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Simona Colarizi STORIA DEL NOVECENTO ITALIANO

Parte prima
LITALIA LIBERALE
1) LETA GIOLITTIANA (1900-1913):
1.si chiude unepoca
Il 900 Italiano si apre con luccisione a colpi di pistola
del re, mentre viaggia in carrozza verso Monza. Ma gli
italiani vedono la morte di Umberto I non come un presagio
funesto,ma come linizio del nuovo secolo, come una cesura
con l800. Il re aveva chiaramente dimostrato di essere
incapace di gestire i tumultuosi cambiamenti sociali ed
economici in avvio in Italia, lasciandosi alle spalle una
scia di morti vittime della repressione. Il popolo si
mobilita pretendendo diritti, mentre gli stati dell800 sono
lenti a comprendere i cambiamenti, perch basati sullidea
che ci sia una massa indefinita di sudditi che non sono
cittadini attivi. Ma il vento del liberalismo e della
democrazia comincia a spirare in tutta Europa. Certo contro
il vento del cambiamento portato da Inghilterra e Francia
troviamo i Romanoff e gli Asburgo a controbilanciare il
tutto, mentre la Prussia fa modello a se: una moderna
potenza economica e sociale mantenuta in vita da un ordine
autoritario. Il neonato stato italiano si dato una forma
liberale in cammino verso la democrazia: liberali e
democratici avevano lottato per lo stato italiano e su
questi valori era stata incardinata lunit dItalia. Nel
Parlamento il potere saldamente in mano alle due ali
liberali, destra e sinistra storica, che si confrontano con
laltra faccia del movimento patriottico che aveva portato
allunit: la sinistra radicale e repubblicana (Mazzini e
Garibaldi). Vittorio Emanuele II accetta questo ordine e
cos pare fare anche Umberto I, accettando un aumento dei
poteri del Parlamento e una riduzione di quelli della
Corona, per avviare il cammino alla democrazia. Il potere
del re sembra ridursi ad un ruolo simbolico, di garanzia e
rappresentanza. In realt si Umberto I sia la moglie si sono
adattati al momento, covando intimamente risentimento verso
il Parlamento e nessuna fiducia verso la borghesia che si
accinge a governare il paese (paese, lItalia, avvertito
come unitario solo dalle elite borghesi che avevano
partecipato attivamente alla creazione dello stato). Rimane
il fatto che per i contadini essere sotto i Lorena, gli
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Asburgo o i Savoia comporta poca differenza e il passaggio
viene affrontato con passivit e indifferenza: diversa la
situazione nelle citt. In ogni caso alla fine dell800
lobiettivo di Fare gli italiani di cui parlava DAzeglio
ancora lontano. Questo non riesce a causa del fragile
tessuto sociale e civile dellItalia in cui troviamo ancora
molti analfabeti(punte del 90% della popolazione in
Sardegna, 70% la media) Nel 1891 la situazione leggermente
migliorata: la Legge Coppino del 1877 comincia a dare i suoi
frutti e si arriva ad una media del 57% di analfabeti, ma al
Sud gli indici restano molto alti. Unignoranza cos pesante
limita la capacit di diventare cittadini attivi per molti
italiani,questo anche quando viene abolita la legge
elettorale censita ria, ma introduce quella
dellanalfabetismo. Votano solo 3 milioni di italiani su 30
milioni. A questo si aggiunge il problema della mancanza di
una lingua comune: litaliano esistente nei libri come
lingua colta, assurto a lingua ufficiale, insegnato nelle
scuole e parlato da una minoranza di cittadini in pubblico e
da poche famiglie aristocratiche, che nel privato continuano
per a usare il dialetto. Una coscienza collettiva comincia
a farsi strada nelle masse che cominciano a politicizzarsi
(cosa che precede lacquisizione di una identit nazionale)
nelle organizzazioni socialiste e cattoliche, che sono per
lappunto antinazionali: luno segue linternazionalismo,
laltro considera i Savoia degli usurpatori del potere della
Chiesa (ricorda il non expedit). Ecco spiegato il forte
senso di incertezza della borghesia: si rischia non solo il
sovvertimento dellordine, ma anche a rischio lintero
edificio nazionale costruito senza una solida base popolare
e ancora chiuso, dopo 30 anni, alla maggioranza degli
italiani. Tutto questo mentre in piazza ci sono varie
sommosse che sono di certo pi difficilmente gestibili di un
dissenso incanalato nelle istituzioni. Alla Camera e al
Senato si confrontano 2schieramenti: i liberali di sinistra
che insieme ai gruppi minoritari dei radicali e dei
repubblicani spingono per allargare le basi del consenso, e
i liberali di destra che resistono a questa prospettiva
timorosi degli sconvolgimenti inevitabili in un processo di
crescita accelerato. Quando nel 1893 esplodono in Sicilia e
Lunigiana le agitazioni dei fasci dei minatori e dei
contadini primo ministro Crispi che viene dalle fila della
Sinistra Storica, ma non ha alcuno scrupolo a proclamare lo
stato dassedio in Sicilia e Lunigiana, a sciogliere il
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partito socialista, a cancellare le libert dei lavoratori a
