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JULIO CORTZAR

LALTRO LATO
DELLE COSE
INTERVISTA
A cura di
Tommaso Menegazzi
MIMESIS
Ispanismo losoco
7
TOMMASO MENEGAZZI
ALLA RICERCA DELLO SWING.
OVVERO COME FARE LETTERATURA
COL MARTELLO
Inutile. Condannato ad essere assolto. Torna a casa, e leggi
Spinoza. La Maga non sa chi sia Spinoza. La Maga legge inter-
minabili romanzi di russi e tedeschi e Prez Galds e li dimen-
tica immediatamente. Non sospetter mai davermi condannato
a leggere Spinoza. Giudice inaudito, giudice per grazia delle
sue mani, delle sue corse in mezzo la strada, giudice perch mi
guarda e mi lascia ignudo, giudice perch balorda e infelice e
disorientata e ottusa e men che niente. Per tutto quel che so dal
mio amaro sapere e con il mio marcio metro da universitario
e uomo illuminato, per tutto questo, giudice. [...]. E con tanta
scienza un inutile desiderio di aver compassione di qualcosa, e
che piova qui dentro, che nalmente cominci a piovere, a sape-
re di terra, di cose vive, s, nalmente di cose vive.
1
In queste
parole, tratte dal capolavoro di Cortzar, Rayuela, possiamo
rintracciare gi quel conatus che caratterizza lintera sua opera,
quella spinta a mettere in gioco il potere dellimmaginazione
creatrice, capace di congurare, in unico giorno, persino ottan-
ta mondi. Troviamo il suo tentativo di lambire i contorni di un
altro ordine o disordine del reale, soffermando lo sguardo
su quelle fessure che ci permettono di intravedere ci che risie-
de negli interstizi del reale, ovvero altre possibilit di esistenza,
spazi dellimpensato. Ma troviamo anche lo scoramento, la fati-
ca, la consapevolezza che la grazia la pienezza innocente della
Maga, ovvero la sua capacit di tenersi in armonica relazione
con ci che sfugge in realt un divenire, non un possedere
1 J. Cortzar, Rayuela, Editorial Sudamericana, Buenos Aires 1963 (si
veda ora ledizione curata da J. M. Fernndez Martnez, Ctedra,
Madrid 1996), trad. it. di F. Nicoletti Rossini, Il gioco del mondo
(Rayuela), Einaudi, Torino 2004, pp. 98-99.
8 Laltro lato delle cose
(tanto meno un conoscere): terra, pioggia, vita. In queste pa-
role, insomma, troviamo una sorta di condensazione (una tra le
tante, ovviamente) dei temi e delle atmosfere che caratterizzano
il cantiere letterario, losoco ed esistenziale di Julio Cortzar.
Abbiamo deciso di iniziare cos queste pagine introduttive per-
ch anche lintervista rilasciata alla televisione pubblica spagno-
la pochi anni dopo la caduta del regime franchista (e presentata
qui per la prima volta al pubblico italiano) pu essere conside-
rata un condensato cortazariano, nel quale vengono evocati
tutti gli snodi fondamentali della sua vita e della sua concezione
della letteratura: dalla nascita accidentale a Bruxelles, sotto le
bombe dellinvasore tedesco, allinfanzia trascorsa nei sobbor-
ghi polverosi di Buenos Aires; dalla manifestazione precoce
della sua vocazione letteraria nonch (al contempo) sovversiva
nei confronti del conformismo familiare e sociale allauto-esilio
nella Parigi che, per Cortzar, fu il simbolo vivo e concreto di
quellaltra parte descritta nelle pagine di Rayuela.
