovare il quadro di lettura delle politiche urbane: cos si pongono
questioni quali la limitazione del consumo di suolo e la riqualicazione urbana, la dotazione
di sistemi intelligenti e i Piani strategici condivisi, la riattivazione di laboratori di
partecipazione che valorizzino il portato di associazioni e singoli, la capacit di mettere in
rete i sistemi di mobilit, l!utilizzo delle tecnologie per contrastare la povert, combattere le
cause dell!esclusione sociale, lo sviluppo sostenibile e il risparmio energetico, l!accesso ai
servizi, la riabilitazione delle aree degradate e il rinnovamento degli spazi pubblici, il
rafforzamento delle politiche sociali, percorsi di innovazione sociale, il turismo, la
riappropriazione dei luoghi della marginalit: sono tutti elementi, questi, che non solo devono
trovare posto nell!Agenda Urbana Nazionale, ma stanno in una politica europea, nazionale e
meridionale per le citt. In una formula, rispondono al come si rendono pi smart e inclusive
le nostre citt. Sapendo che la cultura il bene fondamentale di una citt smart. Perch la
cultura non si consuma con l!uso, anzi, cresce pi si consuma: il suo valore aumenta
quanto pi condivisa. Per questo dobbiamo rendere le nostre citt e i loro spazi centri
produttori di cultura, di accumulazione di risorse e conoscenze, di costruzione dell!identit
civica. E pi assume rilievo l!applicazione della tecnologia, pi rischiano di aggravarsi le
disuguaglianze, nel momento in cui, a chi non ha i mezzi culturali per interpretare i linguaggi
della modernit, si precludono le opportunit di autonomia e realizzazione personale. Il
nostro strumento deve essere l!ingegno, non la rendita; il nostro destino quello di essere un
laboratorio, non un museo. Un laboratorio di innovazione e convivenza, in grado di ripensare
nel terzo millennio una grande tradizione e di ridarle forma, ruolo, funzione.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 59
8. Il terzo settore e il servizio civile
Una delle eredit pi nefaste del governo delle destre, a tutti i livelli, si registra nel processo
di liquefazione dei soggetti organizzati e di frammentazione della societ. Questa perde la
capacit di farsi comunit e lascia i singoli soli con le proprie risorse, economiche, culturali,
relazionali, siano esse disponibili o meno, provocando la marginalizzazione di bisogni,
difcolt e sofferenze. Attivare la formazione di reti di sicurezza sociale, ricostruire una
societ solidale e inclusiva, porvi al centro la persona, appare una sda inderogabile per le
forze politiche progressiste.
Contemporaneamente, desta particolare preoccupazione la condizione dei giovani, oltre che
delle donne, in particolare al Sud. Le percentuali di inattivit, disoccupazione, di precariet
dell!occupazione, l!assenza di mobilit sociale, il brain drain ( l!emigrazione, frenata dalla crisi
economica negli ultimi anni, nel decennio precedente era ritornata alle proporzioni del
dopoguerra) e il brain waste ( i Neet, gli scoraggiati), la dispersione scolastica e la rinuncia
di sempre pi giovani ad iscriversi all!universit danno la misura di quanto sia alta nel
Mezzogiorno del Paese la tendenza a sprecare il tessuto pi dinamico e competitivo a
propria disposizione.
Tra uno Stato in difcolt nel fare fronte ad uno spettro di bisogni in perenne ampliamento e
un mercato che non pu, si apre lo spazio per sostenere un welfare civile, valorizzando un
grande patrimonio di gratuit e reciprocit presente nel nostro Paese, scommettendo sul
protagonismo dei soggetti del Terzo Settore, facendo leva sul concetto di sussidiariet
come condivisione di responsabilit, per cui non solo l!ente pubblico, ma tutta la societ
chiamata a farsi carico di un sistema di garanzie, tutele ed opportunit.
Il Servizio Civile Nazionale riconosciuto a livello internazionale come una delle migliori
pratiche di governo italiane; uno strumento dalle nobili origini, che ha consentito a centinaia
di migliaia di giovani italiani di vivere un!esperienza di impegno a favore della collettivit e di
edicazione personale, oltre che di apprendimento informale ed ampliamento delle
competenze. Nonostante i suoi successi, l!SCN vive da anni una crisi strutturale, fatta di
debole attenzione governativa e scarso riconoscimento sociale.
