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Corso multimediale del Dott. Maurizio Matteo Dcina www.economiapolitica.

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Maurizio matteo decina
Laurea in Economia con 110/110 & Lode, MBA e Dirigenza in varie aziende
Attualmente Vicepresidente dei Piccoli azionisti di Telecom Italia














Corso multimediale
di economia politica
PARTE SCRITTA
LEZIONI 1-10 (microeconomia)





Leconomia politica non e
mai stata cosi semplice



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Introduzione
al corso di economia politica pi semplice
della storia




Gli appunti di Economia Politica devono essere in primo luogo semplici, chiari e
ultra comprensibili. Devono essere nuovi, aggiornati, e relazionati ad esempi reali.
Parole come I nternet e commercio elettronico sono completamente sconosciute nel
mondo accademico, in questo non ci sono quasi mai riferimenti al mondo reale. Le
curve, le formule, le frasi ad effetto dei pi grandi economisti, che vengono riciclate
da ormai duecento anni con le solite costruzioni logico-matematiche, sembrano dei
monumenti fissi ed immutabili quando al contrario Tutto Scorre ed in eterno
mutamento.
Bisogna dunque spiegare lEconomia in maniera diversa, e certamente pi
avvincente, in modo tale da guadagnarsi la stima dello studente.
LEconomia oramai diventata un mostro spietato ed invincibile, dalle molte
forme, con la capacit di controllare e decidere le sorti di tutto ci che esiste.
Arte, letteratura, musica, diritto sono forse discipline libere da ogni implicazione di
carattere socioeconomico? Certamente No. Ma proprio per questo allora che un
corso deve anche essere profondo. Deve contenere tutto il patrimonio culturale che
ci portiamo dietro e deve indurre lo studente alla riflessione, al pensiero, alla pura
astrazione filosofica; in modo tale che questultimo sia in grado un giorno di
utilizzare questi strumenti metodologici per il buon governo delle cose (inteso non
come cieca accumulazione della ricchezza ma piuttosto come equilibrato sviluppo
del benessere complessivo).
I n questa sede si tenter il pi possibile di seguire questi tre criteri guida, e spero
che il risultato sia apprezzato dagli studenti, i quali saranno in primo luogo i giudici
di quetopera.
Ci scusiamo in via preventiva per i numerosi errori tecnici e di stile che si possono
incontrare. Questi sono dovuti essenzialmente alla fretta e soprattutto al grande
entusiasmo con il quale stato affrontato questo lavoro che essendo propedeutico
al materiale multimediale stato scritto in tempi cortissimi (la notte o il fine
settimana nei frammenti di tempo disponibile); spero dunque che il lettore sia
comprensivo. Le dispense scritte devono essere considerate come poco pi di una
bozza a supporto delle lezioni multimediali.
Ora, visto che tutti dedicano la propria opera a qualcuno, mi toccher anche a me
farlo, e con il permesso dei lettori non mi priver certo di questa posa.

A Eugenia e Nastya

Roma, Agosto 2000

Ultima edizione Marzo 2013




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1.1 Storia dei sistemi economici

Il nostro sistema economico si basa sul meccanismo del mercato in base al quale
la produzione, i prezzi ed i redditi dipendono dal confronto tra domanda ed
offerta. Ma i sistemi economici non si sono sempre basati sul principio del mercato,
anche se il mercato come luogo fisico di scambio sempre esistito fin dallorigine dei
tempi.
Ma andiamo con ordine. Tanto per iniziare il termine economia deriva dal greco ed
composto da oikio, che significa casa, e da vooo che significa regola. Il termine
alla lettera significa gestione degli affari domestici, ma pi in senso lato pu essere
inteso come sistema di sopravvivenza.
Finora, nel corso della storia, si sono verificati tre grandi sistemi economici o modi di
produzione:

- Il sistema antico
- Il sistema feudale
- Il sistema capitalista

Il sistema economico antico vero e proprio ha origine con la nascita del surplus,
ovvero la quota di prodotto eccedente il livello di sussistenza. Gli uomini del
paleolitico inizialmente cacciavano il giusto necessario per sfamare se stessi e la
propria prole. Ma in seguito allintroduzione dellagricoltura iniziarono a produrre pi
di quello che era il fabbisogno necessario alla sussistenza della collettivit. Questo ha
fatto s che una parte della produzione fosse destinato ad altri scopi.
Da questo momento inizia la divisione degli uomini in classi poich questa parte di
plusprodotto viene utilizzata per alimentare una nuova classe di uomini, impiegata
non direttamente nella produzione agricola, ma nelle prime opere di irrigazione dei
fiumi, nei primi e rudimentali strumenti di amministrazione e controllo, nellarte della
guerra e nelle attivit artistiche e divinatorie. Questa seconda classe prende il
sopravvento sulla prima. Si sviluppano le religioni, iniziano le guerre e con esse
nascono gli schiavi.
Il fattore produttivo chiave in questa prima fase del sistema economico il fattore
Lavoro. Il modo di produzione si basa infatti sullo sfruttamento dei lavoratori. C
una classe dominante di guerrieri e sacerdoti, improduttiva, e c una classe di
lavoratori, il pi delle volte schiavi o in semilibert, dedita alla produzione dei beni.
Con la caduta dellimpero romano il sistema economico subisce un cambiamento:
viene meno il sistema di controllo e repressione centralizzato e basato sulla potenza
degli eserciti. Gli uomini diventano liberi, ma sono ora costretti a lavorare per i
proprietari terrieri. Il fattore produttivo chiave in questa seconda fase la Terra. Il
feudatario concede parti delle sue terre ad altri piccoli feudatari che a loro volta la
concedono ai contadini o servi della gleba, i quali pur essendo liberi hanno lobbligo
di produrre quote di prodotto per i proprietari terrieri.
Se nellet feudale il controllo da parte del potere militare viene meno come si
realizza la repressione delle masse? Secondo molti storici c un altro strumento di
potere e coercizione: la religione. Ma con la scoperta dei nuovi metodi di aratura e
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con lincremento demografico il sistema subisce ulteriori mutazioni. Leconomia
chiusa dellet medioevale, basata sulla sola produzione agricola, inizia ad aprirsi alla
produzione artigianale. Nasce una nuova classe sociale: la borghesia. Con le scoperte
geografiche si sviluppano i commerci, fino a quando con le innovazioni tecnologiche
(macchina a vapore, telaio,..) questa nuova classe, che basa la sua ricchezza sullo
scambio e sullaccumulazione del denaro, prende il sopravvento sullaristocrazia
terriera. Inizia il sistema basato sul Capitale, in poche parole: sul potere della moneta.
Nascono le industrie, e i contadini che lasciano le campagne per abitare nelle citt
diventano i cosiddetti proletari. In questa fase del sistema economico il fattore
produttivo caratteristico il Capitale, la somma iniziale di denaro da investire per
linizio dellattivit economica. Chi ha in mano il capitale pu costruire le industrie,
attuali strutture di produzione che producono i beni in base alle richieste del mercato.

Ma non finisce certamente cos. Lo spettacolo continua. Il sistema capitalista non
eterno, prima o poi sar sostituito come lo sono stati i precedenti. C chi ha azzardato
affrettate previsioni immaginando sistemi alternativi come ad esempio il
Comunismo. Previsioni che fino ad esso si sono rivelate erronee in quanto gli uomini
sono e saranno sempre divisi in classi. Ma c anche la possibilit di un sistema
nuovo. Basato questa volta non sullo sfruttamento del lavoro e non sulla disponibilit
di capitale, ma sulla qualit e sul grado di specializzazione del lavoro. Il terzo
millennio forse conceder ai posteri un sistema pi equo, pi efficiente, un sistema
dove gli uomini non patiranno la fame e dove non avranno il bisogno di guerreggiare
tra loro. Fattore chiave in questa fase di transizione lInformazione, attraverso la
quale si possono pianificare le attivit e si pu valorizzare il fattore lavoro, risorsa
primaria del sistema economico. Questo quarto modo di produzione, che qualcuno
identifica nella futura Economia Digitale, gi oggi ha lanciato le sue prime
rudimentali fondamenta nel sistema attuale. Ma c anche chi sostiene che lEconomia
Digitale non sia altro che uno dei tanti modi con il quale il capitalismo si ricicla, come
fosse un virus mutante che a seconda delle innovazioni tecnologiche muta forma per
restare in vita. Ai posteri lardua sentenza. A noi per il momento lo studio
dellEconomia Politica.

2.1 Il sistema di mercato

Il sistema di mercato si basa come gi detto sul libero scambio di beni e servizi. Ma
cosa si intende per mercato? Per mercato non si intende tanto il luogo fisico dello
scambio quanto la condizione di produzione. Nei precedenti sistemi economici la
produzione non dipendeva dalle decisioni dei consumatori e dei produttori ma
piuttosto dalle decisioni di una stretta minoranza di soggetti che detenevano il
controllo politico e militare. Ad esempio, nel sistema feudale i contadini producevano
i beni agricoli sotto il controllo dei proprietari terrieri. Tali beni non avevano un
prezzo, venivano consumati direttamente o al limite scambiati con prodotti artigianali.
Nel sistema di mercato la determinazione della produzione e dei prezzi dipende
da due forze: la domanda e lofferta. E dal confronto tra queste due forze che si
determinano i prezzi e i beni da produrre. Un sistema alternativo a quello di
mercato, accennato in precedenza, quello comunista (ex URSS, Cuba, Cina
Comunista, Corea del Nord). Tale sistema si basa sulla pianificazione a monte della
produzione in base ad un determinato programma economico. In un sistema
pianificato i beni ed i servizi da produrre vengono decisi dagli organi politici, e spesso
hanno un prezzo stabilito dallo Stato.
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3.1 La domanda

Tutti quanti hanno unidea di cosa possa essere la domanda di un bene. Questa la
richiesta del bene da parte dei consumatori che richiederanno una data quantit di
bene regolandosi in base al prezzo. Ma ci sono anche altri fattori che influenzano la
domanda come ad esempio il reddito disponibile, i gusti dei consumatori e la qualit
del prodotto.
Illustriamo graficamente una curva di domanda. Per far ci dobbiamo ricorrere, come
del resto faremo per tutto il proseguimento del testo, al piano cartesiano. Nella Figura
1.1 illustrato un piano cartesiano dove sulle ordinate si misura il prezzo del prodotto
e sulle ascisse la quantit domandata. Sul piano rappresentata una classica curva di
domanda dove la quantit domandata di un bene funzione del suo prezzo. In realt
nel nostro caso non si tratta di una vera e propria curva ma di una retta. Nella
terminologia economica con il termine curva si indica genericamente qualsiasi tipo di
linea sul piano cartesiano.
Introduciamo largomento con un semplice esempio, condotto con numeri casuali.
Supponiamo di dover disegnare la curva di domanda di un bene di una determinata
collettivit di persone, ad esempio motociclette, avendo a disposizione ad esempio tre
coppie di dati rilevati attraverso un sondaggio.























Figura 1.1 Curva di Domanda

Ad un prezzo di 8.000, la collettivit domanderebbe 200 motociclette. Il punto A sul
piano rappresenta infatti questa situazione. Ma se il prezzo fosse di 5.000, la
collettivit domanderebbe 500 motociclette (punto B). Se invece il prezzo fosse di
2.000 i consumatori domanderebbero 800 unit (punto C). Le tre situazioni
individuate sul piano cartesiano costituiscono tre punti della domanda del bene.
P
0 200 400
10.000
9.000
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
0
600 800
A
Q
100 300 500 700 900
B
C
D
1.000
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Unendo i punti possiamo ottenere una semplice curva di domanda (D) che indica
appunto la relazione tra prezzi e quantit domandata dai consumatori. La curva di
domanda ha pendenza negativa in quanto al diminuire dei prezzi aumenta la quantit
domandata. E opportuno non commettere il seguente errore quando si vuole
rappresentare una curva di domanda: si dice che dato un certo prezzo si ha una
determinata quantit domandata e non viceversa. Questo per via del fatto che la
quantit a dipendere dal prezzo, e non il contrario. Il prezzo la variabile
indipendente mentre la quantit la variabile dipendente, che funzione (dipende) del
prezzo.
Per il proseguimento del testo sar opportuno comprendere molto bene il
funzionamento del piano cartesiano e il fatto che una delle due variabili
indipendente mentre laltra varia in funzione delle variazioni della prima. Cerchiamo
ora di dare una spiegazione pi approfondita sulla ragione per la quale al diminuire
dei prezzi aumenta la quantit domandata di un bene. In primo luogo, si ha un Effetto
sostituzione nei confronti degli altri beni. Se il prezzo della cioccolata diminuisce
mentre quello della nutella resta invariato, i consumatori avranno vantaggio ad
aumentare il consumo di cioccolata e a diminuire quello di nutella che un bene
sostituto. Si ha in poche parole una sostituzione nellacquisto dei beni. Supponiamo
che inizialmente una tavoletta di cioccolata costi 2 mentre un barattolo di nutella costi
ugualmente 2. I consumatori ad esempio, comprerebbero 1000 tavolette e 1000
barattoli di nutella. Ma se il prezzo delle tavolette scendesse a 1, i consumatori
troverebbero pi conveniente nella scelta tra cioccolata e nutella, aumentare il
consumo di cioccolata e ridurre quello di nutella.
Si ha poi un Effetto Reddito in quanto al diminuire del prezzo di un bene, a parit di
spesa, possibile acquistare una quantit maggiore del bene. Se, ad esempio, ad un
prezzo di 2 i consumatori compravano 1000 tavolette, ora ad un prezzo di 1
potrebbero acquistarne 2000 spendendo la stessa cifra.
Effetto Reddito ed Effetto Sostituzione fanno si che al diminuire del prezzo di un bene
aumenti la quantit richiesta. Nellultimo capitolo studieremo pi approfonditamente i
due effetti ed in particolare il tema della domanda del consumatore nei confronti dei
beni di consumo .
La quantit domandata di un bene non per in funzione solamente del prezzo.
In realt come abbiamo accennato prima, la quantit richiesta dai consumatori
dipende anche da altre variabili come il reddito, i gusti dei consumatori e i prezzi
degli altri beni. Si esprime infatti che.

Q = f (P, Y, G, Px)

dove Q la quantit domandata, P il prezzo, Y il reddito dei consumatori, G i gusti
dei consumatori e Px il livello dei prezzi degli altri beni. Il termine f significa
funzione, ovvero che q dipende da P,Y,G e Px.
Nel piano cartesiano abbiamo considerato solamente due variabili, prezzi e quantit,
considerando le altre date. Ritornando al grafico 1.1, possiamo dire che lacurva D
costituita dai punti ABC la curva di domanda della quantit rispetto al prezzo,
essendo dati il reddito, i gusti dei consumatori ed i prezzi degli altri beni.
Cosa succederebbe ora alla curva di domanda se variasse uno di questi tre
elementi? La risposta semplice: si sposterebbe tutta la curva. Ad un prezzo di
8.000 i consumatori con un dato reddito acquisterebbero 200 motociclette. Ma se il
loro reddito aumentasse, al medesimo prezzo di prima, acquisterebbero una maggiore
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quantit di bene ad esempio 400 (punto A). Si passerebbe dunque dal punto A al
punto A e la curva di domanda D costituita dai punti ABC si sposterebbe verso
destra. La curva D, costituita dai nuovi punti ABC rappresenterebbe appunto la
nuova curva di domanda in seguito allaumento del reddito (Figura 2.1).
Se il reddito diminuisse succederebbe il contrario; la D si sposterebbe verso sinistra
anzich a destra. Lo stesso ragionamento pu farsi per un cambiamento dei gusti dei
consumatori od un cambiamento dei prezzi degli altri beni. Se ad esempio
cambiassero improvvisamente i gusti a favore del bene per leffetto di una massiccia
azione pubblicitaria, la curva di domanda si sposterebbe verso destra, ovvero al
prezzo di 5.000 non richiederebbero pi 200 ma richiederebbero una quantit
superiore. Lo stesso accadrebbe se i prezzi dei beni sostituti aumentassero. In questo
caso, se aumentasse il prezzo degli scooter o delle automobili, ci sarebbe un effetto
sostituzione a favore della motociclette.























Figura 2.1 Spostamenti della Curva di Domanda

Occorre specificare infatti che ci possono essere due tipi di beni: beni sostituti o
succedanei e beni complementari. I beni sostituti come dice il termine sono beni
sostituibili come ad esempio il the ed il caff, la cioccolata e la nutella, il burro e la
margarina, i biscotti e le fette biscottate e nel nostro caso motociclette ed autovetture
o automobili tipo smart. Mentre al contrario i beni complementari vanno consumati
congiuntamente; il cacao un bene complementare del latte, come la benzina
complementare alle automobili.
E facilmente comprensibile che laumento del prezzo della benzina non abbia alcun
effetto sulla quantit domandata di margarina. Lo stesso non potrebbe dirsi se invece
aumentasse il prezzo del burro; in questo caso diventerebbe pi vantaggioso
acquistare margarina. Nel caso dei beni complementari il discorso si inverte in quanto
laumento della quantit domandata di un bene comporta un conseguente aumento
P
Q
A
B
C
A
B
C
D D
0 200 400
10.000
9.000
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
0
600 800 300 500 700 900 1.000 100
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della quantit del bene complementare (pi latte = pi cacao) e non viceversa come
nel caso di beni sostituti (pi cioccolata = meno nutella).

Ora siamo in grado di fare una importante distinzione: spostamenti sulla curva e
spostamenti della curva. Nel primo caso ci si sposta lungo la curva, da A a B (Figura
1.1), quando il prezzo varia. Nel secondo caso, quando i prezzi non variano, ma ad
esempio variano le altre componenti che influenzano la domanda (reddito, gusti,
prezzi degli altri beni), si sposta lintera curva di domanda verso destra o verso
sinistra (Figura 2.1).

4.1 LOfferta

LOfferta la quantit di un bene che le imprese produrranno a un determinato
prezzo. Anche in questo caso la quantit offerta dipende dal prezzo, e non viceversa.
Allaumentare del prezzo la quantit offerta aumenta poich gli imprenditori sono
incentivati a produrre quei beni il cui prezzo garantisce un margine di profitto pi
elevato. Se per via del caro benzina o di una legge che limiti lutilizzo di automobili,
si avesse ad esempio un esplosione della domanda di biciclette, il prezzo andrebbe
alle stelle e tantissime imprese si metterebbero a produrre biciclette attratte dal buon
prezzo. In linea generale accettiamo per buona la dipendenza tra quantit offerta e
prezzo; nei capitoli che seguono capiremo meglio la natura di tale relazione studiando
i costi delle imprese.
La figura 3.1 indica una classica curva di offerta dove allaumentare del prezzo di un
bene aumenta la quantit offerta. Come per la quantit domandata anche la quantit
offerta dipender da altri fattori come i costi dei fattori produttivi (salario, costo del
capitale, costi delle materie prime) e il progresso tecnico. Anche in questo caso un
cambiamento degli altri fattori comporter uno spostamento della curva.
Limprenditore terr infatti in considerazione non solo il prezzo del bene ma anche i
costi dei fattori produttivi e le tecniche di produzione in quanto il suo scopo ultimo
quello del profitto. Cerchiamo di fare un esempio analogo a quello che abbiamo
condotto per spiegare gli spostamenti della curva di domanda. Ad un prezzo di 2.000
le imprese produrrebbero 200 motociclette (punto D).
Ma se il prezzo aumentasse a 8.000 le imprese produrrebbero ad esempio 800 unit
(punto G). La Curva O, costituita dai punti DFG, indica appunto la relazione tra
prezzo dato e conseguente quantit offerta (Figura 3,1). Se i costi delle materie prime
o del lavoro diminuissero o se ci fossero nuove e migliori tecniche di produzione
(progresso tecnico) la curva di offerta si sposterebbe verso destra (Figura 4.1). Ad un
prezzo di 2.000 i produttori, anzich produrre 200 unit, produrrebbero ad esempio
400 unit. Se infatti i costi di produzione si dimezzassero, con lo stesso costo si
potrebbe produrre una quantit doppia indipendentemente dalla variazione del prezzo
di mercato. Lo stesso accadrebbe se si introducesse una innovazione tecnologica che
consentisse di raddoppiare il prodotto con la stessa quantit di fattori produttivi.
Anche in questo caso si pu esprimere che:

Q = f (P, C, PT)

ovvero che la quantit offerta dipende dal prezzo del bene, dai costi dei fattori di
produzione (C) e dal progresso tecnico (PR).

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Figura 3.1 Curva di Offerta
























Figura 4.1 Spostamenti della curva di Offerta
G
D
F
O
P
Q
0 200 400
10.000
9.000
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
0
600 800 300 500 700 900 1.000 100
G
D
F
O
D
F
G
O
P
Q
0 200 400
10.000
9.000
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
0
600 800 300 500 700 900 1.000 100
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5.1 Lequilibrio del mercato

Abbiamo fin qui assunto che la quantit domandata e quella offerta dipendano dal
prezzo (fermo restando tutti gli altri fattori). Il prezzo si determiner
automaticamente in base alluguaglianza tra domanda ed offerta. Se il prezzo
fosse troppo alto si avrebbe un eccesso di offerta (i produttori producono pi di quello
che i consumatori domandano), i prodotti rimarrebbero invenduti ed i produttori pur
di vendere abbasserebbero il prezzo. Nel caso contrario, quando il prezzo fosse
troppo basso, si avrebbe un eccesso di domanda (i consumatori domandano pi di
quello che stato offerto) e i prodotti andrebbero a ruba. I produttori aumenterebbero
di conseguenza il prezzo del bene.























Figura 5.1 Equilibrio del Mercato

Nella figura 5.1 sono rappresentate le due curve. Si vede chiaramente che se il prezzo
iniziale fosse 8.000 la quantit offerta sarebbe 800 mentre quella domandata 200. In
questo caso si avrebbero 600 motociclette invendute. Per vendere la quantit
invenduta i produttori abbasserebbero il prezzo. Ma fino a che punto scenderebbe il
prezzo? Fino a quel livello che assicurerebbe ai produttori di vendere completamente
tutta la loro produzione. Se invece il prezzo iniziale fosse 2.000 la quantit offerta
sarebbe 200 mentre quella domandata 800 ed accadrebbe perfettamente il contrario.
Ci sarebbe un eccesso di domanda di 600. In questo caso, essendo state prodotte
solamente 200 unit con una richiesta di 800, si metterebbe in moto una piccola
guerra tra consumatori per aggiudicarsi le motociclette con la conseguenza di un
aumento dei prezzi da parte dei produttori. Anche in questo caso il prezzo salir fino
al punto in cui leccesso di domanda finir. Prezzo di equilibrio e quantit di
P
Q
0 200 400
10.000
9.000
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
0
600 800 300 500 700 900 1.000 100
O
D
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equilibrio si determinano dunque con il confronto tra domanda ed offerta nel punto di
incrocio, e qualora il mercato si trovasse in una situazione di disequilibrio (eccesso di
domanda o di offerta) ci sarebbe un meccanismo automatico capace di assicurare
luguaglianza tra domanda ed offerta fino al punto di incrocio (punto E)
Chi avr seguito attentamente sar in grado di dire cosa succeder al prezzo ed alla
quantit di equilibrio se ad esempio ci fossero degli spostamenti delle due curve; il
meccanismo non cambia in quanto il prezzo di equilibrio si trover sempre in
corrispondenza dellincrocio delle due nuove curve.


























Figura 6.1 Equilibrio del mercato

Nella Figura 6.1 rappresentato il grafico standard che tutti i manuali riportano. Il
grafico perfettamente identico a quello della figura 5.1. Le uniche differenze si
hanno nella simbologia. Con p* viene indicato il prezzo di equilibrio (nel nostro
esempio 5.000) e con q* viene indicata la quantit di equilibrio (nel nostro esempio
500). Ad un prezzo p2 superiore la quantit offerta q2 maggiore di quella
domandata q1 e si ha dunque un eccesso di offerta. Ad un prezzo p1 inferiore la
quantit domandata q2 superiore a quella offerta e si ha dunque un eccesso di
domanda. Nella realt di solito la determinazione di prezzi e quantit avviene con il
meccanismo del libero mercato che appunto quello che abbiamo appena descritto,
ma ci sono dei mercati in cui ad esempio il prezzo fissato in altro modo (ad esempio
per legge). In questo caso se tale prezzo non coincide con quello di mercato si ha un
disequilibrio tra la quantit offerta e quella domandata.

P
Q
D
q1
p1
p2
q2 q*
O
A
C
D
B
E
p*
Eccesso di Offerta
Eccesso di Domanda
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2.1 La produttivit marginale e la legge dei rendimenti decrescenti

Allinizio del primo capitolo si fatto cenno sui diversi fattori produttivi e sul ruolo
che hanno giocato nelle diverse fasi della storia economica. Abbiamo anche auspicato
limportanza che giocher in futuro linformazione, quarto fattore produttivo dopo il
lavoro, la terra ed il capitale. Ma ognuno di questi fattori se impiegato senza gli altri
non avrebbe alcun valore.
Gli agricoltori non possono produrre senza la terra o gli operai senza le macchine,
cos come terra e capitale sarebbero improduttive senza il lavoro. Ogni fattore
produttivo ha un suo specifico apporto nel processo produttivo che dipende dalle
diverse quantit dei fattori impiegate nel processo. Entriamo subito nellargomento
con un semplice esempio che chiarisce le relazioni di produttivit intercorrenti tra i
fattori produttivi. Anche in questo caso i numeri sono puramente casuali.
Consideriamo due fattori, terra e lavoro, e supponiamo che uno dei due sia fisso
mentre laltro sia variabile. Nel nostro caso supponiamo una quantit fissa di terra, ad
esempio 100 metri quadrati , ed un numero variabile di lavoratori da impiegare
progressivamente su questo tratto di terra.
Si suppone che il primo lavoratore impiegato nel processo produttivo produca 40
barbabietole. Ma se i lavoratori fossero due, produrrebbero ad esempio 90
barbabietole e lapporto aggiuntivo del secondo sarebbe costituito da 50 barbabietole.
In media i due avrebbero prodotto 45 barbabietole a testa.
Inizialmente, laggiunta di nuovi lavoratori nel processo produttivo pu comportare
rendimenti crescenti, in quanto la produttivit dei lavoratori aggiuntivi pu crescere.
Ci pu dipendere dal fatto che i lavoratori possono riuscire a raggiungere una
migliore organizzazione dividendosi i compiti. La specializzazione fa si che il
prodotto cresca pi che proporzionalmente rispetto allaumentare del numero di
lavoratori impiegato. Ma successivamente, prevale quasi sempre la legge dei
rendimenti decrescenti secondo la quale, allaumentare della quantit di un
fattore produttivo abbinato ad un altro fattore fisso, il prodotto aggiuntivo
generato dallunit addizionale di fattore via via decrescente.
Supponiamo di aggiungere progressivamente lavoratori in quei 100 metri quadrati di
terra. Se fossero tre i lavoratori lavorerebbero ancora bene e produrrebbero ad
esempio 130 barbabietole. Ma quando i lavoratori diventano quattro cinque o sei
iniziano a sovrautilizzare quel piccolo pezzo di terra che pi di un certo numero di
barbabietole non pu dare. Qualora poi i lavoratori superassero la decina ci sarebbero
addirittura problemi logistici e i lavoratori si darebbero le zappate sui piedi non
essendoci pi spazio. Si capisce intuitivamente che dopo un certo numero di
lavoratori, allaumentare di questi il prodotto aggiuntivo che ciascuno apporta via
via decrescente fino ad essere addirittura negativo. Il centesimo lavoratore aggiunto
nei 100 metri quadrati di terra non solo non sar in grado di produrre ma sar di
intralcio per gli altri e il suo apporto sar deleterio. Nella tabella che segue cerchiamo
di sintetizzare quanto detto. Nella prima colonna figura il numero dei lavoratori via
via inseriti nel processo di produzione, nella seconda il prodotto totale che tutti
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insieme hanno generato, nella terza il prodotto aggiuntivo o marginale che indica
quello che lapporto dellultimo lavoratore aggiunto nel processo produttivo e nella
quarta il prodotto medio (prodotto totale/numero di lavoratori) che indica quanto in
media ha prodotto un singolo lavoratore. Il termine marginale un sinonimo di
aggiuntivo.





















