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CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

Nona Commissione - Tirocinio e Formazione Professionale

Incontro di studio sul tema

SEQUESTRO E CONFISCA DEI BENI DI ORIGINE O DESTINAZIONE


ILLECITA: I MODERNI STRUMENTI DI CONTRASTO SUL PIANO
PATRIMONIALE NEI CONFRONTI DELLA CRIMINALITÀ
ORGANIZZATA NELLA PROSPETTIVA EUROPEA

ROMA 15-19 marzo 2004

Le varie ipotesi di confisca penale: esperienze applicative e prospettive di riforma.

Relatore: dott. Roberto Alfonso


sost. procuratore nazionale antimafia
INDICE - SOMMARIO
Premessa introduttiva Pag. 3
La confisca “allargata” prevista dall' art. 12-sexies legge n. 356/92. “ 4
- Le condizioni di applicabilità della confisca prevista dall' art. 12-sexies. “ 9
- La natura giuridica della confisca prevista dall'art. 12-sexies. “ 11
I rapporti fa la confisca prevista dall'art.12-sexies L. n. 356/92 e le altre “ 13
ipotesi di confisca previste dal codice penale e da leggi speciali.
a) La confisca prevista dall' art. 240 c.p. “ 14
b) La confisca prevista dall'art. 416 bis co. 7 c.p. “ 15
c) La confisca prevista dall'art. 644 c.p. “ 17
d) La confisca prevista dall'art.301 D.P.R. 23-1-1973, n.43 “ 18
e) La confisca in materia di sostanze stupefacenti “ 19
f) La confisca prevista dall’art.12, commi 4-8-8-bis, D. Lgs n.286/98 e succ. “ 20
modif.
g) La confisca prevista dall’art. 31 legge 13-9-82, n.646 “ 20
h) La confisca prevista dall’art. 322-ter c.p. (corruzione truffa aggravata) “ 20
I rapporti fra la confisca penale e la confisca di prevenzione. “ 21
Il sequestro preventivo ai sensi dell'art. 321 c. p. p. in vista della confisca “ 23
penale e in particolare di quella prevista dall'art. 12-sexies
L’esecuzione del sequestro preventivo “ 25
La trascrizione del sequestro preventivo di beni immobili “ 25
L’iscrizione nel Registro delle imprese del sequestro di azienda e le “ 26
annotazioni nei libri sociali
Le modalità di esecuzione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca “ 27
di cui all’art.12-sexies L.n.356/92.
La gestione dei beni sequestrati in vista della confisca penale. “ 28
La gestione dei beni sequestrati e la destinazione dei beni confiscati ai sensi “ 29
dell'art. 240 c. p., in seguito a condanna per i reati previsti dal D.P.R.
n.309/90.
La gestione dei beni sequestrati in funzione della confisca di cui all’art. 644 “ 29
c.p.
La gestione dei beni sequestrati e la destinazione dei beni confiscati ai sensi “ 31
dell'art. 301 D.P.R. n. 43/73
La gestione dei beni sequestrati e confiscati ai sensi dell'art. 12-sexies l. n. “ 32
356/92.
Applicabilità della confisca in sede di esecuzione, e in particolare, di quella “ 34
prevista dall’art.12-sexies.
Le prospettive di riforma “ 38
L’esecuzione del sequestro “ 38
L’amministrazione dei beni sequestrati “ 40
L’applicabilità della confisca penale prevista dall’art.12-sexies D.L. n.306/92 “ 41
e succ. modif. nella fase dell’esecuzione.
La tutela dei terzi di buona fede “ 41
La cooperazione giudiziaria in ambito europeo: prospettive di riforma in “ 42
vista dell’armonizzazione dei sistemi penali europei.

2
Premessa introduttiva
E’ noto che gli eccezionali risultati conseguiti nell’ultimo decennio sul fronte della
repressione penale hanno spinto l’autorità giudiziaria, ormai da diversi anni, a
diversificare l’azione di contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso,
indirizzandola verso le enormi ricchezze illecite, accumulate dalle associazioni
criminali.
E’ un dato di fatto incontestabile che l’aggressione dei patrimoni mafiosi costituisce un
idoneo ed efficace strumento di contrasto alla criminalità organizzata, servendo essa a
privare le organizzazioni criminali delle loro ricchezze, frutto di proventi illeciti o di
reimpiego di essi, che vengono inserite nel circuito economico - finanziario mediante
iniziative economiche produttive, realizzate spesso attraverso attività di impresa,
illecita o mafiosa, che inquina e altera l’economia legale.
Tuttavia, le disposizioni normative esistenti nell’ordinamento italiano per aggredire e
confiscare le ricchezze illecite accumulate dalla criminalità organizzata sono davvero
numerose ma non sono armonicamente coordinate fra loro, giungendo persino a
sovrapporsi. Ciò determina, ovviamente, non poche difficoltà interpretative e
applicative.
Infatti, il sequestro e la confisca dei patrimoni illeciti possono essere disposti, secondo i
casi, sia in sede penale sia in sede di prevenzione: il codice penale e numerose leggi
speciali prevedono la confisca dei beni come misura di sicurezza patrimoniale quando
essi siano direttamente o indirettamente collegati al reato per il quale è stata pronunciata
condanna; mentre la legge 31-5-65, n. 575, e succ. modif. prevede il sequestro e la
confisca dei beni come misura di prevenzione patrimoniale.
Certamente, le misure di prevenzione patrimoniali costituiscono un efficace strumento
di contrasto all’arricchimento illecito e all’accumulo di consistenti patrimoni mafiosi da
parte di affiliati a organizzazioni criminali. Ma, tenendo conto del fatto che spesso “la
fragilità” indiziaria su cui esse si fondano impedisce il conseguimento del risultato e il
sequestro disposto dal tribunale della prevenzione non giunge a confisca definitiva, il
pubblico ministero per raggiungere quest’ultimo obbiettivo, privilegia, sempre più
spesso, la sede delle indagini preliminari per sviluppare anche quelle riguardanti i
patrimoni illeciti accumulati dagli indagati, finalizzandole alla richiesta di applicazione
del sequestro preventivo dei beni di provenienza illecita in vista della successiva
confisca a seguito di condanna per i reati per i quali si procede.

3
Questa è la ragione per la quale il pubblico ministero innesta gli accertamenti
patrimoniali nell’ambito delle indagini preliminari: proprio per poter fondare la
richiesta di sequestro e di confisca dei beni sulla responsabilità penale dell’indagato in
ordine al reato per il quale si procede. Ed è per questa stessa ragione che il pubblico
ministero utilizza sempre più frequentemente la confisca penale anziché la confisca di
prevenzione per aggredire i patrimoni illeciti.
Da qui, l’utilità di esaminare le ipotesi di confisca diverse da quella di prevenzione onde
coglierne la differente natura giuridica e i diversi presupposti di applicabilità. Tanto
più che il legislatore ha introdotto nell'ordinamento, con l'art. 12-sexies legge n.356/92,
una ipotesi speciale di confisca "antimafia", con la precisa finalità di colpire, nella
maniera più estesa possibile, le ricchezze illecite accumulate dalle organizzazioni
criminali.
Diventa, perciò, interessante procedere a un approfondimento di questa ipotesi speciale
di confisca per esaminarne non soltanto i presupposti e le condizioni di applicabilità ma
anche le differenze con le altre ipotesi di confisca penale, previste dal codice penale agli
articoli 240 c. p., 416 bis c. p., 644 c.p. e da altre leggi speciali, e con la confisca di
prevenzione.

La confisca “allargata” prevista dall'art. 12-sexies Legge n.356/92


L’ipotesi particolare di confisca prevista dall’art.12-sexies del D.L. 8-6-1992, n.306,
convertito, con modificazioni, nella legge 7-8-1992, n.356 è stata introdotta dall’art. 2
D.L. 22-2-1994, n. 123/94, reiterato dal D.L. 246/94 e ancora dal D.L. 20-6-94, n.399,
convertito, con modificazioni, nella legge 8-8-1994, n.501, subito dopo l’intervento
della Corte Costituzionale che con la sentenza n. 48 del 17-23 febbraio 1994 aveva
dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art.12-quinques, comma 2, D.L. 8-6-1992,
n.306 ( possesso ingiustificato di valori).1

1
L'art. 12-quinques, comma 2, L. n. 356/92, com’è noto, prevedendo una autonoma fattispecie
incriminatrice, puniva con la reclusione coloro nei cui confronti pendeva procedimento penale per alcuni
reati tassativamente indicati, ovvero era in corso di applicazione o comunque si procedeva per
l’applicazione di una misura di prevenzione, i quali, anche per interposta persona, risultassero titolari o
avessero la disponibilità di denaro, beni o utilità di valore sproporzionato al reddito o alla loro attività
economica, e dei quali non erano in grado di giustificare la legittima provenienza, ed inoltre disponeva la
confisca del denaro, dei beni e delle utilità suddette.
La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato art. 12-quinques comma 2 in riferimento
all'art. 27, comma 2, Cost. sostanzialmente per due motivi: 1) la norma agganciava l'applicazione di una
sanzione penale non già a una condanna conseguente a un giudizio di responsabilità per un fatto di per sé
4
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale, il Governo, ispirato dalle medesime
ragioni di politica criminale che lo avevano indotto ad emanare l'art. 12-quinques citato,
emanava, qualche giorno prima della pubblicazione della sentenza della Corte al fine di
evitare, almeno in alcuni casi, la caducazione degli effetti prodotti dalla norma
abrogata, il D.L. n.123/94, poi reiterato più volte fino a giungere all'ultimo D.L.
n.399/94, convertito nella legge n.501/94, con il quale, aggiungendo l'art.12-sexies,
introduceva la confisca in questione.
Con tale norma in sostanza il legislatore ha voluto insistere nell'obiettivo strategico di
fronteggiare il fenomeno gravissimo della criminalità organizzata anche con un efficace
e necessario strumento di contrasto quale quello rappresentato dalle misure di carattere
patrimoniale, idonee, sul piano della repressione e della prevenzione, ad aggredire le
ricchezze delle organizzazioni criminali; tentando in tal modo di individuare e colpire i
patrimoni sproporzionati rispetto alle attività economiche svolte dagli appartenenti alle
organizzazioni suddette e alle loro capacità di reddito, e comunque illecitamente
accumulati, anche se detenuti per interposta persona.
Il legislatore, con l'art.12-sexies, non ha introdotto un’autonoma figura di reato ma ha
previsto soltanto una ipotesi particolare di confisca, il cui presupposto non è lo status
processuale di imputato o di indagato del soggetto bensì la sua condanna (o
l'applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art.444 c. p. p.) per determinati reati.
Inoltre, la norma non ha posto a carico del prevenuto l'obbligo di giustificare la
legittima provenienza dei beni ma quello di giustificare la provenienza di essi.
Esaminando più analiticamente la norma in questione, si osserva dunque che
presupposto della confisca è la condanna o l' applicazione della pena su richiesta per
uno dei seguenti reati: associazione di stampo mafioso (art. 416 bis c.p.), estorsione (art.
629 c.p.), sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.), usura (art. 644 c. p.,
così come risulta ora modificato dall'art. 1 legge 7-3-1996 n.108 che ha abrogato
l'art.644 bis c.p.), ricettazione (art. 648 c.1 c.p.), riciclaggio (art. 648 bis), impiego di
denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.), trasferimento fraudolento

penalmente rilevante a prescindere che il suo autore fosse o meno indagato o imputato di taluni reati
bensì allo stesso status processuale di indagato o imputato rivestito dal soggetto agente; status per sua
natura temporaneo, che si esaurisce ovviamente all'esito del procedimento, il quale può addirittura
concludersi anche con un giudizio di assoluzione, e perciò assolutamente inidoneo, in virtù della
presunzione di non colpevolezza, a provocare l' applicazione di una sanzione penale; 2) la norma inoltre,
imponendo al soggetto di giustificare la legittima provenienza dei beni, comportava fra l'altro una
inversione dell'onere della prova.
5
di valori (art.12-quinques c. 1 D.L. 8-6-92, n. 306, convertito, con modificazioni, nella
legge 7-8-92, n.356), ovvero per taluno dei reati relativi al traffico di sostanze
stupefacenti previsti dall' art. 73, escluse le fattispecie di lieve entità, e dall'art.74 D.P.R.
n.309/90; ed inoltre per uno dei delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste
dall'art. 416 bis c.p. ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo
stesso articolo; nonché per un delitto in materia di contrabbando nei casi di cui
all'art.295 c. 2 T.U. D.P.R. 23-1-1973, n.43; ed infine per taluno dei delitti commessi
per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale (introdotti dall’art.24
legge n. 45/2001).
Perché i beni o le altre utilità possano essere confiscati è necessario che concorrano due
condizioni: che essi siano di valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato dal
condannato ai fini delle imposte sul reddito o all'attività economica dallo stesso svolta;
e che di essi il condannato, avendone la titolarità o la disponibilità, anche per
interposta persona fisica o giuridica, non riesca a giustificare la provenienza.
Con tale nuova formulazione letterale dell'art. 12-sexies, il legislatore ha ritenuto,
dunque, di avere superato i rilievi di incostituzionalità che avevano travolto l'art.12-
quinques, secondo comma.2

2
Però una parte della dottrina e la stessa giurisprudenza hanno espresso una diversa opinione, facendo
rilevare che il legislatore, pur avendo utilizzato una diversa formulazione letterale, nella sostanza non era
riuscito a salvaguardare il principio di non colpevolezza sancito dall'art.27 della Cost.: sia perché anche
tale ipotesi di confisca non è direttamente collegata alla commissione di un fatto-reato ma discende
esclusivamente dalla condanna per taluni reati dei quali essa ricchezza non deve essere necessariamente
pertinenza né provento né profitto, bastando che sia sproporzionata rispetto al reddito e alla capacità
produttiva del soggetto; sia perché quest'ultimo resta comunque investito dell'onere di “giustificare la
provenienza” di tale ricchezza (espressione questa equipollente a quella di “giustificare la legittima
provenienza” utilizzata dall'abrogato art.12-quinques secondo comma; cfr: Cass. Sez. I 2-6-1994,
Malasisi.) senza che l'accusa debba dimostrarne la provenienza delittuosa .
Tale presunta inversione dell'onere della prova, a giudizio di alcuni, violerebbe da una parte il diritto di
difesa (art.24 Cost.) dall'altra il principio di non colpevolezza (art.27 c.2 Cost.) negli stessi termini in cui
esso veniva violato dall'art.12-quinques secondo comma.
- Quanto al diritto di difesa, si afferma infatti che la necessità per il soggetto di indicare la provenienza
dei beni per evitare la confisca potrebbe costringerlo ad ammissioni pregiudizievoli per il giudizio di
merito sulla responsabilità per il reato per il quale si procede. Il rilievo, per la verità, appare, almeno sul
piano logico, infondato dal momento che per evitare la confisca è necessario che la provenienza dei beni
sia legittima e perciò qualsiasi dichiarazione del soggetto in tal senso non potrebbe in alcun modo
arrecargli danno; se viceversa il soggetto, per adempiere all'onere impostogli ritenendo così di salvare i
beni dalla confisca, ne indicasse una provenienza illegittima non eviterebbe comunque la confisca dei
beni, derivante a tal punto dalla illecita provenienza da lui stesso denunciata.
In sostanza, si vuole dire che il contrasto fra l'onere probatorio imposto al soggetto e il suo diritto di
difesa è soltanto apparente perché nella realtà non potrà mai verificarsi, in quanto l'interessato non si
troverà mai nella condizione di dovere rendere dichiarazioni pregiudizievoli per la sua posizione di
imputato ( cfr: D. Potetti - Riflessioni in tema di confisca di cui alla legge 501/94 - in Cass. Pen. 1995,
n.1065, pag. 1689).
6
Ed invero, l’art.12-sexies, a differenza dell’ abrogato art.12-quinques, secondo comma,
non richiede al prevenuto di giustificare la legittima provenienza dei beni ma impone al
condannato di giustificarne soltanto la provenienza. La differente formulazione letterale
della norma ha fatto comunque discutere molto sul piano interpretativo, dando luogo ad
alcune osservazioni anche in ordine alla ravvisabilità di un'inversione dell'onere della
prova3.

