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NI NO Z ANGH

APPUNT I DI
METODI MAT EMAT I CI
DEL L A F I SI CA
UNI VERSI T DI GENOVA
Indice
I Metodi matematici di base 1
1 Numeri complessi 7
2 Vettori e operatori 29
3 Autovalori e autovettori 49
4 Successioni e serie 67
5 Derivate e integrali 99
6 Fisica ed equazioni alle derivate parziali 131
II Metodi di Fourier 143
7 Equazioni alle derivate parziali 151
8 Lequazione di Laplace 161
9 Polinomi omogenei e armoniche sferiche 189
II
10 Delta di Dirac, convoluzioni e nuclei 199
11 Problemi al contorno per le onde e il calore 217
12 Tre vie che portano a Fourier 241
13 Propriet delle serie di Fourier 263
14 Funzioni ortogonali e serie di Fourier 271
15 Teoria di Sturm-Liouville 301
16 Integrali di Fourier 331
17 La trasformata di Laplace 371
III Metodi di analisi complessa 395
18 Funzioni analitiche 399
19 Teorema dei residui e calcolo di integrali 427
20 Il cuore della teoria delle funzioni analitiche 459
21 Miscellanea di applicazioni 497
IV Metodi di analisi asintotica 525
22 Integrali di Fourier e metodo della fase stazionaria 529
III
23 Integrali di Laplace e serie asintotiche 541
Parte I
Metodi matematici di base
Indice
1 Numeri complessi 7
1.1 Algebra 7
1.2 Geometria 10
1.3 La formula di Eulero 11
1.4 Aritmetica e trigonometria 13
1.5 Funzioni complesse 13
1.6 Il teorema fondamentale dellalgebra 15
1.7 Visualizzazione delle funzioni complesse 16
1.8 Funzioni analitiche 16
Problemi 18
Soluzioni 20
2 Vettori e operatori 29
2.1 Spazi vettoriali 29
2.2 Basi e dimensione 31
2.3 Matrici 33
2.4 Cambiamenti di base 35
2.5 Operatori lineari 36
2.6 Spazi dotati di prodotto scalare e norma 38
2.7 Basi ortonormali 40
2.8 Forme lineari e spazio duale 43
4 appunti di metodi matematici della fisica
Complementi 46
3 Autovalori e autovettori 49
3.1 Operatori autoaggiunti e unitari 49
3.2 Autovalori e autovettori 51
3.3 Teorema spettrale per operatori autoaggiunti 56
3.4 Teorema spettrale per operatori normali 58
3.5 Funzione di un operatore 59
3.6 Assi principali di inerzia 62
3.7 Rotazioni e decomposizione di un operatore lineare 63
4 Successioni e serie 67
4.1 La nozione di limite di una successione 67
4.2 La nozione di successione di Cauchy 68
4.3 Serie innita di numeri complessi 69
4.4 Successioni e serie di funzioni 70
4.5 Convergenza uniforme e scambio di limiti 73
4.6 Serie di potenze complesse 75
4.7 Funzioni complesse denite da serie di potenze 78
4.8 Raggio di convergenza e singolarit 81
4.9 Lesponenziale e le funzioni intere 82
Problemi 84
Soluzioni 86
Complementi 91
5 Derivate e integrali 99
5.1 La nozione di derivata 99
5.2 Derivate di trasformazioni non-lineari 102
5.3 Applicazioni ai sistemi dinamici 105
5.4 La nozione di integrale 110
INDICE 5
5.5 Integrali di linea, di supercie e di volume 112
5.6 Integrali impropri 115
5.7 Convergenza uniforme di integrali impropri 118
5.8 Derivazione sotto il segno di integrale 119
5.9 Integrali di gaussiane 120
Complementi 124
6 Fisica ed equazioni alle derivate parziali 131
6.1 Introduzione 131
6.2 Equazioni di Maxwell 131
6.3 Equazione di continuit 132
6.4 Equazione di Laplace 133
6.5 Equazione delle onde 134
6.6 Equazione del calore 136
6.7 Equazione di Navier-Stokes 137
6.8 Equazione di Hamilton-Jacobi 138
6.9 Equazione di Schrdinger 140
1
Numeri complessi
Indice
1.1 Algebra 7
1.2 Geometria 10
1.3 La formula di Eulero 11
1.4 Aritmetica e trigonometria 13
1.5 Funzioni complesse 13
1.6 Il teorema fondamentale dellalgebra 15
1.7 Visualizzazione delle funzioni complesse 16
1.8 Funzioni analitiche 16
Problemi 18
Soluzioni 20
Girolamo Cardano (15011576?) stato
un matematico italiano. Parte della
soluzione dellequazione cubica, che
pubblic nella sua opera Ars Magna
gli era stata comunicata da Tartaglia.
Cardano sostenne di averne pubblicato
il testo solo quando era venuto a sa-
pere che Tartaglia avrebbe appreso la
soluzione da Scipione Del Ferro.
1.1 Algebra
Non sono state le equazioni quadratiche ax
2
+ bx + c = 0, la cui
formula risolutiva nota sin dallantichit,
x =
b

b
2
4ac
2a
,
a portare ai numeri complessi. Il valore negativo del discriminante
b
2
4ac non fu mai considerato come segnale dellesistenza di un
nuovo tipo di numeri, per i quali

1 ha senso. Fu invece sempre
interpretato come unindicazione che la parabola y = ax
2
e la retta
y = bx c non hanno punti di intersezione. Occorre tenere presente
che no all800 si son sempre cercate soluzioni reali o positive delle
equazioni algebriche.
Furono invece le equazioni cubiche a portare ai numeri complessi.
In breve, la storia questa. Girolamo Cardano, basandosi sui lavori
8 appunti di metodi matematici della fisica
di Niccol Tartaglia e Scipione Del Ferro, pubblica nel suo Ars Magna
del 1545) la formula
x =
3
_
q +
_
q
2
p
3
+
3
_
q
_
q
2
p
3
(1.1)
per lequazione di terzo grado A questo proposito Richard Feynman
scrisse: lo sviluppo di pi grande im-
portanza per la matematica in Europa
fu la scoperta di Tartaglia che si pu
risolvere unequazione cubica: sebbene
di poco uso in s stessa, questa scoper-
ta deve essere stata meravigliosa da
un punto di vista psicologico. Aiut
molti nel Rinascimento a liberarsi dall
intimidazione che provavano verso gli
antichi.
x
3
= 3px +2q .
La formula (1.1) non era nota nellantichit. Pochi decenni dopo
la scoperta di Cardano, Raffaele Bombelli si rese conto che cera
qualcosa di strano e paradossale riguardo a questa formula. Bombelli
consider lequazione x
3
= 15x + 4, per cui la formula di Cardano
fornisce
Raffaele Bombelli (15261572) stato
un matematico e ingegnere italiano. La
sua opera fondamentale, Lalgebra, fu
pubblicata nel 1572.
x =
3

2 +11i +
3

2 11i ,
(con la notazione moderna i

1 introdotta da Leonard Euler


circa duecento anni dopo Bombelli). Ma Bombelli sapeva che x = 4
soluzione dellequazione. Come metter daccordo questo con la
formula di Cardano?
La congetturare ardita di Bombelli fu che
3

2 +11i = 2 + ni e
3

2 11i = 2 ni, dove n un numero da determinarsi. Se fosse


cos, x = 4 sarebbe conseguenza della formula di Cardano. Ma quali
devono essere le regole algebriche di manipolazione per numeri
del tipo A = a + i a, in modo che sia davvero cos? Le seguenti:
(1) A + B = (a + i a) + (b + i

b) = (a + b) + i( a +

b).
(2) AB = (a + i a)(b + i

b) = ab + i(a

b + ab) + i
2
a

b
= (ab a

b) + i(a

b + ab).
(avendo usato i
2
= 1). Se si utilizzano queste regole si pu mostrare
facilmente che (2 i)
3
= 2 11i (esercizio).
y
x
B
A
A +B
y
x
B
A
AB Figura 1.1: Somma e prodotto di
numeri complessi, visti come vettori nel
piano R
2
.
Il lavoro di Bombelli fu importante perch contribu a far ma-
turare la consapevolezza che problemi, formulati completamente
nellambito dei numeri reali e di cui si cercavano soluzioni reali, per
numeri complessi 9
essere risolti richiedevano comunque unaritmetica complessa come
strumento di calcolo, basata sulle regole algebriche (1) e (2).
Tuttavia, questa nuova aritmetica rimase abbastanza misteriosa
no a che, con Jean-Robert Argand e Carl Friedrich Gauss, non si
diede una rappresentazione geometrica nei numeri complessi come
punti del piano R
2
per i quali le operazioni di somma e prodotto
hanno un chiaro signicato geometrico. Si vedano le gure 1.1 e 1.2.
La gura 1.1 mostra che la somma di due numeri complessi A
e B data dallusuale regola del parallelogramma per la somma
dei vettori corrispondenti. Dalla regola algebrica (2), si dimostra
facilmente (esercizio) che il prodotto AB il numero complesso che
forma un angolo con lasse reale pari alla somma degli angoli di A e
B e la cui lunghezza il prodotto delle lunghezze di A e B.

O
z = x +iy
z = x iy
x
y
r
=
|
z
|
Figura 1.2: Rappresentazione geometri-
ca dei numeri complessi; z = x iy il
complesso coniugato di z = x + iy ed
la riessione di z rispetto allasse reale
Terminologia e notazioni Con riferimento alla gura 1.2, ter-
minologia e notazioni per i numeri complessi sono riassunte dalla
seguente tabella:
Nome Signicato Notazione
modulo di z lunghezza r di z [z[
argomento (o fase) di z angolo di z arg (z)
parte reale di z coordinata x di z Re (z)
parte immaginaria di z coordinata y di z Im(z)
numero immaginario multiplo reale di i
asse reale insieme dei numeri reali
asse immaginario insieme dei numeri immaginari
piano complesso insieme dei numeri complessi C
complesso coniugato di z riessione di z rispetto allasse reale z
La gura gura 1.2 mostra che il numero complesso z = x + iy
pu essere anche rappresentato in termini delle sue coordinate polari
r e . Per esprimere questo simbolicamente, scriviamo
z = r ,
dove il simbolo serve a ricordare che langolo di z (con lasse
reale). In questa rappresentazione polare, la regola del prodotto
risulta particolarmente semplice:
(r)(R) = rR( + ) .
Prima di continuare, si raccomanda vivamente di fare un po
di pratica con laritmetica complessa. Ci si convinca, ad esempio,
della validit dei seguenti fatti, con ragionamenti sia algebrici sia
geometrici:
Re (z) =
1
2
(z + z) Im(z) =
1
2i
(z z) [z[ =
_
x
2
+ y
2
tan(arg(z)) =
Im(z)
Re (z)
zz = [z[
2
r = r(cos + i sin )
10 appunti di metodi matematici della fisica
Denito (1/z) come quel numero complesso tale che (1/z)z = 1,
ne segue che
1
z
=
1
r
=
1
r
() .
Ecco altre formule su cui fare pratica:
R
r
=
R
r
( )
1
z
=
1
x + iy
=
x
x
2
+ y
2
i
y
x
2
+ y
2
(1 + i)
4
= 4 (1 + i)
13
= 2
6
(1 + i) (1 + i

3)
6
= 2
6
(1 + i

3)
3
(1 i)
2
= 4i
(1 + i)
5
(

3 + i)
2
=

2(/12) r = r()
z
1
+ z
2
= z
1
+ z
2
z
1
z
2
= z
1
z
2
z
1
/z
2
= z
1
/z
2
.
Inne, la disuguaglianza triangolare generalizzata:
[z
1
+ z
2
+ . . . z
n
[ [z
1
[ +[z
2
[ + . . . +[z
n
[ .
Esercizio: quando si ha uguaglianza?
1.2 Geometria
Una traslazione del piano complesso data dalla trasformazione
z z + b, dove b un numero complesso. Per ogni complesso a,
la trasformazione z az rappresenta uno stiramento del piano
di un fattore [a[ (compressione o espansione a seconda se [a[ < 1 o
[a[ > 1), combinata con una rotazione del piano di un angolo pari
ad arg(a) (si osservi che sia la dilazione sia la rotazione sono centrate
nellorigine). Potremmo chiamare z az una stiro-rotazione; si veda
la gura 1.3
60
0
Figura 1.3: Stiro-rotazione: Il triangolo
giallo prima dilatato nel triangolo blu
e questultimo ruotato di 60
o
.
Nel disegnare la gura, abbiamo scelto a = 1.5(60
0
). Consideria-
mo lazione di z az su un triangolo. La prima gura a sinistra
rappresenta la dilatazione (con fattore di scala 1.5), rispetto allori-
gine, che trasforma il triangolo di partenza giallo nel triangolo blu.
La gura nel centro rappresenta la rotazione di 60
0
di questultimo,
sempre rispetto allorigine. Il triangolo rosso leffetto nale della
numeri complessi 11
trasformazione. Si osservi che dilatazioni e rotazioni commutano:
avremmo potuto prima ruotare e poi dilatare e saremmo comunque
arrivati allo stesso risultato. E la ragione chiara: il prodotto tra nu-
meri complessi ha lusuale propriet commutativa del prodotto tra
numeri.
Operazioni vettoriali La seguente denizione
a b = ab . (1.2)
fornisce una buona nozione di prodotto scalare tra numeri complessi
che si riduce allusuale quadrato del modulo quando a = b ( e quindi
alla norma usuale per i numeri complessi). Si osservi linvarianza Notare che a differenza dellusuale
prodotto scalare reale, a b ,= b a.
Si ha infatti, b a = ba = a b. Il
prodotto scalare complesso lesempio
pi semplice di forma hermitiana o
sesquilineare.
del prodotto scalare (1.2) per rotazioni: u = e
i
produce una rotazione
di un angolo attorno allorigine, e quindi
(ua) (ub) = ua(ub) = uaub = (uu)ab = ab = a b .
interessante osservare che il prodotto scalare complesso contiene
informazione sia sul prodotto scalare reale sia sul prodotto vettore
dei vettori a e b associati ai numeri complessi a e b. Si ha infatti
a b = a b + i(a b) , (1.3)
Figura 1.4: Il prodotto vettore larea
(con segno) del parallelogramma
denito dai due vettori ed nella
direzione ortogonale al piano.
dove (a b) larea (con segno) del parallelogramma denito
dai due vettori (la sua direzione ortogonale al piano, si veda la
gura 1.4).
1.3 La formula di Eulero
Leonhard Euler, noto in Italia come
Eulero (17071783), stato un matema-
tico e sico svizzero. noto per essere
tra i pi prolici di tutti i tempi ed ha
fornito contributi cruciali in svariate
aree: analisi innitesimale, funzioni
speciali, meccanica razionale, meccani-
ca celeste, teoria dei numeri, teoria dei
gra.
Una delle formule pi importanti dellalgebra complessa la formula
e
i
= cos + i sin (1.4)
scoperta da Eulero intorno al 1740. Con questa formula la moltipli-
cazione dei numeri complessi diventa ovvia. Da essa si ha infatti
z = r = re
i
, da cui, usando le propriet dellesponenziale
_
re
i
_ _
Re
i
_
= rRe
i(+)
Per spiegare la formula di Eulero, occorre in primo luogo domandar-
si: che cosa signica il simbolo e
i
? Le regole dellalgebra (somma
e prodotto di numeri complessi), infatti, non ci dicono nulla su che
cosa si debba intendere con il simbolo e
i
.
Lapproccio moderno di considerare la (1.4) una denizione di
e
i
. Da un punto di vista logico, questo modo di procedere
ineccepibile. Ma, da un punto vista concettuale, ne risulta una ca-
renza nella comprensione della formula. Comprendere la formula,
12 appunti di metodi matematici della fisica
signica capirne il senso e in che modo pu essere giusticata (non
dimostrata!). Dopo tutto, la (1.4) fu per Eulero una scoperta e non
semplicemente una denizione!
Una prima giusticazione si basa sul noto sviluppo di Taylor
dellesponenziale reale,
e
x
= 1 + x +
x
2
2!
+
x
3
3!
+ . . .
Se supponiamo che questa formula continui a valere per immaginari
puri e sostituiamo x = i, otteniamo
e
i
= 1 + i +
(i)
2
2!
+
(i)
3
3!
+ . . . .
Se adesso usiamo le propriet algebriche dellelevazione a potenza
dellunit immaginaria i
2
= 1, i
3
= i i
2
= i, i
4
= i i
3
=
1, i
5
= i i
4
= i, . . . e raggruppiamo i termini nello sviluppo di
Taylor, otteniamo
e
i
=
_
1

2
2!
+

4
4!


6
6!
+ . . .
_
+ i
_


3
3!
+

5
5!


7
7!
+ . . .
_
.
Riconosciamo la prima parentesi come lo sviluppo in serie del coseno
e la seconda come quella del seno. Quindi,
e
i
= cos + i sin .
y
x
Figura 1.5: Formula di Eulero e moto
circolare uniforme di raggio 1 con
velocit angolare unitaria.
C unaltra giusticazione della formula, che particolarmente
interessante perch basata su un ragionamento cinematico: si assuma
che Z = Z(t) = e
it
descriva lorbita di un punto nel piano, con
condizione iniziale Z
0
= Z(0) = 1. Allora la velocit del punto
V = ie
it
= iZ. Questo signica che Z soddisfa lequazione
dZ
dt
= iZ. (1.5)
Per quanto visto nella sezione precedente, la moltiplicazione per i
equivale ad una rotazione antioraria di 90
0
, il che vuol dire che la
velocit del punto pari al raggio vettore del punto ruotato di 90
0
.
Tenuto conto della posizione iniziale, la velocit iniziale allora
V
0
= i. C un solo movimento che ha queste caratteristiche: il moto
circolare uniforme di raggio 1 con velocit angolare unitaria. Questo fatto
illustrato dalla gura 1.5. La legge oraria dellorbita dunque
Z(t) = cos t + i sin t
e la formula di Eulero risulta cos giusticata.
numeri complessi 13
1.4 Aritmetica e trigonometria
Lutilit dei numeri complessi in aritmetica e trigonometria pu
essere apprezzata facendo i seguenti eserizi.
Esercizio 1.1. Poich una formula di aritmetica che utilizzeremo
spesso, si chiede di dimostrare che la somma di una progressione
geometrica data dalla formula
1 + z + z
2
+ . . . + z
n
=
z
n+1
1
z 1
(1.6)
Esercizio 1.2. Sia z = re
it
, r < 1. Dimostrare che
1 [z[
2
[e
i
z[
2
=
1 r
2
1 2r cos(t ) + r
2
= Re
_
e
i
+ z
e
i
z
_
. (1.7)
Soluzione di 1.3. Per brevit, si ponga
C cos , S sin e si consideri
e
i3
= cos 3 + i sin3 = (C + iS)
3
=
_
C
3
3CS
2
_
+ i
_
3C
2
S S
3
_
Usando C
2
+ S
2
= 1 e uguagliando
parte reale e parte immaginaria, si
ottiene
cos 3 = 4C
3
3C
sin3 = 4S
3
+3S
La seconda formula un bonus.
Esercizio 1.3. Dimostrare che
cos 3 = 4 cos
3
3 cos .
Esercizio 1.4. Una formula trigonometrica molto utile
1 +2
n

k=1
cos(k) =
sin
_
(n +
1
2
)
_
sin
_

2
_ (1.8)
e la sua dimostrazione lasciata per esercizio (problema 1.9). Oltre
alla formula di Eulero, si usi anche la (1.6).
1.5 Funzioni complesse
Nella sezione 1.2 abbiamo incontrato le funzioni lineari z az + b,
che possono essere interpretate come trasformazioni del piano com-
plesso (traslazioni, rotazioni e stiramenti). Subito dopo, in ordine di
difcolt, c la funzione quadratica z z
2
, illustrata nella gura 1.6
e poi lelevazione ad una potenza intera e positiva,
z w = z
n
. (1.9)
Scrivendo z = re
i
, la (1.9) diventa w = r
n
e
in
, per cui leffetto
della trasformazione di elevare alln-esima potenza la distanza e
di moltiplicare per n langolo. La gura 1.6 intende rendere vivido
questo fatto, mostrando leffetto della trasformazione su alcuni raggi
e archi centrati nellorigine (per n = 2).
Passiamo adesso ad un fatto elementare di algebra complessa che
pu essere compreso in maniera semplice dal punto di vista delle
14 appunti di metodi matematici della fisica
z
2

Figura 1.6: Illustrazione del tipo di


trasformazione operato dalla funzione
z w = z
n
, nel caso particolare di
n = 2. Il fatto che un quadratino piccolo
mantenga la forma di un quadratino,
come mostrato in gura, appare, al
momento solo una curiosit. In verit,
un fatto molto importante che, come
vedremo nel seguito, la caratteristica
saliente delle funzioni analitiche.
funzioni complesse viste come trasformazioni.
Le soluzioni dellequazione
z
n
= 1
sono i vertici dellennagono regolare iscritto nel cerchio
unitario con uno dei vertici nel punto 1.
(1.10)

z w = z
3 Figura 1.7: Poich la particella nel
piano-w ha una velocit 3 volte maggio-
re, quando essa compie un angolo giro,
la particella z ha solo percorso 1/3 della
circonferenza (arco blu); quando la par-
ticella nel piano-z percorre il successivo
1/3 di circonferenza (arco magenta),
la particella nel piano-w ha fatto un
altro giro completo, e lo stesso accade
nellultimo tratto (arco rosso). I tre
punti terminali dei tre archi formano un
triangolo equilatero. Il ragionamento si
estende ad un n qualunque. Risulta cos
dimostrato che le soluzioni di z
n
= 1
sono i vertici dellennagono regolare
iscritto nel cerchio unitario con uno dei
vertici nel punto 1.
Preliminarmente, osserviamo che se w = f (z) = z
n
, allora le
soluzioni di z
n
= 1 sono i punti del piano-z che sono trasformati
da f nel punto w = 1 del piano-w. Se consideriamo una particella
che si muove lungo il cerchio unitario nel piano-z, poich 1
n
= 1
anche la particella immagine nel piano-w si muover lungo il cerchio
unitario [w[ = 1, ma con una velocit angolare che n volte quella
della particella nel piano-z (in quanto, sul cerchio unitario, w = e
in
).
La (1.10) segue da questa semplice osservazione, come illustrato in
gura 1.7 per n = 3.
numeri complessi 15
Dopo le potenze intere, la classe pi semplice di funzioni comples-
se quella dei polinomi, cio funzioni del tipo
P
n
(z) =
n

k=0
c
k
z
k
= c
0
+ c
1
z + c
2
z
2
+ c
3
z
3
+ . . . + c
n
z
n
,
dove c
k
, k = 0, 1, . . . , n sono costanti complesse.
1.6 Il teorema fondamentale dellalgebra
Linsieme C dei numeri complessi un campo numerico. Gli elementi
di un campo numerico sono solitamente chiamati scalari.
Un campo una struttura algebrica con le stesse caratteristiche
dellalgebra dei numeri reali: sono denite due operazioni, addizione
e moltiplicazione, per quali valgono le usuale propriet associative e
distributive. Esiste un elemento neutro per entrambe le operazioni
(0 per laddizione e 1 per la moltiplicazione) ed esistono gli inver-
si rispetto ad entrambe le operazioni, eccetto per lelemento neutro
delladdizione che non ha inverso rispetto alla moltiplicazione. I
complessi sono un campo, cos come lo sono i razionali Q e i reali R.
1 1
Ci sono anche campi con un numero
nito di elementi. Per esempio, i
numeri interi da 0 a p 1, dove p un
numero primo, formano un campo con
addizione e moltiplicazione modulo p.
A differenza di questultimi non sono un campo ordinato, vale a dire,
non possibile denire una relazione dordine che sia compabile con
addizione e moltiplicazione (in un campo ordinato, il quadrato di
ogni elemento necessariamente positivo, cosicch i
2
= 1 preclude
questa possibilit). Come i reali, i complessi sono chiusi, cio senza
variste Galois (18111832) stato un
matematico francese. Giovanissimo,
determin un metodo generale per
scoprire se unequazione risolvibile
o meno con operazioni quali somma,
sottrazione, moltiplicazione, divisione,
elevazione di potenza ed estrazione di
radice.
buchi: tutte le successioni di Cauchy di numeri complessi conver-
gono ad un numero complesso, cos come accade per i reali, ma non
per i razionali che hanno dei buchi ( e questi buchi si riempiono
passando ai reali). A differenza dei reali, i numeri complessi sono
algebricamente chiusi, intendendo con questo che ogni polinomio ha
radici complesse.
Questultima caratteristica davvero notevole. La chiusura al-
gebrica dei complessi stabilita da uno dei teoremi pi importanti
dellalgebra chiamato teorema fondamentale dellalgebra:
Ogni equazione P
n
(z) c
0
+ c
1
z + . . . + c
n
z
n
=
0, a coefcienti c
k
complessi o reali ( c
n
,= 0), possiede
almeno una radice in C.
(1.11)
Si osservi che dalla (1.11) segue che P
n
(z) ha n radici (magari
alcune coincidenti). Infatti, se z
1
la radice di P
n
(z) la cui esistenza
garantita dal teorema, allora P
n
(z) fattorizza nel prodotto di (z z
1
)
per un polinomio P
n1
(z) di grado n 1. Applicando il teorema
a P
n1
(z) e iterando la procedura, si conclude che esistono numeri
complessi z
1
, . . . , z
n
, eventualmente coincidenti,
2
che (posto c
n
= 1,
2
Ma non esiste un algoritmo generale
per determinarli, quando n > 4, come
dimostr Galois.
16 appunti di metodi matematici della fisica
senza perdita di generalit) forniscono la fattorizzazione completa del
polinomio,
P
n
(z) = (z z
1
)(z z
2
) (z z
n
) . (1.12)
1.7 Visualizzazione delle funzioni complesse
difcile visualizzare una funzione da un piano ad un piano. Un
modo quello che abbiamo gi usato: data la funzione w = f (z),
fare un disegno di come certe gure nel piano-z si trasformano nel
piano-w, come i triangoli che nella sezione 1.2 abbiamo usato per
visualizzare z az, o i raggi e archi centrati nellorigine che abbiamo
usato in gura 1.6 per mostrare leffetto della trasformazione z z
2
.
Figura 1.8: Supercie modulare di
w = z
2
. In gura sono mostrate le curve
di livello e la loro proiezione sul piano
complesso. Colori uguali nel piano,
caratterizzano numeri z che hanno la
stessa distanza dal centro.
Un secondo modo quello di fare un graco del modulo della
funzione f (z), come nella gura 1.8 per f (z) = z
2
. La super-
cie cos ottenuta detta supercie modulare di f (z). Naturalmente,
rappresentando cos una funzione, si perde informazione sulla sua
fase. Un terzo modo consiste nel disegnare le curve di livello della
parte reale u = Re (w) e della parte immaginaria v = Im(w) di
w = f (z) = u + iv. Posto z = x + iy, u e v sono funzioni reali delle
variabili x e y,
u = u(x, y) , v = v(x, y) .
Ad esempio, per w = z
2
si ha
w = (x + iy)
2
= x
2
y
2
+ i2xy
e quindi
u = x
2
y
2
v = 2xy
(1.13)
x
y
Figura 1.9: Curve di livello u(x, y) =
cost. (in rosso) e v(x, y) = cost. (in blu)
di w = u + iv = (x + iy)
2
.
Le curve di livello di queste due funzioni sono mostrate in gu-
ra 1.9. Questo modo di visualizzare una funzione complessa molto
utile perch ci mostra quali regioni del piano-z si trasformano nei
rettangoli della griglia cartesiana del piano-w, come mostrato in
gura 1.10. Le gure che si ottengono sono esteticamente piacevoli,
come, ad esempio, in gura 1.11. Ma ci che rilevante da un punto
di vista matematico che sia in gura 1.9 sia in gura 1.11 le curve di
livello delle u e delle v sono ortogonali. Questo ha fatto implicazioni
molto importanti, che approfondiremo nella terza parte.
Inne, c un quarto modo di visualizzzare le funzioni complesse,
in termini di campi vettoriali ad esse associati. un modo molto
efcace e interessante di cui ci occuperemo nella terza parte.
1.8 Funzioni analitiche
Le funzioni complesse si costruiscono a partire dai mattoni di base:
operazioni algebriche, come in z
2
+ z, uso del complesso coniugato,
numeri complessi 17
come in zz
3
e via discorrendo in tutte le combinazioni algebriche
possibili. Pi avanti, vedremo come si possa passare a combinazioni
algebriche innite, come la serie di potenze
1 + z + z
2
+ z
3
+ . . . (1.14)
1 2 3
x
1
2
3 y
O
8 6 4 2 2 4 6 8
u
v
O
Figura 1.10: La regione del piano (xy),
racchiusa dalle linee rosse e blu in
grassetto (sopra) trasformata da
w = z
2
nel rettangolo col bordo rosso e
blu in grassetto (sotto).
x
y
x
y
Figura 1.11: Sopra: curve di livello per
w = z
4
Sotto: curve di livello per 1/z.
(In entrambe le gure, u = cost., in
rosso e v = cost., in blu).
(essendo il limite di una progressione geometrica, la serie sopra
pu gi essere studiata senza aspettare la teoria generale delle serie
complesse, si veda il problema 1.7).
Esplicitando la dipendenza da z e z, scriviamo una generica fun-
zione complessa come f (z, z). Una funzione analitica semplicemente
una funzione che non dipende da z, cio tale che
f
z
= 0 . (1.15)
dove z = x + iy e per /z si intende loperatore

z
=
1
2
_

x
+ i

y
_
. (1.16)
Sorprendentemente, la (1.15) ha conseguenze molto interessanti per
le parti reali e immaginarie della funzione f . Scriviamo f = u + iv
e, tendendo conto della (1.16), sostituiamola nella (1.15). Si ottiene
(osservando che i
2
= 1)
0 =
(u + iv)
x
+ i
(u + iv)
y
=
u
x

v
y
+ i
_
v
x
+
u
y
_
.
Ma un numero complesso nullo, se sono nulle le sue parti reali e
immaginarie. Quindi,
_

_
u
x
=
v
y
u
y
=
v
x
(1.17)
Queste equazioni sono dette equazioni di Cauchy-Riemann e sono il
marchio di fabbrica delle funzioni analitiche.
N.B. Nel dare la denizione di funzione analitica, e non ci sia-
mo curati di essere matematicamente rigorosi. Lo saremo un po di
pi nella terza parte. Qui si voleva solo mostrare quanto semplice e
naturale sia la nozione di funzione analitica.
18 appunti di metodi matematici della fisica
Problemi
Problema 1.1. Utilizzando lalgebra complessa e
la formula di Eulero, dimostrare le seguenti identit
trigonometriche:
(a) sin3 = 4 sin
3
+3 sin
(b) cos
4
=
1
8
(cos 4 +4 cos 2 +3)
(c) tan3 =
3 tan tan
3

1 3 tan
2

Per il problema (c) utile far riferimento alla gura


sotto, dove T tan .
1
T

O
z = 1 +iT
z
2
z
3
Problema 1.2. Sia z = re
it
, r < 1. Dimostrare che
1 [z[
2
[e
i
z[
2
=
1 r
2
1 2r cos(t ) + r
2
= Re
_
e
i
+ z
e
i
z
_
.
Problema 1.3. Per determinare la formula risolu-
tiva dellequazione cubica x
3
= 3px +2q, procedere
nel modo seguente:
(i) Fare la sostituzione x = s + t, e dedurre che x
risolve la cubica se st = p e s
3
+ t
3
= 2q.
(ii) Eliminare t in queste due equazioni e ottenere
unequazione quadratica in s
3
.
(iii) Risolvere la quadratica per ottenere i due pos-
sibili valori di s
3
. Per simmetria, quali sono i
possibili valori di t
3
?
(iv) Dato che s
3
+ t
3
= 2q, dedurre la formula (1.1).
Problema 1.4. Un fatto di base nella teoria dei
numeri questo: se due interi possono essere espressi
come somma di due quadrati, allora lo stesso vale per il
loro prodotto. Sottinteso che ogni simbolo seguente
denoti un intero, questo signica che se M = a
2
+ b
2
e N = c
2
+ d
2
, allora MN = p
2
+ q
2
. Dimostrare
questo fatto considerando [(a + ib)(c + id)[
2
.
Problema 1.5. Siano A, B, C, D quattro punti sul
cerchio unitario. Se A + B + C + D = 0, mostrare
che i punti devono formare un rettangolo.
Problema 1.6. Se z = e
i
,= 1, allora
z 1 =
_
i tan

2
_
(z +1) .
Dimostrare questo sia con il calcolo diretto sia geo-
metricamente facendo un disegno (si veda la gura
sotto).
O 1
i
z
z 1 z + 1
a
b
[Si osservi che il triangolo [O, z + 1, z] isoscele
perch i lati [O, z] e [z + 1, z] sono di lunghezza 1
(essendo z sul cerchio unitario).]
Problema 1.7. Poich se ne far gran uso, dimo-
strate che la somma di un progressione geometrica
complessa
1 + z + z
2
+ . . . + z
n1
=
z
n
1
z 1
.
Quindi rispondete alle seguenti domande:
(a) In quale regione di C deve stare z afnch la
serie innita 1 + z + z
2
+ . . . converga?
(b) Se z sta in questa regione, a quale punto del
piano la serie innita converge?
(c) Aiutandovi con un calcolatore, fate un disegno
della serie innita nel caso z = (1/2)(1 + i) e
vericate che converge al punto previsto in (b).
Problema 1.8. Sia
S = cos +cos 3 +cos 5 + . . . +cos(2n 1) .
numeri complessi 19
Dimostrare che
S =
sin2n
2 sin
o, equivalentemente,
S =
sin n cos n
sin
Problema 1.9. Dimostrare che
1 +2
n

k=1
cos(k) =
sin
_
(n +
1
2
)
_
sin
_

2
_
Problema 1.10. Servirsi di un disegno per mo-
strare che se a e b sono dati numeri complessi, allora
[z a[ = [z b[ lequazione di una retta.
Problema 1.11. Si consideri lequazione
(z 1)
10
= z
10
.
(a) Senza tentare di risolvere lequazione, mostrare
geometricamente che tutte e nove le soluzio-
ni (perch non dieci?) devono stare sulla retta
verticale Re (z) = 1/2 (si veda il problema 1.10).
(b) Dividendo ambo i membri dellequazione per
z
10
, lequazione assume la forma w
n
= 1, dove
w = (z 1)/z. Risolvere quindi lequazione
iniziale.
Problema 1.12. Disegnare il cerchio [z 1[ = 1.
Trovare lequazione polare dellimmagine di questo
cerchio rispetto alla trasformazione z z
2
e darne
una rappresentazione graca.
La curva cos ottenuta detta cardioide. Leffetto
della trasformazione z z
2
sul cerchio unitario
centrato in (1, 0) (in nero) mostrato nella gura
sotto.
Problema 1.13. Si consideri la famiglia di
trasformazioni complesse
Z M
a
(z) =
z a
az 1
(i) Dimostrare che M
a
[M
a
(z)] = z. In altra parole
M
a
idempotente.
(ii) Dimostrare che M
a
trasforma il cerchio
unitario in se stesso.
(iii) Mostrare che se [a[ < 1, allora M
a
trasforma il
disco unitario in se stesso.
Aiuto: Usare [q[
2
= qq per vericare che
[az 1[
2
[z a[
2
= (1 [a[
2
)(1 [z[
2
) .
Problema 1.14. Dimostrare che la famiglia di
trasformazioni
z M
a,b,c,d
(z) =
az + b
cz + d
, ad bc ,= 0
trasforma linee e cerchi in linee e cerchi.
Aiuto: [z[
2
+ (z + z) + i(z z) + = 0 lequa-
zione di un cerchio o di una linea in C. Investigate
f (z) =
1
z
e scrivete
az + b
cz + d
=
a
c

ad bc
c
1
cz + d
.
Problema 1.15. Convincersi di quanto riprodotto
in gura 1.5, risolvendo numericamente la (1.5) con
lalgoritmo di Eulero che, in linguaggio moderno,
espresso dal seguente pseudo-codice:
define V(Z)= I
*
Z
input t0=0 and Z0=1
input step size, h and the number of steps, n
for j from 1 to n do
V0 = I
Z1 = Z0 + h
*
V0
t1 = t0 + h
Print t1 and Z1
t0 = t1
Z0 = Z1
end
20 appunti di metodi matematici della fisica
Soluzioni
Problema 1.1.
(a) Bonus dellesempio 1.3.
(c) 2 cos = e
i
+ e
i
, da cui
2
4
cos
4
=
_
e
i
+ e
i
_
4
=
_
e
i4
+ e
i4
_
+4
_
e
i2
+ e
i2
_
+6
= 2 cos 4 +8 cos 2 +6
=
1
8
(cos 4 +4 cos 2 +3)
(d) T tan . Si rappresenti z = 1 + iT come nella gura a lato.
1
T

O
z = 1 +iT
z
2
z
3
Poich z ha angolo , z
3
ha angolo 3. Quindi,
tan3 =
Imz
3
Re z
3
z
3
= (1 + iT)
3
= (1 3T
2
) + i(3T T
3
) = tan3 =
3T
2
T
3
1 3T
2
.
Problema 1.2.
Re
_
e
i
+ z
e
i
z
_
= Re
_
(e
i
+ z)(e
i
z)
[e
i
z[
2
_
=
1 [z[
2
[e
i
z[
2
Problema 1.3.
x = s + t nella cubica x
3
= 3px +2q = 0:
= (s +t)
3
= 3p(s +t) +2q = s
3
+3s
2
t +3st
2
+t
3
= 3ps +3pt +2q
Se
_
st = p
s
3
+ t
3
= 2q
allora x risolve la cubica. Eliminando t dal sistema
s
3
+
p
3
s
3
= 2q = (s
3
)
2
2q(s
3
) + p
3
= 0 = s
3
=
_

_
q +
_
q
2
p
3
q
_
q
2
p
3
Per simmetria
t
3
=
_

_
q +
_
q
2
p
3
q
_
q
2
p
3
Dato che s
3
+ t
3
= 2q, se s
3
la radice di sopra, t
3
quella di sotto.
Quindi,
x = s + t =
3
_
q +
_
q
2
p
3
+
3
_
q
_
q
2
p
3
numeri complessi 21
Problema 1.4.
[(a + ib)(c + id)[
2
= [(a + ib)[
2
[ [(c + id)[
2
= (a
2
+ b
2
)(c
2
+ d
2
) MN
ma si ha anche
MN = [(a +ib)(c +id)[
2
= [(a +ib)(c +id)[
2
= (ac +bd)
2
+ (bc ad)
2
= p
2
+q
2
.
Problema 1.5. Ci sono molti modi per risolvere questo problema.
Si vuole mostrare che se i punti sono sul cerchio unitario e
A + B + C + D = 0 (1.18)
allora non si ha la congurazione a sinistra, ma quella a destra, della
gura sotto:
A
B
C
D
B
D
C A

La condizione (1.18) pu essere riscritta come A + B = (C + D)


e signica, geometricamente, che i vettori congiungenti lorigine
con i punti medi delle corde AB e CD stanno sulla stessa retta (i
vettori formano tra loro un angolo di 180
0
). Poich questi vettori
sono sempre perpendicolari alle corde AB e CD (gura a sinistra),
ne segue che, quando (1.18) soddisfatta, AB e CD sono paralleli
tra loro, perch ortogonali alla retta . Il caso di un trapezio isoscele
non pu presentarsi perch (1.18) implica la stessa condizione per
la congiungente le mediane di BC e DA, in quanto (1.18) pu essere
anche riscritta come B + C = (A + D).
Naturalmente, possibile anche una soluzione completamente
algebrica. Qual pi facile?
Si osservi che, da un punto di vista sico, (1.18) signica che il
centro di massa dei punti (di massa uguale) nellorigine. E se i
punti stanno su un cerchio e inizialmente formano un rettangolo,
come nella gura sopra a destra, non possono essere spostati lungo
il cerchio e formare una congurazione come quella a sinistra, se si
vuole mantenere il centro di massa nellorigine. Con questo vincolo, i
22 appunti di metodi matematici della fisica
punti possono formare un altro rettangolo, ma non il quadrilatero
irregolare della gura a sinistra.
Problema 1.6. Per una soluzione geometrica, si veda la gura
a lato. Si osservi che il triangolo [O, z + 1, z] isoscele perch i lati
[O, z] e [z + 1, z] sono di lunghezza 1 (essendo z sul cerchio unita-
rio). Allora per il teorema di una retta che interseca due parallele,
langolo [1, O, z + 1] met dellangolo = arg(z). Anche il trian-
golo [O, z 1, z] isoscele; ragionando sugli angoli si conclude che
langolo [z, O, z +1 retto. Allora z 1 = i(z +1) .
O 1
i
z
z 1 z + 1
a
b
Si tratta adesso di determinare . Ragionando sui trangoli rettan-
goli simili [z 1, O, z +1] e [z +1, b, O], si ha la proporzione
[z 1[ : [z +1[ = [z +1[ sin(/2) : [z +1[ cos /2 ,
da cui [z 1[/[z +1[ = tan /2 . Dunque,
z 1 = i
_
tan

2
_
(z +1) .
Il calcolo algebrico immediato
z 1
z +1
=
e
i
1
e
i
+1
=
e
i

2
_
e
i

2
e
i

2
_
e
i

2
_
e
i

2
+ e
i

2
_ = i tan

2
.
Problema 1.7.
s
n
1 + z + z
2
+ . . . + z
n1
, zs
n
= z + z
3
+ . . . + z
n
= s
n
1 + z
n
= 1 + z + z
2
+ . . . + z
n1
=
z
n
1
z 1
(a) [z[ < 1
(b)
1
z 1
=
1
1 z
(c)
1
1 z

z=(1/2)(1+i)
= 1 + i
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
1.1
y
0.5 1 1.5
x
O
1 + i
numeri complessi 23
Problema 1.8.
S = cos +cos 3 +cos 5 + . . . +cos(2n 1)
= Re
_
e
i
+ e
i3
+ e
i5
+ . . . + e
i(2n1)
_
= Re
_
e
i
_
1 +
_
e
i2
_
+
_
e
i2
_
2
+ . . . +
_
e
i2
_
n1
__
= Re
_
e
i
_
e
i2n
1
e
i2
1
__
= Re
_
e
i
_
e
in
_
e
in
e
in
_
e
i
_
e
i
e
i
_
__
= Re
_
e
in
sin n
sin
_
=
sin n cos n
sin
=
sin2n
2 sin
Problema 1.9.
1 +2
n

k=1
cos(k) = 1 +
n

k=1
_
e
ik
+ e
ik
_
= e
in
+ . . . + e
i
+1 + e
i
+ . . . + e
in
= e
in
_
1 + . . . + e
i(n1)
+ e
in
+ e
i(n+1)
+ . . . + e
i2n
_
= e
in
_
e
i(2n+1)
1
e
i
1
_
=
e
i(n+1)
e
in
e
i
1
=
e
i

2
_
e
i(n+
1
2
)
e
i(n+
1
2
)
_
e
i
1
=
e
i(n+
1
2
)
e
i(n+
1
2
)
e
i

2
e
i

2
=
sin
_
(n +
1
2
)
_
sin
_

2
_
Problema 1.10. Luogo dei punti equidistanti da due punti dati.
Vedere la gura a lato.
Problema 1.11.
(a) Sulla retta perpendicolare al segmento tra (0, 0) e (1, 0) e pas-
sa a met (vedere problema precedente, lidentit deve vale anche
per i moduli). Nove radici perch z
10
compare da ambo i membri e
lequazione si abbassa il grado.
24 appunti di metodi matematici della fisica
(b) w
10
= 1 = w
1
= 1 , w
2
= e
2i
1
10
, . . . , w
10
= e
2i
9
10
z
n
=
1
1 w
n
, n = 2, 3, . . . , 10 (N.B. w
1
va esclusa) .
Problema 1.12.
Leffetto della trasformazione z z
2
sul cerchio unitario centrato
in (1, 0) (in nero) mostrato nella gura a lato. Le equazioni della
cardioide (in rosso), sono
[z
2
1[ = 1
Poich le equazioni parametriche del cerchio di partenza sono
z = 1 + e
it
quelle della cardioide saranno
z = (1 + e
it
)
2
= 1 +2e
it
+ e
i2t
Raccongliendo e
it
a secondo membro,
z = e
it
(e
it
+2 + e
it
) = 2e
it
(1 +cos t) ,
da cui segue immediatamente lequazione in coordinate polari:
r = 2(1 +cos ) .
Problema 1.13.
(i) Sia
w = M
a
(z) =
z a
az 1
Lidempotenza segue dal calcolo algebrico elementare:
M
a
(M
a
(z)) = M
a
(w) =
w a
aw 1
=
za
az1
a
a
za
az1
1
=
z a aaz + a
az aa az +1
=
z(1 aa)
1 aa
= z
(ii) Consideriamo il modulo di M
a
(z)
[M
a
(z)[ =

z a
az 1

=
[z a[
[az 1[
Per i quadrati di numeratore e denominatore si ha rispettivamente
[z a[
2
= [z[
2
az za +[a[
2
[az 1[
2
= [a[
2
[z[
2
az az +1
Se [z[ = 1, queste due quantit sono uguali e quindi [M
a
(z)[ = 1. Il
cerchio [z[ = 1 trasformato in s stesso.
numeri complessi 25
(iii) Si verica inne che se [a[ < 1, M
a
rappresenta il disco
unitario in s stesso. Sottraendo membro a membro i quadrati di
numeratore e denominatore, si ottiene
[z a[
2
[az 1[
2
= (1 [a[
2
)([z[
2
1) < 0 quando [z[ < 1, [a[ < 1 .
Quindi [z a[ < [az 1[, da cui
[M
a
(z)[ =
[z a[
[az 1[
< 1 quando [z[ < 1, [a[ < 1 .
e quindi M
a
(z) sta dentro il disco unitario.
Problema 1.14.
Le trasformazioni
z M
a,b,c,d
(z) =
az + b
cz + d
, ad bc ,= 0
svolgono un ruolo importante in geometria e analisi complessa e
sono dette trasformazioni di Mbius (che ne studi per primo le pro-
priet). Nel seguito, per brevit, ometteremo di indicare i quattro
parametri reali e scriveremo semplicemente M.
Per dimostrare che
z
az + b
cz + d
, ad bc ,= 0
trasforma linee e cerchi in linee e cerchi, facciamo il calcolo per un
caso particolare e poi argomentiamo che fare questo suffciente.
Se c = 0 allora
z (a/d)z + (b/d)
la moltiplicazione per un numero complesso,
z w = (a/d)z ,
(una stiro-rotazione, secondo la terminologia introdotta nella sezio-
ne 1.2) seguita da una traslazione
w w + (b/d) .
quindi geometricamente chiaro che linee e cerchi vanno in linee e
cerchi.
Se c ,= 0, scriviamo
az + b
cz + d
=
a
c

ad bc
c
1
cz + d
.
Questa trasformazione la composizione di 5 trasformazioni:
z
(1)
w
1
= cz
(2)
w
2
= w
1
+d
(3)
w
3
=
1
w
2
(4)
w
4
=
ad bc
c
w
3
(5)
w
5
= w
4
+
a
c
26 appunti di metodi matematici della fisica
(1) stiro-rotazione
(2) traslazione
(3) inversione complessa
(4) stiro-rotazione
(5) traslazione
Le stiro-rotazioni e le traslazioni trasformano linee e cerchi in linee
e cerchi, se mostriamo che lo stesso vale per linversione complessa
siamo a posto.
Lequazione di un cerchio
x
2
+ y
2
+2x 2y + = 0
e per = 0 si ha lequazione di una linea retta. In notazione comples-
sa lequazione diventa
[z[
2
+ (z + z) + i(z z) + = 0
Poniamo w = 1/z e sostituiamo

1
[w[
2
+ (
1
w
+
1
w
) + i(
1
w

1
w
) + = 0
Moltiplichiamo per [w[
2
= ww e otteniamo
+ (w + w) i(w w) + [w[
2
= 0
che ancora lequazione di un cerchio (dove si spostato il centro?
come variato il raggio?).
Facciamo il punto sulle trasformazioni di Mbius
M(z) =
az + b
cz + d
, ad bc ,= 0 .
Ciascuna di esse la composizioni delle seguenti trasformazioni:
(i) stiro-rotazione = moltiplicazione per il numero complesso a,
S
a
(z) = az
(ii) traslazione = somma del numero complesso b, T
b
(z) = z + b
(iii) inversione complessa I(z) = 1/z
Allora
M = T
(a/c)
S
[(adbc)/c]
I T
d
S
c
dove, come di consueto, denota la composizione di funzioni.
numeri complessi 27
Nota La trasformazione
I : z
1
z
usualmente detta inversione geometrica o trasformazione per raggi
vettori reciproci nel piano o semplicemente inversione. Come si vede
facilmente, anchessa trasforma linee e cerchi in linee e cerchi.
2
Vettori e operatori
Indice
2.1 Spazi vettoriali 29
2.2 Basi e dimensione 31
2.3 Matrici 33
2.4 Cambiamenti di base 35
2.5 Operatori lineari 36
2.6 Spazi dotati di prodotto scalare e norma 38
2.7 Basi ortonormali 40
2.8 Forme lineari e spazio duale 43
Complementi 46
2.1 Spazi vettoriali
Uno spazio vettoriale o lineare 1 una struttura algebrica che consiste
di elementi, chiamati vettori, e di due operazioni: la somma di vettori
e la moltiplicazione dei vettori per un numero. Questa struttura
regolata dalle seguenti propriet per vettori a, b e c e numeri (scalari)
, K, dove K un campo numerico (usualmente, il campo dei
reali R o quello dei numeri complessi C).
1 1
Se si considerasse un campo nito
come quello della nota a pagina 15, si
avrebbe uno spazio con un numero ni-
to di punti. Largomento affascinate,
ma esula dai nostri scopi.
Leggi di somma
1. a +b = b +a (legge commutativa)
2. (a +b) +c = a + (b) +c) (legge associativa)
3. Se a e b sono due vettori, allora c uno e un solo vettore x per cui
vale lequazione b + x = a. chiamato la differenza di a e b e si
denota con a b (Possibilit della sottrazione).
Leggi di moltiplicazione per un numero
30 appunti di metodi matematici della fisica
4. ( + )a = a + a (prima legge distributiva)
5. (a) = ()a (legge associativa)
6. 1a = a
7. (a +b) = a + b (seconda legge distributiva)
P
Q
P

Figura 2.1: Spostamento di un corpo


rigido rappresentato dal vettore
a = QP = Q
/
P
/
Si osservi che da 3 discende lesistenza del vettore nullo 000.
a
b
a
+
b
Figura 2.2: Somma di due spostamenti.
Gli spostamenti rigidi o traslazioni dellusuale spazio euclideo
tridimensionale E
3
formano uno spazio vettoriale. Ad esempio, il
vettore a che descrive lo spostamento illustrato in gura 2.1 una
traslazione di tutti i punti dello spazio nella direzione a di un tratto
di lunghezza a. Tale azione di solito si denota cos
Q = P +a , (2.1)
il che suggerisce Q P come un modo di rappresentare il vettore
che sposta il punto P nel punto Q. Che gli spostamenti rigidi di E
3
formino uno spazio vettoriale sui reali reso evidente dalla gure a
margine.
+ =
Figura 2.3: Moltiplicazione per 2 di uno
spostamento.
Inoltre, lo spazio euclideo n-dimensionale E
n
in cui stato ssato
un punto O (origine) uno spazio vettoriale i cui elementi sono gli
spostamenti P O, dove P un punto arbitrario di E
n
. Questo fatto
segue immediatamente dallesempio sopra. Si osservi che E
n
in quan-
to tale (cio privo di un punto privilegiato) non uno spazio lineare,
bens uno spazio afne.
a
b
a
+
b
b
a
b
+
a
Figura 2.4: La regola del parallelogram-
ma per sommare i vettori non altro
che unespressione della commutativit
degli spostamenti rigidi.
a
b
b
a b
Figura 2.5: Differenza di due
spostamenti rigidi.
Lo spazio euclideo n-dimensionale un esempio di spazio afne.
Uno spazio A detto afne se:
1. Ogni coppia (ordinata) di punti P e Q in A determina un vettore
a, simbolicamente espresso come a = QP (oppure

PQ).
2. Se P un qualunque punto in A e a un qualunque vettore, esiste
uno e un solo punto Q in A tale che Q = P +a.
3. Se QP = a e R Q = b, allora R P = a +b.
(Si osservi da queste propriet segue che Q P = 000 se e sole se i
punti Q e P coincidono.) Le nozioni geometriche usuali, come rette
e piani, sono derivate da questo sistema. La geometria afne pi
generale di quella euclidea: come nella geometria euclidea, il pa-
rallelismo tra rette una nozione assoluta e si possono confrontare
le lunghezze dei segmenti lungo una retta o lungo rette parallele,
ma nella geometria afne non denita alcuna nozione di distanza
tra punti o di angolo tra direzioni, e non possibile confrontare le
lunghezze di vettori lungo rette non parallele.
Come si pu vericare facilmente, i seguenti insiemi sono esempi
di spazi lineari.
vettori e operatori 31
Esempio 2.1. Sia K un campo numerico (ad esempio R o C). Lin-
sieme di tutte le n-nuple di elementi di K, con laddizione e la mol-
Giuseppe Peano (18581932) stato
un matematico e logico italiano. Peano
forn il primo esempio di una curva
che riempie una supercie (la curva di
Peano, uno dei primi esempi di fratta-
le). Diede una denizione assiomatica
dei numeri naturali, i famosi assiomi
di Peano, i quali vennero ripresi da
Russell e Whitehead nei loro Principia
Matematica. Uno dei grandi meriti
dellopera di Peano sta nella ricerca
della chiarezza e della semplicit.
La prima denizione moderna e precisa di
spazio vettoriale fu introdotta da Peano nel
1888.
tiplicazione per un numero denite da (a
1
, . . . , a
n
) + (b
1
, . . . , b
n
) =
(a
1
+ b
1
, . . . , a
n
+ b
n
) e (a
1
, . . . , a
n
) = (a
1
, . . . , a
n
), dove a
i
, b
i
e K uno spazio vettoriale su K. Questo spazio denotato
usualmente con K
n
. Il vettore nullo in K
n
(0, . . . , 0).
Esempio 2.2. Linsieme K
mn
di tutte le matrici (Si veda la sezio-
ne 2.3) m n con elementi di un campo K arbitrario uno spazio
vettoriale su K rispetto alle operazioni di addizione di matrici e
moltiplicazione per un numero in K.
Esempio 2.3. Linsieme di tutti i polinomi a
0
+ a
1
t + a
2
t
2
+ . . . a
n
t
n
,
con coefcienti a
i
in un campo K, uno spazio vettoriale su K rispet-
to alle usuali operazioni di addizione di polinomi e di moltiplicazio-
ne per un numero in K.
Esercizio 2.1. Sia K un campo arbitrario, e X un qualsiasi insieme
non vuoto. Dimostrare che linsieme 1 di tutte le funzioni da X in K
uno spazio lineare.
Soluzione di 2.1. La somma di due
qualsiasi funzioni f , g 1 la funzione
f + g 1 denita da
( f + g)(x) = f (x) + g(x)
e il prodotto di un numero K per
una funzione f 1 la funzione f
denita da
(f )(x) = f (x)
Allora 1, rispetto a tali operazioni,
uno spazio vettoriale su K. Il vettore
nullo la funzione 000 in 1 che trasforma
ogni x X in 0 K. Inoltre, per ogni
funzione f X, f quella funzione in
1 per la quale (f f )(x) = f (x), per
ogni x X.
2.2 Basi e dimensione
Passiamo adesso in rassegna tre denizioni molto importanti riguar-
danti un insieme di n vettori v
1
, . . . v
n
in un generico spazio lineare 1
su K.
Linsieme dei vettori

1
v
1
+ . . . +
n
v
n
,
al variare di
1
, . . . ,
n
K, si chiama span dei vettori
v
1
, . . . v
n
e si denota con span(v
1
, . . . v
n
).
(2.2)
Si dimostra facilmente che lo span di un dato insieme di vettori
uno spazio vettoriale. Tale spazio anche detto lo spazio generato dal
dato insieme di vettori ed un sottospazio di 1. Per esempio, due
vettori e
1
, e
2
1 generano uno spazio vettoriale bidimensionale. Si
veda la gura a margine. In R
3
i vettori
i = (1, 0, 0) , j = (0, 1, 0) , k = (0, 0, 1)
generano tutto lo spazio R
3
. Lo span di i e j il piano dei vettori
xi + yj, dove x, y R.
I vettori v
1
, . . . v
n
sono detti linearmente indipendenti se
la sola soluzione dellequazione

1
v
1
+ . . . +
n
v
n
= 000

1
= . . . =
n
= 0. Altrimenti, i vettori sono detti
linearmente dipendenti.
(2.3)
32 appunti di metodi matematici della fisica
Per esempio, in R
3
i vettori i, j e k sono linearmente indipendenti,
infatti
xi + yj + zk = 000 , cio (x, y, z) = (0, 0, 0)
se e solo se x = y = z = 0. I vettori i i, j e e = i + j non sono
linearmente indipendenti, infatti lequazione
xi + yj + we = 000 , cio (x + w, y + w, 0) = (0, 0, 0)
e
1
e
2
r
xe
1
ye
2
O
P
Figura 2.6: Piano denito dal punto O e
da due vettori e
1
e e
2
.
oltre alla soluzione nulla ha anche la soluzione x = y = w.
Soluzione di 2.2. La pi generale
combinazione lineare degli elementi
dellinsieme
y = a
1
+ a
2
x + a
3
(2 + x) + a
4
x
2
.
Ora y = 0 per tutti gli x non implica
a
1
= a
2
= a
3
= a
4
= 0 perch se
scegliamo a
1
+ 2a
2
= 0, a
2
+ a
3
= 0
e a
4
= 0, allora y = 0 (ad esempio,
la combinazione a
1
= 1, a
3
= 1/2,
a
2
= 1/2 e a
4
= 0). Perci linsieme non
linearmente indipendente.
Si dice che i vettori e
1
, . . . e
n
sono una base in 1 se sono
linearmente indipendenti e span(e
1
, . . . e
n
) = 1. Il
numero n detto dimensione di 1 e si scrive dim1 = n.
(2.4)
Una base e
1
, . . . e
n
sar denotata compattamente e = (e
1
, . . . e
n
).
Soluzione di 2.4. Linsieme uno
spazio vettoriale in quanto la somma
di funzioni continue continua e la
funzione ottenuta moltiplicando per
un numero una funzione continua
continua. Le funzioni x, x
2
, . . ., x
n
sono
tutte elementi di C[a, b] e formano un
insieme linearmente indipendente per
n arbitrariamente grande. Ne segue che
C[a, b] non pu essere di dimensione
nita.
Esercizio 2.2. Nello spazio sui reali dei polinomi, linsieme 1, x, 2 +
x, x
2
, dove x una variabile reale, linearmente indipendente?
Esercizio 2.3. Linsieme C
22
delle matrici 2 2 con elementi com-
plessi uno spazio vettoriale sui complessi di dimensione 4 (prima
di svolgere lesercizio, si veda la sezione 2.3). Per stabilire questo si
mostri che le matrici
E
1
=
_
1 0
0 0
_
E
2
=
_
0 1
0 0
_
E
3
=
_
0 0
1 0
_
E
4
=
_
0 0
0 1
_
sono linearmente indipendenti. Queste matrici costituiscono la base
naturale in C
22
.
Dimostrazione di (2.5). Per la (2.6),
al vettore v corrisponde il vettore
(v
1
, . . . , v
n
) K
n
. Viceversa, scelta
una base e in 1, ad un qualunque
vettore (u
1
, . . . , u
n
) K
n
si associa
il vettore u =
i
u
i
e
i
in 1. Come si
verica facilmente, tale associazione
stabilisce una corrispondenza tra 1 e
K
n
che preserva la struttura di spazio
vettoriale, nel senso che se v =
i
v
i
e
i
corrisponde a (v
1
, . . . , v
n
) e u =
i
u
i
e
i
corrisponde a (u
1
, . . . , u
n
), allora a
v + u corrisponde a (v
1
, . . . , v
n
) +
(u
1
, . . . , u
n
) = (v
1
+ u
1
, . . . , v
n
+ u
n
) e
v corrisponde a (v
1
, . . . , v
n
).
Esercizio 2.4. Con riferimento allesercizio 2.1, sia K = R e X linter-
vallo chiuso [a, b] sulla retta reale (a < b). Si consideri linsieme C[a, b]
delle funzioni continue su [a, b]. Mostrare che questo insieme uno
spazio lineare e che la sua dimensione innita.
I vettori di uno spazio lineare di dimensione nita possono essere
coordinatizzati. Vale infatti il seguente teorema:
Ogni spazio lineare 1 su K di dimensione n isomorfo
a K
n
.
(2.5)
La dimostrazione, riportata a margine, segue facilmente dallosser-
vazione che, ssata una base e in 1, ogni vettore v 1 pu essere
espresso come
v =

i
v
i
e
i
. (2.6)
I numeri v
1
, . . . , v
n
in (2.6) sono detti le coordinate di v rispetto alla
base e. Quando si vuole mettere in evidenza che le coordinate del
vettore dipendono dalla base, si scrive v =
i
v
e
i
e
i
.
vettori e operatori 33
2.3 Matrici
Un insieme ordinato rettangolare di numeri di un campo K della
forma
James Sylvester (1814 1897) stato un
matematico inglese. Diede contributi
fondamentali alla teoria delle matrici e
degli invarianti, alla teoria dei numeri
e al calcolo combinatorio. Nel 1848
introdusse il termine matrice.
A =
_

_
a
11
a
12
a
13
. . . a
1n
a
21
a
22
a
23
. . . a
2n
. . . . . . . . . . . . . . .
a
m1
a
m2
a
m3
. . . a
mn
_

_
detto matrice con m righe e n colonne. Viene anche indicata con
[a
ij
], i = 1, . . . n, j = 1, . . . m, o semplicemente con [a
ij
]. I numeri a
ij
sono chiamati elementi della matrice e talvolta si scrive a
ij
= [A]
ij
.
N. B. Siamo interessati alle matrici n n, dette quadrate. Nel segui-
to, salvo avviso contrario, con matrice intenderemo una matrice
quadrata. Assumeremo inoltre che gli elementi della matrice siano
numeri complessi.
Per le matrici denita la somma in modo ovvio, [a
ij
] + [b
ij
] =
[a
ij
+ b
ij
], e il prodotto per una scalare, [a
ij
] = [a
ij
]. Dunque le
matrici formano uno spazio vettoriale. Tra matrici A e B denito un
prodotto, detto righe per colonne, [AB]
ij
=
k
[A]
ik
[B]
kj
. Dunque le
matrici formano unalgebra con le due operazioni di somma e prodot-
to. La matrice con tutti zeri lelemento neutro rispetto alla somma,
mentre la matrice con tutti 1 lungo la diagonale e gli altri elementi
nulli la matrice identit I, ed lelemento neutro rispetto al prodotto
di matrici. Si scrive [I]
ij
=
ij
, dove
ij
la delta di Kronecker (
ij
= 1
se i = j,
ij
= 0, se i ,= j). Si osservi che a differenza del prodotto
tra numeri, in generale il prodotto tra matrici non commutativo,
AB ,= BA.
La trasposta di una matrice A denotata A
t
e i suoi elementi sono
ottenuti trasponendo le righe e le colonne di A, [A
t
]
ij
= [A]
ji
. Un
importante propriet delloperazione di trasposizione che (AB)
t
=
B
t
A
t
. Laggiunta ( o trasposta coniugata) di una matrice A

, oltre
alla trasposizione, richiede che si prenda il complesso coniugato:
[A

]
ij
= [A
ji
]. Anche in questo caso si ha (AB)

= B

Una matrice
detta hermitiana o auto-aggiunta se A

= A e anti-hermitiana se
A

= A.
Una matrice con una colonna, v =
_

_
v
1
. . .
v
n
_

_ chiamata vettore co-


lonna e una matrice con una riga v
t
=
_
v
1
. . . v
n
_
chiamata
vettore riga. I vettori riga e i vettori colonna si possono mettere in
corrispondenza biunivoca con i vettori di C
n
nel modo ovvio; con
abuso di terminologia, diremo che i vettori riga o i vettori colonna
sono elementi di C
n
. In questo senso, una matrice agisce in modo
naturale su C
n
trasformando un vettore in C
n
in un altro vettore
34 appunti di metodi matematici della fisica
mediante il prodotto righe per colonne. Se v un vettore colon-
na, allora Av un altro vettore colonna, con componente i-esima

k
[A]
ik
v
k
. Equivalentemente, A agisce sui vettori riga, v
t
A, pro-
ducendo il vettore riga con componente i-esima
k
v
k
[A]
ki
. Poich
A(v + u) = Av + Au, v, u C
n
, , C (analogamente per
lazione sui vettori riga), A realizza una trasformazione lineare su C.
2 2
Le trasformazioni lineari e gli
operatori verrano trattati nella
sezione 2.5.
Una qualunque matrice A pu essere espressa nella forma
A =
_
a
1
. . . a
n
_
(2.7)
dove a
i
sono vettori colonna con componenti [A]
ji
, j = 1, . . . n.
3
Il
3
Equivalentemente, pu essere espressa
come
A =
_
_
a
1
. . .
a
n
_
_
dove a
i
sono vettori riga con
componenti [A]
ij
, j = 1, . . . n.
rango di una matrice il numero massimo di vettori colonna a
i
, o di
vettori riga a
i
, linearmente indipendenti (si pu dimostrare che i due
numeri coincidono).
Una matrice S detta invertibile se esiste una matrice, denotata S
1
e chiamata inversa di S, tale che SS
1
= S
1
S = I. Si pu dimostrare
che una matrice invertibile se e solo se il suo rango pari a n, la
dimensione di C
n
. Dunque, scritta S nella forma (2.7),
S =
_
v
1
. . . v
n
_
(2.8)
i vettori v
1
, . . . v
n
sono linearmente indipendenti e quindi sono una
base in C
n
. Se un esiste un un vettore v diverso dal vettore nullo tale
che M(v) = 0, la matrice M detta singolare. Questo non pu mai
accadere per una matrice invertibile, che quindi anche detta non
singolare o regolare. Per linverso di un prodotto di matrici vale la
regola (AB)
1
= B
1
A
1
(esercizio: dimostrare questa regola).
Una matrice B = S
1
AS, per una qualche matrice S invertibi-
le, detta simile a A; equivalentemente, si dice che B ottenuta da
A mediante una trasformazione di similitudine. Particolarmente im-
portanti sono le propriet di una matrice che sono invarianti per
trasformazioni di similitudine, tra queste il suo determinante e la sua
traccia.
Ricordiamo che il determinante di una matrice A = [a
ij
] cos
denito Lo studio dellalgebra lineare e delle
matrici emerse dallo studio dei deter-
minanti, che erano usati per risolvere
sistemi di equazioni lineari. I deter-
minanti erano gi usati da Leibniz
(16461716) nel 1693 e successivamente
furono usati nel 1750 da Cramer (1704
1752) per risolvere sistemi lineari. In
seguito, Gauss (17771855) svilupp la
teoria della soluzione dei sistemi linea-
ri usando il metodo di eliminazione,
detto di Gauss.
det(A) =

sgn()a
1(1)
a
2(2)
a
n(n)
, (2.9)
dove la somma su tutte le permutazioni dellinsieme 1, 2, . . . , n
e sgn() il segno dell permutazione (che vale 1 se la permutazione
pari e 1 se essa dispari). Dalla denizione sopra segue che
det(AB) = det Adet B. (2.10)
La traccia Tr A di una matrice A la somma dei suoi elementi diago-
nali,
Tr A =

k
A
kk
. (2.11)
vettori e operatori 35
La traccia una funzione lineare sulle matrici e gode della propriet Significato geometrico del
determinante
La denizione algebrica (2.9) abba-
stanza oscura e nasconde il signicato
geometrico del determinante, che il
seguente.
Sia A una matrice scritta nella forma
(2.7), A =
_
a
1
. . . a
n

, allora
det(A) il volume (o area, per n = 2)
(con segno) del parallelepidedo con
spigoli di base a
1
, . . . a
n
. Per esempio,
per n = 2, sia A =
_
a c
b d
_
, allora
det(A) =

a c
b d

= ad bc larea del
paralleogramma in gura:
Per la dimostrazione, si veda la gura
1.4. Si osservi che il segno quello del
prodotto vettore, cio quello ssato
dalla regola della mano destra.
Similmente, per n = 3 e
A =
_
r
1
r
2
r
3

, det(A) il vo-
lume del parallelepipedo mostrato in
gura:
Linterpretazione geometrica rende
molto pi trasparenti le propriet del
determinante, ad esempio la (2.13) (se
la matrice singolare i vettori a
1
, . . . a
n
non sono linearmente indipendenti e se
non lo sono, almeno pi di due di essi
sono complanari e quindi il volume
nullo). Il segno del determinante dipen-
de dallorientamento del parallepipedo:
se concorde con quella dei vettori
di base e
1
, . . . e
n
, il segno positivo,
altrimenti negativo.
Tr(AB) = Tr(BA) . (2.12)
Dalle (2.10) e (2.12) segue facilmente che determinante e traccia
sono invarianti per trasformazioni di similitudine. Infatti, essen-
do det(AB) = det Adet B = det(BA), si ha che det(S
1
AS) =
det(ASS
1
) = det A, essendo SS
1
= I, la matrice identit. Quindi
il determinante invariante per trasformazioni di similitudine. Per la
traccia si procede in modo analogo. Osserviamo che
Il determinante di una matrice nullo se e solo se la
matrice singolare.
(2.13)
2.4 Cambiamenti di base
Siano e e f due basi in 1. Allora ciascun elemento della base f pu
essere espresso come combinazione lineare degli elementi della base
e,
f
i
=

j
S
ji
e
j
, i = 1, . . . n . (2.14)
Risulta cos denita la matrice di cambiamento di base S con elemen-
ti di matrice S
ij
. Sia
f
e
i
=
_

_
S
1i
. . .
S
ni
_

_
il vettore colonna i cui elementi sono le componenti di f
i
rispetto alla
base e. Allora
S =
_
f
e
1
. . . f
e
n
_
(2.15)
La matrice S invertibile, essendo le due basi formate da vettori
linearmente indipendenti che generano tutto lo spazio. Allora si
pu tornare indietro con la matrice S
1
e riottenere la base e dalla
base f,
e
i
=

j
[S
1
]
ji
f
j
, i = 1, . . . n . (2.16)
Poich un qualunque vettore v pu essere espresso in termini di
entrambe le basi, deve valere luguaglianza v =
i
v
e
i
e
i
=
i
v
f
i
f
i
. Ma

i
v
f
i
f
i
=

i
v
f
i
j
S
ji
e
j
=

j
v
f
j
i
S
ij
e
i
=

i
_

j
S
ij
v
f
j
_
e
i
.
Quindi,
v
e
i
=

j
S
ij
v
f
j
(2.17)
36 appunti di metodi matematici della fisica
come si trasformano le coordinate di un vettore in conseguenza del
cambiamento di base (2.14). Si osservi che sebbene S sia chiamata la Significato geometrico del de-
terminante (continua dalla pagina
precedente)
Una formula molto utile che collega
determinante e traccia
det(I + A) = 1 + tr(A) +O(
2
)
(2.18)
Il signicato sico di questa formula
in termini di una deformazione elastica
lineare I + A applicata ad un corpo,
come mostrato in gura
Allora tr(A) una misura della
variazione percentuale di volume in
conseguenza della deformazione.
matrice di transizione dalla vecchia base e alla nuova base f, il suo
effetto di trasformare le coordinate di un vettore nella nuova base
nelle coordinate del vettore relative alla vecchia base.
Esempio 2.4. Si consideri il cambiamento in R
2
dalla base e = (i, j)
alla base f = (i
/
, j
/
) ruotata rispetto alla prima di un angolo in senso
antiorario, i
/
= cos i +sin j, j
/
= sin i +cos j. Allora
S =
_
cos sin
sin cos
_
e S
1
=
_
cos sin
sin cos
_
Per un vettore v = xi + yj = x
/
i
/
+ yj
/
si ha
_
x
y
_
= S
_
x
/
y
/
_
=
_
cos sin
sin cos
_ _
x
/
y
/
_
=
_
cos x
/
sin y
/
sin x
/
+cos y
/
_
e
_
x
/
y
/
_
= S
1
_
x
y
_
=
_
cos sin
sin cos
_ _
x
y
_
=
_
cos x +sin y
sin x +cos y
_
Esercizio 2.5. Un altro esempio di cambiamento di base rilevante per
la sica quello dalle matrici E
i
dellesercizio 2.3 alle matrici, dette di
Pauli,

0
=
_
1 0
0 1
_

1
=
_
0 1
1 0
_

2
=
_
0 i
i 0
_

3
=
_
1 0
0 1
_
Usando questa base, mostrare che le matrici hermitiane 2 2 forma-
no uno spazio vettoriale reale di dimensione 4.
2.5 Operatori lineari
Siano 1 e | due spazi vettoriali sullo stesso campo K. Una funzione
A : 1 | detta trasformazione lineare se
A (u + v) = A (v) + A (u) u, v 1 , , K (2.19)
Se U coincide con 1, la trasformazione lineare A : 1 1 usual-
mente detta operatore lineare. Nel seguito ci occuperemo di operatori
lineari e assumeremo che 1 sia di dimensione nita n.
La prima importante propriet degli operatori lineari la seguen-
te.
Un operatore lineare A completamente denito dalla
sua azione sugli elementi di una base.
(2.20)
vettori e operatori 37
Infatti, se v =
i
v
i
e
i
, dove e = (e
1
, . . . e
n
) una base in 1, per Nucleo e immagine di una
trasformazione lineare
A : 1 |
Limmagine
Im A = u | : A (v) = u per v 1
Il nucleo
Ker A = v 1 : A (v) = 000
Immagine e nucleo sono sottospazi
lineari di | e 1 rispettivamente.
Se | e 1 sono di dimensione nita,
vale limportante teorema
dim 1 = dim (Ker A ) +dim (Im A ) .
linearit si ha
u = A (v) = A
_

i
v
i
e
i
_
=

i
v
i
A (e
i
) , (2.21)
per cui, assegnati i vettori a
i
= A (e
i
), lazione di A risulta ssata
su tutto lo spazio. Per linearit, questi vettori possono essere espressi
come combinazione lineare dei vettori della base,
A (e
j
) =

i
A
e
ij
e
i
. (2.22)
Per cui loperatore lineare risulta completamente determinato dalla
matrice A
e
= (A
e
ij
). Lapice e (che quando non c ambiguit
verr omesso) sta a ricordare che questa matrice dipende dalla base:
essa rappresenta loperatore lineare A nella base e. Passando alle
componenti dei vettori, dalle (2.21) e (2.22) segue che
u
e
i
=

j
A
e
ij
v
e
j
. (2.23)
Se si cambia base, loperatore rappresentato da una differen-
te matrice. Ad esempio, nella base f =
j
Sjie
j
loperatore A
rappresentato dalla matrice A
f
denita dalla relazione
A (f
i
) =

j
A
f
ji
f
j
.
Esercizio 2.6. Dimostrare che
A
f
= S
1
A
e
S (2.24)
Ricordando che due matrici A e B sono simili se esiste una matrice
invertibile S tale che A = S
1
BS, allora:
Due matrici rappresentano lo stesso operatore se e solo
se sono simili.
(2.25)
Poich usualmente un operatore specicato da una matrice in
una data base, il criterio (2.25) importante per caratterizzare le sue
propriet intrinseche, cio quelle propriet che sono invarianti per
cambiamenti di base. Per quanto visto alla ne della sezione 2.3,
tra queste ci sono il determinante det(A ), denito come il determi-
nante di una rappresentazione matriciale delloperatore A e la sua
traccia Tr(A ), denita come la traccia di una sua rappresentazione
matriciale.
Sottolineiamo inne che, ssata una base in 1, la corrispondenza
tra operatori e matrici una corrispondenza biunivoca di algebre:
A +B corrisponde a A + B, A B (dove denota la composizione
di funzioni) corrisponde a AB e A
1
(se esiste) corrisponde a A
1
.
38 appunti di metodi matematici della fisica
2.6 Spazi dotati di prodotto scalare e norma
Sia 1 lo spazio lineare C
n
con base naturale e
1
= (1, 0, . . . , 0), . . .,
e
n
= (0, . . . , 0, 1). Considerati due vettori qualunque in 1, u =

k=1
u
k
e
k
e v =
k=1
v
k
e
k
, si denisce il loro prodotto scalare come N. B. Nella denizione del prodotto
scalare (2.26) convenzionale richie-
dere la linearit rispetto al primo o al
secondo argomento. Nella letteratura
matematica, la linearit rispetto al
primo argomento. I sici tendono a
seguire la convenzione opposta e qui
non faremo eccezione.
il numero
u v =

k
u
k
v
k
u, v . (2.26)
La norma, o lunghezza di un vettore v denita come
[[v[[ =
_
v , v =
_

k
v
k
v
k
. (2.27)
Queste denizioni vanno intese come le naturali generalizzazioni del-
le familiari nozioni euclidee in R
3
. Lo spazio C
n
, dotato del prodotto
scalare (2.26), lo spazio euclideo complesso n-dimensionale.
4
Analo-
4
A rigore, lo spazio euclideo lo spazio
afne associato, e quindi privo di un
punto privilegiato. I vettori in C
n
sono
le differenze di punti in questo spazio
e la struttura di prodotto scalare
denita per queste differenze.
gamente, R
n
, con il prodotto scalare (2.26), lo spazio euclideo reale
n-dimensionale.
La struttura euclidea pi rigida della struttura di C
n
o R
n
, quan-
do questi sono intesi solo come spazi lineari, nel senso che la classe
di trasformazioni che la preserva, pi ristretta della classe di tutte
le trasformazioni lineari invertibili (che sono quelle che preservano
la struttura di spazio lineare). La struttura di uno spazio di prodotto
scalare 1 lasciata invariata dalle trasformazioni invertibili di 1 che
non cambiano il prodotto scalare tra vettori, cio dalle trasformazioni
rappresentate da matrici invertibili U tali che
Uu, Uv = u, v u, v 1 (2.28)
Una matrice U che soddisfa la (3.3) rappresenta una rotazione dello
spazio ed detta matrice ortogonale o unitaria. Talvolta si riserva il
nome di rotazione al caso di spazi reali, mentre per spazi complessi si
parla di trasformazione unitaria o di operatore unitario. Una matrice
ortogonale deve essere tale che
5 5
Per caratterizzare una matrice di
rotazione, sviluppiamo il prodotto
scalare a primo membro nella (2.28),
Uu, Uv =

i
_

k
U
ik
v
k
__

j
U
ij
v
j
_
=

j
_

i
U
ik
U
ij
_
u
k
v
j
.
Poich questo deve essere uguale a

i
u
i
v
i
, si deve avere (ricordando la
denizione di matrice aggiunta)

i
U
ik
U
ij
i
U

ki
U
ij
=
kj
cio U

U = I .
Ma U invertibile e dunque U
1
U =
UU
1
, quindi la (2.29)
U
1
= U

. (2.29)
Nello spazio euclideo la nozione di similitudine o di invarianza
rispetto ad una trasformazione di similitudine va ristretta alle rota-
zioni o trasformazione unitarie. Sono queste che lasciano invariata
la struttura euclidea e quindi tutte le propriet intrinseche che non
dipendono dalla scelta di una base. Si osservi che la nozione di ma-
trice autoaggiunta non in generale invariante per trasformazioni di
similitudine, ma invariante per rotazioni. Se A = A

, allora anche
(U
1
AU)

lo ; infatti (U
1
AU)

= U

(U
1
)

= U
1
AU. Lo
stesso vale per la nozione di matrice ortogonale.
vettori e operatori 39
Esercizio 2.7. Dimostrare che il prodotto scalare (2.26) e la norma
(2.27) soddisfano rispettivamente le propriet
(i) x , y = x , y (simmetria coniugata)
(ii) u, x + y = u, x + u, y (linearit nel secondo
argomento)
(iii) x , x 0 (= 0 se e solo se x = 0) (positivit)
(a) [[x[[ > 0 se x ,= 0
(b) [[x[[ = [[ [[x[[
(c) [[x +y[[ [[x[[ + [[y[[ (disuguaglianza triangolare)
Spazi di prodotto scalare Si dice che uno spazio lineare 1
uno spazio dotato di prodotto scalare se su di esso denita una funzio-
ne , che ha le stesse propriet del prodotto scalare in uno spazio
euclideo (esercizio 2.7). N.B. La denizione (2.30) valida per
spazi a dimensione nita o innita.
Sia 1 uno spazio lineare reale o complesso. Un pro-
dotto scalare unoperazione tra due elementi di 1 il
cui risultato un numero (reale o complesso). Que-
sto numero denotato con x , y e ha le seguenti
propriet:
(i) x , y = x , y (simmetria coniugata)
(ii) u, x + y = u, x + u, y (linearit nel
secondo argomento)
(iii) x , x 0 (= 0 se e solo se x = 0) (positivit)
(2.30)
Si osservi che (i) e (ii) implicano x + y , u = x , u + y , u.
Il prodotto scalare dunque una forma denita su coppie di vettori
che lineare in un argomento e antilineare nellaltro. Una forma di
questo tipo anche detta hermitiana o sesquilineare. I prodotti scalari
forniscono una ricca sorgente di propriet. Per esempio, 000 , x = 0,
per ogni vettore x, o x , y = [[
2
x , y, per ogni coppia di vettori
x e y.
Spazi normati Si dice che uno spazio lineare normato se su di
esso denita una funzione [[[[ che ha le stesse propriet della
norma euclidea (esercizio 2.7).
40 appunti di metodi matematici della fisica
Sia 1 uno spazio reale o complesso. Una norma su 1
una funzione che assegna ad ogni elemento di 1 un
numero reale positivo. Questo numero denotato con
[[x[[ e ha le seguenti propriet:
(a) [[x[[ > 0 se x ,= 0
(b) [[x[[ = [[ [[x[[
(c) [[x +y[[ [[x[[ + [[y[[ (disuguaglianza triangola-
re)
(2.31)
N.B. La denizione (2.31) valida per
spazi a dimensione nita o innita.
Logicamente, la nozione di norma indipendente da quella di
prodotto scalare, ma, in molti casi, come per lo spazio euclideo, c
un collegamento tra le due nozioni. In uno spazio di prodotto scalare
sempre possibile denire la seguente norma:
[[x[[ =
_
x , x (2.32)
Per questa norma vale unimportante disuguaglianza, detta di
Cauchy- Schwartz, la cui dimostrazione riportata a margine.
Dimostrazione di (2.33). Se x , y = 0,
la disuguaglianza banalmen-
te vericata. Assumiamo allora
x , y = z ,= 0, dove z in genera-
le complesso. Incominciamo con lovvia
disuguaglianza
[[x zy[[ 0 ,
dove un qualunque numero reale.
Ora,
0 [[x zy[[
2
= x zy , x zy
= x , x z x , y z y , x
+[z[
2

2
y , y
= [[x[[
2
2[z[
2
+[z[
2

2
[[y[[
2
Essendo qualunque, la disu-
guaglianza vale in particolare per
= 1/ [[y[[
2
,
0 [[x[[
2
2
[z[
2
[[y[[
2
+
[z[
2
[[y[[
2
= [[x[[
2

[z[
2
[[y[[
2
,
ovvero
0 [[x[[
2
[[y[[
2
[z[
2
.
Ricordando che z = x , y, si ottiene
[ x , y [
2
[[x[[
2
[[y[[
2
,
da cui, prendendo la radice quadrata
di ambo i membri, si perviene alla
disuguaglianza richiesta.
Disuguaglianza di Cauchy- Schwartz. Sia 1 uno spazio
reale o complesso con prodotto scalare. Allora per ogni
x, y 1 si ha
[ x , y [ [[x[[ [[y[[
(2.33)
Esercizio 2.8. Vericare che che (2.32) davvero una norma, cio che
sono soddisfatte le propriet (2.31).
Esercizio 2.9. Si consideri lo spazio vettoriale C
nn
delle matrici
n n. Mostrare che
A, B = Tr(A

B) ,
un prodotto scalare in questo spazio e che la la disuguaglianza di
Cauchy- Schwartz soddisfatta.
2.7 Basi ortonormali
Una propriet importante associata allo spazio euclideo lortogona-
lit. Questa idea porta alla seguente coppia di denizioni.
Siano x e y vettori in uno spazio lineare 1 con
prodotto scalare. Se x , y = 0 i vettori x e y sono
detti ortogonali.
(2.34)
vettori e operatori 41
Siano e
1
, e
2
, . . . vettori in uno spazio lineare 1 con
prodotto scalare e sia

e
i
, e
j
_
= 0 per i ,= j. Allora
e
1
, e
2
, . . . detto insieme (o sistema) ortogonale di
vettori.
(2.35)
Inoltre, un vettore v in 1 tale che [[v[[ = 1 detto unitario e se un
Soluzione di 2.8. Che la norma cos
denita assuma valori reali positivi,
segue immediatamente dal fatto che
una radice quadrata. Vediamo le altre
propriet:
(a) [[x[[ > 0 se x ,= 0 segue dalla
positivit del prodotto scalare
(propriet (iii) in (2.30)).
(b) [[x[[ =
_
x , x =
_
[[
2
x , x = [[
_
x , x =
[[ [[x[[ .
(c) La disuguaglianza triangolare
richiede un pochino di lavoro in
pi. Consideriamo [[x +y[[
2
.
Questo uguale a
x +y , x +y
= x , x +x , y +y , x +y , y
= [[x[[
2
+x , y +x , y + [[y[[
2
Ma

x , y +x , y

= 2 [Re x , y[
2 [x , y[
2 [[x[[ [[y[[ ,
dove nellultimo passaggio si
usata la disuguaglianza di Cauchy-
Schwartz. Quindi
[[x +y[[
2
= [[x[[
2
+2 Re x , y + [[y[[
2
[[x[[
2
+2 [[x[[ [[y[[ + [[y[[
2
= ( [[x[[ + [[y[[ )
2
Quindi [[x +y[[ [[x[[ + [[y[[ ,
il che stabilisce la disuguaglianza
triangolare.
Risulta cos dimostrato che [[x[[ =
_
x , x una norma.
insieme ortogonale formato da vettori unitari, linsieme chiamato
ortonormale. Per un insieme ortonormale, si ha dunque

e
i
, e
j
_
=
ij
. (2.36)
In uno spazio di prodotto scalare denita la nozione di proiezio-
ne ortogonale di un vettore su un altro: se u e v sono vettori allora
u, v / [[u[[ la proiezione di v su u e
P
u
v =
_
u
[[u[[
, v
_
u
[[u[[
=
u, v
[[u[[
2
, (2.37)
per ogni v in 1, denisce loperatore P
u
di proiezione ortogonale su u.
Si osservi che P
u
un operatore lineare, cio
P
u
(x + y) = P
u
x + P
u
y
per ogni , K e x, y 1. Si ossservi limportanza dellordine
di u e v nella (2.37): se si fosse denita la proiezione di v su u come
v , u/ [[u[[
2
, loperatore di proiezione non sarebbe stato lineare,
ma antilineare. Si osservi inoltre che tutte le denizioni date valgono
anche per spazi di dimensione innita
Per stabilire che un insieme di vettori linearmente indipen-
dente, in generale occorre mostrare che la condizione (2.3) veri-
cata. Tuttavia, se linsieme ortogonale, lindipendenza lineare
automaticamente soddisfatta. Vale infatti il seguente teorema.
Un insieme ortogonale e
1
, . . . , e
n
nello spazio lineare
1 linearmente indipendente.
(2.38)
La seguente denizione segue naturalmente.
Dimostrazione di (2.38). Supponiamo
che

1
e
1
+ . . . +
n
e
n
= 000 (2.39)
Prendiamo il prodotto scalare rispetto a
e
i
, i = 1, . . . , n di entrambi i membri
v
i
,
1
e
1
+ . . . +
n
e
n
=
i
= e
i
, 000 = 0 .
Quindi la sola soluzione dellequazione
(2.39)
1
= . . . =
n
= 0 e dunque
linsieme linearmente indipendente.
In uno spazio lineare con prodotto scalare un insie-
me ortogonale che anche una base chiamato base
ortonormale.
(2.40)
Per spazi di dimensione elevata non per niente ovvio come ge-
nerare una base ortonormale. Un modo di partire da una base qua-
lunque e di usare il metodo di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt
(si veda sotto). Sia come sia, per uno spazio 1 di dimensione nita,
concettualmente tutto molto semplice: se e
1
, . . . , e
n
una base in
42 appunti di metodi matematici della fisica
1, allora ogni vettore v 1 pu essere espresso come combinazione
lineare dei vettori della base nella forma
v =
n

k=1
c
k
e
k
(2.41)
Questo segue immediatamente dallindipendenza lineare dei vettori
della base e dal fatto che generano 1. Inoltre, se e
1
, . . . , e
n
una
base ortonormale le coordinate c
k
si determinano prendendo il pro-
dotto scalare dei vettori della base con il vettore v nel modo seguente:
e
k
, v =
_
e
k
,
n

i=1
c
i
e
i
_
=
n

i=1
c
i
e
k
, e
i
=
n

i=1
c
i

ik
= c
k
(2.42)
Ricordando la (2.37), si ha che e
k
, v e
k
= P
e
k
(v) la proiezione
ortogonale di v su e
k
, per cui la condizione di ortonormalit pu
essere succintamente espressa come
n

k=1
P
e
k
= I ,
dove I loperatore identit in 1. Da questa relazione segue imme-
diatamente la (2.41):
v = Iv =
n

k=1
P
e
k
v =
n

k=1
e
k
, v e
k
Una conseguenza immediata delle (2.41) e (2.42), il teorema di
Pitagora:
n

k=1
[c
k
[
2
= [[v[[
2
, (2.43)
da cui segue che:
Tutti gli spazi lineari complessi (reali) di dimensione n
con prodotto scalare sono unitariamente isomor allo
spazio euclideo complesso (reale).
(2.44)
Basta infatti scrivere un qualunque v 1 in termini delle sue
coordinate, v = (c
1
, . . . , c
n
) e ricordare il teorema (2.5). Equivalenza
unitaria signica che la corrispondenza preserva la norma, ma questo
proprio cio che asserisce il teorema di Pitagora (2.43). Se si cerca di
generalizzare queste propriet al caso n = , si presenta il problema
della convergenza della serie (2.41) per n = , un problema che
richiede le dovute cautele e di cui ci occuperemo nella seconda parte.
Proiezioni ortogonali su sottospazi Un teorema di semplice
dimostrazione che vale anche per uno spazio vettoriale di dimensione
vettori e operatori 43
innita il seguente.
Sia e
1
, . . . , e
N
un insieme ortogonale nello spazio
lineare 1 con prodotto scalare. Allora per ogni vettore
v 1, il vettore
v

= v
N

i=1
e
i
, v e
i
ortogonale ad ognuno dei vettori e
i
.
(2.45)
Dimostrazione di (2.45). Prendendo il
prodotto scalare di v

rispetto a e
i
,
i = 1, . . . , N,
_
e
i
, v

_
=
_
e
i
, v
N

k=1
e
k
, v e
k
_
= e
i
, v
N

k=1
e
k
, v e
i
, e
k

= e
i
, v
N

k=1
e
k
, v
ik
= e
i
, v e
i
, v = 0
Perci v

ortogonale a ciascun e
i
,
i = 1, . . . , N.
Il teorema ha una semplice interpretazione geometrica: sia J il
sottospazio di 1 generato dallinsieme ortonormale e
1
, . . . , e
N
, allo-
ra il teorema stabilisce che ogni vettore v 1 pu essere decomposto
come
Figura 2.7: Decomposizione ortogona-
le di un vettore v come somma della
sua componente v
[[
in J (il piano
orizzontale in gura) e la sua compo-
nente verticale v

nello spazio J

(la
direzione verticale in gura).
v = v
[[
+v

(2.46)
dove
v
[[
=
N

i=1
e
i
, v e
i
(2.47)
la proiezione ortogonale di v in J e v

= v v
[[
nello spazio
J

ortogonale a J (lo spazio di tutti i vettori ortogonali ai vettori


in J). Si veda la gura 2.7. Loperatore che realizza la proiezione il
proiettore ortogonale
P =
N

i=1
e
i
, e
i
. (2.48)
Esempio 2.5 (Metodo di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt).
Questo metodo permette di costruire un insieme ortonormale e
1
, e
2
. . .
a partire da un insieme linearmente indipendente v
1
, v
2
, . . .. Il pro-
cesso di costruzione consiste nellapplicare iterativamente il teorema
(2.45) nel seguente modo:
u
1
= v
1
e
1
=
v
1
[[v
1
[[
u
2
= v
2
e
1
, v
2
e
1
e
2
=
v
2
[[v
2
[[
u
3
= v
3
e
1
, v
3
e
1
e
2
, v
3
e
2
e
2
=
v
2
[[v
2
[[
. . .
u
n
= v
n

n1

i=1
e
i
, v
i
e
i
e
n
=
v
n
[[v
2
[[
. . .
2.8 Forme lineari e spazio duale
Una forma (o funzionale) lineare su uno spazio lineare 1 reale o
complesso una funzione lineare da 1 a valori reali o complessi, cio
44 appunti di metodi matematici della fisica
una funzione p tale che
p(u + v) = p(u) + p(v) .
Per esempio, lintegrale I(P) =
_
1
0
P(x)dx una forma lineare sullo
spazio dei polinomi e la traccia Tr A una forma lineare sullo spazio
delle matrici n n. Sia r = x
1
e
1
+ . . . + x
n
e
n
R
n
. Allora una forma
lineare su 1
p(r) = p
1
x
1
+ . . . + p
n
x
n
.
Denotiamo con il valore che la forma assume al variare di (x
1
, . . . x
n
)
in R
n
. Per = 0, linsieme dei punti (x
1
, . . . x
n
) R
n
tali che
p(r) = p
1
x
1
+ . . . + p
n
x
n
= 0
un iperpiano (cio un sottospazio di R
n
di dimensione n 1) pas-
sante per lorigine. Gli altri valori di corrispondono a iperpiani
paralleli tra loro e alliperpiano passante per lorigine. Se sembra
naturale rappresentare i vettori di 1 come freccette, cio segmenti
orientati centrati nellorigine, altrettanto naturale pensare alle forme
lineari su R
n
come a famiglie di iperpiani paralleli.
Linsieme 1

di tutti le forme lineari su uno spazio 1 anchesso


uno spazio lineare: se p e q sono elementi di 1

, la loro combinazione
lineare p + q denita dalla loro azione sugli elementi di 1, cio
( p + q)(v) = p(v) + q(v) .
1

detto spazio duale di 1.


Assumiamo che 1 sia di dimensione n. Allora, ssata una ba-
se e
1
, . . . e
n
in 1, i due spazi 1 e 1

possono essere messi in una


corrispondenza biunivoca che preserva la struttura lineare, da cui
segue in particolare che 1 e 1

hanno la stessa dimensione. Questa


corrispondenza si stabilisce facilmente costruendo in 1

una base
e
1
, . . . , e
n
corrispondente a quella in 1. Le forme e
i
, i = 1, . . . , n sono
cos denite:
e
i
(e
j
) =
ij
. (2.49)
Come si pu facilmente vericare, questa davvero una base in 1

,
nel senso che qualunque forma lineare p, pu essere espresso come
combinazione lineare delgli elementi di questa base. In questo modo
si stabilisce una corrispondenza tra 1 e 1

: il vettore c
1
e
1
+ . . . c
n
e
n
messo in corrispondenza con la forma lineare c
1
e
1
+ . . . c
n
e
n
e
viceversa.
importante aver chiaro che la corrispondenza tra 1 e 1

cos
stabilita dipende dalla scelta di una base in 1, un fatto che talvolta si
esprime dicendo che la corrispondenza tra i due spazi non canonica.
Tuttavia, se in 1 denito un prodotto scalare, la corrispondenza
vettori e operatori 45
canonica. Questo fatto si stabilisce nel modo seguente. Fissato un
vettore u 1, la funzione
u, : 1 C u, x x 1
una forma lineare su 1. Infatti, dalle propriet del prodotto scalare
segue che
u, x + y = u, x + u, y
Allora al vettore u 1 e associata la forma lineare u, 1

. Si ha
cos la corrispondenza
: 1 1

, (u) = u,
Viceversa, data una forma lineare p in 1

, si consideri linsieme dei


vettori v che annullano la forma, cio tali che p(v) = 0. Questo insie-
me un iperpiano in 1 passante per lorigine. Sia n il vettore unita-
rio ortogonale a questo iperpiano (ce ne uno solo, perch liperpiano
ha dimensione n 1). Allora a p si associ il vettore
p = p(n)n.
Si pu facilmente vericare che questa associazione linversa della
,

1
: 1

1 ,
1
( p) = p(n)n
Fine della costruzione della corrispondenza biunivoca canonica tra 1
e 1

.
Esercizio 2.10. Si consideri su R
3
, con il suo prodotto scalare natu-
rale, la forma lineare p(x, y, z) = ax + by + cz . A quale vettore in R
3
corrisponde?
Soluzione. Consideriamo ax + by + cz = 0. Questa lequazione di un
piano passante per lorigine con vettore normale
n =
(a, b, c)

a
2
+ b
2
+ c
2
Si ha
p(n) =
a
2
+ b
2
+ c
2

a
2
+ b
2
+ c
2
=
_
a
2
+ b
2
+ c
2
Allora a p corrisponde il vettore
p = p(n)n =
_
a
2
+ b
2
+ c
2
n = (a, b, c) ,
in accordo con (2.49).
46 appunti di metodi matematici della fisica
Complementi
Paul Dirac (19021984) stato un sico
inglese che ha dato contributi note-
voli allo sviluppo sia della meccanica
quantistica sia dellelettrodinamica
quantistica. Tra le sue scoperte pi
importanti, lequazione di Dirac, che
descrive i fermioni relativistici.
La notazione di Dirac
Con in mente le applicazioni alla meccanica quantistica, Dirac intro-
dusse la notazione dei bra e dei ket per descrivere i vettori di uno
spazio di lineare 1 con prodotto scalare. Questa notazione pu essere
descritta nel seguente modo. Rappresentiamo un vettore u di 1 con
il simbolo [u, che chiameremo vettore ket, oppure con il simbolo
u[, che chiameremo vettore bra. Introduciamo le seguenti regole
per manipolare i simboli di bra e ket
[u + v = [u + [v u + v[ = u[ + v[
Il prodotto scalare (braket
6
) risulta, simbolicamente, il prodotto dei
6
Risulta cos svelato larcano della
terminologia bra e ket: braket
in inglese vuol dire parentesi (e ci
sono ovviamente due tipi di parentesi,
quelle che hanno la gobba a sinistra e
quelle che la hanno a destra). Questa
terminologia, che riette anche un
sottile humor, di Dirac.
simboli bra e ket,
u, v
def
= u[ [v
La notazione rende cos manifesto che il prodotto scalare una for-
ma hermitiana (lineare in un argomento e antilineare nellaltro). Si
potrebbe dare a questa notazione anche un signicato matemati-
co e associare i bra con il duale 1

di 1, ma non necessario. In
virt dellidenticazione canonica tra 1 e 1

, si pu pensare a que-
sta notazione solo come ad un articio conveniente. Per esempio,
particolarmente conveniente per denotare loperatore di proiezione
ortogonale su un vettore v con
[vv[
v , v
= [e
v
e
v
[ , e
v
=
v
[[v[[
per cui la proiezione di u lungo v risulta [e
v
e
v
, u . Con la nota-
zione di Dirac, risulta particolarmente trasparente che il quadrato
del proiettore sia il proiettore stesso: [e
v
e
v
[[e
v
e
v
[ = [e
v
e
v
[, in
quanto e
v
[[e
v

def
= e
v
, e
v
= 1.
Se J un sottospazio di 1 e e
1
, e
2
, . . . una base ortonormale
in esso, loperatore di proiezione ortogonale su J si rappresenta
come
P =

k
[e
n
e
k
[
per cui la proiezione di un vettore v su J data da
P[v =

k
[e
k
e
k
[[v

k
e
k
, v e
k
Inne, che un sistema ortonormale di vettori e
1
, e
2
, . . . una base
in notazione di Dirac si rappresenta cos:

k
[e
n
e
k
[ = I ,
vettori e operatori 47
dove I loperatore identit in 1. La notazione efcace: rende
manifesto che si ha una base quando non si perde niente, cio
quando loperatore
k
[e
k
e
k
[ proietta su tutto lo spazio, e quindi
loperatore identit.
3
Autovalori e autovettori
Indice
3.1 Operatori autoaggiunti e unitari 49
3.2 Autovalori e autovettori 51
3.3 Teorema spettrale per operatori autoaggiunti 56
3.4 Teorema spettrale per operatori normali 58
3.5 Funzione di un operatore 59
3.6 Assi principali di inerzia 62
3.7 Rotazioni e decomposizione di un operatore lineare 63
3.1 Operatori autoaggiunti e unitari
Sia A un operatore su uno spazio di prodotto scalare 1. Se 1 di di-
mensione n, gli elementi della matrice A che rappresenta A rispetto
ad una base e e
1
, . . . , e
n
sono deniti da
A (e
j
) =

j
A
ij
e
i
. (2.22)
Se la base ortonormale, cio

e
i
, e
j
_
=
ij
, allora
A
ij
=

e
i
, A e
j
_
(3.1)
Un operatore lineare A possiede un aggiunto A

se
u, A v = A

u, v u, v 1 . (3.2)
Passando allazione delloperatore sugli elementi della base, lequa-
zione precedente diventa
A
ij
=

e
i
, A e
j
_
=

e
i
, e
j
_
=
_

k
[A

]
ki
e
k
, e
j
_
=

k
[A

]
ki

kj
= [A

]
ji
,
50 appunti di metodi matematici della fisica
da cui [A

]
ij
= A
ji
. Quindi ogni operatore lineare A su uno spazio di
dimensione nita, rappresentato da una matrice A in una base orto-
normale, ha un (solo) aggiunto rappresentato dalla matrice aggiunta
A

. Segue dalla denizione che A

= A. In spazi di dimensione
innita non tutti gli operatori lineari hanno un aggiunto.
La struttura di uno spazio di prodotto scalare 1 lasciata invariata
dalle trasformazioni invertibili di 1 che non cambiano il prodotto
scalare tra vettori, cio dagli operatori lineari invertibili U tali che
U u, U v = u, v u, v 1 (3.3)
Un operatore U che soddisfa la (3.3) detto operatore unitario o ro-
tazione. Si pu vericare facilmente che (3.3) vericata se e solo se
linverso di U uguale al suo aggiunto,
U
1
= U

(3.4)
equivalentemente, se e solo se una sua rappresentazione matriciale
U rispetto ad una base ortonormale una matrice ortogonale, cio
soddisfa la (2.29) o, equivalentemente, in termini della proposizione
seguente.
U una matrice ortogonale se e solo se
U =
_
e
1
. . . e
n
_
,
dove e
1
, . . . , e
n
una qualunque base ortonormale in
C
n
(dove ciascun e
i
va inteso come un vettore colonna).
(3.5)
Esercizio 3.1. Mostrare che se U =
_
e
1
. . . e
n
_
, allora
U
1
=
_

_
e

1
.
.
.
e

n
_

_
dove e

i
sono vettori riga, ottenuti per trasposizione dai vettori co-
lonna e
i
e per coniugazione complessa delle componenti. Si osser-
vi che U
1
U = I equivalente alle condizioni di ortonormalit
e

i
e
j
=

e
i
, e
j
_
=
ij
(il primo prodotto il prodotto righe per
colonne di un vettore riga con un vettore colonna).
Esercizio 3.2. Mostrare che il proiettore ortogonale P
v
sul vettore v
rappresentato dalla matrice P = vv

.
Esercizio 3.3. Mostrare che il proiettore ortogonale P denito dalla
(2.48) rappresentato dalla matrice P =
N
i=1
e
i
e

i
. Mostrare inol-
tre che P =
N
i=1
f
i
f

i
, dove f
i
unaltro sistema ortonormale nel
sottospazio di 1 generato dallinsieme ortonormale e
1
, . . . , e
N
.
autovalori e autovettori 51
Esercizio 3.4. Mostrare che il prodotto di due o pi operatori unitari
un operatore unitario e che che il prodotto di di due o pi operatori
autoaggiunti non autoaggiunto. Quali condizioni devono soddi-
sfare gli operatori autoaggiunti afch il loro prodotto sia ancora un
operatore autoaggiunto?
Operatori notevoli in spazi di prodotto scalare Anche
in vista delle applicazioni alla sica, le seguenti classi di operato-
ri lineari in uno spazio con prodotto scalare sono particolarmente
rilevanti.
(i) Operatori unitari: operatori U tali che U
1
= U

.
(ii) Operatori autoaggiunti: operatori A tali che A

= A.
(iii) Proiettori ortogonali: operatori autoaggiunti P tali che P
2
= P.
(iv) Operatori normali: operatori N tali che N N

= N

N .
Nota. Gli operatori autoaggiunti sono ovviamente normali; sono
normali anche gli operatori unitari in quanto U

= U
1
e U
1
U =
U U
1
.
3.2 Autovalori e autovettori
Un operatore A su uno spazio lineare 1 di dimensione n detto
diagonalizzabile se esiste una base in cui esso rappresentato da una
matrice diagonale
D =
_

1
0 0 . . . 0
0
2
0 . . . 0
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
0 0 0 . . .
n
_

_
(3.6)
Sia A una qualunque rappresentazione matriciale delloperatore
lineare A. Allora A diagonalizzabile se e solo A simile a una
matrice diagonale, cio se esiste una matrice invertibile S tale che
S
1
AS una matrice diagonale. Questo signica che per essere
diagonalizzabile, A deve avere la seguente struttura
A = SDS
1
(3.7)
Autovalori e autovettori di una matrice Una matrice inverti-
bile S pu essere sempre scritta nella forma (2.15)
S =
_
v
1
. . . v
n
_
. (3.8)
52 appunti di metodi matematici della fisica
dove v
1
, . . . , v
n
sono vettori colonna che formano una base in C
n
. Lo
scopo trovare A = SDS
1
per una qualche matrice diagonale D con
i numeri
1
, . . . ,
n
lungo la sua diagonale. Quindi AS = SD, cio
_
Av
1
. . . Av
n
_
=
_

1
v
1
. . .
n
v
n
_
, (3.9)
avendo scritto le colonne di entrambi i membri dellequazione AS =
SD. Quindi, A diagonalizzabile, cio ha la struttura (3.7), se e solo se
esistono numeri
1
, . . . ,
n
e n vettori v
1
, . . . , v
n
tali che
Av
i
=
i
v
i
(3.10)
Questo d luogo alla seguente importante denizione.
Un vettore non nullo v detto autovettore della matrice
A con autovalore se
Av = v
(3.11)
E la (3.10) fornisce il seguente importante criterio di diagonalizzabili-
t.
Arthur Cayley (18211895) stato un
matematico inglese, che diede un forte
contributo alla crescita della matema-
tica pura nel mondo anglosassone. A
Cayley si devono la introduzione del
prodotto di matrici e la dimostrazione
del teorema di Hamilton-Cayley cio
del fatto che ogni matrice quadrata
una radice del suo polinomio caratte-
ristico. Fu inoltre il primo a esprimere
la nozione generale di gruppo come
insieme munito di una operazione bi-
naria che soddisfa determinati assiomi
(mentre in precedenza gruppo era si-
nonimo di gruppo di permutazioni. A
lui si deve anche il teorema che porta
il suo nome che afferma lisomor-
smo di ogni gruppo con un gruppo di
permutazioni.
Una matrice n n diagonalizzabile, pu cio essere
scritta nella forma A = SDS
1
, per qualche matrice
matrice diagonale D e matrice invertibile S, se e solo se
esiste una base formata da autovettori. In questo caso
la matrice S formata da questi vettori come colonna
e la matrice diagonale ha gli autovalori lungo la sua
diagonale.
(3.12)
Equazione agli autovalori Lequazione Av = v pu ovvia-
mente essere riscritta come
(A I) v = 0 ,
dove I la matrice identit. Questa riscrittura rende evidente che
un autovalore di A se e solo se la matrice e A I singolare. Poich
una matrice singolare se e solo se il suo determinante nullo,
un autovalore di A, se e solo se soluzione dellequazione
det (A I) = 0 . (3.13)
Questa equazione detta equazione agli autovalori (o equazione se-
colare o equazione caratteristica) di A. Se calcoliamo il deter-
minante, otteniamo un polinomio di grado n, che detto polinomio
caratteristico di A,
p() = det(A I) (3.14)
e chiaramente gli autovalori di A sono le sue radici.
autovalori e autovettori 53
Trovare gli autovalori di un operatore su uno spazio di dimensione
n dunque equivalente a trovare le radici del polinomio caratteristi-
co. A questo proposito ricordiamo che non c una formula generale
per trovare le radici di polinomi di grado superiore al quattro (no-
ta a margine a p. 15) e anche le formule per le cubiche (p. 7) o le
quartiche sono abbastanza orrende. Di solito in problemi concre-
ti (a differenza degli eserciziari per gli studenti) si ricorre a metodi
numerici.
Autovalori e autovettori di un operatore La vera impor-
tanza del concetto di autovalore sta nelllessere una caratteristica
intrinseca, cio invariante per trasformazione di similitudine:
Dimostrazione di (3.19). Siano v
1
, . . . , v
r
autovettori associati agli autovalori
distinti
1
, . . . ,
r
, r n di A, e
supponiamo che non siano linearmente
indipendenti. Allora esister una
combinazione lineare non banale di essi
che pari al vettore nullo,
c
1
v
1
+ . . . c
r
v
r
= 000 (3.15)
Si scelga la combinazione lineare che
abbia il minor numero di coefcienti
non nulli (questo il trucco). Tale scelta
ovviamente possibile. Supponiamo
c
1
,= 0 e facciamo agire A su ambo i
membri di (3.15),
A (c
1
v
1
+. . . c
r
v
r
) = c
1

1
v
1
+. . . c
r

r
v
r
= 000 .
(3.16)
Sottraiamo
1
(3.15) dalla (3.16) e
otteniamo
c
2
(
2

1
)v
2
+ . . . + c
r
(
r

1
)v
r
= 000
(3.17)
se B = S
1
AS una matrice simile ad
A, il suo polinomio caratteristico lo
stesso di A. Infatti, ricordando che il
determinante invariante per trasfor-
mazioni di similitudine (sezione 2.5),
si ha immediatamente(si osservi che il
primo termine si cancella). Questa di
nuovo una combinazione lineare dei
vettori. possibile che tutti i coefcienti
siano nulli? Poich gli autovalori sono
distinti, questo dipende solo dalla scelta
dei c
k
. Se tutti i c
k
fossero nulli, allora
la (3.15) diventerebbe c
1
v
1
= 000, quindi
anche c
1
sarebbe nullo in contrasto con
lipotesi che la (3.15) fosse una com-
binazione lineare non banale. Quindi
anche la (3.17) deve essere una com-
binazione lineare non banale. Ma essa
ha chiaramente meno coefcienti non
nulli della (3.15) poich c
1
non pi
presente. Questo contraddice la nostra
scelta iniziale di (3.15) come combina-
zione lineare non banale con il minor
numero di coefcienti non nulli. Poich
si raggiunta una contraddizione, il
teorema rsulta dimostrato.
det(B I) = det
_
S
1
det(A I)S
_
= det (A I)
Per cui gli autovalori di B e A sono gli stessi.
Le nozioni di autovalore, autovettore e polinomio caratteristico
sono dunque propriet intrinseche delloperatore A rappresentato
da una matrice A: uno scalare autovalore di A se esiste un vettore
non nullo v 1 tale che A (v) = v e ogni vettore che soddisfa
questa equazione un autovettore di A con autovalore . Linsieme
di tutti questi vettori un sottospazio di 1 (Esercizio: dimostrare
che uno spazio lineare) chiamato autospazio di . Inoltre, p() =
det(A I) il polinomio caratteristico delloperatore A, le cui
radici sono gli autovalori di A.
Per il teorema fondamentale dellalgebra (1.11), un polinomio di
grado n ha sempre n radici complesse, anche se alcune di queste
possono avere molteplicit algebrica. Ne segue che:
Un operatore A su uno spazio lineare complesso di
dimensione n ha n autovalori (non necessariamente
distinti) e almeno un autovettore.
(3.18)
Quando un autovalore una radice del polinomio caratteristico
con molteplicit algebrica > 1 si dice che degenere. Linsieme degli
autovalori di A si chiama spettro di A. Quando gli autovalori di A
sono tutti distinti (assenza di degenerazione), si dice che loperatore
ha spettro semplice o che gli autovalori sono semplici.
Il seguente teorema molto utile e la sua dimostrazione riportata
a margine.
Autovettori non nulli, relativi ad autovettori distinti,
sono linearmente indipendenti.
(3.19)
Trovare gli autovalori di un operatore dunque il primo pas-
so per diagonalizzarlo. Il secondo passo trovare gli autovettori.
54 appunti di metodi matematici della fisica
Questi si trovano separatamente, cercando i vettori che annullano
A I per ogni autovalore . Se ce ne sono abbastanza di linear-
mente indipendenti in modo da formare una base in 1, per la (3.12),
il gioco fatto. Questo per, in generale, pu non funzionare e la
presenza di autovalori degeneri un ostacolo alla diagonalizzabilit
delloperatore.
Esempio 3.1. La matrice A =
_
1 1
0 1
_
ha polinomio caratteristico
p() = ( 1)
2
, quindi lautovalore = 1 ha molteplicit 2. Ma a
parte v
1
=
_
1
1
_
non ci sono altri autovettori indipendenti da questo.
Questa la ragione per cui A non diagonalizzabile.
Dimostrazione di (3.20). Segue imme-
diatamente dalla (3.19): se ci sono n
autovalori distinti
1
, . . . ,
n
, allora
per la (3.19) ci sono n autovettori li-
nearmenti indipendenti v
1
, . . . , v
n
, che
formano dunque una base. Se formano
una base, possiamo allora applicare il
criterio (3.12) e ottenere
A = SDS
1
,
dove
D =
_

1
0 0 . . . 0
0
2
0 . . . 0
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
0 0 0 . . .
n
_

_
e
S =
_
v
1
. . . v
n

.
Tuttavia, se gli autovalori sono semplici, cio sono radici sempli-
ci di p() (o detto in altri termini, lo spettro delloperatore non
degenere), il gioco funziona sempre:
Se lo spettro di operatore A su uno spazio 1 di
dimensione n semplice, allora A diagonalizzabile.
(3.20)
Esercizio 3.5. Diagonalizzare la matrice A =
_
2 5
1 4
_
.
Soluzione. Occorre trovare autovalori e autovettori. I passi sono i
seguenti.
Passo n
o
1. Trovare il polinomio caratteristico
p() = det
_
2 5
1 4
_
= (2 )(4 ) 5(1) =
2
+23
Passo n
o
2. Trovare le radici di p().

1
=
2 +
_
2
2
4(3)
2
= 1
2
=
2
_
2
2
4(3)
2
= 3
Gli autovalori sono semplici, dunque la matrice diagonalizzabile.
Passo n
o
3. Trovare gli autovettori. Questo deve essere fatto sepa-
ratamente per ciascun autovalore.
Autovettore per
1
= 1. Lautovettore v
1
=
_
x
y
_
risolve (A
1
I)v
1
=
0, cio
_
1 5
1 5
_ _
x
y
_
=
_
0
0
_
ovvero
_
x +5y = 0
x 5y = 0
.
Naturalmente queste equazioni non sono indipendenti, una si pu
buttare via e trovare una qualunque soluzione non banale di x +5y =
0. Si pu scegliere, ad esempio, x = 5 e y = 1, da cui v
1
=
_
5
1
_
autovalori e autovettori 55
Autovettore per
2
= 3. Procedendo in modo analogo, si trova che
un possibile autovettore per
2
v
2
=
_
1
11
_
.
Passo n
o
4. Inne, si scrive la forma diagonale A = SDS
1
.
Chiaramente,
S =
_
5 1
1 1
_
e D =
_
1 0
0 3
_
Occorre trovare linversa di S, che
_
1/4 1/4
1/4 5/4
_
Quindi
A =
_
2 5
1 4
_
=
_
5 1
1 1
_ _
1 0
0 3
_ _
1/4 1/4
1/4 5/4
_
la decomposizione diagonale di A.
Esercizio 3.6. Sia A =
_
2 5
1 4
_
e sia w =
_
3
1
_
. Calcolare A
2000
w.
Soluzione. Naturalmente, si pu usare un calcolatore e moltiplicare
questa matrice 2000 volte. Ma se la matrice grande, e non sempli-
cemente 2 2, questo potrebbe richiedere una notevole quantit di
tempo. Un modo migliore di usare la decomposizione diagonale di
A. Si osservi la rimarchevole propriet di cancellazione telescopica:
A
2000
=
_
SDS
1
_ _
SDS
1
_ _
SDS
1
_

_
SDS
1
_
= SD
2000
S
1
Ora, calcolare D
2000
banale:
D
2000
=
_
1
2000
0
0 (3)
2000
_
=
_
1 0
0 3
2000
_
Quindi
A
2000
w = SD
2000
S
1
w =
_
5 1
1 1
_ _
1 0
0 3
2000
_ _
1/4 1/4
1/4 5/4
_ _
3
1
_
=
_
5 2 3
2000
1 +2 3
2000
_
56 appunti di metodi matematici della fisica
3.3 Teorema spettrale per operatori autoaggiunti
La chiave di volta per trovare un criterio sufciente di diagonalizzabi-
lit molto pi generale di (3.20) la seguente proposizione
Se A lascia invariata la direzione di un vettore v, allora
A

lascia invariato il sottospazio J di tutti i vettori


ortogonali a v.
(3.21)
Dimostrazione di (3.21). Si consideri il
prodotto scalare u, A v = A

u, v.
Se v tale che A v = v, ,= 0, allora
u, A v = u, v = A

u, v.
Quindi se u ortogonale a v, cio
u, v = 0, anche il vettore A

u, v =
0, cio anche A

u ortogonale a v.
La dimostrazione (semplice) riportata a margine, qui preme che
sia chiaro lenunciato. Lasciare invariata la direzione di v un altro
modo per dire che v un autovettore di A, poich se A v = v, il
vettore v viene stirato (o accorciato o moltiplicato per una fase),
ma non cambia la sua direzione. Per lasciare invariato il sottospazio
di tutti i vettori ortogonali a v si intende che quando A

agisce su
un qualunque vettore ortogonale a v, lo trasforma in un altro che
ancora ortogonale a v. Inne, la proposizione presuppone che
linsieme dei vettori ortogonali a v sia un sottospazio, e questo
lasciato come (facilissimo) esercizio.
Il seguente teorema molto importante.
Se A un operatore auto-aggiunto su uno spazio 1
di dimensione n dotato di prodotto scalare, allora A
diagonalizzabile.
(3.22)
Questo il teorema spettrale per gli operatori autoaggiunti in spazi
lineari di dimensione nita. Mostreremo perch funziona e successi-
vamente ne daremo una formulazione pi generale.
Lidea per dimostrare (3.22) semplice ed la seguente. Per la
(3.18) esiste sempre almeno un autovettore v
1
di un qualunque ope-
ratore A associato ad un autovalore (eventualmente degenere)
1
;
per comodit, prendiamo v
1
con norma 1. Per la (3.21), il sottospazio
J di tutti i vettori u ortogonali a v
1
lasciato invariato da A

, ma
se A autoaggiunto, A

= A, esso lasciato invariato anche da


A. Scegliamo una base ortonormale in J, u
1
, . . . , u
n1
e conside-
riamo in 1 la base ortonormale v
1
, u
1
, . . . , u
n1
. Se A rappresenta
loperatore rispetto ad una base di partenza, in questa nuova base,
A rappresentato dalla matrice U
1
1
AU
1
, dove U
1
la matrice orto-
gonale U
1
=
_
v
1
u
1
. . . u
n1
_
. Poich U
1
1
= U

1
, si ha (si veda
lesercizio 3.1)
U
1
1
AU
1
=
_

_
v

1
u

1
.
.
.
u

n1
_

_
_

1
v
1
Au
1
. . . Au
n1
_
=
_

1
0 0 . . . 0
0 . . .
0 . . .
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
0 . . .
_

_
autovalori e autovettori 57
dove gli asterischi denotano gli elementi di matrice di A ristretta
allo spazio J rispetto alla base v, u
1
, . . . , u
n1
. Ma questa matrice
rappresenta A ristretto a J, che autoaggiunto su J. Chiamiamo
A
2
questo operatore. Adesso possiamo ripetere la procedura : per la
(3.18) esiste una autovettore v
2
di un A
2
con autovalore associato
2
che . . . e iterando la procedura si trasforma A in
D =
_

1
0 0 . . . 0
0
2
0 . . . 0
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
0 0 0 . . .
n
_

_
La matrice U che realizza la trasformazione, essendo il prodotto
di matrici ortogonali, anchessa ortogonale, ed formata dagli
autovettori v
1
, . . . v
n
, opportunamente normalizzati a 1,
U =
_
v
1
. . . v
n
_
(3.23)
Si osservi che leventuale presenza di autovalori degeneri non in-
uisce minimamente sulla procedura. Fine della dimostrazione
di (3.22).
Il criterio di diagonalizzabilit (3.12) dunque soddisfatto e la
struttura di una matrice che rappresenta un operatore autoaggiunto
A = UDU
1
= UDU

. (3.24)
Sviluppando i prodotti,
A = UDU
1
=
_
v
1
. . . v
n
_
_

1
. . . 0
.
.
.
.
.
.
.
.
.
0 . . .
n
_

_
_

_
v

1
. . .
v

n
_

_ =
n

i=1

i
v
i
v

i
Ma v
i
v

i
sono i proiettori ortogonali sugli autovettori (esercizio
3.2) e se un autovalore degenere ad esso corrisponder la som-
ma dei proiettori su gli autovettori corrispondenti, cio il proiettore
sullautospazio associato allautovalore. Quindi,
A =
r

k=1

k
P
k
, (3.25)
dove r n,
k
sono autovalori distinti e le matrici P
k
proiettano sugli
autospazi associati agli autovalori
k
. Poich questi sottospazi di 1
sono ortogonali tra loro, si ha P
k
P
j
= 0 per k ,= j; inoltre, essendo U
una matrice ortogonale,
k
P
k
= I.
La (3.25) detta rappresentazione spettrale di A e la corrispondente
formula
A =
r

k=1

k
P
k
, (3.26)
58 appunti di metodi matematici della fisica
detta rappresentazione spettrale delloperatore A.
Per esempio, alla matrice
A =
_

_
3 0 0 0
0 1 0 0
0 0 1 0
0 0 0 5
_

_
corrispondono gli autovalori distinti 3, 1 e 5 e i proiettori
P
1
=
_

_
1 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
_

_
P
2
=
_

_
0 0 0 0
0 1 0 0
0 0 1 0
0 0 0 0
_

_
P
3
=
_

_
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 1
_

_
Come si pu vericare, le P
i
sono delle proiezioni, ossia P
2
i
= P
i
, e
A = 3P
1
+ P
2
+5P
3
, P
1
+ P
2
+ P
3
= I , P
i
P
j
= 0 , i ,= j .
Esercizio 3.7. Sia A =
_
0 1
1 0
_
. Calcolare A
2000
.
Soluzione. Questo una variante dellesercizio 3.6 e pu essere risolto
nello stesso modo usando la rappresentazione diagonale della matri-
ce. Essendo la matrice autoaggiunta, la rappresentazione diagonale
la rappresentazione spettrale e quindi
A
2000
=
_

k
P
k
_
2000
Dimostrazione di (3.27).
Preliminarmente, si mostra che se
N normale, allora N (v) = 0 se e
solo se N

(v) = 0. Si ha infatti
N v , N v = v , N

N v
= v , N N

v
= N

v , N

v .
Quindi per la propriet (iii) del pro-
dotto scalare, N (v) = 0 se e solo se
N

(v) = 0. Il secondo passo con-
siste nella constatazione che se A
normale, lo anche A I (veri-
care questo lasciato per esercizio). Si
consideri adesso (A I)(v) = 0.
Essendo A I normale, per quanto
visto sopra, (A I)(v) = 0 se e
solo se (A I)

(v) = 0. Poich
(A I)

(v) = (A

I), ne se-
gue che v autovettore di A associato
allautovalore se e solo se v auto-
vettore di A

associato allautovalore
.
Ricordando che P
k
P
j
= 0 per k ,= j e P
2
k
= P
k
, si conclude che tutti i
termini misti dellelevazione a potenza si annullano e resta
A
2000
=

2000
k
P
2000
k
=

2000
k
P
k
.
Si lascia come facile esercizio mostrare che gli autovalori di A sono 1
e 1 e determinare le matrici di proiezione P
1
e P
1
corrispondenti.
3.4 Teorema spettrale per operatori normali
Si pu dimostrare che la rappresentazione spettrale (3.26) vale per
una classe pi ampia di operatori. Si tratta degli operatori nor-
mali, cio degli operatori A che commutano con il loro aggiunto,
cio tali che AA

= A

A. Per questi operatori vale la seguente


proposizione.
Se A normale, ogni autovettore di A autovettore di
A

. In particolare, se A (v) = v, allora A

(v) = v.
(3.27)
autovalori e autovettori 59
Sulla base di questo e delle (3.18) e (3.21) si pu applicare una pro-
cedura di diagonalizzazione di A del tutto analoga a quella per gli
operatori autoaggiunti. Lasciamo come esercizio (non semplicissi-
mo) di riempire i dettagli. Si arriva cos alla forma pi generale del
teorema spettrale:
Teorema spettrale. Sia A un operatore normale su uno
spazio complesso nito-dimensionale 1 con prodot-
to scalare. Esistono allora dei proiettori ortogonali
P
1
, . . . P
r
su 1 e degli scalari
1
, . . .
r
tali che
(i) A =
r

k=1

k
P
k
.
(ii)
r

k=1
P
k
= I.
(iii) P
i
P
j
= 0 per i ,= j.
(3.28)
Dimostrazione di (a), (b) e (c). (a) Siano
u e v autovettori di A associati
rispettivamente agli autovalori
distinti e . Mostriamo che
u, v = u, v:
u, v =

u, v
_
= A

u, v
= u, A v = u, v
= u, v .
Ma ,= per ipotesi, dunque
u, v = 0.
(b) Sia un autovalore di A = A

con
autovettore v. Allora
v , v = v , A v = A

v , v
= A v , v = v , v
= v , v
Essendo v , v > 0, ne segue che
= , cio che reale.
(c) Sia autovalore di un operatore
unitario U con autovettore v di
norma 1. Allora
1 = v , v = U v , U v
= v , v = v , v
= [[
Quindi [[ = 1.
I seguenti fatti si vericano facilmente (le loro dimostrazioni sono
riportate a margine).
(a) Gli autovettori associati ad autovalori distinti di un operatore
normale sono ortogonali.
(b) Gli autovalori di un operatore autoaggiunto sono reali.
(c) Gli autovalori di un operatore unitario sono numeri complessi di
modulo 1.
Il teorema spettrale uno degli strumenti pi utili nelle applica-
zioni dellalgebra lineare. Nel seguito, discuteremo brevemente tre
applicazioni: la denizione di funzioni arbitrarie di un operatore nor-
male e la soluzione delle equazioni differenziali lineari, nella sezione
3.5, e la determinazione degli assi principali di inerzia in meccanica,
nella sezione 3.6.
3.5 Funzione di un operatore
Sia f una funzione a valori reali e A un operatore autoaggiunto.
Loperatore
f (A ) =

k
f (
k
)P
k
(3.29)
detto la funzione f delloperatore A. Essendo f a valori reali e P
k
autoaggiunti anche f (A ) autoaggiunto.
Che la (3.29) sia una buona denizione, lo si pu vericare provan-
dola per le potenze come stato fatto nellesercizio 3.7: f (A ) = A
n
,
60 appunti di metodi matematici della fisica
calcolato secondo la (3.29), in effetti coincide con lusuale eleva-
zione a potenza di un operatore per cui A
n
rappresentato dalla
matrice A
n
.
Uno dei casi pi importanti della (3.29) quando f (A ) = A
1
,
loperatore inverso (se esiste), da cui segue che gli autovalori del-
loperatore inverso sono gli inversi degli autovalori di A. Questo
implica che la funzione inversa ben denita se 0 non un autova-
lore di A, cio se non esiste alcun vettore v tale che A (v) = 0, che
proprio la denizione di operatore non singolare o regolare.
Pi in generale, le usuali operazioni aritmetiche con funzioni si
estendono agli operatori autoaggiunti. Per esempio,
f (A )g(A ) = ( f g)(A ) .
Si pu denire f (A ) per un operatore normale e il lettore si chi-
der perch non lo abbiamo fatto subito, visto che il solo ingredien-
te che entra nella (3.29) il teorema spettrale. La ragione che la
faccenda un po delicata. Nel caso di un operatore normale gli
autovalori possono essere complessi, e dobbiamo assicurarci che f
sia denita per numeri complessi. Non ogni funzione data origina-
riamente sulla retta reale pu essere estesa al piano complesso, ma
polinomi, funzioni razionali, esponenziali, etc. vanno bene. Come
vedremo nella terza parte, le funzioni per cui questo possibile sono
le funzioni analitiche, di cui un brevissimo cenno stato dato nella se-
zione 1.8. Come vedremo, sono le funzioni per cui esiste una serie di
potenze convergente. Fatta salva questa precisazione, la (3.29) risulta
in effetti ben denita per operatori normali e per funzioni a valori
reali o complessi. Se A normale, anche f (A ) lo .
La nozione di funzione di un operatore, in verit, si estende a
qualunque operatore diagonalizzabile. In termini di matrici, basta
denire f (A) come
f (A) = Sf (D)S
1
,
dove f (D) la matrice diagonale con elementi diagonali f (
k
).
Adesso la sottigliezza duplice. Da un lato, essendo gli autovalori
in generale complessi, va tenuto conto dellosservazione sopra per gli
operatori normali; dallaltro, non facile decidere se una matrice
diagonalizzabile senza in effetti cercare di diagonalizzarla. Ma che un
operatore autoaggiunto o normale facile da riconoscere.
Esercizio 3.8. Assumendo che A sia una matrice diagonale, dimo-
strare che
det(A) = e
Tr ln A
Questa equazione utile nel calcolo dei determinanti.
Applicazione ai sistemi dinamici lineari Un sistema dinami-
co un sistema (sico, biologico, economico, etc), il cui stato x
t
R
n
autovalori e autovettori 61
evolve nel tempo t secondo il sistema di equazioni differenziali del
primordine

x
t
= v(x
t
) (3.30)
dove il pallino denota la derivata rispetto al tempo, v = v(x), x =
(x
1
, . . . , x
n
), un campo vettoriale su R
n
, detto campo di velocit; R
n
detto lo spazio delle fasi del sistema. Se il campo di velocit lineare,
esso rappresentato da una matrice A e il sistema cos ottenuto

x
t
= Ax
t
(3.31)
detto sistema dinamico lineare.
Nel caso scalare,

x
t
= ax
t
, dove a R, la soluzione x
t
= e
at
x
0
,
dove x
0
la condizione iniziale al tempo t = 0. Seguendo questa Dimostrazione che (3.32) soluzione della
(3.31), per e
At
data dalla (3.34). Si tratta,
semplicemente, di un calcolo:

x
t
=
d
dt
Se
Dt
S
1
x
0
= lim
st
Se
Ds
S
1
x
0
Se
Dt
S
1
x
0
s t
= S
_
lim
st
e
Ds
e
Dt
s t
_
S
1
x
0
= SDe
Dt
S
1
x
0
= SDS
1
Se
Dt
S
1
x
0
= SDS
1
e
At
x
0
= Ax
t
Analogamente, la dimostrazione per A
data dalla (3.33) il calcolo seguente:

x
t
=
d
dt
e
At
x
0
=
d
dt

k
e

k
t
P
k
x
0
=

k
e

k
t
P
k
x
0
= Ae
At
x
0
[per la (3.29)]
= Ax
t
analogia, si tentati di scrivere la soluzione di (3.31) come
x
t
= e
At
x
0
(3.32)
e questo in effetti corretto se e
At
intesa nel senso specicato sopra
di funzione di un operatore: se A normale,
e
At
=

k
e

k
t
P
k
, (3.33)
se A solo diagonalizzabile,
e
At
= Se
Dt
S
1
. (3.34)
La dimostrazione che (3.32) soluzione della (3.31), per e
At
data dalle
(3.34) e (3.33), riportata a margine.
Osserviamo inne che in sica giocano un ruolo molto importante
in sistemi dinamici in C
n
per descrivere i sistemi quantistici nito-
dimensionali (sistemi di spin, di atomi a numero nito di livelli o
sistemi di qu-bit, come in teoria della computazione quantistica). Il
loro stato usualmente denotato con = (
1
, . . . ,
n
) C
n
e la loro
dinamica data dal sistema
i

= H, (3.35)
dove H un operatore autoaggiunto. Naturalmente, la sostanza la
stessa di prima, la soluzione ancora data dalla (3.32) per A = iH,
cio

t
= e
itH

0
, (3.36)
che essendo H autoaggiunto, va intesa nel senso della rappresenta-
zione spettrale (3.33), che adesso si scrive come
e
iHt
=

k
e
iE
k
t
P
k
, (3.37)
62 appunti di metodi matematici della fisica
con la notazione standard E
k
per gli autovalori di H, essendo que-
stultimi interpretati in meccanica quantistica come valori denergia.
Naturalmente, continua a valere la dimostrazione data a margine.
interessante osservare (e di enorme importanza in meccanica
quantistica) che U
t
= e
itH
un operatore unitario, in quanto U
1
t
=
e
itH
= U

t
. Questo signica, in particolare, che levoluzione temporale
del vettore ne conserva la norma, [[U
t

0
[[ = [[
0
[[ .
3.6 Assi principali di inerzia
Lapplicazione pi nota del teorema spettrale in sica classica per
1 = R
3
e riguarda gli assi principali di inerzia di un corpo. Si consi-
deri un corpo esteso che ruota attorno a un asse con velocit angolare
istantanea . Allora il momento angolare L dato dallequazione
L = M,
dove M, loperatore che trasforma il vettore nel vettore L, rap-
presentato dalla matrice, usualmente detta tensore di inerzia,
I =
_

_
I
xx
I
xy
I
xz
I
yx
I
yy
I
yz
I
zx
I
zy
I
zz
_

_ ,
Gli elementi di questa matrice sono usualmente calcolati rispetto ad
un sistema dassi cartesiani centrato nel centro di massa del corpo.
Detta la densit di massa del corpo, le formule per gli elementi di
matrice di I sono
I
xx
=
___
(y
2
+ z
2
)dxdydz I
yy
=
___
(x
2
+ z
2
)dxdydz I
zz
=
___
(x
2
+ y
2
)dxdydz
I
xy
= I
yx
=
___
xydxdydz I
xz
= I
zx
=
___
xzdxdydz I
yz
= I
zy
=
___
xzdxdydz
Essendo dunque la matrice I simmetrica, si applica il teorema spet-
trale. Quindi esistono numeri reali I
k
e proiettori ortogonali P
k
tali
che
M =
r

k=1
I
k
P
k
le possibilit per r sono r = 3, 2, 1.
Il caso r = 3 si realizza, ad esempio per un elissoide. I tre proietto-
ri P
1
, P
2
e P
3
proiettano su 3 direzioni ortogonali tra loro dette assi
principali di inerzia che corrispondono ai 3 assi di simmetria dellelis-
soide. Nella base ortonormale di queste direzioni la matrice I assume
la forma
Figura 3.1: Elissoide
I =
_

_
I
1
0 0
0 I
2
0
0 0 I
3
_

_ ,
autovalori e autovettori 63
dove I
1
,= I
2
,= I
3
. Il caso r = 2 , ad esempio, quello di un cilin-
dro. P
1
proietta sul piano del cilindro e P
2
sul suo asse. Allora la
matrice I diventa
I =
_

_
I
1
0 0
0 I
1
0
0 0 I
2
_

_ ,
dove I
1
,= I
3
. Il caso r = 1 quello della sfera, dove necessariamente
P
1
loperatore identit . Allora il momento di inerzia un multiplo
dellidentit,
I =
_

_
1 0 0
0 1 0
0 0 1
_

_ .
Osserviamo inne che lenergia cinetica rotazionale
c
rot
=
1
2
, M
una forma quadratica. Quindi la diagonalizzazione del momento di
inerzia equivalente alla diagonalizzazione di un forma quadratica.
Storicamente, il teorema spettrale fu proprio il risultato della ricerca
della soluzione per questo problema.
3.7 Rotazioni e decomposizione di un operatore lineare
Sia R una rotazione dello spazio euclideo n-dimensionale reale (ri-
spetto ad unorigine O arbitrariamente scelta), che trasforma un qua-
lunque vettore v nel vettore ruotato v
/
= Rv. Si vuole sapere come R
agisce su un operatore A. Sia u = A v, allora applicando la rotazione
ad ambo i membri si ottiene
u
/
= Ru = RA v = RAR
1
Rv = RAR
1
v
/
Dunque
A
/
= RAR
1
(3.38)
come si trasforma loperatore A in conseguenza della rotazione R.
Se, per esempio, A rappresenta il momento di inerzia di un cilindro
con asse lungo lasse delle z e il cilindro viene ruotato mediante ro-
tazione R di 90
0
nel piano xz, A
/
sar il momento di inerzia ruotato.
In una data base nello spazio, gli operatori si rappresentano mediante
matrici e per le corrispondenti matrici, la (3.38) diventa
A
/
= RAR
1
(3.39)
Il prodotto righe per colonne in generale mescola tutti gli elementi
nel senso che, come effetto della (3.39), lelemento [A
/
]
ij
della matrice
trasformata in generale dipender da tutti gli elementi della matrice
64 appunti di metodi matematici della fisica
A. Tuttavia, cos come una funzione f (x) unicamente decomposta
nella somma della sua parte pari e di quella dispari,
f (x) =
1
2
( f (x) + f (x)) +
1
2
( f (x) f (x)) f
(p)
(x) + f
(d)
(x) ,
si pu decomporre una matrice nella somma della sua parte simme-
trica e di quella antisimmetrica
A
ij
=
1
2
_
A
ij
+ A
ji
_
+
1
2
_
A
ij
A
ji
_
[A
(s)
]
ij
+ [A
(a)
]
ij
e la rotazione agisce in maniera indipendente sulle due parti, trasfor-
mando A
(s)
in una matrice che ancora simmetrica e A
(a)
in una che
ancora antisimmetrica. Infatti,
[RA
(s)
R
1
]
ik
= [RA
(s)
R
t
]
ik
=

n,m
R
in
[A
(s)
]
nm
R
kn
=

m,n
R
kn
[A
(s)
]
mn
R
in
= [RA
(s)
R
t
]
ki
= [RA
(s)
R
1
]
ki
e, analogamente, per A
(a)
.
La parte simmetrica, poi, ammette lulteriore decomposizione
seguente:
A
(s)
=
1
3
(Tr A) I +
_
A
1
3
(Tr A) I
_

