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Limes rivista italiana di geopolitica


Pagina 1 di 13 Limes - rivista italiana di geopolitica Le sciabole dello zar - Versione stampabile
28/02/2014 http://temi.repubblica.it/limes/le-sciabole-dello-zar-2/58605?printpage=undefined
Capisci, George? LUcraina non nemmeno uno Stato! Che
cos lUcraina? Parte del suo territorio Europa orientale. Ma
laltra parte, quella pi importante, glielabbiamo regalata noi!.

Le sciabole dello zar


di Lucio Caracciolo
RUBRICA IL PUNTO [http://temi.repubblica.it/limes/category/rubriche/ilpunto] In
occasione della crisi in Ucraina, ripubblichiamo un estratto
dell'editoriale di Limes 3/08 "Progetto Russia
[http://temi.repubblica.it/limes/progettorussia]". Le idee del presidente russo
sul ruolo di Mosca nel mondo, sui rapporti con gli Stati Uniti,
sull'importanza di Kiev.

Grandi giochi nel Caucaso [http://temi.repubblica.it/limes/grandigiochinelcaucaso/57455]
| La battaglia per l'Ucraina [http://temi.repubblica.it/limes/gliscontriakievelabattaglia
perlucrainanelcontesto/58230]


[Fonte: logsoku.com [http://www.logsoku.com/r/appli/1388575671/]]


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Quando il 4 aprile 2008 Vladimir Putin si rivolse cos al caro
amico americano, qualcuno dei leader riuniti attorno al tavolo
del summit Nato di Bucarest pens che il gelido scacchista russo si
fosse lasciato andare. Niente affatto. Era una provocazione
calcolata, di quelle che nelle scuole dellintelligence russa
simparano nei corsi propedeutici.

Guardando dritto negli occhi George W. Bush, Putin scolpiva in


poche frasi il senso dei suoi primi forse non ultimi otto anni da
presidente della Russia. E cio: siamo tornati una grande potenza
ed bene che tutti, amici, finti amici e nemici, ne prendiate
buona nota. A cominciare dallUcraina, che insieme alla Georgia
continua a battere alla porta della Nato. La Russia, avverte Putin,
in grado di disintegrarle. Se davvero Kiev e Tbilisi aderissero al
Patto atlantico, lo farebbero da staterelli dimidiati.

LUcraina senza la Crimea (gi parte della Repubblica Socialista


Federativa Sovietica Russa, ceduta in comodato nel 1954
dallucraino Khrushchev allUcraina sovietica) e le pi che
russofile regioni orientali. La Georgia senza lOssezia del Sud e
lAbkhazia, semiannesse da Putin con una delle sue ultime
direttive. Tanto per non lasciar dubbi, Mosca ha rafforzato il suo
schieramento militare nella repubblica secessionista abkhaza.
Peacekeeping, giura il Cremlino. Piecekeeping, temono alla Casa
Bianca.

Non che Mosca intenda scatenare le sue divisioni corazzate,


oggi piuttosto sgangherate. Non usa pi, anche se basta una
provocazione per incendiare la Georgia e tutto il Caucaso. Altri e
pi sottili strumenti possono servire allo scopo, dalla leva
energetica alle quinte colonne incistate fra i riottosi vicini. Bush lo
sa bene. Soprattutto, lo sanno i suoi inaffidabili alleati francesi,
tedeschi e italiani che hanno costretto il leader americano a
rimangiarsi la promessa ad Ucraina e Georgia e a rinviarne a
migliore occasione lavvio dellintegrazione atlantica. Certo, la
porta sar aperta, assicura la Nato. Ma intanto resta chiusa. Il test
di Putin ha funzionato. Il suo no ha diviso gli occidentali. A
confermare che la Russia risorta allo status di fattore
inaggirabile dellequazione di potenza eurasiatica, e dunque
globale, che le compete da un paio di secoli.

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Di pi. La lezioncina inflitta da Putin a Bush, letta nel contesto
di ci che il restauratore dellimpero russo ha detto e fatto nei
suoi due mandati presidenziali, aiuta ad illuminare la questione
strategica: ora che la nuova/vecchia Russia ha recuperato
sovranit e potenza, come intende spenderle? Lambizioso
Progetto Russia corrente al Cremlino e dintorni si lascia
riassumere in tre punti.

