Parte di queste riflessioni si ispirano ai risultati del Progetto cofinanziato dallUe sui processi di ristrutturazione aziendale nei settori del credito e dellautomotive, di cui lIres Lucia Morosini capofila. . Torino, 14 maggio 2014 Ires Lucia Morosini, a cura di Francesco Montemurro Il lavoro non pi un fattore di protezione dalla povert. Gi a partire dagli anni Ottanta si diffusa lespressione working poor: area di disagio in cui vive chi ha un basso salario, chi ha un salario pi alto ma vive in una situazione di povert familiare. Il post-fordismo e la globalizzazione con la nuova divisione internazionale del lavoro hanno dato a vita a processi di cambiamento che influiscono sui processi di impoverimento. La letteratura scientifica ha dimostrato che negli ultimi anni la crisi economica ha esteso la fascia di popolazione esposta a rischi di povert. Working Poor: il lavoro non protegge 2 Negli ultimi dieci anni in molti paesi europei (con esclusione, tra gli altri, dellItalia), la riduzione della disoccupazione non ha significato una sostanziale contrazione del fenomeno della povert. E cresciuta la fascia di popolazione che pur lavorando percepisce un reddito inferiore alla soglia di povert, i cosiddetti working poor.
Come si manifesta il lavoro povero individuale: Insufficiente quantit di lavoro; Bassa qualit: basse retribuzioni, irregolarit delle carriere; eccessiva flessibilit dei contratti; garanzie contributive insufficienti, ecc. Disoccupazione e povert. Una relazione statistica non pi significativa 3
b) cambiamenti Istituzionali e ritardi nella modernizzazione del Paese. a) Evoluzione del mercato del lavoro: cambiamenti tecnologici della struttura produttiva che limitatamente ai settori trainanti - hanno favorito la domanda di lavoratori qualificati rispetto a quelli non qualificati; globalizzazione e delocalizzazione del lavoro nei paesi in via di sviluppo che pu avere comportato una riduzione dei salari dei lavoratori meno qualificati in Europa; fenomeni migratori che possono aver ridotto il salario dei lavoratori italiani poco qualificati; eccessiva incidenza delle piccole e piccolissime imprese; b) riforme di liberalizzazione del mercato del lavoro che hanno determinato il peggioramento della qualit delle posizioni lavorative ma anche lindebolimento del potere contrattuale dei sindacati e il minor ricorso alla contrattazione centralizzata che possono aver avuto ripercussioni negative sui salari in genere; c) Mancata riforma dellistruzione e della Formazione professionale: Le cause. 4 Eurostat fissa al 60% della mediana la soglia di povert, 11 dei 15 stati membri UE la fissano al 50% finendo in questo modo per individuare solo i casi di grave disagio economico. Le definizioni adottate spesso non tengono conto del lavoro non pagato svolto in casa dai membri della famiglia, non consentono di intercettare quegli inattivi che sono tali a seguito di periodi trascorsi come working poor o che vivono un periodo di formazione. Molti autori propongono una classificazione che distingue tra active poor (occupati o in cerca di occupazione per almeno 6 mesi nellanno precedente), working poor (che hanno lavorato almeno un mese nellanno precedente) e unemployed poor (disoccupati durante tutto lanno precedente). Povert e lavoro povero: le diverse metodologie di rilevazione. 5 Un tema ancora poco indagato. Linterazione tra povert del lavoro e povert della famiglia . Il rapporto tra lavoro povero e povert familiare scarsamente presente nel dibattito scientifico e politico-istituzionale e sono pochi gli studi che hanno analizzato il fenomeno considerando allo stesso tempo le due dimensioni richiamate dalle definizioni di working poor, ovvero da una parte i redditi e strutture familiari e dallaltra i salari individuali. Il ruolo giocato dalla famiglia da una parte e dal lavoro dallaltra nella protezione dal rischio di povert stato messo in discussione dalla mutate condizioni di contesto e dalla evoluzione socio-demografica e degli stili di vita. La classica identificazione tra disoccupazione e povert sempre meno visibile, si sfumano i contorni del disagio e dellesclusione sociale. Due definizioni: 1) Vengono definiti lavoratori poveri (low pay workers) gli occupati dipendenti con un salario inferiore al 60 del salario mediano (Max e Verbist 1998, Lucifora et al. 2005), 2) I working poor sono le persone occupate che vivono in famiglie con un reddito familiare inferiore al 60% del reddito mediano delle altre famiglie (Eurostat 2005, 2010), CIES 2010). 1 2 3 6 Nello studio della povert dei lavoratori si incrociano caratteristiche individuali, familiari e del mercato del lavoro. Un primo approccio privilegia la dimensione del lavoro mettendo in evidenza le caratteristiche delloccupazione (salario, contratto) e personali: concettualmente, la povert nel lavoro considerata come frutto di un determinato contesto economico in cui bassi salari e bassa produttivit si associano a una crescente domanda di lavoro qualificato che penalizza alcuni profili professionali ( ).
