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morte. Sicch moltissimi conoscevano Borodine soltanto come chimico, anche quando era ormai famoso come musicista.

(Bibliothque Universelle, novembre 1900). 1735. Il direttore dei teatri imperiali di Pietroburgo ebbe la strana idea di me ttere in scena un'opera in quattro atti, musicata da Borodine, Cui, Mussorgski, Rimsky-Korsakov, proponendo che ognuno di essi musicasse un atto. Borodine music il quarto atto. Se non che fu tutta fatica sprecata, perch il direttore si spaven t poi della forte spesa che sarebbe occorsa per la messa in scena di tale opera e la lasci cadere. (Bibliothque Universelle, novembre 1900). 1736. Borodine lavorava troppo, e l'eccesso del lavoro logor la sua fibra robusta . Il 5 febbraio 1887 and a un ballo mascherato, travestito da contadino russo, co n un camiciotto rosso e stivaloni. Verso la mezzanotte, mentre stava pacificamen te conversando con gli amici, cadde improvvisamente a terra e pochi minuti dopo era morto. Sulla sua tomba figurano due corone: una fatta di note musicali per ricordare il musicista, e l'altra formata da formule chimiche, e propriamente dalle seguenti : C7 H5 Ofl C10 H18 - O - C10 H22 - O - C10 H20 O; sono le quattro. principali f ormule chimiche che le sue ricerche hanno fissato. (Bibliothque Universelle, nove mbre 1900). BORROMEO (San Carlo) n: 1538 - m. 1584; cardinale, arcivescovo di Milano; uno degli eroi della carit. 1737. Un predicatore, predicando il giorno di Pasqua dinanzi al cardinale San Ca rlo Borromeo arcivescovo di Milano, paragon il santo prelato a un uovo pasquale, alludendo all'usanza di dipingere gli uovi esternamente per questa circostanza. le, - Infatti disse il vostro cardinale, come l'uovo pasquale, e rosso, benedetto, m a un po' duro. (Diversitzcurieuses 1V). 1738. Il cardinal Borromeo non aveva peli sulla lingua e rispondeva fieramente a re e a papi quando si trattava dei suoi doveri. A Roma, alla corte pontificia, si pensava che il cardinale arcivescovo di Milano era troppo zelante nel suo min istero. - Vuole Sua Santit - rispose il Borromeo al papa - che la mia potest resti indifes a e che io nulla operi per mantenere illesi i diritti della Chiesa? Me lo comand i, io ubbidisco. Ma, se sono lasciato libero di servirmi delle armi spirituali c he sono a mia disposizione, io le adoprer contro chiunque, senza lasciarmi intimo rire dai pericoli che mi minacciano. (Nuova Antologia 1894). 1739. Al re di Spagna, che lo contrastava in cose inerenti al suo ministero eccl esiastico rispose: - I vostri ufficiali si sono impossessati della Rocca d'Anona che era un mio cas tello, e io non ho pronunciato parola per impedirli. Tutti i miei castelli e gli altri feudi sono soggetti a Vostra Maest, che me ne pu spogliare. Ma i diritti de lla mia Chiesa non li posso alienare, e li devo difendere anche a costo della vi ta mia. (Nuova Antologia, 1.894). 1740. Al governatore spagnolo di Milano, Albuquerque, che voleva cacciarlo, non solo dalla citt ma anche da tutti gli Stati -del re di Spagna, rispose tranquillo : - Temo di non esser degno di tanto onore. (Nuova Antologia, 1894). 1741. Stabil di andare a Torino a visitarvi la Santa Sindone; ma, per umilt e peni tenza, volle far il viaggio a piedi. Gli and incontro il duca di Savoia, che era Emanuele Filiberto, e quale non fu la meraviglia di costui quando trov il cardina le solo solo, tutto bagnato dalla pioggia, coi piedi laceri e gonfi, seduto sul margine di un fosso, con un pezzo di pane in mano e nell'altra poche noci: poi c he durante il viaggio non s'era cibato d'altro. Fu accolto a Torino come un principe. Ma appena gli ebbero assegnato la camera d ove doveva dormire, volle che si levasse da essa ogni ornamento mondano e dorm su un nudo pagliericcio. (Nuova Antologia, 1894). 