- Quanto al principio di presunzione di non colpevolezza, deve intanto osservarsi che tale principio è stato
sancito dalla Costituzione con riferimento alla responsabilità dell'imputato per un fatto reato e non già con
riferimento all'applicazione di una misura di sicurezza conseguente all'accertamento della detta
responsabilità; deve poi aggiungersi che il principio in questione attiene esclusivamente al momento in
cui deve ritenersi accertata la colpevolezza di una persona e non investe invece il modo di provarla ossia
resta estraneo alle regole del processo relative all'onere della prova ( C. Cost. 12/18-5-1959, n.33; C.
Cost. 19-7-1968, n.110 e C. Cost. 2/15-4-1981, n.66). Per la verità la Corte Costituzionale con la
sentenza n.48/94 ha dato l'impressione di avere modificato sul punto il proprio orientamento rispetto a
quello precedentemente espresso.
Va segnalato comunque che la Corte di Cassazione (C. Cass. Sez. VI 15-4-1996 - Berti), già investita di
alcuni rilievi di costituzionalità, li ha dichiarati manifestamente infondati. In particolare, con riferimento
all'art.27 Cost., era stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art.12 sexies sotto il profilo
che esso, prevedendo l'applicazione di una misura di sicurezza patrimoniale basata solo sul sospetto e
sganciata da un fatto-reato, violava il principio di non colpevolezza. La Corte, dopo avere definito non
pacifico il problema dell'applicabilità del principio alle misure di sicurezza patrimoniali, ha ritenuto
manifestamente infondata la questione sollevata, affermando che l'art.12 sexies non viola il principio di
non colpevolezza in quanto aggancia la misura di sicurezza patrimoniale a una presunzione relativa di
pericolosità, i cui presupposti sono ben determinati e ragionevoli.
3
La prima osservazione riguarda l’equipollenza attribuita alle due espressioni letterali nel senso che
l’espressione “ giustificare la provenienza” dei beni, secondo alcuni, equivarrebbe comunque alla
precedente espressione “ giustificare la legittima provenienza ” dei beni ( cfr: D. Potetti - op. cit. - in
Cass. Pen. 1995, n.1065, pag. 1689); la seconda attiene all’onere della prova che, per altri, sarebbe ormai
meno gravoso, dovendosi il condannato limitare a giustificare la provenienza dei beni senza dover dare
conto della legittimità di essa (cfr: G. Izzo, secondo il quale, commentando la sentenza della Corte
Costituzionale n.48/94, non si dovrebbe dimostrare la legittimità della provenienza, essendo sufficiente
un'attendibile e circostanziata spiegazione, da fornirsi con ampia libertà di prova e rimessa alla
valutazione del giudice e al suo libero convincimento, in Il Fisco, 1994, p. 2446.); una terza osservazione
riguarda infine il mantenimento anche nell’art.12-sexies dell’inversione dell’onere della prova della
provenienza dei beni, posto ancora a carico del soggetto e non già del P.M.
Esaminando più approfonditamente le questioni indicate, va subito detto che le prime due sono state già
affrontate dalla Corte di Cassazione, la quale ha avuto modo di affermare ( Sez.I, 2-6-1994 - Malasisi)
che all’espressione “giustificare la provenienza” deve attribuirsi un significato sostanziale ed economico e
non formale e giuridico, nel senso che il soggetto deve spiegare in termini economici come sia riuscito e
con quali mezzi ad acquisire i beni al proprio patrimonio, fornendo così una esauriente spiegazione della
lecita provenienza dei beni di valore sproporzionato al reddito e all’attività economica svolta. La Corte
con la stessa sentenza ha inoltre chiarito che << E’ ovvio, quindi, che la soppressione nel testo della
disposizione in questione della qualifica “legittima” riferita alla “provenienza”, che figurava nel testo
dell’art. 12-quinques secondo comma legge n.369/93, dichiarato incostituzionale, non ha altra
significazione se non quella di una innovazione semantica di scarso rilievo dato che la espressione
“giustificare la provenienza” equivale, proprio per il significato pregnante che ha il verbo
“giustificare”, a “dimostrare la legittimità della provenienza”>>.
Anche in ordine alla questione attinente all’inversione dell’onere della prova la Cassazione ha avuto
modo di pronunciarsi (Sez. VI, 15-4-1996 - Berti), precisando sul punto che << il legislatore... ha
introdotto una presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale, trasferendo sul soggetto che
ha la titolarità o la disponibilità dei beni, l’onere di giustificarne la provenienza, con allegazione di
7
Non manca però chi sostiene che non si tratterebbe di una vera e propria inversione
dell’onere della prova ma di una diversa ripartizione di esso. Ossia, si afferma che a
carico del pubblico ministero è posto l’onere di provare le due circostanze che
costituiscono gli elementi indizianti della riconducibilità del patrimonio alle attività
illecite del condannato e cioè la titolarità o la disponibilità dei beni da parte del
soggetto e la sproporzione di essi rispetto al suo reddito o alla sua attività; al prevenuto
spetta invece l’onere di vanificare la portata indiziante delle due circostanze
dimostrando di avere legittimamente acquisito al proprio patrimonio i beni in questione.
Sul punto particolarmente interessante risulta quanto recentemente affermato dalla
Corte di Cassazione che decidendo a Sezioni Unite4 ha chiarito che il legislatore ha
operato una fondamentale scelta di politica criminale individuando delitti
particolarmente allarmanti, idonei a creare una accumulazione economica, a sua volta
possibile strumento di ulteriori delitti, traendo così una presunzione, “iuris tantum”, di
origine illecita del patrimonio “sproporzionato” a disposizione del condannato per tali
delitti, presunzione applicabile quando il pubblico ministero abbia dato dimostrazione
della sproporzione tra il valore dei beni da un lato e le attività economiche dall’altro, al
momento di ogni acquisto dei beni stessi; ha precisato che il soggetto inciso, solo dopo
tale dimostrazione offerta dal pubblico ministero, dovrà indicare, con riferimento
temporale precisamente determinato, le proprie giustificazioni, le quali, dunque,
potranno, anche loro, essere specifiche e puntuali con riferimento a ogni singolo bene al
momento del suo acquisto; ha spiegato che tale indicazione dovuta dal soggetto non va
confusa con un’imposizione di onere della prova, ma si risolve nell’esposizione di fatti e
circostanze di cui il giudice valuterà la specificità e la rilevanza e verificherà in
definitiva la sussistenza; ha concluso affermando che l’onere imposto al condannato non
trasmoda in una richiesta di prova diabolica, ma è, al contrario, di agevole assolvimento.
Ed ancora, si dubita della compatibilità della confisca ex art. 12-sexies con il principio
di proprietà5.
Ma a proposito del supposto sacrificio del diritto di proprietà, la Corte di Cassazione6
ha affermato che non è dato capire <<in qual modo la norma potrebbe contrastare con

elementi che, pur senza avere la valenza probatoria civilistica in tema di diritti reali, possessori e
obbligazionari, siano idonei a vincere tale presunzione>>.
4
Corte Cass. S.U. penali c.c. 17-11-2003, dep. 19-1-2004, n. 920.
5
Maugeri, La sanzione patrimoniale fra garanzie ed effettività, in Riv. trim. dir. pen. econ. 1996, pag.866,
6
C. Cass. S.U. penali 17-12-2003, dep. 19-1-2004, n.920.
8
il riconoscimento e la garanzia della proprietà privata di cui la legge “determina i
limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale”. La prevenzione speciale e la
dissuasione…assolvono appunto ad una funzione sociale che è a fondamento dei limiti
che il legislatore stesso può imporre>>.

Le condizioni di applicabilità della confisca prevista dall'art. 12-sexies L. n. 356/92


Le condizioni richieste dalla norma perché possa disporsi la confisca sono dunque la
condanna del prevenuto o l'applicazione nei suoi confronti della pena a seguito di
patteggiamento per taluno dei reati tassativamente indicati dalla norma medesima; l'
esistenza di un complesso di elementi patrimoniali attivi costituiti da denaro, beni o altre
utilità di cui il soggetto sia titolare o abbia, anche per interposta persona fisica o
giuridica, la disponibilità a qualsiasi titolo; il valore sproporzionato di tale complesso
patrimoniale rispetto al reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o all'attività
economica svolta; mancata giustificazione della provenienza dei beni suddetti.
Avendo già chiarito che presupposto della confisca è la sentenza di condanna o di
applicazione della pena su richiesta emessa nei confronti del soggetto, e che cosa debba
intendersi con l'espressione "giustificare la provenienza" utilizzata dalla norma, occorre
ora soffermarsi sui concetti di titolarità e disponibilità a qualsiasi titolo di beni, denaro
e altre utilità.
Utilizzando entrambi i concetti, il legislatore ha voluto sicuramente ricomprendere nel
raggio di operatività della norma qualsiasi rapporto giuridico o di fatto esistente fra i
beni e il soggetto, tale comunque da poter garantire a quest'ultimo il pieno godimento
e la libera destinazione dei beni medesimi.
E' chiaro che per spiegare il termine “titolarità” occorre fare riferimento al concetto
civilistico di esso, riferito a qualsiasi diritto sulla cosa che ne consenta il godimento e la
destinazione. Al concetto di “disponibilità” a qualsiasi titolo devono invece ricondursi
tutte quelle situazioni di mero fatto, in virtù delle quali il soggetto esercita in concreto
sul bene un potere di godimento, di impiego e di destinazione7.

7
Poiché l'espressione letterale usata dall'art.12 sexies è sostanzialmente identica a quella utilizzata
dall'art.12-quinques secondo comma, per l'interpretazione di essa si può fare riferimento anche alla
giurisprudenza della Corte di Cassazione già intervenuta per la norma abrogata. Infatti la Corte ( Sez. I,
10-2-1993 - Sepe ), rifacendosi alla giurisprudenza precedentemente formatasi sull'art. 2-ter legge 31-5-
65, n.575, ha affermato che il rapporto di disponibilità deve intendersi <<...come situazione di mero fatto
per il quale, pur al di fuori di una giuridica titolarità di diritti sulla cosa, il soggetto tuttavia realizzi
pur sempre una autonoma utilizzazione della stessa..>>.

9
Per quanto riguarda la interposizione di una persona fisica o giuridica nella titolarità o
disponibilità dei beni, con riferimento alla titolarità si ritiene che debba trattarsi di una
interposizione nel rapporto giuridico in virtù del quale, sul piano civilistico, la persona
interposta debba garantire al soggetto il godimento della cosa e la libera destinazione di
essa; con riferimento invece alla disponibilità si ritiene che l'interposizione debba
consistere in un rapporto di fatto in virtù del quale l'interposto, intestatario formale
della cosa, garantisca al soggetto il pieno godimento e la libera destinazione di essa.
In ordine poi al valore sproporzionato dei beni rispetto al reddito dichiarato ai fini delle
imposte sul reddito, o all'attività economica svolta, opportunamente è stato scelto dal
legislatore per l'accertamento di tale sproporzione un criterio alternativo. Non è fuor di
luogo, a tal proposito, ricordare che gli appartenenti ad associazioni criminali di tipo
mafioso o autori di gravi reati come quelli indicati dalla norma raramente presentano la
dichiarazione dei redditi ai fini delle imposte sul reddito o la presentano veritiera.
Abitudine, questa, che purtroppo consente a numerosi imputati di reati di cui all’art. 51,
comma 3-bis c. p. p. di beneficiare del gratuito patrocinio.
Sempre sul valore sproporzionato dei beni, la Corte di Cassazione8 ha precisato che il
legislatore ha impiegato il termine sproporzione riferendosi a un incongruo squilibrio tra
guadagni e capitalizzazioni, da valutarsi secondo le comuni regole di esperienza; ne ha
dedotto che la sproporzione così intesa viene testualmente riferita, non al patrimonio
come complesso unitario, ma alla somma dei singoli beni, con la conseguenza che i
termini di raffronto dello squilibrio vanno fissati nel reddito e nelle attività al momento
dei singoli acquisti, rispetto al valore dei beni volta a volta acquistati; ha concluso che
<<La giustificazione credibile attiene alla positiva liceità della provenienza e non si
risolve nella prova negativa della non provenienza dal reato per cui si è stati
condannati. E così, per esempio, per gli acquisti che hanno un titolo negoziale occorre
un’esauriente spiegazione in termini economici (e non semplicemente giuridico -
formali) di una derivazione del bene da attività consentite dall’ordinamento, che sarà
valutata secondo il principio del libero convincimento>>.
Deve infine rilevarsi che l'art.12-sexies non appresta alcuna tutela diretta del terzo
intestatario dei beni estraneo al procedimento né pare possa farsi ricorso all'art. 2-ter
comma 5 Legge 31-5-1965, n.575, che consente al terzo di intervenire nel
procedimento, anche con l'assistenza di un difensore, di svolgere le sue deduzioni in

10
camera di consiglio e chiedere l'acquisizione di ogni elemento utile ai fini della
decisione sulla confisca.
Tuttavia, poiché non appare discutibile, come si dirà più avanti, la natura di misura di
sicurezza patrimoniale della confisca in questione, conseguente a condanna per un fatto
reato, ad essa dovrebbero potersi applicare tutte le norme del codice di procedura
penale che riguardano la misura di sicurezza patrimoniale della confisca penale.
Il terzo estraneo al procedimento potrebbe perciò far valere i propri diritti sulle cose
confiscate proponendo, quale interessato, incidente di esecuzione ai sensi degli artt. 665
e segg. c.p.p., dal momento che l'art.676 c. p. p. stabilisce che il giudice dell'esecuzione
è competente a decidere, fra l'altro, anche in ordine alla confisca e che, qualora vi sia
controversia sulla proprietà delle cose confiscate, si applica la disposizione dell'art. 263
c 3 c p. p., in virtù della quale il giudice rimette la risoluzione della controversia al
giudice civile del luogo competente in primo grado, mantenendo nel frattempo il
sequestro.
Né pare che vi siano ragioni di carattere normativo o di tipo sistematico che
impediscano l'applicazione delle norme citate alla confisca prevista dall'art.12-sexies.

La natura giuridica della confisca prevista dall’art.12-sexies L. n. 356/92


Non pare che possa dubitarsi della natura giuridica di misura di sicurezza patrimoniale
della confisca in questione; la quale per quanto possa ritenersi una ipotesi speciale che
deroga, ai sensi dell'art. 15 c. p., alla norma generale posta dall'art.240 c. p., mantiene
tutti i connotati propri della misura di sicurezza patrimoniale e in particolare una
presunzione di pericolosità dei beni da confiscare, i cui presupposti sono ben
determinati9.