Il secondo approccio ipotizza invece che povert ed esclusione sociale abbiano origine dalla interazione tra dimensione individuale e familiare. Povert e lavoro povero. 7 8 questa risulta essere decisamente pi alta tra le donne (23,07%) rispetto agli uomini (11,28%). percentuale di lavoratori poveri (dati Eu - SILC:
Uomini 2005 2006 2007 2008 2009 2010 % occupati dipendenti sulla popolaz. attiva 18-64 75,97 76,31 77,45 78,3 90,59 90,31 N. 10.801 10.540 9.959 9.802 8.101 7.667 % lavoratori poveri sul totale dei dipendenti 7,67 8,14 7,95 8,07 9,66 11,28 N. 8.205 8.043 7.713 7.675 7.339 6.924
Donne 2005 2006 2007 2008 2009 2010 % occupati dipendenti sulla popolaz. attiva 18-64 74,93 76 76,29 75,56 87,83 88,47 N. 8.322 8.128 7.845 7929 6.629 6.228 % lavoratori poveri sul totale dei dipendenti 19,23 20,19 20,94 20,05 22,19 23,07 N. 6.236 6.177 5.985 5911 5.822 5.510 Sussiste quindi una correlazione tra i primi anni della crisi e il maggior numero di lavoratori poveri in base al loro reddito annuo. per entrambi i generi si osserva un aumento per il 2009 e il 2010 di circa 3,5 punti percentuali dal 2005. Lavoratori dipendenti e lavoratori poveri per genere. Italia 2005-2010 la definizione individuale di lavoratore povero: gli occupati con un reddito annuo inferiore al 60% di quello mediano Fonte: elaborazioni Marianna Filandri e Emanuela Struffolino, Universit di Milano Bicocca, su dati Eu-silc. 9 hanno iniziato a lavorare pi tardi hanno perso il lavoro hanno contratti temporanei e intermittenti. la discontinuit lavorativa: lavoratori che hanno lavorato per meno di 9 mesi durante lanno In questo caso la probabilit di essere un lavoratore povero, secondo la definizione individuale , se pur con alcune oscillazioni nellarco di tempo considerato, di circa il 60% per entrambi i generi. Le condizioni di svantaggio che possono aumentare la probabilit di trovarsi in povert
Donne 2005 2006 2007 2008 2009 2010 discontinuit lavorativa 61,83 71,43 62,01 63,16 60,13 59,89 N. 186 203 179 171 153 182 Lavoratori poveri per condizione di svantaggio e genere. Italia 2005-2010 Fonte: elaborazioni Marianna Filandri e Emanuela Struffolino, Universit di Milano Bicocca, su dati Eu-silc. 10 Incidenza dei lavoratori a tempo determinato sul totale dei lavoratori dipendenti. Per sesso e regione. Valori %. La discontinuit lavorativa e i contratti a tempo determinato in Piemonte Fonte: elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati Istat 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Maschi Piemonte 7,5 7,1 7,5 8,8 10,0 9,8 10,5 11,4 11,9 11,4 Lombardia 6,7 7,0 7,8 7,6 8,6 7,4 7,8 9,5 9,6 9,0 Veneto 6,9 7,8 8,9 8,8 9,2 8,1 9,0 9,6 11,6 11,4 Emilia-Romagna 9,7 9,7 9,9 10,5 10,5 9,3 11,1 12,8 13,8 13,0 Femmine Piemonte 10,5 10,8 11,7 12,4 12,4 11,6 12,7 13,0 13,2 11,6 Lombardia 9,8 10,4 11,3 11,0 11,1 10,7 10,6 10,7 11,0 10,1 Veneto 12,5 12,5 14,2 14,4 15,1 13,7 12,0 13,3 12,5 13,6 Emilia-Romagna 12,9 14,0 13,9 15,2 14,3 13,6 14,9 15,1 15,1 15,5 Totale Piemonte 8,9 8,8 9,5 10,4 11,1 10,6 11,6 12,2 12,5 11,5 Lombardia 8,1 8,5 9,3 9,1 9,7 8,9 9,1 10,0 10,3 9,5 Veneto 9,4 9,9 11,2 11,3 11,9 10,7 10,4 11,3 12,0 12,4 Emilia-Romagna 11,2 11,8 11,8 12,7 12,3 11,4 13,0 14,0 14,5 14,2 11 Indifferentemente uomini e donne dipendenti con salari sotto la soglia del 60% della mediana, dopo la crisi hanno maggiori probabilit di essere definiti working poor a livello individuale. Il basso salario orario Per entrambi i generi, lincidenza percentuale di lavoratori poveri a causa del basso salario, cresce di circa 20 punti percentuali tra il 2005 ed il 2010. Le condizioni di svantaggio che possono aumentare la probabilit di trovarsi in povert Lavoratori poveri per condizione di svantaggio e genere. Italia 2005-2010 Fonte: elaborazioni Marianna Filandri e Emanuela Struffolino, Universit di Milano Bicocca, su dati Eu-silc.