Per questo, crediamo che anche in Campania, come gi in diverse regioni italiane, si possa
attivare un bando di Servizio Civile regionale che avvii progetti in tanti ambiti della vita
pubblica: dall!assistenza sanitaria al reinserimento sociale, dall!accoglienza ed integrazione
dell!immigrazione alle pari opportunit, dall!educazione e promozione culturale alla tutela del
patrimonio ambientale ed artistico, dalla protezione civile alla tutela dei diritti dei consumatori
e degli utenti, dalla cooperazione allo sviluppo ed interventi di pacicazione tra i popoli, ad
attivit di tempo libero e di educazione sportiva.
Nella stessa direzione, andrebbe la promozione di un bando che nanzi idee innovative
avanzate dalle organizzazioni di volontariato.
Queste misure assumerebbero il signicato di attivazione e coesione sociale, di civismo, in
contrapposizione alla diffusa retorica delle passioni tristi, di rafforzamento e stimolo
all!innovazione per il mondo del volontariato, del no prot e del privato sociale, a favore di
una societ che deve ripensare stili e comportamenti e di una generazione maltrattata che
possa avvantaggiarsene irrobustendo ed espandendo i propri percorsi di vita.
9. Una nuova cultura della legalit

In un territorio martoriato dalle ingiustizie, dal ricatto e dalla violenza barbara della criminalit
organizzata, si sente sempre pi la necessit di ricercare gli strumenti che possano dar voce
a chi stenta a riconoscersi e a ridursi negli slogan e negli stereotipi del Sud criminogeno e
inetto. Si sente sempre di pi la necessit di dimostrare che il Sud, e in questo caso la
Campania, sia in grado di sfruttare le sue risorse, sia in grado di alzare la testa dinanzi a
forze esterne che lo vorrebbero sempre a capo chino. Che sia capace, nel momento in cui si
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 60
pensa di aver toccato il fondo, di trovare il modo per reinventarsi e sperimentare modelli
alternativi di sviluppo economico e sociale.
Parlare di legalit oggi vuol dire avere il coraggio di mettere in discussione tanti aspetti della
nostra cultura, della nostra economia e della nostra societ.
Il ruolo quindi centrale della cultura come contrasto dell!illegalit innegabile: pensiamo alla
cultura dell!antiracket che molti amministratori locali, giovani e meno giovani, hanno cercato
di far radicare sempre pi nei nostri comuni, dove il pizzo una costante che ancora regna
sovrana e che danneggia e umilia tantissime persone. Ed necessario che un investimento
culturale sulla legalit parta soprattutto dalle scuole; per questo rilanciamo l'idea del progetto
scuole aperte, che ha avuto il grande merito di sottrarre tanti ragazzini dalla corte dei clan e
dalla strada.
tempo di fare scelte coraggiose. tempo di trovare metodi alternativi al solito modo di
combattere il radicamento territoriale delle associazioni maose sui nostri territori. In questi
anni abbiamo capito che i semplici arresti, i semplici blitz, per quanto importanti e
fondamentali, non bastano. Servono modalit diverse che danneggino in particolare
l!economia dei clan. Dobbiamo mettere in discussione le modalit di partecipazione ai bandi
per la realizzazione di opere pubbliche, orientati al massimo ribasso e che rappresentano il
modo migliore per riciclare denaro sporco o investire in maniera pulita, ripensare alle
modalit di certicazione antimaa, garantendo processi chiari e trasparenti soprattutto a
garanzia delle aziende sane di questa regione e cos via, per arrivare alla liberalizzazione
delle droghe leggere, sottraendo un importante mercato alle cosche malavitose.
La lotta all!illegalit ha per senso ed efcacia se svolta con un!azione forte che non sia solo
di semplice facciata (come accaduto pi volte) ma che sia volta al miglioramento dei nostri
territori attraverso l!azione quotidiana. Pensiamo alle tante associazioni che svolgono un
lavoro di recupero e di creazione di percorsi alternativi in zone dove l!unico presidio di
organizzazione presente la camorra.
Il metodo migliore per combattere la cultura dell!illegalit forse proprio proposto da chi vive
le proprie realt territoriali ventiquattro ore su ventiquattro: il nostro compito ancora una volta
in questo caso soprattutto quello di ascoltare, individuare e i problemi e darne soluzioni,
emancipare la societ dalla morsa criminale dando quelle risposte che oggi le istituzioni non
riescono a dare. Non possiamo lasciare la lotta alla criminalit al set mediatico e alle
manifestazioni sporadiche. Abbiamo bisogno di continuit e di operazioni alternative che si
basino sul lavoro costante delle tante associazioni presenti sul nostro territorio. Impariamo
da loro, stiamo al loro anco. La politica deve stare dalla loro parte.