8
Corte Cass. S.U. penali c.c. 17-11-2003, dep. 19-1-2004, n. 920.
9
La stessa Corte di Cassazione ( Sez. VI 28-2-1995 - Nevi - Cass. pen. 1997 n.210) si è espressa nel
senso indicato, affermando: << La confisca prevista dall'art. 12 sexies del d.l. 8 giugno 1992, n.306,
introdotta con il d.l. 20 giugno 1994, n.399, convertito con la l. 8 agosto 1994, n.501, così come in linea
generale, la confisca prevista dall'art. 240 c.p., ha natura di misura di sicurezza patrimoniale e non di
pena sui generis o pena accessoria e perciò non si applica ad essa il principio di irretroattività proprio
della pena, ma il principio della applicazione della legge vigente al momento della decisione, fissato
dall'art.200 c.p...>>.
Ancora più significativa, per desumere la natura di misura di sicurezza patrimoniale della confisca
prevista dall' art.12 sexies, è l'affermazione della Corte Costituzionale ( ordinanza 22/29-1-1996, n.18),
secondo la quale << ...la confisca ivi disciplinata ha struttura e presupposti diversi dall'istituto generale
previsto dall'art. 240 c.p..........avendo il legislatore non irragionevolmente ritenuto di presumere
l'esistenza di un nesso pertinenziale tra alcune categorie di reati e i beni di cui il condannato non possa
giustificare la provenienza e che risultino di valore sproporzionato rispetto al reddito o alla attività
economica del condannato stesso..>>.
11
Non manca tuttavia chi attribuisce alla confisca prevista dall'art.12-sexies la natura di
pena accessoria sul solo rilievo che la confisca deriverebbe non dalla pericolosità del
condannato ma esclusivamente dalla sua condanna mentre i beni da confiscare non
hanno alcun rapporto con il reato accertato in giudizio, ma di essi semmai si sospetta la
provenienza illecita. La tesi tuttavia non è convincente e non può quindi condividersi.
E' indiscutibile infatti che la pena accessoria, così come espressamente dispone l'art. 20
c. p., consegue di diritto alla condanna, come effetto penale di essa; e, secondo la
costante e consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, per l'applicazione di
essa non occorre una statuizione espressa contenuta nella sentenza di condanna, tranne,
s'intende, nei casi in cui le modalità di esecuzione della pena accessoria richiedano
l'esplicazione di una attività discrezionale da parte del giudice. Ne consegue che la pena
accessoria, anche quando sia stata omessa dal giudice che ha pronunciato la sentenza di
condanna, può essere applicata d'ufficio in sede esecutiva, purché sia determinata dalla
legge nella specie e nella durata.
Ma proprio per questo alla tesi esposta si oppone che la confisca in questione non
consegue, al pari della pena accessoria, automaticamente alla condanna, come effetto
penale di essa. La condanna invero rappresenta soltanto un presupposto per l'
applicabilità della confisca, la quale richiede che, con una adeguata giustificazione
riguardo alla provenienza legittima dei beni, venga superata la presunzione relativa di
pericolosità degli stessi mediante un approfondito giudizio di merito in ordine alla
titolarità e alla disponibilità dei beni da parte del condannato, e al valore degli stessi in
misura sproporzionata rispetto al reddito o all'attività svolta dal condannato
medesimo.
Ed ancora, risolutivo appare il rilievo che la pena accessoria, a differenza della pena
principale e della misura di sicurezza che limitano la libertà personale e il patrimonio
del condannato, intacca, di norma e secondo quanto emerge dalla disciplina prevista
dagli artt. 28-36 del codice penale in materia di pene accessorie, la capacità giuridica e
"l'onore giuridico" del condannato.
Senza dire che, se la confisca ex art.12-sexies avesse natura di pena accessoria, ad essa
si estenderebbe, a norma del vigente art. 166 c.p. come sostituito dall'art. 4 L. 7-2-1990,

In dottrina (L. Fornari, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie, pag.68), è stato pure affermato
che <<con l’introduzione dell’ipotesi particolare di confisca ex art. 12-sexies d.l. n.306/1992 il
legislatore italiano abbia inteso creare, sulla scia del “modello tedesco” una vera e propria sanzione

12
n.19, la sospensione condizionale della pena, vanificando nella sostanza la ratio e la
finalità della norma.
Si aggiunga che la misura di sicurezza patrimoniale, a differenza di quella personale,
consegue non alla pericolosità del condannato ma, a norma dell'art. 240 c. p., alla
pericolosità della cosa, quando essa è prezzo, prodotto o profitto del reato o servì o fu
destinata a commettere il reato; e ben può conseguire, come per l'ipotesi prevista
dall'art. 12-sexies, alla pericolosità della cosa derivante dal fatto che essa, restando nella
disponibilità del condannato, possa essere da questi utilizzata per il reimpiego in attività
illecite.
A tal proposito, occorre comunque richiamare la più recente giurisprudenza di
legittimità10 che non ha mancato di ribadire la non pertinenzialità fra i beni confiscabili
e il reato per cui vi è condanna, chiarendo che il legislatore non ha presupposto la
derivazione dei beni dal reato, ma ha correlato la confisca proprio alla sola condanna del
soggetto che di quei beni dispone, senza che necessitino ulteriori accertamenti in ordine
all’attitudine criminale, e che pertanto il giudice non deve ricercare alcun nesso di
derivazione tra i beni confiscabili e il reato per cui ha pronunciato condanna e nemmeno
tra questi stessi beni e l’attività criminosa del condannato. Sulla base di tali osservazioni
la Corte di Cassazione ha, perciò, affermato che la confisca prevista dall’art. 12-sexies
deve ritenersi una misura di sicurezza atipica con funzione anche dissuasiva, parallela
all’affine misura di prevenzione antimafia.

I rapporti fra la confisca prevista dall'art. 12-sexies L. n. 356/92 e le altre ipotesi di


confisca previste dal codice penale e da leggi speciali.
Chiarita la natura giuridica e le condizioni di applicabilità della confisca prevista
dall'art. 12-sexies, vanno ora esaminati i rapporti fra questa e le altre ipotesi di confisca
penale previste dagli artt. 240 c.p. – 416-bis, comma 7, c. p.- 644 c.p. e da altre leggi
speciali, al fine di evidenziare le differenze esistenti fra le varie misure di sicurezza
patrimoniali con riferimento non soltanto alle cose confiscabili ma anche ai casi in cui
sia possibile applicare l'una o l'altra misura o si possa fare ricorso a più di una.

patrimoniale a carattere schiettamente punitivo, in cui il sacrificio del diritto di proprietà è di entità
tendenzialmente ben superiore al guadagno ottenuto tramite il reato – occasione>>.
10
Corte Cass. S.U. penali c.c. 17-11-2003, dep. 19-1-2004, n. 920.
13
A) La confisca prevista dall'art. 240 c.p.

Il primo raffronto ovviamente va fatto con la confisca prevista dall' art. 240 c. p., che
rappresenta l'ipotesi generale di tale misura di sicurezza patrimoniale, il cui presupposto
è costituito dal vincolo di pertinenzialità della cosa rispetto al reato commesso. Essa,
com'è noto, è di due tipi: facoltativa e obbligatoria.
Quella facoltativa può essere ordinata dal giudice, nel caso di condanna, per le cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato e per le cose che costituiscono il
prodotto o il profitto del reato. Quella obbligatoria è sempre ordinata dal giudice per le
cose che costituiscono il prezzo del reato, e per le cose, la fabbricazione, l'uso, il porto,
la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata
pronunciata condanna11.
Dall'esame comparativo della confisca prevista dall' art. 12-sexies e di quella prevista
dall'art. 240 c.p. si rileva agevolmente che la prima e più rilevante differenza fra le due
ipotesi di confisca sta nel fatto che per disporre la confisca ai sensi dell' art. 12-sexies è
sempre necessario che sia intervenuta la condanna del soggetto per uno dei reati
tassativamente indicati dalla stessa norma; mentre la confisca ai sensi dell'art. 240 c.p.
deve applicarsi, nei casi espressamente indicati dal comma 2 n.2 della norma, anche nel
caso di proscioglimento del soggetto12.
La seconda differenza che caratterizza la confisca prevista dall'art. 12-sexies rispetto a
quella prevista dall'art. 240 c.p. è rappresentata dalla sua obbligatorietà. Infatti mentre
quest'ultima è facoltativa in alcuni casi e obbligatoria in altri, la prima è sempre
obbligatoria.
La terza differenza è costituita dalla specificità dei beni confiscabili ai sensi dell'art. 240
c. p.; infatti in virtù di tale norma possono o debbono essere confiscati soltanto quei
beni che sono direttamente legati al reato per il quale è stata inflitta la condanna (
strumento, prodotto, profitto, prezzo del reato) oppure, anche se non è stata pronunciata

11
A tal proposito appare utile richiamare la distinzione che la giurisprudenza opera fra i tre concetti di
prezzo, prodotto e profitto del reato: il prezzo rappresenta il compenso dato o promesso per indurre,
istigare o determinare qualcuno a commettere un reato; il prodotto è il risultato ottenuto dall'autore del
reato direttamente con la sua attività delittuosa; il profitto è costituito dal vantaggio economico che si
ricava dalla commissione del reato. ( Cass. Sez. Un. 3-7-1996, Chabni).
12
Se il proscioglimento viene pronunciato per estinzione del reato << la confisca non può essere disposta
nei casi previsti dall'art. 240 comma 1 e comma 2 n.1 c.p., perché è richiesta la condanna, mentre può
essere disposta nel caso previsto dall'art. 240 comma 2 n.2 c.p.>> ( Cass. Sez. Un. 25-3-1993, Carlea).

14
condanna, quei beni, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione e l'alienazione dei
quali costituiscono di per sé reato. Mentre in virtù dell' art. 12-sexies la confisca deve
disporsi per tutti i beni che siano di valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato
dal condannato ai fini dell'imposta sul reddito o all'attività economica dallo stesso svolta
e di essi il condannato non sia in grado di giustificare la provenienza.
La quarta differenza è data poi dal fatto che l'art. 240 c.p. esclude la confisca delle cose
appartenenti a persona estranea al reato mentre l'art. 12-sexies prevede la confisca anche
dei beni fittiziamente appartenenti a persone estranee al reato, le quali garantiscono al
condannato la piena e libera disponibilità dei beni medesimi13.
Ovviamente le due misure possono essere disposte anche nel caso di applicazione della
pena su richiesta delle parti ai sensi dell'art.444 c.p.p., ma con delle particolarità: mentre
la confisca prevista dall'art. 12-sexies, per espressa disposizione contenuta nella stessa
norma, si applica sempre; quella prevista dall'art. 240 c.p. si applica soltanto quando
essa è obbligatoria (comma 2 dell'art.240 c.p.), così come dispone l'art.445 c.1 c. p.p.
E' chiaro che le due misure possono concorrere soltanto in caso di condanna o di
applicazione della pena su richiesta ai sensi degli artt.444 - 445 c.p.p., non potendosi
applicare la confisca prevista dall'art. 12-sexies se non vi è condanna o applicazione di
pena su richiesta. Infatti con la confisca prevista dall'art. 240 c.p. si possono confiscare,
ricorrendone le condizioni, le cose indicate nella norma medesima; con la confisca ai
sensi dell'art. 12-sexies, in presenza dei presupposti previsti dalla norma, sono
confiscabili tutti quei beni di valore sproporzionato rispetto al reddito e alla capacità
economica del condannato e dei quali il soggetto non sia in grado di giustificare la
provenienza.
B) La confisca prevista dall'art. 416-bis, comma 7, c.p.
A differenza della confisca prevista dall'art. 240 c. p., la confisca prevista dall'art. 416-
bis c.7 c.p. è sempre obbligatoria. Essa però presuppone necessariamente, come quella

13
Sul punto si segnala l'orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale <<
Il concetto di appartenenza di cui al comma 3 dell'art. 240 c.p. non può ridursi alla sola proprietà della
cosa suscettibile di confisca, ma deve estendersi ai diritti reali di garanzia, e ciò perché il diritto reale di
garanzia determina una indisponibilità del bene da parte del proprietario e il suo diretto
assoggettamento alla disponibilità del titolare della garanzia per il soddisfacimento delle sue ragioni
creditorie. Ne discende l'insuscettibilità della cosa sottoposta a garanzia reale sia dell'uso
pregiudizievole per prevenire il quale è contemplata dal c.p.p. la misura cautelare del sequestro
preventivo, sia della stessa confisca, quantomeno sino al soddisfacimento delle ragioni creditorie per le
quali la garanzia è stata costituita.>>. ( Cass. Sez. I 8-7-1991, Mendella).

15
prevista dall'art. 12-sexies, la condanna dell'imputato e deve disporsi per le cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato e per le cose che ne sono il prezzo, il
prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.
La sostanziale differenza fra la confisca prevista dall'art. 416-bis co.7 c.p. e quella
prevista dall'art. 240 c.p. consiste dunque nel fatto che la prima è sempre obbligatoria,
anche per quelle cose per le quali l'art. 240 c.1 c.p. prevede la confisca facoltativa, e
nella possibilità di confiscare anche le cose che costituiscono l'impiego del prezzo, del
prodotto e del profitto del reato. Tale possibilità, com'è noto, è stata introdotta dalla
legge Rognoni - La Torre, allo scopo di aggredire i beni frutto di attività di riciclaggio
dei profitti illeciti.
Mentre la confisca prevista dall'art. 12-sexies si differenzia da quella prevista dall'art.
416-bis c.7 c.p. perché quest'ultima, diversamente dalla prima, presuppone
necessariamente l'esistenza di un vincolo strumentale diretto fra la cosa e il reato, nel
senso che la cosa deve trovarsi in rapporto diretto con la commissione del reato, di tal
che se ne possa presumere per legge la pericolosità.
A proposito poi della possibilità di confiscare, ai sensi dell'art. 416-bis c. 7 c. p., i beni
appartenenti a terzi estranei al reato, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ne ha
ritenuto la confiscabilità nel caso in cui possa fondatamente presumersi che
l'intestazione a terzi sia fittizia e i beni da confiscare siano riconducibili all'attività
delittuosa.14
Tale indirizzo giurisprudenziale contribuisce notevolmente a rendere possibile in
concreto la confisca delle cose che costituiscono l'impiego del prezzo, del prodotto e del
profitto del reato, dal momento che normalmente esso impiego può realizzarsi con
l'intestazione fittizia a terzi di beni acquistati mediante il reinvestimento del prezzo, del
prodotto e del profitto del reato.
Anche per la confisca obbligatoria prevista dall'art. 416-bis c.7 c.p. è stata affermata in
dottrina la tesi secondo cui essa debba considerarsi una pena accessoria e non già una

14
Cfr: Cass. Sez. U. 26-10-1985, che ha ritenuto la confiscabilità << di beni di cui siano titolari terzi
estranei al delitto, qualora sussistono le condizioni in base alle quali debba presumersi che l'intestazione
a terzi sia fittizia, avendo, in effetti, il controllo, diretto o indiretto, dei beni il condannato per detto reato,
sempre che essi siano collegabili all'attività delittuosa>>.

16
misura di sicurezza patrimoniale, avendo essa una funzione afflittiva e general-
preventiva.
Ma anche in tal caso valgono, per contestare l'assunto, le osservazioni già svolte per la
confisca obbligatoria prevista dall'art. 12-sexies, con l'aggiunta che la confisca prevista
dall'art. 416-bis c.7 c.p. presuppone necessariamente un nesso pertinenziale della cosa
con il reato, con l'ovvia conseguenza che la pericolosità di essa viene presunta per
legge.
Infine, non pare che possa negarsi il ricorso alla confisca obbligatoria per le cose
indicate dall'art. 240 c.2 n.2 c.p. nel caso in cui l'imputato venga assolto dal reato di cui
all'art. 416-bis c.p.
Non è possibile invece disporre la confisca prevista dall'art. 416-bis c.7 c.p. in caso di
applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art.444 c.p.p., non essendo ciò
espressamente previsto ne dall'art. 445 c. p.p. né da altre leggi speciali.
E' fin troppo evidente che, ricorrendone i rispettivi presupposti, si possono applicare nei
confronti della persona condannata per il reato di cui all'art. 416-bis c.p. sia la confisca
prevista dal comma 7 dello stesso articolo sia quella prevista dall'art.12-sexies.
C) La confisca prevista dall'art. 644 c.p.
Un 'altra ipotesi di confisca obbligatoria è stata introdotta dall'art.644 c. p. 15, così come
modificato dall'art. 1 della legge 7-3-1996, n.108. Come può osservarsi, la norma non
si limita a rendere la confisca sempre obbligatoria anche per le cose che costituiscono il
profitto del reato, ma la estende alle somme di denaro, ai beni e a qualsiasi altra utilità,
che, pur non trovandosi in relazione diretta con il reato, siano nella disponibilità del reo,
anche per interposta persona; limitando tuttavia la confiscabilità di tali somme, beni e
utilità soltanto a un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o
compensi usurari accertati con la sentenza di condanna. La norma fa salvi però i diritti
alla restituzioni e al risarcimento del danno della persona offesa dal reato, le cui pretese
potranno essere così soddisfatte anche con i beni suddetti, prima della confisca; essa
inoltre prevede espressamente che la confisca deve essere ordinata anche nel caso di
applicazione di pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p.