TABELLA 1.2

In sintesi, il prodotto marginale non sarebbe altro che lincremento del prodotto
totale che si ottiene aggiungendo una unit in pi di fattore produttivo (nel nostro
caso un lavoratore in pi) combinato con un altro fattore produttivo fisso (nel
nostro caso la Terra).
Nel grafico sottostante riportiamo i valori del prodotto marginale del lavoro (PmL) e
si vedr che questo, salvo il primo tratto iniziale, decrescente per la legge dei
rendimenti decrescenti di cui abbiamo discusso in precedenza. La figura indica che
dal secondo lavoratore in poi il prodotto marginale diminuisce. In questo grafico
come i lettori avranno capito la variabile indipendente il numero di lavoratori (L)
mentre il prodotto marginale (PmL) la variabile dipendente. In altri termini il grafico
si legge cos: dati tre lavoratori il prodotto marginale (ovvero lapporto del terzo
lavoratore) 40, dati quattro lavoratori il prodotto marginale 30.

Quello che illustriamo in questi grafici cos come in quelli successivi sono
semplicemente degli esempi teorici cosicch i numeri sono puramente casuali
(nessuno pu dire quante barbabietole produrranno 3 lavoratori in un campo di 100
metri quadrati, ma verosimilmente si pu affermare che allaumentare dei lavoratori il
prodotto marginale, qualunque esso sia, salvo un primo tratto decrescente).
La Figura 2.2 la stessa che di solito propongono la maggior parte dei manuali, in
alcuni di questi non figura per il primo tratto crescente della curva del prodotto
marginale (Pm) in quanto non si prende in considerazione la possibilit che allinizio
Lavoratori
Prodotto
medio
Prodotto
marginale
6
1
2
3
4
5
40
90
130
160
180
190
40
45
43,3
40
36
31,7
Prodotto
totale
40
50
40
30
20
10
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prevalgano rendimenti crescenti i in seguito alla migliore specializzazione e
allocazione delle risorse.


























Figura 1.2 I l prodotto marginale di un fattore produttivo

Nella Figura 2.2 si vede chiaramente che da un certo punto in poi il prodotto
marginale inizia a decrescere (nel nostro esempio a partire dal terzo lavoratore).
Prima di tale punto si hanno rendimenti crescenti in quanto laggiunta di nuovi
lavoratori comporta un incremento del prodotto totale pi che proporzionale in quanto
il prodotto dellultimo lavoratore maggiore di quello dei precedenti.
Successivamente prevale la legge dei rendimenti decrescenti decrescente, in quanto
laggiunta di nuovi lavoratori comporta un incremento del prodotto totale meno che
proporzionale in quanto il prodotto dei lavoratori aggiuntivi inferiore a quello dei
precedenti. Il prodotto medio indica quanto in media produce un lavoratore. Il
prodotto medio (PM) dipender ovviamente dal prodotto marginale.
Nel grafico che abbiamo illustrato si vede che il prodotto marginale interseca il
prodotto medio nel suo punto massimo. Questo dipende dalla relazione intercorrente
tra PM e Pm. Supponiamo che uno studente allinizio prenda di seguito i seguenti
voti: 25, 26, 27, 28. Man mano che supera gli esami la sua media cresce. Dopo il
primo esame la media sar ovviamente 25, dopo il secondo sar 25,5, dopo il terzo
sar 26 e cos via. Fintanto che i voti aggiuntivi (marginali) crescono la media
crescer, ma la media crescer comunque fintanto che i voti marginali saranno
superiori alla media anche se questi sono decrescenti.


PmL
L
1 2 3
50
40
30
20
10
0
4 5 6
PmL
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Figura 2.2 Prodotto marginale, prodotto medio e prodotto totale di un fattore
produttivo

Ma quando invece i voti aggiuntivi (marginali) scendono sotto la media, la media
inizier a scendere. Nel nostro caso fintanto che il prodotto marginale superiore al
prodotto medio, il prodotto medio crescer, quando il prodotto marginale scende sotto
la media, il prodotto medio inizier a scendere. Ed proprio per questo che il prodotto
marginale interseca il prodotto medio nel suo punto di massimo.
Nella mente del lettore si deve creare la seguente associazione: come se il prodotto
marginale fosse associato ai voti dellultimo esame mentre il prodotto medio come
se potesse essere associato alla media degli esami sostenuti. Abbiamo indicato con il
Pm, PM
L
Pm
PM
L
PT
PT
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termine Pm il prodotto marginale di un fattore produttivo, ma si pu specificare con
PmL che il prodotto marginale si riferisce al fattore lavoro (L), con PmT al fattore
terra (T) e con PmK al fattore capitale (K). Infatti, lo stesso discorso che stato
condotto sul prodotto marginale dei lavoratori pu essere fatto sul prodotto marginale
di qualsiasi altro fattore produttivo. Anche il prodotto marginale della terra o del
capitale pu essere rappresentato da una curva prima crescente poi decrescente
(ricordiamo ancora una volta che alcuni manuali rappresentano solo una curva
decrescente), in quanto la legge dei rendimenti decrescenti valida per tutti i fattori.
Nella seconda parte della figura rappresentato il prodotto totale (PT). Landamento
del prodotto totale dipende dallandamento del prodotto marginale, in quanto il
prodotto totale non altro che la somma dei prodotti marginali di ciascun lavoratore.
Nel tratto in cui il prodotto marginale crescente, il prodotto totale aumenta in
maniera crescente (pi che proporzionalmente). Nel secondo tratto, quando il
prodotto marginale inizia a decrescere, il prodotto totale cresce in maniera
decrescente (meno che proporzionalmente). Quando il prodotto marginale
diventa negativo, il prodotto totale inizia a decrescere perch laggiunta di nuovi
lavoratori dannosa nel processo produttivo. Il prodotto marginale interseca
dunque il prodotto medio nel suo punto massimo. I due grafici sono stati divisi da
due linee tratteggiate che evidenziano appunto la relazione tra prodotto marginale e
prodotto totale.

2.2 Rendimenti di scala costanti, crescenti e decrescenti

Abbiamo visto che aggiungendo ad un fattore fisso unit addizionali di un fattore
variabile, il prodotto marginale di queste unit addizionali via via decrescente (salvo
un primo tratto); questa la legge dei rendimenti decrescenti. Ora ci si chiede se tale
legge continui ad esser valida qualora si aumentassero in modo proporzionale i due
fattori produttivi. Un lavoratore produce 40 barbabietole su di uno spazio di 100 metri
quadrati, 100 lavoratori su di uno spazio di 100 metri quadrati sarebbero
probabilmente impossibilitati a produrre, ma 100 lavoratori su di uno spazio di 10.000
metri quadrati sarebbero forse capaci di produrre 100 volte tanto quello che produce
un lavoratore su 100 metri quadrati. E lecito pensare infatti che se i fattori produttivi
aumentano entrambi della stessa proporzione anche il prodotto totale aumenta della
stessa proporzione. In questo caso si parla di rendimenti costanti di scala quando
allaumentare della scala produttiva (aumento proporzionale di tutti i fattori) il
prodotto totale aumenta della stessa proporzione. Ma questo non il solo caso; ci
possono essere anche casi di rendimenti crescenti di scala o decrescenti di scala
quando al variare della scala produttiva il prodotto varia pi o meno che
proporzionalmente.

3.2 La curva di domanda di un fattore produttivo

Ritorniamo al nostro esempio dei lavoratori che lavoravano sui 100 metri quadrati di
terra supponendo che la terra sia propriet di un redditiere.
Il proprietario terriero per produrre avr bisogno di una certa quantit di lavoratori che
percepiranno un dato salario. Supponiamo che il prodotto marginale giornaliero dei
lavoratori sia quello indicato nella Tabella, che il salario giornaliero (W) sia di 30 lire
e che il prezzo di una barbabietola sia di 1 lira. Quanti lavoratori domander il
proprietario terriero? Cerchiamo di ragionare; il primo lavoratore produce 40
barbabietole per un valore di 40 lire (40 * 1 lira) e costa al proprietario 30 lire, il
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secondo produce 50 e costa 30, il terzo produce 40 e costa 30, il quarto produce 30 e
costa 30, il quinto produrrebbe 20 e costerebbe 30, il sesto produrrebbe 10 e
costerebbe sempre 30. Chiunque capirebbe che allimprenditore converr impiegare
lavoratori fino a quando il valore del loro prodotto aggiuntivo (marginale) sar
superiore od uguale al salario. Nel nostro caso limprenditore impiegher 4 lavoratori
in quanto il quinto lavoratore produce meno di quello che costa al proprietario
terriero mentre i primi quattro producono pi di quello che costano (lultimo in verit
produce un valore esattamente identico a quello che il suo salario ma si considera
assunto). In altre parole, se il proprietario impiegasse anche il quinto ed il sesto
lavoratore, avrebbe su questi delle perdite, in quanto questultimi verrebbero pagati
pi di quello che avrebbero prodotto. Se al contrario impiegasse una quantit di
lavoratori inferiore si priverebbe della rendita generata dallaggiunta di lavoratori la
cui produttivit marginale superiore al salario. Limprenditore impiegher
lavoratori fino al punto in cui il valore monetario del prodotto marginale
uguale al salario, nel nostro caso essendo il prezzo del prodotto uguale ad 1 si ha che
limprenditore impiegher lavoratori fino a quando il prodotto marginale del
lavoro (PmL) sar uguale al salario (W).

























Figura 3.2 Curva di domanda del lavoro

Nella Figura 3.2 si vede chiaramente che, essendo il salario di 30, limprenditore
impiegher fino a 4 lavoratori perch i lavoratori dopo il quarto hanno un prodotto
marginale inferiore al salario. Cosa succederebbe se il salario aumentasse da 30 a 40 ?
Limprenditore dovrebbe licenziare il quarto lavoratore per impiegarne solamente tre,
mentre se il salario scendesse da 30 a 20 troverebbe conveniente impiegare anche il
quinto lavoratore. Il lettore attento avr certamente notato che il tratto decrescente
PmL, W
L
1 2 3
50
40
30
20
10
0
4 5 6
PmL = DL
W
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del prodotto marginale del lavoro costituisce la curva di domanda del lavoro da
parte del proprietario terriero per ciascun livello del salario. Se il salario infatti fosse
40, la quantit domandata di lavoro sarebbe di 3 lavoratori, se il salario fosse di 30
sarebbe di 4, se il salario fosse di 20 sarebbe di 5 e cos via. Nella figura 4.2
rappresentato il grafico standard che tutti i manuali riportano con lunica differenza
che al posto del prodotto marginale fisico (Pm, numero unit prodotte) ci si riferisce
al valore monetario del prodotto marginale (VPm, numero unit prodotte moltiplicate
per il prezzo di vendita). La curva del valore del prodotto marginale del lavoro
coincide con la curva di domanda di lavoratori da parte dellimprenditori (si noti
che in alcuni manuali non si fa distinzione tra prodotto marginale e valore del
prodotto marginale. Con il termine prodotto marginale si intende direttamente il
secondo)



















Figura 4.2 Curva di domanda del lavoro

4.2 La remunerazione dei fattori produttivi

Ora siamo anche in grado di determinare la distribuzione del reddito totale tra
lavoratori e proprietario terriero. La figura 5.2 non altro che una replica della figura
3.2. Lunica differenza che ora il prodotto marginale dei lavoratori pu essere
rappresentato dai quadratini sotto la curva. Il rettangolo composto dai quadratini in
colore chiaro rappresenta la parte del reddito che va ai lavoratori sotto forma di salari,
mentre la parte sopra, che la differenza tra il prodotto marginale ottenuto ed il
salario pagato ai lavoratori costituisce la remunerazione del proprietario terriero. La
rendita del proprietario terriero si ottiene infatti dalla differenza tra il prodotto totale e
i salari totali pagati ai lavoratori.
La Tabella che segue chiarir quanto detto. Nella seconda colonna indicato il
prodotto marginale, ovvero il prodotto generato dallultimo lavoratore impiegato,
nella terza colonna indicato il salario costante di ciascun lavoratore mentre nella
quarta indicata la rendita che percepisce il proprietario terriero a fronte di ciascun
lavoratore impiegato. Se limprenditore impiegasse tre lavoratori il prodotto totale
sarebbe 130 (40+50+40), la somma totale che dovrebbe erogare ai lavoratori in forma
VPmL, W
L
W
VPmL
l*
w*
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di salari sarebbe 90 (30+30+30), la rimanente somma sarebbe il suo guadagno o
rendita pari a 40(10+20+10). In altre parole il nostro proprietario terriero ha
guadagnato 10 sul primo lavoratore (questultimo ha prodotto 40 ed stato da lui
pagato 30), 20 dal secondo e 10 dal terzo.
























Figura 5.2 Distribuzione del reddito

Si vede chiaramente dalla tabella che al proprietario terriero converr impiegare
lavoratori fino a quando il loro prodotto marginale superiore od uguale al salario
pagato. Nel nostro caso al proprietario terriero converr impiegare quattro lavoratori
(anche se in questo caso elementare impiegare il quarto indifferente essendo la sua
rendita marginale uguale a 0). Del prodotto totale di 160 generato da quattro
lavoratori, 120 andr ai lavoratori mentre 40 andr al nostro proprietario terriero. Nel
grafico i rettangoli in colore chiaro indicano la remunerazione dei lavoratori (4 *
30=120) mentre la parte sopra, in colore scuro, indica la remunerazione del
proprietario terriero.
Guardando ancora una volta la tabella 2.2 si capisce immediatamente che il prodotto
marginale non pu essere diverso dal salario, se questo accadesse il proprietario
terriero avrebbe fatto male i conti avendo assunto troppi o troppo pochi lavoratori.
Diamo ora una spiegazione della distribuzione del reddito guardando la figura 5.2. Il
primo lavoratore produce 40, nel grafico il suo prodotto rappresentato dai quattro
quadratini sotto il punto della curva del prodotto marginale. Ma il primo lavoratore
viene pagato solamente 30, ed come se il proprietario ricevesse quattro quadratini e
ne desse tre al lavoratore. Lultimo quadratino rappresenta infatti la rendita del
proprietario terriero. Il secondo lavoratore produce un prodotto di 50, rappresentato da
cinque quadratini, ma percepir sempre un salario di 30. Su questultimo il

1 2 3
50
40
30
20
10
0
4 5 6
Salari
Rendita
PmL, W
L
PmL
W
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20
proprietario terriero percepir dunque una rendita marginale di 20, rappresentata dagli
ultimi due quadratini.






















TABELLA 2.2
























Figura 6.2 Distribuzione del reddito tra lavoratori ed imprenditori
Lavoratori
Rendita
marginale
Salario
6
1
2
3
4
5
10
20
10
0
-10
-20
Prodotto
marginale
30
30
30
30
30
30
40
50
40
30
20
10

Salari
Profitti
PmL, W
L
PmL
W
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Se al posto del proprietario terriero ci fosse un imprenditore e al posto dei 100 metri
quadrati ci fosse un certo stock di capitale (ad esempio macchinari) il ragionamento
non cambierebbe: limprenditore impiegherebbe lavoratori fino a quando il loro
prodotto marginale generato in combinazione con il capitale fosse superiore od
uguale al salario. Graficamente si avrebbe lo stesso risultato solamente che si
parlerebbe di profitti e non di rendita. Nel grafico, la parte sopra i salari
rappresenterebbe la remunerazione dellimprenditore proprietario di capitale (Figura
6.2).

5.2 Il mercato del lavoro

Abbiamo visto in precedenza che il tratto decrescente della curva del prodotto
marginale del lavoro coincide con la curva di domanda di lavoratori da parte di
proprietari terrieri ed imprenditori. Ma ci presupponeva un dato salario di mercato
che nel nostro caso era 30. Come si determina tale salario?
Il ragionamento molto simile a quello illustrato nel primo capitolo dove abbiamo
introdotto la domanda e lofferta di un bene.
Nel mercato del lavoro lofferta la quantit di lavoro che i lavoratori offrono in
relazione ad un determinato salario di mercato mentre la domanda la quantit
di lavoro richiesta dagli imprenditori (che come abbiamo visto coincide con la
curva del prodotto marginale dei lavoratori impiegati) in relazione ad un dato
salario di mercato. Il mercato del lavoro funziona in maniera analoga al
funzionamento del mercato di un bene con la differenza che in questo caso si parla di
salario (al posto di prezzo) e di quantit di lavoratori (al posto di quantit del bene).
Il salario si determina dunque in base alluguaglianza tra domanda e offerta di
lavoro. Dopo aver studiato da cosa dipende la domanda di lavoro (cio dal prodotto
marginale del lavoro) dobbiamo capire da cosa dipende la curva di offerta di lavoro.
Per lavorare necessario un incentivo; e tale incentivo non pu essere che il salario.
La curva di offerta di lavoro analoga alla curva di offerta di un bene:
allaumentare del salario aumenter la quantit di lavoro offerta. Il salario si
determiner dunque dal confronto tra domanda ed offerta di lavoro, nello stesso
modo in cui si determina il prezzo nel mercato dei beni (Figura 5.1, Capitolo 1).
Nella figura 7.2 riassunta la situazione del mercato del lavoro nel nostro ipotetico
esempio della collettivit di coltivatori di barbabietole. Se il salario iniziale fosse di
50, il nostro proprietario terriero sarebbe disposto ad impiegare 2 lavoratori (infatti la
produttivit marginale del secondo lavoratore 50); ma ad un salario di 50 sarebbero
disposti a lavorare 6 lavoratori. In questo caso ci sarebbe un eccesso di offerta di
lavoro. I quattro lavoratori esclusi (in quanto il proprietario ne assumerebbe solo 2)
pur di lavorare sarebbero disposti a percepire un salario inferiore. La pressione dei
quattro esclusi comporterebbe immediatamente una diminuzione del salario, da 50 a
30. Ora, con un salario di 30 ci sarebbero 4 lavoratori disposti a lavorare e lofferta di
lavoro sarebbe di 4 lavoratori. In questo caso ci sarebbe equilibrio tra domanda ed
offerta di lavoro. Se inizialmente il salario fosse invece di 10, il proprietario sarebbe
disposto ad impiegare 6 lavoratori, ma solamente 2 accetterebbero tale salario e ci
sarebbe cos carenza di lavoratori. Il proprietario successivamente, per incentivare i
lavoratori, aumenterebbe il salario fino al livello di equilibrio (nel nostro caso 30).

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Figura 7.2 Equilibrio nel mercato del Lavoro

Cos come avveniva per il mercato dei beni, anche nel mercato del lavoro il salario e
il livello di occupazione (numero di lavoratori impiegati) si determina in base
allequilibrio tra domanda ed offerta di lavoro. Nella figura 8.2 rappresentato il
grafico standard che tutti i manuali riportano. Quando il salario inferiore a quello di
equilibrio si ha carenza di lavoro, mentre quando il salario superiore a quello di
equilibrio si ha eccesso di offerta di lavoro.
Si capisce immediatamente che se una delle due curve dovesse spostarsi, ci sarebbe
un nuovo punto di equilibrio con un nuovo salario ed una nuova quantit di lavoratori
impiegati. Supponiamo che ci sia uninnovazione tecnologica capace di aumentare la
produttivit marginale di ogni lavoratore, in questo caso il quarto lavoratore
produrrebbe 40 anzich 30 mentre il quinto produrrebbe 50 anzich 40 e cos via. La
curva della produttivit marginale del lavoro si sposterebbe verso lalto cos come la
curva di domanda di lavoro (che in pratica coincide con la prima). Il nuovo equilibrio
si avrebbe in corrispondenza di un salario pi alto con un livello di occupazione pi
alto (Figura 9.2). Cosa succederebbe invece se aumentasse lofferta di lavoro?
Loccupazione aumenterebbe ma diminuirebbe il salario di equilibrio come si pu
semplicemente verificare spostando verso destra la curva di offerta del lavoro.
Questo semplice modello dei coltivatori e del proprietario terriero chiaramente
estendibile al mercato del lavoro di una collettivit estesa. In questo caso lofferta di
lavoro costituita dalla quantit di lavoro offerta dalla totalit dei lavoratori mentre la
domanda di lavoro la richiesta di lavoratori da parte della totalit degli imprenditori
e proprietari terrieri.
W
L
DL
OL
30
4
10
50
2 6
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Figura 8.2 Equilibrio nel mercato del Lavoro



















Figura 9.2 Spostamento della curva di domanda del lavoro per effetto del progresso
tecnologico


W
L
DL
OL
w*
l*
w1
w2
l1 l2
Eccesso di Lavoro
Carenza di Lavoro
W
L
DL
DL
OL
l*
w*
l*
w*
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6.2 Curva di offerta di lavoro piegata allindietro

Alcuni manuali di Economia Politica quando introducono il tema della curva di
offerta di lavoro spesso discutono sul fatto che ci possa essere un tratto dove questa
piega allindietro. Un semplice esempio chiarir il problema. Nella figura illustrata
una curva di offerta di lavoro dove allaumentare del salario aumenta la quantit di
lavoro che i lavoratori saranno disposti ad offrire. Supponiamo che la curva della
figura indichi il numero di ore che un lavoratore disposto ad offrire dato un certo
salario orario di mercato. Se ad esempio il salario fosse di 10.000 allora egli ad
esempio lavorerebbe 8 ore, ma se il salario raddoppiasse probabilmente lavorerebbe
anche 12 ore al giorno visto il grande incentivo. La curva di offerta dunque
crescente ma non indefinitamente. C infatti un tratto in cui lofferta di lavoro piega
allindietro. Supponiamo infatti che il salario passi da 20.000 allora a 30.000, in
questo caso il lavoratore invece di lavorare di pi lavorerebbe forse di meno, in
quanto giudicherebbe sufficientemente elevato il suo reddito. E possibile che a quel
salario ritorni a lavorare 8 ore al giorno avendo in complesso un reddito giornaliero
uguale alla situazione precedente in cui lavorava 12 ore (8 * 30.000 = 12 * 20.000).

Nel tratto crescente della curva di offerta di lavoro prevale leffetto sostituzione,
cio il lavoratore nella scelta tra le due possibilit, reddito o tempo libero,
sostituir tempo libero con pi reddito. Allaumentare del salario il lavoratore si
priver infatti di tempo libero per ottenere pi reddito lavorando di pi. Ma
quando il reddito gi abbastanza elevato prevale leffetto reddito che consente
al lavoratore di lavorare di meno. Nel grafico della Figura 10.2 si suppone che
fino al salario w1 prevalga leffetto sostituzione, e che oltre prevalga leffetto
reddito e la curva pieghi allindietro.




















Figura 10.2 Curva di offerta di lavoro piegata allindietro


W
L
w1
L1
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Di solito, comunque, il tratto in cui la curva piega allindietro molto in alto, in
quanto corrisponde ad un livello salariale molto elevato, ed in pratica la curva di
offerta pu essere anche disegnata come una curva sempre crescente.
La curva che abbiamo disegnato nellesempio si riferisce ad ununica persona ma il
discorso non cambia quando si vuole disegnare la curva di offerta di lavoro di una
collettivit. In questo caso basta sommare la quantit di ore che sono disposte a
lavorare le persone che compongono la collettivit per ogni salario (in altre parole se i
lavoratori della collettivit fossero 10, ad un salario di 20.000 si avrebbe un offerta
complessiva di 120 ore). Di solito quando si parla di curva di offerta di lavoro sulle
ordinate si indica il salario e sulle ascisse si indica il numero di lavoratori che sono
disposti a lavorare a quel salario e non la quantit di ore complessive (per ottenere
infatti il numero di lavoratori basta dividere il numero di ore complessive per lorario
medio di lavoro cosicch il ragionamento non cambia); per il proseguo continueremo
dunque a far riferimento al numero di lavoratori e non alla quantit di ore.

7.2 Teorie e dottrine sulla distribuzione del reddito

E forse questo, come si capisce immediatamente, uno dei temi pi caldi di tutta
lEconomia Politica. E qui si ritorna ad ataviche discussioni ideologiche circa la lotta
di classe che ha caratterizzato fin dallorigine il sistema attuale, come del resto i
sistemi passati.

I concetti sulla distribuzione del reddito che abbiamo illustrato nei grafici
precedenti si basano sullassunto che la quota di reddito spettante ad ogni fattore
dipenda dalla sua produttivit marginale.