Donne 2005 2006 2007 2008 2009 2010 basso salario 49,61 62,07 63,33 65,15 70,77 68,46 N. 383 377 450 396 496 447 12 Paga oraria dei lavoratori dipendenti assicurati presso l'Inps con qualifica di operai. Per sesso, regione e carattere occupazionale. Anno 2012.
Tempo Determinato Tempo Indeterminato Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Piemonte 66,7 50,1 60,8 81,6 55,8 73,5 79,9 55,1 72,0 Lombardia 67,3 49,3 61,3 82,2 53,6 73,8 80,5 53,1 72,4 Veneto 68,6 52,0 62,2 82,0 53,0 73,1 80,5 53,1 71,8 Emilia-Romagna 68,0 51,9 61,9 84,6 58,1 76,4 82,3 57,1 74,1 Piemonte - Paga oraria dei lavoratori dipendenti assicurati presso l'Inps, per qualifica, sesso e carattere occupazionale. Anno 2012.
Tempo Determinato Tempo Indeterminato Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale Operai 66,7 50,1 60,8 81,6 55,8 73,5 79,9 55,1 72,0 Impiegati 80,5 64,8 69,7 114,6 79,9 94,5 111,8 78,0 91,9 Quadri 207,9 181,5 201,9 193,4 171,6 187,2 193,7 171,8 187,5 Dirigenti 426,4 253,5 396,1 432,6 341,8 421,2 432,4 339,1 420,6 Apprendisti - - - 56,3 50,2 53,5 56,3 50,2 53,5 Totale 73,3 58,3 65,8 104,4 74,0 91,4 101,5 72,1 88,7 La paga oraria dei lavoratori dipendenti in Piemonte Fonte: elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati Inps Fonte: elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati Inps 13 Loccupazione a tempo parziale molto pi diffusa tra le donne che tra gli uomini. Da notare come nel 2005 e nel 2006 gli uomini occupati non a temo pieno e che risultavano poveri (34,6 e 41,6% nei due anni) erano in percentuale decisamente inferiore rispetto al periodo 2007/2010. lavoratori part-time La probabilit di essere poveri, legata alloccupazione a tempo parziale piuttosto simile per i due generi, tra il 47 e il 51% circa. Le condizioni di svantaggio che possono aumentare la probabilit di trovarsi in povert Lavoratori poveri per condizione di svantaggio e genere. Italia 2005-2010 Fonte: elaborazioni Marianna Filandri e Emanuela Struffolino, Universit di Milano Bicocca, su dati Eu-silc.