15
Il comma 6 del nuovo art. 644 c.p. stabilisce infatti che << Nel caso di condanna, o di applicazione di
pena ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, è
sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di
denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari
al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal
reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni>>.
17
Ed ancora, il comma 2 dell' art. 1 della legge 7-3-1996, n. 108 abroga l'art. 644 bis c. p.;
il quale così esce dal novero dei reati indicati nell'art. 12-sexies. La circostanza in realtà
è di scarso rilievo pratico, in quanto la fattispecie incriminatrice già contenuta nella
norma abrogata è stata sostanzialmente inserita nel testo del nuovo art. 644 c. p..
Di maggiore e più significativo rilievo è la norma contenuta nell'art. 6 della legge 7-3-
1996, n. 108, in virtù della quale sono fatte salve le disposizioni contenute nell'art. 12-
sexies16. Ciò, in concreto, vuol dire che la confisca prevista dall'art. 12-sexies
continuerà ad applicarsi nei confronti delle persone condannate (o alle quali sia stata
applicata la pena ai sensi dell'art. 444 c. p.p.) per il reato di cui all'art. 644 c. p.. Con la
conseguenza che nei confronti delle persone suddette si potrà disporre la confisca non
soltanto dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato, e le somme di denaro, i
beni e le utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un
importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, ma anche
di tutto il denaro e di tutti gli altri beni o utilità di cui il condannato non può giustificare
la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere
titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio
reddito, dichiarato al fine delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.
D) La confisca prevista dall'art. 301 D.P.R. 23-1-73, n.43.
Anche in materia di contrabbando è prevista una ipotesi di confisca obbligatoria,
regolata dall'art. 301 D.P.R. 23-1-1973, n.43 ( T.U. delle disposizioni legislative in
materia doganale), così come modificato dall'art.11 comma 19 della legge 30-12-1991,
n.413. La norma in questione stabilisce che nei casi di contrabbando è sempre ordinata
la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose
che ne sono l'oggetto ovvero il prodotto o il profitto; prevede inoltre la confisca dei
mezzi di trasporto che abbiano delle caratteristiche di carico difformi da quelle
omologate o che siano impiegati in violazione delle norme concernenti la circolazione
o la navigazione e la sicurezza in mare, anche se appartenenti a terzi. La stessa norma
però precisa che si applicano le disposizioni dell'art. 240 c.p. se si tratta di mezzo di
trasporto appartenente a persona estranea al reato qualora questa dimostri di non averne

16
Va segnalato sul punto il parere n. 1810/96 del 10-12-1996, reso, su richiesta del Ministero delle
Finanze, dal Consiglio di Stato, secondo cui l'interpretazione dell'art. 6 della legge 7-3-1996, n. 108 è nel
senso che esso rende applicabile alla confisca prevista dall'art. 644 c.p. la normativa introdotta dall'art. 3
della legge n.109/96 in materia di amministrazione dei beni sequestrati o confiscati. L'interpretazione non
è condivisibile per le ragioni che verranno esplicitate più avanti quando si tratterà il punto relativo
all'amministrazione dei beni confiscati.
18
potuto prevedere l'illecito impiego anche occasionale e di non essere incorsa in difetto
di vigilanza. Infine, lo stesso articolo al comma 5 stabilisce che la confisca in questione
deve ordinarsi anche nel caso di applicazione della pena su richiesta ai sensi degli artt.
444 e segg. c.p.p..
Come si può osservare, si tratta di una ipotesi di confisca obbligatoria per le cose che
siano comunque legate al reato da un vincolo pertinenziale. Tutti gli altri beni o utilità
che si trovano nella disponibilità della persona condannata per un delitto in materia di
contrabbando, nei casi aggravati di cui all'art. 295, comma 2, D.P.R. 23-1-1973, n.43,
possono essere confiscati ai sensi dell'art. 12-sexies, ricorrendone ovviamente i
presupposti. Quindi le due confische possono concorrere.
E) La confisca in materia di sostanza stupefacenti
Il D.P.R. 9-10-1990, n.309 (T.U. in materia di disciplina degli stupefacenti) in realtà
non contiene norme che prevedano ipotesi di confisca obbligatoria nei confronti delle
persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e 74 dello stesso testo unico; il quale
invece, all'art. 85 c. 3, stabilisce che, con lo stesso provvedimento che applica una
sanzione amministrativa o con quello che definisce o sospende il procedimento ai
sensi degli artt. 75 e 76 del T. U., viene disposta la confisca della sostanza stupefacente;
e prevede altresì, all'art. 28 c.3, la confisca in ogni caso delle piante illegalmente
coltivate.
Gli artt. 100 e 101 del D.P.R. citato contengono poi la disciplina relativa alla
destinazione dei beni sequestrati o confiscati e dei valori confiscati a seguito di
operazioni antidroga.
Poiché il testo unico si limita a disciplinare soltanto le ipotesi di confisca indicate, è
evidente che per i reati previsti dagli artt. 73 e 74 troverà applicazione, per quanto
attiene alla confisca, la disciplina generale dettata dall'art. 240 c.p.
E ciò spiega la ragione per la quale il testo unico in questione prevede soltanto le
ipotesi di confisca regolate dall'art. 85 c.3 e dall'art. 28 c.3.
Nel primo caso infatti, senza la disposizione espressa dell'art. 85 c. 3, non sarebbe
possibile confiscare la sostanza stupefacente ai sensi dell'art. 240 c.2 n.2 c.p. in quanto,
nel caso previsto dall'art. 75, l'acquisto e la detenzione di essa non costituiscono reato e
sono puniti con una sanzione amministrativa.

19
Nel secondo caso, per la confisca prevista dall'art. 28 c.3, si ritiene che possano valere,
per i casi in cui la detenzione delle piante illegalmente coltivate non costituisca reato, le
medesime considerazioni svolte per la confisca prevista dall'art. 85 c.3.
Nei confronti delle persone condannate per uno dei delitti previsti dagli artt. 73, esclusa
la fattispecie di cui al comma 5, e 74, ricorrendone i presupposti, è sempre ordinata la
confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità, ai sensi dell'art. 12-sexies.
Quest'ultima norma, al comma 3, stabilisce fra l'altro che, per la gestione e la
destinazione dei beni confiscati ai sensi dei commi 1 e 2 alle persone condannate per
taluno dei delitti di cui agli artt. 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, e 74, si
osserva la speciale disciplina prevista dagli artt. 100 e 101 del DPR n.309/90 e non già
quella del D.L. 14-6-1989, n.230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4-8-1989,
n.282, richiamata in linea generale.
F) La confisca prevista dall’art. 12, commi 4-8-8bis, D. Lgs. 25-7-1998, n. 286, così
come modificato dall’art. 2 commi 1-2 D. Lgs. 13-4-1999, n. 113. (immigrazione
clandestina).
A norma delle disposizioni indicate va disposta la confisca dei mezzi di trasporto,
nonché, come si desume dalle stesse disposizioni, di ogni altra cosa (beni immobili,
mobili registrati, somme di denaro) che costituisca prezzo o profitto del reato, o che
servì o fu destinata a commettere il reato.
La stessa norma regola direttamente la gestione e la destinazione di tali beni,
disponendo, per le ipotesi residuali, che si osservano, in quanto applicabili, le
disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati, previste
dall’art.100, commi 2 e 3, T.U. DPR 9-10-90, n.309.
G) La confisca prevista dall’art. 31 legge 13-9-1982, n. 646.
La norma prevede la confisca dei beni a qualunque titolo acquistati nonché del
corrispettivo dei beni a qualunque titolo alienati nei confronti delle persone condannate
per il reato previsto dal comma 1 dello stesso articolo, ossia per avere omesso di
comunicare nel termine di legge le variazioni patrimoniali indicate nell’art. 30; il quale
stabilisce che il condannato, con sentenza definitiva, per il reato di cui all’art. 416 bis c.
p., o il sottoposto, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione, ha
l’obbligo di comunicare, entro trenta giorni dal fatto, per dieci anni al nucleo di polizia
tributaria tutte le variazioni nell’entità e nella composizione del patrimonio concernenti
elementi di valore non inferiore ai venti milioni di lire.
H) La confisca prevista dall’art. 322-ter c.p. (corruzione e truffa aggravata).

20
La norma prevede che, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta
delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti
previsti dagli articoli da 314 a 320 codice penale, venga disposta la confisca dei beni
che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al
reato, ovvero, quando essa non è possibile, dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per
un valore corrispondente a tale prezzo.
E’ sempre ordinata la confisca anche nel caso di condanna, o di applicazione della pena
a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto
dall'articolo 321, anche se commesso ai sensi dell'articolo 322-bis, secondo comma, e
per i delitti di cui agli articoli 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter,
secondo comma, c.p.

I rapporti fra la confisca penale e la confisca di prevenzione


La confisca di prevenzione è prevista dall'art. 2-ter comma 3 legge 31-5-1965, n.575 ed
essa viene disposta dal tribunale con l'applicazione della misura di prevenzione
personale, contestualmente o in epoca successiva, per i beni sequestrati a norma del
comma 2 del medesimo articolo, e dei quali non sia stata dimostrata la legittima
provenienza.
Dal combinato disposto dei commi 2 e 3 si evince quindi che la confisca di prevenzione
viene disposta quando ricorrono i seguenti presupposti: l'applicazione della misura di
prevenzione personale a un soggetto indiziato di appartenere a una associazione di tipo
mafioso; la disponibilità diretta o indiretta dei beni da parte del soggetto indiziato; il
valore degli stessi sproporzionato rispetto al reddito dichiarato o all'attività svolta
ovvero quando, sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere che i beni siano il
frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego.
Si possono dunque cogliere fra la confisca di prevenzione e le altre ipotesi di confisca
penale, sopra descritte, alcune sostanziali differenze in ordine al procedimento e al
soggetto. E' diverso infatti il procedimento mediante il quale le due misure vengono
applicate: procedimento di prevenzione per la confisca prevista dall'art. 2-ter L.
n.575/65; procedimento penale di cognizione o di esecuzione per la confisca penale.
Ed ancora, mentre per l'applicazione della confisca di prevenzione occorre che il
soggetto sia indiziato di appartenenza a una associazione di tipo mafioso e che per tale
ragione gli sia stata applicata una misura di prevenzione personale; per l'applicazione

21
della confisca penale è necessario che egli sia stato condannato per uno dei reati per i
quali essa è prevista.
Per quanto riguarda i beni, sia nel caso della confisca di prevenzione sia in quello della
confisca prevista dall'art. 12-sexies, essi devono trovarsi nella disponibilità diretta o
indiretta del soggetto e devono essere di valore sproporzionato rispetto al reddito
dichiarato o all'attività economica svolta dal soggetto.
Ma, sempre con riferimento ai beni, non mancano in verità le differenze. Infatti la
confisca di prevenzione può essere disposta quando, sulla base di sufficienti indizi
acquisiti, ovviamente, attraverso le indagini svolte, si ha motivo di ritenere che i beni
siano frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego; mentre identica
formulazione letterale non è contenuta nell'art. 12-sexies. D'altra parte inserire una
simile previsione anche per la confisca prevista dall'art. 12-sexies era inutile atteso che,
una volta accertata nel corso del procedimento penale per il reato-presupposto la
provenienza delittuosa dei beni, gli stessi devono essere confiscati in virtù dello stesso
art. 12 sexies; e ciò in quanto l’accertamento della provenienza delittuosa esclude per il
soggetto la possibilità di giustificare la provenienza lecita del bene al fine di evitare la
confisca.
Né mancano le differenze con le altre ipotesi di confisca, ed invero: la confisca prevista
dall'art. 240 c.p. ricomprende le cose che servirono o furono destinate a commettere il
reato e le cose che ne costituiscono il prezzo, il profitto o il prodotto, ad eccezione, nei
casi tassativamente indicati dall'ultimo comma, delle cose appartenenti a persona
estranea al reato; la confisca prevista dall'art. 416-bis comma 7 c.p. riguarda non
soltanto le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e le cose che ne
costituiscono il prezzo, il profitto o il prodotto, ma anche quelle che ne costituiscono
l'impiego; la confisca prevista dall'art. 644 c.p. deve invece ordinarsi per i beni che
costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero per le somme di denaro, i beni e le
utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al
valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della
persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni.
Infine, al di là delle definizioni di misura di prevenzione patrimoniale e di misura di
sicurezza patrimoniale con cui vengono distinte le diverse ipotesi di confisca, la
giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto di cogliere nella confisca di
prevenzione e in quella prevista dall'art. 12-sexies una natura giuridica comune,

22
riconducibile, rispetto alle due indicate, a un tertium genus, costituito da una sanzione
amministrativa, equiparabile, quanto al contenuto e agli effetti, alla misura di sicurezza
prevista dall'art. 240 c.p.17.
Ma in verità la definizione data dalla Corte di Cassazione non convince per nessuna
delle due ipotesi di confisca. Per quanto infatti non sia discutibile che le due misure non
si differenziano, quanto al contenuto e agli effetti, è altrettanto certo che, per le
differenze prima sottolineate, resta diversa la loro natura giuridica: misura di
prevenzione patrimoniale per la confisca prevista dall'art. 2-ter legge n. 575/65 e misura
di sicurezza patrimoniale per la confisca prevista dall'art. 12-sexies.
Si osserva infine che il legislatore, proprio per le differenze che distinguono la misura
di prevenzione da quella di sicurezza, si è fatto carico di disciplinare eventuali
interferenze che si dovessero verificare fra di esse: l'art. 2-ter comma 9 L. n. 575/65
infatti stabilisce che nell'ambito del procedimento di prevenzione possono essere
disposti il sequestro e la confisca di beni già sottoposti a sequestro in un procedimento
penale ( come quello disposto ai sensi dell'art. 321 c. p. p. prodromico alla confisca
penale), ma i relativi effetti restano sospesi per tutta la durata di quest'ultimo
procedimento, e si estinguono ove venga disposta la confisca degli stessi beni in sede
penale.

Il sequestro preventivo disposto ai sensi dell’ art. 321 c. p. p. in vista della confisca
penale e in particolare di quella prevista dall'art. 12-sexies
La possibilità di disporre il sequestro preventivo delle cose delle quali deve disporsi la
confisca penale è prevista dall’art. 321 c. p. p., il quale, al secondo comma, recita: <<Il
giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca>>.
Si tratta di un sequestro preventivo funzionale alla confisca e costituisce una figura
specifica e autonoma che si propone come distinto rimedio rispetto al sequestro
preventivo regolato dal comma 1. La particolarità di tale mezzo cautelare reale consiste
nel fatto che per l'applicabilità di esso non occorre necessariamente la sussistenza dei
presupposti di applicabilità previsti dal comma 1 per il sequestro preventivo tipico, ma
basta il presupposto della confiscabilità.