Primo. La Federazione Russa un elemento del tutto peculiare


nella variopinta tavola di Mendeleev delle potenze mondiali. Come
impero multinazionale dimpronta russoortodossa, ma anche
parte del mondo islamico (cos il ministro degli Esteri Sergej
Lavrov), esteso ben oltre le steppe centroasiatiche fino allArtico,
al Pacifico e alla frontiera cinese, un soggetto sui generis, non
omologabile ad altri. N solubile in alleanze, come la Nato, che
implicano la rinuncia alla sovranit in favore del paese leader.
Nelle parole di Putin, la Russia sar indipendente e sovrana, o
non sar.

Allo stesso tempo, il cuore della Russia sta in Europa. A suo
modo, dunque, in Occidente anche se a questa conseguenza
molti russi visceralmente riluttano. In futuro non escluso che la
Russia possa accomodarsi nel club occidentale, si chiami Nato o
meno. Ma lo faremo solo da grande potenza, avverte uno dei pi
influenti strateghi russi, Sergej Karaganov. Spiega un altro
autorevole analista, Vitalij Tretjakov: Quando la rinascita russa
avr raggiunto un sufficiente grado di maturazione, () la Russia
proporr allUnione Europea e agli Stati Uniti di formare
unalleanza politicomilitare. E forse di fondare una
confederazione euroatlantica, con un parlamento e un governo
comuni.

Utopie, forse. Comunque rivelatrici. Giacch stabiliscono a


contrario la fondamentale alterit della Russia rispetto alla Cina.
Con gli europei, e persino con gli americani, ogni litigio ha un
sapore familiare, o almeno condominiale. Con la Cina no. I due
imperi restano irriducibilmente altri, anche quando si trovano a
cooperare per affinit di interessi. Lo stesso varrebbe per il
Giappone, dovesse mai coltivare ambizioni neoimperiali. Come
spieg una volta Brenev a Margaret Thatcher: Signora, noi
abbiamo una missione comune: difendere la razza bianca. Dal
pericolo giallo, sintende.
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Secondo. La potenza della Russia non fine a se stessa. Putin


non ha riportato Mosca nel girone dei sovrani per compiacersene.
La Grande Russia non balla da sola. Vuole costruire insieme alla
superpotenza Usa, alla Cina, allIndia e a pochi altri egemoni
regionali lEuropa, se mai si far, i suoi paesi maggiori,
nellattesa un nuovo equilibrio globale della potenza. In quel
capisci, George? non inscritta solo una minaccia, ma un
appello: vogliamo decidere insieme. Stati Uniti e Russia non
saranno mai pi nemici, ripete lormai ex presidente ogni volta
che il confronto con Washington si arroventa. Ma non accadr pi
che Mosca accetti un dettato americano. O sia costretta
allarrocco, umiliata e offesa. Il contromodello di Putin che fa la
lezione a Bush non solo la clownesca sudditanza di Elcin a
Clinton, anche il gesto dellallora premier Primakov, costretto
nel marzo 1999 al dietrofront mentre, in volo per Washington,
apprende che la Nato sta bombardando Belgrado. Il rapporto
RussiaUsa deve essere di scambio. Duro, se necessario. Pur
sempre quid pro quo.

Terzo. Il tronco dimpero denominato Federazione Russa,


residuo della disintegrazione dellUrss, troppo piccolo. Deve
ricrescere. Per questo occorre anzitutto consolidarne le
fondamenta. A partire dalla riduzione della complessit
geopolitica. In omaggio alla verticale del potere, per cui il
centro lalfa e lomega dello Stato decida il lettore se definirlo
federalismo centralista o centralismo federalista i soggetti
federati vanno ridotti (ad esempio, fondendo San Pietroburgo con
la regione di Leningrado, e la repubblica ugrofinnica di Marij El
con qualcuna delle regioni russe limitrofe, ad accrescere il peso
dei soggetti russi nellimpero interno). In prospettiva, alcuni
territori gi sovietici vanno reintegrati nello spazio federale.
Compresa la parte pi importante dellUcraina, citata da Putin a
Bucarest.

