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CAPITOLO III

METODI NUMERICI: CALCOLO AD


ELEMENTI FINITI

Premessa.
In questo capitolo viene presentata ed analizzata una particolare categoria di
metodi numerici: i Metodi ad Elementi Finiti (F.E.M.). LAnalisi ad Elementi
Finiti (F.E.A.) ha storicamente trovato terreno fertile in campo ingegneristico e
fisico, con riguardo, ad esempio, a problemi di analisi strutturale, conduzione del
calore, conduzione elettrica, campi magnetici, fluidodinamica, plasticit in solidi
non lineari, tutti campi in cui il problema fondamentale la soluzione di (sistemi
di) equazioni differenziali di varia natura. In linea di principio si tratta di
problemi risolvibili con Metodi alle Differenze Finite (F.D.M.) e in effetti, per
certi aspetti, F.E.M. e F.D.M. possono essere considerati parenti. Cosa ha
decretato dunque il successo dei F.E.M., considerata anche la loro maggior
complicatezza rispetto ai F.D.M.? Essenzialmente la loro elevata adattabilit a
problemi particolarmente complessi e la capacit di fornire risultati notevolmente
precisi. Punto cruciale nella soluzione di un problema differenziale il modo in
cui vengono trattate le condizioni al bordo e temporali, e il compito diventa tanto

45

pi difficile quanto pi complesse sono queste condizioni. Le F.D. si adattano


bene a problemi relativamente semplici e con condizioni regolari, ma mostrano
presto i loro limiti allaumentare della complessit del sistema analizzato, e ci
tendenzialmente accade quanto pi si cerca di avvicinare la modellizzazione alla
realt. Non un caso, quindi, se uno dei primi e pi consistenti impieghi dei
F.E.M. fu in ambito aeronautico per la progettazione di profili alari (Clough per
Boeing, 1960). I F.E.M., come i F.D.M., si basano su metodi di discretizzazione,
tuttavia i primi hanno sui secondi lulteriore vantaggio di poter utilizzare passi di
discretizzazione variabili. In questo modo lefficienza di calcolo aumenta
notevolmente, poich possibile infittire la mesh solo nei punti di maggior
interesse, lasciando invece maglie pi larghe nel resto del domino.
Linterpolazione tra due nodi della mesh pu inoltre essere eseguita con varie
tipologie di funzioni, e non esclusivamente lineari, come nel caso delle differenze
finite. Tuttavia anche i F.E.M. hanno, come tutte le rose, le loro spine: la
complessit del metodo decisamente elevata e questo si riflette completamente
nella difficolt di programmazione.
Dal momento che il prezzo di unopzione descritto da unequazione
differenziale, il problema della sua individuazione rientra a pieno diritto tra quelli
a cui i F.E.M. possono dare soluzione. In effetti limplementazione ad elementi
finiti di un metodo di calcolo per il prezzo di unopzione pu sembrare fatica
sprecata, ma in realt non cos (e comunque non lo sarebbe pi di un metodo a
differenze finite). Le opzioni americane, ad esempio, sono descritte da equazioni
differenziali con condizioni al contorno libere e le asiatiche hanno condizioni al
contorno particolarmente complesse: in questi casi i F.E.M. sono di notevole
utilit. La loro applicazione ad opzioni europee invece giustificata dalla
necessit di testare la validit del metodo: il confronto con la soluzione esatta di
Black-Scholes consente una valutazione diretta e precisa.

