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[Meditazione]

La meditazione

"La meditazione è una qualità di relazione a ciò che è qui. Da questo punto di vista, il cammino spirituale
nella sua dimensione interiore e la pratica della meditazione non sono che una sola ed unica cosa, cioè
avere ad ogni istante la relazione giusta a ciò che è qua. Non c'è altra pratica di meditazione. Di contro, è
difficile trovare la relazione giusta alla situazione in modo spontaneo, pertanto è necessario un
apprendistato che è la pratica seduta (…) beninteso che si tratta di una situazione privilegiata, un
trampolino per la meditazione nell'azione che è la relazione, la qualità d'essere di ogni istante. Dunque, da
questo punto di vista, bisognerebbe meditare, non bisognerebbe che meditare e bisognerebbe farlo
ventiquattro ore su ventiquattro. La meditazione è l'esperienza autentica della vita."

Lama Denys Tendrup in Dialogue à deux voies (con Arnaud Desjardins)


Ed. La Table Ronde, Paris, 1993, p. 267-268.

Comprendere il pieno significato che la meditazione ha all'interno della pratica è piuttosto difficile
in quanto non corrisponde alla concezione che in Occidente si ha di questo termine.

La meditazione è spesso compresa in modo sbagliato come:


- uno stato di coscienza modificato;
- uno stato senza pensieri;
- una concentrazione;
- un ripiego su se stessi;
- una fuga dalla realtà.

- Meditazione è principalmente e soprattutto:


Uno stato di presenza, di apertura, di lucidità e recettività;
- Un esercizio destinato a sviluppare le qualità di apertura, chiarezza, sensitività e la loro continuità
nell'azione, nella vita quotidiana.
Shamatha – Vipasyana

Kalu Rinpoce. La voie du Buddha


Ed. du Seuil, Sagesse, pag. 217-231
(traduzione di Anna Barbagallo)

"Nell'approccio abituale della meditazione, viene in primo luogo la pratica detta della "tranquillità della
mente", "shamatha" in sanscrito, "shinè" in tibetano. Essa insegna a "restare tranquilli", a lasciare la
mente in uno stato in cui si acquietano i pensieri e le passioni: permette di lasciare la propria mente
stabilizzata senza distrazioni, pacifica e tranquilla. Poi viene la meditazione della visione superiore -
vipasyana in sanscrito, lhagtong in tibetano - che conduce la mente a riconoscere la propria natura, a
comprendere per esperienza diretta la sua vacuità, la sua luminosità e la sua intelligenza illimitata. La
mente si riconosce allora da se ed accede infine all'esperienza di mahamudra. Esistono infatti differenti
approcci di shamatha e di vipasyana: il livello speciale di mahamudra, è l'ultima forma di vipasyana. La
pratica di shamatha stabilizza la mente abitualmente agitata dai suoi pensieri ed emozioni. In assenza di
stimoli, la mente agitata si tranquillizza. L'agitazione della mente è all'origine delle nostre illusioni e
condizionamenti dolorosi, ed è necessario apprendere a lasciarla depositare. I progressi di shamatha
introducono la mente ad uno stato di chiarezza, di riposo e di pace, che è anche uno stato di felicità. La
pratica di vipasyana permette in seguito di riconoscere la natura stessa della mente. Il riposo della mente è
paragonabile a quello dell'oceano, e la visione al riflesso della luna nelle sue acque. Sull'oceano agitato
dalle onde la luna non può essere vista chiaramente, allorché se l'oceano è stabile, essa si riflette con
precisione. Quando la mente arriva ad uno stato di riposo completo, la sua natura profonda si può rivelare.
Il riposo della mente corrisponde a shamatha e l'esperienza della sua natura a vipasyana. La parola
tibetana per "shamatha" è "shinè"; essa è formata da due sillabe: "shi" che significa "tranquillo" e "ne"
che ha il senso di "rimanere", "dimorare". Shinè - shamatha - è dunque letteralmente "rimanere
tranquilli". Il senso della parola spiega questo tipo di pratica, che insegna alla mente a restare a riposo,
lasciando tranquille le emozioni ed i pensieri che la agitano e la perturbano. Vipasyana, la "visione
superiore", si dice in tibetano "lhagtong". Lhag, vuol dire "chiaro" o "superiore" e "tong" significa
"vedere", avere una visione superiore che ci permette di riconoscere la natura della mente, di vedere
chiaramente il suo stato fondamentale. Questa pratica si approfondisce attraverso la relazione personale
con una guida competente.

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