[http://temi.repubblica.it/limes/allariconquistadiunimpero
2/717]
Secondo il progetto di Vitalij Tretjakov
[http://temi.repubblica.it/limes/allariconquistadiunimpero
2/717], che riflette inclinazioni geopolitiche diffuse fra i decisori
russi, nella Federazione dovrebbero rientrare Ossezia del Sud (da
annettere allOssezia del NordAlania), Transnistria, Crimea,
Ucraina sudorientale e forse Kirghizistan. Quanto a Bielorussia,
Ucraina (meno le regioni occidentali) e Abkhazia, Armenia
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(insieme al NagornoKarabakh), Kazakistan e Tagikistan,
entrerebbero in una confederazione denominata Unione Russa
(Ur). Infine, lUzbekistan sarebbe associato alla Russia in
unalleanza militare. Insomma, rispetto allUrss, lUr rinuncerebbe
alle tre repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia, Lituania),
allUcraina occidentale (carta 1), alla Moldova a ovest del Dnestr,
alla residua Georgia, allAzerbaigian e al Turkmenistan. Tutto il
resto, in un modo o nellaltro, tornerebbe sotto Mosca. Punto.
[...]

Il Progetto Russia parte dalla constatazione che il momento
unipolare finito. La parabola dellimpero americano
discendente. La pretesa alla monopotenza si rivelata eccessiva.
Autodistruttiva. Il fallimento della guerra al terrorismo e la
relativa perdita di influenza nel mondo costringono gli Stati Uniti a
cambiare rotta. Ma come? Il modello che Mosca offre a Washington
il vecchio concerto delle potenze, elevato da europeo a
globale.

Con la consueta punta nostalgica per il buon tempo (bipolare)
andato, Putin lo ha teorizzato nel discorso di Monaco (10 febbraio
2007), summa della sua geopolitica: Noi abbiamo un debito con
lequilibrio della potenza tra le due superpotenze. Cera un
equilibrio e una paura della distruzione reciproca. In quei giorni
una parte temeva di fare un passo in pi senza consultare laltra.
Certo era una pace fragile e basata sulla paura. Ma come vediamo
oggi, era affidabile. Oggi sembra che la pace non sia cos
affidabile.

Lequilibrio della potenza non ha fondamento giuridico o
morale. geopolitica allo stato puro. Nel sogno di Putin,
unesigua lite di Stati sovrani pi eguali degli altri si attribuisce
la responsabilit di regolare il sistema mondo cos come
nellOttocento postnapoleonico Metternich e i suoi pari
cogestivano lEuropa. Lo status quo come bene in s. Da serbare
pacificamente o, se necessario, da restaurare con la forza, ma
sempre attraverso il compromesso fra i grandi. Al cui tavolo
tornata a sedersi la Russia. Per restarci.

Nulla di pi alieno alla cultura dominante a Washington. Il


balance of power incarna la visione del mondo che i padri
fondatori e poi, con varie modulazioni, tutti i loro successori
hanno sempre aborrito in nome delleccezionalismo a stelle e
strisce. Dunque di un esibito moralismo. Nel quale interessi
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nazionali e aspirazioni ecumeniche si sostengono reciprocamente.
Giacch lAmerica non una nazione fra le altre, ma la nazione
indispensabile dotata di una missione universale, rivoluzionaria:
portare la libert in terra. Non parte del sistema internazionale,
il sistema, in quanto suo regolatore di ultima istanza.

Lapproccio statunitense alla Russia postsovietica esemplare


di questa ideologia. Fosse stata una normale superpotenza
alleuropea, dopo la vittoria nella guerra fredda lAmerica avrebbe
imposto a Mosca una pace capestro. Per poi ancorarla come socio
minore a un nuovo equilibrio eurasiatico dominato da Washington.
Persino Zbigniew Brzezinski, non proprio un russofilo, noter che
dopo il crollo dellUrss il corso logico per lOccidente sarebbe
stato costruire una politica di lungo termine disegnata per
stringere un legame pi solido tra Russia ed Europa, ma esistono
scarse prove che qualcuno a Washington avesse dedicato alla
questione riflessioni costruttive.