9.1 Leconomia sociale come antidoto alleconomia criminale
al Sud che spetta il ruolo di suggeritore ed esemplare maestro quando si parla di impresa
ed economia sociale, con le sue mille sfaccettature e i suoi mille modelli di riferimento, con
l!esempio di migliaia di operatori che vedono nel loro lavoro l!alternativa pratica all!economia
criminale e alla ricerca dell!illiceit quale unica strada percorribile in tempi di necessit.
Appellarsi all!economia sociale, in queste contingenze spazio-temporali, signica strappare
alla camorra il monopolio delle risposte alle esigenze economiche e sociali di un territorio,
riducendo di fatto il divario che oggi inesorabilmente intercorre tra economia e sviluppo
sociale. Una delle pi grandi forze dell!economia criminale risiede nella sua innita capacit
di accontentare i richiedenti disperati e conseguentemente nello sfruttamento subdolo della
dipendenza. Per questo, emancipare i cittadini dalla loro triste condizione di subordinazione
il primo e pi grande obiettivo cui dobbiamo mirare. Ed sempre per questo che
indispensabile incentivare il ricorso a quei soggetti, che oltre ad essere realt operative sul
territorio, si propongono e pregurano quali laboratori di pensiero, ideatori di un destino di
cui essere protagonisti e responsabili, ispiratori di riessioni e cause di mutamento sociale,
mentre alimentano coesione e radicamento, valori che risultano essenziali se si pensa alla
rinascita e al riscatto quali ni inderogabili dell!azione collettiva.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 61
Inoltre, dimostrabile che al Sud la riessione sui rapporti tra economia e sociale trova un
fondamento differente rispetto ad altrove. Qui la disoccupazione ha volti molteplici e si
esplicita sotto forme svariate e a volte indecifrabili. Pu essere causata dalla mancanza di
lavoro tout court, o come assenza di lavoro in regola. Il pi delle volte per, la causa
leggibile nella difcolt a trovare lavoro pulito, lecito, onesto. Cos la persistenza
incontrovertibile del fenomeno disoccupazione deprime gli stimoli, appiattisce gli animi,
depreda le speranze, consegnando molte volte le forze sane e oneste del nostro paese a un
destino d!inesorabile schiavit e dipendenza, piegando anche le menti pi libere alla violenta
logica criminale, dissolvendo quei valori umani e sociali che potevano rappresentare, coltivati
in altri contesti, la base di una ripresa solida e duratura.
Ecco, l!economia sociale punta a creare nuovi contesti, mira alla bonica della palude
valoriale che ostacola la presa di coscienza delle proprie forze e delle proprie potenzialit,
sia per restituire la speranza alle persone che hanno la fortuna di abitare quei luoghi sia per
rendere fertile il terreno su cui fondare la propria crescita e la propria espansione.
Come abbiamo detto tempo fa, e come continueremo a dire sempre pi spesso, il futuro
parte da qui, il futuro parte dalla Campania.
10. Dai beni culturali alla cultura dei beni

Bench molti deniscano la cultura un valore inutile ed un costo da tagliare, per l!Italia e la
Campania la cultura quel valore aggiunto, inesauribile e rinnovabile, un settore in continua
espansione, il petrolio d!Italia, che denisce l!unicit di questa terra.
Nonostante il fenomeno della globalizzazione, che se da un lato ha semplicato la
comunicazione e accorciato le distanze, ha di contro prodotto un appiattimento generale in
tutti gli ambiti, la diversit, la particolarit e le specicit dei territori rappresentano un
potenziale inestimabile che non pu essere disperso.
In un!epoca in cui l!opinione pubblica diventata un attore che, alla stregua degli altri, gioca
un ruolo basilare nello scacchiere internazionale, e la cui condanna nei confronti del ricorso
all!hard power determina un!incisiva perdita in termini di immagine, molti paesi hanno
privilegiato gli investimenti in soft power, ovvero nell!abilit di inuenzare le azioni degli altri
attraverso l!attrattiva. Il soft power, termine non a caso coniato dall!ambiente neocons
statunitense, la capacit di imporsi in maniera morbida attraverso l!esportazione e la
promozione del proprio valore aggiunto.