Come verr ricordato anche nel corso dellintervista che se-
gue, il grande romanzo di Cortzar segn un vero e proprio
punto di inessione non solo nella carriera letteraria dello scrit-
tore argentino, bens anche nel suo modo di concepire il ruo-
lo della letteratura. Rayuela non fu un episodio casuale, una
manifestazione tra le tante del talento di Cortzar: fu, invece,
una sorta di corpo a corpo sfrenato con il suo mondo e le sue
ossessioni, con lOccidente razionalista e borghese, con la
concezione tradizionale della letteratura. Inoltre, in termini pi
generali, rappresent un punto di rottura rispetto allopinione
comune vigente in Europa secondo la quale lintera letteratura
sudamericana dellepoca proliferasse sotto il segno del realismo
magico e del barocco: di fatto Rayuela venne interpretato come
un vero e proprio manifesto letterario, come un inveramento di
tutta una serie di posizioni teorico-critiche che trovavano sem-
pre pi spazio in ambito internazionale e che insistevano par-
ticolarmente sul ruolo attivo del lettore nella genesi dellopera
letteraria.
2
In altre parole, agli occhi del suo autore e di quelli
2 A questo proposito, si pensi che nel 1962, un anno prima dellap-
parizione di Rayuela, fu dato alle stampe un libro fondamentale di
Umberto Eco (costituito in gran parte da saggi gi apparsi in alcune
T. Menegazzi - Alla ricerca dello swing 9
di moltissimi lettori, soprattutto giovani (dapprima latinoameri-
cani, poi di tutto il mondo), quel romanzo fu la manifestazione
concreta della possibilit di un gesto di ribellione, una sda nei
confronti dellordine (sociale, politico, esistenziale) costituito:
coincise, insomma, con la scoperta della possibilit di rovescia-
re da cima a fondo, nel modo pi irriverente possibile e senza
alcuna concessione o scrupolo, il mondo ereditato dai padri.
Horacio Oliveira, alter ego cortazariano in Rayuela, incarn
dunque il desiderio di fare letteratura col martello, ovvero di
instaurare un regime narrativo profondamente segnato da una
dimensione ludica di decostruzione della realt per mezzo del
genere letterario del romanzo, il cui canone tradizionale veniva
riutato per far posto a una modalit discorsiva capace di arti-
colare un linguaggio alternativo rispetto a quello egemonico,
volto a riettere in modo trasparente la presunta architettura
armonica della ragione occidentale.
3
Come Nietzsche, il losofo
col martello, anche Cortzar aspirava a farsi beffe di quellotti-
mismo ingenuo, di quel platonismo per il popolo che tende
a nascondersi, in modo particolarmente sibillino, dietro la tra-
sparenza ingannevole del linguaggio convenzionale. Entrambi,
tuttavia, fabbricarono la loro critica a partire dal e pienamente
immersi nel linguaggio: nel caso dello scrittore argentino, sia
i numerosi racconti, sia (soprattutto) Rayuela, possono essere
intesi, pertanto, come delle operazioni di meta-nzione, come
un tentativo di ricreare la realt attraverso limmaginazione e
riviste), Opera aperta, che intervenne perentoriamente nella discus-
sione relativa alle questioni legate alla formazione, rappresentazione,
comunicazione e fruizione dellopera artistica, intesa questultima
(si noti lassonanza con il pensiero e la pratica di Cortzar) come
creazione di un nuovo sistema linguistico, per la cui genesi il lettore-
spettatore era chiamato a svolgere un ruolo decisivo. Si veda U. Eco,
Opera aperta, Bompiani, Milano 2004
6
.
3 A questo proposito, suggeriamo la lettura di un prezioso saggio che
Cortzar pubblic un anno prima di questa intervista in una rivi-
sta di New York (nel cuore di quellimpero economico e culturale di
cui ci parler proprio nel corso della presente intervista), nel quale
cerc di formulare programmaticamente la sua critica nei confronti
della letteratura e della cultura del suo tempo: cfr. J. Cortzar, Poli-
tics and the intellectuals in Latin America, in Books Abroad, n. 3
(1976), pp. 37-44.