Forse Bush padre immaginava qualcosa del genere. Non ebbe


per il tempo di configurare una strategia verso la Russia. Clinton
avrebbe potuto farlo, ma nella sua idolatria della globalizzazione
non cera spazio per la geopolitica. A forza di ripeterlo, avr finito
per credere che la Russia di Elcin fosse davvero approdata alla
democrazia, una delle tante di cui gravido il mondo globale.
Quanto a Bush figlio, il suo approccio al dossier russo cominciato
e finito nellestate 2001, scrutando per la prima volta Putin: Ho
guardato luomo negli occhi. Ho potuto comprendere la sua
anima. Che cosa abbia capito, non chiaro. In quello sguardo di
ghiaccio deve avere intravisto qualcosa di affascinante, visto che
da allora, pur fra mille contrasti, non ha cessato di considerare
amico quel leader che far di tutto per rovesciare il risultato
della guerra fredda. E per il quale il sistema delle relazioni
internazionali proprio come la matematica: non esiste la
dimensione personale.

Risultato: quasi ventanni dopo il crollo del Muro, gli Stati Uniti
non hanno ancora deciso che cosa fare della Russia. Oscillano fra il
malign neglect e lostilit aperta. Temono possa sbandare verso la
Cina o ipnotizzare la Vecchia Europa per allentarne il gi lasco
vincolo atlantico, ma non pensano di integrarla in Occidente.
Putin ne ha dedotto che se la Nato non con la Russia, contro la
Russia. Anzi, la pulsione globale dellAlleanza atlantica out of
area or out of business, secondo il mantra di Washington indica
lintenzione americana di sostituirla allOnu come arbitro
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dellordine mondiale. Ma armato fino ai denti, e senza russi n
cinesi. Dunque contro di loro.

Dopo il miraggio gorbacioviano della pari dignit russo


americana e la parentesi elziniana quando la Federazione Russa
affondava nel caos, svendeva le aziende petrolifere a 4 cent per
barile di riserve e sembrava rassegnata al rango di colonia della
superpotenza trionfante fra i russi subentrato un profondo
rancore nei confronti di Washington. Mosca si sentita trascurata,
umiliata, ferita. Messa tra parentesi da chi aveva ben altro a cui
pensare, fosse lascesa della Cina o la sfida jihadista. Minata nella
sua sicurezza dal progetto di scudo antimissile basato in Europa
centrale, il cui vero obiettivo minimizzare la restante deterrenza
strategica russa [http://temi.repubblica.it/limes/ladissuasione
strategicarussa/36330]. E dallespansione della Nato malgrado a
Gorbachev fosse stato spergiurato il contrario. Di pi, la Russia
considera le rivoluzioni colorate in Ucraina e in Georgia, dietro
le quali Putin ha intravisto lo zampino dellamico Bush, una
minaccia alla sua stessa esistenza.

La sfida portata ben dentro quello che Mosca considera il


giardino di casa accende lallarme rosso. In risposta, Putin vira
verso il confronto duro, convinto che prima o poi gli americani
tenteranno di sollevare la piazza russa contro il Cremlino. La
rivolta di Kiev, nellautunnoinverno 2004, segna la fine delle
residue illusioni e la svolta verso la reazione contro lintrusiva
aggressivit dellOccidente. La decisione di abolire i sussidi
energetici agli ucraini e agli altri ex sovietici usi ai prezzi di favore
il primo riflesso di tale scelta. Come spiegher Putin ad alcuni
interlocutori euroatlantici: Se lOvest vuole sostenere le
rivoluzioni arancioni, tiri fuori i quattrini. O volete supportarle e
lasciarci il conto da pagare? Ci prendete per idioti?. La seconda
mossa mettere in campo un robusto e manesco movimento
giovanile, Nai (I Nostri), deputato a prevenire che le piazze
russe cadano in mano a manifestanti prezzolati dal nemico. Tutto
il resto, fino al ricatto di Bucarest e ai rinforzi in Abkhazia,
discende dalla decisione di bloccare loffensiva antirussa di Stati
Uniti e associati.