46

3.1 Gli Elementi Finiti: generalit.

3.1.1 La configurazione della mesh.


Nei F.D.M. il nucleo centrale dellanalisi la riformulazione delle derivate
presenti nellequazione di riferimento tramite espansione in serie, mentre
attenzione praticamente nulla posta sulla discretizzazione del dominio del
problema: tutto si riduce alla scelta degli intervalli x e . Questi possono poi
essere cambiati in funzione della precisione che si desidera raggiungere, ma non
influenzano in alcun modo il metodo di calcolo. Ci non vale per gli elementi
finiti, in cui la configurazione dellelemento (cio lunit di base in cui
scomposto il dominio) fase essenziale. Due sono i motivi principali:
l elemento non ha solo i nodi esterni (cio gli estremi), ma pu averne di
interni, determinando conseguentemente il tipo di funzione interpolante
utilizzato (lineare, quadratica, cubica, );
se si intende analizzare con maggior accuratezza un determinato punto del
domino, necessario infittire la mesh in sua corrispondenza, utilizzando
quindi elementi pi piccoli.
Fattori di grande importanza, e che verranno adeguatamente trattati nel paragrafo
relativo alla configurazione degli elementi, sono la condizione di completezza e
la condizione di continuit: qui appena il caso di ricordare che riguardano le
funzioni di interpolazione e che sono fondamentali per una corretta soluzione del
problema.

(a)
xa

(b)
xb

xa

xc

xd

xb

Figura 3.1: esempio di elemento con soli nodi esterni (a) e di elemento con
nodi interni (b).

47

3.1.2 Le tipologie di F.E.M..


Il passo successivo alla definizione della mesh la scelta della procedura di
calcolo. Diversamente dal caso delle differenze finite, non si opera direttamente
sulla funzione di riferimento, ma su una sua formulazione integrale che pu
essere ottenuta tramite due differenti procedure: residui pesati o formulazione
variazionale. Ci che si ottiene, , in entrambi i casi, una soluzione approssimata
del problema originale.
I metodi a residui pesati partono dalla considerazione della (generica) equazione
originale L( (x )) = Q , dove L un operatore differenziale agente su (x ), la
variabile x definita sul dominio , e Q il termine noto; si suppone poi che
esista una generica soluzione approssimata ~ (x; a ) = a1 1 (x ) + ... + a N N (x )

del

problema e la si sostituisce nellequazione. Dal momento che la soluzione solo


approssimata, sar in grado di soddisfare solo in parte la relazione iniziale e si
potr allora scrivere: L(~ ) Q = R(x; a ) 0 , dove il termine R indica il residuo (o
errore) derivante dalla sostituzione. Non possibile far s che il termine derrore
scompaia in tutti i punti del dominio (altrimenti ~ sarebbe la soluzione esatta de
problema), ma possibile richiedere che la somma pesata di tutti gli errori sia
nulla:
S (x; a ) = R(x; a )W (x ) dx = 0 ,

(3.1)

I coefficienti a i sono detti gradi di libert (D.O.F.) del sistema.

La forma funzionale delle i pu essere scelta liberamente, tuttavia generalmente si preferisce


una forma polinomiale, che meglio si presta al tipo di calcoli pi frequentemente effettuati in
unanalisi

ad

elementi

finiti:

derivate

~ (a; x ) = a1 + a 2 x + a 3 x 2 + ... + a N x N 1 .

48

ed

integrali.

Si

pu

considerare

dove W (x ) rappresenta differenti funzioni-peso. La funzione (3.1) alla base di


tutti i metodi dei residui pesati, che differiscono tra loro solo per il tipo di
funzione-peso utilizzata.
In base al tipo di funzione-peso si distinguono i seguenti metodi:
1. Collocazione.
Per ogni parametro incognito ai si sceglie un punto xi (detto di
collocazione) del domino, e in sua corrispondenza si impone che il residuo
sia nullo:
R(x1 ; a ) = 0

R(x N ; a ) = 0

Si giunge cos ad un sistema di N equazioni in N incognite da cui si


ricavano i parametri ai per la soluzione approssimata ~(x; a ) .
Ricordando la misura di Dirac introdotta nel capitolo precedente, pu
essere riscritto come:
xb

R(x; a ) (x x ) dx = R(x ; a ) = 0 ,
i

xa

con i = 1,..., N e x a xi xb .
La funzione-peso data da
Wi (x ) = (x xi ).

49

2. Sottodominio.
Per ogni parametro incognito ai si sceglie un intervallo xi allinterno del
dominio e si impone che la media del residuo in ogni intervallo sia nulla:
1
x1

x1

1
x N

x N

R(x; a ) dx = 0

R(x; a ) dx = 0

Si ottengono cos i parametri ai .