1742. Il cardinal Carlo Borromeo era amicissimo di padre Filippo Neri, fondatore e capo dell'Oratorio. Ma, quando si trattava di cose inerenti al suo ufficio di arcivescovo, non guardava in faccia a nessuno. Quando a Milano scoppi la peste, egli diede per primo l'esempio ed era sempre in mezzo agli appestati a portare i l conforto della sua benedizione. Non bastando i preti regolari a portare i conf

orti della religione ai moribondi, preg i preti dell'Oratorio perch volessero aiut arlo. Ma questi si rifiutarono, dicendo che il loro ordine era stato istituito a d altro scopo. E, siccome il cardinale Borromeo insisteva, quei padri gli dissero che l'ordine di dir di no era venuto da Roma, dal loro santo fondatore. Allora il cardinale C arlo Borromeo esclam: - Quel padre Filippo dunque senza piet! Ma anche San Filippo Neri ebbe ragione pi tardi di lamentarsi di San Carlo. Costu i voleva che il Baronio lasciasse l'Oratorio e andasse a stare con lui a Milano. E San Filippo: - Quel cardinal Borromeo spoglia gli altari altrui per adornare il suo! (Nuova A ntologia, 1894). BORROMEO Federico nato a Milano nel 1564 - morto ivi nel 1631; arcivescovo di Milano. 1743. Un giorno il cardinale si trovava con Simone Porzio, quando videro uscire dall'Universit alcuni studenti di medicina vestiti, come usava allora, di nero, c on in capo il berretto, nero anch'esso. - Portano il lutto - disse il Porzio - per le grandi stragi che si preparano a f are. E il cardinale rise della battuta spiritosa e la scrisse poi, tanto gli piaceva, in una sua opera sulla medicina. (Mussi, Meneghino ride). 1744. Aveva stabilito di non accettare mai regali da nessuno per nessuna ragione ; ma, cortese, sapeva sempre rifiutarli con bel garbo. Un giorno, il curato Giambattista de' Cavalieri gli port in regalo un quadro, pic colo ma di molto pregio. Federico finse di accettare il dono con molto entusiasm o; ma poi disse: Dunque questo quadro mio. E io posso farne quello che voglio? Certo - rispose il curato. - Ebbene, allora ve lo regalo. (Mussi, Meneghino ride). 1745. Un prevosto gli aveva chiesto di essere trasferito ad altra parrocchia. - E perch mai? - domand Federico. - Cos, tanto per cambiare. Sono tanti anni che mi trovo li. Federico lo condusse allora alla finestra e gli disse: - Vedete questa piazza, queste case, questi tetti? Ebbene io li vedo da trenta a nni e sono ancora qui. (Mussi, Meneghino ride). 1746. Parlando a un certo suo servo infingardo, disse: - Cos tu perdi il tempo e io il pane che ti do. (Mussi, Meneghino ride). 1747. Richiesto da alcuni quale fosse il miglior monastero delle monache di clau sura, Federico rispose: - Quello in cui i ragni tessono indisturbati le loro ragnatele sulla grata del p arlatorio. (Mussi, Meneghino ride). 1748. Una donna d'illustre casato e molto savia esortava un giorno il cardinale Federico Borromeo ad evitare alcune cose che potevano pregiudicare la sua salute . - Ma io ormai a queste cose ci sono avvezzo da molti anni - rispose il cardinale , che non voleva far rinunzie - e non possono farmi male, come non mi hanno fatt o male sinora. E la signora, pronta: - Va bene, ma non eravate per avvezzo finora ad avere cinquantotto anni! (Mussi, Meneghino ride). 