Donne 2005 2006 2007 2008 2009 2010 part-time 46,81 51,17 49,86 48,12 48,56 46,97 N. 1.252 1.069 1.099 1.170 1.114 1.073 14 Incidenza dei lavoratori con contratto part-time sul totale dei lavoratori dipendenti. Per sesso e regione. Valori %. Loccupazione a tempo parziale in Piemonte 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Maschi Piemonte 2,7 2,8 2,6 2,9 3,6 3,5 4,2 4,8 5,2 6,3 Lombardia 2,6 2,8 2,9 3,6 3,9 4,2 4,3 4,4 5,5 6,4 Veneto 2,7 2,8 3,0 2,9 3,5 2,9 3,9 3,8 4,9 5,1 Emilia-Romagna 3,2 3,2 3,5 3,8 3,7 3,5 3,6 4,9 5,7 6,5 Femmine Piemonte 23,2 23,9 25,0 24,9 26,3 25,7 28,2 28,6 29,1 30,3 Lombardia 24,9 26,2 26,6 27,8 28,2 29,8 30,8 30,2 31,8 32,6 Veneto 26,0 29,5 31,3 32,8 34,1 31,4 30,7 32,0 33,9 35,2 Emilia-Romagna 22,6 24,8 25,2 25,0 24,8 25,7 26,8 27,6 30,6 30,2 Totale Piemonte 12,0 12,5 12,9 13,2 14,3 14,0 15,7 16,3 16,8 17,9 Lombardia 12,7 13,3 13,6 14,5 14,9 15,8 16,4 16,2 17,7 18,6 Veneto 13,0 14,7 15,3 16,1 17,3 15,7 16,0 16,7 18,1 18,8 Emilia-Romagna 12,5 13,6 13,9 13,9 13,7 14,3 14,9 15,9 17,8 18,1 Fonte: elaborazioni Ires Lucia Morosini su dati Istat 15 le famiglie sono identificate come povere considerando la distribuzione dei redditi di tutte le famiglie nella popolazione. Le condizioni di povert familiare: I dati EU Silc mostrano una percentuale di working poor che cresce dal 12,7% del 2005 al 16,5% del 2010 sul totale degli occupati. Emerge correlazione, sebbene non marcata, tra linsorgere dellattuale crisi economica e il fenomeno dei working poor, che non ha quindi solamente un carattere strutturale. Lunit di analisi composta dai lavoratori dipendenti. Si tiene per in considerazione anche la condizione di povert del nucleo dove sono inseriti. Lavoratori poveri e famiglie povere. Italia 2005-2010 la definizione familiare di lavoratore povero: i lavoratori e la condizione di povert del nucleo familiare Fonte: elaborazioni Marianna Filandri e Emanuela Struffolino, Universit di Milano Bicocca, su dati Eu-silc. 2005 2009 2010 Lavoratori Lavoratori Lavoratori Si No Tot. Si No Tot. Si No Tot. Famiglie non povere 82,4 5,0 87,3 79,5 5,3 84,8 78,6 4,9 83,5 Famiglie povere 9,7 3,0 12,7 11,2 4 15,2 11,8 4,7 16,5 Totale 92,0 8,0 100,0 90,7 9,4 100 90,4 9,6 100 N. 14.441 13.161 12.434 16 la definizione familiare di lavoratore povero: i lavoratori e la condizione di povert del nucleo familiare La percentuale di lavoratori poveri in famiglie anchesse povere va dal 3 e il 4,7%. circa un lavoratore ogni venti povero ma vive in una famiglia non povera Senza rilevanti differenze nellarco temporale considerato: circa uno su dieci non povero ma vive in una famiglia al di sotto della soglia di povert. 17 Chi sono i lavoratori poveri A. i lavoratori poveri in famiglie non povere; B. gli occupati non poveri in famiglie complessivamente povere; C. i poveri a livello sia individuale sia familiare. La tipologia dei lavoratori poveri comprende tre situazioni di working poor: Primi tre profili pi probabili di essere lavoratori poveri in famiglie non povere. Italia 2005-2010. I profili che hanno pi probabilit di trovarsi nello stato di povert individuale ma non familiare: le donne giovani con la licenza media che vivono in famiglie bireddito con e senza figli le donne giovani con il diploma in famiglie bireddito e senza figli a carico. Nel 2009 e nel 2010 le probabilit di questi profili sono aumentate: quelle delle giovani donne con la licenza media in nuclei con due redditi e con figli a carico negli anni post crisi superano addirittura il 50%. Chi sono i lavoratori poveri Primi tre profili pi probabili di essere lavoratori non poveri in famiglie povere. Italia 2005-2010. Le probabilit di essere lavoratori non poveri in famiglie povere: questa situazione interessa maggiormente gli uomini di tutte le et con la licenza media in famiglie monoreddito e con figli a carico. In pratica questo lo scenario tipico delle cosiddette famiglie male breadwinner con figli a carico. Si osservano oscillazioni nelle probabilit dei profili, ma non sembra esserci un associazione chiara con la crisi. Primi tre profili pi probabili di essere lavoratori poveri in famiglie povere. Italia 2005-2010. 18 La probabilit di essere nello stato di lavoratore povero sia individuale sia familiare: riguarda con pi probabilit le donne giovani con la licenza media in famiglie monoreddito con e senza figli a carico le donne adulte con la licenza media in famiglie monoreddito e con figli a carico. Per quanto riguarda il primo caso sembra che la crisi abbia aumentato la loro probabilit di trovarsi in povert. 