17
Si vedano in tal senso la decisione della Corte di Cassazione (Sez. Un. 3-7-96 - Simonelli) per la
confisca di prevenzione, e quella della stessa Corte ( Sez. V 18-9-97 - Cavallari) per la confisca prevista
dall'art. 12 sexies.
23
Il sequestro preventivo deve dunque ritenersi applicabile in ogni caso in cui sia
prevista dal codice o da leggi speciali la confisca penale: quindi anche per la confisca
prevista dall'art. 416 bis c. p., dall'art. 644 c.p. e dall'art. 301 D.P.R 21-1-1973, n.43 e
dalle altre disposizioni sopra indicate.
Per quanto riguarda la confisca prevista dall'art. 12-sexies, non pare dubitabile che,
nell'ambito del procedimento penale per l'accertamento di uno dei reati previsti dallo
stesso art.12-sexies, possa procedersi al sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma
2, c. p.p. in vista della confisca, perché tale possibilità si ricava indirettamente dalla
formulazione letterale dell'art. 12-sexies, il cui comma 4 recita testualmente: << Se, nel
corso del procedimento, l'autorità giudiziaria, in applicazione dell'art. 321, comma 2,
del codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo delle cose di cui è
prevista la confisca a norma dei commi 1 e 2, le disposizioni in materia di nomina
dell'amministratore di cui al secondo periodo del comma 3 si applicano anche al
custode delle cose predette>>.
E' perciò fin troppo evidente, già dalla sola lettura della norma, che il legislatore,
preoccupandosi persino di regolare con il comma 4 del citato art. 12-sexies la nomina
del custode dei beni sequestrati dei quali è prevista la confisca a norma dei commi 1 e 2
del medesimo articolo, ha dato per scontato che l'autorità giudiziaria possa, nel corso
del procedimento per l'accertamento del reato, disporre il sequestro preventivo, in
applicazione dell'art.321, comma 2, c. p. p., delle cose di cui è prevista la confisca ai
sensi dell'art.12-sexies.
Eppure, l'ammissibilità del sequestro preventivo prodromico alla confisca prevista
dall'art.12-sexies è stata contestata con l’argomentazione che esso può disporsi soltanto
in vista della confisca prevista dall'art.240 c.p.
Ma anche su tale punto la Corte di Cassazione18 ha fatto chiarezza, affermando che, ai
sensi dell'art. 321, comma 2, c. p. p., il giudice può disporre il sequestro delle cose di
cui è consentita la confisca, non già con esclusivo riferimento all'art.240 c. p., ma in

18
Cfr. Cass. Sez. VI 15-4-1996 - Berti, ove si afferma che << L'art. 321 comma 2 c.p.p. faculta il giudice "a
disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca", in relazione ad ogni ipotesi di confisca prevista
dall'ordinamento e non già con esclusivo riferimento all'art.240 c.p. Nè questa norma costituisce il paradigma
unico ed esclusivo a cui ogni ipotesi di confisca debba adeguarsi, rientrando nella discrezionalità del
legislatore, nel rispetto delle disposizioni costituzionali, introdurre ipotesi di confisca anche fuori dei limiti
previsti dall'art. 240 c.p., come peraltro si verifica o si è verificato in altre materie...)>>. Ed ancora,
ultimamente, la Corte di Cassazione (S.U. penali 17-12-2003, dep.19-1-2004, n. 920), dando per scontata
l’ammissibilità del sequestro preventivo in funzione della confisca prevista dall’art. 12-sexies, ha individuato,

24
relazione ad ogni ipotesi di confisca prevista dall'ordinamento, compresa quella prevista
dall'art. 12-sexies L. n. 356/92.
L’esecuzione del sequestro preventivo
All’esecuzione del sequestro preventivo si provvede mediante apprensione del bene
sequestrato19 con le stesse modalità previste per il sequestro probatorio, atteso l’esplicito
richiamo fatto dall’art. 104 disp. att. c.p.p., in virtù del quale per il sequestro preventivo
si applicano le disposizioni relative al sequestro probatorio contenute negli artt. 81 e
segg. disp. att. c.p.p. Per cui all’esecuzione del sequestro provvede il pubblico
ministero ( artt. 104 - 92 disp. att. c. p.p.) mediante la polizia giudiziaria. Essa si
concretizza con l’apprensione materiale o formale della cosa oggetto del sequestro.
A norma dell’art. 81 disp. att. c.p.p., deve redigersi il verbale di sequestro che contiene
l’elenco delle cose sequestrate, la descrizione delle cautele adottate per assicurarle e
l’indicazione della specie e del numero dei sigilli apposti; negli articoli successivi si
rimanda, in quanto applicabili, alle disposizioni degli artt. 259 e 260 c. p.p. sulla
custodia delle cose sequestrate e sull’apposizione alle stesse dei sigilli.
La trascrizione del sequestro preventivo dei beni immobili
Si pone, tuttavia, in concreto il problema della trascrizione del sequestro preventivo di
beni immobili, dal momento che né le disposizioni relative all’esecuzione del sequestro,
mediante espliciti richiami come avviene invece per il sequestro conservativo, né le
norme del codice civile prevedono la trascrizione del provvedimento di sequestro
preventivo.
Senza volersi addentrare nella questione sulla natura tassativa o semplicemente
esemplificativa dell’elencazione degli atti soggetti a trascrizione, va detto che nella
prassi accade che il giudice, disponendo un sequestro preventivo di beni immobili,
ordini la trasmissione di una copia del provvedimento al conservatore dei registri
immobiliari per la relativa trascrizione; così come spesso i pubblici ministeri, dando
esecuzione al provvedimento di sequestro preventivo di beni immobili, ne richiedono la
trascrizione al conservatore dei registri immobiliari. In tal modo l’autorità giudiziaria,
nella prassi, utilizzando, non senza forzarne l’interpretazione, la disposizione di cui
all’art. 2645 cod. civ., ha tentato di colmare un vuoto normativo per evitare di
vanificare il vincolo di indisponibilità imposto al bene con il provvedimento di

sia sotto il profilo del “fumus” sia sotto il profilo del “periculum”, le condizioni in base alle quali esso può
essere disposto.
25
sequestro, e per portare a conoscenza di eventuali terzi di buona fede a cui il bene
potrebbe essere ceduto l’esistenza del vincolo medesimo.
La giurisprudenza di legittimità ha, però, affermato che il sequestro preventivo di beni
immobili non può essere trascritto nei registri immobiliari20.
Sulla questione si è pronunciata anche la Corte Costituzionale dichiarando
manifestamente infondata l’eccezione di incostituzionalità degli artt. 321 c.p.p, e 104
disp. att. c.p.p., nella parte in cui non prevedono la trascrivibilità del sequestro
preventivo, in riferimento all’art. 97, primo comma, Cost. La questione era stata
sollevata dal Tribunale di Torino, con ordinanza del 15-4-97, sul rilievo che la omessa
previsione non sarebbe conforme al principio di buon andamento dell’amministrazione.
La Corte ha affermato, invece, che il principio in questione si riferisce anche agli
organi dell’amministrazione giudiziaria per quanto riguarda l’ordinamento degli uffici
giudiziari e il loro funzionamento sotto l’aspetto amministrativo ma non riguarda
l’esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso e i diversi provvedimenti
che ne costituiscono l’espressione, precisando, infine, che la trascrivibilità del sequestro
preventivo attiene indubbiamente al regime giuridico di atti che sono espressione della
funzione giurisdizionale21.
L’iscrizione nel Registro delle imprese del sequestro di azienda e le annotazioni nei
libri sociali.
Nella prassi avviene anche che il custode o l’amministratore giudiziario, subito dopo
l’esecuzione del sequestro, quando esso riguardi una azienda o quote sociali,
provvedono alla annotazione nei libri sociali del sequestro delle quote, e ad iscrivere il
provvedimento nel registro delle imprese. In tale registro, istituito dall’art. 8 L. 29-12-
93, n. 580 (Riordinamento delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e
Agricoltura) vengono annotati, infatti, i trasferimenti di quote, l’elenco dei soci, e atti
societari non soggetti a omologazione ma conseguenti a deliberazioni soggette al
giudizio di omologazione ( art. 12 -13 DPR 14-12-1999, n.558) e gli altri atti previsti
dal codice civile.

19
Cass. Sez. V, 28-1-98 (cc 11-11-97), n. 5002 – Paolillo.
20
Cass. 15-10-96, Coscia., in ANPP, 1997, 375 << La trascrizione del provvedimento di sequestro
preventivo esula, infatti, dalle previsioni normative che disciplinano l’istituto; essa è prevista, invece, in
tema di sequestro conservativo, attese le sue peculiari finalità di conservazione del patrimonio
dell’imputato a garanzia dei crediti indicati nell’art. 316 c.p.p.>>.
21
Corte Cost. ordinanza del 5-3-98, n. 48, in Cass. Pen. 1999, n. 1540, pag. 3061.
26
Le modalità di esecuzione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui
all’art. 12-sexies L. n. 356/92.
Un cenno particolare va, infine, riservato alle modalità esecutive del sequestro
preventivo in funzione della confisca prevista dall’ art. 12-sexies L. n. 356/92. Si tratta,
come già detto, di un sequestro preventivo disposto ai sensi dell’art. 321 c.p.p.; ragione
per cui, per quanto attiene alle modalità di esecuzione, dovrebbero applicarsi le
disposizioni previste per l’esecuzione del sequestro preventivo, prima illustrate.
Sennonché, il comma 4 dell’art. 12-sexies stabilisce che quando viene disposto il
sequestro preventivo in vista della confisca prevista nei commi 1 e 2, le disposizioni in
materia di nomina dell’amministratore di cui al secondo periodo del comma 3 si
applicano anche al custode delle cose predette. Per quanto il rinvio possa ritenersi
effettuato, per le ragioni più avanti esplicitate (in nota n.21), a tutte le disposizioni
contenute nel terzo comma, esso riguarda la gestione del bene sequestrato, che,
concretizzandosi nella custodia, nella conservazione e nell’amministrazione di esso, è
comunque successiva alla esecuzione, per le cui modalità nessun rinvio viene fatto dal
comma 4 alle disposizioni della legge n. 575/65 e successive modificazioni.
Lo stesso richiamo operato dal comma 3, primo periodo, alle disposizioni contenute nel
decreto legge 14-6-89, n. 230, conv., con modificazioni, dalla legge 4-8-1989, n. 282,
limitandosi alla gestione e alla destinazione dei beni, non può ricomprendere l’art. 2-
quater L. n. 575/65, che riguarda la fase dell’esecuzione, sicuramente precedente a
quella della gestione.Per giungere a una diversa soluzione, bisognerebbe argomentare
nel senso di ritenere l’esecuzione il primo atto di gestione dei beni e, come tale,
ricompreso nella disciplina prevista dalla legge n. 575/65, e succ. modif., richiamata dai
commi 3 e 4 dell’art. 12-sexies.
E’ ben vero che la nomina dell’amministratore viene effettuata con lo stesso
provvedimento che dispone il sequestro mentre l’esecuzione di esso avviene in
momento successivo, per cui la gestione dei beni inizia con la loro apprensione che è
atto dell’esecuzione; tuttavia per quanto i due momenti possano coincidere e
sovrapporsi sono assolutamente diversi per natura e finalità.
A dire il vero, il salto interpretativo appare eccessivamente azzardato, anche se è fin
troppo evidente la volontà del legislatore di estendere al sequestro e alla confisca
previsti dall’art. 12-sexies la disciplina delle misure di prevenzione. Così, infatti, va
spiegata la modifica apportata dall’ art. 24 L. 13-2-2001, n. 45, che aggiunge all’art. 12-
sexies, dopo il comma 4, il comma 4-bis, secondo cui si applicano ai casi di confisca
27
previsti dalla stessa norma le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni
sequestrati o confiscati previste dalla legge 31-5-1965, n. 575 e succ. modificazioni.

La gestione dei beni sequestrati in vista della confisca penale


Mentre l’amministrazione dei beni sequestrati in vista della confisca di prevenzione è
regolata dalla legge 31-5-1965, n.575, la quale stabilisce per la gestione dei beni delle
regole precise e dettagliate, contenute negli articoli 2-sexies, 2-septies, 2-octies,
introdotti dal D.L. 14-6-1989, n. 230, conv. in Legge 4-8-1989, n. 282, e per la
destinazione dei beni confiscati disposizioni precise contenute negli articoli 2-nonies,
2-decies, 2-undecies, 2-duodecies, introdotti con la L. 7-3-1996, n. 109, la materia non
è regolata in maniera uniforme per tutte le ipotesi di confisca penale, essendo state
affiancate alla disciplina del codice di procedura penale delle norme speciali che dettano
regole diverse per la gestione e la destinazione dei beni nel caso di confisca disposta ai
sensi dell'art.12 sexies L. n. 356/92, di quella disposta ai sensi dell'art. 240 c.p. in
seguito a condanna per i reati previsti dal D.P.R. n. 309/90 ( T.U. in materia di sostanze
stupefacenti), di quella disposta ai sensi dell'art. 301 D.P.R. n. 43 /73 (T.U. delle
disposizioni in materia doganale) e di quelle disposte in virtù di altre disposizioni
speciali.
Per i casi in cui non sia dettata una disciplina particolare, una volta disposto il sequestro
dei beni ai sensi dell'art. 321 c.2 c.p.p., in vista della successiva confisca, la gestione, o
meglio, la custodia dei beni è regolata dagli artt. 259 e segg. c. p. p. e 82 e segg. disp.
att. del c. p.p. Se poi con la sentenza di condanna viene ordinata la confisca, per la
gestione e la destinazione dei beni confiscati si applicano gli artt. 259 c. p. p. e 85 delle
disp. att. c. p. p.
Ciò vale ovviamente non soltanto per la confisca disposta ai sensi dell'art. 240 c. p., con
l'eccezione dei casi in cui essa viene disposta in seguito a condanna per i reati in materia
di sostanze stupefacenti, ma anche per la confisca prevista dall'art. 416 bis c.p. e dall'art.
644 c. p.; anche se per tale ultimo caso, del quale si dirà più avanti, vi è l'autorevole
interpretazione del Consiglio di Stato secondo cui ad esso si applica la disciplina dettata
per la confisca prevista dall'art. 12 sexies L. n. 356/92.
La disciplina del codice, se è sufficiente a regolare la custodia e la destinazione di beni
la cui natura e consistenza non richiedono particolari e complesse attività di
amministrazione, non è affatto idonea a garantire una efficace gestione di quei beni che,

28
per la loro natura, consistenza e destinazione economica, necessitano di una complessa
attività di amministrazione, come quella prevista per la confisca di prevenzione, per
mantenerne intatta o per migliorarne la capacità produttiva e la redditività.
Prima di approfondire la questione con riferimento alla confisca prevista dall'art. 12
sexies L. n. 356/92, alla quale può ritenersi applicabile, per la gestione e la
destinazione dei beni confiscati, la stessa disciplina dettata per la confisca di
prevenzione, vanno segnalate alcune particolarità riguardanti la gestione dei beni
sequestrati e la destinazione dei beni confiscati ai sensi dell'art. 240 c. p., in seguito a
condanna per i reati previsti dal D.P.R. n. 309/90, dell'art. 644 c.p. e dell'art. 301 D.P.R.
n. 43/73.

La gestione dei beni sequestrati e la destinazione dei beni confiscati ai sensi


dell'art. 240 c.p. in seguito a condanna per i reati previsti dal D.P.R. n. 309/90.
La materia è regolata direttamente dagli artt. 100 e 101 del D.P.R. 9-10-1990 n. 309.
La prima norma stabilisce che i beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le
imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni antidroga
possono essere affidati dall'autorità giudiziaria procedente in custodia giudiziale, per
l'impiego in attività di polizia antidroga, agli organi di polizia che ne facciano richiesta
e a carico dei quali rimangono gli oneri di gestione; che i beni mobili e immobili
confiscati vengono assegnati, a richiesta, alle Amministrazioni di appartenenza degli
organi di polizia che li hanno avuti in uso, oppure ad associazioni, comunità od enti che
si occupano del recupero dei tossicodipendenti; le somme di denaro costituenti il
ricavato della vendita dei beni confiscati vengono assegnati al Ministero dell'Interno e
al Ministero della Sanità con vincolo, per quest'ultimo, di destinazione per le attività di
recupero dei soggetti tossicodipendenti.
La seconda norma prevede inoltre che le somme di denaro confiscate a seguito di
condanna per reati tassativamente indicati sono destinate al potenziamento delle attività
di prevenzione e repressione dei delitti previsti dal T.U sugli stupefacenti.

La gestione dei beni sequestrati in funzione della confisca di cui all'art. 644 c.p.
L'ipotesi di confisca prevista dal comma 6 dell'art. 644 c.p. è stata introdotta con la
modifica dell'art. 644 c. p., operata, come già detto, dal comma 1 dell'art.1 della legge
7-3-1996, n. 108; lo stesso articolo, al secondo comma, ha stabilito l'abrogazione
dell'art. 644 bis c. p., il quale, com'è noto, prevedeva il delitto di usura impropria.