1749. Poco prima di morire, riuscite vane le cure della scienza medica, una donn a si offerse di guarire il cardinale con un rimedio di sua invenzione. I suoi me dici, tra cui Lodovico Settala, lo consigliavano ad accettare l'offerta; ma Fede rico non volle, e, celiando, diceva: - Voglio piuttosto morire che dovere la mia guarigione a una donna. (Mussi, Mene ghino ride). BORSI Giosu nato a Livorno nel 1888 - morto eroicamente nel 1915, combattendo nella guerra m ondiale; scrittore. 1750. Giosu Borsi fu uno dei pi ,brillanti attori nelle rappresentazioni classiche

di Siracusa. Un giorno gli si avvicin un Americano che aveva assistito alla rapp resentazione e che ammirava il teatro antico cos ben conservato. - Che cosa ci vorrebbe - domand l'Americano, col poco garbo dell'uomo d'affari per aver anche noi un teatro come questo in America? - Duemila anni, signore! - gli rispose Giosu Borsi. 1751. Con le sue alte conoscenze, Borsi era venuto a sapere non so che important e segreto politico. Un giornalista, che sapeva di questa sua conoscenza e voleva per curiosit essere a parte anche lui del segreto, gli si raccomand perch volesse confidarglielo. Ma Borsi rifiutava ostinatamente di svelarglielo. - Come! - esclam il giornalista, suo amico. - Non ti fideresti forse di me e dell a mia discrezione? E Borsi: - Me ne fido moltissimo, invece. Ma credo che il modo migliore di conservare un segreto sia di dimenticarlo E il modo migliore di dimenticarlo certamente... di non saperlo. 1752. Per dimostrare quanto sia facile credere di sapere ci che in realt non si sa o si sa soltanto superficialmente, egli raccontava questo aneddoto: - Una volta incontrai in un salotto un erudito di cose d'arte, Basilio Magni. At taccai discorso con lui, e siccome proprio in quei giorni m'era capitato di sfog liare alcuni volumi sull'arte dei panni d'Arazzo, con la memoria ferrea che Dio mi ha dato mi misi a sfoggiare la mia erudizione, a entrare in minuzie tecniche, a rammentare nomi ignoti di arazzieri, date, aneddoti. Dirti la stupefazione de l vecchione mi riesce impossibile. Mi pare ancora di vederlo: sgranava gli occhi esterrefatti e aveva l'aria di non credere alle proprie orecchie. Fin da allora capii com' facile fare il ciarlatano. (BORSI, Lettere scelte). BOSCO (San) Giovanni nato a Castelnuovo d'Asti nel 1815, morto a Torino nel 1888; sacerdote filantrop o, fondatore dell'Oratorio detto dei Salesiani e di parecchie altre benefiche is tituzioni. 1753. Don Bosco non aveva ancora due anni, quando gli mor il babbo, a cui era aff ezionatissimo. Tutti uscivano dalla camera dove il babbo era spirato, ma il picc olo Giovannino non voleva uscirne. La mamma, per portarlo via di l, cercava d'inv ogliarlo, promettendogli un regalo. Ma il bambino rispose: - Se non viene pap, non voglio venire neanche io. - Povero figliolo, - esclam allora la mamma - tu non hai pi padre! E scoppio a piangere. Allora pianse anche il piccolo, e pi tardi disse che era st ato il primo vero dolore della sua vita. (PIANTELLI, Da mihi animar). 