10 Laltro lato delle cose
la parola, in una frenetica ricerca di unintima coerenza tra la
narrazione e lesistenza, tra la parola e il divenire. Fare letteratu-
ra col martello, quindi, per Cortzar signicava sperimentare la
possibilit della distruzione creatrice.
Uno degli obiettivi principali di questa distruzione creatrice
era, senza dubbio, proprio la presunta struttura cristallina di
quel logos che lOccidente, a partire da Socrate e Platone, si
imposto come il pilastro imprescindibile per la costruzione di
qualsiasi discorso di verit, ovvero quellincrollabile fede che
il pensiero giunga come scriveva Nietzsche , seguendo il lo
conduttore della causalit, n nei pi profondi abissi delles-
sere, e che il pensiero sia in grado non solo di conoscere, ma
addirittura di correggere lessere.
4
Tutta lopera di Cortzar,
insomma, non che un vero e proprio attentato allillusione
metasica dellaristotelico uomo di scienza, di colui che, me-
diante il dispiego dei mezzi razionali, aspira a realizzare quella-
deguamento senza resto tra le cose e il pensiero. Ecco allora che
la gura evanescente della Maga, in Rayuela, potrebbe rappre-
sentare proprio il simbolo di questa profonda critica nei con-
fronti del mondo vero, sorretto dalla fede nella causalit e nella
ragione: la sua unesistenza capace di afferrare la vita nella sua
immediatezza, grazie a unintuizione diretta, pre-logica e pre-
categoriale delle cose, che non necessita di mediazioni razionali,
dialettiche o di artici intellettuali. Cortzar, nei suoi raccon-
ti neofantastici e, soprattutto, nel suo romanzo pi celebre
(in virt dellimplicita immedesimazione con Oliveira), sembra
mettere in atto una costante ricerca di un passaggio, di un gesto
che gli permetta di lasciarsi alle spalle il suo marcio metro da
universitario e uomo illuminato: eppure la Maga non altro
che la rappresentazione ttizia di quella verit irraggiungibile,
che non si lascia cogliere in nessun modo, tanto meno da un
Oliveira che, pur cercando di sbarazzarsi dei sosticati labirinti
della ragione e della dialettica, non pu che muovere proprio
da l, ovvero da un gesto irrimediabilmente legato al linguaggio
e alla grammatica della ragione. Questo brano tratto da Rayuela
4 F. W. Nietzsche, Die Geburt der Tragdie (1872), nota introduttiva di
G. Colli, versione di S. Giametta, La nascita della tragedia, Adelphi,
Milano 2005
24
, p. 101.
T. Menegazzi - Alla ricerca dello swing 11
ci restituisce la cifra di questa impossibilit, dello scoramento di
Oliveira-Cortzar:
Ma non abbiamo sempre vissuto cos, lacerandoci con dolcezza?
No, non abbiamo vissuto cos, lei lo avrebbe voluto ma una volta an-
cora io tornai ad insediare il falso ordine che nasconde il caos, a n-
gere che mi dedicavo ad una vita profonda della quale solo toccavo
con la punta del piede lacqua terribile. Ci sono umi metasici, lei
vi nuota come quella rondine sta nuotando nellaria, girando alluci-
nata attorno al campanile, lasciandosi cadere per poi alzarsi pi alta
di slancio. Io descrivo e denisco e desidero quei umi, lei vi nuota.
Io li cerco, li trovo, li guardo dal ponte, lei vi nuota. E non lo sa, pro-
prio come la rondine. Non ha bisogno di sapere come me, pu vivere
nel disordine senza che alcuna coscienza di ordine la trattenga. Quel
disordine il suo ordine misterioso, quella bohme del corpo e della-
nima che le spalanca le vere porte. La sua vita non disordine che per
me, sotterrato in pregiudizi che disprezzo e allo stesso tempo rispetto.
Io, condannato ad essere assolto irrimediabilmente dalla Maga che mi
giudica senza saperlo. Ah, lasciami entrare, lasciami vedere un giorno
come vedono i tuoi occhi.