La funzione-peso
Wi (x ) =

(xi+1 xi ) .2

3. Minimi quadrati.
Si minimizza rispetto a ciascun ai lintegrale del quadrato del residuo:

R 2 (x; a ) dx = 0

a1

a N

R(x; a )

, cio

R (x; a ) dx = 0

La funzione-peso

Wi (x ) =

R(x; a )

R(x; a )
.
ai

E la funzione a gradino, di altezza 1 e ampiezza x .

50

R(x; a )
dx = 0
a1
R(x; a )
dx = 0
a N

4. Galerkin.
Richiede che per ogni parametro ai sia nulla la media dei residui, pesati
tramite le funzioni Wi (x ) = i :

R(x; a ) dx = 0
1

R(x; a )

dx = 0

La formulazione variazionale affonda le proprie radici nel calcolo delle


variazioni, sviluppato attorno alla met del 1700 da Eulero. Essa si basa sulla
trasformazione della funzione originale in una sua forma equivalente, ossia la cui
soluzione esatta coincide con quella esatta della formulazione originaria.
Lapplicazione di questo metodo fortemente limitata dallimpossibilit di
trovare una forma variazionale per molti problemi non lineari, mentre sempre
possibile effettuarne una formulazione a residui pesati. In aggiunta, la soluzione
di una problema variazionale equivalente a quella ottenibile con i residui pesati
con il metodo Galerkin. La formulazione variazionale la seguente:
I ( ) = 0 ,

dove

d
I ( ) = (L( ) Q ) dx + x

dx

(3.2)

Loperatore , agendo sul funzionale I ( ) , fonte di piccole variazioni della


funzione (x ) in un intorno della soluzione esatta. Sostituendo nella (3.2) la

51

soluzione approssimata ~ , pu essere calcolato lintegrale rispetto a x , poich le


i (x ) hanno una forma specifica, e I diventa una normale funzione di parametri:
I (~(x; a )) = I (a ) .
I (a ) pu essere resa stazionaria applicando la condizione dI = 0 , cio

dI =
i =1

I
dai = 0 .
ai

Poich i coefficienti ai possono variare indipendentemente luno dallaltro, i


termini della sommatoria devono annullarsi separatamente: si ricavano cos i
parametri ai .
Per la soluzione del problema di prezzaggio di unopzio ne, stato scelto il
metodo di Galerkin. Innanzitutto i metodi a residui pesati hanno una
connotazione maggiormente applicativa (quindi offrono maggior efficienza in
fase di implementazione), mentre il metodo variazionale si adatta maggiormente
ad approfondimenti teorici (ma non si presta altrettanto bene a una trasposizione
software). In secondo luogo, il metodo di Galerkin il pi efficiente tra quelli a
residui pesati e fornisce comunque risultati equivalenti alla formulazione
variazionale.

3.2 Configurazione degli elementi di classe C 0 .


In questo paragrafo si mostra la corretta costruzione di un elemento (inizialmente
considerandone il caso pi semplice, e poi casi pi complessi e generali) e il
metodo dassemblaggio tra i vari elementi.

52

Si consideri il dominio e lo si partizioni in N elementi della medesima


lunghezza (che, al momento, non rilevante): si otterranno N + 1 nodi xi ,
1 i N + 1:

elemento 1

x1

elemento N

x2

x3

x N 1

xN

x N +1

E necessario scegliere una particolare forma per la generica soluzione


approssimante ~(x; a ) , nella fattispecie e per le ragioni spiegate nel precedente
paragrafo, la forma ~(x; ) = 1 + 2 x . Dal momento che questa deve essere la
funzione interpolante per il generico elemento delimitato dai nodi x a e xb ,
necessario assicurare che i coefficienti 1 e 2 siano in corrispondenza dei due
estremi.
~(x; )

2
1

1
0

xa

xb

disegno (a)

~(x; a )
a2
a1
xa

disegno (b)

53

xb

Figura 3.2: Il disegno


(a) mostra una forma
inappropriata per la
costruzione
della
generica soluzione (in
forma di serie di
potenze), in cui i
coefficienti 1 e 2 non
sono in corrispondenza
degli
estremi
dellelemento
da
interpolare. Il disegno
(b) mostra la corretta
funzione
interpolante
(polinomiale) riferita al
medesimo elemento.