29
L'abrogazione dell'art. 644 bis c.p. si era resa necessaria in quanto la fattispecie
incriminatrice in esso descritta era stata ricompresa nel nuovo testo dell'art. 644 c.p..
L'art. 6 della stessa legge n.108/96 ha poi fatto salve le disposizioni contenute nell'art.
12 sexies L.n. 356/92. Tale norma è stata interpretata dal Consiglio di Stato22, che su
richiesta del Ministero delle Finanze ha espresso parere a tal proposito, nel senso che
alla nuova ipotesi di confisca prevista dall'art. 644 c.p. si applicano tutte le disposizioni
contenute nell'art. 12-sexies L. n. 356/92, comprese quelle che riguardano
l'amministrazione e la destinazione dei beni confiscati, previste dall'art. 3 della legge
n.109/96, che ha introdotto nella legge 31-5-1965, n. 575 gli artt. 2-nonies, 2-decies, 2-
undecies e 2-duodecies.
Una simile interpretazione non può condividersi perché muove dal presupposto che la
confisca prevista dal comma 6 dell'art. 644 c.p. sia una confisca di prevenzione, alla
quale perciò possa applicarsi la relativa disciplina in materia di gestione e di
destinazione dei beni confiscati.
In realtà la disposizione del citato art. 6 aveva il compito di coordinare la nuova ipotesi
di confisca prevista dall'art. 644 c.p. con la confisca prevista dall'art. 12-sexies, evitando
in tal modo una possibile interpretazione del comma 6 dell'art. 644 c.p. nel senso di un'
abrogazione implicita della confisca prevista dall'art.12-sexies in conseguenza della
condanna per il reato di cui all'art. 644 c. p. Ed invero, poiché l'art. 1 della legge n.
108/96 abrogava l'art. 644 bis c.p. e introduceva nel nuovo testo dell'art.644 c.p. una
specifica ipotesi di confisca, poteva sembrare ragionevole ritenere che la nuova
disposizione avesse voluto implicitamente modificare l'art. 12-sexies L. n. 356/92 nella
parte in cui esso prevedeva la confisca in seguito alla condanna per i reati previsti dagli
artt. 644 e 644 bis c.p..
Invece l'art. 6 l. n. 108/96 ha voluto precisare in tal modo che l' ipotesi di confisca
prevista dall'art. 12-sexies L. n. 356/92 continuerà ad applicarsi anche nei confronti
delle persone condannate ( o alle quali sia stata applicata la pena ai sensi dell'art. 444 c.

22
Cfr. parere del Consiglio di Stato n.1810/96, espresso nella seduta del 10-12-1996, secondo cui per la
gestione dei beni confiscati deve trovare applicazione la normativa introdotta dall'art.3 della legge n.109
del 1996, condividendo così la tesi dell'amministrazione finanziaria, la quale era dell'opinione che l'art. 6
della legge 7-3-1996, n. 108, avendo fatto salve le disposizioni contenute nell'art. 12 sexies L. n. 356/92,
aveva esteso anche alla gestione dei beni confiscati ai sensi dell'art. 644 c.p. ( così come modificato da
tale legge), la normativa vigente per i beni confiscati ai sensi dell'art. 12 sexies L. n. 356/92, le cui
disposizioni, richiamate dall'art. 6 citato, riconducevano a quelle previste dalla legge 31-5-1965, n.575,
così come integrata dall'art. 3 della legge 7-3-1996, n.109, in materia di gestione e destinazione dei beni
confiscati.
30
p.p.) per il reato di cui all'art. 644 c. p.. In sostanza il citato art. 6 deve interpretarsi nel
senso che le due ipotesi di confisca, ricorrendone le rispettive condizioni, debbono
applicarsi entrambe.
La gestione dei beni sequestrati in vista della confisca di cui all’art. 644 c. p. è pertanto
regolata dagli artt. 259 e segg. c. p.p. e 82 e segg. disp. att. c. p.p.

La gestione dei beni sequestrati e la destinazione dei beni confiscati ai sensi


dell'art. 301 D.P.R. 23-1-1973, n. 43
Lo stesso art. 301 D.P.R. n. 43/73 prevede, al comma 4, una particolarità rispetto alla
disciplina generale in materia di vendita di beni confiscati, stabilendo che nel caso di
vendita all'asta di mezzi di trasporto confiscati per il delitto di contrabbando, qualora
l'aggiudicazione non abbia luogo al primo incanto, l'asta non può essere ripetuta e i
mezzi esecutati vengono acquisiti al patrimonio dello Stato.
Ed inoltre, l'art. 301 bis, aggiunto dall'art. 6 D.L. 30-12-1991, n.417, conv. in L. 6-2-
1992, n. 66, e modificato dall’art.1, comma 1, lett. b), legge 19-3-2001, n.92 detta, in
materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati, una disciplina
pressoché analoga a quella prevista dagli artt. 100 e 101 D.P.R. 309/90 in materia di
stupefacenti; con la differenza che mentre quest'ultima viene fatta salva in caso di
confisca ordinata ai sensi del comma 1 dell'art. 12 sexies L. n. 356/92, la stessa cosa non
accade in materia di contrabbando.
Più precisamente la norma stabilisce che i beni mobili iscritti in pubblici registri, le
navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati nel corso di operazioni di
polizia giudiziaria anticontrabbando possono essere affidati dall'autorità giudiziaria
procedente in custodia giudiziale, per l'impiego in attività di polizia anticontrabbando,
agli organi di polizia che abbiano proceduto al sequestro e che ne facciano richiesta, o
ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di
tutela ambientale; gli oneri di gestione rimangano a carico dell’ufficio o dell’ente
affidatario; che, nel caso in cui non vi sia istanza di affidamento da parte dei soggetti
indicati, i beni sequestrati, indicati al comma 1, previa autorizzazione dell’autorità
giudiziaria, vengono distrutti mediante rottamazione; che per i beni sequestrati che sono
stati distrutti viene corrisposta all’avente diritto, in caso di dissequestro, una indennità;
che i beni mobili confiscati vengono assegnati, a richiesta, agli organi di polizia o agli
enti che li hanno avuti in uso; che qualora gli organi o enti suddetti non presentano
istanza di assegnazione definitiva, i beni mobili confiscati vengono distrutti.
31
L’art. 301-bis, così come da ultimo modificato, nulla dispone in ordine ai beni mobili
diversi da quelli indicati al comma 1, per i beni immobili confiscati e per il denaro
confiscato. Si deve perciò ritenere che per questi beni valgano le disposizioni generali
previste dal codice di procedura penale.

La gestione dei beni sequestrati e confiscati ai sensi dell'art. 12-sexies L. n.356/92.


L’art. 24 Legge 13-2-2001, n. 45 (Modifica alla disciplina della protezione e del
trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni
a favore delle persone che prestano testimonianza), modificando l’art. 12-sexies citato,
vi ha inserito il comma 4-bis, in virtù del quale al sequestro e alla confisca previsti dai
commi 1 e 4 (forse, più correttamente, commi 1 e 2), si applicano le disposizioni in
materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla legge
31-5-1965, n. 575 e succ. modif. (Misure di prevenzione). Perciò, la norma può
sicuramente interpretarsi nel senso che anche per l’amministrazione dei beni sequestrati
ai sensi dell’art. 321 c. p. p. in funzione della confisca prevista dall’art. 12-sexies d. l. n.
356/92, si osservano le disposizioni previste per la gestione dei beni sequestrati o
confiscati ai sensi dell’art. 2-ter L. n.575/65.
Il legislatore con la norma citata ha voluto porre rimedio alle difficoltà interpretative
che erano sorte con riferimento ai commi 3 e 4 dell’art.12-sexies23 in materia di gestione

23
L’art.12-sexies, al comma 3, dettava poche regole, a carattere molto generale, per la gestione e la
destinazione dei beni confiscati. Al primo periodo stabiliva che per la gestione e la destinazione dei beni
confiscati a norma dei commi 1 e 2 si osservavano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel
D.L. 14-6-1989, n.230, convertito con modificazioni, nella legge 4-8-1989, n.282, precisando però che
per i beni e i valori confiscati in seguito a condanna per reati relativi al traffico di sostanze stupefacenti
continuava ad applicarsi la disciplina prevista dagli artt.100-101 DPR n.309/90, che prevede norme
specifiche per la custodia e la gestione dei beni sequestrati, per la tutela dei terzi e per la destinazione dei
beni confiscati, a seconda che si tratti di beni mobili, di beni immobili, di denaro o di altri valori.
Successivamente, nel secondo periodo, il comma 3 stabiliva ancora che << Il giudice, con la sentenza di
condanna o con quella prevista dall’art.444, comma 2, del codice di procedura penale, nomina un
amministratore con il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei
beni confiscati.>>; quindi al terzo periodo indicava un elenco di persone che per varie ragioni non
possono essere nominate amministratori (quelle nei confronti delle quali il provvedimento è stato
disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con esse conviventi, le persone condannate ad una
pena che importi l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o coloro cui sia stata irrogata una
misura di prevenzione).
Orbene il rinvio fatto dal comma 3 alle disposizioni contenute nel D.L. 14-6-1989, n.230 doveva
intendersi riferito a tutte le norme in esso contenute, comprese quelle inserite nella legge 31-5-19765, n.
575 sub artt. 2-sexies, 2-septies e 2-octies, con l'unico limite della compatibilità, avendo riguardo al
diverso tipo di procedimento e alla diversa natura del provvedimento ablativo. Ciò in quanto il rinvio non
era fatto a singole, specifiche norme, come quello effettuato per gli artt. 100 e 101 DPR n.309/90, ma a
tutte le disposizioni. D'altra parte esso non poteva intendersi riferito esclusivamente all'art.4 del D.L. n.
230/89, unica norma che non era stata inserita organicamente nella legge 31-5-1965, n.575 e che
disciplinava la destinazione e la gestione dei beni confiscati, sotto la direzione dell'intendenza di finanza (
32
e destinazione dei beni sequestrati e confiscati in virtù della norma medesima. Fra
l’altro, il legislatore, nel tentativo di rendere con l’intervento normativo più chiara e
omogenea la disciplina della gestione dei beni sequestrati o confiscati, ha creato
ulteriore confusione, dal momento che ha aggiunto all’art. 12-sexies il comma 4 bis per
regolare la materia già disciplinata dai commi 3 e 4, senza abrogare o modificare
quest’ultimi; sicché ora le tre disposizioni si sovrappongono costringendo l’interprete al
difficile compito di ricomposizione della disciplina da applicare al caso concreto.

poi Agenzia del Demanio), dal momento in cui diventava definitivo il provvedimento di confisca fino all'
esaurimento delle operazioni di liquidazione o di destinazione dei beni confiscati.
Se così fosse stato, sarebbe rimasta non regolata la gestione dei beni nel periodo di tempo che va dal
momento in cui viene disposta la confisca al momento in cui essa diviene definitiva; gestione la cui
disciplina è collocata negli artt. 2-sexies e segg. e 3-ter L. 31-5-65, n.575.
Ma per la verità non pareva che fosse questa la ratio della norma, la quale aveva operato, invece, un
rinvio a tutte le disposizioni del D.L. 14-6-1989, n.230.
Si aggiunga che se davvero il rinvio avesse riguardato sostanzialmente il solo art.4 D. L citato, la
gestione e la destinazione dei beni confiscati ai sensi dell'art. 12-sexies sarebbero rimaste prive di
qualsiasi disciplina, atteso che il comma 1 dell’art. 3 legge 7-3-1996, n.109 aveva abrogato
espressamente l'art. 4 del D.L. n.230/89, e il secondo comma dello stesso articolo ne aveva disciplinato
poi la materia inserendo nella legge 31-5-1965, n.575, dopo l'art. 2-octies, gli articoli 2-nonies, 2-decies,
2-undecies, 2-duodecies. Ciò confermava che il rinvio doveva intendersi a tutte le disposizioni contenute
originariamente nel D.L. n.230/89, le quali, dopo l’abrogazione dell’art. 4, e in virtù delle modifiche e
delle aggiunte disposte dalla legge 7-3-1996, n.109, risultavano ormai tutte inserite nella legge 31-5-
1965, n.575.
Per quanto riguardava poi la gestione dei beni sequestrati in vista della confisca prevista dall'art. 12-sexies
L. n. 356/92, il comma 4 dell'art. 12-sexies infine stabiliva che se il giudice dispone in vista della confisca
il sequestro dei beni ai sensi dell'art. 321 c.2 c. p.p. le disposizioni del secondo periodo del comma 3 si
applicano anche al custode delle cose in sequestro.
Al rinvio effettuato da tale norma al secondo periodo del comma 3 si voleva dare una interpretazione
eccessivamente letterale, nel senso che esso si sarebbe riferito esclusivamente alla nomina del custode e
non anche alla disciplina relativa all'amministrazione e alla gestione dei beni per le quali sarebbero
rimaste applicabili le norme del codice di procedura penale sulla custodia delle cose sequestrate.
Una simile interpretazione non poteva certamente condividersi per la semplice ragione che il rinvio era
effettuato alle disposizioni (tutte) in materia di nomina dell'amministratore di cui al secondo periodo del
comma 3, dove espressamente si attribuiva all'amministratore il compito di provvedere alla custodia, alla
conservazione e all'amministrazione dei beni. Attività queste, tipiche della gestione, che il custode
avrebbe dovuto garantire secondo la naturale destinazione economica dei beni in sequestro; e si trattava
degli stessi compiti affidati, con identica formulazione letterale, dall'art. 2-sexies all'amministratore dei
beni sequestrati nel procedimento di prevenzione.
Se si fosse dovuto aderire a una interpretazione così restrittiva, paradossalmente non si sarebbe potuto
applicare al custode dei beni sequestrati, sol perché non esplicitamente richiamato, il terzo periodo del
comma 3, laddove era previsto il divieto di nomina ad amministratore per alcune persone specificamente
indicate.
Più logicamente, doveva ritenersi che l'art.12-sexies al 4 comma avesse fatto riferimento alle disposizioni
in materia di nomina dell'amministratore di cui al secondo periodo del comma 3, volendo in tal modo
riferirsi alla disciplina complessiva dell'intera materia che regolava la nomina dell'amministratore e i suoi
compiti, che fra l'altro sono espressamente indicati nella stessa norma richiamata. Ed era solo per tale
ragione che il comma 4 non esplicitava anche il richiamo al primo e al terzo periodo del comma 3.