Lo hanno ben compreso i paesi che in questi anni hanno debuttato come nuove potenze, i
quali, accanto ai progetti di sviluppo industriale, applicano politiche di investimenti a
vantaggio del proprio patrimonio culturale. Il Brasile, ad esempio, sta lavorando con
successo al superamento di una immagine prettamente stereotipata che lo inquadra come il
paese del calcio e del carnevale, investendo sui nuovi talenti della musica tradizionale, sui
giovani autori, sulla produzione cinematograca, sui gruppi di ballo, puntando sulle proprie
peculiarit. Inuenzare, creare attrattiva signica allargare la propria rete di interconnessioni
e relazioni, interagire con altri paesi e popoli, e dunque aprire nuove porte che apriranno a
loro volta la strada verso partenariati economici privilegiati.
Eppure in un paese come il nostro che - a volte nonostante se stesso - continua a generare
attrattiva grazie al bagaglio culturale e artistico, il messaggio che ha fatto estinguere una
produzione culturale differenziata e di qualit quella famosa locuzione con la cultura non si
mangia o tutti possono fare tutto, e male, aggiungiamo noi.
Una strada, questa, che come sbocco altro non ha se non il suicidio generale delle
coscienze e del nostro stesso potenziale, che potrebbe e dovrebbe essere, invece, ancora di
salvataggio e motore della ripresa economica.
Il settore culturale quello che maggiormente contribuisce al PIL dell!Unione Europea,
eppure l!Italia, che per l!Unesco il paese che detiene il pi alto numero di beni patrimonio al
mondo, paradossalmente all!ultimo posto nelle spese in cultura.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 62
La Campania potenzialmente una delle regioni pi ricche d!Italia, fornita com! di petrolio
artistico, di storia, tradizioni e specicit locali. Eppure in ginocchio da parecchi anni, e i
tagli concentrati proprio in ambito culturale allontanano la speranza di una ripresa concreta.
Compito del PD e della sinistra campana dovrebbe essere, appunto, quello di valorizzare la
propria particolarit, dalla tradizione teatrale alla musicalit alla salvaguardia dei beni
culturali, che stanno letteralmente cadendo a pezzi, a un occhio di riguardo per gli artisti
locali, promuovendone le produzioni e creando spazi e momenti di interazione. Ma prima
ancora indispensabile un lavoro di sensibilizzazione che faccia prendere ai cittadini stessi
consapevolezza dell!importanza della cultura e dia loro la possibilit di essere attori di un
processo di risveglio e presa di coscienza del proprio inestimabile potenziale.
Per molti anni la cultura e le sua sostanza, i beni appunto, sono stati considerati a livello
nazionale, soprattutto in due modi: o una merce di scambio su cui speculare, o una realt
superua e inutile che comporta solo spese senza guadagno.
La sorte che poteva capitargli era di essere abbandonati, per ignoranza o intenzionalmente
(vedi il caso della biblioteca dei Girolamini di Napoli), oppure di subire un!attivit di ri-
promozione momentanea, che nella maggior parte dei casi non ha valore storico-artistico,
per intercettare nanziamenti, i cui soldi quasi mai vengono utilizzati per il bene stesso e nel
peggiore dei casi possono apportare dei danni al bene stesso (vedi salone dei Cinquecento
a Firenze).
La regione Campania, nel passaggio di consegne da un!amministrazione all!altra, in questi
ultimi anni si sta avvicinando a questa degenerazione e inizialmente la querelle sul museo
Madre ne stata un esempio eclatante: abbandonare un progetto che stava riscattando
Napoli tra i pi importanti centri d!arte contemporanea in Europa, dai tempi di Lucio Amelio,
stato un omicidio non solo culturale ma anche intellettuale e di lungimiranza politica.
Le risorse che la storia ci ha lasciato in eredit sul nostro territorio, non sono solo i ori
all!occhiello del nostro turismo, ma le tracce di una cultura storico-artistica (archeologica,
architettonica, etnoantropologica e paesaggistica) di cui tutti noi cittadini campani dobbiamo
necessariamente riappropriarci e conoscere.
Non parliamo solo degli scavi archeologici di Pompei- Ercolano- Paestum e Velia, della
Reggia di Caserta, della citt di Napoli, della costiera amaltana, del Parco Nazionale del
Cilento e del Vallo di Diano, del complesso di Santa Soa a Benevento, che inoltre sono
patrimoni dell!Unesco quindi di rilevanza mondiale, ma anche di tutto quel tessuto culturale
fatto di musei, teatri, biblioteche, parchi e ville, citt e borghi che sono parte della nostra
identit.
La regione ha una composizione geograca di diversa natura e quindi anche un sistema di
trasporto e di collegamento interno molteplice, e quindi per poter offrire una buona fruizione
dei beni all!interno del nostro territorio il sistema dei trasporti deve essere pi efciente.