1754. Giovanni aveva sette od otto anni, quando, trovandosi per alcuni giorni ne lla casa materna di Capriglio, sent dire che da parecchio tempo, sul .solaio della casa, si udivano strani rumori che la gente attribuiva al diavolo. >C'era chi ci credeva e chi no; ma una sera si sente appunto nel solaio un rumo re, come un tonfo sordo e lento, che va da un capo all'altro del solaio. uno spa vento generale; ma il piccolo Giovanni non ha paura, e presa una candela, si avv ia al terribile solaio, seguito da qualcuno dei pi coraggiosi. Fruga in ogni ango lo buio. Niente. A un tratto si trova innanzi a un cesto che cammina lentamente verso di loro. I compagni se la dnno a gambe. E il piccolo Giovanni va invece inc ontro al cesto peripatetico e, sollevandolo, vi scopre sotto una grossa gallina. Allora si spiega tutto: la gallina stava beccando, quando il ,cesto le era cadu to sopra, e la povera bestia si moveva per liberarsi dalla prigionia. (PIANTELLI , Da mihi animas). 1755. Amava molto le bestie e tra queste in special modo gli uccellini. Aveva un a gazza che aveva addomesticata con pazienza, e un giorno, vedendo che mangiava di gusto le ciliegie, gliene diede, a una alla volta, tutto un cestello. Qualche ora dopo, tornando dal lavoro, trov la gazza morta. - Sfido io! - gli disse la mamma. - Le hai fatto ingoiare un cestello intiero di ciliege. -Ho capito che erano troppe - rispose il ragazzo; - ma vedendo che le ingoiava c on gusto, aspettavo che dicesse: Basta. - E infatti ha detto basta, a modo suo - osserv la mamma - come certi ragazzi gol osi! (PIANTELLI, Da mihi animas).

1756. Giovanni, sin da fanciullo, era studiosissimo e passava tutti i momenti li beri a leggere i libri che poteva procurarsi. I fanciulli della sua et si stizziv ano che il loro coetaneo, invece di partecipare ai loro giuochi, si appartasse s ui libri, e anzi una volta minacciarono addirittura di bastonarlo, se non accett asse il loro invito di giocare sul prato. - Battetemi pure - rispose Giovanni; - ma lasciatemi studiare. (PIANTELLI, Da mi hi animas). 1757. Il povero Giovanni avrebbe voluto studiare da prete, ma non ne aveva i me zzi. Un giorno, tornando da una predica, incontr don Calosso, un buon sacerdote d el luogo, che gli domand di dove venisse, e, saputo che veniva dalla predica, gli disse: - Ma che cosa ne avrai potuto capire, alla tua et? Il ragazzo ne rimase piccato e, per far vedere al pio sacerdote che aveva capito , gli ripetette tutto quel che il predicatore aveva detto, facendo strabiliare d on Calosso, che, commosso, gli domand: - Chi sei? Chi sono i tuoi genitori? E, saputolo, volle che la mamma andasse da lui. Alla mamma poi disse che sarebbe stato peccato non far studiare quel bravo ragazzo; perci si offriva di fargli le zione lui, gratuitamente, come infatti fece per pi anni, preparandolo al ginnasio . (PIANTELLI, Da mihi animas). 1758. Il piccolo Giovanni aveva un fratello bestiale, a nome Antonio, il quale n on voleva assolutamente che Giovanni perdesse il tempo sui libri. - Non c' bisogno di libri, per vivere - diceva; - e io sono diventato grande e fo rte, senza aver mai ficcato il naso in codeste scartoffie. - Bel ragionamento! - rispose il ragazzo. - Anche il nostro asino cresciuto senz a legger libri, ed anche pi forte di te. Vorresti rassomigliargli? Ma dovette far presto a scappare, altrimenti Antonio l'avrebbe picchiato, sonora mente. (PIANTELLI, Da mihi animas). 1759. Finiti gli studi che poteva fare in paese con l'aiuto di don Ca lesso, Gio vanni and a frequentare il ginnasio a Chieri, mantenuto agli studi dalla carit di alcuni benefattori. Il professor Cima, vedendo entrar nella classe questo ragazzetto che era alto e grosso, esclam: - Questo o una talpa o un genio! Giovanni, pronto: - Qualcosa di mezzo, signor professore! La risposta piacque al professore, che prese a benvolere il ragazzo. (PIANTELLI, Da mihi animas). 