19 Il rischio di povert e le determinanti dellincidenza della povert Il modello che si stima il seguente: Lobiettivo avere un quadro delle caratteristiche maggiormente associate al rischio di povert sul lavoro, al netto della disponibilit del lavoratore in termini di ore dedicate al lavoro. P una variabile dicotomica uguale a 1 nel caso di un lavoratore povero. Xper un vettore di variabili personali: et, et al quadrato, nato in un paese straniero o extra Ue, genere, istruzione, ed et al primo lavoro. Xoccup un vettore di variabili relative alle caratteristiche delloccupazione: contratto di lavoro a tempo determinato part-time, settore Ateco, impresa di piccole dimensioni. Xresid racchiude informazioni sulla macro-area di residenza (Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud, Isole), sui problemi dellarea di residenza dichiarati dallintervistato (crimine, sporcizia, rumore) e sulla densit abitativa dellarea di residenza (meno di 50.000 abitanti e meno di 100 abitanti per kmq). h si riferisce si riferisce alle ore di lavoro settimanali dellindividuo nellattivit prevalente Determinazione delle variabili: 20 Una seconda indagine: Il fenomeno dei working poor in Italia - Le stime sui dati It-Silc dellIstat Carrieri, 2012. Lattenzione stata focalizzata sui soli lavoratori subordinati (inclusi apprendisti, tirocinanti, stagisti) individui che dichiarano di svolgere unattivit lavorativa e abbiano lavorato almeno sei mesi nellanno di riferimento del reddito e percepiscono un reddito da lavoro o reddito disponibile equivalente pro capite inferiore al 40-50-60% del reddito mediano. Definizione di working poor Le elaborazioni stimano una conta dei poveri (considerando il reddito da lavoro inferiore al 60% del reddito mediano) pari al 12,8% di tutti i lavoratori nellultimo anno dindagine. 21 Il fenomeno dei working poor in Italia: Le stime sui dati It-Silc dellIstat Circa 1/3 di questi lavoratori poveri presenta in realt un reddito inferiore al 40% della mediana, con reddito mensile lordo inferiore ai 600 euro. la proporzione di individui con reddito inferiore al 60% della mediana intorno al 19,3%. forte incidenza della povert profonda con circa l8% di lavoratori aventi reddito equivalente inferiore al 40% della mediana. Se si utilizza il reddito pro capite equivalente: 22 Il fenomeno dei working poor in Italia: Le stime sui dati It-Silc dellIstat costo minimo pro capite di una politica di redistribuzione che volesse eliminare la povert al lavoro. Divario di povert dei lavoratori poveri: In Italia il divario di povert dei lavoratori poveri pari al 27% della soglia stessa, ovvero circa 2.300 euro lordi annui per individuo povero. Il divario di povert cos calcolato di circa il 28% della soglia stessa. Per eliminare la povert sarebbe necessario un trasferimento di circa 1.042 euro annui di reddito disponibile equivalente pro-capite. Se si utilizza il reddito pro capite disponibile equivalente: 23 il rischio di povert particolarmente alto per le donne, il 5,4% in pi rispetto agli uomini rischio di povert maggiore per i cittadini extra Ue rispetto ai nativi Ue (circa 7% in pi) maggiore per gli individui meno istruiti maggiore per gli individui con contratto a tempo determinato o part-time. cresce per i lavoratori del settore agricolo e per gli individui che lavorano nelle imprese piccole (5,3%come effetto marginale). il rischio di povert maggiore nelle zone rurali, al Sud e Isole rispetto al Nord e al Centro Italia.
Il fenomeno dei working poor in Italia: Le stime sui dati It-Silc dellIstat Le determinanti della povert Non sembra esserci una maggiore collocazione dei poveri nei quartieri pi svantaggiati in termini di inquinamento, sporcizia e crimine. 24 1. un individuo di sesso maschile, 40enne, con diploma di scuola media, non italiano e impiegato a tempo determinato. Per questo lavoratore il rischio di povert vicino all80%. 2. un individuo di sesso femminile, 30enne, diplomata, con contratto a tempo determinato e residente al Sud. Il fenomeno dei working poor in Italia: Le stime sui dati It-Silc dellIstat I prototipi del lavoratore povero I risultati delle stime sui dati It-Silc suggeriscono che il fenomeno dei working poor in Italia sia maggiormente imputabile alla sfera delle responsabilit sociali piuttosto che individuali (Carrieri, 2012).
Le risposte dellUnione europea ai processi di globalizzazione.
Globalizzazione e processi di ristrutturazione aziendale 1) A partire dalla fine degli anni 90 lUnione Europea ha elaborato gli indirizzi per la Flexicurity, in risposta ai processi globali che hanno determinato una nuova divisione del lavoro a livello internazionale.