5
per questo che Cortzar, soprattutto in Rayuela, ci mostra
quanto sia necessario distruggere, prima ancora di essere in gra-
do di creare. A partire dalla distruzione persino dellamore, che
paradossalmente sembra essere propedeutica alla creazione di
quel kibbutz del desiderio cui allude spesso lo scrittore argenti-
no. Ma si tratta anche come dicevamo precedentemente del-
la decostruzione del romanzo inteso come genere letterario, dei
suoi personaggi ingessati e legati allo svolgimento di determina-
te azioni (si pensi alla modalit non lineare, rapsodica e persino
aleatoria in cui possibile, allinterno di Rayuela, creare una
5 J. Cortzar, Il gioco del mondo, cit., p. 98. In questo senso, anche
Parigi (laltra parte), nella sua essenza auratica e in un certo senso
ineffabile, potrebbe essere considerata come un simbolo di quellim-
possibilit, di quella dolce lacerazione: Parigi un centro, capito, un
mandala che bisogna percorrere senza dialettica, un labirinto dove le
formule prammatiche non servono che a perdersi. Dunque un cogito
che sia respirare Parigi, penetrarvi lasciandolo penetrare, neuma e
non logos. Ivi, p. 400.
12 Laltro lato delle cose
determinata successione di capitoli),
6
insomma, della distruzio-
ne del linguaggio e della logica dominanti nelle narrazioni uma-
ne. Come nel caso di Nietzsche, anche in Cortzar, scrittore col
martello, la distruzione della struttura linguistica convenzionale
(un gesto che corrisponde alla manifestazione pi intensa dello
spirito creatore) comporta dunque una forte carica di piacere
e godimento, un qualcosa che si apprende nellesercizio, nel-
la pratica, nel gioco: del resto, a che cosa serve uno scrittore
se non per distruggere la letteratura?. Tuttavia, non si tratta
di intraprendere una mera liberazione verbale, come sosten-
nero, per esempio, i surrealisti, i quali credettero che il vero
linguaggio e la vera realt fossero condannati e banditi dalla
struttura razionalistica e borghese dellOccidente. Avevano ra-
gione [...], ma non era che un momento della complicata ope-
razione di togliere la buccia alla banana. Risultato, pi duno se
la mangi con la buccia [...]. Fanatici del verbo puro, pitones-
se frenetiche, accettarono tutto purch non sembrasse troppo
6 Il movimento permanente suggerito dalla tavola dorientamento
posta allinizio del libro (che, nondimeno, si conclude con un in-
vito piuttosto esplicito a prescindere senza rimorsi di coscienza dal
tracciato proposto dallautore), lidea del movimento sico associata
alla lettura del romanzo, il saltare da un capitolo allaltro in modo
apparentemente rapsodico: tutto ci non che una manifestazione
concreta di quella dimensione ludica implicita nello sguardo corta-
zariano cui alludevamo in precedenza e che la letteratura, la losoa
e la cultura occidentale hanno sempre relegato a un piano secon-
dario e marginale. Il gioco, si sa, appartiene alla sfera dellinfanzia:
ebbene, si chiede Nietzsche, perch non si dovrebbe parlare come
i fanciulli?. (F. W. Nietzsche, Also sprach Zarathustra [1883/1885],
trad. it. di S. Giametta, introduzione e commento di G. Pasqualot-
to, Cos parl Zarathustra, BUR, Milano 2005
12
, p. 52). Cos come il
sapere del corpo del quale la ragione solo un piccolo strumen-
to risulta fondamentale nelleconomia generale della losoa col
martello nietzscheana, anche lincontro con un libro come Rayuela
appare mediato dalla necessit di un vero e proprio movimento si-
co tra i capitoli, nonch dalloscillazione costante e irresolubile tra la
parte de all e la parte de ac, tra Parigi e Buenos Aires, tra il discorso
e lintuizione. Il corpo e il movimento, insomma, svolgono una fun-
zione essenziale nella congurazione di quella dimensione ludica che
rappresenta il sottosuolo dellintera opera di Cortzar, e non solo di
Rayuela.