Questa teoria diventata nel corso del 900 la teoria dominante, che ancora oggi
resiste salvo attacchi da molteplici fronti.
Questa teoria detta anche marginalista, in quanto pone lenfasi sullultima
quantit considerata (in questo caso il prodotto dellultima unit di fattore produttivo
impiegato). In sostanza, il salario sarebbe uguale al prodotto marginale dellultimo
lavoratore impiegato nel processo produttivo (paragrafo 3.2). Mentre la rendita e il
profitto si determinano dalla differenza tra il prodotto ottenuto e i salari erogati ai
lavoratori (Tabella 2.2). Ma ci chiediamo se il profitto o la rendita si possano ottenere
sempre come differenza.
Tentiamo di capovolgere lesempio del paragrafo 3.2 immaginando che siano i
lavoratori ad esser padroni del processo di produzione e che siano loro a richiedere gli
altri fattori. I lavoratori possono ad esempio affittare le macchine o la terra. In questo
caso i lavoratori affitteranno gli altri fattori (terra e capitale) fino a quando il loro
prodotto marginale sar uguale al costo, nello stesso identico modo in cui il
proprietario terriero richiedeva lavoratori per il suo pezzo di terra. In questo modo
salari, rendite e profitti si determinano in base alla loro produttivit. Nel grafico
che segue illustrato il caso dei lavoratori imprenditori che affittano terra o capitale.
In questo caso sono i salari dei lavoratori ad essere determinati come differenza
tra il prodotto ottenuto e la remunerazione erogata al proprietario degli altri
fattori.
Secondo la teoria marginalista la remunerazione dei fattori produttivi dipende
dunque dalla produttivit marginale dellultima unit di fattore impiegata.


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26

























Figura 12.2 Distribuzione del reddito nel caso dei lavoratori imprenditori che
affittano capitale o terra

Inoltre si considera il lavoro come un fattore non diverso dagli altri. Tutti i
fattori sono acquistabili da tutti i proprietari degli altri fattori e non esiste
distinzione tra i vari attori economici, siano essi lavoratori, proprietari terrieri o
imprenditori.
Queste costruzioni economiche portano a due conseguenze chiave. La prima
che il profitto dellimprenditore dipende dalla produttivit del capitale (al
contrario di quello che sosteneva Marx che interpretava il profitto come uno
sfruttamento del lavoratore), la seconda che non esiste una distinzione netta tra
lavoratori (nel senso di proletari) e proprietari.
La teoria marginalista, peraltro molto elegante, articolata in semplici ma sintetiche
formule il frutto dei cambiamenti economici subiti dal sistema economico
occidentale. Gli autori pi significativi sono Walras, Marshal, Wicksell e Clark , a
questultimo si devono le costruzioni grafiche illustrate nei paragrafi precedenti.
Questi autori scrivono verso la fine dell800, momento in cui il sistema capitalista
decolla, e fase in cui le scoperte tecnologiche supportano lenfasi assegnata al
positivismo economico. La trasformazione dal modo di produzione ancora agricolo
della prima met dell800 al sistema industriale vero e proprio dei primi del 900 ha
comportato una evoluzione del pensiero economico dominante a difesa del nuovo
sistema.
I primi pensatori economici, che vivono tra la fine del 700 e la prima parte dell800,
tra i quali Smith, Ricardo e Marx, chiamati anche Economisti Classici, avevano
per un approccio totalmente differente, molto pi problematico e conflittuale. Per

Profitti-Rendite
Salari
Pm
P
Pm, P
K
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27
loro il profitto era considerato come un sovrappi, come la parte di reddito che
rimaneva al proprietario una volta pagati i salari.
Essendo i salari determinati in base al livello di sussistenza (livello minimo per la
sussistenza del lavoratore) e dunque fissi, il profitto si determinava sempre come
differenza tra il valore della produzione e la somma dei salari pagati. In altre
parole come se si avesse una torta da dividere tra lavoratori e proprietari. Ed essendo
stabilita al livello minimo la quota dei lavoratori, la quota restante andava ai
proprietari. E se la torta fosse cresciuta, i lavoratori avrebbero continuato a percepire
sempre la stessa fetta mentre i proprietari avrebbero percepito una fetta maggiore.
Secondo la teoria classica il valore di una merce prodotta era uguale al valore del
lavoro in essa incorporato. Se per cacciare un castoro ci vogliono due ore mentre
per cacciare un cervo ci vuole unora, dice Smith, il valore di un castoro equivale
al doppio del valore di un cervo. In sintesi il valore di una merce dipende dalla
quantit di lavoro spesa per la sua produzione ed il lavoro lunit di misura per
calcolare il valore dei beni prodotti.
Marx riprende il ragionamento di Smith e lo ripropone in chiave di sfruttamento: se il
lavoro incorporato nelle merci lunit di misura per calcolare il valore, allora si ha
che il fattore lavoro lunico fattore che pu creare valore, e il profitto non che una
sorta di sfruttamento, un furto nei confronti dei lavoratori. Il profitto infatti non
avrebbe motivo di esistere in quanto tutto il valore della produzione sarebbe originato
dai lavoratori. Agli altri fattori della produzione spetterebbe solo una somma a
copertura del costo per la loro produzione. Il capitale non sarebbe altro che un mezzo
di produzione creato attraverso il fattore lavoro in stadi precedenti. In questo caso la
sua remunerazione non sarebbe altro che il lavoro speso per la sua realizzazione.
Se un lavoratore per zappare la terra ha bisogno di un aratro di propriet di un
capitalista, il lavoratore dovrebbe pagare laratro in base a quello che stato il suo
costo di produzione (che in sostanza non altro che un determinato numero di ore di
lavoro). Nella teoria marginalista invece ogni fattore deve essere remunerato in
base alla sua produttivit marginale, e qualsiasi tipo di rendita o profitto
giustificato dal fatto che senza terra o capitale i lavoratori produrrebbero meno.
Nellesempio dellaratro, se questo raddoppia la produzione, al proprietario dellaratro
spetterebbe la met della produzione, ovvero il suo prodotto marginale.
Per spiegare la genesi delle due teorie ancora una volta bisogna risalire alla
condizione storica e allambiente socioeconomico ed intellettuale in cui vivono gli
autori. Marx vive nella prima met dell800, fase iniziale del capitalismo, fase in cui
lo sfruttamento dei lavoratori massimo. Nelle prime industrie manifatturiere si
lavora in condizioni disumane ed il salario al livello di sussistenza, le citt si
riempiono di proletari, provenienti dalle campagne, che vivono in condizioni precarie.
C una continua tensione tra vecchia classe dominante (proprietari terrieri) e nuova
classe dominante (capitalisti). In questo ambiente molto agitato, peraltro caratterizzato
anche da numerose guerre per lindipendenza dei popoli, la dottrina economica non
pu che manifestare questo clima di conflittualit ed una sostanziale incertezza nei
confronti del nuovo modo di produzione da tutti gli ambienti culturali (si pensi ad
esempio a Balzac o a Hugo). Si respira in alcuni ambienti culturali una sorta di
restaurazione che caratterizza anche alcuni aspetti del Romanticismo, come reazione
al cambiamento della societ avvenuta nella fase dellilluminismo, fase in cui si era
proposta al comando del sistema la nuova classe sociale composta da banchieri,
commercianti ed industriali.
Lambiente socioeconomico e culturale di fine 800 presenta invece molte diversit. Si
assiste a fondamentali innovazioni tecnologiche tra le quali quella dellelettricit e il
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Positivismo diviene la dottrina filosofica dominante. Non si ha pi quellincertezza o
quei dubbi che avevano caratterizzato la prima fase del capitalismo. Ora si ha la
certezza nel progresso tecnico e nel buon esito del sistema. La teoria marginalista si
sviluppa in questo contesto dalla fine dell800 in poi a difesa del sistema
capitalista, proteggendolo da teorie alternative che si basavano sui vecchi
principi dello sfruttamento del lavoro come unico fattore produttivo in grado di
creare valore aggiunto.

8.2 La critica al marginalismo

Nel corso del 900 si sono per manifestate delle forti critiche nei confronti della
dottrina marginalista. In Italia, lapproccio alternativo pi illustre quello di Piero
Sraffa e dei Neoricardiani. Sraffa ripropone in chiave moderna una teoria della
distribuzione del reddito che prende spunto dalla concezione degli economisti classici.
Secondo Sraffa la distribuzione del reddito continua ad essere caratterizzata dal fatto
che una delle due variabili tra salario e profitto si stabilisce esogenamente (attraverso
una contrattazione sociale) mentre laltra si determina come residuo.
Mentre per gli economisti classici era il salario a determinarsi esogenamente (in base
al livello di sussistenza), per Sraffa e per i Neoricardiani appare pi plausibile che la
variabile esogena sia il profitto, che potendo essere espresso da un rapporto
percentuale si presta perfettamente a svolgere questo ruolo. In questo modo il salario
si determina sempre come differenza tra il valore della produzione e la quota di questa
che va per la remunerazione del capitale (ad esempio il 20% del valore del capitale
investito). In questo caso la remunerazione del capitale fissa, mentre la
remunerazione del lavoro variabile ed aumenta nello stesso modo in cui aumenta la
quota di prodotto totale. E come se, una volta pagato il capitale, tutto ci che
rimanesse spettasse ai lavoratori.
Questa impostazione ha affascinato molto negli ultimi anni perch ha ripreso, se pur
in chiave moderna, il concetto che salari e profitti sono in antagonismo e che tutto il
progresso tecnologico andrebbe ad aumentare i salari dei lavoratori.
Cerchiamo di riassumere il punto di vista ideologico delle due dottrine. Se in un
sistema economico ci fosse una sproporzione nella distribuzione del reddito a favore
del capitale, un economista marginalista probabilmente attribuirebbe la colpa alla
maggiore produttivit del capitale (che in ultima istanza dipende dalla sua scarsit) e
alla minore produttivit del lavoro causata dalla sovrabbondanza di lavoro (abbiamo
visto nellesempio del paragrafo 1.2 che troppi lavoratori su di un pezzo ristretto di
terra hanno una produttivit bassissima). Cosa bisognerebbe dunque fare?
Bisognerebbe riallocare i fattori nel modo da eliminare gli squilibri. Dove c
sovrabbondanza di lavoro bisognerebbe introdurre capitale, e dove c
sovrabbondanza di capitale bisognerebbe introdurre lavoro. E solo da una giusta
combinazione tra lavoro e capitale che si pu attuare una redistribuzione del reddito.
Secondo un economista neoricardiano invece, se i salari fossero troppo bassi
bisognerebbe rivedere i patti sociali a monte dellattivit produttiva ridefinendo il
tasso di profitto.

9.2 Nuove tendenze nella distribuzione del reddito nellera dellEconomia
Digitale

Nel corso degli anni 90 si sono confermate alcune tendenze di fatto nella
distribuzione del reddito che gi negli anni passati avevano caratterizzato il mercato.
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29
Innanzi tutto si registrata una forte crescita del numero di investitori nei mercati
finanziari che ha messo in discussione lantico concetto di propriet del singolo
imprenditore lasciando spazio ad un concetto esteso di propriet. Oggi tutti i
lavoratori delle pi grandi aziende possono possedere quote azionarie, se pur ridotte,
delle societ stesse. Inoltre il controllo delle imprese non pi sotto le mani di un
singolo o di un gruppo ristretto di proprietari ma pu risultare composto da un
notevole numero di azionisti grandi, medi e piccoli. Oggi imprese che operano in
settori diversi si scambiano tranquillamente quote azionarie al fine di possedere parte
della propriet di altre imprese. Il concetto di propriet diviene cos molto diverso
dalla concezione classica dellimpresa posseduta da ununica famiglia o da un singolo
imprenditore.
Attraverso il Venture Capital (Capitale di Ventura), sistema di finanziamento che si
sta sviluppando ultimamente soprattutto negli investimenti su Internet, la propriet
delle nuove aziende che operano nel campo delle telecomunicazioni avanzate si
ripartisce tra finanziatori e tra lavoratori specializzati.
Ci sono infatti delle imprese finanziarie che prestano denaro a lavoratori specializzati
che hanno idee su nuovi business in cambio di una parte delle quote azionarie
dellattivit intrapresa. La propriet risulta cos ripartita equamente tra
imprenditori e lavoratori. Gli imprenditori mettono il capitale finanziario
mentre i lavoratori mettono il capitale umano ed intellettuale. Questo sistema si
sta rivelando vincente rispetto ai metodi di investimento tradizionali in quanto la
propriet dellimpresa appartiene sia ai lavoratori che hanno le conoscenze tecniche
sia ai finanziatori che hanno investito denaro nellattivit. Ma oltre al Venture Capital
si sta sempre pi diffondendo lidea di distribuire nelle grandi imprese parte della
propriet ai lavoratori stessi, al fine di stimolare questi ultimi ad una efficiente
produzione. Infatti proprio la crescente concorrenza che si manifesta in alcuni settori
a far ricorrere le aziende a qualsiasi mezzo pur di sopravvivere sul mercato.
La tendenza nei prossimi anni sar dunque quella di una partecipazione congiunta di
lavoro e capitale nella propriet dellattivit economica. Dove per lavoro si intende
chiaramente un tipo di lavoro caratterizzato da elevate competenze tecniche. Si
pensi ad esempio allimportanza dellinnovazione nel sistema attuale. Il lavoro
lunico fattore capace di innovare, le innovazioni tecnologiche nascono nel nostro
tempo da ricerche e studi. Ci sono nelle imprese moderne interi dipartimenti che si
occupano di sviluppare nuovi beni e servizi. E sono i lavoratori di quelle imprese ad
avere il ruolo fondamentale nel processo produttivo. Lidea del piccolo imprenditore
innovatore che crea la sua impresa dal nulla e possiede migliaia di dipendenti ormai
svanita.
Il sistema futuro infatti sar sempre pi caratterizzato dallimportanza del fattore
lavoro inteso sia come forza lavoro sia come fattore in grado di generare innovazioni.
Il progresso tecnico non altro che il risultato di un lavoro specializzato.
Se dunque il progresso tecnico la molla dellEconomia, oggi pi che mai, ci
possiamo aspettare nel futuro una maggiore quota del lavoro nella distribuzione del
reddito a scapito del capitale. Anche perch in seguito alla crescente mobilit dei
capitali, il capitale sta diventando un fattore relativamente sovrabbondante rispetto al
lavoro specializzato.
La nuova tendenza dunque, da un lato rivaluta lapproccio marginalista in
quanto supera la concezione della divisione in classi (e del conseguente
sfruttamento), dallaltro rende realistica la concezione neoricardiana di un
sovrappi interamente distribuito ai lavoratori una volta che il capitale stato
remunerato con un tasso normale.
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30




1.3 Costi fissi e costi variabili

Introduciamo il tema dei costi con il solito semplice esempio; questa volta cerchiamo
di immaginare un piccolo imprenditore che da poco tempo abbia aperto una pizzeria.
Il nostro piccolo eroe dovr chiaramente sostenere dei costi. Innanzitutto avr dei
costi iniziali quali la licenza, laffitto del locale e soprattutto la spesa per lacquisto
del forno. Tali costi essendo indipendenti dal volume di pizze prodotte si dicono fissi
(CF). La particolarit dei costi fissi che essi non sono correlati con la quantit
di prodotto che si vuole produrre, ma sono indipendenti da questa. Tali costi
sussisterebbero infatti anche se la quantit prodotta fosse zero. Prima di iniziare a
produrre bisogna avere sempre e comunque una licenza, un locale e i macchinari
necessari. Successivamente, il nostro piccolo imprenditore dovr sostenere delle spese
per le materie prime (farina, pomodoro, acciughe,) e per lenergia elettrica.
Tali costi sono ovviamente correlati alla quantit prodotta; se si vuole produrre 100
pizze si avr bisogno di 10 barattoli di pomodoro, se si vuole produrre 1.000 pizze si
avr bisogno di 100 barattoli. Tali costi sono chiamati appunto variabili (CV) per
distinguerli da quelli fissi. Tra i costi variabili bisogna includere naturalmente il costo
del lavoro, che costituisce la fonte di costo pi importante.
Infatti, a seconda della quantit che limprenditore vuole produrre dovr assumere una
determinata quantit di lavoratori. Nei costi variabili si deve includere anche la
remunerazione normale dellimprenditore, che pu essere assimilata ad una specie
di salario. Limprenditore allinizio dellattivit fisser una remunerazione per
lattivit di gestione e controllo dei fattori produttivi. Il nostro piccolissimo
imprenditore a tutti gli effetti un lavoratore che deve recarsi puntualmente nel luogo
di lavoro per organizzare i fattori (acquisto materie prime, risoluzione pratiche
burocratiche, assunzione lavoratori,.) e controllare la buona riuscita del processo
produttivo (funzionamento dei macchinari, controllo dei lavoratori, contabilit
economica e finanziaria,). Per questo lavoro limprenditore dovr ricevere una
remunerazione, che egli stesso fisser al pari di un salario. Questa remunerazione che
chiamiamo normale una voce di costo per lattivit. Il termine normale indica che la
remunerazione quella che limprenditore presume di percepire a seguito della sua
attivit. In genere questa si stabilisce in base alla remunerazione media del settore.
In sintesi dunque i costi variabili comprendono: i costi delle materie prime, i
costi del consumo energetico (energia, gas,), i salari dei lavoratori e la
remunerazione normale dellimprenditore.
La differenza tra ricavi totali e costi totali il profitto. Se i ricavi sono superiori a tutti
i costi, limprenditore percepir sia una remunerazione normale (che inclusa tra i
costi) sia un profitto (che la differenza tra ricavi e costi) che alcuni libri chiamano
non a caso extraprofitto per distinguerlo dalla remunerazione normale. Infatti, la
differenza tra ricavi e costi da intendersi come extra, ovvero come un qualcosa in
pi dopo che limprenditore stato remunerato per la sua attivit. E come se un
imprenditore che nel 2013 apre una piccola pizzeria al taglio dica: ..ci devo almeno
guadagnare 2000 euro al mese nette.altrimenti non la apro. Nel caso in cui i
ricavi fossero superiori ai costi (nei quali limprenditore ha inserito i suoi 2000) si
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parla di profitti o extraprofitti ed il nostro piccolo eroe potr esclamare con questa
pizzeria al taglio ci faccio 4.000 euro al mese nettemi sta andando bene perch
viste le circostanze mi sarei accontentato di 2000... La prima formula sui costi
dunque la seguente:
CT = CF + CV

I costi totali (CT) sono uguali ai costi fissi pi i costi variabili.

























TABELLA 1.3

I costi fissi sono rappresentati da una retta parallela allasse delle ascisse in quanto
questi sono sempre gli stessi qualunque sia la quantit prodotta. I costi variabili
saranno invece crescenti allaumentare della quantit prodotta. Nel grafico dei costi,
tanto per ricordarlo, la variabile indipendente naturalmente la quantit. Data
una certa quantit prodotta i costi sono tali e non viceversa. Nella tabella si fa un
semplice esempio su costi fissi e su costi variabili. Come si vede dalla tabella, se si
vuole produrre 4 pizze si avranno dei costi fissi pari a 10 (tali costi si avrebbero
comunque anche se la quantit fosse zero) e dei costi variabili pari a 80 per un totale
di 90. Se invece si volessero produrre 5 pizze i costi fissi sarebbero sempre 10, mentre
quelli variabili sarebbero pari a 120 per un totale di 130. Il grafico rappresenta costi
fissi, variabili e totali dellimpresa. Lo studente pu seguire punto per punto sul
grafico confrontando i valori con la tabella. Come si vede, il costo fisso
rappresentato da una retta orizzontale in corrispondenza del costo iniziale di 10.
Infatti, per qualsiasi quantit prodotta il costo fisso rester invariato e sempre 10,
anche quando la quantit prodotta zero.
Quantit
Costi
variabili
Costi
totali

0
1
2
3
4
5
10
10
10
10
10
10
0
20
30
50
80
120
10
30
40
60
90
130
Costi
fissi
6
10
170 180
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Il costo variabile invece nullo quando la quantit prodotta zero ma aumenta
allaumentare di questa. La curva del costo totale risulter dalla somma orizzontale
delle due curve. Il costo totale ovviamente uguale al costo fisso quando la quantit
prodotta zero, ma aumenter poi nella stessa misura con la quale aumenta il costo
variabile. Graficamente le due curve hanno lo stesso andamento, lunica differenza
che la curva del costo totale pi alta di una misura pari al costo fisso.




























Figura 1.3 Costi Fissi, Variabili e Totali

2.3 Costi marginali, costi medi, costi variabili medi e costi fissi medi

Oltre alla distinzione tra costi fissi e costi variabili c unaltra serie di costi
fondamentali: costi marginali (Cm), costi medi (CM), costi variabili medi (CVM) e
costi fissi medi (CFM) (alcuni manuali al posto del termine medio utilizzano il
termine unitario). Cos come il costo totale la somma di costi fissi e costi variabili
(CT=CF+CV), il costo medio (che uguale al costo totale diviso la quantit) la
somma del costo variabile medio pi il costo fisso medio (CM=CFM+CVM).
La tabella ed il grafico che seguono rappresentano i costi marginali ed i costi medi. Lo
studente pu seguire punto per punto le curve sul grafico, confrontando i valori con
quelli della tabella.



0 1 2
180
160
120
90
60
30
0
3 4 5
CF
CV
CT
Q
6

C
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Cm = CT

CM = CT/q

CVM = CV/q

CFM = CF/q






















TABELLA 2.3

I costi marginali (addizionali) sono i costi che devono essere sostenuti per
produrre una unit in pi di prodotto. Se ad esempio si vogliono produrre 5 pizze
si avranno dei costi marginali di 40. Nella tabella, producendo 4 pizze si hanno dei
costi totali di 90 e producendo 5 pizze si hanno dei costi totali di 130. Dunque,
passando da 4 a 5 pizze si hanno dei costi marginali di 40, ovvero produrre la quinta
pizza costa 40. Il costo marginale pu anche essere definito come il costo che si
deve sostenere per produrre lultima unit di prodotto, che come si intuito
coincide con lincremento del costo totale. Il costo medio o unitario indica quanto
mediamente costa una unit di prodotto e si ottiene dividendo il costo totale per la
Quantit
Costi
medi
Costi
variabili
medi
1
2
3
4
5
6
20
10
20
30
40
50
30
20
20
22,5
26
30
20
15
16,7
20
24
28,3
Costi fissi
medi
Costi
marginali
10
5
3,3
2,5
2
1,7
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quantit prodotta. Il costo variabile medio si ottiene dividendo il costo variabile per la
quantit prodotta mentre il costo fisso medio si ottiene dividendo il costo fisso per la
quantit prodotta. Il primo indica quanto costa mediamente una unit di prodotto in
termini di costi variabili, il secondo indica quanto mediamente costa una unit di
prodotto in termini di costi fissi.



























Figura 2.3. Costo marginale, costo medio, costo variabile medio e costo fisso medio

I due grafici che seguono indicano la rappresentazione dei costi che tutti i manuali
riportano. Nel primo grafico sono rappresentati i costi fissi ed i costi variabili. I primi,
come abbiamo detto, sono rappresentati da una linea retta orizzontale che indica che
per qualsiasi livello di quantit i costi fissi saranno sempre gli stessi (nel nostro
esempio 10).
I costi variabili sono invece rappresentati da una curva crescente. Allaumentare della
quantit i costi variabili crescono. La curva dei costi variabili parte dallorigine degli
assi in quanto se la quantit prodotta fosse 0 non ci sarebbero costi variabili. La curva
dei costi totali si ottiene sommando orizzontalmente costi fissi e costi variabili ed
assume chiaramente lo stesso andamento dei costi variabili. Ora per, una volta
precisato che la curva dei costi variabili crescente e parte dallorigine, bisogna
spiegare il suo andamento: nel grafico abbiamo tracciato una linea che prima aumenta
in maniera decrescente e poi aumenta in maniera crescente assumendo laspetto di una
s capovolta (alcuni manuali disegnano la curva dei CV, e di conseguenza dei CT, con
una retta, ma questo un caso semplificato). La ragione da ricercarsi
nellandamento del costo marginale.
1 2 3
50
40
30
20
10
0
4 5
6




CFM
CVM
CM
Cm
C
Q

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Figura 3.3. Costi variabili , costi fissi, costi totali

Nel grafico che segue abbiamo disegnato il costo marginale con una linea che prima
decrescente e poi crescente. In altre parole abbiamo assunto nella tabella che da
origine al grafico che il costo delle pizze aggiuntive sia prima decrescente e poi
crescente. Infatti, la prima pizza costerebbe 20 (se si escludono i costi fissi che in
teoria sono indipendenti dalla quantit prodotta), la seconda 10 , la terza 20 e la quarta
30. Per quale motivo abbiamo introdotto un esempio in cui i costi marginali prima
decrescono e poi crescono? Si ricorder che nel secondo capitolo abbiamo parlato
della produttivit marginale dei fattori produttivi; nellesempio classico riportato da
tutti i manuali questultima prima crescente e poi decrescente.
Se dunque per un primo tratto la produttivit marginale crescente i costi marginali
saranno decrescenti, quando invece la produttivit marginale decresce (per la legge
dei rendimenti decrescenti) i costi marginali crescono ( intuitivo comprendere che
quanto maggiore la produttivit dei fattori tanto minore sar il costo della quantit
prodotta che dipende appunto dalla quantit utilizzata di fattori).

Il costo marginale dunque il costo pi importante. Questo ha influenza
sullandamento di tutti gli altri costi, esclusi ovviamente quelli fissi che come si
capisce sono indipendenti dal regime di produttivit.

Il costo medio rappresentato da una curva ad U che viene intersecata nel suo
punto di minimo dalla curva del costo marginale. Per capire landamento del costo
medio ed il motivo per il quale la curva del costo marginale interseca la curva del
costo medio nel suo punto di minimo si pu far riferimento allesempio della media
universitaria illustrato nello scorso capitolo. Il costo marginale pu essere assimilato
al voto dellultimo esame, mentre il costo medio come se potesse essere assimilato
alla media. Fintantoch i costi marginali sono inferiori alla media, la media
decrescer; quando poi i costi marginali superano la media, la media crescer.
In questo modo, per effetto dei costi marginali, i costi medi prima decresceranno e
poi, quando il costo marginale supera il costo medio, questi inizieranno a crescere.