2) Leuro e il patto di stabilit interno. Il contenimento del debito. 25 26
Cessa la possibilit di svalutare la moneta nazionale per tutelare loccupazione mediante una politica espansiva. Vincoli stringenti alla spesa pubblica e allindebitamento. Severit eccessiva del patto di stabilit. Il trattato di Maastricht ha imposto alla Bce di focalizzare lattenzione sulla difesa dallinflazione, anche al prezzo di rallentare gravemente leconomia trascurando le esigenze dello sviluppo e delloccupazione. In precedenza loccupazione poteva essere difesa mantenendo elevata la spesa pubblica e sostenendo le esportazioni mediante le svalutazioni. Dopo il Trattato, non potendo pi svalutare o (dal 2010) non potendo pi agire sul debito, sarebbe rimasta una sola via per mantenere prezzi di vendita convenienti per lestero: diminuirli riducendo i costi di produzione, ed ovviamente lo si sarebbe potuto fare soltanto riducendo i salari e i contributi sociali (cio il welfare) (Ires Lucia Morosini, 2013, Matteoda, 2012). Euro, unificazione monetaria come risposta europea alla globalizzazione
Assistiamo al fallimento delle strategie economiche basate esclusivamente sulla combinazione di austerit fiscale e svalutazioni interne (vale a dire il miglioramento della competitivit attraverso la riduzione dei salari reali). I risultati delle inchieste effettuate dal World of Work Report (2013 - 2014) dimostrano che un pi morbido percorso fiscale (specie nellambito della regolazione del Patto di stabilit) possibile e pu far conseguire ai Paesi Ue risultati positivi sia per l'occupazione che in termini di sostenibilit delle entrate. Ci significa che possibile introdurre o almeno sperimentare: a) metodi pi realistici per ridurre i disavanzi di bilancio; b) un diverso mix di misure fiscali; c) programmi per loccupazione ben progettati, in combinazione con gli sforzi per ridurre le spese inutili e per combattere l'evasione e l'elusione fiscale (Ilo, 2013).
27 Euro, unificazione monetaria come risposta europea alla globalizzazione a Spesa per le politiche del mercato del lavoro (% sul PIL) OCSE 2012 La strategia europea per loccupazione e la flexicurity (2006-2010)
- forme contrattuali flessibili ed affidabili;
- strategie integrate di lifelong learning (per assicurare la continua adattabilit ed occupabilit dei lavoratori);
- efficaci politiche attive del mercato del lavoro che aiutino a far fronte ai cambiamenti rapidi e permetta di ridurre al minimo i periodi di disoccupazione;
- sistemi moderni di sicurezza sociale che forniscano adeguato supporto. Limplementazione nei vari Stati membri La Commissione (2007) ha individuato otto principi comuni:
contratti flessibili e affidabili, programmi di formazione continua,
politiche attive efficaci e sistemi di sicurezza sociale moderni
equilibrio di diritti e responsabilit di tutti i soggetti (datori di lavoro, lavoratori, persone in cerca di impiego e autorit pubbliche),
adattamento alle condizioni specifiche di ciascun paese, riduzione della separazione tra soggetti gi inseriti nelle tutele e nel mercato del lavoro in modo stabile, e soggetti che vi sono esclusi,
Limplementazione nei vari Stati membri La Commissione (2007) ha individuato otto principi comuni:
promozione della flessibilit esterna, cos come di quella interna alle imprese (la protezione sociale deve incoraggiare, non ostacolare, la mobilit), una maggiore uguaglianza di genere (senza differenze tra giovani e meno giovani, tra donne e uomini etc), con lo sviluppo della conciliazione tra lavoro e famiglia, clima di fiducia e di dialogo tra parti sociali, autorit pubbliche ed altri attori, in cui tutti siano pronti ad assumersi le responsabilit del cambiamento e a produrre risposte equilibrate, attenzione al finanziamento delle politiche, garantendo il rispetto dei vincoli di bilancio e mirando ad unequa distribuzione di costi e benefici
Le riforme del mercato del lavoro negli Stati membri dellUE
Risultati positivi (in alcuni Paesi europei e non in Italia): ampliamento del trattamento di disoccupazione (durata; entit; beneficiari); diminuzione dello scarto di costo fra lavori stabili e instabili; potenziamento dei servizi allimpiego e della formazione continua Risultati negativi: restrizione dei criteri di accesso al trattamento di disoccupazione (durata, entit, beneficiari); attenuazione delle garanzie a tutela reale contro i licenziamenti; allentamento dei vincoli per lutilizzo di lavoratori temporanei e a termine; un irrigidimento sul criterio del bisogno e di lavoro accettabile.
