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Meditazione Nel Buddhismo indica due tipi di meditazione, che si definiscono rispettivamente samatha e vipassan .

Samatha una pratica in cui ci si concentra su un oggetto determinato invece di lasciare la mente a briglia sciolta. Si sceglie un oggetto, ad esempio la sensazione del respiro, e si rivolge tutta l'attenzione alle sensazioni prodotte dall'inspirazione e dall'espirazione, ci si concentra semplicemente sulla normale condizione del corpo cos com' in questo momento: si mantiene un'attenzione sostenuta sul respiro.Questa pratica conduce all'esperienza della calma mentale - una tranquillit che dovuta all'esclusione di tutti gli altri stimoli che giungono attraverso i sensi. L'altra pratica definita vipassan , meditazione `di visione profonda'. Con la vipassan , il campo dell'attenzione si apre ad abbracciare tutto. Non si sceglie un oggetto particolare su cui concentrarsi o nel quale assorbirsi, ma si osserva per comprendere la natura delle cose. Ora, ci che possiamo vedere circa la natura delle cose che l'esperienza sensoriale nel suo complesso impermanente. Limpermanenza va conosciuta intuitivamente aprendo la mente all'osservazione, ed essendo consapevoli delle cose cos come sono. Nella pratica della visione profonda non cerchiamo di analizzarci, e nemmeno di cambiare le cose secondo i nostri desideri. In questa pratica ci limitiamo a notare pazientemente che tutto ci che sorge passa, mentale o fisico che sia , anche gli stessi organi di senso, i rispettivi oggetti e la coscienza che scaturisce dal contatto fra i due. Poi ci sono le condizioni mentali di attrazione o repulsione rispetto a quanto vediamo, annusiamo, gustiamo, sentiamo o tocchiamo; i nomi che gli diamo e le idee, le parole e i concetti che creiamo attorno all'esperienza sensoriale. Quando il corpo a disagio, i pensieri i pensieri ci catturano. Ci possiamo domandare: Cos presente? Cos qui? scontentezza > tag > avversione ricerca affannosa di qlcosa > tag > desiderio non capiamo > dubbio siamo preoccupati > preoccupazione non c volont di far nulla > torpore Ma se non sappiamo etichettare allora possiamo farci la domanda: Che effetto fa? indurire, agitare, appiattire Consapevolezza del respiro (n pnasati) L'n p nasati (consapevolezza (sati) dell'inspirazione e dell'espirazione) un metodo in cui si concentra la mente sul respiro. E' un'occasione per coltivare il samdhi, la concentrazione, chiamando a raccolta tutta la vostra attenzione sulla sensazione di respirare. Quindi in questo momento concentratevi con il massimo impegno su quest'unica cosa per la durata di un'inspirazione e la durata di un'espirazione. Riuscirci questione pi di pazienza che di forza di volont, perch l'attenzione tende a divagare e occorre sempre riportarci pazientemente al respiro. Se ci accorgiamo di esserci distratti, notiamo di che si tratta.

Fate uno sforzo al principio dell'espirazione e sostenetelo fino alla fine, e ricominciate nello stesso modo con l'inspirazione. Alla fine verr naturale, e quando sembra di non sforzarsi pi si dice di aver raggiunto il sam dhi.

Ascoltare i pensieri Nella meditazione vipassan , portiamo l'attenzione sul semplice fatto del guardare, dell'essere il testimone silenzioso che consapevole di quello che viene e va, osserviamo i fenomeni fisici e mentali alla luce delle tre caratteristiche: anicca (cambiamento), dukkha (carattere insoddisfacente), anatt (impersonalit). Non dobbiamo capire perch li abbiamo, ma solo farli emergere pienamente alla coscienza. Sicch, con questa pratica cominciamo a lasciar andare. Non c' bisogno di andare a cercare qualcosa in particolare; ma se vi sentite infastiditi da contenuti che tendono a riemergere ossessivamente e che cercate di allontanare, fateli venire a galla ancora di pi. Pensateci deliberatamente e restate in ascolto.