1760. Giovanni aveva una forza straordinaria. Una volta, mentre entrava in class e a Chieri, quattro compagni gli saltarono uno dopo l'altro sulle spalle. Egli l i lasci fare; poi prese le braccia di quello che era sopra agli altri, le serr in modo da legar i due di sotto, e li port tutti nel cortile. I poveretti strillavan o; ma Giovanni, impassibile, seguit a portarli, fin che li ebbe ricondotti a scuo la, e solo allora li lasci andare. Scherzi di quel genere, da quel giorno non gli ene fecero pi. (PIANTELLI, Da mihi animas). 1761. Sin dalla pi tenera et, don Bosco ebbe la passione di radunare attorno a se i monelli di strada per divertirli e nello stesso tempo per catechizzarli. E, ap punto per attrarli, aveva imparato tante piccole cose che ai ragazzi piacciono, come far giuochi di destrezza e di agilit. Una volta, sulla piazza di Chieri, c'e ra un saltimbanco. Giovanni lo sfid a chi faceva meglio, e diede prove meraviglio se di abilit, vincendo il rivale nei salti e nella corsa, e poi anche come equili brista. La scommessa era di ottanta lire, che furono cos guadagnate da Giovanni, in mezzo alle grida festose di tutti i ragazzi che volevano portarlo in trionfo. Ma Giovanni era anche pietoso, e non volle accettare i denari; si accontent che il saltimbanco pagasse da mangiare ai ragazzi presenti. (PIANTELLI, Da mihi anim as). 1762. Bravissimo era poi nei cosidetti giuochi di prestigio, e della sua abilit s i serviva per divertire gli amici e combinar scherzi stupendi. Vittima di questi scherzi fu a Chieri il suo padrone di casa, il Maestro Cumino, che, nella sua s emplicit, non sapendo spiegare i giuochi, li credeva diavolerie.

Una volta il Cumino, portando a tavola una superba galantina che aveva fatta egl i stesso, nello scoprire il piatto, ne vide venir fuori una gallina viva che, sp aventata, si mise a svolazzar per la tavola. Un'altra volta, nell'atto di rovesc iare la pentola dei maccheroni nel colabrodo, vide uscirne fuori solo della crus ca. Il poveretto ne restava sbalordito, e voleva licenziare l'ospite. Alla fine, per scarico di coscienza, lo denunzi al canonico Burzio, curato del duomo di Chi eri, come stregone. (PIANTELLI, Da mihi animas). 1763. Il canonico Burzio lo sottopose a un vero e proprio interrogatorio. - vero - gli domand - quello che dicono di te, che conosci il pensiero degli altri e fa i comparire il bianco nero? Per tutta risposta, Giovanni gli domand che ore fossero; ma, quando don Burzio an d per prender l'orologio, non se lo trov pi in tasca. - Ebbene - riprese il ragazzo - mi dia invece cinque centesimi. Il canonico frug e non trov pi il borsellino.. - Queste - riprese Giovanni Bosco - non sono stregonerie, ma tutto un giuoco di destrezza e di trucchi preparati prima. Il suo orologio e il borsellino sono sot to quel paravento l. Il canonico rise di gusto; e di stregonerie non si parl pi. (PIANTELLI, Da mihi an imas). 1764. Don Bosco cominci per tempo il suo apostolato. Mentre era ancora in seminar io, approfittava di ogni uscita, nelle vacanze, per farsi amico dei piccoli mone lli abbandonati per le strade e dava loro regaletti e buone parole. Quando poi l a domenica i seminaristi, in fila, si recavano alla Cattedrale per la messa o pe r altre sacre funzioni, i suoi piccoli clienti lo attendevano al passaggio, per vederlo, riceverne uno sguardo e andarsene felici. Una volta i presenti udirono questo dialogo tra due monelli di strada: - Vedi quel chierico dai capelli ricciuti? Ebbene il nostro amico. - Il nostro amico? Come mai? - Ah, sapessi come buono! (PIANTELLI; Da mihi animas). 