C
Q
CV
CT
CF
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Figura 4.3 Costo marginale, costo medio, costo variabile medio, e costo fisso
medio

Ci restano da comprendere i costi variabili medi ed i costi fissi medi. I costi variabili
medi sono rappresentati da una curva ad U sottostante alla curva ad U del costo
medio. La curva del costo variabile medio intersecata dal costo marginale nel suo
punto di minimo per la stessa ragione per la quale la curva del costo medio
intersecata dalla curva del costo marginale nel suo punto di minimo. I costi fissi sono
rappresentati invece da una curva decrescente asintotica allasse delle quantit.
La curva decresce infinitamente in quanto al crescere della quantit prodotta i costi
fissi si distribuiranno su una quantit crescente di unit. Se infatti si producessero 10
pizze i costi fissi medi sarebbero uguali ad 1 (10/10 = 1), se si producessero 100 pizze
i costi fissi medi sarebbero uguali a 0,1 (10/100 = 0,1). Per questo motivo, la curva
decresce al crescere delle quantit ma non arriva mai a toccare lasse orizzontale (si
dice infatti che asintotica) in quanto i costi fissi medi, comunque grande sia la
quantit, saranno sempre positivi. Se si sommano orizzontalmente la curva del CFM e
del CVM si ottiene la curva del CM (infatti CM = CFM + CVM, ovvero CT/q =
CF/q + CV/q che riconduce alla formula primaria CT = CF + CV). Se si analizza
attentamente landamento del CVM si noter che questo, pur essendo sottostante al
CM, al crescere della quantit si avvicina al CM. Il motivo risiede nel fatto che il CM
la somma del CVM e del CFM, e quando questultimo si avvicina allo zero (senza
per mai essere nullo) il CVM si avvicina al CM.

3.3 I regimi di mercato

Prima di concludere questo capitolo introduciamo il tema dei regimi di mercato,
argomento dei seguenti quattro capitoli.
Come si ricorder dal primo capitolo per mercato si intende la produzione e la vendita
di un singolo bene (mercato del latte, mercato delle sigarette, mercato delle
automobili,.), ogni mercato composto da produttori e da consumatori.
Per regime di mercato si intende invece linsieme di relazioni che intercorrono tra
produttori e consumatori. Lelemento chiave il potere di mercato di venditori ed
acquirenti; in base a questo si possono distinguere vari regimi di mercato.
Allaumentare del potere di mercato dei produttori si passa da regimi concorrenziali a
regimi monopolistici. I primi sono caratterizzati da un ampio numero di produttori i
C
Q


Cm
CM
CVM
CFM
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37
secondi sono caratterizzati da un basso numero di produttori, al limite uno soltanto
come nel caso del monopolio. Il potere di mercato dei produttori sar infatti minimo
se allinterno di un mercato ci sono numerosi produttori che vendono beni identici,
mentre sar massimo quando a vendere il prodotto un unico produttore.
Un elemento che caratterizza i regimi di mercato di conseguenza lesistenza degli
extraprofitti. Al diminuire del potere di mercato dei produttori si riducono gli
extraprofitti.









































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38



1.4 Le condizioni fondamentali di un regime in concorrenza perfetta

La concorrenza perfetta un regime di mercato caratterizzato da almeno sei
condizioni fondamentali.

1 Alto numero di Produttori
2 Identit dei prodotti
3 Informazione Perfetta
4 Assenza di accordi tra i Produttori
5 Assenza di barriere allentrata ed alluscita
6 Identica funzione dei costi per tutte le imprese del mercato

Se allinterno di un mercato si verificano queste condizioni si ha una concorrenza
perfetta tra i produttori. Ma se solo una di queste condizioni venisse meno si
passerebbe da situazioni di concorrenza perfetta a situazioni di concorrenza
imperfetta.
Supponiamo che nel mercato delle banane ci siano numerosi produttori che vendano
un prodotto identico (banane della stessa dimensione, colore, odore, sapore,..) e che ci
sia un grado di informazione perfetta tra produttori e consumatori (nel senso che
entrambi conoscono prezzi e quantit del prodotto scambiato). Supponiamo anche che
tra i produttori non ci siano accordi e che questultimi abbiano dei costi di produzione
identici (curve di costo identiche) in modo tale che il costo di produzione di una
determinata quantit di banane sia sempre identico per tutti i produttori. Supponiamo
inoltre che ci sia libert di entrata e di uscita dal mercato.
In tal caso, il prezzo delle banane sar identico per tutti i produttori, ovvero in altri
termini tutti i produttori venderanno le banane allo stesso prezzo.
In un regime di concorrenza perfetta come se il prezzo di mercato fosse dato
in quanto nessuno dei produttori pu vendere il prodotto ad un prezzo distinto.
Se ad esempio per effetto della crisi tornasse come moneta la lira, ed il prezzo di
mercato di una banana fosse 500 lire (25 centesimi di euro), nessun produttore
potrebbe vendere una banana a 510 lire in quanto nessun consumatore comprerebbe
una banana identica sapendo che da qualsiasi altro la pu acquistare a 500 lire.
Essendo per il consumatore completamente indifferente lacquisto di una banana da
uno o dallaltro produttore (in quanto i prodotti sono identici) si ha un grado di
perfetta concorrenza che porta ad un unico prezzo sul mercato. Ma tale prezzo, che
abbiamo visto che dato e non modificabile da nessuno dei produttori, come viene
determinato? Si determina dallincrocio tra la domanda e lofferta complessiva
dellintero mercato cos come stato spiegato nel capitolo 1.

2.4 Limpresa in concorrenza perfetta

Vediamo come si comporta unimpresa in concorrenza perfetta analizzando il grafico
1.4 nei suoi quattro passaggi sequenziali.


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39





































Figura 1.4 Impresa in concorrenza perfetta nel breve periodo

La prima figura indica una situazione di equilibrio nel mercato delle banane
(ricordiamo sempre che i numeri sono casuali). Ad un prezzo di 500 lire la domanda
complessiva di banane dei consumatori uguale allofferta complessiva dei
produttori, nel nostro caso 10.000 unit. Il mercato in questo caso in equilibrio in
quanto tutto ci che viene prodotto viene consumato e non ci sono dunque ne eccessi
di offerta ne eccessi di domanda. Qualsiasi produttore di banane in una situazione di
concorrenza perfetta (si suppone per semplicit che produttori e venditori siano la
stessa persona) si trova di fronte ad un prezzo dato che stato determinato
automaticamente dal mercato complessivo. Essendo il suo prodotto, identico a quello
venduto dai concorrenti, nessuno dei produttori pu vendere ad un prezzo diverso da
quello di mercato.
P
Q
D
O
500
10.000
500
Q
P
A) Mercato Complessivo
B) Domanda della singola Impresa
d
d
d
P,C
Q
P,C
Q
C) Quantit venduta dallimpresa
D) Risultato economico dellimpresa
500
500
100
100
410
130 70
Cm
Cm
CM
E
a
a
b
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Il produttore dunque si trova di fronte ad un prezzo dato di 500 lire; questultimo
essendo molto piccolo rispetto alla dimensione del mercato (numerosit degli
operatori) come se si trovasse di fronte una domanda perfettamente orizzontale in
corrispondenza del prezzo di 500 lire (seconda figura del grafico 1.4).
In sostanza, la domanda che ha di fronte il produttore costituita da una retta
orizzontale (domanda perfettamente elastica), in quanto esprime il fatto che il
produttore pu vendere la quantit che vuole al prezzo stabilito dal mercato.
Spieghiamo quanto detto con un semplice esempio. Immaginiamo che il mercato di
banane di un determinato paese sia rappresentabile con una grande piazza molto
affollata dove ci sono tantissimi banchi di banane, perfettamente identiche, vendute
da omini muti vestiti tutti dello stesso colore. In una tale situazione essendo
perfettamente indifferente per i consumatori comprare da uno o dallaltro si avr che
la domanda di banane (da parte dei consumatori) che si trova a fronteggiare il singolo
banco sar rappresentata da una retta orizzontale in corrispondenza del prezzo di
mercato. E come se un singolo banco si trovi di fronte ad un grandissimo numero di
richieste di banane (infatti ci sono tantissimi consumatori che passano) e ogni
richiesta richiede il prodotto al prezzo di mercato di 500 lire. Il nostro banco
costretto a vendere al prezzo concorrenziale stabilito dallintero mercato, perch
se vendesse ad un prezzo pi alto non venderebbe neanche una unit di prodotto
e se provasse a vendere ad un prezzo pi basso non riuscirebbe a coprire i costi
(come vedremo nel prossimo paragrafo).
Per tornare allesempio della piazza si ha che la domanda complessiva di banane da
parte di tutti i consumatori rappresentata dalla curva D del grafico 1.4.A. Mentre la
curva di domanda per limpresa (che non altro che la domanda di banane nei
confronti di una singola impresa) rappresentata dalla retta orizzontale della figura
1.4.B. Una volta che il produttore si trova di fronte ad una illimitata richiesta di
banane tutte al prezzo di 500 lire dovr ora decidere la quantit da produrre e quindi
da vendere. Il produttore per il momento conosce solo il fatto che ogni banana
venduta gli far incassare 500 lire. Ma le decisioni di produzione dipenderanno dalla
stima congiunta di costi e ricavi. Sullasse delle ordinate misuriamo infatti sia il
prezzo di mercato che i costi dellimpresa (essendo le due grandezze espresse in
moneta possibile misurarle sullo stesso asse, nellintestazione dellasse in alcuni
manuali si pu trovare solo la lettera P che indica oltre al prezzo i costi). Il produttore
trover conveniente produrre banane solo se il costo di queste fosse inferiore al prezzo
di mercato, al contrario se il costo fosse superiore al prezzo nessuno produrrebbe
banane. Quale sar dunque lelemento che il produttore dovr tenere in
considerazione per stabilire la quantit da vendere? Questo sar naturalmente il costo
marginale delle banane. Ricordiamo ancora una volta che il costo marginale il costo
di produzione dellultima unit prodotta. Al produttore converr produrre banane sino
a quando il costo marginale di queste sar inferiore al prezzo, mentre non gli
converrebbe vendere banane se il costo marginale fosse superiore al prezzo di
mercato.

P = Cm

La terza figura del grafico 1.4 illustra appunto la quantit ottimale prodotta
dallimpresa in concorrenza perfetta. La quantit ottimale prodotta dallimpresa in
concorrenza perfetta sar quella in corrispondenza delluguaglianza tra costo
marginale e prezzo di mercato (punto a).
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41
In questo modo, limpresa in concorrenza perfetta produce la quantit ottimale
(nel nostro esempio 100 banane). Infatti, se limpresa producesse una quantit
superiore a quella ottimale, ad esempio 130 banane, avrebbe una perdita sulle ultime
30 banane prodotte (triangolo sopra la retta).
E chiaramente visibile nella figura 1.4.C che le ultime 30 banane prodotte hanno un
costo marginale superiore al prezzo. In altri termini, le ultime 30 banane prodotte
costano allimpresa pi di quanto si pu da queste ricavare vendendole sul mercato.
Dalla centesima unit in poi il costo marginale di ogni singola banana diventa
superiore al prezzo di mercato. A meno che limprenditore non sia razionale a questo
non converr produrre pi di 100 banane. Se limpresa al contrario avesse prodotto
una quantit inferiore a quella ottimale, ad esempio 70 banane, avrebbe un mancato
guadagno costituito dalla mancata produzione di altre 30 banane (triangolo sotto la
retta ). Infatti, fino alla centesima banana il costo marginale di queste inferiore al
prezzo di vendita e limpresa si priverebbe di un guadagno costituito dalla differenza
tra il prezzo di vendita ed il costo di produzione dalla settantesima alla centesima
banana .
Si capisce immediatamente che si avr convenienza a produrre sino a quando il costo
marginale uguale al prezzo di mercato, quando questo supera il prezzo di mercato
non si ha pi convenienza a produrre. Risulta dunque evidente che la quantit ottimale
si ottiene in corrispondenza delluguaglianza tra costo marginale e prezzo (100
banane). Una volta determinata la quantit ottimale bisogna vedere se limpresa in
perdita o produce utili. Infatti, laver prodotto la quantit ottimale non implica
necessariamente che limpresa sia in utile. Per misurare le perdite o i profitti
dellimpresa bisogna tracciare la curva dei costi medi che indicano quanto
mediamente costata una determinata quantit di prodotto. Infatti, il costo marginale
indica solamente il costo dellultima unit mentre a noi interessa ora verificare quanto
mediamente sono costate tutte le quantit prodotte. Nellesempio del grafico 1.4.D si
ha che le 100 banane prodotte sono costate in media 410 ciascuna (punto b). Essendo
vendute a 500 lire si ha un profitto di 90 su ogni unit; con un profitto totale di 9.000
= 90 * 100 (rettangolo colorato).
Ma illustriamo in maniera dettagliata il risultato economico dellimpresa.
Nella figura 2.4.A sono illustrati i ricavi dellimpresa, i quali sono dati dalla
moltiplicazione del numero delle quantit vendute per il prezzo di mercato. I ricavi
dellimpresa saranno infatti pari a 100 * 500 = 50.000. Larea del rettangolo colorato
illustra infatti i ricavi dellimpresa (ricordando che larea del rettangolo uguale a
base per altezza). I costi dellimpresa (grafico 2.4.B) saranno invece rappresentati dal
rettangolo che ha come base la quantit prodotta e come altezza il costo medio di
quella data quantit. I costi totali saranno pari a 100 * 410 = 41.000. Il costo medio di
410 indica appunto che avendo prodotto 100 banane in media una costata 410.
La differenza tra ricavi e costi costituisce gli extaprofitti dellimpresa (figura 2.4.C).
Alcuni manuali come gi detto non utilizzano il termine extraprofitti ma si limitano ad
utilizzare il termine profitti specificando per che tali guadagni sono un qualcosa di
aggiuntivo alla remunerazione normale (che inclusa nei costi).
Nellultimo grafico della figura 2.4 illustrata la figura che tutti i manuali riportano e
che la sintesi di quanto detto. Dato il prezzo di mercato p*, limpresa in concorrenza
perfetta produrr quella quantit q* in corrispondenza della quale il costo marginale
uguale al prezzo (punto a).
I ricavi dellimpresa sono dati dal rettangolo o-p*-a-q, mentre i costi totali sono dati
dal rettangolo o-CM-b-q*.
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42
I profitti risultano dalla differenza dei due rettangoli che costituita dal rettangolo
p*-CM-a-b.



































Figura 2.4 Ricavi, costi ed extraprofitti

3.4 Equilibrio nel Lungo periodo

La situazione che abbiamo illustrato in questi grafici si riferisce ad una
situazione di breve periodo. In effetti, solo momentaneamente una impresa in
concorrenza perfetta pu percepire extraprofitti. Nel lungo periodo gli
extraprofitti di un mercato in concorrenza perfetta si annullano.
Cerchiamo di capire il perch. La ragione ancora una volta risiede nella definizione di
extraprofitto. Questo costituisce il guadagno aggiuntivo che percepisce limprenditore
una volta che ha remunerato se stesso con un profitto normale.
Torniamo al mercato delle banane e supponiamo che in alcuni mercati contigui si
diffonda la notizia che nel mercato delle banane siano presenti degli extraprofitti.




d
P,C
Q
A) Ricavi dellimpresa
p* = 500
p* = 100
Cm
C
M
a
d
P,C
Q
B) Costi dellimpresa
CM = 410
Cm
C
M
b
d
P,C
Q
C) Extraprofitti dellimpresa
p* = 500
CM = 410
Cm
C
M
b
a
d
P,C
Q
p*
q*
Cm
C
M
a
C
M
b
O
D) Rappresentazione di sintesi
p* = 100
p* = 100
a
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43
Alcuni produttori di albicocche, che ad esempio si trovano in perdita, troveranno
conveniente lasciare la produzione di albicocche ed intraprendere la produzione delle
banane. Cos faranno anche tutti quei produttori ortofrutticoli che in un caso o
nellaltro ritengono pi conveniente produrre banane in quanto la vendita di queste
genera extraprofitti.



































Figura 3.4 Equilibrio dellimpresa nel lungo periodo

In sostanza, la presenza di extraprofitti in un mercato attirer nuovi concorrenti.
Ma vediamo cosa succede graficamente. Nel grafico 3.4.A rappresentata
nuovamente la condizione di una impresa in concorrenza perfetta che percepisce
extraprofitti.
Ma tale condizione, come abbiamo detto, attirer nuovi concorrenti sul mercato che
contribuiranno ad un aumento dellofferta di banane (grafico 3.4.B).
Laumento dellofferta nel mercato complessivo delle banane comporter un nuovo
punto di equilibrio da E a E con una riduzione del prezzo da 500 a 400. Ciascuna
B) Entrata di nuovi concorrenti
A) Presenza di extraprofitti nel Breve Periodo
500
400
10.000 12.000
P,C
Q
D
O
O
d
P,C
Q
500
400
d
C) Riduzione del prezzo per limpresa
D) Equilibrio dellimpresa nel Lungo Periodo
d
P,C
Q
500
100
410
Cm
CM
b
a
Cm
CM
d p*= 400
q*= 80
P,C
Q
a
E
E
a
a
80 100
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44
impresa si trover cos di fronte ad una nuova domanda (d) inferiore rispetto alla
precedente (grafico 3.4.C). Ci sar anche, per limpresa, un nuovo punto di
produzione ottimale, indicato dal punto a, nel quale si avr luguaglianza del costo
marginale con il nuovo prezzo di 400 (grafico 3.4.D).
Ma fino a quando entreranno i concorrenti? Fino a quando ci saranno
extraprofitti. La riduzione del prezzo di mercato comporta infatti una riduzione
degli extraprofitti fino alla loro scomparsa. Il prezzo in effetti scender fino ad
eguagliare il costo medio, graficamente si avr che la retta del prezzo (che rappresenta
la domanda dellimpresa) scender fino al punto di tangenza con il costo medio.
Il prezzo non potr scendere oltre in quanto se entrassero nuovi concorrenti il prezzo
di mercato si ridurrebbe ancora e sarebbe inferiore ai costi medi. In tale situazione
nessun concorrente avrebbe incentivo ad entrare nel mercato in quanto i costi totali
sarebbero superiori ai ricavi totali. Il prezzo di mercato scender nel lungo periodo
fino a quando sar tangente alla curva dei costi medi dellimpresa; in questa
situazione gli extraprofitti si annulleranno. Nel grafico 3.4.D il nuovo prezzo di
mercato di 400 sufficiente a coprire tutti i costi dellimpresa (compresa la
remunerazione normale) ma non genera extraprofitti. I ricavi totali sono uguali a 80 *
400, in quanto 80 la nuova quantit e 400 il loro nuovo prezzo, mentre i costi totali
sono anchessi 80 * 400, in quanto il costo medio relativo alla produzione di 80
banane 400. La situazione del grafico 3.4.D una situazione di lungo periodo, in
quanto comporta un equilibrio stabile. Nel lungo periodo la condizione di equilibrio
di una impresa in concorrenza perfetta si ha quando il prezzo uguale al costo
marginale e contemporaneamente al costo medio.

P = Cm = CM

Questa situazione di equilibrio anche detta situazione di pareggio in quanto
limpresa non sperimenta ne perdite ne extraprofitti. Limpresa riesce comunque
a coprire tutti i costi e assicura un profitto normale allimprenditore.
La domanda pi comune riguardo alla condizione di equilibrio di lungo periodo la
seguente: ma perch la condizione di equilibrio si ha quando i costi totali sono uguali
ai ricavi totali, le imprese lavorano forse per la gloria? Ripetiamo ancora una volta
che nei costi vanno inclusi anche i profitti normali che gli imprenditori si aspettano di
percepire in seguito allattivit economica. E che dunque nel caso in cui i ricavi siano
perfettamente uguali ai costi significa che questi avranno fatto bene i conti con il
mercato, nel senso che sono riusciti a coprire tutti i costi assicurando per se stessi un
profitto normale. Il profitto normale come abbiamo visto nel capito 3 non altro che
una sorta di remunerazione media del settore in cui opera limprenditore.
Cosa succede se il prezzo per qualche ragione aumentasse nuovamente da 400 a 500?
Si rimetterebbe in moto il processo di prima. Ci sarebbero nuovamente extraprofitti,
entrerebbero nuovi concorrenti, lofferta aumenterebbe e comporterebbe una nuova
riduzione del prezzo sino al livello di equilibrio con lassenza di extraprofitti.
Nel lungo periodo i ricavi totali sono uguali ad i costi totali dellimpresa e non si
hanno extraprofitti. Il potere di mercato delle imprese dunque nullo; queste non
possono in alcun modo influire sul prezzo, devono accettare il prezzo di mercato
che in una situazione di equilibrio sempre uguale al costo medio.

Come si intuisce facilmente molto poco realistico che in un mercato si possano
realizzare tutte le condizioni sopra elencate. I prodotti non sono mai del tutto identici,
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hanno sempre qualche elemento di distinzione come ad esempio il colore, il sapore
lodore che possono leggermente differire anche se le qualit di base del prodotto
rimangono inalterate. Per non parlare poi di altri elementi di differenziazione quali la
confezione e la marca. Supponiamo ora che uno degli omini del mercato delle banane
abbia lidea di diversificare, anche solo di poco il suo prodotto, mettendo ad esempio
sulle sue banane un bollino blu. Il giorno seguente i consumatori della piazza
potranno non essere indifferenti nello scegliere tra le normali banane e quelle con il
bollino blu. Tale politica di vendita potrebbe inoltre consentire allomino di vendere
le sue banane ad un prezzo di poco superiore a quello del resto delle banane.
Il giorno successivo altri omini potrebbero per imitare lidea mettendo sulle banane
bollini colorati, ciascuno con un proprio colore. La situazione che si verrebbe a creare
non sarebbe pi di concorrenza perfetta, in quanto se i consumatori fossero sensibili ai
colori sceglierebbero le banane con il bollino del colore preferito; e se ad esempio per
qualche strana ragione andasse di moda il rosa si avrebbe che le banane con il bollino
rosa venderebbero pi delle altre con un prezzo, se pur di poco, superiore.
La stessa cosa succederebbe se, al posto del bollino colorato, lomino si mettesse a
fare una pubblicit particolare alle sue banane o nella pi fortunata delle ipotesi
chiamasse una fanciulla seminuda come assistente alla vendita. Basta dunque una
minima differenziazione del prodotto per uscire dalla situazione di concorrenza
perfetta.
Abbiamo finora discusso di uno soltanto dei requisiti della concorrenza perfetta.
Supponiamo invece che le banane continuino ad essere perfettamente identiche e che
al contrario venga a mancare una delle altre condizioni fondamentali. Immaginiamo
ad esempio che uno degli omini trovi un sistema migliore per produrre le banane e
che in seguito a questo possa produrre banane a costi minori rispetto agli altri
concorrenti. In tal modo lomino potr vendere le banane a prezzi inferiori a quello di
equilibrio senza sperimentare perdite, conquistando cos tutto il mercato. Se infatti
nella piazza si spargesse la notizia che un banco vendesse le banane a 390, tutti i
consumatori comprerebbero le banane da questultimo e gli altri banchi dovrebbero
chiudere non potendo produrre a 390 (in quanto andrebbero in perdita). Da una
situazione di concorrenza perfetta si passerebbe drasticamente ad una situazione di
monopolio.

Nel caso di informazione imperfetta i consumatori potrebbero ignorare in parte i
prezzi delle banane; sarebbe dunque possibile che qualcuno di questi acquistasse
banane a prezzi diversi e superiori a quello di equilibrio. In tal caso non ci sarebbe pi
concorrenza perfetta.
Se invece fosse possibile per i produttori trovare accordi, questi potrebbero di comune
accordo alzare il prezzo di mercato al di sopra del livello concorrenziale senza
incorrere in una guerra dei prezzi (la quale farebbe ricadere il prezzo al livello di
equilibrio). La presenza di accordi naturalmente correlata con il numero di
concorrenti. Maggiore sar il numero di concorrenti e pi difficile sar prendere
accordi collusivi.
Se venisse a mancare la libert di entrata ed uscita sarebbe pi complesso il processo
di equilibrio del mercato da situazioni di extraprofitto a situazioni senza extraprofitto.
In quanto una situazione di extraprofitto, senza lentrata di nuovi concorrenti, si
potrebbe protrarre per lungo tempo.



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4.4 Un caso reale di concorrenza quasi perfetta: il commercio elettronico

Alla luce di quanto detto possiamo ora tranquillamente concludere che la
concorrenza perfetta comunque un regime di mercato che nella realt non
esiste; solo unipotesi manualistica che rappresenta un regime di mercato estremo.
E infatti quasi impossibile che in un mercato i prodotti siano perfettamente identici e
che ci sia un grado di informazione perfetta. I costi delle imprese daltronde non sono
mai perfettamente identici.
Nella realt i mercati che pi si avvicinano a situazioni di concorrenza perfetta sono
quelli agricoli; in questi infatti minore la diversificazione del prodotto e maggiore il
numero dei produttori. Le nuove trasformazioni delleconomia stanno facendo
comunque intravedere, nei nuovi settori delleconomia digitale, nuove forme di
concorrenza quasi perfetta. In seguito allavvento di internet si sta sviluppando in
maniera esponenziale leCommerce (Commercio su internet) che ha alcune
caratteristiche che possono richiamare per certi versi la concorrenza perfetta. La prima
il grado molto elevato di informazione su prezzi e prodotti scambiati. La seconda
la standardizzazione e la conseguente bassa diversificazione dei prodotti venduti on
line. Infatti, i prodotti venduti su internet necessitano di caratteristiche molto
convenzionali; pi facile che venga venduto un viaggio aereo piuttosto che unopera
darte. Questultima per essere acquistata necessita di essere vista dal vivo (per evitare
equivoci o truffe), mentre un viaggio aereo di cui nota la compagnia non ha bisogno
di ulteriori specificazioni. Quale la differenza tra i due prodotti? Lopera darte un
prodotto estremamente particolare mentre il viaggio aereo ha caratteristiche standard.
In teoria non ci sono grandissime differenze tra un volo Roma-Madrid con Alitalia,
Iberia, Virgin o altre compagnie. La terza caratteristica delleCommerce la
numerosit degli attori e lassenza di barriere allentrata. Attraverso internet si pu
acquistare in qualsiasi parte del mondo potendo visionare lofferta di tutti i produttori
mondiali presenti sul web.
Un caso limite quello delleTrading (finanza on line). Abbiamo visto in precedenza
che una banana con il bollino blu diversa da una con il bollino rosa, ma quando si
parla del denaro, sporco o pulito che sia, siamo tutti daccordo che sempre uguale.
Lunico bene che non pu esser diversificato in nessun modo il denaro in quanto
un bene che non ha qualit intrinseche ma solo un valore di scambio.
Su internet oggi possibile prendere a prestito del denaro da qualsiasi banca on line
del mondo. Se il nostro omino delle banane decidesse di intraprendere una nuova
attivit avrebbe di certo bisogno di un prestito. Potrebbe chiedere del denaro alla
banca pi vicina, ma cos facendo pagherebbe un tasso di interesse magari del 10%.
Successivamente navigando su internet si potrebbe accorgere che in Giappone c una
banca che presta soldi ad un tasso dell2%. Egli non dovr far altro che richiedere il
prestito e la somma dopo pochi istanti sarebbe accreditata sul suo conto corrente.
Su internet possibile conoscere tutti i tassi di interesse praticati da tutte le banche del
mondo e scegliere quella con il pi basso tasso.
Quale la conseguenza di ci? La conseguenza un graduale livellamento di tutti i
tassi di interesse. I consumatori che domandano prestiti di denaro su internet
come se si trovassero in una grande piazza con di fronte numerosissimi venditori
che vendono un prodotto perfettamente identico.
Ancora oggi comunque ci sono dei vincoli alla completa mobilit dei capitali, nel
senso che non cos facile chiedere in prestito denaro, come del resto linformazione
non mai completamente perfetta.
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Nel futuro sar comunque possibile immaginare una maggiore mobilit dei capitali
con la possibilit di realizzare un regime di mercato molto vicino alla concorrenza
perfetta.