Gli impedimenti e la cessazione degli impedimenti KAMACCHANDA: desiderio sensoriale VYAPADA: malevolenza THINA-MIDDHA: pigrizia e torpore UDDHACCA-KUKKUCCA: inquietudine e rimorso VICIKICCHA: dubbio Praticando l'ascolto interiore, cominciamo a riconoscere il sussurro del senso di colpa, del rimorso e del desiderio, dell'invidia e della paura, della brama e dell'avidit. Vorrei, devo avere, devo avere, voglio, voglio! Notate la tendenza a volerlo, a toccarlo, cercare di procurarselo, averlo, possederlo, appropriarsene, consumarlo. E' la brama, una forza della natura che va riconosciuta non condannata perch anche questo fa da rinforzo all'io ma per comprenderle. Il desiderio dei sensi il primo degli impedimenti (nvarana). Si riferisce a quel particolare tipo di bisogno che cerca la felicit attraverso i

cinque sensi (vista, udito, odorato, gusto e contatto fisico). Pi specificatamente esclude una qualsiasi aspirazione alla felicit attraverso il solo sesto senso: la mente. Nella sua forma estrema, il desiderio sensoriale lossessione di cercare il piacere in attivit come lintimit sessuale, del buon cibo o della buona musica. Ma include anche il desiderio di rimpiazzare irritanti o
persino dolorose esperienze dei cinque sensi con altre piacevoli, cio il desiderio per il benessere fisico. Nella meditazione, si trascende il desiderio sensoriale per un certo periodo lasciando andare la preoccupazione per questo corpo e lattivit dei suoi cinque sensi. Il secondo l'avversione, la malevolenza che si riferisce al desiderio di punire, nuocere o distruggere. Include il puro odio verso una persona, o persino verso una situazione, e pu generare cos tanta energia da essere allo stesso tempo attraente e dare assuefazione. Include anche il senso di colpa che nega a se stessi ogni possibilit di felicit. Nella meditazione, la malevolenza pu apparire come

disgusto verso loggetto stesso di meditazione, rifiutandolo tanto che la propria attenzione costretta a vagare altrove. La malevolenza superata applicando Metta, gentilezza amorevole. Quando c malevolenza verso una persona, metta insegna a vedere in quella persona pi di tutto ci che ci urta, per capire perch quella persona ci ferisce (spesso perch si ferisce intensamente da sola) e incoraggiare a mettere da parte il proprio dolore per guardare gli altri con compassione. Inoltre, se c malevolenza verso loggetto di meditazione (spesso il motivo per cui coloro che meditano non riescono a trovare pace) metta abbraccia loggetto di meditazione con attenzione e piacere. La mente ossessionata dal non volere, da irritazioni e risentimenti meschini, nonch dal desiderio di eliminarli. Quindi questo un ostacolo alla visione interiore, un impedimento. Non sto dicendo che bisogna eliminare l'impedimento - sarebbe avversione - ma che bisogna conoscerlo, conoscerne la forza, comprenderlo per esperienza diretta. Il terzo impedimento rappresentato da stati come sonnolenza, apatia, ottundimento, indolenza, torpore fisico e mentale, ai quali tendiamo a reagire con avversione. Pigrizia e torpore si riferiscono alla pesantezza del corpo e allintorpidimento della mente che trascinano lindividuo verso uninerzia disabilitante e una profonda depressione. La pigrizia e il torpore sono superati da unenergia risvegliante. Lenergia sempre disponibile ma pochi sanno come accendere l'interruttore, ammesso che ce ne sia uno. Stabilire un obiettivo, un obiettivo ragionevole, un modo saggio ed efficace di generare energia, poich sviluppa deliberatamente un interesse nel compito assegnato. possiamo sviluppare piacere in qualunque cosa stiamo facendo; allenando la nostra percezione nel vedere il bello nellordinario generiamo un interesse che evita la semi-morte della pigrizia e del torpore. La mente ha due funzioni principali, "fare" e "conoscere". La via della meditazione calmare il " fare" fino alla completa tranquillit mentre viene mantenuto il " conoscere". Pigrizia e torpore si hanno quando calmiamo senza attenzione il "fare" e il "conoscere", incapaci di distinguere tra di loro. L'irrequietezza l'opposto del torpore; il quarto impedimento, si agitati, nervosi, ansiosi, tesi. E causata da uno stato mentale che cerca difetti, il quale non pu essere soddisfatto dalle cose cos come sono, e quindi deve continuare a muoversi con la speranza di qualcosa di meglio, sempre altrove. Lirrequietudine superata sviluppando la contentezza, che lopposto del trovare difetti. Impariamo la semplice gioia di essere soddisfatti con poco, piuttosto che volere sempre di pi. Siamo grati per questo momento, piuttosto che andare a vedere le sue mancanze. Per esempio, nella meditazione lirrequietudine spesso limpazienza di muoversi velocemente allo stadio successivo. Quindi siate attenti al " voler andare avanti", ed invece imparate come fermarvi in una apprezzante contentezza. I rimorsi si riferiscono a quello specifico tipo di irrequietudine che leffetto kammico dei propri misfatti. Il solo modo di superare il rimorso, lagitazione di una cattiva coscienza, purificare la propria virt e diventare gentili, saggi e amorevoli. Il quinto impedimento il dubbio. Si pu passare tutta la vita a chiedersi se sia meglio fare questo o quello, ma una cosa sola si pu sapere: che il dubbio una condizione della mente. Assumendo la posizione del 'conoscitore', conosciamo il dubbio in quanto tale. Importante o futile che sia, semplicemente dubbio, tutto qui. Ci che possiamo sapere che c' il dubbio. In questo modo siamo il conoscere, conoscere ci che si pu conoscere, sapere che non sappiamo. Anche quando ignorate qualcosa, se siete consapevoli di non sapere, quella consapevolezza