1
3
(Tr A) I + A
(s
0
)
.
Il primo termine uno scalare che moltiplica lidentit, ed quindi
invariante per rotazioni. Il secondo termine A
(s
0
)
= A
1
3
(Tr A) I
a traccia nulla ed essendo la traccia invariante per trasformazione
di similitudine, e quindi per rotazioni trasformato da una rotazione
in una matrice simmetrica che ancora a traccia nulla. Risulta cos
dimostrato che la decomposizione di una matrice
A =
1
3
(Tr A) I + A
(s
0
)
+ A
(a)
(3.40)
preservata da una rotazione, nel senso che una rotazione agisce
in modo indipendente su ciascun addendo della somma. Essendo
la decomposizione invariante per rotazioni, dalla (3.40) si passa alla
corrispondente relazione per gli operatori
A =
1
3
(Tr A ) I +A
(a)
+A
(s
0
)
(3.41)
Simbolicamente, riscriviamo la (3.40) come
333 333 = 111 +333 +555 , (3.42)
intendendo con questo che i 9 gradi di libert indipendenti della
matrice, quando sono organizzati come nella (3.40), formano tre
autovalori e autovettori 65
gruppetti su cui le rotazioni agiscono in modo indipendente: il primo
un singoletto, che lasciato invariato dalle rotazioni, il 333 la parte
antisimmetrica della matrice che pu essere messa in corrispondenza
con un vettore (vedere nota sotto), il 555 una matrice simmetrica a
traccia nulla.
1 1
Nel linguaggio della teoria dei gruppi,
si tratta della decomposizione di una
rappresentazione riducibile (cio, 333 333)
del gruppo delle rotazioni nelle sue
componenti irriducibili (cio, 111, 333 e 555) .
Nota Sia A una matrice antisimmetrica sullo spazio euclideo tri-
dimensionale e denoti il prodotto vettore. Allora lequazione
Ab = a b, (3.43)
per ogni vettore b, stabilisce una corrispondenza biunivoca tra la ma-
trice A e il vettore a. Poich a b = (a
2
b
3
b
2
a
3
, a
3
b
1
b
3
a
1
, a
1
b
2

b
1
a
2
), si vede che la matrice corripondente ad a
A =
_

_
0 a
3
a
2
a
3
0 a
1
a
2
a
1
0
_

_ . (3.44)
Quindi la parte antisimmetrica nella decomposizione (3.40) pu
essere messa in corrispondenza con un vettore.
4
Successioni e serie
Indice
4.1 La nozione di limite di una successione 67
4.2 La nozione di successione di Cauchy 68
4.3 Serie innita di numeri complessi 69
4.4 Successioni e serie di funzioni 70
4.5 Convergenza uniforme e scambio di limiti 73
4.6 Serie di potenze complesse 75
4.7 Funzioni complesse denite da serie di potenze 78
4.8 Raggio di convergenza e singolarit 81
4.9 Lesponenziale e le funzioni intere 82
Problemi 84
Soluzioni 86
Complementi 91
4.1 La nozione di limite di una successione
Supponiamo di voler dare un senso alla somma che compare nella-
nalisi del paradosso di Achille e la tartaruga
1 1
uno dei paradossi di Zenone di
Elea (489 a.C.431 a.C.). Secondo la
descrizione datane dallo scrittore
argentino Jorge Luis Borges: Achille,
simbolo di rapidit, deve raggiungere
la tartaruga, simbolo di lentezza.
Achille corre dieci volte pi svelto
della tartaruga e le concede dieci
metri di vantaggio. Achille corre quei
dieci metri e la tartaruga percorre un
metro; Achille percorre quel metro,
la tartaruga percorre un decimetro;
Achille percorre quel decimetro, la
tartaruga percorre un centimetro;
Achille percorre quel centimetro, la
tartaruga percorre un millimetro;
Achille percorre quel millimetro,
la tartaruga percorre un decimo di
millimetro, e cos via allinnito; di
modo che Achille pu correre per
sempre senza raggiungerla.
1
10
+
1
100
+
1
1000
+
1
10000
+ . . . .
Si costruisca la successione delle somme parziali
s
1
=
1
10
, s
2
=
1
10
+
1
100
, . . . , s
n
=
n

k=1
10
k
= 0. 11 . . . 1
. .
n
Sembra naturale denire la somma innita

k=1
10
k
come il limite
della successione s
1
, s
2
, s
3
, . . . e di ricondurre quindi la nozione di
68 appunti di metodi matematici della fisica
somma innita, o serie, alla nozione del limite di una successione di
numeri (reali o complessi), inteso come quel numero s (se esiste) a cui
i numeri della successione si avvicinano arbitrariamente.
La nozione moderna di limite di una successione la seguente.
La successione s
1
, s
2
, s
3
, . . . di numeri (reali o complessi)
converge al numero (reale o complesso) s se per ogni
> 0, esiste un intero N tale che, per tutti gli m > N, si
ha [s s
m
[ < .
(4.1)
Si osservi che [s
n
s
m
[ per numeri reali il modulo inteso come
valore assoluto, mentre per i complessi il modulo nel senso dei
numeri complessi. A parte questo, non c alcuna differenza tra la
nozione di convergenza per i reali e per i complessi.
Nel caso di Achille e la tartaruga, dalla (4.1) segue immediata-
Augustin-Louis Cauchy (17891857)
stato un matematico e ingegnere
francese che ha avviato il progetto
della formulazione rigorosa dei teo-
remi dellanalisi innitesimale basato
sullutilizzo delle nozioni di limite
e di continuit e ha dato importanti
contributi alla teoria delle equazioni
differenziali. il padre della teoria
delle funzioni di variabile complessa.
mente che il limite della successione s
n
0.1 = 1/9. Infatti, dato un
qualunque > 0, si prenda N tale che 0.1 0. 11 . . . 1
. .
N
< ; allora per
tutti gli m > N si avr che 0.1 0. 11 . . . 1
. .
m
< .
4.2 La nozione di successione di Cauchy
Al cuore dellanalisi c la nozione di successione di Cauchy:
Una successione di numeri (reali o complessi)
s
1
, s
2
, s
3
, . . . detta di Cauchy se [s
n
s
m
[ < per tutti
gli n e m dopo un certo N, qualunque sia il numero
> 0 arbitrariamente scelto.
(4.2)
Detto in breve, una successione di Cauchy se i suoi elementi diven-
tano arbitrariamente vicini man mano che la successione progredisce.
Si veda la gura 4.1.
x
n
10 20 30 40
n
O
Figura 4.1: Graco di una successione
di Cauchy. Se lo spazio che contiene la
successione di Cauchy completo, il
punto darrivo della successione, cio il
limite della successione, esiste.
Questa nozione al cuore dellanalisi, perch i numeri reali posso-
no essere costruiti completando i razionali con successioni di Cauchy
di razionali. Se si sceglie questa strada per caratterizzare i reali, la
convergenza delle successioni di Cauchy automatica. Si stabili-
sce cos che i reali formano uno spazio completo, il che signica: uno
spazio in cui tutte le successioni di Cauchy convergono. Alternati-
vamente, partendo dallassioma di Dedekind, detto anche assioma
di continuit oppure assioma di completezza (che afferma che ogni
insieme di numeri reali che non sia vuoto e che sia limitato supe-
riormente possiede un estremo superiore) e utilizzando il teorema
Bolzano-Weierstrass (secondo cui ogni successione di numeri reali
limitata ammette almeno una sottosuccessione convergente) si sta-
bilisce la completezza dei numeri reali, cio che ogni successione di
Cauchy di numeri reali converge ad un numero reale.
successioni e serie 69
Questo fatto continua a valere per i numeri complessi, in quanto
coppie di reali. Dunque, anche i complessi C, come i reali R, sono
uno spazio completo. Riassumendo
Ogni successione di Cauchy di numeri complessi (reali)
converge ad un numero complesso (reale).
(4.3)
Essendo i numeri complessi rappresentati da punti del piano, si
pu visualizzare una loro successione come in gura 4.2. La gura
mostra che tutto molto pi semplice di quel che sembra: tutto
quel che si intende con la nozione di convergenza di una successione
che una volta che si raggiunge un certo punto s
N
, tutti i punti suc-
cessivi stanno dentro un disco arbitrariamente piccolo di raggio con
centro in s.
s
1
s
2
s
3
s
4
s
5
s

Figura 4.2: Signicato geometrico della


convergenza di una successione di
numeri complessi: raggiunto un certo
punto s
N
, tutti i punti successivi stanno
dentro un disco arbitrariamente piccolo
di raggio con centro in s.
4.3 Serie innita di numeri complessi
In generale, data una successione di numeri (reali o complessi)
u
1
, u
2
, u
3
, . . ., lespressione
n

k=0
u
k

k=0
u
k
= lim
n
s
n
, s
n
=
n

k=0
u
k
detta serie o somma innita. I numeri s
n
sono detti somme parziali
(della serie). Quando la successione delle somme parziali converge
a un numero nito, la serie detta convergente, altrimenti detta
divergente. Condizione necessaria per la convergenza della serie
che la successione u
1
, u
2
, u
3
, . . . converga a zero
2
, ma questo non
2
Questo si vede subito considerando
che u
n
= s
n
s
n1
: se la serie converge
ad s, allora s
n
e s
n1
convergono ad s
per n , da cui segue che u
k
deve
convergere a 0 per n
sufciente per concludere che la serie converge, come mostra il
contro-esempio della serie armonica (si veda il problema 4.1).
Criterio di Cauchy Il criterio di convergenza pi importante
quello di Cauchy, che non altro che (4.3) adattato alle successioni
delle somme parziali di una serie: la serie complessa
s =

k=0
u
k
= u
0
+ u
1
+ u
2
+ u
3
+ . . .
converge se e solo se esiste un N tale che
[u
m+1
+ u
m+2
+ . . . + u
n
[ = [s
n
s
m
[ < 2
u
m+1
u
m+2
s
s
m
s
n

Figura 4.3: Signicato geometrico del


criterio di Cauchy: dopo un certo N,
i punti s
n
e s
m
stanno dentro a un
cerchio di raggio . Il vettore in rosso
la differenza tra questi punti e la sua
lunghezza inferiore a .
(per arbitrariamente piccolo) ogni qual volta m e n sono maggiori
di N. Il signicato geometrico di questo criterio illustrato nella
gura 4.3: se n > m > N, allora entrambi s
n
e s
m
stanno dentro al
disco e conseguentemente la distanza tra loro deve essere inferiore al
diametro del disco.
70 appunti di metodi matematici della fisica
Serie assolutamente convergente La serie complessa
s =

k=0
u
k
= u
0
+ u
1
+ u
2
+ u
3
+ . . .
detta assolutamente convergente se la serie reale
s

k=0
[u
k
[ = [u
0
[ +[u
1
[ +[u
2
[ +[u
3
[ + . . .
convergente. La convergenza assoluta certamente differente dalla
convergenza ordinaria. Per esempio, la serie

k=1
(1)
k
k
conver-
gente, ma non assolutamente convergente. In effetti il requisito di
assoluta convergenza pi forte della semplice convergenza. Si ha
infatti il seguente teorema.
Se una serie assolutamente convergente allora anche
convergente.
(4.4)
Dimostrazione di (4.4). Supponiamo che
s =

k=0
u
k
= u
0
+ u
1
+ u
2
+ u
3
+ . . .
sia assolutamente convergente, il che
signica che
s

k=0
[u
k
[ = [u
0
[ +[u
1
[ +[u
2
[ +[u
3
[ +. . .
convergente. Denotiamo con s
n
le
somme parziali di s. Se s convergente,
allora, per il criterio di Cauchy, vuol
dire che per valori sufcientemente
grandi di m e n, possiamo rendere
[ s
n
s
m
[ piccolo quanto vogliamo. Ma,
riferendoci alla gura 4.3, vediamo che
[ s
n
s
m
[ = [u
m+1
[ +[u
m+2
[ + . . . +[u
n
[
la lunghezza totale del viaggio da s
m
a s
n
che passa per i punti s
m+1
, s
m+2
e
cos via. Poich [s
n
s
m
[ la lunghezza
del viaggio pi breve da s
m
a s
n
,
[s
n
s
m
[ [ s
n
s
m
[
Quindi [s
n
s
m
[ deve diventare
arbitrariamente piccolo per m e n
sufcientemente grandi.
Ricordiamo inne un utile criterio per una serie reale di segno
alterno
Una serie di termini a segno alterno i cui termini vada-
no costantentemente decrescendo in valore assoluto al
crescere di n e tale che sia
lim
n
u
n
= 0
convergente.
(4.5)
4.4 Successioni e serie di funzioni
Dalle nozioni di successione e serie si passa a quelle di successio-
ne di funzioni e di serie di funzioni semplicemente permettendo che
i termini delle successioni e delle serie dipendano da una variabile
che varia in un certo dominio. Per esempio, se facciamo dipendere i
termini di una successione da una variabile complessa, possiamo de-
nire il limite della successione di funzioni cos ottenute in maniera
puntuale.
Convergenza puntuale Sia f
1
, f
2
, f
3
, . . . una successione di
funzioni. Se la successione di numeri
f
1
(z), f
2
(z), f
3
(z), . . .
converge per ogni z , si pu denire una funzione f tale che
f (z
0
) = lim
n
u
n
(z
0
) , z
0

Lapplicazione immediata alle serie. Se facciamo dipendere i ter-
mini u
k
di una serie da una variabile complessa, cio se poniamo
successioni e serie 71
u
k
= u
k
(z), la serie

k=0
u
k
(z) potr convergere per alcuni valori di z
e non per altri. Il problema interessante dunque quello di determi-
nare linsieme di valori di z per cui la serie converge. Sullinsieme
dei valori z in cui la serie converge risulta associata una funzione
f (z) che la somma della serie. Riassumendo: se la successione del-
le somme parziali s
1
, s
2
, s
3
, . . . della serie

k=0
u
k
(z) converge in ,
allora la serie converge puntualmente in alla funzione somma
s(z) = lim
n
s
n
(z) =

k=0
u
k
(z) .
Soluzione di 4.1. La serie converge per
Re (z) > 1/2. Infatti, una serie
geometrica (problema 1.7) di ragione
z/(z +1) e converge quando

z
1 + z

< 1
cio quando
[z[ < [1 + z[ .
Passando alle usuali coordinate car-
tesiane z = x + iy, la condizione
diventa
x
2
+ y
2
< 1 +2x + x
2
+ y
2
,
da cui
x = Re (z) >
1
2
.
La regione di convergenza dunque
il semipiano limitato a sinistra dalla
retta Re (z) = 1/2. La somma f (z)
della serie segue dalla somma della
progressione geometrica (problema 1.7):
f (z) =
1
1
z
1+z
= 1 + z
Esercizio 4.1. Trovare la regione di convergenza e la somma della
serie di funzioni
1 +
z
1 + z
+
_
z
1 + z
_
2
+
_
z
1 + z
_
3
+ . . .
Convergenza uniforme Abbiamo visto che la successione di fun-
zioni f
1
, f
2
, f
3
, . . . converge puntualmente in z = z
0
se la successione
converge al valore f (z
0
) in quel punto, cio se , ssato > 0, esiste
un intero N
0
tale che E
n
(z
0
) = [ f (z
0
) f
n
(z
0
)[ < . Per un altro
valore z
1
di z, per cui la serie converge al valore f
1
= f (z
1
), varr
ancora la stessa proposizione, ma, in generale, se si richiede che sia lo
stesso di prima, essa sar valida a partire da un altro valore N
1
,= N
0
.
Considerando ora tutti i possibili valori di z per cui la successione
converge, ci si pu domandare se ve ne uno tra essi in cui il numero
N ha un valore massimo N

? Se cos fosse, N

potrebbe essere sosti-


tuito a tutti gli altri numeri N
0
, N
1
, N
2
, . . ., trovati per gli altri valori
di z, e si potrebbe affermare che, per qualunque valore di z per cui la
successione converge, dato > 0 piccolo a piacere, la disuguaglianza
E
n
(z) < soddisfatta a partire da un valore N

, indipendentemente
dal valore di z. Quando questo si verica, si di dice che si ha conver-
genza uniforme della successione e la successione detta uniformemente
convergente. Intuitivamente, la convergenza uniforme corrisponde ad
una velocit di convergenza uniforme in tutti i punti in cui la succes-
sione converge (passato un certo N

, la velocit ha lo stesso valore


costante per tutti i punti). Riassumendo:
Convergenza uniforme di una successione. Si dice che la
successione di funzioni f
1
, f
2
, f
3
, . . . converge uniforme-
mente in alla funzione f se per ogni > 0 esiste un
intero N tale che per tutti gli n > N
[ f (z) f
n
(z)[ z
(4.6)
72 appunti di metodi matematici della fisica
Segue la nozione di convergenza uniforme di una serie.
Convergenza uniforme di una serie. Si dice che la serie

k=0
u
k
(z) converge uniformemente in se la succes-
sione delle sue somme parziali s
1
, s
2
, s
3
, . . . converge
uniformemente in .
(4.7)
Esempio 4.1. Studiamo la convergenza della serie reale
f (x) = x + x(x 1) + x
2
(x 1) + . . . + x
n
(x 1) + . . .
nellintervallo 0 x 1. La somma parziale n-esima
s
n
= x + x(x 1)(1 + x + . . . + x
n1
) = x + x(x 1)
1 x
n
1 x
= x
n
Pertanto, la serie converge a 0, per 0 x < 1, mentre per x = 1 la
serie si riduce al primo termine e vale 1, cio, nellintervallo [0, 1] la
serie converge alla funzione (discontinua)
s(x) =
_
0 se 0 x < 1
1 se x = 1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
x
O
x
x
2
x
3
x
4
x
5
Figura 4.4: Le prime 5 somme parziali
della serie che coincidono con i primi
cinque errori.
Consideriamo adesso le prime 5 somme parziali s
n
della serie;
si veda la gura 4.4. La curve rappresenano anche i primi cinque
errori, in quanto E
n
= [s s
n
[ = x
n
. Fissiamo a piacere un numero
, diciamo 0.3. Allora, come mostrato in gura, per x = 0.5, tutti
gli errori, dal secondo in poi, sono minori di 0.3, quindi N = 2.
Ma per x = 0.75, soltanto gli errori successivi al quinto sono sono
minori di 0.3 e quindi N = 5. Quanto pi x si avvicina a 1, tanto pi
grande diventa N. Si vede che non esiste alcun N

massimo: infatti,
se vi fosse, dovrebbe essere E
N
= x
N
< per qualunque valore
di x compreso tra 0 e 1, cio x <
1/N

. Ma, per quanto grande si


prenda N

, esisteranno sempre dei valori di x compresi tra


1/N

e
1. Conclusione: la serie non uniformemente convergente in [0, 1], pur
essendo ivi convergente puntualmente alla funzione s(x).
Dimostrazione di (4.9). Se la serie
maggiorante M
k
con errore E
0
n
dalla
somma M = M
k
, e la serie di funzioni
u
k
(z) con errore E
n
(z) dalla sua
somma s(z), si ha E
n
(z) < E
0
n
. Ma,
pressato un piccolo a piacere, esiste
un N

a partire dal quale E


0
n
< , e
quindi a partire da tale N

(costante), si
ha anche
E
n
(z) < .
Dunque, la serie uniformemente
convergente.
Il viceversa vale sempre:
Se una successione di funzoni f
1
, f
2
, f
3
, . . . converge
uniformemente a f , allora converge puntualmente a f ,
lim
n
f
n
(z
0
) = f (z
0
) z
0

(4.8)
Criterio M di Weierstrass Un criterio di convergenza uniforme
(sufciente ma non necessario) il seguente:
Criterio M di Weierstrass. Una serie di funzioni uni-
formemente convergente in una regione del piano
complesso se la serie formata con i moduli dei suoi ter-
mini , in qualunque punto della regione, maggiorata
da una serie convergente a termini costanti.
(4.9)
successioni e serie 73
Esercizio 4.2. Vericare la convergenza uniforme della serie

n=1
1
n
2
+ z
2
nella regione 1 < [z[ < 2.
Soluzione di 4.2. La serie data
1
1
2
+ z
2
+
1
2
2
+ z
2
+
1
3
2
+ z
2
+ . . .
I primi due termini possono essere
omessi senza inuenza sulla conver-
genza uniforme della serie. Per n 3 e
1 < [z[ < 2, si ha
[n
2
+ z
2
[ [n
2
[ [z
2
[ n
2
4
1
2
n
2
da cui

1
n
2
+ z
2


2
n
2
Allora la serie data converge uniforme-
mente (e assolutamente) in 1 < [z[ < 2
per il criterio M di Weirstrass. La con-
vergenza, e quindi anche luniforme
convergenza, viene meno per [z[ = 1
o [z[ = 2 (precisamente in z = i e
z = 2i).
4.5 Convergenza uniforme e scambio di limiti
In questa sezione studiamo pi approfonditamente la nozione di
convergenza uniforme. Per semplicit di esposizione, consideriamo
successioni e serie di numeri reali.
La nozione di convergenza uniforme
3
una pi importanti della-
3
Si pu dare una denizione di con-
vergenza uniforme per successioni di
funzioni su uno spazio X pi generale
di C o R in cui sia denita una nozione
di distanza. Uno spazio di questo tipo
detto metrico. Per esempio, X pu
essere lo spazio euclideo con distanza
tra suoi punti data dalla norma della
loro differenza. In tal caso possiamo
ripetere pari pari la denizione (4.7)
e dire che la successione di funzioni
f
1
, f
2
, f
3
, . . . denite su questo spazio
converge uniformemente in X alla
funzione f se e per ogni > 0 esiste un
intero N tale che per tutti gli n > N si
ha [ f (x) f
n
(x)[ x . Adesso
x sta genericamente per un numero rea-
le, complesso, o un punto nello spazio
euclideo. Il teorema (4.10) formulato
per funzioni su R, ma in virt di quan-
to detto sopra, questo teorema, e altri
risultati esposti in questa sezione, si
estendono immediatamente a funzioni
su C o su uno spazio metrico X.
nalisi matematica per varie ragioni, in particolare, perch permette
di risolvere un problema di notevole rilevanza nelle applicazioni:
trovare un criterio che permetta di stabilire se certe propriet delle
funzioni di una successione sono preservate nel limite. Ci si pu do-
mandare, per esempio, sotto quali condizioni il limite di una data
successione di funzioni continue anchesso una funzione continua.
Lesempio 4.1 mostra che non sufciente che le funzioni della suc-
cessione siano continue afnch il limite sia anchesso una funzione
continua. Viene in aiuto la nozione di convergenza uniforme. Vale
infatti il seguente teorema
Sia f
1
, f
2
, f
3
, . . . una successione di funzioni continue su
R che converge uniformemente ad una funzione
f . Allora f una funzione continua.
(4.10)
Dimostrazione di (4.10). Questo teorema si dimostra con il trucco /3, un trucco che
si usa anche in dimostrazioni di altri teoremi ed quindi utile conoscerlo. Sia dato
> 0 e sia x
0
un punto in . Si vuole mostrare che
[ f (x) f (x
0
)[ <
per x in un intorno di x
0
. A tal ne si usa la disuguaglianza triangolare per mag-
giorare [ f (x) f (x
0
)[ con una somma di tre termini, ciascuno dei quali lo si riesce
maggiorare facilmente usando le ipotesi del teorema,
[ f (x) f (x
0
)[ [ f (x) f
N
(x)[
+[ f
N
(x) f
N
(x
0
)[
+[ f
N
(x
0
) f (x
0
)[
Consideriamo i tre termini a secondo membro:
[ f (x) f
N
(x)[: Poich la convergenza uniforme implica la convergenza puntuale in
x, esiste un N tale che questa quantit pu essere resa minore di /3.
[ f
N
(x) f
N
(x
0
)[: Poich le funzioni della successione sono continue, esiste un
intorno di x
0
in cui questa quantit pu essere resa minore di /3.
[ f
N
(x
0
) f (x
0
)[: Poich la convergenza uniforme implica la convergenza puntuale in
x
0
, esiste un N tale che questa quantit pu essere resa minore di /3.
74 appunti di metodi matematici della fisica
Si scelga il valore di N in cui le tre disuguaglianze precedenti sono simultaneamente
vericate. Allora
[ f (x) f (x
0
)[

3
+

3
+

3
= ,
che quello che si voleva dimostrare.
Riformuliamo il teorema in modo da apprezzare meglio il suo con-
tenuto. Dire che f continua in x
0
signica che lim
xx
0
f (x) = f (x
0
).
Ma f (x) = lim
n
f
n
(x), ed essendo le funzioni della successio-
ne continue, f
n
(x
0
) = lim
xx
0
f
n
(x). Allora il teorema (4.10)
equivalente ad affermare che
lim
xx
0
lim
n
f
n
(x) = lim
n
lim
xx
0
f
n
(x) , (4.11)
il che vuol dire che non importa in che ordine i limiti sono presi: nel
lato sinistro di (4.11), prima si prende il limite n e poi il limite
x x
0
, in quello destro, prima x x
0
e dopo n .
Ulisse Dini (18451918) fu tra i primi
matematici italiani che comprese la
necessit di rielaborare lanalisi in-
nitesimale secondo una impostazione
pi rigorosa; inoltre consegu impor-
tanti risultati nello studio delle serie,
nellintegrazione di funzioni di varia-
bile complessa e della sviluppabilit
in serie di funzioni arbitrariamente
date in un intervallo, campo di suo
principale interesse.
Dunque, ci che la convergenza uniforme garantisce lo scambio
dei limiti. Essendo le derivate e gli integrali ottenute con processo di
limite le prime come limite dei rapporti incrementali e i secondi
come limiti delle somme di Riemann non dovrebbe sorprendere
che la convergenza uniforme fornisca criteri utili per garantire lo
scambio delle operazioni di derivazione e integrazione con quelle di
limite. Enunciamo i due teoremi rilevanti per questi casi.
Sia f
1
, f
2
, f
3
, . . . una successione di funzioni integrabili
(secondo Riemann) su [a, b] R che converge uni-
formemente ad una funzione f . Allora f integrabile
e
lim
n
_
x
a
f
n
(t)dt =
_
x
a
lim
n
f
n
(t)dt .
(4.12)
Sia f
1
, f
2
, f
3
, . . . una successione di funzioni differenzia-
bili su [a, b] R che converge puntualmente su [a, b]
ad una funzione f . Si assuma inoltre che la successione
delle derivate f
/
1
, f
/
2
, f
/
3
, . . . converga uniformemente
su [a, b]. Allora f converge uniformemente ad una
funzione differenziabile su [a, b] e
d
dx
lim
n
f
n
= lim
n
d f
n
dx
.
(4.13)
Essendo una serie denita come il limite della successione del-
le sue somme parziali, i teoremi (4.10), (4.12) (4.13) si estendono
immediatamente alle serie.
(4.10) Sia
n
f
n
una serie di funzioni continue che converge uni-
formemente. Allora la sua somma anchessa una funzione
continua.
successioni e serie 75
(4.12) Sia
n
f
n
una serie di funzioni integrabili (secondo Riemann)
che converge uniformemente in [a, b]. Allora anche la sua somma
integrabile e

n
_
x
a
f
n
dt =
_
x
a

n
f
n
dt
(4.13) Sia
n
f
n
una serie di funzioni differenziabili che converge
puntualmente in [a, b]. Se
n
f
/
n
converge uniformemente allora

n
f
n
converge uniformemente ad una funzione differenziabile e
d
dx

n
f
n
=

n
d f
n
dx
.
Dimostrazione di (4.14). Dimostreremo
che P(z) assolutamente convergente
dentro al disco [z[ < [a[, cio che la
serie reale

P(z)

k=0
[c
k
z
k
[ = [c
0
[ +[c
1
z[ +[c
2
z
2
[ +. . .
convergente. Allora la proposizio-
ne (4.14) risulter dimostrata in virt
della (4.4). Denoteremo con

P
n
(z)
ln-esima somma parziale di

P(z).
Per dimostrare la convergenza di

P(z)
per [z[ < [a[, si osservi che se P(a)
converge, allora la lunghezza [c
n
a
n
[
di ciascun termine della serie deve
andare a zero quando n va allinnito.
In particolare, deve esistere un numero
M tale che [c
n
a
n
[ < M per tutti gli n.
Se [z[ < [a[, allora [z[/[a[ < 1 e di
conseguenza [c
n
z
n
[ < M
n
. Perci, per
n > m > N,

P
n
(z)

P
m
(z) M(
m+1
+
m+2
+ . . .
n
)
= M
m+1
_
1 + + . . . +
n(m+1)
_
= M
m+1
_
1
1


nm
1
_
=
M
1
_

m+1

n+1
_
.
dove lultimo membro pu essere
reso piccolo quanto si vuole per n e m
sufcientemente grandi.
Osserviamo inne che talvolta la convergenza puntuale implica
la convergenza uniforme. Se la successione di funzioni monotona,
la loro convergenza puntuale ad una funzione implica anche la loro
convergenza uniforme. Questo bel risultato di analisi dovuto al
matematico italiano Ulisse Dini.
4.6 Serie di potenze complesse
Una serie di potenze P(z) (centrata nellorigine) la pi semplice
serie di funzioni, cio
P(z) =

k=0
c
k
z
k
= c
0
+ c
1
z + c
2
z
2
+ . . . ,
dove c
k
sono costanti (in generale, complesse) e z una variabile
complessa. Le somme parziali di questa serie sono polinomi ordinari,
s
n
P
n
(z) =
n

k=0
c
k
z
k
= c
0
+ c
1
z + c
2
z
2
+ . . . + c
n
z
n
,
Fissato il punto z, ad esempio z = a, per la convergenza della se-
rie in a (convergenza puntuale) vale ovviamente quanto visto in
precedenza per successioni e serie nel piano complesso.
Vale limportante risultato:
Se P(z) converge in z = a, allora converge ovunque
nel disco [z[ < [a[.
(4.14)
Inoltre, si ha:
0
a
q
d
p
convergente
divergente
incertezza
Figura 4.5: Convergenza e divergenza
di una serie di potenze.
Se P(z) diverge in z = d, allora diverge dappertutto
fuori dal cerchio [z[ = [d[.
(4.15)
Infatti, se P(z) non converge ovunque nel piano, ci deve essere
almeno un punto d dove diverge. Si supponga che P(z) converga in
76 appunti di metodi matematici della fisica
un punto p pi lontano dallorigine di d. Si veda la gura 4.5. Allora,
per la (4.14), P(z) convergerebbe dappertutto dentro al disco [z[ < [p[
e, in particolare, convergerebbe in d, contraddicendo lipotesi.
A questo punto abbiamo risposto alla domanda sulla convergen-
za, eccetto nellanello tra i due cerchi centrati nellorigine, il cerchio
passante per a e quello passante per d (si veda la gura 4.5). Suppo-
niamo adesso di prendere un punto q a met strada in questo anello,
cio il cerchio [z[ = ([a[ + [d[)/2, e di vericare se in questo punto
la serie converge. Qualunque sia la risposta, le (4.14) e (4.15) ci per-
mettono di ridurre lanello di incertezza. Per esempio, se P(q)
convergente, allora P(z) convergente per [z[ < [q[ e il nuovo anello
di incertezza diventa [q[ [z[ [d[. Ripetendo questa procedura
nel nuovo anello, dimezzeremo nuovamente lo spessore dellanello
di incertezza. Continuando in questo modo, lanello di incertezza
si restringer ad un cerchio denito di raggio R (chiamato il cerchio
di convergenza) tale che P(z) converge dappertutto dentro a questo
cerchio e diverge dappertutto fuori dal cerchio. Si veda la gura 4.6.
Il raggio R chiamato raggio di convergenza e linterno del cerchio
chiamato disco di convergenza.
Tutti i risultati precedenti si generalizzano banalmente a serie di
potenze centrate in un arbitrario punto u del piano complesso, vale a
dire a serie della forma P(z) = c
k
(z u)
k
. Dunque:
0
disco
di
convergenza
divergente
R
Figura 4.6: Disco e raggio di
convergenza di una serie di potenze.
Teorema di Abel. Data una serie complessa di potenze
P(z) centrata in u, esiste un cerchio [z u[ = R, con
centro in u, tale che P(z) converge (assolutamente) dap-
pertutto dentro al cerchio e diverge dappertutto fuori
dal cerchio.
(4.16)
Si osservi che largomento sopra non ci dice nulla riguardo alla
convergenza di P(z) sul cerchio di convergenza. In linea di principio,
tutto pu accadere: divergenza, convergenza oppure convergenza in
alcuni punti del cerchio di convergenza e divergenza negli altri.
Niels Abel (18021829) stato un
matematico norvegese. Indipenden-
temente da Galois, svilupp la teoria
di gruppi e dimostr limpossibilit
di risolvere una generica equazione
di quinto grado con un algoritmo
algebrico.
Raggio di convergenza Ci sono diversi modi per trovare il raggio
di convergenza R di una data serie di potenze P(z) = c
k
z
k
. Ecco i
criteri standard:
(a) Criterio del rapporto
R = lim
n

c
n
c
n+1

(se il limite esiste)


(b) Criterio della radice
R = lim
n
1
n
_
[c
n
[
(se il limite esiste)
successioni e serie 77
(c) Criterio di Caucly-Hadamard
R =
1
limsup
n
_
[c
n
[
Se (a) fallisce, si usi (b). Se anche (b) fa cilecca, non ci resta che (c),
che per palati (matematici) ni.
Soluzione di 4.3. Riscriviamo la serie in
forma compatta

k=0
n(n 1) (n k +1)
k!
z
k

k=0
c
k
z
k
.
Con il metodo del rapporto si ottiene
R = lim
k
[c
k
[
[c
k+1
[
= lim
k
k +1
[n k[
lim
k
1 +
1
k
[1
n
k
[
= 1
Esercizio 4.3. Determinare il raggio di convergenza della serie
binomiale complessa
(1 + z)
n
= 1 + nz +
n(n 1)
2!
z
2
+
n(n 1)(n 2)
3!
z
3
+
n(n 1)(n 2)(n 3)
4!
z
4
+ . . .
dove n un numero reale arbitrario.
Esercizio 4.4. Determinare il raggio di convergenza della serie
esponenziale complessa
Soluzione di 4.4 . Con il metodo del
rapporto si ottiene
R = lim
k
[c
k
[
[c
k+1
[
= lim
k
(k +1)!
k!
da cui
R = lim
k
(k +1) =
La serie ha quindi raggio di convergen-
za innito (converge ovunque nel piano
complesso).

k=0
z
k
k!
Un altro teorema di Abel La convergenza delle serie di potenze
sul cerchio di convergenza un problema di grande interesse, spe-
cialmente in vista dello studio delle serie di Fourier. Un teorema utile
il seguente:
Sia c
n
z
n
una serie di potenze che converge nel disco
unitario. Se c
n
0 per n , allora la serie
converge per [z[ = 1, z ,= 1.
(4.17)
Dimostrazione di (4.18). Per semplicit,
consideriamo il caso in cui la serie
centrata nellorigine,
P(z) =

j=0
c
j
z
j
.
Consideriamo lerrore E
m
(z) = [P(z)
P
m
(z)[, per z dentro al disco [z[ r,
dove r < R. Si ha
E
m
(z) = [P(z) P
m
(z)[
= [c
m+1
z
m+1
+ c
m+2
z
m+2
+ . . . [
[c
m+1
z
m+1
[ +[c
m+2
z
m+2
[ + . . .
Da cui
E
m
(z) [c
m+1
[r
m+1
+[c
m+2
[r
m+2
+ . . .
e(m, r)
Ma, per ogni , si pu trovare un m, tale
che e(m, r) < . Perci, a partire da tale
m, si avr E
n
(z) < , per tutti gli n m.
Il che signica che nel disco [z[ r la
serie uniformemente convergente.
(Si osservi che il teorema non afferma che la serie diverge in
z = 1. Per z = 1 il criterio semplicemente non si applica. La con-
vergenza per z = 1 va dunque stabilita con altri metodi.) Anche
questo teorema, come il teorema (4.16), dovuto a Abel. Per una di-
mostrazione costruita a partire da un esempio, si veda la lesercizio
4.8 nei complementi.
Convergenza uniforme delle serie di potenze Il seguente
teorema la morale generale che si trae dal problema 4.14:
Se la serie di potenze P(z) centrata in a ha disco di
convergenza [z a[ < R, allora P(z)
uniformemente convergente nel disco chiuso [z a[
r, dove r < R.
(4.18)
78 appunti di metodi matematici della fisica
4.7 Funzioni complesse denite da serie di potenze
Il mistero delle serie reali Passando al piano complesso, si
comprende meglio la convergenza delle serie reali. Usualmente, una
serie di potenze reali a coefcienti reali
F(x) =

k=0
c
k
x
k
= c
0
+ c
1
x + c
2
x
2
+ c
3
x
3
+ . . . ,
converge a F(x) solo in qualche intervallo di convergenza centrato
nellorigine R < x < R. La domanda che lanalisi reale lascia in
genere senza risposta : in che modo il raggio di convergenza R determi-
nato da F(x)? Questa domanda ha una risposta semplice e bella, ma
solo se la cerchiamo nel piano complesso. Se invece ci limitiamo alla
retta reale, in alcuni casi la relazione tra R e F(x) appare misteriosa.
Storicamente, stato proprio questo mistero che ha portato Cauchy a
far progredire lanalisi complessa.
Per vedere che c un mistero, consideriamo le serie di potenze
delle due funzioni reali
G(x) =
1
1 x
2
e H(x) =
1
1 + x
2
.
La serie geometrica fornisce immediatamente la risposta
G(x) =

k=0
x
2k
e H(x) =

k=0
(1)
k
x
2k
,
.
y
2 1 1 2
x
O

Figura 4.7: Graco del modulo della
funzione G(x).
dove entrambe le serie hanno lo stesso intervallo di convergenza
1 < x < 1. facile comprendere questo intervallo di convergenza
della serie per G(x) se guardiamo la gura 4.7. La serie diventa di-
vergente nei punti x = 1 perch questi punti sono delle singolarit
della funzione stessa, cio sono luoghi in cui [G(x)[ diventa inni-
to. Ma se guardiamo al graco di H(x) in gura 4.8, tutto sembra a
posto per x = 1.
Per capire meglio il problema, espandiamo queste funzioni in serie
di potenze centrate in x = u, cio in serie di potenze

k=0
c
k
X
k
, dove
X = (x u) misura lo spostamento di x dal centro u.
y
2 1 1 2
x
O
Figura 4.8: Graco del modulo della
funzione H(x).
Per G si ottiene
G(x) =
1
1 x
2
=
1
2

k=0
_
1
(1 u)
k+1

1
(1 u)
k+1
_
X
k
, (4.19)

1 1
u O
1 u
Figura 4.9: Raggio di convergenza della
serie di G(x) centrata nel punto u.
dove [X[ < [1 u[ e [X[ < [1 + u[. Perci lintervallo di convergenza
[X[ < R, dove R = min[1 u[, [1 + u[, cio R la distanza di u dalla
singolarit pi vicina di G. Questo fatto illustrato dalla gura 4.9. Il
calcolo molto semplice ed riportato sotto.
successioni e serie 79
Dimostrazione di (4.19). Otteniamo lo sviluppo con i seguenti passaggi:
1
1 x
2
=
1
2
_
1
1 x

1
1 x
_
,
ma
1
a x
=
1
a (X + u)
=
1
(a u)
1
_
1
X
au

e quindi
1
a x
=

k=0
X
k
(a u)
k+1
, se e solo se [X[ < [a u[ .
da cui segue la (4.19).
Per H si ottiene

1 1
u O

1 +u
2

i
i
Figura 4.10: Raggio di convergenza
della serie di H(x) centrata nel punto u.
H(x) =
1
1 + x
2
=

k=0
_
sin(k +1)
(

1 + u
2
)
k+1
_
(x u)
k
, (4.20)
dove = arg(i u). Se si usano metodi reali il calcolo non per
niente semplice; rimandiamo alla sezione 4.8 per la dimostrazione
della (4.20). Dalla (4.20) segue che il raggio di convergenza R =

1 + u
2
(si veda la gura 4.10).
La formula R =

1 + u
2
cruciale per capire in che modo il piano
complesso entra in gioco: se immaginiamo la retta reale immersa
nel piano, per il teorema di Pitagora, R =

1 + u
2
la distanza dal
centro u dellespansione ad uno dei due punti, fuori dalla retta reale,
che stanno a distanza 1 dalla retta stessa in una direzione ad essa
ortogonale (si veda la gura 4.10). Questi punti sono i punti i del
piano complesso ed R la distanza di u da i. Il mistero riguardante
la convergenza di H(x) si chiarisce quando passiamo alla funzione
complessa
h(z) =
1
1 + z
2
(4.21)
che identica a H(x) quando z ristretto allasse reale. Mentre h(z)
si comporta bene per valori reali di z, essa ha due singolarit nel
piano complesso, una in z = i e laltra in z = i. Morale (che risolve
il mistero): il raggio di convergenza la distanza del centro di espansione
dalla singolarit pi vicina nel piano complesso.
O
Figura 4.11: Due serie che coincidono
in un intorno dello zero (regione
grigia), o lungo un piccolo tratto di
curva passante per lo zero (in blu) o
nei punti di una successione di punti
che si accumula nello zero (in rosso),
coincidono ovunque.
Unicit delle serie di potenze Se una funzione complessa pu
essere espressa come serie di potenze, allora la serie unica: non pos-
sono esserci due serie distinte che esprimano la stessa funzione. Pi
precisamente, se due serie di potenze, centrate in zero, concordano
(a) in un intorno (comunque piccolo) dello zero, oppure (b) su un
segmento di curva che passa per lo zero (non importa quanto pic-
colo) o, inne, (c) su una successione di punti che converge a zero,
allora sono identiche Per convincerci di questo fatto, incominciamo
con (a). Se
c
0
+ c
1
z + c
2
z
2
+ . . . = d
0
+ d
1
z + d
2
z
2
+ . . . . (4.22)
80 appunti di metodi matematici della fisica
in un piccolo interno dello zero, allora ponendo z = 0, otteniamo
c
0
= d
0
, che quindi possiamo cancellare da entrambe le parti. Adesso
dividiamo ambo i membri di (4.22) per z e ripetiamo la procedura,
otterremo c
1
= c
2
, e cos via. Fine della dimostrazione della (a).
4 4
Si osservi che nella dimostrazione
non si utilizza alcun passaggio al
limite. Per chiarire questo punto,
rivediamo il ragionamento. Se le
funzioni g(z) = c
0
+ c
1
z + c
2
z
2
+ . . . e
h(z) = d
0
+ d
1
z + d
2
z
2
+ . . . sono uguali
in un piccolo intorno U dello zero (che
include lo zero), allora sono uguali
nello zero, da cui si deduce c
0
= d
0
e
quindi che le funzioni g
1
(z) g(z) c
0
e h
1
(z) h(z) d
0
sono uguali
in U. Ma se queste funzioni sono
uguali in U, lo sono anche le funzioni
g
2
(z) g
1
(z)/z e h
2
(z) = h
1
(z)/z,
in particolare, essendo regolari, sono
uguali nello zero, da cui segue che
c
1
= d
1
. E cos via. Nessun passaggio al
limite z 0.
Per quel che riguarda la (b) e la (c), il ragionamento essenzial-
mente lo stesso, soltanto che invece di porre a zero entrambi i mem-
bri della (4.22), adesso occorre prendere il limite z 0 lungo la curva o
la successione di punti. In particolare, ne segue che h(z) = 1/(1 + z
2
)
la sola funzione complessa che concorda con H(x) = 1/(1 + x
2
)
quando z ristretto allasse reale del piano complesso. Il senso
il seguente: h(z) la sola funzione complessa che (i) concorda con
H(x) sullasse reale e (ii) pu essere espressa come serie di potenze
in z. Si osservi che senza la (ii) laffermazione sarebbe palesemente
falsa (esercizio: trovare un contro-esempio).
Manipolazione delle serie di potenze Unaltra propriet
importante delle serie di potenze che possono essere sommate,
moltiplicate e divise come se fossero polinomi (naturalmente, se
hanno lo stesso centro). Questo segue dal fatto che esse possono
essere approssimate uniformemente, con precisione arbitraria, da
polinomi. Ecco alcuni esempi.
Esempio 4.2.
1
1 z
= 1 + z + z
2
+ z
3
+ z
4
+ z
5
+ . . .
1
1 + z
= 1 z + z
2
z
3
+ z
4
z
5
+ . . .
1
1 z
2
=
1/2
1 z
+
1/2
1 + z
Sommando le serie dei due termini a destra, possiamo vericare la
formula che
1
1 z
2
= 1 + z
2
+ z
4
+ z
6
. . . ,
Esempio 4.3.
1
1 z
2
=
_
1
1 z
_ _
1
1 + z
_
[1 + z + z
2
+ z
3
+ z
4
+ z
5
+ . . .][1 z + z
2
z
3
+ z
4
z
5
+ . . .] = 1 + z + z
2
+ z
3
+ z
4
+ z
5
+ . . .
=1 + [1 1]z + [1 1 +1]z
2
[1 1 +1 1]z
3
+ [1 1 +1 1 +1]z
4
+ . . .
=1 + z
2
+ z
4
+ z
6
+ . . . .
successioni e serie 81
4.8 Raggio di convergenza e singolarit
Il fatto pi importante che riguarda le funzioni esprimibili come serie
di potenze la morale di pag. 79, che la seguente.
Se f (z) pu essere espressa come una serie di poten-
ze centrata in u, allora il raggio di convergenza R la
distanza tra u e la singolarit di f (z) pi vicina a u.
(4.23)
Un caso particolare di funzioni che possono essere espresse come
serie di potenze sono le funzioni razionali, cio funzioni del tipo
f (z) =
Q
m
(z)
P
n
(z)
, (4.24)
dove Q
m
e P
n
sono polinomi di grado m e n rispettivamente. Per
queste funzioni, si pu dimostrare la (4.23) facilmente, e lo faremo
subito (la (4.23) vale per tutte le funzioni analitiche, e questo fatto lo
dimostreremo nella terza parte).
Partiamo dallosservazione che quanto visto nella sezione 4.7 si
estende a 1/(a z), per z complesso, cio
1
a z
=

k
Z
k
(a u)
k+1
se e solo se [Z[ < [a u[ e Z z u
(4.25)
Poich h(z) =
1
1 + z
2
=
1
(z i)(z + i)
=
1
2i
_
1
i z

1
i z
_
,
applicando (4.25) a entrambi i termini a secondo membro si ottiene
5 5
Si osservi che la (4.20) segue dalla
(4.26). Infatti, per u reale si ha [i u[ =

1 + u
2
e si pu scrivere i u =

1 + u
2
e
i
, dove = arg(i u).
Similmente, per u reale, si ha i u =

1 + u
2
e
i
.
1
1 + z
2
=

k=0
1
2i
_
1
(i u)
k+1

1
(i u)
k+1
_
Z
k
(4.26)
Ciascuna delle due serie a secondo membro deve convergere, cio
devono essere soddisfatte entrambe le condizioni
[z u[ < [z
1
u[ (4.27)
[z u[ < [z
2
u[ (4.28)
dove z
1
= i e z
2
= i (ci teniamo generali perch vogliamo capire
qual la lezione per un polinomio quadratico qualunque).
u
r1
r
2


z
2 z
1
O
Figura 4.12: z
1
e z
2
sono le radici del
polinomio P
2
(z) = z
2
+ bz + c, e
quindi le singolarit (esplosioni!) della
funzione f (z) = 1/P
2
(z). Il punto u il
centro di espansione.
Si osservi che [z u[ = r (reale positivo) lequazione di un
cerchio di raggio r centrato nel punto u (nel senso della geometria
analitica: il luogo dei punti z la cui distanza [z u[ da u pari a r).
Quindi (4.27) e (4.28) sono le equazioni dei dischi concentrici, centrati
nel punto u, di raggi r
1
= [z
1
u[ e r
2
= [z
2
u[ rispettivamente.
Ne segue che (4.27) e (4.28) sono entrambe soddisfatte nel disco pi
piccolo, cio il disco il cui raggio R la distanza tra u e la singolarit
pi vicina a u. Si veda la gura 4.12. (Nel caso in cui u sullasse
82 appunti di metodi matematici della fisica
reale, z
1
= i e z
2
= i, R =

1 + u
2
.) Per un polinomio quadratico
P
2
(z) = z
2
+ bz + c, con radici z
1
e z
2
, si ha
1
P
2
(z)
=
A
z
1
z
+
B
z
2
z
.
Le serie geometriche dei due fratti semplici a secondo membro, devo-
no entrambe convergere. Si perviene pertanto alla stesse conclusioni
di prima, illustrate dalla gura 4.12. Analogamente, per il teorema
fondamentale dellalgebra, 1/P
n
(z) si riconduce alla somma di n
serie geometriche, per cui converge laddove tutte le condizioni di
convergenza di queste serie sono soddisfatte. Dunque, come prima,
converge nei punti z che sono comuni agli n cerchi concentrici cen-
trati in u e il suo raggio di convergenza , come prima, la distanza
tra u e la singolarit pi vicina a u. Chiaramente, la moltiplicazione
di 1/P
n
(z) per un polinomio Q
m
(z) non modica questo fatto. Even-
tualmente, pu cambiare R. Questo accade se Q
m
divisibile per uno
o pi dei fattori (z
i
z) di P
n
. Fine della dimostrazione di (4.23) per
funzioni del tipo (4.24).
4.9 Lesponenziale e le funzioni intere
Si denisce la funzione esponenziale e
z
come la serie
6 6
Consideriamo il seguente ragionamen-
to: usando le regole dellesponenziale,
so che e
z
= e
x
e
iy
, ma e
x
noto dal-
lanalisi reale e per e
iy
uso la formula
di Eulero, quindi non c bisogno di
una nuova denizione. Il difetto del
ragionamento questo: e
z
= e
x
e
iy
al
pi una denizione del primo membro
in termini del secondo. Non posso
dire che luguaglianza conseguenza
delle usuali regole dellesponenziale,
perch ancora non so che cosa si debba
intendere con il simbolo e
z
.
e
z
1 + z +
z
2
2!
+
z
3
3!
+
z
4
4!
+ . . . . (4.29)
Allora, per lunicit delle serie di potenze, e
z
la sola funzione nel
piano complesso che estende la funzione reale e
x
ai numeri complessi
( la sola funzione che coincide con lesponenziale reale sullasse
reale). Questa una propriet molto importante!
Esercizio 4.5. Dimostrare che il raggio di convergenza di e
z

innito.
Esercizio 4.6. Dimostrare che
e
a+b
= e
a
e
b
(4.30)
per numeri complessi a e b. Si osservi che dalla (4.30) segue che
e
z
= e
x+iy
= e
x
e
iy
= e
x
cos y + ie
x
sin y
O
e
x
e
z
1
z
z
2
/2!
z
3
/3!
x
y
y
Figura 4.13: La funzione esponenziale.
Le propriet dellesponenziale complesso sono rese vivide dalla
gura 4.13. Si consiglia caldamente di capire la gura e le relazioni
che esprime (il modo migliore per ottenere questo di ricostruirsela
da soli). Altre due gure sono particolarmente utili per comprendere
che tipo di funzione lesponenziale complesso, la 4.14 e la 4.15: la
prima rappresenta un rettangolo nel piano z, la seconda mostra come
successioni e serie 83
questo rettangolo trasformato nel piano w = e
z
. I colori aiutano a
capire dove nisce chi: il rosso va nel rosso, il verde nel verde e cos
via. Anche capire come si trasforma un movimento aiuta:
(1) Con riferimento alle due gure a lato, immaginiamo che z parta
da 1 e viaggi a velocit costante v verso lalto con legge oraria
z(t) = 1 + ivt. Allora la legge oraria di w w(t) e
ivt
, il che vuol
dire che w ruota con velocit costante v attorno allorigine. Dopo
che z ha percorso una distanza di 2, w ritorna alla sua posizione
iniziale.
x
O
1
y
1 + 2i
2
Figura 4.14: Piano z.
Figura 4.15: Piano w = e
z
.
.
(2) Adesso immaginiamo che z viaggi verso sinistra con velocit
costante v: se parte da 1 + ai (a reale), ha legge oraria z = 1
vt + ia. Allora si avr w(t) e
vt
e
ia
, vale a dire, w viaggia verso
lorigine con velocit che diminuisce costantemente. Viceversa,
se z viaggia verso destra con velocit costante s, w si allontana
dallorgine con una velocit in costante aumento.
Combinando (1) e (2), si vede che lintero piano-w (con leccezione
di w = 0) riempito dallimmagine di una striscia orizzontale, nel
piano-z, di altezza 2. lasciato come esercizio dimostrare che linee
rette nel piano z si trasformano in spirali nel piano w.
A partire dallesponenziale si deniscono le funzioni trigonometri-
che e iperboliche.
Seni e coseni
cos z
e
iz
+ e
iz
2
e sin z
e
iz
e
iz
2i
,
equivalentemente
cos z = 1
z
2
2!
+
z
4
4!

z
6
6!
+ . . . e sin z = z
z
3
3!
+
z
5
5!

z
7
7!
+ . . .
Seni e coseni iperbolici
cosh z
e
z
+ e
z
2
e sinh z
e
z
e
z
2
.
Funzioni intere Una funzione f (z) che, come lesponenziale, le
funzioni trigonometriche e iperboliche, non ha singolarit nel piano
complesso detta funzione intera. Come lesponenziale, le funzio-
ni trigonometriche e iperboliche, una funzione intera pu essere
espressa da una serie di potenze
f (z) =

n=0
c
n
z
n
con raggio di convergenza innito.
84 appunti di metodi matematici della fisica
Problemi
Problema 4.1. Dimostrare che la serie armonica
1 +
1
2
+
1
3
+ . . . +
1
n
+ . . .
diverge.
Problema 4.2. Dimostrare che la serie
z(1 z) + z
2
(1 z) + z
3
(1 z) + . . .
converge per [z[ < 1 e trovarne la somma.
Problema 4.3. Dimostrare che la funzione somma
del problema 4.2 discontinua per z = 1.
Problema 4.4. Dimostrare che la funzione som-
ma del problema 4.2 assolutamente convergente
per [z[ < 1.
Problema 4.5. Dimostrare che

n=0
z
n
n(n +1)
converge assolutamente per [z[ 1.
Problema 4.6. Trovare la regione di convergenza
della serie
1
1 z
+
2z
(1 z)
2
+
4z
2
(1 z)
3
+ . . .
Problema 4.7. Dare un esempio di una coppia di
serie di potenze centrate nellorigine, diciamo P(z)
e Q(z), tali che il disco di convergenza del prodotto
P(z)Q(z) maggiore di ciascuno dei due dischi di
convergenza di P(z) e Q(z).
Problema 4.8. Mostrare che ciascuna delle se-
guenti serie ha il cerchio unitario come disco di
convergenza,
(i)

n=0
z
n
, (ii)

n=1
z
n
n
(iii)

n=1
z
n
n
2
Investigare quindi la convergenza delle serie sul
disco [z[ = 1.
N. B. Per (ii) non si chiede una soluzione completa,
ma di trovare, se ci sono, dei punti in cui la serie
converge oppure diverge. Per la soluzione completa
di (iii), si veda lesercizio 4.8 nei complementi.
Problema 4.9. Si consideri la serie del
problema 4.2.
(a) Dimostrare che la serie converge
uniformemente alla somma z per [z[ 1/2.
(b) La serie converge uniformemente nel disco
chiuso [z[ r, r < 1? Spiegare. Che cosa si pu
dire per r = 1?
Problema 4.10. Si consideri la successione
1
1 + nz
, n = 0, 1, 2, 3, . . .
(a) Dimostrare che la successione uniformemente
convergente a 0 per ogni z tale [z[ 2.
(b) Si pu estendere la regione di uniforme
convergenza data in (a)? Spiegare.
Problema 4.11. Dimostrare che il limite del
problema 4.10 una funzione discontinua in z = 0.
Problema 4.12. Vericare luniforme convergenza
della serie

n=1
z
n
n

n +1
nella regione [z[ 1.
Problema 4.13. Vericare luniforme convergenza
della serie

n=1
cos nz
n
3
nella regione [z[ 1.
Problema 4.14. Si consideri la serie geometrica
P(z) =

j=0
z
j
. La serie converge a
1
1 z
dentro il disco unitario. I polinomi approssimanti
sono P
m
(z) =
m
j=0
z
j
.
(a) Mostrare che lerrore E
m
(z) [P(z) P
m
(z)[
dato da
E
m
(z) =
[z[
m+1
[1 z[
(b) Se z un punto qualunque dentro il disco di
convergenza, che cosa accade allerrore quando
m ?
successioni e serie 85
(c) Se ssiamo m, che cosa succede allerrore
quando z si avvicina al bordo [z[ = 1?
(d) Supponiamo di volere approssimare questa
serie nel disco [z[ 0.9 e supponiamo inoltre
che lerrore massimo che vogliamo tollerare
= 0.01. Trovare il polinomio P
m
(z) di grado
pi basso che approssima P(z) in tutto il disco
con la precisione desiderata.
86 appunti di metodi matematici della fisica
Soluzioni
Problema 4.1. Si raggruppino i termini della serie nel seguente
modo
1 +
1
2
+
_
1
3
+
1
4
_
+
_
1
5
+
1
6
+
1
7
+
1
8
_
+. . . +
_
1
2
n1
+1
+
1
2
n1
+2
+ +
1
2
n
_
+. . .
Ogni parentesi maggiore di 1/2 perch contiene 2
n1
termini tutti
maggiori di 1/2
n
. Quindi
1 +
1
2
+
1
3
+ . . . +
1
n
+ . . . > 1 +
1
2
+
1
2
+
1
2
+ . . .
e poich la serie a destra ovviamente diverge anche quella sinistra
deve divergere.
Problema 4.2. Poich la somma dei primi n termini della serie
S
n
(z) = z(1 z) + z
2
(1 z) + . . . + z
n
(1 z)
= z z
2
+ z
2
z
3
+ . . . + z
n
z
n+1
= z z
n+1
dal problema 1.7 segue che
S(z) lim
n
S
n
= z per ogni z tale che [z[ < 1
(incluso z = 0, dove la serie vale 0). Alternativamente, una dimostra-
zione autosufciente la seguente: [S
n
(z) z[ = [ z
n+1
[ = [z[
n+1
[ <
per (n +1) ln [z[ < ln , cio
n +1 >
ln
ln [z[
n >
ln
ln [z[
1 se z ,= 0
Se z = 0, S
n
(0) = 0 e [S
n
(0) 0[ < per ogni n. Quindi, la somma
della serie
S(z) = lim
n
S
n
= z per ogni z tale che [z[ < 1 (incluso z = 0!)
Problema 4.3. Dal problema 4.2, S
n
(z) = z z
n+1
, S(z) =
limS
n
(z). Se [z[ < 1, S(z) = z. Se z = 1, S
n
(z) = S
n
(1) = 0 e
limS
n
(1) = 0. Quindi S(z) discontinua in z = 1.
Problema 4.4. La serie non di potenze. Forniamo una dimostra-
zione diretta. Sia

S
n
(z) = [z(1 z)[ +[z
2
(1 z)[ + . . . +[z
n
(1 z)[
= [1 z[
_
[z[ +[z[
2
+ . . . +[z[
n
_
= [1 z[[z[
_
1 [z[
n
1 [z[
_
.
successioni e serie 87
Se [z[ < 1, z[
n
tende a zero per n che va allinnito: il limite di

S
n
(z)
esiste e la serie assolutamente convergente. ( Si osservi che la serie
dei valori assoluti converge a ([z[[1 z[)/(1 [z[).)
Problema 4.5. Se [z[ 1 ,

z
n
n(n +1)

=
[z[
n
n(n +1)

1
n(n +1)

1
n
2
Poich (1/n
2
) converge, per confronto segue lassoluta convergenza
della serie.
Problema 4.6. La serie geometrica (non di potenze) con primo
termine 1/(1 z) e ragione 2z/(1 z). Converge quando
[2z[ < [1 z[ ,
cio quando z dentro al cerchio dequazione
3x
2
+3y
2
+2x 1 = 0 .
Problema 4.7. Lasciato alla fantasia.
Problema 4.8.
(i) La serie geometrica
1 + z + z
2
+ z
3
+ z
4
+ . . . =

n=0
z
n
converge a
1
1z
per [z[ < 1. Sul cerchio [z[ = 1 diverge (i termini
della serie non vanno a zero).
(ii) La serie
z +
z
2
2
+
z
3
3
+
z
4
4
+ . . . =

n=1
z
n
n
converge per [z[ < 1. Sul cerchio [z[ = 1, per alcuni punti
converge e per altri no; ad esempio, diverge per z = 1 (serie
armonica); converge per z = 1 (infatti, 1 1/2 +1/3 1/4 +
. . . = ln2). Per lo studio completo della convergenza si veda la
sezione 4.8.
(iii) La serie
z +
z
2
4
+
z
3
9
+
z
4
16
+ . . . =

n=1
z
n
n
2
converge assolutamente per [z[ 1 (quindi anche sul cerchio
unitario).
88 appunti di metodi matematici della fisica
Problema 4.9.
(a) Nel problema 4.2 si dimostrato che
[S
n
(z) z[ < per ogni n >
ln
ln [z[
1 se [z[ < 1 .
Quindi, a fortiori, la serie converge per z 1/2. Ora, se z 1/2 il
massimo valore dellerrore si ha quando [z[ = 1/2 ed dato da
N

=
ln
ln(1/2)
1
Ne segue che [S
n
(z) z[ < per ogni n > N

, dove N

dipende solo
da e non dal particolare valore di z dentro [z[ 1/2.
(b) La stessa argomentazione fatta in (a) serve a dimostrare che
la serie converge alla somma z per [z[ 0.9 o [z[ 0.99, usando
rispettivamente
N

=
ln
ln(0.9)
1 e N

=
ln
ln(0.99)
1
chiaro che non si pu estendere la dimostrazione a [z[ 1,
perch ci richiederebbe
N

=
ln
ln(1)
1 ,
che innito, non esiste cio un valore nito di N

che possa essere


impiegato in questo caso. Quindi per [z[ 1 la serie non converge
uniformemente.
Problema 4.10.
(a) Si ha

1
1 + nz
0

< per
1
[1 + nz[
< [1 + nz[ >
1

.
Ora,
[1 + nz[ [1[ +[nz[ = 1 + n[z[ e 1 + n[z[
1

per n >
1/ 1
[z[
Quindi per [z[ > 2 la successione converge a 0.
Per dimostrare che converge uniformemente a 0, si osservi che il
massimo valore di
1
[z[
_
1

1
_
in [z > 2 si ha per [z[ = 2 ed dato da
N

=
1
2
_
1

1
_
.
successioni e serie 89
ne segue che

1
1 + nz
0

<
per ogni n > N

, dove N

dipende solo da e non dal particolare z


in [z[ > 2. Quindi la successione uniformemente convergente a zero
in questa regione.
(b) Se un numero positivo qualsiasi, il massimo di
1
[z[
_
1

1
_
in z si ha per [z[ ed
1

_
1

1
_
Come in (a) ne segue che la successione converge uniformemente a
zero per ogni z per cui [z[ , cio in ogni regione che non compren-
da punti di un intorno di z = 0. Poich arbitrario, questa regione
pu essere arbitrariamente piccola (ma non ridursi ad un punto).
Problema 4.11. Dal problema 4.10, se si scrive
u
n
(z) =
1
1 + nz
e U(z) = lim
n
u
n
(z) ,
si ha U(z) = 0 se z ,= 0 e U(0) = 1. Quindi U(z) discontinua in
z = 0.
Problema 4.12. Poich
z
n
n

n +1

1
n
3/2
,
per [z[ 1, la serie data converge uniformemente (e assolutamente)
per il criterio M di Weirstrass.
Problema 4.13. La funzione cos nz ovunque limitata sullasse
reale, ma non sullasse immaginario:
cos nz =
1
2
_
e
inz
e
inz
_
=
1
2
_
e
in(x+iy)
e
in(x+iy)
_
=
1
2
_
e
ny
e
inx
e
ny
e
inx
_
Quindi, per n , cos nz esplode esponenzialmente sia sullasse
immaginario positivo sia su quello negativo, fatta eccezione per y =
0. Se ne conclude che la serie data non converge in [z[ 1 (on in
qualunque disco [z[ r < 1). La serie converge solo sullasse reale
(y = 0), e vi converge uniformemente (criterio M di Weirstrass).
90 appunti di metodi matematici della fisica
Problema 4.14. Polinomio approssimante
P
m
(z) =
m

k=0
z
k
(a) Errore: E
m
(z) [P(z) P
m
(z)[
E
m
(z) = [P(z) P
m
(z)[ = [z
m+1
+ z
m+2
+ . . . [ =
[z[
m+1
[1 z[
(perch per S z
m+1
+ z
m+2
+ . . . si ha S = z(z
m
+ S))
(b) Per [z[ < 1, E
m
(z) 0 per m .
(c) Per m ssato E
m
(z) per z 1. Per [z[ 1, z = e
i
, ,= 0 si
ha
E
m
(z)
1
_
2(1 cos )
(d) Per [z[ r = 0.9
E
m
(z)
r
m+1
1 r
=
0.9
m+1
0.1
= = 0.01 m 67
Risulta cos dimostrato che la serie geometrica converge uniforme-
mente nel disco di raggio r.
successioni e serie 91
Complementi
Somma di Cesaro
Ernesto Cesro (18591906) sta-
to un matematico italiano. Ha dato
importanti contributi alla geometria
differenziale e alla teoria delle serie
innite.
importante aver chiaro che, per quanto la denizione di somma
innita come limite della successione delle somme parziali s
n
appaia
molto naturale, pur sempre una denizione: non lunica possibile,
n lunica rilevante in analisi e in matematica applicata. Ad esempio,
la nozione di somma innita di Cesaro, che il limite, quando esiste,
delle medie aritmetiche delle somme parziali,
lim
n
s
0
+ s
1
+ . . . + s
n
n +1
svolge un ruolo altrettanto importante, ad esempio nella teoria del-
le serie di Fourier e nella sica matematica dei processi diffusivi.
Si osservi che quando si cambia la nozione di sommabilit, una se-
rie che prima era divergente pu diventare convergente. Ad esem-
pio,

k=0
(1)
k
divergente secondo la denizione usuale, ma
sommabile secondo Cesaro.
Esercizio 4.7. Qual la somma di Cesaro della serie

k=0
(1)
k
?
Soluzione. La successione delle somme parziali della serie 1 1 +1
1 + . . .
1, 0, 1, 0, 1, 0, . . .
La successione delle medie aritmetiche delle somme parziali
1
1
,
1
2
,
2
3
,
2
4
,
3
5
,
3
6
,
4
7
,
4
8
, . . . .
Poich questa successione converge a 1/2, la somma di Cesaro della
serie 1/2.
Visualizzazione geometrica delle serie di potenze
Una serie di numeri complessi, per quanto innita, pur sempre
una somma di vettori nel piano. dunque utile farsene una rap-
presentazione geometrica. Siamo interessati al caso in cui n diventa
innitamente grande, e quindi al caso in cui la lunghezza dei vettori
(= modulo = norma) varia, in particolare, diventa sempre pi piccola
man mano che n aumenta. Come nel caso della diffrazione di una
grata, consideriamo il caso pi semplice di serie con stessa differenza
di fase tra termini successivi, cio la serie geometrica
1 + z + z
2
+ z
3
+ . . . .
La studieremo gracamente con un programma di graca vettoriale
(Asymptote), usando il seguente codice elementare:
92 appunti di metodi matematici della fisica
pair O= (0,0); //origine nel piano complesso
pair z = r
*
dir(theta); // r e theta sono rispettivamente modulo e angolo di z
int m ; // numero di iterazioni (m-esima somma parziale della serie)
pair [ ] s= new pair[m];
s[0] = (1,0);
for(int n=1; n<=m-1 ; ++n)
s[n] = s[n-1] + z^n ;
for(int n=1; n<=m-1 ; ++n)
draw(s[n-1]--s[n], Arrow);
y
0.5 1
x
O
.
8
60
0
Incominciamo con un vettore dentro il disco unitario. Per r = 0.8
e = 60
0
, si ottiene la gura a lato. Il primo vettore della serie 1,
il secondo z. In gura ne abbiamo indicato la lunghezza. Il vettore
in rosso denota la somma dei vettori (solita regola del parallelogram-
ma). Facendo variare m si vede che il risultato numerico si stabilizza
attorno alla somma
1
1 0.8(60
0
)
Adesso facciamo avvicinare z al bordo del disco. Ecco i risultati
per r = 0.9 (gura a sinistra) e r = 0.95 (e = 30
0
):
y
1 2
x
O
0
.
9
30
0
2
y
1 2
x
O
0
.
9
5
30
0
Comera da aspettarsi, la convergenza per r = 0.95 molto pi lenta.
Adesso mettiamo a confronto z vicinissimo al cerchio unitario e z sul
cerchio per = 60
0
:
1
y
0.5 1
x
O
.
9
8
60
0
1
y
1
x
O
1
60
0
successioni e serie 93
Nel primo caso (r = 0.98, a sinistra) la convergenza lentissima:
m = 100, ma la serie non si ancora stabilizzata (potete indovinare
dove nir?). La gura a destra mostra che per z = 1 non ci potr
mai essere convergenza: lorbitadella serie periodica e lesagono
regolare percorso indenitivamente allaumentare di m, senza che
mai ci sia stabilizzazione della somma. Ecco un altro esempio dello
stesso tipo, per = 90
0
:
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
y
0.5 1
x
O
0.9
90
0
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
y
0.5 1
x
O
1
90
0
Il fatto che quando z sul cerchio, compaia un poligono regolare
non generico: solo dovuto al fatto che 60 e 90 sono divisori interi
di 360. Per una diversa scelta dellangolo, lorbita cessa dessere pe-
riodica. Ecco i risultati per = 57
0
: nella gura a sinistra, m = 20, in
quella a destra, m = 80:
y
1
x
O
1
57
0
y
1
x
O
1
57
0
La gura a destra mostra che al crescere di m lorbita copre unifor-
memente un anello circolare (si potrebbe dimostrare che lo compre
densamente, ma questo esula dai nostri scopi). Quindi non ci pu
essere convergenza.
Inne, appena z esce dal disco, la serie tende allinnito. Ecco due
94 appunti di metodi matematici della fisica
casi: per r = 1.01 e r = 1.1 ( = 40
0
in entrambi i casi):
1
2
3
y
2 1 1 2 3
x
O
1
.
0
1
200
200
400
600
y
1000 500 500
x
O
Regolarizzazione di Abel
Abel invent anche un metodo per regolarizzare serie divergenti sul
cerchio T. Introdusse quella che oggi nota come sommabilit o
regolarizzazione di Abel,
A-

n=0
c
n
e
in
lim
r1

n=0
c
n
r
n
e
in
In altre parole, il valore di Abel della serie sul cerchio unitario nel
punto quello ottenuto come limite r 1, lungo la direzione ,
della serie dentro al disco. La sommabilit secondo Abel molto
liberale e rende nite somme che sarebbero altrimenti innite come
limite delle somme parziali. Ad esempio, per la serie 1 1 +1 1 +
1 1 + . . . si ha
A-

n=0
(1)
n
= lim
r1

n=0
(1)
n
r
n
= lim
r1
1
1 + r
=
1
2
Valgono i seguenti teoremi:
Se una serie sommabile nel senso usuale, allora sommabile
secondo Abel.
Se una serie sommabile secondo Abel, allora sommabile
secondo Cesaro (ma non necessariamente viceversa).
Il metodo di Abel si applica non solo allle serie, ma anche agli
integrali divergenti. La regolarizzazione di Abel per gli integrali
A-
_
f (x)dx lim
0
_
e
x
f (x)dx
In sica, il metodo di Abel per regolarizzare serie e integrali pi
usato di quello di Cesaro forse perch la sommabilit secondo
Abel ancora pi liberale di quella secondo Cesaro.
successioni e serie 95
Che cosa succede sul cerchio di convergenza
Esercizio 4.8. Investigare la convergenza delle serie

n=1
z
n
n
sul cerchio [z[ = 1.
Nel problema 4.8 si stabilito che la serie converge per [z[ < 1. Per
z sul cerchio, si ponga z = e
i
e si riscriva la serie come
e
i
+
1
2
e
2i
+
1
3
e
3i
+
1
4
e
4i
+ . . . (4.31)
Non sembra azzardato scommettere sulla convergenza di questa
serie. Poich 1 1/2 + 1/3 1/4 + . . . converge, lo stesso potrebbe
essere vero per (4.31): dopo tutto, al variare di n, i termini
e
ni
= cos n + i sin n
hanno anchessi alternanze di segno che potrebbero essere tali da
produrre le compensazioni giuste e quindi la convergenza. Lana-
lisi numerica della convergenza della serie sembra dare supporto a
questa congettura. Ecco quattro graci che si ottengono studiando
numericamente la serie per diversi valori dellangolo:
1
y
1 2
x
O
1
30
0
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
y
0.5 1
x
O
1
90
0
y
0.5 1
x
O
1
179
0
y
1 2 3 4 5
x
O
1
30
0
Il primo in alto a sinistra per = 30
0
, il secondo in alto per
= 90
0
. Lanalisi numerica di = 180
0
non d buoni frutti: la con-
vergenza estremamente lenta. Comunque, teoricamente, sappiamo
96 appunti di metodi matematici della fisica
che la serie converge a ln2. La prima gura sotto a sinistra illustra il
caso = 179
0
, quella a destra, = 1
0
; per = 0 sappiamo che la
serie diverge (serie armonica). Le serie sono state troncate al grado n
del polinomio per cui si ha stabilit numerica della somma (vettore
rosso).
Dati questi risultati numerici, dovrebbe essere possibile dimostrare
che (4.31) converge. Tuttavia, i criteri usuali sembranon funzionare
in quanto coinvolgono il modulo delln-esimo termine della serie,
e il modulo non distingue tra la serie (4.31) e la serie armonica, che
diverge. Quando si in difcolt conviene ragionare partendo dai
principi di base, in questo caso dalla denizione di serie convergente
e dal criterio di Cauchy.
Consideriamo le somme parziali nesima e mesima (n>m).
S
m
= e
i
+
1
2
e
2i
+
1
3
e
3i
+ . . . +
1
m
e
mi
(4.32)
S
n
= S
m
+
1
m +1
e
(m+1)i
+ . . . +
1
n
e
ni
(4.33)
Se ne facciamo la differenza,
S
n
S
m
=
1
m +1
e
(m+1)i
+ . . . +
1
n
e
ni
(4.34)
e poi stimiamo il modulo, sembrerebbe che siamo punto e daccapo
perch lunico modo che abbiamo per stimare il modulo di una somma
(a meno che non siamo in grado di calcolarla esplicitamente, come
il caso per la progressione geometrica!)
[z
1
+ . . . + z
p
[ [z
1
[ + . . . +[z
p
[ (4.35)
Lidea che ci fa uscire dallimpasse questa: moltiplicare (4.32) e (4.33)
per un numero dipendente da , in modo che
[S
n
S
m
[
dia qualcosa che, stimato con la (4.35), possa essere reso pi piccolo di un
qualunque , per n e m sufcientemente grandi. Dopo vari tentativi ed
errori, si scopre che = (e
i/2
e
i/2
) fornisce proprio quello che si
vuole. Infatti,
(S
n
S
m
) =
1
m +1
e
(m+1+
1
2
)i
+
1
m +2
e
(m+2+
1
2
)i
+ . . . +
1
n 1
e
(n1+
1
2
)i
+
1
n
e
(n+
1
2
)i

1
m +1
e
(m+1
1
2
)i

1
m +2
e
(m+2
1
2
)i
. . .
1
m1
e
(m1+
1
2
)i

1
n
e
(n
1
2
)i
= e
(m+1+
1
2
)i
_
1
m +1

1
m +2
_
+ . . . + e
(n1+
1
2
)i
_
1
n 1

1
n
_
+
1
n
e
(n+
1
2
)i

1
m +1
e
(m+1
1
2
)i
successioni e serie 97
da cui, applicando la (4.35),
[(S
n
S
m
)[
_
1
m +1

1
m +2
_
+ . . . +
_
1
n 1

1
n
_
+
1
n
+
1
m +1
=
2
m +1
quindi, per n e m sufcientemente grandi, [S
n
S
m
[ pi piccolo di
un qualunque . Risulta cos dimostrato che la serie (4.31) converge
nellintervallo aperto (0, 2) [che in = 0 diverga, era gi stato
stabilito].
Nella dimostrazione la forma esplicita dei coefcienti c
n
= 1/n
non gioca un ruolo essenziale, conta soltanto il fatto che c
n
0 (per
potere applicare il criterio di Cauchy). Sulla falsariga dellesempio
sopra, risulta cos dimostrato il teorema di Abel (4.17).
5
Derivate e integrali
Gottfried Wilhelm von Leibniz (1646
1716) stato un matematico, losofo,
scienziato, logico, diplomatico, giuri-
sta, storico, magistrato e bibliotecario
tedesco. A lui si deve il termine fun-
zione (coniato nel 1694) che egli us
per individuare varie quantit associa-
te ad una curva, tra cui il suo valore,
la pendenza, la perpendicolare e la
corda in un punto. A Leibniz, assieme
a Isaac Newton, vengono generalmen-
te attribuiti lintroduzione e i primi
sviluppi del calcolo innitesimale, in
particolare del concetto di integrale,
per il quale si usano ancora oggi molte
delle sue notazioni. considerato un
precursore dellinformatica e del calco-
lo automatizzato: fu inventore di una
calcolatrice meccanica detta appunto
Macchina di Leibniz.
Indice
5.1 La nozione di derivata 99
5.2 Derivate di trasformazioni non-lineari 102
5.3 Applicazioni ai sistemi dinamici 105
5.4 La nozione di integrale 110
5.5 Integrali di linea, di supercie e di volume 112
5.6 Integrali impropri 115
5.7 Convergenza uniforme di integrali impropri 118
5.8 Derivazione sotto il segno di integrale 119
5.9 Integrali di gaussiane 120
Complementi 124
5.1 La nozione di derivata
Al cuore del calcolo differenziale c la nozione di derivata. Una
funzione f di variabile reale x detta differenziabile in un punto
a R, se esiste un numero, denotato f
/
(a), tale che
lim
xa
f (x) f (a)
x a
= f
/
(a) . (5.1)
Il numero f
/
(a) detto derivata della funzione nel punto a. Lequa-
zione (5.1) non ha senso nel caso generale di una funzione vettoriale,
ma pu essere trasformata facilmente in una che lo ha.
Sia L la trasformazione lineare denita da L(x a) = f
/
(a)(x
a), allora (5.1) equivalente a
lim
xa
[ f (x) f (a) L(x a)[
[x a[
= 0 . (5.2)
100 appunti di metodi matematici della fisica
Questa equazione di solito si interpreta dicendo che f (a) + L(x a) ,
(la retta tangente alla funzione in a) una buona approssimazione di
f in a.
Questo si estende facilmente a funzioni vettoriali. Sia F una fun-
zione vettoriale da (un sottoinsieme di) R
n
a R
m
. Allora la sua ap-
prossimazione lineare nel punto a (se esiste) sar F(a) + L(r a),
dove L una trasformazione lineare che mappa variazioni r a del-
la variabile indipendente, cio vettori in R
n
, in vettori di R
m
. La
nozione di distanza tra punti, anzich dal modulo [ [, sar data
dalla norma (o modulo o lunghezza) [[[[ in R
n
e in R
m
. Segue la
denizione:
Soluzione di 5.1. Siano e
1
, . . . e
n
e
u
1
, . . . u
m
le basi ortonormali naturali in
R
n
e R
m
. Allora
r = x
1
e
1
+ . . . + x
n
e
n
e
F(r) = f
1
(r)u
1
+ . . . + f
m
(r)u
m
.
Per determinare la matrice DF(r)
rispetto a tali basi, basta determinare
come la trasformazione lineare F
/
(r)
agisce sui vettori di base; occorre cio
calcolare F
/
(r)(e
i
), i = 1, . . . n. Questo
facile: si ponga dr = e
i
nella (5.4).
Allora
lim
0
|F(r + e
i
) F(r) F
/
(r)(e
i
)|

= 0
avendo usato che e
i
ha norma pari a 1.
Dividendo per ,
lim
0
_
_
_
_
F(r + e
i
) F(r)

F
/
(r)(e
i
)
_
_
_
_
= 0 ,
riconosciamo nel limite del quoziente
la derivata parziale di F rispetto a x
i
.
Quindi,
F
/
(r)(e
i
) =
F
x
i
(r)
=
f
1
x
i
(r)u
1
+ . . . +
f
m
x
i
(r)u
m
,
da cui segue che la matrice jacobiana
[F
/
(r)] =
_

_
f
1
x
1
(r) . . .
f
1
x
n
(r)
. . . . . . . . .
f
m
x
1
(r) . . .
f
m
x
n
(r)
_

_
La funzione F : R
n
R
m
differenziabile in un punto a
del suo dominio se esiste una trasformazione lineare L :
R
n
R
m
tale che
lim
|ra|0
|F(r) F(a) L(r a)|
|r a|
= 0 .
Se F differenziabile in tutti i punti di una regione
contenuta in R
n
, allora F detta differenziabile in .
(5.3)
La trasformazione lineare L nel punto a detta derivata di F in a e,
come nel caso unidimensionale, usualmente si denota con F
/
(a). Per
come stata denita, essa fornisce lapprossimazione lineare di una
funzione F in a,
F(r) = F(a) +F
/
(a)(r a) + o( [[r a[[ ) ,
dove o( [[r a[[ ) denota una quantit che di ordine superiore
rispetto a r a, (cio tende a zero pi rapidamente di [[r a[[ ).
utile riscrivere la denizione di derivata, per un generico punto
r come (denotando con dr una variazione nita)
lim
|dr|0
|F(r +dr) F(r) F
/
(r)(dr)|
|dr|
= 0 , (5.4)
La rappresentazione matriciale di F
/
(r), rispetto alle basi naturali
di R
n
e R
m
, denotata [F
/
(r)] ed detta matrice jacobiana. Al variare
di r in risulta denito il campo si trasformazioni F
/
: R
n
R
m
e il
corrispondente campo [F
/
] di matrici jacobiane.
Esercizio 5.1. Dimostrare che la matrice jacobiana
[F
/
(r)] =
_
F
x
1
. . .
F
x
n
_
=
_

_
f
1
x
1
(r) . . .
f
1
x
n
(r)
. . . . . . . . .
f
m
x
1
(r) . . .
f
m
x
n
(r)
_

_
(5.5)
derivate e integrali 101
Differenziale La nozione di derivata molto semplice, ma, sfor-
tunatamente ci sono diversi modi e notazioni per dire la stessa cosa.
Di solito, si introduce il differenziale dF = F
/
(a)(r a), in termini
del quale si esprime lapprossimazione lineare della funzione come
F(a) + F
/
(a)(r a) = F(a) + dF. Poich dF dipende linearmente
dalla variazione r a, la nozione di differenziale e di derivata sono
sostanzialmente la stessa cosa. Di solito, si pone r a = dr, inten-
dendo con ci che il simbolo dr rappresenta una variazione nita e
non innitamente piccola della variabile indipendente r (vedi sotto).
Riassumendo,
dF = F
/
(a)(r a) = F
/
(a)(dr) . (5.6)
Sebbene dF e dr siano deniti senza alcun riferimento a quantit
innitamente piccole, cio pi piccole di qualunque quantit nita,
si nisce prima o poi usare tali espressioni. Contrariamente a quello
che talvolta si dice, proprio perch disponiamo di denizioni rigo-
rose come la (5.3), che tale uso giusticato. Occorre solo tenere a
mente che uguaglianze tra innitesimi signicano uguaglianze tra
quantit nite a meno di termini di ordine superiore nei differenziali. Ad
esempio, se si scrive F(r + dr) = dF, si intende che a secondo mem-
bro si trascurano termini di ordine superiore in dr, cio termini che
vanno a zero pi rapidamente di dr. Ma questo proprio ci che la
denizione (5.3) signica.
u
v
dv
du
Figura 5.1: Leibniz bas il calcolo
differenziale per funzioni a pi variabili
sulla regola di trascurare gli innitesimi
di ordine superiore. Con riferimento
alla gura sopra, geometricamente
ovvio che la variazione dellarea del
rettangolo d(uv) = udv + vdu +
dudv. Trascurando dudv si ha la regola
di Leibniz (5.8). A loro volta, u e v
possono dipendere da altre quantit, ad
esempio v = t e u = t
2
. Allora dv = dt e
du = 2tdt, che la regola della funzione
composta. A partire da queste due
regole, Leibniz svilupp tutto il calcolo.
Nelle mani di Leibniz, gli innitesimi furono il motore per lo svi-
luppo del calcolo differenziale. Se utilizzati nel senso sopra indicato,
sono ancora molto utili per ottenere rapidamente risultati in modo
euristico. Ad esempio, si possono ottenere le regole fondamentali del
calcolo, come la regola della funzione composta,
d(F g) = dF dG, (5.7)
dove a secondo membro signica composizione di trasformazioni
lineari, cio moltiplicazione delle corrispondenti matrici jacobiane
(naturalmente (5.7) ha senso se G : R
n
R
k
e F : R
k
R
m
) , o la
regola di Leibniz per funzioni scalari u e v a pi variabili,
d(uv) = udv + (du)v . (5.8)
Naturalmente, la giusticazione di (5.7) e (5.8) nelle dimostra-
zioni rigorose basate sulla denizione (5.3), ma utile sapere che si
possono ottenere anche, in modo euristico, usando lidea di Leibniz
degli innitesimi, cio mediante uguaglianze in cui si trascurano
quantit di ordine superiore; si veda la didascalia che accompagna la
gura 5.1.
102 appunti di metodi matematici della fisica
Campi scalari Una prima applicazione della derivata ai campi
scalari, cio alle funzioni f su R
n
a valori in R. Assumiamo per sem-
plicit n = 3. Allora la derivata f
/
(r), r = (x, y, z), rappresentata da
una matrice jacobiana 1 3, il vettore riga
[ f
/
(r)] =
_
f
x
1
. . .
f
x
n
_
ed quindi la seguente forma lineare sui vettori dr = (dx, dy, dz)
d f = f
/
(r)(dr) =
f (r)
dx
dx +
f (r)
y
dy +
f (r)
z
dz , (5.9)
Se R
3
lo spazio euclideo, lo spazio vettoriale delle variazioni dr,
dotato di prodotto scalare naturale e di norma indotta dal prodotto
scalare. Allora lo spazio delle forme lineari su di esso canonica-
mente isomorfo a R
3
, secondo la corrispondenza discussa nella se-
zione 2.8, e quindi la derivata pu essere equivalentemente espressa
mediante il vettore

r
f (r)
f (r)
x
i +
f (r)
y
j +
f (r)
z
k. (5.10)
Al variare di r in R
3
,
r
f (r) denisce un campo vettoriale su R
3
,
detto gradiente di f . Usualmente, quando chiaro quale sia la va-
riabile indipendente, si omette il pedice r e si scrive semplivemente
. Se si rappresenta la derivata con il gradiente, la sua azione sulla
variazione della variabile indipendente data dal prodotto scalare,
f
/
(r)(dr) = (f )(r) dr ,
che, ovviamente, coincide con la (5.9). Quando la derivata applicata
ad una variazione n di norma 1, si ha la derivata direzionale di f nella
direzione di n:

n
f (r) (f )(r) n (5.11)

F
R
2
R
2
Figura 5.2: Trasformazione non-lineare
F:
u = x , v = 1 ax
2
+ y .
(per disegnare la gura si scelto
a=1.4). Questa funzione associata
alla cosidetta mappa di Henon che
studiata in teoria dei sistemi dinamici.
Se R
3
rappresenta lo spazio sico, chiaramente da intendersi come spazio euclideo,
ma, nelle applicazioni, non sempre R
3
, o in generale R
n
, sono da ritenersi spazi
euclidei. Ad esempio, nelle applicazioni del calcolo differenziale alla termodinamica,
la nozione appropriata di derivata quella originaria di forma lineare. Questo perch
nello spazio degli stati termodinamici, ad esempio U (energia interna), V (volume) e N
(numero di moli), non c alcuna nozione di distanza che abbia signicato invariante.
In questo caso, ad esempio, la derivata dellentropia S
dS = S
/
(U, V, N)(dU, dV, dN) =
S
U
dU +
S
V
dV +
S
N
dN
5.2 Derivate di trasformazioni non-lineari
Soffermiamoci adesso su funzioni da R
n
a R
n
. Nelle applicazioni,
esserappresentano trasformazioni non lineari di R
n
o campi vettoriali
derivate e integrali 103
deniti su R
n
. Il secondo caso quello del campo di velocit di un
uido o dei campi elettrici e magnetici, il primo si incontra in teoria
dellelasticit, nello studio delle coordinate curvilinee e nella teoria
dei sistemi dinamici. La gura 5.2 illustra una trasformazione del
piano, che emerge nello studio di un sistema dinamico, mostrando
come vengono distorte certe regioni del piano.
Naturalmente, le trasformazioni lineari o operatori sono un caso
particolare di trasformazioni di R
n
in s stesso e la loro derivata
F
/
(r) rappresentata da una matrice con elementi costanti. Invece la
derivata di una trasformazione non-lineare rappresentata da una
matrice n n non costante, la matrice jacobiana (5.5),
[F
/
(r)] =
_
F
x
1
. . .
F
x
n
_
,
dove F/x
i
sono da intendersi come vettori colonna per ciascun
i = 1, . . . , n. Se e
1
, . . . , e
n
la base naturale di R
n
, i vettori della
matrice jacobiana sono i trasformati dei vettori della base,
F
x
i
= F
/
(e
i
) . (5.12)
f(r)
r
F

(r)

R
2
R
2
Figura 5.3: Struttura locale della fun-
zione F dellesempio 5.1 nel punto
r = (x, y). I due vettori ortogonali di
lunghezza unitaria e
1
(in rosso) e e
2
(in blu) sono trasformati da F
/
(r) nei
vettori f
1
e f
2
di diversa lunghezza e
con angoli di rotazione differenti.
Conveniamo di chiamare tali vettori f
i
= f
i
(r) (in quanto dipendono
dal punto r). La derivata descrive la struttura locale della trasfor-
mazione F e, per mettere in evidenza questo fatto, si pu usare il
linguaggio degli innitesimi, ponendo dx
i
= dx
i
e
i
e riscrivendo la
(5.12) cos
F
/
(r)(dx
i
) =
F
x
i
dx
i
. (5.13)
Esempio 5.1. Si consideri la trasformazione di R
2
data dalla funzione
F(r) = (u, v), r = (x, y),
u = x
2
2y
2
v = xy
Allora (applicando direttamente la regola di Leibniz)
_
du
dv
_
=
_
2xdx 4ydy
ydx + xdy
_
=
_
2x 4y
y x
_ _
dx
dy
_
da cui segue che la matrice jacobiana
[F
/
(x, y)] =
_
2x 4y
y x
_
.
Quindi i vettori di base e
1
=
_
1
0
_
e e
2
=
_
0
1
_
sono trasformati
nei vettori f
1
=
_
2x
y
_
e e
2
=
_
4y
x
_
. Equivalentemente, i vettori
innititesimi dx = dxe
1
e dy = dye
2
, sono trasformati nei vettori dxf
1
e dyf
2
.
104 appunti di metodi matematici della fisica
Esempio 5.2. Si consideri la trasformazione F del piano generata dalla
funzione complessa z
2
incontrata nel Capitolo 1,
u = x
2
y
2
v = 2xy
(1.13)
Procedendo come nellesercizio precedente, si trova
[F
/
(x, y)] =
_
2x 2y
2y 2x
_
=
_
f
1
f
2
_
.
Ma adesso i due vettori f
1
e f
2
sono ortogonali tra loro (essendo nullo
il loro prodotto scalare). Posto x = r cos , y = r sin e r =
_
x
2
+ y
2
,
si ottiene
[F
/
(x, y)] = 2r
_
cos sin
sin cos
_
che il prodotto di un fattore di scala 2r per una matrice di rotazione
ortogonale. Adesso la situazione quella mostrata in gura 5.4: tutti
i vettori centrati in r vengono riscalati dello stesso fattore 2r e ruotati
dello stesso angolo . In particolare, il cerchio si trasforma in un
cerchio di raggio 2r e i vettori ortogonali e
1
e e
2
si trasformano nei
vettori ortogonali f
1
e f
2
.
e
1
e
2
f
1
f
2
F(r)
r
F

(r)

R
2
R
2
Figura 5.4: Struttura locale della fun-
zione F dellesempio 5.2 nel punto r. I
due vettori ortogonali di uguale lun-
ghezza e
1
(in rosso) e e
2
(in blu) sono
trasformati da F
/
(r) in vettori f
1
e f
2
di
uguale lunghezza e ruotati dello stesso
angolo. La gura mostra chiaramente
che leffetto locale della trasformazione
una dilatazione combinata con una
rotazione ortogonale, per cui un cerchio
trasformato in un cerchio (in generale
di raggio differente).
La trasformazione (1.13) ha una struttura locale particolarmente
semplice. Ci che sorprendente che questa struttura non dipende
dalla particolare scelta della funzione, ma vale per qualunque trasfor-
mazione F del piano in s stesso che sia data da una funzione analitica.
Si pu dire che questa caratteristica geometrica sia il marchio di
fabbrica geometrico delle funzioni analitiche.
Determinante jacobiano Come risulta chiaro dagli esempi
precedenti (e come si pu facilmente dimostrare in generale), gli
elementi vettoriali della matrice jacobiana (5.5),
[F
/
(r)] =
_
F
x
1
. . .
F
x
n
_
rappresentano come si trasformano gli elementi della base e
1
, . . . , e
n
.
Allora il determinate della derivata
J(r) = det(F
/
(r)) =

F
x
1
. . .
F
x
n

, (5.14)
detto determinante jacobiano, il volume del parallelepipedo con spi-
goli di base F/x
1
, . . . F/x
n
. Si veda la nota sul signicato geo-
metrico del determinante a p. 35. Quindi, il determinante jacobiano,
fornisce unimportante informazione sulla struttura locale della fun-
zione F, ci dice come si trasformano localmente i volumi. Il segno
derivate e integrali 105
del terminate contiene informazione sullorientazione del paralle-
lepipedo trasformato; se interessa il volume vero e proprio si pren-
der il modulo del determinante. Se si considera il parallelepipedo
rettangolare determinato dalla base e
1
, . . . , e
n
, con spigoli di lun-
ghezza dx
1
, . . . , dx
n
e con vertice nel punto r, allora il suo volume
dx
1
dx
n
e il volume del parallelepipedo trasformato

det(F
/
(r))

dx
1
dx
n
(5.15)
Sovente, per il determinate jacobiano si usa la notazione
J(r) =
(F
1
, F
1
, . . . F
n
)
(x
1
, x
2
, . . . x
n
)
(5.16)
Operatori differenziali Sia F un campo vettoriale su R
n
. Dalla
la sua derivata F
/
si estraggono
1
operatori differenziali rilevanti nelle
1
Nel senso della (3.40).
applicazioni, tra questi, la divergenza div F, che la traccia di [F
/
]
div F =

i
F
i
x
i
= F . (5.17)
Per n = 3, la parte antisimmetrica della matrice jacobiana associata
(nel senso della (3.44)) al rotore rot F = F.
Un operatore differenziale molto importante loperatore di
Laplace o Laplaciano di un campo scalare f cos denito
f =
r

r
f =
2
f =
n

i=1

2
f
x
2
i
. (5.18)
Figura 5.5: Coordinate sferiche, secondo
la convenzione comunemente usata in
sica.
Nelle applicazioni, sovente si usano coordinate diverse dalle car-
tesiane, ed quindi importante conoscere le espressioni degli opera-
tori differenziali nei sistemi di coordinate pi usati. Il laplaciano in
coordinate cilindriche x = cos , y = sin , z,
f =
1

_
+
1

2
f

2
+

2
f
z
2
. (5.19)
e in coordinate sferiche x = r sin cos , y = r sin sin , z = r cos ,
f =
1
r
2

r
_
r
2
f
r
_
+
1
r
2
sin

_
sin
f

_
+
1
r
2
sin
2

2
f

2
. (5.20)
(Per il calcolo di (5.19) e (5.20), si vedano i complementi a pag. 124.)
5.3 Applicazioni ai sistemi dinamici
La derivata fornisce un importante strumento nella studio della strut-
tura locale di un sistema dinamico. Un sistema dinamico un siste-
ma il cui stato r
t
evolve nel tempo secondo il sistema di equazioni
106 appunti di metodi matematici della fisica
differenziali del primordine

r= v(r) (5.21)
dove v = v(r), r = (x
1
, . . . , x
n
) R
n
, un campo vettoriale su
R
n
, detto campo di velocit. R
n
detto lo spazio delle fasi del siste-
ma. La condizione che v non dipenda dal tempo non restrittiva: se
dipendesse dal tempo basterebbe aggiungere la variabile x
n+1
= t
e passare al sistema in R
n+1
con equazione aggiuntiva x
n+1
= 1.
Dunque, qualunque equazione differenziale di ordine m o qualunque
sistema di equazioni differenziali pu essere trasformato in un siste-
ma dinamico con spazio delle fasi R
n
per n opportuno; per esempio,
unequazione del secondo ordine in t con termini dipendenti da t
pu essere trasformata in un istema dinamico con spazio delle fasi
R
3
. Se il campo v abbastanza regolare la soluzione di (5.21), per
una data condizione iniziale r
0
al tempo t = 0 esiste di unica.
La soluzione data da una famiglia ad un parametro di funzioni
F(, t) : R
n
R
n
, detta usso, che trasforma lo stato iniziale r
0
sta-
to r
t
al tempo t, vale a dire, r
t
= F(r
0
, t). La relazione tra campo di
velocit e usso
F(r
0
, t)
t

r
0
=r
= v(r) .
Il usso ha limportante propriet di composizione
F(, t + s) = F(, t) F(, s) (5.22)
che corrisponde al fatto che r
t+s
= F(F(r
0
, t), s).
Il vantaggio di trasformare equazioni differenziale o sistemi di
equazioni differenziali nella forma di un sistema dinamico (5.21) sta
nel poter utilizzare metodi geometrici e il linguaggio idrodinamico
per studiare il sistema. Le soluzioni di (5.21) possono infatti essere
interpretate come le line di usso delle particelle di un uido nello
spazio delle fasi: al variare di t, la soluzione F(r
0
, t) descrive come
evolve nel corso del tempo la traiettoria di una particella del uido
che inizialmente, al tempo t = 0, si trovava nel punto r
0
. Le linee
di usso non si intersecano e in ogni punto il campo di velocit
tangente ad esse. Perci, la semplice rappresentazione graca del
campo di velocit fornisce gi uninformazione utile sulle soluzioni
del sistema. Tale rappresentazione graca detta ritratto di fase.
La gura 5.6 fornisce un ritratto di fase del pendolo semplice (in
ununit di misura opportune)

x = y

y
= sin x
Le soluzioni sono le linee di usso del campo v = (y, sin x).
derivate e integrali 107
Esempio 5.3.
Figura 5.6: Ritratto di fase del pendolo
semplice. Le freccette rosse indicano al-
cuni vettori del campo v = (y, sin x).
Sono rafgurate linee di usso del cam-
po che rappresentano le traiettorie del
sistema nello spazio delle fasi.
I punti ssi del sistema sono i punti per cui il campo v si annulla,
sono cio le soluzioni a dellequazione v(a) = 000, e sono anche detti
punti di equilibrio o, nel linguaggio idrodinamico, punti di stagna-
zione del uido. Il primo passo nello studio di un sistema dinamico
Soluzione di 5.2. I punti di equi-
librio sono le soluzioni di v =
(y, sin x) = (0, 0). Queste sono
(0, n), n = 0, 1, 2, . . . (i punti in
viola nella gura 5.6). Basta studiare
lapprossimazione lineare della dina-
mica in (0, 0) e (0, ), essendo le altre
ottenute da queste per periodicit.
Calcoliamo [v
/
(x, y)]:
[v
/
(x, y)] =
_
0 1
cos x 0
_
Siano A
0
= [v
/
(0, 0)] =
_
0 1
1 0
_
e
A

= [v
/
(0, )] =
_
0 1
1 0
_
. Poniamo
dr = (u, v). Allora lapprossimazione
lineare della dinamica nellintorno di
(0, 0)
_
u
v
_
= A
0
_
u
v
_
=
_
0 1
1 0
_ _
u
v
_
=
_
v
u
_
mentre nellintorno di (0, )
_
u
v
_
= A

_
u
v
_
=
_
0 1
1 0
_ _
u
v
_
=
_
v
u
_
Nel primo caso, si tratta della dinamica
delloscillatore armonico lineare: le tra-
iettorie sono cerchi centrati nellorigine,
con legge oraria che combinazione
lineare di cos(t) e sin(t). Lorigine
un punto di equilibrio stabile. Nel
secondo caso, le soluzioni sono combi-
nazioni lineari di exp(t) e exp(t). Il
punto (0, ) un punto di equilibrio
instabile.
lo studio di come evolvono piccole perturbazioni dr = r a nellin-
torno di un punto di equilibrio a. In questo studio, la derivata di v
gioca un ruolo importante. Infatti, sostituendo r = a + dr nella (5.21),
si ottiene

dr= v(a +dr) = v(a) +v


/
(a)dr + o( [[dr[[ ) = v
/
(a)dr + o( [[dr[[ ) ,
dove, come di consueto, o( [[dr[[ ) denota una quantit che tende
a zero pi rapidamente di [[dr[[ . Trascurando questa quantit, si
ottiene lapprossimazione lineare del sistema nel punto a:

dr= Adr , (5.23)


dove si posto A = v
/
(a). Essendo A una trasformazione lineare,
(5.23) un sistema lineare e le sue soluzioni possono essere facilmen-
te trovate. Se A rappresentata da un matrice diagonalizzabile, si
pu usare il metodo esposto nella sezione 3.5.
Poich la (5.23) governa levoluzione temporale di una piccola
perturbazione nellintorno di un punto di equilibrio, essa ci fornisce
informazioni utili sul sistema. Altrettanto utile sapere come evol-
vono piccole perturbazioni dellintorno di un qualunque punto, non
necessariamente dequilibrio. Questo serve, in particolare, a determi-
nare se il sistema caotico, cio se piccole perturbazioni divergono
esponenzialmente nel corso del tempo. Largomento molto interes-
sante, ma esula dai nostri scopi. Vogliamo invece accennare a come si
trasformano i volumi nello spazio delle fasi, essendo questo collega-
to ad importante teorema di meccanica e una applicazione naturale
della nozione di determinate jacobiano.
108 appunti di metodi matematici della fisica
Esercizio 5.2. Trovare lapprossimazione lineare del pendolo sempli-
ce nei suoi punti di equilibrio.
Teorema di Liouville Consideriamo il parallelepipedo rettangolo,
Dimostrazione di (5.25). Consideriamo
levoluzione tra t e t + dt
r
t+dt
= F(r
t
, t + dt)
= r
t
+
F(r, t)
t

r=r
t
dt + o(dt)
= r
t
+v(r
t
)dt + o(dt)
Calcoliamone la derivata rispetto a r
t
F
/
t+dt
(r
t
) = I +v
/
(r
t
)dt + o(dt)
La variazione di volume tra t e t + dt
data dal determinante jacobiano
J(r
t
, t + dt) = det
_
F
/
t+dt
(r
t
)

= det
_
I +v
/
(r
t
)dt + o(dt)

Ricordando la formula det(I + A) =


1 +tr(A) +O(
2
), si ottiene
J(r
t
, t + dt) = 1 +tr
_
v
/
(r
t
)

dt + o(dt)
= 1 + v(r
t
)dt + o(dt)
Si consideri adesso J(r
0
, t + dt). Dalla
(5.22) (ricordando che il determinante
di una funzione composta il prodotto
dei determinanti) segue che
J(r
0
, t + dt) = J(r
t
, t + dt)J(r
0
, t)
Allora, sostituendo il valore trovato per
J(r
t
, t + dt), si ottiene
J(r
t+dt
; r
0
) = [1 + v(r
t
)dt] J(r
0
, t) +o(dt) .
vale a dire
J(r
t+dt
; r
0
) J(r
0
, t) = v(r
t
)dt J(r
0
, t) +o(dt) .
Passando al limite dt 0, il teorema
risulta dimostrato.
N. B. Si pu dimostrare il teorema
anche usando la nozione di derivata
idrodinamica. Vista limportanza di
questa nozione, spieghiamo che cosa
sia. Data una quantit (r, t) (campo
scalare, vettoriale , etc.), la sua derivata
rispetto al usso r
t
= F(r
0
, t) denita
nel seguente modo:
D
Dt
(r, t)
_
d
dt
(r
t
, t)
_
r
t
=r
ed detta derivata idrodinamica. Usando
la regola della derivata della funzione
composta e osservando che

r
t
= v, si
ottiene
D
Dt
(r, t) =

t
(r, t) + (v(r) ) (r, t)
Questa derivata fornisce una misura
del tasso di variazione della quantit
lungo le linee di usso. Usando la
derivata idrodinamica, il teorema di
Liouville diventa
DJ
Dt
(r, t) = v(r)J(r, t) .
con spigoli determinati dalla base e
1
, . . . , e
n
di volume unitario con
vertice nella condizione iniziale r
0
. Vogliamo sapere come varia il
suo volume dopo un tempo t in conseguenza della trasformazione
r
t
= F(r
0
, t). La risposta data dalla (5.14), con la sola differenza che
la funzione F adesso dipende anche dal parametro t:
J(r
0
, t) =

det(F
/
(r
0
, t))

(5.24)
Il seguente teorema stabilisce come J(r
0
, t) evolve nel corso del
tempo:
Teorema di Liouville. Il tasso di variazione percentuale
di volume nellintorno di un punto dello spazio del fasi
dato dalla divergenza del campo di velocit in quel
punto:
1
J(r
0
, t)
dJ(r
0
, t)
dt
= v(r
t
)
dove r
t
= F(r
0
, t).
(5.25)
Ad esempio, la divergenza del campo v = (y, sin x) del pendolo
semplice
v =
y
x
+
(sin x)
y
= 0 +0 = 0
e quindi il volume non varia nel corso del tempo. Si osservi che se si
introduce un termine di smorzamento e si considera il sistema

x = y

y
= y sin x ,
la divergenza di v = (y, y sin x) adesso uguale a . Quindi

J= J e dunque il volume decresce esponenzialmente nel corso del


tempo.
Un sistema dinamico detto Hamiltoniano se il suo spazio delle
fasi pari, cosicch r pu essere scritto come r = (x, y), con x e y di
uguale dimensione, e se esiste un campo scalare sullo spazio delle
fasi H = H(x, y), detto hamiltoniana, tale che
v(x, y) =
_

y
H(x, y),
x
H(x, y)
_
. (5.26)
Il pendolo semplice (senza smorzamento) un esempio di sistema
hamiltoniano, con hamiltoniana
H =
1
2
y
2
+cos x
derivate e integrali 109
(che a meno di una costante arbitraria lenergia totale del pendolo,
essendo y la velocit e x la posizione). Si osservi che la (5.26) implica
che il sistema dinamico ha forma di Hamilton

x =
y
H(x, y)

y
=
x
H(x, y)
(5.27)
(5.28)
Se il campo v ha la forma (5.26) allora la sua divergenza nulla.
Infatti,
v =
x

y
H
y

x
H = 0
Figura 5.7: Evoluzione temporale
nello spazio delle fasi. Il usso F di
un sistema hamiltoniano conserva il
volume.
(assumendo, ovviamente, che H sia abbastanza liscia in modo tale
che lo scambio delle derivate parziali sia legittimo). La dinamica hamil-
toniana conserva dunque il volume nello spazio delle fasi. Le regioni dello
spazio delle fasi possono deformarsi in modo orrendo, ma il loro
volume non cambia. Un esempio di questo tipo la funzione della
gura 5.2, che lanalogo a tempo discreto di un sistema hamiltonia-
no: la dinamica distrorce la faccetta che, dopo un po di iterazioni,
diventa decisamente irriconoscibile, ma la sua area conservata.
Un valore negativo della divergenza di v il marchio di fabbrica
dei sistemi dissipativi, di cui un (famoso) esempio il sistema di
Lorenz.
Esercizio 5.3. Il sistema

x = (y x)

y
= rx y xz

z = xy bz
dove , r e b sono parametri, fu ottenuto da Lorentz come approssi-
mazione della dinamica di un uido che soggetto ad un gradiente
di temperatura. Trovare per quale valore dei parametri il sistema
dissipativo.
Esercizio 5.4. La mappa di Henon
F = (u, v) , u = y +1 ax
2
, v = by ,
distorce il piano e produce leffetto mostrato nella gura sotto Per disegnare la gura, sono sta-
ti scelti a = 1.4 e b = .7. Ite-
rando questa trasformazione,
r F(r) F (F(r)) . . . F
n
(r) . . . , si
ottiene una dinamica a tempo discreto,
che stata estensivamente studiata in
teoria dei sistemi dinamici. In particola-
re, per il valore di a scelto e per b = .3,
la dinamica dissipativa (vericare!)
e caotica. Nel limite n la dina-
mica tende ad un attrattore strano di
dimensione frattale maggiore di 1.

Studiare come cambia il volume quando la mappa di Henon iterata


n volte.
110 appunti di metodi matematici della fisica
Figura 5.8: Attrattore strano del sistema
di Lorenz. Per valori opportuni dei
parametri, il volume di qualunque
regione tende esponenzialmente a zero
e la dinamica schiaccia lo spazio delle
fasi su una variet di volume nullo.
Questa variet si ottiene mediante
simulazione numerica, facendo evolvere
il sistema con condizione iniziale tipica.
Leffetto mostrato in gura. Tale
variet un esempio di attrattore
strano.
5.4 La nozione di integrale
Lintegrale di una funzione di variabile reale x su un intervallo [a, b],
_
b
a
f (x)dx
Figura 5.9: Integrale come area con
segno.
denito informalmente come larea della regione nel piano xy limi-
tata dal graco della funzione f , lasse delle x e le linee verticali x = a
e x = b in modo tale che larea sopra lasse delle x aggiunta al totale
e quella sotto sottratta dal totale.
I principi dellintegrazione furono formulati indipendentemente
da Newton e Leibniz. Attraverso il teorema fondamentale del calcolo
che essi svilupparono indipendentemente, lintegrazione e collegata
alla differenziazione: se f una funzione continua su un intervallo
chiuso [a, b], lintegrale di f sul questo intervallo
_
b
a
f (x)dx = F(b) F(a) , (5.29)
dove F unantiderivata (o primitiva) di f , cio una funzione F tale
che la sua derivata f .
Figura 5.10: Integrale come limite
di somme di Riemann (inferiori e
superiori).
Nel XIX secolo teorie rigorose dellintegrazione furono avviate
da Cauchy e portate a compimento da Riemann. La teoria classica
dellintegrazione dei testi di calcolo differenziale e integrale quella
di Riemann: lintegrale denito come limite di approssimazioni
mediante rettangoli dellarea:
n

k=1
f (
k
)x
k
, (5.30)
derivate e integrali 111
dove x
1
, x
2
, . . . , x
n1
una partizione in sottointervalli di [a, b], x
k
=
x
k
x
k1
e
k
un qualunque numero in [x
k1
, x
k
]. Se il limite x
k
Denizione di funzione generalmente
continua. Si dice che una funzione
generalmente continua in un intervallo
[a, b] se possibile dividere linter-
vallo in un numero nito di intervalli
in ognuno dei quali la funzione sia
continua e abbia limite destro e limite
sinistro niti. Nella gura sotto rap-
presentato un esempio di funzione f (x)
generalmente continua.
2 THE LAPLACE TRANSFORM [CHAP. 1
SECTIONAL OR PIECEWISE CONTINUITY
A function is called sectionally continuous or piecewise continuous in an interval
c< t-< a if the interval can be subdivided into a finite number of intervals in each of
which the function is continuous and has finite right and left hand limits.
F(t)
I/
j
i
t
a ti
t2 1t3 R
Fig. 1-1
An example of a function which is sectionally continuous is shown graphically in
Fig. 1-1 above. This function has discontinuities at ti, t2 and t3. Note that the right and
left hand limits at t2, for example, are represented by lim F(t2 + E) = F(t2 + 0) = F(t2+)
e 0
and lim F(t2 - E) = F(t2 - 0) = F(t2-) respectively, where c is positive.
E-+0
FUNCTIONS OF EXPONENTIAL ORDER
If real constants M > 0 and y exist such that for all t > N
I e-It F(t) I < M or I F(t) 1 < Melt
we say that F(t) is a function of exponential order y as t- - or, briefly, is of exponential
order.
Example 1. F(t) = t2 is of exponential order 3 (for example), since ;t2j = t2 < eat for all t > 0.
Example 2. F(t) =
et3
is not of exponential order since I e-vt et' 1 = et3-yt can be made larger than
any given constant by increasing t.
Intuitively, functions of exponential order cannot "grow" in absolute value more rapidly
than Me"' as t increases. In practice, however, this is no restriction since M and y can be
as large as desired.
Bounded functions, such as sin at or cos at, are of exponential order.
SUFFICIENT CONDITIONS FOR EXISTENCE OF LAPLACE TRANSFORMS
Theorem 1-1. If F(t) is sectionally continuous in every finite interval 0 < t< N and
of exponential order y for t > N, then its Laplace transform f (s) exists for all s > y.
For a proof of this see Problem 47. It must be emphasized that the stated conditions
are sufficient to guarantee the existence of the Laplace transform. If the conditions are
not satisfied, however, the Laplace transform may or may not exist [see Problem 32].
Thus the conditions are not necessary for the existence of the Laplace transform.
For other sufficient conditions, see Problem 145.
a
b
x
1
x
2
x
3
La funzione rappresentata ha di-
scontinuit in x
1
, x
2
e x
3
. I limiti de-
stro e sinistro, ad esempio in x
2
sono
rappresentati rispettivamente da
lim
0
f (x
2
+ ) = f (x
2
+0) = f (x
2
+)
e
lim
0
f (x
2
) = f (x
2
0) = f (x
2
) ,
dove > 0. Segue immediatamente
da (5.31) che una funzione general-
mente continua in un intervallo [a, b]
integrabile.
0, n esiste ed indipendente da come la suddivisone viene
compiuta, la funzione detta integrabile (secondo Riemann) su [a, b]
e il limite denisce lintegrale di f su [a, b]. Lintegrale di Riemann
una trasformazione lineare a valori reali, cio un funzionale lineare:
se f e g sono integrabili e e sono costanti, allora anche f + g
integrabile e
_
b
a
(f + g) dx =
_
b
a
f (x) dx +
_
b
a
g(x) dx.
Si dice che un insieme di punti sullasse x ha misura nulla se la lun-
ghezza di degli intervalli che ricoprono tutti i punti dellinsieme pu
essere resa piccola a piacere. Si pu dimostrare che ogni insieme nu-
merabile sullasse reale ha misura nulla. In particolare linsieme dei
razionali, che numerabile, ha misura nulla. Quando una propriet
vale tutti i punti, eccetto che per un insieme di misura nulla, si dice
che la propriet vale quasi ovunque.
Lapplicabilit della teoria classica dellintegrazione resa traspa-
rente dal seguente teorema.
Una funzione su un intervallo compatto [a, b] integra-
bile secondo Riemann se e solo se limitata e continua
quasi ovunque.
(5.31)
Un esempio di funzione non integrabile, in quanto discontinua
ovunque, la funzione di Dirichlet che vale 1 se x razionale e 0 se x
non razionale.
Esempio 5.4. La nozione di somma di Riemann (5.30) non ha solo
un valore teorico, ma ha anche utilit pratica. Nelle applicazioni pu
accadere di trovarsi di fronte a limiti del seguente tipo
lim
N
N

k=1
f
_
ak
N
_
a
N
.
In questi casi, importante riconoscere lapprossimazione di Rie-
mann di un integrale: si ha una partizione dellintervallo [0, a] in in-
tervallini x
k
di ampiezza uguale e pari a a/N e f (ka/N) il valore
della funzione calcolata nellestremo destro dei x
k
. Dunque,
lim
N
N

k=1
f
_
ak
N
_
a
N
=
_
a
0
f (x)dx .
Ad esempio, nello studio del fenomeno di Gibbs in teoria delle serie
di Fourier, si incontra il seguente limite:
lim
N
N1

k=1
sin
_
k

N
_
k

N

N
=
_

0
sin x
x
dx
112 appunti di metodi matematici della fisica
5.5 Integrali di linea, di supercie e di volume
La nozione di integrale di Riemann come limite di approssimazioni
si estende facilmente a pi dimensioni. Un integrale di linea denito
per funzioni di due o pi variabili, e lintervallo di integrazione [a, b]
sostituito da una certa curva che collega due punti sul piano o nello
spazio. In un integrale di supercie, la curva sostituito da un pezzo
di una supercie in uno spazio tridimensionale o n-dimensionale e
in un integrale di volume, la supercie sostituita da una regione
in R
n
. Integrali di forme differenziali svolgono un ruolo fondamen-
tale nella moderna geometria differenziale. Queste generalizzazioni
degli integrali nacquero dalle esigenze di sica e svolgono un ruolo
importante nella formulazione di molte leggi siche, in particolare
quelle dellelettrodinamica. Riassumiamo brevemente le denizioni
di questi integrali in R
3
.
Gli integrali di linea, supercie e volume di un campo scalare f
sono
_
C
f ds =
_
b
a
f (r(t))

dr(t)
dt

dt (5.32)
_
S
f dS =
__
T
f (r(s, t))

r(s, t)
s

r(s, t)
t

ds dt (5.33)
_
!
f d =
___
!
f (x, y, z)dxdydz (5.34)
Figura 5.11: La denizione dellintegra-
le di supercie si basa sul suddividere
la supercie in piccoli elementi di
supercie, sulla costruzione delle cor-
rispondenti somme di Riemann e sul
passaggio al limite quando il nume-
ro degli elementi di supercie tende
allinnito.
Nel primo caso, C una curva liscia a tratti e r : [a, b] C unar-
bitraria parametrizzazione biettiva della curva della curva C tale che
r(a) e r(b) sono i punti terminali della curva C e a < b. Nel secondo
caso r : T S unarbitraria parametrizzazione biettiva della del-
la supercie S, dove T una qualche regione del piano e (s, t) un
punto in essa;
//
denota il prodotto vettore. Nel terzo caso ! una
regione chiusa dello spazio. Gli integrali sono deniti come limiti di
opportune somme di Riemann, per esempio lintegrale di linea
_
C
f ds = lim
s
i
0
n

i=1
f (r(t
i
))s
i
.
e analogamente gli altri.
Figura 5.12: Integrale di linea come
lavoro del campo di forse su una
particella che si muove lungo una
curva.
Particolarmente utile in sica, e lintegrale di linea di un campo
vettoriale F lungo una una curva liscia a tratti C, parametrizzata nel
senso sopra descritto,
I =
_
C
F(r) dr =
_
b
a
F(r(t))
dr(t)
dt
dt, (5.35)
Analogamente allintegrale di un campo scalare, I denito come
limite di somme di Riemann.
derivate e integrali 113
Se F rappresenta un campo di forze, lintegrale rappresenta il la-
voro del campo su una particella che si sposta da r(a) a r(b) lungo la
curva C. Se C una curva semplice chiusa, cio una curva che non in-
terseca mai s stessa, lintegrale di linea lungo C detto circuitazione
di F lungo C; per denotarlo scriviamo
(F, C)
_
C
F dr . (5.36)
Se F il gradiente di un campo scalare G (cio se F conservati-
vo), vale a dire G = F, allora la derivata della composizione di di G
e r
dG(r(t))
dt
= G(r(t))
dr(t)
dt
= F(r(t))
dr(t)
dt
,
e quindi
_
C
F(r) dr =
_
b
a
F(r(t))
dr(t)
dt
dt =
_
b
a
dG(r(t))
dt
dt = G(r(b)) G(r(a)),
che dunque lanalogo del teorema fondamentale del calcolo per
integrali di linea (fatta salva limportante differenza che non tutti
i campi vettoriali sono gradienti). In altre parole, lintegrale di F
su C dipende solo dai valori di G nei punti r(a) e r(b) ed perci
indipendente dal cammino tra di loro.
Un integrale di supercie di un campo vettoriale lanalogo
bidimensionale dellintegrale di linea:
_
S
F dS =
_
S
F n dS =
__
T
F(r(s, t))
_
r(s, t)
s

r(s, t)
t
_
ds dt ,
dove n il versore normale alla supercie in ogni punto. Fisicamente,
lintegrale rappresenta il usso del campo vettoriale F attraverso la
supercie S. Per una supercie semplice chiusa, scriviamo
(F, S)
_
S
F dS. (5.37)
Teoremi di Gauss e Stokes I teoremi fondamentali del calcolo
vettoriale sono:
_
!
F d =
_
!
F dS (Teorema della divergenza o di Gauss)
(5.38)
_
S
F dS =
_
S
F dr (Teorema del rotore o di Stokes) (5.39)
Nella (5.38), ! una regione di R
3
che compatta che ha come bor-
do liscio a tratti la supercie chiusa S = !. Nella (5.39), S una
supercie che ha come bordo liscio a tratti la curva chiusa C = S.
Identit di Green Dal teorema della divergenza applicato al
campo F = seguono due importanti equazioni dette identit di
114 appunti di metodi matematici della fisica
Green. Siano e due funzioni scalari denite in qualche regione
! di R
3
e si supponga che sia continuamente differenziabile due
volte e una sola volta. Allora la prima identit di Green
2 2
Per ottenerla dal teorema della
divergenza si usa la regola del prodotto
(gF) = g (F) +(g) (F)
e lidentit = .
_
!
( + ) d =
_
!
() dS, (5.40)
dove il laplaciano. Se entrambe e sono continuamente diffe-
renziabili due volte, per scambio di con e sottrazione, si ottiene la
seconda identit di Green:
_
!
( ) d =
_
!
( ) dS. (5.41)
Teorema di Green nel piano Consideriamo i teoremi di Gauss
e Stokes nel piano per F = (u, v) e ! una regione del piano deli-
mitata da una curva C. Allora il primo membro del teorema della
divergenza diventa
_
!
_
u
x
+
v
y
_
dxdy ,
e il secondo diventa il usso attraverso C. Poich n normale alla
curva (si veda la gura a margine), si ha dS = (dy, dx). Allora
(F, C) =
_
C
udy vdx (5.42)
e quindi il teorema della divergenza diventa
_
C
vdx + udy =
_
!
_
u
x
+
v
y
_
dxdy (5.43)
C
R
F
t
n
C
dr
Figura 5.13: In alto: regione del piano
delimitata da una curva semplice
chiusa. In basso: incremento dr =
(dx, dy) in un punto r della curva nella
direzione del vettore t, tangente alla
curva in r; n il vettore normale a t e
dS = ndS = (dy, dx).
Calcoliamo adesso la circuitazione di F lungo C
(F, C) =
_
C
udx + vdy . (5.44)
Ma il rotore di F ortogonale al piano e il suo usso attraverso !
vale
_
!
_
v
x

u
y
_
dxdy
e quindi il teorema del rotore diventa
_
C
udx + vdy =
_
!
_
v
x

u
y
_
dxdy (5.45)
Sostituendo u con v e v con u in questultima equazione, si ritrova
la (5.43). La conclusione che, nel piano, i teoremi della divergenza
e del rotore sono la stessa cosa. La (5.45) chiamata teorema di Green
nel piano.
Cambiamento delle variabili di integrazione Nel valutare
lintegrale su una regione !, riesce spesso utile operare con coor-
dinate diverse da quelle cartesiane e cio con coordinate curvilinee,
derivate e integrali 115
come ad esempio, le coordinate sferiche. Analizziamo la situazione
nel caso particolare del calcolo di un integrale di una funzione scalare
f = f (x, y) su R
2
e siano u = u(x, y), v = v(x, y) coordinate cur-
vilinee nel piano. La corrispondenza tra coordinate x, y e coordinate
u, v biunivoca e quindi si ha anche x = x(u, v) e y = y(u, v) in
modo tale che ad ogni punto del piano x, y corrisponde un punto del
piano u, v e viceversa. In tal caso, la regione ! nel piano x, y viene
trasformata nella regione !
/
nel piano u, v Risulta quindi
__
!
f (x, y) dxdy =
__
!
/
f (x(u, v), y(u, v))

(x, y)
u, v)

dudv ,
(5.46)
dove
(x, y)
u, v)
il determinate jacobiano (5.16). Intuitivamente, questa
formula una conseguenza immediata del signicato geometrico del
determinante jacobiano come volume innitesimo.
5.6 Integrali impropri
La denizione originale di integrale di Riemann non si applica a fun-
zioni come 1/x
2
sullintervallo [1, ], perch in questo caso il domi-
nio di integrazione illimitato. Tuttavia, lintegrale di Riemann pu
sovente essere esteso per continuit, denendo lintegrale improprio
come limite
_

1
1
x
2
dx = lim
b
_
b
1
1
x
2
dx = lim
b
_

1
b
+
1
1
_
= 1.
La nozione di integrale di Riemann non si applica neanche alla
funzione1/

x nellintervallo [0, 1]. Il problema adesso che lin-


tegrando una funzione illimitata nel domino di integrazione (la
denizione richiede che sia il dominio di integrazione sia la funzione
integranda siano limitati). Tuttavia esiste, come integrale improprio
se inteso come il limite
Figura 5.14: In alto: integrale impro-
prio di prima specie (il dominio di
integrazione illimitato) In basso: in-
tegrale improprio di seconda specie
(la funzione illimitata nel dominio di
integrazione).
_
1
0
1

x
dx = lim
a0
+
_
1
a
1

x
dx = lim
a0
+
(2

1 2

a) = 2.
Nel primo caso si parla di integrale improprio di prima specie, nel
secondo, di integrale improprio di seconda specie.
Un integrale improprio converge se il limite che lo denisce esiste.
Cos, per esempio, si dice che lintegrale improprio lim
t
_
t
a
f (x) dx
esiste ed uguale a L se lintegrale sotto il limite esiste per tutti i
t sufcientemente grandi, e il valore del limite pari a L. anche
possibile per un integrale improprio a divergere allinnito. In tal
caso, si pu assegnare il valore di (o di ) allintegrale. Per
116 appunti di metodi matematici della fisica
esempio, lim
b
_
b
1
1
x
dx = . Tuttavia, altri integrali impropri
possono semplicemente divergere in nessuna direzione particolare,
come ad esempio lim
b
_
b
1
x sin x dx, che non esiste, neanche come
numero reale esteso.
Una limitazione della tecnica di integrazione impropria che
il limite deve essere preso rispetto ad un estremo di integrazione
alla volta. Cos, per esempio, un integrale improprio della forma
_

f (x) dx denito prendendo due limiti separati; cio


_

f (x) dx =
lim
a
lim
b
_
b
a
f (x) dx, purch il doppio limite sia nito. Dalle pro-
priet dellintegrale, questo pu anche essere scritto come una coppia
di integrali impropri distinti di prima specie: lim
a
_
c
a
f (x) dx +
lim
b
_
b
c
f (x) dx, dove c un punto qualsiasi nel dominio di integra-
zione. A volte possibile denire integrali impropri in cui entrambi
gli estremi sono inniti, come l integrale gaussiano
_

e
x
2
dx =

. Ma non si pu denire altri integrali di questo tipo in modo


inequivocabile, come ad esempio
_

x dx, poich il diverge doppio


limite diverge:
lim
a
_
c
a
x dx + lim
b
_
b
c
x dx
In questo caso, si pu tuttavia denire un integrale improprio nel
senso del valore principale Cauchy:
P
_

x dx = lim
b
_
b
b
x dx = 0.
Le domande che si devono affrontare nel determinare un integra-
le improprio sono: il limite esiste? Pu essere calcolato? La prima
domanda una questione di analisi matematica. La seconda pu es-
sere affrontato con tecniche di calcolo standard e, in alcuni casi, con
tecniche di integrazione nel piano complesso (come vedremo nella
terza parte), oppure mediante trasformate di Fourier o altri metodi
(accenneremo a uno di questi pi avanti in questa sezione).
Riguardo alla prima domanda per integrali impropri di prima
specie, la situazione analoga a quella delle serie e si possono dare
criteri per lesistenza del limite. Si introduce la nozione di assoluta
convergenza che corrisponde alla convergenza di
_

a
[ f (x)[dx. Si pu
allora facilmente dimostrare che lintegrale improprio assolutamen-
te convergente allora convergente. In particolare, questo signica
che se la funzione f (x) per x che tende allinnito, tende a zero pi
rapidamente di 1/x allora
_

a
[ f (x)[dx convergente. Pi esplici-
tamente, una condizione sufciente per la convergenza di integrali di
prima specie che per p > 1 si abbia
lim
x
x
p
f (x) = A, (5.47)
derivate e integrali 117
dove A una costante nita, si richiede cio che allinnito f (x) sia
di ordine x
p
, per p > 1. Se a un punto in cui la funzione diver-
ge, allora una condizione sufciente per la convergenza dellintegrale
improprio di seconda specie che per p < 1 si abbia
lim
xa
(x a)
p
f (x) = A, (5.48)
dove A una costante nita, il che vuol dire richiedere che per x che
tende ad a, f (x) sia di ordine x
p
, per p < 1.
Questi criteri (e altri che non abbiamo menzionato) sono comun-
que soltanto sufcienti, ma non necessari. Ci possono essere fun-
zioni che, pur non soddisfacendo tali criteri, risultano ugualmente
integrabili secondo la denizioni data di integrale improprio. Ci
accade, per esempio, quando sia da integrare tra a e una funzione
che cambi di segno innite volte, in modo che larea si ottenga co-
me somma di inniti termini di segno contrario e di valore assoluto
decrescente e tendente a zero; si veda la gura 5.15. Tale som-
x
Figura 5.15: f (x) = sin x
2
.
ma si presenterebbe allora come una serie di termini segno alterno
soddisfacente allacondizione di sommabilit (4.5). questo il caso
dellintegrale I =
_

0
sin x
2
dx che si pu scrivere
I =
_

0
sin x
2
dx +
_

2

sin x
2
dx + . . . +
_

(n+1)

n
sin x
2
dx + . . .
I riusulta somma di una serie di termini a segno alterno convergente
ed ha quindi un valore nito, senza che la funzione sotto il segno di
integrale tenda a zero pi rapidamente di 1/x.
Esercizio 5.5. Studiare la convergenza dellintegrale
_

0
1 cos x
x
2
dx .
Esercizio 5.6. Dimostrare che
_

0
sin x e
sx
dx =

2
+ s
2
(5.49)
_

0
cos x e
sx
dx =
s

2
+ s
2
(5.50)
pers > 0 e per ogni valore reale di .
118 appunti di metodi matematici della fisica
5.7 Convergenza uniforme di integrali impropri
Consideriamo la funzione denita come lintegrale improprio
g(y) =
_

a
f (x, y)dx . (5.51)
per y in qualche intervallo [y
1
, y
2
]. La (5.51) analoga ad una serie di
funzioni. Al ne di determinare condizioni sufcienti per la differen-
ziabilit e integrabilit rispetto a y di g(y), conveniente introdurre
la nozione di convergenza uniforme per questi integrali, in completa
analogia alla nozione di convergenza uniforme delle serie.
Sia g
u
(y) =
_
u
a
f (x, y)dx. Allora si dice che lintegrale
g(y) = lim
u
g
u
(y) =
_

a
f (x, y)dx
uniformemente convergente in [y
1
, y
2
] se, dato > 0,
esiste un numero U, non dipendente da u, tale che per
tutti gli y in [y
1
, y
2
] e u > U si ha [g(y) g
u
(y)[ < .
(5.52)
Per decidere se un integrale del tipo (5.51) uniformemente con-
vergente, si pu usare un criterio del tutto analogo al criterio M di
Weirstrass. Anche in questo caso il criterio sufciente, ma per nien-
te necessario. Inoltre, sotto lipotesi che f (x, y) sia continua per x a
e per y
1
y y
2
e g(y) =
_

a
f (x, y)dx sia uniformemente conver-
gente per y
1
y y
2
, valgono teoremi del tutto analoghi a quelli
considerati nella sezione 4.5:
(A) g(y) continua per y
1
y y
2
[analogo di (4.10)].
(B) possibile integrare g(y) rispetto a y e si ottiene
_
y
2
y
1
g(y)dy =
_
y
2
y
1
_
_

a
f (x, y)dx
_
dy =
_

a
_
_
y
2
y
1
f (x, y)dy
_
dx
(5.53)
Risulta cio lecito scambiare lordine di integrazione [analogo di
( 4.12)].
(C) Se si suppone inoltre che f (x, y) sia dotata di derivata parziale
continua rispetto a y per x a e che
_

a
f
y
dy sia uniformemente
convergente, allora
d
dy
_

a
f (x, y)dx =
_

a
f (x, y)
y
dx (5.54)
[analogo di (4.13)].
La denizione (5.52) e le propriet connesse con luniforme conver-
genza che abbiamo trattato riguardano integrali impropri di prima
derivate e integrali 119
specie. Analoghi risultati si ottengono per gli integrali impropri di
seconda specie.
Osserviamo inne che se si permette che a sia una funzione di y e
che lestremo superiore non sia , ma una funzione di y si ritrova il
teorema fondamentale del calcolo nella forma di Leibniz:
d
dy
_
b(y)
a(y
f (x, y)dx =
db(y)
dy
f (b(y), y)
da(y)
dy
f (a(y), y) +
_
b(y)
a(y)
f (x, y)
y
dx
(5.55)
Esercizio 5.7. Dimostrare che
_

0
e
sx
1 cos x
x
2
dx = arctan
1
s

s
2
ln(s
2
+1) , s > 0 .
Esercizio 5.8. Dimostrare che
_

0
1 cos x
x
2
dx =

2
, s > 0 .
Esercizio 5.9. Dimostrare che
_

0
sin x
x
dx =
_

0
sin
2
x
x
2
dx =

2
5.8 Derivazione sotto il segno di integrale
Il metodo della derivazione sotto il segno di integrale un metodo
per calcolare integrali ingegnoso e semplice: si introduce un para-
metro nella funzione integranda in modo tale che per derivazione o
integrazione rispetto a tale parametro, sfruttando le propriet illu-
strate nella sezione precedente, ci si possa ricondurre a integrali noti
o a equazioni differenziali risolvibili. Illustriamo questo metodo con
alcuni esempi.
Esercizio 5.10. Calcolare
I =
_

dx
(1 + x
2
)
2
.
Soluzione. Consideriamo
_

dx
x
2
+ a
2
= lim
M
_
M
M
dx
x
2
+ a
2
= lim
M
1
a
_
2 arctan
M
a
_
=

a
Allora
d
da
_

dx
x
2
+ a
2
=
d
da

a
=

a
2
Si lascia come esercizio vericare che le condizioni di uniforme
convergenza sono soddisfatte per a
2
1. Quindi si pu portare la
derivata sotto il segno di integrale e ottenere cos
_

2adx
(x
2
+ a
2
)
2
=

a
2
.
120 appunti di metodi matematici della fisica
Per a = 1 si ottiene il risultato desiderato,
Richard Feynman (19181988) stato
un sico americano, noto per il suo la-
voro in elettrodinamica quantistica, la
rappresentazione delle soluzioni delle
equazioni della meccanica quantistica
in termini di integrali su cammini, la
sica della superuidit e il modello
a partoni nella sica delle particelle
elementari.

In Surely Youre Joking, Mr. Feynman!,
a proposito del calcolo di integrali,
Feynman scrisse: One thing I never
did learn was contour integration. I
had learned to do integrals by various
methods shown in a book that my
high school physics teacher Mr. Bader
had given me. . . . That book also sho-
wed how to differentiate parameters
under the integral signits a cer-
tain operation. It turns out thats not
taught very much in the universities;
they dont emphasize it. But I caught
on how to use that method, and I used
that one damn tool again and again.
So because I was self-taught using
that book, I had peculiar methods of
doing integrals. The result was, when
guys at MIT or Princeton had trouble
doing a certain integral, it was because
they couldnt do it with the standard
methods they had learned in school. If
it was contour integration, they would
have found it; if it was a simple series
expansion, they would have found it.
Then I come along and try differentia-
ting under the integral sign, and often
it worked. So I got a great reputation
for doing integrals, only because my
box of tools was different from every-
body elses, and they had tried all their
tools on it before giving the problem to
me.
_

dx
(x
2
+1)
2
=

2
Esercizio 5.11. Vericare che
I =
_

0
sin t
t
dt =

2
con il metodo di derivazione sotto il segno di integrale.
Soluzione. Consideriamo
I(s) =
_

0
sin t
t
e
st
dt
Lintegrale che si vuole calcolare I(0). Consideriamo la derivata di
I(s),
I
/
(s) =
_

0
sin t e
st
dt
Si sa che ( si veda lesempio 5.6)
_

0
sin t e
st
dx =
1
1 + s
2
.
Integrando I(s), si ottiene
I(s) = arctan(s) + c
Poich I() = 0 = /2 + c, si ha c = /2 e quindi
I(s) =

2
arctan(s)
per s = 0,
I =
_

0
sin t
t
dt = I(0) =

2
5.9 Integrali di gaussiane
Integrali di funzioni gaussiane sono molto importanti in sica e
probabilit. Trattiamo questo argomento sotto forma di esercizi.
Esercizio 5.12. Dimostrare che
_

e
ax
2
dx =
_

a
(5.56)
derivate e integrali 121
Soluzione. Risolviamo prima ponendo a = 1 e, essendo la funzione
pari, considerando met dellintegrale
I =
_

0
e
x
2
dx
Questo integrale chiaramente convergente in quanto e
x
2
decresce
allinnito pi rapidamente di qualunque potenza di x. Si ponga
lim
M
I
M
= I e sia
I
M
=
_
M
0
e
x
2
dx =
_
M
0
e
y
2
dy
il valore dellintegrale. Allora
I
M
=
_
_
M
0
e
x
2
dx
__
_
M
0
e
y
2
dy
_
=
_
M
0
_
M
0
e
(x
2
+y
2
)
dxdy
=
__
!
M
e
(x
2
+y
2
)
dxdy
A B
C
D
E
0
x
y
M
M

2
Figura 5.16: Regioni di integrazione per
il calcolo dellintegrale della gaussiana.
dove !
M
il quadrato OACE di lato M mostrato in gura 5.16.
Essendo la funzione integranda positiva, si pu scrivere
__
!
1
e
(x
2
+y
2
)
dxdy I
2
M

__
!
1
e
(x
2
+y
2
)
dxdy
dove !
1
e !
2
sono le regioni del primo quadrante limitate da cerchi
di raggio rispettivamente M e M

2. Passando a coordinate polari, si


ottiene
_
/2
=0
_
M
=0
e

2
dd I
2
M

_
/2
=0
_
M

2
=0
e

2
dd
cio

4
(1 e
M
2
) I
2
M


4
(1 e
2M
2
) .
Il limite di questultima equazione per M fornisce lim
M
I
2
M
=
I
2
= /4 e quindi I =

/2 che, moltiplicato per 2, fornisce


_

e
x
2
dx =

,
da cui, con semplice cambiamento di scala, si ottiene (5.56).
Esercizio 5.13. Calcolare
_

x
m
e
ax
2
dx , m intero positivo , a reale positivo
Soluzione. Per m dispari, essendo la funzione integranda dispari,
lintegrale nullo. Consideriamo m pari e poniamo m = 2n. Allora,
per quel che riguarda
I(n, a) =
_

x
2n
e
ax
2
dx , n intero positivo , a reale positivo
122 appunti di metodi matematici della fisica
bastano i primi della lista, ottenuti per derivazione sotto il segno di
integrale, poi si indovina facilmente lo schema:
I(0, a) =
_

a
I(1, a) =
_

a
_
1
a
__
1
2
_
I(2, a) =
_

a
_
1
a
2
__
1
2
__
3
2
_
I(3, a) =
_

a
_
1
a
3
__
1
2
__
3
2
__
5
2
_
I(n, a) =
_

a
1 3 5 (2n 1)
2
n
a
n
Esercizio 5.14. Mostrare che
_

e
ax
2
cos(kx)dx =
_

a
e

k
2
4a
(5.57)
Soluzione. Sia
g(k) =
_

e
ax
2
cos(kx)dx
e calcoliamo la derivata di g rispetto a k:
dg(k)
dk
=
_

xe
ax
2
sin(kx)dx =
1
2a
_

(2ax)e
ax
2
. .
sin(kx)
. .
dx
=
1
2a
_
e
ax
2
sin(kx)
_
x=
x=

1
2a
_

e
ax
2
(k) cos(kx)dx
= 0
k
2a
_

e
ax
2
cos(kx)dx =
k
2a
g(k)
La derivazione sotto il segno di integrale giusticata dal teorema
(C) a pag. 118 e dal fatto che lintegrale
_

xe
ax
2
sin(kx)dx uni-
formemente convergente per tutti i valori di k (per il criterio di Weier-
strass). Per il teorema (A) di pag. 118, g(k) una funzione continua
per cui
g(0) = lim
k0
g(k) =
_

a
Si ha cos lequazione differenziale
dg(k)
dk
=
k
2a
g(k) , g(0) =
_

a
che si risolve a vista
dg
g
=
k
2a
dk ln g =
k
2
4a
+ c g(k) = g(0)e

k
2
4a
,
derivate e integrali 123
da cui,
g(k) =
_

a
e

k
2
4a
.
Lintegrale (5.57) importante nelle applicazioni perch la tra-
sformata di Fourier della gaussiana. La trasformata di Fourier di una
funzione f (t) denita come la funzione di
Ff (t) =
_

f (t)e
it
dt , (5.58)
ovvero, separando parte reale e parte immaginaria,
Ff (t) =
_

f (t) cos(t)dt i
_

f (t) sin(t)dt . (5.59)


Per una funzione pari, come la gaussiana, la parte immaginaria
non d contributo, allora dalla (5.57) si ha
F
_
e
at
2
_
=
_

e
at
2
e
it
dt =
_

a
e

2
4a
. (5.60)
Si osservi che la trasformata di Fourier di una gaussiana ancora una
gaussiana con larghezza inversamente proporzionale alla larghezza
della gaussiana originaria.
1 1
x
1
4 3 2 1 1 2 3 4
k
Figura 5.17: Confronto tra la gaus-
siana con a = 2 (a sinistra) e la sua
trasformata di Fourier (a destra). Si
osservi la variazione inversamanente
proporzionale della larghezza della
gaussiana.
Esercizio 5.15. Mostrare che
_

0
e

_
u
2
+
A
u
2
_
du =

2
e
2

A
(5.61)
per A > 0.
124 appunti di metodi matematici della fisica
Complementi
Coordinate curvilinee ortogonali
Figura 5.18: Coordinate sferiche. Super-
ci r = cost. , = cost. , = cost. .
Lintersezione di r = cost. e = cost.
denisce la curva delle , di r = cost. e
= cost. , quella delle , di = cost. e
= cost. , quella delle r.
Sia r = xi + yj + zk, dove le coordinate cartesiane x, y, z sono funzioni
delle coordinate curvilinee u
1
, u
2
, u
3
:
x = x(u
1
, u
2
, u
3
) y = y(u
1
, u
2
, u
3
) z = z(u
1
, u
2
, u
3
) (5.62)
Due esempi notevoli sono: le coordinate cilindriche,
x = cos , y = sin , z = z (5.63)
e le coordinate sferiche,
x = r sin cos , y = r sin sin , z = r cos (5.64)
Le superci u
1
= c
1
, u
2
= c
2
, dove c
1
, c
2
, c
3
sono costanti, sono
dette superci coordinate. Lintersezione di ciascuna coppia denisce
la curva coordinata corrispondente. Se le intersezioni delle curve
coordinate formano angoli retti, il sistema di coordinate curvilinee
detto ortogonale; vedere la gura 5.18.
Soluzione di 5.16. Si ha
r = xi +yj +zk = cos i + sin j +zk.
Allora i vettori tangenti alle curve , ,
z sono, rispettivamente
r

= cos i +sin j
r

= sin i + cos j
r
z
= k
I primi due vettori sono chiaramente
ortogonali al terzo e sono ortogonali tra
loro in quanto
r

= cos sin +sin cos = 0 .