L!apertura dello scalo aeroportuale in provincia di Salerno, assieme al potenziamento dello
scalo portuale, potrebbe dare linfa vitale per un turismo internazionale nelle zone del Cilento
(ricco di Antiquarium e musei dai Volcei di Buccino agli Etruschi di Eboli,), nelle aree
archeologiche salernitane ed interne, per i musei civici e non solo delle aree interne delle
provincie di Benevento ed Avellino (dall!abbazia di Montevergine con la mostra permanente
dei presepi nel mondo a Mercogliano sino al museo di arte contemporanea ARCOS di
Benevento), per la citt di Salerno con il suo Duomo, la Pinacoteca e il suo teatro Verdi , per
la Certosa di Padula e per il paesaggio naturale (pensiamo alle grotte di Pertosa e alla
riserva del wwf di Persano). E pensiamo all!incrocio, costruito col connubio pubblico/privato,
di manifestazioni artistiche in luoghi storici o presso risorse naturali, come la trilogia di Dante
che si svolge nelle Grotte di Pertosa, la Certosa di Padula e il Castello Arechi.
Il funzionamento della Circumvesuviana di vitale importanza perch l!unico collegamento
con la penisola sorrentina e con Sorrento, che con la sua storia ed il suo paesaggio ha da
secoli attirato viaggiatori stranieri ed italiani; con Nola, conosciuta oltre che per il CIS anche
per la sua festa del giglio, la diocesi e la zona archeologica con l!antiquarium di Cimitile; e
inoltre con Pompei e la sua citt antica.
Per Pompei va aperta una parentesi fondamentale per l!importanza che nella legge
denominata Valore Cultura ha il sito archeologico: l!istituzione di un direttore generale per il
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 63
Progetto Pompei che guider #l!Unit Progetto Pompei! (a cui pu partecipare anche la
regione Campania) si occuper di tutti i progetti e gli appalti fuori e dentro il sito
archeologico, di concerto con la sovraintendenza speciale che nascer, e coadiuvato da una
commissione di tecnici e di 5 esperti in materia giuridica, economica, architettonica,
urbanistica e infrastrutturale. Potrebbe essere la soluzione per interventi imminenti di
restauro e conservazione oramai non pi rinviabili, per la gestione dei fondi internazionali, e
per lo sviluppo dei territori non solo di Pompei ma anche di Stabia ed Ercolano. Inoltre la
legge prevede uno stanziamento dei fondi anche per un percorso turistico-culturale integrato
delle residenze borboniche.
Per quanto riguarda la zona di Caserta, un esempio su tutti, impensabile che ci voglia
mediamente un!ora per il collegamento tra Napoli e il complesso della Reggia di Caserta,
con dieci minuti in pi da Napoli si giunge a Roma. Sul territorio casertano la presenza della
basilica di S.Angelo in Formis e delle citt di Capua e S. Maria Capua Vetere (l!antica
Capua), con i loro musei archeologici e le loro chiese storiche, fa di quella zona un centro
non solo culturale, con la presenza di sedi universitarie, ma potenzialmente di forte
attrazione turistica, anche con il miglioramento del servizio ferroviario Napoli Nord.
Se Napoli pu essere il centro, lo snodo, da cui i turisti possono partire per varie zone della
Campania, a causa dei disservizi ci vorrebbe solo un!auto e un mese di tempo per poter
visitare la maggior parte dei siti nel minor tempo possibile, fattore che sommato alle spese
notevoli pu disincentivare il turismo.
Agli inizi del duemila fu stipulata tra la regione Campania e la conferenza episcopale
campana un!intesa programmatica tra i due enti per la conservazione, la valorizzazione e la
fruizione dei beni culturali ecclesiastici, negli anni tale intesa programmatica andata via via
scemando per motivi di natura differente, ma c!erano soprattutto due punti interessanti su cui
poter lavorare: il recupero funzionale d!immobili in disuso, in collaborazione con le
sovraintendenze e il lavoro di programmazione, secondo priorit ed esigenze, di restauri
mirati da parte degli ordinari diocesani, migliorando naturalmente la sinergia tra i due enti,
motivo spesso d!inefcienza.
L!assessorato al turismo e ai beni culturali della Campania ha un preciso scopo nella sua
vocazione, che FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), FSE (Fondo Sociale
Europeo), POIn (Programma Operativo Interregionale Attrattori Culturali, Naturali e
Turismo), individuano nella conservazione e nel restauro, nella valorizzazione e nella
promozione e in ne fruizione dei beni culturali campani.