conoscenza. I cinque impedimenti sono i vostri maestri e che non sono altro che condizioni della mente, che sorgono e passano, che sono insoddisfacenti, impersonali. Quando siete pazienti, lasciando che le cose cessino, cominciate a conoscere la cessazione - il silenzio, il vuoto, la chiarezza; la mente limpida, quieta. Il dubbio nelle proprie capacit superato col nutrire autostima mediante l'aiuto di un buon maestro. Un insegnante di meditazione come un allenatore che convince la squadra che pu farcela. Il dubbio che prende la forma di una costante valutazione "E questo un jhana?" "Come sto andando?" superato comprendendo che tali domande meglio lasciarle alla fine, ad un paio di minuti dal termine della meditazione. Un giuria si pronuncia solo alla fine del processo, quando tutte le prove sono state presentate. Allo stesso modo, un meditatore esperto persegue una raccolta silenziosa di prove, valutandola solo alla fine, per svelarne il significato. La fine del dubbio, in meditazione, viene descritta da una mente che ha piena fiducia nel silenzio, e quindi non interferisce con nessun altro discorso esterno. Come avere un buon autista, durante il viaggio sediamo in silenzio affidandoci a lui. Per quanto vari possano essere i problemi che emergono nella meditazione, saranno riconducibili ad uno di questi cinque impedimenti, o ad una loro combinazione. Cos, se sperimentiamo qualche difficolt, usiamo lo schema dei cinque impedimenti come una "lista di controllo" per identificare il problema principale. Poi conosceremo il rimedio appropriato, lo applicheremo attentamente e andremo oltre lostacolo verso una pi profonda meditazione.

Vuoto e forma Riflettete sulle condizioni del corpo e della mente e concentratevi su di esse. Potete passare in rassegna il corpo e riconoscere le sensazioni, ad esempio le vibrazioni nelle mani o nei piedi, oppure concentrarvi su un punto qualunque del corpo. Percepite la sensazione della lingua in bocca che tocca il palato, o il contatto fra il labbro superiore e quello inferiore, oppure portate alla coscienza la sensazione di umidit della bocca, o la pressione degli indumenti sul corpo - tutte quelle sensazioni sottili a cui in genere non facciamo caso. Contemplando queste sottili sensazioni fisiche, concentratevi su di esse, il corpo si rilasser. Dunque adesso la meditazione si incentra sui cinque khanda e sul vuoto della mente. [I cinque khanda sono: r pa, (forma, il corpo), vedan (sensazioni), sa (percezione), sankh ra (formazioni mentali), vi na (coscienza sensoriale). Le cinque categorie che secondo il Buddha costituiscono l'essere umano] Investigateli entrambi fino a comprendere pienamente che tutto ci che sorge passa ed non-io. Allora non ci si afferra pi a nulla come se fosse il s, e ci si libera dal desiderio di riconoscersi in una certa qualit o in una sostanza. Questa la liberazione dalla nascita e dalla morte. I khan da sono i componenti psico-fisici della personalit e dellesperienza sensoriale in genere. Secondo il buddhismo, quindi, il problema della sofferenza umana risiede nellattaccamento ai cinque khan da. Rupa significa forma o corpo; fenomeno fisico. Vedana il sentire o sensazioni: piacere (agio), dolore (stress) oppure n piacere n dolore. Saa la percezione o memoria, e si basa sulla memoria. Per esempio se parlo