I fattori di scala corrispondenti sono
h

=
_
cos
2
+sin
2
= 1
h

=
_

2
cos
2
+
2
sin
2
=
h
z
=

r
z

= 1 .
Allora
e
r
=
1
1
r

= cos i +sin j
e

=
1

= sin i +cos j
e
z
= k
una base ortonormale.
La (5.62) pu essere riscritta come r = r(u
1
, u
2
, u
3
). Il vettore
tangente in r alla curva u
i
= costante r/u
i
. Posto h
i
= [[r/u
i
[[ ,
il versore nella stessa direzione
e
i
=
1
h
i
r
u
i
Il sistema di coordinate curvilinee u
1
, u
2
, u
3
detto ortogonale se
e
i
e
j
= 0, per i ,= j. Le grandezze h
1
, h
2
, h
3
sono dette fattori di
scala. I versori e
1
, e
2
, e
3
hanno le direzioni in cui i u
1
, u
2
, u
3
sono,
rispettivamente, crescenti.
Esercizio 5.16. Mostrare che le coordinate cilindriche , , z sono
ortogonali e e che i rispettivi fattori di scala sono
h

= 1 , h

= , h
z
= 1 . (5.65)
Esercizio 5.17. Mostrare che le coordinate sferiche r, , sono
ortogonali e che i rispettivi fattori di scala sono
h
r
= 1 , h

= r , h

= r sin . (5.66)
Dato un campo vettoriale F(r) = F
x
i + F
y
j + F
z
z, la sua rappresen-
tazione in coordinate curvilinee ortogonali
F = (F e
1
)e
1
+ (F e
2
)e
2
+ (F e
3
)e
3
F
1
e
1
+ F
2
e
2
+ F
3
e
3
(5.67)
derivate e integrali 125
elementi darco, di superficie e di volume Consideria-
mo adesso la derivata di r rispetto a u per una variazione du =
(du
1
, du
2
, du
3
),
dr =
r
u
1
du
1
+
r
u
2
du
2
+
r
u
3
du
3
= h
1
du
1
e
1
+ h
2
du
2
e
2
+ h
3
du
3
e
3
(5.68)
Allora la lelemento darco ds determinato da
ds
2
= dr dr = h
2
1
du
2
1
+ h
2
2
du
2
2
+ h
2
3
du
2
3
.
Ad esempio, in coordinate sferiche
ds
2
= dx
2
+ dy
2
+ dz
2
= dr
2
+ r
2
d
2
+ r
2
sin
2
d
2
,
da cui segue la nota formula per lenergia cinetica di un punto
materiale di massa m in coordinate sferiche
T =
1
2
m
_
ds
dt
_
2
=
1
2
m
_
_
dr
dt
_
2
+ r
2
_
d
dt
_
2
+ r
2
sin
2

_
d
dt
_
2
_
Figura 5.19: Coordinate curvilinee
ortogonali: parallelepipedo innitesimo
dV nel punto r.
La gura 5.19 cruciale per capire tutte le relazioni geometriche.
Essa mostra che lelemento darco lungo u
1
ds
1
= h
1
du
1
; ana-
logamente, gli elementi darco lungo u
2
e u
3
sono ds
2
= h
2
du
2
e
ds
3
= h
3
du
3
. Essendo il parallelepipedo rettangolo (al primo ordine),
le propriet geometriche sono quelle usuali. Lelemento di supercie
sulla supercie u
3
= c
3

dS
3
= (h
1
du
1
)(h
2
du
2
) = h
1
h
2
du
1
du
2
.
Analogamente per u
2
= c
2
e u
1
= c
1
si trova, rispettivamente,
dS
2
= h
1
h
3
du
1
du
3
e dS
1
= h
2
h
3
du
2
du
3
. Per esempio, lelemento di
supercie sulla sfera r = cost. dS = h

dd = r
2
sin dd. Inne,
lelemento di volume
dV = (h
1
du
1
)(h
2
du
2
)(h
3
du
3
) = h
1
h
2
h
3
du
1
du
2
du
3
.
Dunque in coordinate sferiche dV = r
2
sin dddr.
Operatori differenziali in coordinate curvilinee Per tro-
vare la forma degli operatori differenziali in coordinate curvilinee
ortogonali conviene fare riferimento a relazioni invarianti. Per il
gradiente di un campo scalare f , consideriamo
d f = (f ) dr . (5.69)
Dalle (5.67) e (5.68) si ha
d f = [(f )
1
e
1
+ (f )
2
e
2
+ (f )
3
e
3
] [h
1
du
1
e
1
+ h
2
du
2
e
2
+ h
3
du
3
e
3
]
= (f )
1
h
1
du
1
+ (f )
2
h
2
du
2
+ (f )
3
h
3
du
3
.
126 appunti di metodi matematici della fisica
Daltro canto,
d f =
f
u
1
du
1
+
f
u
2
du
2
+
f
u
3
du
3
.
Allora, per confronto,
f
u
i
= (f )
i
h
i
cio (f )
i
=
1
h
i
f
u
i
.
Quindi,
(f ) =
1
h
1
f
u
1
e
1
+
1
h
2
f
u
2
e
2
+
1
h
3
f
u
3
e
3
(5.70)
Per trovare la divergenza di un campo vettoriale F, partiamo dalla
relazione invariante data dal teorema della divergenza, applicato al
volume innitesimo dV della gura 5.19:
F =
_
dV
F n dS
dV
(5.71)
Il usso complessivo attraverso la direzione e
1

1
= F
1
h
2
h
3
du
2
du
3
+
_
F
1
h
2
h
3
du
2
du
3
+
_

u
1
F
1
h
2
h
3
du
2
du
3
_
du
1
_
=

u
1
(F
1
h
2
h
3
) du
1
du
2
du
3
Analogamente, si trovano i ussi nelle altre due direzioni,

2
=

u
2
(F
2
h
1
h
3
) du
1
du
2
du
3
,
3
=

u
3
(F
3
h
1
h
2
) du
1
du
2
du
3
,
Il usso totale attraverso il parallelepipedo
1
+
2
+
3
e il
volume dV = h
1
h
2
h
3
du
1
du
2
du
3
. Allora,
_
dV
F n dS
dV
=

1
+
2
+
3
h
1
h
2
h
3
du
1
du
2
du
3
da cui,
F =
1
h
1
h
2
h
3
_

u
1
(F
1
h
2
h
3
) +

u
2
(F
2
h
1
h
3
) + (F
3
h
1
h
2
)
_
(5.72)
Dalla (5.72), per F = f dato dalla (5.70), si ottiene il laplaciano
f = f in coordinate curvilinee ortogonali:
f =
1
h
1
h
2
h
3
_

u
1
_
h
2
h
3
h
1
f
u
1
_
+

u
2
_
h
1
h
3
h
2
f
u
2
_
+

u
3
_
h
2
h
1
h
3
f
u
3
__
(5.73)
derivate e integrali 127
Mediante i fattori di scala (5.65), calcoliamo il laplaciano in coordina-
te cilindriche
f =
1
1 1
_

_
1
1
f

_
+

_
1 1

_
+

z
_
1
1
f
z
__
=
1

_
+
1

2
f

2
+

2
f
z
2
,
che la (5.19). Mediante i fattori di scala (5.66), calcoliamo il laplacia-
no in coordinate sferiche
f =
1
1 r r sin
_

r
_
r r sin
1
f
r
_
+

_
1 r sin
r
f

_
+

_
r 1
r sin
f

__
=
1
r
2

r
_
r
2
f
r
_
+
1
r
2
sin

_
sin
f

_
+
1
r
2
sin
2

2
f

2
che la (5.20).
Il calcolo del rotore in coordinate curvilinee ortogonali lasciato
come esercizio.
Soluzioni di alcuni esercizi
Esercizio 5.5 Spezziamo lintegrale
_

0
1 cos x
x
2
dx =
_
a
0
1 cos x
x
2
dx +
_

a
1 cos x
x
2
dx .
Il primo integrale a secondo membro un integrale proprio, poich
lim
x0+
1 cos x
x
2
=
1
2
Il secondo integrale un integrale improprio convergente, in quanto

1 cos x
x
2


2
x
2
Esercizio 5.6 Dal calcolo integrale elementare, ricordiamo le for-
mule (facilmente ottenibili mediante integrazione per parti ripetuta)
_
e
bx
sin axdx =
e
bx
(b sin ax a cos ax)
a
2
+ b
2
(5.74)
_
e
bx
cos axdx =
e
bx
(b cos ax + a sin ax)
a
2
+ b
2
(5.75)
_

0
sin x e
sx
dx = lim
M
e
sx
(s sin x cos x)
s
2
+
2

M
0
=

s
2
+
2
_

0
cos x e
st
dx = lim
M
e
sx
(s cos x + sin x)
s
2
+
2

M
0
=
s
s
2
+
2
128 appunti di metodi matematici della fisica
Esercizio 5.7 Si chiede di dimostrare che
F(s) =
_

0
e
sx
1 cos x
x
2
dx = arctan
1
s

s
2
ln(1 + s
2
) , s > 0 .
Derivando F(s) due volte si ottiene
F
//
(s) =
_

0
e
sx
(x)
2
1 cos x
x
2
dx =
_

0
e
sx
[1 cos x]dx =
_

0
e
sx
dx
_

0
e
sx
cos xdx
Il primo integrale nellultimo membro vale
_

0
e
sx
dx =
1
s
e
sx

0
=
1
s
,
mentre il secondo dato dallesercizio 5.6. Si ha quindi
F
//
(s) =
1
s

s
s
2
+1
Allora
F
/
(s) =
_
ds
s

_
s
s
2
+1
ds +c
1
= ln s
1
2
_
1
s
2
+1
ds
2
+c
1
= ln s
1
2
ln(s
2
+1) +c
1
,
dove c
1
una costante di integrazione. Poich
F
/
(s) =
_

0
e
sx
(x)
1 cos x
x
2
dx =
_

0
e
sx
1 cos x
x
dx
convergente, deve valere
lim
s
F
/
(s) = 0 .
Poich
lim
s
_
ln s
1
2
ln(s
2
+1)
_
= lim
s
1
2
ln
_
s
2
s
2
+1
_
=
1
2
ln1 = 0 ,
si deve avere c
1
= 0 e quindi
F
/
(s) = ln s
1
2
ln(s
2
+1) =
1
2
ln
_
s
2
s
2
+1
_
.
Allora (usando le tavole di integrali)
F(s) =
_
F
/
(s)ds + c
2
= s ln s
s
2
ln(s
2
+1) arctan s + c
2
=
s
2
ln
1
s
2

s
2
ln(s
2
+1)

2
+arctan
1
s
+ c
2
=
s
2
ln
_
1 +
1
s
2
_
+arctan
1
s


2
+ c
2
F(s) deve tendere a zero per s , e questo quello che fanno i
primi due termini a secondo membro. Allora deve essere c
2
= /2 e
quindi il risultato del calcolo
F(s) = arctan
1
s

s
2
ln
_
1 +
1
s
2
_
derivate e integrali 129
Esercizio 5.8 Tenuto conto del risultato dellesercizio precedente, si
ha
_

0
1 cos x
x
2
dx = lim
s0
_

0
e
sx
1 cos x
x
2
dx
= lim
s0
_
arctan
1
s

s
2
ln
_
1 +
1
s
2
__
=

2
Esercizio 5.9 Integrando per parti
_

0
1 cos x
x
2
dx =
_
1
x
_
(1 cos x)

0
+
_

0
sin x
x
dx =
_

0
sin x
x
dx
Quindi
_

0
sin x
x
dx =
_

0
1 cos x
x
2
dx =

2
Essendo inoltre,
_

0
1 cos x
x
2
dx = 2
_

0
sin
2
(x/2)
x
2
dx =
_

0
sin
2
u
u
2
du
si ottiene,
_

0
sin
2
x
x
2
dx =

2
.
6
Fisica ed equazioni alle derivate parziali
Indice
6.1 Introduzione 131
6.2 Equazioni di Maxwell 131
6.3 Equazione di continuit 132
6.4 Equazione di Laplace 133
6.5 Equazione delle onde 134
6.6 Equazione del calore 136
6.7 Equazione di Navier-Stokes 137
6.8 Equazione di Hamilton-Jacobi 138
6.9 Equazione di Schrdinger 140
6.1 Introduzione
Unequazione alle derivate parziali, unequazione che contiene come
incognita una funzione di due o pi variabili e le sue derivate par-
ziali rispetto a queste variabili. Da Newton in poi, le equazioni alle
derivate parziali si sono rivelate uno strumento essenziale per espri-
mere le leggi della sica. Sono anche fondamentali in branche della
matematica, come la geometria differenziale e i processi stocastici.
Oggi trovano anche molte applicazioni in chimica, biologia, inge-
gneria e economia. In questa capitolo passiamo in rassegna alcune
equazioni alle derivate parziali che svolgono un ruolo rilevante nella
sica.
6.2 Equazioni di Maxwell
Le leggi di Maxwell per il campo elettrico E e il campo magnetico
B in funzione della densit di carica e l densit di corrente J sono
132 appunti di metodi matematici della fisica
espresse dalle equazioni:
James Clerk Maxwell (18311879)
stato un sico matematico scozzese.
Il suo successo maggiore fu quello
di formulare la teoria classica del-
lelettromagnetismo in termini delle
equazioni che prendono il suo nome.
Le equazioni di Maxwell unicano
tutte le osservazioni sperimentali e le
leggi dellelettricit, del magnetismo
e dellottica precedenti, e mostrano
che elettricit, magnetismo e luce sono
tutti manifestazioni della stessa real-
t, il campo elettromagnetico (E, B).
Maxwell svilupp anche la teoria ci-
netica dei gas. Insieme a Boltzmann e
Gibbs uno dei padri della moderna
meccanica statistica.
E =
1

B = 0
E =
B
t
B =
0
_
J +
0
E
t
_
(6.1)
(6.2)
(6.3)
(6.4)
dove
0
= 8.854 . . . 10
12
Fm
1
e
0
= 4 10
7
V s/(A m)
sono la costante dielettrica e la permeabilit magnetica del vuoto
rispettivamente; come noto, c = 1/

0
= 299, 792, 458 m/s
la velocit della luce nel vuoto. Queste equazioni sono alle derivate
parziali e sono dette equazioni di Maxwell. Insieme con la legge di
Lorentz per la forza F che i campi E e B esercitano su una carica q in
moto con velocit v,
F = qE + qv B,
costituiscono le leggi dellelettrodinamica classica. Tutti i fenomeni
elettromagnetici che non risentono di effetti quantistici sono completamente
spiegati da queste leggi. Per includere gli effetti relativistici, nella legge
Newton
dp
dt
= F per una carica q di massa m occorre modicare la
relazione classica tra quantit di moto p e velocit v e usare invece la
relazione
v =
p
_
m
2
+p
2
/c
2
,
che fu proposta per la prima volta da Lorentz.
6.3 Equazione di continuit
Ricordando che la divergenza di un rotore identicamente nul-
la, si prenda la divergenza della (6.4). Tenuto conto della (6.1) e
scambiando la derivata rispetto al tempo con la divergenza, si ottiene
0 =
0
_
J +
0

E
t
_
=
0
_
J +

t
_
Lequazione cos ottenuta,

t
+ J = 0 (6.5)
detta equazione di continuit e vale per tutte le quantit siche che,
come la carica elettrica, sono conservate localmente. Ad esempio,
vale per la massa di un uido con densit di massa e densit di
usso J = v, essendo v la velocit locale del uido. Integrando
fisica ed equazioni alle derivate parziali 133
la (6.5) in una regione dello spazio e applicando il teorema di
Gauss-Green, si ottiene la forma integrale della (6.5)

d
dt
_

d
3
r
. .
quantit contenuta in
=
_

J dS
. .
quantit che nellunit di tempo attraversa il bordo di
6.4 Equazione di Laplace
Pierre Simon, marchese di Laplace
(17491827) stato un sico e mate-
matico francese che diede importanti
contributi allo sviluppo della mecca-
nica celeste e della probabilit. Fu il
primo a ipotizzare lesistenza di corpi
cos massivi da cui neanche la luce
pu fuggire. Introdusse la trasforma-
ta di Laplace come strumento nello
studio delle distribuzioni di proba-
bilit. Famoso per aver scritto (1812):
UnIntelligenza che conoscesse, ad un
istante dato, tutte le forze che animano
la natura e la rispettiva collocazione
degli enti che la costituiscono, ... nulla
sarebbe incerto per essa, e lavvenire
come il passato sarebbe di fronte ai
suoi occhi. Meno noto il fatto che
questidea venne espressa nel suo trat-
tato Thorie analytique des probabilits
per sottolineare che noi non siamo
come quellintelligenza e le nostre
previsioni e i nostri ragionamenti non
possono che essere probabilistici.
Sia loperatore di Laplace, o laplaciano delle funzione u = u(r), r
R
n
,
u = u =
2
u =
n

i=1

2
u
x
2
i
(in coordinate cartesiane) .
Lequazione alle derivate parziali
u = 0 (6.6)
si presenta in questioni di svariatissima natura ed detta equazione di
Laplace. Ogni sua soluzione regolare (cio nita e continua con le sue
derivate prime e che ha derivate seconde) in una regione R
n
si
chiama funzione armonica in .
Esercizio 6.1. Derivare lequazione di Laplace per il potenziale
elettrostatico E = V in una regione dello spazio in cui non ci
sono cariche elettriche.
Soluzione. Dalle equazioni di Maxwell in regime stazionario (le derivate temporali
sono nulle) si ottengono le equazioni dellelettrostatica. Per una regione di spazio in
cui non ci sono cariche, queste sono
E = 0 (in ) , E = 0 (ovunque)
dove E il campo elettrico. La soluzione della seconda E = V, che, inserita nella
prima, fornisce la (6.6) per u = V e n = 3.
Lequazione
u = j (6.7)
la variante inomogenea della (6.6) ed detta equazione di Poisson.
Nellinterpretazione elettrostatica, j = /
0
, essendo la densit
volumetrica di carica elettrica.
Maxwell chiamava il laplaciano di u nel punto P la concentra-
zione di u in quel punto, essendo esso una misura della differenza
tra la media della funzione su una piccola supercie sferica centra-
ta in P e il valore della funzione in quel punto. Questo fatto, che
stabiliremo rigorosamente nel capitolo successivo, risulta evidente
134 appunti di metodi matematici della fisica
quando si considera il laplaciano discretizzato su un reticolo. In una
dimensione,
u = u
//
(x)
u
/
(x + h) u
/
(x)
h

u(x+h)u(x)
h

u(x)u(xh)
h
h
=
1
h
2
[u(x + h) + u(x h) 2u(x)] ,
Figura 6.1: Funzioni armoniche su
un reticolo tri-dimensionale: se il
laplaciano discretizzato di u si annulla
in P, allora u(P) pari ad 1/6 della
somma dei valori di u nei primi vicini
di P (che sono 6, e in d dimensioni sono
2d).
in due,
u =
2
x
u +
2
y
u

1
h
2
[u(x h, y) + u(x + h, y) + u(x, y h) + u(x, y + h) 4u(x, y)]
e in d dimensioni:
u
1
h
2
[somma dei valori di u nei primi vicini di P 2d u(P)]
Quindi lannularsi del laplaciano discretizzato in P implica
u(P) =
1
2d
[somma dei valori di u nei primi vicini di P ]
= [media di u nellintorno di P]
6.5 Equazione delle onde
Jean le Rond dAlembert (17171783)
stato un sico e matematico francese.
Editore con Diderot dellEnciclopedia,
diede importanti contributi allo svi-
luppo della meccanica analitica, della
sica dei uidi e dei sistemi vibranti.
Noto per aver detto Allez en avant, et
la foi vous viendra a chi riteneva le
regole del calcolo differenziale oscure e
non rigorose.
Lequazione delle onde, detta anche equazione di dAlembert, le-
quazione che descrive lo sviluppo di unonda, che si propaga in un
mezzo. Descrive, per esempio, lo spostamento verticale di una corda
vibrante, la propagazione di unonda elettromagnetica attraverso lo
spazio, di unonda sonora nellaria e di onde dacqua nel mare di
vario tipo. Una funzione u = u(r, t) soddisfa lequazione delle onde
1
v
2

2
u
t
2
u = 0 . (6.8)
dove v una costante che ha le dimensioni di una velocit. Introdu-
cendo loperatore di DAlembert, o dalembertiano,
=
1
v
2

2
u
t
2
(6.9)
lequazione pu essere scritta nella forma compatta
u = 0 . (6.10)
La sua variante inomogenea
u = j (6.11)
ed ad, esempio, lequazione soddisfatta da ogni componente dal
potenziale quadrivettore in elettrodinamica (nel gauge di Lorentz).
fisica ed equazioni alle derivate parziali 135
Esercizio 6.2. Il caso pi semplice unonda che si propaga lungo
Soluzione di 6.2. Il diagramma del
corpo libero per un elemento di corda
di lunghezza s soggetto ad una
tensione T mostrato nella gura a
margine.
1

BENG 221
Lecture 17
M. Intaglietta

The one dimensional wave equation. The vibrating string as a boundary value
problem

Given a string stretched along the x axis, the vibrating string is a problem where forces
are exerted in the x and y directions, resulting in motion in the x-y plane, when the string
is displaced from its equilibrium position within the x-y plane, and then released.

The free body diagram of an element of string of length s subjected to a tension T is
shown. The string material has density . The equation of motion is obtained by
applying Newtons second law of motion to the element of length s in both directions.
For the x direction (and ignoring the torsional effects due to the applied torque):
2
2
( ) cos( ) cos
x
T T T A s
t




and in the y direction:

2
2
( ) sin( ) sin
y
T T T A s
t




Where the bar over the partial derivative signifies the average acceleration over the
element s . A is the cross section of the string, assumed constant and equal to 1.

Dividing through by s and taking the limit s 0 we obtain:

2
2
2
2
( cos )
( sin )
x
T
s t
y
T
s t



(15)

Il materiale di cui fatta la corda ha
densit lineare di massa costante ;
con s denotiamo la lunghezza darco
lungo la corda. Lequazione del moto
ottenuta applicando la seconda legge di
Newton ad un elemento di lunghezza
s (ed ignorando effetti di torsione). La
componente x dellequazione
(T +T) cos( +) T cos = s

2
x
t
2
la componente y
(T +T) sin( +) T sin = s

2
y
t
2
La barra sopra le derivate signica
laccelerazione mediata sullelemento
di massa in s. Dividendo per s e
passando al limite s 0, si ottiene

s
(T cos ) =

2
x
t
2

s
(T sin ) =

2
y
t
2
Ma, per piccoli ,
cos =
x
s
1 , sin
y
x
,

s


x
.
In denitiva,
_

2
x
t
2
= 0

2
y
x
2
=

T

2
y
t
2
La prima equazione banalmente
risolta e stabilisce che lungo x non c
deformazione elastica; la seconda, posto
v =
_
T/, proprio lequazione delle
onde (6.12)
una corda di densit costante sotto leffetto di una tensione costante.
Dimostrare che lo spostamento verticale della corda, y = u(x, t),
nel punto x e al tempo t (nel limite in cui tale spostamento sia molto
piccolo) soddisfa lequazione delle onde (6.8) in una dimensione
(spaziale),
1
v
2

2
u
t
2


2
u
x
2
= 0 . (6.12)
Si assuma che la corda sia ssata ad entrambi gli estremi a distanza L
e che sia inizialmente in equilibrio lungo lasse x, con uno degli estre-
mi posto nellorigine. La corda vibrante un problema in cui le forze
sono esercitate nelle direzioni x e y, risultando in un movimento nel
piano x-y quando la corda spostata dalla sua posizione di equilibrio
nel piano x-y e quindi rilasciata.
Esercizio 6.3. Mostrare che nel vuoto ciascuna componente del
campi elettrico E e del campo magnetico B soddisfa lequazione delle
onde.
Dimostrazione. Nel vuoto = 0 e J = 0, dunque le equazioni di Maxwell diventano
E = 0
B = 0
E =
B
t
B =
1
v
2
E
t
(essendo c = 1/

0
, la velocit della luce nel vuoto). Ricordando lidentit vettoriale
A = ( A) A,
prendiamo il rotore della terza equazione (scambiando la derivata temporale con il
rotore),
( E) E =

t
B.
Tenuto conto della prima e della quarta, otteniamo
E =

t
1
c
2
_
E
t
_
,
vale a dire,
1
c
2

2
E
t
2
E = 0 .
Prendendo il rotore della quarta equazione e procedendo in modo analogo, si ottiene
1
c
2

2
B
t
2
B = 0 .
Risulta cos dimostrato che nel vuoto ogni componente u dei campi elettrici e magneti-
ci soddisfa lequazione delle onde per v = c.
Equazione del telegrafista Unaltra equazione associata
allequazione delle onde la cosiddetta equazione del telegrasta
1
v
2

2
u
t
2
u +
u
t
+ u = 0 , (6.13)
136 appunti di metodi matematici della fisica
dove e sono costanti positive. Questa equazione descrive la pro-
pagazione dei campi elettromagnetici in un metallo oppure di segna-
le elettromagnetico come la tensione o la corrente lungo una linea di
trasmissione.
Soluzione di 6.4. Un conduttore
ideale se omogeneo, isotropico, non
dispersivo e vale la legge di Ohm con
resistivit costante , cio J = E.
Inoltre per un conduttore = 0. Allora
le equazioni di Maxwell diventano
E = 0
B = 0
E =
B
t
B =
_
J +
E
t
_
dove e sono la costante dielettrica e
la permeabilit costante del materiale.
Procedendo come nellesercizio prece-
dente, cio prendendo il rotore della
terza equazione e tendendo conto della
prima, si ottiene
E =

t
B =

t
_
J +
E
t
_
=
E
t

2
E
t
2
.
avendo usato J = E nellultimo
passaggio. Quindi

2
E
t
2
E +
E
t
= 0
che proprio lequazione del telegra-
sta per v
2
= 1/ , = e = 0.
In modo analogo si trova che anche B
soddisfa la stessa equazione.
Esercizio 6.4. Mostrare che in un conduttore ideale ciascuna com-
ponente del campi elettrico E e del campo magnetico B si propaga in
accordo con lequazione del telegrasta (6.13).
6.6 Equazione del calore
Joseph Fourier (17681830) stato un
matematico e sico francese noto per
aver introdotto nel 1807 le serie e gli
integrali che prendono il suo nome ed
averli applicati a problemi di condu-
zione del calore e ai sistemi vibranti.
Da grandi matematici del tempo, il suo
lavoro fu inizialmente giudicato poco
rigoroso e carente di giusticazioni.
Lequazione
u
t
= Du , (6.14)
dove D una costante positiva, si presenta in molti problemi di
diversissima natura. Fu scoperta da Fourier nei primi anni dell800.
La legge di Fourier di propagazione del calore stabilisce che il tasso
temporale di calore trasferito attraverso un materiale proporzionale
al gradiente negativo di temperatura e allarea perpendicolare a quel
gradiente, attraverso cui il calore uisce. In termini della densit
locale di usso di calore J, essa pu essere espressa come
J = kT , (6.15)
dove k la conduttivit termica del materiale. Poich lenergia si con-
serva localmente, vale lequazione di continuit (6.5) per la densit
di energia = c
p
T + cost., dove c
p
e sono rispettivamente calore
specico a pressione costante e densit del materiale,
c
p

T
t
= J . (6.16)
Prendendo la divergenza di ambo i membri della (6.15), e tenuto
conto della (6.16), si ottiene
c
p

T
t
= k
2
T ,
che proprio lequazione (6.14) per u = T e D = k/(c
p
).
Lequazione del calore governa anche i processi diffusivi: se c
la concentrazione di un uido che si diffonde (nel vuoto o in un
altro uido), allora in una dimensione (spaziale) vale legge di Fick
J = Dc per la densit di usso J del uido che diffonde. Allora,
tenuto conto della legge di conservazione locale della massa, si arriva
allequazione (6.14), che quindi anche detta equazione di diffusione.
Un semplice modello statistico per la diffusione in termini di
camminata casuale. Si consideri un camminatore (ubriaco) che si
fisica ed equazioni alle derivate parziali 137
muove lungo una retta, facendo ogni tau secondi un passo di lun-
ghezza h a destra o a sinistra con probabilit 1/2. Si ponga t = n,
n = 1, 2, 3, . . ., e x = h, = 1, 2, 3, . . .. Allora la probabilit p(t, x),
che al tempo t + il camminatore si trovi nel punto x
p(t + , x) =
1
2
p(t, x + h) +
1
2
p(t, x h) .
Si riscriva questa equazione nel seguente modo
Figura 6.2: Camminata casuale nel
piano.
p(t + , x) p(t, x)

=
h
2
2
_
p(t, x + h) 2p(t, x) + p(t, x h)
h
2
_
Allora nel limite continuo 0, h 0, n, , h
2
/2 = D=
costante, si ottiene lequazione di diffusione
Claude-Louis Navier (17851836)
stato un ingenere e sico francese.
p
t
= Dp ,
dove la derivata seconda rispetto a x, cio il laplaciano in una
dimensione. Procedendo in modo analogo per una camminata ca-
suale in due o in tre dimensioni, si trova lequazione di diffusione in
due o in tre dimensioni. Si passa inne dalla densit di probabilit p
alla concentrazione del uido che diffonde, assumendo che il moto
di ciascuna molecola del uido sia una camminata casuale indipen-
dente e invocando la legge dei grandi numeri, la quale garantisce che
per un numero elevato di molecole, a meno di piccole uttuazioni,
la probabilit diventa la frazione media locale di molecole, cio la
concentrazione c del uido che diffonde.
6.7 Equazione di Navier-Stokes
Se = (r, t) la densit di massa di un uido e v = v(r, t) la sua
Sir George Stokes (18191903), sta-
to un matematico e sico irlandese
che diede importanti contributi alla
dinamica dei uidi, allottica e alla
sica-matematica
velocit locale, la conservazione locale della massa espressa dalle-
quazione di continuit (6.5) per J = v. Se il uido incompressibile,
= costante, lequazione di continuit diventa
v = 0 , (6.17)
Lequazione di Navier-Stokes per la velocit locale v = v(r, t) di un
uido incompressibile

_
v
t
+v v
_
= P + v +f , (6.18)
dove P la pressione, f le forze esterne per unit di volume e la
viscosit dinamica del uido. Se si trascura la viscosit e si considera
lacqua asciutta, per usare lefcace espressione che Feynman usa
138 appunti di metodi matematici della fisica
nelle sue Lecture notes, si ottengono le equazioni di Eulero per un uido
incompressibile non viscoso
Soluzione di 6.6. Consideriamo lequa-
zione di continuit (6.5) per J = v. In
una dimensione essa diventa

t
+

x
(v) = 0 (6.19)
Adesso, a differenza di prima, non as-
sumiamo assoluta incompressibilit, ma
soltanto che le variazioni percentuali
di densit rispetto alla densit media
costante
0
sia piccole:

0

0
= 1 .
Allora la (6.19) pu essere riscritta come

t
(
0
+
0
) +

x
(
0
v +
0
v) = 0
Si assuma che il uido sia inizialmente
a riposo con velocit nulla e che la
sua velocit v sia dovuta solamente
alla variazione di densit e dunque,
al primo ordine, proporzionale ad .
Allora il termine
0
v nellequazione
di continuit trascurabile, inoltre,
essendo
0
costante, pu essere portato
fuori dalla derivata ed eliminato.
Quindi lequazione di continuit
diventa

t
+
v
x
= 0 (6.20)
Assumiamo adesso che per il uido
valga lequazione di Eulero in una
dimensione
(
0
+
0
)
_
v
t
+ v
v
x
_
=
(P
0
+ p)
x
dove abbiamo espresso la pressione P
come somma della pressione costante di
equilibrio P
0
e della pressione p dovuta
alla piccola variazione di densit del
uido . Essendo v di ordine
(
0
+
0
)
_
v
t
+ v
v
x
_
=
0
v
t
+ ordini superiori in
Inoltre,
(P
0
+ p)
x
=
p
x
,
essendo P
0
costante. In conclusione,
lequazione di Eulero diventa

0
v
t
+
p
x
= 0 (6.21)
(continua nella pagina successiva)

_
v
t
+v v
_
= P +f , (6.22)
Esercizio 6.5. Mostrare che in condizioni stazionarie la velocit di
un un uido irrotazionale v = 0 derivabile da un potenziale
V che soddisfa lequazione di Laplace. Si mostri inoltre sotto queste
condizioni vale lequazione di Bernoulli
1
2
v
2
+ P + = costante
(assumendo la forza esterna derivabile da un potenziale f = ).
Soluzione. Se v = 0 allora esiste V tale che v = V; poich per un uido
incompressibile v = 0, ne segue che V = 0. Dallidentit vettoriale
(A B) = (A )B + (B )A+A(B) +B (A)
segue che
1
2
v
2
=
1
2
(v v) = v v +v v
In condizioni stazionarie v/t = 0 e dunque lequazione di Eulero diventa

_
1
2
v
2
+ P +
_
= 0
da cui segue lequazione di Bernoulli.
Esercizio 6.6. Le onde acustiche sono onde longitudinali che si
propagano in un mezzo materiale mediante compressioni e decom-
pressioni. Mostrare che la loro propagazione in un uido gover-
nata dallequazione delle onde. Per semplicit si consideri il caso
uni-dimensionale.
6.8 Equazione di Hamilton-Jacobi
Il problema fondamentale della meccanica consiste nel determinare la
legge del moto q = q(t) = q(q
0
, q
0
, t) di un dato sistema in funzione
delle sue congurazione e velocit iniziali q
0
e q
0
. Lequazione del
moto la seconda legge di Newton, ma = F, per una particella
di massa m soggetta a una forza F. Quando il sistema denito
in termini di una Lagrangiana L = L(q, q, t), per esempio L =
(1/2)m q
2
U per una particella di massa m e energia potenziale U,
le equazioni di Newton assumono la forma di Lagrange
d
dt
L
q
=
L
q
.
fisica ed equazioni alle derivate parziali 139
(Secondo le convenzioni della meccanica, /q denota il gradiente

q
rispetto alla variabile q.)
Sovente risulta conveniente passare alla forma di Hamilton delle
equazioni del moto. Denita lHamiltoniana
Soluzione di 6.6. (continuazione dalla
pagina precedente) Prendiamo adesso
la derivata rispetto al tempo della (6.20)
e la derivata spaziale della (6.21),

t
2
+

2
v
tx
= 0 ,
0

2
v
xt
+

2
p
x
= 0
Se moltiplichiamo la prima equazione
per
0
e facciamo la differenza delle
due equazioni, otteniamo

t
2


2
p
x
= 0 (6.23)
Adesso ci serve un po di termodi-
namica. I processi di compressione e
rarefazione delle onde acustiche sono
adiabatici, cio isoentropici. Il modulo
di elasticit adiabatico
K
S
= V
dP
dV

S= cost.
=
dP
d

S= cost.
(S sta per entropia). Ma nel caso che
stiamo considerando

0
P P
0

0
=
0
dP
d

S= cost.
= K
S
.
Allora
=

0

0
=
1
K
S
(P P
0
) =
1
K
S
p .
Sostituendo questa espressione per
nella (6.24), si ottiene

0
K
S

2
p
t
2


2
p
x
= 0 (6.24)
che proprio lequazione delle onde
con velocit di propagazione c =
_
K
S
/
0
. Per un gas ideale K
S
= P,
dove = C
p
/C
v
e la velocit del suono
nellaria (trattata come un gas ideale)
c =

K
S

0
=
_
PV
M
=
_
RT
M
,
dove R la costante universale dei gas,
T la temperatura assoluta del gas e M
la sua massa molare.
H(p, q) = p q L(q, q, t) , (6.25)
dove q a secondo membro va inteso come la funzione di p denita
implicitamente dallequazione
L(q, q, t)
q
= p,
le equazioni di Newton assumono la forma di Hamilton
q =
H
p
(6.26)
p =
H
q
. (6.27)
C un terzo modo di risolvere il problema fondamentale del moto
(trovare q = q(t) in funzione di q
0
e q
0
), riformulandolo nel modo
seguente. (1) Si consideri una qualunque funzione S
0
(q) tale che
p
0
=
S
0
(q)
q

q=q
0
(6.28)
(chiaramente sono moltissime le scelte possibili per S
0
!). (2) Si deter-
mini come questa funzione evolve nel corso del tempo, vale a dire si
trovi S = S(q, t), con condizione iniziale S
0
, tale che tale che ad ogni
tempo t si abbia
p(t) =
S(q, t)
q
. (6.29)
(3) Da p(t), come funzione di q e t si risalga a q(t) come funzione
di q e t. Si chiami v(q, t) questa funzione. Allora q = q(t) si trova
integrando lequazione del primo ordine
q = v(q, t) . (6.30)
Per esempio, per L =
m
2
q
2
U, si ha p = m q e la (6.30) diventa
q =
1
m
S(q, t)
q
.
Fine.
Resta solo da determinare S = S(q, t). Si pu dimostrare che
S(q, t) =
_
t
0
L(q(s), q(s), s) ds + S
0
(q
0
) , (6.31)
140 appunti di metodi matematici della fisica
dove q(t) = q, q(0) = q
0
e lintegrazione della lagrangiana lungo
le soluzioni delle equazioni del moto. importante fare attenzione
William Rowan Hamilton (18051865)
stato un matematico, sico e astro-
nomo irlandese, noto per i suoi con-
tributi nello sviluppo dellottica, della
meccanica e dellalgebra. Il suo pi
grande contributo forse la riformu-
lazione della meccanica newtoniana.
noto anche come linventore dei
quaternioni.
al fatto che essendo p
0
ssato dalla (6.28), q
0
non pu essere scelto
a piacere, ma quel solo punto che nel tempo t evolve nel punto
q(t) = q, per la data velocit iniziale p
0
. Si pu inoltre dimostrare
che la funzione S = S(q, t) denita dalla (6.31) soddisfa lequazione
alle derivate parziali
H
_
q,
S
q
_
+
S
t
= 0 (6.32)
con condizione iniziale (6.31). Lequazione (6.32) nota come equazio-
ne di Hamilton-Jacobi.
Ora, per calcolare (6.31) occorre aver prima risolto le equazioni del
moto, ma se si risolve direttamente lequazione (6.32), senza passare
per la (6.31), si ha una maniera alternativa per risolvere il problema
del moto: risolvendo unequazione alle derivate parziali e non un
sistema di equazioni alle derivate ordinarie. Il metodo abbastan-
za cervellotico in quanto il problema di partenza trasformato
in un problema chiaramente pi complesso. Sorprendentemente,
questo metodo aiuta a risolvere problemi concreti. Molti problemi,
risolti con questo metodo, non sono in generale risolubili con metodi
diversi.
Carl Gustav Jacob Jacobi (1804 1851)
stato un matematico tedesco.Nel
1829 scrisse il suo trattato classico
sulle funzioni ellittiche, di grande im-
portanza in sica matematica, in cui
affrontava il problema di integrare le
equazioni del secondo ordine ottenu-
te dallenergia cinetica. Fu uno dei
primi cultori della teoria dei determi-
nanti. Notevoli i suoi contributi alla
meccanica celeste.
6.9 Equazione di Schrdinger
Lequazione
i h

t
=
N

k=1
h
2
2m
k

k
+ U, (6.33)
dove

k
=
k

k
=
k
2
=

2
x
k
+

2
y
k
+

2
z
k
e h la costante di Planck, lequazione di Schrdinger per la fun-
zione donda = (r
1
. . . , r
N
) di un sistema di N particelle di masse
m
1
, . . . , m
N
per cui lenergia potenziale del corrispondente problema
classico la funzione U = U(r
1
, . . . r
N
).
Per una singola particella con energia potenziale classica U,
lequazione di Schrdinger diventa
i h

t
=
h
2
2m
+ U, (6.34)
Questa equazione emerge naturalmente dallassunzione che la re-
lazione di de Broglie valga localmente per una generica onda non
necessariamente piana e che
= [[
2
= (6.35)
fisica ed equazioni alle derivate parziali 141
sia una quantit localmente conservata. Mostriamo come.
La relazione di de Broglie p = hk, un rimarchevole e misterioso
distillato dei fatti sperimentali associati allinizio della meccanica
quantistica, collega una propriet particellare, limpulso p = mv, con
Erwin Schrdinger (1887 1961) sta-
to un sico teorico austriaco. famoso
per il suo fondamentale contributo alla
meccanica quantistica, in particolare
modo per lequazione di Schrdinger,
per la quale vinse il Premio Nobel nel
1933. Fu uno dei critici pi lucidi e
acuti dellinterpretazione dortodossa
della meccanica quantistica.
una propriet ondulatoria, il numero donde k. Compresa nella ma-
niera pi semplice, dice che la velocit di una particella il rapporto
tra hk e la massa della particella. Ma il vettore donda k denito
solo per unonda piana. Per unonda generale = (r, t), la gene-
ralizzazione ovvia di k il numero donde locale S(r, t)/ h, dove S
la fase della funzione donda denita dalla sua rappresentazione
polare
= [[e
iS/ h
. (6.36)
Con questa scelta la relazione di de Broglie diventa
v =
1
m
S . (6.37)
Assumiamo adesso che valga lequazione di continuit (6.5) per
J = v, dove dato dalla (6.35) e v dalla (6.37). Osserviamo che v
pu essere riscritto nella forma
v =
1
m
S =
h
m
Im
_

_
.
Infatti, per la (6.36),

=
([[)e
iS/ h
+[[(i/ h)(S)e
iS/ h
[[e
iS/ h
=
[[
[[
+ i
S
h
,
da cui segue che
Im
_

_
= i
S
h
.
Infatti,
v =
S
m
=
1
m

h
i
ln

[[
=
h
mi


[[
=
//DA FINIRE//
Parte II
Metodi di Fourier
Indice
7 Equazioni alle derivate parziali 151
7.1 Introduzione 151
7.2 Integrale generale e particolare 152
7.3 Equazioni alle derivate parziali lineari 154
7.4 Principio di sovrapposizione 155
7.5 Metodo di separazione delle variabili 157
Problemi 159
Soluzioni 160
8 Lequazione di Laplace 161
8.1 Armoniche a simmetria sferica 161
8.2 Funzioni armoniche nel piano 162
8.3 Armoniche sferiche 165
8.4 Armoniche cilindriche 166
8.5 Trasformazioni di funzioni armoniche 167
8.6 Propriet generali delle funzioni armoniche 171
8.7 Funzione di Green e metodo delle immagini 172
8.8 Polinomi di Legendre 174
Problemi 177
146 appunti di metodi matematici della fisica
Soluzioni 179
9 Polinomi omogenei e armoniche sferiche 189
9.1 Armoniche sferiche 189
9.2 Polinomi omogenei 190
9.3 Polinomi armonici omogenei 191
9.4 Decomposizione in armoniche di un polinomio 193
9.5 Armoniche sferiche e rotazioni 195
9.6 Distribuzione di temperatura allinterno di un corpo sferico 196
9.7 Armoniche sferiche e polinomi di Legendre 197
10 Delta di Dirac, convoluzioni e nuclei 199
10.1 La delta di Dirac o funzione impulso 199
10.2 La delta in pi dimensioni 203
10.3 Prodotto di convoluzione 204
10.4 Il nucleo di Poisson e il pettine di Dirac 205
10.5 Convergenza uniforme del nucleo di Poisson 206
10.6 Il nucleo di Dirichlet e il lemma di Riemann-Lebesgue 207
10.7 Funzioni generalizzate* 209
Problemi 213
Soluzioni 214
11 Problemi al contorno per le onde e il calore 217
11.1 Problemi di Cauchy 217
11.2 Problemi al contorno 219
11.3 Il metodo delle immagini 221
11.4 Il metodo di Fourier 225
11.5 Il metodo di Fourier nel linguaggio degli spazi vettoriali 229
Problemi 231
INDICE 147
Soluzioni 234
12 Tre vie che portano a Fourier 241
12.1 La via originaria 241
12.2 Serie di Fourier di soli seni o coseni 243
12.3 Serie di Fourier completa 246
12.4 Convergenza delle serie di Fourier 248
12.5 Il fenomeno di Gibbs 252
12.6 La via delle funzioni armoniche 254
12.7 La via della migliore approssimazione ai minimi quadrati 257
Problemi 260
Soluzioni 261
13 Propriet delle serie di Fourier 263
13.1 Derivazione delle serie di Fourier 263
13.2 Andamento allinnito dei coefcienti di Fourier 264
13.3 Velocit di convergenza delle somme parziali

266
13.4 Integrazione delle serie di Fourier 266
13.5 Teorema di convoluzione 267
Problemi 269
Soluzioni 270
14 Funzioni ortogonali e serie di Fourier 271
14.1 Convergenza in norma 271
14.2 Basi ortonormali in spazi innito-dimensionali 275
14.3 Successioni a quadrato sommabile 278
14.4 Basi ortonormali per funzioni a quadrato integrabile 279
14.5 Completezza del sistema trigonometrico 282
14.6 Serie di Fourier in pi variabili 283
Problemi 285
148 appunti di metodi matematici della fisica
Soluzioni 287
Complementi 290
15 Teoria di Sturm-Liouville 301
15.1 Equazioni differenziali lineari e omogenee 301
15.2 Autovalori e autofunzioni 304
15.3 Forma normale e analisi qualitativa delle equazioni 307
15.4 Equazione di Sturm-Liouville 309
15.5 Operatore di Sturm-Liouville 310
15.6 Problemi di Sturm-Liouville 312
15.7 Problemi di Sturm-Liouville non regolari 314
15.8 Il sistema ortogonale delle funzioni di Hermite 314
Problemi 317
Soluzioni 319
16 Integrali di Fourier 331
16.1 Dai problemi al contorno agli integrali di Fourier 331
16.2 Integrali di Fourier come limiti di serie di Fourier 336
16.3 Il paradiso degli integrali di Fourier 337
16.4 La trasformata di Fourier di operatori 339
16.5 Autovettori della trasformazione di Fourier 342
16.6 La trasformazione di Fourier in L
2
344
16.7 Trasformate di Fourier di funzioni generalizzate 345
16.8 Applicazioni alle equazioni differenziali e integrali 347
16.9 Applicazioni alla probabilit 352
Tavole di trasformate di Fourier 355
Problemi 357
Soluzioni 360
17 La trasformata di Laplace 371
17.1 La trasformata di Laplace 371
INDICE 149
17.2 Propriet e applicazioni di base 373
17.3 Altre propriet della trasformata di Laplace 376
17.4 Funzioni a scalino e impulso 379
17.5 Funzione di trasferimento 381
17.6 Antitrasformata di funzioni razionali 382
17.7 Funzioni particolari 385
17.8 Applicazioni ai problemi al contorno 388
Tavola di trasformate di Laplace 390
Problemi 391
Soluzioni 392
7
Equazioni alle derivate parziali
Indice
7.1 Introduzione 151
7.2 Integrale generale e particolare 152
7.3 Equazioni alle derivate parziali lineari 154
7.4 Principio di sovrapposizione 155
7.5 Metodo di separazione delle variabili 157
Problemi 159
Soluzioni 160
7.1 Introduzione
Unequazione alle derivate parziali unequazione che contiene come
incognita una funzione di due o pi variabili e le sue derivate parzia-
li rispetto a queste variabili. Per esempio, una generica equazione alle
derivate parziali in due variabili indipendenti x e y pu essere scritta
come
1 1
Per brevit, abbiamo usato la
notazione

x
u =
u
x
, . . .
xy
u =

2
u
xy
. . .
yy
u =

2
u
y
2
F(x, y, u,
x
u,
y
u,
xx
u,
xy
u,
yy
u) = 0 , (7.1)
dove F una funzione di 8 variabili. Una forma analoga alla (7.1)
pu essere data ad un equazione in n variabili indipendenti (x
1
, . . . , x
n
)
R
n
nellincognita u = u(x
1
, . . . , x
n
):
F(x
1
, . . . , x
n
, u,
x
1
u, . . . ,
x
n
u,
x
1
x
1
u,
x
1
x
2
u, . . .
x
n
x
n
u, . . .) = 0 , (7.2)
Lordine di una equazione alle derivate parziali lordine della deri-
vata pi elevata. Risolvere lequazione signica trovare una funzione
u = u(x
1
, . . . x
n
) in qualche regione di R
n
tale che lequazione
soddisfatta per tutti i punti (x
1
, . . . x
n
) in quella regione.
Un importante problema associato ad una equazione alle derivate
parziali consiste nella ricerca di tutte le soluzioni che soddisfano certe
152 appunti di metodi matematici della fisica
condizioni dette condizioni al contorno. In genere si tratta di condizioni
sui valori della funzione incognita (e/o delle sue derivate) sul bordo
della regione, dentro cui si cerca la soluzione. Il problema cos posto
detto problema al contorno.
Sfortunatamente, non esiste una teoria generale di risoluzione di
tutte le equazioni alle derivate parziali ed estremamente improbabi-
le che una teoria di questo tipo verr mai trovata, data la ricchissima
variet di fenomeni sici, geometrici e probabilistici che sono gover-
nati da equazioni alle derivate parziali. Invece, la ricerca matematica
si concentra su varie equazioni particolari che sono importanti per
le applicazioni. Un corso di meccanica quantistica sostanzialmente
dedicato allo studio dellequazione di Schrdinger, ma anche se il
corso avanzato, solo una piccola parte di ci che noto sulle solu-
zioni di questa equazione coperto. Lo stesso dicasi per lequazione
di Navier-Stokes, di cui molto ancora non compreso.
Tuttavia, il fatto che non esista una teoria generale, non vuol dire
che non ci siano metodi abbastanza generali che facilitino lo studio di
particolari equazioni alle derivate parziali. Questo particolarmente
vero per le equazioni lineari e gran parte di questo corso proprio
dedicato a fornire le nozioni elementari per lo studio delle equazioni
lineari. Lo studio riguarder il metodo delle trasformate di Laplace
e Fourier, la teoria generale delle funzioni ortogonali e metodi di
analisi complessa.
7.2 Integrale generale e particolare
Soluzione di 7.1. Lequazione ovvia-
mente di ordine 2. Integrando ambo i
membri dellequazione rispetto a x, si
ottiene
u
y
= x
2
yx + C(y) ,
dove C(y) una costante arbitraria
rispetto alla variabile x e dunque una
funzione arbitraria di y. Lintegrazione
rispetto a y dellequazione ottenuta
fornisce
u = x
2
y
1
2
xy
2
+ F(x) + G(y) ,
dove F(x) una costante rispetto a
y e G(y) una primitiva di C(y); le
funzioni F(x) e G(x) sono arbitrarie
(purch derivabili). Poich la soluzione
trovata contiene due funzioni arbitrarie
indipendenti, essa la soluzione generale.
Se in particolare F(x) = x e G(y) =
sin y, otteniamo la soluzione particolare
u = x
2
yx + x +sin y
Lintegrale generale di una equazione alle derivate parziali una solu-
zione che contiene un numero di funzioni arbitrarie indipendenti pari
allordine dellequazione. Un integrale particolare una soluzione che
che pu essere ottenuta dallintegrale generale mediante una scelta
particolare delle funzioni arbitrarie. Un integrale singolare una solu-
zione che non si pu ottenere dallintegrale generale con particolare
scelta delle funzioni arbitrarie.
Esercizio 7.1. Si consideri lequazione

2
u
xy
= 2x y .
Qual il suo ordine? Determinare, se esiste, il suo integrale generale
e fornire un esempio di integrale particolare.
Lintegrale generale si pu determinare solo in caso di equazioni
molto semplici. Da un punto di vista pratico (e teorico), la nozione
di problema al contorno che analizzeremo nel seguito ben pi utile.
equazioni alle derivate parziali 153
Ci sono per due casi classici di integrali generali che importante
conoscere.
Integrale generale di DAlembert Lintegrale generale Dimostrazione della (7.6). Per ottenere
lintegrale di dAlembert si mostra
preliminarmente che lequazione (6.12)
pu essere riscritta nella forma

2
u

= 0 (7.3)
mediante il cambiamento di variabili
_
= x vt
= x + vt
_

_
t =
1
2v
( )
x =
1
2v
( + )
(7.4)
Per vedere che la (7.3) equivalente
alla (6.12), calcoliamo come cambiano le
derivate:
u
x
=
u

x
+
u

x
=
u

+
u

u
t
=
u

t
+
u

t
= v
u

+ v
u

e, derivando ancora una volta,

2
u
x
2
=

2
u

2
+2

2
u

+

2
u

2
u
t
2
= v
2

2
u

2
2v
2

2
u

+ v
2

2
u

2
Quindi,
1
v
2

2
u
t
2


2
u
x
2
= 4

2
u

, da
cui la (7.3). Lequazione (7.3) pu essere
trattata come una coppia di equazioni
ordinarie consecutive

_
u

_
= 0 ,
il che vuol dire che u/ non dipende
da , vale a dire una funzione della
sola : u/ = G(). Integrando (e
indicando con g la primitiva della G),
u = g() + f , dove f non dipende da
, ma pu dipendere da . Dunque
u = g() + f (), che, ritornando alle
variabili x e t, proprio la (7.6).
Un altro modo per risolvere la (6.12)
osservare che loperatore di dAlem-
bert fattorizza nel prodotto di due
operatori del primo ordine,
= D
+
D

= D

D
+
(7.5)
dove D

=
1
v

t


x
. Ma
D

=
_

_
= 2

D
+
=
_

_
+
_

_
= 2

Quindi la soluzione di D

u = 0
g() = g(x + vt) e la soluzione
di D
+
u = 0 f () = f (x vt).
Poich entrambe annullano loperatore
(7.5), lo stesso vale per la loro somma
u = f (x vt) + g(x + vt).
dellequazione della corda vibrante
1
v
2

2
u
t
2


2
u
x
2
= 0 . (6.12)

u = f (x vt) + g(x + vt) , (7.6)


dove f e g sono funzioni arbitrarie (purch differenziabili due volte).
Questa soluzione fu scoperta da dAlembert ed nota come integrale
di dAlembert. Per comprenderne il signicato, si supponga che la
corda sia illimitata dalle due parti e che g = 0, per cui
u(x, t) = f (x vt) . (7.7)
Poich questa funzione dipende solo da x vt, questa soluzione
descrive unonda che si propaga inalterata nella direzione positiva
dellasse delle x: in un sistema di riferimento in moto con velocit
v la soluzione avrebbe sempre, nel corso del tempo, la stessa forma:
unonda di questo tipo detta progressiva. La soluzione
u(x, t) = g(x + vt) . (7.8)
corrisponde invece ad unonda regressiva, e la soluzione generale (7.6)
ad una sovrapposizione di questi due tipi donde.
Funzioni armoniche nel piano Vogliamo determinare lintegra-
le generale dellequazione di Laplace nel piano

2
u
x
2
+

2
u
y
2
= 0 . (7.9)
Procedendo in completa analogia con lequazione di dAlembert
(si veda la dimostrazione a margine), fattorizziamo lequazione
ricorrendo ai numeri complessi:
_

x
i

y
__

x
+ i

y
_
u =
_

x
+ i

y
__

x
i

y
_
u = 0 .
Posto z = x + iy, z = x iy (il complesso coniugato di z), scriviamo u
nelle nuove variabili u = u(z, z). Introduciamo gli operatori

z
=
1
2
_

x
+ i

y
_
,

z
=
1
2
_

x
i

y
_
(7.10)
(si confronti con la (1.16)). Allora sono soluzioni della (7.9), cio sono
funzioni armoniche nel piano, le funzioni f (z, z) tali che
f
z
= 0 (7.11)
154 appunti di metodi matematici della fisica
(si confronti con la (1.15)) o le funzioni g(z, z) tali che
g
z
= 0 (7.12)
In generale, queste funzioni sono a valori complessi, ma si possono
scrivere in termini delle loro parti reali e immaginarie, cio f =
u + iv. Allora se f soddisfa la (7.11), u e v sono funzioni reali che
sono armoniche nel piano; analogamente per la g.
Riassumendo:
Una funzione complessa f (z) tale che f /z = 0 det-
ta funzione analitica. Le parti reali e immaginarie delle
funzioni analitiche sono funzioni armoniche nel piano.
(7.13)
La teoria delle funzioni analitiche un campo a s della matema-
tica. Che le funzioni armoniche siano la parte reale o immaginaria
di una funzione analitica fu scoperto da dAlembert nella seconda
met del 700 e la soluzione data sopra ricalca abbastanza fedelmen-
te il lavoro di dAlembert (che non era di matematica pura ma era
mirato a risolvere un problema di idrodinamica). Nell800 venne svi-
luppata la teoria delle funzioni analitiche, in particolare da Cauchy
e da Riemann. La terza parte di questo corso sar dedicata a questa
teoria, ma ne copriremo solo una piccola parte. Uno studio approfon-
dito richiederebbe un corso completamente dedicato a questo. Il che
mostra che lo studio approfondito delle soluzioni di una equazione
alle derivate parziali molto semplice, come in effetti la (7.9), non sia
altrettanto semplice e possa dischiudere interi capitoli di matematica!
7.3 Equazioni alle derivate parziali lineari
Unequazione alle derivate parziali detta lineare se la funzione
F, data dalla (7.2), lineare nellincognita u e nelle sue derivate.
Linearit signica quanto segue. Si scriva lequazione nella forma
Du = 0, dove D loperatore differenziale denito dalla funzione F. Per
per due variabili indipendenti,
Du = F(x, y, u,
x
u,
y
u,
xx
u,
xy
u,
yy
u)
e analogamente per pi variabili. La linearit di D signica che per
funzioni u e v e per costanti e
D(u + v) = Du + Dv (7.14)
Tutte le equazioni del capitolo 6 sono lineari, fatta eccezione per le
equazioni di Navier-Stokes e Hamilton-Jacobi che sono non-lineari.
equazioni alle derivate parziali 155
Se D lineare, lequazione Du = 0 detta equazione lineare
omogenea e lequazione
Du = j , (7.15)
dove j una data funzione, detta lineare inomogenea.
La pi generale equazione alle derivate parziali lineare del secon-
do ordine in due variabili indipendenti ha la forma
A

2
u
x
2
+ B

2
u
xy
+ C

2
u
y
2
+ D
u
x
+ E
u
y
+ Fu = G (7.16)
dove A, B, . . . , G possono dipendere da x e y, ma non da u. A causa
della natura delle soluzioni della (7.16), si classica spesso lequa-
zione come ellittica, iperbolica o parabolica, a seconda che B
2
4AC
sia minore, maggiore o uguale a zero rispettivamente. Unanaloga
classicazione si ha per per equazioni in n variabili indipendenti.
Lequazione di Laplace il prototipo di equazione lineare, omoge-
nea ed ellittica. Lequazione delle onde il prototipo di equazione
lineare omogenea iperbolica. Lequazione del calore il prototipo di
equazione lineare omogenea parabolica.
7.4 Principio di sovrapposizione
Il seguente principio alla base di tutti i metodi di soluzione di
equazioni lineari.
Principio di sovrapposizione. Se u
1
, . . . , u
N
sono soluzioni
dellequazione lineare omogenea Du = 0 , allora lo
anche
s
N
(x) =
N

n=1
c
n
u
n
,
dove c
i
, i = 1, . . . N sono costanti.
(7.17)
In altre parole, le soluzioni di Du = 0 , formano uno spazio lineare.
Dimostrazione di (7.17). Immediata
conseguenza della linearit di D:
D
N

n=1
c
n
u
n
=
N

n=1
c
n
Du
n
=
N

n=1
c
n
0 = 0 .
Il principio di sovrapposizione pu essere usato per formare so-
luzioni di unequazione a partire da soluzioni note u
1
, u
2
, . . . e pu
esteso in due modi: permettendo (1) combinazioni lineari di suc-
cessioni innite di soluzioni e (2) combinazioni lineari continue di
soluzioni.
(1) Se u
1
, u
2
, . . . , una successione di soluzioni, allora la serie
innita
s(x) =

n=1
c
n
u
n
(x) . (7.18)
soluzione di Du = 0 se opportune condizioni sono soddisfat-
te. La dimostrazione per il caso nito si estende infatti al caso
156 appunti di metodi matematici della fisica
innito,
D

n=1
c
n
u
n
=

n=1
c
n
Du
n
=

n=1
c
n
0 = 0 ,
a patto che la serie (7.18) converga e sia lecito il primo passaggio
sopra in cui si porta dentro la serie loperatore D. Poich la
serie il limite della somma
s
N
(x) =
N

n=1
c
n
u
n
(x) ,
il problema cruciale lo scambio delloperatore D con un limite,
cio
D lim
N
s
N
(x) = lim
N
Ds
N
(x) ,
il che, come si visto, garantito quando il limite uniforme,
una condizione che, a sua volta, garantita se i [c
n
u
n
(x)[ tendono
a zero abbastanza rapidamente.
(2) Se, per ogni y, la funzione u(x; y) soluzione dellequazione
lineare omogenea Du(x; y) = 0 , e g(y) una funzione di y, si
pu supporre che la funzione
_

u(x; y)g(y)dy (7.19)


sia soluzione dellequazione. Afnch sia davvero una soluzione,
occorre garantire che lintegrale improprio (7.19) sia convergente
e che sia lecito scambiare D con il segno di integrale,
D
_

u(x; y)g(y)dy =
_

[Du(x; y)] g(y)dy .


Anche in questo caso, cio garantito dalla convergenza uniforme
ovvero dal requisito che [u(x; y)g(y)[ tenda a zero abbastanza
rapidamente.
Esempio 7.1. Il potenziale coulombiano di una carica unitaria posta
in un dato punto r
/
1
[r r
/
[
soddisfa lequazione di Lapace V = 0 in tutti i punti dello spazio
r ,= r
/
. Questo si vede facilmente scegliendo un sistema di coordinate
con origine in r
/
. Allora la funzione
u =
1
r
(7.20)
ha simmetria sferica intorno allorgine e non dipende dalle coordi-
nate sferiche e , per cui lunico termine rilevante del laplaciano in
coordinate sferiche (5.20) il primo e quindi
u =
1
r
2

r
_
r
2

r
1
r
_
=
1
r
2

r
_
r
2
1
r
2
_
=
1
r
2

r
(1) = 0 per r ,= 0
equazioni alle derivate parziali 157
Si forma quindi, per sovrapposizione continua, la funzione
_
(r
/
)
[r r
/
[
d
3
r
/
che soddisfa lequazione di Laplace in tutti i punti dello spazio in cui
(r) = 0.
7.5 Metodo di separazione delle variabili
Daniel Bernoulli (17001782) fu un
matematico e sico svizzero e uno dei
matematici prominenti della famiglia
dei Bernoulli. Noto per i suoi contri-
buti alla meccanica e allidrodinamica,
contribu anche allo sviluppo della
teoria della probabilit (scoperta dallo
zio Jacob Bernoulli) e in particolare
alle prime applicazioni alleconomia
(teoria del rischio). Nello studio dei si-
stemi vibranti (corde e membrane) gi
utilizzava sviluppi in serie di Fourier.
Scoperto da Daniel Bernoulli, il metodo di separazione delle varia-
bili un modo semplice ma potente per trovare integrali particolari
di unequazione differenziale. In questo metodo si suppone di po-
ter esprimere una soluzione dellequazione come prodotto di fun-
zioni incognite, ognuna delle quali dipenda da una sola variabile
indipendente. Il successo del metodo dipende da riuscire a scrivere
lequazione risultante in modo che un membro dipenda da una sola
variabile mentre laltro dipenda dalle variabili rimanenti; dal che si
deduce che ogni membro deve essere costante. Iterando il procedi-
mento si possono determinare le funzioni incognite. Si pu poi usare
il principio di sovrapposizione per determinare nuove soluzioni.
Esercizio 7.2. Trovare soluzioni particolari dellequazione di Laplace
nel piano

2
u
x
2
+

2
u
y
2
= 0 , (7.9)
usando il metodo di separazione delle variabili.
Soluzione. Poniamo nellequazione assegnata u = XY, in cui X
dipende solo da x e Y dipende solo da y. Allora
X
//
Y + XY
//
= 0 o
X
//
X
=
Y
//
Y
.
Poich X dipende solo da x e Y dipende solo da y, e poich x e y
sono variabili indipendenti, i due membri dellequazione devono
essere una costante, diciamo . Quindi
X
//
= X e Y
//
= Y.
Distinguiamo i tre casi possibili per :
(1) = 0. Allora X
//
= 0 e Y
//
= 0, le cui soluzioni sono X = ax + b e
Y = cy + d, quindi
u = (ax + b)(cy + d) .
(2)
2
> 0. Allora X
//
=
2
X e Y
//
=
2
Y, le cui soluzioni sono
X = ae
x
+ be
x
e Y = c cos y + d sin y e quindi
u = (ae
x
+ be
x
)(c cos y + d sin y) .
158 appunti di metodi matematici della fisica
(3)
2
< 0. Allora
X
//
=
2
X Y
//
= +
2
Y,
le cui soluzioni sono X = a cos x +b sin x e Y = ce
y
+de
y
,
da cui
u = (a cos x + b sin x)(ce
y
+ de
y
)
Si possono adesso formare altre soluzioni della (7.9), usando il
principio di sovrapposizione. Ad esempio, per ogni > 0, la serie

n
[a
n
cos x + b
n
sin x] e
y
o, integrando su tutti gli , le funzioni denite dagli integrali
f (x, y) =
_

0
sin(x)e
y
d e g(x, y) =
_

0
cos(x)e
y
d
Dallesercizio 5.6,
_

0
e
y
sin(x)d =
x
x
2
+ y
2
e
_

0
e
y
cos(x)d =
y
x
2
+ y
2
Come si pu vericare, queste funzioni soddisfano lequazione di
Laplace, e quindi sono funzioni armoniche nel piano (ma singolari
nellorigine).
equazioni alle derivate parziali 159
Problemi
Problema 7.1. Stabilire se ciascuna delle se-
guenti equazioni alle derivate parziali lineare o
no, determinarne lordine ed indicare le variabili
dipendenti e indipendenti.
(a)
u
t
= 4

2
u
x
2
(b) x
2

3
R
y
3
= y
2

2
R
x
2
(c) W

2
W
r
2
= rst
(d)

2

x
2
+

2

y
2
+

2

z
2
= 0
(e)
_
z
u
_
2
+
_
z
v
_
2
= 1
Problema 7.2. Quali dei seguenti operatori D
sono lineari?
(a) Du =
u
x
+ x
u
y
(b) Du =
u
x
+ u

y
(c) Du =
u
x
+
_
u
y
_
2
(d) Du =
u
x
+5
u
y
+6
Problema 7.3. Mostrare che la differenza tra
due soluzioni di unequazione lineare inomogenea
Du = j una soluzione dellequazione omogenea
Du = 0.
Problema 7.4. Sia D loperatore differenziale
di una generica equazione omogenea del secondo
ordine,
D = A

2
x
2
+ B

2
xy
+ C

2
y
2
+ D

x
+ E

y
+ F
dove A, B, . . . , F sono costanti. Mostrare che se u
soluzione di Du = 0 allora anche tutte le sue
derivate (se esistono)
u
x
,
u
y
,

2
u
x
2
,

2
u
y
2
,

2
u
xy
, . . .
sono soluzioni di Du = 0.
Problema 7.5. Sia u = xy. Integrare le equazioni
di Cauchy-Riemann
_

_
u
x
=
v
y
u
y
=
v
x
(1.17)
per ottenere v.
Problema 7.6. Sia u = x
2
+ y
2
. Mostrare che
non esiste alcuna funzione v tale che la coppia u, v
soddis le equazioni di Cauchy-Riemann (1.17).
Problema 7.7. Trovare soluzioni particolari
dellequazione di Laplace nello spazio

2
u
x
2
+

2
u
y
2
+

2
u
z
2
= 0 ,
usando il metodo di separazione delle variabili.
160 appunti di metodi matematici della fisica
Soluzioni
Problema 7.6. Metodo 1. Richiedendo che le equazioni di
Cauchy-Riemann siano soddisfate per u = x
2
+ y
2
, si ottiene
v
y
=
u
x
= 2x
v
x
=
u
y
= 2y .
Integrando,
v = 2xy + g(x)
v = 2yx + h(y) .
chiaro che queste identit non possono essere vericate per nessu-
na scelta di g e h.
Metodo 2. Se le equazioni di Cauchy-Riemann sono soddisfatte, le
funzioni u e v devono essere funzioni armoniche, cio devono essere
entrambe soluzioni dellequazione di Laplace nel piano. Questa
propriet si verica facilmente:

x
u =
x

y
v =
y

x
v =
y

y
u

x
v =
x

y
u =
y

x
u =
y

y
v
Quindi
u =
2
x
u +
2
y
u = 0 e v =
2
x
v +
2
y
v = 0
La funzione u = x
2
+ y
2
, non armonica in quanto u = 4.
8
Lequazione di Laplace
Indice
8.1 Armoniche a simmetria sferica 161
8.2 Funzioni armoniche nel piano 162
8.3 Armoniche sferiche 165
8.4 Armoniche cilindriche 166
8.5 Trasformazioni di funzioni armoniche 167
8.6 Propriet generali delle funzioni armoniche 171
8.7 Funzione di Green e metodo delle immagini 172
8.8 Polinomi di Legendre 174
Problemi 177
Soluzioni 179
8.1 Armoniche a simmetria sferica
Le soluzioni dellequazione di Laplace
u = 0 (6.6)
che sono regolari in una regione R
n
(cio nite e continue in-
sieme con le loro derivate prime e che hanno derivate seconde in )
sono dette funzioni armoniche in . Lo scopo di questa sezione e delle
tre che seguono di ottenere mediante il metodo di separazione delle
variabili una collezione di funzioni armoniche semplici. Sebbene la
collezione sia piccola, possibile allargarla enormemente usando il
principio di sovrapposizione e altri metodi che saranno esposti nel
seguito.
Consideriamo il potenziale di una carica puntiforme (7.20), che si
distingue per la sua simmetria sferica, e domandiamoci come trovare
162 appunti di metodi matematici della fisica
funzioni armoniche a simmetria sferica in R
n
. Per questo, ci serve
lespressione del laplaciano in R
n
, che
=
1
r
n1

r
_
r
n1

r
_
+
1
r
2

n
. (8.1)
dove
n
un operatore differenziale del secondo ordine che contiene
solo derivate rispetto alle variabili angolari. Per n = 2,

2
=

2

2
, (8.2)
che detto laplaciano circolare Per per n = 3
Figura 8.1: Coordinate sferiche in R
3
x = r sin cos , y = r sin sin ,
z = r cos

3
=
1
sin

_
sin

_
+
1
sin
2

2
(8.3)
che detto laplaciano sferico.
Adesso facile trovare funzioni armoniche che dipendono solo da
r. In R
2
, una funzione armonica deve soddisfare lequazione
1
r

r
_
r
u
r
_
= 0 , (8.4)
che in verit unequazione ordinaria del secondo ordine che pu
essere facilmente risolta. Le funzioni
1 , lnr (n=2) (8.5)
sono due soluzioni linearmente indipendenti di (8.4) e la soluzione
generale consiste di tutte le possibili combinazioni lineari di queste
due funzioni. In R
n
, n > 2, una funzione armonica a simmetria
sferica deve soddisfare lequazione
1
r
n1

r
_
r
n1
u
r
_
= 0
e due soluzioni linearmente indipendenti di questa equazione sono
1 ,
1
r
n2
. (8.6)
Si osservi che le prime funzioni in (8.5) e (8.6) sono denite ed armo-
niche in tutto R
n
, mentre le seconde funzioni sono denite e armoni-
che solo nel complemento dellorigine in R
n
. Talvolta si dice che lnr
una funzione armonica in R
2
con un polo nellorigine e r
(n2)

armonica in R
n
, n > 2, con un polo nellorigine.
8.2 Funzioni armoniche nel piano
Adesso usiamo il metodo di separazione delle variabili, come nella
soluzione dellesercizio 7.2, per ottenere altre funzioni armoniche
elementari. Incominciamo con R
2
.
lequazione di laplace 163
In coordinate polari r, , lequazione di Laplace diventa Equazione di Eulero-Cauchy
x
2
d
2
y
dx
2
+ ax
dy
dx
+ by = 0.
Per risolverla, si cerca una soluzione
della forma y = x
m
. Differenziando, si
ottiene
dy
dx
= mx
m1
e
d
2
y
dx
2
= m(m
1)x
m2
. Sostituendo nellequazione
originale, si ha
x
2
(m(m1)x
m2
) +ax(mx
m1
) +b(x
m
) = 0 .
Riarrangiando i termini, si ottiene
m
2
+ (a 1)m + b = 0.
Possiamo allora risolvere per m. Ci
sono tre casi di particolare interesse:
(i) Due radici distinte m
1
e m
2
.
(ii) Una radice doppia m.
(iii) radici complesse i
Nel caso (i), la soluzione data da
y = c
1
x
m
1
+ c
2
x
m
2
.
Nel caso (ii), la soluzione data da
y = c
1
x
m
ln(x) + c
2
x
m
.
Per ottenere questa soluzione occorre
applicare il medodo di riduzione
dellordine, dopo aver trovato una
soluzione y = x
m
. Nel caso (iii), la
soluzione data
y = c
1
x

cos( ln(x)) + c
2
x

sin( ln(x)),
dove = Re (m), = Im(m) e c
1
,
c
2
costanti reali. Questa forma della
soluzione si ottiene ponendo x = e
t
e
usando la formula di Eulero.
Soluzione della (8.11) unequazione
di Eulero-Cauchy con a = 1 e b = .
Allora m
2
= 0 e quindi i tre casi
possibili sono:
(i) > 0. Due radici reali distinte
m
1
=

e m
2
=

.
(ii) = 0. Una radice doppia m = 0.
(iii) < 0 Due radici immaginarie
distinte m
1
= i
_
[[ e m
2
=
i
_
[[.
Nel caso (i), la soluzione data da
y = c
1
x
m
1
+ c
2
x
m
2
. Nel caso (ii) una
soluzione y = 1. Allora per il metodo
di riduzione dellordine ln x unaltra
soluzione indipendente.
1
r

r
_
r
u
r
_
+
1
r
2

2
u

2
= 0 (8.7)
e ne cerchiamo soluzioni (reali) della forma
u(r, ) = R(r)() . (8.8)
Sostituendo (8.8) nella (8.7), si ottiene
R
//
+
1
r
R
/
+
1
r
2
R
//
= 0 .
Dividendo questa equazione per R, moltiplicando per r
2
e trasfe-
rendo il terzo termine a secondo membro, si ottiene
r
2
R
//
+ rR
/
R
=

//

. (8.9)
Essendo r e variabili indipendenti, ciascun membro di questa equa-
zione deve essere uguale a una costante reale, diciamo . Quindi la
(8.9) equivalente a
r
2
R
//
+ rR
/
R
= =

//

, (8.10)
ovvero alla coppia di equazioni
r
2
R
//
+ rR
/
R = 0 (8.11)

//
+ = 0 , (8.12)
dove una qualche costante reale. Concludiamo che una funzione
u(r, ) della forma (8.8) soddisfa lequazione di Laplace se le funzioni
R e soddisfano le equazioni differenziali ordinarie (8.10) e (8.11).
Dobbiamo quindi risolvere queste equazioni.
Lequazione (8.11)
r
2
R
//
+ rR
/
R = 0 (8.11)
un equazione di Eulero-Cauchy e ha due soluzioni linearmente
indipendenti
R

=
_
1 , lnr se = 0
r

, r

se ,= 0
(8.13)
Due soluzioni linearmente indipendenti di (8.10) sono

=
_
1, se = 0
cos

, sin

se ,= 0
(8.14)
Nelle (8.13) e (8.14) si usato il pedice per indicare la dipenden-
za delle soluzioni da . Quando negativo, le funzioni (8.13) e
164 appunti di metodi matematici della fisica
(8.14) sono a valori complessi. Le parti reali e immaginarie di que-
ste funzioni formano coppie di funzioni a valori reali linearmente
indipendenti.
Non si deve ritenere che per ogni valore di e per entrambe le
scelte delle funzioni in (8.13) e (8.14), la formula
u

(r, ) = R

(r)

() . (8.15)
denisca una funzione armonica in ogni dominio di R
2
. Questo
vero solo quando la (8.15) porta ad una funzione ben denita in
. Per esempio, si spesso interssati a trovare funzioni armoniche in
domini che contengono curve chiuse che circondano lorigine. Esem-
pi di tali domini sono lintero piano R
2
, un disco aperto centrato
nellorigine o un anello, anchesse centrato nellorigine. Se uno di
questi domini e se C una qualunque curva che circonda lorigine,
chiaro che se partiamo da un qualunque punto di C e viaggiamo una
volta lungo C ritornando al punto di partenza, la variabile angolare
e variata di 2. Questo signica che afnch (8.15) denisca una
funzione vera e propria, cio ad un sol valore, occorre che sia
periodica di periodo 2, cio deve soddisfare la condizione

( +2) =

() . (8.16)
lasciato come (facile) esercizio mostrare che le funzioni

()
date dalla (8.14) soddisfano la condizione di periodicit solo se

=
n, n = 0, 1, 2, . . . e, in effetti, per = 0 solo la funzione 1 soddisfa
questa condizione. Quindi, se un dominio che contiene curve
che girano attorno allorigine, le sole funzioni angolari che possono
essere usate nella (8.14) per denire funzioni armoniche in sono C
0
Figura 8.2: Dominio nel piano (disco
bianco) che contiene una curva che
circonda lorigine.

n
() = cos n , sin n , n = 0, 1, 2, . . . . (8.17)
Le corrispondenti funzioni radiali sono
R
n
=
_
1 , lnr n = 0
r
n
, r
n
n = 1, 2, 3 . . .
(8.18)
e la (8.15) fornisce la seguente collezione di funzioni
u
n
(r, ) =
_
1 , r
n
cos n , r
n
sin n n = 1, 2, 3 . . .
lnr , r
n
cos n , r
n
sin n n = 1, 2, 3 . . .
(8.19)
Consideriamo adesso un dominio del piano che non contiene
curve che circondano lorigine. Allora
u(r, ) = , (8.20)
lequazione di laplace 165
con ristretto allintervallo di valori appropriato (per il dominio,
si veda la gura 8.7), denisce una funzione armonica in R
2
. Per
esempio, se il semi-piano x > 0, si pu prendere /2 < <
/2. In coordinate cartesiane la funzione armonica (8.20) allora
u(x, y) = arctan
_
y
x
_
, 0 < x < , < y < (8.21)
p

0
C
Figura 8.3: Dominio nel piano (disco
bianco) che non contiene curve che
circondano lorigine.
C
0
Figura 8.4: Dominio nel piano (anello
bianco) che contiene una curva che
circonda lorigine, ma non contiene
lorigine.
Se il semi-piano y > 0, si pu prendere 0 < < e in coordinate
cartesiane la corrispondente funzione armonica
u(x, y) =

2
arctan
_
x
y
_
, < x < , 0 < y < (8.22)
Se non contiene lorigine, come nellanello in gura 8.4, tutte le
funzioni in (8.19) sono armoniche in . Se contiene lorigine, solo
le funzioni nella prima riga sono armoniche in .
8.3 Armoniche sferiche
Adesso passiamo ad applicare il metodo di separazione delle variabi-
li per trovare funzioni armoniche in R
3
. Sia
1
r
2

r
_
r
2
u
r
_
+
1
r
2

3
u = 0
lequazione di Laplace in coordinate sferiche e cerchiamone una
soluzione della forma
u(r, , ) = R(r)Y(, ) . (8.23)
Procedendo come sopra, otteniamo la coppia di equazioni
(r
2
R
/
)
/
R = 0 (8.24)

3
Y + Y = 0 , (8.25)
La (8.24) ancora unequazione di Eulero-Cauchy, di cui due soluzio-
ni linearmente indipendenti sono r

1
, r

2
, dove
1
e
2
sono radici
dellequazione ( + 1) = 0. Lequazione (8.25) unequazione
alle derivate parziali che considerabilmente pi difcile risolvere.
utile considerare e come le coordinate di un un punto sulla sfera
di raggio unitario S(0, 1) centrata nellorigine di R
3
. Invece di cercare
di trovare tutte le soluzioni di (8.25), spesso sufciente conoscere
solo le soluzione Y(, ) che sono differenziabili due volte e ben
denite su tutto S(0, 1). Tali soluzioni devono essere periodiche in
, con periodo 2, e tali che ai poli nord e sud della sfera (cio nei
punti dove = 0 e = ) le soluzioni si avvicinano a dei limiti che
sono indipendenti da . Si pu dimostrare che lequazione (8.25) ha
166 appunti di metodi matematici della fisica
soluzioni non banali che soddisfano questa condizione solo quando
uno dei valori

n
= n(n +1) , n = 0, 1, 2, . . . (8.26)
Per ciascuno di tali valori ci sono 2n +1 soluzioni di (8.25) linearmen-
te indipendenti che si denotano
Y
(m)
n
(, ), m = 1, 2, . . . 2n +1 . (8.27)
Queste soluzioni sono dette armoniche sferiche di Laplace. Per =
n
,
le corrispondenti funzioni radiali sono
r
n
,
1
r
n+1
n = 0, 1, 2, . . . . (8.28)
e le corrispondenti funzioni armoniche (8.23) sono
u
n,m
(, ) =
_

_
r
n
Y
(m)
n
(, ), m = 1, 2, . . . 2n +1 , n = 0, 1, 2, . . .
1
r
n+1
Y
(m)
n
(, ), m = 1, 2, . . . 2n +1 , n = 0, 1, 2, . . .
(8.29)
Se non contiene lorigine, tutte le funzioni nella (8.29) sono ar-
moniche in . Altrimenti, solo le funzioni della prima riga sono
armoniche in .
8.4 Armoniche cilindriche
Il metodo di separazione delle variabili si pu applicare ad al-
tre equazioni alle derivate parziali e si pu usare per sistemi di
coordinate diverse dalle polari o dalle sferiche.
Consideriamo per esempio lequazione di Laplace in coordinate
cilindriche:
1

_
+
1

2
u

2
+

2
u
z
2
= 0 , (8.30)
e cerchiamone soluzioni (reali) della forma
u(, , z) = P()()Z(z) . (8.31)
Sostituendo (8.32) nella (8.30), e dividendo per u si ottiene
P
//
P
+
1

P
/
P
+
1

//

+
Z
//
Z
= 0
La parte Z di questa equazione deve essere uguale ad una costante
reale k
2
e quindi Z deve essere una soluzione dellequazione
Z
//
k
2
Z = 0 . (8.32)
lequazione di laplace 167
Sostituendo k
2
nella (8.32), si ottiene
P
//
P
+
1

P
/
P
+
1

//

+ k
2
= 0
Moltiplicando per
2
, si possono separare P e introducendo unal-
tra costante n tale che
//
/ = n
2
, ottenendo cos la coppia di
equazioni

//
+ n
2
= 0 (8.33)

2
P
//
+ P
/
+ (k
2

2
n
2
)P = 0 , (8.34)
Se cerchiamo funzioni armoniche in una regione dello spazio che
contenga curve che circondano lasse delle z, deve essere periodica
di periodo 2 e quindi n deve essere un intero non negativo. Allora,
come per la del piano, si ottiene

n
() = cos n , sin n , n = 0, 1, 2, . . . . (8.35)
Lequazione (8.34) ha la forma dellequazione di Bessel
x
2
y
//
+ xy
/
+ (
2
x
2
n
2
)y = 0 , n 0 , (8.36)
che, per cambiamento di variabili x x, assume la forma canonica
x
2
y
//
+ xy
/
+ (x
2
n
2
)y = 0 , n 0 , (8.37)
Si pu dimostrare che la (8.37) ha due soluzioni linearmente indi-
pendenti J
n
(x) e Y
n
(x). La soluzione J
n
(x) che ha limite nito per
x tendente a 0, si chiama funzione di Bessel di prima specie di ordine n.
La soluzione Y
n
(x) che non ha limite nito ( cio illimitata) per x
tendente a 0, si chiama funzione di Bessel di seconda specie di ordine n o
funzione di Neumann.
8.5 Trasformazioni di funzioni armoniche
Nella sezioni precedenti abbiamo ottenuto collezioni di funzioni
armoniche mediante il metodo di separazione delle variabili. Per il
principio di sovrapposizione, tutte le combinazioni lineari di queste
soluzioni sono ancora armoniche. In questa sezione mostriamo come
ottenere nuove funzioni armoniche mediante trasformazioni dello
spazio.
Sia F una trasformazione invertibile di R
n
in se stesso. Per effetto
di F, un campo scalare u = u(r) su R
n
si trasforma nel campo scalare
u

(r) = u(F
1
r), cio
r r

= F(r) = u(r) u

(r) = u(F
1
r) (8.38)
168 appunti di metodi matematici della fisica
Poich il laplaciano , si vede facilmente che se u una fun-
zione armonica e F una qualunque trasformazione del gruppo
euclideo, allora anche u

(r) = u(F
1
r) armonica. Ricordiamo che
le trasformazioni elementari del gruppo euclideo sono le traslazioni
T
a
: r r +a e le rotazioni R : r R(r).
Esempio 8.1. La funzione
u(x, y) = lnr = ln
_
_
x
2
+ y
2
_
armonica in = R
2
(0, 0). Allora la funzione ottenuta per
traslazione T
(x
0
,y
0
: (x, y) (x
0
, y
0
), cio
u
/
(x, y) = ln
_
_
(x x
0
)
2
+ (y y
0
)
2
_
armonica in R
2
, fatta eccezione per il punto (x
0
, y
0
).
Usando la regola della derivata composta si vede facilmente che
anche le trasformazioni di similitudine r r, per costante reale
diversa da zero, trasformano una funzione armonica in unaltra che
ancora armonica (esercizio).
S(O, a)
(r

)
(r, )
O
a
Figura 8.5: Inversione rispetto a un
cerchio.
Inversione rispetto a un cerchio Consideriamo adesso una
trasformazione molto utile che, per R
2
, nota come inversione ri-
spetto a un cerchio. Sia S(0, a) un cerchio centrato nellorigine e di
raggio a. In coordinate polari, i punti (r, ) e (r

) sono detti inversi


rispetto a S(0, a) se
rr

= a
2
, =

, (8.39)
quindi due punti inversi rispetto al cerchio stanno sulla stessa linea
radiale. Allora la trasformazione
J
a
: r

=
a
2
r
,

= , (8.40)
denita per tutti i punti del piano eccetto lorigine e trasforma
punti fuori da S(0, a) in punti dentro S(0, a) e viceversa, mentre i
punti che stanno su S(0, a) sono lasciati invariati dalla trasforma-
zione. Allora un dominio che sta fuori da S(0, a) trasformato
in un dominio

che sta dentro S(0, a) e se u armonica in , allo-


ra u

(r) = u(J
1
a
r) armonica in

. La dimostrazione di questo
lasciata come esercizio (si veda il problema 8.4). Si osservi che in
coordinate polari si ha
u

(r, ) = u
_
a
2
r
,
_
(8.41)
e in notazione vettoriale
u

(r) = u
_
a
2
r
2
r
_
(8.42)
lequazione di laplace 169
Figura 8.6: Strettamente collegata
allinversione rispetto ad un cerchio
lanamorfosi in arte. La gura distrorta
nel piano esterno al cerchio ricostruita
mediante uno specchio cilindrico.
(dipinto di Istvn Orosz).
Alcune propriet dellinversione rispetto ad un cerchio
Linverso, rispetto al cerchio
rosso, di un cerchio che passa
per O (blu) una linea che
non passa per O (verde) e
viceversa.
Linverso, rispetto al cerchio
rosso, di un cerchio che non
passa per O (blu) un cerchio
che non passa per O (verde) e
viceversa).
Procedura per costruire lin-
verso P
/
di un un punto P
fuori dal cerchio di centro O
e raggio a. Poich i triangoli
OPN e OP
/
N sono simili, OP
sta a a come a sta a OP
/
.
Linversione rispetto ad un cer-
chio, non trasforma il centro
di un cerchio nel centro della
sua immagine.
Inversione rispetto a una sfera lanalogo in R
3
di quanto
descritto sopra. Sia S(0, a)la supercie di una sfera centrata nellori-
gine e di raggio a. In coordinate sferiche, i punti (r, , ) e (r

)
sono detti inversi rispetto a S(0, a) se
rr

= a
2
, =

, =

, (8.43)
Sia un dominio di R
3
che non contiene lorigine e supponiamo
che la funzione u(r, , ) sia armonica in . Sia

limmagine di
170 appunti di metodi matematici della fisica
rispetto alla trasformazione (8.43) e sia u
#
la funzione data dalla
formula
u
#
(r, , ) =
a
r
u

(r, , ) =
a
r
u
_
a
2
r
, ,
_
. (8.44)
Allora u
#
armonica in

. Anche la dimostrazione di questo


lasciata come esercizio (si veda il problema 8.5) Si osservi che in
notazione vettoriale
u
#
(r) =
a
r
u
_
a
2
r
2
r
_
(8.45)
Esempio 8.2. La funzione
ln

r r
/

(8.46)
armonica in R
2
con un polo in r
/
. Linversione rispetto al cerchio
S(O, a) fornisce la funzione
ln

a
2
r
2
r r
/

= ln
a
r
+ln

a
r
r
r
a
r
/

. (8.47)
Questa funzione armonica in R
2
eccetto per un polo nellorigine e
un polo in r = (a
2
/r
/
)r
/
. Quindi la funzione
ln

a
r
r
r
a
r
/

. (8.48)
armonica in R
2
con un polo in r = (a
2
/r
/2
)r
/
. Si osservi che i poli di
(8.46) e (8.48) sono inversi rispetto al cerchio S(O, a). Se r
/
< a allora
il polo di (8.48) fuori di S(O, a) e quindi (8.48) armonica dentro
S(O, a). Si veda la gura 8.5.
Si osservi che la differenza tra (8.46) e (8.48)
ln

r r
/

ln

a
r
r
r
a
r
/

. (8.49)
una funzione armonica, fatta eccezione per i poli r = r
/
, (a
2
/r
/2
)r
/
,
che si annulla per r = a, cio sulla supercie del cerchio S(O, a).
Esempio 8.3. La funzione
1
[r r
/
[
(8.50)
armonica in R
3
con un polo in r
/
. Linversione rispetto a S(O, a)
fornisce la funzione
a/r
[(a
2
/r
2
)r r
/
[
=
1
[(a/r)r (r/a)r
/
[
. (8.51)
Questa funzione armonica in R
3
eccetto per un polo in r = (a
2
/r
/
)r
/
.
I poli di (8.50) e (8.51) sono inversi rispetto alla sfera S(O, a). Se
r
/
< a allora il polo di (8.51) fuori di S(O, a) e quindi (8.51)
armonica dentro S(O, a).
lequazione di laplace 171
Si osservi che la differenza tra (8.50) e (8.51)
1
[r r
/
[

1
[(a/r)r (r/a)r
/
[
(8.52)
una funzione armonica, eccetto per i poli r = r
/
, (a
2
/r
/
2)r
/
, che si
annulla per r = a, cio sulla supercie della sfera S(O, a).
8.6 Propriet generali delle funzioni armoniche
Dimostrazione di (8.53). Consideriamo
coordinate sferiche r, , centrate in P.
Allora dS = r
2
sin dd, per cui
u
S
=
1
4
_
2
=0
_

=0
u(r, , ) sin dd
Questa quantit, ssato il punto P,
risulter funzione, al pi, di r. Studia-
mo come varia questa funzione nella
direzione radiale n, il versore normale
alla sfera, cio studiamo la derivata
direzionale
n
di u
S
,

n
u
S
n u
S
=
_
S
u n dS
Detta V la sfera piena, V = S, usando
il teorema della divergenza otteniamo
_
S
u n dS =
_
V
u dV =
_
V
u dV = 0
perch u armonica. Allora u
S
una
costante che non dipende dal raggio.
Per determinare la costante, passiamo al
limite r 0 nella (8.54) ottenendo cos
u
S
= u(P),
che quanto si voleva dimostrare.
Unimportante propriet delle funzioni armoniche espressa dal
teorema della media (detto anche teorema della media di Gauss) che,
per semplicit, formuliamo e dimostriamo a margine per n = 3.
Teorema della media. La media dei valori che una fun-
zione armonica assume sulla supercie di una sfera
qualsiasi uguale al valore che la funzione assume al
centro di tale sfera.
(8.53)
Il teorema stabilisce dunque che se P, r e S sono rispettivamente
centro, raggio e supercie della sfera considerata e u(P) il valore di
u al centro di P, e se si pone
u
S
=
1
4r
2
_
S
u dS , (8.54)
allora u
S
indipendente da r e precisamente si ha u(P) = u
S
.
Un corollario notevole del teorema della media che: u(P) pu-
re la media dei valori che u assume nei punti interni della sfera S. Basta
infatti supporre di calcolare tale media servendosi di strati sferici
di spessore innitesimo e concentrici alla sfera. Un altro corollario
molto importante del teorema della media il seguente:
Teorema del valore massimo e minimo. Una funzione armo-
nica in una regione non pu avere dentro tale regione
punti di massimo e di minimo.
(8.55)
Dimostrazione di (8.56). Applicando
la prima identit di Green (5.40) a
= = u, si ottiene
_

uu + (u)
2
dV =
_

(uu) ndS .
Da u = 0 in segue che
_

(u)
2
dV =
_

uu ndS .
Se, ora, u = 0 su tutto il bordo , il
secondo integrale si annuller e si avr
_

(u)
2
dV = 0
e quindi, poich la funzione integranda
non pu mai essere negativa,
u = 0 ossia u = cost. (in )
Infatti, se nel punto P interno alla regione vi fosse, per esempio,
un massimo, esisterebbe un intorno di P tale che in tutti i suoi punti
sarebbe u < u(P) e quindi per una sferetta di centro P interna ad
esso si avrebbe u
S
< u(P), contrariamente a quanto stabilisce il
teorema della media. Il massimo e minimo dei valori di u dovranno
dunque necessariamente trovarsi sul bordo della regione.
Dal corollario (8.55) e dalla continuit di u segue il teorema:
Se una funzione armonica ha un valore costante su tut-
ta una supercie chiusa, allora ha quello stesso valore
in tutto lo spazio interno ad essa. In particolare, se la
funzione nulla sul bordo di una regione, allora nulla
in in tutta la regione.
(8.56)
172 appunti di metodi matematici della fisica
Vista la grande importanza del teorema (8.56), ne diamo a margine
unaltra dimostrazione che si presta meglio a generalizzazioni.
Per lequazione di Laplace vale il seguente teorema di unicit:
Se di una funzione armonica dentro una regione -
nita, si assegnano i valori sul bordo della regione, la
funzione risulta univocamente determinata in tutta la
regione.
(8.57)
Il problema di determinare una funzione u armonica dentro la
regione , quando sono noti i valori che assume sul contorno di ,
Dimostrazione di (8.57). Supponiamo
che esistano due funzioni u
1
e u
2
,
regolari, armoniche dentro e con lo
stesso valore assegnato f sul bordo,
u
1
[

= u
2
[

= f .
Allora, poich u
1
= 0 e u
2
= 0,
anche la loro differenza = u
1
u
2
sar armonica: sar = 0 dentro
e si annuller sul bordo. Per il
teorema (8.56), = 0, cio u
1
= u
2
,
la soluzione unica, che quanto si
voleva dimostrare.
un problema di Dirichlet. In altre parole, il problema risolvere il
problema al contorno
_
u(r) = 0 , r
u(r) = f (r) , r .
(8.58)
Il teorema (8.57) ci dice che il problema non pu ammettere pi di
una soluzione. Ben pi difcile dimostrare che esista una soluzione.
In una lezione seguente si risolver in maniera completa e rigorosa il
problema di Dirichlet nel piano.
Servendosi della (8.58), pure possibile dare un altro teorema di
unicit:
Se di una funzione u, armonica dentro una regione
nita, si assegnano i valori della sua derivata normale
sul bordo della regione, la funzione risulta determina-
ta in tutta la regione a meno di una costante additiva
arbitraria.
(8.59)
Il problema di determinare una funzione armonica dentro una
regione, quando sono noti i valori della sua derivata normale sul
bordo, un problema di Neumann.
Il senso dei due problemi risulta chiaro se si fa riferimento alle-
lettrostatica: il problema di Dirichlet equivale a determinare il poten-
ziale elettrostatico in una regione di spazio priva di cariche quando
assegnato il potenziale sul bordo della regione: chiaramente la solu-
zione unicamente determinata dai valori del potenziale sul bordo.
Il problema di Neumann corrisponde a determinare il potenziale in
una situazione analoga, quando per sul bordo (immaginiamo una
supercie conduttrice) assegnato il campo elettrico (che normale
alla supercie conduttrice). In questo caso, chiaro che il potenziale
determinato a meno di una costante additiva arbitraria.
8.7 Funzione di Green e metodo delle immagini
Consideriamo adesso il seguente problema di elettrostatica. In
una regione limitata dello spazio , il cui bordo un condutto-
lequazione di laplace 173
re messo a terra, posta una carica unitaria nel punto r
/
. Qual il
potenzialeG(r, r
/
) in tutti in punti r di , r ,= r
/
generato dalla carica
unitaria posta in r
/
?

V = 0
Figura 8.7: Regione con bordo
messo a terra e contenente una carica
unitaria posta nel punto r
/
.
La carica unitaria in r
/
genera un potenziale coulombiano
1
4 [r r
/
[
e quindi induce una distribuzione di cariche sulla supercie condut-
trice . Le cariche indotte sulle supercie, a loro volta, generano un
potenziale h(r, r
/
) che, ovviamente, dipende dalla posizione r
/
della
carica unitaria (spostando la carica unitaria in , cambia la distribu-
zione di cariche sul bordo e quindi il potenziale che esse generano).
Allora, per linearit, si ha
Convenzione sulle unit di misura e i
fattori . Scelto un sistema dassi in
r
/
, il potenziale della carica puntiforme
V = 1/(4r) a cui associato il
campo elettrico
E =
1
4r
=

r
1
4r
e
r
=
1
4r
2
e
r
.
Allora per il teorema di Gauss
Q =
_
1
4r
2
e
r
dS =
1
4r
2
4r
2
= 1
e quindi la carica unitaria e positiva.
( Stiamo lavorando con unit di misura
in cui la costante dielettrica del vuoto
0
posta uguale a 1. )
G(r, r
/
) =
1
4 [r r
/
[
+ h(r, r
/
) , (8.60)
dove h(r, r
/
) una funzione armonica in tutti i punti di . Poich
il bordo collegato a terra, G(r, r
/
) si deve annullare per r .
Allora h(r, r
/
) una funzione armonica in , soluzione del problema
di Dirichlet
_

_
h(r, r
/
) = 0 , r
h(r, r
/
) =
1
4
1
[r r
/
[
, r
(8.61)
per ogni r
/
in .
La notevole rilevanza di questo problema di elettrostatica chiarita
da un teorema, dovuto a Green, che fornisce la seguente formula
Prima pagina dellarticolo originale
pubblicato da George Green (1793
1841) nel 1828 su ci che oggi noto
come teorema di Green. Green fu tra i
primi a creare una teoria matematica
rigorosa per lelettricit e il magneti-
smo. Fu un auto-didatta e frequent
soltanto, per non pi di un anno, la
scuola elementare. Visse nella citt
nativa vicino a Nottingham, in In-
ghilterra, dove il padre possedeva un
mulino e faceva il panettiere.
risolutiva, detta formula di Green, per il problema generale di Dirichlet
(8.58),
u(r
/
) =
_

f (r)
n
G(r, r
/
)dS , (8.62)
dove
n
la derivata normale, cio la derivata nella direzione del
versore n normale alla supercie rispetto alle variabili r di integrazio-
ne sul bordo. La dimostrazione della (8.62), per quanto non partico-
larmente difcile (purch si assuma che la soluzione u del problema
(8.58) esista e sia C
2
()), un po laboriosa e la tralasceremo.
Dunque, se si sa risolvere il problema di elettrostatica sopra de-
scritto, si si sa anche risolvere il problema generale di Dirichlet per
lequazione di Laplace. La funzione G(r, r
/
), che nota come funzione
di Green per il problema di Dirichlet dellequazione di Laplace in .
In generale, non facile determinare la funzione di Green. La dif-
colt del problema risulta evidente se si riette sul s signicato sico
di (8.61). Per determinare h(r, r
/
) occorre trovare la distribuzione
delle cariche indotte e questo in generale, un problema difcile.
Il metodo delle immagini permette di aggirare questo problema.
Invece di vedere h(r, r
/
) come il potenziale generato dalle cariche
174 appunti di metodi matematici della fisica
indotte, possiamo consideralo come il potenziale dovuto a cariche
immaginarie collocate nel complemento di . Queste cariche, che
sono chiamate immagini elettrostatiche della carica unitaria posta in r
/
,
vengono introdotte nel complemento di in modo tale che il poten-
ziale h(r, r
/
), dovuto a queste cariche, soddis il problema al contorno
(8.61). In altre parole, in ogni punto del bordo , il potenziale dovu-
to alle cariche immagine deve essere uguale in modulo e opposto in
segno al potenziale dovuto alla carica unitaria in r
/
. In questo modo
si garantisce che il potenziale totale G(r, r
/
) si annulla sul bordo ,
cosicch il bordo pu essere visto come una supercie conduttrice
messa a terra. In molti casi, la geometria di abbastanza semplice
che la scelta delle cariche immagine ovvia.
Figura 8.8: La carica negativa limma-
gine elettrostatica della carica positiva
posta nel semispazio z > 0.
Esempio 8.4. Sia il semispazio in R
3
, = (x, y, z) : z > 0 e
si consideri una carica unitaria nel punto (x
/
.y
/
, z
/
), come mostrato
in gura. Se si introduce una carica negativa in r
/
= (x
/
, y
/
, z
/
, ) il
potenziale risultante dovuto alle due cariche sar 0 al bordo z = 0 di
. La risultante funzione di Green
G(r, r
/
) =
1
4
1
[r r
/
[

1
4
1
[r r
/
[
Altri problemi con bordo a geometria semplice sono lasciati come
esercizi (si vedano i problemi alla ne del capitolo).
Concludiamo questa sezione enunciando il teorema di Green in
due dimensioni.
Teorema di Green in R
2
. Sia una regione di R
2
. La funzione Convenzione sulle unit di misura e i
fattori . Scelto un sistema dassi in
r
/
, il potenziale della carica puntiforme
nel piano V = 1/(2) ln(1/r) =
1/(2) lnr a cui associato il campo
elettrico
E = (
1
2
lnr) =
1
2

r
lnre
r
=
1
2r
e
r
.
Allora per il teorema di Gauss-Green
nel piano
Q =
_
1
2r
e
r
dS =
1
2r
2r = 1
e quindi la carica unitaria e positiva.
G(r, r
/
) =
1
2
ln
1
[r r
/
[
+ h(r, r
/
) , r, r
/
r ,= r
/
(8.63)
dove h(r, r
/
) soddisfa
_

_
h(r, r
/
) = 0 , r
h(r, r
/
) =
1
2
ln
1
[r r
/
[
, r
(8.64)
per ogni r
/
in , detta funzione di Green per il problema di Dirichlet
dellequazione di Laplace in R
2
. Il teorema di Green nel piano
stabilisce che la soluzione u(r) del problema (8.58) in R
2
data dalla
formula di Green (8.62) con G(r, r
/
) denita dalle (8.63) e (8.64).
8.8 Polinomi di Legendre
Il potenziale V nel generico punto r dello spazio prodotto da una
carica unitaria posta nel punto r
/
= (0, 0, r
/
),
V =
1
R
=
1
[r r
/
[
=
1
_
(r r
/
) (r r
/
)
=
1
_
r
2
+ r
/
2
2r
/
r cos
lequazione di laplace 175
Si raccolga r
/
a denominatore e per comodit si ponga
t
r
r
/
e u cos .
Allora
V =
1
R
=
1
r
/
_
1 +
r
2
r
/2
2
r
r
/
cos
=
1
r
/

1 2ut + t
2
(8.65)
Il nostro scopo qui di sviluppare V in serie di potenze di t. Dal-
lesercizio 4.3 sulla serie binomiale, per z z e n = 1/2, si
ottiene
(1 + z)
1/2
= c
0
+ c
1
z + c
2
z
2
+ . . . + c
n
z
n
+ . . .
dove
c
n
=
1 3 5 . . . (2n 1)
2 4 6 . . . (2n)
, c
0
= 1
e raggio di convergenza [z[ < 1. Quindi, se

2ut + t
2

< 1,
1

1 2ut + t
2
= c
0
+ c
1
(2ut + t
2
) + c
2
(2ut + t
2
)
2
+ . . . (8.66)
Questa non una serie di potenze di t, ma la si pu rendere tale
espandendo i binomi e raccogliendo le potenze di t, un processo che
giusticato se [t[ < [

2 1. I coefcenti delle potenze di t sono


adesso polinomi in u e possiamo scrivere il risultato come
1

1 2ut + t
2
=

n=0
P
n
(u)t
n
, (8.67)
dove
P
0
(u) = 1 , P
1
(u) = u , P
2
(u) =
1
2
_
3u
2
1
_
+ . . . (8.68)
I coefcienti P
n
(u) sono detti polinomi di Legendre e sono dati dalla
formula:
P
n
(u) =
1 3 5 . . . (2n 1)
n!
_
u
n

n(n 1)
2(2n 1)
u
n2
+
n(n 1)(n 2)(n 3)
2 4(2n 1)(2n 3)
u
n4
. . .
_
(8.69)
Si osservi che P
n
(u) di grado n e che contiene solo potenze alter-
nate di u, cosicch i polinomi di Legendre di grado pari sono funzioni pari
di u e quelli di grado dispari sono funzioni dispari di u.
I polinomi di Legendre hanno interessanti propriet, la verica
delle quali lasciata per esercizio (si vedano i problemi alla ne del
capitolo):
176 appunti di metodi matematici della fisica
(a) Soddisfano le relazioni di ricorrenza
(n +1)P
n+1
(u) = (2n +1)uP
n
(u) nP
n1
(u) (8.70)
uP
/
n
(u) P
/
n1
(u) = nP
n
(u) (8.71)
Adrien-Marie Legendre (17521833)
stato un matematico francese. Tra i
suoi contributi, lo studio delle funzioni
e degli integrali ellittici e lo sviluppo
della regressione lineare basata sul
metodo dei minimi quadrati. noto
per la trasformazione di Legendre,
originariamente scoperta come trasfor-
mazione geometrica, che in seguito fu
usata per passare dalla formulazione
lagrangiana a quella hamiltoniana del-
la meccanica e per ottenere lentalpia e
le energie libere di Helmoltz e Gibbs a
partire dallenergia interna.
(b) Sono generati dalla formula,
P
n
(u) =
1
2
n
n!
d
n
du
n
_
(u
2
1)
n
_
, n = 0, 1, 2, 3, . . . , (8.72)
detta formula di Rodrigues.
(c) Soddisfano lequazione differenziale
(1 u
2
)y
//
2uy
/
+ n(n +1)y = 0 , (8.73)
detta equazione di Legendre.
La funzione
1

1 2ut + t
2
detta funzione generatrice dei polinomi di Legendre, nel senso ovvio
espresso dalla (8.67).
I polinomi di Legendre possono essere calcolati in modi equivalen-
ti. Un modo facile in termini della formula di Rodrigues. I primi sei
sono:
P
0
= 1 P
1
= u
P
2
=
1
2
(3u
2
1) P
3
=
1
2
(5u
3
3u)
P
4
=
1
8
(35u
4
30u
2
+3) P
5
=
1
8
(63u
5
70u
3
+15u) .
Lequazione differenziale
(1 u
2
)y
//
2uy
/
+
_
n(n +1)
m
2
1 u
2
_
y = 0 . (8.74)
detta equazione di Legendre associata. Per m = 0 si riduce allequa-
zione di Legendre. La rilevanza della (8.74) per determinare le armo-
niche speriche di Laplace (8.27) messa in luce dai problemi 8.10 e
8.11.
P
0
P
1
P
2
P
3
P
4
Figura 8.9: I primi quattro polinomi di
Legendre nellintervallo [1, 1].
I polinomi di Legendre furono introdotti nel 1782 da Adrien-Marie
Legendre. Legendre era interessato a stabilire la forma elissoidale
esatta della Terra e il primo passo della sua ricerca era determinare
il potenziale Newtoniano (8.65) in termine del quale poteva poi cal-
colare il potenziale gravitazionale associato ad una distribuzione di
masse. Pochi mesi dopo , affrontando lo stesso problema, Laplace
svilupp la teoria delle armoniche sferiche.
lequazione di laplace 177
Problemi
Problema 8.1. Si considerino due piastre innite
a distanza d con un conduttore che collega le due
piastre. Le due piastre sono messe a terra, mentre
il conduttore che le collega mantenuto al poten-
ziale V
0
sin(2x/d). Trovare il potenziale tra le due
piastre.
1.1. SEPARATION FOR THE LAPLACE PROBLEM Lecture 1
potential satises Laplaces equation in the region between the plates (no
charge in there), and the boundary conditions are clear:
V (x = 0, y) = V (x = d, y) = 0 V (x, y = 0) = V
0
sin

2 x
d

. (1.10)
y
x
d
V
0
sin

2x
d

Figure 1.1: Two parallel plates separated by a distance d and held at V = 0,


the connecting plate is held at V
0
sin(2 x/d).
We know the solution will be of the form (1.9), but how to choose and the
constants (A, B, F, G)? There is an additional, implicit boundary condition
wed like the potential to go to zero in the open spatial direction, y
this tells us that we should set = i a for a IR to get growing and
decaying exponentials for the V
y
(y) solution:
V
x
= Ae
i a x
+ B e
i a x
V
y
= F e
a y
+ Ge
a y
(1.11)
and, furthermore, we should set G = 0 to eliminate the growing exponential.
By introducing

A = (A+B) and

B = i (AB), we can write V
x
(x) in terms
of sine and cosine. Our solution so far, then, is:
V
x
=

A cos(a x) +

B sin(a x) V
y
= F e
a y
V = V
x
V
y
. (1.12)
Now for the rest of the boundary conditions: take V
x
(x = 0) = 0 that tells
us that

A = 0. Our solution is now much simpler, the full potential has the
4 of 11
Problema 8.2. Il bordo di una piastra circolare
di raggio unitario mantenuto alla temperatura
costante
5 +2 cos +5 sin3
dove la variabile angolare in coordinate polari
con origine nel centro della piastra. Trovare la distri-
buzione di temperatura a regime (cio in condizioni
stazionarie) in tutti i punti della piastra.
Problema 8.3. Usando il metodo di separazio-
ne delle variabili e il principio di sovrapposizione,
risolvere lequazione
u
t
= 2

2
u
x
2
imponendo che u(0, t) = u(3, t) = 0 per tutti i t > 0,
che per t = 0 si abbia
u(x, 0) = 5 sin4x 3 sin8x +2 sin10x
e che la soluzione resti limitata per tutti i t > 0 cio
esiste una costante M tale che [u(x, t)[ < M.
Problema 8.4. Usando la regola della derivata
della funzione composta e la forma del laplaciano in
coordinate polari, dimostrare che linversione rispet-
to a un cerchio in R
2
preserva larmonicit di una
funzione.
Problema 8.5. Usando la regola della derivata
della funzione composta e la forma del laplaciano
in coordinate sferiche, dimostrare che la funzione u
/
denita dallequazione (8.44) armonica.
Problema 8.6. Trovare la funzione di Green per
il quarto di spazio in R
3
= (x, y, z) : y > 0, z > 0
Aiuto. Servono 3 cariche immagine, una negativa in
r
/
1
= (x
/
, y
/
, z
/
), una positiva in r
/
2
= (x
/
, y
/
, z
/
)
e una negativa in r
/
3
= (x
/
, y
/
, z
/
). Si verichi, aiu-
tandosi con un disegno che il potenziale risultante
dovuto alle 4 cariche si annulla sul bordo di .
Problema 8.7. Trovare la funzione di Green
per la sfera piena in R
3
di raggio a e centrata
nellorigine,
= (x, y, z) : x
2
+ y
2
+ z
2
a
2
.
Problema 8.8. Trovare la funzione di Green per
il disco unitario in R
2
centrato nellorigine,
= (x, y) : x
2
+ y
2
1 .
Aiuto. Usare il corretto potenziale (logaritmico) di
una carica in due dimensioni.
Problema 8.9. Usare il risultato del problema
precedente e la (8.62) per ottenere la formula
u(r, ) =
1
2
_
2
0
(1 r
2
) f ()
1 + r
2
2r cos( )
d
per la soluzione del problema di Dirichlet nel disco
unitario. Questa soluzione detta rappresentazione
integrale di Poisson.
178 appunti di metodi matematici della fisica
Problema 8.10. Si consideri lequazione (8.25)
per = n(n +1), n = 0, 1, 2, 3, . . .

3
Y + Y = 0
in una regione di spazio che contiene lorigine. Mo-
strare che ha soluzioni della forma Y = ()() se
e soddisfano le equazioni

//
+ m
2
= 0, (8.75)
(m costante) e
sin (sin
/
)
/
+
_
n(n +1) sin
2
m
2
_
= 0 .
(8.76)
Spiegare perch m deve essere un intero.
Problema 8.11. Mostrare che, mediante cambia-
mento di variabili u = cos nella (8.76), si ottiene la
lequazione di Legendre associata (8.74) per (u).
Problema 8.12. Mostrare che se m un intero e
y
n
(u) una soluzione dellequazione di Legendre
(8.73), allora
w
m
n
= (1 u
2
)
m/2
y
(m)
n
una soluzione dellequazione di Legendre
associata (8.74).
Aiuto. Tralasciando per semplicit indici e pedici,
prima si determini lequazione soddisfatta da
v = y
(m)
.
Quindi si effettui la sostituzione
v = (1 u
2
)
p
w
e si trovi lequazione soddisfatta da w. A Si osservi
inne che per p = m/2 lequazione cos ottenuta,
dopo aver diviso per 1 u
2
, proprio lequazione
di Legendre associata per w = w(u). Ripristinando
indici e pedici, w = w
m
n
.
Problema 8.13. Usando la (8.66), convincer-
si che i primi tre polinomi di Legendre sono dati
dalla (8.84). Usando lo stesso metodo, si proceda
no a calcolare i primi sei. Fatto questo, si dimostri
che ln-esimo polinomio di Legendre dato dalla
formula (8.69).
Problema 8.14. Usando la formula (8.67)
che denisce i polinomi di Legendre (funzione
generatrice), ottenere la relazione di ricorrenza
(8.70).
Aiuto. Si derivino rispetto a t ambo i membri della
(8.67), quindi si moltiplichino per 1 2ut + t
2
ambo
i membri dellequazione ottenuta. Dopo aver fatto
questo, si riutilizzi la (8.67) per ottenere unugua-
glianza tra serie di potenze in t. Inne, si usi il fatto
che due serie sono uguali se i loro coefcienti sono
uguali.
Problema 8.15. Ottenere la formula di ricorrenza
(8.71).
Problema 8.16. Usando le formule di ricor-
renza, dimostrare che i polinomi di Legendre sono
soluzioni dellequazione di Legendre.
Problema 8.17. Dimostrare la formula di
Rodrigues (8.72).
Aiuto. Un modo di partire dalla formula (8.69),
integrandone ambo i membri n volte da 0 a u.
Problema 8.18. Dimostrare che la serie

n=0
P
n
(u)t
n
converge a
1

1 2ut + t
2
non solo per [t[ < [

2 1, ma per tutti i [t[ < 1.


Problema 8.19. Mediante il metodo si separazio-
ne delle variabili trovare i modi normali della corda
vibrante, assumendo che lo scostamento verticale
della corda u = u(x, t) soddis lequazione delle
onde
1
v
2

2
u
t
2


2
u
x
2
= 0 ,
e le condizioni al contorno
u(0, t) = u(L, t) = 0 .
lequazione di laplace 179
Soluzioni
Problema 8.1. Nella regione di spazio indicata in gura deve
valere lequazione di Laplace per il potenziale u,

2
u
x
2
+

2
u
y
2
= 0 , (7.9)
Usando il metodo di separazione delle variabili, nellesercizio 7.2
sono state trovate le soluzioni della forma u(x, y) = X(x)Y(y):
(1) u = (ax + b)(cy + d) .
(2) u = (ae
x
+ be
x
)(c cos y + d sin y), ,= 0.
(3) u = (a cos x + b sin x)(ce
y
+ de
y
), ,= 0.
Le (3) fanno al caso nostro. Lesponenziale crescente corrisponde
ad una soluzione non sica e quindi va scartata. Da un punto di vista
matematico questo corrisponde alla condizione di limitatezza della
soluzione,
[u(x, t)[ M.
Lannullamento della funzione per x = 0 ci permette di scartare
anche il coseno. Il campo si restringe dunque alla ricerca di soluzioni
del tipo
Asin(x)ce
y
(dove adesso la costante arbitraria A sta per bd). Lannullamento
della funzione per x = d interessante perch ci dice che sin(x) = 0,
che un vincolo sulle lunghezze donda permesse
sin(d) = 0 = d = n .
Quindi le sole permesse che soddisfano al condizione al contorno
sono = n/d, che ancora una famiglia innita, ma parametrizzata
da un indice discreto. Dunque le possibili soluzioni sono
u
n
= A
n
sin
_
nx
d
_
exp
_

ny
d
_
. (8.77)
Invocando il principio di sovrapposizione, possiamo allora conclude-
re che la soluzione dellequazione di Laplace nel piano, che si annulla
per x = 0 e x = d della forma
u(x, y) =

n=1
A
n
sin
_
nx
d
_
exp
_

ny
d
_
.
Se adesso teniamo conto della rimanente condizione al contorno del
problema
u(x, 0) = V
0
sin
_
2x
d
_
,
180 appunti di metodi matematici della fisica
vediamo che nella (8.77) possiamo prendere A
n
= 0 eccetto per n = 2
e quindi la soluzione cercata
u = V
0
sin
_
2x
d
_
exp
_

2y
d
_
. (8.78)
1.2. SEPARATION FOR OTHER PDES Lecture 1
0.0 0.2 0.4 0.6 0.8 1.0
0.0
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
V
0
sin

2x
d

Figure 1.2: The potential between the plates for the setup shown in Fig-
ure 1.1.
There is not much more to say about separation of variables the best
approach is to do as many examples as you can get your hands on that
makes some of the choices that appear unmotivated at rst (why should we
make the integration constant
2
? Why do we pick the y solution to be
growing and decaying?) more reasonable.
1.2 Separation for Other PDEs
We will be applying the SOV technique to Schrodingers equation, and that
is not going to be much dierent than the Laplacian example from E&M.
The approach is independent of PDE, although the PDE must be linear (not
strictly speaking true, but the superposition principle we invoked in writ-
ing (1.16) relied on linearity) just to show some of the places where SOV
comes up, we can look at the Helmholtz equation and the wave equation.
6 of 11
Riassumendo, la (8.78) la soluzione del problema al contorno
_

2
u
x
2
+

2
u
y
2
= 0 , 0 < x < d , y > 0
u(x, 0) = V
0
sin
_
2x
d
_
,
u(0, y) = 0 , u(d, y) = 0 , y > 0
[u(x, t)[ < M, 0 < x < d , y > 0
(8.79)
Problema 8.2. In condizioni stazionarie la temperatura T nella
piastra governata dallequazione di Laplace
T = 0 .
dunque una funzione armonica, e quindi regolare nel disco unita-
rio, inclusa lorigine. Il metodo di separazione delle variabili fornisce
le funzioni armoniche della prima riga della (8.19):
1 , r
n
cos n , r
n
sin n n = 1, 2, 3 . . . .
Se ne troviamo una combinazione lineare che soddisfa le desiderate
condizioni al bordo, siamo a posto. Consideriamo la combinazione
lineare
c
0
+
N

n
[a
n
r
n
cosn + b
n
r
n
sin n] ,
con coefcienti arbitrari c
0
, a
n
, b
n
, che al bordo r = 1 diventa
c
0
+
N

n
[a
n
cosn + b
n
sin n] .
Imponiamo la condizione
c
0
+
N

n
[a
n
cosn + b
n
sin n] = 5 +2 cos +5 sin3 ,
A causa dellindipendenza lineare della costante 1 e dei seni e coseni
di n volte langolo, luguaglianza vericata se e sole se i coefcienti
di 1, cos n e sin n sono uguali membro a membro. Si ottiene cos
c
0
= 5, a
1
= 2 b
3
= 5
e pari a zero tutti gli altri coefcienti. Allora la soluzione dellequa-
zione di Laplace, che soddisfa le date condizioni al bordo,
T(r, ) = 5 +2r cos +5r
3
sin3 .
Questa la la distribuzione della temperatura a regime nella piastra
lequazione di laplace 181
Problema 8.3. Poniamo u = XT. Allora XT
/
= 2X
//
T, cio
X
//
/X = T
/
/(2T). Ogni membro deve essere una costante che chia-
miamo
2
. (Se usassimo +
2
, la soluzione che si otterrebbe non
soddisferebbe la condizione di limitatezza, per reale). Quindi
X
//
+
2
X = 0 T
/
+2
2
T = 0
le cui soluzioni sono X = A
1
cos x + B
1
sin x , T = c
1
e
2
2
t
.
Dunque una soluzione dellequazione alle derivate parziali
u(x, t) = XT = c
1
e
2
2
t
(A
1
cos x + B
1
sin x) = e
2
2
t
(Acos x + Bsin x)
Poich u(0, t) = 0, deve essere A = 0. Quindi
u(x, t) = Be
2
2
t
sin x .
Poich u(3, t) = 0, deve essere Be

2
t
sin3 = 0. Se B = 0, la
soluzione sarebbe identicamente nulla. Allora deve valere sin3 = 0,
cio
3 = m , =
m
3
con m = 0, 1, 2, . . . .
Per il principio di sovrapposizione,
u(x, t) = B
1
e
2m
2
1

2
t/9
sin
m
1
x
3
+B
2
e
2m
2
2

2
t/9
sin
m
2
x
3
+B
3
e
2m
2
3

2
t/9
sin
m
3
x
3
una soluzione. Per lultima condizione al contorno, si deve avere
u(x, 0) = B
1
sin
m
1
x
3
+ B
2
sin
m
2
x
3
+ B
3
sin
m
3
x
3
= 5 sin4x 3 sin8x +2 sin10x
e questo possibile solo se
B
1
= 5 m
1
= 12 B
2
= 3 m
2
= 24 , B
3
= 2 , m
3
= 30 .
Sostituendo questi valori nellespressione sopra per u(x, t), si ottiene
la soluzione richiesta
u(x, t) = 5e
32
2
t
sin4x 3e
128
2
t
sin8x +2e
200
2
t
sin10x
Problema 8.4. Consideriamo il laplaciano nel piano
=
1
r

r
_
r

r
_
+
1
r
2

2
=

2
r
2
+
1
r

r
+
1
r
2

2
e determiniamo come si trasforma in conseguenza della trasforma-
zione
r

=
a
2
r
, r =
a
2
r

=
Determiniamo i tre addendi del laplaciano separatamente. Poich

r
=

r

r
=
a
2
r
2

=
a
2
r
2
a
4

=
r
2
a
2

,
182 appunti di metodi matematici della fisica
si ha
1
r

r
=
r

a
2

r
2
a
2

=
r
3
a
3

.
Per la derivata seconda, si ottiene

2
r
2
=

r

r
=
r
2
a
2

_
r
2
a
2

_
=
r
2
a
4

_
r
2

r

_
=
r
2
a
4
_
2r

+ r
2

2
r
2
_
=
2r
3
a
4

+
r
4
a
4

2
r
2
Inne, per lultimo termine
1
r
2

2
=
r
2
a
4

2
.
Allora, sommando i tre termini calcolati, otteniamo
=

2
r
2
+
1
r

r
+
1
r
2

2
=
2r
3
a
4

+
r
4
a
4

2
r
2
+
r
3
a
4

+
r
2
a
4

2
=
_
r
4
a
4
_
_

2
r
2
+
1
r

+
1
r
2

2
_
=
_
r
4
a
4
_

Quindi, per inversione rispetto al cerchio, il laplaciano si trasfor-


ma nel laplaciano nelle nuove variabili moltiplicato per il fattore
di scala r
4
/a
4
. Allora se u(r) armonica nelle variabili r, anche
u

(r

) = u(r) armonica nelle variabili r

, che quello che si voleva


dimostrare.
Problema 8.5. Analogo al precedente con una (lieve) difcolt
aggiuntiva.
Problema 8.6. Basta laiuto.
Problema 8.7. Analogo al successivo.
Problema 8.8. La funzione di Green cercata la (8.49) (a meno di
un cambiamento di segno, per aver una carica positiva unitaria in r
/
)
G(r, r
/
) =
1
2
ln

r r
/

+
1
2
ln

a
r
r
r
a
r
/

. (8.80)
Infatti, essa una funzione armonica nel cerchio, fatta eccezione per
il polo r = r
/
(per r
/
dentro al cerchio, il polo immagine r = (a
2
/r
/2
)r
/
fuori dal cerchio), e si annulla per r = a, cio sulla supercie del
cerchio S(O, a).
lequazione di laplace 183
Problema 8.9. Dobbiamo calcolare la derivata normale
n
G(r, r
/
)
sul cerchio, dove G(r, r
/
) data dalla (8.80). Usiamo coordinate polari
r (r, ) r
/
(r
/
,
/
)
Allora

r r
/

2
= r
2
+ r
/2
2rr
/
cos(
/
)
e

a
r
r
r
a
r
/

2
= a
2
+
r
2
r
/2
a
2
2rr
/
cos(
/
) =
1
a
2
_
a
4
+ r
2
r
/2
2rr
/
a
2
cos(
/
)
_
La derivata normale la derivata rispetto a r, calcolata sul cerchio.
Calcoliamo le derivate rispetto a r dei due termini a secondo membro
della (8.80):

r
ln

r r
/

=
1
2

r
ln

r r
/

2
=
1
2

r
ln
_
r
2
+ r
/2
2rr
/
cos(
/
)
_
=
r r
/
cos(
/
)
r
2
+ r
/2
2rr
/
cos(
/
)
e

r
ln

a
r
r
r
a
r
/

=
1
2

r
ln

a
r
r
r
a
r
/

2
=

r
ln
_
a
4
+ r
2
r
/2
2rr
/
a
2
cos(
/
)
_
=
rr
/2
2r
/
a
2
cos(
/
)
a
4
+ r
2
r
/2
2rr
/
a
2
cos(
/
)
Sul cerchio, r = a e quindi

r
ln

r r
/

r=a
=
a r
/
cos(
/
)
a
2
+ r
/2
2ar
/
cos(
/
)

r
ln

a
r
r
r
a
r
/

r=a
=
ar
/2
2r
/
a
2
cos(
/
)
a
4
+ a
2
r
/2
2r
/
a
3
cos(
/
)
=
1
a
r
/2
r
/
a cos(
/
)
a
2
+2r
/2
ar
/
cos(
/
)
Allora

n
G(r, r
/
) =

r
G(r, r
/
)

r=a
=
1
2
a r
/
cos(
/
)
a
2
+ r
/2
2ar
/
cos(
/
)
+
1
2
1
a
r
/2
r
/
a cos(
/
)
a
2
+2r
/2
2ar
/
cos(
/
)
=
1
2a
a
2
+ r
/
a cos(
/
) + r
/2
r
/
a cos(
/
)
a
2
+2r
/2
2ar
/
cos(
/
)
=
1
2a
r
/2
a
2
a
2
+2r
/2
2ar
/
cos(
/
)
Applichiamo adesso la formula di Green (8.62)
u(r
/
,
/
) =
1
2a
_
2
0
r
/2
a
2
a
2
+2r
/2
2ar
/
cos(
/
)
f () a d
=
a
2
r
/2
2
_
2
0
f ()
a
2
+2r
/2
2ar
/
cos(
/
)
d
184 appunti di metodi matematici della fisica
A questo punto, preferibile cambiare nome alle variabili e scrivere
la rappresentazione integrale di Poisson per la funzione u(r, ):
u(r, ) =
a
2
r
2
2
_
2
0
f ()
a
2
+2r
2
2ar cos( )
d (8.81)
Ovviamente, per a = 1 si ha la rappresentazione di Poisson per il
disco unitario.
Problema 8.10. Risolviamo lequazione
1
sin

_
sin
Y

_
+
1
sin
2

2
Y

2
+ n(n +1)Y = 0
mediante separazione delle variabili, cio poniamo Y = e
dividiamo per Y. Allora si ottiene
1

1
sin

_
sin

_
+
1

1
sin
2

2
+ n(n +1) = 0
Moltiplichiamo per sin
2
e portiamo a secondo membro il termine
dipendente da ,
sin

_
sin

_
+ + sin
2
=
1

2
Luguaglianza possibile solo se entrambi i membri sono uguali ad
una costante, diciamo m
2
. Allora lequazione originaria si separa
nelle due equazioni

//
+ m
2
= 0 (8.75)
sin (sin
/
)
/
+
_
n(n +1) sin
2
m
2
_
= 0 (8.76)
Poich lorigine contenuta nella regione di spazio, deve essere ad
ad un sol valore, occorre che sia periodica di periodo 2, cio
deve soddisfare la condizione
( +2) = () .
e questo possibile solo se m un intero.
Problema 8.11. Poniamo nellequazione (8.76) u = cos .
Otteniamo
d
d
=
d
du
du
d
= sin
d
du
.
Pertanto
(sin
/
) = sin
2

d
du
= (u
2
1)
d
du
dato che sin
2
= 1 cos
2
= 1 u
2
. Ne segue che
(sin
/
)
/
=
d
d
_
(u
2
1)
d
du
_
=
d
du
_
(u
2
1)
d
du
_
du
d
=
d
du
_
(1 u
2
)
d
du
_
sin
lequazione di laplace 185
Sostituendo nella (8.76), otteniamo
sin
2

d
du
_
(1 u
2
)
d
du
_
+
_
n(n +1) sin
2
m
2
_
= 0
Dividendo per sin
2
= 1 u
2
,
d
du
_
(1 u
2
)
d
du
_
+
_
n(n +1)
m
2
1 u
2
_
= 0
ovvero, sviluppando la prima derivata,
(1 u
2
)
/
2u+
_
n(n +1)
m
2
1 u
2
_
= 0
che proprio lequazione di Legendre associata (8.74) per (u).
Problema 8.12. Consideriamo lequazione di Legendre
(1 u
2
)y
//
2uy
/
+ n(n +1)y = 0 . (8.73)
e deriviamo questa equazione m volte. Applicando la regola di
calcolo della derivata m-esima di un prodotto,
( f g)
(m)
=
m

k=0
_
m
k
_
f
(k)
g
(mk)
,
_
m
k
_
=
m!
k!(mk)
, (8.82)
si ottiene
_
(1 u
2
)y
//
_
(m)
= (1 u
2
)y
//(m)
2muy
//(m1)
m(m1)y
//(m2)
= (1 u
2
)y
(m+2)
2muy
(m+1)
m(m1)y
(m)
_
2uy
/

(m)
= 2uy
/(m)
2my
/(m1)
= 2uy
(m+1)
2my
(m)
[n(n +1)y]
(m)
= n(n +1)y
(m)
Sostituendo le relazioni ottenute nella (8.73) e ponendo v = y
(m)
, si
ottiene
(1 u
2
)v
//
2muv
/
m(m1)v 2uv
/
2mv + n(n +1)v = 0 ,
ovvero
(1 u
2
)v
//
2(m +1)uv
/
+ [(n(n +1) m(m +1)] v = 0 . (8.83)
Nella (8.83) facciamo la sostituzione
v = (1 u
2
)
p
w
suggerita nellaiuto. Calcoliamo la derivata prima e la derivata
seconda di v:
v
/
= 2
_
1 u
2
_
p1
puw +
_
1 u
2
_
p
w
/
186 appunti di metodi matematici della fisica
e, per la (8.82),
v
//
= (1 u
2
)
p
w
//
+2
_
(1 u
2
)
p
_
/
w
/
+
_
(1 u
2
)
p
_
//
w
= (1 u
2
)
p
w
//
+2
_
2
_
1 u
2
_
p1
pu
_
w
/
+
_
2p
_
2
_
1 u
2
_
p2
pu
2

_
1 u
2
_
p1
2
_
1 u
2
_
p2
u
2
__
w
Moltiplichiamo v
//
per (1 u
2
) e raccogliamo (1 u
2
)
p
(1 u
2
)v
//
= (1 u
2
)
p+1
w
//
+2
_
2
_
1 u
2
_
p
pu
_
w
/
+
_
2p
_
2
_
1 u
2
_
p1
pu
2

_
1 u
2
_
p
2
_
1 u
2
_
p1
u
2
__
w
= (1 u
2
)
p
_
(1 u
2
)w
//
4puw
/
+2p
_
2pu
2
2u
2
1 u
2
1
_
w
_
Questo come diventa il primo termine a primo membro della (8.83).
Adesso calcoliamo il secondo termine, raccogliendo (1 u
2
)
p
,
2(m +1)uv
/
= 2(m +1)u
_
2
_
1 u
2
_
p1
puw +
_
1 u
2
_
p
w
/
_
= (1 u
2
)
p
_
4(m +1)pu
2
w
1 u
2
2(m +1)uw
/
_
Inne, lultimo termine (8.83)
[(n(n +1) m(m1)] v = (1 u
2
)
p
[(n(n +1) m(m +1)] w
Sostituiamo le relazioni ottenute nella (8.83), dividendo per (1
u
2
)
p
e raccogliamo i termini nelle derivate di w. In questo modo
otteniamo
(1 u
2
)w
//
2u [2p + m +1] w
/
+
_
4p
2
u
2
4pu
2
+4(m +1)pu
2
1 u
2
2p + n(n +1) m(m +1)
_
w = 0
Questa equazione ha la forma dellequazione di Legendre associata,
se il termine in parentesi quadre nel coefciente di w
/
uguale 1 e se
il coefciente di w
n(n +1)
m
2
1 u
2
.
Per p = 1/2 entrambe le condizioni sono soddisfatte. Quindi w =
(1 u
2
)
m/2
v soddisfa lequazione di Legendre associata
(1 u
2
)w
//
2uw
/
+
_
n(n +1)
m
2
1 u
2
_
w = 0 .
Essendo v = y
(m)
, dove y soluzione dellequazione di Legendre,
risulta cos dimostrato che se P
n
soluzione dellequazione di Legendre,
allora
P
m
n
= (1 u
2
)
m/2
d
m
P
n
du
m
,
soluzione dellequazione di Legendre associata.
lequazione di laplace 187
Problema 8.13. Provare e riprovare.
Problema 8.14. Consideriamo
1

1 2ut + t
2
=

n=0
P
n
(u)t
n
. (8.67)
Derivando rispetto a t,
u t
(1 2ut + t
2
)
3/2
=

n=0
nP
n
(u)t
n1
. (8.84)
Moltiplicando per 1 2ut + t
2
,
u t

1 2ut + t
2
=

n=0
(1 2ut + t
2
)nP
n
(u)t
n1
.
Ora, mediante la (8.67), il primo membro si pu scrivere come

n=0
(u t)P
n
(u)t
n
, per cui lequazione precedente diventa

n=0
(u t)P
n
(u)t
n
=

n=0
(1 2ut + t
2
)nP
n
(u)t
n1
cio

n=0
uP
n
(u)t
n

n=0
P
n
(u)t
n+1
=

n=0
nP
n
(u)t
n1

n=0
2nuP
n
(u)t
n
+

n=0
nP
n
(u)t
n+1
Uguagliando i coefcienti di t
n
nei due membri, si ottiene
uP
n
(u) P
n1
(u) = (n +1)P
n+1
(u) 2nuP
n
(u) + (n 1)P
n1
(u)
cio
(n +1)P
n+1
(u) = (2n +1)uP
n
(u) nP
n1
(u) (8.70)
che il risultato richiesto.
Problema 8.15. Deriviamo rispetto a u membro a membro
lequazione
1

1 2ut + t
2
=

n=0
P
n
(u)t
n
. (8.67)
Otteniamo
t
(1 2ut + t
2
)
3/2
=

n=0
P
/
n
(u)t
n
Procedendo adesso come nel problema precedente, si arriva a stabili-
re il risultato desiderato
uP
/
n
(u) P
/
n1
(u) = nP
n
(u) (8.71)
188 appunti di metodi matematici della fisica
Problema 8.16. Derivando membro a membro la (8.70), si ottiene
(n +1)P
/
n+1
(u) (2n +1)P
n
(u) (2n +1)uP
/
n
(u) + nP
/
n1
(u) = 0 .
Eliminando P
/
n1
mediante la (8.71), si ottiene, con n al posto di n +1,
P
/
n
(u) uP
/
n1
(u) = nP
n1
(u)
Eliminando nuovamente P
/
n1
mediante la (8.71), si ottiene
(1 u
2
)P
/
n
(u) + nuP
n
(u) = nP
n1
(u)
Derivando questequazione, e usando ancora la (8.71) per eliminare
P
/
n1
, si ha lequazione di Legendre
d
du
_
(1 u
2
)P
/
n
_
+ n(n +1)P
n
= 0 (8.85)
Problema 8.17. Consideriamo
P
n
(u) =
1 3 5 . . . (2n 1)
n!
_
u
n

n(n 1)
2(2n 1)
u
n2
+
n(n 1)(n 2)(n 3)
2 4(2n 1)(2n 3)
u
n4
. . .
_
.
(8.69)
Integrando n volte tra 0 e u, otteniamo
1 3 5 . . . (2n 1)
(2n)!
_
u
2n
nu
2n2
+
n(n 1)
2!
u
2n4
. . .
_
che si pu riscrivere come
1 3 5 . . . (2n 1)
(2n)(2n 1)(2n 2) . . . 2 1
(u
2
1)
n
=
1
2
n
n!
(u
2
1)
n
.
Il che dimostra la formula
P
n
(u) =
1
2
n
n!
d
n
du
n
_
(u
2
1)
n
_
, n = 0, 1, 2, 3, . . . . (8.72)
Problema 8.18. Facile.
9
Polinomi omogenei e armoniche sferiche
Indice
9.1 Armoniche sferiche 189
9.2 Polinomi omogenei 190
9.3 Polinomi armonici omogenei 191
9.4 Decomposizione in armoniche di un polinomio 193
9.5 Armoniche sferiche e rotazioni 195
9.6 Distribuzione di temperatura allinterno di un corpo sferico 196
9.7 Armoniche sferiche e polinomi di Legendre 197
9.1 Armoniche sferiche
Le armoniche sferiche di Laplace sono state denite come particolari
soluzioni linearmente indipendenti di (8.25), ma questa caratterizza-
zione non particolarmente illuminante. In questa sezione e nelle tre
che seguono vogliamo mostrare che le armoniche sferiche sono una
base naturale di polinomi sulla sfera per approssimare funzioni con-
tinue sulla sfera. Per stabilire questo fatto, dobbiamo capire meglio la
relazione tra polinomi nello spazio e polinomi sulla sfera e, per fare
questo, utile fare un confronto con il cerchio.
Una funzione sul cerchio unitario, vista come funzione nel pia-
no in cui il cerchio immerso, una funzione delle variabili x e y e
ogni funzione continua in una regione nita del piano pu essere ap-
prossimata da un polinomio nelle variabili x e y. Il cerchio unitario
esattamente linsieme dei punti (x, y) in cui la somma dei quadrati di
x, y uguale a 1. Pertanto, le funzioni di x e y non sono indipenden-
ti sul cerchio e quindi, se si approssima una funzione continua sul
cerchio con un polinomio in x, y, lo stesso polinomio pu assumere
forme molte differenti in termini di x, y proprio a causa di questa
190 appunti di metodi matematici della fisica
mancanza di indipendenza. Il polinomio x
4
+ y
4
+ 2x
2
y
2
ha gli stes-
si valori sul cerchio unitario del polinomio x
2
+ y
2
, ambedue sono
uguali a 1. Quindi quando si passa dal piano al cerchio diminuisce
la dimensione dei polinomi linearmente indipendenti. Lo stesso vale
per la sfera. La sfera unitaria linsieme di punti (x, y, z) in cui la
somma dei quadrati di x, y e z uguale a 1. Se si approssima una
funzione continua sulla sfera con un polinomio in x, y e z, lo stesso
polinomio pu assumere forme molte differenti in termini di x, y e
z, a causa di questa mancanza di indipendenza delle funzioni di x, y
e z sulla sfera. Ad esempio, sulla la sfera unitaria x
2
+ y
2
+ z
2
= 1,
i polinomi x
4
+ y
4
+ z
4
+ 2x
2
y
2
+ 2x
2
z
2
+ 2y
2
z
2
e x
2
+ y
2
+ z
2
sono
le stesse funzioni, dal momento che sono entrambi pari a 1 ovunque
sulla sfera unitaria.
Il problema a cui ci troviamo di fronte di determinare un base di
polinomi linearmente indipendenti sulla sfera o sul cerchio. Per risolvere
questo problema ci servono alcune nozioni di base.
9.2 Polinomi omogenei
Una funzione p(x, y) sul piano detta omogenea di grado n se p(tx, ty) =
t
n
p(x, y). Una funzione omogenea descrita in modo semplice usan-
do coordinate polari: se p
n
(x, y) omogenea di grado n, allora esiste
una funzione f
n
() tale che
p
n
(x, y) = r
n
f
n
() . (9.1)
Infatti, se e p
n
(x, y) omogenea di grado n, allora p
n
(r cos , r sin ) =
r
n
p
n
(cos , sin ), per denizione, e dunque
f
n
() = p
n
(cos , sin ).
Una denizione analoga si pu dare per funzioni sullo spazio (e
pi in generale per funzioni su R
d
). Una funzione p(x, y, z) sullo
spazio detta omogenea di grado n se p(tx, ty, tz) = t
n
p(x, y, z). Usan-
do coordinate sferiche, se ne ha una semplice rappresentazione: se
p
n
(x, y, z) omogenea di grado n, allora esiste una funzione F
n
(, )
tale che
p
n
(x, y, z) = r
n
F
n
(, ) . (9.2)
Infatti, se e p
n
(x, y, z) omogenea di grado n, allora, per denizione,
p
n
(r sin cos , r sin sin , r cos ) = r
n
p
n
(sin cos , sin sin , cos )
r
n
F
n
(, ).
Chiaramente, un polinomio di grado n la somma di polinomi
omogenei di grado 0, 1, 2, . . ., n. Per esempio, un polinomio di grado
polinomi omogenei e armoniche sferiche 191
3 nelle variabili x e y della forma
ax
3
+ by
3
+ cx
2
y + dxy
2
. .
omogeneo di grado 3
+ ex
2
+ f y
2
+ gxy
. .
omogeneo di grado 2
+ hx + ly
. .
omogeneo di grado 1
+ m 1
..
omogeneo di grado 0
. .
polinomio di grado 3
Quando passiamo dallo spazio o dal piano alla sfera o al cer-
chio, rispettivamente, la mancanza di indipendenza dovuta ai vincoli
x
2
+ y
2
+ z
2
= 1 o x
2
+ y
2
= 1, rispettivamente, ci costringe a buttare
via del polinomi. Consideriamo, ad esempio, il passaggio dal piano
al cerchio. Per il grado n = 0, il polinomio 1 sul piano va ovvia-
mente bene anche sul cerchio. Per n = 1, x e y sono indipendenti e
anche loro vanno bene sul cerchio. Ma quando arriviamo al grado 2,
dobbiamo buttare via uno dei possibili candidati x
2
, y
2
o xy, perch
non sono indipendenti, dovendo valere x
2
+ y
2
= 1.
Per arrivare alla regola generale per buttare via i polinomi
indesiderati, ci serve introdurre la nozione di polinomio armonico
omogeneo.
9.3 Polinomi armonici omogenei
Come chiaro dal suo nome, un polinomio armonico omogeneo un
polinomio omogeneo che soluzione dellequazione di Laplace.
Polinomi armonici omogenei nel piano Applicando loperato-
re di Laplace in coordinate polari
=
1
r

r
_
r

r
_
+
1
r
2

2
=

2
r
2
+
1
r

r
+
1
r
2

2
al generico polinomio omogeneo di grado n che, per la (9.1), della
forma p
n
(x, y) = r
n
q
n
(), si ottiene
p
n
(x, y) = n(n 1)r
n2
q
n
+
1
r
nr
n1
+
1
r
2
r
n

//
= r
n2
(n
2
q
n
+ q
//
n
) .
Un polinomio armonico omogeneo deve soddisfare lequazione
p
n
= 0 e quindi per tale polinomio si deve avere n
2
q
n
+ q
//
n
= 0. In
altre parole, esso deve essere della forma r
n

n
(), con
n
soluzione
di

//
n
+ n
2

n
= 0 (9.3)
Ricordando la denizione (8.2) del laplaciano circolare come
2
=

2
/
2
, si pu riscrivere lequazione sopra nella forma suggestiva

n
+ n
2

n
= 0.
192 appunti di metodi matematici della fisica
Polinomi armonici omogenei nello spazio. Applicando
loperatore di Laplace in coordinate sferiche
=
1
r
2

r
_
r
2

r
_
+
1
r
2

3
=

2
r
2
+
2
r

r
+
1
r
2

3
al generico polinomio omogeneo di grado n che, per la (9.2), della
forma p
n
(x, y, z) = r
n
F
n
(, ), si ottiene
p
n
(x, y) = n(n 1)r
n2
F
n
+
2
r
nr
n1
+
1
r
2
r
n