La legge regionale sul turismo del 2013 si muoveva in questa direzione, favorendo una
maggiore partecipazione tra la componente pubblica e privata e, inoltre, denendo i ruoli
gestionali sui due livelli amministrativi: la Regione si occupa della politica turistica e del
reperimento dei fondi, mentre alle provincie spetta il compito di verica, controllo e
coordinamento delle realt territoriali.
Purtroppo, la cancellazione degli EPT (Enti Provinciali per il Turismo) al ne di un risparmio
economico, la creazione di un #Agenzia Unica per il Turismo!, e il successivo utilizzo dei fondi
razionalizzati in attivit di promozione turistica, se non ben regolamentata, rischia di non
garantire protezione ai valori dei nostri territori, ma piuttosto una gestione confusa e di
dubbia qualit e competenza scientica e storico-artistica.
Dietro a tutta questa struttura, per, ci sono uomini e donne che lavorano e che si sono
formati per poter offrire un servizio di qualit e competenza: non si pu pensare ancora che i
servizi museali aggiuntivi siano gestiti da societ in accordo con le sovraintendenze,
secondo le vecchia legge Ronchei del !93; semmai, in alcuni casi, trascurando la qualit del
servizio e la gestione del personale, devono essere le istituzioni a gestire i servizi e gli introiti
inequivocabilmente sul proprio territorio, in ottemperanza alle leggi nazionali e regionali,
sviluppando un progetto regionale di promozione e fruizione per i beni culturali, che tenga
conto e parta dalle specicit locali.
La Legge Valore Cultura emanata all!inizio dell!ottobre di quest!anno si muove in tal senso,
e fa della cultura e del turismo due leve principali per far crescere il paese, ma tanto ancora
si pu fare.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 64
A partire da due necessit impellenti.
La prima: la discrezionalit eccessiva con la quale ente regione, province e grandi citt
selezionano ed erogano i fondi destinati alla cultura, discrezionalit troppo spesso glia di
logiche clientelari che nulla hanno a che vedere con lo scopo cui cono preposti.
La seconda: il rapporto, troppo sbilanciato, tra i grandi attrattori di fondi pubblici e la vivacit
culturale che esprime un mondo largo e diffuso di operatori e gruppi, troppo spesso lasciati
soli, proprio laddove invece occorrerebbe maggiore sostegno.
L!istituzione di un albo regionale che certichi e controlli tali operazioni, un cambio di rotta
politico e culturale nella scelta delle priorit da sostenere, una riforma de sistema SIAE,
potrebbero essere i tre punti dai quali ripartire.
Insomma, per concludere, maggiore attenzione alla cultura (creata e fruita) dal basso, e
meno sagre delle polpette, in tutti i sensi.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 65
Parte quarta
Conclusioni
1. La bellezza
Ogni paesaggio esiste perch vi un essere umano che col suo sguardo gli d vita, colori,
emozioni. Ogni paesaggio, quindi, cambia a seconda del tipo di sguardo, di visione, di idea
che gli esseri umani applicano ad esso. Il modo con cui i nostri occhi guardano le nostre
terre, immaginando orizzonti e pianicando azioni, denisce spesso, quasi sempre, il destino
di quei paesaggi e di rimando quello delle comunit che li abitano e li abiteranno.
Quando si percorre il treno regionale Napoli-Salerno, che sfreccia via pigro, lambendo acqua
e terra, le due immagini che la natura ti rimanda sono il golfo di Napoli ed il Vesuvio. Per chi
viaggia verso sud, sulla propria destra pu ammirare un dipinto blu, con il cielo bianco, e la
risacca delle onde di cui si vede anche il rumore e l!odore: un quadro nel quale si
confondono i colori della speranza e della pace, gli stessi che si sentono negli occhi quando
si guarda quel sole nascere o tramontare, accolto e salutato da due braccia che disegnano
coste dove la natura si fa bellezza.
la stessa bellezza delle coste e dei parchi del Cilento, delle valli irpine, dei piccoli borghi
del beneventano e del casertano, dei tanti luoghi che si incontrano, a volte per caso,
percorrendo in lungo e in largo la nostra regione.