1765. Da giovane, in seminario, Giovanni Bosco era diventato grande amico di un altro santo giovane, Comollo, il quale di l a poco mori. Tra i due si era stabili to un patto: che chi morisse prima sarebbe venuto ad assicurare l'altro sulla sa lute eterna. Il ricordo di quel patto turbava lo spirito di Giovanni, quando. l' amico mor. Una notte che, ripensandoci, non poteva dormire, senti come il rumore di un grosso carro che si avvicinasse, e il rumore a mano a mano cresceva, tanto da far tremare tutto il dormitorio. Spaventati, i giovani chierici fuggirono da i loro letti. E allora, in mezzo a quel boato, molto simile a un tuono, s'ud chia ra la voce del defunto Comollo, che disse tre volte: - Bosco, io sono salvo! Don Bosco ebbe paura, come confess pi tardi, tanto che si ammal gravemente. (PIANTE LLI, Da mihi animas). 1766. Quando ebbe finito gli studi, don Bosco si trov a un bivio difficile: non s apeva se farsi prete o frate. Domand consiglio alla mamma, e le disse che, tra l' altro, era riluttante a farsi frate anche per non abbandonare nella miseria lei, che aveva speso tanto e fatti tanti sacrifici per lui. - Ascolta la tua vocazione e basta - gli rispose la mamma; - in quanto a me, io sono povera e tale voglio rimanere. Anzi fin da ora ti dico che, se per un caso tu diventassi ricco, io non vorrei neanche pi vederti. (PIANTELLI, Da mihi animas ). 1767. I principii della santa impresa di don Bosco furono molto umili. Uno dei p rimi locali per l'oratorio era una tettoia circondata da un prato; e una parte d ella tettoia fu da don Bosco cambiata in cappella. Ma erano locali cos bassi, che , quando venne a visitarli l'arcivescovo, monsignor Fransoni, nel salire sul pal co improvvisato per pronunziare un discorso, batt con la mitra sulla volta. Allor a, togliendosela, disse con un sorriso: - Ho capito, bisogna essere rispettosi con questi monelli e parlar loro a capo s coperto. Don Bosco sorrise; ma di l a qualche anno, in quello stesso posto, edific la chies a di Maria Ausiliatrice, cos alta che la statua della Madonna domina tutta Torino . (PIANTELLI, Da mihi animas).

1768. Nel 1847, don Bosco fece l'acquisto della casa per l'Oratorio, comprandola da certo Pinardi per trentamila lire. Ma le trentamila lire non c'erano, come s i pu ben immaginare; e ci dovevano essere entro quindici giorni, altrimenti c'era una penale di centomila lire. La madre di don Bosco ne era preoccupatissima; ma don Bosco era calmo e sereno come sempre. - Il denaro non c' - diceva; - ma lo troveremo. alla mamma: Dimmi un po', se tu avessi il denaro, non me lo daresti? - Certamente. -E allora perch supporre che Dio, il quale nostro padre e tanto pi ricco di noi, p ossa esser meno generoso? Infatti otto giorni dopo i denari erano trovati. (PIANTELLI, Da mihi animas). 1769. Gli oratorii fondati da don Bosco erano molto chiassosi, e pervenivano all a polizia molti reclami di privati, disturbati da tutto quel baccano. Se ne occu p personalmente il marchese Cavour, padre del grande statista, che era allora cap o della polizia a Torino. Chiam il giovane sacerdote e gli intim di smettere, mina cciandogli in caso contrario la prigione. - In prigione si mandano i delinquenti - rispose don Bosco, per nulla spaurito e non un prete che cerca di far del bene. Tuttavia le cose si sarebbero messe male, se non fosse intervenuto personalmente il re Carlo Alberto che scrisse: t mia intenzione che queste adunanze festive si ano permesse e anzi protette: 'se c' pericolo di disordine si studi il modo di pr evernirlo e d'impedirlo. Il marchese di Cavour dovette piegare il capo. (PIANTELL I, Da mihi animas). 