5.4 Punto di chiusura e punto di pareggio

Abbiamo visto in precedenza che le imprese in concorrenza perfetta nel Breve periodo
possono percepire extraprofitti (figura 1.4) ma che questa condizione non pu che
durare per molto sul mercato in quanto prima o poi i profitti si annullerebbero per
lentrata di nuovi concorrenti provocando una riduzione del prezzo fino al livello del
costo medio. Nel lungo periodo infatti (figura 3.4) si realizzer una condizione di
equilibrio stabile dove il prezzo, oltre ad essere uguale al costo marginale (condizione
di produzione ottimale) sar anche uguale al costo medio. In una tale situazione
nessuno avr incentivi ad uscire o ad entrare nel mercato ed il prezzo di mercato non
tender n a salire n a scendere. Ma ora ci domandiamo cosa succederebbe ad una
impresa se invece di percepire extraprofitti od essere in pareggio fosse in perdita.
Nella figura 4.4 rappresentata una impresa in perdita. Il prezzo inferiore al costo
medio, ed i costi totali (rettangolo o-CM-b-q) sono superiori ai ricavi totali (rettangolo
o-p-a-q). Le perdite sono rappresentate dal rettangolo colorato (CM-p-b-a). Cosa far
dunque tale impresa? Uscir di scena o rester sul mercato aspettando tempi migliori?
Se i ricavi non fossero neanche sufficienti a coprire i costi variabili, ovvero se il
prezzo di mercato fosse inferiore al costo variabile medio (CVM), limpresa
dovrebbe uscire immediatamente. Se non si riescono a pagare materie prime e
salari impossibile continuare lattivit a meno di imbattersi in denunce
sindacali o ritorsioni da parte dei fornitori.
















Figura 4.4 Impresa in perdita

Se invece il prezzo fosse superiore al costo variabile medio, limpresa riuscirebbe a
coprire tutti i costi variabili ed una parte di quelli fissi. Di conseguenza, limpresa
avrebbe convenienza a rimanere sul mercato in quanto se uscisse, avrebbe una perdita
rappresentata dalla totalit dei costi fissi. Per questi infatti stata gi esborsata
dallimprenditore una certa quantit di denaro allinizio dellattivit economica.
Limpresa avr quindi convenienza a produrre in perdita pur coprendo una
parte di dei costi fissi piuttosto che uscire e perderli totalmente. Inoltre, i costi
P,C
Q
Cm
CM
b
a
q
p
CM
O
d
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48
fissi possono mutare nel tempo a seconda della dimensione dellimpresa;
possibile infatti che nel tempo questi possano diminuire. Di solito si hanno delle
economie di scala che consentono alle imprese di ridurre in proporzione i costi fissi
quando aumenta il volume delle vendite. I costi variabili invece tendono nella realt a
mantenersi costanti o addirittura ad aumentare proporzionalmente al crescere del
volume delle vendite. Se una impresa vuole raddoppiare la sua dimensione, non
detto che i costi fissi raddoppino, quasi sicuro che questi aumentino meno che
proporzionalmente.
Per questa ragione per unimpresa in perdita non sar gravissimo il fatto di non poter
coprire subito tutti i costi fissi, mentre indispensabile che questa copra
immediatamente quelli variabili. Quanto abbiamo detto si riferisce ovviamente ad una
situazione di Breve periodo in quanto nessuna impresa rester sul mercato
continuando indefinitamente a sperimentare perdite. Nel lungo periodo limpresa deve
infatti necessariamente coprire tutti costi.
In una situazione di Breve periodo un impresa rester sul mercato se il prezzo
superiore od uguale ai costi variabili medi (ovvero se i ricavi sono superiori od
uguali ai costi variabili).
In una situazione di Lungo periodo un impresa rester sul mercato se il prezzo
superiore od uguale al costo medio (ovvero se i ricavi sono superiori od uguali ai
costi totali). Con riferimento alla figura 5.4, se in una situazione di Breve periodo il
prezzo fosse inferiore a pc, limpresa dovrebbe uscire immediatamente dal mercato. Il
prezzo identificato dalla retta pc anche chiamato prezzo di chiusura in quanto al di
sotto di questo limpresa deve necessariamente chiudere perch non copre neanche i
costi variabili medi (CVM). Nel lungo periodo abbiamo invece detto che limpresa
deve per forza di cose andare in pareggio, ed per questo che il prezzo non pu essere
inferiore al prezzo pp che anche chiamato prezzo di equilibrio o prezzo di pareggio
(in quanto limpresa non sperimenta ne extraprofitti ne perdite), in caso contrario
limpresa sarebbe costretta ad uscire dal mercato.














Figura 5.4 Prezzo di pareggio e prezzo di chiusura

6.4 Curva di offerta dellimpresa

Siamo ora in grado di determinare la curva di offerta di unimpresa. Nel breve
periodo la curva di offerta dellimpresa sar costituita dal tratto crescente del
costo marginale a partire dal prezzo pc, infatti al di sotto di tale prezzo limpresa
non ha convenienza a produrre. Nel lungo periodo invece, la curva di offerta
Cm
CM
CVM
P,C
Q
pp
pc
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49
dellimpresa sar costituita dal tratto crescente del costo marginale a partire dal
livello di prezzo pp, in quanto al di sotto di tale prezzo limpresa come abbiamo
visto deve uscire dal mercato.
Per convincerci che il tratto crescente del costo marginale a partire dal prezzo di
chiusura o pareggio (a seconda che si tratti del breve o del lungo periodo) costituisca
la curva di offerta di una impresa si deve osservare il modo attraverso il quale
limpresa stabilisce di produrre la quantit ottimale. Questa, come abbiamo pi volte
ripetuto, si determina dalluguaglianza tra prezzo e costo marginale. In altri termini
la curva del costo marginale che indica per ciascun livello di prezzo quella che sar la
quantit che limpresa produrr e offrir sul mercato

6.5 Il Concetto di Breve e Lungo periodo e la possibilit di mutare la dimensione

Abbiamo visto in precedenza che nel breve periodo le imprese in concorrenza
possono percepire extraprofitti od essere anche in perdita (purch coprano i costi
variabili), mentre nel lungo periodo lunica situazione possibile quella nella quale le
imprese si trovano in equilibrio con luguaglianza di costi e ricavi.
Ma ora ci chiediamo cosa si intende per breve e lungo periodo. Intuitivamente i lettori
si saranno gi fatti unidea. Il breve periodo si riferisce ad una situazione temporanea
nella quale le imprese si possono trovare come gi ripetuto in perdita o in
extraprofitto. Il lungo periodo invece una situazione destinata a perdurare nel tempo
in seguito al raggiungimento di un equilibrio stabile. Le due situazioni sono
ovviamente caratterizzate dal fattore tempo. Ma nella teoria economica i concetti di
breve e lungo periodo non si riferiscono tanto al fattore tempo quanto alla
possibilit che ha limpresa di cambiare la sua dimensione.
Una situazione di breve periodo caratterizzata dal fatto che limpresa non ha la
possibilit di modificare la sua dimensione e che di conseguenza avr una determinata
struttura dei costi fissi; ad esempio un determinato locale e un determinato numero di
macchinari. Il lungo periodo invece caratterizzato dal fatto che limpresa ha la
possibilit di cambiare la sua dimensione cambiando la struttura dei costi fissi; ad
esempio un locale pi grande ed un numero superiore di macchinari.
In ogni caso, la possibilit o meno di cambiare dimensione sempre legata al fattore
temporale in quanto si presume che limpresa non possa fare cambiamenti radicali
nellimmediato. Nel breve periodo, anche se limpresa fosse in perdita, potrebbe
sempre sperare di cambiare dimensione tornando in pareggio, in quanto i costi fissi
medi diminuirebbero allaumentare della dimensione.
Immaginiamo che un imprenditore decida di raddoppiare la dimensione della sua
impresa; non per questo si imbatter in un raddoppio dei costi fissi. Parte dei costi
fissi stata gi pagata (licenze, brevetti, spese legali, spese di marketing) mentre la
spesa per macchinari e affitti dei locali aumenter, ma meno che proporzionalmente.
E probabile infatti che nellacquisto di pi macchinari limprenditore riesca a
spuntare sconti vantaggiosi e potrebbe risultare dunque evidente che dopo un breve
periodo di perdite, allaumentare della sua dimensione, limpresa possa scoprire di
andare in pareggio o addirittura di percepire extraprofitti. In pratica si assiste nella
realt ad una graduale riduzione dei costi fissi medi (e di conseguenza dei costi medi)
quando una impresa aumenta la sua dimensione (ricordiamo che CM = CFM +
CVM). Leffetto dellaumento della dimensione dellimpresa sui costi variabili
invece incerto. Da una parte il costo per le materie prime tende a diminuire in seguito
agli sconti sulla quantit. Ma nei casi in cui limpresa aumentando la sua dimensione
non trovasse lavoratori sul mercato sarebbe costretta a ricorrere agli straordinari, i
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50
quali hanno leffetto di far aumentare i salari pi che proporzionalmente (unora di
straordinario viene pagata normalmente pi di unora di lavoro ordinario). Con
riferimento a quanto detto analizziamo il grafico 6.4 A. Unimpresa opera
inizialmente con una determinata dimensione che genera una curva del costo medio
pari a CM1. Tale impresa in perdita in quanto il prezzo p inferiore alla curva del
costo medio CM1. Ma limpresa nel lungo periodo ha la possibilit di ingrandire la
sua dimensione ed aumentare la quantit venduta. Supponiamo che raddoppiasse la
sua dimensione e che per effetto della riduzione dei costi fissi medi si trovasse con
una nuova curva del costo medio CM2. Anche in questo caso per limpresa sarebbe
in perdita in quanto il prezzo sarebbe inferiore al costo medio CM2. Ma se invece
limpresa avesse deciso di triplicare la sua dimensione si troverebbe con una curva del
costo medio CM3 ancora pi bassa. In questa situazione limpresa sarebbe in
equilibrio perch riuscirebbe a coprire tutti i costi. Come si vede dal grafico il prezzo
di mercato tangente alla curva CM3.

































Figura 6.4 Costo medio di breve e lungo periodo

p d
P, C
Q
CM1
CM2
CM3
CM4
P, C
Q
CML
p d
A) Costo Medio di Breve periodo
B) Costo Medio di Lungo periodo
CmL
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Se invece, per un errore di valutazione, limpresa quadruplicasse la sua dimensione si
troverebbe con una curva del costo medio pari a CM4 e limpresa sarebbe nuovamente
in perdita perch il prezzo di mercato sarebbe inferiore a CM4. Come si vede dalla
figura, allaumentare della dimensione, la struttura dei costi medi decresce passando
da CM1 a CM3 per effetto della riduzione dei costi fissi medi. Ma dopo una certa
dimensione in poi pu accadere che i costi medi siano pi alti. Questo come gi detto
pu dipendere dallincremento pi che proporzionale dei costi variabili.
Ciascuna delle quattro curve rappresentate nel grafico 6.4 A una curva del costo
medio di breve periodo a seconda di quella che la dimensione iniziale dellimpresa.
Ma se nel breve periodo limpresa vincolata alla dimensione, nel lungo periodo
questa ha la possibilit di scegliere una delle quattro dimensioni illustrate e risulter
che il costo medio sar rappresentato dallinsieme delle curve di costo medio di
breve periodo. Limpresa, dopo alcuni aggiustamenti, sceglier nel lungo periodo
la dimensione CM3.
Nel grafico 6.4 B illustrato il costo medio di lungo periodo dellimpresa il quale
risulter dalla somma dei tratti pi bassi delle curve di costo medio di breve periodo.
Infatti, nel lungo periodo, essendo libera di scegliere la dimensione che vuole,
limpresa come se si trovasse contemporaneamente di fronte alle quattro curve,
la cui unione coincide con la curva del costo medio di lungo periodo CML. La
curva del costo marginale di lungo periodo CmL interseca la curva CML nel suo
punto di minimo. La quantit ottimale di lungo periodo sar quella in corrispondenza
delluguaglianza tra prezzo, costo marginale e costo medio di lungo periodo con la
scelta della dimensione CM3.



























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52




1.5 Equilibrio dellimpresa monopolistica

Abbiamo visto nellultimo capitolo che la concorrenza perfetta nella realt non esiste.
I monopoli al contrario esistono e rappresentano lestremo opposto di un regime di
concorrenza perfetta.
La parola monopolio viene dal greco ed composta da due termini, il primo Monos
(Movoo) che significa uno solo, il secondo Poleo (Heco) che significa vendere;
alla lettera monopolio significa un solo venditore.
Si ha un monopolio quando nella produzione di un determinato bene presente
ununica impresa che assorbe tutta la domanda del mercato. Questa ovviamente gode
di un enorme potere in virt del fatto che non ha concorrenti o rivali che possano
erodere i suoi extraprofitti. Il potere di mercato dellimpresa infatti massimo.
Facciamo un esempio estremo tanto per entrare nel tema supponendo che in un
deserto ci sia unicamente un pozzo. Il proprietario del pozzo avr un grosso potere
nella contrattazione del prezzo, e potr risultare possibile che il prezzo di vendita di
un bicchiere dacqua sia elevatissimo.






















TABELLA 1.5

Ma se i pozzi fossero due o pi la cosa sarebbe ben diversa, in quanto a meno che non
si verificasse un accordo tra i proprietari dei pozzi, questultimi entrerebbero in
concorrenza con il risultato che il prezzo sarebbe notevolmente pi basso. Risulta
Prezzo Quantit
Ricavo
totale
Ricavo
marginale
10
9
8
7
6
5
1
2
3
4
5
6
10
18
24
28
30
30
10
8
6
4
2
0
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53
dunque evidente che ununica impresa, per il fatto di essere la sola a vendere il
prodotto sul mercato, ha un enorme potere nella determinazione del prezzo.
Illustriamo graficamente una situazione di monopolio. Ci domandiamo come prima
cosa quale sar la curva di domanda che limpresa monopolista si trova a fronteggiare.
Essendoci solo unimpresa, tutta la domanda dei consumatori rivolta nei confronti di
questa impresa. La domanda dellimpresa coincide dunque con la domanda
dellintero mercato che come abbiamo studiato nel primo capitolo rappresentabile
con una retta decrescente.
Ma prima di stabilire la quantit ottimale prodotta dallimpresa in monopolio,
dobbiamo introdurre il concetto di ricavo marginale. Il ricavo marginale il ricavo
aggiuntivo apportato dallunit addizionale di prodotto venduta dallimpresa.
Nella figura 5.1 illustrata una normalissima curva di domanda i cui riferimenti
numerici si riferiscono alla tabella 5.1.
Se la curva di domanda dellimpresa non costituita da una retta orizzontale ma
inclinata negativamente, si ha che il ricavo marginale una curva distinta che si trova
al di sotto della curva di domanda.




























Figura 1.5 Costruzione del ricavo marginale

La curva del ricavo marginale sottostante alla curva di domanda poich per
vendere una unit addizionale limpressa deve ridurre il prezzo. Guardando la
tabella si potr facilmente capire quanto scritto. Ad un prezzo di 10 i consumatori
domanderanno 1 unit di prodotto, che quella che venderebbe limpresa che in
1 2 3 4 5 6
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
7 8 9 10
D
Rm
Q
P, Rm
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54
questo caso avrebbe un ricavo paria a 10. Se limpresa volesse vendere 2 unit di
prodotto dovrebbe abbassare il prezzo da 10 a 9 con ricavi totali pari a 18. In questo
caso il ricavo marginale della seconda unit venduta sarebbe pari a 8.
Una volta tracciata la curva del costo marginale possiamo stabilire la condizione di
equilibrio dellimpresa in Monopolio. Limpresa in monopolio produrr quella
quantit in corrispondenza della quale il costo marginale uguale al ricavo
marginale.

Rm = Cm

Il ragionamento simile a quello illustrato nel paragrafo 2.4 (figura 2.1 C). Limpresa
produrr quantit addizionali se il loro ricavo marginale superiore al costo
marginale. Per quantit inferiori a quella di equilibrio il costo marginale inferiore al
ricavo marginale e si ha incentivo a produrre ulteriori quantit in quanto su queste
limpresa sperimenta un guadagno (essendo i ricavi marginali superiori ai costi
marginali). Ma quando il costo marginale supera il ricavo marginale limpresa non ha
pi convenienza a produrre in quanto il costo di produzione di una unit in pi di
prodotto superiore al ricavo marginale che tale unit reca allimpresa.






















Figura 2.5 Impresa in Monopolio

Nella Figura 2.5 rappresentata la condizione di una impresa che opera in regime di
monopolio. La Curva di domanda dellintero mercato D coincide con la curva di
domanda che si trova di fronte limpresa, in quanto questa la sola a produrre.
Limpresa (Figura 2.5.A) produrr fino a quando il ricavo marginale della quantit
prodotta superiore od uguale al costo marginale. La quantit ottimale q* quella in
corrispondenza delluguaglianza tra ricavo marginale e costo marginale (punto a). Se
limpresa producesse una quantit superiore a quella ottimale avrebbe delle perdite su
Cm
CM
Rm
Q
P,C
Cm
Rm
Q
P,C
p*
q*
a
p*
q*
a
b
CM
c
A) Quantit ottimale prodotta B) Extraprofitti dellimpresa
D
D
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55
tutte le unit addizionali in quanto oltre la quantit q* il costo marginale delle unit
successive superiore al ricavo marginale. Analogamente, se limpresa producesse
una quantit inferiore a quella di equilibrio q* limpresa avrebbe sempre la possibilit
di guadagnare di pi producendo tutte quelle unit di prodotto addizionali che hanno
un costo marginale inferiore al ricavo marginale. Quale sar il prezzo di vendita della
quantit q*? Limpresa vender la quantit q* al prezzo di domanda dei consumatori.
Il punto c sulla curva di domanda indica infatti che la quantit q* verr domandata in
corrispondenza di un prezzo p*, che appunto il prezzo al quale limpresa
monopolista vender il prodotto. Per vedere graficamente il risultato economico
dellimpresa (profitti e perdite) bisogna disegnare la curva del costo medio. Nella
figura 2.5.B sono illustrati gli extraprofitti dellimpresa monopolista. Come abbiamo
studiato nel capitolo precedente gli extraprofitti sono dati dalla differenza tra ricavi e
costi totali. I ricavi totali si ottengono moltiplicando la quantit per il prezzo e sono
graficamente rappresentati dal rettangolo O-q*-p*-c. I costi totali si ottengono
moltiplicando il costo medio per la quantit e graficamente sono rappresentati dal
rettangolo O-q*- CM-b. La differenza tra i due rettangoli rappresentata dal
rettangolo colorato CM- b-p*-c che rappresenta appunto i profitti. Tali extraprofitti
sono destinati a persistere per lungo tempo. E intuitivo infatti che unazienda in
monopolio non pu che sperimentare extraprofitti in conseguenza del suo enorme
potere di mercato. In regime di Monopolio gli extraprofitti dellimpresa sono destinati
a persistere in quanto non ci sono aziende concorrenti.

2.5 Argomentazioni contro e a favore del monopolio

Abbiamo visto che in un regime di monopolio limpresa abusa del suo potere con il
risultato di generare inefficienze nella produzione. Guardando la figura 3.5 ci
possiamo rendere conto di quanto detto.


















Figura 3.5 I nefficienza del Monopolio

Se limpresa determinasse la quantit da produrre in base alluguaglianza tra costo
marginale e prezzo di domanda (punto h), come nel caso della concorrenza perfetta, la
Cm
Rm
Q
P,C
p1
q1
a
D
q2
p2
c
h
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56
quantit prodotta q2 sarebbe superiore a quella prodotta in monopolio (q1), ed il
prezzo concorrenziale p2 sarebbe inferiore al prezzo di monopolio (p1).
La collettivit nel suo complesso si troverebbe in una situazione migliore con una
quantit maggiore ed un prezzo minore.
Anche se in questa sede non possibile approfondire il tema, intuitivo che un
regime di monopolio costituisce un regime di produzione inefficiente. Questa la
pi grande critica che si muove nei confronti dei monopoli.

Ma c anche chi sostiene che i monopoli abbiano dei pregi. Le imprese in monopolio
sono le uniche che si possono permettere di investire ingenti somme di denaro in
ricerca e sviluppo. Unimpresa in concorrenza perfetta al contrario non dispone in
nessun modo di fondi da reinvestire in quanto nel lungo periodo i suoi ricavi sono
perfettamente uguali ai suoi costi. Sono proprio gli extraprofitti del monopolista
che in quanto extra possono essere reinvestiti al fine di migliorare il processo di
produzione. Pensiamo ad esempio al colosso della Microsoft. Ogni anno sul
mercato vengono lanciati nuovi prodotti, il pi delle volte si tratta degli stessi
prodotti con leggere modifiche che migliorano la qualit complessiva del servizio
offerto. Il processo di miglioramento comunque continuo. Chi utilizza windows
2010 si pu rendere conto delle differenze con windows 2000 o con le versioni
precedenti. Il miglioramento dovuto alle grandi spese sostenute per finanziare la
ricerca e lo sviluppo tecnologico allinterno dellazienda. Si racconta che i
programmatori della microsoft passino la met dei giorni dellanno in ville
straordinarie nelle isole tropicali. Infatti, in quella condizione, si racconta, possono
sfruttare al massimo la loro creativit e concorrere al meglio al processo innovativo.
Al di l dei racconti, la verit rimane comunque nel fatto che tutte le grandi aziende
investono molto nelle risorse umane e nella ricerca.
























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57



1.6 Molte imprese che vendono prodotti simili

Nella realt il regime di mercato pi diffuso quello della concorrenza
imperfetta chiamata anche concorrenza monopolistica. Una situazione
economica a met tra i due casi estremi finora studiati: il monopolio e la
concorrenza perfetta.
La maggior parte dei mercati (automobili, abbigliamento, alimentari, detersivi,
sigarette) costituito da molti venditori che vendono prodotti simili. Tali prodotti
non sono perfettamente identici come nella concorrenza perfetta ma presentano delle
diversit. Queste, possono essere piccolissime, come nel caso della Coca cola e della
Pepsi cola, o possono essere anche rilevanti, come nel caso delle automobili. Ogni
impresa, per il fatto di vendere un prodotto diversificato e non identico a quello dei
concorrenti, come se si trovasse di fronte una curva di domanda specifica come nel
caso del monopolio. Ma la differenza con il regime di monopolio che, essendo i beni
molto simili, le imprese entrano tra loro in concorrenza. Da qui il nome di
concorrenza monopolistica.
Prendiamo in considerazione, ad esempio, il mercato delle sigarette. Questo
composto da numerose imprese che vendono prodotti simili ma leggermente
diversificati. La diversificazione pu risiedere sia nelle caratteristiche intrinseche del
prodotto (sapore, colore, morbidezza,) che estrinseche (colore della scatola, nome
del prodotto, pubblicit,..). I fumatori abituali fumano di solito sempre le stesse
sigarette e per queste, farebbero anche diversi chilometri a piedi se non si trovassero
nella tabaccheria sotto casa. Ma se il prezzo di queste raddoppiasse rispetto a tutte le
altre, la maggior parte dei fumatori incomincerebbe a fumare sigarette di altre marche.
Se ad esempio il prezzo delle Marlboro Lights superasse di molto quello delle altre
sigarette, gran parte dei fumatori abituali delle Marlboro Lights sarebbe costretto a
passare alle Camel Lights o alle Philips Morris.
E come se ogni impresa avesse una propria domanda di mercato specifica, espressa
dai consumatori che hanno la preferenza per quel determinato prodotto (Marlboro
Lights); ma le imprese si trovano in concorrenza fra loro, in quanto i consumatori
possono scegliere da un momento allaltro di comprare il prodotto concorrente
(Camel Lights).
Facciamo ancora un semplicissimo esempio tornando per un istante in un regime
perfettamente concorrenziale. Immaginiamo che nel mercato dei quaderni di scuola ci
siano tutte le caratteristiche della concorrenza perfetta. Tutte le imprese vendono
quaderni perfettamente identici con la copertina completamente bianca. Le imprese in
questo caso, non hanno una specifica curva di domanda, in quanto per i consumatori
indifferente acquistare dalluna o dallaltra impresa. La curva di domanda
dellimpresa in concorrenza perfetta infatti rappresentata da una retta orizzontale in
corrispondenza del prezzo di equilibrio del mercato. Tale retta indica che le imprese,
non avendo una specifica quantit domandata del loro prodotto, possono vendere la
quantit che desiderano al prezzo di mercato (che identico per tutte le imprese).
Ma supponiamo ora che una delle numerose imprese diversificasse il prodotto
mettendo in copertina i disegni dellUomo Ragno. Tutti i bambini appassionati
dellUomo Ragno non saranno pi indifferenti nellacquisto di quaderni ma
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esprimeranno una preferenza concreta nellacquisto esclusivo di quel quaderno.
Limpresa diversificando il prodotto riesce cos a ritagliarsi una sua specifica curva di
domanda. Limpresa che ha diversificato il prodotto godrebbe ora di extraprofitti in
quanto si troverebbe in una situazione di quasi monopolio in quanto sarebbe la sola a
vendere un prodotto diverso da quello venduto dalle imprese concorrenti.
Ma le altre imprese non stanno certo a guardare: nel giro di poco tempo imiterebbero
lidea della prima impresa e produrrebbero quaderni con altri disegni (Hulk, Devil,
Thor, I Fantastici Quattro,). Ciascuna impresa riuscirebbe cos a ritagliarsi una sua
propria curva di domanda a seconda delle preferenze dei consumatori per i personaggi
disegnati. Il regime di mercato da perfettamente concorrenziale quale era in principio
si trasformerebbe in un regime di concorrenza imperfetta o monopolistica in quanto
ogni impresa avrebbe un suo proprio mercato con una relativa curva di domanda. Ma
non si tratta certo di monopolio in quanto i prodotti sono molto simili e le imprese
sono in continua concorrenza tra loro. Se gli appassionati dellUomo Ragno
scoprissero che i quaderni con i Fantastici Quattro costassero meno, forse
deciderebbero di cambiare preferenza.