3
F
n
= r
n2
[n(n +1)F
n
+
3
F
n
] .
Quindi il polinomio armonico se
3
F
n
+ n(n + 1)F
n
= 0. In altre
parole, un polinomio armonico omogeneo deve essere della forma
r
n
Y
n
(, ), con Y
n
soluzione di

3
Y
n
+ n(n +1)Y
n
= 0 (9.4)
I risultati ottenuti sono davvero interessanti e gettano luce sul
signicato delle equazioni che abbiamo ottenuto nel capitolo prece-
dente risolvendo lequazione di Laplace con il metodo di separazione
delle variabili. Lequazione (9.3) coincide con la (8.12) per intero
(che corrisponde a funzioni armoniche in regioni del piano contenen-
ti lorigine, come in effetti sono i polinomi) e che adesso possiamo
re-interpretare come lequazione che caratterizza i polinomi omogenei
armonici nel piano. I polinomi, infatti, per essere omogenei, devono
essere della forma (9.1), e sono armonici se e solo se f
n
una solu-
zione di (9.3). Analogo discorso vale per la (8.25), che coincide con
la (9.4) quando = n(n + 1) (che la condizione (8.26), di nuovo
collegata a regioni dello spazio che contengono lorigine). Adesso
possiamo re-interpretarla come lequazione che caratterizza i polinomi
omogenei armonici nello spazio: un polinomio omogeneo nello spazio
(9.2) armonico se e solo se F
n
soluzione di (9.4).
Le soluzioni della (9.4) sono chiamate armoniche sferiche. Per quan-
to lequazione differenziale sia di una certa complessit, possiamo
determinarne facilmente alcune soluzioni perch adesso sappiamo
che cosa signicano: sono polinomi omogenei di grado n che soddisfa-
no lequazione di Laplace! Per i primi tre gradi in effetti molto facile
indovinare le seguenti soluzioni
grado 0: 1
grado 1: x, y, z
grado 2: x
2
y
2
, x
2
z
2
, xy, xz, yz.
Essendo lequazione (9.4) lineare e omogenea, importante aver
chiaro che non si determinano univocamente le soluzioni, ma una ba-
se di soluzioni linearmente indipendenti. Qualunque combinazione
polinomi omogenei e armoniche sferiche 193
lineare delle soluzioni che preservi lindipendenza lineare ancora
una base per lo spazio delle soluzioni. Per esempio, qualunque tra-
sformazione lineare invertibile del vettore (x, y, z) genera un vettore
le cui componenti sono soluzioni linearmente indipendenti della (9.4)
per n = 1.
Le soluzioni della (9.3) sono invece facili da trovare per integrazio-
ne diretta dellequazione. Esse sono:
1 , cos n, sin n , n = 1, 2 . . . .
In analogia con il caso tridimensionale, molto naturale chiamarle
armoniche circolari nel piano.
9.4 Decomposizione in armoniche di un polinomio
Vogliamo adesso stabilire limportante risultato:
Ogni polinomio di grado n nel piano o nello spazio,
quando ristretto, rispettivamente al cerchio o alla sfe-
ra, pu essere espresso come una somma di polinomi
armonici omogenei di grado al pi n.
(9.5)
Per stabilire questo risultato, incominciamo col considerare lazio-
ne del Laplaciano sullo spazio TO
n
da tutti i polinomi omogenei
di grado n. I polinomi di grado n sono trasformati in polinomi di
grado n 2, cio unapplicazione lineare da TO
n
a TO
n2
,
: TO
n
TO
n2
, (9.6)
abbastanza intuitivo, e non difcile da dimostrare (esercizio), che
in questo modo si ottengono tutti i polinomi omogenei di grado n 2
e quindi che unapplicazione surgettiva, cio Im () = TO
n2
(stiamo assumendo che n sia almeno 2).
Tutti i polinomi omogenei h
n
TO
n
tali che h
n
= 0 formano lo
spazio Ker TO/
n
, cio il sottospazio vettoriale di TO
n
formato
da tutti i polinomi omogenei armonici. Un generico elemento p
n

TO
n
pu allora essere decomposto nella somma
p
n
= h
n
+ r
2
p
n2
dove r
2
= x
2
+ y
2
nel piano e x
2
+ y
2
+ x
2
nello spazio e p
n2

TO
n2
. (Losservazione cruciale che r
2
p
n2
non pu annullarsi.)
Iterando questa formula si ottiene
p
n
= h
n
+ r
2
(h
n2
+ r
2
p
n4
) = h
n
+ r
2
h
n2
+ r
4
p
n4
,
e iterando no a n, si ottiene
p
n
= h
n
+ r
2
h
n2
+ r
4
h
n4
+ . . . (9.7)
194 appunti di metodi matematici della fisica
Se adesso restringiamo la formula ottenuta al cerchio o alla sfera, si
ottiene
p
n
= h
n
+ h
n2
+ h
n4
+ . . . (9.8)
essendo sul cerchio o la sfera r
2
= 1. Il teorema (9.5) risulta cos
dimostrato.
Determiniamo adesso la dimensione di TO/
n
. Poich deve valere
(vedere nota a margine a pag. 37)
dim TO
n
= dim (Ker ) +dim (Im )
= dim TO/
n
+dim TO
n2
ne segue che
dim TO/
n
= dimensione dei polinomi omogenei di grado n
dimensione dei polinomi omogenei di grado n 2
Nel piano la dimensione dei polinomi omogenei di grado k facile
da calcolare. Consideriamo x
j
y
kj
. Poich j pu assumere qualunque
valore tra 0 e k, ci sono k + 1 possibilit, e quindi la dimensione di
dim O
k
k +1. Allora
dim TO/
n
= (k +1) (k 1) = 2 .
Ritroviamo cos che, per ogni n, lo spazio delle soluzioni di (9.3)
bidimensionale. Una base in tale spazio, per n > 1, data, come ben
sappiamo, da cos nx e sin nx.
Adesso passiamo allo spazio. La dimensione dei polinomi omoge-
nei di grado k pu essere calcolata considerando il monomio x
j
y
l
z
m
:
se x ha grado j, al minimo 0 e non pi di k, allora y pu avere un
qualunque grado l da 0 a k j, e il grado m di z risulta determinato
dal fatto che il grado totale k. Quindi
se x ha grado 0 ci sono (k+1) possibilit
se x ha grado 1 ci sono (k) possibilit
se x ha grado 2 ci sono (k-1) possibilit
. . . . . .
se x ha grado k c 1 possibilit
Cos il numero totale di possibilit la somma
(k +1) + k + (k 1) + . . . +1 =
(k +1)(k +2)
2
Allora
dim TO/
n
=
(n +1)(n +2)
2

(n 1)(n)
2
= 2n +1
la dimensione dei polinomi armonici omogenei di grado n, cio
il numero armoniche sferiche di grado n linearmente indipendenti.
Risulta cos stabilito che, per ogni n, lo spazio delle soluzioni di (9.3)
ha dimensione 2n +1.
polinomi omogenei e armoniche sferiche 195
9.5 Armoniche sferiche e rotazioni
La ragione per cui le armoniche sferiche o circolari si presentano in
campi molto diversi tra loro, dalla sismologia alla sica quantistica, a
questo punto dovrebbe essere chiara. In tutti i problemi in cui si ha a
che fare con funzioni sul cerchio o sulla sfera, le armoniche circolari
o sferiche sono la base naturale di polinomi per approssimare tali
funzioni. Uno dei risultati pi antichi in questa direzione il teorema
di Weierstrass che stabilisce che qualunque funzione continua sul
cerchio unitario pu essere approssimata (uniformemente!) da un
polinomio trigonometrico
c
0
+
n

k=1
[a
k
cos k + b
k
sin k] . (9.9)
Questa non , tuttavia, la sola ragione che rende speciali le armoni-
che. Unaltra ragione il loro comportamento rispetto alle rotazioni.
Quando si dice che seno e coseno sono essenzialmente la stessa
funzione, si intende che si pu passare dalluno allaltro mediante
una rotazione. Le formule trigonometriche elementari
cos(n ) = (cos ) cos n + (sin ) sin n
sin(n ) = (cos ) sin n (sin ) cos n
signicano che per una rotazione del piano di un angolo attorno
allorigine, i vettori dello spazio delle armoniche circolari di grado n
sono trasformati tra loro, ma lo spazio nel suo complesso lasciato
invariato. In altre parole, le rotazioni non mescolano armoniche
circolari di grado differente.
Lo stesso vale per le armoniche sferiche. Nella sezione 8.5 abbia-
mo sottolineato che la rotazione di una funzione armonica ancora
una funzione armonica, intendendo per rotazione R della funzione
armonica u la funzione
u

(r) = u(R
1
r) .
Ora, se u unarmonica sferica di grado n, cio un polinomio
armonico omogeneo di grado n, essendo R
1
una trasformazio-
ne lineare dei sui argomenti x, y, z, essa non pu n trasformarlo
in un polinomio non omogeneo n cambiarne il grado di omoge-
neit: se u(tx, ty, tz) = t
n
u(x, y, z), si avr anche, necessariamente
u

(tx, ty, tz) = t


n
u

(x, y, z). Quindi linsieme delle armoniche sfe-


riche di grado n lasciato invariato dalle rotazioni, ovvero le rota-
zioni mescolano le armoniche sferiche di grado n tra di loro, ma non
mescolano armoniche sferiche di grado differente.
Si pu poi dimostrare (e questo un teorema importante della teo-
ria dei gruppi) che, in ogni spazio di armoniche sferiche di grado n,
196 appunti di metodi matematici della fisica
al variare di R tra tutte le possibili rotazioni dello spazio tridimensio-
nale, non ci sono sottospazi invarianti. Nella terminologia della teoria
dei gruppi, questo si esprime dicendo che lo spazio delle armoniche
sferiche di grado n realizza una rappresentazione irriducibile del
gruppo delle rotazioni.
9.6 Distribuzione di temperatura allinterno di un corpo sferico
Adesso cambiamo registro e passiamo a qualcosa di pratico. Appli-
chiamo la teoria delle armoniche sferiche per risolvere il seguente
problema: determinare la distribuzione di temperatura dequilibrio
allinterno di un pianeta roccioso (come la Luna, cio privo di sorgen-
ti di calore interne), sapendo che la temperatura sulla sua supercie
mantenuta costantemente alla temperatura sin
2
(in unit di misura
opportune).
Tradotto in termini matematici, il problema consiste nel trovare
una funzione armonica nello spazio che valga sin
2
sulla supercie
della sfera unitaria (avendo scelto come unit di lunghezza il raggio
del pianeta). Poich
sin
2
= 1 cos
2
= 1 r
2
cos
2

r=1
= 1 z
2

r=1
,
occorre trovare una combinazione lineare di armoniche sferiche
uguali a 1 z
2
sulla supercie della sfera.
Un insieme linearmente indipendente di armoniche sferiche di
grado 2 x
2
y
2
, x
2
z
2
, xy, xz, yz. ovvio che non ci siano
contributi dal grado 1, mentre ce ne sono dal grado zero. Cerchiamo
allora una funzione armonica della forma
u = a + b(x
2
y
2
) + c(x
2
z
2
)
imponendo che
u[
r=1
= a + b(x
2
y
2
) + c(x
2
z
2
)

r=1
= 1 z
2

r=1
.
Sulla sfera y
2
= 1 x
2
z
2
. Allora
a + b(2x
2
1 + z
2
) + c(x
2
z
2
)

r=1
= 1 z
2

r=1
Afnch luguaglianza sia soddisfatta, deve valere
a b = 1
2b + c = 0
b c = 1
=
b = 1/3
c = 2/3
a = 2/3
Quindi
u =
2
3

1
3
(x
2
y
2
) +
2
3
(x
2
z
2
) =
1
3
(2 + x
2
+ y
2
2z
2
)
polinomi omogenei e armoniche sferiche 197
la distribuzione di temperatura cercata. Passando a coordinate
sferiche,
u =
2
3
+
1
3
r
2
_
sin
2
2 cos
2

_
=
2
3
+
1
3
r
2
r
2
cos
2
(9.10)
Figura 9.1: Distribuzione di tempe-
ratura dentro la sfera. In gura sono
rappresentate le superci isoterme in
una sezione della sfera.
Si osservi che il teorema della media vericato. Infatti, dal-
la (9.10) segue che la temperatura al centro 2/3 e il calcolo della
media di sin
2
sulla supercie della sfera fornisce
u
S
=
1
4
_
2
=0
_

=0
_
sin
2

_
sin dd
=
1
4
(2)
_

=0
sin
3
d
=
1
2
_

3 cos
4
+
cos 3
12
_

0
=
3
4
+
1
12
=
2
3
9.7 Armoniche sferiche e polinomi di Legendre
Per risolvere problemi pi complicati del precedente, serve un algo-
ritmo sistematico per generare le armoniche sferiche. Un algoritmo di
questo tipo emerge dai problemi nali del capitolo precedente.
Per il problema 8.10, Y =
m
n
()
m
() unarmonica sferica se

//
m
+ m
2

m
= 0, (8.75)
dove m un intero, e se
sin (sin
m
n
/
)
/
+
_
n(n +1) sin
2
m
2
_

m
n
= 0 . (8.76)
Dal problema 8.11 segue che

m
n
() = P
m
n
(cos ) (9.11)
dove P
m
n
(u) sono le funzioni di Legendre associate. Per il problema
8.12, le P
m
n
sono date la formula
P
m
n
= (1 u
2
)
m/2
d
m
P
n
du
m
(9.12)
dove P
n
il polinomio di Legendre di grado n. Si osservi che la (9.12)
produce polinomi indipendenti per 0 m n.
Poich le soluzioni linearmente indipendenti di (8.75) sono cos m
e sin m, per un dato n, otteniamo le seguenti formule per un insie-
me di armoniche sferiche linearmente indipendenti:
Y
m
n
= P
m
n
(cos ) cos m m = 0, 1, 2, 3, . . . , n (9.13)

Y
m
n
= P
m
n
(cos ) sin m m = 1, 2, 3, . . . , n (9.14)
198 appunti di metodi matematici della fisica
Questo insieme contiene 2n +1 elementi, che proprio la dimensione
delle armoniche sferiche linearmente indipendenti di grado n.
Se adesso combiniamo la formula di Rodrigues (8.72), riscritta
raccogliendo (1)
n
,
P
n
(u) =
(1)
n
2
n
n!
d
n
du
n
_
(1 u
2
)
n
_
, (9.15)
con la (9.12), otteniamo
P
m
n
(u) = (1)
n
(1 u
2
)
m/2
2
n
n!
d
m+n
du
m+n
_
(1 u
2
)
n
_
, (9.16)
n = 0, 1, 2, 3, . . ., m = 0, 1, 2, . . . , n. Ecco una lista dei primi P
m
n
calcolati direttamente dalla (9.16):
P
0
0
= 1
P
0
1
= u P
1
1
=

1 u
2
P
0
2
=
1
2
+
3
2
u
2
P
1
2
= 3u

1 u
2
P
2
2
= 3(1 u
2
)
P
0
3
=
3
2
u +
5
2
u
3
P
1
3
= (
3
2
+
15
2
u
2
)

1 u
2
P
2
3
= 15u(1 u
2
) P
3
3
= 15(1 u
2
)
3/2
P
0
4
=
3
8

15
4
u
2
+
35
8
u
4
P
1
4
=
_

15
2
+
35
2
u
2
_

1 u
2
P
2
4
=
_

15
2
+
105
2
u
2
_
(1 u
2
) P
3
4
= 105u(1 u
2
)
3/2
P
4
4
= 105(1 u
2
)
2
Quando si sostituiscono i P
m
n
(cos nelle (9.13) e (9.14) si determina
esplicitamente una base di armoniche sferiche. Questo lalgoritmo
che cercavamo.
Concludiamo con alcune osservazioni
Nelle applicazioni, specialmente alla meccanica quantistica, si
considerano le armoniche sferiche complesse
}
m
n
= Y
m
n
+ i

Y
m
n
= P
[m[
n
(cos )e
im
, n m n (9.17)
Sovente, si passa da queste funzioni alle corrispondenti funzio-
ni il cui quadrato integrato sulla sfera uguale a 1. Le funzioni
cos denite differiscono da quelle qui considerate per dei fattori
moltiplicativi (dipendenti da n e m).
Lequazione (9.4) , se riscritta come

3
Y
n
= n(n +1)Y
n
, (9.18)
rende manifesto che le Y
m
n
e le

Y
m
n
sono autovettori di

3
=
1
sin

_
sin

1
sin
2

2
con autovalori n(n +1). Lo stesso dicasi per le }
m
n
.
In meccanica quantistica, loperatore differenziale
3
associato
al quadrato del momento angolare orbitale.
10
Delta di Dirac, convoluzioni e nuclei
Indice
10.1 La delta di Dirac o funzione impulso 199
10.2 La delta in pi dimensioni 203
10.3 Prodotto di convoluzione 204
10.4 Il nucleo di Poisson e il pettine di Dirac 205
10.5 Convergenza uniforme del nucleo di Poisson 206
10.6 Il nucleo di Dirichlet e il lemma di Riemann-Lebesgue 207
10.7 Funzioni generalizzate* 209
Problemi 213
Soluzioni 214
10.1 La delta di Dirac o funzione impulso
La funzione delta (x) o funzione impulso fu introdotta da Dirac in
maniera paradossale, come una funzione uguale a zero per x ,= 0 e
con la propriet che
_

(x)F(x)dx = F(0) (10.1)


per una funzione continua F(x). Ma nessuna funzione nel senso
ordinario pu avere questa propriet! Si pu tuttavia immaginare,
come illustrato in gura 10.1, una successione di funzioni
n
(x) che
hanno picchi sempre pi alti e diventano sempre pi strette in x = 0,
mantenendo costante e pari a 1 larea sotto la curva, con il valore
della funzione che tende a zero in ogni punto, eccetto nello zero,
dove tende allinnito. Queste funzioni sono dette approssimanti della
delta. Nel limite,
lim
n
_

n
(x)F(x)dx = F(0) (10.2)
200 appunti di metodi matematici della fisica
e la scrittura (10.1) va intesa come una notazione abbreviata della
(10.2), cio
_

(x)F(x)dx lim
n
_

n
(x)F(x)dx . (10.3)
dove F(x) una qualunque funzione continua, detta funzione di prova.
Le funzioni
n
sono dunque da intendersi come approssimanti per
il processo di limite e non per la (x), che come funzione non esiste.
facile trovare esempi di funzioni
n
che soddisfano la (10.2) e la
condizione di area totale sottesa pari a 1,
0
n
1/(2n) -1/(2n)
Figura 10.1: Approssimanti della delta
al tendere di n a allinnito.
_

n
(x) = 1 (10.4)
Lesempio pi semplice quello delle funzioni a cappello mostrato
in gura 10.1:

n
(x) =
_
_
_
n
1
2n
x
1
2n
0 altrimenti
(10.5)
geometricamente evidente dalla gura che per valori molto grandi
di n laltezza della regione in grigio cresce enormemente mentre la
larghezza diminuisce in modo tale che larea della regione sempre
uguale a 1. altrettanto evidente che se F una funzione continua
lim
n
_

n
(t)F(x)dx = lim
n
n
_
1/(2n)
1/(2n)
F(x)dx
= lim
n
_
1/2
1/2
F
_
u
n
_
du
= lim
n
F
_

n
_
= F(0) ,
dove nel penultimo passaggio si applicato il teorema del valor
medio per gli integrali e nellultimo si usata la continuit di F. Si
osservi che avremmo potuto anche usare un parametro continuo e
considerare le approssimanti

(x) =
_
_
_
1


1
2
x
1
2

0 altrimenti
(10.6)
e prendere poi il limite 0.
2
3
4
1 0.5 0.5 1
n = 4
n = 20
n = 100
Figura 10.2: Approssimanti gaussiane
della delta di larghezza 1/n , per
n = 4, 20, 100.
Un altro esempio comune di approssimanti della delta dato dalle
gaussiane

n
(x) =
_
n

e
nx
2
, n = 1, 2, 3, . . . . (10.7)
Vale la (10.4): larea sotto queste curve unitaria, in quanto
_

e
nx
2
dx =
_

n
. Inoltre, al crescere di n, le gaussiane diventano sempre pi stret-
te e pi piccate nello zero, come mostrato nella gura 10.2 e la (10.2)
delta di dirac, convoluzioni e nuclei 201
risulta vericata: sia F(x) continua e limitata. Allora

_
n

e
nx
2
F(x)dx F(0)

_
n

e
nx
2
(F(x) F(0)) dx

_
n

e
nx
2
[F(x) F(0)[ dx
=
_
1

e
u
2

F
_
u

n
_
F(0)

du .
Poich F continua, in particolare nello zero, e lintegrale assoluta-
mente convergente, il secondo membro dellultima equazione tende a
zero per n e la (10.2) risulta cos stabilita.
Altre formule per la delta:
(x) = lim
0
1

x
2
+
2
(10.8)
(x) = lim
0
1

2
e
x
2
2
2
(10.9)
Naturalmente, queste formule vanno intese nello stesso senso della
(10.2), cio come formule abbreviate; ad esempio la seconda signica
lim
0
_

2
e
x
2
2
2
F(x)dx = F(0) .
per F funzione di prova continua.
La delta pu essere derivata. La derivata prima
/
(x) denita
dal processo di limite
40
30
20
10
10
20
30
40
1 0.5 0.5 1
n = 4
n = 20
n = 100
Figura 10.3: Derivate delle approssi-
manti gaussiane della delta
/
n
(x) =
2nx
_
n

e
nx
2
, per n = 4, 20, 100.
La gura sopra rende evidente che,
per n grande,
_

/
n
(x)F(x)dx
F(x h) F(x + h)
2h
F
/
(0).
_

/
(x)F(x) lim
n
_

/
n
(x)F(x)dx . (10.10)
Se adesso si assume che la funzione di prova F(x) sia derivabile con
derivata prima continua, mediante integrazione per parti, si ottiene
lim
n
_

/
n
(x)F(x)dx = lim
n

n
(x)F(x)[

lim
n
_

n
(x)F
/
(x)dx
= 0 F
/
(0) = F
/
(0) ,
Il contributo di bordo infatti nullo (sia per le funzioni a cappello sia
per le gaussiane). Quindi
_

/
(x)F(x)dx = F
/
(0) (10.11)
Si osservi che avremmo ottenuto lo stesso risultato se avessimo trat-
tato la delta come una funzione ordinaria e applicato direttamente le
regole dellintegrazione per parti,
_

/
(x)F(x)dx =
_

(x)F
/
(x) = F
/
(0) .
202 appunti di metodi matematici della fisica
In modo analogo si dimostra che se F continuamente derivabile n
volte, allora
_

(n)
(x)F(x)dx = (1)
n
F
(n)
(0) (10.12)
Fisicamente, la delta pu essere vista come una distribuzione di
carica sullasse delle x che corrisponde ad una carica puntiforme
uniforme nellorigine e la sua derivata come un dipolo orientato nel
verso negativo dellasse delle x. Infatti, dalla (10.11), per F = x, si
ottiene
_

/
(x)xdx = 1
La delta e le sue derivate corrispondono dunque a idealizzazioni
siche familiari.
La delta pu essere integrata. Lintegrale della delta tra e
x
_
x

(x)dx = u(x) =
_
1 se x > 0
0 se x < 0
(10.13)
0
1
1/(2n) -1/(2n)
Figura 10.4: Integrale delle funzioni a
cappello.
dove u la funzione di Heaviside, detta anche funzione a scalino unitario.
Questo si vede immediatamente usando le funzioni a cappello (10.5)
il cui integrale mostrato in gura 10.4. Si osservi che si arriva allo
stesso risultato se si usano le approssimanti gaussiane. In questo caso
si ha, ovviamente, una differente successione di approssimanti della
funzione scalino:
u
n
(x) =
_
n

_
x

e
ny
2
dy =
1

_

nx

e
u
2
du =
1
2
erf(

nx) ,
0.1
0.2
0.3
0.4
0.5
0.6
0.7
0.8
0.9
1
0.9 0.6 0.3 0.3 0.6 0.9
n = 4
n = 20
n = 100
Figura 10.5: Integrali delle appros-
simanti gaussiane della delta per
n = 4, 20, 100.
dove erf(x) =
2

_
x
0
e
t
2
dt la funzione degli errori.
importante aver chiaro che la (10.13) non va intesa in senso
puntuale, ma nello stesso senso delle (10.3) e (10.10),
_

u(x)F(x) lim
n
_

u
n
(x)F(x)dx . (10.14)
Questa relazione va intesa come una denizione di u come integrale
della delta. Poich il limite delle u
n
denito sotto il segno di in-
tegrale, il valore della u nello zero non determinato (a volte gli si
assegna il valore convenzionale di 1/2). Questo perch se di una
funzione si cambia il valore in un punto (o in insieme numerabile di
punti) il valore dellintegrale della funzione non cambia.
Un altro modo di esprimere lo stesso fatto
(x) = u
/
(x) . (10.15)
delta di dirac, convoluzioni e nuclei 203
dove la derivata u
/
(x) va sempre intesa nel senso del limite
Oliver Heaviside (18501925) stato
un ingegnere elettrico, sico e mate-
matico inglese autodidatta. Spesso in
urto con lestablishment scientico nel
suo tempo, ha contribuito a sviluppare
molti dei metodi che usiamo ancora
oggi: ha introdotto i numeri complessi
per studiare i circuiti elettrici, ha in-
ventato il metodo delle trasformate di
Laplace per risolvere le equazioni dif-
ferenziali lineari; indipendentemente
da Gibbs, ha introdotto le notazioni
moderne di calcolo vettoriale; ha ri-
formulato le equazioni di Maxwell
nel modo in cui oggi le conosciamo in
termini degli operatori vettoriali rotore
e divergenza; i termini ammettenza ,
conduttanza, impedenza, permeabilit,
ed altri, oggi di uso comune, furono
coniati da lui.
_

u
/
(x)F(x) lim
n
_

u
/
n
(x)F(x)dx . (10.16)
La delta pu essere traslata. Per cambiamento di variabili nelle
approssimanti, si vede facilmente che
_

(x a)F(x)dx = F(a) , a R (10.17)


La delta pu essere manipolata come se fosse una funzio-
ne. Nei calcoli risulti utile trattare la delta come se fosse davvero
una funzione. Per esempio, la (10.17) si dimostra direttamente per
cambiamento di variabili:
_

(x a)F(x)dx =
_

(u)F(u + a)du = F(a)


Lo stesso vale per la (10.13): larea tra la delta e lasse delle x vale
0 nch non si passa lo 0, dopo di che vale costantemente 1. Inol-
tre, come abbiamo gi osservato, la (10.11) segue immediatamente
per integrazione per parti e lo stesso dicasi della (10.12). La cautela
comunque dobbligo: quando si in dubbio se una regola forma-
le delle funzioni si applichi alla delta, conviene ritornare alla sua
caratterizzazione in termini di approssimanti.
La delta in R
+
. Se la variabile indipendente in R
+
(come, ad
esempio, la coordinata radiale in coordinate polari o sferiche), con-
veniente denire la delta nello zero come limite da valori positivi,
cio
(x) = lim
0+
(x ) (10.18)
Il limite va inteso come limite delle approssimanti (si veda la gu-
ra 10.6).
10.2 La delta in pi dimensioni
0
t
1/

Figura 10.6: La delta in R


+
come limite
0 di funzioni a cappello con
supporto in R
+
.
La delta in pi dimensioni pu essere denita in modo analogo al
caso uni-dimensionale. Pi precisamente, (r r
/
) centrata in un
qualunque punto r
/
R

denita da una successione di funzioni

n
(r r
/
) con integrale unitario,
_
R

n
(r r
/
)d

r = 1
e tali che
lim
n
_
R

n
(r r
/
)F(r)d

r = F(r
/
) ,
204 appunti di metodi matematici della fisica
per una qualunque funzione di prova continua F.
In coordinate cartesiane r = (x
1
, . . . , x

) si possono prendere come


approssimanti le funzioni
n
(r r
/
) =
n
(x
1
x
/
1
)
n
(x

x
/

),
dove ciascuna funzione del prodotto unapprossimante della delta
unidimensionale (per esempio, le funzioni a cappello o le gaussiane).
Allora nel limite n , si ha (r r
/
) = (x
1
x
/
1
) (x

x
/

). Ad
esempio, in tre dimensioni spaziali e coordinate cartesiane x, y e z, si
ha
(r r) = (x x
/
)(y y
/
)(z z
/
) .
utile conoscere la formula per la delta in sistemi di coordinate
curvilinee ortogonali (problema 10.10). In coordinate cilindriche
, , z,
(r r
/
) =
1

(
/
)(
/
)(z z
/
) . (10.19)
In coordinate sferiche r, , ,
(r r
/
) =
_

_
1
r
2
sin
(r r
/
)(
/
)(
/
)
1
r
2
(r r
/
)(cos cos
/
)(
/
)
(10.20)
Una formula importante, in particolare per le applicazioni allelet-
trostatica,

r
1
[r r
/
[
= 4(r r
/
) (10.21)
10.3 Prodotto di convoluzione
Lintegrale
_

f (x y)g(y)dy = f g
detto prodotto di convoluzione o, semplicemente, convoluzione di f e g.
Si osservi che si integra sulla variabile y lasciando cos una funzione
di x. Per cambiamento di variabili nellintegrale, si ha
_

f (x y)g(y)dy =
_

f (y)g(x y)dy
Dunque il prodotto di convoluzione commutativo, f g = g f .
La convoluzione pu essere pensata come un nuovo modo di
generare nuove funzioni a partire da un insieme di funzioni
diverso da quelli soliti di somma, moltiplicazione e composizione di
funzioni.
La convoluzione unoperazione di allisciamento. La quintessenza
della convoluzione che il grado di liscezza del prodotto lunione
dei gradi di liscezza dei suoi fattori. In particolare, valgono i seguenti
teoremi (la cui dimostrazione laasciamo per esercizio):
delta di dirac, convoluzioni e nuclei 205
(A) Se una funzione continua e laltra discontinua, la loro convoluzione
continua;
(B) Se una funzione derivabile n volte e laltra m volte, la loro convolu-
zione derivabile n + m volte.
Questo signica che se P una funzione liscia e f non lo , il loro
prodotto di convoluzione liscio. Il che vuol dire che facendo una
scelta oculata di una funzione di riferimento P, possiamo trasforma-
re una funzione brutta in una bella. Non vogliamo snaturarla, solo
pulirla: vorr dire che sceglieremo una funzione P che sia una ap-
prossimazione liscia di una delta, in modo tale che su una scala non
troppo microscopica si abbia f P f , e che nella scala microscopica
f venga resa liscia.
Per comprendere il fenomeno di allisciamento, consideriamo il
prodotto di convoluzione tra unapprossimante gaussiana della delta

n
(x) =
_
n

e
nx
2
e lo scalino unitario u(x). Allora
u
n
(x) =
_

u(y)
n
(x y)dy =
_
n

_

y=0
e
n(xy)
2
dy
Fatto il cambiamento di variabili u = x y, du = dy, si ha
0.25
0.5
0.75
1
0.5 0.25 0 0.25 0.5
Figura 10.7: Allisciamenti dello scalino
per n = 5, 10 e 50.
u
n
(x) =
_
n

_

y=x
e
nu
2
du =
_
n

_
x

e
nu
2
du
La gura 10.7 mostra alcuni allisciamenti dello scalino ottenuti in
questo modo.
La convoluzione pu essere denita per funzioni su R, sul cerchio
e su R
n
. Pu anche essere denita anche su insiemi di interi. In que-
sto caso, lanalogo di P una matrice e il prodotto di convoluzione
un prodotto di una matrice per un vettore. Queste applicazioni (di-
gitali) della convoluzione hanno applicazioni nellanalisi numerica,
nella teoria dellanalisi dei segnali e, in particolare, nella progettazio-
ne e implementazione di ltri di risposta ad ingressi impulsivi. La
convoluzione si applica anche allo sviluppo di ltri per lanalisi di
immagini e in sica un utile strumento per pulire una segnatura
sperimentale dal rumore di fondo. Sia come sia, in tutte queste appli-
cazioni c qualcosa di analogo a un P tale che f P f , in una scala
opportuna. Una funzione P di questo tipo chiamato nucleo o kernel.
10.4 Il nucleo di Poisson e il pettine di Dirac
Nel problema 8.9 si ottenuta la formula di Poisson
u(r, ) =
1
2
_
2
0
(1 r
2
) f ()
1 + r
2
2r cos( )
d (10.22)
206 appunti di metodi matematici della fisica
per la soluzione del problema di Dirichlet nel disco unitario D (que-
sta la notazione per il disco unitario comunemente usata nei testi di
matematica).
La funzione
P
r
() =
1 r
2
1 2r cos + r
2
(10.23)
detta nucleo di Poisson. Osserviamo che la (10.22) pu essere riscritta
come prodotto di convoluzione (e con un cambio inessenziale degli
estremi di integrazione)
u(r, ) =
1
2
_

P
r
( ) f ()d =
1
2
P
r
f () . (10.24)
10
3 2 1 1 2 3
Figura 10.8: Nucleo di Poisson per
r = 0.6, 0.7, 0.8, 0.9 in < .
In gura 10.8 sono riportati i graci del nucleo di Poisson per di-
versi valori di r che si avvicinano a 1. Sembra una successione di
approssimazioni della delta di Dirac e, in effetti, lo . Ma la del-
ta sul cerchio unitario T e non su R (T la notazione standard
per il cerchio unitario). Data una successione r
n
tendente a 1, la cor-
rispondente successione di nuclei integrali di Poisson P
r
() una
successione di approssimanti della delta su T.
Le propriet che rendono la successione
1
2
P
r
, r 1, una succes-
sione di approssimanti della delta su T sono le seguenti:
1.
1
2
_

P
r
()d = 1
2. Il massimo di P
r
() fuori da qualunque intorno (, ) di = 0,
non importa quanto sia piccolo, tende a 0 per r che tende a 1.
Queste propriet si dimostrano facilmente: (1) lasciato come eserci-
zio; (2) segue dallosservazione che 1 + r
2
> 2r (perch (1 r)
2
> 0),
da cui
P
r
() =
1 r
2
1 2r cos + r
2

1 r
2
2r(1 cos )
.
che tende a 0 per r 1 in tutti i punti per cui cos ,= 1.
Se srotoliamo il cerchio sulla retta reale, il nucleo di Poisson P
r
diventa quanto mostrato in gura 10.9. Questa funzione, nel limite
r 1, converge alla delta periodica di periodo 2,

#
() =

n=
( 2n) , R, (10.25)
che in ingegneria elettrica nota come funzione di campionamento e in
sica come pettine di Dirac.
10.5 Convergenza uniforme del nucleo di Poisson
Poich P
r
() converge alla delta su T quando r tende a 1, ci si aspetta
che se f una funzione continua su T, allora
1
2
P
r
f converge a f
quando r tende a 1. Si ha in effetti il seguente teorema
delta di dirac, convoluzioni e nuclei 207

Figura 10.9: Approssimanti del pettine
di Dirac.
Dimostrazione di (10.26) Sti-
miamo lerrore E
r
() =

f ()
1
2
_

P
r
( ) f ()d

.
Per cambiamento di variabili = ,
si ha
1
2
_

P
r
( ) f ()d =
1
2
_

P
r
() f ( )d. Allora
E
r
() =

1
2
_

P
r
() [ f () f ( )] d

,
essendo
1
2
_

P
r
()d = 1. Poich
il modulo dellintegrale minore o
uguale allintegrale del modulo (e P
r
()
positiva), si ottiene
E
r
()
1
2
_

P
r
() [ f () f ( )[ d .
I problemi nascono da = 0,
dove P
r
() diverge. Separiamo
allora lintegrazione in due
parti, una su un piccolo intorno
dello 0 e laltra sul resto: E
r
()
1
2
_
_

+
_

+
_

_
P
r
() [ f () f ( )[ d .
La funzione f continua in un in-
tervallo chiuso e limitato e quindi
limitata da una costante M. Per [[ >
il massimo di P
r
() maggiorato
da
1 r
2
2r(1 cos()
, che tende a zero
per r che tende a 1. Quindi E
r
()
1
2
_

P
r
() [ f () f ( )[ d +
2M
1r
2
2r(1cos()
.
(continua nella pagina seguente)
Sia f una funzione continua su T. Allora
1
2
P
r
f con-
verge uniformemente a f quando r tende a 1.
(10.26)
La continuit di f su T implica in particolare che f (0) = f (2) o,
equivalentemente, che f () = f ().
Se
1
2
P
r
f armonica per qualunque funzione continua f il teo-
rema (10.26) fornisce lesistenza della soluzione del problema di
Dirichlet per lequazione di Laplace nel disco unitario, data una qua-
lunque funzione continua f come condizione al bordo. Inoltre, la soluzione
(10.22) unica, in virt del teorema (8.57).
N. B. Si osservi che la formula di Green (per come stata presenta-
ta) non fornisce una dimostrazione rigorosa che
1
2
P
r
f armonica
per qualunque funzione continua f , un fatto che pu essere facil-
mente stabilito con i metodi dellanalisi complessa (si veda il teorema
(21.40) nella sezione 21.6).
10.6 Il nucleo di Dirichlet e il lemma di Riemann-Lebesgue
Il nucleo di Dirichlet cos denito:
D
N
() =
sin
_
(N +
1
2
)
_
sin
_

2
_ (10.27)
208 appunti di metodi matematici della fisica
Come si pu facilmente vericare (si veda il problema 10.8), esso ha
le seguenti propriet:
1.
1
2
_

D
N
()d = 1
2. D(0) = 2N +1 La funzione f continua su T, ma
poich T compatto (=chiuso e limi-
tato) per il Teorema di Heine-Cantor
anche uniformemente continua. Si ssi
un arbitrario, allora dalla continuit
uniforme segue che esiste un > 0
tale che per tutti i e [[ < , si ha
[ f () f ( )[ < /2. Quindi, per
ogni esiste un tale che
E
r
()

2
+2M
1 r
2
2r(1 cos()
.
Si prenda r cos vicino a 1 che il se-
condo termine sia minore di /2.
Allora
E
r
()
Che quando si voleva dimostrare:
lerrore tende a zero uniformemente
in , quindi
1
2
P
r
f () converge
uniformemente a f per r 1.
Analogamente a quanto visto per il nucleo di Poisson, si potrebbe
ritenere che le funzioni
1
2
D
N
() siano una successione di approssi-
manti della delta su T per N che tende allinnito. Tuttavia, la situa-
zione adesso pi delicata: il massimo di D
N
() fuori da qualunque
intorno (, ) di = 0, non tende a 0 per N che tende allinnito,
ma oscilla sempre pi rapidamente tra valori negativi e positivi al
crescere di N (si veda la gura 10.10).
Il fatto che la frequenza di oscillazioni cresca al crescere di N
suggerisce che per N grande lunico contributo allintegrale
1
2
_

D
N
( )F() d
provenga solo da un piccolo intorno di = e che al di fuori di tale
intorno il contributo sia nullo a causa delleffetto di cancellazione tra
parti positive e negative. quindi ragionevole aspettarsi che
lim
N
1
2
_

D
N
( )F() d = F() (10.28)
Quel che ci sembra ragionevole aspettarsi non sempre si realizza,
quindi unanalisi accurata dobbligo. Incominciamo in maniera
analoga alla dimostrazione di (10.26) e consideriamo lerrore
E
N
() = f ()
1
2
_

D
N
( )F()d
Per la propriet della convoluzione
1
2
_

D
N
( )F()d =
1
2
_

D
N
()F( )d
e poich
_

D
N
(x) = 1, si ha
F()
1
2
_

D
N
( )F()d =
1
2
_

D
N
() [F() F( )] d .
Dunque,

Figura 10.10: Nucleo di Dirichlet tra
2 e 2 per N = 6 (rosso) e N = 9
(blu) e N = 12 (verde).
E
N
() =
1
2
_

sin
__
N +
1
2
_

_
g

()d (10.29)
dove
g

() =
F() F( )
sin
_
1
2

_ , (10.30)
delta di dirac, convoluzioni e nuclei 209
e si usata la denizione (10.27) di D
N
.
Per studiare limite di E
N
() per N che tende allinnito, ci serve
un teorema classico di analisi, noto come lemma di Rieman-Lebesgue,
che stabilisce che se f continua e limitata in [a, b), allora per ogni
successione di numeri k
n
che tende allinnito,
lim
n
_
b
a
f (x) sin(k
n
x) dx = 0 (10.31)
Versione semplice del lemma di
Riemann-Lebesgue. Sia f una fun-
zione continua su un intervallo chiuso
[a, b]. Si supponga che f sia differenzia-
bile nellintervallo aperto (a, b) e che la
derivata f
/
sia limitata, cio [ f
/
(x)[ M
per tutti gli x (a, b). Allora per ogni
successione di numeri k
n
che tende
allinnito, vale la (10.31).
Dimostrazione. Lintegrazione per parti
di
_
b
a
f (x) sin(k
n
x) dx fornisce
_
b
a
f (x) sin(k
n
x) dx
=
cos(k
n
x)
k
n

b
a
+
1
k
n
_
b
a
f
/
(x) cos(k
n
x) dx
Allora

_
b
a
f (x) sin(k
n
x) dx

2
k
n
+
1
k
n

_
b
a
f
/
(x) cos(k
n
x) dx

2
k
n
+
1
k
n
M(b a) ,
che chiaramente tende a 0 per k
n
che
tende allinnito.
Chiaramente, N + 1/2 nella (10.29) una successione che tende
allinnito, per N che tende allinnito. Tuttavia, per applicare il lem-
ma di Rieman-Lebesgue alla (10.29), occorre garantire la continuit di
g

() sul cerchio unitario (essendo il cerchio compatto, la limitatezza


segue dalla continuit), per ogni . Il punto critico = 0, che uno
zero del denominatore di g

().
Se supponiamo che F() sia derivabile, allora
F
/
() = lim
0
F() F( )

=
1
2
lim
0
F() F( )
sin
_
1
2

_ =
1
2
g

(0) .
Questo signica che se F derivabile, la funzione g

() continua in
= 0 (per tutti i ) e quindi continua per tutti i T (il problema
era = 0, per gli altri valori di chiaro che la sola continuit di F
garantisce la continuit di g

() ). Si pu allora applicare il lemma


di Riemann-Lebesgue e concludere che E
N
() 0 per N che tende
allinnito.
Con un po di lavoro in pi (che non faremo), si pu dimostrare
che la convergenza anche uniforme e che non richiesta la con-
tinuit della derivata di f , ma sufciente che f
/
sia generalmente
continua sul cerchio unitario (ovvero continua a tratti, si veda la
denizione a pag. 111). Si arriva cos al seguente teorema.
Sia f una funzione continua su T con derivata prima
generalmente continua. Allora
1
2
D
N
f converge
uniformemente a f quando N tende allinnito.
(10.32)
10.7 Funzioni generalizzate*
Concludiamo questo capitolo con alcune sulla nozione di funzione
generalizata o distribuzione.
Una funzione generalizzata denita mediante una successione
di funzioni normali, analogamente a come la delta denita da una
successione di sue approssimanti. per denire una funzione gene-
ralizzata si procede come nella (10.2), con una successione f
n
(x) di
210 appunti di metodi matematici della fisica
funzioni di prova: se lo stesso risultato
lim
n
_

f
n
(x)F(x)dx (10.33)
emerge per ciascuna successione di una certa classe e per qualunque
funzione di prova F(x), le successioni deniscono la stessa funzione
generalizzata. Come abbiamo visto, per denire la delta, basta pro-
Laurent Schwartz (19152002) fu un
matematico francese che svilupp la
teoria delle distribuzioni o funzioni
generalizzate che permette di dare un
senso matematico preciso e generale
ad oggetti come la delta di Dirac.
vare la successione f
n
con funzioni continue F(x) perch il limite
esista, ma, per denire le sue derivate, occorrono funzioni di prova
molto pi regolari (in particolare continuamente differenziabili tante
volte quanto lordine della derivata della delta che si vuole deni-
re). Conviene dunque prendere funzioni di prova molto regolari se si
vuole denire una classe abbastanza ampia di funzioni generalizzate.
In vista delle applicazioni allanalisi di Fourier, risulta conveniente
scegliere funzioni di prova, che siano buone nel senso seguente:
una funzione f (x), sui reali e a valori reali, buona se innitamente
differenziabile e se tale che f (x) e le sue derivate vanno a zero
allinnito pi rapidamente di qualunque potenza negativa di [x[.
Ne un esempio paradigmatico la funzione e
x
2
. Conviene inoltre
introdurre anche una classe pi ampia di una funzioni che includa
anche i polinomi: diremo che una funzione (x) abbastanza buona se
(x) e le sue derivate crescono allinnito (negativo o positivo) al pi
come una qualche potenza positiva di [x[. Si dimostra facilmente che
la derivata di una funzione buona buona la somma di due funzioni
buone ancora una funzione buona. altrettanto semplice che il
prodotto di una funzione buona e di una funzione abbastanza buona
ancora una funzione buona.
Si considereranno nella (10.33) successioni di funzioni buone f
n
(x)
e tutto il discorso star in piedi se, per qualunque funzione buona
F(x), il limite (10.33) esiste. Una successione che ha questa proprie-
t detta regolare. Ad esempio, la successione e
x
2
/n
2
regolare: il
limite (10.33)
_

F(x)dx, qualunque funzione buona F(x) si con-


sideri. Lanalogia con la costruzione dei reali a partire dai razionali
notevole: la regolarit della successione di funzioni buone analoga
al requisito di Cauchy e in entrambi i casi ci si aspetta che logget-
to denito dalla successione non sia necessariamente identicabile
con uno che nellambiente in cui vive la successione. Per esempio,
il reale denito dalla successione .9, .99, .999, 9999, . . . si identica
naturalmente con il numero 1, che razionale, ma la regola sono
successioni come quella che denisce il numero e
1, 1 +
1
2!
, 1 +
1
2!
+
1
3!
, 1 +
1
2!
+
1
3!
+
1
4!
, . . .
Un numero reale denito come una successione di Cauchy di ra-
zionali. Si denisca allora una funzione generalizzata f (x) come una
delta di dirac, convoluzioni e nuclei 211
successione regolare f
n
(x) di funzioni buone e due funzioni genera-
lizzate si dicano uguali se le corrispondenti successioni regolari sono
equivalenti, cio se per qualunque funzione buona F(x), il limite
(10.33) lo stesso per ciascuna successione. Per esempio, la successio-
ne e
x
4
/n
4
equivalente alla successione e
x
2
/n
2
. Entrambe (e tutte le
successioni a loro equivalenti) deniscono la funzione generalizzata
I(x) tale che
_

I(x)F(x)dx =
_

F(x)dx
e che abbastanza naturale denotare semplicemente con 1, la fun-
zione che vale 1. Perci ciascuna funzione generalizzata in realt
la classe di tutte le successioni regolari equivalenti ad una data suc-
cessione regolare. Passiamo ora ad alcune denizioni molto naturali
sulla base di quanto stato appena detto.
Si denisca lintegrale del prodotto di una funzione generalizzata
f (x) con una funzione buona F(x),
_

f (x)F(x)dx , (10.34)
come
lim
n
_

f
n
(x)F(x)dx (10.35)
La denizione consistente perch il limite lo stesso per tutte le le
successioni equivalenti f
n
(x).
del tutto naturale denire la somma g(x) = f (x) + h(x) di due
funzioni generalizzate f (x) e h(x), denite dalle successioni f
n
(x) e
h
n
(x), come la funzione generalizzata che denita dalla successione
g
n
(x) = f
n
(x) + h
n
(x). Per quanto la denizione sia naturale occorre
mostrarne la consistenza. Occorre cio mostrare che
(a) g
n
(x) una successione di funzioni buone.
(b) g
n
(x) regolare.
(c) Scelte differenti di successioni regolari equivalenti che denisco-
no le funzioni generalizzate f (x) e h(x) portano a successioni
equivalenti che deniscono g(x).
(a) immediata, perch la somma di funzioni buone buona. (b)
Per ogni funzione buona F(x)
lim
n
_

g
n
(x)F(x)dx = lim
n
_

f
n
(x)F(x)dx + lim
n
_

h
n
(x)F(x)dx
e cos il limite sulla sinistra esiste, e quindi la successione g
n
= f
n
+
h
n
regolare. Inoltre i limiti a destra sono indipendenti da quali tra
le differenti successioni equivalenti di f
n
e h
n
sono utilizzate per
denire f e h. Quindi, tutte le successioni risultanti f
n
+ h
n
sono
equivalenti vericando cos (c).
212 appunti di metodi matematici della fisica
Anche denire la derivata f
/
(x) in termini della successione f
/
n
(x)
risulta essere una denizione consistente. Infatti per integrazione per
parti,
lim
n
_

f
/
n
(x)F(x)dx = lim
n
_

f
n
(x)F
/
(x)dx
e poich la derivata F
/
(x) di una funzione buona F(x) ancora una
funzione buona, il limite a destra esiste ed lo stesso per tutte le
successioni regolari equivalenti f
n
(x). Quindi tutte le successioni
f
/
n
(x) sono equivalenti e regolari, che quanto si voleva dimostrare.
Procedendo in maniera analoga, si mostra che consistente denire
f (ax + b) mediante la successione f
n
(ax + b) e (x) f (x), dove (x)
una funzione abbastanza buona, mediante la successione (x) f
n
(x).
Riassumendo: Se due funzioni generalizzate f (x) e h(x) sono
denite dalle successioni f
n
(x) e h
n
(x) allora:
(i) f (x) + h(x) denita dalla successione f
n
(x) + h
n
(x);
(ii) f
/
(x) denita dalla successione f
/
n
(x);
(iii) f (ax + b) denita dalla successione f
n
(ax + b).
(iv) (x) f (x), dove (x) una funzione abbastanza buona, deni-
ta dalla successione (x) f
n
(x).
A questo punto, risulta facile dimostrare che per qualunque funzione
buona F(x) si ha
_

f
/
(x)F(x)dx =
_

f (x)F
/
(x)dx (10.36)
_

f (ax + b)F(x)dx =
1
[a[
_

f (x)F
_
x b
a
_
dx (10.37)
_

[(x) f (x)] F(x)dx =


_

f (x) [(x)F(x)] dx (10.38)


Questo teorema garantisce che le funzioni generalizzate sotto il
segno di integrale, quando sono moltiplicate per una funzione buona,
possono essere manipolate come se fossero funzioni ordinarie.
delta di dirac, convoluzioni e nuclei 213
Problemi
Problema 10.1. Mostrare che
lim
0
_

2
e
x
2
2
2
F(x)dx = F(0)
per F continua.
Problema 10.2. Mostrare che
lim
0
_

x
2
+
2
F(x)dx = F(0)
per F continua.
Problema 10.3. Mostrare che
x(x) = 0 .
Problema 10.4. Mostrare che
(ax) =
1
[a[
(x) .
Problema 10.5. Mostrare che
(x
2
a
2
) =
1
2[a[
[(x + a) + (x a)]
Problema 10.6. Mostrare che
( f (x)) =

i
(x x
i
)
[ f
/
(x
i
)[
dove x
i
sono gli zeri di f (x) e f tale che la sua
derivata f
/
non si annulla negli zeri x
i
.
Problema 10.7. Usare il problema 1.2 per
mostrare che
P
r
() = 1 +2

n=1
r
n
cos(n)
e
lim
r1
P
r
() =
#
()
dove
#
() il pettine di Dirac.
Problema 10.8. Si consideri il risultato del
problema 1.9
1 +2
n

k=1
cos(k) =
sin
_
(n +
1
2
)
_
sin
_

2
_
Queste successione di funzioni una successione di
approssimanti del pettine di Dirac? Spiegare.
Problema 10.9. Mostrare che in coordinate cur-
vilinee ortogonali (u
1
, u
2
, u
3
) la delta data dalla
formula
(r r
/
) =
1
h
1
h
2
h
3
(u
1
u
/
1
)(u
2
u
/
2
)(u
3
u
/
3
)
Usare il risultato ottenuto per esprimere la delta in
coordinate cilindriche e sferiche.
Problema 10.10. Mostrare che

1
[r[
= 4(r)
214 appunti di metodi matematici della fisica
Soluzioni
Problema 10.1.
Problema 10.2.
Problema 10.3. Lidentit discende immediatamente da
lim
n
x
_
n

e
nx
2
= lim
n
_
nx
2

e
nx
2
= lim
y
_
y
2

e
y
2
= 0
Problema 10.4.
(ax) =
1
[a[
(x) .
Problema 10.5. Per mostrare questo fatto, utile avere unidea di
come sono fatte le approssimanti di (x) = (x
2
a
2
) . Se

n
(x) =
_
n

e
nx
2
,
sono le approssimanti della delta, allora le approssimanti di sono

n
(x) =
_
n

e
n(x
2
a
2
)
2
2
3
4
2 1 1 2
Il graco a lato mostra che le approssimanti sono sostanzialmente
la somma di due funzioni che si concentrano una in a e laltra in
+a, il che rende gi plausibile la formula che si vuole dimostrare.
Occorre capire il fattore moltiplicativo
1
2[a[
e darne una dimostrazione
analitica. Consideriamo

n
(x) =
_
n

e
n(x
2
a
2
)
2
=
_
n

e
n(xa)
2
(x+a)
2
Nellintorno di x = a si ha

n
(x)
_
n

e
n(xa)
2
(2a)
2
=
1
2[a[
_
2a
2
n

e
2a
2
n(xa)
2
e quindi, nellintorno di x = a, si ha

n
(x)
1
2[a[

n
(x a) .
Analogamente, nellintorno di x = a,

n
(x)
_
n

e
n(x+a)
2
(2a)
2
=
1
2[a[
_
2a
2
n

e
2a
2
n(x+a)
2
=
1
2[a[

n
(x + a)
Al crescere di n,
n
(x) va rapidamente a zero ad eccezione di piccoli
intorni di x = a e x = a. Dunque, per n grande,

n
(x) =
_
n

e
n(x
2
a
2
)
2

1
2[a[
[
n
(x + a) +
n
(x a)]
Passando al limite n si ottiene quanto si voleva dimostrare.
delta di dirac, convoluzioni e nuclei 215
Problema 10.6. Posto (x) = ( f (x)), sia
n
(x) la sua approssi-
mate

n
(x) =
_
n

e
n( f (x))
2
.
Consideriamo
n
(x) nellintorno di uno zero x
i
di f (x). Sviluppiamo
f (x) nellintorno di x
i
. Poich n arbitrariamente grande teniamo
solo lordine pi basso in x. Allora, essendo f (x
i
) = 0, si ha

n
(x) =
_
n

e
nf
/
(x
i
)
2
(xx
i
)
2
=
1
[ f
/
(x
i
)[
_
nf
/
(x
i
)
2

e
nf
/
(x
i
)
2
(xx
i
)
2

1
[ f
/
(x
i
)[

n
(x x
i
)
Al di fuori di piccoli intorni degli zeri,
n
(x) sar praticamente nulla
e quindi, sommando i contributi da tutti gli intorni,

n
(x) = ( f (x))

i
1
[ f
/
(x
i
)[

n
(x x
i
) .
Passando al limite n si ottiene la formula richiesta.
Problema 10.7.
Problema 10.8.
Problema 10.9. Sia r = (x
1
, . . . , x
n
) = x la rappresentazio-
ne di r in un sistema di coordinate cartesiane ortogonali in R
n
e
r = (u
1
, . . . , u
n
) = u la sua rappresentazione in un sistema di
coordinate curvilinee. Sia J =

x
u

il determinante Jacobiano della


trasformazione da x a u.
La delta in coordinate curvilinee denita da
_
R
n

(u)
(u u
0
) f (u)d
n
u = f (u
0
)
Allora
_
R
n

(u)
(u u
0
) f (u)d
n
u =
_
R
n
(x x
0
) f (x)

d
n
u
d
n
x

d
n
x
=
_
R
n
(x x
0
) f (x)J
1
d
n
x
=
_
R
n
(u u
0
) f (u)J
1
d
n
u
Ne segue che

(u)
(u u
0
) = J
1
(u u
0
) = J
1
n

i
(u
i
u
0 i
)
che quanto si voleva dimostrare. Per il caso specico di coordinate
cilindriche in R
3
, il determinante Jacobiano J r e quindi
(r r
0
) =
1
r
(r r
0
)(
0
)(z z
0
)
11
Problemi al contorno per le onde e il calore
Indice
11.1 Problemi di Cauchy 217
11.2 Problemi al contorno 219
11.3 Il metodo delle immagini 221
11.4 Il metodo di Fourier 225
11.5 Il metodo di Fourier nel linguaggio degli spazi vettoriali 229
Problemi 231
Soluzioni 234
11.1 Problemi di Cauchy
Se in un problema al contorno una delle variabili indipendenti
il tempo, le condizioni iniziali specicano la soluzione ad un dato
tempo, di solito t = 0. Per esempio, le condizioni iniziali per u =
u(x, t) possono avere la forma
u(x, 0) = q(x) , o u(x, 0) = q(x) ,
t
u(x, 0) = p(x) .
Unequazione alle derivate parziali con condizioni iniziali specicate
chiamato problema alle condizioni iniziali o problema di Cauchy.
Onde in una corda illimitata Consideriamo lequazione di
dAlembert (6.12) per il il prolo u = u(x, t) di una corda vibrante.
Poich lequazione del secondo ordine nel tempo, per determinare
u(x, t) occorre conoscere oltre allo spostamento iniziale dei punti
della corda, q(x), anche la velocit iniziale in ogni punto di essa,
p(x). Se la corda illimitata, cio non ssata ad estremi, ma si
218 appunti di metodi matematici della fisica
estende da a +, il problema di Cauchy allora
_

_
1
v
2

2
u
t
2


2
u
x
2
= 0 , < x < , t > 0
u(x, 0) = q(x) ,
t
u(x, 0) = p(x)
(11.1)
Si pu dimostrare che la soluzione di (11.1)
u(x, t) =
1
2
[q(x vt) + q(x + vt)] +
1
2v
_
_
x+vt
xvt
p(x) dx
_
. (11.2)
(Si veda il problema 11.2.)
x
y
t = 0
t = .3
t = .5
t = 1
t = 2
Figura 11.1: Evoluzione temporale di
un unonda con prolo iniziale q(x) per
velocit iniziale p(x) nulla: dopo una
fase iniziale di separazione, met del
prolo si propaga inalterato a destra e
met a sinistra, entrambi con velocit
v. Per disegnare la gura si scelto
q(x) = e
4x
4
.
Onde sinusoidali Consideriamo adesso le onde progressive di
una corda illimitata nel caso in cui la f nella (7.7) una funzione
sinusoidale, vale a dire del tipo
u(x, t) = f (x vt) = Asin
_
2

(x vt)
_
, (11.3)
dove A, e sono costanti arbitrarie, di cui lultima, la costan-
te di fase, pu essere sempre posta uguale a zero mediante scelta
opportuna dellorigine dei tempi.
Dalla (11.2) si vede che questo caso si pu realizzare imponendo le
condizioni iniziali
q(x) = Asin
_
2

x
_
p(x) =
2v

cos
_
2

x
_
= vq
/
(x)
Il signicato della costante quello di lunghezza donda, mentre
A rappresenta lampiezza di vibrazione. La f espressa dalla (11.3)
sinusoidale sia in x, con periodo , sia in t con periodo T = /v. Per
mettere in evidenza questultimo fatto si usa talvolta lespressione
u(x, t) = f (x vt) = Asin
_
2
_
x


t
T
_

_
. (11.4)
Se si prende invece
u(x, t) = g(x + vt) = Asin
_
2

(x + vt)
_
, (11.5)
si ottengono ancora onde sinusoidali di lunghezza donda e am-
piezza A, ma regressive.
Propagazione del calore in un filo illimitato Consideria-
mo lequazione del calore (6.14) per la propagazione del calore in
un lo illimitato. Poich lequazione del primo ordine nel tempo,
problemi al contorno per le onde e il calore 219
occorre specicare solo il prolo iniziale di temperatura f (x) e il
problema di Cauchy quindi
_

_
u
t
D

2
u
x
2
= 0 , < x < , t > 0
u(x, 0) = f (x) per x < 0 .
(11.6)
Usando il metodo della trasformata di Fourier (che tratteremo in un
capitolo successivo), si pu dimostrare che la soluzione di (11.6)
u(x, t) =
1

4Dt
_

e
(xy)
2
/(4Dt)
f (y)dy (11.7)
un facile esercizio mostrare che se
f (x) =
1

2
2
e

x
2
2
2
,
allora la soluzione (11.7) di (11.6) diventa
u(x, t) =
1
_
2(
2
+2Dt)
e

x
2
2(
2
+2Dt)
. (11.8)
Si osservi che lincremento lineare nel tempo del quadrato della lar-
ghezza della funzione: questo il marchio di fabbrica dei processi
diffusivi.
x
t = 0
t = 1
t = 2
t = 3
Figura 11.2: Andamento nel corso
del tempo della temperatura con
distribuzione iniziale a t = 0 gaussiana
a media zero e larghezza .
La (11.7) di solito scritta nella forma
u(x, t) =
_

K
t
(x y) f (y)dy , (11.9)
dove
K
t
(x) =
1

4Dt
e
x
2
/(4Dt)
(11.10)
chiamato nucleo del calore. Dal problema 11.5 segue che per t > 0,
K
t
una soluzione particolare dellequazione del calore (corrispon-
dente a = 0 nella (11.8)). La (11.9) pu dunque essere interpretata
come una soluzione dellequazione del calore ottenuta mediante il
principio di sovrapposizione. Si osservi che per tutti i t > 0
_

K
t
(x)dx = 1 . (11.11)
Assumendo che f (x) sia continua, allora dalla (10.9) si ottiene
lim
t0+
_

K
t
(x y) f (y)dy = f (x)
11.2 Problemi al contorno
In problemi di sica e in altre applicazioni, unequazione alle deriva-
te parziali governa un fenomeno che si realizza nello spazio euclideo
220 appunti di metodi matematici della fisica
o in un suo dominio aperto . Fatta eccezione per il tempo, le altre
variabili indipendenti sono in . Le condizioni al contorno vincolano
la funzione incognita ad avere certe date caratteristiche sul bordo di
. I tre casi pi importanti sono i seguenti.
(D) Le condizioni al contorno di Dirichlet, che specicano i valori della
soluzione u al bordo .
(N) Le condizioni al contorno di Neumann, che specicano i valori della
derivata normale
n
u della soluzione u al bordo .
(M) Le condizioni al contorno miste, che specicano i valori di u +

n
u al bordo .
Quando le condizione al bordo sono di annullamento
u[

= 0 o
n
u[

= 0 o u[
u+
n
u
= 0
il problema al contorno detto omogeneo.
Si osservi che la distinzione tra condizioni al contorno e condizioni
iniziali meno netta di quanto possa sembrare. In effetti, con rife-
rimento al problema (11.12), entrambe le condizioni specicano che
cosa succede nel piano x-t, le prime sulle rette x = 0 e x = L e le
seconde sulla retta t = 0. In problemi pi complicati sulle rette x = 0
e x = L si richiede che la soluzione assuma dati valori dipendenti
dal tempo
1
. In generale, si parla dunque di problema al contorno, sen-
1
Per esempio lestremo destro tenuto
sso, mentre nel sinistro la corda
viene fatta oscillare secondo una data
funzione h(t).
za distinguere tra condizioni iniziali e condizioni al contorno vere e
proprie.
Una condizione spesso implicita, ma non per questo meno im-
portante, che la soluzione sia una funzione limitata, il che si traduce
nella condizione:
(L) Esiste una costante positiva M tale che
[u(x, y, . . .)[ < M
Ecco un esempio di problema al contorno per lequazione delle
onde:
(1) equazione
(2) cond. iniz.
(3) cond. al cont.
(4) limitatezza
_

_
1
v
2

2
u
t
2


2
u
x
2
= 0 , < x < , t > 0
u(x, 0) = q(x) ,
t
u(x, 0) = p(x)
u(0, t) = a , u(L, t) = b , t > 0
[u(x, t)[ < M, < x < , t > 0
(11.12)
problemi al contorno per le onde e il calore 221
11.3 Il metodo delle immagini
Problemi di Dirichlet su una semiretta Consideriamo una
corda che si estende dal suo punto di origine in x = 0 a x = . In
questo caso occorre specicare come la corda si comporta nellorigine
e questa la condizione al contorno u(0, t) = h(t) . La funzione h(t)
descrive come lestremo della corda si muove.
Figura 11.3: Al tempo t = 0 una corda
semi-innita tenuta ferma nellorigine
portata nella congurazione iniziale in
alto, quindi viene lasciata libera di evol-
vere. I fotogrammi dallalto in basso
descrivono come la congurazione della
corda evolve nel tempo. Londa verso
destra si allontana allinnito, quella
verso sinistra si riette nellorigine.
Se assumiamo che lestremo della corda tenuto fermo, cio
h = 0, si ha il problema al contorno per x R
+
_

_
1
v
2

2
u
t
2


2
u
x
2
= 0 , 0 < x < , t > 0
u(x, 0) = q(x) ,
t
u(x, 0) = p(x) , x > 0
u(0, t) = 0 , t > 0
(11.13)
Questo problema pu essere risolto mediante il metodo delle im-
magini, cio in termini di un problema al contorno per x R che,
quando ristretto a R
+
, coincide con (11.13), analogamente a quanto
visto per lelettrostatica. In questo modo, si pu dimostrare che la
soluzione di (11.13)
Estensione dispari di una funzione
Data una funzione F(x) denita solo
per x > 0,
la sua estensione dispari a tutta retta reale
denita come la funzione
che coincide con F per x > 0 e che vale
F(x) per x < 0.
u(x, t) =
1
2
_
q
D
(x ct) + q
D
(x + ct)
_
+
1
2v
_
_
x+ct
xct
p
D
(x) dx
_
(11.14)
dove q
D
e p
D
sono le estensioni dispari di q e p. Si veda la nota a
margine e la gura 11.4.
Questo metodo vale anche per altri problemi di Dirichlet con la
stessa struttura di (11.13). Ad esempio, si applica a problemi diffusivi
governati dallequazione del calore: la soluzione di
_

_
u
t
D

2
u
x
2
= 0 , 0 < x < , t > 0
u(x, 0) = f (x) , x > 0
u(0, t) = 0 , t > 0
(11.15)

u(x, t) =
1

4Dt
_

e
(xy)
2
/(4Dt)
f
D
(y)dy (11.16)
dove f
D
lestensione dispari di f , ovvero
u(x, t) =
1

4Dt
_

0
_
e
(xy)
2
/(4Dt)
e
(x+y)
2
/(4Dt)
_
f (y) dy ,
(11.17)
222 appunti di metodi matematici della fisica
x
x
0
t
x > ct x < ct
x
0
Figura 11.4: Il prolo rettangolare (in
rosso) nellintorno di un punto x
0

la condizione iniziale q(x) dellonda
(per semplicit si posto p(x) =
0). Nella regione x > ct (in grigio)
la propagazione avviene come se
non ci fosse alcun vincolo in x =
0: il rettangolo iniziale si dimezza:
met viaggia verso destra e met
verso sinistra. Nella regione x < ct,
londa sotto linuenza del vincolo
in x = 0. La soluzione in questa
regione ottenuta introducendo una
condizione iniziale nellintorno di x
0
(rettangolo blu), di ampiezza uguale
in modulo, ma opposta in segno a
quella iniziale in x
0
(estensione dispari
della condizione inziale). Quando
londa virtuale esce dalla regione
non sica (in giallo) diventa reale:
nella regione x < ct la soluzione
la sovrapposizione dellonda blu e
dellonda rossa. Questa costruzione
fornisce la riessione dellonda in x = 0.
286 F ourier transforms
mathematics becomes easier to interpret if we neglect the curvature of the earth-
Writingfl(y,r) for the temperature of the earth at depth y and time f our problem
then reduces to the one dimensional problem
a0 a20
*
(y, t)
:
K;(y,t) for all y > 0, r > 0,
0t 0y-
m smoke
ac
r[ffi,r*; probler
L srng a sl
["emma
57.I
flt l.
,li;,w atrl
7 ) 0. ;
'nl'f;lf
,tri
ridi fnlql,.
:r' d{J", f l-*(
mi
flO.r1 :0
Pn:qtt""
Let
r.* .J
*,, rltJ
!tem.
mklng
m,e know
fronn
qel;-rr
c6 fr: K
d(x. r)* G
Bl"symme
O(0. r) :0
t
*ie
observe
tha
ilx,
ilmri so by inspec
rilhe srated
result
I
I
flsooring
Quesrir
,
:fu
flernperature
o
00/, t) :
0(y,0)
:
0
o
0(0, r)
:
0
for all y>0,
for all t>0.
We shall solve these equations by using the results of Chapter 55 together ni&
one of Kelvin's favourite mathematical tricks
-
the method of images. A r-ividl
illustration of the method of images is given by the following example. Suppom
we wish to find the behaviour of a plume of smoke from a tall factory chimry"
set in the middle of a large plane (see Figure 57.1). In addition to the generdl
equations describing the behaviour of the smoke we must satisfy a boundary"
condition which states that smoke cannot pass through the ground.
To get round this problem we consider a reflected factory chimney produciry
a reflected plume of smoke as shown (Figure 57.2). There will then be no net florm.
Fig. 57.1. The problem of the smoke plume.
Fig. 57.2. The problem of the smoke plume and its reflection.
:il1
",i!.L. lr
r)
---
'1
-\
-l
o\
i
2r{
)
CONWAY PUZZLES
AND GAMES CO.
CONWAY PUZZLES
AND GAMES CO.
YY|D GVI^IE? CO'
COI4/t'\VA bnSSfEz
Figura 11.5: Immagine tratta dal bel
libro Fourier Analysis di T.W. Krner
che illustra il metodo delle immagini
per lequazione del calore applicata ad
un problema di diffusione di fumi nel-
laria. La densit u(x, t) del fumo lungo
la direzione verticale x soluzione del
problema al contorno (11.15) e dunque
si propaga nella direzione verticale
secondo la (11.16).
problemi al contorno per le onde e il calore 223
Si veda la gura 11.5.
Problemi di Neumann su una semiretta In un problema di
Neumann omogeneo sulla semiretta si vincola la derivata nellorigine
ad essere nulla per tutti i tempi t > 0. Un problema di questo tipo
per la propagazione del calore il seguente.
_

_
u
t
D

2
u
x
2
= 0 , 0 < x < , t > 0
u(x, 0) = f (x) , x > 0
u
x
(0, t) = 0 , t > 0
(11.18)
Poich il gradiente della temperatura proporzionale al usso del
calore, una condizione di questo signica che la sbarretta semi- Estensione pari di una funzione Data
una funzione F(x) denita solo per
x > 0,
la sua estensione pari a tutta retta reale
denita come la funzione
che coincide con F per x > 0 e che vale
F(x) per x < 0.
illimitata isolata adiabaticamente al suo estremo posto nellorigine.
Si pu dimostrare che i problemi di Neumann di questo tipo si risol-
vono mediante estensione pari del dato iniziale, per cui la soluzione
di (11.18)
u(x, t) =
1

4Dt
_

e
(xy)
2
/(4Dt)
f
P
(y)dy , (11.19)
dove
f
P
(x) =
_
f (x) per x > 0
f (x) per x < 0
lestensione pari di f .
Problemi al contorno su un intervallo limitato Un esem-
pio di problema al contorno in un intervallo limitato [0, L] con
condizioni di Dirichlet omogenee il seguente:
_

_
1
c
2

2
u(x, t)
t
2
=

2
u(x, t)
x
2
0 < x < L , t > 0
u(0, t) = u(L, t) = 0 t 0
u(x, 0) = q(x)
u
t
(x, 0) = q(x) 0 x L
(11.20)
Ragionando sulla gura sotto,
224 appunti di metodi matematici della fisica
0 L L 2L 2L
ci si pu convincere che la soluzione ancora della forma (11.2),
u(x, t) =
1
2
_
q
#D
(x vt) + q
#D
(x + vt)
_
+
1
2v
_
_
x+vt
xvt
p
#D
(x) dx
_
(11.21)
dove q
#D
e q
#D
sono le estensioni periodiche dispari di q(x) e p(x) alla
retta reale, nel senso indicato sotto. Si veda anche la gura 11.6.
Figura 11.6: Corda di violino. La corda,
tenuta ferma ai suoi estremi, portata
inizialmente nella congurazione ini-
ziale in alto, quindi viene lasciata libera
di evolvere. I fotogrammi dallalto in
basso descrivono come la congura-
zione della corda evolve nel tempo. I
fotogrammi sono stati ottenuti con la
regola dellestensione periodica dispari
del dato iniziale.
Estensione periodica dispari di una funzione. Data una funzione F(x) denita solo
per 0 < x < L,
L
la sua estensione periodica dispari denita come la funzione che estesa prima in modo
dispari a [L, L] e poi per periodicit a tutta la retta reale
L L
Analogamente, per lequazione del calore in un intervallo limitato
[0, L] con condizioni al contorno di Dirichlet omogenee, si arriva alla
conclusione che la soluzione
u(x, t) =
1

4Dt
_

e
(xy)
2
/(4Dt)
f
#D
(y)dy , (11.22)
Condizioni al contorno di Neumann omogenee
x
u(0, t) = 0 =

x
u(L, t) richiedono invece unestensione periodica pari dei dati
iniziali.
problemi al contorno per le onde e il calore 225
11.4 Il metodo di Fourier
Figura 11.7: Prima pagina dell memoria
Theorie du mouvement de la chaleur dans le
corps solides presentata da Jean Baptiste
Joseph Fourier nel 1807 allAccademia
di Francia. La commissione che deve
giudicare la memoria formata da
Lagrange, Laplace, Hay, Malus e
Legendre. La commissione rende noto il
suo verdetto il 16 Dicembre 1811:
La commission charge de lexamen
des Mmoires qui ont concouru pour le
prix de Gomtrie, relatif la chaleur,
propose de dcerner le prix au Mmoire
n
o
2 portant pour pigraphe: Et ignem
regunt numeri (Plato). Le prsident ayant
fait louverture du billet cachet joint au
Mmoire, on y trouve le nom de Joseph
Fourier. Cette pice renferme les vritables
quations diffrentielles de transmission
de la chaleur[...]; et la nouveaut du sujet,
jointe son importance, a dtermin
la Classe couronner cet Ouvrage, en
observant cependant que la manire dont
lAuteur parvient ses quations nest pas
exempte de difcults, et que son analyse,
pour les intgrer, laisse encore quelque chose
dsirer, soit relativement la gnralit,
soit mme du ct de la rigueur.
La memoria non viene pubblicata.
Laccettazione denitiva delle idee
innovatrici di Fourier e la gloria non
arriveranno prima del 1822.
Nel suo articolo del 1807, Fourier trov la soluzione del problema
al contorno
u
t
= D

2
u
x
2
0 < x < L , t > 0 (11.23)
u(0, t) = u(L, t) = 0 t 0 (11.24)
u(x, 0) = f (x) 0 x L (11.25)
[u(x, t)[ M (11.26)
Nel fare questo, introdusse e svilupp la teoria delle serie che in
seguito vennero chiamate serie di Fourier. Anche se lo abbiamo gi
incontrato nella risoluzione di problemi dei capitoli precedenti, a
costo di essere ridondanti, analizziamo passo per passo il metodo di
Fourier.
Mediante il metodo di separazione delle variabili di Bernoulli, si cerca
una soluzione particolare dellequazione. Essendo lequazione e le
condizioni al contorno lineari e omogenee, si cerca una soluzione
u(x, t) che possa essere espressa come il prodotto di una funzione
solo di x per una funzione solo di t, cio u(x, t) = X(x)T(t) . Una
soluzione di questo tipo certamente molto particolare, tuttavia,
226 appunti di metodi matematici della fisica
questa mancanza di generalit del metodo allinizio compensata
alla ne dal prendere tutte le combinazioni lineari di soluzioni della
forma XT.
Sostituendo u = XT nella (11.23), si trova XT
/
= DX
//
T e divi-
dendo per DXT, si ottiene X
//
/X = T
/
/(DT). Questa equazione
non pu essere vericata a meno che ciascun membro dellequazio-
ne sia una costante indipendente da x e t. Chiamiamo
2
questa
costante. La ragione per scegliere la costante
2
invece di verr
chiarita sotto. Lequazione (11.23) si separa allora in due equazioni
ordinarie X
//
+
2
X = 0 e T
/
+
2
DT = 0, le cui soluzioni sono
X = a cos x + b sin x e T = ce

2
Dt
, dove a, b, c sono costanti di
integrazione.
Risulta chiarito perch abbiamo scelto
2
: una costante positiva
avrebbe implicato una crescita esponenziale nel tempo della soluzio-
ne, che non vogliamo (la scelta del quadrato invece pura comodit:
non volevamo scrivere ogni volta una radice quadrata). Poich le
soluzioni dipendono dal parametro (per il momento arbitrario),
mettiamo in evidenza questo fatto e scriviamo
u

(x, t) = (a

cos x + b

sin x) e

2
Dt
, (11.27)
avendo assorbito, senza perdita di generalit, la costante c in a e b.
Imponiamo le condizioni al contorno. La condizione al contorno
u(0, t) = 0 per tutti i t 0 implica
u

(0, t) = a

2
Dt
= 0 per tutti i t 0
da cui concludiamo che a

= 0. La condizione al contorno u(L, t) = 0


per tutti i t 0 implica
u

(L, t) = b

sin(L)e

2
Dt
= 0 per tutti i t 0
b

= 0 fornisce la soluzione banale u = 0, che poco interessante.


Altre soluzioni (pi interessanti) sono ottenute richiedendo che
sin(L) = 0 (11.28)
per cui L deve essere un multiplo intero di , cio
=
n
=
n
L
, n = 1, 2, 3, . . . (11.29)
Si osservi che abbiamo tenuto solo i valori positivi di n, perch i va-
lori negativi hanno leffetto di cambiare il segno di sin
n
x e possono
quindi essere accomodati dalle costanti b

n
= b
n
. Il caso n = 0
fornisce la soluzione banale u = 0. Eravamo partiti col cercare una
soluzione, ne troviamo una successione
u
n
(x, t) = b
n
sin
_
n
L
x
_
e
Dn
2

2
t/L
2
, n = 1, 2, 3, . . .
problemi al contorno per le onde e il calore 227
Essendo le equazioni (11.23) e (11.24) lineari e omogenee, la
sovrapposizione lineare delle soluzioni u
n
u(x, t) =

n=1
e
Dn
2

2
t/L
2
b
n
sin
_
n
L
x
_
(11.30)
ancora una soluzione ed pi generale delle singole soluzioni u
n
.
Imponendo adesso che sia soddisfatta la condizione iniziale (11.25), si
ottiene lequazione

n=1
b
n
sin
_
n
L
x
_
= f (x) (11.31)
nelle incognite b
n
per la data funzione f (x). Se sappiamo risolvere
questa equazione, allora il gioco fatto.
Fourier risolse lequazione (11.31) con un trucco ingegnoso. Si
moltiplichino ambo i membri della (11.31) per sin
_
m
L
x
_
e si integri-
no tra 0 e L, scambiando la serie con lintegrale,

n=1
b
n
_
L
0
sin
_
n
L
x
_
sin
_
m
L
x
_
dx =
_
L
0
sin
_
m
L
x
_
f (x) dx .
(11.32)
Adesso si calcoli
_
L
0
sin
_
m
L
x
_
sin
_
n
L
x
_
dx =
L

_

0
sin m sin n d
(avendo fatto il cambiamento di variabili x = L/). Dalla trigono-
metria (o dalla formula di Eulero):
sin Asin B =
1
2
[cos(A B) cos(A + B)]
Allora per m ,= n
_

0
sin m sin n d =
1
2
_

0
[cos(mn) cos(m + n)] d = 0 ,
e per n = m
_
L
0
_
sin
_
n
L
x
__
2
dx =
L

_

0
sin
2
n d =
L



2
=
L
2
.
Ne segue che
_
L
0
sin
_
m
L
x
_
sin
_
n
L
x
_
dx =
mn
L
2
. (11.33)
Sostituendo la (11.33) nella (11.32), si ottiene
b
n
=
2
L
_
L
0
f (x) sin
_
n
L
x
_
dx . (11.34)
228 appunti di metodi matematici della fisica
Allora la (11.30), con b
n
dato dalla (11.34) la la soluzione del proble-
ma al contorno.
Non c niente di speciale in una serie di Fourier di seni. Serie di
Fourier di coseni emergono in modo altrettanto naturale. Si consideri
il problema omogeneo di Neumann in cui la (11.24) sostituita dalla
condizione
u
x
(0, t) = 0 ,
u
x
(L, t) = 0 per tutti i t 0 (11.35)
Nellanalisi precedente, nulla cambia no alla (11.27). Per imporre le
condizioni di Neumann, occorre calcolare la derivata della (11.27):
u

x
(x, t) = (a

sin x + b

cos x) e

2
Dt
, (11.36)
La condizione di annullamento della derivata per x = 0 e per tutti i
t 0 implica
b

2
Dt
= 0 per tutti i t 0
da cui concludiamo che b

= 0 per ,= 0. Lannullamento della


derivata per x = L e per tutti i t 0 implica a

sin(L)e

2
Dt
= 0,
cio, trascurando le soluzioni banali, sin(L) = 0 . Arriviamo cos
nuovamente alla (11.36), la cui soluzione data dalla (11.29). Ma
adesso sono i b
n
ad essere nulli e le soluzioni possibili sono u
n
(x, t) =
c
0
(corrispondente a = 0) e
u
n
(x, t) = a
n
cos
_
n
L
x
_
e
Dn
2

2
t/L
2
, n = 1, 2, 3, . . .
Le equazioni analoghe alle (11.30) e (11.31) sono allora
u(x, t) = c
0
+

n=1
e
Dn
2

2
t/L
2
a
n
cos
_
n
L
x
_
(11.37)
c
0
+

n=1
a
n
cos
_
n
L
x
_
= f (x) (11.38)
Lequazione (11.38) nelle incognite c
0
e a
n
si risolve con lo stesso
trucco di prima. La costante c
0
si trova immediatamente integran-
do ambo i membri della (11.38), scambiando serie con integrale e
osservando che lintegrale dei coseni nullo, per cui
c
0
=
1
L
_
L
0
f (x) dx (11.39)
Le costanti a
n
si determinano moltiplicando ambo i membri della
(11.38) per cos
_
m
L
x
_
e integrando tra 0 e L (sempre scambiando la
serie con lintegrale). Adesso la relazione da usare (che, come prima,
si trova con un po di trigonometria)
_
L
0
cos
_
m
L
x
_
cos
_
n
L
x
_
dx =
mn
L
2
(11.40)
problemi al contorno per le onde e il calore 229
Quindi
a
n
=
2
L
_
L
0
f (x) cos
_
n
L
x
_
dx . (11.41)
La soluzione del problema omogeneo di Neumann allora la (11.37)
con c
0
e a
n
dati rispettivamente dalle equazioni (11.39) e (11.41). Si
osservi che c
0
= a
0
/2.
11.5 Il metodo di Fourier nel linguaggio degli spazi vettoriali
Consideriamo lo spazio lineare C[a, b] delle funzioni continue su
un intervallo chiuso e limitato [a, b]. Per due funzioni continue
qualunque f e g, si denisca
f , g =
_
b
a
f (x)g(x)dx . (11.42)
La dimostrazione che la (11.42) denisce un prodotto scalare in
C[a, b] riportata a margine. Si tratta di un prodotto scalare molto
importante detto prodotto scalare L
2
. Dimostrazione che (11.42) denisce un
prodotto scalare.V erichiamo che le
propriet (i), (ii) e (iii) della (2.30) sono
vericate. La (i) immediata; la (ii)
segue dalla linearit dellintegrale e la
(iii) vericata in quanto le funzioni
sono continue. Per quel che riguarda la
(iii), preliminarmente, si osservi che per
ogni funzione continua si ha
f , f =
_
b
a
f (x) f (x)dx =
_
b
a
[ f (x)[
2
dx 0
e che f , f < poich ogni funzione
continua su un intervallo chiuso
limitata, cio esiste una costante M tale
che [ f (x)[ < M per tutti gli x [a, b] e
dunque
f , f =
_
b
a
[ f (x)[
2
dx < M
2
(b a) .
Inoltre, se f (x) = 0 per ogni x [a, b],
allora chiaramente f , f = 0. Daltro
canto, la condizione
f , f =
_
b
a
[ f (x)[
2
dx = 0
insieme con la continuit di f in [a, b],
assicurano che f (x) = 0 per ogni
x [a, b]. Perci la (11.42) denisce un
prodotto scalare in C[a, b].
Osserviamo che la disuguglianza di Cauchy- Schwartz introdotta
nella sezione 2.6 vale anche per spazi di dimensione innita (se si
considera la dimostrazione datane nella sezione 2.6, si vede che la
dimensionalit dello spazio non gioca alcun ruolo). Questo fatto
permette di dimostrare che la norma
[[ f [[
2
=
_
f , f =

_
b
a
[ f (x)[
2
dx , (11.43)
indotta dal prodotto scalare davvero una norma, che detta norma
L
2
in C[a, b].
In termini del prodotto scalare L
2
, le (11.33) e (11.40) possono
essere interpretate come relazioni di ortogonalit in C[0, L] e riscritte
come
S
m
, S
m
=
mn
L
2
(11.44)
C
m
, C
n
=
mn
L
2
(11.45)
avendo denito, per comodit, le funzioni
S
k
= sin
_
k
L
x
_
e C
k
= cos
_
k
L
x
_
(11.46)
si osservi che dalle relazioni sopra segue che
[[C
n
[[ = [[S
n
[[ =
_
L
2
, [[1[[ =

L
230 appunti di metodi matematici della fisica
Inoltre, per ottenere la serie di coseni si usata la relazione di ortogo-
nalit
1 , C
n
= 0 , n = 1, 2, . . . (11.47)
I coefcienti a
n
e b
n
, dati rispettivamente dalle equazioni (11.34) e
(11.41), possono essere riscritti come
b
n
=
2
L
S
n
, f (11.48)
a
n
=
2
L
C
n
, f (11.49)
c
0
=
1
L
1 , f (11.50)
e le equazioni (11.31) e la (11.38) in linguaggio geometrico diventano
f =

n=1
2
L
S
n
, f S
n
=

n=1
_
S
n
[[S
n
[[
, f
_
S
n
[[S
n
[[
(11.51)
f =
1
L
1 , f +

n=1
2
L
C
n
, f C
n
=
_
1
[[1[[
, f
_

1
[[1[[
+

n=1
_
C
n
[[C
n
[[
, f
_
C
n
[[C
n
[[
(11.52)
Questo risultato molto interessante perch ci permette di interpre-
tare le serie di Fourier come decomposizioni di un vettore rispetto ad
un insieme ortogonale di vettori.
Si osservi che abbiamo solo tradotto nel linguaggio degli spazi
lineari quel che fece Fourier. Resta naturalmente aperto il proble-
ma della convergenza delle serie, problema che affronteremo nei
prossimi capitoli.
problemi al contorno per le onde e il calore 231
Problemi
Problema 11.1. Per una corda di spostamento
verticale y = u(x, t), di densit lineare e tensione
T, lenergia
E =
_
1
2
dx
_
y
t
_
2
. .
energia cinetica
+
_
1
2
T
_
y
x
_
2
dx
. .
energia potenziale
=

2
_
dx
_
_
y
t
_
2
+ v
2
_
y
x
_
2
_
=
:
2c
_
dx
_
_
y
t
_
2
+ v
2
_
y
x
_
2
_
dove si introdotto limpedenza : =
_
T = v.
Dimostrare che lenergia si conserva nel corso del
tempo.
Problema 11.2. Assumendo che la soluzione del
problema di Cauchy (11.1) abbia la forma generale
di dAlembert (7.6) , si dimostri che
f (x) =
1
2
q(x)
1
2v
_
x
x
0
p(x) dx , (11.53)
g(x) =
1
2
q(x) +
1
2v
_
x
x
0
p(x) dx (11.54)
per un qualunque x
0
. Quindi si mostri che da
queste equazioni segue la soluzione (11.2).
Aiuto. Dalla (7.6) e dalla sua derivata calcolate per
t = 0, si ottengono le equazioni
q(x) = f (x) + g(x)
p(x)
v
= f
/
(x) + g
/
(x)
Integrare la seconda equazione tra un generico pun-
to x
0
e x e risolvere il sistema nelle incognite f e
g.
Problema 11.3. Sfruttando la simmetria del pro-
blema, si mostri direttamente (cio senza usare la
soluzione generale (11.7)) che la soluzione di
_

_
u
t
D

2
u
x
2
= 0 , < x < , t > 0
u(x, 0) = a per x > 0 , u(x, 0) = b per x < 0 ,

u(x, t) =
a + b
2
+
a b

_
x/

4Dt
0
e
s
2
ds .
Quindi si mostri che u(x, t) la soluzione che
ottiene applicando la (11.7).
Aiuto. Losservazione cruciale che lequazione
u
t
D

2
u
x
2
= 0 ,
invariante per il cambiamento di scala
x

x , t t
e che lo stesso vale per il dato iniziale. Si cerchi allo-
ra una soluzione dellequazione che abbia la stessa
simmetria del problema, cio una funzione del tipo
u(x, t) = f
_
x

t
_
.
(Per evitare complicazioni inessenziali, si divida le-
quazione per D assorbendo la costante D nel tempo,
cio si ponga t
/
= Dt e per semplicit si scriva t
/
anzich t e si risolva il problema per D = 1. Alla
ne si ripristini la situazione originaria sostituendo
t con Dt).
Problema 11.4. Con riferimento al problema
11.3, mostrare che per t che tende allinnito si rag-
giunge una distribuzione di temperatura uniforme
che la media della due temperature iniziali.
Problema 11.5. Si considerino i valori delle co-
stanti a e b nel problema 11.3 tali che il dato iniziale
la funzione di Heaviside ( scalino unitario)
u(x) =
_
1 se x > 0
0 se x < 0 ,
Quindi si usi il problema 7.4 per mostrare che
K
t
(x) =
1

4Dt
e
x
2
/(4Dt)
soluzione dellequazione del calore.
Problema 11.6. Dimostrare il metodo delle
immagini basato sullestensione dispari del dato
iniziale per il problema al contorno (11.13).
232 appunti di metodi matematici della fisica
Aiuto. La soluzione del problema per x R
data dallintegrale di dAlembert (7.6), u(x, t) =
f (x ct) + g(x + ct) , imponendo una condizione
esprimente che per x = 0 u = 0 per qualunque
t. Posto s = vt, questo si traduce nella condizione
funzionale
0 = f (s) + g(s) ossia f (s) = g(s) .
Sfruttare questa condizione per arrivare alla (11.63).
Problema 11.7. Vericare che la (11.17)
soluzione del problema al contorno (11.15).
Problema 11.8. Per determinare let della Ter-
ra, Kelvin consider il seguente modello. La Terra
un corpo solido sferico che al tempo t = 0 era
uniformemente alla temperatura di solidicazione
T
s
. Poich i dati geologici suggeriscono che la tem-
peratura superciale della Terra non abbia subito
variazioni signicative dalla sua formazione, Kelvin
assunse costante la temperatura sulla supercie del-
la terra per tutto il periodo della sua storia. Qual il
problema al contorno pi semplice che rende conto
del modello di Kelvin?
Problema 11.9. Se si trascura il raggio di curva-
tura della Terra e per comodit si sceglie una scala
di temperatura tale che la temperatura superciale
della Terra sia 0, il problema al contorno del model-
lo di Kelvin pu essere ulteriormente semplicato
nel seguente:
_

_
T
t
= D

2
T
x
2
, x > 0 , t > 0
T(x, 0) = T
s
, x > 0
T(0, t) = 0 , t > 0 ,
dove T(x, t la temperatura a profondit x al tem-
po t. Assumendo che sperimentalmente si possa
determinare il valore al tempo presente t di
v =
T
x
(0, t)
e che D e T
s
siano sperimentalmente determina-
bili sulla base di campioni di roccia sulla super-
cie terrestre, trovare una formula che esprima t in
funzione di v, D e T
s
.
Aiuto. Si usi la (11.17). La formula cercata
t =
T
2
s
Dv
2
Problema 11.10. Risolvere il problema al
contorno
_

_
u
t


2
u
x
2
= 0 , 0 < x < , t > 0
u(x, 0) = a per 0 < x < 1 ,
u(x, 0) = 0 per x > 1 ,
u
x
(0, t) = 0 , t > 0
e interpretare sicamente il risultato.
Problema 11.11. Si trovi la soluzione stazionaria
del problema al contorno
_

_
u(x, t)
t
= D

2
u(x, t)
x
2
x R
+
, t R
+
[u(x, t)[ < M
u(0, t) = Acos t
Aiuto. Si usi il formalismo complesso noto dalla
teoria dei circuiti elettrici e si cerchi una soluzione
del tipo u = v(x)e
it
. Imponendo le condizioni di
limitatezza e al contorno, si eliminino le costanti
arbitrarie di integrazione. Prendendo la parte reale
di quanto ottenuto, si arriva alla soluzione cercata,
che
u(x, t) = Ae


2D
x
cos
_
t
1

2D
x
_
Nota. Il signicato sico del problema come va-
ria la temperatura sotto il suolo in presenza di una
variazione periodica della temperatura sulla su-
percie: x = 0 il livello del suolo, x > 0 misura
la profondit. La soluzione ottenuta mostra che la
temperatura u ad una qualsiasi profondit x una
funzione sinusoidale di t con ampiezza Ae


2D
x
minore dellampiezza A in supercie, e la riduzione
tanto maggiore quanto maggiore la profondit
e quanto maggiore la frequenza delle oscillazioni.
La fase varia da punto a punto e, precisamente, le
problemi al contorno per le onde e il calore 233
oscillazioni si risentono verso linterno con un ritar-
do x/(

2D) proporzionale alla distanza x dalla


supercie, cosa che si pu esprimere dicendo che
le oscillazioni di temperatura si propagano nellinterno
con una velocit

2D (tanto maggiore quindi quanto
maggiore la frequenza ). Ne deriva, in particola-
re che per x =

2D/ le oscillazioni sono in


opposizione di fase con quelle in supercie.
Problema 11.12. Studiare le variazioni di tem-
peratura sotto il suolo in presenza delle variazioni
di temperatura diurne e stagionali, cio quando per
x = 0 sono presenti due oscillazioni di frequenza

1
e
2
. Considerando variazioni diurne e an-
nue di 20
0
per un terreno ordinario terreno umido
(D 0.0049cm
2
/s), fare un graco delle curve ot-
tenute e confrontare le variazioni diurne con quelle
annuali.
Nota. Si pu cos vericare che la teoria (gi svilup-
pata da Fourier) predice che ad una profondit di
qualche metro le oscillazioni della temperatura sono
in completa opposizione di fase di circa sei mesi (la
temperatura nel terreno sar pi calda in inverno e
pi fredda in estate). (Il che spiega perch conviene
avere la cantina di qualche metro sotto il livello del
suolo :-)
Problema 11.13. Sia u = u(x, t) l soluzione del
problema di Dirichlet non omogeneo
u(0, t) = a , u(L, t) = b , t > 0
per lequazione delle onde o del calore. Mostrare
che ci si pu ricondurre ad un problema omoge-
neo mediante opportuna trasformazione lineare da
u = u(x, t) a w = w(x, t) in modo tale che
w(0, t) = 0 , w(L, t) = 0 , t > 0
Problema 11.14. Risolvere
_

_
u
t
=

2
u
x
2
0 < x < , t > 0
u(0, t) = u(, t) = 0 t 0
u(x, 0) = sin
3
x 0 x
Problema 11.15. Risolvere
_

_
u
t
=

2
u
x
2
0 < x < 3 , t > 0
u(0, t) = 0 ,
u
x
(3, t) = 0 t > 0
u(x, 0) = sin
x
2
sin
5x
6
Nota. La condizione
u
x
(3, t) = 0 signica che nel
suo estremo destro la sbarra termicamente isolata
e non c usso di calore.
Problema 11.16. Risolvere
_

2
u
x
2
+

2
u
y
2
= 0 0 < x < 1 , 0 < y < 1
u(0, y) =
u
x
(1, y) = 0 0 < y < 1
u(x, 0) = 0 u(x, 1) = sin
3
2
x
234 appunti di metodi matematici della fisica
Soluzioni
Problema 11.1. Verichiamo la conservazione dellenergia,
calcolando dE/dt. Differenziando sotto il segno di integrale
E =
:
2c
_
dx
_
_
y
t
_
2
+ v
2
_
y
x
_
2
_
e integrando per parti si ottiene
dE
dt
=
:
2c
_
dx
_
2
y
t

2
y
t
2
+2v
2
y
x

2
y
tx
_
=
:
v
_
dx
y
t
_

2
y
t
2
v
2

2
y
x
2
_
= 0
Lenergia ad un qualunque tempo t ha dunque lo stesso valore che ha
al tempo iniziale, E(t) = E(0) .
Problema 11.2. Dalla (7.6) e dalla sua derivata calcolate per t = 0,
si ottengono le equazioni
q(x) = f (x) + g(x) (11.55)
p(x)
v
= f
/
(x) + g
/
(x) (11.56)
Integrando la (11.56) tra un generico punto x
0
e x, si ottiene
f (x) + f (x
0
) g(x) g(x
0
) =
1
v
_
x
x
0
p(y)dy
che, sommata alla (11.55), fornisce
g(x) =
1
2
q(x) +
1
2v
_
x
x
0
p(y)dy +
1
2
[ f (x
0
) g(x
0
)] .
Dalla (11.55),
f (x) = q(x) g(x) =
1
2
q(x)
1
2v
_
x
x
0
p(y)dy
1
2
[ f (x
0
) + g(x
0
)]
Sostituendo le espressioni trovate nella (7.6), si ottiene
u(x, t) =
1
2
[q(x vt) + q(x + vt)] +
1
2v
_
_
x+vt
x
0
p(x) dx
_
xvt
x
0
p(x) dx
_
,
da cui segue la (11.2).
Problema 11.3. Sia
u(x, t) = f
_
x

t
_
. (11.57)
problemi al contorno per le onde e il calore 235
e calcoliamone le derivate
u
t
=
x
2t
3/2
f
/
_
x

t
_
=
x
2t

t
f
/
_
x

t
_
u
x
=
1
t
1/2
f
/
_
x

t
_

2
u
x
=
1
t
f
//
_
x

t
_
Posto s = x/

t, dalla
u
t
D

2
u
x
2
= 0 ,
si ottiene
0 =
u
t


2
u
x
2
=
s
2t
f
/
(s)
1
t
f
//
(s)
che d la seguente equazione per f (t ,= 0) f
//
+
s
2
f
/
= 0 . Usando il
fattore integrante exp(
_
s
2
ds) = e
s
2
/4
, questa diventa
_
e
s
2
/4
f
/
(s)
_
/
=
0 . Perci, e
s
2
/4
f
/
(s) = c
1
, dove c
1
una costante arbitraria. Risolven-
do per f
/
(s) e integrando, otteniamo f (s) = c
1
_
s
0
e
s
2
/4
ds + c
2
dove
c
2
unaltra costante arbitraria (abbiamo scelto una particolare pri-
mitiva, essendo liberi di farlo per la presenza della costante arbitraria
c
2
). Ritornando alla (11.57),
u(x, t) = f
_
x

t
_
= c
1
_
x/

t
0
e
s
2
/4
ds + c
2
Mediante cambiamento di variabili s = 2s
/
nellintegrale,
u(x, t) = c
/
1
_
x/(2

t)
0
e
s
/2
ds
/
+ c
2
= c
1
_
x/

4t
0
e
s
2
ds + c
2
(essendo la costante c
1
arbitraria). Ripristinando la costante D con la
sostituzione t Dt, otteniamo
u(x, t) = c
1
_
x/

4Dt
0
e
s
2
ds + c
2
(11.58)
Prendendo il limite t0+, si ottiene: se x > 0,
c
1
_
+
0
e
s
2
ds + c
2
= c
1

2
+ c
2
a
e se x < 0,
c
1
_

0
e
s
2
ds + c
2
= c
1

2
+ c
2
b
236 appunti di metodi matematici della fisica
La condizione iniziale u(x, 0) dunque la funzione a scalino che
vale a per x positivi e b per quelli negativi. Determiniamo c
1
e c
2
in
funzione di a e b
c
1
=
a b

c
2
=
a + b
2
,
da cui segue
u(x, t) =
a + b
2
+
a b

_
x/

4Dt
0
e
s
2
ds . (11.59)
Problema 11.4. Nel limite per t che tende allinnito lintegra-
le a secondo membro della (11.59) si annulla: il prolo iniziale di
temperatura a scalino, a destra a e a sinistra b, tende verso la distri-
buzione di temperatura uniforme
1
2
(a + b), che la media delle due
temperature iniziali.
Problema 11.5. Per cambiamento delle unit di misura e di
temperatura di riferimento la condizione iniziale del problema pre-
cedente pu essere resa uguale alla funzione di Heaviside o scalino
unitario
u(x) =
_
1 se x > 0
0 se x < 0 ,
per la quale si ha
u(x, t) =
1
2
+
1

_
x/

4Dt
0
e
s
2
ds . (11.60)
Essendo lequazione del calore lineare omogenea a coefcienti
costanti, per il problema 7.4, anche
u
x
=
1

4Dt
e
x
2
/(4Dt)
= K
t
(x)
una soluzione (si ricordi la regola di Leibniz (5.55)), il che forni-
sce una verica indipendente che il nucleo del calore soluzione
dellequazione del calore per t > 0.
Problema 11.6. La soluzione del problema per x R data
dallintegrale di dAlembert (7.6), u(x, t) = f (x ct) + g(x + ct) ,
imponendo una condizione esprimente che per x = 0 u = 0
per qualunque t. Posto s = vt, questo si traduce nella condizione
funzionale
0 = f (s) + g(s) ossia f (s) = g(s) . (11.61)
Dunque, la soluzione generale
u = f (x vt) f (x vt) (11.62)
e contiene una sola funzione arbitraria invece di due.
problemi al contorno per le onde e il calore 237
Se sono assegnate q e p per tutta la corda, cio per x R, la
funzione f risulta determinata per x R. La (11.53) determina infatti
f (s) nel seguente modo. In primo luogo osserviamo che dalla (11.61)
segue che f (0) = g(0) = 0. Allora, per s > 0, la (11.53) diventa
f (s) =
1
2
a(s)
1
2c
_
s
0
p(x) dx s > 0 .
Quanto a f per s < 0, essa data dalla (11.61) unitamente alla (11.54),
f (s) = g(s) =
1
2
a(s)
1
2c
_
s
0
p(x) dx s < 0
Se denotiamo con q
D
e p
D
le estensioni dispari di q e p,
q
D
(s) =
_
q(s) per s > 0
q(s) per s < 0
p
D
(s) =
_
p(s) per s > 0
p(s) per s < 0
allora f (s) pu essere compattamente espressa come
f (s) =
1
2
q
D
(s)
1
2c
_
s
0
p
D
(x) dx < s < ,
in temini della quale possiamo calcolare la soluzione generale (11.62)
u = f (x ct) f (x ct)
=
1
2
q
D
(x ct)
1
2c
_
xct
0
p
D
(x) dx
1
2
q
D
(x ct) +
1
2c
_
xct
0
p
D
(x) dx
=
1
2
_
q
D
(x ct) + q
D
(x + ct)
_
+
1
2c
_
0
xct
p
D
(x) dx +
1
2c
_
x+ct
0
p
D
(x) dx
=
1
2
_
q
D
(x ct) + q
D
(x + ct)
_
+
1
2c
_
_
x+ct
xct
p
D
(x) dx
_
(11.63)
Problema 11.7.
Problema 11.8. Sia T = T(r, t) la temperatura, C, la temperatura
superciale della Terra e R il raggio della Terra. Allora il problema al
contorno
_

_
T
t
= DT = 0 , [r[ R, t > 0
T(r, 0) = T
s
, per tutti [r[ R
T(r, t) = C, per tutti [r[ = R e t > 0
Problema 11.9. Dalla (11.17) segue immediatamente che
T(x, t) =
T
s

4Dt
_

0
_
e
(xy)
2
/(4Dt)
e
(x+y)
2
/(4Dt)
_
dy
Allora
v =
T
x
(0, t) =
_
T
s

4Dt
_

0
_

2(x y)
4Dt
e
(xy)
2
/(4Dt)
+
2(x + y)
4Dt
e
(x+y)
2
/(4Dt)
_
dy
_
x=0
=
T
s

4Dt
_

0
y
Dt
e
y
2
/(4Dt)
dy =
T
s

Dt
_
e
y
2
/(4Dt)
_

0
=
T
s

Dt
,
238 appunti di metodi matematici della fisica
da cui
t =
T
2
s
Dv
2
Problema 11.10.
Problema 11.11. Cerchiamo una soluzione stazionaria del tipo
u = v(x)e
it
,
Sostituendo u = v(x)e
it
nellequazione del calore, si ottiene
iv(x) = D

2
v
x
2
,
che ha soluzione
v(x) = c
1
e

i

D
x
+ c
2
e

i

D
x
.
per

i = e
i/4
= cos /4 + i sin(/4) =
1 + i

2
Dunque
v(x) = c
1
e


2D
(1+i)x
+ c
2
e


2D
(1+i)x
Le costanti c
1
e c
2
si determinano imponendo la condizione che
u sia limitata per x e che u(0, t) = Ae
it
, quindi deve essere
v(0) = A. Si ha cos c
1
= 0 e c
2
= A e quindi
u(x, t) = Ae


2D
(1+i)x
e
it
= Ae


2D
x
e
i
_
t
1

2D
x
_
Passando alla parte reale
u(x, t) = Ae


2D
x
cos
_
t
1

2D
x
_
Problema 11.12. Poich il problema lineare, se al suolo sono
presenti due oscillazioni di frequenza
1
e
2
, la temperatura sar
la sovrapposizione lineare delle temperature per le due oscillazioni.
Questo permette di confrontare le variazioni diurne e stagionali.
Si trova cos che lassorbimento e la velocit di propagazione delle
oscillazioni diurne sono maggiori di quelle annue. Ad esempio,
per un ordinario terreno umido (D = 0.0049cm
2
/s) unescursione
diurna di 20
0
, si riduce a 0.86
0
a soli 36 cm di profondit (dove le
oscillazioni sono opposte a quelle superciali) e a 0.004
0
ad un metro.
Unescursione annua di 20
0
, invece, si ridurrebbe a 17.5
0
a 30 cm, a
12.7
0
ad un metro e a 0.2
0
a 10 metri (a tale profondit si pu dunque
ritenere che la temperatura resti costante nel passaggio dallestate
allinverno).
problemi al contorno per le onde e il calore 239
10
8
6
4
2
0
2
4
6
8
10
2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24
x = 0
x = 10 cm
x = 18 cm
10
8
6
4
2
0
2
4
6
8
10
G F M A M G L A S O N D
x = 0
x = 1 m
x = 3.4 m
Figura 11.8: Variazioni di temperatura
rispetto alla media (posta uguale a
zero): giornaliera (in alto) e annua (in
basso). La linea in verde corrisponde
a x =

2D/ in entrambi i graci


(circa 36 cm per il primo e circa 8 m
nel secondo). A questa profondit la
variazione esterna di 20
0
si ridotta
ad una frazione di grado. In entrambi
i graci la linea in rosso corrisponde a
x =

2D//2. A questa profondit


ce opposizione di fase di circa 6 ore nel
caso giornaliero e di 3 mesi in quello
annuo.
Problema 11.13. Il problema di Dirichlet non omogeneo pu
essere ricondotto ad un problema omogeneo ponendo
w = u a
b a
L
x , (11.64)
per il quale si ha w(0, t) = w(L, t) = 0. Risolto il problema omogeneo
per w, la soluzione del problema non omogeneo di partenza
u = w + a +
b a
L
x .
12
Tre vie che portano a Fourier
Indice
12.1 La via originaria 241
12.2 Serie di Fourier di soli seni o coseni 243
12.3 Serie di Fourier completa 246
12.4 Convergenza delle serie di Fourier 248
12.5 Il fenomeno di Gibbs 252
12.6 La via delle funzioni armoniche 254
12.7 La via della migliore approssimazione ai minimi quadrati 257
Problemi 260
Soluzioni 261
12.1 La via originaria
Gustav Lejeune Dirichlet (1805 1829)
stato un matematico tedesco che die-
de profondi contributi alla teoria dei
numeri, allanalisi e alla teoria delle
serie di Fourier.
La prima via che porta alla serie di Fourier quella discussa nellul-
tima sezione del capitolo precedente in modo del tutto identico alla
trattazione che ne diede Fourier nel 1807 (a parte la traduzione nel
linguaggio degli spazi vettoriali, che moderna).
I matematici contemporanei di Fourier ritennero che la sua trat-
tazione fosse lacunosa, essendo priva di una giusticazione che lo
scambio della serie con lintegrale fosse lecito e di chiarimenti sulla
convergenza delle serie alla funzione f . Nel 1829, Dirichlet trov co-
me condizioni sufcienti di convergenza delle serie di Fourier la con-
tinuit di f sul cerchio unitario e la continuit a tratti della derivata
di f . Questi risultati sono uno dei temi centrali di questo capitolo.
Prima, per, facciamo il punto su dove siamo arrivati alla ne del
capitolo precedente. Incomiciamo col richiamare alcune nozioni sulle
funzioni periodiche.
242 appunti di metodi matematici della fisica
Nozione di funzione periodica Una funzione di variabile reale
f (x) detta periodica di periodo P se per ogni x R, f (x + P) =
f (x), essendo P una costante positiva. Il minimo valore di P detto
periodo minimo di f , o semplicemente periodo di f . Ad esempio le
funzioni
cos
_
n
L
x
_
e sin
_
m
L
x
_
,
n = 1, 2, 3, . . ., m = 1, 2, 3, . . . sono funzioni periodiche, di periodo
2L/n e 2L/m rispettivamente.
cos
sin 3
cos + 2 sin 3
2 3 4
Figura 12.1: Il periodo di una combi-
nazione lineare di funzioni periodiche
il minimo comune multiplo dei loro
periodi.
Una funzione periodica di periodo P pu essere specicata con-
siderando una qualunque funzione f in un intervallo [a, b) ed esten-
dendola per periodicit f (x + P) = f (x) a tutta la retta reale. (La scel-
ta di un intervallo aperto a destra convenzionale: per lestensione si
sarebbe potuto scegliere lintervallo (a, b].) Lintervallo [a, b) detto
intervallo fondamentale. Scegliendo [L, L), come intervallo fonda-
mentale, si pu passare, per ogni intero positivo N (arbitrariamente
grande), a combinazioni lineari delle funzioni 1 (che banalmente
periodica per qualunque P), cos
_
n
L
x
_
e sin
_
m
L
x
_
, n = 1, 2, 3, . . .,
m = 1, 2, 3, . . ., e cos ottenere la funzione
T
N
(x) = d
0
+
N

n=1
_
p
n
cos
_
n
L
x
_
+ q
n
sin
_
n
L
x
__
, (12.1)
che periodica di periodo uguale al minimo comune multiplo di
2L/n e 2L/m, al variare di n e m tra 1 e N, e quindi di periodo 2L.
Una funzione della forma (12.1), con d
0
, q
n
, p
n
, n = 1, . . . N e
x R e a
N
o b
N
,= 0, detta polinomio trigonometrico di grado N.
Linsieme dei polinomi trigonometrici forma uno spazio lineare reale
di dimensione 2N + 1. Sovente (ma non sempre), useremo unit di
misura tali che L = . In questo caso duso (ma non dobbligo)
chiamare la variabile indipendente .
Figura 12.2: In alto riportato il graco
della funzione f () = , che non
continua sul cerchio unitario T, in
quanto f () ,= f (). In mezzo, il
graco della funzione f () = [sin [,
che invece continua, ma con derivata
discontinua in 0 e . In basso, il graco
della funzione 1/(5 4 cos ), che
innitamente differenziabile su T.
Il cerchio T Funzioni periodiche sulla retta reale e funzioni sul
cerchio unitario T sono sostanzialmente la stessa cosa: a una funzio-
ne continua su T corrisponde una funzione continua periodica su
R e viceversa, a una funzione differenziabile su T corrisponde una
funzione differenziabile periodica su R e cos via.
Questa corrispondenza chiara e semplice, ma occorre fare atten-
zione a quanto segue. Quando si rappresentano i punti del cerchio
con langolo c arbitrariet nella scelta dellintervallo di variazione
dellangolo; ad esempio si pu scegliere [, ] o [0, 2]. Fat-
ta una scelta, importante tenere presente che la funzione continua,
se essa ha lo stesso valore agli estremi; se ad esempio [, ]
allora la funzione continua se f () = f (). Stessa accortezza
tre vie che portano a fourier 243
per le derivate: la funzione ha derivata prima continua se la derivata
prima esiste e ha lo stesso valore agli estremi, e cos via.
12.2 Serie di Fourier di soli seni o coseni
Per brevit, chiameremo buona una funzione che soddisfa le con-
dizioni di convergenza (quelle di Dirichlet, che studieremo nella
prossima sezione, o altre che furono scoperte in seguito). Tavoletta di integrali utili
_
sin nx dx =
cos nx
n
_
x sin nx dx =
sin nx
n
2

x cos nx
n
_
x
2
sin nx dx =
2x
n
2
sin nx +
_
2
n
3

x
2
n
_
cos nx
_
cos nx dx =
sin nx
n
_
x cos nx dx =
cos nx
n
2
+
x sin nx
n
_
x
2
cos nx dx =
2x
n
2
cos nx +
_
x
2
n

2
n
3
_
sin nx
Sia f una funzione buona in [0, L]. Allora, per il trucco ingegno-
so di Fourier visto nel capitolo precedente, si ha
f (x) =

n=1
b
n
sin
_
n
L
x
_
x [0, L]
b
n
=
2
L
_
L
0
f (x) sin
_
n
L
x
_
dx , n = 1, 2, 3, . . .
(12.2)
(12.3)
Denoteremo con S
(s)
N
f la somma parziale dei primi N termini della
serie di Fourier di seni, cio
S
(s)
N
f (x) =
N

n=1
b
n
sin
_
n
L
x
_
(12.4)
Chiaramente, S
(s)
N
f un polinomio trigonometrico di grado N.
importante osservare che il secondo membro della (12.2) fornisce
lestensione periodica dispari f
#D
di f da [0, L] a tutta la retta reale. La
funzione
f
#D
(x) =

n=1
b
n
sin
_
n
L
x
_
x R
ha infatti le le seguenti propriet: f
#D
(x) = f
#D
(x) per x R,
periodica di periodo P = 2L e f
#D
(0) = f
#D
(L) = 0. Quindi, se vale
la (12.2) in [0, L], essa vale anche per la funzione f
#D
sulla retta reale
che lestensione periodica dispari di f .
Esempio 12.1. Consideriamo la funzione f (x) = x( x) in [0, ] e
calcoliamone i coefcienti di Fourier b
n
, usando la tavoletta sopra.
b
n
=
2

_

0
x( x) sin nx dx = 2
_

0
x sin nx dx
2

_

0
x
2
sin nx dx
=
_
2
_
sin nx
n
2

x cos nx
n
_

_
2
n
3

x
2
n
_
cos nx
_

0
=
2(1)
n
n

4
n
3
[(1)
n
1] +
2(1)
n
n
=
4
n
3
[(1)
n
1] =
_
_
_
0 n pari
8
n
3
n dispari

Figura 12.3: f (x) = x( x) in [0, ].


244 appunti di metodi matematici della fisica
Allora la serie di Fourier di seni della funzione f (x) = x( x)
8

_
sin x
1
3
+
sin3x
3
3
+
sin5x
5
3
+ . . .
_

Figura 12.4: In blu il primo termine


della serie di Fourier, in rosso la somma
parziale per N = 2.
La gura 12.5 mostra che la convergenza delle somme parziali del-
la serie molto rapida. In effetti, i moduli dei termini della serie a se-
condo membro sono maggiorati dalle costanti M
n
= (8/)/(2n +1)
3
e la serie M
n
convergente. Allora per il Criterio M di Weierstrass
la serie converge uniformemente a f (x) = x( x) in [0, ]. Dunque
f (x) una funzione buona in [0, L] e si ha uguaglianza in [0, ] tra
la funzione e la serie, cio
x( x) =
8

_
sin x
1
3
+
sin3x
3
3
+
sin5x
5
3
+ . . .
_
x [0, ]
Inoltre, la serie converge uniformemente su tutta la retta reale alla
funzione f
#D
che lestensione periodica dispari di f (x) = x( x),
si veda la gura 12.5.

Figura 12.5: La serie di Fourier di seni
della funzione f (x) = x( x) in
[0, ] converge su tutta la retta reale
alla funzione f
#D
che lestensione
periodica dispari di f .
Serie di Fourier di Coseni Sia f una funzione buona in [0, L].
Allora per quanto visto nel capitolo precedente
f (x) =
a
0
2
+

n=1
a
n
cos
_
n
L
x
_
a
n
=
2
L
_
L
0
f (x) cos
_
n
L
x
_
dx , n = 0, 1, 2, 3, . . .
(12.5)
(12.6)
Valgono considerazioni analoghe a quelle fatte per ila serie di seni: se
vale la (12.5) in [0, L], essa vale anche per la funzione f
#P
sulla retta
reale che lestensione periodica pari di f . La somma parziale dei primi
N termini di una serie di Fourier di coseni
S
(c)
N
f (x) =
a
0
2
+
N

n=1
a
n
cos
_
n
L
x
_
(12.7)
tre vie che portano a fourier 245
Esempio 12.2. Consideriamo in [0, ] la stessa funzione f (x) =
x( x) dellesempio precedente, ma adesso la sviluppiamo in serie
di coseni. Calcoliamo i coefcienti di Fourier a
n
. Il primo termine
a
0
/2 la media della funzione, e si calcola facilmente:
a
0
2
=
1

_

0
x( x) dx =

2
6
Per n 1, usando la tavoletta sopra, si ottiene
a
n
=
2

_

0
x( x) cos nx dx = 2
_

0
x cos nx dx
2

_

0
x
2
cos nx dx
=
_
2
_
cos nx
n
2
+
x sin nx
n
_

_
2x
n
2
cos nx +
_
x
2
n

2
n
3
_
sin nx
__

0
=
2
n
2
[(1)
n
1]
4
n
2
(1)
n
=
2
n
2
[(1)
n
+1] =
_
_
_
0 n dispari

4
n
2
n pari

Figura 12.6: Somme parziali della serie


di coseni per N = 2, 3, 5.
Otteniamo cos la serie di coseni

2
6

_
cos 2x
1
2
+
cos 4x
2
2
+
cos 6x
3
2
+ . . .
_
La convergenza della serie di coseni a f (x) = x( x) un po
pi lenta di quella di seni (si veda la gura 12.6). Tuttavia, anche in
questo caso, il criterio M di Weierstrass garantisce la convergenza
uniforme, dunque f (x) una funzione buona in [0, L] anche per
lo sviluppo in serie di coseni. Inoltre, la serie di coseni converge uni-
formemente su tutta la retta reale alla funzione f
#P
che lestensione
periodica pari di f (x) = x( x) (si veda la gura 12.7).

Figura 12.7: La serie di Fourier di
coseni della funzione f (x) = x( x)
in [0, ] converge su tutta la retta reale
alla funzione f
#P
che lestensione
periodica pari di f .
Le serie di Fourier di soli seni o di soli coseni sono dette serie di
Fourier a intervallo dimezzato. Esse sono le serie di Fourier di una fun-
zione denita nellintervallo [0, L] ed estese a [L, L] nei due modi
possibili: come funzione pari o come funzione dispari. Per unesten-
sione dispari, la serie solo di seni, mentre per lestensione pari,
nello sviluppo sono presenti solo coseni e la funzione 1. Ovviamen-
te, nellintervallo [0, L] le due serie convergono agli stessi valori,
ma sulla retta reale deniscono differenti funzioni periodiche di
periodo 2L.
246 appunti di metodi matematici della fisica
Ecco alcuni esempi di serie di Fourier di soli coseni, lasciando per
esercizio il calcolo dei coefcienti.

Figura 12.8: Onda triangolare


f (x) = [[
Serie di Fourier:

2

4

n=1
cos(2n +1)
(2n +1)
2
.

2
Figura 12.9: Onda parabolica
f () =
2

Serie di Fourier:

2
3
+4

n=1
(1)
n
cos n
n
2
.

Figura 12.10: Onda liscia
f () =
3
5 4 cos
,
Serie di Fourier:
1 +

n=1
2
n
cos n .
12.3 Serie di Fourier completa
Una funzione pu essere espressa come la somma della sua parte
pari e di quella dispari
f (x) =
1
2
[ f (x) + f (x)]
. .
f
P
(x)
+
1
2
[ f (x) f (x)]
. .
f
D
(x)
Se f periodica, f
D
periodica dispari, e se buona, essa ammette
lo sviluppo di Fourier in seni (12.2) dove
b
n
=
2
L
_
L
0
f
D
(x) sin
_
n
L
x
_
dx
=
1
L
_
L
0
f (x) sin
_
n
L
x
_
dx
1
L
_
L
0
f (x) sin
_
n
L
x
_
dx
=
1
L
_
L
0
f (x) sin
_
n
L
x
_
dx +
1
L
_
0
L
f (x) sin
_
n
L
x
_
dx
=
1
L
_
L
L
f (x) sin
_
n
L
x
_
dx
tre vie che portano a fourier 247
0 2 2

Figura 12.11: Onda del modulo del
seno
f () = [ sin()[ .
Serie di Fourier:
2

_
cos 2x
1 3
+
cos 4x
3 5
+
cos 6x
5 7
+ . . .
_
Consideriamo adesso f
P
. Se f
P
buona sviluppabile nella serie
di Fourier di coseni (12.5) e procedendo in modo analogo a prima si
trova
a
n
=
2
L
_
L
0
f
P
(x) cos
_
n
L
x
_
dx =
1
L
_
L
L
f (x) cos
_
n
L
x
_
dx .
In conclusione,
f (x) =
a
0
2
+

n=1
_
a
n
cos
_
n
L
x
_
+ b
n
sin
_
n
L
x
__
a
n
=
1
L
_
L
L
f (x) cos
_
n
L
x
_
dx , n = 0, 1, 2, . . . ,
b
n
=
1
L
_
L
L
f (x) sin
_
n
L
x
_
dx , n = 1, 2, . . . .
(12.8)
(12.9)
(12.10)
Questo lo sviluppo completo di Fourier di una funzione periodica
buona. Le costanti a
n
, b
n
sono dette coefcienti o coordinate (reali) di
Fourier della funzione f (x).
Nel linguaggio degli spazi vettoriali della sezione 11.5, usando
le notazioni (11.46), lo sviluppo completo di Fourier si rappresenta
come
f =
_
1
[[1[[
, f
_

1
[[1[[
+

n=1
__
C
n
[[C
n
[[
, f
_
C
n
[[C
n
[[
+S
n
, f S
n
_
(12.11)
ed interpretato come la decomposizione del vettore f rispetto al
sistema ortogonale 1, S
n
, C
n

n=1
.
Forma complessa delle serie di Fourier Usiamo la formula di
Eulero per esprimere i seni e coseni a secondo membro della (12.17)
e, per brevit di scrittura, usiamo le notazioni (11.46) insieme con le
notazioni abbreviate
E
n
exp
_
in
L
x
_
E
n
exp
_

in
L
x
_
(12.12)
Allora si ha
a
n
S
n
+ b
n
C
n
= a
n
E
n
+E
n
2
+ b
n
E
n
E
n
2i
=
a
n
ib
n
2
E
n
+
a
n
+ ib
n
2
E
n
248 appunti di metodi matematici della fisica
Se poniamo
c
n
=
a
n
ib
n
2
, c
n

a
n
+ ib
n
2
= c
n
, c
0

a
0
2
(12.13)
e osserviamo che E
0
= 1, vediamo che la serie a secondo membro
della (12.17) pu essere riscritta come
a
0
2
+

n=1
[a
n
S
n
+ b
n
C
n
] = c
0
+

n=1
[c
n
E
n
+ c
n
E
n
] =

n=
c
n
E
n
Quindi, ritornando alle notazioni originarie, la (12.17) diventa
f (x) =

n=
c
n
exp
_
i
n
L
x
_
(12.14)
Dalla denizione dei c
n
insieme con le (12.9) e (12.10), si ottiene
c
n
=
1
2L
_
L
L
f (x) cos
_
n
L
x
_
dx
i
2L
_
L
L
f (x) sin
_
n
L
x
_
dx
=
1
2L
_
L
L
exp
_
i
n
L
x
_
f (x)dx . (12.15)
I vettori E
n
e E
m
sono ortogonali tra loro per m ,= n. Infatti,
E
n
, E
m
=
_
L
L
exp
_
i
n
L
x
_
exp
_
i
m
L
x
_
dx
=
_
L
L
exp
_
i
(mn)
L
x
_
dx = 2L
nm
Allora le (12.14) e (12.15) possono essere riscritte compattamente
come
f =

n=
_
E
n
[[E
n
[[
, f
_
E
n
[[E
n
[[
, (12.16)
che la decomposizione del vettore f rispetto allinsieme ortogonale
E
n

n=
.
12.4 Convergenza delle serie di Fourier
Chiariamo adesso quali sono le funzioni buone per cui si ha con-
vergenza delle serie di Fourier. Per comodit, scegliamo unit di
misura tali che L = .
Ricordiamo che lo sviluppo di f (x) in serie di Fourier stato otte-
nuto assumendo che la serie convergesse alla funzione f (x) e che fosse
lecita lintegrazione termine a termine della serie. Il problema mate-
matico lasciato aperto quello di stabilire quando queste assunzioni
sono effettivamente giusticate. Questo il problema fondamentale
dellanalisi di Fourier.
tre vie che portano a fourier 249
Possiamo descrivere questo problema mediante il seguente dia-
gramma:
f (x)
analisi di Fourier
-
a
n
, b
n
(coordinate di Fourier di f )
a
0
2
+

n=1
[a
n
cos nx + b
n
sin nx]
sintesi di Fourier
?

s
o
n
o
u
g
u
a
li?
(la serie converge?)
Nel primo stadio di analisi vengono determinate le coordinate
a
n
, b
n
: il requisito minimo a lintegrabilit della funzione su [, ].
Il secondo stadio consiste nella sintesi della serie di Fourier di f .
A questo stadio la domanda cruciale se la serie converga. Lultimo
stadio del processo la risalita: la funzione ottenuta come serie,
uguale alla funzione di partenza f (x)?
Per rispondere alla prima domanda, si possono usare criteri di
convergenza delle serie, alcuni dei quali sono stati incontrati nei
primi capitoli, come il il Criterio M di Weierstrass o il Criterio di Abel.
La risposta alla seconda domanda richiede pi lavoro. Lintuizione
originaria di Fourier era che il recupero di una funzione dalle sue
coordinate di Fourier valesse per unampia classe di funzioni.
Per rispondere alla seconda domanda, studiamo il problema della
convergenza delle somme parziali
S
N
f =
a
0
2
+
N

n=1
[a
n
cos nx + b
n
sin nx] . (12.17)
Usando le formule (12.9) per i corfcienti a
n
e b
n
, otteniamo
a
n
cos nx + b
n
sin nx =
_
1

f (x) cos nxdx


_
cos nx +
_
1

f (x) sin nxdx


_
sin nx
=
1

f (u) (cos nu cos nx +sin nu sin nx) du


=
1

f (u) cos n(u x) du (12.18)


Inoltre,
a
0
2
=
1
2
_

f (u) du . (12.19)
Quindi,
S
N
f (x) =
a
0
2
+
N

n=1
[a
n
cos nx + b
n
sin nx]
=
1
2
_

f (u) du +
1

n=1
_

f (u) cos n(u x) du


=
1

f (u)
sin(N +
1
2
)(u x)
sin
1
2
(u x)
du
250 appunti di metodi matematici della fisica
per il problema 1.9. Ricordando la denizione (10.27) di nucleo di
Dirichlet e la parit di D
N
, abbiamo
S
N
f (x) =
1
2
_

D
N
(x u) f (u) du =
1
2
D
N
f (x) (12.20)
Se assumiamo che f sia una funzione periodica continua con deri-
vata prima generalmente continua, dal teorema (10.32) segue imme-
diatamente la convergenza di S
N
f (x) a f per N che tende allinnito.
Si ottiene cos il seguente teorema, noto come teorema di Dirichlet.
Teorema di Dirichlet (I). Sia f una funzione periodica
continua con derivata prima generalmente continua.
Allora la successione delle somme parziali della serie
di Fourier di f converge uniformemente a f quando
N tende allinnito.
(12.21)
Un problema matematico molto interessante di indebolire le
ipotesi del teorema e studiare la convergenza della serie di Fourier
associata. Nel 1873, il matematico tedesco Paul Du Bois-Reymond
diede un esempio di serie di Fourier di una funzione continua che
divergeva su un insieme denso. Questa scoperta rese chiaro che la
continuit da sola non era sufciente a garantire la convergenza delle
serie di Fourier. Nel 1923 il matematico russo Andrej Kolmogorov
(allet di 21 anni !) trov un esempio di funzione assolutamente
integrabile (che il requisito minimo per lesistenza dei coefcienti
di Fourier) che divergeva quasi ovunque; in seguito, questo risultato fu
migliorato e mostrata la divergenza ovunque.
Il lavoro di ricerca sulla convergenza delle serie di Fourier conti-
nu per tutto il Novecento, ma noi non entreremo (se non tangen-
zialmente) nel merito di questi sviluppi. Considereremo invece un
indebolimento minimo delle ipotesi del teorema di Dirichlet ponen-
doci la seguente domanda: che cosa succede quando la funzione f , con
derivata prima generalmente continua, non continua, ma soltanto gene-
ralmente continua? Due esempi notevoli di questo tipo sono londa
quadra e londa a dente di sega.
Unonda quadra dispari lestensione periodica dispari di f () = 1
per 0 < < , si veda la gura 12.12.
Essendo dispari la serie contiene solo seni con coefcienti
b
n
=
2

_

0
sin(n)d =
2

cos n
n
_

0
=
_
4/(n) n dispari
0 n pari
.
Quindi la serie di Fourier associata allonda quadra
4

_
sin x
1
+
sin3x
3
+
sin5x
5
+ . . .
_
=
4

n=1
sin [(2n +1)]
2n +1
tre vie che portano a fourier 251

1
1
Figura 12.12: In gura sono rappresen-
tate le somme parziali per N = 4 (in
rosso) e per N = 8 (in blu) dellonda
quadra dispari (in nero).
Osserviamo che per = k, k = 0, 1, 2, . . ., la serie identicamen-
te nulla, e quindi converge a 0. In qualunque intervallo chiuso che
non contenga questi punti, S
N
f converge uniformemente a f , ma se li
contiene la convergenza non uniforme.
Lestensione periodica di f () = , per < 2 nota come
onda a dente di sega, si veda la gura 12.13. Anche in questo caso,
essendo la funzione lestensione periodica dispari di in [0, ], sono
presenti solo i coefcienti b
n
, che valgono

Figura 12.13: In gura sono rappresen-


tate le somme parziali per N = 4 (in
rosso) e per N = 8 (in blu) dellonda a
dente di sega (in nero).
b
n
=
2

_

0
sin(n)d =
2

_
sin n
n
2

cos n
n
_

0
=
2
n
cos n =
2(1)
n
n
Quindi la serie di Fourier del dente di sega
2
_
sin x
1

sin2x
2
+
sin3x
3
. . .
_
= 2

n=1
(1)
n
sin n
n
Per = k, k = 0, 1, 2, . . ., la serie identicamente nulla, e
quindi converge a 0 e in qualunque intervallo chiuso che non con-
tenga questi punti si ha convergenza uniforme, ma se li contiene la
convergenza non uniforme.
Si osservi che sia per londa quadra sia per londa a dente di sega,
nei punti di discontinuit di f , la serie vale 0, che la media dei limi-
ti destro e sinistro del punto di discontinuit. Questo non un caso,
ma un fenomeno del tutto generale, come stabilito dal seguente
teorema.
252 appunti di metodi matematici della fisica
Teorema di Dirichlet (II). Sia f una funzione periodica
generalmente continua con derivata prima general-
mente continua. Allora, per N che tende allinnito, la
successione delle somme parziali della serie di Fourier
di f converge uniformemente a f in ogni intervallo
che non contenga punti di discontinuit di f e conver-
ge alla media dei limiti destro e sinistro di f nei punti
di discontinuit.
(12.22)
La dimostrazione della a convergenza al valore medio dei limi-
ti destro e sinistro nei punti di discontinuit di f , non difcile e
pu essere ottenuta manipolando opportunamente il nucleo di Di-
richlet in modo simile a come stato fatto a pag. 209 e a pag. 209.
Nel seguito, ne daremo una spiegazione che ha un signicato sico
trasparente.
Albert Michelson (18521931) stato
un sico americano noto per il suo
lavoro sulla misura della velocit della
luce e specialmente per lesperimento
di Michelson-Morley.
12.5 Il fenomeno di Gibbs
Il sico americano Albert Michelson invent molti strumenti di
straordinaria precisione, soprattutto nel campo dellottica. Nel 1898,
costru un analizzatore armonico che permetteva di determinare le
prime 80 coordinate di Fourier di una funzione f () data graca-
mente. La macchina poteva anche essere usata come sintetizzatore
armonico. Perci Michelson procedette ad una verica di precisione
delle operazioni della macchina, perch, avendo ottenuto le prime
80 coordinate, la macchina doveva sintetizzarle e ridare la funzione
originale con un elevato grado di precisione.
Michelson trov che cos era per la maggior parte delle funzioni
analizzate, ma quando prov con unonda quadra scopr uno stra-
no fenomeno. La sintesi riproduceva londa quadra (a parte piccole
oscillazioni), ma al punto di discontinuit appariva una protuberanza
che non era presente nella funzione originaria. Michelson era per-
plesso e pensava che forse qualche difetto meccanico interno della
macchina poteva causare il problema. Scrisse allora a Gibbs, lemi-
nente sico matematico, tra i padri della moderna meccanica stati-
stica, chiedendogli la sua opinione. Gibbs investig il fenomeno e lo
spieg (in una lettera a Nature nel 1899), sulla base della convergenza
non uniforme delle serie di Fourier nella vicinanza di un punto di
discontinuit.
0 0 0
N = 40 N = 80 N = 120
Figura 12.14: Fenomeno di Gibbs per
londa quadra.
In gura 12.14 riprodotto quanto probabilmente osserv Michel-
son con il suo strumento. Lo stesso fenomeno per londa a dente di
sega illustrato in gura 12.15. Per analizzare quello che succede
consideriamo londa a dente di sega (lasciando come esercizio lana-
tre vie che portano a fourier 253
logo studio per londa quadra), la cui somma parziale N-esima della
sua serie di Fourier
S
N
f () = 2
N

n=1
(1)
n
sin n
n
.
Vogliamo stimare, al variare di N, lerrore massimo
E
max
= sup[S
N
f () f ()[ . (12.23)

N = 40 N = 80 N = 120
Figura 12.15: Fenomeno di Gibbs per
londa a dente di sega.
A tal ne, determiniamo i massimi di S
N
f () calcolandone la
derivata prima e ponendola uguale a 0. Poniamo inoltre z = e
i
. Si ha
S
N
( f )
/
() = 2
N

n=1
(1)
n
cos n = 2 Re
_
N

n=1
(z)
n
_
= 2 Re
_
(z)
1 (z)
N
1 + z
_
(ricordando la solita formula per la progressione geometrica). Perci
dobbiamo risolvere lequazione
Re
_
(z)
1 (z)
N
1 + z
_
= 0
Si ha
Re
_
(z)
1 (z)
N
1 + z
_
=
1
1 +cos
Re
_
e
i
_
1 (1)
N
e
iN
_ _
1 + e
iN
__
=
1
1 +cos
_
cos +1 (1)
N
cos(N +1) (1)
N
cos N
_
= 1 + (1)
N+1
1
1 +cos
cos(N +1) +cos(N +1) cos +sin(N +1) sin
= 1 + (1)
N+1
cos(N +1) + (1)
N
sin(N +1) sin
1 +cos
= 0
Lespressione si annulla quando

= (M/N +1) e M ha la stessa


parit di N. Evidentemente il massimo assoluto di S
N
f () in [, )
si ha per

max
=
N
N +1

Calcoliamo landamento di S
N
f (

max
) per N :
lim
N
S
N
( f ) (

max
) = 2 lim
N
N

n=1
(1)
n
sin
_
nN
N+1
_
n
= 2 lim
N
N

n=1
(1)
n
sin
_
n
n
N+1
_
n
= 2 lim
N
N

n=1
sin
_
n

N+1
_
n
= 2 lim
N
N1

n=1
sin
_
n

N
_
n

N
Ricordando lesempio 5.4,
2 lim
N
N1

n=1
sin
_
n

N
_
n

N
= 2
_

0
sin

d
254 appunti di metodi matematici della fisica
J. Willard Gibbs (18391903) stato un
sico, chimico e matematico america-
no. Gett le basi della termodinamica
chimica e della chimica-sica. Come
matematico, invent il calcolo vetto-
riale moderno (indipendentemente
da Oliver Heaviside). Come sico
matematico, fu il padre, insieme con
Ludwig Boltzmann, della moderna
meccanica statistica.
La conclusione dunque che lerrore massimo non va a zero, ma
si assesta su un valore costante per N grande! Questo era leffetto che
Michelson osserv con la sua macchina armonica. Possiamo determi-
narne il valore numerico. Il calcolo numerico dellintegrale 2
_

0
sin

lo si pu fare per sviluppo in serie di Taylor di sin / e poi pas-


sando allintegrazione termine a termine. Diciamo che ci basta un
valore numerico con 3 cifre signicative dopo la virgola. Si dovrebbe
ottenere lim
N
S
N
( f )(

max
) = 3.704.
Si ha quindi uno sforamento (rispetto al valore y = della funzio-
ne in = ) di 0.562 che circa il 9% di 2, cio il 9% della variazio-
ne della funzione nel punto di discontinuit = (dove la funzione
salta da a ). Questo fatto, detto fenomeno di Gibbs, abbastanza
universale: se ripetete il calcolo per londa quadra, trovate di nuo-
vo uno sforamento di circa il 9% della variazione della funzione nel
punto di discontinuit.
Questo assestamento dellerrore su un valore costante non per
incompatibile con la regola della media: nel punto di discontinuit si
ha esatta compensazione tra lerrore a destra e quello a sinistra della
discontinuit e la funzione converge alla media tra i limiti destro e si-
nistro. Come correttamente comprese Gibbs, questo fenomeno una
manifestazione dellassenza di uniformit del limite in prossimit
della discontinuit lerrore massimo non va a zero.
Il fenomeno di Gibbs stato anche sfruttato per scopi pratici; ad
esempio, nel microscopio a contrasto di fase, permette di evidenziare
il contrasto tra il contorno di un oggetto e lo sfondo.
12.6 La via delle funzioni armoniche
La via che ha portato Fourier a scoprire le serie che prendono il suo
nome stata quella della ricerca di soluzioni dellequazione del calo-
re, ma c unaltra via, indipendente da questa, che parte dal proble-
ma di Dirichlet dellequazione di Laplace nel disco unitario. Vediamo
in che modo si arriva alle serie di Fourier se si segue questa via.
Per il problema 8.9, sappiamo che u(r, ) =
1
2
_