Da qui ripartir il successore di Bush. Le lite russe voterebbero


Obama, perch in Hillary Clinton intravvedono un remake
dellamministrazione che umili il Cremlino e bombard la
Jugoslavia, mentre McCain si gi qualificato nemico bollando
Putin come persona pericolosa e reclamando lesclusione della
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revanscista Russia dal G8. Non che Obama entusiasmi, specie
dopo che ha reclutato il falco polacco Brzezinski fra i suoi
consiglieri. Ma il suo russologo di fiducia Michael McFaul, che
vorrebbe spalancare a Mosca laccesso allAlleanza atlantica. In
ogni caso, non ci aspettiamo che chiunque vinca le elezioni
migliorer radicalmente le nostre relazioni, commenta
lambasciatore russo alla Nato, Dmitrij Rogozin. [...]

Il fenomeno geopolitico oggi pi importante in assoluto il
ritorno della Russia a fattore di potenza in Europa. A produrlo la
somma algebrica del declino europeo, del raffreddamento
americano verso il Vecchio Continente e della rinascita russa. Sul
piano globale, la competizione/cooperazione gi multipolare
(con Cina e Russia, ma anche Brasile, India e Giappone ad
affiancare gli Stati Uniti, leader in affanno), ma senza un polo
europeo. LUnione Europea troppo eterogenea per aspirarvi.
Soprattutto, non n vuole diventare Stato. Influenti ideologi
veterocontinentali ne fanno un vanto. Fulminando scomunica
contro i nostalgici di Vestfalia, che non capiscono come la storia
abbia condannato lo Stato nazionale. Sar. A nessuna delle
potenze che contano o aspirano a farlo per mai passata per la
testa una simile idea. Non agli americani, non ai cinesi. Meno
ancora ai russi.

I quali osservano meravigliati il ripudio della sovranit da parte


del continente che lha inventata. Putin, acido: Io raccomando di
riflettere sulla democrazia sovrana. un concetto che potrebbe
interessare lUnione Europea e ciascun paese europeo. Sovranit
per Putin, come per qualsiasi leader non europeo (e per gli
europei insensibili al politicamente corretto), sinonimo di
indipendenza. Da cui sola pu scaturire linterdipendenza, in
quanto relazione fra soggetti sovrani. Mentre fra attori e non
attori non si d rapporto. Il problema di noi europei nel trattare
con i russi e, parallelamente, con gli americani
essenzialmente qui. Di fronte a Mosca e a Washington non c
Bruxelles, intesa come metafora di unEuropa unita e sovrana. Ci
sono 27 capitali che a fatica riescono a esprimere il rispettivo
punto di vista nazionale.

Non ha senso lamentarci se, com naturale, la Russia cura le


relazioni bilaterali con ogni singolo paese comunitario e snobba la
Commissione. Questa interdipendenza a coppie inevitabilmente
asimmetrica, a tutto vantaggio del Cremlino. Non tanto per la
taglia diversa degli attori, quanto perch si pensano in modo
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opposto: Stati postmoderni (ammesso che laggettivo significhi
qualcosa) versus uno Stato imperiale, geloso della propria
riconquistata autonomia. Inoltre, al vago spazio euroatlantico
abbiamo associato alcune neorepubbliche gi vassalle dellUnione
Sovietica, le quali adottano un doppio standard: sovraniste con noi
europei occidentali, postmoderne con gli Stati Uniti, ai quali
hanno ceduto parte della sovranit appena riconquistata come
presunta assicurazione sulla vita rispetto alla permanente
minaccia russa. Paesi nei quali, osserva sprezzante Putin, non
solo i candidati al posto di ministro della Difesa ma anche quelli ad
incarichi inferiori vengono discussi con lambasciatore americano.

A partire da tale dissimmetria, la Russia esercita la sua rinnovata


influenza sul Vecchio Continente. Fondata su tre vettori, tutti piu
o meno relativi allo Stato. Meglio, al suo capo (o ai suoi due capi)
e alloligarchia a lui (loro) afferente.