Alla propria sinistra , invece, incombe una montagna spaccata, un dio della guerra
addormentato, fatto di lava e pini, e sotto di esso l!indistinto agglomerato di case e vicoli:
quando lo guardi, avverti il ricordo di paura millenario di chi vissuto e vivr all!ombra nera
del Vesuvio.
la stessa paura, lo stesso disagio, la stessa sensazione di dolore antico e di malinconia
che si ha vagando tra i numerosi palazzi grigi di uno dei tanti quartieri di periferia delle nostre
citt, tra le colate di cemento, le campagne incolte e bruciate dai fuochi e dall!abbandono, le
grandi opere abbandonate e decadenti, i migranti che aspettano i caporali, i cumuli di strade
e riuti. Cos la natura, con due immagini, si fa carico di rendere tutto un po! pi chiaro. In
uno sguardo tutto l, l!ossimoro esistenziale di chi vive quelle terre - le nostre terre - tra
bellezza e paura, tra il golfo che aspira alla vita e la montagna che ricorda la morte. Siamo i
luoghi in cui nasciamo, i paesaggi che viviamo. E le scelte che abbiamo fatto, facciamo e
faremo durante l!arco della nostra esistenza, non sono altro che il riesso di quelle due
immagini, la dicotomia tra la voglia di difendere e creare bellezza e la necessit del tutto e
subito - glia della precariet cui ci costringe la paura - di chi pensa esista solo il presente e
non riconosce, a se stesso e agli altri, l!orizzonte del futuro.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 66
L!idea che la bellezza meriti un domani si traduce immediatamente in un orizzonte, in una
visione cui ambire e per cui impegnarsi, che assegna all!oggi il compito di costruire un
domani migliore in cui quella stessa bellezza continui a vivere.
L!idea che la paura vinca su tutto, che il domani non esista e ci si debba rassegnare all!oggi,
alla sua voracit, alla sua cecit, alla sua assenza di orizzonte, nega invece il futuro come
dimensione e ci condanna ad un presente dove non c! dopo; e laddove il dopo non esiste,
non c! neanche tempo per la responsabilit.
l!eterna sda, tra chi pensa sia necessario immaginare un mondo migliore, assumendosi il
compito di progettarlo e gettarne le fondamenta - tanto saranno altri, dopo, ad ereditare
bellezza e a costruirne ancora dell!altra - e chi, invece, pensa che quel domani non ci sia o
non valga la pena di essere costruito, perch ci che conta solo la propria esistenza, il
proprio percorso individuale, il godimento dell!oggi che nega possibilit e desideri a chi verr
domani. una divisione che a volte si fa scontro e che riguarda tutti gli ambiti del nostro
quotidiano, delle nostre scelte, delle trasformazioni che la realt che viviamo subisce o
promuove. Nello studio, nel lavoro, in famiglia, con gli amici. In politica. Di qua o di l. Come
sempre stato e come sar, la scelta una: da che parte stare, se allearsi con la paura o
fare largo alla bellezza; dalla parte di chi vuole conservare, difendere privilegi, negare il
progresso, o da quella di chi vuole che le cose cambino, per tutti e non per pochi, e perch
giustizia ed equit siano regola e non eccezione. Chi ha paura si difende e si nasconde, chi
sceglie la bellezza ha il dovere e la forza di guardare pi in l: la differenza, tra la destra e la
sinistra, tutta qui.
Pensiamo a cosa ha rappresentato in questi anni la destra, e anche quel pezzo di sinistra
con essa colluso, volontariamente o involontariamente; a quale stato il lo conduttore del
suo operato, un lo conduttore chiaro, netto, preciso: svuotare le casse dello stato no
all!osso, depauperare il paese, lasciar chiudere ospedali, scuole, stazioni, non curarsi dello
stato di salute dell!ambiente, n tantomeno di creare occasioni di sviluppo e lavoro duraturo
per tutti, diverse dall!assegnazione di piccoli e grandi appalti concessi per favorire pochi
amici e per sostenere qualche imminente campagna elettorale; accontentarsi di assecondare
la rendita, la speculazione, il cemento per il cemento, senza immaginare opere concrete che
potessero cambiare, con il tempo, il volto dell!Italia e della Campania. Cosa stato il
berlusconismo, di destra e di sinistra, per il nostro Paese se non questo? Una cessione
continua alla cultura nichilista dell!adesso, del dopo di me il diluvio, dell!assenza di
prospettiva e di futuro. In pi, sono stati sfoderati incompetenza e cinico arrivismo, armi
proprie di chi vive e percepisce la Politica animato solo dalla foga imposta dalla paura,
perch - se vero che non c! domani - allora altrettanto vero che nell!oggi concesso
razziare e sbranare, senza conoscere etica, senza praticare responsabilit, senza disegnare
orizzonti. E qual stata la vera e grande resistenza, che una piccola rivoluzione culturale e
civile, di chi in questi anni, nei partiti, nella societ, nei sindacati, con l!impegno diffuso,
anche e soprattutto legato a singole battaglie, se non quella di aver avuto il coraggio di dire
che il re era nudo, di produrre una crepa dalla quale potesse ltrare una luce? Di aver urlato,
nonostante il silenzio, che il domani esiste perch esiste la bellezza che pi forte della
paura e perch il desiderio che i nostri gli guardino quel mare con la nostra stessa speranza
pi forte dell!avidit e dell!indifferenza, che la paura e il senso di precariet che ti d quel
monte possono incutere.