1770. I ragazzi dell'Oratorio erano terribili birichini e ne combinavano di tutt i i colori. Una volta sconfinarono nell'orticello di mamma Margherita, la madre del santo, e vi fecero molto guasto. La povera donna ne era sbigottita. Don Bosco cerc di confortarla, dicendole: - Che cosa vuoi farci? Sono giovani! Un'altra volta, che mamma Margherita, perduta la pazienza per altre birichinate dei ragazzi, voleva tornarsene al suo paesello, don Bosco, senza dirle una parol a, le addit il Crocifisso appeso al, muro. La buona donna cap la lezione e, con gli occhi umidi di pianto, mormor umilmente: - Hai ragione, hai ragione. (PIANTELLI, Da mihi animas). 1771. L'apostolato di don Bosco dava ai nervi a molti, ma anche coloro che gli v olevano bene trovavano esagerato il suo zelo, tanto da ritenerlo pazzo. Una sera don Bosco stava sorvegliando la ricreazione dei suoi monelli in cortile, quando arriv una carrozza chiusa. Ne scesero due sacerdoti, che invitarono don Bosco a far una passeggiata con loro in carrozza. Don Bosco cap subito che si voleva atti rarlo in carrozza per portarlo in una casa di salute; finse di acconsentire, ma volle che i due sacerdoti, come pi anziani di lui, salissero nella carrozza per p rimi, e quando li vide ben accomodati, chiuse lo sportello e ordin con premura al cocchiere: - Presto, li porti in manicomio, dove costoro sono aspettati. (PIANTELLI, Da mih i animas). 1772. Un giorno don Bosco, ormai prete e nel pieno esplicamento della sua missio ne a favore dei ragazzi abbandonati, passando per una piazza, incontr uno dei rag azzi del suo oratorio che tornava dall'aver fatto la spesa per la mamma, e porta va in mano due bottiglie, una d'olio e una d'aceto, che aveva comprate. Vedendo don Bosco, fu tale la sua gioia che, senza pensare ad altro, si mise a saltare e a gridare: Viva don Bosco! Ma, nel batter le mani, le due bottiglie che aveva mes so sotto il braccio caddero a terra, e il liquido si sparse per la piazza. Al ru more dei vetri infranti, il ragazzo si mise a piangere, dicendo che la madre lo avrebbe bastonato. - - un male a cui si rimedia subito - disse don Bosco; e lo condusse a una botte ga vicina, pregando la bottegaia di fornire al piccolo stordito quel che aveva p erduto. La brava donna, saputo di che si trattava, non volle esser pagata. (PIAN TELLI, Da mihi animas). 1773. Un giorno, mentre don Bosco stava per cominciare la lezione di catechismo nel suo Oratorio, vi giunsero, per visitarlo, due preti. Don Bosco preg che uno d

i essi parlasse in vece sua ai ragazzi. E infatti uno, il pi anziano, parl ai giov ani, ma tanto bene che don Bosco, edificato, volle sapere chi fosse. L'altro allora fece le presentazioni. - Questo reverendo - disse - l'abate Rosmini. Don Bosco aveva una profonda ammirazione per il Rosmini e ne rest gradevolmente s orpreso. - Come! Rosmini, il filosofo? - Che filosofo!! - rispose modestamente Rosmini. - Quello che ha scritto tanti bei libri? - Oh, s, ho scritto qualche libretto! (PIANTELLI, Da mihi animas). 1774. Don Bosco non credeva esaurito il suo apostolato con l'oratorio; e faceva del bene sempre, come e quando poteva. Una sera trov per strada alcuni vagabondi che, interrogati da lui, dissero di non aver un letto per dormire. Don Bosco li port a casa sua, e diede loro il suo letto coricandosi lui sulla paglia. Ma, la m attina dopo, s'accorse che i giovinastri erano scomparsi e con loro eran scompar se pure le lenzuola. Il primo tentativo di un ospizio per la giovent abbandonata finiva miseramente cos. (PIANTELLI, Da mihi animas). 