Il primo il rango di potenza nucleare bicontinentale, estesa su


un territorio vastissimo, straricco di materie prime. Un impero in
espansione geopolitica (riconquista di spazi perduti da Gorbachev
Elcin) o naturalgeopolitica (rivendicazioni nelle immensit
artiche in via di emancipazione dai ghiacci, sempre che il clima sia
daccordo).

Il secondo, fin troppo mediatizzato, lesportazione di


idrocarburi, che vale il 44% (gas) e il 30% (petrolio) delle
importazioni europee. Fenomenale fabbrica di quattrini, che
permette alla Russia, e soprattutto ai suoi centomila milionari e
oltre cinquanta miliardari (in dollari), di fare shopping in giro per
il mondo, mentre nelle casse dello Stato riposano oltre 420
miliardi di riserve in dollari e oro. Pi i 140 miliardi assegnati al
Fondo di stabilizzazione. La nostra fame di energia e linteresse
russo a soddisfarla incentivano lo scambio fra idrocarburi e asset,
come testimoniano le intese fra Gazprom ed E.On, BASF, Gaz de
France, Eni. E stimolano mirabolanti traiettorie di tubi sottomarini
e terrestri per aggirare a nord e a sud gli infidi ex satelliti
eurorientali e puntare direttamente ai partner euroccidentali.
Mentre, su scala mondiale, Mosca sogna di massimizzare leffetto
geopolitico e lefficienza economica del suo patrimonio energetico
nella futura Opec del gas, in cui intende associare a s, ossia
sotto di s, gli altri grandi esportatori, dallIran al Qatar, dal
Venezuela alla Nigeria e allAlgeria
[http://temi.repubblica.it/limes/gazpromeilclubdelgas/145].
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Il terzo, visibile solo in superficie, incrocia agenzie informali


(come la rete esterna dellex Kgb, ben ramificata nel nostro
continente) e mafie, pi o meno infiltrate e usate dallo Stato (e
viceversa) onde promuovere interessi insieme economici e
geopolitici. Questultimo vettore illustra in specie la profonda
penetrazione russa nei Balcani e verso il Mediterraneo. Nellarea
di bassa pressione istituzionale estesa dal Mar Caspio al Mar Nero e
al Mare Adriatico, dove la disintegrazione del socialismo reale
ha prodotto Stati mafia e terre di nessuno, brillano gli anelli della
catena delle exclavi controllate o almeno condizionate da Mosca:
Ossezia del Sud, Abkhazia, Transnistria, fino al Montenegro.

I principali riferimenti europei del Cremlino stanno per a


Occidente. Dopo che il crollo dellUrss ha promosso lo scambio
delle coppie veterocontinentali fra Est (da russificato a
filoamericano) e Ovest (meno legato agli Usa e sempre pi aperto
alla Russia), Mosca festeggia la nascita in Europa del suo club
degli amici. Cos battezzato da Sergey Yastrzhembsky, braccio
destro di Putin per gli affari europei, il quale ne assegna la tessera
ai quattro maggiori Stati continentali dellUe Italia, Francia,
Germania, Spagna pi Grecia, Cipro e Lussemburgo, includendovi
anche Ungheria, Slovacchia, Bulgaria, Serbia, che nel contesto
eurorientale si distinguono per prossimit agli interessi russi.

Cos abbiamo unidea pi concreta di che cosa Putin e
Medvedev intendano per equilibrio della potenza in Europa.
Niente pi e niente meno di quanto nel 1935 Federico Chabod
codificava nella prolusione sopra Il principio dellequilibrio nella
storia dEuropa. E cio: Trattati sanciti in nome di un equilibrio
fra le varie potenze; riconoscimento che, per compiere
lequilibrio, lecito alle grandi potenze suddividersi territori
altrui, spezzare, o addirittura far scomparire piccoli Stati, che
vengono annessi alluno o allaltro dei maggiori, tenendo presenti,
con ben meditati calcoli, territorio, popolazione, ricchezze,
posizione geograficostrategica delle parti da smembrare; infine,
i trattati devono avere dei garanti, manco a dirlo le grandi
potenze. Da questo principio, inventato nellItalia rinascimentale,
nasce lEuropa moderna, civilt fondata sullinterdipendenza fra
le varie parti, ciascuna nettamente distinta dallaltra. Forse non
leggono Chabod, ma siamo certi che Putin e Medvedev ne
sottoscriverebbero a quattro mani la sobria tesi. Giacch il
balance of power poggia sui rapporti di forza. Sulla limitazione
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della sovranit dei paesi minori a favore dei maggiori. Categoria
cui la Russia appartiene per nascita e censo. [...]