2.6 Limpresa in concorrenza monopolistica nel Breve Periodo

La rappresentazione grafica dellequilibrio di una impresa in concorrenza
monopolistica simile alla rappresentazione di una impresa in monopolio. Lunica
cosa che cambia la rappresentazione della domanda. Nel caso del monopolio la
curva di domanda che si trova di fronte limpresa si riferisce allintero mercato,
ovvero la curva di domanda dellimpresa coincide con quella dellintero mercato. Nel
caso della concorrenza monopolistica, essendoci molti venditori, si ha che la
curva di domanda dellimpresa solo una piccola frazione della curva di
domanda complessiva dellintero mercato. Ad esempio, la domanda di quaderni
con lUomo Ragno rappresenta solo una piccola parte della domanda complessiva di
quaderni.

Nella Figura 1.6 rappresentato lequilibrio di breve periodo di unimpresa in
concorrenza monopolistica. Il grafico identico a quello del monopolio.
Limpresa in concorrenza monopolistica si trova di fronte ad una specifica domanda d
da parte dei consumatori. Tale domanda rappresenta solo una piccola frazione della
domanda complessiva del mercato in questione. Tracciando le curve del costo
marginale e del ricavo marginale limpresa stabilisce di produrre la quantit ottimale
q*, quella in corrispondenza delluguaglianza tra costo e ricavo marginale (punto a).
Limpresa vender la quantit q* al prezzo p* che il prezzo di domanda da parte dei
consumatori (punto c). Tracciando la curva del costo medio si possono evidenziare gli
extraprofitti che sperimenta limpresa rappresentati dal quadrato colorato.
Ma la situazione illustrata nella figura 1.6 non pu durare per lungo tempo. Infatti, in
un mercato in concorrenza monopolistica le imprese che sperimentano
extraprofitti attirano altre imprese che hanno la speranza di perseguire
extraprofitti producendo prodotti simili. Lentrata sul mercato di altre imprese
comporta una riduzione della domanda delle imprese presenti con la conseguente
riduzione degli extraprofitti. Il ragionamento identico a quello condotto per la
concorrenza perfetta dove nel lungo periodo gli extraprofitti si annullano. In regime di
monopolio invece, la persistenza degli extraprofitti causata dallassenza perpetua di
concorrenti.

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59


















Figura 1.6 Impresa in concorrenza monopolistica nel Breve periodo
Torniamo al nostro esempio dei quaderni di scuola. Supponiamo che lUomo Ragno
dopo molti anni torni di moda e che limpresa che produce quaderni con i disegni
dellUomo Ragno sperimenti nel breve periodo ingenti extraprofitti, mentre altre
imprese che producono quaderni con altri disegni hanno profitti pi bassi o addirittura
sono in perdita. Questultime, non avendo molte difficolt a cambiare i disegni di
copertina, troverebbero pi conveniente vendere quaderni con la copertina dellUomo
Ragno, in quanto in quel momento il prodotto che tira di pi.
In questo caso, la nostra impresa, si trova cos a dividersi la vendita dei quaderni
dellUomo Ragno con altre imprese con il risultato che la sua domanda specifica si
riduce provocando una riduzione degli extraprofitti. E possibile anche che tutte o la
maggior parte delle imprese che producono quaderni sperimentino nel breve periodo
extraprofitti. Ci sar di conseguenza, una grande entrata di nuovi concorrenti che
prima producevano in altri mercati attratti dagli extraprofitti. Nella figura 2.6
rappresentato ci che accade alla curva di domanda di una impresa in concorrenza
monopolistica quando si ha un entrata sul mercato di nuovi concorrenti. La domanda
d che inizialmente si trova di fronte limpresa si riduce. La nuova curva di domanda
rappresentata dalla curva d. Di conseguenza, anche la curva del ricavo marginale si
riduce passando da Rm a Rm. Ma la curva di domanda si ridurr fino a quando
cesseranno di entrare sul mercato nuovi concorrenti. I concorrenti entreranno sul
mercato fino a quando ci saranno extraprofitti; quando questi si annullano, cesser
anche la convenienza ad entrare in quel mercato. Ne consegue che la curva di
domanda dellimpresa si ridurr fino al punto in cui si annulleranno gli
extraprofitti. Tale situazione ora stabile (situazione di lungo periodo) in quanto non
ci saranno n imprese in perdita n in extraprofitto e di conseguenza non ci sar
convenienza ad entrare o ad uscire dal mercato.
Nella figura 3.6 rappresentata la condizione di equilibrio di una impresa in
concorrenza monopolistica nel lungo periodo. La curva di domanda si riduce, per
leffetto dellentrata dei nuovi concorrenti, fino al punto di tangenza con la curva
del costo medio (punto b). Infatti, se si osserva la figura, si vede che lintersezione
del costo marginale con il nuovo ricavo marginale Rm (punto a) genera una nuova
Cm
CM
Rm
Q
P,C
p*
q*
a
b
CM
c
d
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60
quantit di equilibrio q* in corrispondenza della quale ricavi totali e costi totali sono
identici, infatti il nuovo prezzo p* uguale al nuovo costo medio CM.


















Figura 2.6 Riduzione della domanda dellimpresa in seguito allentrata di nuovi
concorrenti




















Figura 3.6 Impresa in concorrenza monopolistica nel lungo periodo

Come si vede dal grafico limpresa non sperimenta extraprofitti, anche se riesce a
coprire tutti i costi e consente allimprenditore di percepire una remunerazione
normale (profitto medio del settore). Nel lungo periodo dunque, in un regime di
concorrenza monopolistica gli extraprofitti delle imprese si annullano in seguito
allentrata di nuovi concorrenti.


Q
P
d d Rm Rm
Rm d
Q
P,C
Cm
CM
a
b
q*
p*= CM
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61






1.7 Tipi di Oligopolio


Anche il termine oligopolio viene dal greco Oligos (Oioo), che significa poco, ed
indica un regime di mercato dove sono presenti poche imprese che offrono lo
stesso bene. Possiamo distinguere a priori tre tipologie fondamentali di oligopolio:

- Oligopolio collusivo
- Oligopolio concorrenziale
- Oligopolio con impresa dominante

Si versa in regime di oligopolio collusivo quando le poche imprese presenti sul
mercato riescono a raggiungere unintesa riguardante prezzi e quantit di vendita. Ci
troviamo di fronte ad una situazione molto simile a quella che si verifica quando sul
mercato opera una sola impresa (monopolio).
In certe circostanze, le imprese hanno tutta la convenienza a raggiungere accordi
collusivi (chiamati anche cartelli), in quanto in tal modo eludono leffetto
principale della concorrenza rappresentato dalla riduzione dei prezzi. Abbiamo
visto in precedenza che in regime di monopolio limpresa, non avendo concorrenti,
poteva di fatto fissare un prezzo di vendita del prodotto pi alto rispetto a situazioni
concorrenziali. Tale situazione pu essere riprodotta attraverso cartelli collusivi dove
le imprese produttrici si accordano per vendere lo stesso bene allo stesso prezzo, che
sar molto vicino a quello che si verificherebbe in una situazione di monopolio. A
livello analitico, il grafico che rappresenta una situazione di oligopolio collusivo
identico a quello raffigurante una situazione di monopolio. E come se le imprese si
fondessero in una sola impresa con la conseguenza di avere una specie di Monopolio.
Nella realt esistono molti casi di oligopolio collusivo. Anni fa un volo Roma-
Barcellona veniva offerto allo stesso prezzo da Alitalia e da Iberia. Le due imprese
avevano ovviamente tutta la convenienza a raggiungere un accordo, in quanto cos
facendo avrebbero di fatto evitato una possibile guerra dei prezzi.
Immaginiamo infatti che la tratta Roma-Barcellona sia coperta solamente da due
imprese, Alitalia e Iberia. Supponiamo che la tariffa piena praticata da entrambe le
compagnie sia di 200 euro. Se lamministratore delegato dellAlitalia volesse
accaparrarsi una quota di mercato maggiore e decidesse cos di ridurre il prezzo della
tratta da 200 euro a 150 euro, sicuramente si potrebbe aggiudicare facilmente lintero
mercato, in quanto tutti i consumatori italiani e spagnoli avrebbero convenienza a
viaggiare esclusivamente con Alitalia. Il giorno successivo per, lamministratore
delegato di Iberia, per non perdere la clientela acquisita, ridurrebbe il prezzo della
stessa cifra praticata da Alitalia. Ma potrebbe anche succedere che Iberia, spaventata
dallazione di Aliatlia, diminuisca il prezzo da 150 a 140 per conquistare lintero
mercato o per unazione di ritorsione. In tal caso Alitalia sarebbe ora costretta a
ridurre il prezzo a 140. Quale il risultato di questa guerra dei prezzi per le due
imprese? Le quote di mercato restano invariate mentre i profitti delle due imprese si
dimezzano.
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62
E dunque evidente la convenienza per entrambe le imprese a raggiungere un accordo
per mantenere il prezzo a 200 euro, rinunciando allaccaparramento di quote superiori
di mercato. Supponiamo ora che un terzo concorrente entri sul mercato delle tratte
aeree Roma-Barcellona, ad esempio Virgin o Easy Jet. A questo punto Alitalia e
Iberia continuerebbero probabilmente ad avere convenienza ad includere nel cartello
anche questultimo, pur rinunciando a quote di mercato a favore della terza impresa.
Ma quando il numero delle imprese aumenta, la convenienza a raggiungere accordi
diminuisce in quanto le imprese non si accontentano di una piccola quota di mercato,
ma cercano il pi possibile di conquistare ulteriori quote. Inoltre, diventa anche pi
complesso realizzare e gestire accordi collusivi. Vigendo nei diversi Paesi severe
leggi antitrust, fare accordi proibito e spesso accade che questi siano taciti.
Loligopolio della telefonia mobile, costituito da quattro imprese (Tim,
Vodafone, Wind, Tre), rappresenta forse uno dei casi pi interessanti di
oligopolio concorrenziale. E sufficiente vedere i bombardamenti televisivi nelle ore
di punta o scorgere tra le numerose riviste le intere pagine che pubblicizzano tariffe,
sconti, agevolazioni e promozioni di ogni genere. E come se il consumatore
assistesse ad una partita di tennis dove a botta e risposta i vari concorrenti si fanno
guerra sulle tariffe e sui servizi offerti. Di recente sono entrati nel mercato anche
operatori virtuali quali ad esempio Poste Mobile che pur non possedendo le
infrastrutture di rete possono ugualmente erogare servizi di telefonia mobile.
Ci si pu infatti chiedere se sono pi basse le tariffe di Vodafone o quelle di Wind, o
analogamente quelle di Tim o quelle di Tre; riuscire a dare una risposta univoca
quasi impossibile visto che esistono pi di venti tariffe diverse che diminuiscono di
mese in mese. Ma la concorrenza, sembrer paradossale, non solo nelle tariffe e nei
servizi, ma anche nellimmagine che il gestore vuole dare di s negli spot televisivi.
Alle provocanti e spregiudicate modelle della Omnitel (oggi Vodafone) la Tim era
solita rispondere con ragazzine acqua e sapone che attiravano segmenti di mercato
differenti. Spesso infatti, accade che il consumatore scelga loperatore semplicemente
in base alle mode del momento o alla bellezza delle modelle che pubblicizzano il
prodotto.

Un caso particolare di oligopolio si presenta quando unimpresa ha una quota di
mercato molto grande in rapporto alle altre. Di conseguenza, gli equilibri e le
decisioni di tutti in concorrenti sono vincolate ai piani di questa. Spesso accade infatti
che limpresa dominante venda il bene ad un determinato prezzo e tutti gli altri
concorrenti vendano il proprio prodotto allo stesso prezzo stabilito dallimpresa
dominante. Questo avviene perch i concorrenti hanno timore delle possibili
conseguenze alle quali andrebbero incontro qualora vendessero ad un prezzo
inferiore. Alle restanti imprese conviene infatti il pi delle volte seguire tacitamente le
decisioni dellimpresa dominante per evitare una guerra dei prezzi.
Ma la situazione molto diversa rispetto al caso delloligopolio collusivo dove i taciti
accordi hanno caratteristiche di stabilit. E possibile che da un momento allaltro
limpresa dominante decida di ridurre i prezzi per conquistare lintero mercato e
spazzare via il resto delle imprese, cos come possibile che le imprese concorrenti,
non accontentandosi pi di piccole quote, abbiano pianificato riduzioni di prezzo per
conquistare quote aggiuntive di mercato nei confronti dellimpresa dominante.
Loligopolio con impresa dominante pu presentare infatti sia caratteristiche collusive
che concorrenziali a seconda della fase economica del mercato ed in relazione al
settore. Un caso di oligopolio con impresa dominante costituito dal mercato dei
sistemi operativi per personal computer. Oggi la Microsoft con il programma
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Windows possiede circa il 90% del mercato. Il restante 10% coperto da altre tre
imprese tra le quali la Machintosh che da anni fa concorrenza alla Microsoft con il
programma Apple. In questo particolare caso il grado di concorrenza molto elevato
in quanto tutti i concorrenti in gioco si trovano di fronte ad un mercato molto giovane
che ancora non ha raggiunto la fase di maturit.
Un esempio di oligopolio con impresa dominante poco concorrenziale e piuttosto
collusivo quello del mercato dei fast food. Mc Donalds domina il mercato avendo
una serie di concorrenti quali Burghy o Burgher King.
Questultimi non hanno nessuna convenienza a fare concorrenza con limpresa
dominante, temendo riduzioni di prezzo che comprometterebbero i loro extraprofitti.
Analogamente, neanche Mc Donalds ha la convenienza a ridurre i prezzi in quanto
reputa pi vantaggioso mantenerli alti piuttosto che incrementare la quantit venduta.
Il consumatore pu notare infatti che un Big Mac costa esattamente quanto un Big
Burghy o un King Burg, e che il prezzo di questi non cambiato di molto nel corso
degli ultimi anni. Se infatti in tale mercato ci fosse stato lo stesso livello di
concorrenza presente nel mercato della telefonia mobile, il prezzo di un Big Mac
sarebbe diminuito di due o tre volte tanto passando ad esempio da 3 a 1 euro, prezzo
che assicurerebbe ancora enormi margini di extraprofitto per le imprese.
La collusione che avviene in questi casi non esplicita, come ad esempio quella che
pu avvenire tra lamministratore di Alitalia e quello di Iberia (in seguito ad una
semplice telefonata), ma tacita. Nel senso che una volta che limpresa dominante
fissa il prezzo, tutte le altre imprese, se decidono di colludere, seguono senza
esitazioni tale decisione.

2.7 lOligopolio con curva di domanda ad angolo

La rappresentazione grafica di un regime di Oligopolio molto problematica in
quanto lOligopolio come abbiamo visto pu presentarsi in diverse forme.
La rappresentazione grafica di un Oligopolio collusivo identica a quella del
monopolio in quanto le imprese che partecipano ad un cartello come se costituissero
ununica impresa. Pi complesse invece sono le rappresentazioni di un Oligopolio
concorrenziale, che per una intera trattazione possibile approfondire in corsi
avanzati di microeconomia.
Una rappresentazione delloligopolio molto utilizzata dai manuali di Economia
Politica quella delloligopolio con curva di domanda ad angolo. Gli autori di
questo modello hanno criticato molto la teoria economica tradizionale (quella
stessa che abbiamo rappresentato fino adesso) in quanto sostengono che le
imprese in regime di oligopolio non seguano criteri di massimizzazione dei
profitti che si basano sul confronto tra costi e ricavi marginali.
Nei capitoli precedenti abbiamo visto che le imprese trovano convenienza a produrre
quella quantit in corrispondenza della quale il costo marginale uguale al ricavo
marginale. Prezzi e quantit si determinano infatti nella teoria tradizionale in base
alluguaglianza tra costi e ricavi marginali.
Ma spesso i manager delle imprese non conoscono nemmeno il significato di tali
termini ed molto raro che si mettano a misurare quantit per quantit costi e ricavi
marginali. Le imprese utilizzerebbero invece un altro modo, che quello pi utilizzato
nella realt. Per determinare il prezzo di vendita si affiderebbero infatti al
criterio del costo pieno o Mark Up (margine) che in sostanza indica
semplicemente questo: il prezzo di un prodotto deve essere tale da poter coprire
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tutti i costi di produzione e da assicurare un margine di profitto calcolato come
percentuale sui costi.
Facciamo un semplicissimo esempio. Immaginiamo una impresa che abbia un costo
medio di 100 su una determinata quantit prodotta e voglia percepire un margine di
profitto del 20%; questultima deve vendere il prodotto a 120. Con un prezzo di 120
limpresa riesce infatti a coprire tutti i costi ed a assicurare un profitto su ogni unit di
20 che espresso in percentuale sui costi.
Se la stessa impresa cambiasse idea e volesse percepire un margine di profitto
maggiore, ad esempio del 30%, dovrebbe vendere il prodotto a 130.
Le imprese dunque, una volta stabilit intuitivamente la quantit da produrre,
determinerebbero il prezzo di vendita in base al costo medio di produzione e al
margine di profitto stabilito. Questo si stabilisce in base alle congiunture economiche
e alle decisioni dei manager e spesso, ogni settore economico ha un suo margine
medio di profitto, e avviene che le imprese si adeguino a tale misura nel determinare il
prezzo.La formula sintetica per la determinazione del prezzo attraverso il criterio del
mark up la seguente:

P = w/t * (1+m)

Dove w il salario, t la produttivit del lavoro ed m il margine di profitto espresso
come percentuale. Il Primo termine (w/t) indica il costo medio di produzione di una
unit di prodotto in termini di lavoro. Supponiamo che i lavoratori di una impresa
producano costantemente 10 unit di prodotto al giorno (t = 10) con un salario
giornaliero di 1.000 (w = 1.000). Si ha che il costo di ogni unit di 100 (1.000/10 =
100). Ogni unit prodotta costa infatti allimpresa 100. Ma limpresa deve percepire
un profitto e non pu dunque vendere il prodotto a 100. Se limpresa decidesse di
percepire un margine del 20% (m = 20%) dovrebbe vendere il prodotto a 120. Infatti
si avrebbe che:

P = 1000/100 * (1 + 20%) = 100 * (1+ 0,2) = 100 * (1,2) = 120

Una volta chiarito il metodo con il quale le imprese determinano il prezzo di vendita
del prodotto sorge un altro problema. E molto problematico infatti determinare, in
regime di oligopolio, la curva di domanda che ciascuna impresa si trova di fronte.
In regime di monopolio questo problema non sussiste in quanto la curva di domanda
dellimpresa coincide con quella dellintero mercato. In regime di concorrenza
perfetta, essendo il prezzo dato dal mercato totale, la curva di domanda delle imprese
costituita da una retta orizzontale in corrispondenza del dato prezzo.Mentre in
concorrenza monopolistica ogni impresa, vendendo un prodotto diversificato, come
se si trovasse in un suo proprio mercato specifico con una determinata domanda da
parte dei consumatori.
Nel caso delloligopolio concorrenziale invece, essendoci pochi venditori che
vendono lo stesso prodotto, la domanda che si trova di fronte ciascuna impresa non
ben definita. Questa stessa risulta infatti molto sensibile alle decisioni ed ai
comportamenti delle imprese concorrenti. E come se limpresa si trovasse di fronte
ad una curva di domanda non lineare. Ma vediamo passo per passo la costruzione
grafica riportata nella Figura 1.7. Il grafico illustrato da tutti i manuali lultimo della
figura, ma per una migliore comprensione disegniamo tre grafici preliminari.
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Limpresa determina il prezzo di vendita in base al criterio del mark up (Figura
1.7.A). Si suppone per semplicit che il prezzo praticato dall impresa sia identico al
prezzo praticato dalle imprese concorrenti. A quel prezzo (pA) i consumatori
domandano sul mercato una data quantit di prodotto (qA).
Una volta definita la quantit domandata in corrispondenza del prezzo di mark up
(Punto A) diventa problematico tracciare la curva di domanda che si trova di fronte
limpresa. Infatti, come se limpresa avesse due distinte curve di domanda che
passano per il punto A, a seconda del comportamento delle imprese concorrenti.
Se infatti limpresa decide di ridurre il prezzo da PA a PB, ed i concorrenti
mantengono inalterato il loro prezzo, la quantit domandata dai consumatori pu
aumentare di molto, ad esempio da qA a qB. Questo avviene perch limpresa pratica
un prezzo pi basso rispetto ai concorrenti che in questo caso perderebbero quote di
mercato. Nel caso in cui i concorrenti mantengono invariato il prezzo iniziale, la
curva di domanda dellimpresa rappresentata dal segmento AB.
Ma nel caso in cui i concorrenti, per non perdere quote di mercato, riducono il loro
prezzo di vendita nella stessa misura della riduzione del prezzo operata dallimpresa,
lincremento della quantit domandata, sperimentato dallimpresa, sicuramente
minore rispetto al caso precedente, in quanto limpresa vende allo stesso prezzo dei
concorrenti mentre prima vendeva ad un prezzo minore.
Graficamente, se i concorrenti seguono le mosse dellimpresa, una riduzione del
prezzo da PA a PB comporta un incremento inferiore della quantit domandata, ad
esempio da qA a qB. In questo caso, la curva di domanda dellimpresa
rappresentata dal segmento AB.
Supponiamo che limpresa voglia invece aumentare il prezzo da PA a PC. Nel caso in
cui i concorrenti non seguissero tale mossa limpresa incorrerebbe in una grossa
perdita della quantit domandata, ad esempio da qA a qC. Questo avviene perch
limpresa pratica un prezzo superiore a quello dei concorrenti. Nel caso in cui i
concorrenti seguissero la mossa dellimpresa ed aumentassero il prezzo della stessa
misura, limpresa sperimenterebbe sempre una riduzione della quantit domandata,
ma questa volta minore rispetto al caso precedente, ad esempio da qA a QC.
A partire dal punto A, come se esistessero due curve di domanda. Una, quella
pi elastica (CAB), si riferisce allipotesi in cui i concorrenti mantengano il loro
prezzo invariato e non seguano le mosse dellimpresa. Laltra, quella pi rigida
(CAB), si riferisce allipotesi in cui i concorrenti seguano le mosse dellimpresa
modificando il loro prezzo nella stessa misura. Per semplicit indichiamo con d1 la
curva pi elastica composta dai punti CAB e con d2 la curva pi rigida composta dai
punti CAB.
Ma il comportamento delle imprese rivali semplicemente prevedibile: quando
limpresa riduce il prezzo, tutti i concorrenti, per non perdere quote di mercato,
riducono il prezzo della stessa misura. Se invece limpresa decide di aumentare il
prezzo, nessuno dei concorrenti segue tale mossa in quanto a questultimi
conviene mantenere un livello di prezzo pi basso per vendere una quantit
maggiore. La conseguenza che al di sotto del prezzo iniziale pA, determinato con il
criterio del mark up, il tratto di curva di domanda che si trova di fronte limpresa
costituito dal segmento AB. Al di sopra del prezzo PA, il tratto di curva di domanda
che si trova di fronte limpresa costituito dal segmento AC.
La curva di domanda dellimpresa dunque rappresentata dalla spezzata CAB.
Nella Figura 1.7.B, che una semplice ripetizione della Figura precedente, stata
appunto evidenziata la curva di domanda che limpresa oligopolista si trova di fronte.
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Come si vede dalla Figura la curva di domanda non lineare ma presenta un angolo in
corrispondenza del prezzo iniziale determinato con il criterio del mark up.
Anche il ricavo marginale non sar costituito da una curva lineare. Nella figura 1.7.C
sono state nuovamente tracciate le due ipotetiche curve di domanda d1 e d2 relative
allimpresa. La prima, come gi spiegato, si riferisce al caso in cui le imprese
concorrenti seguano le mosse dellimpresa, la seconda si riferisce al caso in cui le
imprese mantengano inalterato il loro prezzo di vendita. Per ciascuna delle due curve
possiamo tracciare le relative curve del ricavo marginale Rm1 e Rm2. Ma abbiamo
visto che al di sopra del prezzo iniziale PA la curva che interessa allimpresa la
curva d1 mentre al di sotto di tale prezzo la curva che interessa allimpresa la curva
d2.

































Figura 1.7 La curva di domanda ad angolo dellimpresa oligopolista

Ne consegue che la curva del ricavo marginale sar costituita da due tratti distinti: il
primo si riferisce alla curva d1 mentre il secondo alla curva d2.
La curva del ricavo marginale dellimpresa cos costituito da due tratti non contigui
che presentano una interruzione in corrispondenza della quantit qA (Figura 1.7.D).
Q
P
pA
qA qB qC
pC
pB
qB qC
B
C
A
C
B
pA
qA
Q
P
A
d1
d2
Q
P
pA
qA
A Rm1
Rm2
d1
d2
Q
P
pA
qA
A
d2 Rm2
d1
Rm1
A) Esistenza di due curve di domanda B) Curva di domanda ad angolo
C) Esistenza di due curve del ricavo marginale D) Curva del ricavo marginale interrotta
d1
d2
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Figura 2.7 Impossibilita di determinare prezzi e quantit attraverso il criterio del
costo marginale

Una volta stabilito che la curva di domanda dellimpresa oligopolista presenta un
angolo e che di conseguenza il ricavo marginale ha un punto interrotto, ci sarebbe
limpossibilit di determinare prezzi e quantit di equilibrio in base al criterio
tradizionale (Rm=Cm). In questo caso, la quantit prodotta sarebbe indeterminata in
quanto il costo marginale non mai uguale al ricavo marginale. Ne consegue che,
nellimpossibilit di determinare prezzi quantit attraverso il criterio tradizionale
(Cm=Rm), le imprese si affidano alla determinazione del prezzo (e di conseguenza
della quantit) attraverso il criterio del mark up.
Inoltre, guardando attentamente il grafico si deduce che allimpresa conviene in
ogni modo produrre la quantit iniziale qA (determinata in seguito al criterio del
mark up). Infatti, se limpresa producesse una quantit superiore avrebbe delle
perdite su tutte le unit superiori a qA in quanto il costo marginale di queste di
molto superiore al loro ricavo marginale. Se limpresa producesse quantit
inferiori a qA avrebbe dei mancati guadagni in quanto il ricavo marginale di
molto superiore al costo marginale.