T. Menegazzi - Alla ricerca dello swing 13
grammaticale.
7
In altre parole, sembra volerci dire Cortzar,
non bisogna commettere lerrore di pensare che la distruzione
consista nelleliminazione progressiva delle sovrastrutture (lin-
guistiche, sociali, culturali) ingannevoli che impedirebbero la
contemplazione del mondo vero. qui, infatti, che si fa largo
lidea di una distruzione morfogenetica, dato che quel mondo
(pur affrancato dalle favole mediante le quali stato rivestito)
non esiste, occorre crearlo: pu darsi che esista un altro mon-
do dentro questo, ma non lo troveremo ricavandone il prolo
dal tumulto favoloso dei giorni e delle vite, non lo troveremo n
nella atroa n nellipertroa. Quel mondo non esiste, bisogna
crearlo come la fenice [...]. Diciamo che il mondo una gura,
occorre saperla leggere. Leggerla, ovvero generarla.
8
Come non mancher di ricordare nel corso dellintervista,
9

uno degli obiettivi critici pi ricorrenti del tentativo di Cortzar
di de-mitizzare e de-intellettualizzare il linguaggio e le parole
(ma riecco sempre loscillazione, lo scoramento: solo nella mia
camera, cado in artizi di scriba, le cagne funeste si vendicano
come possono, mi mordono rabbiose sotto il tavolo)
10

costituito indubbiamente dalla matrice letteraria castigliana.
Teologale, provinciale, ossessionata dalla dialettica tra il liturgico
e il blasfemo, con la sua inconciliabile opposizione tra laulico
e il popolare, troppo enfatica e ampollosa, essa lemblema
dellirrigidimento, delladeguamento formale e dellinsieme di
formule stantie e retoriche mediante le quali il linguaggio, in
fondo, cerca di nascondere abusivamente la sua origine troppo
umana. Ma se il compito dello scrittore consiste propriamente
nel distruggere, disarmare, sovvertire, decostruire e, perci
stesso, nel ricreare, allora le sue armi, come nel caso di Cortzar,
saranno quelle dellironia, dellumorismo, del gioco e della
convergenza morfogenetica tra il reale e il fantastico. Certo,
anche in questo caso vale lo stesso avvertimento ricordato in
precedenza: sebbene Cortzar (come pure Nietzsche) fosse ben
consapevole del fatto che le parole e il linguaggio convenzionali
7 J. Cortzar, Il gioco del mondo, cit., pp. 414, 413.
8 Ivi, p. 358.
9 Cfr. infra, pp. 41 e 45.
10 J. Cortzar, Il gioco del mondo, cit., p. 399.
14 Laltro lato delle cose
fossero un modo troppo povero per affermare la vastit del
reale, non si tratta di rinunciare tout court al linguaggio, alla
strutturazione grammaticale e sintattica in s, ma di sovvertire
un certo ordine grammaticale e sintattico cio narrativo ,
per esempio quello ereditato dalla matrice letteraria castigliana.
Detto altrimenti, sebbene sia pi che vero che il linguaggio di
cui ci serviamo tradimento [...] non basta volerlo liberare dai
suoi tab. Bisogna riviverlo, non ri-animarlo.
11
Non ci silluda,
dunque, sembra ammonire Cortzar: il linguaggio va sovvertito
a partire dal linguaggio stesso, solo che questultimo (con tutte le
sue forme rattrappite, solenni e universali) va prima incendiato,
procedendo come un guerrigliero, ovvero mettendo in dubbio
la possibilit stessa che esso sia ancora a contatto con ci che
pretende signicare, ovvero con un presunto mondo vero.