33
Applicabilità della confisca in sede di esecuzione, e in particolare di quella prevista
dall’art.12-sexies.
Mentre non si pongono particolari problemi in ordine all'applicabilità, in sede di
esecuzione, della confisca penale obbligatoria prevista dagli articoli 240, comma 2;
416-bis; 644; 322-ter; 640-quater, del codice penale; dall'art. 301 D.P.R. 23-1-1973, n.
43, e da altre disposizioni speciali, discendendo essa direttamente dal combinato
disposto degli articoli 236, comma 2, e 205, comma 2, n.3, del codice penale; 676;
262, comma 4; 665 e 666 codice di procedura penale; è sorta, invece, questione in
ordine all’applicabilità nella fase dell’esecuzione della confisca prevista dall’art. 12-
sexies e del sequestro ad essa finalizzato.
Il paradigma processuale di riferimento per l'applicazione della confisca prevista
dall'art.12-sexies è, come può desumersi dal secondo periodo del comma 3 della norma
citata, quello del procedimento di cognizione per l'accertamento della responsabilità per
taluno dei reati-presupposto per l'applicabilità della misura ablativa.
Ossia il giudice, all'esito del processo penale relativo al reato-presupposto, con la stessa
sentenza di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c. p. p. dispone
la confisca dei beni prevista dall'art.12-sexies.
E' evidente perciò che nell' ambito del procedimento penale, sin dalla fase delle indagini
preliminari, il giudice può disporre, a norma del comma 4 dell'art.12-sexies, il sequestro
preventivo ai sensi dell'art. 321 c. p. p. in vista dell'eventuale applicazione della
confisca, che sarà poi disposta nei confronti dell'imputato con la stessa sentenza,
contestualmente alla condanna o all'applicazione di pena su richiesta.
Si discute però sulla possibilità di applicare la confisca prevista dall'art.12-sexies in sede
di esecuzione dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna o di
applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'art.444 c. p. p. per uno dei reati indicati
nella norma citata.
Al problema posto è stata data soluzione positiva nel senso che la giurisprudenza di
merito e quella di legittimità hanno ritenuto, con motivazione condivisibile,
l'applicabilità della confisca in sede di esecuzione.
In sostanza è stato ritenuto possibile che, a richiesta del pubblico ministero,
dell'interessato o del suo difensore, il giudice competente per l'esecuzione individuato ai
sensi dell'art.665 c. p. p., procedendo a norma degli artt.666 c. p. p. e segg., prenda atto
della irrevocabilità della sentenza di condanna o di applicazione della pena ex art. 444 c.
p. p., verifichi l'esistenza dei presupposti stabiliti dall'art. 12-sexies per l'applicazione
34
della confisca e la disponga con ordinanza, avverso la quale può essere proposto ricorso
per cassazione, che però non sospende l'esecuzione, a meno che lo stesso giudice non
disponga diversamente.
Ed ancora, poiché la confisca prevista dall'art.12-sexies può essere disposta anche nel
caso di applicazione di pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 c. p. p., e la relativa
sentenza viene emessa dal giudice per le indagini preliminari, questi diventa, rispetto
alla sentenza emessa e divenuta irrevocabile, giudice dell'esecuzione e perciò egli stesso
può disporre la confisca dei beni ex art. 12-sexies con ordinanza emessa nel
procedimento di esecuzione appositamente instaurato.
E' sicuramente di grande utilità poter fare ricorso al procedimento di esecuzione per
l'applicazione della confisca in quanto si alleggerisce così il processo penale, sopratutto
quando esso può essere definito con "il patteggiamento" o con il giudizio abbreviato, da
tutte le indagini necessarie per individuare i beni da confiscare, per accertare la
sproporzione del valore di tali beni rispetto al reddito o all'attività economica del
condannato e per verificare la giustificazione dallo stesso indicata in ordine alla
provenienza dei beni medesimi.
Si dà vita in sostanza a un vero e proprio modello bifasico, nel quale una prima fase è
destinata all'accertamento della responsabilità per il reato presupposto e alla
conseguente condanna o all'applicazione della pena su richiesta; una seconda fase, in
sede di esecuzione, è destinata all'applicazione della confisca previo accertamento dei
presupposti e delle condizioni richieste dall'art.12-sexies e degli eventuali diritti pretesi
dai terzi estranei.
Né può essere di ostacolo al ricorso al procedimento di esecuzione il disposto dell'art.
533, comma 1, c. p. p., a mente del quale il giudice con la sentenza di condanna applica
contestualmente la pena e l'eventuale misura di sicurezza. Infatti che la confisca possa
applicarsi in epoca successiva alla sentenza di condanna si evince dal combinato
disposto degli articoli 236, secondo comma, e 205, secondo comma, n. 3 c. p., in virtù
del quale le misure di sicurezza patrimoniali, compresa la confisca, possono essere
ordinate con provvedimento successivo (alla sentenza) in ogni tempo, nei casi stabiliti
dalla legge, posto in relazione all’art.676 c. p.p. laddove è detto che il giudice
dell’esecuzione decide in ordine alla confisca. L'applicabilità della confisca in sede di
esecuzione si ricava altresì indirettamente dall’art.262, comma 4 c. p. p. dal cui tenore

35
letterale si desume agevolmente che è possibile disporre la confisca dopo la sentenza
non più soggetta a impugnazione.
La questione, però, non è pacifica e la stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione
ha dato sul punto due diverse soluzioni contrapposte.
Con una prima decisione ( Cass. Sez. IV c.c. 8-7-1997, Caracciolo) la Corte ha
affermato che la confisca prevista dall'art. 12-sexies configura un caso di confisca
obbligatoria ma che non è consentito disporre tale misura di sicurezza patrimoniale con
un provvedimento autonomo e distinto dalla sentenza che decide il merito, in quanto
essa deve essere ordinata previo accertamento delle condizioni richieste dalla norma
medesima, da compiersi nel giudizio di merito. Né rileva, secondo la Corte, il disposto
dell'art. 676 c. p.p. che attribuisce al giudice dell'esecuzione poteri dispositivi in tema di
confisca obbligatoria, in quanto la norma è riferita soltanto alla confisca obbligatoria
prevista dall'art. 240, comma 2 c. p., che può essere disposta "de plano" senza bisogno
di particolari accertamenti di merito.
Tale decisione non può di certo condividersi, esponendosi ad almeno due rilievi critici:
1) né la formulazione letterale né l'interpretazione logico - sistematica dell'art. 676 c. p.
p. consentono di attribuire una portata così riduttiva alla norma, la quale invece
stabilisce, senza alcuna specificazione, che il giudice dell'esecuzione è competente a
decidere in ordine alla confisca. E' ovvio, poi, che la norma si riferisce alla sola ipotesi
di confisca obbligatoria e non a quella facoltativa, presupponendo quest'ultima una
valutazione discrezionale del giudice, da compiersi necessariamente nel giudizio di
merito. Poiché la confisca obbligatoria non è soltanto quella prevista dall'art. 240,
comma 2, c. p., esistendo altre ipotesi di confisca obbligatoria, previste dallo stesso
codice penale (art.416 bis c. p., art. 322-ter c. p., 640-quater c. p. e art. 644 c.p.) e da
leggi speciali, come l'art.12-sexies L. n. 356/92, non si comprende come possa
escludersi per esse l'applicabilità dell'art 676 c. p. p. 2) D'altra parte non sempre la
confisca dell'art. 240, comma 2, c.p. può disporsi "de plano", potendo verificarsi il caso
che siano necessari degli accertamenti in ordine alla sussistenza delle condizioni che la
legittimano. Per cui, non pare che possa precludersi al giudice dell'esecuzione
l'accertamento delle condizioni che legittimano l'applicazione della confisca
obbligatoria prevista dall'art.12-sexies L. n.356/92. Fra l'altro, seguendo il
ragionamento della Corte, dovrebbe pure escludersi l'applicabilità, in sede di
esecuzione, della confisca prevista ad esempio dall'art.416-bis c.p. o dall'art.644 c. p.,

36
laddove sia necessario accertare, per la prima ipotesi, che i beni che si vogliono
confiscare costituiscano l'impiego del prodotto o del profitto del reato, e, per la seconda
ipotesi, che il reo abbia la disponibilità, anche per interposta persona, dei beni o delle
somme che si vogliono confiscare, per un importo pari al valore degli interessi o degli
altri vantaggi o compensi usurari.
Non sono mancate però, come si è già prima chiarito, decisioni dei giudici di merito e
dei giudici di legittimità che al problema posto hanno dato soluzione positiva nel senso
che hanno ritenuto, con motivazioni condivisibili, l'applicabilità della confisca in sede di
esecuzione.
In verità, la Corte di Cassazione (Sez. V, 18-9-97 Cavallari) ha ritenuto la possibilità di
disporre, nella fase di esecuzione, anche il sequestro preventivo ai sensi dell'art. 321 c.
p. p. e la successiva confisca prevista dall'art.12-sexies.
Infatti, la Corte, rigettando il ricorso del condannato e dei terzi interessati, ha ritenuto la
legittimità dell’ordinanza emessa dal GIP di Bari, quale giudice dell'esecuzione,
condividendone la motivazione24.

24
In verità la Corte di Cassazione ( Sez. II 21-6-1995 n.3292) già da tempo ha ritenuto la possibilità di
disporre il sequestro preventivo ai sensi dell'art. 321 c. p. p. e la successiva confisca prevista dall'art.12-
sexies nella fase di esecuzione, e in tal senso ha chiarito << ......l'esigenza di disporre il sequestro
preventivo può in realtà verificarsi in ogni grado e fase del procedimento di guisa che risulterebbe del
tutto anomalo che, nella fase esecutiva, siffatta esigenza non possa essere espletata;.... in materia di
confisca ex art.12-sexies D. L. n.306/92 il giudice competente (nella fattispecie il Pretore in sede di
esecuzione) è tenuto a una serie di accertamenti e di valutazioni per verificare se sussistono le condizioni
prima di adottarla, che sono senz'altro di merito e si sostanziano in un giudizio di merito.....>>.
E ancora più recentemente la Corte di Cassazione ( Sez. V 18-9-1997 - Cavallari), rigettando il ricorso
del condannato e dei terzi interessati, ha ritenuto la legittimità di un’ordinanza emessa dal GIP di Bari,
quale giudice dell'esecuzione, e, condividendone la motivazione, ha affermato: << ...l'esigenza di
disporre tanto il sequestro preventivo quanto la confisca può verificarsi in ogni fase e grado del
procedimento e quindi anche in sede esecutiva, cosicché, per la specifica disposizione del citato art. 12-
sexies della legge 356/92, tali provvedimenti possono essere disposti dal giudice dell'esecuzione quando
si verta in procedimenti attinenti reati di criminalità mafiosa. Quanto all'applicabilità della norma anche
in fase esecutiva dopo che il giudizio di cognizione si sia concluso nelle forme del patteggiamento essa
deve essere fatta derivare dalla "ratio" stessa della normativa introdotta con le novelle di cui alle leggi
n.356 del 1992 e n.501 del 1994.>>.
Il GIP di Bari, quale giudice dell'esecuzione, dopo avere ritenuto, a norma degli articoli 665-676 c. p. p.,
la propria competenza a disporre nella fase di esecuzione, la confisca prevista dall'art.12-sexies, prendeva
atto della irrevocabilità della sentenza di applicazione di pena su richiesta ai sensi dell'art.444 c. p. p.
(sospesa alle condizioni di legge) per il reato di cui all'art.416 bis c.p. e altri reati connessi, accertava la
titolarità e la disponibilità da parte del condannato, anche per interposte persone, di beni di valore
sproporzionato rispetto alla dichiarazione dei redditi e, nell'assenza di una convincente giustificazione
della provenienza dei beni, ne disponeva la confisca con ordinanza del 13-12-1996, emessa nel
contraddittorio non solo con il condannato ma anche con i terzi interessati, i quali si erano costituiti in
giudizio in seguito ad avviso di convocazione per l'udienza fissata in camera di consiglio.
Più specificamente il GIP, con un’articolata, diffusa e convincente motivazione, chiariva in particolare
quanto segue: <<.. essendo l'ipotesi particolare di confisca ex art.12-sexies cit. una misura di sicurezza
obbligatoria per legge, essa può essere disposta dal giudice dell'esecuzione che ben può essere il
G.I.P/G.U.P allorquando il titolo posto a fondamento della "confisca differita" sia rappresentato da una
37
Poiché l’orientamento della Corte di Cassazione non era univoco, oscillando fra la
soluzione positiva e quella negativa, sono intervenute le Sezioni Unite per risolvere la
complessa questione (C. c. 30-5-2001 – dep.17-7-2001 – n. 16 – Derouach). Tuttavia,
anche se le Sezioni Unite si sono espresse a favore dell’applicabilità della confisca
penale prevista dall’art. 12-sexies anche nella fase dell’esecuzione, proprio per le
oscillazioni giurisprudenziali che hanno caratterizzato le soluzioni date alla questione, si
reputa quanto mai necessario e urgente un intervento normativo per dare soluzione al
problema interpretativo dell’applicabilità in sede di esecuzione non soltanto della
confisca prevista dall’art. 12-sexies ma anche del sequestro preventivo ad essa
finalizzato.

Le prospettive di riforma
Alla luce di quanto esposto, è fin troppo evidente, però, che per razionalizzare la
materia delle confische penali servono disposizioni più chiare, inserite in un contesto
normativo armonico e coordinato25, idonee a disciplinare quanto meno: 1) le modalità di
esecuzione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca; 2) l’applicabilità della
confisca penale prevista dall’art.12-sexies D.L. n. 306/92 e succ. modif. nella fase
dell’esecuzione; 3) l'amministrazione dei beni sequestrati; 4) la tutela dei terzi di buona
fede.
1) L’esecuzione del sequestro
Genera difficoltà applicative, se non confusione, il fatto che il sequestro di prevenzione
previsto dalla legge n.575/65, e succ. modificazioni si esegue con le modalità stabilite
dall’art. 2-quater della stessa legge (sui mobili e sui crediti secondo le forme prescritte
dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il debitore o il terzo e sugli
immobili o mobili registrati con la trascrizione del provvedimento presso i competenti
uffici), mentre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca penale si esegue con le
stesse modalità previste per il sequestro probatorio, atteso l’esplicito richiamo fatto

sentenza resa da quell'organo giurisdizionale monocratico a seguito di "patteggiamento" o "giudizio


abbreviato". A tal proposito va chiarito che, in questi casi, la sentenza viene in rilievo per il suo carattere
dichiarativo della responsabilità penale dell'imputato, mentre la pronunzia sulla confisca ex art.12-sexies
cit. ha carattere costitutivo/ablativo e pertanto ha la funzione di integrare il titolo a seguito di un giudizio
di merito a contenuto economico accessorio al primo quanto ai presupposti ma logicamente autonomo
quanto alla tipologia degli accertamenti e delle statuizioni.>>.
25
In tale direzione è orientata la proposta del Commissario straordinario del governo per la gestione
destinazione dei beni confiscati.
38
dall’art. 104 disp. att. c.p.p., in virtù del quale per il sequestro preventivo si applicano le
disposizioni relative al sequestro probatorio contenute negli artt. 81 e segg. disp. att.
c.p.p. Per cui all’esecuzione del sequestro provvede il pubblico ministero ( artt. 104 -
92 disp. att. c.p.p.) mediante la polizia giudiziaria, ed essa si concretizza con
l’apprensione materiale o formale della cosa oggetto del sequestro.
Per risolvere i problemi esposti, si ritiene, dunque, urgente un intervento minimo di
armonizzazione del sistema, che dovrebbe contemplare una modifica dell’articolo 104
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale al fine di uniformare la
disciplina dell’esecuzione del sequestro preventivo e della confisca penale a quella
prevista dagli articoli 2-quater, 2-sexies, 2-septies, 2-octies legge 31-5-1965, n. 575, e
successive modificazioni e integrazioni, per il sequestro e la confisca di prevenzione, di
certo più idonea a regolare compiutamente la materia.
In verità, è auspicabile un intervento del legislatore anche sull’art. 2-quater della legge
n.575/65 e succ. modif. e integr., nel senso che sarebbe certamente utile precisare e
affinare la disciplina dell’esecuzione del sequestro tenendo conto della diversa natura
dei beni sequestrati, della pubblicità del vincolo ad essi imposto, della pericolosità delle
persone nei cui confronti il provvedimento esplica i suoi effetti.
In sostanza le modalità di esecuzione del sequestro dovrebbero fare specifico
riferimento all’oggetto del sequestro medesimo: beni mobili, crediti, beni immobili,
beni registrati, beni aziendali organizzati per l’esercizio di una impresa, azioni, quote
sociali e strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico.
Per i mobili e i crediti si potrebbe mantenere la disciplina vigente in virtù della quale il
sequestro si esegue secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il
pignoramento presso il debitore o presso il terzo, con la specificazione, per la evidente
diversità della natura del sequestro, che le disposizioni richiamate si osservano in
quanto applicabili.
Allo stesso modo, per gli immobili e i mobili registrati potrebbe essere mantenuta la
modalità della trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici.
Si dovrebbero invece prevedere specifiche modalità di esecuzione del sequestro sui beni
aziendali organizzati per l’esercizio di una impresa. In questo caso il sequestro si
dovrebbe eseguire oltre che con le modalità previste per i singoli beni sequestrati, con
l’immissione nel possesso dell’azienda e con la trascrizione del provvedimento nel
registro delle imprese.