Nella figura 3.7 sono rappresentati i profitti dellimpresa in regime di oligopolio che
si ottengono tracciando la curva del costo medio. Anche nelloligopolio gli
extraprofitti delle imprese sono persistenti, anche se sono minori rispetto al caso del
monopolio. In realt, il disegno della curva del costo medio del tutto superfluo in
quanto limpresa, avendo fissato il prezzo attraverso il criterio del mark up ha gi
pianificato i suoi extraprofitti.





pA
qA
A
Q
P,C
Cm
d2
Rm2
d1
Rm1
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Figura 3.7 Extraprofitti delloligopolista


3.7 Ripasso generale dei regimi di mercato

Negli ultimi quattro capitoli abbiamo affrontato il tema dei regimi di mercato.
Abbiamo visto che la concorrenza perfetta un caso ipotetico non corrispondente alla
realt. I monopoli al contrario esistono, ma la tendenza attuale quella di una
graduale regolamentazione atta a sminuire la posizione dominante con i relativi abusi.
Il regime di mercato pi diffuso nella realt la concorrenza monopolistica ma anche
loligopolio un regime molto diffuso, soprattutto nel settore delle telecomunicazioni.

pA
qA
A
Q
P,C
Cm
d
Rm
CM
CM
b
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69




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70




1.8 Elasticit della domanda

In questo capitolo affronteremo il tema dellelasticit della domanda. Abbiamo visto,
studiando la curva di domanda, che al diminuire del prezzo aumenta la quantit
domandata. Lelasticit misura il grado con cui la quantit domandata risponde alle
variazioni del prezzo. Una domanda elastica se la variazione percentuale della
quantit superiore alla variazione percentuale del prezzo. Se ad esempio una
riduzione del 10% del prezzo del caff producesse un aumento del 20% della quantit
domandata di caff si avrebbe una domanda elastica. Una domanda anelastica se
la variazione percentuale della quantit inferiore alla variazione percentuale
del prezzo. Se infatti una riduzione del 10% del prezzo del caff provocasse un
aumento del 5% della quantit domandata si avrebbe una domanda anelastica. Nel
caso in cui la variazione percentuale del prezzo avesse provocato una identica
variazione percentuale della quantit domandata si avrebbe una domanda ad
elasticit unitaria. Lelasticit della domanda pu essere sintetizzata dalla seguente
formula.

Ed = Var. % Q / Var.% P

Lelasticit il rapporto tra la variazione percentuale della quantit e la
variazione percentuale del prezzo. Quando tale rapporto maggiore di uno si dice
che la domanda elastica. Quando tale rapporto inferiore a uno si dice che la
domanda anelastica. Quando tale rapporto uguale ad uno si parla di elasticit
unitaria della domanda. Tornando al nostro esempio, nel caso in cui la variazione
della quantit del caff fosse del 20%, a fronte di una riduzione del prezzo del 10%, si
avrebbe una elasticit della domanda pari a 2 (20%/10% = 2). Nel caso in cui la
variazione della quantit del caff fosse del 5%, a fronte di una riduzione del prezzo
del 10%, si avrebbe una elasticit della domanda pari a 0,5 (5%/10% = 0,5). Nel caso
in cui la variazione della quantit del caff fosse del 10%, a fronte di una riduzione
del prezzo del 10%, si avrebbe una elasticit della domanda pari a 1 (10%/10% = 1).
In termini analitici lelasticit pu essere espressa dalla seguente equazione:

Ed = AQ/Q / AP/P

La variazione percentuale della quantit di un bene data dal rapporto tra la
variazione della quantit (AQ) ed il livello della quantit domandata (Q). Il livello
della quantit domandata che si prende in considerazione risulter da una media tra la
quantit iniziale e quella finale. La variazione percentuale del prezzo di un bene data
dal rapporto tra la variazione del prezzo (AP) ed il livello del prezzo (P). Il livello del
prezzo che si prende in considerazione dato dalla media tra il prezzo iniziale ed il
prezzo finale. Nella figura 1.8 sono illustrate delle diverse curve di domanda. La
prima una curva di domanda elastica in quanto, nella maggior parte dei tratti della
curva, una piccola variazione percentuale del prezzo genera una grande variazione
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percentuale della quantit domandata. La seconda una curva di domanda anelastica
o rigida dove, nella maggior parte dei tratti della curva, la variazione percentuale della
quantit domandata molto piccola rispetto ad una variazione percentuale del prezzo.
Il terzo ed il quarto caso rappresentano due situazioni limite. Nel caso in cui una
infinitesima variazione del prezzo comportasse una grandissima variazione della
quantit domandata si avrebbe una curva di domanda completamente elastica con un
coefficiente di elasticit molto vicino allinfinito (Ed = ). Nel caso in cui una
variazione del prezzo non avesse nessun effetto sulla variazione della quantit
domandata si avrebbe una curva di domanda completamente anelastica con una
elasticit pari a zero (Ed = 0).



























Figura 1.8 Differenti curve di domanda


Non bisogna comunque commettere lerrore di scambiare la pendenza di una
curva con la sua elasticit. La pendenza indica il rapporto tra la variazione
assoluta della quantit e la variazione assoluta del prezzo. Lelasticit indica
invece il rapporto tra la variazione percentuale della quantit e la variazione
percentuale del prezzo. Una curva di domanda pu avere in ogni tratto la stessa
pendenza (in questo caso avremo una retta) ma nei differenti tratti lelasticit sar
differente. Lelasticit dunque un indicatore che non si riferisce allintera curva
di domanda ma si riferisce ai vari tratti di questa. Le prime due curve disegnate
nella figura 1.8 anche se dalla forma possono essere generalmente definite come
elastica ed anelastica hanno una differente elasticit nei loro vari tratti. Per essere
D) Domanda completamente anelastica C) Domanda completamente elastica
P
Q
P
Q
P
Q
A) Domanda elastica B) Domanda anelastica
P
Q
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72
precisi, si pu dire ad esempio che la curva della figura 1.8.A nel complesso
elastica, in quanto i tratti elastici sono maggiori di quelli anelatici, ma la sua elasticit
varia da tratto a tratto. Solo nei due casi limite disegnati nelle figure 1.8.C e 1.8.D
lelasticit sempre uguale in ogni tratto e dalla pendenza della curva si pu dedurre
la sua elasticit.
Un esempio chiarir meglio il concetto di elasticit della domanda. Nel grafico 2.8
illustrata una curva di domanda la cui pendenza non varia. Supponiamo che in
principio il prezzo sia di 9.000 con una quantit domandata pari a 100 unit (punto
A). Se il prezzo scendesse a 7.000 si avrebbe una nuova quantit domandata pari a
300 unit (punto B).

























Figura 2.8 Elasticit della domanda


Nel tratto AB la curva di domanda molto elastica in quanto la variazione percentuale
della quantit molto pi grande della variazione percentuale del prezzo. La quantit
passa infatti da 100 a 300, con una variazione assoluta di 200 unit e una variazione
percentuale del 100%. La variazione percentuale del 100% si ottiene dal rapporto tra
la variazione assoluta di 200 ed il livello della quantit che si prende in
considerazione che la media tra il numero iniziale di 100 ed il numero finale di 300.
In sintesi si ha che la variazione percentuale della quantit uguale a 200/200 = 1 =
100%. Il prezzo subisce una variazione assoluta di 2.000 ed una variazione
percentuale del 25%. La variazione percentuale del 25% si ottiene dal rapporto tra la
variazione assoluta di 2.000 ed il livello del prezzo preso come riferimento che la
media tra 9.000 e 7.000. Si ha infatti che 2.000/8.000 = 0,25 =25%.
P
0 200 400
10.000
9.000
8.000
7.000
6.000
5.000
4.000
3.000
2.000
1.000
0
600 800 1.000
A
Q
100 300 500 700 900
C
E
B
D
Ed > 1
Ed < 1
Ed = 1
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Nel tratto AB lelasticit della domanda uguale a 100%/25% = 1/0,25 = 4, e si ha
che la variazione percentuale della quantit domandata pari a quattro volte la
variazione percentuale del prezzo. In altri termini si ha che una diminuzione del
prezzo del 25% ha provocato un aumento del 100% della quantit domandata.
Nel tratto di curva DE il discorso si inverte in quanto la curva di domanda in quel
tratto anelastica. Supponiamo che il prezzo iniziale fosse di 3.000. La quantit
domandata sarebbe di 700 (punto D). Se il prezzo passasse da 3.000 a 1.000 la
quantit passerebbe da 700 a 900. La quantit subirebbe una variazione percentuale
del 25% (200/800 = 0,25) mentre il prezzo subirebbe una variazione percentuale del
100% (2.000/2.000 = 1). Lelasticit della domanda nel tratto CD infatti pari a 0,25
ovvero a 1/4 (0,25/1 = 0,25).
Si pu facilmente verificare che al di sopra del punto C la curva di domanda elastica
(Ed > 1) e al di sotto di tale punto diventa anelastica (Ed < 1). Ad esempio, il tratto BC
continua ad essere elastico mentre quello CD anelastico.
Nel punto C la curva di domanda ha una elasticit unitaria (Ed = 1) in quanto una
variazione percentuale infinitesima del prezzo comporta una pari variazione
percentuale della quantit.
Lelasticit della domanda un indicatore che ha un legame molto stretto con i ricavi
totali dellimpresa. La curva di domanda di un bene indica infatti quale sar la
quantit che ad un dato prezzo i consumatori richiederanno e che di conseguenza
limprenditore riuscir a vendere sul mercato.
Si intuisce facilmente che quando la variazione percentuale della quantit
superiore alla variazione percentuale del prezzo i ricavi totali dellimpresa
aumentano.
Supponiamo che la curva ABCDE del grafico 2.8 sia la curva di domanda che si trova
di fronte unimpresa. Ad un prezzo di mercato di 9.000 limpresa vender 100 unit
con un ricavo totale pari a 900.000 (9.000 * 100 = 900.000). Ricordiamo infatti che il
ricavo totale si ottiene moltiplicando la quantit venduta per il prezzo. Ma se il prezzo
scendesse da 9.000 a 7.000 limpresa venderebbe 300 unit con un ricavo totale pari a
2.100.000 (7.000 * 300 = 2.100.000).
E facilmente verificabile, confrontando i numeri della figura 2.8, che nei tratti in cui
lelasticit della domanda superiore ad uno, una riduzione del prezzo con il
conseguente aumento della quantit provocher un aumento dei ricavi totali.
Nei tratti in cui lelasticit inferiore ad uno, si avr che una riduzione del prezzo
produrr una riduzione dei ricavi totali, in quanto laumento percentuale della quantit
sar minore rispetto alla riduzione percentuale del prezzo.
Nella figura 3.8 illustrata la relazione tra lelasticit della domanda e i ricavi
dellimpresa. Nella parte superiore della figura rappresentata la curva di domanda
dellimpresa con la relativa curva del ricavo marginale. Nella parte inferiore sono
rappresentati i ricavi totali che limpresa sperimenta in seguito alla vendita delle
quantit sul mercato. Nel tratto superiore della curva di domanda lelasticit
superiore ad uno (Ed > 1). Una riduzione del prezzo in quel tratto consentirebbe
allimpresa di incrementare i ricavi totali, in quanto laumento percentuale della
quantit sarebbe maggiore della riduzione percentuale del prezzo.
Si vede dalla figura che nel tratto in cui lelasticit maggiore di 1, i ricavi totali
crescono ed il ricavo marginale anche se decrescente positivo.
Nel tratto inferiore della curva di domanda lelasticit inferiore ad uno (Ed > 1). Una
riduzione del prezzo in quel tratto provocherebbe una riduzione dei ricavi totali
dellimpresa, in quanto laumento percentuale della quantit sarebbe minore della
riduzione percentuale del prezzo.
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74




































Figura 3.8 Relazione tra elasticit e ricavi dellimpresa


Nel tratto in cui lelasticit inferiore ad uno, i ricavi totali decrescono ed il ricavo
marginale negativo. Nel punto in cui lelasticit uguale ad uno (Ed = 1) i ricavi
totali raggiungono il punto massimo ed il ricavo marginale uguale a zero.
Il ricavo marginale indica infatti lincremento di ricavo generato dalla vendita di una
unit addizionale di prodotto. Quando il ricavo totale cresce il ricavo marginale
positivo, anche se come abbiamo visto nel capitolo 5 sempre decrescente. Mentre
quando i ricavi totali iniziano a decrescere, il ricavo marginale diventa negativo, in
quanto la vendita di unit addizionali di prodotto comporta la riduzione dei ricavi
totali.
Lelasticit della domanda un indicatore molto importante per il marketing
strategico delle aziende. Infatti, le decisioni sulle riduzioni dei prezzi dipendono
P
Q
Ed = 1
Ed > 1
Ed < 1
RT
Q
Rm
RT
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75
in grande misura dallelasticit della domanda. Unimpresa che si trova di fronte
ad una domanda molto elastica avr convenienza a ridurre il prezzo in quanto si
aspetter un aumento percentuale della quantit superiore alla riduzione percentuale
del prezzo. Un impresa che al contrario si trova in un mercato dove la domanda
anelastica avr invece convenienza ad aumentare i prezzi in quanto si aspetter una
riduzione percentuale della quantit minore rispetto allaumento percentuale del
prezzo. Quando dunque la domanda elastica le imprese tendono a ridurre il prezzo,
quando invece la domanda rigida le imprese tendono a mantenere costante il prezzo
o ad aumentarlo.
Lelasticit della domanda oltre ad essere un elemento molto importante ai fini delle
decisioni dei manager, un elemento che ha molta influenza sulla struttura dei
regimi di mercato. Abbiamo visto nel capitolo precedente che un regime di
oligopolio pu presentarsi in varie forme. Quando le poche imprese sul mercato
hanno convenienza a raggiungere accordi il regime pu diventare collusivo, nel caso
contrario, le imprese possono anche dar vita ad un accesa guerra dei prezzi come nel
caso del settore delle telecomunicazioni. Lesperienza aziendale insegna che il
comportamento delle imprese strettamente legato alla struttura della domanda.
Quando la domanda anelastica, una guerra dei prezzi costituirebbe solo una pura
follia per le aziende che non farebbero altro che perdere profitti. Abbiamo accennato
al settore dei trasporti aerei dove, essendo la domanda piuttosto anelastica, le imprese
hanno tutta la convenienza a mantenere elevati i prezzi, anche per mezzo di taciti
accordi. Quando invece la domanda molto elastica, come nel caso del settore delle
telecomunicazioni, le imprese, per conquistare quote aggiuntive di mercato tendono
ad intraprendere una graduale riduzione dei prezzi entrando in concorrenza.












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1.9 Lutilit marginale

Nel primo capitolo abbiamo affrontato il tema della domanda di un bene, ed abbiamo
visto che questa rappresentabile con una curva con inclinazione negativa. In questo
capitolo cercheremo di dare una spiegazione pi approfondita prendendo in
considerazione il possibile comportamento del consumatore.
Introduciamo il tema con un semplice esempio, domandandoci quale possa essere il
valore di un bicchiere dacqua. Per un consumatore che vive in una grande metropoli
il valore pu essere nullo, mentre per il viandante assetato che vaga nel deserto pu
essere pari a tutte le ricchezze del mondo. E possibile dunque che un bicchiere
dacqua abbia un valore compreso tra zero ed infinito? Quale la differenza nei
due casi? Il valore del bene dato dallutilit che in quel momento procura al
consumatore. Questa stessa determinata dalla saziet del consumatore nei confronti
del bene. Infatti, per il viandante nel deserto il primo bicchiere dacqua avr un valore
infinito mentre il ventesimo avr un valore prossimo allo zero, poich luomo sar gi
abbondantemente sazio.
Il valore che il consumatore assegna al bene dipende dunque dal suo grado di utilit.
Questa come abbiamo in precedenza detto dipende dalla saziet del consumatore che
dipender ovviamente dal numero di unit consumate.






















TABELLA 1.9

Introduciamo ora il concetto di utilit marginale. Questa indica lutilit
addizionale apportata da una unit in pi di bene consumata. Lutilit marginale
Quantit
Utilit
totale
6
1
2
4
5
5
0
4
0
3
0
2
0
1
0
0
Utilit
marginale
5
0
9
0
12
0
14
0
15
0
15
0
3
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77
pu essere anche definita come lincremento dellutilit totale sperimentata dal
consumatore in seguito ad ogni unit addizionale di bene consumata.






































Figura 1.9 Utilit totale e marginale

Nella tabella illustrata lutilit marginale e totale di un dato consumatore in
relazione al consumo di un determinato bene, ad esempio Baci Perugina. Supponiamo
di dover misurare lutilit giornaliera di un consumatore qualsiasi in relazione al
consumo di Baci Perugina. Il primo Bacio dar al consumatore una utilit marginale
di 50. Il secondo Bacio, per il principio di saziet, avr una utilit inferiore, ad
esempio 40 e lutilit totale sar di 90 (50+40). Dopo il quinto Bacio, il consumatore
si potrebbe trovare in uno stato di indifferenza in quanto sar oramai gi sazio. Si
suppone in questo semplice caso che il sesto Bacio abbia una utilit marginale pari a
Ut
Q
Um
Q
Um
Ut
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78
zero. Oltre il sesto Bacio infatti lutilit marginale sar negativa in quanto dopo una
certa quantit il consumatore si potrebbe sentire male o avrebbe nausea. Lutilit
marginale rappresentabile con una curva decrescente dove allaumentare della
quantit consumata lutilit dellultima unit via via minore.
Nella figura 1.9 sono illustrate le curve dellutilit totale e dellutilit marginale.
Lutilit totale (Ut) cresce al crescere delle unit del bene consumato. Ma la crescita
meno che proporzionale in quanto le unit di bene addizionali hanno una utilit
marginale decrescente. Quando lutilit marginale raggiunge lo zero, la curva
dellutilit totale raggiunge il suo punto massimo. Infatti, oltre una certa quantit di
bene in poi (nel nostro caso sei ) lutilit marginale delle unit addizionali negativa e
di conseguenza lutilit totale inizia a decrescere.

2.9 La curva di domanda di un bene

La domanda di un bene dipender dunque dallutilit che il bene arreca al
consumatore. Supponiamo che il prezzo dei baci perugina fosse 30. Lacquisto del
primo bacio sarebbe per il consumatore conveniente, in quanto questultimo
pagherebbe 30 e riceverebbe unutilit pari a 50. Anche lacquisto del secondo Bacio
sarebbe conveniente in quanto il consumatore pagherebbe sempre 30 ricevendo
unutilit pari a 40. Lacquisto del quarto e del quinto Bacio non sarebbero invece
convenienti in quanto questi avrebbero una utilit marginale inferiore al prezzo. Il
consumatore domander Baci Perugina fino a quando questi gli daranno una utilit
marginale uguale al prezzo. La formula che segue indica la condizione di equilibrio
del consumatore nei confronti del bene consumato.

UM = P

Nel nostro semplice caso, ad un prezzo di 30 il consumatore domanderebbe tre Baci
Perugina. Ma se il prezzo fosse 20, la quantit domandata sarebbe di quattro Baci,
mentre se il prezzo fosse 10 la quantit domandata sarebbe di cinque Baci.
La curva di domanda del bene sar dunque determinata dalla curva dellutilit
marginale del consumatore. In altri termini, la curva di domanda del bene
costituita dalla curva dellutilit marginale del consumatore.

3.9 Lequilibrio del consumatore

Nei paragrafi precedenti abbiamo studiato il comportamento del consumatore in
relazione ad un singolo bene. Supponiamo che i beni siano ora due, che per semplicit
chiamiamo A e B. Il consumatore, in base al consumo di determinate quantit di tali
beni, ricever determinati livelli di utilit o soddisfazione. Siamo ora in grado di
affrontare il tema delle curve di indifferenza. Queste indicano le diverse
combinazioni dei due beni il cui consumo congiunto comporta un uguale livello
di utilit per il consumatore.

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79
Nella figura 2.9 rappresentata una curva di indifferenza (U2) relativa ad un livello di
utilit pari ad esempio a 200. Tutti i punti sulla curva indicano le diverse
combinazioni dei due beni il cui consumo comporta una utilit pari a 200.
Nellesempio del grafico si ha che dieci unit del bene A e una del bene B (punto A)
hanno la stessa utilit di sette unit del bene A e di due del bene B (Punto B) o
alternativamente di quattro unit del bene A e di quattro del bene B (punto C). In altri
termini, consumare una delle cinque combinazioni descritte completamente
indifferente per il consumatore in quanto il suo livello di utilit non varia; da qui
deriva il nome di curva di indifferenza.
























Figura 2.9 Curva di indifferenza

Landamento della curva di indifferenza data dal rapporto di sostituzione dei beni.
La curva di indifferenza indica in effetti le possibili sostituzioni che pu operare il
consumatore al fine di mantenere invariata la sua utilit. Ad esempio nel passaggio
dalla combinazione A alla combinazione B il consumatore sostituisce tre unit del
bene A (da 10 a 7) con una del bene B (da 1 a 2). Il rapporto di sostituzione dunque
pari a tre. In altri termini il consumatore, se si trova nel punto A e vuole passare al
punto B, mantiene invariato il suo livello di utilit se si priva di tre unit del bene A
per ottenerne una del bene B.
La pendenza del tratto di curva AB, che coincide con la pendenza della retta passante
per i due punti, uguale a tre. Una vecchia ma sempre buona regola quella di
definire la pendenza di una retta come il rapporto tra altezza (nel nostro caso tre) e
percorso (nel nostro caso uno). Nel passaggio dalla combinazione B alla
combinazione C, il consumatore sostituisce tre unit del bene A con due del bene B. Il
rapporto di sostituzione nel tratto BC pari ora a 3/2 = 1,5 e non pi pari a 3. Si
vede chiaramente infatti che la pendenza del tratto BC inferiore a quella del tratto
QA
0 2 4
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
6 8 10
A
QB
1 3 5 7 9
C
D
B
E
U2
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80
AB. Nel passaggio dalla combinazione C alla combinazione D, il consumatore
sostituisce due unit del bene A con tre del bene B, il rapporto di sostituzione del
tratto CD uguale a 2/3 = 0,66. Nel tratto DE il rapporto di sostituzione invece pari
a 1/3 = 0,33. La pendenza della curva nei suoi differenti tratti dunque data dal
rapporto di sostituzione tra i due beni che viene anche definito Saggio Marginale di
Sostituzione o SMS. Questo come abbiamo visto varia da tratto a tratto e da punto a
punto. Infatti il punto A sulla curva ha una pendenza superiore ad esempio al punto B.
Si ricorda che la pendenza di una curva in un punto misurata dalla pendenza della
tangente passante per quel punto.
In questa analisi della curva di indifferenza possiamo anche verificare un aspetto
molto significativo. Nel tratto AB il valore del bene B tre volte quello del bene A,
infatti il rapporto di sostituzione pari a tre in quanto il consumatore scambierebbe tre
unit di A con una di B. Nel tratto DE il valore del bene B invece pari ad un terzo
del valore del bene A, infatti il rapporto di sostituzione un terzo in quanto il
consumatore scambierebbe una unit del bene B per ottenerne una del bene A.
Quale la differenza nelle due situazioni? E perch il valore del bene B prima molto
alto rispetto a quello del bene A e poi la situazione si inverte? Il valore del bene B
diminuisce in seguito allaumentare del consumo di questo. Nel paragrafo precedente
abbiamo studiato che lutilit marginale di un bene decresce allaumentare del
consumo di questo, nel nostro caso allaumentare del consumo del bene B il rapporto
di scambio con il bene A tende progressivamente a peggiorare. Nelle combinazioni A
e B il consumo del bene B inferiore rispetto al consumo del bene A, di conseguenza
il bene B avr un valore relativamente superiore. Nei punti D e E il consumo di B
invece superiore al consumo di A, di conseguenza il valore di B relativamente
inferiore. Questo spiega la ragione per la quale la curva di indifferenza ha una forma
simile alla curva ABCDE. La curva di indifferenza si presenta infatti come una curva
a forma di conca. Raramente una curva di indifferenza si presenta come una retta.
In questo caso si avrebbe che lutilit marginale dei due beni anzich essere
decrescente costante.
Il saggio marginale di sostituzione in termini analitici pu essere espresso dalla
seguente formula:

SMS = AqA/AqB = UMB/UMA

Il saggio marginale di sostituzione indica infatti il rapporto tra la variazione del bene
A e la variazione del bene B. Tale variazione deve essere proporzionale ai livelli di
utilit dei due beni in maniera inversa. Infatti, nel tratto AB la variazione del bene A
rispetto a quella del bene B pari a 3, questo significa che lutilit di A un terzo di
quella di B, in quanto il consumatore mantiene invariata la sua utilit se si priva di tre
unit di A per ottenerne una di B. Di conseguenza si ha che lutilit di B tre volte
quella di A ovvero che il rapporto tra lutilit marginale di B e quella di A uguale a
3. Ne consegue che il SMS uguale al rapporto tra lutilit marginale dei due
beni.
Ma non esiste solo una curva di indifferenza; esistono infatti tante curve di
indifferenza quanti sono i livelli di utilit. Nella figura 3.9 rappresentata una
famiglia di curve di indifferenza, ciascuna con un determinato livello di utilit. Le
curve pi alte rappresentano ovviamente livelli pi alti di utilit in quanto questi sono
raggiungibili con maggiori quantit dei due beni.
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Se non esistessero vincoli, il consumatore consumerebbe quella combinazione di beni
con il pi elevato livello di utilit. Ma ogni consumatore ha un vincolo costituito dal
suo portafoglio. Infatti, il consumo sempre limitato dalla disponibilit di denaro che
si ha.
