Questa operazione intimamente sovversiva riconoscibile in
molti testi di Cortzar, a partire dai suoi racconti (che ambiscono
a ridenire la linea di conne tra il reale e il fantastico, ma senza
ricorrere a un mero capovolgimento delle leggi di natura, insi-
stendo cio sugli aspetti terricanti o mostruosi, bens operan-
do una sorta di dislocamento della realt quotidiana, nella quale
vengono aperti veri e propri spazi allimpensato), per giungere
inne alle opere di natura pi eterogenea e composita, come i
romanzi e i libri-almanacco (Il giro del giorno in ottanta mondi,
Ultimo round: veri e propri oggetti letterari non identicati), nei
quali ritroviamo tutta una serie di strategie tipicamente corta-
zariane. Si pensi, ad esempio, al rovesciamento delle gerarchie
(banalizzare ci che solenne, valorizzare ci che triviale),
allironia, alla riduzione allassurdo, al pastiche parossistico, alle
associazioni impertinenti, allesagerazione iperbolica. Inoltre,
proprio le sue opere pi composite (un discorso a parte lo me-
riterebbero i racconti, sulla cui natura lo scrittore si soffermer
diffusamente nel corso dellintervista) nascono dallesigenza
non solo di dar fuoco al linguaggio, violando il fatto letterario
totale, ovvero lidea tradizionale di libro, ma anche di corri-
spondere in qualche modo al carattere frammentario del reale.
Rayuela, assieme a Libro de Manuel o Componibile 62, in que-
11 Ivi, p. 413.
T. Menegazzi - Alla ricerca dello swing 15
sto senso, sono opere vertiginosamente aperte, costantemente
attraversate da quelli che Cortzar amava denire passaggi, di
sentieri interrotti e distrazioni
12
(tutto ci che, in qualche modo,
permette di evadere dal territorio di competenza dei famas,
quei personaggi cortazariani fatalmente incaricati della difesa
dellordine, della norma e dellefcienza).
13
Queste opere sono
dunque una sorta di enorme ipertesto, dei veri e propri collage
che permettono di assemblare una molteplicit eterogenea di
componenti che tuttavia non rinunciano alla propria alterit;
certo, esse sono intrecciate fra loro, ma in nessun caso potreb-
bero essere ricondotte a un unico denominatore comune. A
questo proposito, potremmo pensare allimmagine proposta da
Wittgenstein nel paragrafo 67 delle Ricerche losoche, quan-
do, esaminando le cosiddette somiglianze di famiglia, viene
citato il caso dei numeri. Ebbene, propone il losofo austriaco,
ora estendiamo il nostro concetto di numero cos come, nel
tessere un lo, intrecciamo bra con bra. E la robustezza del
lo non data dal fatto che una bra corre per tutta la sua
lunghezza, ma dal sovrapporsi di molte bre luna allaltra [...].
Allo stesso modo si potrebbe dire: un qualcosa percorre tutto
12 Allidea di percezione interstiziale (quella che sinserisce tra le
cose) e di distrazione Cortzar dedica un testo breve, ma assai in-
tenso e signicativo, contenuto in Ultimo round, intitolato Cristallo
con una rosa allinterno, nel quale leggiamo che lo stato che de-
niamo di distrazione potrebbe essere in qualche modo una diversa
forma di attenzione, la sua pi profonda manifestazione simmetrica
che si colloca su un piano diverso della psiche, unattenzione diretta
da o attraverso e persino verso quel piano profondo. Non raro che
nel soggetto portato a questo tipo di distrazioni (quel che si dice
rimanere imbambolati) il succedersi di vari fenomeni eterogenei
crei allistante unapprensione di straordinaria omogeneit. Cfr. J.
Cortzar, ltimo round, Editorial Siglo XXI, Mxico 1969, trad. it.
di E. Mogavero, Ultimo Round, Alet Edizioni, Padova 2007, p. 221.