Per far ci, si normalizzano 1 e 2 rispetto a due coefficienti a1 e a 2 , scelti in


modo che
~ (x a ; a ) = a1
.
~ (xb ; a ) = a 2

Volendo riscrivere la ~ (x; a ) in funzione dei nuovi coefficienti, si risolve il


sistema
1 + 2 x a = a1
,

1 + 2 xb = a 2

da cui risulta
xb a1 x a a 2

1 = x x

b
a
.

a
a
1
= 2
2 xb x a

La ~ (x; a ) pu allora essere riscritta come


x a x a a 2 a 2 a1
+
x ,
~ (x; a ) = b 1
xb x a xb x a

o in forma pi generale, dopo aver raccolto i coefficienti ai , come


2

~ (x; a ) = a1 1 (x ) + a 2 2 (x ) = ai i (x ) ,
i =1

dove

54

(3.4)

xb x

1 (x ) = x x

b
a
.

(x ) = x x a
2
xb x a

(3.5)

Si noti la seguente propriet di cui godono le funzioni appena costruite:


1 (x a ) = 1

1 (xb ) = 0

2 (x a ) = 0
.

2 (xb ) = 1

La (3.4) rappresenta la parte di soluzione afferente al generico elemento di


estremi x a e xb (si veda anche la figura 3.3).

~ (x; a )
a 2 2

a1 1

a2

a1

xa

xb

Figura 3.3: La soluzione ~ (x; a ) come somma delle funzioni-base 1


e 2 , pesate secondo i corrispondenti coefficienti a1 e a 2 .

Lelemento -tipo sinora considerato caratterizzato dalla presenza di due soli


nodi, posizionati ai suoi estremi: ci permette di utilizzare solamente funzioni di
interpolazione lineari. Volendo migliorare laccuratezza della soluzione, due
sono le strade percorribili: ridurre le dimensioni degli elementi e incrementarne il
numero oppure aumentare il grado dei polinomi approssimanti, in modo da

55

ottenere curve pi complesse. La prima soluzione permette di mantenere i calcoli


a un livello di difficolt decisamente basso, ma poco efficiente; la seconda, al
contrario, molto pi efficiente e permette di ottenere la medesima accuratezza
di risultato con un numero di elementi molto inferiore, ma al prezzo di una
struttura numerica pi complessa. Nella pratica, la soluzione adottata pi
frequentemente prevede un aumento sia del numero degli elementi, sia del grado
del polinomio interpolante, in modo che gli svantaggi dei due metodi si bilancino
reciprocamente.
Per incrementare in grado del polinomio, necessario aumentare il numero dei
nodi dellelemento: i nuovi nodi vengono aggiunti internamente agli estremi ed
equispaziati tra loro.
La costruzione dellelemento procede esattamente secondo la medesima logica
sottostante al caso di interpolante lineare, per cui sembra lecito attendersi, come
risultato finale, una generalizzazione della (3.4):
n

~ (x; a ) = ai i (x ) ,

(3.6)

i =1

dove n indica il numero di nodi relativi al singolo elemento. Rispetto al caso


lineare cambiano per le funzioni i (x ), che ora devono tener conto dei nuovi
nodi presenti. Mantenendo la struttura polinomiale per la ~(x; ) , questa diventa
n

~ (x; ) = 1 + 2 x + ... + n x n1 = i x i 1 .