La nostra la riconquista della parola orizzonte, della politica e del Paese che non servono
ma che noi serviamo, per donarli migliori a chi verr dopo, con la consapevolezza che la
storia non nisce con noi e che, anzi, a noi spetta trasformarla per le generazioni che
verranno. Chi cede alla paura sceglie l!ingordigia, la brama del subito e amministra come se
non dovesse lasciare nulla in eredit. Chi sceglie la bellezza sceglie invece il domani, perch
la bellezza impone il futuro e la sua trasmissione, la tradizione, il tradurre a chi viene dopo
linguaggi, sogni e speranze che mai si afevoliscono.
La tradizione che non custodire la cenere, ma ravvivare il fuoco di chi ha sognato e sogna
un domani migliore.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 67
L!ordinaria e familistica amministrazione, l!arrivismo becero e disilluso, l!incapacit di
progettazione, lo spreco e la corruzione sono tutti prodotti della precariet della paura. Il
coraggio della visione di una regione possibile e migliore sono, al contrario, la risultante
dell!aspirazione alla bellezza. Questo il vero campo di battaglia vero dello scontro tra la
destra e la sinistra. Non solo chi vincer le elezioni, o sar il prossimo presidente della
Regione, ma che idea di regione vincer.
Se la bellezza o la paura, se la speranza o l!avidit. una sda alla quale non ci si pu
sottrarre, se si crede in quella bellezza, se si rifugge quella paura.
Non ci sono calcoli o convenienze personali che tengano. C! da dire s o no, da metterci la
faccia o da nascondersi.
Noi abbiamo pensato che valga la pena dire quel s.
Perch il cambiamento non si predica ma si pratica.
Insieme.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 68
Michele nasce a Scafati in un freddo 17 gennaio
del 1982. All!epoca nessuno poteva immaginare
che l!Italia avrebbe vinto i mondiali. Neanche
Andrea e Maria, i suoi genitori, emigrati al nord
per lavoro. al nord infatti che Michele vive i
primi anni della sua infanzia. Ma la vita fatta di
ritorni, ricongiungimenti, radici. La famiglia
Grimaldi ritorna a Scafati, ed qui che Michele
r i ceve l a sua pr i mi ssi ma f or mazi one,
frequentando le scuole elementari in Piazzetta
Genova, oggi piazza Falcone e Borsellino, poi le
medie alla Tommaso Anardi, inne il liceo
classico Maxi di Sarno.
Gli anni della formazione scolastica per
viaggiano di pari passo con altro tipo di
formazione, civile, sociale, in denitiva ci che
diventer la passione e la scelta di vita di Michele: la politica.
Da bambino ascoltava con interesse i discorsi che si tenevano tra i clienti nella bottega del
nonno, sarto, nella prima adolescenza gli impossibile restare con le mani in mano e dedica
tutto il suo impegno nella militanza politica con il movimento studentesco co-fondando nel
1998, insieme a un gruppo di giovani scafatesi e non, l!U.D.S. Unione Degli Studenti Area
Vesuviana. Col tempo Michele vede crescere e denirsi sempre pi la sua identit politica: si
avvicina alla Sinistra Giovanile di Scafati, ne diventa membro e dopo poco viene eletto prima
segretario cittadino, poi provinciale e inne regionale.
Nel 2008, infatti, dopo anni di gavetta e di esperienza maturata, Michele Grimaldi
candidato alla camera per il PD. L!anno successivo, nel 2009, diventa segretario regionale
dei GD (Giovani Democratici) e nell!arco di qualche anno ancora passa alla segreteria
nazionale dei GD a Roma, dove si occupa principalmente di Universit e Mezzogiorno.
Nel 2010 viene eletto con le primarie all!assemblea nazionale del PD, candidato nel collegio
di Salerno citt
Nel 2013 alle elezioni amministrative di Scafati il capolista, assieme alla senatrice Rosaria
Capacchione, della lista di "Primavera non bussa", rete di cittadini e associazioni che vive e
opera nella citt salernitana.
Michele il nostro candidato alla segreteria regionale del Partito Democratico della
Campania.
#possibie - Documento programmatico a sostegno di Michele Grimaldi 69

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