colpi di leggi eccezionali. 2000arresti, 100 morti. 3 anni
dopo ricomincia tutto: unannata agricola negativa scatena
rivolte e scioperi per il pane in tutta Italia, culminate
nel 1898 con i moti di Milano. Rudini, liberal-consevatore,
ha la stessa reazione di Crispi: chiude i giornali
dellopposizione, scioglie le associazioni socialiste e
cattoliche, mette sotto stato dassedio Milano e lascia Bava
Beccaris a ordinare di sparare sulla folla. Le fonti
ufficiali parlano di 80 morti, 300 per lopposizione,
migliaia di persone arrestate,finisce a 12 anni di carcere
Filippo Turati capo del Psi. Laccusa di attentato alle
istituzioni dello Stato. La reazione dimostra la chiara
paura dei liberali del cambiamento: la cosa confermata
pure dal Re che insignisce Bava Beccaris della gran croce
dellOrdine militare di Savoia, in riconoscimento del
servizio reso alle istituzioni e alla civilt. L800 si va
chiudendo con una svolta autoritaria. Tra ipensatori di
questa svolta erge il liberal conservatore Sidney Sonnino
che in un articolo su Nuova Antologia nel 1897 scrive che
il re deve riappropriarsi delle prerogative che lo statuto
albertino gli concede ridimensionando il ruolo del
parlamento. Il generale Pelloux che guida il governo fino al
1900 segue preciso questa strada. Londata di indignazione
per il sangue versato per comincia a travalicare gli
ambienti socialisti e quelli anarchici (dove matura il
regicidio) interessando anche radicali, repubblicani,
liberali progressisti che aprono una dura polemica col
governo fino al clamoroso gesto del direttore del Corriere
della Sera, giornale degli industriali,che rassegna le
dimissioni per protesta. Il movimento nato a favore
dellamnistia per i detenuti politici si rafforza e ottiene
vari successi. A questo coro di opposizione si uniscono
anche alcuni cattolici e in loro aiuto interviene anche
Leone III che con lenciclica Spesse volte ricorda come
lassociazionismo cattolico funga da pacificatore sociale
(cosa che va a bilanciare la linea, del tutto
filogovernista, dei clericalconservatori). Sar la
mobilitazione della sinistra liberale, o
costituzionalista,guidata da Giolitti a determinare la
vittoria dellopposizione in Parlamento. I giolittiani
cominciano ad aiutare socialisti, repubblicani, radicali nel
ferreo ostruzionismo per bloccare una modifica del
regolamento parlamentare volta a ridurre i poteri del
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parlamento. Dopo vari discorsi di Enrico Ferri durati ore e
ore e che bloccano la discussione la Camera viene chiusa per
sei giorni con decreto regio. Al ritorno il Parlamento
scoppia una rissa tra Bissolati e Sonnino che vengono alle
mani mentre alcuni deputati socialisti rovesciano le urne
con le schede dei voti. La Camera di nuovo chiusa, ma non
resta altro da fare che indire le elezioni. Comincia il 900.
Radicali, repubblicani e socialisti prendono quasi 30 seggi
in pi. Successo annunciato dalla grande vittoria della
stessa coalizione alle amministrative di Milano,
Torino,Pavia, Piacenza ecc.. I liberali costituzionali,
alleati con la sinistra, godono anchessi di buona spinta
propulsiva: 116 seggi. Pelloux si dimette e Saracco,
nonostante sia liberal.conservatore, tenta un gesto di
conciliazione: ritira la proposta di modifica del
regolamento parlamentare. Ma luccisione da parte di Bresci
di Umberto I gela ogni entusiasmo, facendo riprecipitare
tutti nello spettro di unaltra ondata reazionaria. Sonnino
rilancia di nuovo il motto torniamo allo Statuto mentre
pare diffondersi un sentimento di indignazione verso la
sinistra (che condanna comunque lattentato anarchico).
Lerede al trono Vittorio Emanuele III schivo e timido
molto introverso e lontano il pi possibile dagli splendori
della corte: ben differente dai genitori. Gli manca il
piglio autoritario dei genitori, anche se ha sincero orrore
delle piazze tumultuose e della sinistra che ha attentato
gi pi volte alla vita del padre. La regina Margherita e la
destra liberale maggioritaria in parlamento lo convinsero a
vendicarsi riducendo i poteri costituzionali per imporre il
pugno di ferro nel paese e riportare allordine le classi
ribelli. Vittorio Emanuele III voleva unItalia ordinata e
serena, disciplinata e rispettosa, ma voleva anche essere
amato dai sudditi: la rinuncia alla vendetta che egli fa e
la promessa di un ritorno alla normalit nel paese sono un
passo in questa direzione.
2. il paese tra sviluppo e arretratezza
a favore della normalizzazione gioca anche il ruolo della
borghesia imprenditoriale, o quantomeno dei borghesi
progressisti che avevano aspramente criticato il massacro di
Milano. La cosa non secondaria perch il peso della
borghesia nellopinione pubblica conta sempre di pi, legato
allo sviluppo economico. Il Pil cresce soprattutto nel
settore manifatturiero, ma lo sviluppo delle grandi
aziende a rendere evidente la modernizzazione in atto.