Ma in fondo, quando mira allequilibrio della potenza in Europa,


la Russia pensa agli Stati Uniti. Gli americani non sono amici, ma
sono sovrani. Giocano nella stessa categoria, un paio di gradini pi
su. con loro che si deve cercare il compromesso strategico.
Senza perdere troppo tempo con i velleitari europei. Se vero che
lequilibrio della potenza affare per grandi, sono almeno
sessantanni che in Europa il numero uno lAmerica e il numero
due la Russia/Unione Sovietica (domani Unione Russa?) salvo il
decennio Novanta, quando lo sfidante sembrava aver ceduto le
armi al campione. Oggi pi di ieri, il nostro destino affidato a
Washington e a Mosca. Non passato un secolo da quando sui
planisferi spiccavano i colori degli imperi europei, estesi su ogni
continente. E sono trascorsi 51 anni da quando a Roma si celebr
la messa del riscatto europeo. Ma la nostra parabola resta calante.
Proprio mentre la stella russa torna a brillare. [...]

Le bucce di banana su cui questa ambizione rischia di scivolare


sono infinite. A cominciare dalla spaventosa crisi demografica,
contro cui poco pu limmigrazione
[http://temi.repubblica.it/limes/irussisonopochi/146] le
proiezioni indicano che per la met del secolo ci saranno meno di
cento milioni di russi. Per continuare con lincertezza sul futuro
delle risorse energetiche nazionali, incentivata dagli scarsi
investimenti, specie nel settore del gas, mentre alcuni esperti
giurano che questanno la Russia abbia toccato il picco del
petrolio. Fino a nuove convulsioni del sistema politico
istituzionale, alle prese con le rigidit del suo storico
autoritarismo.

Ma se nel prossimo futuro la Russia sar pi potente, pi


rispettata e persino pi bella di oggi, lo dovr anche allo sviluppo
di quel soft power senza il quale non si d vera potenza. Il talento
di rendersi simpatica dunque pi facilmente egemone non ha
mai distinto la Russia. Specie quando vestiva i panni sovietici. Ora
limmagine della Terza Roma missili, idrocarburi e mafie a parte
affidata ai nuovi russi, che assaltano i templi del jet set a
mo di parvenus. Tanto che alcuni alberghi europei a quattro o
cinque stelle hanno fissato al 10% la quota oltre la quale non si
accettano clienti russi. La Fondazione Russkij Mir, da Putin
deputata a ingentilire il marchio russo nel mondo, avr parecchio
da fare. Qualche progresso c gi. Questanno la Russia il paese
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che ha maggiormente incrementato la percentuale di giudizi
positivi fra i 23 censiti dalla Bbc: da 29 a 37 punti. Gli Stati Uniti,
in leggero recupero, sono a 32, mentre Iran e Israele candidati a
scontrarsi nel prossimo futuro sono i meno apprezzati.

Certo, se compariamo il paese che Putin raccolse da sotto terra


otto anni fa a quello che oggi porge a Medvedev (e a se stesso),
dobbiamo constatare che ancora una volta, quando tutto sembrava
perduto, la Russia ha scoperto in s risorse formidabili. La cui
fonte ultima il patriottismo statolatra coniugato al pi freddo
pragmatismo. Quello che ispir Stalin durante la battaglia di
Mosca. Il nemico era a pochi passi dal Cremlino quando il generale
Budyonny comunic al dittatore che in mancanza daltro alla
cavalleria erano state distribuite vecchie sciabole con inciso: Per
la Fede, lo Zar e la Patria. Ma le tagliano le teste ai tedeschi?,
domand Stalin. S, compagno Stalin. Allora buon lavoro alle
nostre vecchie sciabole, per la Fede, lo Zar e la Patria!.

Per approfondire: Progetto Russia [../../../../../progettorussia]



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