1775. Accanto all'Oratorio erano sorte tante altre istituzioni tutte dovute a do n Bosco: collegi, scuole, missioni, scuole professionali. E a queste erano annes si laboratori, provvisti di ogni necessario attrezzo. Un giorno visit uno di ques ti laboratori un giovane prete lombardo, che rest ammirato della modernit dell'att rezzatura e non seppe far a meno dal dimostrare tale sua maraviglia a don Bosco che lo accompagnava nella visita. - Non si maravigli - rispose il sant'uomo. - Anche in questo, io voglio essere a ll'avanguardia. Quel giovane 'sacerdote lombardo si chiamava don Achille Ratti, che fu poi il pa pa Pio XI e canonizz don Bosco. (PIANTELLI, Da mihi animas). 1776. A un certo momento, nella vita di don Bosco comparve, come suo protettore, un misterioso cane, che molti videro, ma che nessuno seppe di dove veniva e dov e poi and a finire. Una sera che alcuni malintenzionati avevano aggredito don Bosco, il cane sbuc fuo ri all'improvviso e prese cos bene le difese del santo prete, che i suoi aggresso ri se la diedero a gambe. Da allora il cane si faceva ogni tanto vedere, prendeva le carezze che don Bosco e i suoi amici gli prodigavano e poi se ne and ava. E ogni volta che don Bosco era minacciato da qualche pericolo, il cane -sbu cava fuori, non si sa donde, per portare il suo aiuto. Una sera che per la nebbi a il santo uomo s'era smarrito per certe vie deserte, il cane ricomparve e gli f ece da guida. In ogni cosa che don Bosco gli comandasse, obbediva fedelmente. An dava via, quando il santo non lo voleva; tornava, quando il santo lo chiamava a s. (PIANTELLI, Da mihi animas). 1777. La specialit di don Bosco era di accingersi a imprese che avrebbero fatto t remar i cuori pi saldi, e per di pi senza mezzi, assistito solo da una gran fede. Quando stabil di erigere a Torino la chiesa di Maria Ausiliatrice che doveva esse re degna di tanta protettrice, non aveva il becco di un quattrino. Ci non di meno , fu fatta in gran pompa la cerimonia della posa della prima pietra, in presenza delle autorit e del cardinale. Finita la funzione, si avvicin all'architetto Buzz etti e, celiando, gli disse: - Pagare non ti posso; ma un acconto te lo voglio dare. Non so se sar molto, ma c erto tutto quello che ho. Cos dicendo, trasse di tasca il borsellino e lo vuot nelle mani del Buzzetti. C'er ano otto soldi! - Sta' tranquillo.- gli disse don Bosco, leggendo negli occhi del Buzzetti una g ran maraviglia. - Avremo tutto il denaro che occorre. Fidati di me! (PIANTELLI, Da mihi animas). 1778. Quando si doveva tenere a Roma il Concilio per dichiarare l'infallibilit de l Papa, c'erano tra i prelati due correnti: chi riteneva opportuna tale dichiara zione e chi no. Don Bosco era per l'infallibilit; ma tra gli avversari c'era mons ignor Audisio, dottissimo prelato. Costui, con l'idea di convertire don Bosco al la sua opinione, si rec dal santo uomo e discusse con lui a lungo, svolgendo l'ar gomento con una bella e persuasiva eloquenza. Quando credeva gi di aver persuaso

don Bosco, questi gli disse: - Io sono un povero ignorante, in confrontGSPLIT:uPalazzi-Zanichelli 1.txtArchivio GSplit&{5F9160D1-68ED-4692-9DC5-DA0556BA26AC}smUni$

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