di Ajahn Chah, molti di voi probabilmente lo conoscono, ma alcuni no. Se lo conoscete avrete un certo tipo di percezione, ma la vostra percezione sar diversa dalla mia a causa delle diverse esperienze che abbiamo avuto con Ajahn Chah. I nostri ricordi sono diversi per cui anche le percezioni sono diverse. Sankhara ha un significato molto ampio: formazione mentali, ossia intenzioni, emozioni, immaginazione, pensiero discorsivo. Nel contesto dei cinque khan da lo si definisce formazione mentale, tutte quelle costruzioni mentali che formano il processo del pensiero e della riflessione, della pianificazione e preoccupazione, e cos via. Infine viana la coscienza, la cognizione, latto di prendere nota dei dati sensoriali e delle idee man mano che si presentano nella mente. Perci avremo la coscienza visiva, la coscienza olfattiva, la coscienza uditiva, la coscienza gustativa, la coscienza tattile e la coscienza mentale. Per primo consideriamo laggregato di materia o forma. Laggregato della forma corrisponde a ci che chiameremo i fattori materiali o fisici dellesperienza. Include non solo i nostri corpi ma anche gli oggetti materiali che ci circondano, come la terra, gli alberi, gli edifici e gli oggetti della vita quotidiana. In particolare, laggregato della forma include i cinque organi fisici dei sensi e i loro corrispondenti oggetti materiali: gli occhi e le cose visibili, le orecchie e gli oggetti udibili, il naso e gli oggetti olfattivi, la lingua e gli oggetti del gusto e infine la pelle e gli oggetti tangibili.Ma gli elementi fisici da soli non bastano a produrre unesperienza. Il semplice contatto degli occhi con gli oggetti visibili, delle orecchie con gli oggetti udibili non possono portare a unesperienza. Gli occhi possono rimanere indefinitivamente in contatto con un oggetto visibile senza produrre alcuna esperienza; le orecchie possono stare indefinitamente esposte a un suono con lo stesso risultato. Solo quando c lunione degli occhi, di un oggetto visibile e della coscienza si produce lesperienza di un oggetto visibile. La coscienza perci un elemento indispensabile per produrre unesperienza.Prima di andare avanti a considerare i fattori mentali dellesperienza personale, vorrei parlare brevemente dellesistenza di un altro organo e dei suoi oggetti: mi riferisco al sesto senso, la mente. Si aggiunge ai cinque organi fisici (occhi, orecchie, naso, lingua, pelle). Come i cinque organi fisici hanno i loro relativi oggetti materiali, cos la mente ha come oggetto idee o qualit (dharma). E come nel caso dei cinque sensi fisici, anche qui la coscienza deve essere presente per unire la mente al suo oggetto in modo da produrre unesperienza.Ora passiamo ad esaminare i fattori mentali dellesperienza e a cercare di capire come la coscienza trasforma i fattori fisici dellesistenza in una esperienza conscia personale. Prima di tutto bisogna ricordare che la coscienza solo pura consapevolezza o pura sensibilit verso un oggetto. Quando i fattori fisici dellesperienza entrano in contatto, per esempio gli occhi con gli oggetti visibili, e quando anche la coscienza si accompagna ai fattori materiali dellesperienza, sorge la coscienza visiva. E la semplice consapevolezza delloggetto visivo, niente a che vedere quindi con ci che chiameremmo unesperienza personale. Lesperienza personale comune avviene attraverso il funzionamento degli altri tre fattori mentali principali: gli aggregati delle sensazioni, percezioni e volizioni o formazioni mentali. Questi aggregati funzionano in modo da trasformare questa semplice consapevolezza delloggetto in unesperienza personale. Laggregato delle sensazioni o impressioni di tre tipi: piacevole, spiacevole e indifferente. Quando si sperimenta un oggetto, lesperienza si colora di uno di questi toni emotivi, il tono del piacere, del dispiacere o quello neutro.Osserviamo ora laggregato della percezione. E un aggregato che molti