39
Così come, si dovrebbero stabilire precise modalità di esecuzione del sequestro su
azioni e su quote sociali, per le quali si potrebbe procedere rispettivamente, oltre che
secondo le forme del pignoramento presso il debitore o presso il terzo, con
l’annotazione nei libri sociali e nel registro delle imprese.
Ed infine, per gli strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito
pubblico, il sequestro si potrebbe eseguire con la registrazione nell’apposito conto
tenuto dall’intermediario ai sensi dell’art.34 D. Lgs. 24 giugno 1998, n.213, prevedendo
pure l’applicazione dell’art.9, comma 2, del D. Lgs. 12 aprile 2001, n.210.
In tal modo si apporterebbero specifiche modifiche normative, idonee a disciplinare le
modalità di esecuzione del sequestro qualunque ne sia l’oggetto e il modo in cui esso si
manifesti nella realtà economico-finanziaria: cosa, bene, utilità, corrispettivo, impiego,
ecc.., risolvendo una volta per tutte i dubbi interpretativi che da lungo tempo impegnano
dottrina e giurisprudenza in materia di sequestro di azienda, di quote sociali o di
azioni.
Con riferimento poi alla pericolosità delle persone colpite dal provvedimento, si ritiene
opportuno prevedere una disposizione che dia soluzione ai problemi che incontrano
quotidianamente l’amministratore e l’ufficiale giudiziario quando devono materialmente
eseguire il sequestro. Per tale ragione si dovrebbe prevedere l’assistenza obbligatoria da
parte della polizia giudiziaria dell’ufficiale giudiziario, a cura del quale si procederebbe
all’apprensione materiale dei beni e all’immissione dell’amministratore giudiziario nel
possesso degli stessi.
2) L’amministrazione dei beni sequestrati;
Anche in questa materia urge un intervento normativo non soltanto per definire la
disciplina della tenuta dei registri, delle scritture contabili e della stessa contabilità,
essendo necessario adeguarla alla nuova realtà socio-economica e alla tipologia di beni
sequestrati, ma per prevedere, proprio al fine di rendere possibile un effettivo
incremento del valore dell’azienda in sequestro o, più in generale, della redditività dei
beni sequestrati, che il tribunale della prevenzione (o il giudice del procedimento nel
caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca penale determini) le direttive
generali per la gestione dell’impresa tenendo conto della destinazione economica dei
beni, della natura e dell’oggetto dell’attività, della possibilità di prosecuzione di essa, e
sulla base delle risultanze di accurate relazioni dell’amministratore giudiziario, il quale,

40
se l’attività aziendale è in crisi, deve poter presentare un piano di risanamento e di
ristrutturazione dell’impresa per favorire la ripresa dell’attività produttiva.
Così come, nel caso di sequestro di quote sociali o di azioni in misura tale da
rappresentare la maggioranza prevista dall’art. 2359 c. c. e quindi da poter attribuire il
controllo della società, devono restare sospesi gli organi sociali e il giudice delegato
deve poter nominare i nuovi amministratori determinandone i poteri.
E’ necessario, inoltre, ridisegnare la disciplina delle impugnazioni e dei reclami dei
provvedimenti dell’amministratore giudiziario, del giudice delegato e del tribunale (o
del giudice del procedimento nel caso di sequestro preventivo in vista della confisca
penale) in materia di amministrazione dei beni sequestrati, e ciò proprio in conseguenza
dei poteri più incisivi che agli organi della procedura si dovrebbero affidare per una più
efficace e proficua gestione dei beni medesimi.
3) L’applicabilità della confisca penale prevista dall’art.12-sexies D.L. n. 306/92 e
succ. modif. nella fase dell’esecuzione
Le oscillazioni giurisprudenziali sul punto consigliano un intervento normativo per
prevedere l’applicabilità della confisca prevista dall’art. 12-sexies nella fase
dell’esecuzione, disciplinandone anche il procedimento e riservando un ampio spazio
alla tutela del terzo intestatario dei beni di cui si chiede la confisca, stabilendo che il
terzo deve essere chiamato, a pena di nullità, ad intervenire nel procedimento.
Sarebbe, pure, opportuno dare soluzione normativa alla questione relativa alla
possibilità di disporre il sequestro preventivo previsto dall’art. 321, comma 2, c. p. p.
anche nella fase dell’esecuzione; applicabilità invero esclusa da una parte della
giurisprudenza anche di legittimità sul presupposto che la disposizione in questione
debba valere soltanto per il giudizio di cognizione e non anche per quello di esecuzione.
Pur essendo tale orientamento giurisprudenziale contrastato da altro orientamento di
segno opposto, sarebbe opportuno prevedere la possibilità di disporre anche il sequestro
preventivo quando questo serva ad evitare che nelle more del procedimento si
disperdano i beni di cui viene richiesta la confisca.
4) La tutela dei terzi di buona fede
Anche per la tutela dei terzi si impone una nuova e più coerente disciplina tesa a
comporre il conflitto fra la pretesa dello Stato di acquisire i patrimoni illeciti e
l’esigenza di tutelare i terzi di buona fede che abbiano avuto rapporti giuridici con il
proposto o il condannato facendo affidamento sul suo patrimonio.

41
Non è davvero contestabile che la necessità di svolgere, anche sotto il profilo
economico, una efficace ed incisiva azione di contrasto nei confronti delle
organizzazioni criminali non può indurre a non tener in alcun conto la tutela dei terzi
incolpevoli. La eccessiva compressione dei diritti dei terzi di buona fede finirebbe col
negare anche istituti e consolidati principi giuridici civilistici, ostacolerebbe la certezza
dei rapporti giuridici e accentuerebbe le diffidenze verso il sistema complessivo degli
strumenti di contrasto della criminalità organizzata.
Tant’è vero che proprio la mancanza di norme chiare sul punto rende difficoltosa la
gestione dei beni sequestrati e la destinazione dei beni confiscati, proprio per
l’imprevedibilità delle decisioni giurisdizionali; comporta esasperanti lentezze,
favorendo la dispersione di beni anche di rilevante valore; acuisce le situazioni
conflittuali sul piano sociale, con gravi e pericolose ricadute negative sulla formazione
di una cultura della legalità e del contrasto alle organizzazioni criminali.
La tutela dei terzi di buona fede va però assicurata evitando il rischio che il proposto
possa avvalersi di prestanome, che vantino fittiziamente diritti sui beni sottoposti alla
misura reale, al fine di riottenerne il controllo.

La cooperazione giudiziaria in ambito europeo: prospettive di riforma in vista


dell’armonizzazione dei sistemi penali europei
Com’è noto, in ambito europeo la cooperazione giudiziaria in materia di sequestro e
confisca è regolata dalla Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la
confisca dei proventi reato, fatta a Strasburgo l’8-11-1990, alla quale l’Italia ha dato
esecuzione con la legge 9-8-1993, n. 328.
Essa consente agli Stati membri e agli Stati firmatari della Convenzione di cooperare fra
loro nella misura più ampia possibile ai fini delle indagini e dei procedimenti per la
confisca dei proventi del reato e degli strumenti di esso.
Deve trattarsi, secondo le definizioni contenute nello stesso art. 1 della Convenzione, di
un provvedimento di confisca adottato dall’Autorità giudiziaria a seguito di un
procedimento per uno o più reati per privare definitivamente il soggetto sottoposto al
procedimento di un bene che costituisca il provento del reato per il quale si procede o ne
costituisca lo strumento. L’ordine di confisca deve essere contenuto in una sentenza di
condanna o in una decisione giudiziaria. La misura provvisoria (sequestro) in vista della
successiva confisca può essere richiesta ed eseguita se il Paese richiedente abbia istituito
un procedimento penale o un procedimento per fini di confisca.
42
E’ fin troppo evidente che, secondo quanto stabilito dalla Convenzione, l’autorità
giudiziaria italiana può fare ricorso alla Convenzione medesima per l’esecuzione di un
provvedimento di confisca penale o di sequestro preventivo ad essa finalizzato.
Si è posto tuttavia, in dottrina26, il quesito se possa farsi ricorso alla Convenzione anche
per richiedere l’esecuzione di una confisca disposta come misura di prevenzione
patrimoniale e del sequestro ad essa finalizzato.
Identico quesito si è posto, per ragioni diverse, anche per l’ipotesi particolare di
confisca prevista dall’art.12-sexies27.
Ad entrambi i quesiti, a giudizio dello scrivente, deve darsi risposta negativa.
Costituisce, infatti, condizione di applicabilità della Convenzione l’adozione del
provvedimento di confisca nell’ambito di un procedimento penale per l’accertamento di
un reato del quale il bene da confiscare costituisce provento o strumento, o nell’ambito
di un “procedimento per fini di confisca”.
La formulazione letterale “procedimento per fini di confisca”, usata dalla Convenzione
all’art.11, non può di certo riferirsi al procedimento per l’applicazione della misura di
prevenzione patrimoniale giacché tale procedimento non è finalizzato all’accertamento
della responsabilità penale per la commissione di un reato ma viene promosso “ante o
praeter delictum” per l’accertamento della pericolosità del soggetto, mentre i beni
oggetto della confisca in tal caso non costituiscono provento o strumento del reato.
Così come, la “decisione giudiziaria”, indicata come provvedimento che in alternativa
alla sentenza di condanna consente, ai sensi dell’art.14, paragrafo 2, l’esecuzione
all’estero della confisca, non può certamente essere rappresentata, per le medesime

26
G. Turone, Le tecniche di contrasto del riciclaggio, in Cass. Pen. 1993, p. 2973-2974. Secondo l’autore
<<In base agli articoli sopraindicati (in particolare articoli 14, paragrafi 2 e 3, e 27, paragrafo 3,), si può
tranquillamente ritenere che l’Italia possa richiedere a uno degli altri Stati contraenti l’esecuzione di un
suo provvedimento di confisca sia che esso sia contenuto in una sentenza di condanna penale, sia che
esso sia stato emesso nell’ambito di un procedimento di prevenzione>>. Lo stesso Turone, La lotta
contro il riciclaggio, in AA.VV. Mafie e antimafie – Rapporto ’96 ( a cura di L. Violante), Bari, 1996,
p.160, n.18, tuttavia, modificando l’originario orientamento, sostiene che la cooperazione assicurata dalla
Convenzione si riferisce all’adozione di provvedimenti penali e perciò è “sostanzialmente impossibile”
ottenere l’esecuzione all’estero delle misure italiane di prevenzione patrimoniale. Si veda sul punto
diffusamente G. Melillo, Il congelamento di beni a fini di confisca o di prova nel sistema della
cooperazione giudiziaria europea tra nuove prospettive e vecchi problemi in Questione Giustizia,
2002, p. 99 e segg., secondo cui risulta difficile ritenere il procedimento per l’applicazione delle misure
di prevenzione patrimoniale come un procedimento per uno o più reati nell’ambito del quale viene
disposta la confisca, così come definita dall’art. 1, lett. d) della Convenzione.
27
L. Fornari, Op. cit, pag. 14, in nota. 30, il quale sostiene la possibilità di eseguire all’estero, in virtù della
Convenzione, anche la confisca ex art. 12-sexies, essendo essa fondata su una sentenza di condanna.
43
ragioni già indicate, dal decreto di confisca adottato dal tribunale per le misure di
prevenzione patrimoniali.
Si ritiene piuttosto che nell’ordinamento italiano per “procedimento per fini di confisca”
nell’ambito del quale viene disposta la misura provvisoria (sequestro) e per “decisione
giudiziaria” diversa dalla sentenza con cui si dispone la confisca, debbano
rispettivamente intendersi il procedimento di esecuzione ex articoli 665 e segg. c. p. p.,
nell’ambito del quale può pure disporsi il sequestro preventivo in funzione della
successiva confisca, e l’ordinanza con la quale viene disposta la confisca a conclusione
del processo di esecuzione.
In ordine, poi, all’esecuzione all’estero della confisca prevista dall’art. 12-sexies in
applicazione della Convenzione di Strasburgo e della misura provvisoria (sequestro
preventivo ad essa finalizzata), si osserva che valgono per escluderla alcune delle
osservazioni già mosse per le misure di prevenzione patrimoniali. Infatti, pur essendo,
l’ordine di confisca, contenuto in una sentenza penale di condanna o in una decisione
giudiziaria (ordinanza adottata all’esito del procedimento di esecuzione), i beni
confiscati ai sensi dell’art. 12-sexies non sono legati al reato per il quale è intervenuta
condanna da alcun vincolo pertinenziale, non costituendo provento o strumento di esso.
Purtroppo, identiche osservazioni valgono, sia per il sequestro finalizzato alla confisca
di prevenzione sia per il sequestro finalizzato alla confisca ex art.12-sexies, anche in
ordine all’applicabilità della Decisione quadro del Consiglio dell’U. E. 2003/577/GAI
del 22-7-2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco
dei beni o di sequestro probatorio, intendendo per tali i provvedimenti adottati da
un’autorità giudiziaria competente dello Stato di emissione per impedire
provvisoriamente ogni operazione volta a distruggere, trasformare, spostare, trasferire o
alienare beni che potrebbero essere oggetto di confisca o costituire una prova.
Infatti, la Decisione quadro all’art. 2, lett. d), dopo avere definito il concetto di “bene”,
precisa che esso deve essere ritenuto dall’autorità giudiziaria procedente come il
prodotto di uno dei reati di cui all’art. 3 o l’equivalente, in tutto o in parte, del valore di
tale prodotto, oppure come strumento od oggetto di tali reati.
Si tratta, come può agevolmente osservarsi, di condizioni di applicabilità che mancano
sia nel sequestro di prevenzione sia nel sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex
art. 12-sexies.

44
Orbene, mentre possono comprendersi le ragioni, per molti aspetti insuperabili, che
impediscono agli altri Stati membri o firmatari della Convenzione di Strasburgo di
prestare cooperazione giudiziaria all’Italia per l’esecuzione dei provvedimenti
applicativi della misura di prevenzione patrimoniale della confisca e del sequestro ad
essa finalizzato, o che impediscono agli Stati membri di riconoscere ed eseguire
direttamente, in virtù della Decisione quadro del 22-7-03, i provvedimenti suddetti
adottati dall’autorità giudiziaria italiana, è necessario che il legislatore italiano,
adottando le misure necessarie per conformarsi alla decisione quadro citata, rimuova
ogni ostacolo per consentire agli altri Stati membri di riconoscere ed eseguire
direttamente i provvedimenti di sequestro preventivo finalizzati alla confisca ex art.12-
sexies. Si tratta, infatti, di provvedimenti adottati nell’ambito di un procedimento penale
per l’accertamento di un reato, o nell’ambito di un procedimento di esecuzione
promosso per disporre la confisca nei confronti di persona, già condannata per
determinati reati, i cui beni sono, per presunzione “iuris tantum” non superata da
credibile giustificazione, di origine illecita.
Tentando di azzardare una soluzione, il legislatore, nell’adottare le misure necessarie
per conformarsi alla Decisione quadro in questione, potrebbe valorizzare l’inciso
letterale, riferito dall’art.2, lett. d), della stessa Decisione quadro al prodotto del reato, “
sia equivalente, in tutto o in parte, al valore di tale prodotto”, riferendo l’equivalenza
a tutti quei beni che sono stati accumulati dal soggetto mediante il reimpiego dei
proventi dell’attività delittuosa alla quale egli era dedito, ossia ritenendo i beni suddetti
equivalenti al prodotto complessivo dell’attività delittuosa.
D’altra parte, la stessa Cassazione28 ha affermato che il legislatore ha operato, con
l’introduzione della confisca prevista dall’art.12-sexies, una scelta di politica criminale
in virtù della quale ha individuato dei delitti particolarmente gravi, idonei a creare una
illecita accumulazione di ricchezza, traendo la presunzione “iuris tantum” di origine
delittuosa del patrimonio “sproporzionato” a disposizione del condannato per i delitti
indicati.
Ed invero, la circostanza che il condannato non riesca a fornire una giustificazione
credibile della provenienza lecita del suo patrimonio, idonea a superare la presunzione
“iuris tantum” d’illiceità, dà conferma nell’ambito del procedimento (penale o

28
Corte Cass. S.U. penali c.c. 17-11-2003, dep. 19-1-2004, n. 920.
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d’esecuzione) della provenienza delittuosa del patrimonio e ne consente il sequestro
prima e la confisca poi.
Tale argomentazione, con tutti i suoi limiti ben noti, potrebbe essere utilizzata dalla
Stato italiano per consentire l’esecuzione all’estero dei provvedimenti di sequestro
preventivo finalizzati alla confisca prevista dall’art. 12-sexies, strumento di indiscutibile
e provata efficacia nel contrasto alla criminalità organizzata.
Roberto Alfonso

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