Figura 3.8 Famiglia di curve di indifferenza

Complichiamo lanalisi introducendo una retta che indica appunto il vincolo che ha il
consumatore in base al suo reddito. La retta di bilancio o retta della spesa indica
appunto tutte le combinazioni dei due beni che possibile acquistare con un
determinato livello di reddito. Linclinazione di tale retta dipende dal livello dei
prezzi dei due beni. Supponiamo che il nostro consumatore abbia un reddito pari a 80,
e che questo di conseguenza sia il suo vincolo di bilancio nel consumo dei due beni.
Se il prezzo di entrambi i beni fosse pari a 10, questo potrebbe comprare 8 unit del
bene A e nessuna del bene B (punto a) o in alternativa 8 unit del bene B e nessuna
del bene A (punto e). Ma potrebbe anche comprare ad esempio 4 unit del bene A e
quattro del bene B (punto c) o in alternativa sei di uno e due dellaltro (punti b e d).
Nella figura 4.9 rappresentata appunto una retta (R2) che indica le diverse
combinazioni possibili di acquisto dei due beni che il consumatore pu ottenere con
un reddito di 80 ed i prezzi dei due beni pari a 10. Tale retta chiamata retta di
bilancio o retta della spesa in quanto indica tutte le combinazioni di beni
acquistabili dal consumatore dati il reddito ed il livello dei prezzi. Ma esisteranno
tante rette di bilancio quanti sono i livelli del reddito disponibile. Nella figura 5.9
rappresentata una famiglia di rette di bilancio ciascuna con un suo specifico livello di
reddito. Ad esempio, se il consumatore disponesse di un reddito pari a 60, potrebbe
comprare 6 unit del bene A o 6 del bene B e si troverebbe sulla retta di bilancio R1.
Se invece disponesse di un reddito pari a 100 si troverebbe sulla retta di bilancio R3.
QA
0 2 4
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
6 8 10
QB
1 3 5 7 9
U2
U3
U4
U1
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Figura 4.9 Retta di bilancio
























Figura 5.9 Famiglia di rette di bilancio

0 2 4
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
6 8 10 1 3 5 7 9
a
b
c
d
e
QA
QB
R2
0 2 4
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
6 8 10 1 3 5 7 9
R2
R3
R1
QA
QB
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Abbiamo dunque visto che il consumatore, nel scegliere la combinazione che gli
comporta la massima utilit, ha un vincolo costituito dal reddito di cui dispone. In
assenza di questo, egli cercherebbe di consumare la quantit di beni che gli assicura il
livello pi elevato di utilit. Sul piano grafico il consumatore, in assenza di vincoli di
bilancio, cercherebbe di raggiungere la curva di indifferenza pi alta. In quanto curve
pi alte rappresentano livelli pi elevati di utilit. Ma sfortunatamente questo non
sempre possibile per via del vincolo rappresentato dal bilancio. Il consumatore ha una
limitazione costituita dalla retta di bilancio che gli indica tutte le combinazioni che
pu raggiungere con un determinato livello di reddito. Infatti, tutti i punti alla destra
della retta di bilancio rappresentano combinazioni non raggiungibili con quel
determinato livello di reddito. Il consumatore si deve dunque accontentare di
scegliere una combinazione presente sulla retta del bilancio. Ma questultimo
sceglier la combinazione che gli assicura il maggior livello di utilit. Al livello
grafico tale combinazione si ottiene in corrispondenza del punto di tangenza delle
curve di indifferenza con la retta di bilancio. Infatti, essendoci infinite curve di
indifferenza, ogni punto della retta di bilancio intersecato da una curva di
indifferenza. Il problema si risolve trovando il punto di intersezione tra retta di
bilancio e curva di indifferenza pi alta. Questo il punto di tangenza.























Figura 6.9 Equilibrio del consumatore

Nella figura 6.9 illustrata la condizione di equilibrio del consumatore. La soluzione
pi conveniente rappresentata dal punto T, in quanto lutilit di quella combinazione
superiore allutilit di tutte le altre combinazioni. Nel punto di tangenza passa una
curva di indifferenza pi alta rispetto a quelle che passano per tutti gli altri punti
della retta di bilancio. Per convincerci che il punto di tangenza tra retta di bilancio e
curve di indifferenza indica la combinazione migliore guardiamo la figura.
0 2 4
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
6 8 10 1 3 5 7 9
x
y
U3
U2
U1
T
QA
QB
R2
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Se il consumatore scegliesse qualsiasi altra combinazione sulla retta di bilancio
sperimenterebbe un livello di utilit inferiore. Ad esempio se scegliesse il punto y al
posto del punto T avrebbe unutilit di 100 invece che di 200, in quanto in quel punto
passa una curva di indifferenza (U1) con utilit pari a 100 mentre nel punto T passa
una curva di indifferenza (U2) con utilit pari a 200. Si pu facilmente verificare che
per qualsiasi altro punto della retta di bilancio passa una curva di indifferenza pi
bassa rispetto alla curva U2 che rappresenta il massimo livello di utilit che il
consumatore pu raggiungere con la sua retta del bilancio. Il punto x indica invece
una combinazione che darebbe al consumatore una utilit pari a 300 (U3), ma tale
combinazione irraggiungibile con il vincolo di bilancio attuale del consumatore.
Ne consegue che la condizione di equilibrio del consumatore si ottiene in
corrispondenza della tangenza delle curve di indifferenza con la retta di bilancio.
La condizione di equilibrio pu anche essere interpretata in chiave analitica. Nel
punto di tangenza la pendenza della curva di indifferenza uguale alla pendenza
della retta di bilancio. Abbiamo in precedenza detto che la pendenza di un punto su
una curva dato dalla pendenza della tangente. Ma la tangente del punto T sulla curva
di indifferenza coincide proprio con la retta del bilancio la cui pendenza uguale al
rapporto tra i prezzi. Ne consegue che il saggio marginale di sostituzione, che indica
la pendenza della curva di indifferenza, uguale al rapporto tra i prezzi dei due beni,
che rappresenta la pendenza della retta di bilancio. E si ha dunque che:

SMS = UMb/UMa = Pb/Pa

Luguaglianza del rapporto tra le utilit marginali ed i prezzi pu anche essere
espressa in altro modo senza che il risultato cambi:

UMb/Pb = UMa/Pa

Lultima formula indica che il consumatore si trova in equilibrio quando le
utilit marginali ponderate dei due beni sono uguali. Per utilit marginale
ponderata si intende il rapporto tra utilit marginale e prezzo del bene. In altri termini
il consumatore si trova in equilibrio quando lutilit marginale di un bene divisa per il
suo prezzo uguale allutilit marginale dellaltro bene divisa per il relativo prezzo.
Tale eguaglianza si realizza quando il consumatore richiede i due beni fino al
punto in cui le utilit marginali sono uguali ai rispettivi prezzi. Nella formula
sottostante appunto illustrata la condizione di equilibrio nel consumo dei due beni
che come si vede la stessa di cui abbiamo discusso nel paragrafo 3.8 relativamente
al consumo di un singolo bene. Anche nel caso di tre o pi beni lequilibrio dato
dalluguaglianza dellutilit marginale con il relativo prezzo del bene.

4.9 Costruzione della curva di domanda attraverso le curve di indifferenza

A partire dalle curve di indifferenza possibile costruire la curva di domanda di un
bene. Abbiamo visto nei primi paragrafi di questo capitolo che la curva di domanda
coincide con la curva dellutilit marginale di un bene. In questo paragrafo studieremo
un altro metodo per ricavare la curva di domanda partendo dalla costruzione grafica
delle curve di indifferenza.


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Figura 7.9 Variazione del livello dei prezzi e nuovo equilibrio

Ritorniamo al grafico 6.9 prendiamo in considerazione ad esempio il bene B. Ad un
prezzo di 10 il nostro consumatore acquista quattro unit del bene B in quanto
lequilibrio si trova nel punto T.
Ma cosa succede se il prezzo del bene B aumentasse mentre il reddito rimanesse
invariato? La retta del bilancio avrebbe ora una forma differente. Se infatti il prezzo
del bene B passasse da 10 a 20 la retta del bilancio assumerebbe la forma descritta
nella figura 7.9 passando da R2 a R2. E come se la retta del bilancio ruotasse verso
sinistra. La nuova retta del bilancio indicherebbe che con un reddito di 80 il
consumatore potrebbe comprare 8 unit del bene A o 4 unit del bene B e non pi
otto. Il nuovo punto di equilibrio sarebbe ora rappresentato dal punto T con un
consumo del bene B pari a una sola unit. Infatti, allaumentare del prezzo del bene,
diminuirebbe la quantit del bene che assicurerebbe lequilibrio per il consumatore.
Con gli stessi dati possiamo tracciare una curva di domanda del bene B dove sugli
assi si misurano prezzi e quantit.
Nella figura 8.9 rappresentata la curva di domanda del bene B (DB) costruita
attraverso i punti di equilibrio ottenuti nel grafico della figura 7.8. Ad un prezzo di 10
la quantit richiesta del bene B sar di quattro unit (punto T), ad un prezzo di 20 la
quantit richiesta del bene B sar di una unit (punto T).







0 2 4
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0
6 8 10 1 3 5 7 9
T
T
QA
QB
R2
R2
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Figura 8.9 Curva di domanda del bene
















0 1 2
25
20
15
10
5
0
3 4 5
T
T
QB
PB
DB
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10.1 La rivoluzione Internet e la New Economy

Allinizio di questi appunti abbiamo affermato che il capitalismo non eterno. Prima
o poi sar sostituito da un altro modo di produzione cos come lo sono stati i
precedenti. Ma quando ci avverr nessuno lo pu sapere; forse ancora un giorno
molto lontano nel futuro o forse gi qualcosa si muove negli ingranaggi del sistema.
Fatto sta che i cambiamenti che leconomia ha subito negli ultimi anni spingono i pi
futuristi ad intravedere fin dora modelli alternativi. Anche in virt delle ultime crisi
finanziarie che hanno messo in discussione le basi stesse del capitalismo
Ma vediamo quali sono stati e quali saranno questi cambiamenti. In primo luogo
stato messo in discussione il concetto di propriet. Questa non si riferisce pi ad un
singolo imprenditore. Oggi una azienda pu avere migliaia di proprietari in seguito
alla distribuzione del pacchetto azionario. Lo sviluppo della finanza on line (vendita
e acquisto di azioni su Internet) sta facendo lievitare in maniera esponenziale il
numero di investimenti e di investitori nei mercati finanziari rendendo sempre pi
semplice e flessibile lingresso ai mercati.
Fra pochi anni anche il piccolo risparmiatore potr possedere un pacchetto azionario,
seppur ridotto, composto da numerosi titoli.
Il secondo grande cambiamento la graduale valorizzazione e centralizzazione del
lavoro specializzato rispetto al valore del capitale finanziario. Oggi, in seguito alla
globalizzazione e alla facilit con la quale i capitali circolano sui diversi mercati, la
disponibilit di risorse finanziarie diventa sempre meno vincolante. C molta pi
offerta di capitale di quanto non possa essere la domanda. Il lavoro specializzato
diventa quindi in molti casi il reale fattore critico di sviluppo
Oggi le pi grandi imprese non sono gestite dai diretti proprietari ma sono sotto il
controllo di manager e tecnici.
Altro fattore chiave in questa nuova specifica fase del sistema economico appare pi
che mai linnovazione tecnologica. Il settore delle telecomunicazioni ne un
esempio lampante. sotto gli occhi di tutti la guerra che si fanno le imprese al fine di
presentarsi sul mercato con servizi e prodotti sempre nuovi.
Ma linnovazione tecnologica, quella che ha concorso a generare la New Economy,
il risultato di un lavoro specializzato. Il capitale e la disponibilit di risorse finanziare
centrano molto poco con il processo di innovazione che dipende in primo luogo
dallattitudine umana di migliorare i processi di produzione ponendo ancora al centro
dello sviluppo il capitale umano delle aziende.
Questa affermazione pu essere comunque discutibile, in quanto in molti casi, la
ricerca e lo sviluppo non possono essere indipendenti da un finanziamento.

Un altro grande cambiamento, ancora non molto visibile, quello che sar generato
nei prossimi anni dal telelavoro. Oggi le attivit produttive si svolgono ancora
prevalentemente dentro uffici e fabbriche, ma con il raffinamento delle tecnologie
attuali (videotelefonia, commercio elettronico, firma elettronica,) sar possibile che
una buona parte di questi possa lavorare da casa o da postazioni alternative.
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Sono proprio i gravi problemi di mobilit ed inquinamento che rendono necessari
piani per lo sviluppo del telelavoro.

10.2 La societ controllata

Questi cambiamenti stanno comportando graduali trasformazioni nel modo di
produrre che mettono in discussione gli antichi concetti di propriet e di impresa.
Ma questo non significa necessariamente che il sistema capitalista sia sullorlo del
tracollo. Secondo alcuni la New Economy non altro che un modo come un altro che
ha il capitalismo per riciclarsi e sopravvivere ai cambiamenti tecnologici. Infatti,
innovazioni tecnologiche o meno la sostanza del sistema economico non cambia.
C sempre una classe dominante che detiene il controllo del potere economico e c
una pi numerosa classe che partecipa al processo di produzione dei beni e dei servizi
anche se la situazione non pi quella descritta nel Capitale di Marx.
Lo sfruttamento ai danni della classe operaia non pi tanto evidente e marcato come
nelle prime fasi del capitalismo; ma negare che non ci sia nessuna forma di controllo
della forza lavoro del tutto fuorviante. Tutti i sistemi economici si basano sul
controllo e sullo sfruttamento della forza lavoro. Anche quelli che seguiranno al
capitalismo. La differenza nel diverso modo attraverso il quale la classe dominante
controlla la forza lavoro. Il fatto che negli ultimi 100 anni le disuguaglianze si siano
progressivamente attenuate non significa che il grado di sfruttamento e controllo
venga meno.
Un esempio estremo chiarir il problema. I diritti umani, una grande conquista della
civilt moderna, non sono stati altro che un mezzo con il quale il sistema capitalista si
potuto sviluppare. Lo sviluppo di un sistema di mercato come quello capitalista non
ha potuto infatti prescindere dalla libert dei consumatori. Infatti, il buon
funzionamento del sistema capitalista dipeso dalla crescita della produzione che in
ultima istanza stata incentivata dalla crescita della domanda di beni di consumo. Ma
una cos rapida crescita del consumo non sarebbe stata possibile nel caso in cui gli
individui non avessero avuto la libert di consumare.
Alla base di ogni cambiamento c sempre una logica di potere che tende a favorire la
classe che in quel momento prende il potere economico. In questo caso, i diritti umani
hanno favorito la nuova classe borghese capitalista a scapito della vecchia classe
dominante latifondista che basava il suo potere sulla schiavit degli individui. Se ci
fosse stato un altro modo di produzione, diverso dal capitalismo, forse la conquista
dei diritti umani non sarebbe mai avvenuta. Ma una volta che la nuova classe
dominante ha liberato gli individui dai precedenti sistemi di controllo, ha dovuto per
forza di cose trovare metodi alternativi per controllare la forza lavoro.

Nel modo di produzione antico il controllo della forza lavoro legato alla
soppressione degli individui attraverso il potere militare. Nel modo di produzione
feudale il controllo avviene attraverso il fattore religione che plasma le menti degli
individui e li costringe a lavorare senza riserva. Nel capitalismo il controllo avviene
attraverso i mezzi di comunicazione.
E attraverso i mezzi di comunicazione che la classe dominante manda i suoi
messaggi per controllare il processo produttivo. La produzione ed il consumo dei beni
scambiati sul mercato non sono del tutto privi di controllo come in un primo momento
si pu credere. Il consumo di massa non altro che il risultato di un bombardamento
dei mezzi di comunicazione nei confronti degli individui, i quali non sono pi liberi di
scegliere autonomamente.
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La moderna classe dominante, composta da politici, industriali ed intellettuali,
controlla la produzione ed il consumo attraverso segnali di comunicazione, al pari di
segnali stradali a caratteri cubitali che servono ad indirizzare il traffico. In altri
termini, il mercato non un luogo di scambio libero dove produttori e consumatori si
incontrano per esprimere liberamente le loro preferenze, ma un luogo controllato dai
mezzi di comunicazione, i quali controllano il consumo e la produzione in maniera
quasi ipnotica.
Ma la storia non cos semplice, infatti, il meccanismo di controllo e di sfruttamento
della forza lavoro ben pi subliminale e raffinato di quanto si possa immaginare.
Gli uomini non agiscono esclusivamente in base a freddi calcoli che trovano semplice
espressione in sintetiche formule od eleganti grafici, ma agiscono in base allistinto, in
base alla loro natura umana caratterizzata da bisogni e da aspirazioni.

10.3 Dalla New Economy alla Sex Economy

In questo paragrafo si tenta di spiegare una delle modalit attraverso la quale si
realizza il controllo della forza lavoro nella moderna societ capitalista.
Oggi, qualsiasi segnale di comunicazione ha una sua specifica allusione allenergia
sessuale degli esseri umani. Basti vedere i programmi televisivi dei paesi pi
sviluppati o guardare gli spot pubblicitari, per non parlare poi degli effetti collaterali
che questo bombardamento provoca quali violenza, frodi e qualsiasi altro tipo di
ruberie.
La societ e i sistemi economici sin dallorigine dei tempi si sono basate sul controllo
e sullo sfruttamento dellenergia degli uomini, intesa come energia vitale mentale e
fisica. La maggior parte degli economisti hanno sempre mostrato un grande interesse
nellelaborare teorie sulla nascita della societ a partire dallo stato di natura.
In una fase precedente alla nascita della societ gli uomini vivono infatti senza regole
in uno stato bestiale. Non esiste propriet privata e non esiste ricchezza, la produzione
di beni strettamente finalizzata al consumo.
La nascita della societ con la conseguente nascita delle norme impone alla classe
dominante di controllare e reprimere gli istinti umani e soprattutto di controllare la
forza lavoro degli individui al fine di accumulare propriet privata e ricchezza.
Ma la forza lavoro non altro che la materializzazione dellenergia vitale degli
uomini dove la componente sessuale costituisce il motore pi grande.
Si noti che in questa sede per energia sessuale si intende la totalit dellenergia
psicofisica umana. Questa come abbiamo detto genera la forza lavoro.
Il controllo della forza lavoro non pu dunque prescindere dal controllo dellenergia
sessuale, dalla sua repressione iniziale e dal suo collocamento nella struttura di
produzione che in quel momento vige.
Nei modi di produzione precedenti lenergia veniva controllata con la forza militare o
con la persuasione delle religioni. Oggi lenergia viene controllata con il
bombardamento dei mezzi di comunicazione la cui violenza non certo inferiore a
quella della frusta.
Per controllare dunque la forza lavoro bisogna fare leva su ci che la origina ovvero
sullenergia sessuale attraverso i segnali di comunicazione.
In altri termini, il gioco consiste nel collocare nel verso giusto lenergia umana che in
assenza di controllo seguirebbe le leggi di natura senza favorire luna o laltra classe.
Il consumismo che costituisce il perno su cui si basa il potere e la ricchezza della
classe dominante non altro che un fenomeno originato dai segnali di comunicazione.
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Il 90% dei beni che ci troviamo di fronte sono inutili al fine della realizzazione dei
bisogni umani, sono beni che sono stati creati prima del loro effettivo bisogno. I
segnali di comunicazione creano infatti falsi bisogni per stimolare il consumo, la
produzione e di conseguenza la ricchezza.
La pubblicit non altro che lo specchio del sistema economico, questa fa leva
sullenergia sessuale degli uomini per creare dei bisogni che possono essere colmati
solo con il consumo e la conseguente produzione, la quale genera accumulazione di
ricchezza. Nella New Economy questo meccanismo di controllo attraverso i segnali di
comunicazione ancora pi evidente rispetto alle fasi precedenti del sistema
economico. Il sesso virtuale, una delle tante forme di repressione e controllo
dellenergia sessuale, si sta sempre pi sostituendo a quello reale favorendo la nuova
classe dominante che baser il suo potere sul controllo della rete (per rete si intende
Internet). Il sesso virtuale non altro che il risultato di una campagna di segnali di
comunicazione che spingono le masse a spostare la loro attivit dalla realt fisica alla
realt virtuale contribuendo allaccumulazione della ricchezza di chi a capo della
rete.
Per concludere il paragrafo si ricorda che la parola pi digitata sui motori di ricerca
Sex (fonte: Yahoo Internet Survey), da qui il termine di Sex Economy termine che
indica il reale funzionamento della nuova economia.

10.4 Societ perfette

Fin dallorigine dei sistemi economici i pi grandi filosofi si sono cimentati
nellimmaginare sistemi alternativi, il pi delle volte definiti da loro stessi come
perfetti, che non hanno mai smesso di affascinare economisti e scrittori di ogni
tempo. Lalternativa storica al capitalismo stata sempre costituita da sistemi
socialisti o comunisti. Ma ci sono state nel corso della storia altri approcci che in
questa sede vale la pena di discorrere rapidamente.
Un modo particolare di immaginare la societ, che ha affascinato per secoli, quello
pensato da uno dei pi grandi filosofi dellantichit.
Platone, nella Repubblica, immagina un sistema nel quale il potere sia detenuto da
una classe di filosofi. Questi, avendo il dono dellistruzione non hanno bisogno di
accumulare ricchezze materiali. Il filosofo, secondo Platone, ritenendo inutile la
ricchezza materiale lunico in grado di perseguire il bene dellintera collettivit in
quanto non sente il bisogno di perseguire obbiettivi personali costituiti
dallaccumulazione della ricchezza privata.
La scelta tra benessere complessivo e benessere privato dunque legata al livello di
istruzione. Il filosofo lunico in grado di valorizzare il benessere dellintera
collettivit in quanto proprio listruzione stessa che lo eleva al di sopra della
ricchezza materiale.Ma il ragionamento di Platone ancora pi attuale e geniale di
quanto si possa pensare. Secondo questultimo le forme di governo possibili sono tre:
Monarchia (governo di uno solo), Aristocrazia (governo dei migliori) e Democrazia
(governo del popolo). Nessuna delle tre forme in prima analisi migliore delle altre.
Entrambe sono valide se si mantengono allo stato puro. Infatti, ciascuna forma di
governo ha la tendenza a degenerare nella sua forma negativa. La Monarchia
degenera in Tirannide, lAristocrazia in Oligarchia (governo di pochi) e la
Democrazia in Oclocrazia (governo delle masse).
La forma pura si mantiene se i regnanti, sia esso uno solo o siano un gruppo esteso,
mantengono come obbiettivo prioritario lo sviluppo del benessere dellintera
collettivit al posto del perseguimento dellaccumulazione della ricchezza privata.
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Non interessa dunque la forma di governo in s per s ma lobbiettivo del regnante.
Altra opera che vale la pena di essere citata quella di Tommaso Campanella. In
La citt del Sole Campanella immagina che esista un Paese dove gli uomini vivono
e lavorano senza lesistenza della propriet privata. Tutti lavorano sei ore al giorno e
nessuno rimane senza lavoro. Tutti possono disporre dei beni prodotti dalla
collettivit. A capo della collettivit c una delegazione di tecnici e di anziani che via
via stabilisce le modalit della produzione e del consumo. Nelle restanti ore del giorno
gli uomini dellisola si cimentano in attivit sportive, artistiche e culturali in piena
libert. La giornata composta infatti da dodici ore, le prime sei lavorative e le ultime
sei dedicate allo svago. I giovani sono divisi in gruppi composti da maschi e
femmine e durante ladolescenza hanno la consuetudine di accoppiarsi una sera
ogni tre secondo un ordine stabilito. Prima del matrimonio, che avviene in tarda
et, gli accoppiamenti possono essere sempre diversi tra ragazzi e ragazze della
stessa et. La pratica sessuale infatti obbligatoria una sera ogni tre a seconda
dei desideri congiunti di uomini e donne. Questultime hanno una pari dignit e
non esistono discriminazioni.
Lo spunto da cui parte Campanella per descrivere la societ perfetta la contestazione
della pena di morte, che nel periodo in cui scrive Campanella era una pratica molto
diffusa anche ai danni di chi rubava solamente del cibo. Secondo Campanella, una
delle ragioni ultime dei crimini che vengono commessi allinterno delle societ
sarebbe il mal funzionamento delle societ stesse. In una societ come quella
descritta, non si porrebbe nemmeno il problema, in quanto la diffusione del benessere
sarebbe a vantaggio della totalit degli individui.
Visto che abbiamo citato il problema approfondiamo il tema. Pensiamo per un attimo
alla pena di morte e alla funzione che ha questa in un sistema come quello capitalista.
Pensiamo ora ad un sistema primitivo dove gli uomini fanno i sacrifici in nome degli
Dei. Si potrebbe pensare che la cosa non differisca di molto. In tutti e due i casi
luccisione di massa, quandessa sia ingiustificata, ha un significato simbolico; tende
a mantenere lordine ed il controllo della classe dominante. In America piuttosto
comprensibile il ruolo che ha la pena di morte ai fini del mantenimento del sistema
capitalista, dato che questa in pi della met dei casi ingiustificata, essendo
determinata da enormi errori giuridici. E come se questa costituisse uno spettacolo
tragicomico, capace di unire a livello emotivo la collettivit di fronte ai segnali di
comunicazione.
Per concludere il discorso dobbiamo sottolineare comunque il fatto che la maggior
parte degli economisti danno poco valore a sistemi ideali o perfetti, in quanto questi,
proprio per il fatto di essere utopici sono nella realt difficilmente realizzabili ed
ignorano di solito la realt delle cose. In tale contesto, per terminare cos come
abbiamo iniziato, si pu citare un episodio capitato a Talete, che come si sa il primo
filosofo della storia, pi di 2.500 anni fa. Un giorno il filosofo, immerso nei suoi
pensieri, camminava a testa in su per osservare le stelle, ma non si accorse di un
pozzo sottostante e gli capit di caderci dentro. Dopo diverse ore di prigionia
allinterno del pozzo fu salvato dalla sua schiava che lo rimprover severamente.
Infatti, chi guarda le cose al di sopra di lui spesso non si accorge nemmeno delle cose
che gli stanno sotto i piedi e finisce prima o poi per caderci dentro. Anche se poi
Talete, una volta uscito dal pozzo, avrebbe fornito ai suoi contemporanei ed ai suoi
posteri preziosi insegnamenti, partecipando in maniera saliente allo sviluppo della
societ umana.



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Bibliografia di base


ECONOMIA SAMUELSON

MICROECONOMIA VARIAN

PRINCIPI DI ECONOMIA POLITICA COZZI, ZAMAGNI

MICROECONOMIA BEGG, FISCHER, DORNBUSCH

MICROECONOMIA BECCHETTI, BRUNI, ZAMAGNI

MICROECONOMIA PER MANAGER KREPS

LEZIONI DI ECONOMIA POLITICA 1 GOISIS

MICROECONOMIA PINDYCK, RUBINFELD, PEARSON

MICROECONOMIA AMENDOLA, BOCELLA, IMBRIANI

LINEAMENTI DI TEORIA ECONOMICA RODANO, SALTARI

ECONOMIA POLITICA PIVETTI

MARKETING MANAGMENT KOTLER

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Molti spunti sono stati presi anche dalla realt aziendale quotidiana e dallesperienza
in societ di consulenza economica e finanziaria quali la Ernst & Young e dai case
studies degli MBA.

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