trovano difficile da capire. Quando parliamo di percezione ci riferiamo allazione di riconoscimento o di identificazione. In un certo senso significa attribuire un nome alloggetto dellesperienza. La funzione della percezione convertire unesperienza indefinita in unesperienza identificabile e riconoscibile, formulando un concetto o unidea riguardo ad un oggetto specifico. Come con le sensazioni, in cui c un elemento emotivo sotto forma di piacere, dispiacere o indifferenza, cos con la percezione abbiamo un elemento concettuale sotto forma di una idea determinata e definita circa loggetto dellesperienza.Infine vi laggregato della volizione o delle formazioni mentali, che pu essere descritto come una risposta condizionata alloggetto di esperienza. In questo senso ha anche il significato di abitudine. Abbiamo gi parlato della volizione nel capitolo decimo quando abbiamo trattato le dodici componenti dellOrigine interdipendente. Ricorderete che abbiamo definito la volizione come limpressione creata da azioni precedenti, lenergia dellabitudine immagazzinata nel corso di innumerevoli vite precedenti. Qui, anche come aggregato ha lo stesso ruolo. Ma la volizione non ha soltanto una connotazione statica ma anche dinamica, perch, proprio come le azioni attuali sono condizionate da azioni passate, cos le risposte attuali sono motivate e dirette verso una specifica direzione dalla volizione. La volizione perci ha una dimensione morale, mentre la percezione ha una dimensione concettuale e la sensazione una dimensione emotiva.Noterete che ho usato sia il termine volizione anzich formazione mentale. Questo perch i due termini rappresentano ognuno una parte del significato originale: formazione mentale rappresenta la met che viene dal passato e volizione rappresenta la met che in funzione qui e ora. La volizione e le formazioni mentali lavorano insieme per determinare le risposte che diamo agli oggetti dellesperienza e queste risposte hanno conseguenze morali, sotto forma di effetti positivi, negativi o neutri. Vediamo quindi come i fattori dellesperienza fisici e mentali lavorano insieme per produrre lesperienza personale. Per chiarire ulteriormente: mettiamo che abbiate deciso di fare una passeggiata in giardino. Mentre camminate gli occhi entrano in contatto con un oggetto visibile. Mentre lattenzione si fissa sulloggetto, la coscienza diventa consapevole delloggetto che ancora indeterminato. Laggregato della percezione ora identifica loggetto visibile definendolo, ad esempio, un serpente. A questo punto risponderete alloggetto con laggregato della sensazione, in questo caso con una sensazione spiacevole. Infine reagite alloggetto con laggregato della volizione, che vi conduce a unazione intenzionale che pu essere quella di scappare o di raccogliere un sasso.In tutte le attivit quotidiane possiamo vedere che i cinque aggregati lavorano insieme per produrre lesperienza personale. Proprio in questo momento, per esempio, c contatto tra due elementi dellaggregato forma, le lettere sulla pagina e gli occhi. La coscienza diventa consapevole delle lettere sulla pagina, laggregato della percezione identifica le parole che vi sono scritte, laggregato della sensazione produce una risposta emotiva (piacere, dispiacere o indifferenza) e laggregato della volizione risponde con una reazione condizionata, stabilizzando lattenzione, sognando, o forse sbadigliando. Possiamo analizzare tutte le nostre esperienze personali nei termini dei cinque aggregati. C un punto per che va tenuto presente sulla natura dei cinque aggregati ed che ognuno di essi in cambiamento continuo. Gli elementi che costituiscono laggregato della forma sono impermanenti e sono in stato di cambiamento continuo. Abbiamo parlato di ci nel capitolo undicesimo, quando abbiamo notato che il corpo invecchia, si indebolisce, si ammala e che anche le cose intorno a noi sono impermanenti e cambiano costantemente. Oggi possiamo rispondere ad una certa situazione con una