P
r
( ) f ()d
una funzione armonica nel disco unitario. Se adesso sostituiamo
nellintegrale lo sviluppo in serie P
r
() = 1 +2

n=1
r
n
cos n, ottenuto
nel problema 10.7, abbiamo
u(r, ) =
1
2
_

P
r
( ) f ()d =
1
2
_

_
1 +2

n=1
r
n
cos n( )
_
f ()d
=
1
2
_

f ()d +

n=1
r
n

cos n( ) f ()d ,
tre vie che portano a fourier 255
Essendo cos n( ) = cos n cos n +sin n sin n, si ha
1

cos n( ) f ()d =
_
1

cos nf ()d
_
. .
a
n
cos n +
_
1

sin nf ()d
_
. .
b
n
sin n
e
1
2
_

f ()d =
a
0
2
. Quindi
Lipt Fejr (1880-1959) stato un ma-
tematico ungherese noto per i suoi
lavori in analisi reale e complessa. Tra
i suoi studenti di dottorato ci furono
John von Neumann, Paul Erds, Geor-
ge Plya e Cornelius Lanczos. I suoi
contributi allanalisi di Fourier sono
dei primi anni del 900 e, secondo alcu-
ni, diedero unimpronta signicativa
agli sviluppi dellanalisi di Fourier nei
cinquantanni successivi. Nella foto
a destra in piedi (a sinistra c il mate-
matico greco Constantin Carathodory,
noto ai sici per una formulazione
geometrica della termodinamica).
u(r, ) =
a
0
2
+

n=1
r
n
[a
n
cos n + b
n
sin n] . (12.24)
Ma per il teorema (10.26), u(r, ) converge uniformemente a f quando
r tende a 1, dunque
f () = lim
r1
_
a
0
2
+

n=1
r
n
[a
n
cos n + b
n
sin n]
_
. (12.25)
Si arriva cos alle serie di Fourier in un modo totalmente diverso da
quello originario. In effetti, la storia avrebbe potuto seguire un corso
differente e le serie di Fourier avrebbero potuto essere scoperte nel
modo descritto sopra.
Karl Weierstrass (18151897) fu un
matematico tedesco, noto per linstil-
lazione del rigore in analisi e padre
dellanalisi moderna. Fu docente per
diverso tempo in scuole secondarie,
dove, oltre alla matematica, insegn
sica, botanica e ginnastica.
Inoltre, sembrerebbe che la (12.25) fornisca una versione pi forte
del teorema di Dirichlet, una versione secondo cui la convergenza
delle serie di Fourier vale sotto la sola ipotesi di continuit della
funzione f . Ma se le cose stessero davvero cos si creerebbe un para-
dosso: come la mettiamo con i controesempi di Du Bois-Reymond e
Kolmogorov a cui abbiamo accennato nella sezione 12.4?
Il paradosso si risolve riettendo sul fatto che per stabilire la con-
vergenza della serie di Fourier occorre scambiare il limite r 1 con
la serie a secondo membro della (12.25). Questo non sempre pos-
sibile: si pu dimostrare che se valgono le condizioni di Dirichlet su
f , lo scambio lecito, ma che in generale, per una generica funzione
continua, non lo . Ci nonostante, la (12.25) costituisce davvero un
passo in avanti rispetto al teorema di Dirichlet.
Limportante contributo di Fejr Il primo a capire limpor-
tanza del risultato (12.25) fu il il matematico ungherese Lipt Fejr
che sugger di trasformare il problema centrale dellanalisi di Fourier
nella seguente domanda: possibile recuperare i valori di una funzione
integrabile dalla conoscenza delle sue coordinate di Fourier?
Se per recupero si intende quello fornito dalla la sintesi di Fou-
rier tradizionale,la risposta in generale negativa (per i controesempi
di Du Bois-Reymond e Kolmogorov). Tuttavia, Fejr si rese conto che
possiamo sempre recuperare una funzione continua dalle sue coordi-
nate di Fourier, se le sintetizziamo in una maniera diversa da quella
256 appunti di metodi matematici della fisica
tradizionale, cio se utilizziamo un modo diverso di sommare le serie
innite. Questo proprio quello che fa la (12.25).
Distribuzione di temperatura in
una piastra circolare. La soluzione
u = u(x, y) dellequazione di Lapla-
ce nel disco unitario con condizioni
al contorno (12.28) pu essere cal-
colata esplicitamente. Si lascia come
interessante esercizio dimostrare che
che
u(x, y) =
2

arctan
_
2y
1 x
2
y
2
_
.
Un esercizio altrettanto interessante di
calcolo numerico fare una planimetria
(contour plot) di questa funzione.
Usando i colori per rappresentare i
livelli, si ottiene un graco come il
seguente:
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
y
1 0.5 0 0.5 1
x
1 1
In termini sici, u(x, y) pu essere
interpretata come la distribuzione
stazionaria di temperatura di una
piastra circolare la cui met superiore
del bordo mantenuta a temperatura
costante, diciamo -10
0
C, e la met
inferiore al valore opposto, 10
0
C.
Come ci si poteva aspettare da semplici
considerazioni di simmetria, i punti
del disco lungo il diametro tra 0 e
(inclusi i due punti sule cerchio) sono a
temperatura 0, che la media tra le due
temperature sul bordo. Quando si passa
a coordinate polari e si considera la
temperatura come funzione dellangolo
a diverse distanze r dal centro, si
ottiene il graco di gura 12.16.
La (12.25) fornisce un recupero della funzione f a partire dalle
sue coordinate di Fourier mediante una sintesi di Fourier opportu-
namente regolarizzata (se f solo integrabile, la procedura permette
un recupero dei suoi valori dove essa continua). La differenza tra
questa sintesi e quella classica tutta nel fattore di regolarizzazione
r
n
. Questa regolarizzazione chiamata somma secondo Abel della serie
di Fourier (si vedano i complementi del Capitolo 4). Fejr us la som-
ma di Cesaro della serie, anzich la regolarizzazione di Abel, ma la
differenza ininuente per le conclusioni a cui si perviene.
Il teorema di approssimazione di Weierstrass Unaltra rica-
duta importante della (12.25) che da essa segue immediatamente un
teorema classico di analisi dovuto a Weierstrass:
Teorema di approssimazione di Weierstrass. Le funzio-
ni continue sul cerchio (e, in generale, su un inter-
vallo chiuso della retta reale) sono approssimate
uniformemente dai polinomi trigonometrici.
(12.26)
Si consideri infatti il polinomio trigonometrico di grado N
S
r
N
f =
a
0
2
+
N

n=1
r
n
[a
n
cos n + b
n
sin n] , (12.27)
dove a
n
e b
n
sono le coordinate di Fourier di f . Allora la (12.25) im-
plica che per ogni precisione > 0, esistono r
0
e N
0
tali che per tutti
gli r > r
0
e N > N
0
[ f () S
r
N
f ()[ < . Quindi, non solo il teo-
rema di Weierstrass risulta immediatamente dimostrato, ma viene
fornita anche una formula esplicita per il polinomio trigonometrico
approssimante.
Convergenza al valor medio nei punti di discontinuit
Supponiamo che f sia soltanto continua a tratti e sia
0
un suo punto
discontinuit, e domandiamoci a quale valore converga la funzione
u(r, ) =
a
0
2
+

n=1
r
n
[a
n
cos n + b
n
sin n]
a secondo membro della (12.25). Per costruzione, u armonica e
rappresenta, ad esempio, la distribuzione di temperatura stazionaria
in una piastra circolare quando il bordo mantenuto a temperatura
f (). Allora il suo valore in ogni punto (r, ) pari al valor medio di
u lungo un piccolo cerchio centrato in (r, ). Man mano che facciamo
tendere r a 1 e al contempo rendiamo il raggio del cerchio centrato in
(r, ) sempre pi piccolo, il contributo alla media sar dominato dai
tre vie che portano a fourier 257
due valori di f immediatamente a destra e a sinistra di
0
. Dunque,
nel limite si ha che u tende alla media del limite destro e sinistro nel
punto di discontinuit. In termini sici, u converge alla temperatura
media nel punto di discontinuit.
Come esempio, consideriamo la funzione u(r, ) determinata dal
valore al contorno
f () =
_
1 per < < 0
1 per 0 < <
(12.28)
Si veda la nota a margine e la gura 12.16. Si osservi la convergenza
alla temperatura media nei punti di discontinuit e lassenza del
fenomeno di Gibbs.
1.2
0.9
0.6
0.3
0.3
0.6
0.9
1.2
u
3 2 1 1 2 3

r = .2
r = .6
r = .99
Figura 12.16: Graco di u(r, ) per
r = .2, .6 e .99.
In un certo senso, si pu dire che la serie di Fourier regolarizza-
ta ancora pi interessante della serie classica, specialmente nelle
applicazioni alla teoria dei segnali (ma anche in matematica pura).
Leffetto della regolarizzazione di pulire il segnale in presenza di
variazioni rapide o discontinuit e quindi di ltrare via artefatti di
riverbero, come il fenomeno di Gibbs; si veda la gura 12.17.
12.7 La via della migliore approssimazione ai minimi quadrati
Supponiamo di voler sviluppare una teoria dellapprossimazione di
funzioni sul cerchio mediante polinomi trigonometrici
0.9
0.6
0.3
0.3
0.6
0.9
0.5 0.5
Figura 12.17: Onda quadra in un
intorno dello zero. Confronto, per N =
120, tra la somma parziale classica (in
rosso) e la somma parziale regolarizzata
per r = 0.994 (in blu). Si noti lassenza
del fenomeno di Gibbs per la somma
cos regolarizzata.
T
N
() = d
0
+
N

n=1
[p
n
cos n + q
n
sin n]
Se riportiamo in un graco gli errori, cio la curva rappresentata
da f () T
N
(), tali errori appariranno ora positivi ora negativi.
Occorre un criterio per valutare la bont dellapprossimazione. Un
tale criterio lerrore massimo, lefcacia del quale garantita dal
teorema di approssimazione di Weierstrass.
Un altro criterio suggerito dalla regressione lineare dove, per
evitare ogni compensazione fra errori positivi e negativi si considera
il quadrato del modulo, cio
[ f () T
N
()[
2
.
258 appunti di metodi matematici della fisica
Questo lerrore quadratico per il singolo dato . Lerrore quadra-
tico totale si ottiene sommando tutti gli errori quadratici nellinterval-
lo [, ], vale a dire, si ha unidea dellerrore compiuto mediante
lapprossimazione sullintero intervallo dal valore dellintegrale
D =
_

[ f () T
N
()]
2
d (12.29)
Notiamo che mentre lapprossimazione basata sullerrore massimo si
basa su un concetto locale di errore, lerrore quadratico totale si basa
su un concetto globale.
Il polinomio trigonometrico T
N
fornisce la migliore approssima-
zione di f () quando lerrore quadratico totale D minimo. Ora
tale errore dipende dai valori assegnati ai vari coefcienti d
0
, p
n
e
q
n
, quindi il minimo di D si trover uguagliando a zero le derivate
parziali di D rispetto ai coefcienti stessi:
(A)
(B)
(C)
Figura 12.18: (A) Onda a dente di
sega f () tra 0 e (in nero) e somma
parziale di Fourier S
N
() per N = 8
(in viola). (B) Graco dellerrore
puntuale [ f () S
N
()[; la linea
tratteggiata indica lerrore massimo.
(C) Graco dellerrore quadratico
puntuale [ f () S
N
()[
2
; lerrore
quadratico totale larea della regione
tra la curva e lascissa (in grigio).
Dalle gure risulta chiaro che anche
se lerrore massimo si stabilizza ad un
valore costante (fenomeno di Gibbs),
lerrore quadratico totale pu diminuire
costantemente allaumentare di N.
D
d
0
= 2
_

[ f () T
N
()] d = 0
D
p
m
= 2
_

[ f () T
N
()] cos md = 0
D
q
m
= 2
_

[ f () T
N
()] sin md = 0
Ma
_

T
N
()d =
_

_
d
0
+
N

n=1
[p
n
cos n + q
n
sin n]
_
d
= 2d
0
_

T
N
() cos md =
_

_
d
0
+
N

n=1
[p
n
cos n + q
n
sin n]
_
cos md
= p
m
_

T
N
() sin md =
_

_
d
0
+
N

n=1
[p
n
cos n + q
n
sin n]
_
sin md
= q
m
Quindi le equazioni di annullamento annullamento delle derivate
forniscono
d
0
=
1
2
_

f ()d (12.30)
p
m
=
1

f () cos md (12.31)
q
m
=
1

f () sin md (12.32)
tre vie che portano a fourier 259
che sono proprio le coordinate di Fourier di f (). Concludiamo quin-
di che le somme parziali S
N
f della serie di Fourier di una funzione
f sono, tra tutti i polinomi trigonometrici di grado N, la migliore
approssimazione della funzione ai minimi quadrati. In altre parole, per
ogni N (arbitrariamente grande), le somme parziali S
N
f approssi-
mano la funzione con il minimo errore quadratico totale. Si arriva
cos per unaltra via alle serie di Fourier, una via differente da quella
originaria di Fourier e da quella delle funzioni armoniche sul disco.
260 appunti di metodi matematici della fisica
Problemi
Problema 12.1. Si consideri il problema di Diri-
chlet omogeneo per lequazione del calore in [0, L].
Mostrare mediante calcolo esplicito che il metodo
delle immagini e il metodo di Fourier forniscono,
come ovviamente ci si aspetta, la stessa soluzione
del problema.
Problema 12.2. Per londa quadra
f (x) =
_
1 < x < 0
1 0 < x <
calcolare la serie di Fourier
4

n=0
sin(2n +1)x
2n +1
Per quali valori di x si ha convergenza puntuale?
Per quali valori di x si ha convergenza uniforme?
Problema 12.3. Per londa triangolare
f (x) = [x[ =
_
x x < 0
x 0 < x
calcolare la serie di Fourier

2

4

n=1
cos(2n +1)x
(2n +1)
2
.
Per quali valori di x si ha convergenza puntuale?
Per quali valori di x si ha convergenza uniforme?
Problema 12.4. Per londa parabolica
f (x) = x
2
, x
calcolare la serie di Fourier

2
3
+4

n=1
(1)
n
cos nx
n
2
.
Per quali valori di x si ha convergenza puntuale?
Per quali valori di x si ha convergenza uniforme?
Problema 12.5. Per londa
f (x) = x( x)( + x) , x
calcolare la serie di Fourier
12

n=1
(1)
n1
sin nx
n
3
.
Per quali valori di x si ha convergenza puntuale?
Per quali valori di x si ha convergenza uniforme?
Problema 12.6. Mostrare che la serie di Fourier
dellonda
f (x) =
3
5 4 cos x
, x

1 +2

n=1
2
n
cos nx .
Per quali valori di x si ha convergenza puntuale?
Per quali valori di x si ha convergenza uniforme?
Problema 12.7. Mostrare che lestensione pari
del seno [ sin x[
0 2 2
1
ha serie di Fourier
2

_
cos 2x
1 3
+
cos 4x
3 5
+
cos 6x
5 7
+ . . .
_
La serie converge uniformemente a [ sin x[?
Problema 12.8. Sia u la funzione scalino di
Heaviside, x ,
u(x) =
_
1 se x > 0
0 se x < 0
Mostrare che la serie di Fourier associata a u
1
2
+
2

_
sin x +
sin3x
3
+
sin5x
5
+
sin7x
7
+ . . .
_
Per quali valori di x si ha convergenza puntuale?
Per quali valori di x si ha convergenza uniforme?
Problema 12.9. Mostrare che la forma complessa
della serie di Fourier associata a u(x)
1
2

i

=
e
(2+1)ix
2 +1
Problema 12.10. Sia f (x) = e
ax
, x .
Mostrare che la serie di Fourier associata a f (x)
sinh(a)


nZ
(1)
n
(a + in)
a
2
+ n
2
e
inx
tre vie che portano a fourier 261
Soluzioni
13
Propriet delle serie di Fourier
Indice
13.1 Derivazione delle serie di Fourier 263
13.2 Andamento allinnito dei coefcienti di Fourier 264
13.3 Velocit di convergenza delle somme parziali

266
13.4 Integrazione delle serie di Fourier 266
13.5 Teorema di convoluzione 267
Problemi 269
Soluzioni 270
13.1 Derivazione delle serie di Fourier
Questa capitolo dedicato allo studio delle propriet delle serie di
Fourier rispetto alla derivazione, allintegrazione, alla velocit di
convergenza delle somme parziali e al prodotto di convoluzione.
In questo capitolo seguiremo la convenzione (in uso specialmente
nella letteratura matematica) di denotare le coordinate di Fourier
complesse c
n
con il simbolo

f (n) e scrivere
f () =

n=

f (n)e
in
. (13.1)
Questo rende pi evidente lanalogia con gli integrali di Fourier che
studieremo nel seguito.
Sia f () derivabile con derivata prima continua in T. Come abbia-
mo gi sottolineato, questo implica che la funzione ha lo stesso valore
in e e che la stesso vale per la derivata prima. Poich f ()
derivabile, si integri per parti

f (n) =
1
2
_

f ()e
in
d .
264 appunti di metodi matematici della fisica
Si ottiene:

f (n) =
1
2
_

f ()e
in
d
=
1
2
_

1
in
e
in
f ()
_

1
2
_

1
in
f
/
()e
in
d
=
1
2
1
in
_

f
/
()e
in
d =
1
in

f
/
(n)
Dunque,

f
/
(n) = in

f (n) (13.2)
Ricordiamo a questo punto una notazione che standard in mate-
matica: C
p
(T) linsieme delle funzioni continuamente derivabili p
volte. In particolare, C
0
(T) lo spazio C(T) dellle funzioni continue;
C
1
(T) lo spazio delle funzioni continue con derivata prima conti-
nua; C
2
(T) lo spazio delle funzioni continue derivabili due volte,
con derivate prima e seconda continua, e cos via. Naturalmente, si
ha C
p
C
2
C
1
C.
Capito il gioco che porta alla (13.2), lo si pu replicare: se f ()
derivabile due volte, con derivata prima e seconda continua, allora

f
//
(n) = n
2

f (n) e, pi in generale, se f C
p
(T), allora

f
(p)
(n) = (in)
p

f (n) . (13.3)
13.2 Andamento allinnito dei coefcienti di Fourier
Un tema classico dellanalisi di Fourier la relazione tra le propriet
di regolarit della funzione f () e landamento allinnito delle sue
coordinate di Fourier

f (n). Se f C
p
(T) allora per la (13.3)
[

f (n)[ =
1
[n[
p
[

f
(p)
(n)[ =
1
[n[
p

1
2
_

f
(p)
()e
in
d

1
[n[
p
_
1
2
_

[ f
(p)
()[d
_
Poich f
(p)
() per ipotesi continua nellintervallo chiuso [, ],
sar limitata da una costante nita e positiva C,
[

f (n)[
C
[n[
p
. (13.4)
Risulta cos dimostrato che:
Se f C
p
(T), allora le sue coordinate di Fourier

f (n)
decadono almeno come 1/[n[
p
per [n[ .
(13.5)
A questo riguardo, tre commenti.
propriet delle serie di fourier 265
(1) Linversa della (13.5) in generale non vale: la funzione ottenuta
sintetizzando coordinate che decadono come 1/n
p
non solo non
necessariamente una funzione derivabile p volte, ma non
detto neanche che sia una funzione continua. Come esempio, si
consideri la funzione f () che vale 1 se [0, 1] e 0 altrimenti.
La funzione chiaramente discontinua e le sue coordinate sono

f (n) =
1
2
_

f ()e
in
d =
1
2
_
1
0
e
in
d =
1 e
in
2in
Ne segue che [

f (n)[ 1/(n), e dunque le coordinate di f de-


cadono come 1/n, ma la funzione non n derivabile n continua.
Inoltre, londa parabolica della gura 12.9 ha coordinate che de-
cadono come 1/n
2
, ma la funzione, pur essendo continua, non ha
derivata prima continua.
(2) Dalla (13.5) segue immediatamente la dimostrazione del seguen-
te teorema: Se f C
2
(T), allora la sua serie di Fourier converge
uniformemente in T. Infatti, se f () derivabile due volte, allora
[

f (n)[ C/n
2
. Poich 1/n
2
convergente, per il criterio M
di Weierstrass della sezione 4.9,

f (n)e
in
uniformemente (e
assolutamente) convergente.
1 1
Si osservi che non si pu dimostrare in
modo analogo che se f C
1
(T), allora
la sua serie di Fourier converge unifor-
memente in T, in quanto linformazione
che le coordinate di f decadono almeno
come 1/n non sufciente a stabilire la
convergenza della serie.
(3) Dalla (13.5) segue che se f nnitamente derivabile, allora le sue
coordinate di Fourier

f (n) decadono esponenzialmente in n per [n[
. Infatti, in questo caso, la (13.5) stabilisce che le coordina-
te

f (n) vanno a zero pi rapidamente di qualunque potenza
inversa di n. Questo il caso dellonda molto liscia f () =
3/(5 4 cos ), che innitamente derivabile, le cui coordinate di
Fourier decadono come 2
n
= e
(ln2)n
, cio pi rapidamente di
qualunque potenza di 1/n.
Il seguente teorema stabilisce una condizione sufciente abbastan-
za utile per stabilire propriet di regolarit della funzione sulla base
dellandamento allinnito dei suoi coefcienti di Fourier.
Se le coordinate di Fourier

f (n) di una funzione f
soddisfano
[

f (n)[
C
[n[

per tutti gli [n[ 1


per qualche potenza > p + 1 e qualche costante
positiva C allora la serie di Fourier

n=1

f (n)e
inx
converge uniformemente ad una funzione di classe
C
p
.
(13.6)
(Gli ingredienti per la dimostrazione di questo teorema sono il
Criterio M di Weierstrass e teorema (4.13), ma non daremo i dettagli
266 appunti di metodi matematici della fisica
della dimostrazione). importante che sia strettamente maggiore
di p + 1 e non maggiore o uguale. Consideriamo infatti la funzione
f () del problema 12.5, i cui coefcienti

f (n) decadono come n
3
.
Dunque, = 3 e quindi deve essere p < 3 1 = 2. Se ne conclude
che la funzione almeno di classe C
1
, come in effetti . Si osservi che
essendo f
//
() = 6, la funzione non di classe C
2
.
Osserviamo inne che lapplicazione del teorema (13.6) alle serie
di Fourier dellonda triangolare e dellonda parabolica, per le quali
[

f (n)[ < C/n


2
, permette di concludere che le funzioni sintetizzate da
questi coefcienti sono C
0
, cio continue (come in effetti sono).
13.3 Velocit di convergenza delle somme parziali

Pi liscia f pi veloce la convergenza delle somme parziali di


Fourier. Pi precisamente, si ha il seguente teorema: Se f C
p
(T),
per p 2, allora esiste una costante C, indipendente da , tale che
[ f () S
N
f ()[
C
N
p1
e se f C
1
(T), allora esiste una costante C, indipendente da , tale che
[ f () S
N
f ()[
C

N
Questi risultati (che non dimostreremo) forniscono automaticamente
la convergenza uniforme delle somme parziali di Fourier per funzio-
ni C
p
, p 1 e quindi, in particolare, la dimostrazione del teorema: Se
f C
1
(T), allora la sua serie di Fourier converge uniformemente in T.
13.4 Integrazione delle serie di Fourier
La parola dordine che la derivazione peggiora la convergenza della
serie di Fourier (in quando le sue coordinate sono moltiplicate per
in), ma lintegrazione la migliora. Se la serie uniformemente con-
vergente, cossich lintegrale pu essere scambiato con il limite delle
somme parziali, chiaro che la serie pu essere integrata termine a
termine. Come effetto dellintegrazione le coordinate di Fourier

f (n)
risultano moltiplicate per 1/(in). Ma anche se la serie


f (n)e
inx
associata a f non converge uniformenente, la serie di Fourier ot-
tenuta per integrazione termine a termine converge, purch f sia
assolutamente integrabile, cio tale che
_

[ f ()[ d < . (13.7)


propriet delle serie di fourier 267
Consideriamo lesempio della serie di Fourier dellonda quadra,
che una funzione discontinua,
Sf () =
4

n=0
sin(2n +1)
2n +1
.
Lintegrazione termine a termine di questa serie fornisce

n=0
cos(2n +1)
(2n +1)
2
+ C
che converge ad una funzione continua, in accordo con il teorema
(13.6). Se si sceglie la costante arbitraria C = /2, si ottiene londa
triangolare dellesempio 2. Analogamente, per integrazione termine
a termine dellonda a dente di sega (discontinua), si passa allonda
parabolica (continua).
13.5 Teorema di convoluzione
Date due funzioni f e g integrabili, periodiche di periodo 2, la loro
convoluzione su T la nuova funzione f g data da
f g () =
1
2
_

f ()g( )d ,
Il punto non sar sempre in [, ), ma poich lintegran-
do periodico di periodo 2, conosciamo i valori della funzione
integranda dappertutto sulla retta reale.
Il prodotto di convoluzione di funzioni su T ha propriet analoghe
allanalogo prodotto di funzioni su R che abbiamo studiato nella
sezione 10.3. Pi precisamente, siano f e g integrabili, periodiche di
periodo 2 e sia c una costante. Allora
(i) f g = g f (commutativo)
(ii) f (g + h) = f g + f h (distributivo)
(iii) (c f ) g = c f g (omogeneo)
(iv) ( f g) h = f (g h) (associativo)
(v)

f g(n) =

f (n) g(n)
Le prime quattro propriet sono immediate. Per funzioni continue
la quinta propriet conseguenza di un semplice calcolo (vedi sotto).
Una volta che questa propriet stabilita per funzioni continue, pu
essere estesa a funzioni integrabili mediante approssimazione di
funzioni integrabili con successioni di funzioni continue, e questo
268 appunti di metodi matematici della fisica
non lo faremo. Ecco il calcolo per funzioni continue f e g:

f g(n) =
1
2
_

f g ()e
in
d
=
1
2
_

_
1
2
_

f ()g( )d
_
e
in
d
=
1
2
_

f ()
_
1
2
_

g( )e
in
d
_
d (scambio dellord. dintegr.: OK funz. cont. )
=
1
2
_

f ()e
in
_
1
2
_

g( )e
in
e
in
d
_
d
=
1
2
_

f ()e
in
_
1
2
_

g( )e
in()
d
_
d
=
1
2
_

f ()e
in
_
1
2
_

g(
/
)e
in
/
d
/
_
d (cambio di variabili
/
= )
=
1
2
_

f ()e
in
g(n)d
=

f (n) g(n)
Si osservi che al cambiamento di variabili
/
= non corrisponde
alcun cambiamento del dominio di integrazione perch lintegrando
una funzione periodica di periodo 2.
Diamo adesso una lista di propriet che si dimostrano facilmente
sulla base di quanto visto nora (la loro dimostrazione lasciata per
esercizio).
(i) Se f e g sono continue anche f g lo .
(ii) La convoluzione di due funzioni integrabili e limitate conti-
nua.
(iii) Se una funzione derivabile n volte e laltra m volte, la loro
convoluzione derivabile n + m volte.
(iv) La convoluzione con un polinomio trigonometrico un polino-
mio trigonometrico.
propriet delle serie di fourier 269
Problemi
Problema 13.1. Determinare la serie di Fourier
della funzione
1
2
x
2
, x , senza calco-
larne esplicitamente i coefcienti di Fourier, ma
sfruttando il fatto che la serie di Fourier di x
2

n=1
(1)
n1
n
sin nx , < x .
Problema 13.2. Si consideri la formula del pro-
blema precedente per x e la si derivi rispetto a x. La
derivata di x 1 e la derivata della serie
2

n=1
(1)
n1
cos nx
cio
2 cos x 2 cos 2x +2 cos 3x cos 4x + . . .
che non di certo 1: lo sviluppo di Fourier di 1 con-
tiene un solo termine, 1 appunto (perch?). Spiegare
dove si sbagliato.
270 appunti di metodi matematici della fisica
Soluzioni
14
Funzioni ortogonali e serie di Fourier
Indice
14.1 Convergenza in norma 271
14.2 Basi ortonormali in spazi innito-dimensionali 275
14.3 Successioni a quadrato sommabile 278
14.4 Basi ortonormali per funzioni a quadrato integrabile 279
14.5 Completezza del sistema trigonometrico 282
14.6 Serie di Fourier in pi variabili 283
Problemi 285
Soluzioni 287
Complementi 290
14.1 Convergenza in norma
Scopo di questo capitolo chiarire il signicato matematico della
decomposizione (12.11),
f =
_
1
[[1[[
, f
_

1
[[1[[
+

n=1
__
C
n
[[C
n
[[
, f
_
C
n
[[C
n
[[
+S
n
, f S
n
_
(12.11)
Il problema duplice: occorre specicare quale sia il tipo di conver-
genza della serie a secondo membro della (12.11) e per quali funzioni
valga tale sviluppo. Gli elementi cruciali per affrontare questo pro-
blema sono la nozione di convergenza in norma e quella di base ortogo-
nale in un spazio vettoriale innito-dimensionale dotato di prodotto
scalare.
Incominciamo con la nozione di spazio vettoriale normato. Uno
spazio vettoriale V ( di dimensione nita o innita) detto normato
se su di esso denita una norma che assegna ad ogni vettore una
272 appunti di metodi matematici della fisica
lunghezza e che soddisfa le propriet (i), (ii) e (ii) della denizione
(2.31).
Prodotti scalari e norme L
2
Nella sezione 11.5 abbiamo gi in-
contrato la norma L
2
in C[a, b], lo spazio vettoriale delle funzioni con-
tinue in un intervallo [a, b]. Per comodit, riportiamo le denizioni
date:
f , g =
_
b
a
f (x)g(x)dx , (11.42)
[[ f [[
2
=
_
f , f =

_
b
a
[ f (x)[
2
dx < . (11.43)
Queste nozioni di prodotto scalare e norma sono un caso partico-
lare di una nozione pi generale. Talvolta utile denire un prodotto
scalare tra funzioni rispetto ad una funzione continua e positiva (x)
nel seguente modo:
f , g

=
_
b
a
f (x)g(x)(x)dx . (14.1)
La funzione solitamente chiamata peso e la (14.1) detta pro-
dotto scalare L
2

. La norma indotta da questo prodotto scalare


[[ f [[
2

= f , f

=
_
b
a
[ f (x)[
2
(x)dx . (14.2)
Lasciamo come esercizio mostrare che le propriet del prodotto
scalare e della norma sono soddisfatte.
Norma uniforme In C[a, b], oltre alla norma L
2
, si possono intro-
durre altre norme e quindi altre nozioni di vicinanza tra funzioni. La
norma del sup o norma uniforme cos denita:
[[ f [[

= sup
x[a,b]
[ f (x)[ . (14.3)
Come si pu facilmente vericare, le propriet (i) e (ii) della norma
sono soddisfatte. Per quel che riguarda la disuguaglianza triangolare,
essa ovvia per numeri reali, [ f (x) + g(x)[ [ f (x)[ + [g(x)[, e da
questa discende
sup
x[a,b]
[ f (x) + g(x)[ sup
x[a,b]
[ f (x)[ + sup
x[a,b]
[g(x)[ .
La norma uniforme non indotta da un prodotto scalare. Un altro
esempio di norma non indotta da un prodotto scalare la norma L
1
:
[[ f [[
1
=
_
b
a
[ f (x)[dx . (14.4)
funzioni ortogonali e serie di fourier 273
Si lascia come esercizio mostrare che la norma L
1
soddisfa le proprie-
t (i), (ii) e (iii) della norma.
Confronto tra la norma L
2
e la norma uniforme In uno
spazio normato di funzioni risulta ben denita la nozione di distanza
tra due funzioni f e g,
distanza tra f e g = [[ f g[[ (14.5)
Norme differenti forniscono nozioni di distanza differenti.
E
max
f(x)
g(x)
Figura 14.1: Distanze tra due funzioni
f e g , E
max
= sup[ f (x) g(x)[
la distanza nella norma uniforme.
Larea della regione in grigio la
distanza in norma L
1
. La norma L
2

_
[ f (x) g(x)[
2
dx.
Confrontiamo la norma L
2
con la norma uniforme. La prima stima
la distanza tra due funzioni in termini dellarea del quadrato della
loro differenza e quindi media le differenze tra le due funzioni su
tutto lintervallo, fornendo cos una stima globale media di quanto
due funzioni siano vicine. Al contrario, la norma uniforme molto
pi sensibile alle differenze locali in quanto stima la distanza tra le
funzioni in termini del massimo della loro differenza (in gura 14.1,
il segmento E
max
). In effetti, abbiamo gi fatto questo confronto nella
sezione 12.7: la norma uniforme corrisponde infatti alla nozione di
errore massimo che l avevamo considerato e la norma L
2
allerrore
quadratico totale (12.29).
Convergenza in norma In uno spazio vettoriale normato, es-
sendo ben denita una nozione di distanza tra vettori, le nozioni di
successione e serie di vettori sono una unestensione diretta del lo-
ro analogo per i numeri complessi: basta sostituire il modulo con la
norma e il gioco fatto:
Sia v
1
, v
2
, . . . una successione innita di vettori nello
spazio normato V. La successione converge al vettore v
se lim
n
[[v v
n
[[ = 0 . In tal caso si scrive lim
n
v
n
= v.
(14.6)
In altre parole, la convergenza di una successione di vettori denita
come la convergenza in norma dei vettori della successione.
Figura 14.2: Una serie una somma
innita di vettori. Vale comunque la
regola del parallelogramma per la
somma, come mostrato in gura. La
gura illustra anche che s
n
= s
n1
+ u
n
.
Il vettore in rosso s la somma di tutti i
vettori u, in blu (se la serie converge),
Come applicazione della nozione di convergenza in norma, dimo-
striamo ile seguente teorema:
La convergenza di funzioni continue nella norma uni-
forme equivalente allusuale nozione di convergenza
uniforme.
(14.7)
Dimostrazione. Convergenza uniforme a f della successione f
1
, f
2
, . . .
di funzioni continue signica infatti che per ogni positivo esiste un
N, lo stesso per tutti gli x in [a, b], tale che [ f
n
(x) f (x)[ < per tutti
gli n N e tutti gli x in [a, b]. Quindi se [ f (x) f
n
(x)[ < per tutti
274 appunti di metodi matematici della fisica
gli x in [a, b], lo stesso vale quando si passa al sup,
sup
x[a,b]
[ f (x) f
n
(x)[ = [[ f f
n
[[

,
e viceversa.
La convergenza nella norma L
2
detta convergenza L
2
o convergenza
in media quadratica. Una successione di funzioni f
n
(x) in C[a, b]
converge in media quadratica a f (x) se
lim
n
[[ f f
n
[[
2
2
= lim
n
_
b
a
[ f (x) f
n
(x)[
2
dx = 0
Il signicato geometrico di questa convergenza era gi stato illustrato
nella gura 12.18. Questa gura fornisce un confronto tra la norma
uniforme e la norma L
2
per la convergenza delle somme parziali di
Fourier allonda a dente di sega e mostra che due funzioni possono
essere vicine nella norma L
2
, ma distanti nella norma uniforme.
Dimostrazione di 14.9. Se una successio-
ne di funzioni continue f
n
converge a f
nella norma uniforme di C[a, b], questo
signica che per ogni > 0, esiste un M
tale che per tutti gli n > M,
sup[ f (x) f
n
(x)[ < ,
ma allora
[[ f f
n
[[
2
2
=
_
b
a
[ f (x) f
n
(x)[
2
dx <
2
(b a) ,
(14.8)
il che vuol dire che f
n
converge a f
nella norma L
2
.
Tuttavia, essendo due funzioni pi lontane nella norma unifor-
me, ci aspettiamo che se c convergenza uniforme, allora c anche
convergenza L
2
. Questo fatto stabilito dal seguente teorema.
Se f
n
una successione di funzioni continue che
converge a f nella norma uniforme di C[a, b], allora
converge a f anche nella norma L
2
.
(14.9)
Il viceversa non sempre vero. Il seguente contro-esempio mostra
che la convergenza L
2
non implica la convergenza uniforme.
Esercizio 14.1. Nellintervallo [1, 1], si consideri la funzione
f (x) =
_
0 se 1 x < 0
1 se 0 < x 1
e la successione di funzioni continue
f
n
(x) =
_

_
0 se 1 x 1/n
nx +1 se 1/n < x < 0
1 se 0 x 1
Allora
1
2
1
3
1
4
1
5
1
6
0
1
lim
n
[[ f f
n
[[
2
= lim
n

_
1
1
[ f (x) f
n
(x)[
2
dx = lim
n

_
0
1/n
(nx +1)
2
dx
= lim
n
1/

3n = 0
Si ha cos una successione di funzioni continue che nella norma L
2
converge ad un funzione che non continua. La convergenza non
pu essere uniforme perch il limite uniforme di funzioni continue
deve essere una funzione continua.
funzioni ortogonali e serie di fourier 275
Successioni di Cauchy e serie in spazi normati Chiarita la
nozione di convergenza in uno spazio vettoriale normato, la nozione
di successione di Cauchy immediata:
Successione di Cauchy in uno spazio normato. Una suc-
cessione di vettori v
1
, v
2
, . . . in uno spazio normato
V detta di Cauchy se

v
n+p
v
n

< per tutti gli


n dopo un certo N, p > 0, qualunque sia il numero
> 0 arbitrariamente scelto.
(14.10)
Altrettanto immediata la nozione di serie innita.
Serie convergente in uno spazio normato. Sia u
1
, u
2
, . . .
una successione innita di vettori nello spazio
normato V. Se la successione delle somme parziali
s
n
=
n

k=1
u
k
converge al vettore s , la serie detta convergente e si
scrive
s =

k=1
u
k
.
(14.11)
14.2 Basi ortonormali in spazi innito-dimensionali
Richiamiamo le denizioni (2.34) e (2.35) (2.40) e la denizione di
sistema ortonormale (che mantengono la loro validit anche per spazi
di dimensione innita):
Siano x e y vettori in uno spazio vettoriale V con prodotto scalare.
Se x , y = 0 i vettori x e y sono detti ortogonali.
Siano e
1
, e
2
, . . . vettori in uno spazio vettoriale V con prodotto
scalare e sia

e
i
, e
j
_
= 0 per i ,= j. Allora e
1
, e
2
, . . . detto
insieme (o sistema) ortogonale di vettori.
Un insieme ortogonale di vettori e
1
, e
2
, . . . detto ortonormale se
i vettori dellinsieme hanno norma unitaria, equivalentemente, se

e
i
, e
j
_
=
ij
.
Figura 14.3: Decomposizione ortogonale
di un vettore v come somma della sua
componente v
[[
in J (il piano oriz-
zontale in gura) e la sua componente
verticale v

nello spazio J

(la dire-
zione verticale in gura). La lunghezza
della linea tratteggiata la norma di
v v
[[
. Il vettore v
[[
il vettore nel pia-
no J che si trova alla distanza minima
da v. Qualunque altro vettore nel piano
si trova ad una distanza maggiore da v.
Adesso riprendiamo il teorema (2.45) e ricordiamo che esso am-
mette una semplice interpretazione geometrica. Se J il sottospa-
zio di V generato dallinsieme ortonormale e
1
, . . . , e
N
, il teorema
stabilisce che ogni vettore v V pu essere decomposto come
v = v
[[
+v

(14.12)
dove
v
[[
=
N

i=1
e
i
, v e
i
(14.13)
276 appunti di metodi matematici della fisica
la proiezione ortogonale di v in J e v

= v v
[[
nello spazio
J

ortogonale a J. Si veda la gura 2.7 che riportiamo a lato.


Come nel caso della geometria elementare, tra tutti i vettori in
J, v
[[
quello che si trova alla distanza minima da v. Questo fatto
stabilito dal seguente teorema la cui dimostrazione lasciata per
esercizio.
Sia J il sottospazio di V generato dallinsieme orto-
gonale e
1
, . . . , e
N
, v un qualunque vettore in V e v
[[
la proiezione di v su J. Allora

v v
[[

< [[v u[[


per qualunque altro elemento u J.
(14.14)
Consideriamo adesso linsieme ortogonale troncato al termine N-
esimo e calcoliamo [[v

[[
2
. Per comodit, poniamo c
k
= e
k
, v. Si
ottiene
[[v

[[
2
=

v
N

k=1
c
k
e
k

2
=
_
v
N

i=1
c
i
e
i
, v
N

k=1
c
k
e
k
_
= [[v[[
2
2
N

k=1
[c
k
[
2
+
N

i=1
N

k=1
c
i
c
k

ik
= [[v[[
2

k=1
[c
k
[
2
= [[v[[
2

k=1
[ e
k
, v [
2
Poich [[v

[[ necessariamente positivo (o al limite uguale a zero), si


ha
[[v[[
2

k=1
[ e
k
, v [
2
0 . (14.15)
Poich questa disuguaglianza vale per ogni N, passando al limite
N , si stabilisce il seguente risultato:
Disuguaglianza di Bessel. Sia e
1
, e
2
, . . . un insieme or-
tonormale nello spazio vettoriale con prodotto scalare
V e v un qualunque vettore in V. Allora

k=1
[ e
k
, v [
2
[[v[[
2
.
(14.16)
In uno spazio di dimensione nita, decidere che un insieme or-
togonale una base una semplice questione di conteggio: se lo
spazio ha dimensione N, un insieme ortogonale di N elementi au-
tomaticamente una base. Nel caso innito il conteggio non funziona,
non basta che un insieme abbia inniti elementi per essere una base.
Intuitivamente, sembra naturale richiedere che un insieme ortonor-
male sia una base per uno spazio di dimensione innita, quando
non si perde niente, nel senso del teorema di Pitagora (2.43), cio
funzioni ortogonali e serie di fourier 277
quando la disuguaglianza di Bessel in effetti unuguaglianza, op-
pure quando non esiste in V alcun vettore, oltre al vettore nullo, che
sia ortogonale a tutti gli elementi dellinsieme. Questo ci porta alle
seguenti denizioni:
Dimostrazione di 14.19. Supponiamo
che linsieme ortonormale e
1
, e
2
, . . .
sia completo. Se non fosse anche chiuso
esisterebbe un vettore v con [[v[[ > 0
tale e
n
, v = 0, n = 1, 2, 3, . . .. In tal
caso avremmo
0 =

n=1
[e
n
, v[
2
< [[v[[
2
,
contro lipotesi che linsieme sia com-
pleto. Viceversa, se linsieme ortonor-
male e
1
, e
2
, . . . fosse chiuso, ma non
completo, esisterebbe un vettore u tale
che

n=1
e
n
, u e
n
,= u
e per il vettore
w = u

n=1
e
n
, u e
n
si avrebbe
e
n
, w = e
n
, u e
n
, u = 0 ,
n = 1, 2, 3, . . ., contro lipotesi che
linsieme e
1
, e
2
, . . . sia chiuso.
Denizione di insieme completo. Un insieme ortonor-
male e
1
, e
2
, . . . nello spazio vettoriale con prodotto
scalare V detto completo se

k=1
[ e
k
, v [
2
= [[v[[
2
per qualunque vettore v V . Questa uguaglianza
detta identit di Parseval.
(14.17)
Denizione di insieme chiuso. Un insieme ortonormale
e
1
, e
2
, . . . nello spazio vettoriale con prodotto scala-
re V detto chiuso se lunico vettore x che soddisfa le
equazioni
e
n
, x = 0 , n = 1, 2, 3, . . .
il vettore nullo.
(14.18)
Le nozioni di insieme chiuso e completo sono equivalenti:
Un insieme ortonormale e
1
, e
2
, . . . nello spazio vet-
toriale con prodotto scalare V chiuso se e sole se
completo.
(14.19)
Si noti che, sulla base della (14.15), lidentit di Parseval signica
che

v
N

k=1
e
k
, v e
k

2
0 per N (14.20)
e, ricordando la denizione di serie convergente (14.11), questo
signica che
v =

k=1
e
k
, v e
k
. (14.21)
In conclusione, ciascuna delle tre condizioni equivalenti, (14.17),
(14.18) e (14.21), pu essere riguardata come una denizione di base
ortonormale per uno spazio vettoriale di dimensione innita.
Riassumendo, un insieme ortonormale di vettori e
1
, e
2
, . . . una
base ortonormale nello spazio vettoriale con prodotto scalare V se
una delle seguenti condizioni soddisfatta:
(i) Ogni vettore v V pu essere espresso come v =

k=1
e
k
, v e
k
.
(ii) Per qualunque vettore vettore v V vale lidentit di Parseval:

k=1
[ e
k
, v [
2
= [[v[[
2
.
278 appunti di metodi matematici della fisica
(iii) Solo il vettore nullo ortogonale a ogni vettore dellinsieme
e
1
, e
2
, . . ..
14.3 Successioni a quadrato sommabile
Dimostrazione che
2
uno spazio vetto-
riale. Per stabilire che
2
uno spazio
vettoriale occorre mostrare che la
somma di due serie assolutamente con-
vergenti assolutamente convergente e
che una serie assolutamente convergen-
te moltiplicata per un numero ancora
assolutamente convergente. Si osservi
che per ogni intero n si ha
n

i=1
[z
i
+ w
i
[
2
=
n

i=1
[z
i
[
2
+2Re (z
i
w
i
) +[w
i
[
2
[[

i=1
[z
i
[
2
+2[z
i
[[w
i
[ +[w
i
[
2

i=1
([z
i
[ +[w
i
[)
2
+ ([z
i
[ [w
i
[)
2
=
n

i=1
2[z
i
[
2
+2[w
i
[
2
2

i=1
[z
i
[
2
+2

i=1
[w
i
[
2
e
n

i=1
[z
i
[
2
= [[
2
n

i=1
[z
i
[
2
[[
2

i=1
[z
i
[
2
Le due asserzioni seguono passando al
limite n .
Le successioni innite di numeri complessi z = (z
1
, z
2
, . . .) tali che

i=1
[z
i
[
2
< (14.22)
sono dette a successioni a quadrato sommabile e formano uno spazio
lineare con addizione e moltiplicazione per un numero complesso
cos denite
(z
1
, z
2
, . . .) + (w
1
, w
2
, . . .) = (z
1
+ w
1
, z
2
+ w
2
, . . .)
(z
1
, z
2
, . . .) = (z
1
, z
2
, . . .) .
Lo spazio cos ottenuto detto spazio
2
.
La seguente forma hermitiana
z , w =

i=1
z
i
w
i
. (14.23)
denisce un prodotto scalare in
2
e la norma indotta da questo
prodotto scalare proprio la (14.22),
[[z[[
2
= z , z =

i=1
[z
i
[
2
. (14.24)
Dimostrazione che (14.24) un prodotto
scalare. Per ogni n intero si ha
n

i=1
[z
i
w
i
[ =
n

i=1
[z
i
[[w
i
[

i=1
_
1
2
[z
i
[
2
+
1
2
[w
i
[
2
_

1
2

i=1
[z
i
[
2
+
1
2

i=1
[w
i
[
2
.
Passando al limite n , si vede
che la serie converge assolutamente
e quindi la (14.24) ben denita per
qualunque coppia di vettori in
2
.
Inoltre, essa soddisfa le propriet (i),
(ii) e (ii) del prodotto scalare (esercizio)
e quindi denisce un prodotto scalare
in
2
.
Lo spazio
2
gioca un ruolo importante nella teoria degli spazi
vettoriali innito-dimensionali perch lo spazio delle coordinate di
un qualunque spazio vettoriale dotato di prodotto scalare: dato uno
spazio con prodotto scalare V e e
1
, e
2
, . . . una base ortonormale in
esso, gli elementi di V possono essere messi in corrispondenza con
gli elementi di
2
nel seguente modo. Al vettore v si fa corrispondere
la successione delle sue coordinate c
k
= e
k
, v, k = 1, 2, . . . e, come
nel caso nito-dimenionale, possiamo rappresentare il vettore in
termini delle sue coordinate,
v = (c
1
, c
2
, . . .) . (14.25)
Per lidentit di Parseval,

k
[c
k
[
2
= [[v[[ < .
Quindi (c
1
, c
2
, . . .) in
2
. Perci la corrispondenza tra V e
2
iso-
metrica (cio preserva la norma). Se u un qualunque altro vettore in
V, con coordinate d
k
= e
k
, u, k = 1, 2, . . ., allora
v+u = (c
1
, c
2
, . . .) +(d
1
, d
2
, . . .) = (c
1
+d
1
, c
2
+d
2
, . . .)
2
,
funzioni ortogonali e serie di fourier 279
il che vuol dire che la corrispondenza un morsmo (preserva la
struttura di spazio vettoriale).
La situazione quasi del tutto analoga al caso nito-dimensionale
rimarchevole. Sottolineiamo quasi perch, a differenza del ca-
so nito-dimensionale, non detto che la corrispondenza tra V e
2
sia
biunivoca, cio che a qualunque elemento (a
1
, a
2
, . . .) in
2
corrisponda
un vettore
k
a
k
e
k
in V. In altre parole, le coordinate di un vettore
rispetto ad una base ortonormale in V sono successioni a quadrato
sommabile, ma non tutte le successioni a a quadrato sommabile sono
le coordinate di un vettore in V.
14.4 Basi ortonormali per funzioni a quadrato integrabile
La nozione di base ortonormale particolarmente rilevante quando
V uno spazio vettoriale di funzioni per le quali prodotto scalare e
norma L
2
sono ben deniti, per esempio per lo spazio delle funzioni
continue C[a, b] sullintervallo chiuso [a, b] a valori reali o complessi.
Si osservi che le (11.42) e (11.43) continuano a essere ben denite
se si restringe lo spazio C[a, b] e si considera, ad esempio, C

[a, b],
cio linsieme delle le funzioni innitamente differenziabili in [a, b].
Lo stesso vale anche se si allarga C[a, b], e se si considerano, ad esem-
pio, le funzioni generalmente continue che sono continue a tratti in
C[a, b], cio le funzioni che sono continue in (un numero nito di)
sotto-domini chiusi di [a, b], come la funzione
f (x) =
_
0 se 1 x < 0
1 se 0 < x 1
,
considerata nellesempio 14.1. Nello svolgimento dellesempio abbia-
mo mostrato che f , nella norma L
2
, approssimata a piacere da una
successione f
n
di funzioni continue e in modo analogo si possono ap-
prossimare funzioni continue a tratti con funzioni continue. Abbiamo
inoltre mostrato che una successione di Cauchy di funzioni continue
pu convergere nella norma L
2
ad un funzione che non continua.
Questo vuol dire che C[a, b] non completo rispetto alla norma L
2
.
Lo spazio di Hilbert delle funzioni a quadrato integrabi-
le Poich comodo lavorare con spazi completi, si pu completare
C[a, b] costruendo un spazio pi ampio che contiene tutte le succes-
sioni di Cauchy in C[a, b] rispetto alla norma L
2
. Questo spazio
usualmente denotato L
2
[a, b] e contiene tutte le funzioni a quadrato
integrabile in [a, b], cio le funzioni f tali che
[[ f [[
2
2
=
_
b
a
[ f (x)[
2
dx < . (14.26)
280 appunti di metodi matematici della fisica
Per costruzione, C[a, b] denso in L
2
[a, b]. Lo spazio L
2
[a, b] uno
degli esempi pi importanti di spazio di Hilbert, che denito come
uno spazio vettoriale dotato di prodotto scalare che completo nella
norma indotta da prodotto scalare (nel senso che tutte le successioni
di Cauchy di elementi dello spazio convergono ad un elemento dello
spazio). Per maggiori dettagli, si vedano i complementi alla ne del
capitolo.
Migliore approssimazione e buona approssimazione Ripren-
diamo le nozioni introdotte nella sezione 14.2, mettendo in luce il
loro signicato quando si ha a che fare con funzioni a quadrato in-
tegrabile. Sia f (x), x [a, b], una funzione in L
2
[a, b] e sia e
n
(x),
n = 1, 2, . . ., una base ortonormale di funzioni in questo spazio. De-
notiamo con L
2
N
[a, b] il sottospazio generato da e
1
(x), . . . , e
N
(x),
per N ssato e sia
g
N
(x) =
N

n=1
a
n
e
n
(x) ,
a
i
C, una generica funzione in questo sottospazio.
Per approssimare una funzione f L
2
[a, b] mediante una funzione
in L
2
N
[a, b] si deve determinare una funzione g
N
L
2
N
[a, b] tale che
che lerrore complessivo sia piccolo, secondo un criterio appropria-
to. Un tale criterio lerrore massimo, cio la norma uniforme della
differnza tra f e g
N
E
N
max
= sup
x[a,b]
[ f (x) g
N
(x)[ = [[ f g
N
[[

Tuttavia, lerrore massimo, come abbiamo gi sottolineato varie


volte, sensibile alle variazioni locali della funzione e una nozione
pi robusta data dalllerrore quadratico medio totale, cio cio la
norma L
2
della differnza tra f e g
N
E
(N)
q.m.
(a
n
) =
_
b
a
[ f (x) g
N
(x)]
2
dx = [[ f g
N
[[
2
2
(14.27)
Il teorema (14.14) stabilisce allora che la funzione in L
2
N
[a, b] che me-
glio approssima f , nel senso di rendere minimo lerrore quadratico
medio, quella per cui a
n
= e
n
, f , cio
f
N
(x) =
N

n=1
e
n
, f =
N

n=1
_
_
b
a
e
n
(y) f (y)dy
_
e
n
(x) (14.28)
che dunque la migliore approssimazione di f ai minimi quadrati.
Per la (14.20), il fatto che e
n
(x) sia una base signica che lerrore
quadratico medio calcolato per a
n
= e
n
, f tende a 0 quando N
tende allinnito,
lim
N
E
N
q.m.
(c
n
) = lim
N
_
b
a

f (x)
N

n=1
e
n
, f e
n
(x)

2
dx = 0 , (14.29)
funzioni ortogonali e serie di fourier 281
il che signica che f
N
solo la migliore approssimazione di f , ma
anche una buona approssimazione.
Identit di Parseval e uguaglianza in media quadratica
Consideriamo adesso lidentit di Parseval per funzioni: siano c
n
=
e
n
, f le coordinate di una funzione a quadrato integrabile su [a, b]
rispetto ad una base ortonormale e
n
(x). Allora

n=1
[c
n
[
2
=
_
b
a
[ f (x)[
2
dx (14.30)
Si consideri adesso lequazione (14.21) per funzioni. importante
fare attenzione che essa non signica
f (x) =

n=1
c
n
e
n
(x) , (14.31)
perch questo vorrebbe dire che la serie a secondo membro converge
a f (x) puntualmente, cio per ogni valore di x, mentre il signica-
to della (14.21) la convergenza in norma, cio la convergenza data
dalla (14.29). In effetti, la serie a secondo membro della (14.31) pu
assumere valori diversi da f (x) in molti punti di [a, b] (linsieme di
questi punti pu addirittura essere non numerabile), pur continuan-
do ad essere soddisfatta la (14.29). Per evitare fraintendimenti, invece
della (14.31), si potrebbe scrivere
f (x)
L
2
=

n=1
c
n
e
n
(x) , (14.32)
dove
L
2
= signica uguaglianza in media quadratica, cio nel senso del-
la (14.29). Unaltro modo di rappresentare f evitando fraintendimenti
la (14.25), cio in termini delle coordinate di f rispetto alla base
e
n
(x), cio
f = (c
1
, c
2
, . . .) .
Spesso, con abuso di notazione, si usa la (14.31) (non c niente
di male in questo, purch si tenga presente che non si tratta di
unidentit puntuale).
Osserviamo inne che losservazione alla ne della sezione 14.3
risulta particolarmente chiara per spazi di funzioni: se le funzioni
e
n
(x) sono lisce, costituiscono una base per spazi di funzioni diffe-
renti, per esempio, lo spazio delle funzioni continue, quello delle
funzioni con derivata prima continua, e cos via. Poich si tratta di
spazi diversi, ciascuno di essi non pu essere in corrispondenza biu-
nivoca con
2
. Uno spazio di funzioni in [a, b] che pu essere messo
in corrispondenza biunivoca e isometrica con
2
lo spazio L
2
[a, b].
Per maggiori dettagli su questo, si vedano i complementi alla ne del
capitolo.
282 appunti di metodi matematici della fisica
14.5 Completezza del sistema trigonometrico
In questa sezione mostriamo che il sistema trigonometrico
_
1
[[1[[
2
,
S
n
[[S
n
[[
2
,
C
n
[[C
n
[[
2
_

n=1
cio, in [, ],
_
1

2
,
cos nx

,
sin nx

n=1
una base ortonormale in L
2
(T) e ne esaminiamo le conseguenze.
Figura 14.4: Decomposizione ortogonale
f = S
N
f + ( f S
N
f ) di f . S
N
f
il polinomio trigonometrico pi
vicino a f , qualunque altro polinomio
trigonometrico T
N
si trova pi lontano.
Il passo essenziale per giungere a questo risultato la completezza
del sistema trigonometrico in C(T), le funzioni continue sul cerchio,
e gli ingredienti della dimostrazione di questo fatto sono il teorema
(14.9) e il il teorema di approssimazione di Weierstrass (12.26) che, in
termini di norma uniforme pu essere cos riformulato: Sia f C(T).
Allora per ogni > 0 esiste un polinomio trigonometrico T
N
tale che
[[ f T
N
[[

< .
Per il teorema (14.9), la convergenza nella norma uniforme implica
la convergenza nella norma L
2
. Allora per ogni > 0 esiste un
polinomio trigonometrico T
N
tale che [[ f T
N
[[
2
< . La somma
parziale di Fourier S
N
f la proiezione ortogonale di f sullo spazio
dei polinomi trigonometrici di grado N, rispetto al prodotto scalare
L
2
, ed il polinomio trigonometrico pi vicino a f , nel senso della
norma L
2
. Quindi
[[ f S
N
f [[
2
[[ f T
N
[[
2
< ,
da cui segue la completezza del sistema trigonometrico per le fun-
zioni continue. Ma le funzioni continue sono dense in L
2
(T) (per
costruzione), dunque la completezza del sistema trigonometrico risul-
ta stabilita per qualunque funzione in L
2
(T), che quello che si voleva
dimostrare.
funzioni ortogonali e serie di fourier 283
Vediamo adesso quali sono le conseguenze immediate della com-
pletezza del sistema trigonometrico. Una conseguenza che la de-
composizione (12.11) che abbiamo richiamato allinizio di questo
capitolo (o, equivalentemente, la (12.16)) vale per qualunque funzione
f L
2
(T) e va intesa, come abbiamo sottolineato nella sezione pre-
cedente, non come unidentit puntuale, ma come uguaglianza tra
vettori nel senso della norma L
2
.
Unaltra conseguenza che data un funzione continua f (o pi in
generale una funzione a quadrato integrabile) in [a, b], non solo la
somma di parziale S
N
della serie di Fourier di f la migliore appros-
simazione di f , ma anche una buona approssimazione, in quanto
lerrore quadratico medio tende a 0 quando N tende allinnito.
Inne, la completezza del sistema trigonometrico implica lidentit
di Parseval (14.30) che, per f L
2
(T), diventa

_
1

2
, f
_

2
+

n=1
_

_
cos nx

, f
_

2
+

_
sin nx

, f
_

2
_
=
_

[ f (x)[
2
dx
Tenuto conto delle formule per i coefcienti a
n
e b
n
di
f (x) =
a
0
2
+

n=1
[a
n
cos nx + b
n
sin nx]
si ha

1
2
[a
0
[
2
+

n=1
_
[a
n
[
2
+[b
n
[
2
_
=
_

[ f (x)[
2
dx
e dividendo per , si ottiene la forma standard dellidentit di
Parseval per il sistema trigonometrico,
1

[ f (x)[
2
dx =
1
2
[a
0
[
2
+

n=1
_
[a
n
[
2
+[b
n
[
2
_
. (14.33)
14.6 Serie di Fourier in pi variabili
Si pu dimostrare che se e
n
(x), n = 1, 2, 3, . . ., una base ortonor-
male in L
2
[a, b] e f
m
(x), m = 1, 2, 3, . . ., una base ortonormale in
L
2
[c, d] allora le funzioni e
n
(x)e
m
(y), n, m = 1, 2, 3, . . ., sono una
base per le funzioni in L
2
[[a, b] [c, d]], cio le funzioni f (x, y) di due
variabili tali che
_
b
a
_
d
c
[ f (x, y)[
2
dxdy < .
Unapplicazione immediata di questo sono gli sviluppi in serie
di Fourier di funzioni denite in [, ] [, ] e a quadrato
integrabile, la cui serie di Fourier, usualmente detta serie di Fourier
284 appunti di metodi matematici della fisica
doppia, (usando per comodit coordinate complesse)
f (x, y) =

n=

m=
c
nm
e
inx
e
imy
(14.34)
c
nm
=
1
(2)
2
_

f (x, y)e
inx
e
imy
dxdy (14.35)
In notazione vettoriale r = (x, y), q = (n, m), queste equazioni
possono essere riscritte come
f (r) =

q
c
q
e
iqr
(14.36)
c
q
=
1
(2)

_
f (r)e
iqr
d

r , (14.37)
per = 2 (ed sottinteso che la sommatoria estesa a tutti i valori
positivi e negativi del vettore q). Chiaramente, le equazioni in for-
ma vettoriale hanno una generalizzazione naturale a funzioni di
variabili.
funzioni ortogonali e serie di fourier 285
Problemi
Problema 14.1. Sia V uno spazio vettoriale. Di-
mostrare che se e
n
e f
n
sono basi di V e una di
esse nita, cio, con un numero nito di elementi,
allora anche laltra lo e il numero di elementi lo
stesso.
Problema 14.2. Dati due vettori u e v in uno
spazio con prodotto scalare, sotto quali condizioni
vale luguaglianza [[u +v[[
2
= [[u[[
2
+ [[v[[
2
? Pu
questa uguaglianza valere anche se i vettori non
sono ortogonali?
Problema 14.3. Dimostrare che la funzione su
C
n
a valori reali positivi
|(u
1
, u
2
, . . . , u
n
)| = max[u
1
[, [u
2
[, . . . , [u
n
[
soddisfa tutte le propriet della norma.
Problema 14.4. Si dimostri che
[[ f [[
1
=
_
b
a
[ f (x)[dx f C[a, b] .
soddisfa tutte le propriet della norma.
Problema 14.5. Siano f
1
(x) = 1, f
2
(x) = x,
f
3
(x) = x
2
in C[1, 1]. Calcolare i seguenti prodotti
scalari e norme L
2
(a) f
1
, f
2

(b) f
1
, f
3

(c) [[ f
1
f
2
[[
2
(d) [[2f
1
+3f
2
[[
Problema 14.6. Calcolare la proiezione di
f (x) = cos
2
x su ciascuna delle funzioni f
1
(x) = 1,
f
2
(x) = cos x, f
3
(x) = cos 2x, x (si chiede
il valore numerico della proiezione, non il vettore
proiettato).
Problema 14.7. Dimostrare che linsieme di
funzioni 1, x, [x[ linearmente indipendente in
C[1, 1] e costruire il corrispondente sistema or-
togonale rispetto al prodotto scalare L
2
. Il dato
insieme linearmente indipendente in C[0, 1]?
Problema 14.8. Determinare i valori reali di
per cui f (x) = x

in [0, 1] ha norma
[[ f [[
2
2
=
_
1
0
[ f (x)[
2
dx < .
Problema 14.9. Determinare i valori reali di
per cui x

in [1, ) ha norma
[[ f [[
2
2
=
_

1
[ f (x)[
2
dx < .
Problema 14.10. Assumendo che lintervallo
(a, b) sia nito, dimostrare che se
_
b
a
[ f (x)[
2
dx <
allora lintegrale
_
b
a
[ f (x)[dx esiste. Mostrare che
linverso falso dando lesempio di una funzio-
ne f tale che [ f [ integrabile su (a, b), ma non a
quadrato integrabile.
Problema 14.11. Esprimere sin
3
(x) come
combinazione lineare delle funzioni del sistema
trigonometrico 1, cos x, sin x, cos 2x, sin2x, . . ..
Problema 14.12. Dato (x) = e
x
, dimostrare
che ogni polinomio p = p(x), x 0 ha norma L
2

nita, cio
_

0
[p(x)[
2
(x)dx <
Problema 14.13. Determinare, se esiste, il limite
nella norma L
2
delle seguenti successioni
(i) f
n
(x) =
n

x, per 0 x 1
(ii) f
n
(x) = nx, per 0 x < 1/n, f
n
(x) = 1 per
1/n x 1
(iii) f
n
(x) = nx(1 x)
n
, per 0 x 1.
Problema 14.14. Determinare un insieme orto-
normale di vettori per lo spazio lineare che consiste
di tutte le funzioni lineari
a + bx : a, b R, x 0 1
con prodotto scalare (reale) L
2
,
f , g =
_
1
0
f (x)g(x)dx , f , g V .
286 appunti di metodi matematici della fisica
Problema 14.15. Mostrare che 1, cos x, sin x
una base ortogonale per lo spazio V = c + a cos x +
b sin x, a, b, c R, x con prodotto scalare
f , g =
_

f (x)g(x)dx , f , g V
e determinare una base ortonormale in questo
spazio.
Problema 14.16. Si consideri lo spazio lineare
dei polinomi di variabile reale nellintervallo [1, 1].
Questo spazio generato dallinsieme linearmente
indipendente 1, x, x
2
, . . .. A partire da questo in-
sieme, si determinino i primi tre elementi p
0
, p
1
e
p
3
di un insieme ortonormale rispetto al prodotto
scalare L
2
.
Problema 14.17. Determinare i coefcienti c
i
nella combinazione lineare
c
1
+ c
2
sin x + c
3
sin2x
che danno la migliore approssimazione in media
quadratica della funzione f (x) = x, 0 < x < 2.
Problema 14.18. Determinare i coefcienti a
i
e b
i
nella combinazione lineare
a
0
+ a
1
cos x + b
1
sin x + a
2
cos 2x + b
2
sin2x
che danno la migliore approssimazione in in media
quadratica di f (x) = [x[, x .
Problema 14.19. Dimostrare il teorema (14.14).
Aiuto. Assumere per semplicit che lo spazio sia
reale. Sia u =
N
k=1
x
k
e
k
un generico vettore in
J e, per v ssato, si consideri il quadrato della
distanza da v a u come funzione delle coordinate
x
1
, . . . , x
N
. Si determini il minimo di questa fun-
zione, analogamente a quanto stato fatto nella
sezione 12.7.
Problema 14.20. Dimostrare la seguente ver-
sione del lemma di Riemann-Lebesgue. Sia f una
funzione a quadrato integrabile su [a, b] e e
n
(x) un
sistema ortonormale di funzioni reali in L
2
[a, b], allora
lim
n
_
b
a
e
n
(x) f (x) = 0
Problema 14.21. (a) Calcolare la serie di Fourier
della funzione f (x) = [x[ in [2, 2]. (b) Scrivere
luguaglianza di Parseval corrispondente alla serie
di Fourier calcolata in (a). (c) In base al punto (b),
determinare la somma della serie
1
1
4
+
1
2
4
+
1
3
4
+ . . .
1
n
4
+ . . .
funzioni ortogonali e serie di fourier 287
Soluzioni
Problema 14.14. Lo spazio lineare chiaramente isomorfo a R
2
e
linsieme 1, x chiaramente una base, ma non ortogonale. Poich
il vettore 1 chiaramente unitario, [[1[[
2
=
_
1
0
dx = 1 , possiamo
includerlo nellinsieme ortonormale cercato e determinare un vettore
a + bx ortogonale ad esso, cio un vettore tale che
1 , a + bx =
_
1
0
(a + bx)dx = a +
b
2
= 0 ,
Questa condizione soddisfatta per b = 2a. I vettori a 2ax,
a R, sono dunque ortogonali a 1 e, tra questi, quello unitario
determinato dalla condizione [[a 2ax[[ = 1. Ma
[[a 2ax[[
2
=
_
1
0
(a 2ax)
2
dx = a
2
_
1
0
(1 4x +4x
2
)dx
= a
2
(1 2 +
4
3
) =
a
2
3
,
da cui segue che per a =

3 il vettore unitario. Quindi


1,

3(1 2x)
un possibile insieme ortonormale. Naturalmente, ci sono innite
altre possibili scelte, la precedente solo una scelta semplice.
Problema 14.15. Mostriamo che i tre vettori sono ortogonali tra
loro. La funzione 1 chiaramente ortogonale alle altre due:
1 , cos x =
_

1 cos x dx =
_

cos x dx = 0
1 , sin x =
_

1 sin x dx =
_

sin x dx = 0 .
Inoltre, seno e coseno sono ortogonali tra loro:
sin x , cos x =
_

sin x cos x dx =
1
2
_

sin2x dx =
1
4
cos 2x

= 0
Calcoliamo adesso le norme:
[[1[[
2
= 1 , 1 =
_

dx = 2
[[cos x[[
2
= cos x , cos x =
_

cos
2
xdx =
2
2
=
[[sin x[[
2
= sin x , sin x =
_

sin
2
xdx =
2
2
=
Quindi
_
1

2
,
cos x

,
sin x

,
_
288 appunti di metodi matematici della fisica
un insieme ortonormale in V. Essendo V isomorfo a R
3
, ed essendo
linsieme linearmente indipendente (teorema (2.38)), esso una base
ortonormale in V.
Problema 14.16. Applichiamo il metodo di Gram-Schmidt. Deno-
tiamo con q
n
e p
n
i polinomi corrispondenti ai vettori u
n
e e
n
delle-
sercizio 2.5 e facciamo partire n da 0. Posto q
0
= 1, dal primo passo
del metodo si ottiene il primo polinomio dellinsieme cercato:
p
0
=
q
0
[[q
0
[[
=
1
_
_
1
1
dx
=
1

2
Per il secondo passo dobbiamo calcolare
q
1
= x
_
1

2
, x
_
1

2
= x
1

2
_
1
1
x dx
1

2
= x 0 = x
che ha norma
[[q
1
[[ =

_
1
1
x
2
dx =
_
2
3
,
Quindi il secondo polinomio cercato
p
1
=
q
1
[[q
1
[[
=
x
[[x[[
=
_
3
2
x .
Adesso occorre calcolare
q
2
= x
2

_
p
0
, x
2
_
p
0

_
p
1
, x
2
_
p
1
ma
_
p
0
, x
2
_
=
_
1

2
, x
2
_
=
1

2
_
1
1
x
2
dx =
2
3

2
_
p
1
, x
2
_
=
_
_
3
2
x , x
2
_
=
_
3
2
_
1
1
x
3
dx = 0 .
Quindi
q
2
= x
2

2
3

2
1

2
= x
2

1
3
,
che ha norma
[[q
2
[[ =

_
1
1
_
x
2

1
3
_
2
dx =
_
8
45
,
da cui
p
2
=
q
2
[[q
2
[[
=
_
45
8
_
x
2

1
3
_
=
_
5
8
(3x
2
1)
p
0
= 1/

2, p
1
=

3/2x e p
3
=

5/8(3x
2
1) sono i tre elementi
cercati. La procedura pu continuare. Si osservi che x
n
, x
m
= 0 se
n + m dispari. Quindi p
2k
contiene solo potenze pari di x mentre
p
2k+1
contiene solo potenze dispari di x.
funzioni ortogonali e serie di fourier 289
Problema 14.17. Risposta: c
1
= 1, c
2
= 2/, c
3
= 1/.
Problema 14.18. Risposta: a
0
= /2, a
1
= 4/, a
2
= 0, b
1
= 0,
b
2
= 0.
Problema 14.19. Per semplicit, assumiamo che V sia uno spazio
reale. Sia u =
N
k=1
x
k
e
k
un generico vettore in J e, per v ssato,
consideriamo il quadrato della distanza da v a u come funzione delle
coordinate x
1
, . . . , x
N
,
f (x
1
, . . . , x
N
) =

v
N

k=1
x
k
e
k

2
=
_
v
N

i=1
x
i
e
i
, v
N

k=1
x
k
e
k
_
= [[v[[
2
2
N

k=1
x
k
e
k
, v +
N

i=1
N

k=1
x
i
x
k

ik
= [[v[[
2
2
N

k=1
x
k
e
k
, v +
N

k=1
x
2
k
(14.38)
Questa una funzione quadratica che ha un minimo per
f
x
k
= e
k
, v + x
k
= 0 k = 1, . . . , N,
cio per
x
k
= e
k
, v k = 1, . . . , N.
Quindi v
[[
=
N
i=1
e
k
, v e
k
il vettore in J a distanza minima da
v, tutti gli altri vettori in J si trovano a distanza maggiore. Questa
dimostrazione si estende facilmente al caso in cui V uno spazio
complesso (esercizio).
290 appunti di metodi matematici della fisica
Complementi
Stefan Banach (18921945) stato un
matematico polacco tra i pi inuenti
del XX secolo. Noto al grande pub-
blico (si fa per dire) per il paradosso
di Banach-Tarski, secondo cui esiste
una decomposizione nita di una sfera
tale che ricomponendone i pezzi si
possono formare due sfere identiche a
quella di partenza (e, naturalmente, la
procedura pu essere iterata).
Spazi di Hilbert
Uno spazio lineare normato V, in cui ogni successio-
ne di Cauchy converge ad un elemento di V, detto
completo.
(14.39)
Uno spazio normato completo anche detto spazio di Banach.
Esercizio 14.2. Lo spazio delle funzioni continue C[a, b] con norma
uniforme (14.3) completo.
Dimostrazione. Sia f
1
, f
2
, . . . una successione di Cauchy di funzioni
continue. Questo signica che esiste un N, indipendente da x, tale
che [ f
n
(x) f
m
(x)[ < , per tutti gli n e m maggiori di N. Per x
ssato, f
1
(x), f
2
(x), . . . una successione di Cauchy di numeri reali
e quindi esiste il limite f (x) = lim
n
f
n
(x) (si ha cio convergenza
puntuale della successione). Quindi si ha [ f (x) f
m
(x)[ per tutti
gli m N e gli x [a, b]. Ergo, f
m
converge a f uniformemente.
Poich f il limite uniforme di funzioni continue, f stessa continua
e quindi la successione converge a f in C[a, b].
David Hilbert (18621943) stato un
matematico tedesco, probabilmente il
pi inuente a cavallo tra il XIX e il XX
secolo. Noto il per il suo approccio for-
malistico al problema dei fondamenti
della matematica, si occup anche di
sica, in particolare arriv alle equa-
zioni della relativit generale quasi
parallelamente ad Einstein. Lazione,
da cui seguono queste equazioni per
principio di minimo, detta azione
di Einstein-Hilbert. Sembra che abbia
detto: la sica troppo difcile per
essere lasciata ai sici.
Uno spazio con prodotto scalare che completo nella
norma indotta da prodotto scalare detto spazio di
Hilbert.
(14.40)
Gli spazi di Hilbert sono di solito denotati con H (H corsivo).
Il prototipo di spazio di Hilbert lo spazio
2
delle successioni a
quadrato sommabile.
Esercizio 14.3. Dimostrare che
2
uno spazio di Hilbert, cio che
ogni successione di Cauchy in
2
converge ad un elemento di
2
.
Dimostrazione. Sia z
(1)
, z
(2)
, z
(3)
, . . . una qualunque successione di
Cauchy in
2
, cio tale che
lim
n,m

z
(n)
z
(m)

= 0
e dimostriamo che esiste un elemento z
2
tale che
lim
n

z
(n)
z

= 0 (14.41)
Osserviamo che, essendo per ogni indice k
[z
(n)
k
z
(m)
k
[

z
(n)
z
(m)

,
esiste il limite
lim
n
z
(n)
k
def
= z
k
.
funzioni ortogonali e serie di fourier 291
Proviamo ora che la successione z = (z
1
, z
2
, . . .) in
2
. Fissato un
generico N, tronchiamo le successioni no a N, ottenendo cos vettori
nello spazio vettoriale nito dimensionale C
N
. Denotiamo con un
pedice N i vettori cos ottenuti e consideriamo la disuguaglianza
triangolare in C
N

z
(n)
N

z
(n)
N
z
(m)
N

z
(m)
N

cio

_
N

k=1

z
(n)
k

_
N

k=1

z
(n)
k
z
(m)
k

2
+

_
N

k=1

z
(m)
k

2
Losservazione importante che il primo membro limitato da una
costante indipendente da n e da N, possiamo quindi passare al limite
n a primo membro e stabilire cos la convergenza della serie
N

k=1
[z
k
[
2
Per provare ora la (14.41), osserviamo che, ssato > 0, esiste N

tale che per tutti gli n e m maggiori di N

, si ha (essendo (z
(n)
) una
successione di Cauchy)

k=1

z
(m)
k
z
(n)
k

2
<
2
da qui, passando al limite per m , segue

k=1

z
k
z
(n)
k

2
<
2
,
cio la (14.41).
Un sistema ortonormale in
2
dato dai vettori e
n
, n = 1, 2, 3, . . . le
cui componenti sono tutte 0 eccetto per ln-esima, che vale 1:
e
1
= (1, 0, 0, 0, . . .), e
2
= (0, 1, 0, 0, . . .), e
3
= (0, 0, 1, 0, . . .), . . .
Tale sistema ovviamente chiuso e quindi completo; dunque e
n

una base ortonormale in
2
.
Lesistenza di un sistema ortonormale completo numerabile in uno
spazio di Hilbert non pu essere data per scontata in quanto non
conseguenza delle propriet del prodotto scalare e della completezza
della norma da esso indotta. Se uno spazio di Hilbert ha una base
ortogonale completa numerabile detto separabile. Nelle applicazioni
questa condizione tipicamente soddisfatta e la nozione di spazio
di Hilbert usualmente identicata con quella di spazio di Hilbert
292 appunti di metodi matematici della fisica
separabile. Per tali spazi vale il seguente importante teorema:
Tutti gli spazi di Hilbert sui complessi di dimensione
n sono unitariamente equivalentii a C
n
. Tutti gli spazi
di Hilbert innito dimensionali (separabili) sono uni-
tariamente equivalenti allo spazio
2
delle successioni a
quadrato sommabile.
(14.42)
Per equivalenza unitaria si intende quanto segue: due spazi di
Hilbert H e H
/
sono detti unitariamente equivalenti se esiste una
corrispondenza biunivoca tra i vettori u di H e i vettori u
/
di H
/
tale
che:
(1) se a u corrisponde u
/
e a v corrisponde v
/
, al vettore u + v
di H corrisponde il vettore u
/
+ v
/
di H
/
qualunque siano i
numeri e ;
(2) se a u corrisponde u
/
, allora
[[u[[
H
=

u
/

H
/
Se H uno spazio di Hilbert e e
n
una base ortonormale in esso, si
consideri la corrispondenza tra le basi di H e
2
:
e
1
e
1
, e
2
e
2
, e
3
e
3
, . . .
e la si estenda per linearit
u =

n=1
c
n
e
n
u =

n=1
c
n
e
n
= (c
1
, c
2
, c
3
, . . .)
Allora a u in H associato il vettore in
2
u =

n=1
c
n
e
n
= (c
1
, c
2
, c
3
, . . .) , c
n
= e
n
, u
e
[[u[[
2
H
=

n=1
[c
n
[
2
= [[ u[[
2

2
segue dalllidentit di Parseval. Viceversa, a
u =

n=1
c
n
e
n
= (c
1
, c
2
, c
3
, . . .)
in
2
associato il vettore u in H . La corrispondenza tra H e
2

dunque biunivoca e isometrica (cio conserva la norma), che quanto


si voleva dimostrare.
Lovvio corollario di questo che tutti gli spazi di Hilbert sono uni-
tariamente equivalenti tra loro. Questo fatto risulta meno misterioso se
funzioni ortogonali e serie di fourier 293
si tiene conto che lo spazio di Hilbert H , astrattamente denito,
lanalogo innito-dimensionale dello spazio euclideo tri-dimensionale
E
3
della geometria elementare. Fissare una base ortonorrmale e
n

in H come ssare il sistema di versori i, j e k in E


3
. Lo spazio

2
come lo spazio R
3
delle coordinate (x, y, z) dei vettori rispetto
al sistema di riferimento individuato dai versori i, j e k. Inoltre, la
corrispondenza tra H e
2
analoga alla corrispondenza tra vet-
tori e terne di coordinate, r = xi + yj + zk (x, y, z) . In-
ne, come abbiamo gi osservato, lidentit di Parseval la versione
innito-dimensionale del teorema di Pitagora [[r[[
2
= x
2
+ y
2
+ z
2
.
Lo spazio delle funzioni a quadrato integrabile
Un esempio di spazio con prodotto scalare che non di Hilbert
C[a, b] con prodotto scalare L
2
. Questo spazio non completo: una
successione di di Cauchy di funzioni continue pu convergere nella
norma L
2
ad un funzione che non continua. Questo fatto illustra-
to dallesempio 14.1. In analogia a quando si passa dai razionali ai
reali, si pu completare C[a, b] costruendo uno spazio pi ampio: lo
spazio di tutte le successioni di Cauchy di C[a, b] rispetto alla norma L
2
.
Questo spazio usualmente denotato L
2
[a, b] ed lo spazio delle fun-
zioni a quadrato integrabile in [a, b], cio delle funzioni f su [a, b] tali
che
[[ f [[
2
2
=
_
b
a
[ f (x)[
2
dx < . (14.43)
Per costruzione, L
2
[a, b] uno spazio di Hilbert e C[a, b] denso in
L
2
[a, b].
importante osservare che passando al completamento di C[a, b]
in L
2
[a, b], inevitabilmente si introducono funzioni discontinue. Ad
esempio, la funzione f (x) dellesempio 14.1 discontinua, ma es-
sendo ottenuta come limite nella norma L
2
di una successione di
funzioni continue in L
2
[1, 1]. Tuttavia, se si permettono funzioni
discontinue nello spazio, allora viene meno la propriet della norma
che stabilisce che la norma zero se e solo se la funzione zero. Si
considerino, per esempio, le seguenti due funzioni: la funzione f che
vale zero per tutti i punti di [a, b], cio la funzione che vale puntual-
mente zero, e la funzione g che vale zero eccetto che per un insieme
numerabile di punti in [a, b] dove vale 1. La funzione g ha la norma
[[ f [[
2
2
= 0 (in quanto lintegrale non vede un insieme numerabile di
punti), ma non f , la funzione identicamente zero. Esiste dunque
una funzione diversa da zero che ha norma zero.
Si devono dunque riguardare gli elementi di L
2
[a, b] non come
funzioni, ma come classi di equivalenza di funzioni che hanno la
stessa norma; ad esempio la funzione 0 in L
2
[a, b] denota realmente
294 appunti di metodi matematici della fisica
una classe di funzioni, ciascuna delle quali ha norma zero. La fun-
zione che puntualmente uguale a zero solo un membro, in effetti
il solo membro continuo, di quella classe. Similmente, si dice che
due funzioni f e g sono uguale in L
2
se [[ f g[[ = 0, anche se f e g
possono non essere puntualmente uguali in [a, b]. Nella terminologia
della teoria della misura, si dice che f e g sono uguali quasi ovunque,
cio possono differire su un insieme in [a, b] di misura nulla. Quindi
lo spazio L
2
[a, b] fatto di classi di equivalenza di funzioni, denite
dalluguaglianza nel senso L
2
, vale a dire funzioni che sono uguali
quasi ovunque.
Finora abbiamo usato il simbolo L
2
[a, b] per denotare lo spazio del-
le funzioni f : [a, b] C tali che
_
b
a
[ f (x)[
2
dx < . Ma poich questo
integrale non modicato dalla sostituzione dellintervallo chiuso
[a, b] con quello aperto (a, b) o con i semiaperti (a, b] e [a, b), L
2
[a, b]
coincide con L
2
(a, b), L
2
(a, b] e L
2
[a, b). Inoltre, non richiesto che
lintervallo (a, b) sia limitato da una parte, dallaltra o da entrambe,
e cos abbiamo L
2
(a, ), L
2
(, b) e L
2
(, ) = L
2
(R). In questi
casi, cos come nel caso in cui la funzione illimitata, interpretiamo
lintegrale di [ f [
2
come un integrale improprio di Riemann. Talvol-
ta scriveremo semplicemente L
2
quando lintervallo sottinteso o
quando irrilevante specicarlo.
Un altro problema il seguente: la disuguaglianza di Cauchy-
Schwarz [ f , g [ [[ f [[
2
[[g[[
2
assicura che il prodotto scalare di
f e g ben denito se le norme [[ f [[
2
e [[g[[
2
esistono, cio se [ f [
2
e
[g[
2
sono integrabili. Tuttavia, lintegrabilit secondo Riemann di [ f [
2
e [g[
2
non garantisce lintegrabilit di f g. Questi problemi richiedono
approfondimenti di analisi al di l del livello della presente tratta-
zione: per risolvere questi problemi, occorre introdurre la nozione di
misura e di integrale di Lebesgue.
Qual la struttura fondamentale dellanalisi di Fourier?
Lanalisi di Fourier, cio lo sviluppo in serie di Fourier di una funzio-
ne, pu essere trasformata in due direzioni opposte: ristretta verso
il discreto, cio rivolta alle funzioni ottenute per discretizzazione
nita dellintervallo [P/2, P/2], oppure estesa al caso in cui il pe-
riodo P aumenta a dismisura no a che [P/2, P/2] diventa lintera
retta reale. Naturalmente, si potr parlare ancora di analisi di Fou-
rier, seppure in un senso generalizzato, se queste trasformazioni
preservano in qualche modo la struttura fondamentale dellanalisi di
Fourier. Ma qual la struttura fondamentale dellanalisi di Fourier?
Lessenza dellanalisi di Fourier classica quella di decomporre un
segnale periodico in una somma pesata di armoniche, dove ciascun
armonica ha una frequenza che un multiplo intero della frequenza
funzioni ortogonali e serie di fourier 295
fondamentale. In effetti, lanalisi di Fourier comunemente chiamata
anche analisi armonica.
importante sottolineare che tutte le armoniche sono generate
dallarmonica fondamentale e(x) = e
ix
, di frequenza angolare , nel
seguente modo
e
1
(x) = e(x) , e
2
(x) = e(x)
2
= e
i2x
, . . . , e
n
(x) = e(x)
n
= e
inx
, . . .
(Quando, per semplicit, lavoriamo in T, come torneremo a fare tra
poco, = 1.) Le potenze negative danno le frequenze negative (cio
moti circolari nella direzione opposta),
e
n
(x) = e(x)
n
= e
inx
e, naturalmente,
e
n
(x)e
n
(x) = 1
cio il modo zero. In breve, linsieme delle armoniche e
n
(x) = e
inx
forma una rappresentazione moltiplicativa del gruppo additivo degli
interi Z, nel senso che
e
n+m
(x) = e
n
(x)e
m
(x)
e
n
(x) = e
n
(x)
1
Larmonica fondamentale e
ix
chiamata generatore del gruppo.
questa propriet di gruppo, tutto sommato abbastanza astratta,
che rende conto matematicamente del signicato concreto dellanalisi
di Fourier. Quando combiniamo questa propriet con laltro aspetto
fondamentale delllanalisi di Fourier, che la decomposizione di un
vettore rispetto ad una base ortonormale, otteniamo tutto quello che
c da dire sullanalisi di Fourier. E tutto questo pu essere riassunto
in 6 punti:
(I) Ad ogni funzione f : T R ( C ) associata una successione
c
n
=

f (n) di numeri complessi. Questi numeri sono noti


come coordinate (o coefcienti) di Fourier di f .
(II) La coordinate di Fourier sono date dalla formula
c
n
=

f (n) =
1
2
_

f (x)e
inx
dx per n Z
(III) I mattoni di base delle serie di Fourier sono le funzioni trigono-
metriche e
n
: T C date da
e
n
(x) = e
inx
, dove n Z e x T
(sono chiamate trigonometriche piuttosto che esponenziali per
sottolineare il legame con seni e coseni dato dalla formula di
296 appunti di metodi matematici della fisica
Eulero). Ln-esima coordinata di Fourier pu essere scritta in
termini di prodotto scalare L
2
come
c
n
=

f (n) =
_
e
n
[[e
n
[[
, f
_
.
(IV) Linsieme delle funzioni trigonometriche e
n
(x) = e
inx
forma una
rappresentazione moltiplicativa del gruppo additivo degli interi
Z, nel senso che
e
n+m
(x) = e
n
(x)e
m
(x)
e
n
(x) = e
n
(x)
1
(V) La serie associata a f

n=
c
n
e
inx
(VI) Linsieme e
inx

nZ
forma una base ortonormale per lo spazio
vettoriale L
2
(T) delle funzioni a quadrato integrabile su T.
In particolare, questo signica che per f L
2
(T), le somme
parziali di f convergono a f nel senso L
2
, cio

f

[n[N

f (n)e
inx

L
2
0 per N
e vale lidentit di Parseval (cio il teorema di Pitagora innito-
dimensionale)
[[ f [[
L
2 =
1
2
_

[ f (x)[
2
dx =

nZ
[

f (n)[
2
=

2
Analisi di Fourier nel discreto
Consideriamo la seguente situazione: nel suo intervallo fondamen-
tale, il segnale un vettore v con un numero nito di componenti
complesse, diciamo N. Quindi un vettore in C
N
. Poi ripetuto con
periodicit a destra e a sinistra. Quale analisi armonica appropriata
per una situazione come questa?
Incominciamo col ssare le notazioni. Si consideri la base standard
in C
N
, che conveniamo di denotare con dei ket,
[0 =
_

_
1
0
0
. . .
0
_

_
, [1 =
_

_
0
1
0
. . .
0
_

_
, . . . , [N 1 =
_

_
0
0
0
. . .
1
_

_
funzioni ortogonali e serie di fourier 297
(La ragione di questa notazione non convenzionale, sia per i ket sia
per partire da 0 anzich da 1, apparir chiara tra poco.) Denotiamo
un generico vettore di questa base con
[ , = 0, 1, . . . , N 1
Il prodotto scalare in C
N

v , u =

v()u() =

v , , u
e
, =

dove

la delta di Kronecker. Allora, per un vettore v C


N
possiamo scrivere
[v =

[ , v
sottintendendo che tutte le somme dora in avanti corrono da 0 a
N 1. Si osservi che , v la -esima componente del vettore.
Possiamo, per comodit, pensare a v come ad una funzione denita
sullinsieme nito di punti = 0, 1, . . . , N 1, e a valori in C, e
scrivere
v() = , v
Adesso torniamo al problema di partenza. Vogliamo analizzare
il segnale discreto v() in termine di armoniche: chiaro che non
possiamo aspettarcene pi di N. Se vogliamo mantenere la struttura
fondamentale dellanalisi di Fourier, dobbiamo cercare un analogo
della propriet (IV) per un insieme discreto.
Linsieme C
N
delle radici n-esime dellunit, C
N
= z C[z
N
=
1 un gruppo abeliano rispetto alloperazione di moltiplicazione
con N elementi ed il gruppo ciclico di ordine N. In effetti, una
rappresentazione del gruppo additivo modulo N. Per esempio, per
N = 5 il gruppo additivo si rappresenta con i vertici di un pentagono
regolare
1
2
0
3
4
e le addizioni sono costruite per ciclicit, per esempio: 1 + 2 = 3,
1 +4 = 0, 2 +4 = 1 etc.. La sua rappresentazione moltiplicativa data
dalle radici quinte complesse: 1, e
i2/5
, e
i4/5
, e
i6/5
, e
i8/5
e si verica
facilmente che si tratta proprio di una rappresentazione: si consideri,
per esempio, 1 + 2 = 3, questo rappresentato in e
i2/5
e
i4/5
=
e
i6/5
, oppure 1 + 4 = 0 e
i2/5
e
i8/5
= 1, cio lelemento neutro
298 appunti di metodi matematici della fisica
rispetto alladdizione (0) trasformato nellelemento neutro rispetto
alla moltiplicazione. E cos via.
Per lanalisi armonica in uno spazio a N dimensioni, considerere-
mo allora
e() = e
i2/N
come armonica fondamentale. Il sistema di armoniche generato da
e() consiste dunque negli N vettori e
n
, con componenti e()
n
rispet-
to alla base [, n = 0, 1, . . . N 1 (per n = N si ritorna a n = 0),
cio
, e
n
= e() = e
i2n/N
, dove = 0, 1, . . . , N1 e n = 0, 1, . . . N1
Si verica facilmente che i vettori e
n
sono ortogonali tra loro e hanno
tutti norma uguale a

N (esercizio):
e
n
, e
m
= N
nm
.
quindi conveniente passare alla base ortonormale
e
n
=
1

N
e
n
, , e
n
=
1

N
e
i2n/N
= e
n
()
La trasformata di Fourier discreta del segnale discreto v()
denita come
v(n) = e
n
, v =

v()e
n
() ovvero v(n) =
1

v()e
i2n/N
Poich e
n
una base ortornormale, la trasformata di Fourier
discreta una trasformazione unitaria e si ha
v() = , v =

n
, e
n
e
n
, v =

n
v(n)e
n
() =
1

n
v(n)e
i2n/N
e vale lanalogo nito dellidentit di Parseval (che proprio il
teorema di Pitagora nito-dimensionale).
Si osservi che avremmo potuto convenire di assorbire il fattore
di normalizzazione nel prodotto scalare e denire in C
N
il nuovo
prodotto scalare
v , u =
1
N

f ()u() =
1
N

f , , u
(che, con abuso di notazione, denotiamo nello stesso modo di prima)
e utilizzare come armoniche le e
n
e
i2n/N
, che nel nuovo prodotto
scalare sono automaticamente normalizzate. Allora, con questo nuo-
vo prodotto scalare, le formule per la trasformata di Fourier discreta
e la sua inversa diventano
v(n) = e
n
, v =
1
N

v()e
i2n/N
(analisi)
v() = , v =

n
v(n)e
i2n/N
(sintesi)
funzioni ortogonali e serie di fourier 299
Esempio 14.1. N=5. Posto e
i2/5
= , si ha (rispetto al prodotto
scalare usuale) la seguente base ortonormale di Fourier:
e
0
=
1

5
_

_
1
1
1
1
1
_

_
, e
1
=
1

5
_

_
1

4
_

_
, e
2
=
1

5
_

_
1

3
_

_
, e
3
=
1

5
_

_
1

2
_

_
, e
4
=
1

5
_

_
1

_
La matrice della trasformata di Fourier discreta ottenuta come
la matrice le cui colonne sono i vettori test trovati (che la regola
generale per la matrice di cambiamento di base).
A questo punto, ecco una domanda su cui riettere: in che modo
i sei punti indicati allinizio della lezione come caratterizzanti del-
lanalisi di Fourier si sono trasformati nel passaggio dal continuo al
discreto? Chiaramente, tutti i problemi di convergenza sono evapora-
ti, ma che dire del resto? ragionevole dire che la struttura di base
preservata? Comunque si risponda a questa domanda, c un senso
preciso in cui lanalisi di Fourier discreta approssima quella continua,
che quello di cui ci vogliamo occupare adesso.
Osserviamo che lanalisi di Fourier nel discreto pu essere resa
ancora pi simile a quella nel continuo se consideriamo un nume-
ro N dispari. Se N dispari naturale scegliere una numerazione
simmetrica dello spazio delle :
(N 1)/2, (N 2)/2, . . . , 2 1, 0, 1, 2, . . . (N 2)/2, (N 1)/2
e analogamente per i vettori [ e i vettori e
n
. Le formule per la tra-
sformata di Fourier e la sua inversa (le ultime che abbiamo ricavato),
restano inalterate
v(n) =
1
N

v()e
i2n/N
(analisi)
v() =

n
v(n)e
i2n/N
(sintesi)
ma le somme adesso sono da (N 1)/2 a (N 1)/2.
Adesso mostriamo che lanalisi di Fourier nel discreto in effetti
unapprossimazione di quella nel continuo. Poich consideriamo
N 1, trascureremo la differenza tra N e N 1.
Siamo interessati al caso in cui i valori discreti del segnale v()
sono stati ottenuti campionando un segnale continuo f (x) di periodo
P, ad intervalli di ampiezza . Dunque, N = P/ e v() = f (x)
per x = , al variare di da N/2 a N/2. Abbiamo cio la discre-
tizzazione dellintervallo reale [P/2, P/2] in blocchi di ampiezza
= P/N come mostrato in gura:
x
L/2 L/2
0

300 appunti di metodi matematici della fisica


Consideriamo la formula per le coordinate di Fourier discrete
v(n) =
1
N

v()e
i2n/N
=

P

f ()e
i2n/P
=

P

f (x)e
i
2
P
nx
Nel limite 0 riconosciamo a secondo membro il limite della
somma di Riemann dellintegrale
1
P
_
P/2
P/2
f (x)e
i
2
P
nx
dx ,
cio
v(n)

f (n) .
Quando 0 si ha N e quindi la formula per la sintesi
diventa
f (x) = lim
N
N

n=N
v(n)e
i
2
P
nx
= lim
N
N

n=N

f (n)e
i
2
P
nx
=

n=

f (n)e
i
2
P
nx
In breve, abbiamo mostrato euristicamente (cio senza preoccu-
parci troppo dellesistenza dei limiti) che nel limite continuo lanalisi
di Fourier discreta diventa lusuale analisi di Fourier, basata sulle
relazioni
f (x) = lim
N
N

n=N

f (n)e
i
2
P
nx
(14.44)

f (n) =
1
P
_
P/2
P/2
f (x)e
i
2
P
nx
dx (14.45)
15
Teoria di Sturm-Liouville
Indice
15.1 Equazioni differenziali lineari e omogenee 301
15.2 Autovalori e autofunzioni 304
15.3 Forma normale e analisi qualitativa delle equazioni 307
15.4 Equazione di Sturm-Liouville 309
15.5 Operatore di Sturm-Liouville 310
15.6 Problemi di Sturm-Liouville 312
15.7 Problemi di Sturm-Liouville non regolari 314
15.8 Il sistema ortogonale delle funzioni di Hermite 314
Problemi 317
Soluzioni 319
15.1 Equazioni differenziali lineari e omogenee
Unequazione differenziale ordinaria lineare e omogenea del se-
condordine ( nellincognita y = y(x) ha la forma
A(x)y
//
+ B(x)y
/
+ C(x)y = 0 (15.1)
Poich a(x) da supporsi non identicamente nulla, si pu sempre
riscrivere lequazione nella forma
y
//
+ b(x)y
/
+ c(x)y = 0 (15.2)
dove si posto b = B/A e b = C/A.
Una nota e importante propriet delle equazioni (15.1) che, tro-
vate due soluzioni particolari y
1
e y
2
indipendenti (cio tali che il
loro rapporto non sia una costante), la soluzione generale y si ottiene
come combinazione lineare mediante due costanti arbitrarie c
1
e c
2
,
y(x) = c
1
y
1
(x) + c
2
y
2
(x) , (15.3)
302 appunti di metodi matematici della fisica
Si dice allora che y
1
e y
2
sono state scelte come soluzioni fondamen-
tali. C arbitrariet nella scelta delle soluzioni fondamentali, potendo
sostituire y
1
e y
2
con con due loro combinazioni lineari qualunque,
purch indipendenti. In breve, le soluzioni di (15.1) formano un spa-
zio lineare di dimensione 2 e la scelta di due soluzioni fondamentali
corrisponde alla scelta di una base in questo spazio.
La soluzione dellequazione (15.1) determinata quando si ssano
opportunamente delle condizioni al contorno. Per esempio, si pu
considerare il problema di Cauchy per cui in un dato punto x = a
sono ssati i valori di y e della sua derivata y
/
. Ci sempre possibile
e in questo modo la y risulta univocamente determinata. Oppure
si pu richiedere che in due dati punti x = a e x = b la y e/o la
sua derivata y
/
soddisno certe condizioni. Per questo secondo caso,
condizioni di particolare interesse sono:
(a) Condizioni di Dirichlet omogenee
y(a) = 0 y(b) = 0 , (15.4)
(b) Condizioni di Neumann omogenee
y
/
(a) = 0 y
/
(b) = 0 , (15.5)
(c) Condizioni miste omogenee
_

a
y(a) +
a
y
/
(a) = 0

b
y(b) +
b
y
/
(b) = 0
, (15.6)
dove
a
,
b
e
a
,
b
sono opportune costanti. Questo caso contie-
ne dunque i due precedenti per scelta opportuna delle costanti.
(d) Condizioni periodiche
y(a) = y(b) y
/
(a) = y
/
(b) . (15.7)
Si osservi che queste condizioni sono soddisfatte, insieme allequa-
zione differenziale, se si prende y = 0 in tutto lintervallo, cio per
c
1
= c
2
= 0. Questa soluzione evidentemente priva di interesse.
Siamo quindi portati a cercare soluzioni non nulle. di particolare
interesse il caso (che come vedremo eccezionale) in cui le condi-
zioni al contorno non determinano univocamente una soluzione
dellequazione.
Consideriamo per esempio il caso delle condizioni (a). Utilizzando
lespressione (15.3) della soluzione generale, si tratta di trovare due
valori, non entrambi nulli, per c
1
e c
2
, tali che
_
c
1
y
1
(a) + c
2
y
2
(a) = 0
c
1
y
1
(b) + c
2
y
2
(b) = 0
(15.8)
teoria di sturm-liouville 303
noto dallalgebra che questo sistema di equazioni omogenee
ammette soluzioni c
1
e c
2
non nulle solo se
=

y
1
(a) y
2
(a)
y
1
(b) y
2
(b)

= 0 (15.9)
Questa equazione vincola i valori, nei punti a e b, delle due soluzioni
fondamentali y
1
e y
2
, e naturalmente si ottiene unequazione della
stessa forma se si sostituiscono le soluzioni fondamentali y
1
e y
2
con
altre due soluzioni fondamentali (essendo il determinante invariante
per cambiamento di base).
Se si sanno esprimere esplicitamente y
1
e y
2
in funzione dei coef-
cienti dellequazione, la (15.9) diventa immediatamente una condi-
zione a cui devono soddisfare questi coefcienti afnch lequazione
ammetta, per le date condizioni al contorno, una soluzione non nulla
(e quindi, essendo lequazione omogenea, innite soluzioni non nulle
ottenute luna dallaltra mediante moltiplicazione per una costante).
Esempio 15.1. Consideriamo lequazione dei mori armonici
y
//
+ y = 0 , (15.10)
con condizioni al contorno (a). Allora due soluzioni indipendenti
sono
y
1
= sin

x e y
2
= cos

x
e la (15.9) diventa
=

sin

a cos

a
sin

b cos

= sin

a cos

b cos

a sin

b = 0 ,
ossia
= sin
_

(a b)
_
= 0 , n = 1, 2, 3, . . . ,
le cui soluzioni sono
=
n
=
_
n
a b
_
2
.
Questi sono i valori che il coefciente dellequazione deve assu-
mere afnch lequazione ammetta, per le condizioni al contorno
y(a) = y(b) = 0, soluzioni non nulle. Come avevamo anticipato, si
pu osservare che le condizioni al contorno non determinano uni-
vocamente una soluzione, ma, in questo caso, innite. Queste sono
determinate come combinazioni c
1
y
1
+ c
2
y
2
, con c
1
e c
2
ottenuti ri-
solvendo la (15.8). Essendo linearmente dipendenti, si ponga c
1
= c.
Allora
c
2
=
y
1
(a)
y
2
(b)
c =
sin

a
cos

a
c ,
304 appunti di metodi matematici della fisica
da cui
y = c sin

x
sin

a
cos

a
c cos

x
=
c
cos

a
_
sin

x cos

a cos

x sin

a
_
= Csin

(x a)
Dunque, ad ogni
n
associata la soluzione
y
n
= C
n
sin
_

n
(x a) . (15.11)
15.2 Autovalori e autofunzioni
In generale, a differenza dellesempio precedente, non si possiede
una espressione esplicita di y
1
e y
2
, tuttavia, la (15.9) esprime sempre,
in forma implicita, una condizione per i coefcienti dellequazione.
Nel caso delle condizioni (a), la condizione (15.9) pu essere espressa
in generale nel modo seguente. Ogni soluzione dellequazione (15.1)
pu essere rappresentata gracamente mediante una curva y = f (x)
nel piano xy (si veda la gura a lato).
x
y
A N
1
N
2
N
3
N
4 Per individuare la curva completamente, basta assegnare f (a) e
f
/
(a) (problema di Cauchy). Consideriamo il fascio di tutte le curve
integrali uscenti, in varie direzioni dal punto A = (a, 0). facile di-
mostrare che disegnatane una, qualunque altra si ottiene da essa median-
te dilatazione nel senso dellasse delle y. Infatti, sia ad esempio y = f (x),
la curva che esce da A con inclinazione 1, cio f
/
(a) = 1, allora
f (x) (dove una costante) unaltra soluzione (essendo lequa-
zione omogenea) e rappresenta la curva che esce da A con pendenza
f
/
(a) = . Al variare di si ottengono cos tutte le curve integrali che
escono da A. Da questo segue che tutte le soluzioni dellequazione
tagliano lasse delle x negli stessi punti N
1
, N
2
, . . . (nodi), corrispon-
denti alle soluzioni di f (x) = 0. Detto in altri termini, variando la
pendenza f
/
(a) non si spostano i nodi, per cui la loro posizione
determinata univocamente dallequazione e quindi dai coefcienti
dellequazione stessa. Se quindi si vuole determinare una soluzione
soddisfacente la condizione (a), cio tale che la curva passi per A e
per un altro punto pressato B = (b, 0), si deve riconoscere che in
generale tale soluzione non esiste, essa esiste solo se uno dei nodi N
1
, N
2
,
. . . cade in B e la condizione che uno dei nodi cade in B proprio la
(15.9).
In molti casi di interesse, analogamente allesempio 15.1, lequa-
zione (15.1) contiene un parametro , cio una costante indetermina-
ta. Il caso pi interessante quello in cui gura linearmente nel
coefcente C, nella forma
C(x) = (x) + (x) . (15.12)
teoria di sturm-liouville 305
Allora le soluzioni fondamentali y
1
e y
2
conterranno anchesse il
parametro e quindi lo conterr il determinante che compare
nellequazione (15.9), che dunque riscriveremo come
() = 0 . (15.13)
I valori di che risolvono lequazione (15.13) sono detti gli autova-
lori dellequazione differenziale nellintervallo [a, b] per le date con-
dizioni al contorno (a) (d). Trovato un autovalore
n
, le (15.8), per
condizioni al contorno (a), e analoghe equazioni per altre condizioni
al contorno, permettono di ricavare c
1
e c
2
in modo che y soddis le
date condizioni al contorno (in realt, il loro rapporto, visto che sono
linearmente dipendenti: come nellesempio 15.1 una delle due pu
essere scelta a piacere). Una tale soluzione dellequazione differen-
ziale si chiama autofunzione. Va sottolineato che, salvo casi particolari
come quello dellesempio 15.1, non si conosce lintegrale generale
dellequazione. La determinazione esplicita degli autovalori e delle
autofunzioni di unequazione differenziale va studiata caso per caso.
Equazioni del tipo (15.1), con un parametro che compare linear-
mente nel coefciente C, generalmente emergono quando si risolvono
problemi al contorno mediante il metodo di separazione delle varia-
bili. Per esempio, nello studio del problema di Dirichlet omogeneo
per lequazione del calore della sezione (11.4) abbiamo ottenuto le-
quazione dei moti armonici (15.10) (allora avevamo usato X al posto
di y e
2
invece di ). Questa equazione un caso particolare di
(15.1) con A = 1, B = 0 e C =
2
. Sotto sono riportati altri esempi.
Esempio 15.2. Esempi di equazioni del tipo (15.1), con un parametro
che compare linearmente nel coefciente C, che abbiamo incontrato
nora:
lequazione di Eulero-Cauchy (8.11), dove
A(x) = x
2
, B(x) = x , C(x) = ,
lequazione di Bessel (8.37), dove
A(x) = x
2
, B(x) = x , C(x) = (x
2
n
2
) ,
lequazione di Legendre (8.73), dove
A(x) = 1 x
2
, B(x) = 2x , C(x) = n(n +1) ,
lequazione di Legendre associata (8.74), dove
A(x) = 1 x
2
, B(x) = 2x , C(x) = n(n +1)
m
2
1 x
2
.
306 appunti di metodi matematici della fisica
Esempio 15.3. Altri esempi notevoli di equazioni del tipo (15.1) sono:
lequazione di Hermite
y
//
2xy
/
+2ny = 0 , (15.14)
dove
A(x) = 1 , B(x) = 2x , C(x) = 2n ,
lequazione di Laguerre
xy
//
(1 x)y
/
+ ny = 0 , (15.15)
dove
A(x) = x , B(x) = (1 x) , C(x) = n ,
lequazione di Chebyshev
(1 x
2
)y
//
xy
/
+ n
2
y = 0 , (15.16)
dove
A(x) = 1 x
2
, B(x) = x , C(x) = n
2
.
Esempio 15.4. Si consideri lequazione delle onde per il prolo u(x, t)
della corda,
(x)

2
u(x, t)
t
2
=

x
T(x)
u(x, t)
x
k(x)u(x, t) . (15.17)
dove = (x) e T = T(x) sono rispettivamente la densit di massa e
la tensione della corda = k(x)y(x, t) una forza esterna armonica.
Per separazione delle variabili u(x, t) = y(x) cos(t + ) si ottiene
lequazione per i modi normali della corda:
_
d
dx
T(x)
d
dx
+
2
(x) k(x)
_
y(x) = 0 , (15.18)
Questa equazione del tipo (15.1).
Esempio 15.5. Un altro esempio sicamente rilevante di equazione
del tipo (15.1) lequazione di Schrdinger indipendente dal tempo (in
unit di misura opportune) per una particella in una dimensione
spaziale,
y
//
+ [E U(x)] y = 0 , (15.19)
dove U(x) lenergia potenziale e E lenergia (o, equivalentemente,
per la relazione di Planck E = h, la frequenza di oscillazione). La
(15.19) si ottiene dallequazione di Schrdinger dipendente dal tempo
per la funzione donda (x, t) mediante separazione delle variabili
(x, t) = y(x)e
iEt/ h
.
teoria di sturm-liouville 307
15.3 Forma normale e analisi qualitativa delle equazioni
Lequazione (15.2) detta forma standard dellequazione differenziale.
Per trasformarla nella forma normale, intendendo con ci unequazio-
ne della forma
z
//
+ F(x)z = 0 , (15.20)
scriviamo y(x) = w(x)z(x). Inserendo questo prodotto nellequazione
(15.2), otteniamo
w
//
z +2w
/
z
/
+ wz
//
+ bw
/
z + bwz
/
+ cwz = 0
wz
//
+ (2w
/
+ bw)z
/
+ (w
//
+ bw
/
+ c)z = 0 . (15.21)
Con
w = e

1
2
_
bdx
il coefciente di z
/
si annulla. Se adesso poniamo
F(x) = w
//
+ bw
/
+ cw =
1
4
b
2

1
2
b
/
+ c , (15.22)
e dividiamo ambo i membri della (15.21) per w, otteniamo la (15.20).
Esempio 15.6. Scriviamo in forma normale lequazione di Hermite
(15.14) (si lascia come esercizio trasformare in forma normale le altre
equazioni degli esempi precedenti). In questo caso si ha b = 2x
e c = 2n, da cui F = x
2
+ 1 + 2n. Quindi la forma normale
dellequazione di Hermite
z
//
+ (2n +1 x
2
)z = 0 (15.23)
Quando unequazione scritta in forma normale pu essere ana-
lizzata in maniera qualitativa ottenendo informazioni utili sulle sue
soluzioni senza dover risolvere lequazione stessa. Si osservi innanzi-
tutto che nelle regioni dove F > 0 la z e la z
//
hanno segno opposto
e quindi la curva rappresentante la z in tali regioni sempre concava
verso lasse x; viceversa, essa convessa verso lasse x nelle regioni in
cui F < 0. allora intuitivo, e pu essere dimostrato rigorosamente,
che nelle prime regioni la curva pu attraversare pi volte lasse x
con andamento oscillatorio, mentre nelle altre, se anche attraversa
una volta lasse x, dovendo poi volgerli sempre la convessit, non
pu attraversarlo di nuovo e quindi una di tali regioni pu contenere
al pi un solo nodo e la curva non ha mai carattere oscillatorio. Ci
reso chiaro se si pensa al caso F = cost.: se tale costante positiva,
la curva una funzione sinusoidale (carattere oascillatorio, concavit
verso lasse x), se negativa, la curva esponenziale (carattere non
oscillatorio, concavit verso lasse x).
308 appunti di metodi matematici della fisica
Nel caso F = cost. chiaro che le soluzioni di z
//
+4z = 0 oscillano
pi velocemente di quelle di z
//
+ z = 0. Il matematico francese
Jaques Sturm (1803-1855) dimostr che questo vale in generale nelle
regioni in cui F positiva.
Teorema del confronto di Sturm. Siano z
//
2
+ F
2
(x)z
2
= 0
e z
//
1
+ F
1
(x)z
1
= 0, con 0 < F
1
(x) < F
2
(x) per tutti gli
x in [a, b]. Allora tra qualunque due nodi di z
1
in [a, b]
c un nodo di z
2
.
(15.24)
Queste considerazioni sono molto utili per discutere qualita-
tivamente landamento delle autofunzioni di equazioni con F =
U(x), dove un parametro e U una funzione assegnata; questo
il caso dellequazione di Schrdinger, dove U lenergia potenziale
e lenergia.
a
b
c
d

U(x)
x
Figura 15.1: Analisi qualitativa di
z
//
+ [ U(x)]z = 0
Consideriamo per esempio un potenziale come quello illustrato in
gura 15.1, con un solo minimo e tendente monotonamente allin-
nito sia a destra sia a sinistra di questo, in un modo qualunque, non
necessariamente simmetrico. Per un valore qualunque di conside-
riamo una curva (tratteggiata in rosso) che verso sinistra tende asin-
toticamente allasse x, volgendoli la convessit no al punto x = c,
poi inizier una serie di oscillazioni nel tratto [c, d], per riprendere a
destra di d landamento non oscillatorio che la porta in generale ad
allontanarsi indenitamente dallasse x. Solo se ha uno dei valo-
ri
n
(autovalori), avviene che la curva torna ad avvicinarsi allasse
x anche verso destra. In questultimo caso essa unautofunzione.
Per il teorema del confornto di Sturm, al crescere di
n
aumenta il
numero dei nodi dellautofunzione corrispondente.
teoria di sturm-liouville 309
15.4 Equazione di Sturm-Liouville
Si dice che unequazione (15.1) in forma auto-aggiunta se B = A
/
co-
sicch i primi due termini dellequazione formano insieme la derivata
di Ay
/
e lequazione pu scriversi come
d
dx
(Ay
/
) + Cy = 0
Si osservi che qualunque equazione del tipo (15.1) pu essere
messa in forma autoaggiunta: moltiplicando la (15.1) per il fattore
non nullo
1
A
e
_
(B/A)dx
i tre coefcienti A, B, C diventano rispettivamente
P = e
_
(B/A)dx
, Q =
B
A
e
_
(B/A)dx
, R =
C
A
e
_
(B/A)dx
e si verica immediatamente che Q = P
/
, di conseguenza lequazione
si pu scrivere
d
dx
(Py
/
) + Ry = 0 . (15.25)
Se poi C contiene linearmente un parametro come nella (15.12),
sar cos anche di R, che sar della forma R = q(x) (x) (la
scelta del segno negativo convenzionale, ma utile per gli sviluppi
successivi), lequazione (15.26) avr la forma
d
dx
(Py
/
) + [q(x) (x)]y = 0 . (15.26)
Risulta poi utile porre p(x) = P(x) e portare il termine contenente
a secondo membro, ottenendo cos

d
dx
_
p(x)
d
dx
_
y + q(x)y = (x)y . (15.27)
Questa equazione detta equazione di Sturm-Liouville. Qualunque
equazione del tipo (15.1) pu essere riscritta in questa forma.
Esempio 15.7. Riscriviamo alcune delle equazioni incontrate nora
nella forma di Sturm-Liouville.
Equazione di Legendre:

d
dx
_
(1 x
2
)
d
dx
_
y = n(n +1)y (15.28)
Qui x [1, 1], p(x) = 1 x
2
, q(x) = 0, (x) = 1, = n(n +1).
310 appunti di metodi matematici della fisica
Equazione di Hermite:

d
dx
_
e
x
2 d
dx
_
y = 2ne
x
2
y (15.29)
Qui x [, ], p(x) = e
x
2
, q(x) = 0, (x) = e
x
2
, = 2n.
Equazione di Laguerre:

d
dx
_
xe
x
d
dx
_
y = ne
x
y (15.30)
Qui x [0, ], p(x) = xe
x
, q(x) = 0, (x) = e
x
, = n.
Equazione di Schrdinger indipendente dal tempo:
_

d
2
dx
2
+ U(x)
_
y = Ey (15.31)
Qui x [a, b] (con a e b eventualmente e + rispettivamente),
p(x) = 1, q(x) = U(x), = E.
15.5 Operatore di Sturm-Liouville
La teoria di Sturm-Liouville mira a ottenere informazioni sugli auto-
valori e autofunzioni dellequazione di Sturm-Liouville senza risol-
verla esplicitamente. A tal ne si assume che p(x) sia almeno classe
C
1
e che p(x) e (x) siano funzioni strettamente positive nellintervallo
(a, b).
Il punto di partenza della teoria losservazione che il primo
membro della (15.27) denisce un operatore differenziale, detto
operatore di Sturm-Liouville,
L =
d
dx
_
p(x)
d
dx
_
+ q(x) . (15.32)
In termini di questo operatore, lequazione di Sturm-Liouville pu
essere riscritta come
Ly = y (15.33)
Loperatore L agisce su funzioni denite on [a, b] che sono almeno
continuamente differenziabili due volte. Assumeremo che lo spazio
lineare 1 di queste funzioni sia munito di prodotto scalare L
2
, per
cui 1 = C
2
[a, b] L
2
[a, b]. L un operatore lineare in 1, cio
L(f + g) = Lf + Lg ,
per e scalari e f e g funzioni in 1.
teoria di sturm-liouville 311
Loperatore L soddisfa la seguente importante uguaglianza, detta
formula di Green,
f , Lg L, g =
_
p( f
/
g f g
/
)
_
b
a
(15.34)
per qualunque coppia di funzioni f e g in 1.
Dimostrazione della (15.34). Prima si
stabiliscono le seguenti formule di
Green preliminari:
f , Lg =
_
b
a
f Lgdx
=
_
b
a
f
_

d
dx
_
pg
/
_
+ qg
_
dx
=
_
f pg
/
_
b
a
+
_
b
a
_
f
/
pg
/
+ f qg
_
dx
e
Lf , g =
_
b
a
Lf gdx
=
_
b
a
_

d
dx
(p f
/
) + q f
_
gdx
=
_
b
a
_

d
dx
_
p f
/
+ q f
_
_
gdx
=
_
f
/
pg
_
b
a
+
_
b
a
_
f
/
pg
/
+ f qg
_
dx
Allora da queste formule segue che
f , Lg L, g =
_
f pg
/
_
b
a
+
_
f
/
pg
_
b
a
=
_
p( f
/
g f g
/
)
_
b
a
Si dice che T 1 un dominio di autoaggiuntezza per L, se per
tutte le funzioni f e g in T si ha
f , Lg = Lf , g , (15.35)
cio se
_
p( f
/
g f g
/
)
_
b
a
= 0 (15.36)
Un dominio di autoaggiuntezza per L caratterizzato in termini
di condizioni al contorno per le funzioni in 1 e/o di condizioni sui
coefcienti p e q. Vediamo i casi pi rilevanti.
1. Condizioni al contorno (c) (miste omogenee per un intervallo
nito [a, b]):
_

a
y(a) +
a
y
/
(a) = 0

b
y(b) +
b
y
/
(b) = 0
(15.37)
Infatti, se f e g soddisfano queste condizioni, allora
a
f (a) +

a
f
/
(a) = 0 e
a
g(a) +
a
g
/
(a) = 0. Dalla prima, segue
a
f (a) +

a
f
/
(a) = 0. Allora
f
/
(a)g(a) f (a)g
/
(a) =

a
f (a)g(a) +

a

a
f (a)g(a) = 0
(se
a
e
b
non sono entrambe uguali a 0). Lo stesso in b. Allora il
secondo membro della (15.34) si annulla. Quindi le condizioni al
contorno (c), con [
a
[ +[
a
[ > 0 e [
b
[ +[
b
[ > 0, deniscono un
dominio appropriato T
m.o.
.
2. p(a) = p(b) e condizioni al contorno (d) (periodiche). Si vede
immediatamente che il secondo membro della (15.34) si annulla.
Risulta cos denito un dominio appropriato T
P
per L.
3. p(a) = 0 e condizione al contorno in b mista omogenea. In questo
caso il secondo membro della (15.34) si annulla se f e f
/
sono
limitate in a senza che si richieda che assumano in a un valore al
contorno denito. In questo caso il dominio appropriato formato
da funzioni che soddisfano le condizioni al contorno in b e sono
limitate con derivata prima limitata in a.
4. p(b) = 0 e condizione al contorno in a mista omogenea. Questo
caso analogo al precedente con i ruoli di a e b invertiti.
312 appunti di metodi matematici della fisica
5. p(a) = p(b) = 0. Adesso il dominio formato da funzioni che
sono limitate con derivata prima limitata in a e b, senza che siano
specicati valori deniti in questi punti.
6. [a, b] innito. Essendo il dominio in L
2
, le funzioni devono
tendere a 0 allinnito.
15.6 Problemi di Sturm-Liouville
Lequazione di Sturm-Liuoville insieme con la specicazione di un
dominio T appropriato di L detto problema di Sturm-Liouville. Un
problema di Sturm-Liouville ha dunque la forma
_
Ly(x) = (x)y(x) , x [a, b]
y(x) T
(15.38)
ed detto
regolare, se T = T
m.o.
e le funzioni p(x) e (x) sono strettamente
positive anche in a e b;
periodico, se T = T
P
;
singolare, negli altri casi (punti 3, 4, 5 o 6 sopra).
Dimostrazione della (15.39).

f , L

g
_

=
_
f (x)
1
(x)
Lg(x)(x)dx
= f , Lg = Lf , g
=
_
Lf (x)g(x)dx
=
_
1

Lf (x)g(x)dx
=

f , g
_

Risolvere un problema di Sturm-Liouville signica trovare le coppie


di autovalori e autofunzioni y

che lo risolvono.
Per studiare le propriet dei problemi di Sturm-Liouville, utile
introdurre loperatore L

= L/(x). Si osservi che


Se L autaggiunto rispetto al prodotto scalare L
2
,
allora L

autaggiunto rispetto al prodotto scalare L


2

.
(15.39)
Allora, in termini di L

, la (15.38) diventa
_
L

y(x) = y(x) , x [a, b]


y(x) T
(15.40)
dove adesso T C
2
[a, b] L
2

[a, b].
Dimostrazione di (15.41). Sia L

=
y

. Allora

, y

, L

, y

= y

, y

Poich y

, y

,= 0, = .
Una prima propriet dei problemi di Sturm-Liouville, di facile
dimostrazione, la seguente.
Gli autovalori di un problema di Sturm-Liouville sono
reali.
(15.41)
Altrettanto facile la dimostrazione del seguente teorema.
Dimostrazione di (15.42). Sia L

y
1
=

1
y
1
e L

y
2
=
2
y
2
,
1
,=
2
. Allora

y
1
, y
2
_

y
1
, L

y
2
_

1
y
1
, y
2

=
2
y
1
, y
2

Quindi
(
1

2
) y
1
, y
2

= 0
Poich (
1

2
) ,= 0, y
1
, y
2

= 0.
Le autofunzioni di un problema di Sturm-Liouville
sono ortogonali.
(15.42)
teoria di sturm-liouville 313
I problemi regolari di Sturm-Liouville hanno caratteristiche simili al
problema dellesempio 15.1: gli autovalori sono non degeneri, limitati
inferiormente e formano una successione che tende allinnito. Inol-
tre, le corrispondenti autofunzioni sono una base in L
2

[a, b]. Vediamo


queste propriet in dettaglio.
1. Gli autovalori di un problema di Sturm-Liouville
regolare sono non degeneri.
(15.43)
Dimostrazione di (15.43). Siano y
1
e y
2
due autofunzioni corrispondenti allo
stesso autovalore . Allora L

y
1
= y
1
e L

y
2
= y
2
. Di conseguenza
y
2
(x)L

y
1
(x) y
1
L

y
2
(x) = 0
Usando la forma esplicita di L

questa
equazione diventa
y
2
(x)
d
dx
_
p(x)y
/
1

+y
1
(x)
d
dx
_
p(x)y
/
2

= 0
d
dx
_
p(x)
_
y
1
(x)y
/
2
(x) y
/
1
(x)y
2
(x)
_
= 0 ,
ossia p(x)W(y
1
, y
2
)(x) = c = costante ,
dove W(y
1
, y
2
)(x) il Wronskiano di
queste soluzioni. Ma
W(y
1
, y
2
)(a) = y
1
(a)y
/
2
(a) y
/
1
(a)y
2
(a) = 0
perch y
1
e y
2
soddisfano le stesse
condizioni al contorno in a. Allora deve
essere W(y
1
, y
2
)(x) = 0 per tutti gli
x [a, b]. Quindi le due funzioni sono
linearmente dipendenti, vale a dire
y
1
= y
2
, dove una costante.
Il teorema del confronto di Sturm pemette di dimostrare il seguen-
te teorema.
2. Gli autovalori di un problema di Sturm-Liouville
regolare formano una successione
0
,
1
,
2
, . . . , con
[
0
[ < [
1
[ < [
2
[ < . . . < [
n
[ < . . ., con [
n
[
per n .
(15.44)
Si ha inne il seguente teorema, la cui dimostrazione richiede
nozioni pi avanzate di quelle fornite nora.
3. Le autofunzioni di un problema di Sturm-Liouville
regolare formano una base ortogonale in L
2

[a, b]
(15.45)
Una notevole e immediata conseguenza di questo teorema che
le autofunzioni y
n
di un problema di Sturm-Liouville regolare
permettono lo sviluppo in serie di una funzione f in T,
f =

n=0
c
n
y
n
[[y
n
[[

, c
n
=
_
y
n
[[y
n
[[

, f
_
. (15.46)
Questa serie, detta serie di Fourier generalizzata, converge ad f in
media quadratica, cio
lim
N

f
N

n=0
c
n
y
n
[[y
n
[[

= 0 (15.47)
interessante osservare che vale un teorema di convergenza pun-
tuale analogo al teorema di Dirichlet per le serie di Fourier: se f e f
/
sono generalmente continue, allora nei punti di continuit di f si ha
f (x) =

n=0
c
n
y
n
(x)
[[y
n
[[

e nei punti di discontinuit la serie converge al valor medio dei limiti


destro e sinistro di f .
314 appunti di metodi matematici della fisica
15.7 Problemi di Sturm-Liouville non regolari
15.8 Il sistema ortogonale delle funzioni di Hermite
Lequazione di Schrdinger (indipendente al tempo) per loscillatore
armonico pu essere scritta della forma
u
//
+ (1 x
2
)u +2u = 0 , x R (15.48)
Sotto le condizioni al contorno
lim
[x[
u(x) = 0 (15.49)
loperatore
H =
d
2
dx
2
+ x
2
(15.50)
autoaggiunto in un opportuno dominio T L
2
(R). Ci aspettiamo
che H abbia un innit numerabile di autovalori e che le corrispon-
denti autofunzioni formino una base in L
2
(R). Mostriamo che in
effetti cos.
Autovalori e autofunzioni Mediante la trasformazione u =
e
x
2
/2
y la (15.48) diventa lequazione di Hermite per y:
y
//
2xy
/
+2y = 0
Di questa equazione se ne cercano soluzioni della forma y = c
k
x
k
.
Derivando, sostituendo in y
//
2xy
/
+2y = 0 e raccogliendo termini
uguali si ottiene la relazione
c
k+2
=
2(2 2)
k +2)(k +1)
(assumendo per semplicit di calcolo c
0
= c
1
= 1). Ne risultano due
serie innite
1 x
2
+
2
2
(2 )
4!
x
4
+
2
3
(4 )(2 )
6!
x
6
+ . . . e
x +
2(1 )
3!
x
3
+
2
2
(3 )(1 )
5!
x
5
+
2
3
(5 )(3 )(1 )
7!
x
7
+ . . .
Per = 0, 2, 4, . . . la prima serie si riduce a dei polinomi. Lo stesso
accade per la seconda per = 1, 3, 5, . . .. I polinomi cos ottenuti
si chiamano polinomi di Hermite H
n
(x) che sono le autofunzioni
associate agli autovalori
n
= n, n = 0, 1, 2, 3, . . . .
Polinomi di Hermite I polinomi di Hermite sono deniti a meno
di costanti moltiplicative. La consuetudine in sica di scegliere
teoria di sturm-liouville 315
le costanti in modo tale che i polinomi di Hermite con i polinomi
deniti dalla funzione generatrice
g(x, t) = e
2xtt
2
=

n=0
1
n!
H
n
(x)t
n
.
Una loro caratterizzazione equivalente in termini della formula:
H
n
(x) = (1)
n
e
x
2 d
n
dx
n
e
x
2
= e
x
2
/2
_
x
d
dx
_
n
e
x
2
/2
(15.51)
Ecco i primi sei, che si ottengono direttamente dalla formula sopra,
H
0
= 1 H
1
= 2x
H
2
= 4x
2
2 H
3
= 8x
3
12x
H
4
= 16x
4
48x
2
+12 H
5
= 32x
5
160x
3
+120x .
I polinomi di Hermite sono ortogonali rispetto al prodotto scalare
f , g
e
x
2 =
_

f (x)g(x)e
x
2
dx , (15.52)
cio rispetto al prodotto scalare (14.1) con = e
x
2
. Si lascia come Dimostrazione dellortogonalit dei polino-
mi di Hermite. Si assuma m < n. Allora
dalle (15.51) e (15.52), H
m
, H
n

e
x
2 =
(1)
n
_

H
m
(x)
_
d
n
dx
n
e
x
2
_
dx . In-
tegrando per parti n volte, e os-
servando che per ogni polino-
mio p si ha p(x)e
x
2
0 per
[x[ , si ottiene H
m
, H
n

e
x
2 =
(1)
2n
_

_
d
n
dx
n
H
m
(x)
_
e
x
2
dx = 0 .
Perci H
m
ortogonale a H
n
per ogni
m < n e quindi, per la simmetria del
prodotto scalare, per tutti gli m ,= n.
esercizio mostrare che
[[H
n
[[
e
x
2 =
_
_

H
n
(x)
2
e
x
2
dx =
_
= 2
n
n!

. (15.53)
I polinomi di Hermite formano un sistema ortogonale in L
2
e
x
2
(R).
Normalizzandoli, , cio dividendoli per la loro norma, e moltiplican-
doli per la radice quadrata del peso e
x
2
, si ottengono le funzioni di
Hermite

n
(x) =
1
_
2
n
n!

e
x
2
/2
H
n
(x) (15.54)
che sono ortonormali rispetto allusuale prodotto scalare L
2
(R),

n
,
m
=
_

n
(x)
m
(x)dx =
mn
. (15.55)
0.5
0
0.5
5 4 3 2 1 0 1 2 3 4 5

0
1
2
3
4
Figura 15.2: le prime quattro funzioni
di Hermite.
316 appunti di metodi matematici della fisica
Completezza delle funzioni di Hermite Stabilire che un in-
sieme di vettori forma un sistema ortonormale non vuol dire sta-
bilire che una base. Perch sia una base occorre che il sistema sia
completo. In effetti per le funzioni di Hermite vale il teorema:
Le funzioni di Hermite formano un sistema
ortogonale completo in L
2
(R).
(15.56)
Dimostreremo questo teorema nel prossimo capitolo.
Le funzioni di Hermite sono dunque una base per unanalisi di
Fourier generalizzata di una funzione f in L
2
(R); i coefcienti c
n
=

n
, f sono le coordinate di Hermite della funzione f .
teoria di sturm-liouville 317
Problemi
Problema 15.1. Trovare gli autovalori e gli
autovettori del problema di Sturm-Liouville
y
//
y
/
+ y = 0 , 0 < x < L
y(0) = y(L) = 0 .
Problema 15.2. Trovare la soluzione generale
dellequazione di Eulero-Cauchy
Ax
2
y
//
+ Bxy
/
+ Cy = 0
mediante sostituzione x = e
t
, v(t) = y(e
t
).
Problema 15.3. Determinare gli autovalori e le
autofunzioni degli operatori differenziali
(a)
d
2
dx
2
: C
2
(0, ) C(0, )
(b)
d
2
dx
2
: L
2
(0, ) C
2
(0, ) L
2
(0, )
Problema 15.4. Dimostrare che loperatore
differenziale

d
2
dx
2
: L
2
(0, ) C
2
(0, ) L
2
(0, )
autoaggiunto sotto la condizione al contorno
f (0) = f
/
() = 0 e trovarne gli autovalori e gli
autovettori.
Problema 15.5. (a) Trovare gli autovalori e (b) gli
autovettori del problema di Sturm-Liouville
y
//
+ y = 0 , 0 < x < L
y(0) = 0 , y
/
(L) + y(L) = 0 ,
dove L > 0 e sono costanti assegnate. (c) Per
> 0, sviluppare una funzione f (x), 0 < x < L in
una serie di Fourier generalizzata di queste funzioni
normalizzate.
Aiuto. Analizzare separatamente i tre casi > 0,
= 0 e < 0. Usare un metodo graco per
individuare gli autovalori.
Problema 15.6. Se avete svolto correttamen-
te il problema precedente, avrete trovato che per
= 1/L, = 0 autovalore con autofunzione
associata y
0
= x e che per < 1/L, c un auto-
valore negativo

con autofunzione corrispondente


y

= sinh

x. (1) Mostrare che se = 1/L,


le autofunzioni trovate al punto (c) del problema
precedente non formano una base. (2) possibile
completare tali funzioni e formare una base? (3)
Come al punto (1), per < 1/L. (4) Come al
punto (2), per < 1/L. Per comodit di calcolo,
assumere L = 1.
Problema 15.7. (a) Trovare la forma di
Sturm-Liouville dellequazione
x
2
y
//
+ xy
/
+ y = 0 .
(b) Stabilire se loperatore di Sturm-Liouville
associato allequazione autoaggiunto in
T = L
2
(0, L) C
2
(0, L) (.(. , L > 0 ,
dove (.(. linsieme di funzioni f che soddisfano le
condizioni al contorno f (0) = f (L) = 0.
Problema 15.8. Trovare gli autovalori e le
autofunzioni del problema di Sturm-Liouville
Ly(x) = y(x) , 0 < x < 1
per loperatore L =
d
dx
(1 + x)
2
d
dx
con condizioni
al contorno y(0) = y(1) = 0.
Aiuto. Dopo aver portato lequazione in forma stan-
dard fare la sostituzione t = 1 + x, v(t) = y(t 1) e
usare i risultati del problema 15.2.
Problema 15.9. (a) Vericare mediante calcolo
diretto che le autofunzioni del problema preceden-
te sono ortogonali in L
2
(0, 1). (b) Sulla base dei
teoremi generali sui problemi di Sturm-Liouville,
stabilire se tali autofunzioni sono una base ortogo-
nale in L
2
(0, 1). (c) Scrivere lo sviluppo in serie di
Fourier generalizzata di una funzione f L
2
(0, 1)
rispetto a tali autofunzioni. (d) Fare un graco delle
prime 6 autofunzioni.
Problema 15.10. Trovare gli autovalori e le
autofunzioni del problema
x
2
y
//
+ y = 0 , 0 < x < 1
y(0) = y(1) = 0 .
318 appunti di metodi matematici della fisica
Spiegare perch il problema non un problema di
Sturm-Liouville regolare.
Problema 15.11. (a) Trovare un modello mate-
matico per descrivere come evolve la temperatura di
una sbarretta sottile rivestita di materiale adiabatico
sotto le seguenti condizioni.
Inizialmente la sbarretta ha una certa distribu-
zione di temperatura e nel corso del tempo, ad un
estremo, costantemente mantenuta ad un data
temperatura, mentre allaltro estremo scambia ca-
lore con lambiente pi freddo secondo la legge di
raffreddamento di Newton
usso di calore uscente = h temperatura
dove
h =
coefciente di trasferimento di calore
conducibilit termica del materiale
(b) Risolvere il problema al contorno del punto
(a) per una distribuzione iniziale generica f (x) a
quadrato integrabile (mediante separazione del-
le variabili ricondursi ad un problema di Sturm-
Liouville). (c) Applicare quanto trovato in (b) al caso
f (x) = costante.
Problema 15.12. (a) Trovare un modello mate-
matico per descrivere come evolve il prolo di una
corda elastica sotto le seguenti condizioni.
La corda ha lunghezza a riposo L ed ssata ad
uno dei suoi estremi. Laltro estremo collegato ad
un sistema massa-molla, come mostrato nella gura
sotto.
Boundary Conditions
Elastic Ends
This will occur if a string is, e.g., attached to a spring-mass system
Thus
u(0, t ) = y(t ),
where y(t ) is unknown. In fact, y is determined by an ODE for a
spring-mass system with a possibly moving support y
s
(t ).
Note that to keep things manageable we assume that the
spring-mass system moves only vertically.
fasshauer@iit.edu MATH 461 Chapter 4 15
Si facciano ipotesi semplicative adeguate (spe-
cicare quali) che permettono di modellizzare la
situazione sica descritta mediante un problema al
contorno per lequazione delle onde con condizioni
iniziali miste.
(b) Risolvere il problema al contorno ottenuto per
dati iniziali della corda q(x), p(x) generici.
teoria di sturm-liouville 319
Soluzioni
Problema 15.1. Lequazione caratteristica associata allequazione
differenziale
r
2
+ r + = 0
e ha soluzioni
r =
1

1 4
2
Il tipo di soluzioni che si ottiene dipende da fatto se 1 4 positivo,
negativo o nullo. Discutiamo separatamente i tre casi.
1 4 > 0 Si hanno due radici reali (1 +

1 4)/2 e (1

1 4)/2
e la soluzione generale dellequazione
y = c
1
exp
_
1 +

1 4
2
x
_
+ c
2
exp
_
1

1 4
2
x
_
Imponendo che siano soddisfatte entrambe le condizioni al contorno:
da y(0) = c
1
+ c
2
= 0, si ottiene c
2
= c
1
e da y(L) = 0,
y(L) = c
1
_
exp
_
1 +

1 4
2
L
_
exp
_
1

1 4
2
L
__
= 0
Essendo mai nullo il termine in parentesi quadrate, si ottiene c
1
= 0 a
cui corrisponde la soluzione banale y = 0 che sempre soluzione di
un problema omogeneo e che quindi ignoriamo.
1 4 = 0 Si hanno due radici coincidenti r = 1/2. Allora la
soluzione dellequazione differenziale
y = c
1
e
x/2
+ c
2
xe
x/2
.
Inserendo la prima condizione al contorno, si ottiene y(0) = c
1
= 0.
Quindi c
1
= 0. Allora laltra condizione al contorno fornisce
y(L) = c
2
Le
L/2
= 0 .
Poich Le
L/2
,= 0, ne concludiamo che c
2
= 0. Perci la sola soluzione
la soluzione nulla y = 0, che ignoriamo.
1 4 < 0 Si hanno due radici complesse 1/2 (i/2)

4 1 e la
soluzione generale
y = c
1
e
x/2
sin
_

4 1
2
x
_
+ c
2
e
x/2
cos
_

4 1
2
x
_
320 appunti di metodi matematici della fisica
La prima condizione forniscey(0) = c
2
= 0 che, inserita nella
seconda, d
c
1
e
L/2
sin
_

4 1
2
L
_
= 0 .
Per non avere nuovamente la soluzione banale , assumiamo c
1
,= 0 e
quindi otteniamo
sin
_

4 1
2
L
_
= 0 , cio

4 1
2
L = n n = 1, 2, 3, . . .
e i che soddisfano lequazione sono dunque

n
=
(2n)
2
+ L
2
4L
2
, n = 1, 2, 3, . . . ,
che sono dunque gli autovalori cercati. Le autofunzioni corrispon-
denti sono
y
n
= e
x/2
sin
n
L
x , n = 1, 2, 3, . . . .
Problema 15.2. Mediante sostituzione x = e
t
, v(t) = y(e
t
),
cosicch y(x) = v(ln x), si ottiene
dy
dx
=
dv
dt
dt
dx
=
1
x
dv
dt
d
2
y
dx
2
=
1
x
2
dv
dt
+
1
x
2
d
2
v
dt
2
Quindi lequazione Ax
2
y
//
+ Bxy
/
+ Cy = 0 diventa
0 = Ax
2
_

1
x
2
dv
dt
+
1
x
2
d
2
v
dt
2
_
+ Bx
_
1
x
dv
dt
_
+ Cv .
Ne concludiamo che v soddisfa lequazione
Av
//
+ (B A)v
/
+ Cv = 0
Lequazione caratteristica associata a questa equazione differenziale
Ar
2
+ (B A)r + C = 0
e ha soluzioni
r =
(A B)
_
(B A)
2
4AC
2
Il tipo di soluzioni che si ottiene dipende da fatto se = (B A)
2

4AC positivo, negativo o nullo.