(3.7)

i =1

Anche in questo caso necessario normalizzare gli i rispetto a dei convenienti


parametri ai : per farlo si risolve rispetto agli i il sistema

56

n
i 1
i x = a1
i =1
.

n
i x i 1 = a n
i =1

Dopo aver inserito nella (3.7) le relazioni appena trovate per gli i , si effettuano
i raccoglimenti a fattor comune rispetto agli ai , ottenendo cos propri
lespressione estesa della sospetta (3.6). La funzione i relativa al generico
nodo

ottenuta

mediante

il

medesimo

procedimento

del

caso

monodimensionale ed cos definita:


n

(x x )
k (x ) =

i =1
ik
n

(x
i =1
ik

xi )

(3.8)

Le funzioni i sono di grado n 1 : ad esempio, se il numero di nodi di un


elemento n = 3 , esso sar interpolato da tre funzioni quadratiche, ognuna pesata
dal proprio ai . Si noti che per n = 2 si ricade, come lecito aspettarsi, nel caso di
interpolazione lineare analizzato allinizio del paragrafo.

57

Figura 3.4: Le tre funzioni-base per una


funzione di interpolazione C 0 -quadratica.
Dallalto verso il basso si riconoscono le
funzioni

1 (x )
1

x1

x2

x3

1 =

(x x2 )(x x3 )
,
(x1 x2 )(x1 x3 )

2 =

(x x1 )(x x3 )
,
(x2 x1 )(x2 x3 )

3 =

(x x1 )(x x2 )
.
(x3 x1 )(x3 x 2 )

2 (x )
1

x1

x2

x3

3 (x )

Nellultimo disegno rappresentata la


1

x1

x2

funzione di interpolazione, data dalla


somma pesata delle funzioni-base:

~ (x; a ) = a1 1 (x ) + a 2 2 (x ) + a3 3 (x ).

x3

Questi sono gli elementi che verranno


utilizzati per la soluzione del modello di
Black-Scholes.

~(x; a )
a1

a3
x1

x2

x3

3.3 Costruzione delle matrici locali degli elementi e assemblaggio della


matrice globale.

3.3.1 Costruzione delle matrici locali.


Nel paragrafo (3.1) era stato presentato il metodo dei residui pesati di Galerkin
per un generico problema differenziale L( (x )) = Q : ora verr applicato

58

allequazione di Black -Scholes trasformata 3, considerata su un dominio finito di


x.
u 2 u

= 0,
x 2
s.t.

L < x < + L, > 0

u (x,0 ) = max e
lim u (x, ) = 0

1
2

(k 1)x

1
2

(k +1)x

,0

x L

Lequazione dei residui per un generico elemento di estremi x1 e x n data da


u~ 2 u~
x x 2 i (x ) dx = 0 , i = 1,..., n
n
x1

(3.9)

dove u~ (che verr specificata tra breve) indica una generica soluzione
approssimata del problema. Dal momento che nella precedente equazione
compare un termine differenziale di secondo grado, appare opportuno intervenire
con unintegrazione per parti 4 del medesimo, trasformando la (3.9) in
xn
xn ~
u~
u d i
u~
i dx + x x dx dx = i x .
x1
1
x

xn

(3.10)

Diversamente dai casi proposti nei paragrafi precedenti, compare, nel presente
problema, lincognita temporale : la soluzione approssimata cio del tipo
n

u~ (x, ; a ) = a i i (x, ) . In questo modo, tuttavia, le i sono funzioni di due


i =1

Si veda il paragrafo 1.4.


xn
xn ~
2 u~
u d i
u~
x x 2 i dx = i x x x x dx dx .
1
1
1

xn

59

variabili, cui chiaramente non possibile applicare gli elementi finiti


(monodimensionali) fin qui presentati. Per ovviare al problema, si opta per una
separazione di variabili che permette di considerare soluzioni del tipo
n

u~ (x, ; a ) = ai ( ) i (x ).
i =1

A seguito di questa trasformazione le i sono tornate della forma consueta, ma


gli ai sono ora funzioni della variabile temporale . La soluzione sar calcolata
in due passaggi distinti: il primo risolver il problema rispetto alla variabile
spaziale, mentre il secondo rispetto a quella temporale.
n da
n
d j
u~
u~
j
=
je
= aj
Le derivate parziali di u~ ,
, sono sostituite in

j =1

j =1

dx

(3.10), ottenendo
xn n

da j

x1 j =1

xn n

j i dx + a j
x1 j =1

xn
d j d i
u~
dx = i
dx dx
x x1

(3.11)
n

da j

xn

d j d i
u~
dx a j = i

dx
x x1
j =1 x1 dx

xn

dx d +
j =1

x1

xn

Il termine a destra delluguale non stato trasformato, dal momento che


esattamente lespressione per le condizion i al contorno di Neumann: se esse
fossero presenti, sarebbe cos possibile effettuare una sostituzione diretta. Nel
caso considerato, le condizioni al contorno sono formulate secondo Dirichlet, per
cui lintero membro di destra pu, in pratica, essere igno rato: verr mantenuto
solo per correttezza formale. La (3.11) pu essere riscritta, in modo pi leggibile,
in forma di matrice:

60

xn
1 (x ) 1 (x )dx
x1

x
n
n (x ) 1 (x )dx
x1

(x ) (x )dx da ( )
1

xn
da n ( )
n (x ) n (x )dx d
x1

x1

xn d 1 (x ) d 1 (x )

dx
x1 dx
dx

+
x
n d n (x ) d 1 (x )
dx

dx
dx
x
1

xn

u~ xn
d 1 (x ) d n (x )
1
dx
x dx dx

a1 ( ) x x1
1

xn
x
d n (x ) d n (x ) a 2 ( ) u~ n
dx

dx
dx
x x1
x1

xn

(3.12)

Un analogo sistema di equazioni differenziali ottenuto per ognuno degli N


elementi in cui il dominio stato partizionato. La prima matrice detta di massa,
mentre la seconda di rigidezza; essendo riferite al singolo elemento, sono dette
locali. Il vettore a destra delluguale detto di flusso.
Scegliendo la funzione C 0 -quadratica u~ = 1 + 2 x + 3 x 2 , si ottengono, con
riferimento al primo elemento del dominio, le tre funzioni che lo descrivono 5:

Si veda il paragrafo 3.2.

61

1 =

(x x 2 )(x x3 )
(x1 x 2 )(x1 x3 )

2 =

(x x1 )(x x3 )
(x2 x1 )(x2 x3 )

3 =

(x x1 )(x x2 )
(x3 x1 )(x3 x 2 )

(3.13)

Dora innanzi si far riferimento e sclusivamente ad elementi C 0 -quadratici e per


semplicit espositiva la matrice di massa dellelemento k -esimo sar indicata
come

M (k )

m1(k )

= m 4(k )
(k )
m7

m2(k )
m5(k )
m8(k )

m3(k )

m6(k ) ,

m9(k )

analogamente la matrice di rigidezza come

R (k )

r1(k )

= r4(k )
(k )
r7

r2(k )
r5(k )
r8(k )

e il vettore di flusso come

f (k )

f 1(k )

= f 2(k ) .
(k )
f3

62

r3(k )

r6(k )

r9(k )

3.3.2 Assemblaggio della matrice globale.


Il passo successivo consiste nellassemblare le matrici locali in una matrice
globale, che rappresenti cio il problema su tutto il dominio. Intuitivamente, per
ogni istante temporale, la soluzione globale data dallunione delle soluzioni
locali, essendo queste relative ad intervalli contigui del dominio. Lintuizione
tuttavia non basta, e, perch il meccanismo di giustapposizione funzioni
correttamente, necessario richiedere che, su ogni elemento, le funzioni i
rispettino due condizioni fondamentali:
Condizione di completezza. La soluzione u~ e tutte le sue derivate, fino
allordine m (dove 2m lordine dellequazione differenziale del
problema originale), devono poter assumere qualsiasi valore finito
allinterno dellelemento, al tendere a zero della dimensione di
questultimo. Nel caso in cui la soluzion e abbia forma polinomiale di
grado p , ci significa richiederne la completezza almeno fino al grado
m ( p m ).