I limiti della Flexicurity
Negli anni in cui si promossa la flexicurity, si cercato di rendere sostenibile il rapporto tra flessibilit e sicurezza spingendo i paesi membri da una parte a riformare i modelli contrattuali esistenti, introducendo maggiore flessibilizzazione, e dallaltra a riformare i sistemi di welfare rendendoli in grado di sostenere un sistema di protezione dei lavoratori non pi a carico dellimpresa (security on the job) ma a carico del sistema sociale (security on the market).
Laccento per stato posto soprattutto sulla flessibilit, specie in Italia e nei Paesi mediterranei. Clima politico Segmentazione eccessiva del mercato del lavoro Ammortizzatori sociali
I vincoli al debito e i costi eccessivi della flexicurity in Europa
Dalla Flexicurity alla Mobication
Con lintervento della crisi economica e la conseguente perdita di milioni di posti di lavoro, lattenzione viene spostata sullintera forza lavoro europea che non pu pi guardare al proprio ambito locale e/o nazionale, ma deve essere educata a una continua mobilit sullintero territorio comunitario, seguendo (o rincorrendo) unofferta di lavoro che ha gi da lungo tempo superato il concetto stesso di confine (Rosati, 2012).
35 Le risposte della Ue alla globalizzazione non hanno funzionato Il tema delle ristrutturazioni aziendali sta diventando un evento sempre pi frequente, alla cui origine agiscono non solo il ciclo economico e i cambiamenti strutturali, quanto piuttosto gli effetti di nuove relazioni di concorrenza che si sono venute a creare sui mercati estero e nazionale e le difficolt di accesso a nuovi potenziali di mercato.
Nel 2012 si sono registrati cinque milioni di posti di lavoro in meno in Europa rispetto al 2008, molti dei quali sono andati perduti con il licenziamento di dipendenti in seguito a una ristrutturazione. (Erm, 2013).
La crisi economica e linefficacia delle politiche europee e nazionali I sistemi di relazioni industriali spesso subiscono in modo passivo gli effetti della globalizzazione.
Spesso le strategie di gestione per la riduzione dei costi hanno comportato unintensificazione del lavoro e un calo delle retribuzioni; tali tendenze hanno riguardato lindustria e anche il credito, tradizionalmente caratterizzato da remunerazioni elevate e buone condizioni di lavoro e di assunzione. Raramente la strategia di ristrutturazione aziendale orientata a riposizionare lazienda sul mercato, riconvertire la produzione aziendale tramite ladozione di tecnologie pi avanzate o linserimento in nuovi settori caratterizzati da un livello della domanda di mercato pi alta, senza che questo cambiamento debba causare un taglio nei livelli occupazionali. Soprattutto nellultimo biennio, le ristrutturazioni sono finalizzate allabbattimento dei costi di produzione, sia attraverso strategie di razionalizzazione della manodopera, sia delocalizzando parte della produzione.
Le indagini empiriche: 36 Le strategie prevalenti delle imprese: abbattimento dei costi di produzione
Anche per il 2013/2014 lERM (Osservatorio sulle ristrutturazioni in Europa) continua ad annunciare pi casi di perdita dimpiego rispetto alla creazione di posti di lavoro.
I dipendenti maggiormente a rischio di perdere il proprio impiego sono anche quelli che pi difficilmente ne troveranno uno nuovo. Sono persone che solitamente posseggono bassi livelli distruzione, appartengono a una minoranza, sono stranieri, hanno seri problemi di salute e basso stato occupazionale.
Chi vanta una lunga anzianit di servizio in genere protetto dalla perdita del lavoro, ma se finisce con il perdere limpiego ha minori probabilit di trovarne uno nuovo.
Le indagini empiriche: 37 Loccupazione ancora in calo E evidente il nesso tra ristrutturazione e maggiore intensit del lavoro, combinata con una minore sicurezza del posto di lavoro.
I dipendenti sottoposti a ristrutturazione sono risultati pi a rischio di ritrovarsi a svolgere mansioni altamente faticose. inoltre pi probabile che presentino una maggiore esposizione a rischi psicosociali sul posto di lavoro, livelli superiori di disturbi psicosomatici e assenteismo (Erm, 2013).