> 0 Si hanno due radici reali r
1
e r
2
e la soluzione v(t) =
c
1
e
r
1
t
+ c
2
e
r
2
t
, da cui
y(x) = c
1
x
r
1
+ c
2
x
r
2
.
teoria di sturm-liouville 321
= 0 Si hanno due radici coincidenti r = (B A)/2. Allora la
soluzione v(t) = c
1
e
rt
+ c
2
te
rt
. Poich y(x) = v(ln x), si ottiene
y(x) = c
1
x
r
+ c
2
x
r
ln x = x
r
(c
1
+ c
2
ln x)
< 0 < 0. Allora si hanno due radici complesse r
1
e r
2
,
r
1,2
=
(A B) i
_
4AC (B A)
2
2
= i,
la soluzione v(t) = c
1
e
t
cos t + c
2
e
t
sin t, da cui
y(x) = c
1
x

cos (ln x) + c
2
x

sin (ln x) .
Problema 15.3. (a) e

x
, C, (b) e

x
, Re () > 0.
Problema 15.4. Loperatore
L =
d
2
dx
2
un operatore di Sturm Liouville con p = 1. Quindi la condizione di
autoaggiuntezza (15.36) per L
_
( f
/
g f g
/
)
_

0
= 0
Se f e g soddisfano le condizioni al contorno f (0) = f
/
() = 0 e
g(0) = g
/
() = 0, si ha
_
( f
/
g f g
/
)
_

0
= f
/
()g() f ()g
/
() f (0)g
/
(0) + f (0)g
/
(0)
= 0
Quindi L autoaggiunto.
Lequazione differenziale associata y
//
+y = 0 e la sua soluzione
generale
y = c
1
cos

x +c
2
sin

x con derivata y
/
(x) = c
1

sin

x +c
2

cos

x .
La condizione in 0 fornisce y(0) = c
1
= 0; la condizione in (tenuto
conto che c
1
= 0), fornisce y
/
() = c
2

cos

= 0, che
soddisfatta se e solo se

=
n
2
=
n
=
n
2
4
,
che sono dunque gli autovalori di L. Le autofunzioni associate sono
y
n
= sin
_

n
x = sin
nx
2
.
322 appunti di metodi matematici della fisica
Problema 15.5. Lequazione differenziale associata y
//
+ y = 0.
(a) Per trovare gli autovalori, distinguiamo i tre casi.
> 0 La soluzione generale dellequazione
y = c
1
cos

x +c
2
sin

x con derivata y
/
(x) = c
1

sin

x +c
2

cos

x .
La condizione in 0 fornisce y(0) = c
1
= 0; la condizione in L (tenuto
conto che c
1
= 0) fornisce
y
/
(L) +y(L) = c
2

cos

L+c
2
sin

L = 0 , ovvero tan

L =

che lequazione che determina gli autovalori . Non si pu risolvere


questa equazione esattamente, si possono tuttavia ottenere gra-
camente valori approssimati delle soluzioni. Ponendo v =

L
lequazione diviene
tan v =
v
L
Si possono ottenere i valori di v e da questi i valori di , dai punti di
intersezione v
1
, v
2
, v
3
, . . . dei graci di w = tan v e di w = v/(L),
come indicato nella gura sotto. Nella costruzione di questi abbiamo
supposto che L e siano positivi. Si osservi che abbiamo bisogno di
trovare solo le radici positive dellequazione.
w
v
v
1
v
2
v
3
> 0
= 0 La soluzione generale dellequazione
y(x) = c
1
+ c
2
x
La prima condizione d y(0) = c
1
= 0 e la seconda,
y
/
(L) + y(L) = c
2
+ c
2
L = c
2
(1 + L) = 0 .
teoria di sturm-liouville 323
Se positivo non ci sono autovalori. Se il parametro tale che
=
1
L
allora = 0 un autovalore con autofunzione associata y
0
= x. Per
altri valori di , = 0 non un autovalore.
< 0 La soluzione generale dellequazione
y = c
1
cosh

x +c
2
sinh

x con derivata y
/
(x) = c
1

sinh

x +c
2

cosh

x .
La condizione in 0 fornisce y(0) = c
1
= 0; la condizione in L (tenuto
conto che c
1
= 0) fornisce
y
/
(L) + y(L) = c
2

cosh

L + c
2
sin

L = 0 ,
cio
tan

L =

Posto v =

L, analizziamo gracamente lequazione:


w
v
> 0
< 1/L
= 1/L
1/L < < 0
Poich la tangente imperbolica non oscilla, si pu avere al pi un
autovalore negativo

quando < 1/L. Lautofunzione associata


y

(x) = sinh
_

x .
> 0 (b) Le autofunzioni sono date da
y
n
(x) = c
n
sin
_

n
x
dove
1
,
2
, . . . rappresentano gli autovalori del punto (a). Per norma-
lizzarle imponiamo
[[y
n
[[
2
=
_
L
0
c
2
n
sin
2
_

n
x dx = 1
324 appunti di metodi matematici della fisica
cio
c
2
n
2
_
L
0
_
1 cos
2
_

n
x
_
dx = 1
ovvero
c
2
n
=
4

n
2

n
sin2

n
L
.
Pertanto insieme ortonormale di autofunzioni dato da
y
n
(x) =

n
2

n
sin2

n
L
sin
_

n
x , n = 1, 2, 3, . . .
(c) Essendo il problema di Sturm-Liouville regolare, y
n
una
base ortonormale in L
2
[0, L]. Se
f (x) =

n=1
c
n
y
n
(x)
si ha
c
n
=
_
L
0
( f (x)y
n
(x) dx =

n
2

n
sin2

n
L
_
L
0
sin
_

n
x f (x) dx
Sotto la sola ipotesi che che f a quadrato integrabile, luguaglianza
si deve intendere in norma L
2
. Se f liscia, la convorgenza della serie
uniforme e quindi luguaglianza puntuale.
Problema 15.6. (a) Per = 1/L ce anche lautofunzione y
0
= x
associata allautovalore = 0. Questa funzione ortogonale a tutte
le funzioni y
n
trovate al punto (c) dellesercizio precedente. Per
stabilire questo, posto L = 1, si calcoli
_
1
0
x sin
_

n
xdx .
Per mostrare che questo integrale uguale a 0, si usi lequazione le
cui soluzioni sono i
n
.
(b) . . .
(c) . . .
(d) . . .
Problema 15.7. I coefcienti dellequazione sono A = x
2
, B = x,
C = . Allora moltiplicando lequazione per
1
A
e
_
(B/A)dx
=
1
x
2
e
_
(1/x)dx
=
1
x
2
e
ln x
=
1
x
la si porta nella forma
d
dx
(Py
/
) + Ry = 0 ,
teoria di sturm-liouville 325
dove
P = e
_
(B/A)dx
= x , R =
C
A
e
_
(B/A)dx
=

x
ovvero
d
dx
_
x
dy
dx
_
+

x
y = 0 .
Loperatore di Sturm-Liouville dunque
L =
d
dx
x
d
dx
Afnch loperatore sia autoaggiunto, occorre che
f , Lg L, g =
_
x( f
/
g f g
/
)
_
L
0
= 0
per f , g T. Come si pu facilmente vedere, la condizione
vericata nel dominio considerato.
Problema 15.8. Il problema agli autovalori di Sturm Liouville
_
_
_
_
(1 + x)
2
y
/
_
/
+ y = 0 , 0 < x < 1
y(0) = y(1) = 0
Lequazione per y ha la forma standard
_
(1 + x
2
)y
/
_
/
+ y = (1 + x
2
)y
//
+2(1 + x)y
/
+ y = 0
Facendo la sostituzione t = 1 + x, v(t) = y(t 1) e osservando che se
0 < x < 1 allora 1 < t < 2, si ottiene
_
t
2
v
//
+2tv
/
+ v = 0 , 1 < t < 2
v(1) = v(2) = 0
Lequazione per v unequazione di Eulero-Cauchy con A = 1, B = 2
e C = la cui soluzione generale stata trovata nel problema 15.2.
Distinguiamo i tre casi a seconda che
= (B A)
2
4AC = 1 4
sia nullo, positivo o negativo.
Caso 1 1 4 = 0. Si hanno due radici coincidenti r = (A B)/2 =
1/2 e la soluzione dunque
v(t) = t
1/2
(c
1
+ c
2
ln t)
La prima condizione al contorno richiede che v(1) = c
1
= 0 e la
seconda che v(2) = (1/

2)c
2
ln2 = 0. Quindi la sola soluzione la
soluzione nulla, che ignoriamo.
326 appunti di metodi matematici della fisica
Caso 2 1 4 > 0. Si hanno due radici reali r
1
e r
2
e la soluzione
v(t) = c
1
t
r
1
+ c
2
t
r
2
.
Dalla prima condizione al contorno si ottiene v(1) = c
1
+ c
2
= 0, cio
c
2
= c
1
che, inserita nella seconda, fornisce v(2) = c
1
(2
r
1
2
r
2
= 0,
la cui soluzione c
1
= 0, essendo 2
r
1
2
r
2
,= 0. Anche in questo caso
la sola soluzione la soluzione nulla, che ignoriamo.
Caso 3 1 4 < 0. Si hanno due radici complesse r
1
e r
2
,
r
1,2
=
(A B) i
_
4AC (B A)
2
2
=
1
2
i

4 1
2
,
e la soluzione
v(t) = c
1
t
1/2
cos
_

4 1
2
ln t
_
+ c
2
t
1/2
sin
_

4 1
2
ln t
_
.
Dalla prima condizione al contorno abbiamo v(1) = c
1
= 0 e dalla
seconda
v(2) =
c
2

2
sin
_

4 1
2
ln2
_
= 0
che soddisfatta se e solo se

4 1
2
ln2 = n , cio 4 1 = 4
_
n
ln2
_
2
n = 1, 2, 3, . . . .
Ne concludiamo che gli autovalori
n
sono

n
=
_
n
ln2
_
2
+
1
4
, n = 1, 2, 3, . . .
e le autofunzioni corrispondenti sono
v
n
(t) = t
1/2
sin
_

4 1
2
ln t
_
= t
1/2
sin
_
n
ln2
ln t
_
Di conseguenza, il problema di Sturm-Liouville di partenza ha i
seguenti autovalori e autofunzioni

n
=
_
n
ln2
_
2
+
1
4
,
y
n
=
1

1 + x
sin
_
n
ln2
ln(1 + x)
_
, n = 1, 2, 3, . . . .
Problema 15.9. (a) Mediante sostituzione
z =

ln2
ln(x +1) , dz =

ln2
dx
1 + x
,
teoria di sturm-liouville 327
si ottiene
y
n
, y
m
=
_
1
0
(1 + x)
1
sin
_
n
ln2
ln(1 + x)
_
sin
_
m
ln2
ln(1 + x)
_
dx
=
ln2

_

0
sin nz sin mzdz =
ln2
2

mn
(b) Si, essendo un problema di Sturm-Liouville regolare. (c)
f (x) =

n=1
c
n
1

1 + x
sin
_
n
ln2
ln(1 + x)
_
dove
c
n
=
2
ln2
_
1
0
1

1 + x
sin
_
n
ln2
ln(1 + x)
_
f (x) dx
(d) Graco delle prime 6 autofunzioni:
n=1
x
y
O 1
n=2
x
y
O 1
n=3
x
y
O 1
n=4
x
y
O 1
n=5
x
y
O 1
n=6
x
y
O 1
Mettendo tutte le onde insieme nello stesso graco (e dilatando la
scala) si pu visualizzare il teorema del confronto di Sturm:
x
y
O 1
Problema 15.10. Lequazione per y unequazione di Eulero-
Cauchy con A = 1, B = 0 e C = la cui soluzione generale stata
trovata nel problema 15.2. Distinguiamo i tre casi a seconda che
= (B A)
2
4AC = 1 4
sia nullo, positivo o negativo.
Caso 1 1 4 = 0. Si hanno due radici coincidenti r = (A B)/2 =
1/2 e la soluzione dunque
y(x) = x
1/2
(c
1
+ c
2
ln x)
328 appunti di metodi matematici della fisica
La prima condizione al contorno richiede che y(0) = 0. Poich
lim
x0
+

x ln x = 0 ,
questa condizione vericata senza dover porre alcun vincolo sulle
costanti c
1
e c
2
. La seconda condizione fornisce y(1) = c
1
= 0. Quindi
= 1/4 un autovalore con autofunzione associata
y
1/4
(x) =

x ln x
Caso 2 1 4 > 0. Si hanno due radici reali r
1
e r
2
,
r
1,2
=
(A B) i
_
4AC (B A)
2
2
=
1
2

1 4
2
=
1
2

_
1
4
,
e la soluzione
y(x) = c
1
x
r
1
+ c
2
x
r
2
.
Dalla prima condizione al contorno si ottiene y(0) = 0, che soddi-
sfatta se entrambe le radici r
1
e r
2
sono positive (se fossero negative,
la soluzione esploderebbe nello 0). La condizione di positivit delle
radici (tenuto conto della positivit di )
1
2

1 4
2
> 0 , 0 < 1 4 < 1, 0 < <
1
4
La condizione al contorno in x = fornisce y(1) = c
1
+ c
2
= 0, da cui
c
2
= c
1
. Ne concludiamo che qualunque valore di nellintervallo
0 < <
1
4
un autovalore con corrispondente autofunzione
y

x
_
x
_
1
4

_
1
4

_
Caso 3 1 4 < 0. Si hanno due radici complesse r
1
e r
2
,
r
1,2
=
(A B) i
_
4AC (B A)
2
2
=
1
2
i

4 1
2
,
e la soluzione
y(x) = c
1
x
1/2
cos
_

4 1
2
ln x
_
+ c
2
x
1/2
sin
_

4 1
2
ln x
_
.
La seconda condizione al contorno fornisce y(1) = c
1
= 0, e la prima
sempre soddisfatta.
Riassumendo, abbiamo trovato che tutti i (0, ) sono autova-
lori. Gli autovalori dono dunque un continuo e non uninnit nume-
rabile. Questo possibile perch lequazione non corrisponde ad un
teoria di sturm-liouville 329
problema di Sturm-Liouville regolare. Nella forma di Sturm-Liouville
lequazione infatti
y
//
= (x)y , (x) =
1
x
2
e (x) non una funzione continua in x [0, 1] (non limitata in 0),
come richiesto per un problema di Sturm-Liouville regolare.
Problema 15.11. Sia L la lunghezza della sbarretta. Posto un
estremo nellorigine e laltro nel punto L dellasse x, lequazione di
evoluzione della sua temperatura u(x,t) lequazione del calore
u
t
= D

2
u
x
2
, 0 < x < L
con condizione iniziale u(x, 0) = f (x). Mediante scelta opportuna
della scala di temperatura, poniamo u(0, t) = 0. Per lestremo in L si
ha la condizione data dalla legge di raffreddamento di Newton
u(L, t) +
u
x
(L, t) = 0
(avendo assorbito in le costanti siche). Per come il problema sta-
to posto, > 0. Riassumendo, il modello matematico della situazione
sica descritta il seguente problema al contorno:
_

_
u
t
= D

2
u
x
2
, 0 < x < L , t > 0
u(x, 0) = f (x) , 0 < x < L
u(0, t) = 0 ,
u
x
(L, t) + u(L, t) = 0 , t > 0
[u(x, t)[ < M
Come gi visto varie volte, per separazione delle variabili u(x, t) =
T(t)y(x) si ottengono le equazioni
T
/
(t) + DT(t) = 0 T(t) = cost.e
Dt
y
//
(x) + y(x) = 0
Le condizioni al contorno per u portano al seguente problema di
Sturm-Liuoville per y
y
//
(x) + y(x) = 0
y(0) = 0 , y
/
(L) + y(L) = 0 ,
la cui soluzione stata trovata nel problema 15.5. Usando la base
di autofunzioni trovate al punto (c) di tale problema, si determina
facilmente
u(x, t) = . . .
16
Integrali di Fourier
Indice
16.1 Dai problemi al contorno agli integrali di Fourier 331
16.2 Integrali di Fourier come limiti di serie di Fourier 336
16.3 Il paradiso degli integrali di Fourier 337
16.4 La trasformata di Fourier di operatori 339
16.5 Autovettori della trasformazione di Fourier 342
16.6 La trasformazione di Fourier in L
2
344
16.7 Trasformate di Fourier di funzioni generalizzate 345
16.8 Applicazioni alle equazioni differenziali e integrali 347
16.9 Applicazioni alla probabilit 352
Tavole di trasformate di Fourier 355
Problemi 357
Soluzioni 360
16.1 Dai problemi al contorno agli integrali di Fourier
Consideriamo il problema al contorno
_

_
u
t
= D

2
u
x
2
, < x < , t > 0
u(x, 0) = f (x) , < x <
lim
[x[
= 0 , t > 0
[u(x, t)[ < M
(16.1)
332 appunti di metodi matematici della fisica
Come abbiamo gi visto varie volte, per separazione delle variabili
u(x, t) = T(t)y(x), si ottengono le equazioni
T
/
(t) + DT(t) = 0 T(t) = cost.e

2
Dt
y
//
(x) +
2
y(x) = 0
Afnch la soluzione sia limitata deve essere
2
> 0. Le due so-
luzioni linearmente indipendenti della seconda equazione sono
y
1
= exp(i[[t) e y
2
= exp(i[[t) . Adesso, a differenza dei pro-
blemi di Sturm-Liouville del capitolo precedente, le condizioni al
contorno non pongono vincoli sugli autovalori: qualunque R va
bene. La soluzione a variabili separate dunque
u

(x, t) = T

(t)y

(x)e

2
Dt
(c
1
()e
i[[x
+ c
2
()e
i[[t
)
Si osservi che queste soluzioni non soddisfano la condizione lim
[x[
=
0. Possiamo per ottenere una soluzione di (16.1) che la soddis,
mediante la seguente sovrapposizione continua di u

(x, t):
u(x, t) =
1

2
_

2
Dt
e
it
g() d
Per tenere conto dei due esponenziali di segno opposto, abbiamo in-
tegrato da a , la funzione g() ingloba quindi i due coefcienti
c
1
() e c
2
(). Il fattore 1/

2 di fronte allintegrale stato inserito


per ragioni di comodit che risulteranno chiare nel seguito.
Al tempo t = 0 deve essere soddisfatta la condizione iniziale, deve
dunque valere la condizione
f (x) =
1

2
_

e
ix
g() d (16.2)
Questa unequazione per lincognita g, data la funzione f . Fourier
risolse questa equazione e trov che la soluzione
g() =
1

2
_

e
ix
f (x) dx (16.3)
La (16.2) e la (16.3) sono dette rispettivamente sviluppo in integrale di
Fourier e trasformata di Fourier della funzione f . La (16.2) anche detta
teorema di inversione di Fourier.
Per incominciare a chiarire il signicato matematico preciso dei
risultati di Fourier, osserviamo, in primo luogo, che gli integrali
(16.2) e (16.3) devono intendersi come integrali impropri di Riemann.
Inoltre, una condizione sufciente per lesistenza della trasformata
di Fourier che f L
1
(R). Infatti, se la funzione f assolutamente
integrabile, allora lintegrale (16.3) convergente. Chiaramente, se si
impongono condizioni sulla f , le propriet di g sono determinate e il
integrali di fourier 333
problema matematico stabilire un insieme minimo di condizioni su
f di modo che valga la (16.2).
Si osservi che se g L
1
(R), allora la formula di inversione si
riconduce al calcolo di una trasformata di Fourier. Dalle (16.2) e
(16.3) segue infatti che se g la trasformata di Fourier di f , allora f
la trasformata di Fourier di g calcolata in x. Questa propriet della
coppia f , g detta relazione di reciprocit.
Esempio 16.1. f (x) = e
ax
2
. Il calcolo gi stato fatto nella sezione
5.9. Usando il metodo della derivazione sotto il segno di integrale,
abbiamo ottenuto
g(y) =
_

e
ax
2
e
iyx
dx =
1

2
_

a
e

y
2
4a
=
1

2a
e

y
2
4a
Verichiamo che vale il teorema di inversione:
1

2
_

e
iyx
g(y) dy =
1

4a
_

y
2
4a
e
iyx
g(y) dy
=
1

4a
_

A
e

x
2
4A
, A =
1
4a
= e
ax
2
Esempio 16.2. f (x) = e
[x[
.
g(y) =
1

2
_

f (x)e
iyx
dx =
1

2
_
0

e
x(1iy)
dx +
_

0
e
x(1+iy)
dx
=
_
2

1
1 + x
2
Se assumiamo che si possa applicare il teorema di inversione, ottenia-
mo
e
[x[
=
1

2
_

g(y)e
ixy
dy =
1

_

0
e
ixy
+ e
ixy
1 + y
2
dy =
2

_

0
cos xy
1 + y
2
dy .
Esempio 16.3. f (x) =
[a,a]
(x), che la funzione che vale 1 se
a < x < a e vale 0 altrimenti. Equivalentemente
f (x) = u(x + a) u(x a)
dove u la funzione scalino unitario.
g(y) =
1

2
_

[a,a]
(x)e
ixy
dx =
1

2
_
a
a
e
ixy
dy
=
1

2
2 sin ay
y
=
_
2

sin ay
y
334 appunti di metodi matematici della fisica
Lultimo esempio mostra che se f L
1
(R), non detto che
g L
1
(R). La dimostrazione del teorema di inversione di Fourier
richiede molta cura. Senza entrare troppo nel dettaglio, cerchiamo di
farci unidea di quali condizioni su f siano richieste.
Incominciamo col riscrivere lintegrale improprio a secondo
membro della (16.2) come limite per M di
I
M
=
1

2
_
M
M
e
ix
g() d.
per (questo signica denirlo come parte principale di Cuchy).
Sostituendo g data dalla (16.3) nellintegrale, otteniamo
I
M
=
1
2
_
_
M
M
_

e
i(xy)
f (y) dy
_
d
Scambiando lordine di integrazione (tenuto conto dellultimo esem-
pio sopra), I
M
diventa
I
M
=
_

_
1
2
_
M
M
e
i(xy)
d
_
f (y) dy =
_

_
sin M(x y)
(x y)
_
f (y) dy
Per determinare il limite lim
M
_

_
Msin(x y)
(x y)
_
f (y) dy, si osservi
che
_

sin Mu
u
du = 1 e che la situazione analoga a quella incon-
trata studiando la convergenza delle serie di Fourier. Vale a dire, si
pu applicare il lemma di Riemann-Lebesque a patto di assumere
che la funzione f (x) sia sufcientemente regolare. Ad esempio, se
essa soddisfa condizioni analoghe a quelle del teorema di Dirichlet
per le serie di Fourier, cio che essa, oltre a essere assolutamente
integrabile, sia generalmente liscia, allora ci aspettiamo che
lim
M
_

_
sin M(x y)
(x y)
_
f (y) dy = f (x)
Questo proprio il teorema di inversione di Dirichlet per gli integrali di
Fourier.
Se denotiamo con C
1
g
(R) lo spazio lineare delle funzioni su tutta la
retta reale generalmente continue con derivata prima generalmente
continua in ogni intervallo nito, il teorema pu essere formulato nel
modo seguente.
Teorema di inversione di Dirichlet. Sia f C
1
g
(R) L
1
(R),
allora esiste
g(y) =
1

2
_

f (x)e
ixy
dx
e nei punti di continuit di f si ha
f (x) =
1

2
_

g(y)e
ixy
dy
Se x un punto di discontinuit di f , allora
1
2
_

g(y)e
ixy
dy =
1
2
_
f (x
+
) + f (x

.
(16.4)
integrali di fourier 335
Esempio 16.4. Il teorema si applica alla funzione f (x) = e
[x[
delle-
sempio 16.2, poich essa assolutamente integrabile, continua e con
derivata generalmente continua. Quindi linversione che l era stata
assunta in effetti giusticata. Il teorema si applica inoltre alla fun-
zione f (x) =
[a,a]
(x) dellesempio 16.1, essendo essa generalmente
liscia. Si ha quindi
1

2
_

_
2

sin ay
y
e
ixy
dy =

sin ay
y
e
ixy
dy =
[a,a]
(x)
per x ,= a. Nei punti a, che sono i punti di discontinuit di f , lo
sviluppo in integrale di f converge al valore 1/2, che la media dei
limiti destro e sinistro della funzione in questi punti.
Notazioni e convenzioni per la trasformata di Fourier Ci
sono varie convenzioni per la trasformata di Fourier. Le convenzioni
pi usate sono le seguenti.
1
g(y) =
_

f (x)e
i2xy
dx f (x) =
_

g(y)e
i2xy
dy
2
F(y) =
_

f (x)e
ixy
dx f (x) =
1
2
_

F(y)e
ixy
dy
3
g(y) =
1

2
_

f (x)e
ixy
dx f (x) =
1

2
_

g(y)e
ixy
dy
Per i valori del dominio della funzione e della sua trasformata si usa-
no spesso le notazioni siche standard. Per esempio, se la variabile
indipendente rappresenta uno spazio, usando la convenzione
2
, si
scrive
f (x) =
1
2
_

F(k)e
ikx
dk , F(k) =
_

f (x)e
ix
dx ,
dove k il numero donda. Lanalogo per per una funzione dipen-
dente dal tempo un tempo
f (t) =
1
2
_

F()e
it
d, F() =
_

f (t)e
it
dt
dove una frequenza. Si osservi che nel caso di funzioni di-
pendenti dal tempo abbastanza comune usare una convenzione
opposta per il segno negli esponenziali e scrivere
f (t) =
1
2
_

F()e
it
d, g() =
_

f (t)e
it
dt .
La ragione di questa convenzione che quando si analizza secon-
do Fourier una funzione nello spazio e nel tempo, si vuole avere la
seguente forma per sviluppo in integrale doppio
f (x, t) =
1
(2)
2
_

F(k, )e
i(kxt)
ddk , (16.5)
336 appunti di metodi matematici della fisica
che pu essere interpretata come una somma continua di treni
donda. Se si fa questa scelta, allora
F(k, ) =
_

f (x, t)e
i(kxt)
dxdt (16.6)
In questo capitolo useremo quasi sempre la
3
. Osserviamo inne
che per la trasformata di Fourier di una funzione f (x) si usano anche
le notazioni

f (y) e (F f )(y). Per mettere in evidenza le variabili
indipendenti in gioco, si usa anche scrivere Ff (x)(y).
16.2 Integrali di Fourier come limiti di serie di Fourier
Lo sviluppo in integrale di Fourier il limite dello sviluppo in serie
di Fourier quando il periodo [L, L] della funzione aumenta a di-
smisura no a ricoprire lintera retta reale R per cui la funzione f (x)
cessa dunque di essere periodica. Mostriamo questo fatto in modo
euristico.
Consideriamo le formule dellanalisi di Fourier per funzioni
periodiche
f (x) = lim
N
N

n=N
c
n
e
i

L
nx
(16.7)
c
n
=
1
2L
_
L
L
f (x)e
i

L
nx
dx (16.8)
Se la funzione f decade in maniera sufcientemente rapida quando
L aumenta, lintegrale a secondo membro della (16.8) converger nel
limite di grandi L, ma il fattore 1/L davanti far tendere a zero le
coordinate di Fourier. Quindi nel limite L la quantit che resta
nita Lc
n
. Allora moltiplichiamo e dividiamo per 2L a secondo
membro della (16.7),
f (x) = lim
N
N

n=N
[2Lc
n
] e
i

L
nx
1
2L
(16.9)
Poniamo y = /L , y
n
= ny = n/L e
y =

L
y
n
= ny =

L
n C(y
n
) = 2Lc
n
Allora la (16.8) e (16.7) diventano
f (x) =
1
2
lim
N
N

n=N
C(y
n
)e
iy
n
x
y (16.10)
C(y
n
) =
_
L
L
f (x)e
iy
n
x
dx (16.11)
integrali di fourier 337
Se adesso passiamo al limite L , riconoscendo a secondo mem-
bro della (16.10) la somma di Riemann di un integrale improprio,
otteniamo
f (x) =
1
2
_

C(y)e
iyx
dy (16.12)
C(y) =
_

f (x)e
iyx
dx (16.13)
Se deniamo g(y) = C(y)/

2, queste equazioni sono proprio le


(16.2) e (16.3).
Si osservi che come per le serie di Fourier, possiamo esprimere lo
sviluppo in integrale di Fourier in termini di funzioni reali: usando la
formula di Eulero per lesponenziale, si ottiene
f (x) =
1
2
_

[Re C(y) + iImC(y)] [cos xy + i sin xy] dy


=
1
2
_

[Re C(y) cos xy ImC(y) sin xy] dy (assumendo f reale)


=
1

_

0
Re C(y) cos xy dy +
1

_

0
ImC(y) sin xy dy .
Allora, introducendo le funzioni
A(y) =
1

Re C(y) =
1
2
_
C(y) + C(y)
_
=
1

f (x) cos xy dx
(16.14)
B(y) =
1

ImC(y) =
1
2
_
C(y) C(y)
_
=
1

f (x) sin xy dx ,
(16.15)
lo sviluppo di f in integrale di Fourier diventa
f (x) =
_

0
[A(y) cos xy dy + B(y) sin xy] dy . (16.16)
Le funzioni A e B sono dette rispettivamente trasformata coseno e
trasformata seno della funzione f . Si osservi che la (16.16) lanalogo
continuo dello sviluppo in serie di Fourier in termini di coordinate di
Fourier a
n
e b
n
reali.
16.3 Il paradiso degli integrali di Fourier
In questa sezione introduciamo uno spazio di funzioni in cui lo svi-
luppo in integrale di Fourier e la trasformata sono ben denite e ne
studieremo alcune propriet.
Diremo buona una funzione f (x) se innitamente differenziabi-
le e se tale che essa e le sue derivate vanno a zero allinnito pi
rapidamente di qualunque potenza negativa di [x[. Ne un esem-
pio paradigmatico la funzione e
x
2
. Diremo che una funzione (x)
338 appunti di metodi matematici della fisica
abbastanza buona se (x) e le sue derivate crescono allinnito (ne-
gativo o positivo) al pi come una qualche potenza positiva di [x[. Si
dimostra facilmente che la derivata di una funzione buona buona
la somma di due funzioni buone ancora una funzione buona.
altrettanto semplice che il prodotto di una funzione buona e di una
funzione abbastanza buona ancora una funzione buona. Linsieme
delle funzioni buone forma dunque uno spazio lineare, che denote-
remo con S(R), in cui ben denito lusuale prodotto scalare L
2
in
quanto S(R) L
2
(R).
Consideriamo adesso loperatore
F : S(R) S(R) , F f (y) =

f (y) =
1

2
_

f (x)e
ixy
dx
Questo operatore detto trasformazione di Fourier e come vedremo nel
seguito pu essere esteso a tutto L
2
(R).
Dimostrazione di (16.17). Dimostriamo
che se f (x) una funzione buona,
allora anche

f (y) lo . Deriviamo

f (y)
p volte. Poich f buona, possiamo
scambiare derivata e integrale

f
(p)
(y) =
_

d
p
dy
p
_
f (x)e
ixy
_
dx
=
_
+

(ix)
p
f (x)e
ixy
dx
Integriamo per parti n volte il secondo
membro (tenendo conto che f si annulla
allinnito) secondo lo schema
_
+

(ix)
p
f (x)
. .
deriviamo
e
ixy
. .
integriamo
dx .
Otteniamo

f
(p)
(y)

_
+

d
n
dx
n
[(ix)
p
f (x)]
1
(iy)
n
e
ixy
dx

1
[y[
n
_
+

d
n
dx
n
[x
p
f (x)]

dx
Quindi

f
(p)
di ordine [y[
n
per ogni
n, cio decresce pi rapidamente di
qualunque potenza negativa di [y[ e
quindi una funzione buona.
Sorprendentemente, le propriet di F in S(R), incluse quelle che
continuano a valere quando F esteso a L
2
(R), sono molto facili da
dimostrare. In questo senso, S(R) il paradiso dellintegrale di
Fourier. Elenchiamo le propriet pi importanti.
(I) La trasformata di Fourier di una funzione buona ancora
buona, ovvero:
Se f S(R), allora anche

f S(R). (16.17)
(II) F un operatore lineare, cio
F(f + g) = F f + Fg ,
per e scalari e f e g funzioni in S(R).
(III) Poich le funzioni in S(R) soddisfano le condizioni del
teorema di inversione di Dirichlet, per f in S(R) si ha
f (x) =
1

2
_

f (y)e
ixy
dy . (16.18)
Essendo

f in S(R), ne segue in particolare che
f = 0 se e solo se

f = 0 (16.19)
In altri termini, F un operatore invertibile in S(R), con
inverso F
1
dato da
F
1
: S(R) S(R) , F
1
g(x) =
1

2
_

g(y)e
ixy
dy
integrali di fourier 339
(IV) F un operatore unitario in S(R), cio
Dimostrazione di (16.20). Laggiunto di
F denito dalla relazione
F

g , f = g , F f
=
_

g(y)
1

2
_

f (x)e
ixy
dxdy
=
_

_
1

2
_

e
ixy
g(y)dy
_
f (x)dx
Quindi
F

g(x) =
1

2
_

e
ixy
g(y)dy
= F
1
g(x)
F

= F
1
(16.20)
Essendo unitario, F conserva la norma, per cui si ha |f |
2
=
|

f |
2
, cio
_

[ f (x)[
2
dx =
_

f (y)[
2
dy (16.21)
questa relazione nota come dentit di Parseval-Plancherel.
(V) Sia I loperatore di inversione, If (x) = f (x). Allora
F
1
= IF (16.22)
Questa la relazione di reciprocit che abbiamo gi menziona-
to: se g la trasformata di Fourier di f , allora f la trasformata
di Fourier di g calcolata in x.
(VI) Dimostrazione di (16.23). Dalla
denizione di trasformata di Fourier,

f (y) =
1

2
_

f (u)e
iuy
du

h(y) =
1

2
_

h(v)e
ivy
dv .
Allora
(2)

f (y)

h(y)
=
_

e
i(u+v)y
f (u)h(v)dudv .
Mediante cambiamento di variabili
(u = u, x = u + v) nellintegrale doppio,
dudv =
(u, v)
(u, x)
dudx ,
dove
(u, v)
(u, x)
=

u
u
u
x
v
u
v
x

1 0
1 1

= 1 ,
si ottiene
(2)

f (y)

h(y)
_

e
i(u+v)y
f (u)h(v)dudv
=
_

e
ixy
f (u)h(v)dudx
=
_

e
ixy
_
_

f (u)h(x u)du
_
dx
=
_

e
ixy
f h(x)dx
=

f h(y) ,
ossia

f h(y) =

f (y)

h(y)
che quanto si voleva dimostrare.
Vale il teorema di convoluzione:
F( f h)(y) =

2F f (y)Fh(y) (16.23)
(Si osservi che se f e h sono buone, anche f h e le sue derivate
hanno decrescenza rapida, e quindi f h una funzione buo-
na.) Si osservi che, essendo la trasformata di Fourier inversa di

f (y) la trasformata di Fourier di



f (y), si avr

2F( f h)(y) = F f Fh(y)


(VII) F
4
= 11, dove 11 loperatore identit. Questo fatto espresso
efcacemente dal seguente diagramma.
f (x)
F


f (y)

_F

f (y)
F
f (x)
16.4 La trasformata di Fourier di operatori
In questa sezione studiamo come la trasformazione di Fourier agisce
su alcuni operatori lineari di interesse nelle applicazioni. Assumere-
mo per semplicit di esposizione che il dominio di questi operatori
sia lo spazio S(R) delle funzioni buone, ma, in molti casi, questa
restrizione pu essere indebolita e richiedere che siano soddisfatte le
condizioni minime afnch gli operatori siano ben deniti in L
2
(R).
Chiariremo meglio questo punto sotto.
Elenchiamo gli operatori lineari che intendiamo considerare e le
loro propriet.
340 appunti di metodi matematici della fisica
(I) Operatore Q che moltiplica una funzione f S(R) per il suo
argomento,
Qf (x) = x f (x) .
Per esempio, se f (x) = e
x
2
, allora Qf = xe
x
2
o se g(k) =
e
k
4
, allora Qg(k) = ke
k
4
. Chiaramente, Q un operatore
lineare. Poich le funzioni buone sono a decrescenza rapida ,
se f buona, anche Qf lo . Chiaramente, afnch Q sia ben
denito in L
2
(R) basta richiedere meno, basta infatti che il suo
dominio siano le funzioni f in L
2
(R) tali che
_

[x f (x)[
2
dx < .
Questo un esemplicazione di che cosa intendevamo sopra
con indebolire la restrizione che le funzioni siano in S(R).
Q auto-aggiunto. Si ha infatti
f , Qg =
_

f (x)xg(x)dx =
_

x f (x)g(x)dx = Qf , g .
(II) Operatore derivata T =
d
dx
che deriva una funzione f S(R),
Tf (x) = f
/
(x) .
Poich le funzioni in in S(R) sono innitamente differenziabili
con derivate a decrescenza rapida, se f in S(R), anche Tf lo
. Come per Q, osserviamo che afnch T sia ben denito in
L
2
, basterebbe richiedere che il suo dominio siano le funzioni f
derivabili e tali che
_

[ f
/
(x)[
2
dx < .
T anti-hermitiano: infatti, mediante integrazione per parti e
tenendo conto dellannullamento allinnito delle funzioni in
S(R) si ottiene
f , Tg =
_

f (x)g
/
(x)dx = f (x)g(x)[

f
/
(x)g(x)dx
= Tf , g .
Lo si trasforma in un operatore autoaggiunto moltiplicandolo
per i (oppure i). In questo modo si ottiene loperatore auto-
aggiunto
T = i
d
dx
integrali di fourier 341
(III) Operatore di traslazione T
b
che trasla di un tratto b (positivo o
negativo) la funzione su cui agisce:
T
b
f (x) = f (x b) .
(Per esempio, la gaussiana e
x
2
centrata nellorigine diventa
la gaussiana e
(xb)
2
spostata di un tratto b a destra, se b >
0.) Vale luguaglianza T
b
= e
ibT
= e
bT
, che pu essere
dimostrata mediante sviluppo in serie di Taylor
e
bT
f =
_

n=0
(bT)
n
n!
_
f (x) =

n=0
f
(n)
(x)
n!
(b)
n
= f (x b)
Consideriamo adesso come la trasformazione di Fourier agisce su
questi operatori calcolando (FAf )(y), dove A uno di tali operatori.
(I) Q
(FQf )(y) =
1

2
_

x f (x)e
ixy
dx = i
d
dy
1

2
_

f (x)e
ixy
dx
= TF f
Quindi FQ = TF, ossia f (x)
Q
x f (x)

F
1

_F

f (y)
T
i

f
/
(y)
FQF
1
= T (16.24)
(II) T
(FTf )(y) =
1

2
_

f
/
(x)e
ixy
dx (integriamo per parti)
=
1

2
_

f (x)(iy)e
ixy
dx = iy
1

2
_

f (x)e
2ixy
dx
= iQF f
Quindi FT = iQF, cio FTF
1
= iQ. In termini sici,
f (x)
T
f
/
(x)

F
1

_F

f (y)
iQ
iy

f (y)
questo signica che la derivazione
d
dx
nel dominio spaziale di-
venta la moltiplicazione per ik nel dominio dei numeri donda.
Se passiamo alloperatore T = iT, la relazione precedente
diventa
f (x)
T
i f
/
(x)

F
1

_F

f (y)
Q
y

f (y)
FTF
1
= Q (16.25)
(III) T
b
(FT
b
f )(y) =
1

2
_

f (x b)e
ixy
dx =
1

2
_

f (u)e
iy(u+b)
du
= e
iyb
_

f (x)e
ixy
dx = e
iyb

f (y) = e
iQb
F f
Quindi FT
b
= e
iQb
F, cio FT
b
F
1
= e
iQb
. Ricordando che
T
b
= e
ibT
, riscriviamo questa formula come
Fe
ibT
F
1
= e
ibQ
, (16.26)
342 appunti di metodi matematici della fisica
cos risulta chiaro che questa formula in effetti una conse-
guenza della (16.25).
Analogamente, si dimostra che per loperatore di modulazio-
ne /
b
f (x) = e
ixb
f (x) = e
ibQ
f (x) si ha
Fe
ibQ
F
1
= e
ibT
= T
b
.
Questa relazione pu essere ottenuta anche direttamente dalla
(16.24).
Passiamo ora brevemente in rassegna come si trasformano altri
operatori che si incontrano nelle applicazioni. Sia

f (x) = f (x) un
cambiamento di scala (che induce, per > 1, una compressione della
funzione, per non fare confusione si tenga a mente lesempio della
gaussiana e
ax
2
, dove aumentare a signica diminuirne lo scarto
quadratico medio, cio restringere la gaussiana). Allora

f (y) =
1

2
_

f (x)e
ixy
dx
=
1

2
_

f (u)e
iuy/
d
u

=
1
[[

f
_
y

_
Quindi, ad una compressione della funzione nel dominio spaziale
corrisponde una dilatazione nel dominio delle frequenze e viceversa
(si pensi al passaggio della luce attraverso una fenditura sottile e allo
sparpagliamento delle frequenze spaziali, cio dei numeri donda,
che ne consegue). Il cambiamento di scala = 1 porta alla pro-
priet di inversione temporale (interpretando x come un tempo) o di
parit (interpretando x come uno spazio): se h(x) = f (x) allora

h(y) =

f (y). Consideriamo inne la coniugazione complessa. Se
h(x) = f (x), allora

h(y) =
1

2
_

f (x)e
ixy
dx =
1

2
_

f (x)e
ixy
dx
=
1

2
_

f (x)e
ix(y
)dx =

f (y) .
In particolare, se f (x) reale si ha

f (y) =

f (y), mentre se f (x)
puramente immaginaria si ha

f (y) =

f (y).
16.5 Autovettori della trasformazione di Fourier
Scopo di questo capitolo mostrare che le funzioni di Hermite
n
sono autovettori della trasformazione di Fourier. Per stabilire questo,
integrali di fourier 343
introduciamo preliminarmente gli operatori
a =
1

2
[Q+ iT] , a

=
1

2
[QiT]
Dalle (16.24) e (16.25) segue che che la trasformata di Fourier agisce
moltiplicamente su di essi:
FaF
1
=
1

2
_
FQF
1
+ iFTF
1
_
=
1

2
[T + iQ] = ia
Fa

F
1
=
1

2
_
FQF
1
iFTF
1
_
=
1

2
[T iQ] = ia

Consideriamo adesso le funzioni

n
(x) =
(a

)
n

n!

0
, n = 0, 1, 2, . . .
0
(x) =
1
4

e
x
2
/2
. (16.27)
Si lascia come esercizio mostrare che queste sono proprio le funzio-
ni di Hermite introdotte nel capitolo precedente. Essendo lisce, ed
avendo un decadimento esponenziale allinnito, le
n
sono funzioni
buone; essendo buone, la loro trasformata di Fourier ben denita.
Calcoliamo F
0
. Trascurando la costante moltiplicativa, otteniamo
F
_
e
x
2
/2
_
=
1

2
_

e
y
2
/2
e
ixy
dy =
1

2
_

1/2
e
x
2
/(4(1/2))
= e
x
2
/2
Ne concludiamo che
0
un autovettore di F con autovalore 1.
Adesso calcoliamo F
n
:
F
(a

)
n

n!

0
=
1

n!
Fa
n
F
1
F
0
=
1

n!
Fa
n
F
1

0
Nel primo passaggio abbiamo inserito lidentit 11 = F
1
F e nel
secondo abbiamo usato il fatto che F
0
=
0
. Essendo
Fa
n
F
1
= Fa

F
1
Fa

F
1
. . . =
_
Fa

F
1
_
n
e Fa

F
1
= (i)a

, ne concludiamo che
Fa
n
F
1

0
= (i)
n
a
n

0
,
da cui
F
n
=
1

n!
(i)
n
a
n

0
= (i)
n

n
(16.28)
Abbiamo cos dimostrato che le funzioni
n
sono autovettori di F
con autovalori (i)
n
= e
in/2
, n = 0, 1, 2, . . .. Che questi siano
gli autovalori non deve sorprendere: poich F
4
= 11, gli autovalori
di F sono radici quarte dellunit, che sono proprio 1, i = e
i/2
,
1 = e
i2/2
e i = e
i3/2
.
344 appunti di metodi matematici della fisica
16.6 La trasformazione di Fourier in L
2
Incominciamo col dimostrare il teorema (15.56) del capitolo prece-
dente che afferma che le funzioni di Hermite formano una base in
L
2
(R).
Dalla sezione 14.2 ricordiamo che un sistema ortogonale com-
pleto se e solo se chiuso. E un sistema ortogonale chiuso se non
esiste alcun vettore non nullo nello spazio di Hilbert che sia ortogo-
nale a tutti gli elementi del sistema. Allora, essendo le funzioni di
Hermite della forma (15.54), sufciente mostrare che se
_

e
x
2
/2
x
n
f (x)dx = 0 , n = 0, 1, 2, 3, . . .
allora f (x) deve essere la funzione nulla. Consideriamo la funzione
F(z) =
1

2
_

e
x
2
/2
f (x)e
izx
dx
come funzione della variabile complessa z. Lintegrale converge
Norbert Wiener (18941964) stato
un matematico americano. Bambino
prodigio, divenne poi un matematico
che contribu signicativamente allo
sviluppo della matematica applicata
nel XX secolo (dalla teoria dei processi
stocastici allingegneria elettronica e
delle telecomunicazioni). il padre
della cibernetica e della teoria del con-
trollo; sua la formalizzazione della
nozione di feed-back. In sica teorica
noto per la misura di Wiener, che si
applica alla teoria del moto browniano
e alla integrazione lungo cammini di
Feynman.
assolutamente e uniformemente in ogni regione nita del piano
complesso. Quindi F(z) non ha singolarit e deve essere una fun-
zione intera. In altre parole, possiamo rappresentare F(z) in serie di
potenze,
F(z) =

n=0
c
n
z
n
e il raggio di convergenza della serie deve essere innito. Allora
c
n
=
1
n!
F
(n)
(0) =
(i)
n
n!

2
_

e
x
2
/2
x
n
f (x)dx = 0
per ipotesi. Ne segue che
F(z) = 0
Poich in S(R) la trasformata di Fourier inversa della funzione nulla
nulla si ha
e
x
2
/2
x
n
f (x) = 0 = f (x) = 0 ,
che proprio quel che occorreva dimostrare per dimostrare che le
funzioni di Hermite formano un sistema ortogonale chiuso.
Le funzioni di Hermite formano dunque una base ortonormale in
L
2
(R). Risulta cos stabilita lequivalenza unitaria di L
2
(R) e
2
nello
stesso senso in cui il sistema trigonometrico permette di stabilire
lequivalenza unitaria tra L
2
(T) e
2
.
Sfruttando questo risultato, siamo in grado di stabilire che lopera-
tore F si estende da S(R) ad un operatore unitario in L
2
(R). Questo
un risultato che che Norbert Wiener ottenne negli anni 30 del secolo
scorso (nalmente un po di matematica del 900!). Ecco le tappe della
dimostrazione:
integrali di fourier 345
(a) Il sistema delle funzioni di Hermite
n
n = 0, 1, 2, . . . una
base ortonormale in L
2
(R).
(b) Quindi qualunque funzione in L
2
(R) pu essere decomposta
nella base
n
:
f =

n=0

n
, f
(c) La (16.28) fornisce lazione di F sui vettori della base
n
:
F
n
= (i)
n

n
= e
ni

2

n
(d) Quindi F pu essere estesa per linearit a tutto lo spazio L
2
(R):
F f = F

n=0

n
, f =

n=0
(F
n
)
n
, f =

n=0
e
ni

2

n

n
, f
Fine. (La dimostrazione appare molto semplice perch tutti i passi
sono gi stati fatti nelle sezioni precedenti).
Risulta cos stabilit lidentit di Parseval-Plancherel per tutte le
funzioni in L
2
(R). E risulta cos anche stabilito il seguente sviluppo
in serie dellintegrale di Fourier:
F f (k) =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =

n=0
c
n

n
(k)e
ni

2
dove c
n
=
n
, f
16.7 Trasformate di Fourier di funzioni generalizzate
La trasformata di Fourier

f (y) della funzione generalizzata f (x)
denita dalla successione

f
n
(y), dove

f
n
(y) la trasformata di Naturalmente, occorre mostrare che
questa denizione consistente, ma
questo presto fatto: dallidentit di
Parseval-Plancherel si ottiene
_

f
n
(y)

F(y)dy =
_

f
n
(x)F(x)dx
per ogni funzione F buona con trasfor-
mata di Fourier

F (che sar anchessa
buona). Quindi se f
n
regolare anche

f
n
lo . Inoltre, a successioni equivalenti
che deniscono f , corrisponderanno
successioni equivalenti che deniscono
la stessa

f .
Fourier di f
n
(y), e f
n
(y) una successione (regolare) che denisce
f (x).
Lesempio paradigmatico di funzione generalizzata la delta di
Dirac che denita, ad esempio, dalla successione (regolare)

n
(x) =
_
n

e
nx
2
, n = 1, 2, 3, . . . . (10.7)
La trasformata di Fourier di
n
(x)

n
(y) =
_
n

2n
e
y
2
/(4n)
=
1

2
e
y
2
/(4n)
che una successione (regolare) che converge alla la funzione
1

2
.
Quindi,
F() =

(y) =
1

2
(16.29)
346 appunti di metodi matematici della fisica
Viceversa,
F(1) =

1(y) =

2(y) (16.30)
Le propriet della trasformata di Fourier di funzioni buone si
estendono alle funzioni generalizzate. Vediamone alcuni esempi di
rappresentazioni di Fourier di funzioni generalizzate che sono utili
nelle applicazioni.
Esempio 16.5. Per quanto visto sopra

(y) =
1

2
_

(x)e
ixy
dx =
1

2
,
dunque
(x) =
1

2
_

2
e
ixy
dy =
1
2
_

e
ikx
dk (16.31)
Esempio 16.6. Dalla (16.31), per x ax:
(ax) =
1
2
_

e
ikax
dk =
1
2[a[
_

e
ikx
dk =
1
[a[
(x) (16.32)
Esempio 16.7. Dalla (16.31), per x x b:
(x b) =
1
2
_

e
ik(xb)
dk =
1
2
_

e
ikx
e
ibk
dk (16.33)
Ne segue che
F(x b)(k) =
1

2
e
ibk
Esempio 16.8.
1
2
_

cos(ak)e
ikx
dk =
1
2
_

e
ika
e
ika
2
e
ikx
dk =
1
2
[(x + a) + (x a)]
Esempio 16.9. Sia
#
T
(t) =

n=
(t nT) il pettine di Dirac (10.25) di
periodo T. Allora la sua trasformata di Fourier

#
T
() = F
_

n=
(t nT)
_
=

n=
F(t nT)
=
1

n=
e
inT
=
1

2
lim
N
N

n=N
e
in
, dove = T
Ma
N

n=N
e
in
= 1 +2
N

k=1
cos(k) = D
N
()
integrali di fourier 347
il nucleo di Dirichlet introdotto nella sezione 10.6. Nel limite N
, esso converge a
#
() =

n=
( 2n). Allora

#
T
() =
1

n=
e
inT
=
1

2
(2)

n=
(T 2n)
=

2
T

n=
( n
2
T
)
Morale: la trasformata di Fourier di un pettine di Dirac ancora un
pettine di Dirac.
16.8 Applicazioni alle equazioni differenziali e integrali
Si possono usare le trasformate e gli sviluppi in integrali di Fourier
per risolvere vari problemi di matematica applicata e di sica.
Equazioni alle derivate parziali Illustriamo il metodo della
trasformata di Fourier per risolvere equazioni alle derivate parziali
facendo riferimento allequazione del calore. Lo schema di soluzione
il seguente:
u(x, t)
t
= D

2
u(x, t)
x
2

soluzione
u(x, t) =
1

2
_

f (k)e
Dk
2
t
e
ikx
dk

_F

F
1
d u(k, t)
dt
= Dk
2
u(k, t)
soluzione
u(k, t) =

f (k)e
Dk
2
t
Essendo u(k, t) della forma u(k, t) =

f (k)

h
t
(k), possiamo applicare il
teorema di convoluzione (16.23) e concludere che
u(x, t) =
1

2
h
t
f (x) =
1

2
_

h
t
(x y) f (y)dy (16.34)
Poich
F
1
e
Dk
2
t
(x) =
1
2Dt
e
x
2
/(4Dt)
,
otteniamo
u(x, t) =
1

4Dt
_

e
(xy)
2
/(4Dt)
f (y)dy
che proprio la soluzione (11.7) che avevamo anticipato nel capito-
lo 11.
La caratteristica principale di questo schema che una equazione
alle derivate parziali lineare viene trasformata in una equazione alle
348 appunti di metodi matematici della fisica
derivate ordinarie lineare:
Eq. der. parz.
soluzione
u(x, t) =
1

2
_

h
t
(x y) f (y)dy

_F

F
1
Eq. der. ord.
soluzione
u(k, t) =

f (k)

h
t
(k)
Lo schema di soluzione mediante trasformata di Fourier dunque
del tipo
Equazione per y
soluzione
y

_F

F
1
Equazione per y
soluzione
y
(16.35)
e si applica ad altre equazioni alle derivate parziali lineari e a certe
equazioni integrali e equazioni alle derivate ordinarie lineari.
Equazioni integrali Unequazione integrale unequazione in
cui la funzione incognita appare sotto il segno di integrale, come, per
esempio nellequazione
y(x) = f (x) +
_

k(x, u)y(u) du , (16.36)


dove f (x) e k(x, u) sono funzione assegnate e y(x) lincognita. La
(16.36) un esempio di equazione integrale lineare non omogenea,
lequazione essendo omogenea quando f (x) = 0. La funzione k(x, u)
solitamente chiamato nucleo.
Lo schema di soluzione (16.43) appropriato quando il nucleo
della forma K(x, u) = g(x u), dove g una data funzione di una
variabile. Essendo in questo caso lintegrale un prodotto di convolu-
zione, per trasformazione di Fourier diventa un prodotto ordinario e
lequazione integrale unequazione algebrica che pu essere facilmen-
te risolta. Pi precisamente, si consideri unequazione integrale della
forma
y(x) = f (x) +
_

g(x u)y(u) du , , (16.37)


e si supponga che le trasformate di Fourier

f (k), g(k) e y(k) esista-
no. Prendendo allora la trasformata di Fourier di ambo i membri
dellequazione, per il teorema di convoluzione, si ottiene
y(k) =

f (k) +

2 g(k) y(k) y(k) =

f (k)
1

2 g(k)
,
da cui segue la soluzione, espressa come integrale di Fourier,
y(x) = F
1
_

f (k)
1

2 g(k)
_
=
1

2
_

_

f (k)
1

2 g(k)
_
e
ikx
dk ,
integrali di fourier 349
assumendo che lintegrale esista. In alcuni casi si riesce a calcolare
lintegrale e ad esprimerlo mediante funzioni elementari.
Equazioni alle derivate ordinarie omogenee Si consideri
lequazione differenziale
y
//
(x) = xy(x) . (16.38)
La soluzione si ottiene facilmente seguendo le frecce nello schema
sotto, partendo da y
//
(x) = xy(x) e muovendosi in senso antiorario.
y
//
(x) = xy(x)
soluzione
y(x) = C
1

2
_

e
ik
3
/3
e
ikx
dk

_F

F
1
k
2
y(k) = iy
/
(k)
soluzione
Ce
ik
3
/3
(16.39)
Le soluzioni dellequazione (16.38) sono dette funzioni di Airy,
dal nome dellastronomo inglese George Airy (180192). Questa
equazione compare in vari problemi di problemi di astronomia, ot-
tica e meccanica quantistica. Qualche commento sembra dunque
opportuno.
In primo luogo, notiamo che si pu esprimere la soluzione
C
1

2
_

e
ik
3
/3
e
ikx
dk
in termini di quantit reali usando la formula di Eulero per lespo-
nenziale complesso e scegliere la costante moltiplicativa a nostro
piacimento (fatta una scelta, si ottengono per moltiplicazione per
una costante tutte soluzioni linearmente indipendenti. Dopo aver
osservato che lintegrale con il seno si annulla, si arriva a
1
2
_

e
ik
3
/3
e
ikx
dk =
1

_

0
cos
_
kx
k
3
3
_
dk Ai(x) .
Lintegrale che denisce la funzione Ai(x) detto integrale di Airy.
facile vedere che le soluzioni delle equazioni
y
//
=
2
xy e y
//
= xy Ey
sono pure funzioni di Airy che argomenti riscalati o traslati e quindi
i limiti di grandi [x[, grandi o grandi [E[ sono essenzialmente la
stessa cosa. La funzione Ai(x) decade rapidamente per x , ma
tutte le soluzioni linearmente indipendenti da Ai(x) crescono rapida-
mente in tale limite, e una di loro convenzionalmente denominata
Bi(x). Per x sia Ai(x) sia Bi(x) hanno un andamento oscillatorio
con un decadimento lento, come le funzioni di Bessel.
350 appunti di metodi matematici della fisica
Essendo lequazione differenziale y
//
(x) = xy(x) del secondo
ordine, la soluzione deve dipendere da due costanti arbitrarie, ma noi
ne abbiamo trovato una sola. Come mai? La ragione la seguente.
Poich Bi(x) cresce rapidamente allinnito, la sua trasformata di
Fourier mal denita e dunque non la si pu vedere con il metodo
della trasformata di Fourier.
Unaltra cosa inizialmente sconcertante dellintegrale di Airy che
pu sembrare che esso diverga allinnito. Ricordiamo che una serie

n=1
e
i
n
, con
n
reale, deve divergere, in quanto i termini non ten-
dono a zero (se non nel senso esteso in cui tale serie pu convergere
a una funzione delta di Dirac, per esempio). Tuttavia, un integrale
improprio pu convergere anche se lintegrando mantiene modulo 1,
proprio perch la velocit di oscillazione aumenta quando k
(per maggiori dettagli, si rileggano i commenti fatti a pag. 117). Nel
caso in esame, questo pu essere controllato mediante integrazione
per parti per ridurre la formula ad un integrale con un termine k
3
nel
denominatore pi altri termini manifestamente niti.
Figura 16.1: Funzioni di Airy.
Equazioni alle derivate ordinarie non omogenee Consi-
deriamo lequazione non omogenea y
//
(t) + y(t) = f (t). Ricor-
diamo che data una soluzione particolare dellequazione, possibile
ottenere unaltra soluzione aggiungendo una soluzione dellequa-
zione omogenea. Quindi la soluzione pi generale dellequazione
non omogenea pu essere scritta come una somma di una soluzione
omogenea e una soluzione particolare. Si pu trovare una soluzione
particolare di y
//
+ y = f (t) mediante metodi ben noti noti quan-
do f un polinomio o una funzione esponenziale, ma tali metodi
integrali di fourier 351
non funzionano per classi pi generali di funzioni. Il metodo della
trasformata di Fourier (16.43) invece permette di trovare una solu-
zione particolare sotto la sola ipotesi che la trasformata di Fourier
di f esista. La trasformata dellequazione
2
y + y =

f , per cui
y =

f /(1 +
2
). Dunque,
y(x) = F
1
_

f (k)
1 +
2
_
(x) =
1

2
_

F
1
_
1
1 +
2
_
(x u) f (u)du
=
1

2
_

2
_

e
[tu[
f (u)du =
1
2
_

e
[tu[
f (u)du
Allora, essendo la soluzione dellomogenea y
o
= c
1
e
t
+ c
2
e
t
m la
soluzione generale di y
//
(t) + y(t) = f (t)
y = c
1
e
t
+ c
2
e
t
+
1
2
_

e
[tu[
f (u)du .
Le costanti arbitrarie c
1
e c
2
risultano ssate dai dati iniziali o dalle
condizioni al contorno. Se, per esempio, si ha un problema di Sturm-
Liouville con condizioni allinnito lim
[x[
y(t) = 0, allora c
1
=
c
2
= 0.
Esempio 16.10. Si consideri lequazione lineare, non omogenea e a
coefcienti costanti delloscillatore armonico smorzato con costante di
smorzamento > 0, frequenza naturale
0
e forza esterna f (t): N. B. Per risolvere questo esercizio
usiamo la convenzione
f (t) =
1
2
_

f ()e
it
d,

f () =
_

f (t)e
it
dt .
y
//
(t) +2y(t) +
2
0
y(t) = f (t) . (16.40)
Troviamone una soluzione particolare, applicando lo schema (16.43).
Allora
y
//
(t) +2y
/
(t) +
2
0
y(t) = f (t)
F

2
y() i2 y +
2
0
y =

f () .
Lequazione algebrica per y si risolve immediatamente,
()
2
y i2 y +
2
0
y =

f ()
soluzione
y =

f ()

2
0
+
2
+ i2
e a questo punto si risale:
y() =

f ()

2
0
+
2
+ i2
F
1
y(t) =
1

2
_

f ()

2
0
+
2
+ i2
_
e
it
d
La funzione 1/(
2
0
+
2
+ i2) nota come funzione di risposta
complessa del sistema. Si osservi che se sappiamo calcolare
K(t) =
1
2
_

e
it

2
0
+
2
+ i2
d, (16.41)
allora
y(t) =
_

K(t u) f (u)du. (16.42)


352 appunti di metodi matematici della fisica
Si tratta adesso di capire che soluzione abbiamo trovato. noto
che la soluzione dellomogenea associata della (16.40) decade rapi-
damente nel tempo, ma (come si pu dimostrare) non cos per la
soluzione che abbiamo trovato. Essa rappresenta dunque una solu-
zione particolare che descrive il comportamento a regime del sistema.
Per maggiori dettagli si veda lesempio 19.7 pi avanti.
16.9 Applicazioni alla probabilit
Supponete di lanciare due dadi. La probabilit che la somma sia 7
p(7) = p(1)p(7 1) + p(2)p(7 2) + . . . + p(6)p(7 6)
Questa regola di calcolo del tutto generale: la distribuzione di pro-
babilit della somma di due variabili casuali indipendenti X e Y, con
distribuzioni di probabilit f (x) e g(y) rispettivamente, il prodotto
di convoluzione
f g(x) =
_
f (x)g(x y)dy .
Quel che vale per due, vale per N: Se N variabili casuali indipen-
denti X
1
, . . . X
N
hanno distribuzioni di probabilit f
1
(x
1
), . . . , f
N
(x
N
),
la distribuzione della somma S
N
= X
1
+X
2
+ . . . +X
N

f
1
. . . f
N
(x)
Per semplicit, assumeremo che le variabili X
1
, . . . X
N
siano iden-
ticamente distribuite, cio che abbiano tutte la stessa distribuzione di
probabilit f (x), e che f (x) sia a media zero, cio
_

x f (x)dx =
m = 0 . Allora la distribuzione di S
N

f . . .
. .
N volte
f (x) = f
N
(x)
Se si moltiplica per il numero una variabile casuale X con distri-
buzione f (x), e ottenendo cos la variabile casuale Y = X, allora la
distribuzione di Y (1/) f (x/). Consideriamo la variabile casuale
Z
N
=
X
1
+ . . . + X
N

N
.
Allora la sua distribuzione di probabilit
g
N
(z) =

Nf
N
(

Nz)
Per determinare landamento asintotico per N grande di g
N
(z), con-
sideriamo la sua trasformata di Fourier, usando per comodit la
integrali di fourier 353
convenzione
2
,
g
N
(k) =
_

g
N
(z)e
ikz
dz =
_

Nf
N
(

Nz)]e
ikz
dz
=
_

f
N
(x)e
ikx/

N
dx =

f
_
k

N
_
N
Poich siamo interessati al limite di N grande di g
N
(k), studiamo
lasintotica del suo logaritmo
ln g
N
(k) = Nln

f
_
k

N
_
.
Sviluppiamo in serie largomento del logaritmo:
ln g
N
(k) = Nln
_

f (0) +

f
/
(0)
k

N
+
1
2

f
//
(0)
k
2
N
+ . . .
_
e notiamo che

f (0) =
_

f (x)e
ikx
dx

k=0
=
_

f (x)dx = 1 (perch una distribuzione di probabilit)

f
/
(0) =
_

f (x)(ix)e
ikx
dx

k=0
= i
_

x f (x)dx = im = 0 ( media zero per ipotesi)

f
//
(0) =
_

f (x)(x
2
)e
ikx
dx

k=0
=
_

x
2
f (x)dx =
2
(varianza) .
Allora
ln g
N
(k) = Nln
_
1
1
2

2
k
2
N
+ . . .
_
N
_

1
2

2
k
2
N
+ o
_
1
N
__
.
Quindi, nel limite N ,
g
N
(k) g(k) = e

1
2

2
k
2
che la trasformata di Fourier di
g(z) =
1

2
2
e

z
2
2
2
.
la distribuzione normale A(m,
2
) con media m = 0 e varianza
2
.
Facciamo il punto con il seguente schema.
lim
N
g
N
(z)
=
A(0,
2
)

_F

F
1
lim
N
g
N
(z)
=
e

1
2

2
k
2
(16.43)
Risulta cos dimostrato il teorema del limite centrale per variabili
casuali indipendenti e identicamente distribuite. Il teorema resta
354 appunti di metodi matematici della fisica
valido (e sempre di facile dimostrazione) quando questultima con-
dizione (ma non la condizione di indipedenza) viene abbandonata.
Una conseguenza immediata di questo teorema la legge dei grandi
numeri, che stabilisce che la distribuzione di S
N
tende a concentrarsi
nel valor medio della distribuzione di probabilit delle singole va-
riabili. Si osservi che il teorema del limite centrale pi informativo
della legge dei grandi numeri: ci dice che le uttuazione statistiche
attorno allo zero sono di ordine 1/

N e la loro statistica data dalla


distribuzione normale.
integrali di fourier 355
Tavole di Trasformate di Fourier
Tavola per la
2
. Nella tavola a > 0 dovunque appare e u la funzione scalino unitario.
f (x) =
1
2
_

F(k)e
ikx
dk F(k) =
_

f (x)e
ikx
dx
(F
2
1) e
ax
u(x)
1
a+ik
(F
2
2) e
ax
u(x) + e
ax
u(x)
2a
a
2
+k
2
(F
2
3) e
ax
u(x) + e
ax
u(x)
2ik
a
2
+k
2
(F
2
4)
_

_
a se L < x < 0
b se 0 < x < M
0 altrimenti
1
ik
_
(b a) + ae
ikL
be
ikM
_
(F
2
5) u(x + a) u(x a)
2
k
sin(ak)
(F
2
6) f (x x
0
) e
ikx
0
F(k)
(F
2
7) e
ik
0
x
f (x) F(k k
0
)
(F
2
8) f (x)
1
[[
F(
k

)
(F
2
9) f (x) F(k)
(F
2
10) F(x) 2f (k)
(F
2
11) e
a[x[ 2a
a
2
+k
2
(F
2
12) e
ax
2
_

a
e

k
2
4a
(F
2
13)
1
a
2
+x
2

a
e
a[k[
(F
2
14) f
(n)
(x) (n = 0, 1, 2, 3, ...) (ik)
n
F(k)
(F
2
15) x
n
f (x) (n = 0, 1, 2, 3, ...) i
n
F
(n)
(k)
(F
2
16)
_

f (u)g(x u)du F(k)G(k)


(F
2
17) f (x)g(x)
1
2
_

F(v)G(k v)dv
(F
2
18) (x) 1
356 appunti di metodi matematici della fisica
Tavola per la
3
.
f (x) =
1

2
_

g(k)e
ikx
dk

f (k) =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx
(F
3
1) e
ax
u(x)
1

2
1
a+ik
(F
3
2) e
ax
u(x) + e
ax
u(x)
_
2

a
a
2
+k
2
(F
3
3) e
ax
u(x) + e
ax
u(x)
_
2

ik
a
2
+k
2
(F
3
4)
_

_
a se L < x < 0
b se 0 < x < M
0 altrimenti
1

2
1
ik
_
(b a) + ae
ikL
be
ikM
_
(F
3
5) u(x + a) u(x a)
_
2

sin ak
k
(F
3
6) f (x x
0
) e
ikx
0
f (k)
(F
3
7) e
ik
0
x
f (x)

f (k k
0
)
(F
3
8) f (x)
1
[[

f (
k

)
(F
3
9) f (x)

f (k)
(F
3
10)

f (x) f (k)
(F
3
11) e
a[x[
_
2

a
a
2
+k
2
(F
3
12) e
ax
2
1

2a
e

k
2
4a
(F
3
13)
1
a
2
+x
2

2
e
a[k[
(F
3
14) f
(n)
(x) (n = 0, 1, 2, 3, ...) (ik)
n

f (k)
(F
3
15) x
n
f (x) (n = 0, 1, 2, 3, ...) i
n

f
(n)
(k)
(F
3
16)
_

f (u)g(x u)du

2

f (k) g(k)
(F
3
17) f (x)g(x)
1

2
_

F(v)G(k v)dv
(F
3
18) (x)
1

2
integrali di fourier 357
Problemi
Problema 16.1. Dimostrare che
F
2
= I
dove If (x) = f (x).
Problema 16.2. Dimostrare che :
(a) f pari se e solo se F
2
f = f
(b) f dispari se e solo se F
2
f = f
(c) F
4
f = f per ogni funzione f (su cui F
denita).
(d) La trasformata di Fourier di una funzione reale
pari reale.
(e) La trasformata di Fourier di una funzione reale
dispari immaginaria.
(f) La trasformata di Fourier di una funzione pari
pari e di una funzione dispari dispari.
Problema 16.3. Calcolare la trasformata di
Fourier di
f (x) =
_
1 se [x[ < 1
0 altrimenti
Problema 16.4. Usare la relazione di reci-
procit e il problema precedente per calcolare la
trasformata di Fourier di
f (x) =
_
2

sin ax
x
Problema 16.5. Usare il problema precedente
per mostrare che
_

0
sin x cos x
x
dx =

4
Problema 16.6. Usare i due problemi precedenti
per mostrare che
_

0
sin
2

2
d =

2
Problema 16.7. Calcolare la trasformata di
Fourier della funzione f (x) = e
a[x[
dove a > 0.
Problema 16.8. Per a e x positivi, ottenere la
formula
e
ax
=
2a

_

0
cos kx
a
2
+ k
2
dk .
Problema 16.9. Si consideri la funzione
(generalizzata) segno
sgn (x) =
_

_
1 se x > 0
0 se x = 0
1 se x < 0
e si stabilisca luguaglianza
2

_

0
sin xt
t
dt = sgn (x)
Problema 16.10. Calcolare le trasformate di
Fourier delle seguenti funzioni:
(I)
f (x) =
_
e
x
se x > 0
0 altrimenti
(II)
f (x) =
_
_
2

_
1
[x[
2
_
se [x[ < 2
0 altrimenti
Problema 16.11. Sia
f (x) =
_
1 se [x[ < 1
0 altrimenti
(a) Calcolare la trasformata di Fourier di g = f f .
(b) Calcolare f f .
Problema 16.12. Usare il principio di reciprocit
e le propriet della trasformata di Fourier (che cosa
diventano nel dominio delle frequenze operazioni
come derivate, traslazione, cambiamento di scala
etc.) per ricondursi ad trasformate note e calcolare
le trasformate di Fourier delle seguenti funzioni:
(I)
1
1 + x
2
(II)
a ix
a
2
+ x
2
358 appunti di metodi matematici della fisica
(III)
x
1 + x
2
(IV)
e
2x
2
+2x
(V)
e

1
2
x
2
+2
(VI)
xe
x
2
(VII)
x
2
e
[x[
(VIII)
xe

1
2
(x1)
2
Problema 16.13. Si supponga che f sia una
funzione pari assolutamente integrabile e sia
h(x) = sin(ax). Dimostrare che per tutti i numeri
reali a si ha
f h(x) =

2 sin(ax)

f (a) .
Problema 16.14. Trovare la soluzione generale di
y
//
(x) + y
/
(x) + xy(x) = 0
Problema 16.15. Risolvere lequazione integrale
_

f (t u) f (u)du =
1
a
2
+ t
2
Problema 16.16. Risolvere lequazione integrale
_

f (t u) f (u)du = e
t
2
Problema 16.17. Risolvere lequazione integrale
_

f (x u) f (u)du +2f (x) =


4x
2
+10
(x
4
+5x
2
+4)
Problema 16.18. Risolvere lequazione integrale
(x) +
_

0
(x y)e
y
dy =
1
1 + x
2
Problema 16.19. Risolvere lequazione mista
(differenziale a alle differenze nite)
f
/
(x) + f (x) + f (x +1) =
1
1 + x
2
Problema 16.20. Risolvere
_

2
u
tx
=

2
u
x
2
< x < , t > 0
u(x, 0) =
_

2
e
[x[
Problema 16.21. Risolvere
_

2
u
t
2
=

2
u
x
2
< x < , t > 0
u(x, 0) =
1
1 + x
2
u
t
(x, 0) = 0
Problema 16.22. Risolvere
_

_
u
t
=
1
4

2
u
x
2
< x < , t > 0
u(x, 0) = e
x
2
Problema 16.23. Risolvere
_

2
u
t
2
= c
2

2
u
x
2
< x < , t > 0
u(x, 0) =
_
2

sin x
x
u
t
(x, 0) = 0
Problema 16.24. Si assuma che f (x) abbia
trasformata di Fourier (per esempio, sia buona).
Risolvere
_

_
u
t
= D

2
u
x
2
+ K
u
x
< x < , t > 0
u(x, 0) = f (x)
Questo problema fornisce un modello del trasfe-
rimento di calore in una sbarra lunga e sottile che
scambia calore con lambiente esterno. Questo fe-
nomeno chiamato convezione e K una costante
postiva chiamata coefciente di convezione.
Problema 16.25. Si assuma che f (x) abbia
trasformata di Fourier (per esempio, sia buona).
Risolvere
_

_
u
t
= a

3
u
x
3
< x < , t > 0
u(x, 0) = f (x)
Questa equazione nota come equazione di
Kortewegde Vries linearizzata.
integrali di fourier 359
Problema 16.26. Equazione del calore con diffusivit
termica non costante. Risolvere
_

_
u
t
= at

2
u
x
2
< x < , t > 0
u(x, 0) = f (x)
Esprimere la soluzione come una convoluzione.
Problema 16.27. Risolvere
_

_
u
t
= e
t

2
u
x
2
< x < , t > 0
u(x, 0) = f (x)
Problema 16.28. Si risolva lequazione del calore
per una sbarra sottile innitamente lunga di diffusi-
vit termica costante D e con distribuzione iniziale
di temperatura f (x) = T
0
per x > 0 e 0 altrimenti. Si
mostri che la temperatura u data da
u(x, t) =
T
0
2
_
1 +erf
_
x
2

Dt
__
dove
erf(x) =
2

_
x
0
e
y
2
dy
Problema 16.29. Equazione del calore per una
sbarra semi-innita. Risolvere
_

_
u
t
= D

2
u
x
2
0 < x < , t > 0
u(x, 0) = f (x) x > 0
u(0, t) = 0 t > 0
Problema 16.30. Usare il metodo della trasfor-
mata di Fourier per dimostrare che la soluzione del
problema al contorno (11.1),
_

_
1
v
2

2
u
t
2


2
u
x
2
= 0 , < x < , t > 0
u(x, 0) = q(x) ,
t
u(x, 0) = p(x) ,

u(x, t) =
1
2
[q(x vt) + q(x + vt)] +
1
2v
_
_
x+vt
xvt
p(x) dx
_
.
Problema 16.31. Lequazione di Schrdinger

h
2
2m
d
2
(z)
dz
2
+ ecz(z) = E(z)
per una particella in un campo elettrico costante c
nella direzione z (e quindi con energia potenziale
U = ecz) di interesse in molti campi:
nello studio del tunneling in transistor MOS;
usata per studiare modulatori a
semi-conduttore ottici;
sostanzialmente, compare in qualunque situazio-
ne in cui si vuole comprendere come un elettrone
risponde ad un campo esterno.
Mostrare che mediante cambiamento di variabili
x =
_
2me
h
2
_
1/3
_
z
E
ec
_
, y(x) = (z) ,
lequazione di Schrdinger diventa lequazione di
Airy y
//
= xy e che, se si scartano le soluzioni che
divergono allinnito, la sua soluzione

E
(z) = Ai
_
_
2me
h
2
_
1/3
_
z
E
ec
_
_
per ogni autovalore E reale (il che signca che lo
spettro dellHamiltoniana non discreto, ma conti-
nuo). Analizzare qualitativamente le autofunzioni
per E > U e E < U.
360 appunti di metodi matematici della fisica
Soluzioni
Problema 16.1. Usiamo la convenzione
3
F f (k) =

f (k) =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx , F
1

f (x) = f (x) =
1

2
_

f (k)e
ikx
dk
Allora
F f (x) =
1

2
_

f (y)e
iyx
dy =
1

2
_

f (y)e
iy(x)
dy = F
1
f (x)
Quindi
F
2
f = FF
1
f (x) = f (x)
Problema 16.2.
(a) f pari signica f (x) = f (x). Se f pari allora F
2
f = f (x) =
f (x). Se F
2
f (x) = f (x) allora f (x) = f (x).
(b) f dispari signica f (x) = f (x). Come prima, F
2
f (x) =
f (x).
(c) f = f
P
+ f
D
(qualunque funzione decomponibile nella somma
di una funzione pari e una dispari). Allora
F
4
f = F
4
( f
P
+ f
D
) = F
2
(F
2
f
P
+F
2
f
D
) = F
2
( f
P
f
D
) = f
P
+ f
D
= f
(d)
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx
(e)
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx
(f)

f (k) =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =

f (k)

f (k) =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =
1

2
_

f (x)e
ikx
dx =

f (k)
Problema 16.3.
f (x) =
_
1 se [x[ < 1
0 altrimenti
_
1
1
e
ikx
dx =
e
ix
ik

1
1
=
e
ik
e
ik
ik
= 2
sin k
k
da cui
3

f (k) =
1

2
2
sin k
k
=
_
2

sin k
k
integrali di fourier 361
Problema 16.4.
f (x) =
_
1 se [x[ < a
0 altrimenti
F
=

f (k) =
_
2

sin ak
k
allora, per la relazione di reciprocit,
f (x) =
_
2

sin ax
x
F
=

f (k) =
_
1 se [k[ < a
0 altrimenti
Problema 16.5. k = 1 una discontinuit. Regola del valor medio
della somma di limite destro e sinistro:
1

2
_

_
2

sin x
x
(cos kx + i sin kx)dx

k=1
=
1 +0
2
2

_

0
sin x cos x
x
dx =
1
2

_

0
sin x cos x
x
dx =

4
Problema 16.6. Si usi integrazione per parti e problema preceden-
te:
_

0
1

2
..
int
sin
2

. .
der
d =
sin
2

0
. .
=0
+2
_

0
sin cos

d =

2
Problema 16.7. Usando il teorema di inversione, si ottiene
_

e
a[x[
e
ikx
=
2a
a
2
+ k
2
Problema 16.8. Dallesercizio precedente segue che
1
2
_

2a
a
2
+ k
2
e
ikx
dk = e
a[x[
e
ax
=
2a

_

0
cos kx
a
2
+ k
2
dk , x > 0 .
Problema 16.9. In primo luogo si osservi che
_

0
sin k
k
dk =

2
.
Abbiamo calcolato questo integrale nellesercizio 5.9 a pag. 119, ma
segue anche da
1

2
_

_
2

sin k
k
e
ikx
dk =
_
1 se [x[ < 1
0 altrimenti
Ponendo x = 0 si ottiene
1

sin k
k
= 1
_

0
sin k
k
dk =

2
.
Adesso si effettui nellintegrale il cambiamento di variabili xt = u.
Allora
per x > 0:
2

_

0
sin xt
t
dt =
2

_

0
sin u
u
du = 1 , per x < 0:
2

_

0
sin xt
t
dt =
2

_

0
sin u
u
du = 1
che quanto si voleva dimostrare.
362 appunti di metodi matematici della fisica
Problema 16.10.
(I)
3

f (k) =
1 ik

2(1 + k
2
)
(II)
3

f (k) =
2

sin
2
k
k
2
Problema 16.11.
(a)
3

f (k) =
2

sin
2
k
k
2
(b) Vedere esercizio precedente.
Problema 16.12.
(I)
_

e
ikx
1 + x
2
= e
[k[
. Dunque, con la convenzione
3

f (k) = F
_
1
1 + x
2
_
=
1

2
_

e
ikx
1 + x
2
dx =
_

2
e
[k[
(II)
g(x) =
a ix
a
2
+ x
2
=
a ix
(a + ix)(a ix)
=
1
a + ix
=
i
x ia
F
_
1
a + ix
_
=
1

2
_

ie
ikx
x ia
dx
N.B. Il resto del calcolo richiede il metodo dei residui che verr
svolto in uno dei capitoli successivi. Si ritorni a questo esercizio
dopo avere appreso tale metodo.
Metodo dei residui: polo semplice in x = ia. Per k > 0,
chiusura nel semipiano inferiore,
F
_
i
x ia
_
=
1

2
= 0
Per k < 0, chiusura nel semipiano superiore,
g(k) = F
_
i
x ia
_
=
1

2
(2i)(i)e
ak
=

2e
ak
Quindi
a ix
a
2
+ x
2
F
=
_

2e
ak
se k < 0
0 se k > 0
Per k = 0, regola dell1/2:
g(0) =

2
2
=
_

2
integrali di fourier 363
(III) . . .
(IV) Integrale di Fourier della gaussiana:
_

e
ax
2
e
ikx
dx =
_

a
e

k
2
4a
,
1

2
_

e
ax
2
e
ikx
dx =
_
1
2a
e

k
2
4a
Completare i quadrati
e
2x
2
+2x
= e
2(x
2
x+
1
4
)+
1
2
= e
2(x
1
2
)
2
+
1
2
e usare la propriet di traslazione della trasformata di Fourier.
(V) Simile.
(VI) Derivando membro a membro rispetto a k,
d
dk
1

2
_

e
x
2
e
ikx
dx =
d
dk
_
1
2
e

k
2
4
, si ottiene
1

2
_

(ix)e
x
2
e
ikx
dx =
_
1
2
_

2k
4
_
e

k
2
4

1

2
_

xe
x
2
e
ikx
dx =
i
2

2
ke

k
2
4
(VII) Come nellesercizio precedente, usando
_

e
a[x[
e
ikx
=
2a
a
2
+ k
2
.
(VIII) (1 ik)e

_
k
2
2
+ik
_
.
Problema 16.13.
f g(x) =
_

f (u) sin(ax au)du =


_

f (u)
e
i(axau)
e
i(axau)
2i
du
=
1
2i
_
e
iax
_

f (u)e
iau
du e
iax
_

f (u)e
iau
du
_
=
1
2i
_
e
iax
_

f (u)e
iau
du e
iax
_

f (u)e
iau
du
_
( f pari)
= sin ax
_

f (u)e
iau
du =

2 sin ax

f (a)
Problema 16.14. Richiamiamo il dizionario di traduzione:
y(x)
F
= y(k) =
1

2
_

y(x)e
ikx
dx
d
dx
y(x)
F
= ik y(k)
d
2
dx
2
y(x)
F
= k
2
y(k)
xy(x)
F
= i
d
dk
y(k)
y(k)
F
1
= y(x) =
1

2
_

y(k)e
ikx
dk
364 appunti di metodi matematici della fisica
Dunque,
y
//
(x) + y
/
(x) + xy(x) = 0
F
= k
2
y(k) + ik y + i y
/
(k) = 0
Lequazione y
/
(k) = (ik
2
+ k) y del primo ordine e le variabili
sono separabili, per cui
_
d y
y
=
_
(ik
2
+k)dk log y = i
k
3
3

k
2
2
+log C y(k) = Ce
i(k
3
/3)(k
2
/2)
Quindi,
y(x) =
C

2
_

e
ikx
e
i(k
3
/3)(k
2
/2)
dk
Possiamo esprimere questa soluzione in termini di quantit reali
usando la formula di Eulero per lesponenziale complesso e ponendo
per brevit A = 2C/

2. Dopo aver osservato che lintegrale con il


seno si annulla, si arriva a
y(x) = A
_

0
cos
_
kx
k
3
3
_
e
k
2
/2
dk .
Schematizziamo il metodo di soluzione usato.
y
//
(x) + y
/
(x) + xy(x) = 0
soluzione
y(x) = A
_

0
cos
_
kx
k
3
3
_
e
k
2
/2
dk

_F

F
1
k
2
y(k) + ik y + i y
/
(k) = 0
soluzione
y(k) = Ce
i(k
3
/3)(k
2
/2)
Era stata chiesta la soluzione generale dellequazione. Poich
lequazione differenziale del secondo ordine, la soluzione deve
dipendere da due costanti arbitrarie, ma noi ne abbiamo trovato
una sola. Evidentemente, il metodo della trasformata di Fourier non
permette di vedere una soluzione. In effetti, proprio cos: esiste
unaltra soluzione, linearmente indipendente da quella trovata, che
non ha trasformata di Fourier. Passando alle trasformate di Fourier,
abbiamo perso questa soluzione. Dopo aver studiato la trasformata
di Laplace si ritorni a questo problema, lo si risolva usando il metodo
della trasformata di Laplace e si stabilisca se si trova la soluzione
mancante.
Problema 16.15. Passando alla trasformata di Fourier,
_

f (t u) f (u)du =
1
a
2
+ x
2

f (k)
2
=
1
a
_

2
e
a[k[


f (k) =
1

2a
e
a[k[/2
Poich
F
1
_
e
A[k[
_
=
_
2

A
A
2
+ x
2
si ottiene
f (x) = F
1
_
1

2a
e
a[k[/2
_
=
1

2a
_
2

a/2
(a/2)
2
+ x
2
=
1

2a
a
2
+4x
2
integrali di fourier 365
Schematizziamo il metodo di soluzione usato.
_

f (t u) f (u)du =
1
a
2
+x
2

soluzione
1

2a
a
2
+4x
2

_F

F
1

f (k)
2
=
1
a
_

2
e
a[k[
soluzione


f (k) =
1

2a
e
a[k[/2
Problema 16.16. Analogo al precedente.
Problema 16.17. Analogamente agli esercizi precedenti, si per-
viene ad unequazione algebrica nello spazio delle trasformate di
Fourier:

f (k)
2
+2

f (k) = g(k)
dove g(k) la trasformata di Fourier di
g(x) =
4x
2
+10
(x
4
+5x
2
+4)
Risolviamo lequazione algebrica

f (k)
2
+2

f (k) g(k) = 0 .
Si ha

f (k) =
2
_
4 +4

2 g(k)
2

2
=
1

2
_
1
_
1 +

2 g(k)
_
Per procedere occorre conoscere la trasformata di Fourier di g(x).
Mediante metodo dei residui si ottiene (ritornare a questo esercizio
dopo avere studiato tale metodo)
g(k) =
1

2
_

4x
2
+10
(x
4
+5x
2
+4)
e
ikx
dx =
1

2
_
2e
[k[
+ e
2[k[
_
Sostituiamo in

f (k):

f (k) =
1

2
_
1
_
1 +

2 g(k)
_
=
1

2
_
1
_
1 +
_
2e
[k[
+ e
2[k[
_
_
=
1

2
_
1
_
(1 + e
[k[
)
2
_
=
1

2
_
1 (1 + e
[k[
)
_
Otteniamo cos due soluzioni dellequazione:

f
1
(k) =
1

2
e
[k[
,

f
2
(k) =
1

2
(2 e
[k[
)
La soluzione 2 tuttavia non accettabile perch non tende a zero
quando k e quindi lanti-trasformata di

f
2
(k) non denita
come una funzione ordinaria (lo sarebbe, eventualmente, nel senso
366 appunti di metodi matematici della fisica
delle funzioni generalizzate). Dunque, la sola soluzione accettabile
dellequazione integrale corrisponde a

f
1
(k). Poich
F
1
_
e
[k[
_
=
_
2

1
1 + x
2
,
la soluzione cercata
f (x) =
1

2
_
2

1
1 + x
2
=
1
(x
2
+1)
Riassumendo,
_

f (x u) f (u)du +2f (x) =


4x
2
+10
(x
4
+5x
2
+4)
g(x)
soluzione
f (x) =
_
2

1
1+x
2

_F

F
1

f (k)
2
+2

f (k) g(k) = 0
soluzione


f (k) =
1

2
e
[k[
Calcolo mediante metodo dei residui della trasformata di Fourier di
g(x) =
4x
2
+10
(x
4
+5x
2
+4)
.
Lintegrale
I =
1

_
4z
2
+10
(z
4
+5z
2
+4)
e
ikz
dz
soddisfa le condizioni del lemma di Jordan. Chiudiamo nel semipia-
no inferiore

, per k > 0, e nel semipiano superiore


+
, per k < 0.
La funzione integranda ha 4 poli semplici in a = i e a = 2i, infatti
4z
2
+10
(z
4
+5z
2
+4)
=
4z
2
+10
(z
2
+1)(z
2
+4)
=
4z
2
+10
(z + i)(z i)(z +2i)(z 2i)
Si ha
Res(a) =
f (z)
h
/
(z)

z=a
=
(4z
2
+10)e
ikz
4z
3
+10z

z=a
=
e
ikz
z

z=a
=
e
ika
a
Allora, per k > 0 (ricordarsi che la chiusura di sotto cambia il
verso antiorario in orario) si ha
I =
1

(2i)
_
e
ik(i)
i
+
e
ik(2i)
2i
_
= 2e
k
+ e
2k
e per k < 0,
I =
1

(2i)
_
e
ik(i)
i
+
e
ik(2i)
2i
_
= 2e
k
+ e
2k
Ne segue che
I = 2e
[k[
+ e
2[k[
integrali di fourier 367
da cui
g(k) =
1

2
_
2e
[k[
+ e
2[k[
_
Problema 16.18.
Lintegrale in
(x) +
_

0
(x y)e
y
dy =
1
1 + x
2
non appare come una convoluzione perch solo da 0 a + invece
di essere da a +. Tuttavia possiamo sostituire il limite inferiore
di integrazione con se sostituiamo e
y
con una funzione g(t) che
uguale a e
y
quando y positiva e zero quando y negativa. Con
questa sostituzione
(x) +
_

(x y)g(y)dy =
1
1 + x
2
Passando alla trasformata di Fourier
(k) +

2 (k) g(k) =
_

2
e
[k[
Calcoliamo g:
g(k) =
1

2
_

g(y)e
iky
dy =
1

2
_

0
e
y
e
iky
dy =
1

2
_

0
e
y(1+ik)
dy =
1

2
1
1 + ik
Quindi
_
1 +
1
1 + ik
_
(k) =
_

2
e
[k[
(k) =
_

2
_
1 + ik
2 + ik
_
e
[k[
Trasformando indietro,
(x) =
1
2
_

_
1 + ik
2 + ik
_
e
[k[
e
ikx
dk
=
_

0
cos xk +cos(xk k) + k sin xk
2 +2 cos k +2k sin k + k
2
dk
Problema 16.19. Trasformiamo lequazione secondo Fourier:
f
/
(x) + f (x) + f (x +1) =
1
1 + x
2

_
ik +1 + e
ik
_

f (k) =
_

2
e
[k[


f (k) =
_

2
e
[k[
(ik +1 + e
ik
)
e quindi f (x) . . .
Problema 16.20. La funzione
u(x, 0) = f (x) =
_

2
e
[x[
368 appunti di metodi matematici della fisica
mostrata in gura a lato. Trasformiamo secondo Fourier lequazio-
ne

2
u
tx
=

2
u
x
2
Otteniamo
ik
d u(k, t)
dt
= k
2
u(k, t)
d u(k, t)
dt
= ik u(k, t)
che ha soluzione
u(k, t) = u(k, 0)e
ikt
=

f (k)e
ikt
Per la propriet che una modulazione diventa una traslazione (atten-
zione al segno), la soluzione
u(x, t) = f (x + t) =
_

2
e
[x+t[
Problema 16.21.
Metodo 1. Ci si ricorda la soluzione generale dellequazione delle
onde in una dimensione, per cui senza fare un calcolo si scrive
u(x, t) =
1
2
[a(x + t) + a(x t)]
=
1
2
_
1
1 + (x + t)
2
+
1
1 + (x t)
2
_
Metodo 2. Si usa il metodo della trasformata di Fourier e si ottiene
lequazione
d
2
u
dt
2
= k
2
u , che ha soluzione u(k, t) = A([k[) cos([k[t) +B([k[) sin [k[t
Il dato iniziale implica B = 0, per cui
u(k, t) = u(k, 0) cos(kt) , dove u(k, 0) = F
_
1
1 + x
2
_
=
_

2
e
[k[
.
Quindi
u(x, t) =
1

2
_

e
[k[
_

2
cos(kt)e
ikx
dk =
1
2
_

e
[k[
cos(kt)e
ikx
dk
=
1
2
_

e
[k[
e
ikt
+ e
ikt
2
e
ikx
dk =
1
4
_

e
[k[
e
ik(x+t)
dk +
1
4
_

e
[k[
e
ik(xt)
dk
=
1
2
_
1
1 + (x + t)
2
+
1
1 + (x t)
2
_
Problema 16.22.
d u
dt
=
1
4
k
2
u u(k, t) = u(k, 0)e
k
2
t/4
integrali di fourier 369
u(k, 0) =
1

2
_

e
x
2
e
ikx
dx =
1

e
k
2
/4
=
1

2
e
k
2
/4
u(k, t) =
1

2
e
k
2
/4
e
k
2
t/4
=
1

2
e
k
2
(1+t)/4
Dunque,
u(x, t) =
1

4
_

e
k
2
(1+t)/4
e
ikx
dk (a = (1 + t)/4)
=
1

4
_

(1 + t)/4
e
x
2
/[4(1+t)/4]
=
_
1
1 + t
e

x
2
1+t
Problema 16.23. Stesso procedimento del penultimo problema.
Risultato:
u(x, t) =
_
2

_
1
1
cos(ctk)e
ikx
dk =
1
2
_
2

_
sin(x + ct)
x + ct
+
sin(x ct)
x ct
_
Problema 16.24. Stesso procedimento degli esercizi precedenti.
Risultato:
u(x, t) =
1

2
_

e
Dk
2
t
e
ik(x+Kt)

f (k)dk
Problema 16.25. Idem. Risultato:
u(x, t) =
1

2
_

e
iak
3
t
e
ikx

f (k)dk
Problema 16.26.
d u
dt
= atk
2
u u(k, 0) =

f (k) u(k, t) =

f (k)e
at
2
k
2
/2
F
1
_
e
at
2
k
2
/2
_
(x) =
1

2
_

e
at
2
k
2
/2
e
ikx
dk =
1

at
2
e
x
2
/(2at
2
)
Quindi
u(x, t) =
1

2
f
1

at
2
e
x
2
/(2at
2
)
=
1
t

2a
_

e
(xy)
2
/(2at
2
)
f (y)dy .
Problema 16.27. Stesso procedimento dellesercizio precedente.
Risultato:
u(x, t) = f g
t
(x) dove g
t
(x) =
1
_
2(1 e
t
)
e

x
2
4(1e
t
)
Problema 16.28. Discende dalla soluzione come convoluzione del
nucleo del calore con la condizione iniziale.
Problema 16.29.
u(x, t) =
_
2

_

0

f
s
(k)e
Dk
2
t
sin(kx)dk dove

f
s
(k) =
_
2

_

0
f (x) sin(kx)dx k > 0
17
La trasformata di Laplace
Indice
17.1 La trasformata di Laplace 371
17.2 Propriet e applicazioni di base 373
17.3 Altre propriet della trasformata di Laplace 376
17.4 Funzioni a scalino e impulso 379
17.5 Funzione di trasferimento 381
17.6 Antitrasformata di funzioni razionali 382
17.7 Funzioni particolari 385
17.8 Applicazioni ai problemi al contorno 388
Tavola di trasformate di Laplace 390
Problemi 391
Soluzioni 392
17.1 La trasformata di Laplace
La trasformata di Laplace una trasformazione integrale ampiamen-
te utilizzata con molte applicazioni in sica e ingegneria. Indicata
/f (t), un operatore lineare / che agisce su una funzione f (t)
con un argomento t reale (t 0) e la trasforma in una funzione F(s)
con un argomento (in generale, complesso) s. Questa trasformazione
essenzialmente biunivoca per la maggior parte delle applicazioni
pratiche, e le rispettive coppie di f (t) e F(s) duso comune sono ab-
binate in tavole, come quella a pag. 390. La trasformata di Laplace
utile perch ha la propriet che molte relazioni e e operazioni sulla
funzione f (t) corrispondono a semplici rapporti e operazioni sulle
immagini F(s). Essa prende il nome da Pierre-Simon Laplace , che
ha introdotto tale trasformazione nel suo lavoro sulla teoria della
probabilit.
372 appunti di metodi matematici della fisica
Come la trasformata di Fourier, la trasformata di Laplace viene
utilizzata per risolvere le equazioni differenziali ed integrali. In sica Notazioni. La trasformata di Laplace
di f (t) denotata anche

f (s). Qui
useremo per lo pi la notazione della
lettera maiuscola: Lf = F(s).
Per rendere esplicita la variabile della
funzione che si trasforma, si scrive
Lf (t). Quando si vuole rendere
esplicito largomento della trasformata,
si scrive Lf (t)(s).
e ingegneria utilizzata per lanalisi di sistemi lineari, come circuiti
elettrici, oscillatori armonici , dispositivi ottici e sistemi meccanici. In
queste analisi, la trasformata di Laplace spesso interpretata come
una trasformazione dal dominio del tempo, in cui gli ingressi e le
uscite sono funzioni del tempo, al dominio della frequenza, in cui gli
stessi ingressi e le uscite sono funzioni della frequenza angolare com-
plessa , in radianti per unit di tempo. Data una semplice descrizione
matematica o funzionale di un ingresso o uscita di un sistema, la tra-
sformata di Laplace fornisce una descrizione alternativa che spesso
semplica il processo di analisi del comportamento del sistema.
La trasformata di Laplace di una funzione f (t), denita per tutti i
numeri reali t 0 la funzione F(s), denita da: N.B. Funzioni che differiscono su un
insieme di misura nulla hanno la stessa
trasformata di Laplace.
F(s) = Lf (t)(s) =
_

0
e
st
f (t) dt. (17.1)
Il parametro s sar trattato preliminarmente come un numero rea-
le, in seguito si studier la sua estensione complessa. Il signicato
dellintegrale dipende dal tipo di funzioni che si considera. Una con-
dizione necessaria per lesistenza dellintegrale che f deve essere
localmente integrabile su [0, ). Se f generalmente continua, in ogni
intervallo limitato, questa condizione garantita (si veda la denizio-
ne a pag. 111). Per le funzioni localmente integrabili che decadono
allinnito o sono di ordine esponenziale, cio non crescono in va-
lore assoluto pi rapidamente di Me
t
, dove M e sono costanti
opportune, lintegrale pu essere inteso come un integrale improprio
convergente e quindi denito dal limite
F(s) = lim
M
_
M
0
e
st
f (t) dt . (17.2)
Riassumendo:
Criterio sufciente di esistenza della trasformata di Laplace.
Se una funzione generalmente continua in ogni inter-
vallo limitato ed di ordine esponenziale, allora la sua
trasformata di Laplace esiste.
(17.3)
La relazione tra trasformata di Laplace e trasformata di Fourier
il seguente. Sia f (t) una funzione nulla per t < 0 e si consideri la sua
trasformata di Fourier
2
(con convezione del segno opposta negli
espondenziali),
g() =
_

0
e
it
f (t)dt , f (t) =
1
2
_

e
it
g()d
la trasformata di laplace 373
e la si prolunghi al piano complesso z = + i ottenendo cos la
funzione di variabile complessa g(z) =
_

0
e
zt
f (t)dt. Allora, per s
reale,
g(is) =
_

0
e
st
f (t)dt = F(s).
In altre parole, la trasformata di Laplace la trasformata di Fourier
nel piano delle frequenze complesse z = + i ruotato di /2, cio
ponendo s = iz.
Soluzione di 17.1. /1 =
_

0
e
st
1 dt =
lim
M
_
M
0
e
st
dt = lim
M
e
st
s

M
0
=
lim
M
1 e
sM
s
=
1
s
, se s > 0.
Soluzione di 17.2. Lt =
_

0
e
st
t dt = lim
M
_
M
0
te
st
dt =
lim
M
(t)
e
st
s

M
0
(1)
e
st
s
2

M
0
=
lim
M
_
1
s
2

e
sM
s
2

Me
sM
s
_
=
1
s
2
, se s > 0.
Esercizio 17.1. Mostrare che L1 =
1
s
Esercizio 17.2. Mostrare che Lt =
1
s
2
Esercizio 17.3. Mostrare che L
_
e
at
_
=
1
s a
.
Esercizio 17.4. Mostrare che
Lsin(kt) =
k
s
2
+ k
2
e Lcos(kt) =
s
s
2
+ k
2
17.2 Propriet e applicazioni di base
La propriet pi importante della trasformata di Laplace, che segue
direttamente dalla sua denizione, che la trasformata di Laplace
un operatore lineare:
Soluzione di 17.3. L
_
e
at
_
=
_

0
e
st
e
at
dt = lim
M
_
M
0
e
st
e
at
dt =
lim
M
e
(sa)t
(s a)

M
0
=
lim
M
1 e
(sa)M
s a
=
1
s a
, se s > a.
Lf (t) + g(t) = Lf (t) + Lg(t) (17.4)
dove e sono numeri (reali o complessi).
Soluzione di 17.4. Assumendo che il
risultato dellesercizio 17.3 valga anche
per numeri complessi (il che pu essere
dimostrato) e in particolare per a = ik,
si ha
L
_
e
ikt
_
=
1
s ik
=
s + ik
s
2
+ k
2
.
Usando la formula di Eulero, e sfrut-
tando la linearit dellintegrale si ha
L
_
e
ikt
_
= Lcos kt + iLsin kt .
Uguagliando parti reali e immagina-
rie dei due membri della precedente
equazione, si ottiene
Lcos kt =
s
s
2
+ k
2
Lsin kt =
k
s
2
+ k
2
La seconda propriet in ordine di importanza, specialmente in
vista delle applicazioni allo studio dei sistemi lineari in sica e in-
gegneria, che la trasformata di Laplace trasforma le derivate di
una funzione f (t) in espressioni algebriche contenenti potenze di s,
F(s) = Lf (t) e le condizioni iniziali, cio i valori della funzione e
delle sue derivate calcolati per t = 0. Se si considera
L
_
f
/
(t)
_
= lim
M
_
M
0
f
/
(t)e
st
dt ,
lintegrazione per parti fornisce
lim
M
_
M
0
f
/
(t)e
st
dt = lim
M
_
f (t)e
st

M
0
+ s
_
M
0
f (t)e
st
dt
_
= f (0) + sF(s) .
Quindi
L
_
d f
dt
_
= sF(s) f (0) (17.5)
374 appunti di metodi matematici della fisica
Applichiamo la (17.5) allo studio di un sistema del primo ordine
Dimostrazione della (17.9). la formula
dimostrata se si in grado di provare
che
L
_
_
t
0
f (u)g(t u)du
_
= F(s)G(s)
Ma
L =
_

t=0
e
st
_
_
t
u=0
f (u)g(t u)du
_
dt
=
_

t=0
_
t
u=0
e
st
f (u)g(t u) dudt
= lim
M
s
M
, dove
s
M

_
M
t=0
_
t
u=0
e
st
f (u)g(t u)dudt.
La regione di integrazione ! nel piano
tu per lintegrale s
M
mostrata nella
gura sotto.
M 0
t
u
R
u
=
t
0
v
u
R

u
+
v
=
M
M
Posto t u = v o t = u + v, la regione
! trasformata nella regione !
/
del
piano vu. Dalla regola (5.46) per il
cambiamento di variabili
s
M
=
__
!
e
st
f (u)g(t u)dudt
=
__
!
/
e
s(u+v)
f (u)g(v)

(u, t)
(u, v)

dudv
Ma
(u, t)
(u, v)
=

u
u
u
v
t
u
t
v

1 0
1 1

= 1
Allora
s
M
=
_
M
v=0
_
Mv
u=0
e
s(u+v)
f (u)g(v) dudv
Si denisca adesso la funzione K(u, v)
che uguale a e
s(u+v)
f (u)g(v) per
u + v M, cio nel triangolo grigio
della gura sotto, e che vale 0 per
u + v > M, cio nel triangolo bianco.
0
v
u
u
+
v
=
M
M
Allora s
M
=
_
M
v=0
_
M
u=0
K(u, v) dudv.
Se adesso si passa al limite M , si
ottiene
lim
s
M

s
M
=
_

0
_

0
K(u, v)) dudv
=
_

0
_

0
e
s(u+v)
f (u)g(v) dudv
=
_
_

0
e
su
f (u)du
__
_

0
e
sv
g(v)dv
_
= F(s)G(s) .
governato dallequazione differenziale lineare
x
/
(t) + x(t) = y(t) . (17.6)
Prendiamo la trasformata di Laplace di ambo i membri e chiamiamo
X(s) e Y(s) le trasformate di Laplace rispettivamente di x(t) e y(t).
Dalla (17.5), si ottiene lequazione algebrica
sX(s) x(0) + X(s) = Y(s)
di immediata soluzione
X(s) =
x(0) + Y(s)
s +
, (17.7)
dove x(0) la condizione iniziale al tempo t = 0. A questo punto, il
tornare indietro garantito da un teorema (che non dimostreremo)
il quale stabilisce che sotto le stesse ipotesi di esistenza della trasformata
L, esiste ed unico (a meno di differenze su un insieme di misura nul-
la) il suo inverso L
1
, detto antitrasformata di Laplace. Naturalmente
anche L
1
lineare:
L
1
F(s) + G(s) = L
1
F(s) + L
1
G(s) . (17.8)
Allora, applicando L
1
ad ambo i membri della (17.7), si ottiene
x(t) = /
1
_
x(0) + Y(s)
s +
_
= x(0)/
1
_
1
s +
_
+/
1
_
Y(s)
s +
_
Il primo termine dato dallesercizio 17.3 per a = . Si ritrova cos
la nota soluzione dellomonenea associata a (17.6),
x(t) = x(0)e
t
.
Per quel che riguarda il secondo termine, si usa un metodo generale
che permette di esprimere L
1
F(s)G(s)) in termini delle funzioni
f (t) e g(t). Tale metodo dato dal seguente teorema, detto di teorema
di convoluzione per la trasformata di Laplace:
Se L
1
F(s) = f (t) e L
1
G(s) = g(t) allora
L
1
F(s)G(s) =
_
t
0
f (u)g(t u)du = f g(t)
(17.9)
Applicando il teorema di convoluzione al secondo termine della
(17.7), si ottiene
L
1
_
Y(s)
s +
_
=
_
t
0
e
(tu)
y(u)du ,
la trasformata di laplace 375
da cui segue la soluzione completa della (17.6),
x(t) = x(0)e
t
+
_
t
0
e
(tu)
y(u)du . (17.10)
Il metodo della trasformata di Laplace quindi analogo al metodo
della trasformata di Fourier, ma, a differenza di questultima, per-
mette di inglobare i dati iniziali (o al contorno) nella soluzione. Si
tratta dunque di un metodo pi efciente. I passi che ci hanno por-
tato alla soluzione (17.10) si possono schematizzare con il seguente
diagramma:
x
/
(t) + x(t) = y(t)
soluzione
x(t) = x(0)e
t
+
_
t
0
e
(tu)
y(u)du

_L

L
1
sX(s) x(0) + X(s) = Y(s)
soluzione
X(s) =
x(0)+Y(s)
s+
Per sistemi del secondo ordine,
x
//
(t) + bx
/
(t) + cx = y(t) , (17.11)
la trasformata di Laplace della derivata seconda si ottiene iterando la
(17.5):
L
_
x
//
(t)
_
= sL
_
x
/
(t)
_
(s) x
/
(0) = s (sX(s) x(0)) x
/
(0) .
Quindi,
L
_
x
//
(t)
_
= s
2
X(s) sx(0) x
/
(0) . (17.12)
che, applicata ad ambo i lati della (17.11), fornisce
s
2
X(s) sx(0) x
/
(0) + bsX(s) bx(0) + cX(s) = Y(s) ,
la cui soluzione
X(s) =
x(0)(s + b) + x
/
(0)
s
2
+ bs + c
+
Y(s)
s
2
+ bs + c
. (17.13)
Quindi la soluzione x(t) di (17.11)
x(t) = L
1
_
x(0)(s + b) + x
/
(0)
s
2
+ bs + c
_
+L
1
_
Y(s)
s
2
+ bs + c
_
(17.14)
Per sistemi di ordine superiore, si usa la formula per la derivata
n-esima:
L
_
f
(n)
(t)
_
= s
n
F(s) s
n1
f (0) . . . f
(n1)
(0) (17.15)
che si dimostra facilmente per induzione.
Osserviamo inne che se la funzione f (t) non continua per t = 0,
ma esiste il limite lim
t0
= f (0+), allora la (17.5) va sostituita con
L
_
f
/
(t)
_
= sF(s) f (0+) ,
376 appunti di metodi matematici della fisica
che segue immediatamente dalla dimostrazione della in alto a pagina
373, quando la funzione f non continua nello zero. Inoltre, se f
discontinua in un punto a, occorre un altro aggiustamento. In questo
caso la (17.5) va sostituita con
L
_
f
/
(t)
_
= sF(s) f (0+) e
as
[ f (a+) f (a)] ,
dove f (a+) f (a) detto salto nel punto di discontinuit t = a. Se i
punti di discontinuit sono pi di uno, si fanno gli ovvi adattamenti.
Esempio 17.1. Sia f (t) = sin3t, la cui trasformata di Laplace
3/(s
2
+9). Allora
L
_
(sin3t)
/
_
= s
3
s
2
+9
0 =
3s
s
2
+9
,
in accordo con la regola della trasformata del coseno, essendo (sin3t)
/
=
3 cos 3t. Inoltre,
L
_
(sin3t)
//
_
= s
2
3
s
2
+9
0 3 =
3s
2
3s
2
27
s
2
+9
= 9
3
s
2
+3
,
in accordo con la trasformata di Laplace di (sin3t)
//
= 9 sin3t.
Esercizio 17.5. Calcolare cos t sin t.
Esercizio 17.6. Calcolare sin t t
2
.
Esercizio 17.7. Calcolare le seguenti trasformate di Laplace inverse:
L
1
_
s
(s
2
+1)
2
_
, L
1
_
1
s
3
(s
2
+1)
_
Esercizio 17.8. Usare il metodo della trasformata di Laplace per
trovare la soluzione dellequazione x
/
+ 3x = cos 3t con condizione
iniziale x(0) = 0.
Esercizio 17.9. Usare il metodo della trasformata di Laplace per
trovare la soluzione dellequazione x
//
+ x = 0 con condizioni iniziali
x(0) = 1 e x
/
(0) = 0.
Esercizio 17.10. Usare il metodo della trasformata di Laplace per
trovare la soluzione dellequazione x
//
+ x = t con condizioni iniziali
x(0) = 1 e x
/
(0) = 0.
17.3 Altre propriet della trasformata di Laplace
Trattiamo adesso caratteristiche notevoli della trasformata di Laplace,
usando la convenzione usuale F(s) = Lf (t).
Prima propriet della traslazione
Dimostrazione di (17.16).
L
_
e
at
f (t)
_
=
_

0
e
at
f (t)e
st
dt
=
_

0
f (t)e
(sa)t
dt = F(s a)
L
_
e
at
f (t)
_
= F(s a) (17.16)
la trasformata di laplace 377
Esempio 17.2. Dato che Lcos 2t = s/(s
2
+4), si ha
L
_
e
t
cos 2t
_
=
s +1
(s +1)
2
+4
=
s +1
s
2
+2s +5
Dimostrazione di (17.17).
Lg(t) =
_

0
g(t)e
st
dt
=
_
a
0
g(t)e
st
dt +
_

a
g(t)e
st
dt
=
_

a
f (t a)e
st
dt
=
_

0
f (t)e
s(u+a)
du
= e
sa
_

0
f (t)e
su
du
= e
sa
F(s)
Seconda propriet della traslazione Sia
g(t) = f (t a)u(t a) =
_
_
_
f (t a) se t > a
0 se t < a
.
Allora
Lg(t) = e
as
F(s) (17.17)
Dimostrazione di (17.18).
Lf (at) =
_

0
f (at)e
st
dt
=
_

0
f (u)e
su/a
du/a
=
1
a
_

0
f (u)e
(s/a)u
du
=
1
a
F
_
s
a
_
Esempio 17.3. Dato che L
_
t
3
_
= 3!/s
4
= 6/s
4
, la trasformata di
Laplace della funzione
g(t) =
_
_
_
(t 2)
3
t > 2
0 t < 2
(6/s
4
)e
2s
. Un altro esempio il calcolo di Lu(t a). Poich
L1 = 1/s, la trasformata di Laplace di u(t a) Lu(t a) =
e
as
/s.
Dimostrazione di (17.19). Sia
F(s) =
_

0
f (t)e
st
dt .
Allora, per la regola di Leibniz (5.55)
per la derivazione sotto il segno di
integrale
dF
ds
=
d
ds
_

0
f (t)e
st
dt =
_

0
f (t)

s
e
st
=
_

0
[t f (t)] e
st
ds = Lt f (t)
che la formula per n = 1. Iterando la
procedura si ottiene la formula per n
arbitrario.
Propriet del cambio di scala
Lf (at) =
1
a
F
_
s
a
_
. (17.18)
Esempio 17.4. Dato che Lsin t = 1/(s
2
+1), si ritrova la trasforma-
ta di Laplace di sin3t:
Lsin3t =
1
3
Lsin t
_
s
3
_
=
1
3
1
(s/3)
2
+1
=
3
s
2
+9
Prodotto per t
n
Dimostrazione di (17.20). Sia g(t) =
_
t
0
f (u)du. Allora g
/
(t) = f (t) eg(0) =
0. Prendendo la trasformata di Laplace
di entrambi i lati, si ha
L
_
g
/
(t)
_
= sLg(t) g(0) = sLg(t)
= Lf (t) = F(s)
Quindi
Lg(t) =
F(s)
s
cio
L
_
_
t
0
f (u)du
_
=
F(s)
s
.
Lt
n
f (t) = (1)
n
d
n
ds
n
F(s) (17.19)
Esempio 17.5. Dato che L
_
e
2t
_
= 1/(s 2), si ha
L
_
te
2t
_
=
d
ds
_
1
s 2
_
=
1
(s 2)
2
L
_
t
2
e
2t
_
=
d
2
ds
2
_
1
s 2
_
=
2
(s 2)
3
Trasformata di Laplace degli integrali
L
_
_
t
0
f (u)du
_
=
F(s)
s
(17.20)
378 appunti di metodi matematici della fisica
Esempio 17.6. Dato che Lsin2t = 2/(s
2
+4), si ha
Dimostrazione di (17.21). Sia
g(t) = f (t)/t, cosicch f (t) = tg(t).
Prendendo la trasformata di entrambi i
lati e usando la (17.19) si ottiene
Lf (t) =
d
ds
G(s) o F(s) =
d
ds
G(s) .
Integrando,
G(s) =
_
s

f (u)du =
_

s
F(u)du
(nellintegrazione, si scelta la costan-
te di integrazione in modo tale che
lim
s
g(s) = 0. Quindi
L
_
f (t)
t
_
=
_

s
F(u)du .
Dimostrazione di (17.22). Sia f (t)
periodica di periodo T. Allora
Lf (t) =
_
T
0
e
st
f (t) dt
+
_
2T
T
e
st
f (t) dt
+
_
3T
2T
e
st
f (t) dt + . . .
Si facciano i cambiamenti di variabile
t = u + T nel secondo integrale,
t = u + 2T, nel terzo integrale, e cos
via:
Lf (t) =
_
T
0
e
st
f (t) dt
+
_
T
0
e
s(t+T)
f (t + T) dt
+
_
T
0
e
s(t+2T)
f (t +2T) dt + . . .
Tenuto conto della periodicit di f , la
somma degli integrali pari a
_
1 + e
sT
+ e
2sT
+ . . .
_
_
T
0
e
st
f (t) dt
dove nelle parentesi quadrate ricono-
sciamo la serie geometrica di ragione
r = e
sT
. Poich la somma della serie
geometrica 1/(1 r), [r[ < 1, si
ottiene
Lf (t) =
1
1 e
sT
_
T
0
e
st
f (t) dt
che proprio la formula che si voleva
dimostrare.
L
_
_
t
0
sin2u du
_
=
2
s(s
2
+4)
,
come si pu vericare direttamente.
Divisione per t
L
_
f (t)
t
_
=
_

s
F(u)du . (17.21)
Esempio 17.7. Dato che Lsin t = 1/(s
2
+1) e lim
t0
sin t/t = 1, si
ha
L
_
sin t
t
_
=
_

s
du
u
2
+1
=

2
arctan(s) = arctan
_
1
s
_
Esempio 17.8. La funzione Si(t) =
_
t
0
sin u
u
du detta Seno in-
tegrale ed usata in ottica. La sua trasformata di Laplace segue
immediatamente dalla (17.20) e dallesempio precedente:
LSi(t) = /
_
_
t
0
sin u
u
du
_
=
1
s
arctan
_
1
s
_
.
Esercizio 17.11. Dimostrare che
_

0
sin u
u
du =

2
.
Funzioni periodiche
Se f (t) una funzione periodica di periodo T allora
Lf (t) =
_
T
0
e
st
f (t)dt
1 e
sT
(17.22)
Esercizio 17.12. Unonda sinusoidale retticata denita da
f (t) =
_
_
_
sin t 0 < t <
sin t < 0 < 2
ed estesa per periodicit f (t) = f (t + 2) a tutta la retta reale.
Determinare Lf (t) per calcolo diretto senza usare la (17.22). Si
confronti quindi il risultato ottenuto con quello dato dalla (17.22).
Comportamento asintotico Quando si usa il metodo della
trasformata di Laplace pe trovare la soluzione di unequazione dif-
ferenziale lineare, ma non sempre possibile determinare lantitra-
sformata e si deve ricorrere a metodi numerici. Informazioni utili sul
comportamento delle soluzione possono essere ottenute analitica-
mente senza risolvere lequazione, ma esaminando il comportamento
la trasformata di laplace 379
asintotico di F(s) per valori piccoli o grandi di s. In effetti, soven-
te molto utile detereminare questo comportamento asintotico anche
quando sono disponibili soluzioni esatte, ma sono complesse e dif-
cili da interpretare. In questa sezione presentiamo alcuni teoremi che
aiutano a trovare questo comportamento asintotico.
Preliminarmente, si osservi che essendo
F(s) =
_

0
f (t)e
st
,
per f generalmente continua e di ordine esponenziale, allora
lim
s
F(s) = 0 . (17.23)
Ecco i due teoremi:
Dimostrazione di (17.24) e (17.25) .
Sappiamo che Lf
/
(t) =
sF(s) f (0+). Se f
/
(t) generalmen-
te continua e di ordine esponenziale,
Lf
/
(t)(s) tende a zero per s .
Allora lim
s
sF(s) = f (0), che proprio
la (17.24), essendo f (0+) = lim
t0
f (t).
Per quel che riguarda la (17.25), co-
me prima, partiamo dalluguaglianza
Lf
/
(t) = sF(s) f (0+) e calcolia-
mo esplicitamente il limite del primo
membro per s 0:
lim
s0
_

0
f
/
(t)e
st
dt = lim
s0
lim
M
_
M
0
f
/
(t)e
st
dt
= lim
M
_
M
0
f
/
(t)dt = lim
M
( f (M) f (0+))
= lim
t
[ f (t) f (0+)]
Allora lim
s0
sF(s) f (0+) =
lim
t
[ f (t) f (0+)] , da cui segue la
(17.25) eliminando f (0+) da ambo i
membri.
Teorema del valore nale. Se i limiti indicati esistono,
allora
lim
t
f (t) = lim
s0
sF(s) .
(17.24)
Teorema del valore iniziale. Se i limiti indicati esistono,
allora
lim
t0
f (t) = lim
s
sF(s) .
(17.25)
Ci sono altri due teoremi utili riguardanti il comportamento asin-
totico. Per formularli ci serve la nozione uguaglianza asintotica di
funzioni. Se lim
t0
f (t)/g(t) = 1, si dice che per valori di t prossimi
a zero, f (t) asintoticamente uguale a g(t) e si scrive f (t) g(t)
per t 0. Analogamente, se lim
s
F(s)/G(s) = 1 si dice che per
valori elevati di s , F(s) asintoticamente uguale a G(s) e si scrive
F(s) G(s) per s . Seguono i seguenti due teoremi:
Se f (t) g(t) per t 0, allora F(s) G(s) per s
.
(17.26)
Se f (t) g(t) per t , allora F(s) G(s) per s
0.
(17.27)
17.4 Funzioni a scalino e impulso
Nelle applicazioni ai sistemi lineari la funzione f (t) a secondo mem-
bro della (17.6) rappresenta il segnale di ingresso. Un ingresso abba-
stanza comune la funzione di Heaviside o funzione a scalino unitario
u(t) =
_
1 se t > 0
0 se t < 0
(17.28)
380 appunti di metodi matematici della fisica
Specicare il suo valore nello 0 non essenziale (a volte si assegna
il valore 1/2). Lo scalino pu essere traslato in un qualunque punto
a, ottenendo cos lo scalino u(t a). Il calcolo della trasformata di
Laplace di u(t a) immediato:
0
t
1
a
Lu(t a) = lim
M
_
M
0
e
st
u(t a) dt = lim
M
_
M
a
e
st
dt
= lim
M
e
as
e
aM
s
=
e
as
s
Per a = 0, si ritrova L1 = 1/s.
Un altro ingresso duso comune la funzione (si veda la gura a
lato)

(t) =
_
1/ se 0 t
0 se t >
(17.29)
0
t
1/

geometricamente evidente dalla gura che per valori molto piccoli


di laltezza della regione in grigio cresce enormemente mentre la
larghezza diminuisce in modo tale che larea della regione sempre
uguale a 1, vale a dire
_

0

(t)dt = 1 . (17.30)
Anche in questo caso il calcolo della trasformata di Laplace
immediato:
L

(t) =
_

0
e
st
(1/) dt =
1

_

0
e
st
dt =
1 e
s
s
.
Si osservi che per arbitrariamente piccolo 1 e
s
s e quindi la
trasformata diventa (1 e
s
)/(s) 1. Questo porta alla delta di
Dirac (t), ottenuta come limite 0 di

(t) detta anche impulso


unitario. La sua trasformata L(t) = 1.
Sebbene nei calcoli risulti utile trattare la delta come se fosse dav-
vero una funzione, quando si in dubbio se una regola formale delle
funzioni si applichi alla delta, conviene ritornare alla sua caratteriz-
zazione come limite (??). Come esempio di manipolazione formale
consideriamo il calcolo della trasformata di Laplace di (t a):
L(t a) =
_

0
(t a)e
st
dt = e
sa
, (17.31)
che coincide con quanto si ottiene calcolando prima L

(t a)
e poi passando al limite 0. ( Si osservi i che Lu
/
(t a =
e
as
. Limpulso unitario (t a) pu dunque essere interpretato
come la derivata (nel senso delle funzioni generalizzate) dello scalino
unitario.
la trasformata di laplace 381
Esercizio 17.13. Risolvere lequazione lineare
d
2
x
dt
2
+
dx
dt
+ x = y(t)
per x(0) = 0, x
/
(0) = 0 e per (a) g(t) = u(t), (b) g(t) = (t); un
parametro positivo.
17.5 Funzione di trasferimento
Consideriamo la trasformata di Laplace del sistema del secondo
ordine (17.11), per x(0) = 0 e x
/
(0) = 0. Dalla (17.13) si ottiene
X(s) =
Y(s)
s
2
+ bs + c
.
Il rapporto H(s) tra luscita X(s) e lingresso Y(s) per condizioni
iniziali nulle detto funzione di trasferimento,
H(s) =
X(s)
Y(s)
(17.32)
Quindi, per il sistema (17.11), si ha H(s) = 1/(s
2
+ bs + c). Sia
h(t) = /
1
H(s, allora
x(t) =
_
t
0
h(t u)y(u)du (17.33)
per il teorema di convoluzione. Chiaramente, la stessa caratteriz-
zazione (17.32) vale per sistemi lineari (a coefcienti costanti) di
qualunque ordine. Equivalentemente, H(s) pu essere denita co-
me la risposta del sistema ad un impulso unitario (Y(s) = 1), per
condizioni iniziali nulle.
In generale, un sistema pu avere pi di un ingresso. In questo
caso, la funzione di trasferimento da un ingresso particolare ad unu-
scita particolare denita come la trasformata di Laplace di quella
uscita particolare quando un impulso unitario applicato al dato
ingresso, essendo nulli tutti gli altri ingressi e tutte le condizioni
iniziali. La soluzione completa del sistema dunque
X(s) = H(s)Y(s) + altri termini indipendenti da Y,
dove gli altri termini possono essere il risultato di condizioni ini-
ziali non nulle o di altri ingressi non nulli (per esempio, disturbi
dovuti a rumore).
La funzione di trasferimento pu essere anche vista come una rap-
presentazione simbolica dei coefcienti dellequazione differenziale,
nel senso dellesempio seguente.
382 appunti di metodi matematici della fisica
Esempio 17.9. Un sistema lineare ha un ingresso y e unuscita x che
soddisfano lequazione lineare
d
2
x
dt
2
+
dx
dt
+ x = a
dy
dt
+ by .
Allora la sua funzione di trasferimento
H(s) =
as + b
s
2
+ s +
(17.34)
Si osservi che il denominatore il polinomio caratteristico dellomo-
genea associata.
Nota Sebbene la funzione di trasferimento sia denita in termini di
risposta ad impulsi unitari, la si calcola facilmente in modo diretto
dalle equazioni differenziali del sistema, come nellesempio sopra.
Soluzione di 17.14. Le radici del de-
nominatore sono 3 e 1. Allora si
pone
P(s)
Q(s)
=
3s +7
(s 3)(s +1)
=
A
s 3
+
B
s +1
Si possono determinare A e B con
il metodo algebrico usuale o con il
seguente metodo meno noioso. Si
moltiplichino ambo i membri delle-
quazione sopra per (s 3) e si passi al
limite s 3:
lim
s3
(s 3)
P(s)
Q(s)
= A +lim
s3
(s 3)
B
s +1
= A +0 = A.
Allora
A = lim
s3
(s 3)
3s +7
(s 3)(s +1)
= lim
s3
3s +7
s +1
= 4 .
Analogamente,
B = lim
s1
(s +1)
3s +7
(s 3)(s +1)
= lim
s1
3s +7
s 3
= 1 .
Quindi
L
1
_
3s +7
s
2
2s 3
_
= 4L
1
_
1
s 3
_
L
1
_
1
s +1
_
= 4e
3t
e
t
.
17.6 Antitrasformata di funzioni razionali
Nelle applicazioni ai sistemi lineari, ci si trova di fronte al problema
di trovare lantitrasformata di Laplace di funzioni come la (17.34),
cio funzioni razionali P(s)/Q(s) dove P(s) e Q(s) sono polinomi.
Se il grado di P(s) minore di quello di Q(s), ogni funzione ra-
zionale pu essere espressa come somma di fratti semplici. Nel campo
reale essi hanno la forma
A
(as + b)
r
,
As + B
(as
2
+ bs + c)
r
, dove r = 1, 2, . . ..
Determinando lantitrasformata di ognuno dei fratti semplici, per
linearit, si arriva a determinare L
1
P(s)/Q(s).
Esercizio 17.14. Mostrare che
L
1
_
3s +7
s
2
2s 3
_
= 4e
3t
e
t
.
Esercizio 17.15. Mostrare che
5s
2
15s 11
(s +1)(s 2)
3
=
1/3
s +1
+
7
(s 2)
3
+
4
(s 2)
2
+
1/2
s 2
.
Esercizio 17.16. Mostrare che
s
2
+2s +3
(s
2
+2s +2)(s
2
+2s +5)
=
As + B
s
2
+2s +2
+
Cs + D
s
2
+2s +5
dove A = 0, B = 1/3, C = 0, D = 2/3.
Esercizio 17.17. Mostrare che lantitrasformata della funzione
dellesercizio 17.16
L
1
_
s
2
+2s +3
(s
2
+2s +2)(s
2
+2s +5)
_
=
1
3
(sin t +sin2t) .
la trasformata di laplace 383
Soluzione di 17.17.
L
1
_
s
2
+2s +3
(s
2
+2s +2)(s
2
+2s +5)
_
= L
1
_
1/3
s
2
+2s +2
+
2/3
s
2
+2s +5
_
=
1
3
L
1
_
1
s
2
+2s +2
_
+
2
3
L
1
_
1
s
2
+2s +5
_
=
1
3
L
1
_
1
(s +1)
2
+1
_
+
2
3
L
1
_
1
(s +1)
2
+4
_
=
1
3
e
t
sin t +
2
3
1
2
e
t
sin2t
=
1
3
(sin t +sin2t)
Notare che nel penultimo passaggio
stata usata la formula (17.35).
Lesercizio 17.15 mostra che il calcolo di antitrasformate di funzio-
ni razionali richiede una formula per determinare L
1
1/(s a)
n
.
La formula
L
1
_
1
(s a)
n
_
= e
at
t
n1
(n 1)!
(17.35)
ed conseguenza delle equazioni (17.16) e (17.19), ma pu anche es-
sere ottenuta direttamente dalla denizione di trasformata di Laplace
(esercizio). una formula molto utile, da tenere a mente.
Lesercizio 17.17 mostra che i fratti quadratici nello sviluppo in
fratti semplici, dopo qualche massaggio, possono essere ricondotti a
funzioni trigonometriche. Questa complicazione pu essere evitata se
consideriamo sviluppi in fratti semplici a coefcienti complessi. Per
il teorema fondamentale dellalgebra, numeratore e denominatore di
una funzione razionale sono sempre fattorizzabili nei complessi:
F(s) =
P(s)
Q(s)
= k
(s z
1
)(s z
2
) (s z
m
)
(s p
1
)(s p
2
) (s p
n
)
. (17.36)
Le costanti complesse z
1
, z
2
, . . . , z
m
e p
1
, p
2
, . . . , p
n
sono dette, rispet-
tivamente, zeri e poli della funzione F(s); k una costante. Se il grado
di P(s) minore di quello di Q(s) e i poli sono tutti distinti, allora
F(s) ha la decomposizione in fratti semplici
F(s) =
A
1
s p
1
+
A
2
s p
2
+ . . . +
A
n
s p
n
. (17.37)
Le costanti A
k
si determinano sfruttando il metodo utilizzato nella
risoluzione dellesercizio 17.14 e applicando la regola dellHospital:
A
k
= lim
sp
k
(s p
k
)F(s) = lim
sp
k
(s p
k
)
P(s)
Q(s)
= lim
sp
k
P(s)
_
s p
k
Q(s)
_
= lim
sp
k
P(s) lim
sp
k
_
s p
k
Q(s)
_
= P(p
k
) lim
sp
k
1
Q
/
(p
k
)
=
P(p
k
)
Q
/
(p
k
)
,
dove Q
/
(p
k
) la derivata di Q(s) calcolata per s = p
k
. Quindi la
(17.37) pu essere riscritta nella forma
F(s) =
n

k=1
P(p
k
)
Q
/
(p
k
)
1
s p
k
. (17.38)
Usando la (17.35) per n = 1, si ottiene
f (t) = L
1
F(s) =
n

k=1
P(p
k
)
Q
/
(p
k
)
e
p
k
t
(17.39)
Questa formula molto utile detta teorema o formula di sviluppo di
Heaveside.
384 appunti di metodi matematici della fisica
Esempio 17.10. Deterrminiamo L
1
_
3s +1
(s 1)(s
2
+1)
_
. Si ha P(s) =
3s + 1, Q(s) = (s 1)(s
2
+ 1) I poli della funzione razionale da
invertire sono gli zeri di Q(s), cio, 1, i, i. La derivata di Q(s)
Q
/
(s) = 3s
2
2s +1. Allora per la (17.39), lantitrasformata
L
1
_
3s +1
(s 1)(s
2
+1)
_
=
P(1)
Q
/
(1)
e
t
+
P(i)
Q
/
(i)
e
it
+
P(i)
Q
/
(i)
e
it
=
4
2
e
t
+
3i +1
2 2i
e
it
+
3i +1
2 +2i
e
it
= 2e
t
2Re
_
3i +1
2 +2i
e
it
_
= 2e
t
2Re
_
(3i +1)(2 2i)
8
e
it
_
= 2e
t

1
4
Re(8 +4i)(cos t + i sin t)
= 2e
t
2 cos t +sin t
Supponiamo adesso che non tutti poli siano distinti, ma ce ne sia
uno solo, p, di molteplicit n. Come prima, si assuma che grado di
P(s) sia minore di quello di Q(s) = (s p)
n
. Allora
F(s) =
P(s)
Q(s)
=
P(s)
(s p)
n
=
A
1
(s p)
+
A
2
(s p)
2
+ . . .
A
n
(s p)
n
(17.40)
La regola per determinare i coefcienti A
k
si indovina facilmente
considerando
(s p)
n
F(s) = (s p)
n
_
A
1
(s p)
n1
+ . . . A
n1
(s p) + A
n
(s p)
n
_
= A
1
(s p)
n1
+ A
2
(s p)
n2
+ . . . + A
n1
(s p) + A
n
.
Allora A
n
semplicemente (s p)
n
F(s) calcolato per s = p o, pi
precisamente il suo limite per s che tende a p. Per trovare A
n1
oc-
correr derivare (s p)
n
F(s) una volta e poi calcolare in s = p. Si
ha infatti Analogamente, per trovare A
n2
occorrer derivare due
volte e poi calcolare in s = p, tenuto conto del fattore 2, dovuto alla
derivazione. Risalendo al termine n k-esimo, si ottiene la formula
A
nk
= lim
sp
1
k!
d
k
ds
k
(s p)
n
F(s) ,
che pu essere riscritta nella variabile j = n k:
A
j
= lim
sp
1
(n j)!
d
nj
ds
nj
(s p)
n
F(s) j = 1, . . . , n (17.41)
Il termine A
1
chiamato residuo di F(s) in s = p ed denotato
ResF(s), p. Una volta che sono stati calcolati gli A
j
mediante la
la trasformata di laplace 385
(17.41), si pu usare la (17.35) per invertire la (17.40), ottenedendo
L
1
F(s) = e
pt
n

j=1
A
j
t
j1
(j 1)!
(17.42)
Se la funzione razionale F(s) = Q(s)/P(s) contiene poli di diversa
molteplicit e poli semplici, si combinano le decomposizioni (17.37)
e (17.40) per linearit. Il problema dellinversione di una qualunque
funzione razionale F(s) = Q(s)/P(s), con il grado di P(s) minore
del grado di Q(s) dunque completamente risolto. Se il grado di
P(s) maggiore del grado di Q(s) occorre dividere
1
P(s) per Q(s),
1
Algoritmo euclideo di divisione di
polinomi, che si assume noto dalle
scuole superiori.
che d P(s) = E(s) + R(s), dover R(s), il resto della divisione, un
polinomio di grado inferiore a quello di P(s). Quindi
P(s)
Q(s)
= E(s) +
R(s)
Q(s
.
Poich il grado di R(s) minore del grado di Q(s), per R(s)/Q(s)
si usano le formule ottenute sopra. Per quel che riguarda il polino-
mio E(s), esso non corrisponde a trasformate di Laplace di funzioni
vere e proprie perch queste devono tendere a zero per s che tende
allinnito (vedere sotto). Le antitrasformate di s
n
sono associate a
funzioni intese in senso generalizzato, ad esempio, n = 0 corrisponde
allimpulso unitario e n = 1 alla sua derivata.
17.7 Funzioni particolari
La funzione gamma Per x > 0, la funzione gamma denita da
(x) =
_

0
t
x1
e
t
dt . (17.43)
Vale la formula di ricorrenza
(x +1) = x(x) dove (1) = 1 . (17.44)
Se x un intero, dalla (17.44) segue che
Dimostrazione della (17.44).
(x +1) =
_

0
t
x
e
t
dt
=
_
t
x
(e
t
)

t=0

_

0
(xt
x1
)(e
t
)dt
= x
_

0
t
x1
e
t
dt = x(x) .
(n +1) = n(n 1)(n 2) 1 = n!
per cui la funzione gamma una generalizzazione del fattoriale. Per
questo motivo la funzione gamma anche detta funzione fattoriale. Per
x reale negativo si pu denire (x) come
(x) =
(x +1)
x
386 appunti di metodi matematici della fisica
Ecco il graco di (x):
9
8
7
6
5
4
3
2
1
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
4 3 2 1 1 2 3 4 5
x
Soluzione di 17.18.