sensazione di piacere, domani con dispiacere. Oggi possiamo percepire un oggetto in un certo modo e pi tardi, in altre circostanze, la percezione potr cambiare. Nella penombra percepiamo una corda e la prendiamo per un serpente; il momento che loggetto viene illuminato percepiamo che una corda.Le percezioni, come le sensazioni e gli oggetti materiali della nostra esperienza sono impermanenti e sempre mutevoli. Cos anche le risposte volitive. Possiamo cambiare le abitudini, possiamo imparare a essere gentili e comprensivi. Possiamo acquisire la capacit della rinuncia, dellequanimit, ecc. Anche la coscienza impermanente e in cambiamento continuo. La coscienza sorge in dipendenza di un oggetto e di un organo sensoriale. Non pu esistere di per s. Come abbiamo visto, tutti i fattori fisici e mentali dellesperienza, come il nostro corpo, gli oggetti fisici che ci circondano, la mente, le nostre idee, sono impermanenti e sempre in mutamento. Tutti gli aggregati sono impermanenti e costantemente mutevoli. Sono processi, non cose. Sono dinamici, non statici.Qual lo scopo di questa analisi dellesperienza personale sotto il profilo dei cinque aggregati? Qual lo scopo di scomporre lunit apparente dellesperienza personale negli elementi di forma, sensazione, percezione, volizione o formazioni mentali e coscienza? Lo scopo di suscitare la saggezza del non s. Ci che vogliamo conseguire un modo di sperimentare il mondo che non sia costruito su e intorno allidea di un s. Vogliamo poter vedere lesperienza personale come un processo, come funzioni impersonali piuttosto che come un s e ci che attribuibile al s. Questo porter ad un atteggiamento di equanimit, che ci aiuter a superare i turbamenti emotivi di speranza e paura verso le cose del mondo. Speriamo nella felicit, temiamo il dolore. Speriamo di ricevere lodi, temiamo il rimprovero. Speriamo di ottenere, temiamo di perdere. Speriamo di essere famosi, temiamo lanonimato. Viviamo sempre tra speranza e timore. Sperimentiamo queste speranze e queste paure perch comprendiamo la felicit e il dolore e tutto il resto come riferiti a un s: crediamo che felicit e dolore, lode e rimprovero, ecc. siano personali. Ma una volta che comprendiamo che sono processi impersonali, e una volta che, attraverso questa comprensione, ci liberiamo dellidea di un s, possiamo superare la speranza e la paura. Possiamo guardare alla felicit e al dolore, alla lode e al rimprovero, e a tutto il resto con equanimit e con mente serena. Solo allora non saremo pi soggetti agli squilibri provocati dallalternanza tra speranza e paura.

Vigilanza, pratica della consapevolezza La concentrazione consiste come abbiamo visto nel rivolgere l'attenzione a un determinato oggetto e nel mantenerla focalizzata su un punto (ad esempio il ritmo tranquillizzante della normale respirazione) finch ci si immedesima con quel segnale e la percezione di un soggetto e un oggetto separati sfuma. Nella meditazione vipassan, la consapevolezza ha invece a che vedere con una mente aperta. Non ci si concentra pi su un solo oggetto ma si osserva in profondit contemplando i fenomeni condizionati che vanno e vengono e il silenzio della mente vuota. Per far questo bisogna lasciare andare l'oggetto; non ci aggrappa a un oggetto particolare, ma si osserva che tutto ci che sorge svanisce. Nella pratica che definisco 'ascolto interiore', si ascoltano i rumori che emergono nella mente - il desiderio, le paure, i contenuti repressi a cui non stato mai permesso di emergere pienamente alla coscienza. Adesso per, anche se affiorano pensieri ossessivi, timori o altre emozioni, siate disposti a farli emergere alla

coscienza e a lasciarli cessare spontaneamente. Se non c' nulla che viene e va, dimorate semplicemente nel vuoto, nel silenzio della mente. Conservare questo stato di vigilanza interiore, notando i contenuti che tendono a emergere ossessivamente. Se tendono a ripresentarsi puntualmente, segno evidente di attaccamento - nella forma di avversione o di infatuazione. Quindi potete cominciare a prendere coscienza dell'attaccamento, invece di tentare di eliminarlo

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