Condizione di continuit. In corrispondenza dei nodi di contatto tra gli


elementi, le funzioni u~ devono essere di classe C m 1 .
La prima condizione esercita la propria influenza nellinterno del singolo
elemento e garantisce la convergenza della soluzione approssimata alla soluzione
esatta. La seconda riguarda i nodi di contatto tra gli elementi e garantisce che, in
loro corrispondenza, non vi siano discontinuit tali da introdurre nuovi errori in
aggiunta a quelli fisiologici di discretizzazione. Le funzioni della famiglia (3.8)
rispettano entrambe le condizioni.
Nellassemblaggio delle matrici locali, necessario porre attenzione ai nodi di
contatto tra gli elementi: nel grafico seguente riportata la corretta sequenza di
assemblaggio per i primi N elementi C 0 -quadratici di un problema generico:

63

a4
a3

a2 N

a5

a1

x1
X1

x2

a 2 ( N +1)1

a 2 N 1

a2
x3
X2

x4

x5
X3

x 2 N 1
XN

x2 N

x 2 (N +1 )1

X N +1

La sequenza X k , 1 k N + 1 , indica i soli nodi esterni (riferiti agli N elementi),


mentre la sequenza xi , 1 i 2(N + 1) 1 , considera tutti i nodi presenti. Per i
nodi di bordo vale la relazione X k = x 2 k 1 , mentre i nodi centrali rimangono
disaccoppiati.
Il relativo sistema assemblato in forma matriciale rappresentato, per i primi due
elementi, da

64

m1(1)

m (1)
4

m7(1)

m2(1)

m3(1)

m5(1)

m6(1)

m8(1)

m9(1) + m1(2 )

m2(2 )

m4(2 )

m5(2 )

m7(2 )

m8(2 )

r1(1)

r (1)
4

+ r7(1)

r2(1)

r3(1)

r5(1)

r6(1)

r8(1)

r9(1) + r1(2 )

r2(2 )

r4(2 )

r5(2 )

r7(2 )

r8(2 )

0 a ( )
f 1(1)
1


(1)

0 a 2 ( )
f2

(2 )
(2 ) a ( ) = (1)
f 3 + f1
r3 3

(2 ) a ( )
(2 )

f2
r6 4

f 3(2 )
r9(2 ) a5 ( )

(3.14)

da1 ( )

0
da ( )
2
0 d

(
)
da

m3(2 ) 3 +
d

m6(2 ) da ( )
4
d
m9(2 )

da ( )
5
d

o, in forma compatta,
M

da( )
+ Ra( ) = f
d

(3.15)

La soluzione assemblata, per ciascun istante di tempo, allora data

) (

~
U (x, ; a ) = a1 1(1) + a 2 2(1) + a 3 3(1) + a 3 1(2 ) + a 4 2(2 ) + a5 3(2 ) + ...

primo elemento

... + ai 1

(e )

+ ai

(e )

secondo elemento

+ a i +1

(e )

)+ ... + (a

(N )

N 1

elemento e- esimo

(N )

+ a N 2

(N )

+ a N +1 3

ultimo elemento

65

(3.16)

dove i(e ) , i = 1,2,3 , indica la funzione i , rappresentata nella relazione (3.13),


calcolata in riferimento all e -esimo elemento.
Se il problema originale fosse indipendente dal tempo, il sistema (3.14) sarebbe
algebrico e non differenziale: la sua soluzione fornirebbe direttamente i valori dei
parametri ai da sostituire in (3.16) per calcolare la soluzione.
Per ottenere la soluzione finale del problema necessario dunque risolvere il
sistema differenziale rispetto al tempo (3.14): per farlo ci si pu avvalere di uno
schema alle differenze finite. Optando per uno schema backward del tipo
presentato nel paragrafo 2.2.2, la (3.15), riferita al generico istante , diviene:

(a( + 1) a( )) + Ra( + 1) = f

(3.17)

la cui soluzione

a( + 1) = M +
R

(Ma( ) + f ) .

(3.18)

Il vettore a( ) deputato a introdurre le condizioni dellequazione differenziale


di partenza: i termini del vettore iniziale a(0) sono costituiti da

a i (0 ) = max e 2
1

(k 1)xi

e2

(k +1)xi

,0

mentre i termini estremi del vettore rappresentano le condizioni al bordo


lim u (x, ) = 0 :

x L

a1 ( ) = a n ( ) = 0 .

La sostituzione in (3.16) dei valori ai permette di trovare le soluzioni cercate.

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