_
1
2
_
=
_

0
t
1/2
e
t
dt (posto t = u
2
)
=
_

0
u
1
e
u
2
2udu
= 2
_

0
e
u
2
du =

,
dove, nellultimo passaggio, si usato
la (5.56).
Soluzione di 17.19 e 17.20.
Lt
x
=
_

0
t
x
e
st
dt (posto st = u, s > 0)
=
_

0
_
u
s
_
x
e
u
d
_
u
s
_
=
1
s
x+1
_

0
u
x
e
u
du =
(x +1)
s
x+1
.
Per x = 1/2 si ottiene
L
_
1

t
_
=
(1/2)
s
1/2
=
_

s
,
avendo usato il valore di (1/2)
ottenuto nellesercizio predente.
Esercizio 17.18. Dimostrare che
_
1
2
_
=

.
Esercizio 17.19. Dimostrare che Lt
x
=
(x +1)
s
x+1
, per x > 1,
s > 0.
Esercizio 17.20. Dimostrare che L
_
1

t
_
=
_

s
, per s > 0.
Commento allesercizio 17.20 Si osservi che per quanto f (t) = 1/

t
non soddis le condizioni sufcienti del criterio (17.3), la sua trasfor-
mata di Laplace esiste comunque. In effetti, le condizioni di esistenza
possono essere indebolite richiedendo che la funzione f (t) sia gene-
ralmente continua in qualunque intervallo limitato in [a, ], a > 0
e permettendo che essa possa divergere in 0, a patto che che la sua
trasformata di Laplace converga come integrale improprio, il che
garantito se per t che tende ad 0, f (t) di ordine x
p
, per p < 1, cio
se vale la (5.48).
La funzione degli errori La funzione degli errori denita come
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
3 2 1 0 1 2 3
t
Figura 17.1: Funzione degli errori
erf(t) =
2

_
t
0
e
u
2
du
ed collegata allarea della curva normale in probabilit. Il fattore
2/ in fronte serve a garantire che larea totale valga 1. La funzione
degli errori complementare, denotata erfc denita come
erfc(t) = 1 erf(x) =
2

_

t
e
u
2
du
la trasformata di laplace 387
Esercizio 17.21. Dimostrare che L
_
erf(

t)
_
=
1
s

s +1
.
Soluzione. In primo luogo osserviamo che per cambiamento di
variabili v = u
2
, si ha
erf(

t) =
2

_

t
0
e
u
2
du =
_
t
0
e
v

v
dv
Dallesercizio 17.20 sappiamo che
L
_
1

t
_
=
1

s
.
Allora, per la prima propriet della traslazione, si ottiene L
_
e
at
f (t)
_
= F(s a)
L
_
e
t

t
_
=
1

s +1
e la trasformata di Laplace degli integrali fornisce
L
_
_
t
0
f (u)du
_
=
F(s)
s
L
_
_
t
0
e
u

u
du
_
=
1
s

s +1
Ma, per quanto visto allinizio,
_
t
0
e
u

u
du = erf(

t) .
Quindi 1/(s

s +1) la trasformata di Laplace di erf(

t).
Esercizio 17.22. Dimostrare che L
_
erfc
_
a
2

t
__
=
1
s
e
a

s
.
Soluzione. Possiamo applicare la regola della trasformata di Laplace
di integrali per invertire la trasformata di Laplace, se sappiamo calco-
lare lantitrasformata di e
a

s
. La calcoliamo, ponendo per semplicit
a = 1.
Sia Y = e

s
, allora Y
/
=
e

s
2s
1/2
, Y
//
=
e

s
4s
+
e

s
4s
3/2
. Allora
4sY
//
+2Y
/
Y = 0
Ora, Y
//
= L
_
t
2
y
_
, per cui sY
//
= L
_
d
dt
[t
2
y]
_
= L
_
t
2
y
/
+2ty
_
. Si
Lt
n
f (t) = (1)
n
d
n
ds
n
F(s)
ha inoltre Y
/
= Lty. Quindi lequazione differenziale per Y pu
essere riscritta nella forma
4L
_
t
2
y
/
+2ty
_
2Lty LY = 0 ovvero 4t
2
y
/
+ (6t 1)y = 0
che a sua volta pu essere riscritta nella forma
dy
y
+
6t 1
4t
2
dt = 0 ovvero ln y +
3
2
ln t +
1
4t
= c
1
388 appunti di metodi matematici della fisica
da cui
y =
c
t
3/2
e
1/(4t)
Occorre determinare la costante c. Ora ty =
c
t
1/2
e
1/(4t)
e
Lty =
d
ds
Ly
Quindi
Lty =
d
ds
Ly =
d
ds
e

s
=
e

s
2

s
Per valori elevati di t
L
_
1

t
_
=
_

s
ty
c
t
1/2
e Lty
c

s
1/2
Per valori piccoli di s
e

s
2

s

1
2

s
per il teorema del valore nale
lim
t
f (t) = lim
s0
sF(s)
lim
t
c

t
1/2
= lim
s0
s
1
2

s
= c =
1
2

Ne segue che
L
1
_
e

s
_
=
1
2

t
3/2
e
1/(4t)
da cui
Lf (at) =
1
a
F
_
s
a
_
L
1
_
e
a

s
_
=
a
2

t
3/2
e
a
2
/(4t)
Consideriamo adesso
1
s
e
a

s
. Per la regola della trasformata di
Laplace di integrali
L
_
_
t
0
f (u)du
_
=
F(s)
s
L
1
_
1
s
e
a

s
_
=
_
t
0
a
2

u
3/2
e
a
2
/(4u)
du
=
2

_

a/(2

t)
e
v
2
dv posto u =
1
2av
2
= erfc
_
a
2

t
_
17.8 Applicazioni ai problemi al contorno
Esempio 17.11. Consideriamo il problema al contorno di condu-
zione del calore sulla semiretta R
+
con condizioni al contorno non
la trasformata di laplace 389
omogenee nellorigine e dato iniziale la funzione nulla.
_

_
u(x, t)
t
= D

2
u(x, t)
x
2
x R
+
, t R
+
[u(x, t)[ < M limitatezza della soluzione
u(x, 0) = 0 CI
u(0, t) =
0
CC
(17.45)
La procedura di soluzione riassunta dal seguente schema:
L
_
u
//
(t)
_
= s
2
U(s) su(0) u
/
(0)
1
u(x, t)
t
= D

2
u(x, t)
x
2

soluzione
4
u(x, t) =
0
erfc
_
x
2

Dt
_

_L

L
1
2
d
2
U
dx
2

s
D
U = 0
soluzione

3
U(x, s) =

0
s
e

s/Dx
Nel passaggio da
1
a
2
, abbiamo usato la propriet della deri-
vata della trasformata di Laplace e la condizione iniziale f (x) = 0.
Nel passaggio da
2
a
3
, abbiamo usato la condizione di limitatez-
za e scartato la soluzione che esplode, imposto la CC, tenuto conto
che la trasformata di Laplace della funzione costante
0

0
/s. Nel
passaggio da
3
a
4
abbiamo usato il riusultato dellesercizio 17.22.
Landamento della soluzione trovata mostrato nella gura a lato.
x
t = 0+
t = 1
t = 2
t = 10
t = 100
0
Figura 17.2: Andamento nel corso del
tempo di
0
erfc (x/(2

Dt)).
Esempio 17.12. Consideriamo il problema al contorno non omogeneo
per lequazione delle onde:
_

_
1
c
2

2
u(x, t)
t
2
=

2
u(x, t)
x
2
x R
+
, t R
+
[u(x, t)[ < M limitatezza della soluzione
u(x, 0) = 0 ,
t
u(x, 0) = 0 CI
u(0, t) = h(t) t R
+
CC
(17.46)
Sia Lu(x, t) = U(x, s) e Lh(t) = H(s) Allora:
1
1
c
2

2
u(x, t)
t
2
=

2
u(x, t)
x
2

soluzione
4
u(x, t) = h
_
t
x
c
_
u
_
t
x
c
_

_L

L
1
2
d
2
U
dx
2

s
2
c
2
U = 0
soluzione

3
U(x, s) = H(s)e
(s/c)x
Nel passaggio da
1
a
2
, abbiamo usato la propriet della derivata
della trasformata di Laplace per derivazione e le condizioni iniziali.
Nel passaggio da
2
a
3
, abbiamo usato la condizione di limita- Seconda propriet della traslazione. Se
g(t) = f (t a)u(t a), allora
Lg(t) = e
as
F(s)
tezza e scartato la soluzione che esplode, imposto la CC (che in tra-
sformata di Laplace diventa la condizione iniziale per x = 0). Il
passaggio da
3
a
4
, usa la seconda propriet della traslazione.
390 appunti di metodi matematici della fisica
Tavola di trasformate di Laplace
f (t) Lf (t) = F(s)
1
1
s
(TL1)
e
at
f (t) F(s a) (TL2)
u(t a)
e
as
s
(TL3)
f (t a)u(t a) e
as
F(s) (TL4)
(t) 1 (TL5)
(t t
0
) e
st
0
(TL6)
t
n
f (t) (1)
n
d
n
F(s)
ds
n
(TL7)
f
/
(t) sF(s) f (0) (TL8)
f
(n)
(t) s
n
F(s) s
n1
f (0)
f
(n1)
(0) (TL9)
_
t
0
f (x)g(t x)dx F(s)G(s) (TL10)
t
n
(n Z)
n!
s
n+1
(TL11)
t
x
(x 1 R)
(x +1)
s
x+1
(TL12)
sin kt
k
s
2
+ k
2
(TL13)
cos kt
s
s
2
+ k
2
(TL14)
e
at
1
s a
(TL15)
sinh kt
k
s
2
k
2
(TL16)
cosh kt
s
s
2
k
2
(TL17)
e
at
e
bt
a b
1
(s a)(s b)
(TL18)
f (t) Lf (t) = F(s)
ae
at
be
bt
a b
s
(s a)(s b)
(TL19)
te
at
1
(s a)
2
(TL20)
t
n
e
at
n!
(s a)
n+1
(TL21)
e
at
sin kt
k
(s a)
2
+ k
2
(TL22)
e
at
cos kt
s a
(s a)
2
+ k
2
(TL23)
e
at
sinh kt
k
(s a)
2
k
2
(TL24)
e
at
cosh kt
s a
(s a)
2
k
2
(TL25)
t sin kt
2ks
(s
2
+ k
2
)
2
(TL26)
t cos kt
s
2
k
2
(s
2
+ k
2
)
2
(TL27)
t sinh kt
2ks
(s
2
k
2
)
2
(TL28)
t cosh kt
s
2
k
2
(s
2
k
2
)
2
(TL29)
sin at
t
arctan
a
s
(TL30)
1

t
e
a
2
/4t
e
a

s
(TL31)
a
2

t
3
e
a
2
/4t
e
a

s
(TL32)
erfc
_
a
2

t
_
e
a

s
s
(TL33)
la trasformata di laplace 391
Problemi
Problema 17.1. Determinare la trasformata di
Laplace F(s) di ciascuna delle seguenti funzioni f (t)
denite su (0, ).
1. (at + b)
2
2. cosh t
3. sin
2
t
4. sin t cos t
5. t sinh t
6. 1/

t
Problema 17.2. Determinare lantitrasformata di
Laplace L
1
F(s) delle seguenti funzioni
1.
a
s + b
2.
2s 5
s
2
9
3.
1
s
2
+2s
4.
1
s
3/2
5.
e
3s
+ e
s
s
6. ln
_
s + a
s + b
_
7.
1
(s +1)(s 2)
2
8.
1
(s
2
+1)
2
9.
e
a

s
s
Problema 17.3. Usare la trasformata di Laplace
per risolvere lequazione integrale
_
t
0
(t u)
3
g(u)du = f (t)
nellincognita g. Stabilire quali condizioni deve
soddisfare f afnch il metodo sia attendibile.
Problema 17.4. Usare la trasformata di Laplace
per ottenere la soluzione dellequazione delle onde

2
f
x
2
=
1
v
2

2
f
t
2
x > 0 , t > 0 ,
soggetta alla condizione al contorno
f (0, t) = cos
2
t t 0
e alle condizioni iniziali
f (x, 0) = 0 ,
f
t
(x, 0) = 0
Parte III
Metodi di analisi complessa
Indice
18 Funzioni analitiche 399
18.1 Trasformazioni analitiche del piano 399
18.2 Conforme = analitico 402
18.3 Differenziabilit complessa e funzioni analitiche 403
18.4 Integrazione complessa 404
18.5 Circuitazione e Flusso 405
18.6 Signicato sico delle funzioni analitiche 407
18.7 Teorema e formula di Cauchy 410
18.8 Sfera di Riemann e andamento dei campi allinnito 411
18.9 Conseguenze del teorema di Cauchy 415
Problemi 419
Soluzioni 421
19 Teorema dei residui e calcolo di integrali 427
19.1 Antiderivata di una funzione analitica 427
19.2 Il teorema dei residui 430
19.3 Residui e singolarit di una funzione 432
19.4 Calcolo di integrali con il metodo dei residui I 434
19.5 Calcolo di integrali con il metodo dei residui II 440
19.6 Estensione del teorema e della formula di Cauchy 445
Tavola riassuntiva delle singolarit di una funzione 450
Problemi 451
398 appunti di metodi matematici della fisica
Soluzioni 453
20 Il cuore della teoria delle funzioni analitiche 459
20.1 Multifunzioni, punti di diramazione e rami 459
20.2 Rilevanza per le serie di potenze 466
20.3 Integrale di una funzione con punti di diramazione 468
20.4 Sviluppo in serie di Taylor 469
20.5 Sviluppo in serie di Laurent 471
20.6 Prolungamento analitico 474
20.7 La funzione zeta di Riemann

477
20.8 Il teorema di rappresentazione di Riemann 480
Problemi 483
Soluzioni 485
21 Miscellanea di applicazioni 497
21.1 Serie di Fourier, Taylor e Laurent 497
21.2 Trasformate di Fourier 502
21.3 Trasformate di Laplace 504
21.4 Segnali a banda limitata e teorema di Whittaker-Shannon 507
21.5 Formule di Poisson e relazioni di KramersKronig 510
21.6 Il problema di Dirichlet per funzioni armoniche nel piano 513
21.7 Soluzione di Sommerfeld del problema di Keplero 516
21.8 Equazione delle onde 518
21.9 Flussi irrotazionali di uidi perfetti nel piano 521
Problemi 522
Soluzioni 523
18
Funzioni analitiche
Indice
18.1 Trasformazioni analitiche del piano 399
18.2 Conforme = analitico 402
18.3 Differenziabilit complessa e funzioni analitiche 403
18.4 Integrazione complessa 404
18.5 Circuitazione e Flusso 405
18.6 Signicato sico delle funzioni analitiche 407
18.7 Teorema e formula di Cauchy 410
18.8 Sfera di Riemann e andamento dei campi allinnito 411
18.9 Conseguenze del teorema di Cauchy 415
Problemi 419
Soluzioni 421
18.1 Trasformazioni analitiche del piano
Le funzioni di variabile complessa a valori complessi sono trasfor-
mazioni del piano complesso in s stesso. In quanto tali, sono in
corrispondenza uno a uno con trasformazioni F : R
2
del piano
reale in se stesso. Vale a dire, alla funzione F : C C, w = F(z) =
u(x, y) + iv(x, y) , z = x + iy si pu associare il campo vettoria-
le F = (u, v) oppure il campo vettoriale F = (u, v). Viceversa, al
campo F = (u, v) si pu associare la funzione complessa F = u + iv
oppure la funzione complessa F = u iv. Fatta una di queste scelte,
la corrispondenza tra funzioni complesse e campi vettoriale sul piano
400 appunti di metodi matematici della fisica
biunivoca. Consideriamo ad esempio, F(z) = z
2
.
x
y
u
v
z
2

Allora le componenti reali sono determinate dalla relazione


u + iv = w = z
2
= (x + iy)
2
= (x
2
y
2
) + i2xy ,
cio u = x
2
y
2
, v = xy .
Rtorniamo adesso alle trasformazioni lisce del piano in s stesso
del capitolo 5, in particolare agli esempi 5.1 e 5.2. Per comodit,
riportiamo le gure 5.3 e 5.4 che ne illustrano la struttura locale.
f(r)
r
F

(r)

R
2
R
2
e1
e2
f1 f2
F(r)
r
F

(r)

R
2
R
2
(a) (b)
Figura 18.1: La (a) illustra il caso
generico: i due vettori ortogonali e
1
(in rosso) e e
2
(in blu) sono trasformati
dalla derivata F
/
(r) nei vettori f
1
e
f
2
di diversa lunghezza e con angoli
di rotazione differenti, vale a dire,
lamplicazione e la rotazione sono
diverse per diversi vettori innitesimi
nel punto z La (b) illustra il caso in cui
leffetto locale della trasformazione
una dilatazione combinata con una
rotazione ortogonale, per cui un cerchio
trasformato in un cerchio (in generale
di raggio differente).
dz
w z
w +dw
f
Figura 18.2: Signicato geometrico di
dw = f
/
(z)dz.
Leffetto locale delle trasformazione, cio leffetto sui vettori in-
nitesimi nel punto z quello illustrato in gura 18.2: una rotazione
funzioni analitiche 401
combinata con uno stiramento che per brevit chiameremo stiro-
giro. In generale, lamplicazione e la rotazione sono diverse per di-
versi vettori innitesimi nel punto z, come ne caso (a). Quando sono
le stesse come in (b) (si veda anche la gura 18.3), la trasformazione
f detta analitica o olomorfa.
Le trasformazioni analitiche sono precisamente quelle
il cui effetto locale uno stiro-rotazione: tutti i vettori
innitesimi che emanano da un singolo punto sono
amplicati e ruotati nello stesso modo.
(18.1)
f
Figura 18.3: Azione locale di una
funzione analitica: i tre vettori a sinistra
sono tutti e e tre ruotati dello stesso
angolo e allungati della stessa quantit.
Si osservi che se una trasformazione analitica, cerchi e quadrati
innitesimi si trasformano rispettivamente in cerchi e quadrati in-
nitesimi, come illustrato dalla gura della pagina precedente per
F(z) = z
2
(in generale, questo non vale per cerchi e quadrati niti,
che risultano deformati).
Uno stiro-giro locale in z la moltiplicazione per un numero
complesso che dipende da z e che denoteremo F
/
(z),
dw = F
/
(z)dz . (18.2)
La funzione F
/
(z) detta la derivata complessa della funzione F nel
punto z. (dz espanso di [F
/
(z)[ e ruotato di arg[F
/
(z)]). La derivata
complessa in corrispondenza uno a uno con la derivata reale
F
/
(r) =
_
u
x
u
y
v
x
v
y
_
del campo vettoriale associato. Se la funzione analitica, F
/
(r) uno
stiro-giro, cio la composizione di una dilatazione (o compressione) e
di una rotazione e quindi della forma
F
/
(r) =
_
u
x
u
y
v
x
v
y
_
=
_
cos sin
sin cos
_
=
_
a b
b a
_
, (18.3)
dove > 0 e sono in generale funzioni del punto. Per confronto, si
ottengono le equazioni di Cauchy-Riemann
u
x
=
v
y
,
v
x
=
u
y
che forniscono un criterio per riconoscere una funzione analitica.
Esempi
f (z) = z
2
analitica e f
/
(z) = 2z (incluso z = 0, dove per langolo
viene raddoppiato).
402 appunti di metodi matematici della fisica
f (z) = z non analitica: lo stiramento uguale per tutti (e vale 1),
ma la rotazione no: la gura 18.4 mostra che deve essere ruotato
di 2 per ottenere un vettore immagine con angolo . Quindi
differenti vettori devono essere ruotati di quantit differenti, e
quindi f (z) = z non una stiro-rotazione.
x
y

B
B
A
A
C
C
Figura 18.4: La coniugazione comples-
sa una riessione rispetto allasse
reale che preserva il valore assoluto
dellangolo, ma non il suo segno; non
analitica.
18.2 Conforme = analitico
Se una trasformazione F preserva langolo, incluso il suo segno, tra
qualunque coppia di curve che passano per il punto p, si dice che
la trasformazione conforme nel punto p. Se la trasformazione con-
forme in tutti i punti della regione in cui denita, si dice che la
trasformazione conforme. Se il valore numerico dellangolo preser-
vato, ma il segno invertito, la trasformazione detta anti-conforme.
Ad esempio, z z anticonforme. Stiro-rotazioni e traslazioni so-
no conformi (perch sono proprio le trasformazioni di similitudine
del piano euclideo, cfr. sezione 1.2, che come noto dalla geometria
elementare, lasciano intatti gli angoli).
Dalla (18.1) segue immediatamente che se una trasformazione
analitica, anche conforme. Cerchiamo di capire in che senso vale il
viceversa. Guardiamo la gura sotto.


p
F(p)
F

2
F(
1
)
F(
2
)
Figura 18.5: Trasformazione conforme.

a
b
c
A
B
C
Il triangolo nito (non innitesimo) abc trasformato conformemente
nel triangolo ABC: i lati si distorcono, ma gli angoli restano invariati.
Si immagini adesso, mediante trasformazione di scala, di comprimere
il triangolo abc verso un punto arbitrario dentro la regione. Mentre
facciamo questo, i lati delle immagini dei triangoli diventano sempre
pi linee rette, mentre gli angoli, ovviamente, non cambiano. Perci
un triangolo innitesimo a sinistra trasformato in un triangolo in-
nitesimo simile a destra. Quindi ottenuto mediante stiro-rotazione
dalloriginale. Quindi la trasformazione analitica. Perci, se una tra-
sformazione conforme in un intorno comunque piccolo del punto p, allora
analitica in p. In particolare,
funzioni analitiche 403
Linversione complessa z 1/z analitica (essendo conforme, cfr.
problema 20.13).
August Ferdinand Mbius (17901868)
stato un matematico tedesco. Noto
principalmente per la scoperta di una
supercie bidimensionale non orien-
tabile, il nastro di Mbius. Contribu
allo sviluppo della geometria proietti-
va, dove le trasformazioni di Mbius
svolgono un ruolo importante.
Le trasformazioni di Mbius
z
az + b
cz + d
sono analitiche (essendo conformi, cfr. problema 20.14).
Linversione z 1/z non analitica.
Si osservi che una funzione pu non essere conforme in un punto,
pur avendo derivata complessa in quel punto ed essendo analitica
in qualunque intorno di quel punto; per esempio, w = f (z) = z
2
conforme dappertutto eccetto che nei due punti critici z = 0 e
z = , dove gli angoli sono raddoppiati, ma derivabile nello 0 ed
analitica in qualunque dominio che contenga lo zero (per z = non
analitica). In generale:
Una funzione analitica f pu non essere conforme nei
punti critici della trasformazione, cio nei punti c in cui
f
/
(c) = 0.
(18.4)
18.3 Differenziabilit complessa e funzioni analitiche
La derivata , localmente, la moltiplicazione per il numero complesso
a + ib che rappresenta uno stiro-giro, quindi Per una funzione complessa f = u + iv
in un dominio U, le relazioni tra dif-
ferenziabilit reale (lesistenza dei
differenziali di u e v,) analiticit, equa-
zioni di Cauchy-Riemann e continuit
delle derivate prime di u e v sono
espresse dai seguenti teoremi:
(1) Le equazioni di Cauchy-Riemann
in U e la continuit delle derivate
prime di u e v in U sono condi-
zioni necessarie e sufcienti per
lanaliticit di f in U.
(2) Sia f differenziabile reale. Allora
f analitica se e solo se le equa-
zioni di Cauchy-Riemann sono
soddisfatte in tutto U.
Mentre (1) facile da dimostrare, (2)
non lo (teorema di Goursat). Un teo-
rema sorprendente che dimostreremo
nel seguito il seguente:
(3) Se f analitica, allora ha derivate
complesse di ogni ordine (cio, se f
derivabile una volta lo innite
volte).
f
/
(z) = a + ib =
u
x
+ i
v
x
=
x
(u + iv) =
f
x
Per Cauchy-Riemann abbiamo anche
f
/
(z) =
v
y
i
u
y
= i
y
(u + iv) = i
f
y
In altre parole
f
/
(z) = lim
x0
f (z + x) f (z)
x
= lim
y0
f (z + iy) f (z)
iy
,
il che non sorprendente, visto che lo stiro-giro dei vettori innitesimi
in z lo stesso per tutti, se la funzione analitica. Quindi, anche per un
arbitrario z in z, si avr
f
/
(z) = lim
z0
f (z + z) f (z)
z
. (18.5)
Se il limite (18.5) esiste in un sottoinsieme aperto U del piano
complesso, la funzione f detta differenziabile in senso complesso e
404 appunti di metodi matematici della fisica
sopra abbiamo dimostrato che dove f analitica, allora tale limite
esiste. Ma si pu dimostrare anche il vice-versa:
Una funzione f : U C detta analitica (o olomorfa)
su U se e solo se differenziabile in senso complesso
in ogni punto di U.
(18.6)
Dalla (18.5) si deducono le regole di calcolo della derivata com-
plessa e le propriet della derivata, che sono del tutto analoghe a
quelle della derivata reale, per esempio,
la regola di Leibniz ( f g)
/
= f
/
g + f g
/
e
a regola della funzione composta
dw
dz
=
dw
dz
dz
dz
regole di calcolo come
dz
n
dz
= nz
n1
,
d sin z
dz
= cos z ,
de
z
dz
= e
z
, . . .
o la regola di lHpital
lim
za
f (z)
g(z)
= lim
za
f
/
(z)
g
/
(z)
se lim
za
f (z) = lim
za
g(z) = 0 o .
18.4 Integrazione complessa
C z
1
z
2
Figura 18.6: Pi precisamente, la (18.7)
denita come limite di somme di
Riemann:
I
N
=
N

i
f (z
i
)z
i
= Re I
N
+ iIm I
N
,
dove le parti reale e immaginaria di I
N
convergono agli integrali di linea reali a
secondo membro della (18.7).
Sullintegrazione complessa in quanto tale c poco da dire. Anche
se non sembra, gi nota: dato un cammino regolare C nel piano
complesso dal punto z
1
al punto z
2
, e una funzione complessa f (z) =
u + iv, lintegrale di linea si f lungo C
_
C
f (z)dz =
_
C
(u + iv)(dx + idy) =
_
C
udx vdy + i
_
C
udy + vdx .
(18.7)
La nozione di integrale di una funzione complessa dunque ricon-
dotta a quella di integrale di linea nel piano, che si assume noto
dallanalisi reale. Le nozioni di continuit della curva e di regolarit
sono le stesse sia che si guardi il piano come C sia come R
2
.
f
f
t
n
C
dz

Figura 18.7: Relazioni angolari tra f,f, t,


n e dr.
C invece molto da dire sulla (18.7). Innanzi tutto, la riscriviamo
in modo che il suo signicato geometrico sia manifesto. Si introduca
il campo vettoriale
f = (u, v) . (18.8)
Allora
_
C
udx vdy =
_
C
udx + (v)dy =
_
C
f dr , dr tds = (dx, dy)
_
C
udy + vdx =
_
C
udy + (v)(dx) =
_
C
f n ds , n ds = (dy, dx)
funzioni analitiche 405
In queste formule, ds = [dr[ =
_
(dx)
2
+ (dy
2
) la lunghezza di
un arco di curva innitesimo; t e n sono rispettivamente il versore
tangente e il versore normale alla curva. Riassumendo,
_
C
f (z)dz =
_
C
f dr + i
_
C
f n ds . (18.9)
La ragione per cui alla f risulta associato in modo naturale non il
campo f = (u, v), ma il campo coniugato f = (u, v) linvarianza
per rotazioni del prodotto scalare complesso (1.2). Data una funzione
f = u + iv, la quantit invariante per rotazioni f dz = f dz e non
f dz. Ha quindi signicato geometrico invariante
f dz = (uiv)(dx +idy) = udx +vdy +i(udy vdx) = f dr +if nds ,
da cui
_
C
f dz =
_
C
f dz =
_
C
f dr + i
_
C
f nds ,
che esattamente la (18.9) con f e f scambiati di ruolo.
Figura 18.8: Ritratto di fase del campo
della funzione z z, cio del campo
vettoriale (x, y) (x, y), equivalente-
mente, del campo vettoriale f (z) = z.
Sono stati disegnati solo i vettori del
campo per punti sul cerchio unitario.
Figura 18.9: Ritratto di fase del campo
della funzione z z
2
cio del campo
(x, y) (x
2
y
2
, 2xy) (cfr. sezio-
ne 18.1), equivalentemente, del campo
vettoriale f (z) = z
2
. Sono stati disegnati
i vettori del campo per diverse distanze
dallorigine. La propriet nascosta nelle
altre visualizzazioni, ma qui del tutto
manifesta, linvarianza per rotazioni
di /3.
18.5 Circuitazione e Flusso
Consideriamo adesso il caso in cui il cammino dintegrazione sia un
circuito, descritto da una curva regolare (= la tangente esiste) semplice
(= non ci sono intersezioni) e chiusa C, come in gura 18.10. In par-
ticolare, questo signica che la regione di piano ! racchiusa da C
semplicemente connessa. Allora
_
C
f (z)dz =
_
C
f t ds + i
_
C
f n ds (18.10)
I due integrali a secondo membro della (18.10) sono noti: il primo
la circuitazione di f lungo la curva chiusa C,
(f, C)
_
C
f dr . (18.11)
Per il il teorema di Green-Stokes,
(f, C) =
__
!
f dS, (18.12)
dove dS il vettore elemento innitesimo di supercie nel piano
che sempre parallelo alla direzione verticale (immaginando il piano
complesso identicato con il piano xy dello spazio tridimensionale),
e quindi sempre nella stessa direzione di f. Questi due vettori
possono avere, al pi una discordanza di verso, e quindi
f dS = [f[dS .
Il secondo integrale della (18.10) il usso di f attraverso la curva
chiusa C,
(f, C)
_
C
f n ds =
__
!
f dS ,
406 appunti di metodi matematici della fisica
dove dS lelemento innitesimo di area (lanalogo in due dimensio-
ni del volume). Per la seconda uguaglianza stato usato il teorema
di Gauss in due dimensioni. (Siamo in due dimensioni e il bordo di
una regione una curva chiusa: si veda la gura 18.14 pi avanti, che
mostra che si tratta proprio del usso attraverso la supercie laterale
del cilindro con base C, quando si identica il piano complesso con il
piano xy dello spazio tri-dimensionale.) In denitiva,
_
C
f (z)dz = (f, C) + i (f, C) (18.13)
Siamo cos in grado di calcolare integrali di funzione complesse
lungo curve chiuse con metodi noti: basta calcolare circuitazione e
usso del loro campo coniugato.
inteso che nella (18.13) lorientamento della curva C positivo.
Ricordiamo la convenzione sullorientamento positivo: si dice che
il bordo C di una regione ! percorso in senso o verso positivo se
camminando lungo quella direzione, la regione risulta sempre a
sinistra. Per un cerchio la direzione positiva risulta essere quella
anti-oraria. La normale n la normale diretta verso lesterno, e quindi a
destra di chi cammina lungo C.
Figura 18.10: Curva regolare sem-
plice che racchiude una regione
semplicemente connessa.
C
1
C
2 C
3
R
Figura 18.11: Regione molteplicemente
connessa con bordo C = C
1
C
2
C
3
.
Lorientamento di C positivo se C
1

percorso in senso antiorario, e C
2
, C
3
in
senso orario.
La (18.13) vale anche per il contorno C = R di una regione mol-
teplicemente connessa R, cio quando Il contorno (o bordo) della
regione lunione di pi curve semplici, C = C
1
C
2
. . . (gu-
ra 18.11). In questo caso, lorientamento positivo di C ancora ssato
dalla regola ricordata sopra: questo richiede che le curve interne,
come C
2
e C
3
in gura 18.11, siano percorse in senso orario (per avere
la regione a sinistra).
utile rendere manifesta la natura algebrica dei cammini ed espri-
mere una curva chiusa che delimita una regione molteplicemente
connessa come somma algebrica delle curve che la delimitano piuttosto
che come unione: se la curva semplice C percorsa in senso anti-
orario, scriveremo +C o semplicemente C, e se percorsa in senso
orario, scriveremo C. Per esempio, per la curva C (non semplice)
che delimita la regione ! in gura 18.11, si ha
C = C
1
C
2
C
3
.
Per gli integrali vale allora la seguente regola
_
a
1
C
1
+a
2
C
2
+...
= a
1
_
C
1
+a
2
_
C
2
+. . . ,
dove a
1
, a
2
, . . . possono assumere i valori 1.
Esempio 18.1. Vediamo la (18.13) in un caso semplice. Calcoliamo
_
C
zdz
funzioni analitiche 407
per C curva chiusa attorno allorigine. Il campo coniugato associato a
f (z) = z f(r) = r. La circuitazione chiaramente zero, ma il usso
positivo (escono pi linee di forza, di quante ne entrino). In effetti, si
ha
r = 0
r = 2
Quindi
_
C
zdz = 2
__
!
dS = 2i/(C)
dove /(C) larea della regione di piano racchiusa da C.
Figura 18.12: Linee di forza del campo
vettoriale z r associato alla funzione
complessa z z. dal disegno ovvio
che la sua circuitazione nulla. Il
suo usso attraverso un cerchio di
raggio R pari alla sua divergenza
costante, uguale a 2, larea della
ragione racchiusa dal cerchio. Quindi
flusso = 2R
2
.
18.6 Signicato sico delle funzioni analitiche
Sorprendetemente, come aveva gi intravvisto dAlembert, si ha:
funzioni analitiche = campi solenoidali e irrotazionali nel
piano, vale a dire:
Il campo vettoriale coniugato della funzione comples-
sa H solenoidale (divergenza nulla) e irrotazionale
(rotore nullo) se e solo se H analitica.
(18.14)
Questa proposizione molto importante e la sua verica un sempli-
ce calcolo:
f =
x
(v)
y
u = (
x
v +
y
u)
f =
x
u +
y
(v) =
x
u
y
v
Quindi, divergenza e rotore si annullano se e solo se sono soddisfatte
le equazioni di Cauchy-Riemann.
Questo signica che possiamo attribuire alle funzioni analitiche un
signicato sico diretto e trasferire ad esse le conoscenze siche al
riguardo.
Figura 18.13: Linee di forza del campo
elettrico generato da una carica positiva
nel piano. Lorigine una sorgente.
Elettrostatica. Consideriamo il campo elettrico E nel piano in
condizioni stazionarie, e quindi governato dalle equazioni:
E = 0 ovunque
E = 0 dove non ci sono cariche
Al campo elettrico E = (E
x
, E
y
) quindi associata la funzione
analitica f (z) = E
x
iE
y
. Per la legge di Gauss si ha
(E, C) =
_
C
E n ds =

i
q
i
408 appunti di metodi matematici della fisica
e il come campo prodotto da una carica puntiforme q posta nellorigi-
ne
q
r
e
r
=
q
r
_
cos e
x
+sin e
y
_
(18.15)
La funzione complessa associata al campo elettrico prodotto da una
carica q posta nellorigine dunque
q
2r
(cos + i sin ) =
qe
i
2r
=
q
2z
Figura 18.14: Le cariche elettriche nel
piano vanno pensate come le sezioni di
li indeniti, perpendicolari al piano,
con densit lineare di carica costante,
come mostrato in gura. Il campo
elettrico generato da una carica nel
piano va dunque come 1/r e non come
1/r
2
.
Magnetostatica. Equazioni per il campo magnetico in condizioni
stazionarie:
B = 0 dove non ci sono correnti
B = 0 ovunque (non ci sono cariche magnetiche)
Possiamo procedere come prima, ma adesso i ruoli di circuitazione e
usso si scambiano: abbiamo cariche di circuitazione, cio correnti
I, e linee di usso prive di pozzi e sorgenti. Il campo generato da una
corrente I lungo un lo innitamente sottile passante per lorigine e
perpendicolare al piano (cfr. gura 18.15
Figura 18.15: Linee di forza del campo
magnetico generato da una corrente
elettrica che scorre lungo un lo inde-
nito perpendicolare al piano. Lorigine
un vortice.
I
r
_
sin e
x
+cos e
y
_
per cui la sua funzione complessa (coniugata) associata
i
I
z
= I
e
i(+/2)
r
Fluido perfetto stazionario. Equazioni per il campo di velocit
del uido:
V = 0 dove non ci sono vortici
V = 0 dove non ci sono pozzi o sorgenti
Per cariche (pozzi o sorgenti e vortici) puntiformi, oltre alle linee
di usso gi viste per campi elettrici e magnetici, adesso sono anche
possibili congurazioni tipo quella in gura 18.16, per cui lorigine
sia una sorgente sia un vortice.
Dipoli e quadrupoli. Il campo di una sorgente di carica q nel
piano posta nel punto P
Figura 18.16: Linee di forza di un uido
in moto vorticoso attorno allorigine.
Lorigine sia sorgente sia vortice.
q
2
1
z P
Un doppietto con sorgente di carica q in A e pozzo di di carica q in
B genera un campo
D =
q
2
1
z A
+
q
2
1
z B
funzioni analitiche 409
Supponiamo che pozzo e sorgente si avvicinino allorigine muoven-
dosi lungo una linea L che fa un angolo con lasse reale. La linea L
chiamata lasse di simmetria del dipolo. Poniamo A = e
i
= B.
Allora il campo del doppietto diventa
D =
q
2
1
z e
i
+
q
2
1
z + e
i
=
_
2qe
i
2
_
1
(z
2

2
e
i2
)
,
che tende a zero quando 0. Il campo di dipolo corrisponde a
tenere costante q(2) e quindi ad aumentare q quando la distanza di
separazione 2 diminuisce). Nel limite si ottiene
D =
[d[e
i
z
2
=
d
z
2
, dove d = [d[e
i
Il numero complesso d il momento di dipolo (un vettore). Sotto sono
riportati il s ritratto di fase del dipolo sul disco unitario (tratteggiato)
e landamento delle sue linee di forza. Il dipolo in gura ha = 0,
cio, il vettore associato diretto nel verso positivo dellasse reale.
Il gioco pu continuare: che cosa accade se fondiamo due dipoli
opposti, aumentando la loro intensit in modo che i loro campi non
si annichilino? La gura mostra la risposta
Ecco lalgebra che la chiarisce:
Q

= d
_
1
(z )
2

1
(z + )
2
_
= 4d
z
(z
2

2
)
2
0
Q =
p
z
3
, p = 4d
Questo un campo di quadrupolo con momento di quadrupolo
p. Ne segue che usso e circolazione di (1/z
3
) devono annulllarsi,
410 appunti di metodi matematici della fisica
essendo il campo di due dipoli innitamente vicini ciascuno dei
quali produce zero usso e zero circolazione ; lo stesso vale per il Dimostrazione n. 2 della formula di
Cauchy. Sia H(z) =
f (z)
z p
, dove
f (z) analitica. Poich H(z) analitica
eccetto che in p, rotore e divergenza del
campo H saranno nulli ovunque eccetto
che in p. Perci se C un un circuito
attorno a p, tutto il usso e circolazione
emanano da un piccolo intorno di p. Se
f (p) = A+iB, in questo piccolo intorno
(piccolo a piacere) avremo
H =
A iB
z p
= A
1
z p
B
i
z p
,
da cui
_
C
f (z)
z p
dz = (f, C) +
i (f, C) = 2B + i2A = 2i f (p) .
Dimostrazione n. 3 della formula di
Cauchy. Sia C

un piccolo cerchio di
raggio che circonda il punto p come
nella gura sotto.
C
C

p
Nella regione del piano tra la curva C e
la curva la funzione
f (z)
z p
analitica.
Il bordo di questa regione C C

.
Allora, per teorema di Cauchy, si ha
_
CC
f (z)
z p
=
_
C
f (z)
z p
dz +
_
C
f (z)
z p
dz = 0
Quindi
_
C
f (z)
z p
dz =
_
C
f (z)
z p
dz =
_
C
f (z)
z p
dz .
Ma il cerchio C

pu essere preso con


raggio arbitrariamente piccolo. Allora
_
C
f (z)
z p
dz f (p)
_
C
dz
z p
,
con che diventa =, nel limite
0. Calcoliamo lintegrale a secondo
membro, tenuto conto che z p = e
i
:
_
C
dz
z p
=
_
2
0
d(p + e
i)
e
i
=
_
2
0
d
_
e
i
_
e
i
=
_
2
0
d
_
e
i
_
e
i
=
_
2
0
ie
i
d
e
i
= i
_
2
0
d = 2i
Conclusione (nel limite 0):
_
C
f (z)
z p
= 2i f (p) .
campo di quadrupolo. Il gioco pu ancora continuare: fondendo due
quadrupoli si ottiene lottupolo (1/z
4
) e cos via.
Dipoli, quadrupoli, ottupoli etc. sono noti come multipoli e i loro
momenti sono noti come momenti di multipolo.
18.7 Teorema e formula di Cauchy
Questo teorema stabilisce quanto segue.
Sia f (z) analitica in una regione ! e sul suo bordo C.
Allora
_
C
f (z)dz = 0
(18.16)
il teorema pi importante dellanalisi complessa, ma, sorpren-
dentemente, risulta automaticamente dimostrato sulla base di quanto
stato esposto nora. Grazie alla (18.14), e ai teoremi di Gauss e Am-
pre (e di Green e Stokes) noti dalla sica e dallanalisi reale, non
richiesto alcun sforzo ulteriore per dimostrarlo.
Una sua conseguenza importante la formula di Cauchy, che otte-
niamo con un semplice ragionamento sico. Consideriamo il campo
elettrico generato da una carica q posta nellorigine in presenza di
altre cariche nel piano. Allora il il campo elettrico totale
E =
q
r
e
r
+E
ext
dove E
ext
il campo generato dalle altre cariche. Detta g(z) la funzio-
ne associata a E
ext
, la funzione complessa associata a E
q
z
+ g(z) =
q + zg(z)
z
Se prendiamo una curva C che racchiude solo lorigine, per la legge
di Gauss abbiamo
(E, C) =
_
C
E n ds = 2q
In generale
_
C
F(z)dz = (f, C) + i (f, C)
Quindi per F(z) =
q
z
+ g(z) si ha
_
C
q + zg(z)
z
dz = 2iq (18.17)
Osserviamo che g(z) analitica (perch il campo elettrico generato
da cariche fuori da C), ma per il resto arbitraria. Quindi quello che
funzioni analitiche 411
abbiamo a numeratore della funzione integranda una funzione
analitica f (z) nella regione racchiusa da C tale che f (0) = q, che
la quantit che compare a secondo membro moltiplicata per 2i.
Quindi, facendo astrazione dal signicato sico, quello che abbiamo
_
C
f (z)dz
z
= 2i f (0)
Aver posto la carica nellorigine era del tutto arbitrario, se in un
generico punto a, si ottiene
_
C
f (z)
z a
dz = 2i f (a)
(18.18)
Questa formula nota come formula di Cauchy e vale sotto lipotesi
che f (z) sia analitica allinterno e lungo una curva semplice chiusa
C; a un punto qualsiasi allinterno di C. Anche questa una pietra
miliare dellanalisi complessa e nel seguito vedremo come molte pro-
priet delle funzioni analitiche sono conseguenza di questa formula.
Il fatto che si condiderato q reale non essenziale: la formula vale
anche per q complesso (si vedano le altre dimostrazioni a margine.)
Bernhard Riemann (18261866) stato
un matematico tedesco la cui opera ha
avuto uninuenza profonda sullo svi-
luppo della matematica e della sica.
Ha dato contributi duraturi allanalisi
e alla geometria. Trasform la teoria
delle superci di Carl Friedrich Gauss
(17771855) nella moderna geometria
differenziale che alla base della teoria
della relativit generale. Matematico
con un profondo senso della sica,
fu il primo a pensare che la gravit
avrebbe potuto essere spiegata in ter-
mini delle propriet geometriche dello
spazio.
18.8 Sfera di Riemann e andamento dei campi allinnito
Man mano che z si allontana dallorigine (in qualunque direzione)
il punto 1/z si avvicina sempre pi allorigine. come se z si avvi-
cinasse and un singolo punto allinnito, scritto , la cui immagine
rispetto alla funzione 1/z lo zero (losservazione sembra banale, ma
merita un attimo di riessione: stiamo dicendo che non c un inni-
to di un tipo quando il movimento di z lungo lasse reale, un altro
lungo lasse immaginario e inniti altri quando si sceglie una qualun-
que altra direzione, come accade quando si considera lo spazio R
2
e
si passa allo spazio proiettivo reale). Perci, per denizione, questo
punto soddisfa le seguenti equazioni
1

= 0 ,
1
0
= . (18.19)
Laggiunta di questo singolo punto allinnito trasforma il piano
complesso nel cosiddetto piano complesso esteso C. Alcuni vantaggi
sono immediati, per esempio, possiamo dire che la funzione z
1/z unapplicazione uno-a-uno del piano complesso esteso su s
stesso. Se una curva passa per z = 0, allora (per denizione) la curva
immagine rispetto alla trasformazione z 1/z passa per il punto
allinnito. Viceversa, se la curva passa per 0, allora la curva originale
passa per .
412 appunti di metodi matematici della fisica
Tutto ci molto pulito, ma lascia un po perplessi. Siamo abituati
a pensare il simbolo associato ad un processo di limite, non come
un punto un ben denito. In effetti, le equazioni (18.19) sembrano in
conitto con quanto ci stato insegnato e con tutte le raccomanda-
zioni su come trattare il simbolo . La risposta bella e profonda di
Riemann a queste perplessit fu di interpretare i numeri complessi
non come punti sul piano, ma come punti su una sfera , la sfera di
Riemann appunto. Per vedere come questo sia possibile si posizioni
il piano complesso orizzontalmente, diciamo passante per lequatore
della sfera si orienti il piano complesso in modo tale che una rotazio-
ne di 90
0
dello spazio ruoti 1 in i. La sfera sia centrata nellorigine e
abbia raggio unitario. Dette X, Y, Z le coordinate spaziali e z = x + iy
un punto del piano complesso, la corrispondenza tra punti della sfera
e punti del piano data dalla proiezione stereograca illustrata nella
gura 18.17.
Figura 18.17: Proiezione stereograca:
(X, Y, Z), con il vincolo X
2
+ Y
2
+ Z
2
=
1, sono le coordinate di un punto sulla
sfera unitaria; z = x + iy un generico
punto nel piano complesso. La gura
mostra la corrispondenza tra queste
coordinate.
Le equazioni di trasformazione possono essere lette dalla gu-
ra 18.18, come semplice proporzionalit tra lati di triangoli simili,
1 : 1 Z = z : X + iY, da cui
z =
X + iY
1 Z
. (18.20)
O
X +iY Z
1
z
Figura 18.18: Sezione verticale della
proiezione sterograca.
Usando le coordinate sferiche X = sin cos , Y = sin sin , Z =
cos , si ottiene (esercizio) z = e
i
cot

2
. Si perviene alla stessa conclu-
sione dopo avere ragionato sui triangoli della gura 18.19 (dopo aver
funzioni analitiche 413
mostrato che langolo al polo Sud /2). La morale che in questo
modo diventato un punto come gli altri: il polo Nord della sfera!
O
X + iY Z
1
1
z

/2
Figura 18.19: Sezione verticale della
proiezione stereograca.
Poich grazie a Riemann linnito un punto come gli altri,
utile conoscere le propriet di una funzione nellintorno di questo
punto. Per studiare una funzione nellintorno di , si considera il
cambiamento di variabile =
1
z
e si studia la funzione g() = f (1/)
nellintorno di = 0.
Incominciamo con il campo pi noioso che ci sia: il campo costan-
te f = a associato funzione complessa f (z) = a, dove a un numero
complesso. Se pensiamo ad un uido e ci mettiamo nellorigine, co-
me se avessimo un ume di larghezza innita con un usso dacqua
costante che arriva dallorizzonte nella direzione a per poi andare
verso lorizzonte nella direzione +a, come se allinnito ci fosse sia
una sorgente sia un pozzo. Similmente, se pensiamo in termini di
campo elettrico, come se avessimo un campo generato allinnito
da una carica le cui linee di forza diventano parallele al nito per poi
nire in una carica di segno opposto, anchessa allinnito.
Per capire landamento allinnito del campo costante, proiet-
tiamo stereogracamente le linee di usso del campo sulla sfera di
Riemann. Invertendo la (18.20) si ottiene
X + iY =
2x + i2y
1 + x
2
+ y
2
Z =
x
2
+ y
2
1
x
2
+ y
2
+1
(18.21)
Applicando questa trasformazione a due linee di usso, si ottengono
due cerchi passanti per il polo nord della sfera di Riemann (cio per
il punto allinnito):
414 appunti di metodi matematici della fisica
(la gura stata ottenuta con un programmino numerico, ma ci si
pu convincere di questo studiando come la (18.21) trasforma rette
nel piano). Le due rette in gura sono nel I quadrante; passando
al quarto, le rette si trasformeranno in cerchi che sono immagine
speculare dei primi. In breve, landamento del campo allinnito
quello di un dipolo!
Per una funzione analitica, fatta eventualmente eccezione per z =
, al di fuori del cerchio C
R
di raggio R (orientato positivamente),
la natura della singolarit allinnito la stessa della natura della
singolarit di f (1/w) in w = 0. Per capire quale sia questa natura,
consideriamo la circuitazione e il usso allinnito
_
C
R
f (z)dz =
_
C
R
f (z)dz . (18.22)
Mediante il cambiamento di variabile w = 1/z lintegrale a secondo
membro trasformato nellintegrale di contorno nel piano w,
_
C
R
f (z)dz =
_
C
1/R
1
w
2
f
_
1
w
_
dw =
_
C
1/R
1
w
2
f
_
1
w
_
dw. (18.23)
C
R
R

O
Figura 18.20: Tutte le singolarit sono
dentro al cerchio C
R
.
(Si osservi che la prima uguaglianza segue dal fatto che limmagine
del cerchio [z[ = R rispetto allinversione w = 1/z, il cerchio
dato da [w[ = 1/R percorso nel senso orario (e ovviamente da dz =
[1/w
2
] dw).) Questa formula fornisce la funzione
g(w) =
1
w
2
f
_
1
w
_
(18.24)
da utilizzare per descrivere, in un intorno di w = 0, i ussi e le
circuitazioni nellintorno di z = . Per f costante e uguale a a, si
ha g(w) = a/w
2
, e sopra abbiamo visto che il campo associato a
questa funzione proprio quello di un dipolo.
Se adesso consideriamo il campo coulombiano associato alla fun-
zione q/z, cio il campo di una carica q posta nellorigine e lo pro-
iettiamo stereogracamente sulla sfera, vediamo che linee di forza
radiali che emanano dallorigine diventano meridiani che convergono
al polo nord, come nella gura sotto.
Nuovamente, questo ci che segue dalla (18.24), poich in questo
caso si ha g(w) =
1
w
2
qw =
q
w
. Quindi un campo coulombiano al-
linnito ancora coulombiano, ma con una carica di segno opposto.
Questo cambiamento di segno ci che garantisce la conservazio-
ne del usso: per una sorgente nellorigine ci deve essere un pozzo
allinnito, che proprio ci che mostra la gura sopra. Detto in al-
tri termini, il campo elettrico associato ad una carica elettrica nellorigine
induce una carica immagine allinnito.
funzioni analitiche 415

L
K
R
C
A
E
B
F
Figura 18.21: In alto la regione mol-
teplicemente connessa ! con bordo
K L che, per deformazione del bordo,
trasformata nella regione in basso
delimitata dalla curva semplice C.
18.9 Conseguenze del teorema di Cauchy
Teorema di deformazione Una prima conseguenza del teorema
di Cauchy la seguente: il valore dellintegrale di contorno
_
C
f (z)dz
non cambia se la curva chiusa C deformata a piacere, purch la deforma-
zione avvenga passando sempre per punti analitici della funzione f (z).
Chiamiamo questo fatto teorema di deformazione (la dimostrazione
ovvia) e illustriamolo con lesempio mostrato nella gura sotto.

L
K J
Se f (z) ovunque analitica eccetto che nei due poli mostrati in
gura, allora la deformazione del cammino mostrata in gura
ammissibile e
_
L
f (z)dz =
_
J
f (z)dz +
_
K
f (z)dz
La deformazione mostrata nella gura gura 18.21 permette di com-
prendere perch teorema e formula di Cauchy sono validi anche per
416 appunti di metodi matematici della fisica
regioni molteplicemente connesse. Nel limite in cui i segmenti AB e
EF si toccano, gli integrali lungo i segmenti si elidono a vicenda, es-
sendo diretti in senso opposto. Quindi, se la funzione f (z) analitica
in !, si avr
_
KL
f (z)dz =
_
C
f (z)dz = 0
Teorema di infinita derivabilit Deriviamo la formula di
Cauchy, assumendo che la regola di Leibniz (5.55) per la derivazione
sotto il segno di integrale si estenda ad integrali di contorno. Allora
Giacinto Morera (18561909) stato
un matematico e ingegnere italiano
noto per il teorema di Morera e il suo
lavoro sullelasticit lineare. Insegn
meccanica razionale alluniversit di
Genova per 15 anni, per poi trasferirsi
sulla stessa cattedra al politecnico di
Torino.
d
da
f (a) =
d
da
_
1
2i
_
C
f (z)
z a
dz
_
=
1
2i
_
C

a
_
f (z)
z a
_
da cui,
f
/
(a) =
1
2i
_
C
f (z)dz
(z a)
2
. (18.25)
Derivando n volte, si ottiene
f
(n)
(a) =
n!
2i
_
C
f (z)dz
(z a)
n+1
. (18.26)
Questa formula mostra che se f analitica, cio derivabile una volta, lo
anche innite volte, un risultato che non ha alcun analogo nellanalisi
reale.
Dimostrazione del teorema di Morera. Se
_
C
f (z)dz = 0 indipendentemente da C,
allora ne segue che
F(z) =
_
z
a
f (z)dz
indipendente dal percorso che unisce
a e z, purch tale percorso si trovi tutto
dentro la regione ! semplicemente
connessa dove vale
_
C
f (z)dz = 0. Ma
allora
F
/
(z) = lim
z0
F(z +z) F(z)
z
= f (z) .
Quindi F(z) analitica e F
/
(z) = f (z).
Poich se una funzione analitica lo
sono anche le sue derivate, anche f (z)
analitica, che quello che si voleva
dimostrare.
Teorema di Morera Linverso del teorema di Cauchy, noto co-
me teorema di Morera, afferma che se f (z) continua in una regione
semplicemente connessa! e se
_
C
f (z)dz = 0
lungo ogni curva semplice chiusa contenuta in !, allora f (z) analitica in
!. In termini di cariche e teorema di Gauss nel piano, questo fatto
sembra cos ovvio da non richiedere neanche una dimostrazione (che,
comunque, riportata a lato)
Teorema di Liouville Un polinomio o lesponenziale, per esem-
pio, sono funzioni ovunque analitiche, ma non allinnito. Il teorema
di Liouville afferma che se f (z) analitica e limitata in tutto il piano
complesso, allora deve essere necessariamente una costante. Sia infat-
ti il contorno C nella (18.25) un cerchio di raggio R centrato in a e
[ f (z)[ M. Allora

f
/
(a)


_
M
2R
2
_
(2R) =
M
R
.
funzioni analitiche 417
Se adesso facciamo tendere R (in altre parole, assumiamo
che f (z) sia limitata per tutti i valori di z ovvero sia analitica anche
allinnito), otteniamo che f
/
(a) = 0, cio che f (a) costante.
Joseph Liouville (18091882) stato un
matematico francese che diede impor-
tanti contributi alla teoria dei numeri,
allanalisi complessa, alla topologia
e alla geometria differenziale. An-
che i suoi contributi alla sica furono
ragguardevoli: introdusse la nozione
di variabili azione-angolo come de-
scrizione dei sistemi completamente
integrabili e dimostr il teorema (che
prende il suo nome) che levoluzione
temporale di un sistema Hamiltoniano
preserva il volume nello spazio delle
fasi.
Dunque, una funzione che analitica ovunque nel piano comples-
so, e non una costante, deve necessariamente avere una singolarit
allinnito. Una funzione di questo tipo detta intera. Sono funzioni
intere i polinomi, la funzione esponenziale, le funzioni trigonome-
triche e quelle iperboliche. Le intere sono un caso particolare delle
meromorfe (a cui consentito avere poli).
Teorema fondamentale dellalgebra Sorprendentemente,
il teorema di Liouville ha ripercussioni in un settore della mate-
matica apparentemente molto lontano. Consideriamo la funzione
f (z) =
1
P(z)
, dove P(z) un polinomio. Se P(z) non avesse radici,
allora f (z) =
1
P(z)
sarebbe analitica in tutto il piano complesso. Chia-
ramente, f (z) limitata su tutto il piano complesso (il suo modulo
tende a zero per z che tende allinnito). Dunque, per il teorema di
Liouville, si avrebbe che f (z), e di conseguenza P(z), dovrebbero
essere costanti. Poich si raggiunta una contraddizione, ne segue
che P(z) deve avere almeno una radice. Ma questo il teorema
fondamentale dellalgebra (1.11)!
Teorema della media di Gauss Questo teorema afferma che se
f (z) analitica allinterno e lungo un cerchio C di raggio R e con centro
in z = a, allora f (a) la media dei valori di f (z) su C. Questo fatto
unimmediata conseguenza della formula di Cauchy. Infatti, se
Carl Friedrich Gauss (17771855) sta-
to un matematico e scienziato tedesco
che ha contribuito in maniera signi-
cativa a molti campi quali la teoria dei
numeri, la statistica, la geometria dif-
ferenziale, la geometria, la geodesia, la
geosica, lelettrostatica, lastronomia
e lottica. stato tra i matematici pi
inuenti di tutti i tempi.
C un cerchio di raggio R, la sua equazione [z a[ = R, cio
z = a + Re
i
, e
f (a) =
1
2i
_
C
f (z)
z a
dz
diventa
f (a) =
1
2i
_
2
0
f
_
a + Re
i
_
Re
i
(iRe
i
d) =
1
2
_
2
0
f
_
a + Re
i
_
d
(18.27)
che quanto si voleva dimostrare. Il teorema vale separatamente per
la parte reale e la parte immaginaria di f (z), che sono funzioni armo-
niche. Si ritrova cos, in due dimensioni il teorema della media per
funzioni armoniche che vale in un numero qualunque di dimensioni.
Teoremi del massimo e minimo modulo Strettamente collegato
al teorema della media il seguente fatto: se f (z) analitica dentro e
lungo una curva semplice chiusa C, allora il massimo del modulo di f (z)
si trova su C (a meno che f non sia costante e quindi uguale dap-
pertutto). Questo fatto, noto come teorema (o principio) del massimo
418 appunti di metodi matematici della fisica
modulo si dimostra facilmente facendo riferimento alla gura 18.22:
supponiamo che il massimo M si raggiunga in un punto a dentro la
curva C (lovale in grigio nella gura), sia cio [ f (a)[ = M. Sia C
1
un cerchio con centro in a tutto contenuto in C. Allora, se si esclude
che f sia costante dentro C
1
, ci sar un punto b dentro C
1
tale che
[ f (b)[ < M. Ma, per continuit, ci sar un intorno nito di b dentro
cui [ f (b)[ < M. Sia tale intorno il cerchio C
2
centrato in b mostrato in
gura.
b
a
C
C
1
C
2
C
3
Figura 18.22: Teorema del massimo
modulo.
Sia adesso C
3
un cerchio di raggio [a b[ centrato in a; per il teore-
ma della media, la media dei valori del modulo sul cerchio C
3
dovr
essere maggiore o al pi uguale al valore M che la funzione assu-
me nel centro ma, nella parte di C
3
fuori da C
2
(in rosso in gura),
il modulo pu al massimo valere M e nella parte dentro C
2
(in blu)
strettamente minore di M, quindi la media su C
3
sar strettamen-
te minore di M. Essendo giunti ad una contraddizione, il teorema
risulta dimostrato.
Si osservi che il teorema poteva essere dimostrato separatamente
per le parti reale e immaginaria di f : il principio del massimo modu-
lo riguarda le funzioni armoniche. Vale anche un principio di minimo
modulo: sotto le stesse ipotesii di prima, con la condizione aggiuntiva
che [ f (z)[ ,= 0 dentro C, anche il valor minimo di [ f (z)[ raggiunto
sul bordo C e non dentro a C. Questo teorema si dimostra in modo
analogo ragionando sulla funzione 1/f (z). Il suo signicato sico
che neanche il minimo della temperatura pu essere raggiunto dentro
C, ma solo sul bordo.
Figura 18.23: Graco del modulo di
cos z (in rosso) per z nel disco unitario
centrato nellorigine (in blu). Come
predetto dal teorema del massimo
modulo, il massimo del modulo non
pu essere dentro al disco (cosicch
il valore pi elevato sulla supercie
rossa da qualche parte lungo il suo
bordo). Analogo discorso vale per il suo
minimo.
Concludiamo con due teoremi che ci limitiamo ad enunciare.
Teorema dellargomento: Sia f (z) analitica dentro e lungo una curva
semplice chiusa C, fatta eccezione per un numero nito di poli gia-
centi dentro C, allora
1
2i
_
C
f
/
(z)
f (z)
dz = N P, dove N e P sono
rispettivamente il numero degli zeri e dei poli di f (z) dentro C.
Teorema di Rouch: Siano f (z) e g(z) analitiche dentro e lungo una
curva semplice chiusa C e sia [g(z)[ < [ f (z)[ lungo tutta C, allora
f (z) + g(z) e f (z) hanno dentro C lo stesso numero di zeri.
funzioni analitiche 419
Problemi
Problema 18.1. Per z ,= 0, sia f (z) f (x + iy) =
xy/z.
(a) Mostrare che f (z) tende a 0 quando z tende ver-
so qualunque punto dellasse reale o dellasse
immaginario, inclusa lorigine.
(b) Avendo stabilito che f = 0 su entrambi gli assi,
dedurre che le equazioni di Cauchy-Riemann
sono soddisfatte nellorigine.
(c) Malgrado questo, mostrare che f non analitica
in 0 (lo si mostri in termini di caratterizzazione
geometrica: localmente, su vettori innitesimi
nello 0, f non agisce come una stiro-rotazione)
Problema 18.2. Mostrare che f (z) = e
z
soddisfa
le equazioni di Cauchy-Riemann e trovare (e
z
)
/
.
Problema 18.3. Si consideri linversione
complessa I(z) = 1/z.
(a) Se z = x + iy e I = u + iv, esprimere u e v in
termini di x e y.
(b) Mostrare che le equazioni di Cauchy-Riemann
sono soddisfatte dappertutto eccetto che nello-
rigine, cosicch I analitica ovunque eccetto che
nellorigine ( analitica allinnito?).
(c) Determinare la matrice Jacobiana e, usan-
do coordinate polari, determinare leffetto
geometrico locale di I.
(d) Usare f
/
(z) =
x
f per mostrare che la derivata
1/z
2
, come nellusuale calcolo. Utilizzare
questo per confermare il risultato di (c).
Problema 18.4. Usando il teorema di Cauchy (e
non la formula), dimostrare direttamente che
_
C
dz
z
= 2i ,
dove C una qualunque curva chiusa che circonda
lorigine.
Aiuto: si proceda come nellultima dimostrazione
della formula di Cauchy data nella sezione 18.7.
Problema 18.5. Dimostrare che
_
C
dz
z
2
+1
= 0
dove C una qualunque curva chiusa che contenga
i punti i e i.
Aiuto: Dopo aver decomposto la funzione inte-
granda in somma di fratti semplici, la si interpreti
sicamente in termini dei campi vettoriali coniugati
ad essa associati. Quindi si proceda ad una verica
analitica usando la formula di Cauchy.
Problema 18.6. Sia J
R
larco di raggio R centra-
to nellorigine e che va dal punto R al punto R.
Calcolare al primordine in 1/R lintegrale
_
J
R
dz
z
2
+1
.
(N.B. C non una curva chiusa.)
Problema 18.7. Sia L
R
il cammino da R a
R sullasse reale. Calcolare al primordine in 1/R
lintegrale
_
L
R
dz
z
2
+1
.
Problema 18.8. Mostrare che dai due pro-
blemi precedenti risulta vericata luguaglianza
(perlomeno al primordine 1/R)
_
C
R
dz
z
2
+1
= .
dove C
R
= J
R
+ L
R
.
Problema 18.9. Si consideri
I
n
=
_
C
dz
z
n
,
dove C una qualunque curva chiusa che racchiude
lorigine.
(a) Mostrare che per n 2 si ha I
n
= 0.
(b) Fornire una spiegazione sica dellannullarsi di
I
2
, associando a 1/z
2
il campo di un dipolo (si
avvicinino luna allaltra due cariche di segno
opposto tenendo costante il momento di dipolo
p = qd, dove d il raggio vettore da una carica
allaltra).
(c) Estendere la spiegazione sica ad ogni n > 2.
420 appunti di metodi matematici della fisica
Morale. Se C una qualunque curva chiusa che rac-
chiude il punto p (poich lorigine non speciale e
quel che vale per cammini intorno ad essa vale per
cammini intorno a qualunque altro punto), allora
(1)
_
C
(z p)
n
dz = 0 per n = 0, 1, 2, 3 . . .
(2)
_
C
(z p)
n
dz = 2i per n = 1
(3)
_
C
(z p)
n
dz = 0 per n = 2, 3, 4 . . .
Queste equazioni sono tutte conseguenza del teore-
ma di Cauchy: la (1) vale perch per n = 0, 1, 2, 3 . . .,
(z p)
n
analitica ovunque nella regione delimitata
da C; la (2) perch in p ce una carica unitaria (caso
particolare della formula di Cauchy); la (3) perch la
carica totale nellorigine zero.
Problema 18.10. Sia f
n
(z), n=1,2,3, . . . , una
successione di funzioni analitiche nella regione !.
Si supponga che
F(z) =

n=1
f
n
(z)
sia uniformemente convergente in !. Dimostrare
che F(z) analitica in !.
Problema 18.11. Sia f (z) analitica dentro e
lungo una curva semplice chiusa C e a dentro C.
Dimostrare che
f
(n)
(a)
n!
=
1
2
_
2
0
e
nit
f (a + e
it
)dt
funzioni analitiche 421
Soluzioni
Problema 18.1. Preliminarmente, richiamiamo che i limiti di fun-
zioni complesse si comportano esattamente come i limiti di funzioni
reali. In particolare, se z
n
una successione di punti nel piano
complesso che converge al numero complesso a e se
lim
z
n
a
f (z
n
) = A, lim
z
n
a
g(z
n
) = B,
allora
lim
z
n
a
[ f (z
n
) + g(z
n
)] = A + B
lim
z
n
a
[ f (z
n
)g(z
n
)] = AB
lim
z
n
a
[ f (z
n
)/g(z
n
)] = A/B se B ,= 0
(a) Oggetto di questo esercizio la funzione (per z ,= 0)
f (z) f (x + iy) =
xy
z
Viene chiesto di mostrare che f (z) tende a 0 quando z tende verso
qualunque punto dellasse reale o dellasse immaginario, inclusa
lorigine. Si devono quindi determinare i limiti
lim
zs
xy
z
, lim
zis
xy
z
dove s reale e, come di consueto, z = x + iy. In primo luogo,
riscriviamo la funzione f in notazione complessa,
xy
z
=
1
4i
(z + z)(z z)
z
=
1
4i
z
2
z
2
z
=
1
4i
_
z
2
z
z
_
Allora
lim
zs
xy
z
= lim
zs
1
4i
_
z
2
z
z
_
=
1
4i
_
lim
zs
z
2
z
lim
zs
z
_
= s s = 0 .
Analogamente si trova
lim
zs
xy
z
= 0 .
Risulta cos vericato che f (z) tende a 0 quando z tende verso qua-
lunque punto dellasse reale o dellasse immaginario, inclusa lorigi-
ne.
(b) Poich lungo gli assi f = u + iv = 0, sono nulli gli incremen-
ti lungo x e lungo y di u e v a partire dallorigine, e quindi le loro
derivate parziali in z = 0: le equazioni di Cauchy-Riemann sono
banalmente soddisfatte.
422 appunti di metodi matematici della fisica
(c) Consideriamo lazione della trasformazione su un vettore z
(innitesimo) applicato nellorigine, di lunghezza e angolo .
Allora
z f = f (z) =
1
4i
_
(z)
2
z
z
_
=
1
4i
_
e
i3
e
i
_
=
1
2
_
e
i2
e
i2
2i
_
e
i
=
1
2
sin(2)e
i
Questa non una stiro-rotazione, non tanto per la rotazione, che c
ed lidentit, ma per lo stiramento
1
2
sin(2), che non uniforme. Si
osservi che per = 0, /2, , 3/2, 2, f = 0, in accordo con (b).
Problema 18.2. Banale.
Problema 18.3. Inversione complessa:
I(z = x + iy) =
1
z
=
z
zz
=
x iy
x
2
+ y
2
=
x
x
2
+ y
2
+ i
y
x
2
+ y
2
= u + iv
(a) Allora 2
u =
x
x
2
+ y
2
, v =
y
x
2
+ y
2
.
(b) Calcoliamo le derivate parziali

x
u =
x
2
+ y
2
x(2x)
(x
2
+ y
2
)
2
=
y
2
x
2
(x
2
+ y
2
)
2

y
u =
2xy
(x
2
+ y
2
)
2

x
v =
2xy
(x
2
+ y
2
)
2

y
v =
(x
2
+ y
2
) + y(2y)
(x
2
+ y
2
)
2
=
y
2
x
2
(x
2
+ y
2
)
2
Per (x, y) ,= (0, 0), si ha
x
u =
y
v e
y
u =
x
v, che sono proprio le
equazioni di Cauchy-Riemann. Per (x, y) = (0, 0) le derivate parziali
sono discontinue (vericare!): le equazioni di Cauchy-Riemann non
valgono.
(c)
J =
_

x
u
y
u

x
v
y
v
_
=
1
(x
2
+ y
2
)
2
_
y
2
x
2
2xy
2xy y
2
x
2
_
In coordinate polari x = cos , y = sin si ha
y
2
x
2
=
2
(sin
2
cos
2
) =
2
cos(2) , 2xy =
2
sin(2)
e quindi
J =
1

2
_
cos(2) sin(2)
sin(2) cos(2)
_
=
1

2
_
cos( 2) sin( 2)
sin( 2) cos( 2)
_
funzioni analitiche 423
che descrive uno stiramento di 1/
2
e una rotazione dellangolo
2.
(d)

x
f =
x
u+i
x
v =
y
2
x
2
+ i2xy
(x
2
+ y
2
)
2
=

2
[cos(2) + i sin(2)]

4
=
cos(2) i sin(2)

2

da cui

x
f =
1

2
e
i2
=
1

2
e
i2
=
1
z
2
che, naturalmente, coincide, con quanto si ottiene con le regole del
calcolo
d
dz
_
1
z
_
=
1
z
2
.
Problema 18.4. I passaggi sono gli stessi di quelli per la dimostra-
zione della formula di Cauchy data a margine nella sezione 18.7.
C
C

O
Figura 18.24: C

un cerchio di raggio
che circonda un lorigine O.
_
C
dz
z
=
_
C

dz
z
dz =
_
C

dz
z
dz .
dove C

un cerchio di raggio centrato in O. Calcoliamo lintegrale


a secondo membro, tenuto conto che z = e
i
:
_
C

dz
z
=
_
2
0
de
i
e
i
=
_
2
0
d(e
i)
e
i
=
_
2
0
ie
i
d
e
i
= i
_
2
0
d = 2i .
Il valore non dipende da , che possiamo quindi far tendere a 0.
Quindi
_
C
dz
z
= 2i
dove C il bordo di tutta la regione (semplicemente connessa)
interna a C; questo era proprio quello che si voleva dimostrare.
Problema 18.5. Poich
C
C
2
C
1
O
i
-i

+
Figura 18.25: f (z) rappresenta il campo
generato da due correnti di uguale
intensit, ma di segno opposto.
f (z) =
1
1 + z
2
=
1
(z i)(z + i)
=
(1/2)i
z i
+
(1/2)i
z + i
f (z) rappresenta il campo magnetico generato da due correnti pun-
tiformi in +i e i di uguale intensit ma di segno opposto. Quindi,
per il teorema di Ampre,
_
C
dz
1 + z
2
= 0
per qualunque curva chiusa C che racchiuda le due correnti.
Consideriamo due cerchi di raggio , C
1
e C
2
, centrati rispettiva-
mente in i e i e applichiamo ad essi la formula di Cauchy (vedere
gura 18.25). Incominciamo con C
1
.
_
C
1
dz
1 + z
2
= (1/2)i
_
C
1
dz
z i
+ (1/2)i
_
C
1
dz
z + i
.
424 appunti di metodi matematici della fisica
Poich 1/(z + i) analitica nella regione delimitata da C
1
, il secondo
integrale a secondo membro nullo, per cui, applicando la formula
di Cauchy al primo, si ottiene
I
C
1
=
_
C
1
dz
1 + z
2
= (1/2)i(2i) +0 = .
Procedendo in maniera analoga per C
2
, si trova
I
C
2
=
_
C
1
dz
1 + z
2
= 0 + (1/2)i(2i) = .
Applichiamo adesso il teorema di Cauchy alla curva C C
1
C
2
(che
delimita la regione molteplicemente connessa colorata in grigio nella
gura):
_
C
=
_
C
1
+
_
C
2
= = 0 ,
che proprio quello che si voleva dimostrare.
Problema 18.6. chiesto di calcolare
J
R
O R -R
I
J
R
=
_
J
R
dz
z
2
+1
,
dove C la curva mostrata nella gura a lato. Facendo la sostituzione
z = Re
i
, si ottiene
I
J
R
=
_

0
iRe
i
d
R
2
e
2i
+1
=
i
R
_

0
e
i
d
e
2i
+1/R
2
(18.28)
Al primordine in 1/R, possiamo trascurare 1/R
2
a denominatore,
per cui
I
J
R
=
i
R
_

0
e
i
d =
i
R
_
e
i
i
_

0
+ o(1/R) =
2
R
+ o(1/R)
Problema 18.7. Gli integrali reali sono un caso particolare di
integrali di linea complessi.
I
L
R
=
_
L
R
dz
z
2
+1
=
_
R
R
dx
x
2
+1
= 2 arctan(R)
Ora,
arctan(R) =

2
arctan
_
1
R
_
=

2

1
R
+ o(1/R)
Quindi
I
L
R
=
2
R
+ o(1/R)
Problema 18.8.
C
1
J
R
L
R
O R -R
i
Nella regione racchiusa da C
R
= J
R
+ L
R
C
1
(vedere la gura
a lato) la funzione 1/(1 + z
2
) analitica, quindi, per il teorema di
Cauchy (vedere 18.5)
_
C
R
dz
z
2
+1
= (1/2)i
_
C
1
dz
z i
=
funzioni analitiche 425
Daltro canto, da 18.6 e 18.7 si ha
I
J
R
+ I
L
R
=
2
R
+ o(1/R) +
2
R
+ o(1/R) = + o(1/R)
Quindi il teorema di Cauchy risulta vericato allordine 1/R. Dal cal-
colo esatto dellintegrale (18.28) (un po laborioso, ma utile esercizio)
risulta in effetti che
I
J
R
+ I
L
R
=
Problema 18.9.
(a) I passaggi sono esattamente gli stessi di quelli per la formula di
Cauchy data nella sezione 18.7.
C
C

O
Figura 18.26: C

un cerchio di raggio
che circonda un lorigine O.
_
C
dz
z
n
+
_
C

dz
z
n
dz = 0 .
dove C

un cerchio di raggio centrato in O. Calcoliamo il secondo


integrale, tenuto conto che z = e
i
:
_
C

dz
z
n
=
_
2
0
ie
i
d

n
e
in
= i
1n
_
2
0
e
i(1n)
d =
e
i(1n)2
1

n1
(1 n)
= 0 , per n ,= 1
in quanto e
i
periodica di periodo 2 (per n = 1, lintegrale va-
le chiaramente2i, come peraltro gi calcolato nel problema 18.4).
Analogo risultato per n = 1, 2, , . . .. Quindi
_
C
dz
z
n
= 2i , n ,= 1
dove C il bordo di tutta la regione (semplicemente connessa)
interna a C, che era proprio quello che si voleva dimostrare.
(b) Il campo
q
z + d
+
q
z d
=
2qd
z
2
d
2
quello generato da due cariche q di segno opposto poste in +d
e d sullasse reale. Facendo tendere d a zero e tendendo costante
2qd p si ottiene il campo
p
z
2
di un dipolo ideale. Scegliendo per p un numero complesso si ottiene
un dipolo avente p come asse.
Fondendo due dipoli di momento opposto e centrati in ,
p
(z )
2

p
(z + )
2
= p
z
2
+2z +
2
z
2
+2z
2
(z
2

2
)
2
=
4pz
(z
2

2
)
2
.
Passando al limite 0, tendendo Q = 4p costante, si ottiene il
campo di quadrupolo
Q
z
3
e cos via.
426 appunti di metodi matematici della fisica
Problema 18.10. Consideriamo
_
C
F(z)dz per una qualunque
curva semplice chiusa contenuta in !. Poich la serie che denisce
F(z) uniformemente convergente possiamo scambiare la somma
con lintegrale:
_
C
F(z)dz =
_
C

n=1
f
n
(z)dz =

n=1
_
C
f
n
(z)dz = 0
perch le funzioni f
n
sono analitiche. Per il teorema di Morera,
concludiamo che F(z) analitica, che quanto si voleva dimostrare.
Problema 18.11. Dalla (18.26) si ha
f
(n)
(a)
n!
=
1
2i
_
C
f (z)dz
(z a)
n+1
.
Mediante cambiamento di variabili z a = e
it
, si ottiene
1
2i
_
C
f (z)dz
(z a)
n+1
=
1
2
_
2
0
e
nit
f (a + e
it
)dt
che quanto si voleva dimostrare.
19
Teorema dei residui e calcolo di integrali
Indice
19.1 Antiderivata di una funzione analitica 427
19.2 Il teorema dei residui 430
19.3 Residui e singolarit di una funzione 432
19.4 Calcolo di integrali con il metodo dei residui I 434
19.5 Calcolo di integrali con il metodo dei residui II 440
19.6 Estensione del teorema e della formula di Cauchy 445
Tavola riassuntiva delle singolarit di una funzione 450
Problemi 451
Soluzioni 453
19.1 Antiderivata di una funzione analitica
Sia f (z) una funzione analitica in una regione semplicemente con-
nessa !. Si vuole calcolare lintegrale I =
_
C
f (z)dz dal punto A al
punto B, lungo la curva C, come mostrato in gura 19.1. Poich la
funzione analitica, per il teorema di Cauchy si ha
_
L
f (z)dz = 0,
dove L il circuito L = C
/
C e C
/
un altro cammino da A a B. Ne
segue che
R
C

C
A
B
Figura 19.1: Lintegrale di linea da A a
B di una funzione analitica non dipende
dal cammino.
I =
_
C
f (z)dz =
_
C
/
f (z)dz
e quindi che lintegrale da A a B non dipende dal cammino. Scrivere-
mo dunque
I =
_
B
A
f (z)dz
omettendo il riferimento alla curva C.
428 appunti di metodi matematici della fisica
Se lintegrale di linea non dipende dal cammino tra A e B, deve
esistere una funzione V = V(z) tale che
_
B
A
f (z)dz = V(B) V(A)
La funzione V chiamata anti-derivata o primitiva in matematica e
potenziale in sica (a meno di un segno irrilevante in questa sede); in
entrambi i casi, data a meno di una costante additiva.
Come di consueto, il potenziale V(z) costruito scegliendo arbitra-
riamente un punto P e il valore V(P) (la terra), quindi V denito
in ogni punto Z di ! nel seguente modo:
V(Z) = V(P) +
_
C
f (z)dz ,
dove C un qualunque cammino da P a Z. Si verica facilmente che
V una funzione analitica, che vale il teorema fondamentale del calcolo
V
/
(z) = f (z) (la convenzione usata in sica che la derivata del
potenziale cambiata di segno sia pari al campo) e che
_
B
A
f (z)dz = (V(P) V(A)) + (V(B) V(P)) = V(B) V(A)
R
A
B
P
Figura 19.2: Lantiderivata denita
a meno di una costante arbitraria,
ad esempio il suo valore in un punto
arbitrario P.
Per lantiderivata possiamo usare il simbolo di integrale indenito,
e scrivere
V(z) =
_
f (z)dz
Dovrebbe essere abbastanza chiaro che le regole note dallanalisi
reale si estendono pari pari allintegrale delle funzioni analitiche, ad
esempio (a meno di una costante additiva),
_
z
n
dz =
z
n+1
n +1
(n ,= 1) ,
_
cos z dz = sin z ,
_
e
z
dz = e
z
,
_
dz
z
= ln z , . . .
Si osservi che vale la seguente disuguaglianza

_
C
R
f (z)dz

[ valore massimo di [ f (z)[ lungo C] [ lunghezza di C] .


(19.1)
Esempio 19.1. Si vuole calcolare
_
B
A
dz
z
2
.
Se A e B sono in una regione semplicemente connessa ! che
non include lorigine, la risposta immediata: in ! la funzione
integranda analitica, la primitiva 1/z e quindi
_
B
A
dz
z
2
=
1
A

1
B
Ci si rende facilmente conto che la restrizione a ! come in gura 19.3
non necessaria: possiamo farci passare lansia della singolarit
teorema dei residui e calcolo di integrali 429
z = 0 perch, essendo la primitiva 1/z una funzione ad un solo
valore, tutti i cammini nel piano complesso da A a B danno lo stesso va-
lore per lintegrale (ovviamente vanno esclusi i cammini che passano
attraverso z = 0). Dunque
R
A
B
O
Figura 19.3: Il cammino da A a B in
una regione che non include lo zero.
_
B
A
dz
z
2
=
1
A

1
B
unidentit del tutto generale. In particolare,
_
C
dz
z
2
= 0
qualunque sia il circuito C (sia che la singolarit z = 0 sia dentro il
circuito o fuori).
Si giunge alle stesse conclusioni dellesempio sopra per
_
C
dz
(z a)
n
= 0 , n 2 .
Per la funzione 1/(z a) il discorso diverso. Applicando la formula
di Cauchy alla funzione f (z) = 1, si ottiene
1 =
1
2i
_
C
1
z a
dz =
_
C
dz
z a
= 2i se a dentro C
alla funzione f (z) = 1. Passiamo adesso a due esempi un po pi
complicati.
C
O
1

Figura 19.4: In 1 la funzione sin-


golare (ha un polo, come vedremo tra
poco).
C
O

Figura 19.5: Il cammino C racchiude


lorigine, dove la funzione integranda
singolare (ha un polo).
Esempio 19.2. Si vuole calcolare per
I =
_
C
f (z)dz per f (z) =
z
5
(z +1)
2
dove C la curva mostrata in gura 19.4. Scrivendo il numeratore
come [(z +1) 1]
5
, otteniamo
f (z) = (z +1)
3
5(z +1)
2
+10(z +1) 10 +5
_
1
z +1
_

1
(z +1)
2
Sulla base di quanto abbiamo discusso sopra (tutte le potenze posi-
tive e negative eccetto la potenza 1 danno contributo nullo allinte-
grale), e poich la curva racchiude il punto a = 1, lunico contributo
proviene dallinversione complessa 5/(z + 1) = 5/[z (1)]. Si
ottiene
_
C
f (z)dz = 5
_
C
dz
z +1
= 5 2i = 10i
Esempio 19.3. Si vuole calcolare
I =
_
C
f (z)dz per f (z) =
sin z
z
6
e dove C la curva mostrata in gura 19.5. Ricordiamo lo sviluppo in
serie del seno:
sin z = z
1
3!
z
3
+
1
5!
z
5

1
7!
z
7
+ . . .
430 appunti di metodi matematici della fisica
Allora
sin z
z
6
=
1
z
5

1
3!z
3
+
1
5!
_
1
z
_

1
7!
z +
1
9!
z
3
. . . .
Per le stesse ragioni di prima, essendo il punto a = 0 dentro la curva,
lunico contributo proviene dallinversione complessa:
_
C
f (z)dz =
1
5!
_
C
dz
z
=
2i
5!
Il segno negativo dovuto al fatto che la curva percorsa in senso
negativo (orario).
19.2 Il teorema dei residui
In questa sezione traiamo la morale generale degli ultimi due esempi.
Incominciamo con alcune denizioni.
Una singolarit a di una funzione detta isolata se esiste un in-
torno nito di a in cui non ci sono altre singolarit della funzione. Se
a una singolarit isolata di f (z) ed uno zero di 1/f (z) , allora
chiamata polo. Dunque, se a un polo, il comportamento locale di f
vicino ad a dato da
f (z) =
g(z)
(z a)
m
dove g(z) analitica e non nulla in a. Il numero m la molteplicit
algebrica o ordine del polo. Un polo detto semplice semplice, doppio,
triplo, etc., a seconda che sia m = 1, 2, 3 etc..
In una delle prossime lezioni dimostreremo che se una funzione
analitica in a, allora esiste il suo sviluppo di Taylor in z = a. Allora g(z)
sviluppabile in serie di Taylor in z = a,
g(z) = d
0
+d
1
(z a) +. . . +d
m
(z a)
m
+d
m+1
(z a)
m+1
+. . . , d
0
,= 0 ,
dunque f (z) della forma
c
m
d
0
, c
2
d
m2
, c
1
d
m1
c
n
d
m+n
f (z) =
c
m
(z a)
m
+ . . . +
c
2
(z a)
2
+
c
1
(z a)
+

n=0
c
n
(z a)
n
. (19.2)
Allora, per quanto visto nella sezione precedente,
_
C
f (z)dz = 2ic
1
(19.3)
per ogni curva semplice chiusa C percorsa in senso positivo, che
racchiude il punto a, e al cui interno f (z) analitica (fatta eccezione,
ovviamente, per il punto a). Poich c
1
la sola parte della funzione
che rimane dopo che integriamo, chiamato il residuo della funzione
teorema dei residui e calcolo di integrali 431
nella singolarit z = a ed denotato Resf , a. Quanto abbiamo
appena dimostrato detto teorema dei residui. Nellinterpretazione sica del capitolo
precedente, il residuo una carica: la
sua parte reale la sorgente (o pozzo)
del campo f e la sua parte immaginaria
la corrente ( o vortice).
Teorema dei residui. Sia a un polo di ordine m della
funzione f (z) e C una curva semplice chiusa che rac-
chiude a, percorsa nel verso positivo e tale che f (z)
analitica al suo interno (fatta eccezione per il punto a).
Allora
_
C
f (z)dz = 2i Resf , a .
(19.4)
Il trucco per estrarre il residuo da una funzione della forma (19.2),
lo stesso che abbiamo usato per ottenere la (17.41). Se si moltiplica
per (z a)
m
ambo i membri di (19.2), allora, essendo Resf , a = c
1
il coefciente di (z a)
m1
, si ha
Resf , a = c
1
= lim
za
1
(m1)!
d
m1
dz
m1
(z a)
m
f (z) . (19.5)
Qualche regola per calcolare i residui
(1) Se f (z) della forma f (z) = Q(z)/P(z) in z = a con Q(a) ,= 0 e
P
/
(a) ,= 0, allora z = a un polo semplice e
Resf , a = lim
za
Q(z)
z a
P(z)
=
Q(a)
P
/
(a)
Avendo applicato la regola dellHospital. Situazioni analoghe, ma
pi complicate, si trattano applicando la regola dellHospital pi
volte.
(2) Regola per trovare lordine di un polo. Se a un polo di ordine m,
allora
lim
za
(z a)
m
f (z) = b
m
dove b
m
,= 0 ,
ma la difcolt trovare m per una data f e un dato punto a.
Possiamo allora procedere per tentativi ed errori: Scegliamo noi
k, per esempio k = 1, e consideriamo il limite lim
za
(z a)
k
f (z).
Se a un polo, ci sono tre possibilit
lim
za
(z a)
k
f (z) =
_

_
c ,= 0 m = k b
m
= c
0 m < k
m > k
A meno che non sia chiaro che m > 1, conviene applicare la
regola partendo da k = 1.
(3) Il residuo di una funzione in un punto a (singolarit isolata) il
coefciente c
1
del suo sviluppo
1 1
Detto di Laurent, che in una lezione
successiva dimostreremo essere unico.
432 appunti di metodi matematici della fisica
f (z) = . . . +
c
m
(z a)
m
+
c
m+1
(z a)
m1
+ . . . +
c
2
(z a)
2
+
c
1
(z a)
+ c
0
+ c
1
(z a) + c
2
(z a)
2
+ c
3
(z a)
3
+ . . .
(19.6)
Talvolta facile determinare questa serie sia a partire da serie gi
note (Es. e
1/z
) sia facendo delle sostituzioni.
(4) Se a una singolarit isolata e un piccolo cerchio attorno a a
che non contiene alcun punto singolare della funzione, allora, per
denizione,
Resf , a = c
1
=
1
2i
_

f (z)dz
Si ponga z = a + e
i
e si faccia tendere a zero. A volte questo
un metodo efciente per calcolare il residuo. Si tenga sempre
presente che il gioco sempre quello del teorema di Cauchy, per
cui
_
C
=

i
= 2i

_
1
2i
_

i
_
= 2i

Resf , a
i
=

2ic
(i)
1
C

3
19.3 Residui e singolarit di una funzione
In questa sezione discutiamo alcune nozioni rilevanti per lapplica-
zione del teorema dei residui.
Funzioni meromorfe Una funzione detta meromorfa in una
regione !, se le sue singolarit sono solo dei poli e se, fatta eccezione
per i poli, la funzione analitica nella regione. Vediamone alcuni
esempi. Tutte le funzioni razionali, come
f (z) =
z
3
2z +10
z
5
+3z 1
sono meromorfe sullintero piano complesso C. Lo stesso vale per le
funzioni
f (z) =
e
z
z
e f (z) =
sin z
(z 1)
2
.
Anche la funzione Gamma (z) =
_

0
t
z1
e
t
dt (estesa per continua-
zione analitica
2
a tutto C) meromorfa sullintero piano complesso
2
In una lezione successiva chiarire-
mo che cosa sia la continuazione
analitica.
C. E cos la funzione zeta di Riemann, ottenuta per continuamento
analitico della serie

n=1
1
n
s
, Re(s) > 1 .
La funzione f (z) = e
1/z
non ha un polo in z = 0, ma una singolarit
essenziale (vedi sotto). meromorfa (persino analitica) in C 0. La
teorema dei residui e calcolo di integrali 433
funzione
f (z) =
1
sin(1/z)
non meromorfa sullintero piano complesso C, poich z = 0 un
punto di accumulazione di poli.
Dalla (19.4) segue immediatamente la regola di calcolo per linte-
grale di una funzione meromorfa lungo un cammino chiuso:
Sia f (z) meromorfa e la curva C (semplice chiusa)
orientata positivamente. Allora
_
C
f (z)dz = 2i

Resf , a
i

dove la somma a secondo membro estesa solo ai


poli a
i
dentro C, come mostrato nella gura a lato.
(19.7)
C

Singolarit essenziali In aggiunta ai poli, una funzione altri-


menti analitica, pu avere quelle che sono chiamate singolarit essen-
ziali. In prossimit di una singolarit essenziale a il comportamento
di f abbastanza selvaggio e strano: infatti, se f fosse limitata, a non
sarebbe una singolarit, e se f andasse allinnito man mano che ci si
avvicina da qualunque direzione, a sarebbe un polo.
Consideriamo lesempio standard g(z) = e
1/z
, che chiaramente
ha una singolarit di qualche tipo nellorigine. Se scriviamo z = re
i
,
allora
[g(z)[ = e
cos
r
La gura 19.6 ne mostra la supercie modulare Se z si avvicina a 0
lungo lasse immaginario, allora g(z) tende a 1. Ma se lavvicinamen-
to avviene lungo un cammino a sinistra dellasse immaginario, dove
cos < 0, allora g(z) tende a 0. Inne, se z si avvicina lungo un cam-
mino a destra dellasse immaginario, g(z) tende allinnito. In effetti,
in questultimo caso, non solo f (z) tende allinnito, ma la velocit
con cui ci va al di l della comprensione di qualunque polo.
Figura 19.6: Supercie modulare di
g(z) = e
1/z
Se a una singolarit essenziale, non esiste alcun m tale la molti-
plicazione per (z a)
m
possa annullare lesplosione della funzione
in a. In particolare, per mostrare che questo vero per g(z), basta
ricordare dallanalisi reale che
lim
x0
x
m
e
1/x
= lim
y
e
y
y
m
=
qualunque sia il valore di m.
Se a una singolarit essenziale non signica che
_
C
f (z)dz = 2i Resf , a
cessa di valere, ma che non abbiamo pi una formula semplice per
calcolare il residuo in a. Se a una singolarit essenziale, a volte il
434 appunti di metodi matematici della fisica
residuo pu essere calcolato usando sviluppi in serie gi noti. Ad
esempio, possiamo ottenere lo sviluppo in serie di g(z) = e
1/z
a
partire da quello di e
u
per u = 1/z, vale a dire, sviluppiamo in serie
g(z) nel punto allinnito (poich lo sviluppo in serie di e
u
ha raggio
innito, lo stesso varr per lo sviluppo di g(z)),
e
1/z
= 1 +
1
z
+
1
2!z
2
+
1
3!z
3
+ . . .
Essendo il residuo il coefciente dellinversione complessa, si ha
immediatamente
Res(e
1/z
, 0) = 1
Residuo allinfinito Sia f (z) una funzione che analitica, fatta
eventualmente eccezione per z = , al di fuori del cerchio C
R
di
raggio R orientato positivamente (si veda la gura 18.20). Il residuo
allinnito cos denito
Resf , =
1
2i
_
C
R
f (z)dz =
1
2i
_
C
R
f (z)dz (19.8)
Si osservi che questa denizione coerente con lusuale nozione di
residuo in un punto che rispetto ad un circuito attorno al punto
percorso in senso antiorario: C
R
antiorario attorno allinnito poi-
ch C
R
antiorario attorno allorigine. Allora dalla (18.23) si ottiene
Resf , =
1
2i
_
C
1/R
1
w
2
f
_
1
w
_
dw (19.9)
R
1/R
z

w =
1
z
Dunque, la formula per la circuitazione complessa lungo C
R

_
C
R
f (z)dz = 2i Res
_
1
w
2
f
_
1
w
_
, 0
_
(19.10)
Si osservi che mentre una funzione analitica in un punto nel piano
complesso nito ha un residuo zero in quel punto, una funzione
che non singolare allinnito, pu avere in esso un residuo non
nullo. Per esempio, 1/z analitica allinnito ma ha un residuo pari
a 1, in accordo con quanto visto nella sezione 18.8: il campo eletrico
associato ad una carica nellorigine induce una carica immagine allinnito.
19.4 Calcolo di integrali con il metodo dei residui I
Consideriamo
I =
_
L
R
+C
+
R
dz
1 + z
2
, (19.11)
dove L
R
+ C
+
R
il cammino mostrato in gura 19.7. Poich
1
1 + z
2
=
1
(z i)(z + i)
=
(1/2)i
z i
+
(1/2)i
z + i
teorema dei residui e calcolo di integrali 435
la funzione ha un polo in i e uno in i. Dal secondo membro, si vede
che il residuo in i (1/2)i, quindi, per il teorema dei residui
I = 2iRes
_
dz
1 + z
2
, i
_
= 2i(1/2)i = .
(confermando cos il risultato del problema 18.8).
Losservazione semplice ma cruciale che possiamo usare il teo-
rema dei residui per calcolare integrali reali. Nel caso in esame,
possiamo calcolare
C
+
R
O
L
R
R -R
i
i

Figura 19.7: C
+
R
il semiarco di cerchio
di raggio R nel semipiano superiore.
x
1
1 + x
2
_

dx
1 + x
2
. (19.12)
Infatti, per R ,
_
C
+
R
dz
1 + z
2
0 e il primo membro della (19.11)
diventa lintegrale reale (19.12) . Quindi
_

dx
1 + x
2
= 2iRes
_
1
1 + z
2
, i
_
= 2i [(1/2)i] =
Si osservi che avremmo potuto procedere in modo analogo consi-
derando il cammino in gura 19.8. Il cammino adesso orario, il che
comporta un cambiamento di segno a primo membro,
C

R
O
L
R
R -R
i

i
Figura 19.8: C

R
adesso il semiarco
di cerchio di raggio R nel semipiano
inferiore.

dx
1 + x
2
= 2iRes
_
1
1 + z
2
, i
_
= 2i [(1/2)i] =
Consideriamo adesso altri esempi e le morali M che se ne traggo-
no.
Esempio 19.4.
I =
_

dx
(1 + x
2
)
2
.
x
1
(1 + x
2
)
2
Si consideri
f (z) =
1
(z
2
+1)
2
=
1
(z + i)
2
(z i)
2
che ha due poli di ordine 2, uno in +i e laltro in i. Si prenda lo
stesso cammino della gura 19.7. Allora il residuo in i
Resf , i = lim
zi
d
dz
_
(z i)
2
1
(z + i)
2
(z i)
2
_
=
d
dz
1
(z + i)
2

z=i
=
2
(z + i)
3

z=i
2
(2i)
3
=
i
4
,
per cui
_
L
R
+C
+
R
f (z)dz = 2iResf , i = 2i
i
4
=

2
436 appunti di metodi matematici della fisica
Ma
_
L
R
+C
+
R
f (z)dz =
_
+R
R
dx
(1 + x
2
)
2
+
_
C
+
R
f (z)dz
Lintegrale lungo C
+
R
tende a zero quando R tende allinnito, infatti
I
R
=
_
C
+
R
f (z)dz =
_
C
+
R
1
(R
2
e
i2
+1)
2
iRe
i
d 0 per R
Quindi
I =
_
+

dx
(1 + x
2
)
2
= lim
R
_
L
R
+C
+
R
f (z)dz =

2
M Lesempio un caso particolare della classe di integrali
I =
_
+

f (x)dx , (19.13)
dove la funzione f ha le seguenti caratteristiche:
(i) f (z) analitica nel semipiano superiore
+
eccetto che per un
numero nito di poli a
k
.
(ii) f (z) decade pi rapidamente di 1/z per [z[ , 0 arg(z) .
Equivalentemente, f (z) M/R
k
, per z = Re
i
, dove k > 1 e M
sono costanti.
Per questi integrali, utlizzando il cammino della gura 19.9, si ottiene
I = 2i

Resf (z) nel semipiano superiore


+
(19.14)
C
+
R
O
L
R
R -R

Figura 19.9: C
+
R
il semiarco di cerchio
di raggio R.
Infatti, il contributo del semicerchio C
+
R
, stimato mediante la (19.1):

_
C
+
R
f (z)dz


M
R
k
R =
M
R
k1
tende a zero quando R tende allinnito.
Si osservi che se f (x) una funzione pari, questo metodo pu
essere usato per calcolare
_

0
f (x)dx.
Esempio 19.5.
I =
_
2
0
d
cos + a
, a > 1
2
1
cos + 1.2
Si faccia la sostituzione z = e
i
= cos + i sin . Allora
cos =
1
2
_
e
i
+ e
i
_
=
1
2
_
z +
1
z
_
dz = ie
i
d = izd d =
dz
iz
teorema dei residui e calcolo di integrali 437
Lintegrale iniziale risulta cos trasformato
I =
_
C
(dz/iz)
1
2
[z + (1/z)] + a
= 2i
_
C
dz
z
2
+2az +1
,
dove C il cerchio unitario. Le radici di z
2
+ 2az + 1 sono q = a +

a
2
1 e p = a

a
2
1. Poich soddisfano pq = 1, solo una, q,
sar dentro C e quindi

p

q
d
z
1
z
dz = izd

I = 4Res
_
1
(z p)(z q)
, q
_
=
4
q p
=
4
2

a
2
1
=
2

a
2
1
M Lesempio un caso particolare della classe di integrali
I =
_
2
0
f (sin , cos )d (19.15)
per i quali
(i) f nita per tutti i valori di ,
(ii) f una funzione razionale di sin e cos .
Procedendo come nellesempio, si ottiene
I = 2

Res
_
g(z)
z
_
nel cerchio unitario (19.16)
dove g(z) la funzione che si ottiene da f (sin , cos ) mediante la
sostituzione
cos =
1
2
_
z +
1
z
_
, sin =
1
2i
_
z
1
z
_
, dove z = e
i
. (19.17)
Il metodo si applica anche al caso in cui la funzione f contenga cos n
e sin n, in quanto
cos n =
1
2
_
z
n
+
1
z
n
_
, sin n =
1
2i
_
z
n

1
z
n
_
Si pu adesso ritornare al problema 12.7 e calcolare i coefcienti di
Fourier usando questo metodo (per un metodo pi veloce si veda la
sezione 21.1 pi avanti.
Esempio 19.6.
I =
_
+

e
ikx
1 + x
2
dx , < k < +
x
cos 6x
1 + x
2
438 appunti di metodi matematici della fisica
La funzione
f (z) =
e
ikz
1 + z
2
ha due poli semplici in +i e i. Proviamo lo stesso cammino della
gura 19.7. Se lintegrale lungo C
+
R
va a zero per R che va allinnito,
siamo a posto. Consideriamo questo integrale ponendo z = Re
i
=
Rcos + iRsin ,
C
+
R
O
L
R
R -R
i
i

_
C
+
R
e
ikz
1 + z
2
dz =
_

0
1
1 + R
2
e
2i
e
ikRcos+kRsin
iRe
i
d
La situazione analoga a quella incontrata nellesempio 19.10, ma c
un ma: il modulo di questo integrale va a zero per R che va allinni-
to solo se k un numero negativo, in quanto nellesponenziale e
kRsin
il seno positivo, essendo 0 . Il residuo in z = i vale
(z i)
e
ikz
1 + z
2

z=i
=
e
k
i + i
=
e
k
2i
e quindi
_
+

e
ikx
1 + x
2
dx = e
k
, per k < 0
Che fare per k > 0? Con un momento di riessione, ci si pu con-
vincere che il contributo dal semicerchio va a zero se chiudiamo il
cammino reale con il semicerchio C

R
nel semipiano inferiore, come in
gura 19.8. Infatti, per questa scelta si ha
C

R
O
L
R
R -R
i

i
_
C

R
e
ikz
1 + z
2
dz =
_
0

1
1 + R
2
e
2i
e
ikRcos+kRsin
iRe
i
d
Adesso sin sempre negativo per < < 0 e k positivo, quindi il
modulo dellintegrale va a zero per R che va allinnito.
Il cammino C

R
racchiude laltra singolarit della funzione, il polo
semplice i. Il residuo della funzione in z = i vale e
k
/(2i). Il
cammino adesso orario, il che comporta un cambiamento di segno.
Quindi,
_
+

e
ikx
1 + x
2
dx = 2i
_
e
k
2i
_
= e
k
, per k > 0
k
e
|k|
In conclusione,
_
+

e
ikx
1 + x
2
dx = e
[k[
.
M Questultimo esempio un caso particolare di integrali di
Fourier
_
+

f (x)e
ikx
dx (19.18)
teorema dei residui e calcolo di integrali 439
per i quali la funzione f (z) ha le seguenti caratteristiche:
(i) analitica nel semipiano superiore
+
eccetto che per un numero
nito di poli
(ii) e tale che lim
[z[
f (z) = 0 per 0 arg(z) .
Allora, per k < 0 , si ha
_
+

f (x)e
ikx
dx = 2i

Res
_
f (z)e
ikz
_
in
+
(19.19)
La (19.19) nota come lemma di Jordan, la dimostrazione del quale
data a margine. Nel caso in cui
Dimostrazione del lemma di Jordan.
Utilizziamo il cammino chiuso della
gura 19.9 e valutiamo lintegrale lungo
C
+
R
:
I
R
=
_
C
+
R
f (z)e
ikz
dz
=
_

0
f (Re
i
)e
ikRcos[k[Rsin
iRe
i
d .
Sia R cos grande che [ f (z)[ =
[ f (Re
i
)[ < . Allora
[I
R
[ R
_

0
e
[k[Rsin
d = 2R
_
/2
0
e
[k[Rsin
d .
Nellintervallo [0, /2], si ha che
(2/) sin , come mostrato nella
gura sotto.
1 2 3

O
2

sin

2
Quindi [I
R
[ 2R
_
/2
0
e
[k[R2/
d.
Integrando, si ottiene
[I
R
[ 2R
1 e
[k[R
[k[R2/
<

[k[

Risulta cos dimostrato che lim


R
[I
R
[ = 0
e quindi la (19.19).
(i) f (z) analitica nel semipiano inferiore

eccetto che per un


numero nito di poli
(ii) lim
[z[
f (z) = 0 per arg(z) 2,
procedendo in modo analogo a prima, si stabilisce che, per k > 0 ,
_
+

f (x)e
ikx
dx = 2i

Res
_
f (z)e
ikz
_
in

(19.20)
Le condizioni (19.19) e (19.20) sono vericate per la funzione del-
lesempio 19.6, che una funzione nota in sica come lorentziana e in
probabilit come distribuzione di Cauchy-Lorentz. Tuttavia, per unaltra
importante funzione, la gaussiana, f (x) = e
ax
2
, le condizioni (19.19)
e (19.20) non sono vericate e quindi non si pu usare questo metodo
per calcolare g(k) =
_
+

e
ax
2
e
ikx
dx. Ci occuperemo di questo nella
prossima sezione. Prima, per, vogliamo riscrivere le (19.19) e (19.20)
con le notazioni tipicamente usate per lanalisi di Fourier di segnali
dipendenti dal tempo.
t < 0
1
2
_
+

g()e
it
d = i

Res
_
g(z)e
izt
_
in
+
t > 0
1
2
_
+

g()e
it
d = i

Res
_
g(z)e
izt
_
in

(19.21)
Esempio 19.7. Usiamo le formule appena trovate per calcolare
lintegrale
K(t) =
1
2
_

e
it

2
0
+
2
+ i2
d, (16.41)
440 appunti di metodi matematici della fisica
incontrato nellesempio 16.10. I poli, cio le radici di z
2
+ i2z
2
0
sono
z

= i
_

2
0

2
i
0
( > 0). Quindi

-i
+
Figura 19.10: I poli sono nel semipiano
inferiore.
Resg(z), z
+
=
e
iz
+
t
2z
+
+ i2
=
e
t
e
i
0
t
2
0
Resg(z), z

=
e
iz

t
2z

+ i2
=
e
t
e
i
0
t
2
0
Non ci sono poli nel semipiano superiore, quindi K(t) = 0 per t < 0 e
K(t) = i
_
e
t
e
i
0
t
2
0

e
t
e
i
0
t
2
0
_
= e
t
sin
0
t

0
per t > 0
Dunque,
K(t) = e
t
sin
0
t

0
u(t) (19.22)
In questo modo, otteniamo la rappresentazione integrale della
soluzione particolare (16.42)
y(t) =
_

K(t u) f (u)du =
1

0
_
t

e
(tu)
sin
0
(t u) f (u)du.
(19.23)
Questo integrale mostra esplicitamente la dipendenza causale della
soluzione dalla forza applicata: il valore di y al tempo t dipende dalla
storia passata di f (t) no al tempo t, ma non dai valori che sono nel
futuro di t.
19.5 Calcolo di integrali con il metodo dei residui II
In questa sezione consideriamo esempi di calcolo di integrali median-
te integrali al contorno che richiedono un po di immaginazione nel
trovare il cammino corretto.
Esempio 19.8.
g(k) =
_
+

e
ax
2
e
ikx
dx (19.24)
Completando i quadrati, si riscrive e
ax
2
e
ikx
come
e
ax
2
e
ikx
= e
a(x
2
+i
k
a
x)
= e
a(x+i
k
2a
)
2
e

k
2
4a
.
Allora
g(k) =
_
+

e
ax
2
e
ikx
dx = e

k
2
4a
_
+

e
a(x+i
k
2a
)
2
dx . (19.25)
teorema dei residui e calcolo di integrali 441
Per sostituzione z = x + i
k
2a
si ottiene
g(k) = e

k
2
4a
_
+i
k
2a
z=+i
k
2a
e
az
2
dz ,
y = k/2a
x
y
R R
Figura 19.11: f (z) = e
az
2
integrata
lungo il rettangolo di base [R, R] e
altezza [0, ik/2a].
che lintegrale di e
az
2
sul lato superiore del rettangolo in gu-
ra 19.11, nel limite R . Il contributo dei cammini verticali,
_
k/2a
y=0
e
a(R+iy)
2
dy +
_
0
y=k/2a
e
a(R+iy)
2
dy .
tende a zero quando R tende allinnito. Quindi, poich e
az
2
ana-
litica dentro al rettangolo, lintegrale a secondo membro della (19.25)
sar nel limite uguale allintegrale sullasse reale
_
+

e
ax
2
dx =
_

a
.
Dunque,
g(k) = e

k
2
4a
_

e
ax
2
dx =
_

a
e

k
2
4a
(19.26)
Esempio 19.9.
_
+

e
ax
dx
1 + e
x
, 0 < a < 1
La funzione
f (z) =
e
az
1 + e
z
ha poli per z = (2n + 1)i. dunque impossibile usare il contorno
della gura 19.7.
y = c
x
y
Consideriamo lintegrale lungo la retta di equazione y = c nel
piano complesso, dove c una costante, diciamo positiva. Allora
z = x + ic e quindi
_
y=c
e
az
1 + e
z
dz =
_
+
x=
e
iac
e
ax
1 + e
ic
e
x
dx = e
iac
_
+

e
ax
1 + e
ic
e
x
dx
Ci siamo quasi! Basta infatti scegliere c = 2, e la funzione integran-
da diventa identica alla funzione f (z) in quanto e
i2
= 1. Possiamo
allora scegliere il cammino della gura a lato e ottenere
y = 2i
x
y
R R

i
_
+R
R
e
ax
dx
1 + e
x
+
_
2
y=0
e
aR
e
iy
1 + e
R
e
iy
idy
e
ia2
_
+R
R
e
ax
dx
1 + e
x

_
2
y=0
e
aR
e
iy
1 + e
R
e
iy
idy = 2iRes ( f , i)
(19.27)
Calcoliamo il residuo nel polo semplice i,
Res ( f , i) = lim
zi
(z i)
e
az
1 + e
z
=
1
e
i
e
ai
= e
ai
.
442 appunti di metodi matematici della fisica
Consideriamo il modulo della funzione integranda del primo integra-
le in dy [z
1
+ z
2
[ [z
1
[ [z
2
[, cio la lunghezza
di un lato di un triangolo sempre
maggiore o uguale alla differenza degli
altri due.

e
aR
e
iy
1 + e
R
e
iy

=
e
aR
[1 + e
R
e
iy
[

e
aR
e
R
1
e quindi tende a zero per R essendo a < 1. Analogamente,
il modulo della funzione integranda del secondo integrale in dy
minore di
e
aR
1 e
R
e quindi tende a zero per R . Allora, passando al limite R
nella (19.27),
_
1 e
ia2
_
_
+

e
ax
dx
1 + e
x
= 2i(e
ai
) ,
da cui
_
+

e
ax
dx
1 + e
x
=
2ie
ai
1 e
ia2
=
2i
e
ai
e
i2
=

sin(a)
M La soluzione degli ultimi due esempi si basata sulla seguente
idea di validit generale: trovare un cammino chiuso tale che su una parte
del cammino lintegrale sia riconducibile a quello sullasse reale che si vuole
calcolare, e tale che le altre parti del cammino chiuso diano contributo nullo.
Esempio 19.10.
I =
_

0
sin x
x
dx
x
sin x
x
Per integrali di questo tipo (integrali estesi allinnito di funzioni
trigonometriche divise per polinomi), il trucco di passare dalla
funzione trigonometrica allesponenziale e poi ritornare allintegrale
iniziale usando le denizioni delle funzioni trigonometriche in termi-
ni di esponenziale. Passiamo quindi a f (z) = e
iz
/z . Poich la sin x/x
pari, lintegrale richiesto sar met del valore dellintegrale ta a
+.
La prima idea che viene in mente di considerare il cammino
della gura 19.7. Nel limite R , non c contributo dal cammino
sul semicerchio C
+
R
dove z = Re
i
= Rcos + iRsin . Infatti, si ha
C
+
R
C

O
R -R

Figura 19.12: C
+
R
il semiarco di cerchio
di raggio R.
_
(
+
!
e
iz
z
dz =
_

0
1
Re
i
e
iRcosRsin
iRe
i
d = i
_

0
e
iRcos
e
Rsin
d
e il modulo di questintegrale va a zero per R . Tuttavia, c
un problema: la singolarit z = 0 sul cammino. Il trucco quello
di aggirare la singolarit con un giretto di raggio attorno ad essa
(e preoccuparci alla ne di 0). Passiamo quindi al cammino
teorema dei residui e calcolo di integrali 443
chiuso mostrato in gura 19.12. Poich non ci sono singolarit dentro
il cammino
_
e
iz
z
dz =
_

R
e
ix
x
dx +
_
C

e
iz
z
dz +
_
R

e
ix
x
dx +
_
C
+
R
e
iz
z
dz = 0
Poniamo a zero lultimo termine, avendo gi mostrato che per R
non d contributo. Facciamo la sostituzione da x a x nel primo
integrale a secondo membro e combiniamo con il terzo. Otteniamo
cos
2i
_
R

sin x
x
dx =
_
C

e
iz
z
dz
Calcoliamo lintegrale a secondo membro ponendo z = e
i

_
C

e
iz
z
dz = i
_

0
e
ie
i
d
0
i
e quindi
_

0
sin x
x
dx =
i
2i
=

2
M Questultimo esempio un caso particolare di integrali in cui
lungo il cammino si incontra una singolarit e la si aggira come si
fatto nellesempio. Il metodo funziona se lintegrale di aggiramento
tende a zero come lintegrale su C

dellesempio. Un metodo pi
diretto presentato nella prossima sezione.
Esempio 19.11.
_

0
sin(x
2
)dx =
_

0
cos(x
2
)dx =
1
2
_

2
Dimostrazione. In un certo senso, c del miracoloso nel fatto che lin-
tegrale di cos(x
2
) converga. Infatti, cos(x
2
), il cui graco riportato
sotto, non va a zero quando x va allinnito. Ci deve essere essere
unesatta cancellazione tra parti positive e negative che produce un
valore nito dellarea.
x
Un modo per valutare lintegrale di cos(x
2
) e di sin(x
2
) di
incominciare con la formula di Eulero,
_

0
cos(x
2
)dx + i
_

0
sin(x
2
)dx =
_

0
e
ix
2
dx ,
444 appunti di metodi matematici della fisica
che lintegrale della funzione complessa e
iz
2
lungo lasse reale posi-
tivo. Si tratta adesso di vedere se esistono modi di chiudere il cammi-
no e usare il teorema dei residui. Consideriamo il contorno nel piano
complesso illustrato nella gura a lato.
C
2
C
1
C
3

4
R
Re
i/4
0
x
y
Questo contorno ha tre caratteristiche che lo rendono speciale.
Primo, lintegrale lungo C
3
una fase che moltiplica lintegrale della
gaussiana. Infatti, posto z = re
i/4
lungo questo cammino,
_
C
3
e
iz
2
dz =
_
0
r=R
e
i(re
i/4
)
2
d
_
re
i/4
_
= e
i/4
_
R
0
e
i(r
2
i)
dr
= e
i/4
_
R
0
e
r
2
dr
Quindi nel limite R
_
C
3
e
iz
2
dz = e
i/4
_

0
e
r
2
dr = e
i/4

2
Secondo, lintegrale di e
iz
2
lungo C
2
, larco di cerchio da R a Re
i/4
,
nel limite R , nullo. Infatti, z = Re
i/4
lungo questo cammino,

_
/4
0
e
(iRe
i
)
2
dz

_
/4
0
e
R
2
e
2i
iRe
i
d

_
/4
0
e
R
2
(cos 2+i sin2)
iRe
i
d

_
/4
0
e
R
2
cos 2
Rd
R
0 (perch cos 2 > 0 per 0 < < /4)
Terzo, la funzione e
iz
2
analitica nella regione delimitata da C
1
+
C
2
+ C
3
. Allora
_
C
1
+
_
C
3
= 0
_
C
1
=
_
C
3
e quindi
_

0
e
ix
2
dx = e
i/4

2
=
1
2
_

2
+ i
1
2
_

2
,
equivalentemente,
_

0
cos(x
2
)dx + i
_

0
sin(x
2
)dx =
1
2
_

2
+ i
1
2
_

2
,
che proprio quello che si voleva dimostrare.
M Lintegrale
_

0
e
ix
2
dx = e
i/4

2
teorema dei residui e calcolo di integrali 445
detto integrale di Fresnel. Dalluguaglianza sopra segue che
_

e
iax
2
dx = e
i/4
_

a
Si osservi che per cambiamento di variabili x = e
i/4
y , si ottiene
_

e
iax
2
dx = e
i/4
_

e
ay
2
dy = e
i/4
_

a
=
_
i
a
=
_

(ia)
,
che pu essere compresa come risultante da una rotazione del con-
torno di /4. Questo giustica il passaggio da certi integrali reali che
coinvolgono gaussiane, ad altri complessi, mediante la sostituzione
a ia.
19.6 Estensione del teorema e della formula di Cauchy
a

Figura 19.13: Polo lungo il cammino


Quando si considera un integrale di contorno
_
C
f (z)dz, pu accade-
re che un polo semplice si trovi sul cammino di integrazione, come
nella situazione illustrata nella gura 19.13, dove si ha un polo a
lungo lasse reale.
S
S
+

a
c
b
a + a

Figura 19.14: Aggiramento del polo.
Possiamo pensare al cammino della gura 19.13 come il limite
0 del cammino situazione della gura 19.14, lungo il quale
lintegrale di linea
_
C
+

f (z)dz =
_
a
b
f (x)dx +
_
S
+

f (z)dz +
_
c
a+
f (x)dx +
_
S
f (z)dz
Se nella regione racchiusa dal cammino della gura 19.13 la funzione
anlitica, fatta eccezione per un certo numero di poli a
k
, allora
_
C
+

f (z)dz = 2i

k
Resf , a
k
(19.28)
Consideriamo adesso i tre integrali che dipendono da . Calcolia-
mo lintegrale di aggiramento lungo il semicerchio di raggio , cio
_
S
+

f (z)dz. Nellintorno del polo z = a, la funzione approssimata


da
Resf , a
z a
.
Allora, posto z a = e
i
, per > 0 piccolo, lintegrale diventa
_
S
+

f (z)dz = Resf , a
_
0

ie
i
d
e
i
= Resf , ai
_
0

d = iResf , a .
Consideriamo adesso la somma degli altri due integrali reali
_
a
b
f (x)dx +
_
c
a+
f (x)dx
446 appunti di metodi matematici della fisica
Il limite 0 di questa somma chiamato parte principale di Cauchy
dellintegrale ed denotata
P
_
c
b
f (x)dx .
Essa una regolarizzazione dellintegrale, altrimenti divergente.
0 +

Figura 19.15: Parte principale di Cau-


chy: cancellazione tra parti positive e
negative dellintegrale.
Consideriamo adesso il limite 0 dellintegrale di linea sul
cammino chiuso
lim
0
_
C
+

f (z)dz = P
_
c
b
f (x)dx iResf , a +
_
S
f (z)dz
= 2i

k
Resf , a
k
.
S
R
S

a
c
b

a + a
Figura 19.16: Aggiramento del polo.
Il risultato ottenuto interessante, ma si potrebbe obbiettare che la
procedura che abbiamo seguito ha una certa arbitrariet in quanto il
modo in cui abbiamo scelto di aggirare il polo non il solo possibile.
Avremmo infatti potuto scegliere il cammino mostrato in gura 19.16.
In questo caso, lintegrale di aggiramento lungo il semicerchio di
reaggio vale
_
S

f (z)dz = Resf , a
_
0

ie
i
d
e
i
= Resf , ai
_
0

d = iResf , a
e la (19.28) diventa
_
C

f (z)dz = 2i
_

k
Resf , a
k
+Resf , a
_
(19.29)
perch adesso il polo a nella regione racchiusa dal contorno. Nel
limite 0, allora si ha
lim
0
_
C

f (z)dz = P
_
c
b
f (x)dx + iResf , a +
_
S
f (z)dz
= 2i
_

k
Resf , a
k
+Resf , a
_
.
Confrontando i risultati ottenuti, si vede che non c arbitrariet
per il valore di
P
_
C
f (z)dz P
_
c
b
f (x)dx +
_
S
f (z)dz ,
poich entrambe le regole di aggiramento danno lo stesso valore
P
_
C
f (z)dz = 2i

k
Resf , a
k
+ iResf , a .
Si osservi che per la validit di questa formula non essenziale
che il polo sia sullasse reale o che ce ne sia uno solo. Con gli stessi
teorema dei residui e calcolo di integrali 447
ragionamenti si arriva a stabilire la formula generale
P
_
C
f (z)dz = 2i

(res. dentro C) + i

(res. su C)
(19.30)
in cui ci sono uno o pi poli lungo il cammino C.
Questa formula estende il teorema di residui al caso di poli lun-
go il cammino di integrazione (e ha un qualche signicato intuitivo:
un po paradossalmente si potrebbe dire che un polo lungo il cam-
mino met dentro e met fuori e quindi che il suo contributo
met del contributo dei poli dentro il cammino). La formula vale an-
che per poli di ordine dispari, ma cessa di valere per poli di ordine
pari perch in questo caso P
_

f (z)dz non nito, non essendoci


cancellazione tra le aree delle due regioni a destra e a sinistra del
polo.
Come conseguenza della (19.30), si ottiene lestensione della
formula di Cauchy per una funzione analitica dentro e lungo un
contorno C, ad un punto z che si trova sul contorno,
f (z) =
1
i
P
_
C
f (Z)dZ
Z z
, z C. (19.31)
Esempio 19.12. Riconsideriamo lintegrale
I =
_

0
sin x
x
dx
dellesempio 19.10. Adesso risulta chiaro che il risultato non dipende
dalla particolare regola di aggiramento del polo che allora avevamo
scelto. Applicando la (19.30), si ottiene
I =
1
2
ImP
_

e
ix
x
dx =
1
2
Imi =

2
essendo 1 il residuo di e
iz
/z in z = 0.
Le funzioni generalizzate 1/(x i) Si supponga di dover
calcolare lintegrale
_
c
b
f (x)
x
dx , (19.32)
dove f (x) analitica in 0 (b e negativo e c positivo). Allora poich il
residuo di f (x)/x in x = 0 f (0), si ha
lim
0
_
c
b
f (x)
x i
dx = P
_
c
b
f (x)
x
+
_
b
a
i(x)g(x)dx . (19.33)
448 appunti di metodi matematici della fisica
Per esprimere questa identit scriviamo
1
x i
= P
1
x
+ i(x) . (19.34)
a patto che sia inteso che P la parte principale dellintegrale, che
lintero membro destro dentro un integrale e che sia fatto tendere
a zero. In altre parole, la (19.34) va intesa come la denizione di una
funzione generalizzata.
Il caso con il modo opposto di evitare il polo trattato similmente.
In questo caso si ottiene
1
x + i
= P
1
x
i(x) . (19.35)
Il segno meno a secondo membro perch il semicerchio adesso
percorso in senso orario. Si veda la gura 19.18. Combinando le
formule (19.34) e (19.35), si ottiene
P
1
x
=
1
2
_
1
x i
+
1
x + i
_
. (19.36)
Vediamo cos che la parte principale la media dei cammini appena
sopra e appena sotto il polo.
x i
0
0

Figura 19.17: Deformazione di un


cammino di poco sotto lasse reale in
un cammnino che passa sotto il polo.
Lintegrale sul semicerchio di raggio ,
essendo percorso in senso anti-orario
1
2
2ig(0) = ig(0).
x + i
0
0

Figura 19.18: Deformazione di un


cammino di poco sopra lasse reale in
un cammino che passa sopra il polo.
Lintegrale sul semicerchio di raggio
percorso in senso orario e quindi d un
contributo ig(0).
Naturalmente, per il discorso appena fatto non richiesto che il
polo sia nellorigine. Se il polo in x = a, si avr
1
x a i
= P
1
x a
+ i(x a) , (19.37)
1
x a + i
= P
1
x a
i(x a) , (19.38)
P
1
x a
=
1
2
_
1
x a i
+
1
x a + i
_
. (19.39)
Esercizio 19.1. Verichiamo le formule ottenute in un esempio
semplice:
_

cos x
x i
dx
Usando
cos x =
e
ix
e
ix
2
otteniamo
_

cos x
x i
dx =
1
2
_

e
ix
x i
dx +
1
2
_

e
ix
x i
dx
Il primo termine permette di chiudere il cammino con un semicerchio
nel piano superiore, il secondo nel semipiano inferiore (Lemma di
Jordan). Poich il polo z = +i nel sempiano superiore, solo il
teorema dei residui e calcolo di integrali 449
semicerchio superiore circonda il polo. Il residuo nel polo vale 1.
Quindi
_

cos x
x i
dx =
1
2
_

e
ix
x i
dx =
1
2
2i 1 = i
Daltro canto, la parte principale dellintegrale zero
P
_

cos x
x
dx = 0
in quanto cos x pari e la cancellazione esatta. Dalla denizione
della (x)
_

(cos x) (i(x)) dx = i cos(0) = i


Dunque la formula
1
x i
= P
1
x
+ i(x)
risulta vericata.
450 appunti di metodi matematici della fisica
Tavola riassuntiva delle singolarit di una funzione
Singolarit a di una funzione analitica f (z)
Tipo Descrizione Esempi
Isolata Se esiste un intorno nito di a in cui
non ci sono altre singolarit
Polo Se nellintorno di a si ha 1/f (z) = (z a)
m
(z), 1/z in z = 0 (m = 1)
dove analitica e non nulla in a, 1/(z 2)
3
in z = 2 (m = 3)
m lordine del polo
Punto di diramazione Se un giro completo attorno ad a

z in z = 0
fa cambiare il valore di f (z)
Eliminabile Se lim
za
f (z) esiste
sin z
z
in z = 0
Essenziale Se f (z) diverge in a, ma non un polo e
1/(z2)
in z = 2
Classicazione delle funzioni analitiche
Funzione Descrizione Esempi
Olomorfa Equivalente ad analitica
Intera Analitica ovunque nel piano complesso polinomi, esponenziale,
(solo una singolarit allinnito) trigonometriche, iperboliche
Meromorfa Solo poli come singolarit razionali
teorema dei residui e calcolo di integrali 451
Problemi
Problema 19.1. Sia C la linea y = x
3
3x
2
+4x
1 che congiunge i punti (1, 1) e (2, 3). Determinare il
valore di
_
C
(12z
2
4iz)dz
Problema 19.2. Calcolare
_
C
[z[
2
dz
lungo i cerchi (a) [z[ = 1 e (b) [z 1[ = 1.
Problema 19.3. Calcolare
_
C
z
2
dz + z
2
dz
lungo la curva C denita da z
2
+ 2zz + z
2
=
(2 2i)z + (2 +2i)z tra i punti z = 1 e z = 2 +2i.
Problema 19.4. Calcolare
_
C
e
z
(z
2
+
2
)
2
dz
dove C il cerchio [z[ = 4.
Problema 19.5. Calcolare
_
C
e
iz
z
3
dz
dove C il cerchio [z[ = 2.
Problema 19.6. Dimostrare che
1
2i
_
C
e
zt
z
2
+1
dz = sin t
per t > 0 e C il cerchio [z[ = 3.
Problema 19.7. Calcolare
_
C
cos z
z
2
1
dz
lungo un rettangolo con vertici in: (a) 2 i, 2 i;
(b) i, 2 i, 2 + i, i.
Problema 19.8. Siano
P(z) =
1
cos z
, Q(z) =
cos z
z
2
, R(z) =
1
(e
z
1)
3
.
Trovare i poli di P, Q e R e il loro ordine.
Problema 19.9. Classicare le singolarit di f (z)
nei punti indicati.
(I) f (z) = cot z in z = 0.
[Polo semplice.]
(II) f (z) =
1 +cos z
(z )
2
in z = .
[Eliminabile.]
(III) f (z) = sin(1/z) in z = 0.
[Singolarit essenziale.]
(IV) f (z) =
z
2
z
z
2
+2z +1
in z = 1.
[Polo di ordine 2.]
(V) f (z) = z
3
sin z in z = 0.
[Polo di ordine 2.]
(VI) f (z) = (csc z)(cot z) in z = 0.
[Polo di ordine 2.]
Problema 19.10. Trovare i residui di g(z) nei
punti indicati.
(I) g(z) =
1
1 + z
2
in z = i.
[Res =
i
2
]
(II) g(z) =
e
z
z
3
in z = 0.
[Res =
1
2
]
(III) g(z) = tan z in z = /2.
[Res = 1]
(IV) g(z) =
z +2
(z
2
2z +1)
2
in z = 1.
[Res = 0 ]
Problema 19.11. Le singolarit delle funzioni sotto
sono tutte poli semplici. Trovare i residui
(I) g(z) =
z
2
1
z
2
5iz 4
.
[i e 4i. Res
1
= (2/3)i e Res
2
= (17/3)i]
(II) g(z) = tan z.
452 appunti di metodi matematici della fisica
[(n +
1
2
), n = 0, 1, 2, . . .. Res
n
= 1]
(III) g(z) =
z
2
z
3
8
.
[2, 2e
2i/3
e 2e
4i/3
. Res = 1/3]
(IV) g(z) =
e
z
sin z
.
[n, n = 0, 1, 2, . . .. Res
n
= (1)
n
e
n
]
(V) g(z) =
sin z
z
2
3z +2
.
[1 e 2. Res
1
= sin1 e Res
2
= sin2]
Problema 19.12. Usare il metodo dei residui per
calcolare gli integrali seguenti. Quando possibile,
usate i risultati degli esercizi precedenti.
(I)
_
C
z
2
z
3
8
dz, dove C (percorso in senso an-
tiorario) il cerchio di raggio 1 e centro
3/2.
[2i/3]
(II)
_
C
z
2
z
3
8
dz, dove C (percorso in senso
antiorario) il cerchio di raggio 3 e centro 0.
[2i]
(III)
_
C
z
2
z
3
8
dz, dove C (percorso in senso
antiorario) il cerchio di raggio 1 e centro 0.
[0]
(IV)
_
C
z
2
1
z
2
5iz 4
dz, dove C una qualunque
curva semplice chiusa (percorsa in senso anti-
orario) che include i seguenti punti: (a) solo i ,
(b) solo 4i, (c) sia i sia 4i, (d) n i n 4i.
[(a) 4/3, (b) 34/3, (c) 10, (d) 0]
(V)
_
C
e
z
sin z
dz, dove C (percorso in senso anti-
orario) il rettangolo con vertici /2 i,
5/2 i, /2 +2i e 5/2 +2i.
[2(1 e

+ e
2
)]
(VI)
_
C
1
(z
2
+1)(z
2
+4)
dz, dove C (percorso in
senso orario) il semicerchio nel semipiano
superiore che ha centro 0, raggio R > 2 e
diametro collocato lungo lasse reale.
[/6]
Problema 19.13. Calcolare i seguenti integrali:
(I)
_
+

dx
(1 + x
2
)
3
[3/8]
(II)
_
+

x
4
dx
(a + bx
2
)
4
, a, b > 0 [/(16a
3/2
b
5/2
)]
(III)
_
2
0
d
3 2 cos +sin
[]
(IV)
_

0
dx
1 + x
6
[/3]
(V)
_

a cos x + x sin x
x
2
+ a
2
dx [2e
a
]
(VI)
_
2
0
cos 3
5 4 cos
d [/12]
(VII)
_
2
0
dt
5 3 sin t
[/2]
(VIII)
_
2
0
dt
3 2 cos t
[2/

5]
(IX)
_
2
0
cos tdt
13 +12 cos t
[4/15]
(X)
_

dx
(x
2
+1)(x
2
+4)
[/6]
(XI)
_

dx
cosh x
[]
(XII)
_

0
sin ax
sinh x
dx
_

2
tanh
a
2
_
(XIII)
_

x sin x
x
2
+2x +5
_
e
2
_
teorema dei residui e calcolo di integrali 453
Soluzioni
Problema 19.1. Per calcolare lintegrale
_
C
(12z
2
4iz)dz ,
dove C la linea y = x
3
3x
2
+ 4x 1 che congiunge i punti (1, 1)
e (2, 3) si pu: (i) calcolare lintegrale di linea lungo la curva data
separando parte reale e parte immaginaria e applicando le regole
di calcolo degli integrali di linea reali; (ii) osservare che, essendo la
funzione integranda analitica, il valore dellintegrale non dipende
dalla linea, quindi, invece di quella assegnata, si prende una linea
molto pi semplice che congiunge i due punti, per esempio una
retta; fatto questo si calcola lintegrale di linea lungo il segmento
di retta tra (1, 1) e (2, 3) ; (iii) osservare che, essendo la funzione
integranda analitica, valgono le usuali regole del calcolo: la primitiva
della funzione integranda 4z
3
2iz
2
e quindi
_
C
(12z
2
4iz)dz =
_
2+3i
1+i
(12z
2
4iz)dz = (4z
3
2iz
2
)

2+3i
1+i
= 156 +38i
Chiaramente, (iii) il metodo migliore!
Problema 19.2.
(a) C: [z[ = 1. Si ponga z = e
i
. Allora
_
C
[z[
2
dz =
_
2
=0
de
i
= e
i2
1 = 0
(b) [z 1[ = 1. Si ponga z = 1 + e
i
, dz = ie
i
d = (sin +
i cos )d. Allora
_
C
[z[
2
dz =
_
2
0
_
(1 +cos )
2
+sin
2

_
(sin + i cos )d = 2i
Problema 19.3. Risposta: 248/15.
Problema 19.4.
I =
_
C
f (z)dz , dove f (z) =
e
z
(z
2
+
2
)
2
=
e
z
(z i)
2
(z + i)
2
e C il cerchio [z[ = 4. La funzione f (z) ha due poli z = i di
ordine m = 2 nel cerchio C. Quindi
_
C
f (z)dz = 2i (Resf , +i +Resf , i)
Ricordiamo la formula generale per il residuo in un polo a di ordine
m,
Resf , a =
1
(m1)!
_
d
dz
_
m1
[(z a)
m
f (z)]

z=a
454 appunti di metodi matematici della fisica
Per a = i
Resf , i =
1
1!
_
d
dz
_ _
(z i)
2
e
z
(z i)
2
(z + i)
2
_

z=i
=
d
dz
e
z
(z + i)
2

z=i
=
e
z
(z + i)
2
e
z
[2(z + i)]
(z + i)
4

z=i
=
e
z
(z + i) 2e
z
(z + i)
3

z=i
=
+ i
4
3
Analogamente, si trova
Resf , i =
i
4
3
Allora
_
C
e
z
dz
(z
2
+
2
)
2
= 2i
_
+ i
4
3
+
i
4
3
_
=
i

Problema 19.5.
_
C
e
iz
z
3
dz = 2i
1
2
(e
iz
)
//

z=0
= i
Problema 19.6.
1
2i
_
C
e
zt
z
2
+1
dz =
1
2i
_
C
e
zt
(z + i)(z i)
dz =
e
it
2i
+
e
it
2i
= sin t
Problema 19.7. Risposta: (a) 0, (b) 1/2.
Problema 19.8. Risposta: se siete arrivati sin qui, non avete
problemi a trovarla.
Problema 19.9. Idem.
Problema 19.13.
(I) f (z) =
1
(1 + z
2
)
3
. Polo triplo in i. Res ( f , i) =
1
2
12
(z + i)
5
=

3i
16
. Stesso contorno della gura 19.7.
_
f (z)dz =
_
R
R
dx
(1 + x
2
)
3
+
_
C
+
R
dz
(1 + z
2
)
3
= 2i Res ( f , i) =
3
8
Nel limite R lintegrale lungo C
+
R
d contributo nullo,
quindi
C
+
R
O
L
R
R -R
i
i

_
+

dx
(1 + x
2
)
3
=
3
8
(II)
_
+

x
4
dx
(a + bx
2
)
4
=

16a
3/2
b
5/2
, a, b > 0
Polo di quartordine in i

a/b.
teorema dei residui e calcolo di integrali 455
(III) Integrali di questo tipo si riconducono a integrali nel piano
complesso mediante le sostituzioni riassunte dalla gura a
margine.
_
2
0
d
3 2 cos +sin
=
_
C
dz/iz
3 2(z + z
1
)/2 + (z z
1
)/2i
=
_
C
2dz
(1 2i)z
2
+6iz 1 2i
I poli di
d

cos
sin
dz = izd
1/z = e
i
1
2

z +
1
z

1
2i

z
1
z

0
z = e
i
f (z) =
2
(1 2i)z
2
+6iz 1 2i
sono poli semplici, z = 2 i e z = (2 i)/5. Solo (2 i)/5
allinterno di C. Il residuo in (2 i)/5 1/(2i), quindi
_
2
0
d
3 2 cos +sin
=
(IV) Essendo la funzione integranda pari,
I =
_
+
0
dx
1 + x
6
=
1
2
_
+

dx
1 + x
6
.
R -R

Per il calcolo di questo integrale si considera il contorno della


gura a lato. Zeri di 1 + x
6
= 0: e
i/6
, e
3i/6
, e
5i/6
, e
7i/6
,
e
9i/6
, e
11i/6
. Poli semplici di f (z) = 1/1 + z
6
. Solo i po-
li e
i/6
, e
3i/6
, e
5i/6
si trovano dentro C. Usando la regola
dellHospital si trova
Res(e
i/6
) = lim
ze
i/6
_
(z e
i/6
)
1
1 + x
6
_
= lim
ze
i/6
1
6z
5
=
1
6
e
5i/6
Res(e
3i/6
) = lim
ze
3i/6
_
(z e
3i/6
)
1
1 + x
6
_
= lim
ze
3i/6
1
6z
5
=
1
6
e
5i/2
Res(e
5i/6
) = lim
ze
5i/6
_
(z e
5i/6
)
1
1 + x
6
_
= lim
ze
i/6
1
6z
5
=
1
6
e
25i/6
Allora
I =
1
2
_
+

dx
1 + x
6
=
1
2
2i
1
6
_
e
5i/6
+ e
5i/2
+ e
25i/6
_
=

3
.
(V) Per dimostrare che
I =
_
+

a cos x + x sin x
x
2
+ a
2
dx = 2e
a
scomponiamo I nella somma di due integrali
I = a
_
+

cos x
x
2
+ a
2
dx +
_
+

x sin x
x
2
+ a
2
dx I
1
+ I
2
456 appunti di metodi matematici della fisica
Consideriamo il primo integrale
I
1
= a
_
+

cos x
x
2
+ a
2
dx .
O R -R
ia
ia

Non possiamo direttamente chiudere sul contorno della gura


a lato perch cos z =
e
iz
+ e
iz
2
. diverge lungo la direzione
positiva dellasse immaginario (a causa di e
iz
). Consideriamo
invece lungo lo stesso contorno, lintegrale
J
1
=
_
e
iz
z
2
+ a
2
dz =
_
cos z
z
2
+ a
2
dz + i
_
sin z
z
2
+ a
2
dz
Essendo il seno una funzione dispari, il secondo integrale d
contributo nullo quando integrato lungo lasse reale. Quindi
I
1
= aJ
1
, nel limite R , in quanto lintegrale lungo C
+
R
si
annulla, nel limite R , come si pu vericare direttamente,
oppure utilizzando il Lemma di Jordan.
Calcoliamo J
1
. Polo in ia. Residuo:
e
i(ia)
2ia
=
e
a
2ia
. Quindi
J
1
= (2i)e
a
/(2ia) = e
a
/a, da cui I
1
= aJ
1
= e
a
.
Per il secondo integrale possiamo procedere in modo analogo,
oppure osservare che
I
2
=
_
+

x sin x
x
2
+ a
2
dx =
d
d
_
+

cos x
x
2
+ a
2
dx

=1
Ma lintegrale
F() =
_
+

cos x
x
2
+ a
2
dx
completamente analogo a J
1
, calcolato pocanzi e vale quindi
F() =
e
a
a
. Allora I
2
= F
/
()

=1
= e
a
, da cui
I = I
1
+ I
2
= e
a
+ e
a
= 2e
a
(VI) Per calcolare
_
2
0
cos 3
5 4 cos
d
si procede alla sostituzione usuale per integrali di questo tipo:
z = e
i
, dz = izd, cos =
1
2
(e
i
+ e
i
) =
1
2
(z +1/z). Si ottiene
_
2
0
cos 3
5 4 cos
d =
1
2i
_
C
z
6
+1
z
3
(2z 1)(z 2)
Polo di ordine 3 in z = 0 e polo semplice in z = 1/2. Risultato
/12.
(VII)
teorema dei residui e calcolo di integrali 457
(VIII)
(IX)
(X)
(XI) Poich f (z) = 1/cosh z ha inniti poli nei punti z =
_
n +
1
2
_
i,
per calcolare g() =
1
2
_
+

e
ix
cosh x
dx conviene prendere il
cammino di integrazione della gura a lato. Si osservi la scelta
di far passare il cammino per (sfruttando la periodicit della
funzione). x
y
R R

i/2
3i/2
5i/2

i/2
3i/2
5i/2

i
Il residuo della funzione integranda per z = i/2 ie
/2
e
quello per z = i/2 +ie
/2
. Quindi,
1
2
_
+

e
ix
cosh x
dx
1
2
_
+

e
i(x+i)
cosh(x + i)
dx =
1
2
(2i)Res = e
/2
Adesso sviluppiamo il primo membro
1
2
_
+

e
ix
cosh x
dx
1
2
_
+

e
i(x+i)
cosh(x + i)
dx
=
1
2
_
+

e
ix
cosh x
dx +
e

2
_
+

e
ix
cosh x
dx
(si osservi il cambiamento di segno cosh(x + i) = cosh(x)).
Raccogliamo a secondo membro lintegrale cercato,
1
2
_
+

e
ix
cosh x
dx
1
2
_
+

e
i(x+i)
cosh(x + i)
dx = (1 +e

)
1
2
_
+

e
ix
cosh x
dx
Si cos determinato che
(1 + e

)
1
2
_
+

e
ix
cosh x
dx = e
/2
da cui
_
+

e
ix
cosh x
dx =
e
/2
1 + e

(XII) Un trucco simile a quello dellesempio 19.9 potrebbe funziona-


re. Sfortunatamente, il cammino y = i incontra il polo z = i.
Ma questo non un problema: basta prendere un cammino
semicircolare che lo aggiri e poi far tendere a zero il suo raggio.
Il residuo della funzione nel polo i sinh a.
x
y
R R

i
Dopo aver dimostrato che i contributi verticali tendono a zero,
possiamo allora integrare lungo il rettangolo e ottenere
_

sin ax
sinh x
dx +
_

sin a(x + i)
sinh(x + i)
dx = sinh a
458 appunti di metodi matematici della fisica
(1 +cosh a)
_

sin ax
sinh x
dx + i
_

cos ax sinh a
sinh x
dx = sinh a
_

sin ax
sinh x
dx =
sinh a
1 +cosh a
_

0
sin ax
sinh x
dx =

2
sinh a
(1 +cosh a)
(anche se non sembra quello che si voleva dimostrare).
(XIII) Si consideri
_
C
ze
iz
z
2
+2z +5
dz ,
dove C il contorno della gura a lato.
C
+
R
O R -R
1 + 2i
1 2i

Lintegrando ha poli semplici in 1 2i, ma solo 1 + 2i


allinterno di C.
Res =
(1 +2i)e
i(1+2i)
2(1 +2i) +2
= (1 +2i)
e
i2
4i
.
Allora
_
C
ze
iz
z
2
+2z +5
dz = 2i(1 +2i)
e
i2
4i
=

2
(1 2i)e
2
.
La funzione tende a zer per z che va allinnito, quindi il
contributo del semicerchio C
+
R
nullo nel limite R e
quindi
_

x cos x
x
2
+2x +5
+ i
_

x sin x
x
2
+2x +5
=

2
e
2
ie
2
Lintegrale richiesto e
2
e, come bonus, si ottenuto
anche il valore di un altro integrale.
20
Il cuore della teoria delle funzioni analitiche
Indice
20.1 Multifunzioni, punti di diramazione e rami 459
20.2 Rilevanza per le serie di potenze 466
20.3 Integrale di una funzione con punti di diramazione 468
20.4 Sviluppo in serie di Taylor 469
20.5 Sviluppo in serie di Laurent 471
20.6 Prolungamento analitico 474
20.7 La funzione zeta di Riemann

477
20.8 Il teorema di rappresentazione di Riemann 480
Problemi 483
Soluzioni 485
20.1 Multifunzioni, punti di diramazione e rami
R
1
z
O
Figura 20.1: Lintegrale di linea (20.1)
da 1 a z in una regione semplicemente
connessa che non include lorigine.
Lintegrale non dipende dal cammino.
1
r
z
O
Figura 20.2: Cammino per il calcolo di
log z.
La funzione 1/z associata al campo di una carica puntiforme e
svolge un ruolo privilegiato nella teoria delle funzioni analitiche.
Non dovrebbe sorprendere che il potenziale che corrisponde ad essa
svolga un ruolo altrettanto importante. Scegliendo come riferimento
il punto 1, deniamo il logaritmo come lintegrale di 1/z, in completa
analogia con la caratterizzazione del logaritmo in analisi reale,
log z
_
z
1
dz
z
, (20.1)
Lintegrale non dipende dal cammino se z in una qualunque regione
semplicemente connessa ! che include 1, ma non include lorigine.
Infatti, in una tale regione 1/z analitica
Per comprendere meglio il carattere di questa funzione, calcoliamo
lintegrale lungo un cammino particolare (poich lintegrale non
460 appunti di metodi matematici della fisica
dipende dal cammino, scegliamo il cammino pi comodo). Posto
Multifunzioni nel campo reale. Nel campo
reale la relazione inversa dellelevazione
al quadrato la multifunzione radice
quadrata,
f (x) x
1/2
=

x,

x ,
dove, come sempre,

x denota lusuale
radice quadrata positiva di x. Le due
determinazioni di f , w
1
=

x e
w
2
=

x, sono dette rami (o branche)


di f . Naturalmente, nel campo reale,
f (x) solo denita per valori positivi di
x.
x
a

a
Nel campo reale, i due rami w
1
=

x
e w
2
=

x possono a ragione essere


considerati due funzioni completa-
mente distinte in quanto, variando con
continuit x tra 0 e +, ognuna delle
due varia separatamente dallaltra e
quando ci si restringe ad una di esse,
per esempio w
1
, laltra non entra mai in
considerazione. La funzione w
1
=

x
usualmente detta ramo principale di
f (x). Analogo discorso vale per altre
multifunzioni reali, quali le potenze
frazionarie f (x) = x
n/m
, per n, m interi
o larcotangente.
x
1
2

1
2

3
2

In effetti, proprio perch nel campo rea-


le impossibile passare con continuit
da un ramo allaltro di una multifunzio-
ne, la nozione stessa di multifunzione
risulta di scarsa utilit e di solito non
neanche menzionata.
z = re
i
, conssideriamo il cammino da 1 a r e poi da r a z muovendosi
lungo larco di cerchio centrato nellorigine e di raggio r da 1 a z (si
veda la gura a margine). Allora
log z =
_
r
1
dx
x
+
_

0
ire
i
d
re
i
= log r + i
Il logaritmo complesso dunque una funzione di z la cui parte
reale lusuale logaritmo del modulo di z e la parte complessa
langolo o argomento di z. Si capisce dunque lesigenza di restringere
la regione ad una regione semplicemente connessa non contenente
lorigine: dopo un giro completo si guadagna un angolo 2, cio
_
dz
z
= i2 ,
in accordo con la formula di Cauchy. Senza questa restrizione, il
logaritmo non pi una funzione, cio unapplicazione che assegna
ad ogni punto del suo dominio un solo valore.
Multifunzioni Si pu estendere il logaritmo a tutto il piano com-
plesso eccetto lorigine, se lo si pensa non come una funzione, ma
come una multifunzione o funzione polidroma, intendendo con questo
unapplicazione che associa ad ogni elemento del suo dominio un
insieme che contiene pi elementi.
Se intendiamo il logaritmo in questo senso pi generale, allora per
ogni numero complesso z ,= 0 si ha
log z = ln [z[ + i arg(z) (20.2)
dove arg(z) = +2n, per < . In questo senso, il logaritmo
di un numero complesso assume inniti valori, cio log z = ln [z[ +
2ni, n = 1, 2, . . ., per esempio, log(2 + 2i) = ln2

2 + i

4
+
2ni, n = 1, 2, . . . .
Di solito, le multifunzioni emergono per inversione di funzioni che
non sono iniettive. In effetti, il logaritmo linverso della funzione
esponenziale (come potevamo aspettarci), in quanto
e
log z
= e
log r+i
= re
i
= z
e lesponenziale complesso non iniettivo (si rivedano le gure 4.14
e 4.15. Un altro esempio di multifunzione ootenuta per inversione di
una funzione non iniettiva la radice

z = z
1/2
=

re
i(+2n)/2
=

re
i/2
,

re
i/2
,
che assume due valori in ogni punto z ,= 0.
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 461
Studiamo in dettaglio la radice per portare alla luce i tratti salienti
delle multifunzioni. Si ssi un punto z
0
= r
0
e
i
0
del piano. Allora la
radice assegna a z
0
due valori
w
01
=

r
0
e
i
0
/2
e w
02
(z) =

r
0
e
i
0
/2
Si scelga arbitrariamente uno di questi due, diciamo w
01
e si conside-
ri una qualunque curva chiusa C che circonda lorigine che parta da
z
0
. Per comodit pensiamo C descritta in forma parametrica e usia-
mo come parametro langolo, per cui rappresentiamo la curva come
z = r()e
i
, con z(
0
) = z
0
. In corrispondenza del movimento di z
lungo la curva si ha un movimento nel piano w = z
1/2
lungo la curva
w() =
_
r()e
i/2
, con punto iniziale w(
0
) = w
01
. Quando z()
ritorna al punto iniziale,
Figura 20.3: Ad un punto z del piano,
la multifunzione w = z
1/2
associa due
punti nel piano w. In gura, questul-
timo piano stato rappresentato come
una linea blu verticale. w
1
e w
2
sono le
due immagini di z. Scelto inizialmente
il valore w
1
, man mano che z si muove
lungo una curva chiusa (in rosso) che
circonda lorigine, la sua immagine w si
muove con continuit no a portarsi in
w
2
alla ne del viaggio. Se adesso si fa
compiere al punto z un altro giro, lim-
magine w ritorna al suo valore iniziale
w
1
(linea verde).
O
p

C
Figura 20.4: Se la curva chiusa non
racchiude lorigine, la variazione di fase
del movimento che parte da p e
ritorna in p zero.
O
C
Figura 20.5: Basta che la curva C
racchiuda anche di poco lorigine
perch si abbia = 2.
w(2) =
_
r(
0
+2)e
i[
0
+2]/2
=

r
0
e
i
0
/2
= w
02
Il che vuol dire che un movimento continuo di punto del piano, lun-
go una curva chiusa che circonda lorigine, fa passare con continuit
da un valore allaltro della multifunzione. Si tratta di un fenomeno
che non ha nulla di analogo nel campo reale! Questo fenomeno
visualizzato in gura 20.3.
Punti di diramazione Si osservi che se la curva chiusa C non
racchiude lorigine il fenomeno non si manifesta: in questo caso la
variazione di fase dellimmagine zero, si veda la gura 20.4. Si
osservi che se la curva racchiude anche solo di un pelino lorigine,
allora = 2 (cfr. gura 20.5). dunque naturale chiamare lo-
rigine punto di diramazione (o di ramicazione) per la multifunzione
f (z) = z
1/2
, in quanto in esso vengono a coincidere i due valori di
w, distinti per ogni altro valore z, come se dallorigine si diramasse-
ro i due rami della multifunzione. Pi in generale, si ha la seguente
denizione.
Il punto q un punto di diramazione di una multifun-
zione f se, ssato w = f (p) in qualche punto p, esiste
un cammino chiuso attorno a q che inizia e nisce in p
tale che f (z) non ritorna al suo valore iniziale w dopo
una rivoluzione lungo il cammino.
(20.3)
In particolare, se f (z) ritorna per la prima volta al suo valore ini-
ziale dopo N rivoluzioni attorno a q, si dice che q un punto di di-
ramazione algebrico di ordine N 1; per esempio, per f (z) =

z,
lorigine z = 0 di ordine 1. I punti di diramazione algebrici di ordi-
ne 1 sono detti punti di diramazione semplici. Se f (z) non ritorna mai
al suo valore iniziale, si dice che q un punto di diramazione logarit-
mico. Infatti, per il logaritmo vale un discorso analogo a quello fatto
462 appunti di metodi matematici della fisica
per la radice (muovendosi lungo una curva chiusa che circonda lori-
gine si passa con continuit da un valore allaltro del logarirmo), ma,
continuando a ruotare intorno allorigine, non si ritrova mai il valore
iniziale del logaritmo.
Rami di una multifunzione Mostriamo adesso come si possano
estrarre funzioni ad un sol valore da una multifunzione, facendo ri-
ferimento alla radice. Si scelga un punto z
0
,= 0 e, arbitrariamente,
uno dei due valori di f (z
0
), diciamo w
01
; quindi si lasci z libero di
muoversi. In questo modo si ottiene un unico valore f
1
(z) associato
con ogni cammino che parte da z
0
e nisce in z, a patto che il cam-
mino non giri intorno al punto di diramazione z = 0. Cos si pu
ottenere una funzione f
1
ad un sol valore restringendo z ad un insie-
me semplicemente connesso S che contiene z
0
, ma non contiene lorigine
Se inizialmente avessimo scelto laltro valore w
02
, mediante costru-
zione analoga, avremmo ottenuto una differente funzione ad un sol
valore, f
2
. Le funzioni ad un sol valore cos ottenute sono dette rami
della multifunzione. Si veda la gura 20.6. Pi in generale si ha la
seguente denizione.
O
z
0
S
z
1
z
2
z
3
Figura 20.6: A partire da un punto
arbitrario z
0
(ma non lorigine) si
costruisce una funzione ordinaria
nellinsieme connesso S, propagando
la scelta di ramo in z
0
a tutti i punti
z di S che si possono raggiungere
mediante cammini che partono da z
0
(e
rimangono in S).
Sia S un insieme connesso che non contiene il punto (o
i punti) di diramazione di una multifunzione f . Siano
inoltre z
0
un punto arbitrario in S e w
01
, w
02
, . . . i
valori di f in z
0
. I rami f
k
(z) di f sono le funzioni ad
un sol valore che si ottengono propagando f lungo
cammini in S da z
0
a z S tali che f
k
(z
0
) = w
k
.
(20.4)
O
C
e
p

2 +
Figura 20.7: Avvicinamento orario e
antiorario di z (che parte da p) ad un
punto e sul taglio C.
Tagli Ritornando allesempio della radice, mostriamo come si pos-
sa estendere il dominio S dei rami in modo da ottenere le radici di
qualunque punto del piano. La gura 20.6 suggerisce immediata-
mente come fare: si avvicinino i due archi no a toccarsi, quindi si
faccia tendere a zero il raggio piccolo e allinnito quello grande.
Quello che resta il piano senza una semiretta dallorigine allinnito
C; questultima usualmente chiamata taglio o linea di diramazione.
(Si osservi che non necessario che il taglio sia una semiretta, basta
che sia una curva semplice che parte dal punto di diramazione e va
allinnito).
Mostriamo inne che i rami possono essere deniti sul taglio
C. Si consideri un punto e sul taglio. Immaginiamo che z viag-
gi lungo un cerchio centrato nellorigine che passa per e. La gu-
ra 20.7 mostra che f
1
(z) si avvicina a due valori differenti a secon-
da che il movimento di z sia orario o anti-orario: per un avvici-
namento antiorario a e, f
1
(z) re
i/2
, mentre per uno orario,
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 463
f
1
(z) re
i(2+)/2
= re
i/2
. A questo punto, se arbitrariamen-
te stipuliamo che f
1
(e) sia il valore ottenuto per un avvicinamento
antiorario, f
1
risulta denita univocamente su C e quindi su tutto il
piano complesso. Similmente, possiamo estendere a tutto il piano il
dominio di f
2
. Il prezzo che si paga per questa estensione che f
1
e
f
2
sono funzioni discontinue sul taglio C.
Parti principali dellangolo e ramo principale Se pre-
sente un solo punto di diramazione, di solito, come taglio si sceglie
lasse reale negativo, il che risulta nella restrizione < .
Questa scelta convenzionale denisce la parte principale dellangolo (o
dellargomento), usualmente denotata Arg(z) e il ramo principale della
funzione f , a volte denotato con [ f ].

a
b
Figura 20.8: a e b: punti di diramazione
di una funzione. Se si scelgono come
tagli le semirette parallele allasse
reale con estremi a e b, tutti i cammini
attorno a a o b o a entrambi sono
proibiti (che siano rette e che siano
parallele convenzionale, limportante
che vadano allinnito).
a
b
Figura 20.9: a e b: punti di diramazione
di una funzione. Si sceglie come taglio
il segmento tra a e b. Con questa scelta,
solo i cammini attorno a ciascun punto
di diramazione sono proibiti, mentre
il cammino attorno ai due punti di
diramazione permesso.
Arbitariet dei tagli importante aver chiaro che i tagli non
sono dettati dalla multifunzione, ma la loro scelta convenzionale.
Il loro ruolo di estrarre dalla multifunzione delle funzioni ordi-
narie (cio ad un solo valore) e quindi la la loro scelta largamente
arbitraria. Per esempio, se la funzione ha due punti di diramazione,
introducendo due tagli come in gura 20.8, si elimina la polidromia
(cio che la funzione abbia pi valori). In questo modo si impedisco-
no cammini chiusi attorno ai punti di diramazione. Si osservi che in
questo modo si impediscano anche cammini attorno ai due punti.
Ora, buon senso vuole che si proibisca quanto serve allo scopo,
niente di meno, ma neanche niente di pi. Sembrerebbe quindi che
una scelta di taglio pi economica, come quella mostrata in gu-
ra 20.9, sia sufciente. Si noti che tale scelta impedisce i cammini
chiusi attorno a ciascun punto di diramazione, ma non ad entram-
bi. Il fatto che anche girando attorno ad entrambi si pu produrre
polidromia e la cautela dobbligo. Per un caso in cui la ricetta della
gura 20.9 adeguata, si veda lesempio 20.3 pi avanti; si veda il
problema 20.1 per un caso in cui non adeguata.
Esempio 20.1. Le potenze frazionarie, w = z
p/q
(con p e q primi tra
loro) sono multifunzioni. Perch?
Soluzione. Per la stessa ragione per cui la radice quadrata una mul-
tifunzione: lorigine un punto di diramazione. In fatti, la speci-
cazione dellangolo di z a meno di multipli interi di 2 diventa
rilevante quando la eleviamo alla potenza p/q:
w = r
p/q
e
i(p/q)(+2n)
= r
p/q
e
i(p/q)
e
i(2np)/q
n = 0, 1, 2,
Essendo p e q primi tra loro, si hanno q possibili valori distinti di w,
w
n
= r
p/q
e
i(p/q)
e
i(2np)/q
n = 0, 1, 2, . . . , q
464 appunti di metodi matematici della fisica
(passato q non si trovano nuovi valori). Quindi, per questa funzione,
lorigine un punto di diramazione algebrico di ordine q 1.
Esempio 20.2. Sia w = f (z) =
3

z. Introdurre i tagli e caratterizzare il


suo ramo principale [
3

z]. Trovate nulla di strano?