13 Ci riferiamo ovviamente a una delle invenzioni linguistiche e con-
cettuali pi geniali di Cortzar, cio a quei famas afancati e con-
trapposti ai cronopios che troviamo nel titolo di uno dei suoi libri
certamente pi riusciti e ammirati: si veda J. Cortzar, Historia de
cronopios y de famas, Editorial Sudamericana, Buenos Aires 1962,
trad. it. di F. Nicoletti Rossini, con una Prefazione di I. Calvino, Sto-
rie di cronopios e di famas, Einaudi, Torino 2005.
16 Laltro lato delle cose
il lo cio lininterrotto sovrapporsi di queste bre.
14
Nei
romanzi di Cortzar accade dunque qualcosa di simile: la loro
robustezza non data dalla presenza di un frame unitario, armo-
nico, semplicistico o consolatorio (quello tipico del romanzo
polpettone, che si legge dal principio alla ne come un bravo
bambino
15
e per il quale la coerenza tematica e ladeguamento
formale ai canoni letterari convenzionali protagonisti, esordio,
circonlocuzioni, sviluppo, climax, nale, insomma tutti quegli
elementi che contraddistinguono il racconto ipnotico rap-
presentano degli aspetti fondamentali), ma dal fatto stesso che
le diverse bre che compongono ciascuna delle sue opere (il
jazz, la losoa, il sentimento del fantastico, limpegno politico,
langoscia esistenziale e la solitudine, larte) si sovrappongono
vicendevolmente senza per questo dover garantire una continu-
it tematica o formale capace di integrare tutte queste bre in
una rappresentazione unitaria. Una sola cosa, insomma, sembra
percorrere lintero lo delle opere di Cortzar: lininterrotto
sovrapporsi delle singole bre. Per questo potremmo afferma-
re che il dispositivo discorsivo che innerva la sua produzione
letteraria quello del collage, che sembra operare a pi livelli,
da quello della concatenazione logico-fattuale e del ritmo nar-
rativo (si pensi a Rayuela) a quello della struttura discorsiva e
della concezione straticata delloggetto libro, come nel caso
di Componibile 62, Il giro del giorno in ottanta mondi o Ultimo
round. La forma-collage, insomma, permette a Cortzar di este-
riorizzare il carattere multiforme inerente al discorso narrativo
cos come egli lo intende, ovvero come un qualcosa di costan-
temente mutante, polimorfo, polifonico e persino poliglotta. In
ultima istanza, il collage non che il mezzo pi efcace per dar
conto dellevidente disparit tra i diversi livelli di realt, del-
le sue innegabili diseguaglianze, dei suoi antagonismi e delle
sue contraddizioni esplosive, le cui tracce vengono conservate
attraverso luso e la sovrapposizione di registri differenti,
in certi casi apparentemente antitetici. Ma lintenzione dello
scrittore argentino chiara: concepire loggetto-narrativo come
14 L. Wittgenstein, Philosophische Untersuchungen (1953), ed. it. a cura
di M. Trinchero, Ricerche losoche, Einaudi, Torino 2009, p. 47.
15 J. Cortzar, Il gioco del mondo, cit., p. 415.
T. Menegazzi - Alla ricerca dello swing 17
un vettore di scontri e tensioni che testimonino la compresenza
ineludibile di codici eterogenei (la letteratura alta e la boxe, le
questioni metasiche e il jazz), al ne di smascherare il carattere
sempre parziale, e tuttavia totalitario, della concezione armoni-
co-architettonica del reale, secondo la quale ognuna delle sin-
gole parti serberebbe il seme della totalit, in un illusorio gioco
di specchi senza possibilit di scarto tra il reale e il razionale.