Le indagini empiriche: 38 Ristrutturazione e sicurezza del posto di lavoro Le dinamiche sovraordinate allazienda: i fattori critici Politiche economiche nazionali non pi espansive e vincolate a dettami sempre pi stringenti da parte della Unione Europea: la fine della crescita continua ha messo in crisi i paesi con alto debito che continuamente devono rifinanziare le loro esposizioni, imponendo tagli di bilancio rilevanti e aumento di imposte che incidono pesantemente nel valore della spesa disponibile per le famiglie, creando cos unulteriore spinta alla decrescita.
Politiche industriali a livello nazionale e regionale: le criticit 39 Le dinamiche sovraordinate allazienda: i fattori critici
Il rapporto tra credito e sviluppo. Il credit crunch. Le banche stanno perdendo il loro ruolo di finanziatori. Dal confronto tra Italia ed altri Paesi europei emergono svantaggi per le pmi italiane, specie per quelle costituite prevalentemente da donne. 40 Riferimenti bibliografici Allgre, G., e K. Jaehrling. 2011. Making Work Pay for Whom? Tax and Benefits Impacts on In-Work Poverty. Pagg. 278303 in Working Poverty in Europe. A Comparative Approach, (a cura di) Fraser, N., R. Gutirrez, e R. Pea-Casas. UK: Palgrave Macmillan. Anastasia, B. 2009. Salari e stipendi in Veneto 2002-2004. Esplorazioni sui link tra due basi dati: Giove e Saper. I Tartufi. Bardone, L., e A.C. Guio. 2005. In-Work Poverty. New Commonly Agreed Indicators at the EU Level. Eurostat - Statistics in focus, Population and Social Conditions Statistics in focus, Population and Social Conditions. Biolcati Rinaldi, F., e F. Podest. 2008. Two Countries in One: the Working Poor in Italy. Pagg. 203226 in The Working Poor in Europe: Employment, Poverty and Globalisation. Brandolini A., 2005, La diseguaglianza di reddito in Italia nellultimo decennio, Stato e Mercato, n. 74, pp. 207229. 41 Riferimenti bibliografici Brandolini A., 2009, Indagine conoscitiva sul livello dei redditi di lavoro nonch sulla redistribuzione della ricchezza in Italia nel periodo 1993-2008, Audizione Senato della Repubblica 21 aprile 2009, Roma. Brandolini, A., A. Rosolia, e R. Torrini. 2011. The Distribution of Employees Labour Earnings in the European Union: Data, Concepts and First Results. ECINEQ (198). Burkhauser, R. V., K. A. Couch, e A. J. Glenn. 1995. Public Policies for the Working Poor: the Earned Income Tax Credit Versus Minimum Wage Legislation. Institute for Reserach on Poverty Working Paper Series 1074-95. Cappellari, L. 2002. Do the Working Poor Stay Poor? An Analysis of Low Pay Transitions in Italy. Oxford Bulletin of Economics and Statistics 64: 87110. Carrieri, V., 2012, I working poor in Italia: quanti sono, chi sono, quanto sono poveri, in RIvista delle Politiche Sociali, n. 2 2012, Roma. Crettaz, E., e G. Bonoli. 2010. Why Are Some Workers Poor? The Mechanisms that Produce Working Poverty in a Comparative Perspective. Crettaz, E., e G. Bonoli. 2011. Worlds of Working Poverty: National Variations in Mechanisms. Pagg. 4669 in Working Poverty in Europe. 42 Riferimenti bibliografici Filandri, M, e Struffolino, M, 2012. Lavoratori con basso reddito o occupati in famiglie povere? Unanalisi del fenomeno in Italia prima e dopo la crisi, Paper for the Espanet Conference Risposte alla crisi. Esperienze, proposte e politiche di welfare in Italia e in Europa Roma, 20 - 22 Settembre 2012 Gallino, L. 2011. Finanzcapitalismo. Torino: Einaudi. Kenway, P. 2008. Addressing In-work Poverty. York: Joseph Rowntree Foundation. Klein, B. W., e P. L. Rones. 1989. Profile of the Working Poor, A. Monthly Labour Review 112:313. Layte, R., e C.T. Whelan. 2002. Moving In and Out of Poverty: the Impact of Welfare Regimes on Poverty Dynamics in the EU. Ires Lucia Morosini, 2012, La crisi nelle province del Piemonte, un Sistema di indicatori, Ires Lucia Morosini, 2013 - 2014, Analisi congiunturale del Piemonte, numeri vari, Torino. Ires Lucia Morosini, 2014, Industrial relations in the automotive and credit sector when managing restructuring processes, European Union, Project made with the support of the European Commission DG Employment, Social Affairs and Inclusion
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