Soluzione. Per quanto visto sopra, z = 0 un punto di diramazione
algebrico di ordine 2. Per il taglio, seguiamo la consuetudine di sce-
gliere lasse reale negativo, per cui il ramo principale caratterizzato
dalla condizione < . La stranezza questa: [
3

z] con-
corda con la radice cubica reale sullasse positivo, ma non su quello
negativo, dove si ha [
3

1] = e
i/3
.
O
1 1
Figura 20.10: Nel ramo in cui si ha
3

1 = 1 (ramo principale, < )


si ha
3

1 = e
i/3
.
Si osservi che gli altri due rami possono essere espressi in termini
del ramo principale come e
i2/3
[
3

z] e e
i4/3
[
3

z].
Esempio 20.3. Sia w = f (z) =

z
2
+1.
(a) Dimostrare che z = i sono punti di diramazione per f (z).
(b) Dimostrare che un giro completo attorno ad ambedue i punti di
diramazione non produce alcun cambiamento di ramo per f (z).
(c) Quali tagli si possono fare per denire i rami di f (z) su tutto il
piano?
Soluzione. (a) Per prima cosa osserviamo che
w = f (z) =
_
z
2
+1 =
_
(z + i)(z i) .
quindi abbastanza naturale aspettarsi che i e i siano punti di di-
ramazione. Per mostrare che i un punto di diramazione dobbiamo
trovare un cammino chiuso C attorno a i, che parte da un punto z
dove stato scelto w = f (z) e che ha la seguente propriet: muoven-
do la funzione lungo , al ritorno in z la funzione cambia valore. Lo
stesso va fatto per i.
r
2
r
1
z
i
i

2
C
Figura 20.11: Cammino C (in blu) lungo
cui la funzione cambia ramo.
La situazione descritta nella gura 20.11 dove disegnata (in
blu) una curva C che avvolge i e passa per un generico punto z. La
gura mostra che z pu essere espresso come (solita regola della
somma di vettori)
z = i + r
1
e
i
1
oppure z = i + r
2
e
i
2
,
Naturalmente, sia
1
sia
2
sono a meno di multipli interi di 2, un
fatto che diventa rilevante quando del numero si prendano potenze
frazionarie (come stato sottolineato sopra)
1
. Per cui se scriviamo
1
Per il momento non ci restringiamo
alla parte principale dellangolo, questo
lo faremo pi avanti.
w =
_
(z + i)(z i) =

r
1
r
2
e
i(
1
+
2
)/2
=

r
1
r
2
e
i
1
/2
e
i
2
/2
, (20.5)
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 465
il numero a secondo membro solo uno dei possibili valori nella
funzione in z. Ma quel che conta, per dimostrare che i un punto di
diramazione, ssare un valore della multifunzione e poi muovere il
punto lungo la curva.
I dettagli della curva sono irrilevanti: conta soltanto la variazione
angolare (cerchio verde della gura). Dopo un giro completo si ha
e
i
2
/2
e
i(
2
+2)/2
= e
i
2
/2
Per poter concludere che questo cambiamento di segno di e
i
2
/2
com-
porta un cambiamento di w, dobbiamo vedere che cosa succede agli
altri fattori a secondo membro della (20.5):

r
1
r
2
la radice usuale
di un numero positivo e ovviamente non cambia e che cosa accade a
e
i
1
/2
ce lo mostra la gura: mentre z si muove lungo C, langolo
1
va avanti e indietro: raggiunge un valore massimo a sinistra e poi,
quando z ritorna al suo valore iniziale, anchesso ritorna al suo valore
iniziale; dunque, e
i
1
/2
non cambia.
In denitiva, w cambia di segno. Poich mutatis mutandis lo stes-
so ragionamento si applica a i, concludiamo che +i e i sono punti
di diramazione della funzione (20.5).
r
2
r
1
z
i
i

2
C
Figura 20.12: Cammino C (in blu) che
avvolge i e i.
(b) Deformiano il cammino della gura 20.11 in un cammino che giri
attorno anche al punto i come in gura 20.12. Per quel che riguarda

2
, valgono gli stessi ragionamenti di prima e la stessa conclusione:
e
i
2
/2
e
i(
2
+2)/2
= e
i
2
/2
Ma non per
1
. Adesso, quando il punto si muove lungo C e comple-
ta il giro ritornando al punto di partenza, anche
1
ha una variazione
angolare di 2. Perci,
e
i
1
/2
e
i(
1
+2)/2
= e
i
1
/2
,
di conseguenza,
w =

r
1
r
2
e
i
1
/2
e
i
2
/2


r
1
r
2
_
e
i
1
/2
_ _
e
i
2
/2
_
= w
In conclusione, il movimento lungo una curva che racchiude entrambi i
punti di diramazione della funzione f (z) =

z
2
+1 non comporta un
cambiamento di ramo della funzione stessa.

i
i
z

1
= arg(z + i)

2
= arg(z i)
C
1
C
2
Figura 20.13: C 1 e C
2
: tagli standard
per la funzione w = f (z) =

z
2
+1.
(c) La scelta pi semplice per i tagli quella di prendere un taglio
da i allinnito (che impedisce di girare attorno al punto i) e un altro
taglio da i allinnito, per la stessa ragione. La gura gura 20.13
mostra una scelta particolarmente importante e comune: linee che
vanno a Ovest. Se non permettiamo a z di attraversare i tagli, pos-
siamo restringere langolo
1
= arg(z + i) al suo valore principale,
nellintervallo <
1
. Se
2
= arg(z i) similmente ristretto
466 appunti di metodi matematici della fisica
al suo valore principale nellintervallo <
2
, allora la (20.5)
diventa il ramo principale di f (z), di solito denotato [ f ](z). Laltro
ramo semplicemente [ f ](z).
i
i
C
Figura 20.14: Un solo taglio per la
funzione w = f (z) =

z
2
+1.
Sulla basa della conclusione di (b) possibile fare una scelta di
tagli pi economica: quella mostrata nella gura 20.14. In questo caso
la ricetta illustrata dalla gura 20.9 funziona proprio perch per una
curva che gira intorno a entrambi i punti di diramazione, come la C
in gura, non fa cambiare ramo alla funzione.
Singolarit e punti di diramazione allinfinito Abbiamo
detto che la rappresentazione dei numeri complessi come punti della
sfera di Riemann rende manifesto che una funzione complessa ha
un carattere di continuit sconosciuto nel campo reale. Questo fat-
to risulta ancora pi evidente quando si considerano multifunzioni.
Consideriamo, ad esempio, una funzione che, come w =

z
2
+1, ha
due punti di diramazione, diciamo a e b. Sulla sfera complessa, il ta-
glio sempre una curva tra a e b. La differenza tra le due possibilit
considerate sopra, diventa la possibilit che il taglio passi o no per .
Figura 20.15: Il taglio (in blu) passante
per corrisponde al taglio della
gura 20.13; quello passante per 0 a
quello della gura 20.14.
Per far pratica, prima si risponda alla domanda se w =

z
2
+1 ha un
punto di diramazione allinnito, ragionando sulla gura 20.15, poi si
passi ai problemi alla ne del capitolo.
20.2 Rilevanza per le serie di potenze
Gi Newton conosceva la serie binomiale per n numero reale arbitrario
(1 + x)
n
= 1 + nx +
n(n 1)
2!
x
2
+
n(n 1)(n 2)
3!
x
3
+
n(n 1)(n 2)(n 3)
4!
x
4
+ . . .
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 467
Lintervallo di convergenza della serie 1 < x < 1 (cfr. proble-
ma ??).
Come spiegare questo intervallo di convergenza, per esempio per
n = 1/3? Il criterio 4.23 sembra non funzionare in quanto la funzione
f (x) =
3

1 + x non ha singolarit. A differenza della funzione 1/(1 +


x
2
), il mistero non scompare quando si passa alla funzione complessa
f (z) = (1 + z)
1/3
perch f (z) non ha singolarit. Per non una funzione ordina-
ria, una multifunzione con punto di diramazione di secondo or-
dine in z = 1: per esempio, i suoi tre valori in 0 sono: f (0) =
1, e
i2/3
, e
i2/3
.
La multifunzione f (z) denita ovunque nel piano complesso e i
suoi tre rami, dopo aver introdotto un taglio, ad esempio quello stan-
dard < x < 1, sono anchessi deniti ovunque. Al contrario, la
serie
(1 + z)
1
3
= 1 +
1
3
z
1
9
z
2
+
5
81
z
3
+ . . .
centrata nello zero e ha raggio di convergenza R = 1. Poich la
serie vale 1 nello 0, essa rappresenta solamente il ramo di f (z) in cui si
ha f (0) = 1.
Questultima osservazione la chiave per risolvere il mistero.
Poich una serie di potenze non pu essere polidroma, un punto
di diramazione un ostacolo per la convergenza di una serie tanto
quanto lo una singolarit. Alla luce di questo, il criterio (4.23) va
cos modicato:
Se una funzione complessa f (z) o un ramo di una
multifunzione f (z) possono essere espressi come una
serie di potenze centrata in u, allora il raggio di conver-
genza la distanza tra u e la singolarit o il punto di
diramazione pi vicino.
(20.6)
Esempio 20.4 (Serie del ramo principale del logaritmo). Il ramo
principale del logaritmo di solito denotato con Log,
Log(z) = ln [z[ + iArg (z) , < Arg (z)
Log(1 + z) pu essere sviluppato in serie di Taylor (si veda il prossi-
mo capitolo), ottenendo una formula che formalmente la stessa del
caso reale
Log(1 + z) = z
z
2
2
+
z
3
3

z
4
4
+
z
5
5

z
6
6
+ . . . (20.7)
Usando il criterio del rapporto, si pu vedere che questa serie con-
verge nel disco unitario, eccetto z = 1. (la serie di Log(1 z)
468 appunti di metodi matematici della fisica
proprio la serie di cui si studiata la convergenza nellesercizio (4.8)
nei complementi del capitolo 16). Ponendo z = 1 si trova
ln2 = 1
1
2
+
1
3

1
4
+
1
5

1
6
+ . . .
Ci sono altri casi speciali interessanti. Ponendo z = i e uguagliando
le parti reale e immaginaria, si ottiene
ln

2 =
1
2

1
4
+
1
6

1
8
+
1
10

1
12
+ . . .

4
= 1
1
3
+
1
5

1
7
+
1
9

1
11
+ . . .
Per vericare la prima serie, si osservi che se z = 1, allora ln

2 =
1
2
ln(1 + z).
20.3 Integrale di una funzione con punti di diramazione
Supponiamo di voler calcolare lintegrale
I =
_
1
1
_
1 x
2
dx (20.8)
con metodi di analisi complessa. Sembrerebbe una scelta folle, vi-
sto che lintegrale lo si pu calcolare agevolmente con i metodi del
calcolo reale mediante la sostituzione x = cos e ancora pi agevol-
mente con quelli della geometria della scuola elementare: I larea
del semicerchio di raggio 1 e quindi I = /2. Ma c del metodo in
questa follia: vogliamo usare (20.8) come palestra per integrali pi
complicati che contengono punti di diramazione.
Consideriamo la multifunzione che abbiamo gi incontrato varie
volte
f (z) =
_
z
2
1 =
_
(z 1)(z +1)
Ha punti di diramazione semplici per z = +1 e z = 1. Scegliamo
come taglio il segmento che unisce z = +1 e z = 1 e consideriamo il
ramo principale della multifunzione corrispondente al ramo 0 <
2, z = e
i
. Adesso consideriamo il contorno a cappio ( o a osso
per cani) mostrato in gura 20.3.
L
1 1
Figura 20.16: Contorno a cappio.
Per z sullasse reale appena sopra il taglio (diciamo per z = x + i,
0), abbiamo (z
2
1)
1/2
= i

1 x
2
, mentre appena sotto si ha
(z
2
1)
1/2
= i

1 x
2
. Sia L il contorno chiuso mostrato in gura
20.3, dove intorno a +1 e 1 ci sono due percorsi circolari di raggio
che aggirano i punti di diramazione. Nel limite 0 gli integrali
lungo questi percorsi circolari danno contributo nullo, quindi
_
L
(z
2
1)
1/2
dz =
_
1
1
i
_
1 x
2
dx +
_
1
1
_
i
_
1 x
2
_
dx = 2iI ,
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 469
da cui
I =
i
2
_
L
(z
2
1)
1/2
dz .
Poich non ci sono singolarit tra L e C
R
, possiamo deformare il con-
torno dintegrazione da L a C
R
, un cerchio di raggio R > 1 (per mag-
giori dettagli sulla deformazione di cammini si veda la sezione 18.9),
come nella gura 20.17, e ottenere
I =
i
2
_
C
R
(z
2
1)
1/2
dz .
L
C
R
1 1
Figura 20.17: Deformazione del
contorno.
Essendo la funzione integranda regolare in ogni regione nita al
di fuori dal cerchio, calcoliamo questo integrale in termini di residuo
della funzione allinnito. Dalla (19.10) otteniamo
I = (2i)
i
2
Res
_
1
w
2
_
1
w
2
1, 0
_
Ora,
1
w
2
_
1
w
2
1
_
1/2
=
1
w
3
(1 w
2
)
1/2
=
1
w
3
_
1
1
2
w
2
+ . . .
_
.
Quindi Res =
1
2
e dunque
I = (2i)
i
2
_

1
2
_
=

2
Probabilmente, questo il modo pi complicato che ci sia per
calcolare larea del semicerchio di raggio 1! Ma, come abbiamo detto,
il metodo nella follia era di illustrare come calcolare integrali in cui
compaiono punti di diramazione e mettere in evidenza che per questi
integrali torna utile la nozione di residuo allinnito.
20.4 Sviluppo in serie di Taylor
Uno dei teoremi pi importanti della teoria delle funzioni analitiche
stabilisce che una funzione analitica sempre sviluppabile in serie di
Taylor.
Sia f (z) analitica allinterno e lungo un cerchio C con
centro in z = a. Allora
f (z) =

n=0
c
n
(z a)
n
dove
f
(n)
(a)
n!
= c
n
=
1
2i
_
C
f (z)
(Z a)
n+1
dZ.
(20.9)
R
C
R
z
Z
0
Figura 20.18: Z un generico punto
sul cerchio di raggio R, z dentro al
cerchio, [z[ < [Z[ = R.
Il teorema una conseguenza diretta della formula di Cauchy
f (z) =
1
2i
_
C
R
f (Z)
Z z
dZ, dove C
R
un cerchio di raggio R centrato
in a, dentro il quale la funzione analitica. Infatti, se assumiamo per
semplicit a = 0 e raccogliamo Z a denominatore nella formula di
Cauchy, otteniamo
470 appunti di metodi matematici della fisica
Dimostrazione completa di (20.9).
Dimostriamo che
f
N
(z) =
N1

n=0
_
1
2i
_
C
R
f (Z)
Z
n
dZ
_
z
n
converge a f (z) quando N tende allin-
nito. Il resto della serie geometrica
(problema 4.14)
1
1 (z/Z)

N1

n=0
z
n
Z
n
=
(z/Z)
N
1 (z/Z)
Dunque
f (z) f
N
(z) =
1
2i
_
C
R
f (Z)
Z
_
(z/Z)
N
1 (z/Z)
_
dZ
=
1
2i
_
C
R
(z/Z)
N
f (Z)
Z z
dZ,
da cui
[ f (z) f
N
(z)[
1
2
_
C
R

(z/Z)
N
f (Z)
Z z

dZ
Detto M il massimo di [ f (Z)/(Z z)[
(che esiste ed nito), si ha
1
2
_
C
R

(z/Z)
N
f (Z)
Z z

RM[(z/R)[
N
Perci lim
N
f
N
(z) = f (z), che quanto
si voleva dimostrare.
f (z) =
1
2i
_
C
R
f (Z)
Z
_
1
1 (z/Z)
_
dZ
=
1
2i
_
C
R
f (Z)
Z
_

n=0
z
n
Z
n
_
dZ
=

n=0
_
1
2i
_
C
R
f (Z)
Z
n
dZ
_
z
n
=

n=0
c
n
z
n
, c
n
=
1
2i
_
C
R
f (Z)
Z
n+1
dZ (20.10)
Il primo passaggio giusticato in quanto z dentro al cerchio C
R
su cui Z, per cui[z/Z[ < 1. Lo scambio della serie con lintegrale
nel secondo passaggio in questo caso lecita, come mostrato nel-
la dimostrazione data a margine. Chiaramente, per traslazione, la
dimostrazione si estende ad un qualunque centro di espansione a.
Qual il raggio di convergenza della serie che abbiamo ottenuto?
Sappiamo che se f analitica dentro C, allora la serie (20.10) conver-
ge a f (z) in quel disco. Perci, riferendoci alla gura 20.19, vediamo
che C
R
pu essere espanso no al cerchio tratteggiato, dove incontra
la prima singolarit di f . Pi in generale, f (z) potrebbe essere un ra-
mo a un sol valore di una multifunzione e, come abbiamo imparato, i
punti di diramazione agiscono come un ostacolo tanto quanto i poli.
Perci risulta dimostrato in maniera denitiva il principio (20.6): il
raggio di convergenza la distanza dal centro di espansione alla sin-
golarit pi vicina, sia essa un polo, un punto di diramazione o una
singolarit essenziale.
Essendo c
n
= f
(n)
(a)/n! , una conseguenza immediata del teorema
(20.9) la formula (18.25), che abbiamo ottenuto nella sezione 18.9
mediante derivazione sotto il segno di integrale. Riscriviamo questa
formula,
f
(n)
(a) =
n!
2i
_
C
f (Z)
(a Z)
n+1
dZ,
R
C
R
z
Z
0

Figura 20.19: La serie diverge nella


regione in grigio e converge nel disco
bianco.
osservando che C, per deformazione, pu essere una qualunque
curva chiusa che contiene a, purch f (z) sia analitica allinterno di
e su C. Questa formula interessante per due ragioni. In primo
luogo, mostra che se f analitica, cio derivabile una volta, lo anche
innite volte, un risultato che non ha alcun analogo nellanalisi reale.
In secondo luogo, fornisce il calcolo della derivata in termini di un
integrale! Da un punto di vista pratico, utile che essa permetta di
fare anche il viceversa (visto che in genere calcolare derivate pi
semplice che calcolare integrali).
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 471
20.5 Sviluppo in serie di Laurent
Nella sezione 19.2 abbiamo mostrato che se a un polo, la funzione
f (z) della forma
f (z) =
c
m
(z a)
m
+ . . . +
c
2
(z a)
2
+
c
1
(z a)
+

n=0
c
n
z
n
. (19.2)
Il teorema di Laurent, stabilisce che unespansione di questa forma Pierre Alphonse Laurent (18131854)
stato un matematico francese, no-
to per la serie che porta il suo nome.
Aveva esposto la sua scoperta in una
memoria sottoposta per un premio
dellAccademia delle Scienze, ma
memoria non arriv entro i termini
prescritti e non fu mai considerata per
il premio. Fu pubblicata solo dopo la
sua morte.
esiste sempre:
Teorema di Laurent. Sia f (z) analitica dappertutto
dentro un anello centrato in a. Allora
f (z) =

n=
c
n
(z a)
n
dove c
n
=
1
2i
_
K
f (Z)
(Z a)
n+1
dZ
e K una qualunque curva semplice chiusa nellanello
(che contiene il disco interno).
(20.11)
K
z
Z
a

r
s
Figura 20.20: La serie converge
nellanello bianco.
La parte in potenze negative di questa serie detta parte principale.
Ci che davvero notevole, lesistenza della serie di Laurent, non
il fatto che converga in un anello. Poich sappiamo che una serie di
potenze in (z a) converge dentro a un disco centrato in a, sappiamo
anche che una serie di potenze in 1/(z a) converger fuori dal
disco centrato in a. Essendo, per denizione, una serie di Laurent la
somma di una serie di potenze in (z a) e una serie di potenze in
1/(z a), ne segue che la convergenza in un anello.
La (19.2) stabilisce lesistenza di una serie in prossimit di un polo.
Il Teorema di Laurent molto pi potente: non fa alcuna assunzione
riguardo a quello che succede alla funzione nel disco interno D (vedi
gura). In pratica, il disco esterno pu essere espanso no a incontra-
re la singolarit s di f (z), e quello interno contratto no a che non si
raggiunge la singolarit pi esterna r che sta in D.

s
r
D
a
Figura 20.21: Lanello pu essere steso
verso lesterno e linterno no ad
incontrare le singolarit di f pi vicine.
Se non ci sono singolarit in D, il bordo interno pu collassare
completamente trasformando cos lanello in un disco. In questo caso,
la serie non contiene potenze negative. Infatti, se n negativo, allora
f (Z)/(Z a)
n+1
analitica dappertutto dentro K e quindi c
n
= 0. In
questo modo si ritrova il teorema di Taylor come caso particolare del
teorema di Laurent.
Supponiamo che a sia una singolarit e che per sufcientemente
piccolo non ci siano altre singolarit in una distanza da a. In altre
parole, a una singolarit isolata. Applicando il teorema di Laurent
allanello 0 < [z a[ < , realizziamo che ci sono due differenti
possibilit: o la parte principale ha un numero nito di termini o ne
ha inniti. Se il numero nito a un polo, se innito, una sin-
golarit essenziale del tipo di quella che abbiamo incontrato per e
1/z
.
Morale: una singolarit isolata o un polo o una singolarit essenziale.
472 appunti di metodi matematici della fisica
Dimostrazione del teorema di Laurent.
Per comodit, sia a = 0. Si usino le
notazioni della gura a lato: ( e T sono
cerchi percorsi in senso antiorario, tali
che z compreso tra di loro; / un
circuito semplice antiorario attorno a z,
che sta dentro lanello. Z, W e V sono
rispettivamente punti generici sulle
curve (, T e /. Suddividiamo la dimo-
strazione in tappe. (1) Dalla formula
di Cauchy, f (z) =
1
2i
_
/
f (V)
Vz
dV =
1
2i
_
(
f (Z)
Zz
dZ
1
2i
_
T
f (W)
Wz
dW. (poich
/ pu essere deformato in (() + (T)).
(2) Riscriviamo lequazione precedente
come f (z) =
1
2i
_
(
f (Z)
Z
_
1
1(z/Z)
_
dZ +
1
2i
_
T
f (W)
z
_
1
1(W/z)
_
dW . Il signi-
cato di questo che [(z/Z)[ < 1 e
[(W/z)[ < 1, cosicch entrambi gli
integrandi a secondo membro possono
essere espansi in serie geometriche. (3)
Procedendo come per la serie di Taylor,
si ottiene
1
2i
_
(
f (Z)
Z
_
1
1(z/Z)
_
dZ =

n=0
_
1
2i
_
(
f (Z)
Z
n+1
dZ
_
z
n
. (4) Un ragio-
namento sostanzialmente identico
a quello fatto per la serie di Tay-
lor giustica lintegrazione termine
a termine dellintegrale attorno a
T :
1
2i
_
T
f (W)
z
_
1
1(W/z)
_
dW =

n=1
_
1
2i
_
T
W
n1
f (W)dW
_ _
1
z
_
n
.
(5) Lesistenza della serie di Lau-
rent stabilita: f (z) = . . . +
d
3
z
3
+
d
2
z
2
+
d
1
z
1
+ c
0
+ c
1
z + c
2
z
2
+ . . . , do-
ve d
m
=
1
2i
_
T
W
m1
f (W)dW e
c
n
=
1
2i
_
(
f (Z)
Z
n+1
dZ. (6) Due osserva-
zioni conclusive permettono di rinire
il risultato ed arrivare alla tesi del teo-
rema: (I) Gli integrali che deniscono
d
m
e c
n
non cambiano se permettiamo
a ( di contrarsi e a T di espandersi
no a che non si fondono nello stesso
loop semplice K mostrato in gura. (II)
Se scriviamo m = n lintegrale che
denisce il coefciente d
n
di z
n
ha
integrando W
n1
f (W) = f (W)/W
n+1
,
che lo stesso integrando dei c
n
.
Arriviamo cos alla forma compat-
ta f (z) =

n=
c
n
(z a)
n
dove
c
n
=
1
2i
_
K
f (Z)
(Za)
n+1
dZ che proprio
quanto si voleva dimostrare.
C -D
L
0
Z
W
V
z
Esempio 20.5. Calcolare i coefcienti c
n
di un sviluppo di Laurent
usando la formula dele teorema (20.11) non sempre facile. Spesso si
possono generare serie di Laurent direttamente dalla formula per la
serie geometrica. Si consideri per esempio la funzione
f (z) =
1
z a
che ovunque analitica eccetto in z = a. Cerchiamo una serie di Lau-
rent per questa funzione con centro di espansione z = 0. Possiamo
manipolare la funzione usando la serie geometrica e ottenere
1
z a
=
1
z
_
1
1 (a/z)
_
=
1
z
_
1 +
a
z
+
a
2
z
2
+
a
3
z
3
+ . . .
_
=
1
z
+
a
z
2
+
a
z
2
+
a
2
z
3
+
a
3
z
4
+ . . . .
Questo lo sviluppo di Laurent della funzione che converge per
[z[ > [a[.
Esempio 20.6. Sviluppare
f (z) =
1
(z +1)(z +3)
in serie di Laurent valevole per
(a) 1 < [z[ < 3
(b) [z[ > 3
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 473
Soluzione. (a) Scomponendo in fratti semplici,
1
(z +1)(z +3)
=
1/2
z +1

1/2
z +3
.
Se [z[ > 1,
1/2
z +1
=
1
2z
_
1
1 + z
1
_
=
1
2z
_
1
1
z
+
1
z
2

1
z
3
+ . . .
_
=
1
2z

1
2z
2
+
1
2z
3

1
2z
4
+ . . .
Se [z[ < 3,
1/2
z +3
=
1
6
_
1
1 + z/3
_
=
1
6
_
1
z
3
+
z
2
3
2

z
3
3
3
+ . . .
_
=
1
6

z
6 3
+
z
2
6 3
2

z
3
6 3
3
+ . . .
La serie di Laurent richiesta dunque
. . .
1
2z
4
+
1
2z
3

1
2z
2
+
1
2z

1
6
+
z
6 3

z
2
6 3
2
+
z
3
6 3
3
+ . . .
(b) Se [z[ > 1, si ha, come prima
1/2
z +1
=
1
2z

1
2z
2
+
1
2z
3

1
2z
4
+ . . .
Naturalmente, questa serie vale, a fortiori, per [z[ > 3. Per laltro
fratto semplice, per z > 3 si ha
1/2
z +3
=
1
2z
_
1
1 +3z
1
_
=
1
2z
_
1
3
z
+
3
2
z
2

3
3
z
3
+ . . .
_
=
1
2z

3
2z
2
+
3
2
2z
3

3
2
2z
4
+ . . .
Quindi, per sottrazione delle singole serie,
1
(z +1)(z +3)
=
1
z
2

4
z
3
+
13
z
4

40
z
5
+ . . .
Espansione in multipoli La serie di Laurent , dal punto di vista
sico, unespansione in multipoli. Chiariamo questo con un esempio.
Supponiamo che una funzione f (z), altrimenti analitica, abbia un
polo triplo nellorigine. Allora
f (z) =
p
z
3
+
d
z
2
+
q
z
+ a + bz + cz
2
+ . . .
474 appunti di metodi matematici della fisica
Nellintorno della singolarit, il comportamento della funzione
governata dalla sua parte principale, il cui campo coniugato
P
p
z
3
+
d
z
2
+
q
z
Riconosciamo la sovrapposizione di un quadrupolo, di un dipo-
lo e di una combinazione sorgente/vortice del tipo gi incontrato
(q = A iB). La parte principale della serie corrisponde quindi ad
una espansione in multipoli. La serie di Laurent e il teorema dei residui
possono dunque essere interpretati sicamente come segue. Il solo
termine capace di generare usso e circolazione q/z, che pu essere
a sua volta decomposto in un vortice di intensit C = 2Im(q) e
una sorgente di intensit F = 2Re(q). Tutti gli altri termini corri-
spondono a multipoli che non generano n circolazione ne usso; un
insieme nito di questi nel polo, mentre il resto allinnito.
20.6 Prolungamento analitico
Si supponga di considerare la funzione analitica denita dallo svilup-
po in serie di Taylor
a
0
+ a
1
(z a) + a
2
(z a)
2
+ . . . (20.12)
allinterno del cerchio di convergenza C
1
(si veda gura a lato).
Quanta libert abbiamo di costruire una funzione analitica f (z) che
allinterno del cerchio C
1
sia data dalla serie sopra e in altre regioni
del piano complesso sia denita in modo indipendente? Nessuna!
C
1
C
n
0
x
y
a
p
b
c
d
b

Figura 20.22: Prolungamento analitico.


Spieghiamo perch. Scelto un punto b dentro C
1
, il valore di f (z)
e delle sue derivate in b determinato dalla (20.12) e risulta quindi
unicamente denito lo sviluppo in serie di Taylor in b
b
0
+ b
1
(z b) + b
2
(z b)
2
+ . . . (20.13)
che ha cerchio di convergenza C
2
. Se C
2
si espande oltre C
1
, il valo-
re della funzione e delle sue derivate risulta determinato in questa
zona pi ampia. Si dice in tal caso che la funzione stata prolungata
analiticamente oltre C
1
e il procedimento seguito si dice di continuazio-
ne analitica o prolungamento analitico. Naturalmente, il procedimento
pu essere continuamente ripetuto: scelto un punto c dentro C
2
si
arriva ad una nuova serie che ha cerchio di convergenza C
3
che pu
estendersi oltre C
1
, C
2
, ecc.
Linsieme di tutte tale rappresentazioni in termini di serie di po-
tenze, cio di tutti i possibili prolungamenti analitici denisce la fun-
zione analitica f (z). Ogni serie di potenze del tipo (20.12) detta
elemento della funzione e il succo di quanto abbiamo appena spiegato
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 475
che ssatone un elemento, tutti gli altri elementi della funzione,
e quindi la funzione stessa, risultano determinati: dunque, nessuna
libert di denire a nostro piacimento la funzione in diverse regioni
del piano complesso.
Nel realizzare il prolungamento analitico occorre evitare le sin-
golarit. Ad esempio, in gura 20.22, non vi pu essere alcuna sin-
golarit che si trovi dentro C
2
e su C
1
, perch altrimenti la serie di-
vergerebbe in quel punto. In alcuni casi, le singolarit sul cerchio di
convergenza sono talmente tante che il prolungamento analitico di-
venta impossibile. In tali casi si dice che il cerchio di convergenza
una barriera naturale.
Passando dal cerchio C
1
al cerchio C
n
in gura 20.22, si scelto il
percorso che passa attraverso in centri a, b, c, . . . p. Sono possibili altri
percorsi, ad esempio il percorso a, b
/
, c
/
, . . . p mostrato in gura, e se i
cerchi lungo i percorsi non contengono singolarit (come deve essere
perch si abbia prolungamento analitico), la funzione analitica cos
individuata non dipende dal percorso.
Esempio 20.7. Le serie
2

5
0
i

2
x
y
(a)

0
z
n
2
n+1
e (b)

0
(z i)
n
(2 i)
n+1
sono prolungamento analitico luna dellaltra.
Per il criterio del rapporto, la serie (a) converge nel disco [z[ <
2. In questo disco, la serie ( che una serie geometrica con primo
termine 1/2 e ragione z/2) pu essere sommata e rappresenta la
funzione
f (z) =
1/2
1 z/2
=
1
2 z
.
Per il criterio del rapporto, la serie (b) converge per
[z i[
[2 i[
< 1,
cio per [z i[ <

5. In questo disco, la serie (che una serie geome-


trica con primo termine 1/(2 i) e ragione (z i)/(2 i) pu essere
sommata e rappresenta la funzione
1/(2 i)
1 (z i)/(2 i)
=
1
2 z
.
Dato che le serie rappresentano la stessa funzione nella regione in-
terna ad entrambi i cerchi [z[ = 2 e [z i[ =

5, ne segue che sono


prolungamento analitico luna dellaltra.
La nozione di prolungamento analitico vale anche per regioni che
non sono delimitate da cerchi. Sia f
1
(z) una funzione che analitica
476 appunti di metodi matematici della fisica
in una regione !
1
e supponiamo di trovare una funzione f
2
(z) che
analitica in una regione !
2
e che tale che f
1
(z) = f
2
(z) in !
1
!
2
.
Allora f
2
(z) una continuazione analitica di f
1
(z). Perch ci sia
continuazione analitica sufciente che le due regioni abbiano in
comune soltanto un piccolo arco.
y
x
R
1 R
2
Mediante continuazione analitica a regioni !
3
, !
4
, . . . , possiamo
estendere la regione iniziale ad altre parti del piano complesso. Le
funzioni f
1
(z), f
2
(z), f
3
(z), . . . sono ancora chiamate elementi della
funzione. Il teorema di unicit stabilisce che la continuazione analitica
unica, a meno che nel processo di estensione non si incontrino pun-
ti di diramazione. Lunicit del prolungamento analitico garantita
dallunicit della serie di Taylor. Un importante strumento di esten-
sione analitica il principio di Schwartz. Questo teorema stabilisce che
se una funzione F
1
(z) analitica in una regione !
1
del semipiano
superiore
+
, avente come bordo lasse reale, e ha un valore reale
sullasse reale, allora pu essere estesa alla regione !
2
, ottenuta da
!
1
per riessione sullasse reale, nel modo illustrato nella gura a
lato.
F
2
(z) = F
1
(z)
y
x
R
2
z
z
R
1
Esempio 20.8 (Prolungamento analitico della funzione gamma). Per
Re z > 0, la funzione gamma denita da
(z) =
_

0
t
z1
e
t
dt . (20.14)
w continua a valere la formula di ricorrenza (17.44) che, per z com-
plesso riscriviamo come
(z +1) = z(z) dove (1) = 1 . (20.15)
(la dimostrazione del tutto analoga a quella per z reale positivo).
Per Re z < 0, la denizione (20.14) perde di signicato, perch
lintegrale diverge. La funzione gamma nel semipiano sinistro ri-
sulta per univocamente denita per prolungamento analitico. Per
mostrare questo, dimostriamo preliminarmente la formula
(z) =
(z + n +1)
z(z +1)(z +2) (z + n)
(20.16)
per ogni intero n. Dalla (17.44), si ha
(z +1) = z(z),
(z +2) = (z +1)(z +1) = (z +1)z(z)
(z +3) = (z +2)(z +2) = (z +2)(z +1)z(z)
e, in generale
(z + n +1) = (z + n) . . . (z +2)(z +1)z(z)
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 477
che proprio la formula che si voleva dimostrare. Dalla (20.16), e
dalla (20.14), la funzione gamma risulta cos denita per Re z n,
salvo che nei poli semplici z = 0, 1, 2, . . . n. Dato che la (20.16)
vale per qualunque intero n, la gamma risulta ovunque denita nel
piano complesso eccetto che nellorigine e in tutti gli interi negativi,
che sono poli semplici della funzione.
20.7 La funzione zeta di Riemann

La funzione zeta di Riemann (z) denita, per Re z > 1 dalla serie


(z) =

n=1
1
n
z
Questa serie era gi stata considerata da Eulero nel 1740 per z intero
positivo e successivamente estesa da Chebyshev a z reale e maggiore
di uno.
Si osservi che la sostituzione u = t/n nellintegrale che denisce la
funzione gamma (20.14) fornisce
(z) =
_

0
t
z1
e
t
dt =
_

0
(un)
z1
e
un
ndu = n
z
_

0
u
z1
e
nu
du ,
da cui
(z)(z) =

n=1
_

0
t
z1
e
nt
dt
per Re z > 1. Ora,

n=1
e
nt
=
e
t
1 e
t
=
1
e
t
1
(20.17)
se t > 0. Se z = x + iy, allora
_

0

n=1

t
z1
e
nt

dt =
_

0
t
x1
e
t
1
dt . (20.18)
Per grandi t, 1/e
t
1 e
t
e per piccoli t, 1/e
t
1 1/t. Ne segue
che per x > 1 lintegrale nella (20.18) converge. Allora nella (20.17) si
pu scambiare la serie con lintegrale. Perci
(z)(z) =
_

0
t
z1
e
t
1
dt (20.19)
Questa equazione fu il primo risultato ottenuto da Riemann in suo
famoso lavoro del 1859. Il secondo fu di mostrare che, rappresentan-
do lintegrale a secondo membro della come integrale di contorno nel
piano complesso t si otteneva lequazione
(z) =
(1 z)
2i
I(z) (20.20)
478 appunti di metodi matematici della fisica
dove I(z) analitica ovunque, con zeri per 2, 3, 4, . . .. Questi zeri
di I(z) cancellano i poli di (1 z), che sono 1, 2, 3, 4, . . ., eccetto
il polo z = 1. Poich il secondo membro della (20.20) denito
ovunque nel piano complesso eccetto in z = 1, la (20.20) denisce
il prolungamento analitico della a tutto il piano complesso. Se ne
conclude che la zeta di Riemann una funzione meromorfa in C
con un polo in z = 1. Dallespressione esplicita di I(z), che qui non
diamo, risulta che z = 1 un polo semplice con residuo pari a 1.
Sempre nello stesso lavoro del 1859, Riemann deduce la seguente
equazione funzionale per la :
(z) = 2(2)
z1
sin
_
z
2
_
(1 z)(1 z) . (20.21)
Zeri della . Il lavoro di Riemann del 1859 incomincia con un
riferimento al seguente risultato di Eulero:
(z) =

n=1
1
1 p
z
n
(20.22)
se Re z > 1, dove p
1
, p
2
, p
3
, . . . la successione dei numeri primi. Per
dimostrare questo risultano, si usi la serie geometrica per esprimere
1/(1 p
z
n
):
1
1 p
z
n
=

m=1
p
mz
n
e quindi
N

n=1
1
1 p
z
n
=

j=1
n
z
N,j
,
dove n
N,1
, n
N,2
, n
N,3
, . . . sono tutti gli interi che possono essere fat-
torizzati come prodotti di potenze dei numeri primi p
1
, p
2
, . . . , p
N
.
Facendo tendere N allinnito, si ottiene lequazione (20.22).
Poich il prodotto (20.21) contiene fattori che non possono annul-
larsi, (z) ,= 0 per Re z > 1. Supponiamo adesso che (z) = 0 e
Re z < 0. Poich (1 z) ,= 0, lequazione funzionale (20.21) implica
(1 z) sin
_
z
2
_
= 0 .
Poich non ha radici, abbiamo z = 2k, per interi k < 0, come radici.
I pari negativi sono detti zeri banali della . La striscia z C[0
Re z 1 chiamata la striscia critica. Tutti gli zeri non banali della
devono stare nella striscia critica.
Supponiamo adesso che z sia nella striscia critica e che (z) = 0.
Poich sin(z/2) ,= 0, vediamo che (1 z) = 0. Vale a dire, le
radici non banali, o radici critiche, sono simmetriche rispetto alla retta
critica Re z =
1
2
. Si osservi inoltre che, essendo (z) reale per z reale,
le radici della sono simmetriche rispetto allasse reale.
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 479
Per il suo studio sulla distribuzione dei numeri primi, Riemann ha
bisogno di stimare il numero di radici della funzione in una scatola
nella striscia critica simmetrica rispetto alla retta critica. Ottiene una
tale stima (dimostrata poi rigorosamente nel 1905 da Van Mangoldt)
e quindi osserva che il numero di zeri sulla retta critica circa lo
stesso (nessuno ha mai dimostrato questo!). Quindi, continua dicendo
che molto probabile che tutte le radici nella striscia critica stiano
sulla retta critica. Questa affermazione nota come ipotesi di Riemann.
Riemann continua dicendo:
Naturalmente, sarebbe desiderabile avere una dimostrazione rigoro-
sa di questo, ma ho deciso di lasciare da parte la ricerca di una tale
dimostrazione, dopo qualche vano e fugace tentativo, perch non
necessario per loggetto immediato della mia investigazione.
Oggi, 152 anni dopo, dopo innumerevoli sforzi di molti matematici,
non abbiamo ancora ragioni per ritenere o non ritenere che lipotesi
di Riemann sia vera. Lipotesi di Riemann resta uno dei problemi
aperti della matematica pi affascinanti e suggestivi.
Figura 20.23: Parte reale (in rosso)
e parte immaginaria (in blu) della
funzione di Riemann lungo la retta
critica Re z =
1
2
. I primi zeri non banali
si hanno per Imz = 14.135, 21.022 e
25.011.
La funzione di Riemann compare in teoria dei numeri, in statisti-
ca, come un possibile modo di regolarizzare serie divergenti in teoria
quantistica dei campi, nellanalisi delleffetto Casimir (forza attrattiva
tra le armature di un condensatore in assenza di campi dovuta alle
uttuazioni di vuoto del campo eletromagnetico quantizzato), nella
teoria dei sistemi dinamici e nello studio del comportamento caotico
di sistemi nel regime semi-classico.
480 appunti di metodi matematici della fisica
20.8 Il teorema di rappresentazione di Riemann
un teorema che ispira rispetto e ammirazione per la sua estrema
generalit. La sua dimostrazione esula dai limiti i questo corso. Ci
limitiamo ad enunciarlo:
C
R
T
D
x
y
x

= f(z)
Figura 20.24: Rappresentazione di
Riemann nel disco unitario.
Sia C una linea chiusa semplice del piano z che costi-
tuisce la frontiera di una regione !. Sia T il cerchio
di raggio unitario e centro nellorigine che costituisce
la frontiera del disco unitario D nel piano z

. Allora
esiste una funzione z

= f (z) analitica in !, che rap-


presenta ogni punto di ! su un punto corrispondente
di D e ogni punto di C su un punto corrispondente di
T, in una corrispondenza biunivoca.
(20.23)
Teorema del punto fisso di Brouwer. Si supponga di far coin-
cidere il piano z

con il piano z in modo che gli assi delle coordinate


coincidano e che formino quindi sostanzialmente un solo piano. Si
pu allora pensare alla trasformazione z

= f (z) come ad una rap-


presentazione di certi punti del piano in altri punti. I punti per i
L. E. J. Brouwer (18811966) stato
un matematico e losofo danese che
ha lavorato in topologia, teoria de-
gli insiemi e anali complessa. noto
per lapproccio costruttivo, noto co-
me intuizionismo, in losoa della
matematica.
quali z = f (z) resteranno fermi: per questa ragione si dice che sono
i punti ssi o invarianti della trasformazione. Se f complicata dif-
cile determinare se f ha punti ssi e quali sono. Grazie a Brouwer,
sappiamo che ce ne sar sempre almeno uno. Vale infatti il seguente
teorema:
Ogni trasformazione continua del disco unitario D in
s stesso ha almeno un punto sso.
(20.24)
Anche questo un teorema che ispira rispetto e ammirazione per
la sua generalit.
Esempi di trasformazioni conformi
Esempio 20.9 (Rappresentazione di un cerchio in un semipiano e
viceversa).
z

= i
_
1 z
1 + z
_
z =
i z

i + z

il cuore della teoria delle funzioni analitiche 481


x
y
x

Si osservi che si tratta di una trasformazione di Mbius. Si vede che


il centro del cerchio z = 0 nisce in z

= i e che z = 1 corrisponde
a z

= , mentre +1 nisce nello zero. Il semicerchio inferiore nisce


nellasse reale negativo e quello superiore in quello positivo.
Esempio 20.10 (Swap tra un punto qualunque nel cerchio unitario e
centro del cerchio).
z

=
z a
az 1
, [a[ < R = 1 (20.25)
x
y
x

482 appunti di metodi matematici della fisica


Anche questa una trasformazione di Mbius, denotiamola M
a
(z).
La matrice associata
[M
a
] =
_
1 a
a 1
_
Poich il determinante 1 +[a[
2
,= 0, la trasformazione invertibile
(essendo [a[ < 1). Lo swap si vede immediatamente:
M
a
(0) = a e M
a
(a) = 0
Inoltre, si verica facilmente che questa trasformazione rappresenta il
disco unitario D in s stesso: notiamo che
[z a[
2
= [z[
2
az az +[a[
2
[az 1[
2
= [a[
2
[z[
2
az az +1
sottraendo membro a membro
[z a[
2
[az 1[
2
= (1 [a[
2
)([z[
2
1) < 0 quando [z[ < 1, [a[ < 1 .
Quindi [z a[ < [az 1[, da cui
[z

[ =
[z a[
[az 1[
< 1 quando [z[ < 1, [a[ < 1 .
e quindi z

sta dentro il disco unitario D.


il cuore della teoria delle funzioni analitiche 483
Problemi
Problema 20.1. Si consideri la multifunzione
f (z) =

z +1
3

z i. Dove sono i punti di dira-


mazione e qual il loro ordine? Perch non pos-
sibile usare un solo taglio per denire i rami della
multifunzione?
Problema 20.2. Si consideri la multifunzione
f (z) =

z
2
1. Trovare i punti di diramazione e il
loro ordine. Linnito un punto di diramazione?
Quali tagli si possono fare per denire i rami della
multifunzione su tutto il piano?
Problema 20.3. Si considerino le multifunzioni
(a) sin

z
(b)

sin z
(c)

z sin

z
(d)

sin z
2
.
Trovare i punti di diramazione e il loro ordine.
Problema 20.4. Trovare i punti di diramazione
di f (z) =
3

z
3
z. Introdurre i tagli.
Problema 20.5. Costruire un ramo di f (z) =
3

z
2
+1 tale che f (0) =
1
2
(1 + i

3)
Problema 20.6. Trovare i punti di dirama-
zione sul piano complesso esteso (C ) delle
multifunzioni
(a) log(z
2
1) , (b) log
_
z +1
z 1
_
e introdurre tagli per rendere le funzioni ad un solo
valore.
Problema 20.7. Determinare e classicare tutte
le singolarit di
(a)
z
(z
2
+4)
2
,
(b) sec
1
z
,
(c)
ln(z 2)
(z
2
+2z +2)
2
,
(d)
sin

z
.
Problema 20.8. Calcolare
_
+1
1
dx
3
_
(1 + x)
2
(1 x)
[2/

3 ]
Problema 20.9. Dimostrare che
(I)
_

0
x
p1
1 + x
dx =

sin p
, 0 < p < 1
(II)
_

0
ln x
1 + x
2
dx = 0
(III)
_

0
ln(x
2
+1)
x
2
+1
= ln2
Problema 20.10. Sviluppare
f (z) =
1
(z +1)(z +3)
in serie di Laurent valevole per
(a) 0 < [z +1[ < 2
(b) |z|<1
Problema 20.11. Dimostrare che la serie
1 + z + z
2
+ z
4
+ z
8
+ . . . = 1 +

n=0
z
2
n
non pu essere prolungata analiticamente oltre
[z[ = 1 (il cerchio [z[ = 1 la barriera naturale della
serie).
Problema 20.12. Sia
F
1
(z) =
_

0
t
3
e
zt
dt
(i) Dimostrare che F
1
(z) analitica in tutto il
semipiano destro Re(z) > 0.
(ii) Determinate una funzione F(z) che prolunga
analiticamente F
1
(z) nel semipiano sinistro
Re(z) < 0.
Problema 20.13. Dimostrare che linversione
complessa z 1/z conforme.
Problema 20.14. Dimostrare che le trasfor-
mazioni di Mbius sono conformi. (Si veda il
problema 1.14).
484 appunti di metodi matematici della fisica
Problema 20.15. Mostrare che per effetto della
trasformazione (20.25),
Z

=
Z a
aZ 1
, [a[ < R = 1 ,
un punto Z sul cerchio di raggio 1 si trasforma nel
punto Z

, estremo delle corda che passa per Z e


per a, secondo la costruzione geometrica in gura.
0
a
Z
Z

il cuore della teoria delle funzioni analitiche 485


Soluzioni
Problema 20.1. La multifunzione
f (z) =

z +1
3

z i
il prodotto di 2 multifunzioni Z

Z e W
3

W. quindi
ragionevole supporre che Z = 0, cio z = 1 e W = 0, cio z = i
siano punti di diramazione di f .
y
x
r
2
r
1

1
z
i
1 0
Con riferimento alla gura a lato, poniamo
z = 1 + r
1
e
i
1
e z = i + r
2
e
i
2
da cui
f (z) = w =

z +1
3

z i =

r
1
3

r
2
e
i(
1
/2+
2
/3)
=

r
1
3

r
2
e
i
1
/2
e
i
2
/3
questo corrisponde alla scelta di uno dei valori di f in z. Per dimo-
strare che i un punto di diramazione, consideriamo un cammino
chiuso attorno a i. I dettagli della curva sono irrilevanti: conta soltan-
to la variazione angolare (cerchio rosso della gura). Dopo un giro
completo si ha
e
i
2
/3
e
i(
2
/3+2/3
,
cio la radice ha cambiato valore ed passata nel suo secondo ramo.
Mentre z compie un giro attorno a i, langolo
1
va avanti e indietro:
raggiunge un valore massimo a sinistra e poi, quando z ritorna al
suo valore iniziale, anchesso ritorna al suo valore iniziale. Quindi
complessivamente f (z) varia in un giro completo per la sola varia-
zione dovuta alla sola radice cubica. Fine della dimostrazione che
i un punto di diramazione. Analogo ragionamento per 1 porta
alla conclusione che anche 1 un punto di diramazione. Poich ci
vogliono due giri per tornare al valore iniziale, z = 1 un punto di
diramazione semplice; per i ce ne voglio tre e dunque dunque di
ordine 2.
y
x
i
1 0

I tagli standard per ottenere rami ad un sol valore dalla funzione


di partenza sono mostrati nella gura a lato. Non possibile otte-
nere rami ad un sol valore con il solo taglio congiungente il punti di
diramazione perch pur essendo le le velocit angolari opposte in
senso di rotazione sono di diverso modulo (una 1/2 e laltra 1/3),
e non ci pu essere compensazione dopo un giro completo. Si veda la
gura a lato.
y
x
i
1 0
z
Problema 20.2. f (z) =

z
2
1 =

z 1

z +1, al nito, ha
due punti di diramazione semplici in z = 1. Per valutare se f (z) ha
un punto di diramazione allinnito, si considera F(z) = f (1/z) per
z = 0. Ma
F(z) = f
_
1
z
_
=
_
1
z
2
1 =
_
1
z
2
_
1 z
2
=
1
z
_
1 z
2
.
486 appunti di metodi matematici della fisica
Quindi z = 0 non un punto di diramazione di F e di conseguenza
z = non un punto di diramazione di f .
Problema 20.3. (a) f (z) = sin

z. Se si considera un giro attorno


a 0 lungo il cerchio unitario [z[ = 1, partendo, per esempio, da = 0,
si ha:
sin e
i(=0)/2
= sin(1) = sin e
i(=2)/2
= sin e
i
= sin(1) = sin(1)
Quindi sin

z ha un punto di diramazione semplice nello zero. Poi-


ch un giro lungo [z[ = 1 anche un giro attorno allinnito, anche
linnito un punto di diramazione della funzione.
(b) f (z) =

sin z. Il seno si annulla per z = n ed singolare


allinnito Ci potrebbero essere dei punti di diramazione in questi
punti. Consideriamo il punto z = n. Possiamo scrivere
sin z = (z n)
sin z
z n
.
La funzione
g(z) =
sin z
z n
non nulla e non ha una vera singolarit in z = n, in quanto
2 2
Quando la singolarit solo appa-
rente e pu essere eliminata si dice
appunto singolarit eliminabile.
lim
zn
sin z
z n
= lim
zn
cos z
1
= (1)
n
Allora, in un piccolo intorno di n si ha
sin z = (z n)(1)
n
Quindi, poich

z n ha un un punto di diramazione semplice per
z = n anche

sin z avr un punto di diramazione semplice per
z = n.
Poich tutti i punti di diramazione z = n vanno no allinnito,
linnito non una singolarit isolata, ma un punto di accumulazione
di singolarit. Un punto di diramazione deve essere una singolarit
isolata e quindi linnito non un punto di diramazione.
(c) f (z) =

z sin

z. La funzione a un sol valore. Dimostrazio-


ne veloce:
z
1/2
sin z
1/2
=

z sin(

z)
=

z(sin(

z)
=

z sin

z
(d) f (z) =

sin z
2
. Poich sin z
2
= 0 per z = (n)
1/2
, questi
potrebbero essere punti di diramazione. Possiamo scrivere
sin z
2
= z
2
sin z
2
z
2
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 487
dove la funzione sin z
2
/z
2
non nulla e ha una singolarit elimina-
bile per z = 0: per z 0 la funzione tende a 1. Poich

z
2
non ha
un punto di diramazione in 0, lo stesso vale per f (z). Consideriamo
adesso il punto z = (n)
1/2
,
sin z
2
=
_
z

n
_
sin z
2
z

n
sin z
2
/(z

n) non nulla e ha una singolarit eliminabile per


z =

n
lim
z

n
sin z
2
z

n
= lim
z

n
2z cos z
2
1
= 2

n(1)
n
Poich
_
z

n
_
1/2
ha un punto di diramazione in z =

n, anche

sin z
2
lo avr. Quindi f (z) =

sin z
2
ha punti di diramazione
semplici in z =

n per n = 1, 2 3, . . . . Il punto allinnito non


una singolarit isolata.
3 3
E poich non neanche un polo, una
singolarit essenziale (le denizioni di
polo e di singolarit essenziale saranno
date in una lezione successiva).
Problema 20.4. Per trovare i punti di diramazione di
f (z) =
3
_
z
3
z
espandiamo f (z),
f (z) = z
1/3
(z 1)
1/3
(z +1)
1/3
Ci sono punti di diramazione di ordine 2 in z = 1, 0, 1. Facendo la
sostituzione z 1/z si vede che non ci sono punti di diramazione
allinnito in quanto
F(z) = f (1/z) =
1
z
(1 z)
1/3
(1 + z)
1/3
Ci sono tre possibili tagli:
Si vede facilmente che il primo taglio va bene e trasforma la mul-
tifunzione in una funzione a un solo valore. Il secondo taglio non va
bene perch permette un giro intorno ai punti 1. Un giro intorno a
questi due punti fa variare il valore di partenza della funzione di un
fattore e
i4/3
, quindi la funzione cos ottenuta non a un sol valore.
Il terzo taglio va bene: girando intorno ai tre punti la funzione non
cambia (e
i6/3
= e
i2
= 1); si osservi che questo anche conseguenza
diretta del fatto che linnito non un punto di diramazione.
488 appunti di metodi matematici della fisica
Problema 20.5. Per prima cosa fattorizziamo f (z),
f (z) = (z i)
1/3
(z + i)
1/3
.
0
i
i
z = i +r
2
e
i2
= i +r
1
e
i1

2
Ci sono punti di diramazione( di ordine 2) in z = i. Scegliamo in
tagli secondo la convenzione standard, come nella gura a lato. Si ha
f (z) =
_
r
1
e
i
1
_
1/3
_
r
2
e
i
2
_
1/3
=
3

r
1
r
2
e
i(
1
+
2
)/3
Si vuole determinare il ramo in cui
f (0) =
1
2
_
1 + i

3
_
= e
i(2/3+2n)
,
cio il ramo in cui gli angoli

1
e

2
che individuano z = 0 (vedere
gura a lato) soddisfano
3

1e
i(

1
+

2
)/3
= e
i(2/3+2n)
,
0
i
i

2
dunque, per avere il ramo richiesto, deve valere la relazione

1
+

2
= 2 +6n
Il ramo suggerito dalla gura con

1
= /2 e

2
= /2 non va
bene. Una scelta possibile
<
1
, 5 <
2
< 7
che corrisponde a n = 1. Naturalmente, altre scelte sono possibili.
0
i
i

2
possibile anche fare una differente scelta dei tagli. Per esempio,
per la scelta di tagli della gura a lato, si pu scegliere il ramo

2
<
1

5
2
,

2
<
2

3
2
che corrisponde a n = 0.
Problema 20.6.
(a) f (z) = log(z
2
1) = log(z 1) +log(z +1)
Ci sono punti di diramazione in z = 1. Per sapere che cosa
succede allinnito, consideriamo il comportamento nello zero di
F(z) = f (1/z) = log
_
1
z
2
1
_
= log(z
2
) +log(1 z
2
)
log(z
2
) ha un punto di diramazione in z = 0,
log(z
2
) = ln [z
2
[ + i arg(z
2
) = ln [z
2
[ i2 arg(z)
Ogni volta che giriamo intorno allo zero il valore della funzione F(z)
cambia di 4i. Allora z = un punto di diramazione di f (z).
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 489
Possiamo rendere la funzione ad un sol valore introducendo due
tagli che partono da z = 1 e vanno allinnito.
(b) f (z) = log
_
z +1
z 1
_
= log(z +1) log(z 1)
Ci sono punti di diramazione in z = 1.
F(z) = f (1/z) = log
_
1 + z
1 z
_
F(z) non ha punti di diramazione nello zero, quindi f (z) non ha
punti di diramazione allinnito.
Possiamo rendere la funzione ad un sol valore introducendo due
tagli che partono da z = 1 e vanno allinnito. Possiamo anche
rendere la funzione ad un sol valore introducendo un solo taglio
che collega i punti z = 1. Questo perch log(z + 1) e log(z
1) cambiano rispettivamente di 2i e 2i quando si percorre un
giro completo intorno ai due punti di diramazione nella direzione
positiva.
Problema 20.7.
(a)
f (z) =
z
(z
2
+4)
2
=
z
[(z +2i)(z 2i)]
2
chiaro a vista che 2i e 2i sono poli di ordine 2 (i poli sono gli
zeri della funzione inversa). Questi due poli sono le sole singolarit e
dunque la f (z) meromorfa.
(b)
f (z) = sec(1/z)
1
cos(1/z)
Si hanno singolarit quando cos(1/z) = 0 , cio in 1/z = (2n +1)/2
o
z =
2
(2n +1)
dove n = 1, 2, 3, . . .
Poich f (z) non denita in z = 0 anche z = 0 una singolarit.
Sulla base di quanto visto a lezione, usiamo la regola che permette
di decidere in generale se una singolarit un polo di ordine m per
una funzione analitica con singolarit in z = a. Partiamo con k = 1:
lim
z2/[(2n+1)]
_
z
2
(2n +1)
_
f (z) = lim
z2/[(2n+1)]
z 2/[(2n +1)]
cos(1/z)
= lim
z2/[(2n+1)]
1
sin(1/z)(1/z
2
)
(Hospital)
=
2/[(2n +1)]
2
sin[(2n +1)/2]
=
4(1)
n
(2n +1)
2

2
,= 0
490 appunti di metodi matematici della fisica
Quindi le singolarit
z =
2
(2n +1)
dove n = 1, 2, 3, . . .
sono poli di ordine uno, cio poli semplici. Si osservi che questi poli
sono sullasse reale in
z =
2

,
2
3
,
2
5
. . .
Ciascuno di questi pu essere circondato da un cerchio di raggio , e
quindi questi punti sono singolarit isolate (come deve essere per un
polo); naturalmente, diventa sempre pi piccolo man mano che ci
si avvicina allo zero. Ma lo zero non ha questa propriet: non esiste
alcun cerchio di raggio , centrato nello zero, allinterno del quale
non ci siano singolarit della funzione. Lo zero non una singolarit
isolata, una singolarit essenziale. Equivalentemente, potremmo
applicare la regola nel quadro sopra e vericare che non esiste alcun
k tale lim
z0
z
k
f (z) = c,
lim
z0
z
k
1
cos(1/z)
= , k
(c)
f (z) =
ln(z 2)
(z
2
+2z +2)
2
Il punto z = 2 un punto di diramazione ed una singolarit
isolata. Le radici di (z
2
+2z +2) sono z = 1 i, da cui z
2
+2z +2 =
(z + 1 + i)(z + 1 i). Quindi z = 1 i sono poli di ordine 2 (che
sono singolarit isolate).
(d)
f (z) =
sin

z
A prima vista, sembra che z = 0 sia un punto di diramazione. Per
verica, sia z = re
i
= re
i(+2)
, dove 0 < 2.
Se z = re
i
, si ha
f (z) =
sin
_

re
i/2
_

re
i/2
Se z = re
i(+2)
, si ha
f (z) =
sin
_

re
i/2
e
i
_

re
i/2
e
i
=
sin
_

re
i/2
_

re
i/2
=
sin
_

re
i/2
_

re
i/2
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 491
Quindi, in realt, la funzione a un sol valore e z = 0 non pu
quindi essere un punto di diramazione. Poich
lim
z0
sin

z
= 1 ,
ne segue che z = 0 una singolarit eliminabile.
Problema 20.8.
Si vuole dimostrare che
I =
_
+1
1
dx
3
_
(1 + x)
2
(1 x)
=
2

3
.
x
1 1
La funzione integranda singolare in 1 e +1 (gura a lato).
Passando alla multifunzione complessa
f (z) =
1
3
_
(1 + z)
2
(1 z)
si vede che essa ha punti di diramazione in 1 e 1. Con riferimento
alla gura a lato, sia
z = 1 + r
1
e
i
1
= 1 + r
2
e
i
2
e scegliamo un ramo in cui
r
2
r
1
z
1 1

1
Figura 20.25: Punti di diramazione e
taglio.
f (z) = r
1
2/3
r
2
1/3
e
i(2/3)
1
e
i(1/3)
2
.
Osserviamo che un giro intorno ad entrambi i punti di diramazione
non fa cambiare ramo (perch (2/3)(
1
+ 2) + (1/3)(
2
+ 2) =
(2/3)
1
+ (1/3)
2
+ 2). Possiamo quindi scegliere come taglio il
segmento tra 1 e 1, con 0
1
< 2 e <
2
. In questo
ramo, nel limite da sopra a x (1, 1), si ha
1
= 0 e
2
= e quindi
f (x + i) = r
1
2/3
r
2
1/3
e
i/3
=
e
i/3
3
_
(1 + x)
2
(1 x)
Nel limite da sotto, si ha
1
= 2 e
2
= e quindi
f (x i) = e
i4/3
e
i/3
r
1
2/3
r
2
1/3
= e
i
1
3
_
(1 + x)
2
(1 x)
L
C
R
1 1
Possiamo allora integrare la funzione f (z) lungo il cammino L della
gura 20.17, riportata qui a lato.
Osserviamo che, pur essendo la funzione singolare, non ci sono
residui nei punti di diramazione: questo segue dal fatto generale che
_
1
z
p
dz
nullo per p < 1. Infatti, per un cammino circolare di raggio
_
1
z
p
dz =
_
2
0
e
i p

p
e
i
d
1p
0 per 0
492 appunti di metodi matematici della fisica
Essendo nulli gli integrali lungo i piccoli cerchi , si ha N. B. Si tenga presente questo fatto
anche per altri problemi. _
L
f (z)dz = e
i/3
I + e
i
I = e
i
_
e
i2/3
+1
_
I
=
_
e
i2/3
1
_
I ,
(i segni sono dovuti allorientazione di L: sopra il taglio, il cammino
da 1 a 1, sotto il taglio, da 1 a 1). Ne segue che
I =
1
e
i2/3
1
_
L
f (z)dz .
Poich non ci sono singolarit tra L e C
R
, possiamo deformare il
contorno dintegrazione da L a C
R
, un cerchio di raggio R > 1, come
mostrato in gura, e ottenere
I =
1
e
i2/3
1
_
C
R
f (z)dz .
Essendo la funzione integranda regolare in ogni regione nita al di
fuori dal cerchio, calcoliamo questo integrale in termini di residuo
della funzione allinnito. Dalla sezione 7.8,
I = (2i)
1
e
i2/3
1
Res
_
1
w
2
f
_
1
w
_
, 0
_
.
Ma
1
w
2
f
_
1
w
2
_
=
1
w
2
(1 +
1
w
)
2/3
(1
1
w
)
1/3
=
1
w
2
w
2/3
w
1/3
(1 + w)
2/3
(1 w)
1/3
=
1
w
(w +1)
2/3
(w 1)
1/3
=
1
w
_
1
2
3
w + . . .
_
(1)
1/3
_
1 +
1
3
w + . . .
_
Poich il coefciente di 1/w (1)
1/3
, questo il residuo cercato. N. B. Calcolare il residuo in un polo a
signica sempre estrarre il coefciente
di 1/(z a).
Dalla gura 20.25, z 1 = r
2
e
i
2
, da cui (1)
1/3
= e
i/3
nel piano
z. Nel piano w = 1/z, si avr (1)
1/3
= e
i/3
. Quindi
I = (2i)
1
e
i2/3
1
e
i/3
=
2i
e
i/3
e
i/3
=

sin /3
=
2

3
Problema 20.9.
(I) Si consideri
_
C
z
p1
1 + z
dz .
C
1
C
3
C
4
C
2

1
Poich z = 0 un punto di diramazione, consideriamo il con-
torno C nella gura a lato. Lintegrando ha un polo semplice in
z = 1 = e
i
, il cui residuo e
i(p1)
. Quindi
_
C
=
_
C
1
+
_
C
2
+
_
C
3
+
_
C
4
= 2ie
(p1)
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 493
Gli integrali
_
C
2
e
_
C
4
, rispettivamente lungo cerchi di raggi
e R vanno a zero per 0 (p tra 0 e 1) e R (poich p
strettamente tra 0 e 1). Detta z = x la variabile lungo C
1
, la
variabile lungo C
3
sar z = e
2i
x, dato che largomento di z
cresce di 2 dopo un giro completo. Allora, detto
I =
_

0
x
p1
1 + x
dx
lintegrale che si vuole calcolare, nel limite si ha
_
C
1
+
_
C
3
= I e
2i(p1)
I = 2ie
i(p1)
,
da cui
I =
2ie
i(p1)
1 e
2i(p1)
=

e
pi
e
pi
=

sin p
(II) Il graco della funzione ln x/(1 + x
2
) riportato a lato. Viene
chiesto di mostrare che c esatta cancellazione tra contributo
positivo e negativo allarea.
x
Un modo (un po indiretto) di calcolare lintegrale di conside-
rare
_
C
Log(z)
2
1 + z
2
dz
per il percorso in gura a lato. La ragione che lintegrazione
lungo C
3
coinvolge un (Logx + i2)
2
, da cui, sviluppando il
qudrato si ottiene il termine Log che si vuole calcolare.
C
1
C
3
C
4
C
2

-i
i
Pi precisamente, dopo aver calcolato i residui in i e i, che
sono rispettivamente
1
2i
_
i
2
_
2
e
1
2i
_
3i
2
_
2
,
e aver valutato che gli integrali lungo il cerchio piccolo e quello
grande non contribuiscono nei limiti 0 e R , per
lintegrale di contorno si ottiene
_
C
Log(z)
2
1 + z
2
dz =
_

0
Log(x)
2
1 + x
2
dx
_

0
(Logx + i2)
2
1 + x
2
dx = 2i

Res=2
3
.
Ma
_

0
(Logx + i2)
2
1 + x
2
dx =
_

0
(Logx)
2
1 + x
2
dx +
_

0
i2Logx
1 + x
2
dx +
_

0
4
2
1 + x
2
dx
Quindi,

_

0
i2Logx
1 + x
2
dx +4
2
_

0
1
1 + x
2
dx = 2
3
.
494 appunti di metodi matematici della fisica
Lintegrale reale vale /2, quindi luguaglianza risulta veri-
cata se la parte immaginaria a primo membro nulla, cio
se
_

0
Logx
1 + x
2
dx = 0
(III) tempo di fare mente locale sul seguente fatto:
Mente il logaritmo, come multifunzione, preserva la propriet
fondamentale del logaritmo reale
ln(ab) = ln(a) +ln(b) ,
la sua parte principale
Log(z) = ln [z[ + iArg (z)
non gode in generale di questa propriet,
Log(ab) ,= Log(a) +Log(b)
(a = 1 e b = i fornisce un controesempio).
Tuttavia, si ha
Log(i x) +Log(i + x) = Log(i
2
x
2
) = Log(x
2
+1) + i
(20.26)
Questa identit suggerisce di considerare lintegrale di contor-
no
_
C
Log(z + i)
z
2
+1
dz
per il contorno C in gura a lato. Il residuo in i
C
+
R
O
L
R
R -R
i
i

lim
zi
(z i)
Log(z + i)
z
2
+1
=
Log(2i)
2i
e dunque
_
C
Log(z + i)
z
2
+1
dz = 2i
Log(2i)
2i
=
_
Log2 + i

2
_
= Log2 +
1
2

2
i .
Lintegrale su C
R
+ tende a zero quando R va allinnito. Quin-
di
_
0

Log(x + i)
x
2
+1
dx +
_

0
Log(x + i)
x
2
+1
dx = Log2 +
1
2

2
i .
cambiando x in x nel primo integrale, si ottiene
_

0
Log(i x)
x
2
+1
dx +
_

0
Log(x + i)
x
2
+1
dx = Log2 +
1
2

2
i .
il cuore della teoria delle funzioni analitiche 495
tenuto conto della (20.26),
_

0
Log(x
2
+1)
x
2
+1
+ i
_

0
dx
x
2
+1
= Log2 +
1
2

2
i .
Poich il secondo integrale a primo membro pari a /2,
uguagliando parti reale e immaginaria della precedente equa-
zione, si ottiene
_

0
Log(x
2
+1)
x
2
+1
= Log2
Problema 20.10.
(a) Sia z +1 = u. Allora
1
(z +1)(z +3)
=
1
u(u +2)
=
1
2u(1 + u/2)
=
1
2u
_
1
u
2
+
u
2
4

u
3
8
+ . . .
_
=
1
2(z +1)

1
4
+
1
8
(z +1)
1
16
(z +1)
2
+ . . .
valevole per [u[ < 2, cio 0 < [z +1[ < 2.
(b) Per [z[ < 1, si ha la serie di Taylor ottenuta sottraendo dalla serie
di Taylor per (1/2)/(z +1) quella per (1/2)/(z +3) gi ottenuta
al punto (a). Il risultato
1
(z +1)(z +3)
=
1
3

4
9
z +
13
27
z
2

40
81
z
3
+ . . .
Problema 20.11. Osserviamo che
F(z) = 1 +z +z
2
+z
4
+z
8
+z
16
+z
32
. . . = z +
_
1 + z
2
+ z
4
+ z
8
+ z
16
. . .
_
.
Allora
F(z) = z + F(z
2
)
F(z) = z + z
2
+ F(z
4
)
F(z) = z + z
2
+ z
4
+ F(z
8
)
. . . = . . .
Da queste relazioni risulta che i valori di z tali che z = 1, z
2
= 1,
z
4
= 1, . . . sono tutti singolarit di F(z) in quanto F(1) = . Ma
queste singolarit riempiano densamente il cerchio unitario [z[ = 1 e
impediscono il prolungamento analitico oltre di esso della funzione.
Problema 20.12.
496 appunti di metodi matematici della fisica
(i) Integrando per parti (trasformata di Laplace), si ottiene
F
1
(z) =
_

0
t
3
e
zt
dt =
6
z
4
se Re (z) > 0
(ii) La funzione F
2
(z) = 6/z
4
analitica ovunque eccetto in z = 0
e coincide con F
1
(z) per Re (z) > 0. Quindi il prolungamento
analitico di F
1
.
Problema 20.13. Perch analitica (oppure perch composizione di
due trasformazioni anti-conformi).
Problema 20.14. Si veda il problema 1.14.
Problema 20.15. Risolviamo lesercizio con i metodi della geome-
tria analitica. Dobbiamo trovare lintersezione tra la retta che passa
per i punti Z e a e il cerchio di raggio 1. Lequazione della retta
(Z a)z (Z a)z (aZ aZ) = 0
e naturalmente lequazione del cerchio zz = 1. Moltiplichiamo
lequazione della retta per z, teniamo conto dellequazione del cer-
chio, e riconduciamo lequazione algebrica di secondo grado cos
ottenuta alla forma standard con coefciente quadratico uguale a 1.
Otteniamo
z
2

aZ aZ
Z a
z (Z a) = 0
Sappiamo che Z soluzione, possiamo dunque abbassare di grado
lequazione ricordando che la somma delle radici pari al coefciente
lineare cambiato di segno; chiamiamo Z

la radice che cerchiamo.


Allora
Z + Z

=
aZ aZ
Z a
,
da cui
Z

=
aZ aZ
Z a
Z =
aZ aZ 1 + aZ
Z a
=
aZ 1
Z a
=
(Z)
(Z)
(aZ 1)
(Z a)
=
Z a
aZ 1
,
che quanto si voleva dimostrare.
21
Miscellanea di applicazioni
Indice
21.1 Serie di Fourier, Taylor e Laurent 497
21.2 Trasformate di Fourier 502
21.3 Trasformate di Laplace 504
21.4 Segnali a banda limitata e teorema di Whittaker-Shannon 507
21.5 Formule di Poisson e relazioni di KramersKronig 510
21.6 Il problema di Dirichlet per funzioni armoniche nel piano 513
21.7 Soluzione di Sommerfeld del problema di Keplero 516
21.8 Equazione delle onde 518
21.9 Flussi irrotazionali di uidi perfetti nel piano 521
Problemi 522
Soluzioni 523
21.1 Serie di Fourier, Taylor e Laurent
Fin che si resta nel campo delle variabili reali, le serie di Fourier si
distinguono nettamente dalle serie di Taylor: per determinare i coef-
cienti di uno sviluppo di Taylor occorre conoscere i valori assunti
dalla funzione e da tutte le sue derivate in un solo punto. Ci signi-
ca che, nel suo intervallo di convergenza, la serie di Taylor denisce
una funzione che determinata solamente dal suo andamento in
un intorno comunque piccolo di un unico punto, il punto di espan-
sione delle serie. La funzione cos denita una struttura rigida e
inalterabile, nel senso che nessun sviluppo di Taylor in grado di
rappresentare una funzione che sia identica ad una data serie di Tay-
lor in una parte dellintervallo di convergenza e diversa in unaltra
498 appunti di metodi matematici della fisica
parte. Le funzioni denite da serie di Taylor costituiscono una clas-
se importante di funzioni, ma sono evidentemente una classe molto
ristretta fra tutte le funzioni pensabili.
Al contrario, per conoscere lo sviluppo di Fourier associato a una
funzione data necessario conoscere landamento globale di questa
funzione in tutto lintervallo che ne denisce il periodo. Purch la
funzione soddis le condizioni appropriate, possibile trovare la se-
rie di Fourier che la rappresenti. Landamento della funzione, inoltre,
pu essere modicato abbastanza arbitrariamente in intervalli niti,
senza che per questo la funzione cessi di essere sviluppabile in serie
di Fourier. Se si resta nel campo reale, le serie di Fourier sembrano
dunque denire una classe di funzioni pi vasta di quelle denibili
mediante serie di Taylor. Tuttavia, la distinzione scompare quando
si passa al piano complesso, dove emerge un legame profondo tra
questi due tipi di serie.
Si consideri una funzione w = f (z) analitica nel disco unitario D
centrato nellorigine. Allora, per il teorema di Taylor (20.9), w = f (z) N.B. Questa non una restrizione: per
cambiamento di scala si pu sempre
ricondurre un disco di raggio R al disco
unitario.
sviluppabile in serie di potenze,
w =

n=0
c
n
z
n
, c
n
=
f
(n)
(0)
n!
=
1
2i
_
C
f (Z)
Z
n+1
dZ.
Dette u e v rispettivamente la parte reale e la parte immaginaria di
w e r e rispettivamente il modulo e largomento di z, possiamo
scrivere la relazione tra w e z nella forma
w = u + iv =

n=0
c
n
r
n
e
in
Consideriamo ora r < 1 ssato. La precedente relazione, sul cerchio
di raggio r, denir la funzione complessa w
r
() = f (re
i
),
(, ] e le due funzioni reali u
r
() e v
r
() tali che
r
0
x
y
Figura 21.1: Cerchio di raggio r
(tratteggiato) minore del cerchio di
convergenza di raggio R = 1.
w
r
= u
r
() + iv
r
() =

n=0
c
n
r
n
e
in
. (21.1)
Prendendone adesso le parte reali e immaginarie si ottengono gli
sviluppi in serie di Fourier rispettivamente di u
r
e v
r
.
Esempio 21.1. Si consideri la serie geometrica
1
1 z
= 1 + z + z
2
+ z
3
+ . . . , [z[ < 1
e si ponga z = re
i
= r (cos + i sin ), r < 1. Allora
1
1 z
=
1 z
(1 z)(1 z)
=
1 z
1 2Re z +[z[
2
=
1 r cos + ir sin
1 + r
2
2r cos
1
1 z
= 1 + re
i
+ r
2
e
i2
+ r
3
e
i3
+ . . .
miscellanea di applicazioni 499
Uguagliando parti reali e parti immaginarie, si ottiene
1 r cos
1 + r
2
2r cos
= 1 + r cos + r
2
cos 2 + r
3
cos 3 + . . .
r sin
1 + r
2
2r cos
= r sin + r
2
sin2 + r
3
sin3 + . . .
Per esempio, per r = 1/2, si ottengono gli sviluppi in serie di Fourier
4 2 cos
5 4 cos
= 1 +
1
2
cos +
1
2
2
cos 2 +
1
2
3
cos 3 + . . .
2 sin
5 4 cos
=
1
2
sin +
1
2
2
sin2 +
1
2
3
sin3 + . . .
Esempio 21.2. Altri sviluppi di Fourier interessanti si ottengono dalla
funzione
1 + z
1 z
=
1
1 z
+
z
1 z
= 1 +1 + z + z
2
+ z
3
+ . . . + z(1 + z + z
2
+ z
3
+ . . .)
= 1 +2z +2z
2
+2z
3
+ . . .
Procedendo come nellesempio precedente, abbiamo
1 + z
1 z
=
(1 + z)(1 z)
(1 z)(1 z)
=
1 [z[
2
+ i2Imz
1 2Re z +[z[
2
=
1 r
2
+ i2r sin
1 + r
2
2r cos
1 + z
1 z
= 1 +2re
i
+2r
2
e
i2
+2r
3
e
i3
+ . . .
Uguagliando parti reali e parti immaginarie, si ottengono gli sviluppi
di Fourier corrispondenti. Si osservi che quello per la parte reale
1 r
2
1 + r
2
2r cos
= 1 +2
_
r cos + r
2
cos 2 + r
3
cos 3 + . . .
_
proprio lo sviluppo di Fourier del nucleo di Poisson (problema
10.7). Per r = 1/2,
1
1
4
5
4
cos
=
3
5 4 cos
= 1 +2
_
1
2
cos +
1
2
2
cos 2 +
1
2
3
cos 3 + . . .
_
,
si ottiene la soluzione del problema 12.7.
Esempio 21.3. Consideriamo la serie della parte principale del
logaritmo
Log(1 + z) = z
z
2
2
+
z
3
3

z
4
4
+
z
5
5

z
6
6
+ . . . (20.7)
Questa serie convergente per z = e
i
, ,= (esempio 20.4). Ora,
Log(1 + z) = ln [1 + z[ + iArg(1 + z)
500 appunti di metodi matematici della fisica
dove = Arg(1 + z) la parte principale dellangolo di 1 + z, dove,
per denizione, = Arg(z), varia nellintervallo < .
y
x
z z + 1
Ragionando sulla gura a lato, si vede che langolo di z + 1 la
met dellangolo di z,
() =
1
2
, < ,
da cui
ImLog(1 + z) =
1
2
,
Quindi, per confronto con lo sviluppo in serie di Log(1 + z) per
z = e
i
, si ottiene lo sviluppo di Fourier
() =
1
2
= sin
sin2
2
+
sin3
3

sin4
4
+
sin5
5
+ . . .
che quello dellonda dente di sega con pendenza 1/2.

/2
/2
Figura 21.2: Somma dei primi 8 ter-
mini della serie del dente di sega con
pendenza 1/2.
Lidea sfruttata negli esempi precedenti stata quella di pensare
la funzione f () di cui si vuole calcolare la serie di Fourier come la
restrizione ad un cerchio di una funzione g(z) di variabile complessa
che analitica in un disco che contiene tale cerchio. La serie di Fou-
rier quandi ottenuta dallo sviluppo di Taylor di g(z). La richiesta
che g(z) sia analitica in un disco tuttavia troppo restrittiva e non
necessaria.
0
x
y
Figura 21.3: Funzione analitica in un
anello attorno al disco unitario
Grazie al teorema di Laurent, possiamo ottenere sviluppi in serie
di Fourier anche di funzioni che non sono analitiche solo in un anel-
lo, di spessore piccolo a piacere. Chiariamo con un esempio. come sia
possibile usare il teorema di Laurent per ottenere sviluppi di Fourier.
Esempio 21.4. Cerchiamo lo sviluppo in serie di Fourier della funzio-
ne
f () =
1
3 +cos
pensando f ( come la restrizione al cerchio unitario di una funzione
di variabile complessa g(z) che analitica sul cerchio e che quando
miscellanea di applicazioni 501
ristretta al cerchio unitario coincide con f (), nel senso che f () = Da Laurent a Fourier
Definizione. Una funzione analitica
f (z) nella striscia S = z : [ Imz[ <
a , a > 0 detta periodica di periodo
2 se per tutti gli z nella striscia si ha
f (z +2) = f (z).
Esempi. Le funzioni elementari sin nz,
cos nz e e
inz
hanno periodicit 2. Se
h =

0
a
n
z
n
una funzione intera,
allora f (z) = h(e
iz
) =

n=0
a
n
e
inx
ha
periodicit 2.
Teoria generale. Si consideri la
trasformazione
z w = e
iz
che trasforma la striscia S nellanello
A = w : e
a
< [w[ < e
a
. Le pre-
immagini dei punti w = e
i
sono i punti
z = +2n. La trasformazione avvolge
lasse reale innite volte attorno al
cerchio unitario nel piano w e realizza
la corrispondenza uno-a-uno f (z) =
g(e
iz
) tra funzioni analitiche sullanello
A e funzioni analitiche periodiche in S.
Teorema. Se f (z) una funzione
analitica periodica di periodo 2 nella
striscia S, allora ha una rappresentazione di
Fourier
f (z) =

n=
c
n
e
inz
,
c
n
=
1
2
_

f ()e
in
d ,
uniformemente convergente in ciascuna
striscia sempre pi piccola.
Dimostrazione. Si usi lo sviluppo di
Laurent
g(w) =

n=
c
n
w
n
,
c
n
=
1
2i
_
[w[=1
g(w)
w
n+1
dw,
uniformemente convergente in ciascun
sub-anello. Poich f (z) = g(e
iz
), si ha
f (z) =

n=
c
n
(e
iz
)
n
e
c
n
=
1
2i
_

g(e
i
)
w
n+1
iwd
=
1
2
_

g(e
i
)
e
i(n+1)
e
i
d
=
1
2
_

f ()e
in
d
g(e
i)
. In effetti, abbiamo gi imparato come fare questo: usando la
sostituzione (19.17), si ottiene
1
3 +cos
=
1
3 + (z + z
1
)/2
=
2z
z
2
+6z +1
g(z)
Le radici del denominatore sono
b = 3

8 e a = 3 +

8 .
Poich [a[ < 1 < [b[, la funzione g(z) analitica nellanello [a[ < [z[ <
[b[ che contiene il cerchio unitario. Procedendo come nellesempio
20.6, decomponiamo g(z) in fratti semplici
g(z) =
2z
(z a)(z b)
=
2z
a b
_
1
z a
+
1
z b
_
Per [z[ > a, vale quanto trovato nellesempio 20.5,
1
z a
=
1
z
+
a
z
2
+
a
z
2
+
a
2
z
3
+
a
3
z
4
+ . . . .
Per [z[ < b,
1
z b
=
1
b z
=
_
1
b
_
1
1 (z/b)
=
1
b
_
1 +
z
b
+
z
2
b
2
+
z
3
b
3
+ . . .
_
=
1
b
+
z
b
2
+
z
2
b
3
+
z
3
b
4
+ . . .
Sommando le due serie,
g(z) =
2z
a b
_
1
b
+
z
b
2
+
z
2
b
3
+
z
3
b
4
+ . . . +
1
z
+
a
z
2
+
a
2
z
3
+
a
3
z
4
+ . . .
_
=
2
a b
_
z
b
+
z
2
b
2
+
z
3
b
3
+ . . . +1 +
a
z
+
a
2
z
2
+
a
3
z
3
+ . . .
_
Ma b = 1/a (essendo a e b radici di unequazione di secondo grado
con coefciente del termine quadratico pari a 1) e quindi lo sviluppo
di g(z) pu essere riscritto come
g(z) =
2a
a
2
1
_
1 +

n=1
a
n
_
z
n
+
1
z
n
_
_
, 2a/(a
2
1) = 1/

8 .
Allora sul cerchio z = e
i
si ha
g(e
i
) = f () =
1

8
_
1 +2

n=1
_
3 +

8
_
n
cos n
_
che lo sviluppo di Fourier cercato.
M Gli esempi di questa sezione mostrano la relazione profonda
tra serie di Fourier e serie di Laurent (le serie di Taylor sono un caso
particolare di serie di Laurent). I tratti salienti di questa relazione
sono trattati nella nota a margine.
502 appunti di metodi matematici della fisica
21.2 Trasformate di Fourier
In questa sezione intendiamo studiare le propriet di analiticit delle
trasformate di Fourier e Laplace e loro mutue relazioni. Incomin- Denizione alternativa di trasformata
di Laplace.
Si osservi che si potrebbe denire la
trasformata di Laplace semplicemente
come il continuamento analitico della
trasformata di Fourier:

f (z) g(z) =
_

0
f (t)e
itz
dt , Imz > 0
Cos denita,la trasformata di Laplace
mantiene le sue usuali propriet che la
rendono utile per le applicazioni alle
equazioni lineari, per esempio,

f
/
(z) =
_

0
f
/
(t)e
itz
dt
= f (t)e
itz

t=0

_

0
f (t)(iz)e
itz
dt
= f (0) iz

f (z)

f
//
(z) = z
2

f (z) + iz f (0) f
/
(0) .
Vediamone alcune applicazione ad
equazioni lineari.
1. Particella in un uido: equazione
per la velocit v + v(t) = 0. Quindi
iz v(z) v
0
+ v(z) = 0, da cui
v(z) =
i
z+i
v
0
. Come ci aspettavamo,
la singolarit nel semipiano inferiore.
Nel semipiano superiore la funzione
analitica. Invertiamo, v(t) = e
t
v
0
.
2. Se la particella soggetta ad una
forza esterna f (t), lequazione per la
velocit
dv
dt
+ v(t) = f (t). Quindi
iz v(z) v
0
+ v(z) =

f (z), da cui
v(z) =
i
z+i
v
0
+
i
z+i

f (z). Allora
v(t) = v
0
e
t
+
_
t
0
e
(tu)
f (u)du
3. Equazione del calore
f
t
= D

2
f
x
2
con condizione iniziale f
0
(x). Sia

f (k, z), la trasformata di Fourier usuale


rispetto allo spazio e la trasformata di
Laplace rispetto al tempo (= Fourier con
opposta convenzione sul segno) della
funzione f (x, t), che assumiamo nulla
per t < 0. Allora iz

f (k, z)

f
0
(k) =
k
2
D

f (k, z). da cui

f (k, z) =
i
z + iDk
2

f
0
(k) .
Insomma, con questa denizione
non si perde nulla dei vantaggi della
trasformata di Laplace, ma si ha il
vantaggio che risulta molto pi diretto
e trasparente il collegamento con la
trasformata di Fourier.
ciamo col ssare le notazioni. Denotiamo con g() la trasforma di
Fourier di f (t) usando la convenzione
g() =
_

0
e
it
f (t)dt , f (t) =
1
2
_

e
it
g()d. (21.2)
(Si osservi lo scambio di segni degli esponenziali nella denizione
della trasformata e nella formula di inversione, nonch luso delle
variabili e t, abbiamo in mente applicazioni a segnali dipendenti
dal tempo e ad analisi in frequenza degli stessi.)
In primo luogo, osserviamo che le trasformata di Fourier am-
mette di solito una naturale estensione analitica in una certa re-
gione del piano complesso. Per esempio, se f (t) = e
[t[
allora
g() = 1/(1 +
2
) si estende alla funzione meromorfa
g(z) =
1
1 + z
2
.
Questo fatto non dovrebbe sorprendere pi di tanto: per ogni reale t,
la funzione e
itz
che compare sotto il segno di integrale una funzione
intera, e quindi ci si aspetta che ci siano delle condizioni su f per cui
g sar analitica in certe regioni del piano complesso.
Adesso, restringiamo la nostra attenzione a funzioni f (t) che si an-
nullano per t < 0. utile avere un nome per tali funzioni. Interpre-
tando la variabile t come tempo, conveniamo di chiamare causale una
funzione di questo tipo. Vogliamo stabilire quali siano le propriet di
analiticit della trasformata di Fourier di una funzione causale.
Per f (t) causale e assolutamente integrabile, estendiamo g() al
piano delle frequenze complesse z = + i, consideriamo cio la
funzione
g(z) =
_

0
f (t)e
itz
dt (21.3)
e domandiamoci dove questa funzione sicuramente analitica. Si
vede immediatamente che se = Im(z) > 0, allora [e
izt
[ = e
t
e quindi lintegrale (21.3) assolutamente convergente nel semi-
piano superiore
+
. Allora per ogni curva semplice chiusa C tutta
contenuta nel semipiano superiore si ha
_
C
g(z)dz =
_
C
_

0
f (t)e
itz
dtdz =
_

0
_
_
C
e
itz
dz
_
f (t)dt = 0 .
Quindi, per il teorema di Morera, g(z) analitica nel semipiano
superiore. Risulta cos dimostrato il seguente teorema.
La trasformata di Fourier di una funzione causale
(integrabile) analitica nel sempiano superiore
+
.
(21.4)
miscellanea di applicazioni 503
Se si assume che f (t) sia L
2
, si pu ottenere un risultato pi
informativo. Riscriviamo la (21.3) nella forma
g( + i) =
_

0
f (t)e
t
e
it
dt (21.5)
e consideriamo come ssato. Allora g(z) la trasformata di Fourier
della funzione f

(t) = f (t)e
t
, cio
g( + i) = F
_
f (t)e
t
_
() . (21.6)
Se adesso applichiamo lidentit di Parseval-Plancherel a f

(t),
otteniamo la seguente disuguaglianza
1
2
_

[g( + i)[
2
d =
_

[ f (t)[
2
e
2t
dt
_

[ f (t)[
2
dt
per ogni > 0, e quindi il seguente teorema.
g(z) =
_

0
f (t)e
itz
dt analitica nel semipiano supe-
riore
+
e le sue restrizioni a linee orizzontali in
+
hanno norma L
2
limitata dalla norma L
2
di f .
(21.7)
un fatto notevole che vale linverso di questo teorema
Si supponga che g(z) sia una funzione analitica nel
semipiano superiore
+
e che
sup
0<<
1
2
_

[ g( + i)[
2
d = C <
Allora esiste una funzione f (t) in L
2
(0, ) tale che
f (z) =
_

0
f (t)e
itz
dt e
_

0
[ f (t)[
2
dt = C
(21.8)
Questo teorema noto come teorema di Paley-Wiener.
Formula di inversione della trasformata di Fourier Se
applichiamo il teorema di inversione di Fourier alla (21.6), otteniamo
f (t)e
t
=
1
2
_

e
it
g( + i)d,
da cui
= c

Figura 21.4: Cammino per lintegrale


_
+i
+i
e
izt
g(z)dz.
f (t) =
1
2
e
t
_

e
it
g( + i)d
=
1
2
_

e
i(+i)t
g( + i)d
e inne
f (t) =
1
2
_
+i
+i
e
izt
g(z)dz . (21.9)
504 appunti di metodi matematici della fisica
Lintegrazione ben denita per qualunque retta = c parallela
allasse , purch non ci siano singolarit lungo il cammino. Questo
garantito se scegliamo la retta nel semipiano superiore, cio pren-
diamo c 0. Se poi la funzione meromorfa Il cammino pu essere
deformato come mostrato in gura 21.5 e lintegrale pari a 2i la
somma dei residui.
A
R
L
R
R
O

Figura 21.5: Deformazione del cammino


per il calcolo di
_
+i
+i
e
izt
g(z)dz.
21.3 Trasformate di Laplace
Consideriamo la trasformata di Laplace
F(s) =
_

0
e
st
f (t) dt. (17.2)
Come la trasformata di Fourier, anche la trasformata di Laplace,
originariamente denita per s reale, si estende direttamente a valori
complessi se lintegrale
F(z) =
_

0
e
zt
f (t) dt. (21.10)
converge. Ad esempio, per z complesso, la trasformata di Laplace di
e
t

F(z) =
_

0
e
zt
e
t
dt =
1
z 1
e lintegrale convergente a patto che Re z > 1. Ma la funzio-
ne 1/(z 1) analitica in tutti i punti del piano complesso eccetto
z = 1. Quindi, per lunicit del prolungamento analitico, possibile
estendere la funzione anche nei punti dove lintegrale non converge
come continuazione analitica di
_

0
e
zt
e
t
dt. In effetti, quando si dice
che 1/(z 1) la trasformata di Laplace di e
t
, senza specicare la
condizione Re z > 1, si sottintende che si sta considerando la conti-
nuazione analitica della trasformata di Laplace (che, per Re z < 1,
non pi data dalla (17.2), perch in tale regione lintegrale diverge).
Formula di inversione della trasformata di Laplace A
pag. 373 abbiamo gi evidenziato che la trasformata di Laplace
la trasformata di Fourier nel piano delle frequenze complesse z =
+ i ruotato di /2, cio ponendo s = iz nella formula per g, cio
g(iz) =
_

0
e
zt
f (t)dt = F(z),
ossia g(z) = F(iz). Allora per cambiamento di variabili w = iz
nella (21.9), si ottiene
f (t) =
1
2
_
+i
+i
e
izt
F(iz)dz =
i
2
_
i+
i+
e
wt
F(w)dw
=
i
2
_
i+
i+
e
wt
F(w)dw
miscellanea di applicazioni 505
e quindi
f (t) =
1
2i
_
L
e
zt
F(z)dz , (21.11)
dove L una qualunque retta z = c 0 parallela allasse immagina-
rio, a destra di tutte le singolarit.
A
R
L
R
R
O

Figura 21.6: Deformazione del cammino


per il calcolo di
1
2i
_
L
e
zt
f (z)dz.
Se F meromorfa, il cammino L pu essere deformato come in
gura 21.6, ottenendo cos la formula
f (t) = lim
R
1
2i
_
_
A
R
+L
R
e
zt
F(z)dz
_
A
R
e
zt
F(z)dz
_
. (21.12)
Se
_
A
R
e
zt
F(z)dz 0 per R . (21.13)
nel limite R , si ottiene la formula di inversione della trasformata
di Laplace:
f (t) = L
1
F(s) =

Res
_
F(z)e
zt
_
(21.14)
Si osservi che la (21.13) sempre garantita se F(z) = P(z)/Q(z)
con P(z) e Q(z) polinomi tali che il grado di P sia minore del grado
di Q, una situazione che si incontra spesso nello studio dei sistemi
lineari.
Esempio 21.5. Calcolare
f (t) = L
1
F(s) , F(s) =
1
(s +1)(s 2)
2
.
usando la formula di inversione (21.14). I poli sono: s = 1 polo
semplice, s = 2, polo doppio.
Res
_
F(z)e
zt
, 1
_
=
e
t
9
Res
_
F(z)e
zt
, 2
_
= lim
s2
1
1!
d
ds
_
(s 2)
2
_
e
st
(s +1)(s 2)
2
__
= lim
s2
d
ds
_
e
st
s +1
_
= lim
s2
(s +1)te
st
e
st
(s +1)
2
=
1
3
te
2t

1
9
e
2t
Allora
f (t) = Res
_
F(z)e
zt
, 1
_
+Res
_
F(z)e
zt
, 2
_
=
1
9
e
t
+
1
3
te
2t

1
9
e
2t
506 appunti di metodi matematici della fisica
Se f (z) presenta punti di diramazione, la (21.11) continua a valere,
ma il contorno va deformato in modo appropriato per poter appli-
care il teorema dei residui. Illustriamo come fare considerando un
esempio.
Esempio 21.6. Calcolare
L
1
_
e
a

s
s
_
Soluzione. Essendo s = 0 un punto di diramazione, si pu applicare
la formula di inversione
F(t) = L
1
F(s)(t) =
1
2i
_
L
e
zt
f (z)dz =
1
2i
_
L
e
zta

z
z
dz ,
a patto di usare il contorno della gura lato.
Si osservi che il taglio per la radice tra e 0: appena sopra il
taglio, lungo M, z = e
i
[x[ e

z =
_
[x[e
i/2
= i
_
[x[; appena sotto il
taglio, lungo N, z = e
i
[x[ e

z =
_
[x[e
i/2
= i
_
[x[.
M
N
L
C

R
C
+
R
Poich la funzione analitica allinterno del contorno, si ha
_
L
=
_
_
C
+
R
+
_
M
+
_
C

+
_
N
+
_
C

R
_
Nel limite R i due integrali
_
C
+
R
e
_
C

R
danno contributo nullo.
Valutiamo i tre integrali rimanenti, nel limite R e 0.
_
M
e
zta

z
z
dz =
_
0

e
xe
i
a(xe
i
)
1/2
x
dx =
_
0

e
xtai

x
x
dx
_
N
e
zta

z
z
dz =
_
0

e
xe
i
a(xe
i
)
1/2
x
dx =
_
0

e
xt+ai

x
x
dx
_
C

e
zta

z
z
dz = i
_

e
(e
i
)ta

e
i/2
d 2i per 0
Ne segue che
F(t) =
1
2i
_
L
=
1
2i
_
_
M
+
_
C

+
_
N
_
= 1
1

_

0
e
xt
sin a

x
x
dx .
Poniamo
I =
1

_

0
e
xt
sin a

x
x
dx .
Mediante sostituzione x = u
2
, I diventa
I =
2

_

0
e
u
2
t
sin au
u
du .
Derivando rispetto a a, otteniamo
I
a
=
2

_

0
e
u
2
t
cos audu =
2

t
e
a
2
/4t
_
=
1

t
e
a
2
/4t
.
miscellanea di applicazioni 507
Quindi, usando la condizione I = 0 per a = 0,
I =
_
a
0
1

t
e
a
2
/4t
dt =
2

_
a/(2

t)
0
e
u
2
du = erf
_
a
2

t
_
.
Allora
F(t) = 1 erf
_
a
2

t
_
= erfc
_
a
2

t
_
21.4 Segnali a banda limitata e teorema di Whittaker-Shannon
Calude Shannon (19162001) stato un
matematico americano. riconosciuto
come il padre della teoria dellinforma-
zione, dove, importandola dalla sica,
introdusse la nozione di entropia come
misura della quantit di informazio-
ne. Nella sua tesi del 1937, a 21 anni,
gett le basi per la costruzione di un
computer digitale, dimostrando che
con limplementazione elettrica del-
lalgebra booleana si poteva risolvere
qualunque relazione logica e numerica.
Durante la seconda guerra mondiale,
contribu anche notevolmente allo svi-
luppo della crittograa. In questo, il
suo lavoro fu parallelo a quello svolto
nello stesso periodo dal matematico
inglese Alan Turing sullaltra sponda
delloceano Atlantico.
Incominciamo col considerare segnali limitati nel tempo, cio segnali
descritti da una funzione f (t) che nulla al di fuori di un intervallo
temporale [T, T]. Assumiamo che la funzione sia L
2
. Allora la sua
trasformata di Fourier
g(z) =
_
T
T
f (t)e
itz
dt
dove 0 < T < e f (t) L
2
(, ). Questa funzione intera e
soddisfa la condizione di crescita
[g(z)[
_
T
T
[ f (t)[e

dt e
T[[
_
T
T
[ f (t)[dt
Funzioni intere che soddisfano questa condizione di crescita sono
dette di ordine esponenziale. Se C la costante che denota lultimo
integrale dellequazione precedente, la condizione di crescita implica
che [g(z)[ Ce
T[z[
. Si ha quindi il teorema:
Se g(z) una funzione della forma
g(z) =
_
T
T
f (t)e
itz
dt
allora una funzione intera di ordine esponenzia-
le e le sue restrizioni a linee orizzontali nel piano
complesso sono in L
2
(, ).
(21.15)
Anche in questo caso vale un teorema inverso, anche questo noto
come teorema di Paley-Wiener.
Si supponga che T e C siano costanti positive e che
g(z) sia una funzione intera tale che [g(z)[ Ce
T[z[
per tutti z = + i C e che
_

[g()[
2
d < .
Allora esiste una funzione f (t) in L
2
(0, ) tale che
g(z) =
_
T
T
f (t)e
itz
dt.
(21.16)
Un segnale detto a banda limitata se g() assolutamente inte-
grabile e se esiste una frequenza > 0 tale che g() = 0 per tutti gli
508 appunti di metodi matematici della fisica
[[ > . La frequenza chiamata larghezza di banda. Un segnale di
questo tipo allora dato da
f (t) =
_

g()e
it
d .
Naturalmente, poich non importano i nomi delle variabili, si appli-
cano le stesse considerazioni che abbiamo fatto sopra: la funzione
f (t) pu essere estesa ad una funzione f () nel piano complesso
(adesso del tempo) che analitica e intera (per le stesse ragioni di
prima). Anche f () di ordine esponenziale, nel senso che la sua
condizione di crescita
[ f ()[ e
[Im[
_

[g()[d
per tutti C.
Lanaliticit dei segnali a banda limitata ha conseguenze singolari.
Una il risultato contro-intuitivo che la conoscenza del segnale f (t)
in un breve intervallo di tempo [a, b], arbitrariamente piccolo, sullasse
reale, determina i suoi valori a tutti i tempi. Questa una conseguen-
za dellunicit del prolungamento analitico delle funzioni analitiche.
Ed emerge anche un paradosso . . . . Paradosso. una pratica sperimentale
standard che non si possono generare
onde di lunghezza donda arbitrariamente
piccola. Quindi tutti i segnali generati
in laboratorio sono a banda limitata.
altres una pratica sperimentale standard
che non ci sono segnali che si estendono
innitamente lontano nel passato. Quindi
c un T > 0 tale che f (t) = 0 quando
t reale e t < T. Queste due pratiche
sperimentali standard implicano che i
segnali sono funzioni analitiche intere che si
annullano nellintervallo (, T) R.
Lunicit del continuamento analitico
implica che tutti i segnali di questo tipo
debbano essere identicamente nulli. Perci
il solo segnale che soddisfa la pratica
sperimentale standard f (t) = 0.
Si provi a cercare da soli una via
duscita prima di continuare a leggere.
Soluzione (?) Mentre vero che in
laboratorio si pu controllare lo spettro
in una banda limitata < < , si
creano in ogni caso, indipendentemente
dal nostro controllo, frequenze fuori da
questa banda.
Uno dei teoremi pi interessanti e antichi per i segnali a banda
limitata stabilisce che il segnale pu essere recuperato progressiva-
mente mediante un campionamento ad intervalli di tempo regola-
ri. Questo fatto fu scoperto da Whittaker nel 1915 e riscoperto da
Shannon nel 1949.
Sia f (t) un segnale a banda limitata con larghezza di
banda e sia
T <

.
Allora f pu essere ricostruita da un campionamento
dei suoi valori ai tempi nT, n = 0, 1, 2, . . ., come la
serie convergente
f (t) =

n=
sinc
_
t nT
T
_
f (nL)
(21.17)
(La funzione sinc sinc(t) =
sin t
t
, per t = 0 il valore denito
pari a 1.) La dimostrazione di questo teorema un esercizio istruttivo
di analisi complessa.
Dimostrazione. Scegliamo unit di misura tali che T = 1. Allora
f (t) =

n=
(1)
n+1
sin t
(n t)
f (n) .
miscellanea di applicazioni 509
Questa la formula che dimostriamo. Per t , Z consideriamo la
funzione di variabile complessa z
g(z) =
f (z)
(z t) sin z
.
g analitica in tutti i punti del piano complesso eccetto t e le radici, n
di sin z. Queste radici sono poli semplici con residui
Resg, n =
(1)
n
f (n)
(n t)
.
La funzione g(z) ha anche un polo semplice in t con residuo
Resg, t =
f (t)
sin t
.
Per interi positivi N
1
, N
2
e M si consideri il rettangolo
N
2
N
2
+ 1 N
1
N
1
+ 1
M
M
R
N
1
,N
2
,M
=
_
z C : N
1

1
2
< Re z < N
2
+
1
2
texte [Imz[ < M
_
illustrato nella gura a lato. Il lato verticale a destra passa a met
strada tra i punti di campionamento N
2
e N
2
+1; il lato a sinistra a
met strada tra N
1
e N
1
+1.
Si ssi t e si consideri N
1
, N
2
e M > [t[ + 1. Il contorno C
N
1
,N
2
,M
del rettangolo non passa per nessuna delle singolarit di g, quindi il
teorema dei residui implica , per t , Z,
1
2i
_
C
N
1
,N
2
,M
g(z)dz =
(1)
n
f (n)
(n t)
+
N
2

n=N
1
(1)
n
f (n)
(n t)
Su C
N
1
,N
2
,M
si ha, con costanti indipendenti da N
1
, N
2
e M,

1
sin z

Ce
[Imz[
, [ f (z)[ Ce
[Imz[
,

1
z t


C
minN
1
, N
2
, M
.
(21.18)
Si faccia adesso tendere M allinnito. I lati orizzontali del rettan-
golo R
N
1
,N
2
,M
hanno lunghezza nita e lintegrando tende a zero poi-
ch il decadimento di 1/sin z vince la crescita di f perch per ipote-
si > . Gli integrandi sui lati verticali decadono esponezialmente
per la stessa ragione. Passando al limite, si ottiene
1
2i
_
Re z=N
2
+
1
2
g(z)dz
1
2i
_
Re z=N
1

1
2
g(z)dz =
(1)
n
f (n)
(n t)
+
N
2

n=N
1
(1)
n
f (n)
(n t)
Per completare la dimostrazione del teorema sufciente mostrare
che ciascun integrale a sinistra tende a zero quando N
1
e N
2
ten-
dono allinnito. Dalla (21.18), il valore assoluto dellintegrale
superiormente limitato da
C
minN
1
, N
2
, M
.
510 appunti di metodi matematici della fisica
Il criterio di campionamento > implica che questi integrali
tendono a zero. Questo completa la dimostrazione.
21.5 Formule di Poisson e relazioni di KramersKronig
Se di una funzione f = u + iv sappiamo che analitica nel semipiano
superiore
+
(incluso linnito e lasse reale) e sono noti i valori di u
e v sullasse reale, abbiamo dati sufcienti per ricostruire la funzione
nel semipiano superiore. Questo perch u e v sono armoniche nel
semipiano superiore e il problema appena posto un problema di
Dirichlet.
Possiamo arrivare alla stessa conclusione con i metodi dellanalisi
complessa. Per determinare f applichiamo la formula di Cauchy al
circuito C in gura 21.7 per un punto z dentro C e per il punto z (che
fuori):
f (z) =
1
2i
_
C
f (Z)
Z z
dZ (21.19)
0 =
1
2i
_
C
f (Z)
Z z
dZ (21.20)
Sottraendo membro a membro, si ottiene
f (z) =
1
2i
_
C
f (Z)
_
1
Z z

1
Z z
_
dZ =
1
2i
_
C
f (Z)
z z
(Z z)(Z z)
.
Essendo z = x + iy e Z = X + iY, esplicitando il contorno in gura, si
pu scrivere
f (z) =
1

_
R
R
y f (X)
(X x)
2
+ y
2
dX +
_
C
R
y f (Z)
(Z z)(Z z)
dZ,
dove C
R
il semicerchio di raggio R. Avendo assunto che f (z) ana-
litica nel semipiano superiore (incluso linnito), nel limite R
lintegrale lungo C
R
d contributo nullo e si ottiene
z
z
C
x
y
Figura 21.7: Signicato elettrostatico
delle formule (21.19) e (21.20). Il pro-
blema di trovare il potenziale nel
semipiano superiore, quando noto il
potenziale sulla linea y = 0. Il metodo
delle immagini larticio usato in
elettrostatica per risolvere problemi
di questo tipo. Possiamo pensare che
il fattore 1/(Z z) nellintegrale di
Cauchy rappresenti una carica nel
punto z = x + iy. Introducendo una
carica immagine negativa in z = x iy
forziamo le desiderate condizioni al
contorno sullasse reale.
f (z) =
y

f (X)
(X x)
2
+ y
2
dX, (21.21)
Poich entrambi i lati di (21.21) contengono solo coefcienti rea-
li, questa equazione vale separatamente per u e v, le parti reale e
immaginaria di f ,
u(x, y) =
y

u(X, 0)
(X x)
2
+ y
2
dX (21.22)
v(x, y) =
y

v(X, 0)
(X x)
2
+ y
2
dX (21.23)
Le formule (21.22) e (21.23) sono dette formule integrali di Pois-
son per il semipiano. Esse danno i valori di una funzione armonica
miscellanea di applicazioni 511
nel semipiano superiore, ad esempio il potenziale elettrostatico, in
termini dei suoi valori sullasse delle x (il bordo) del semipiano (na-
turalmente, a patto che f (z) sia analitica nel semipiano superiore).
Simon Denis Poisson (17811840)
stato un matematico e sico francese.
Come sico, fu un sostenitore della
teoria corpuscolare (newtoniana) della
luce. Studente di Lagrange e Laplace,
fu il maestro, tra gli altri, di Dirichlet e
Liouville.
Per ottenere una relazione tra u e v, sommiamo membro a mem-
bro (21.19) e (21.20),
f (z) =
1
i
_

X x
(X x)
2
+ y
2
f (X)dX. (21.24)
Uguagliando parti reali e immaginarie, otteniamo
u(x, y) =
1

(X x)v(X, 0)
(X x)
2
+ y
2
dX (21.25)
v(x, y) =
1

(X x)u(X, 0)
(X x)
2
+ y
2
dX (21.26)
Queste equazioni possono essere usate per determinare il compor-
tamento di u e v sul contorno stesso, cio per y = 0. Dalla (19.31) si
ottiene
u(x, 0) =
1

P
_

v(X, 0)
X x
dX (21.27)
v(x, 0) =
1

P
_

u(X, 0)
X x
dX (21.28)
Queste relazioni compaiono nella teorie delle trasformate di Hilbert e
in sica sono note come relazioni di dispersione di Kramers-Kronig.
Relazioni di dispersione di Kramers-Kronig Le equazioni
appena ottenute possono essere usate per determinare il comporta-
mento di u e v sul contorno stesso, cio per y = 0. Dalla (19.31) si
ottiene
u(x, 0) =
1

P
_

v(X, 0)
X x
dX (21.29)
v(x, 0) =
1

P
_

u(X, 0)
X x
dX (21.30)
Queste relazioni compaiono nella teorie delle trasformate di Hilbert e
in sica sono note come relazioni di dispersione di Kramers-Kronig.
Nelle applicazioni alla sica, z = + i la frequenza complessa,
con parte reale e parte immaginaria , e la funzione f (z) di solito
denotata (z) =
/
(z) + i
//
(z). Con queste notazioni, si riscrivono le
relazioni sopra nel seguente modo

/
() =
1

P
_

//
(
/
)

d
/
(21.31)

//
() =
1

P
_

/
(
/
)

d
/
(21.32)
512 appunti di metodi matematici della fisica
Si osservi che le relazioni di dispersione di Kramers-Kronig posso-
no anche essere ottenute come conseguenza immediata della formula
di Cauchy (19.31) per punti su C. Infatti, quando (z) analitica nel
semipiano superiore e si considera il cammino in gura 21.8 dove
sullasse reale, la formula (19.31) diventa

Figura 21.8: Polo lungo il cammino


dintegrazione nellintegrale (21.33).
() =
1
i
P
_

(
/
)

d
/
(21.33)
Separando adesso parte reale e parte immaginaria di questa ugua-
glianza si ottengono (21.31) e (21.32).
Per chiarire limportanza in sica delle relazioni di dispersione,
occorre rispondere alle domande seguenti:
(a) Quali grandezze siche soddisfano le relazioni di dispersione?
(b) Perch tali grandezze soddisfano le relazioni di dispersione?
(c) Qual il signicato sico delle relazioni di dispersione?
Si tratta di domande importanti a cui qui possiamo solo dare una
risposta sommaria.
Hans Kramers (18941952) stato un
sico danese. Studente di Niels Bohr
noto per lapprossimazione semi-
classica della meccanica quantistica
detta approssimazione WKB (W sta
per Wentzel, K per Kramers e B
per Brillouin ) e per il suo lavoro con
Kronig sulle relazioni di dispersione.
Nella foto (del 1928 circa) al cen-
tro con George Uhlenbeck e Samuel
Goudsmit, famosi per la scoperta dello
spin dellelettrone.
(a) Tipicamente, la grandezza sica (z) =
/
(z) + i
//
(z) la con-
tinuazione analitica della trasformata di Fourier di una funzione che
rappresenta come una certa propriet y di un sistema sico risponde
a una forza f (intesa in senso generalizzato). Se lintensit della forza
piccola, la risposta lineare
y(t) =
_
t

K(t u) f (u)du y(z) = (z)

f (z) .
rappresenta una suscettivit o unammettenza ed detta anche la
funzione di risposta complessa del sistema. La situazione paradigmatica
quella dellesempio 19.7 dove
(z) =
1

2
0
+ z
2
+ i2z
e
K(t) =
1
2
_

e
it

2
0
+
2
+ i2
d = e
t
sin
0
t

0
u(t) .
In effetti, questo il modello che si usa per studiare la risposta di
un atomo ad una radiazione elettromagnetica incidente di frequenza
. Le relazioni di Kramer-Kronig in questo caso forniscono la re-
lazione tra parte reale e parte immaginaria dellindice di rifrazione
complesso.
(b) Per ragioni siche, K(t u) deve essere zero per t < u. Infatti,
la risposta del sistema al tempo t deve essere successiva alla forza
applicata al tempo u (per t < u la risposta del sistema zero, perch
miscellanea di applicazioni 513
la forza non stata ancora applicata). Nella sezione precedente ab-
biamo visto che la trasformata di Fourier di una funzione f (t) nulla
per t < 0 analitica nel semipiano superiore
+
. La sola ipotesi su
cui si basano le relazioni di dispersione ( che la funzione sia analitica
nel semipiano superiore) dunque soddisfatta.
Ralph Kronig (19041995) stato un -
sico tedesco. Noto principalmente per
il modello cristallino di Kronig-Penney
e per le relazioni di dispersione, insie-
me con Rabi diede la prima soluzione
dellequazione di Schrdinger per un
rotatore rigido (1927) e anticip lidea
di Pauli dello spin.
(c) Per quel che riguarda il signicato sico delle relazioni di di-
spersione, ci limitiamo a questo: la parte immaginaria delle funzione
di risposta () descrive come il sistema dissipa energia, essendo
sfasato con la forzante. Le relazioni di Kramers-Kronig implicano che
la risposta dissipativa (resistenza, per i circuiti elettrici) sufcien-
te a determinare la risposta in fase reattiva (reattanza, per i circuiti
elettrici) e viceversa.
Nota Per le applicazioni, utile riscrivere le formule (21.31) e
(21.32) in termini di integrali solo sulle frequenze positive. Essendo
() =
/
() + i
//
() la trasformata di Fourier di una funzione
reale, () = (),
/
() una funzione pari e
//
() una fun-
zione dispari. Allora il dominio di integrazione pu essere portato da
(, +) a [0, +): si moltiplichi numeratore e denominatore della
funzione integranda a secondo membro della (21.31) per ( +
/
) e si
separino i contributi,

/
() =
1

P
_

//
(
/
)

/2

2
d
/
+

P
_

//
(
/
)

/2

2
d
/
Poich
//
() dispari, il secondo integrale si annulla e resta

/
() =
2

P
_

0

//
(
/
)

/2

2
d
/
(21.34)
Lo stesso argomento per la parte immaginaria fornisce

//
() =
2

P
_

0

/
(
/
)

/2

2
d
/
(21.35)
Le equazioni (21.34) e (21.35) sono in effetti le relazioni derivate
originariamente da Kramers e Kronig.
21.6 Il problema di Dirichlet per funzioni armoniche nel piano
Nel problema 8.9 abbiamo ottenuto la formula di Poisson
f (a) =
1
2
_

1 [a[
2
[e
i
a[
2
f ()d . (21.36)
per a = re
i
, r < 1, dentro al cerchio unitario T e f () f (Re
i
),
il valore di f sul cerchio, applicando la formula di Green. La stessa
514 appunti di metodi matematici della fisica
formula pu essere ottenuta mediante metodi di analisi complessa
in modo analogo a come si sono ottenute le formule di Poisson per
il semipiano mediante metodo delle immagini. Ponendo una carica
immagine in 1/a, si ha
C
R
0
a
R
2
a
Figura 21.9: Carica immagine nel
punto R
2
/a per un cerchio di raggio R.
Questo punto linversione geometrica
di a rispetto al cerchio di raggio R.
f (a) =
1
2i
_
T
f (Z)
Z a
dZ (21.37)
0 =
1
2i
_
T
f (Z)
Z 1/a
dZ (21.38)
Sottraendo membro a membro, posto Z = e
i
, e tenuto conto che
dZ = iZd, si ottiene la (21.36).
Teorema di Schwartz importante aver chiaro quel che si com-
pra e quel che non si compra con la formula di Poisson. Questa
formula stabilisce che per una funzione analitica dentro al cerchio
e sul cerchio, il valore della funzione dentro al cerchio la media
pesata (21.43) dei valori della funzione sul cerchio. Nel problema di
Dirichlet, invece, assegnata un funzione f sul bordo ! e il pro-
blema consiste nel determinare una funzione armonica dentro ! che
assume il valore assegnato sul bordo quando ci si avvicina al bordo.
Per affrontare questo problema, si denisca la funzione a valori reali
u(a) =
1
2
_

_
1 [a[
2
[e
i
a[
2
_
f ()d . (21.39)
f la condizione al contorno che vogliamo assegnare pi o meno
arbitrariamente. Si osservi che non si sta assumendo che che u e
Dimostrazione di (21.40). Per a = re
i

D (r < 1) e e
i
T si ha
Re
_
e
i
+ a
e
i
a
_
= Re
_
(e
i
+ a)(e
i
a)
[e
i
a[
2
_
=
1 [a[
2
[e
i
a[
2
.
Quindi il nucleo di Poisson (21.42) la
parte reale di una funzione analitica.
Come si pu vericare, dalle relazioni
di Cauchy-Riemann segue che la
funzione
g(z) =
1
2
_

_
e
i
+ a
e
i
a
_
f ()d
analitica in D per qualunque funzione
integrabile reale f su T. Lequazione
sopra detta formula di Schwartz e
permette di ricostruire la funzione
analitica completa g(z) nel disco D a
partire dalla sua parte reale su T. Ma
u(a) =
1
2
_

_
1 [a[
2
[e
i
a[
2
_
f ()d
la parte reale di g. Dunque, la fun-
zione u(a) armonica per qualunque
funzione integrabile reale f su T.
f coincidano sul cerchio unitario T, ma, assegnata f su T, si vuole
stabilire se esista una funzione armonica u nel disco unitario. Vale il
seguente teorema
Teorema di Schwartz. La funzione a valori reali
u(a) =
1
2
_

_
1 [a[
2
[e
i
a[
2
_
f ()d .
armonica per qualunque funzione integrabile reale f
su T.
(21.40)
Questo teorema e il teorema (10.26) forniscono la soluzione rigo-
rosa completa del problema di Dirichlet per funzioni armoniche nel
disco unitario.
Problema generale di Dirichlet per funzioni armoniche
nel piano Se si sa risolvere il problema di Dirichlet per lequazione
di Laplace nel disco unitario
_
u(r) = 0 , r D
u(r) = f (r) , r T,
(21.41)
miscellanea di applicazioni 515
per il teorema delle rappresentazioni di Riemann (20.23), si sa anche
risolvere il problema
_
u(r) = 0 r !
u(r) = f (r) r !
per qualunque regione ! la cui frontiera ! una curva semplice
chiusa. Si lascia come (facile) esercizio dimostrare perch.
Significato fisico-geometrico della formula di Poisson
Interpretiamo la funzione armonica in un disco (unitario, per sem-
plicit) come la distribuzione di temperatura a regime in una piastra
circolare, le cui facce sono isolate e che sul bordo mantenuta ad una
data temperatura T() T(e
i
).
La temperatura T(a) in un generico punto a = re
i
della piastra
data dalla convoluzione del nucleo di Poisson
P
r
( ) =
1 r
2
1 2r cos( ) + r
2
=
1 [a[
2
[e
i
a[
2
P
a
() , (21.42)
con il valore al bordo T(), vale a dire
T(a) =
1
2
_

P
a
()T()d . (21.43)
La formula dice che T(a) una media pesata della temperatura sul
bordo, con la temperatura di ciascun elemento del bordo che contri-
buisce a T(a) in proporzione al suo peso dato nucleo di Poisson. Pi
lontano lelemento sul bordo da a, inferiore il suo peso. Quando a
nel centro si ritrova il teorema della media di Gauss
T(0) =
1
2
_

T()d ,
che esprime il lampante fatto sico che la temperatura nel centro la
media dei valori sul bordo circolare.
Ora, una media pesata si pu sempre far diventare una media non
pesata mediante una trasformazione il cui Jacobiano sia il peso: sia

= F() tale che

= P
a
() =
1 [a[
2
[e
i
a[
2
, (21.44)
allora
_

T()P
a
()d =
_

)d

=
_

()d , (21.45)
(essendo

una variabile muta di integrazione). Ne segue che in


conseguenza della trasformazione F della piastra, la temperatura
trasformata T

() = T(F
1
()).
516 appunti di metodi matematici della fisica
Il bordo forma un tuttuno con la piastra circolare, si dovr quindi
considerare

= F() come il valore al bordo di una trasformazione


z

= F(z) del disco unitario in se stesso. Se si richiede che F sia ana-


litica, di modo che T

() sia armonica, si trova chela trasformazione


cercata la trasformazione swap (20.25),
z

= F(z) =
z a
az 1
.
Mostriamo che la (21.44) soddisfatta per
z

=
z a
az 1
, [z[ = 1
(cio sulla circonferenza di raggio 1). Osserviamo che dz = izd e
dz

= iz

, per cui
d

d
=
z
z

dz

dz
.
Ma
dz

dz
=
1 +[a[
2
(az 1)
2
e
z
z

= z
az 1
z a
Poich per [z[ = 1 , [az 1[ = [z a[ , ne segue la formula (21.44).
0
a
Z
Z

Figura 21.10: Costruzione geometrica di


z z

sul cerchio.
Applicando adesso il teorema della media alla temperatura trasfor-
mata, dalla (21.45) otteniamo
T(a) = T

(0) =
1
2
_

()d ,
In questo modo, abbiamo ricondotto la soluzione del problema
originario al calcolo della media di Gauss della distribuzione di
temperatura trasformata.
Per capire il signicato geometrico di questa trasformazione, consi-
deriamo la distribuzione di temperatura in cui la met superiore del
cerchio a 0
0
e quella inferiore a 100
0
. Leffetto della trasformazione
sui punti che stanno sul cerchio quello mostrato in gura 21.10: un
punto Z si trasforma nel punto Z

, estremo delle corda che passa


per Z e per a (per una dimostrazione di questo, si veda lesercizio
20.15). Con questa costruzione, il contributo della parte lontana ri-
sulta correttamente ricalibrato: per trovare la temperatura in z = a si
trasporti ciascuna temperatura sul cerchio unitario nel punto diretta-
mente opposto come visto da z = a, quindi si prenda la media della
distribuzione di temperatura cos ottenuta; vedere la gura 21.11.
21.7 Soluzione di Sommerfeld del problema di Keplero
Il problema di Keplero del moto di un corpo di massa m in un campo
centrale k/r pu essere risolto in termini di variabili azione-angolo.
Risolvendo lequazione di Hamilton-Jacobi in coordinate sferiche
miscellanea di applicazioni 517
a
0 = a

Figura 21.11: A sinistra: la met su-


periore del bordo del cerchio a 0
0
e
quella inferiore a 100
0
. Le temperature
della met superiore del cerchio sono
trasportate in quella inferiore secondo
la regola descritta nella gura 21.10.
A destra: la temperatura in a per la
data distribuzione (met superiore del
cerchio a 0
0
, met inferiore a 100
0
la
temperatura media (cio la temperatura
nel centro del disco) della distribuzione
sul cerchio ottenuta con la costruzione
della gura a sinistra.
(r, , ), e separando le variabili, si ottiene una forma integrale delle
variabili dazione J

, J

e J
r
. Per la variabile dazione radiale si trova
J
r
=
_
p
r
dr =
_

2mE +
2mk
r

(J

+ J

)
2
4
2
r
2
dr (21.46)
dove E lenergia, assunta negativa (stato legato), lintegrazione su
un orbita con perielio r
1
e afelio r
2
. Linteresse in questo integrale sta
nel fatto che se riusciamo ad esprimere lenergia E in termini delle
variabili dazione, cio se determiniamo lhamiltoniana H = E in
funzione di J

, J

e J
r
, possiamo determinare le frequenze del moto,
sulla base dellequazione

i
=
H
J
i
Sommerfeld, che contribu molto allo sviluppo della vecchia mec-
canica quantistica la Bohr, basata su condizioni di quantizzazione
_
p
i
dq
i
= n
i
h per gli integrali dazione , risolse lintegrale (21.46), con
i metodi dellanalisi complessa.
1. Siete in grado di fare altrettanto ? (Come aiuto, si tenga presente
che perielio e afelio sono punti di diramazione e che conviene
prendere un taglio tra di loro e ... )
2. Fatto questo, dovreste poter vericare che c una sola frequenza
del moto e che il periodo dato da
T = k
_
m
2E
3
[Si veda il libro di Goldstein di meccanica classica.]
518 appunti di metodi matematici della fisica
21.8 Equazione delle onde
Consideriamo lequazione delle onde nel caso in cui una forza ester-
na f (x, t) applicata alla corda ed presente un termine di smorza-
mento (equazione del telegrasta (6.13)). Allora lequazione del moto Nel caso di onde acustiche o onde
elettromagnetiche , il termine forzante
f (x, t) interpretato come sorgente del
campo u(x, t).
per lo spostamento verticale y = u(x, t) soddisfa lequazione non
omogenea
1
c
2

2
u
t
2
=

2
u
x
2
2
u
t
+ f (x, t) (21.47)
Per semplicit, usiamo unit di misura in cui c = 1.
Come nel caso delle equazioni lineari ordinarie, data una soluzio-
ne particolare della (21.47), possibile ottenere unaltra soluzione
aggiungendo una soluzione dellequazione omogenea (6.12). La pro-
cedura per trovare una soluzione della (21.47) la seguente. Si ssino
i dati iniziali
u(x, 0) = q(x) e
t
u(x, 0) = p(x) .
Quindi si trovi una qualunque soluzione u
p
(x, t) della (21.47). Si os-
servi che non c bisogno che u
p
(x, t) soddis i dati iniziali. A questo
punto, si risolva lequazione omogenea associata con dati iniziali
u
o
(x, 0) = a(x) u
p
(x, 0) e
t
o(x, 0) = b(x)
t
p(x, 0) .
Lunica soluzione della (21.47) che soddisfa i dati iniziali
u(x, t) = u
o
(x, t) + u
p
(x, t) .
Si osservi che sbagliato parlare di la soluzione particolare: ce ne
sono quante vogliamo! Il metodo sopra descritto d unicit per la
soluzione u, ma non per u
o
e u
p
presi individualmente.
Sappiamo come trovare la soluzione dellomogenea per date con-
dizioni iniziali (equazione (11.2)). Concentriamoci dunque sul pro-
blema di trovare una soluzione particolare. Un metodo comune per
trovare una soluzione particolare u(x, t) della (21.47) mediante
analisi di Fourier (per comodit, eliminiamo il pedice p).
Usando le convenzioni (16.5) e (16.6),
u(x, t) =
1
(2)
2
_

U(k, )e
i(kxt)
ddk , (21.48)
U(k, ) =
_

u(x, t)e
i(kxt)
dxdt (21.49)
trasformando secondo Fourier la (21.47) rispetto allo spazio e al
tempo, otteniamo

2
U(k, ) = k
2
U(k, ) + i2 + F(k, ) ,
miscellanea di applicazioni 519
da cui
U(k, ) =
F(k, )

2
i2 + k
2
. (21.50)
Per il teorema di convoluzione,
u(x, t) =
_

G (x y, t s)F(y, s)dyds , (21.51)


dove
G (x, t) =
_

_
_

e
it

2
i2 + k
2
d
2
_
e
ikx
dk
2
. (21.52)
Lintegrale

G (k, t) =
_

e
it

2
i2 + k
2
d
2
. (21.53)
lintegrale (16.41) per
0
= [k[, che stato risolto nellesempio
19.7. Dalla (19.22) otteniamo

G (k, t) = e
t
sin [k[t
[k[
u(t) = e
t
sin kt
k
u(t) .
Usando lesempio 16.4 possiamo invertire la trasformata di Fourier
rispetto a k e ottenere
G (x, t) =
1
2
e
t
u(t)
[t, t]
(x) .
Se ripristiamo unit di misura standard con velocit di propaga-
zione delle onde c ,= 1, allora
G (x, t) =
1
2c
e
c
2
t
u(t)
[ct, ct]
(x) (21.54)
A parole: G (x, t) la funzione che vale 0 per t 0 e vale 1/(2c)e
c
2
t
per t > 0 e x compreso tra ct e ct. Sostituendo nella (21.51), trovia-
mo la soluzione particolare cercata come integrale di convoluzione
u(x, t) = G c
2
f (x).
Analizziamo questa soluzione nel caso in cui la dissipazione sia
trascurabile, cio nel caso in cui = 0 e u soluzione dellequazione
non omogenea delle onde
1
c
2

2
u
t
2
=

2
u
x
2
+ f (x, t) . (21.55)
Allora
u(x, t) =
c
2
_
t

[c(ts), c(ts)]
(x y) f (y, s)dyds (21.56)
=
c
2
_
t

_
x+c(ts)
xc(ts)
f (y, s)dyds . (21.57)
520 appunti di metodi matematici della fisica
s + ds
s
(x, t)
x c(t s) x + c(t s)
x
t Figura 21.12: Il campo
u(x, t) =
c
2
_
t

ds
_
x+c(ts)
xc(ts)
f (y, s)dy
in un dato punto (x, t) dello spazio-
tempo dipende soltanto dai valori del
termine forzante (o sorgente) nei punti
che si trovano nel cono dombra pas-
sato del punto. Questo cono o regione di
inuenza delimitato dalle rette carat-
teristiche di pendenza 1/c e 1/c che
passano per il punto (x, t): nella gura
la regione colorata in grigio. Questo
cono il dominio di integrazione. La
regione colorata in blu dove la sorgen-
te u(x, t) non nulla, cio il supporto
spaziotemporale della sorgente. Con-
tribuisce al valore del campo nel punto
(x, t) soltanto quella parte del supporto
della sorgente che nella regione di
inuenza. Il contributo
ds
_
x+c(ts)
xc(ts)
f (y, s)dy
allintegrale quello di una striscia di
spessore ds (colorata in grigio scuro
in gura). Sommando i contributi di
tutte le striscie, per s che varia tra
e t, si ottiene il valore del campo p nel
punto (x, t). Naturalmente, il contributo
delle striscie sotto il supporto della
sorgente nullo.
Si lascia come esercizio il mostrare che quando questa espressione
sostituita nella (21.55), lequazione risulta soddisfatta.
Il signicato geometrico della soluzione trovata illustrato in
gura 21.12.
Determiniamo adesso la soluzione completa della (21.55). Suppo-
niamo che la sorgente f (x, t) venga accesa ad un qualche istante, in
modo tale che per t minore di un qualche tempo t
0
sia nulla. Chia-
ramente, da un punto di vista sico, questa non una restrizione
signicativa. Per comodit scegliamo questo tempo t
0
come origine
per lasse dei tempi, esattamente come in gura 21.12.
Allora, essendo f (x, t) = 0 per t 0, si avr anche che per t 0
p(x, t) nulla ed nulla sua derivata (per t 0 la funzione iden-
ticamente nulla, si veda la gura 21.13). Possiamo allora prendere,
come soluzione dellomogenea associata, la soluzione
u
o
(x, t) =
1
2
[q(x ct) + q(x + vt)] +
1
2c
_
_
x+ct
xct
p(x) dx
_
scaricando in questo modo i dati iniziali q(x) e p(x) sulla soluzione
dellomogenea. La soluzione completa della (21.55) dunque
u(x, t) =
1
2
[q(x ct) + q(x + ct)] +
1
2c
_
_
x+ct
xvt
p(x) dx
_
+
c
2
_
t
0
ds
_
x+c(ts)
xc(ts)
f (y, s)dy , (21.58)
Il limite inferiore dintegrazione stato posto a zero perch abbiamo
assunto che la funzione f sia nulla per t < 0.
miscellanea di applicazioni 521
(x, 0)
x
t
Figura 21.13: Se la sorgente nel futuro
(t > 0), la funzione u
p
(x, 0) identica-
mente nulla (per cui, in particolare,
nulla anche la sua derivata rispetto al
tempo).
Figura 21.14: Se la sorgente (o forzante)
localizzata spaziotemporalmente
nella regione colorata in blu, la sua
regione di inuenza il cono (colorato
in grigio) nel futuro. Questo leffetto
causale determinato da G (x, t).
Come si verica facilmente, la funzione
u(x, t) =
c
2
_
t
0
ds
_
x+c(ts)
xc(ts)
f (y, s)dy
si annulla per t = 0 e cos fa la sua derivata
t
u(x, 0), anche quando
f (x, t) ,= 0 per t 0. Ma allora (21.58) in effetti la soluzione
completa della (21.55) per un termine forzante f (x, t) generico.
21.9 Flussi irrotazionali di uidi perfetti nel piano
522 appunti di metodi matematici della fisica
Problemi
Problema 21.1. Usando la formula di inversione
della trasformata di Laplace, calcolare:
1.
/
1
_
1
(s
2
+1)
2
_
[
1
2
(sin t t cos t)]
2.
/
1
_
e
a

s
s
_
[1 erf
_
a/2

2
_
]
miscellanea di applicazioni 523
Soluzioni
Problema 21.1.
(I) Dobbiamo calcolare
/
1
_
1
(s
2
+1)
2
_
Si ha
1
(s
2
+1)
2
=
1
(s + i)
2
(s i)
2
.
La trasformata di Laplace inversa la somma dei residui di
e
st
(s
2
+1)
2
nei poli i che sono ciascuno di ordine 2. Il residuo in s = i
lim
si
d
ds
_
(s i)
2
e
st
(s
2
+1)
2
_
=
1
4
te
it

1
4
ie
it
.
Il residuo in s = i
lim
si
d
ds
_
(s + i)
2
e
st
(s
2
+1)
2
_
=
1
4
te
it

1
4
ie
it
.
(che si sarebbe potuto anche ottenere direttamente dal residuo
in s = i, sostituendo i con i). Allora

Res =
1
4
te
it

1
4
ie
it

1
4
te
it

1
4
ie
it
=
1
2
t cos t +
1
2
sin t =
1
2
(sin t t cos t)
(II) Essendo s = 0 un punto di diramazione, si pu applicare la
formula di inversione
F(t) = /
1
f (t) =
1
2i
_
L
e
zt
f (z)dz =
1
2i
_
L
e
zta

z
z
dz ,
a patto di usare il contorno della gura ??, che riportiamo a
lato.
Si osservi che il taglio per la radice tra e 0: appena sopra
il taglio, lungo M, z = e
i
[x[ e

z =
_
[x[e
i/2
= i
_
[x[; appena
sotto il taglio, lungo N, z = e
i
[x[ e

z =
_
[x[e
i/2
=
i
_
[x[.
M
N
L
C

R
C
+
R
Poich la funzione analitica allinterno del contorno, si ha
_
L
=
_
_
C
+
R
+
_
M
+
_
C

+
_
N
+
_
C

R
_
524 appunti di metodi matematici della fisica
Nel limite R i due integrali
_
C
+
R
e
_
C

R
danno contributo
nullo. Valutiamo i tre integrali rimanenti, nel limite R e
0.
_
M
e
zta

z
z
dz =
_
0

e
xe
i
a(xe
i
)
1/2
x
dx =
_
0

e
xtai

x
x
dx
_
N
e
zta

z
z
dz =
_
0

e
xe
i
a(xe
i
)
1/2
x
dx =
_
0

e
xt+ai

x
x
dx
_
C

e
zta

z
z
dz = i
_

e
(e
i
)ta

e
i/2
d 2i per 0
Ne segue che
F(t) =
1
2i
_
L
=
1
2i
_
_
M
+
_
C

+
_
N
_
= 1
1

_

0
e
xt
sin a

x
x
dx .
Poniamo
I =
1

_

0
e
xt
sin a

x
x
dx .
Mediante sostituzione x = u
2
, I diventa
I =
2

_

0
e
u
2
t
sin au
u
du .
Derivando rispetto a a, otteniamo
I
a
=
2

_

0
e
u
2
t
cos audu =
2

t
e
a
2
/4t
_
=
1

t
e
a
2
/4t
.
Quindi, usando la condizione I = 0 per a = 0,
I =
_
a
0
1

t
e
a
2
/4t
=
2

_
a/(2

t)
0
e
u
2
du = erf
_
a
2

t
_
.
Allora
F(t) = 1 erf
_
a
2

t
_
= erfc
_
a
2

t
_

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