Il collage, la decostruzione dellidea del romanzo polpetto-
ne, il dar fuoco al linguaggio, lirriverenza ludica e lumorismo
che, come un interregno festivo, nelle opere di Cortzar stra-
volgono quel discorso oracolare e salmodiante che aspira a con-
vertirsi in un veicolo dellesperienza profonda. Tutto questo,
come ricorder anche nel corso dellintervista che segue, per
lo scrittore argentino pu essere compendiato in unintuizione
semplice e al tempo stesso impervia e difcilmente traducibile
in concetti: si tratta dello swing, ovvero il battito o il ritmo che
concede a certa musica quasi come un dono unarmonia
improvvisata e contingente, unesplosione che nasce da impulsi
rapsodici e da rappresentazioni caotiche e disorganiche. vero,
Cortzar ha a che fare ovviamente con parole, con brandelli
di linguaggio, ma tutto sembra nascere da l, da quella rapso-
dia infuocata, per approdare a una sorta di fusione euritmica e
pulsante: non posseggo idee chiare, e neppure posseggo delle
idee. Ci sono dei brandelli, degli impulsi, dei blocchi, e tutto
cerca una forma, allora entra nel gioco il ritmo e io scrivo entro
quel ritmo, scrivo tramite esso, mosso da esso e non da ci che
detto il pensiero e che crea la prosa, letteraria o altro. In que-
sto senso, dunque, quel ritmo, quel battito della scrittura si erge
a criterio per denire le condizioni di ci che pu essere raccon-
tato: da quella penombra io parto, e se ci che voglio dire (se
ci che vuole dirsi) possiede sufciente forza, immediatamente
ha inizio lo swing, un dondolio ritmico che mi trae in supercie,
illumina tutto.
16
Di fatto, non appena quel dondolio sincopato
cessa di darsi, pure il senso di ci che deve dirsi, per Cortzar,
scompare. Il jazz, e in modo particolare quellatmosfera eurit-
mica raggiunta in talune occasioni che lo swing, costituisce
16 Ivi, p. 378.
18 Laltro lato delle cose
quindi il modello estetico estatico per eccellenza, che lo
scrittore argentino ha sempre cercato di trasferire alla scrittura,
rispettando la medesima organizzazione del usso sonoro, la
sua stessa modulazione. In altre parole, la sua aspirazione era
quella di donare alla sua prosa il fraseggio ardente della tromba
di Louis Armstrong (Armstrong dir lo scrittore nellinter-
vista era uno dei miei di: i miei di appartengono a questo
mondo, non ad altri),
17
la sua frenesia afrodisiaca, il suo di-
scorrere bacchico, voluttuoso: e poi la ammata della tromba,
il fallo giallo che lacera laria e gode avanzando e retrocedendo
e verso la ne tre note ascendenti, ipnoticamente doro puro,
una perfetta pausa nella quale tutto lo swing del mondo palpita-
va in un attimo insopportabile.
18
dunque nel tentativo della
parola di riprodurre quel battito, quella palpitazione sembra
voler dire Cortzar , che sinscrive la sua volont di dar fuoco
al linguaggio. Scrivere disegnare il mio mandala e nello stes-
so tempo percorrerlo, inventare la puricazione puricandosi;
compito da povero sciamano bianco con mutande di nylon.
19

questo povero ma affascinante sciamano bianco, insomma,
che troviamo rafgurato nellintrecciarsi delle domande e delle
risposte della lunga intervista che presentiamo qui di seguito. Il
suo incedere appare spesso familiare, condenziale, complice
la sua schiettezza e onest intellettuale. Eppure, no allultima
risposta (particolarmente emotiva, riguardante il carattere rivo-
luzionario della nascita, in America Latina, di un sentimento
identitario proprio grazie alla letteratura), possibile scorgere
quella scintilla sciamanica e intimamente rivoluzionaria che, dai
racconti neofantastici ai contro-romanzi, passando per il suo
impegno politico e la sua inquietudine esistenziale e libertaria,
caratterizza cos profondamente la gura di Julio Cortzar.
17 Cfr. infra, p. 47.
18 J. Cortzar, Il gioco del mondo, cit., pp. 59-60.
19 Ivi, p. 378.

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