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Allavanguardia il settore della siderurgia trasformato in
industria integrata grazie al fatto che ora in grado di
compiere lintero ciclo produttivo, come progettato, per
primo in Italia, da Vincenzo Breda. Il decollo inizia quando
lo stato concede le miniere dellElba: le imprese
produttrici prendono in poco tempo la fisionomia del trust
come conferma poi nel 1905 la fondazione dellIlva(riprende
il nome latino dellIsola)tutto collaiuto dello stato (va
crearsi il capitalismo italiano, fatto di uno stretto
intreccio tra Stato, industria e gruppi
finanziari).Nellindustria meccanica abbiamo la fondazione a
Torino,da parte del proprietario terriero Giovanni Agnelli,
della Fiat (fabbrica italiana di automobili). Si passa da
una produzione di 8 automobili nel primo anno ad una
produzione di oltre un migliaio nel1906. Inizia anche la
battaglia politica sulle ferrovie: la maggior parte degli
italiani si sposta in treno. Si ha la statalizzazione nel
1905. Sono tutte conquiste importanti che influiscono molto
sui costumi e la vita quotidiana della gente, soprattutto
del Nord(dove c un forte boom demografico). Una
popolazione variegata (borghesi,imprenditori, operai,
contadini) comincia a chiedere che lo stato garantisca
libert,diritti, condizioni di vita migliori e armonia,
soddisfacendo i bisogni delle classi pi povere, ma anche
quelli degli industriali. La strage di Milano non la
giusta risposta e questo provoca indignazione ( ipocrita,
perch nessuno vuole vedere morti al Nord,mentre sparare ai
contadini dei fasci siciliani non disturba nessuno). Tutti
condannano lintervento della polizia e la concentrazione
dei poteri in mano al Re: pochi mettono indubbio la
monarchia, ma si vuole un modello inglese rispettoso della
sovranit delle Camere e senza tentazioni autoritarie. IL
nuovo re sembra promettere tutto questo e diventa subito il
paladino dei liberali progressisti. A questo coro si unisce
anche Sonnino che sulla Nuova Antologia scrive in maniera
ben diversa da prima: sempre convinto della necessit di un
forte governo comincia per ora a chiedere una coraggiosa
politica riformista in campo economico, sociale, giuridico
perch lItalia si avvii verso la modernit. In ogni caso lo
sviluppo industriale si limita ad alcuni settori ed aree
geografiche precise. Esclusa la siderurgia tutte le aziende
sono ancora a conduzione familiare con pochi addetti, paga
bassa e orari da inferno sia per uomini che per donne e
bambini. Nel 1900 la spesa per lalimentazione resta quella
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pi amplia tra le spese di una famiglia operaia: siamo
appena al livello di sussistenza. Lagricoltura assorbe il
60%della popolazione attiva. La maggior parte sono
braccianti impiegati nelle coltivazioni di cereali del sud o
nella pianura padana dove va formandosi lagricoltura
capitalistica. Il resto (mezzadri, fittavoli,coloni)
lavorano alla giornata. Gli stessi fondi sono troppo piccoli
per sfamare una famiglia contadina allargata. Non un caso
che ci sia una emigrazione immensa verso gli Usa, con 2
milioni di emigranti in 20 anni soprattutto dal Nord Est.
Meno dal Sud.
3. i riformisti alla guida del Psi (1900-1904)
il Psi a otto anni dalla sua formazione si trova ancora
concentrato al Nord soprattutto nel triangolo industriale
del Nord Ovest e nella pianura padana. Vi confluiscono
quindi i contadini che conoscono gi le aziende agricole di
tipo capitalista, gli operai delle grandi fabbriche e
perfino una piccola parte di classi urbane medio piccole
conquistate dal credo di libert e uguaglianza e favorevoli
alla linea riformista dei leader del Psiche teorizzano la
collaborazione con le forze borghesi. IN 3 anni triplicano i
seggi in parlamento (33 nel 1900) e Turati teorizza un
accordo con la sinistra liberale di Giolitti.Nonostante i
riformisti abbiano saldamente il controllo del partito
comincia a svilupparsi una forte opposizione interna che
vuole dare voce ai milioni di proletari ancora esclusi dal
moderno processo produttivo e dimenticati dallo Stato e dai
leader del partito. Questa divisione mostra come in realt
il Psi sia diviso in varie correnti che spesso portano a
scissioni: la prima nel 1892, anno di nascita del partito,
con gli anarchici: le ragioni di questa frammentazione sono
da ricercarsi nella disomogeneit del proletariato italiano.
Rimaneva forte limpegno di Turati a diffondere il Psi in
tutta Italia attraverso anche le reti delle associazioni e
delle organizzazioni proletarie diversificate da zona a zona
ma omogenee al proprio contesto. In pi i vertici mancano di
una ideologia forte che faccia da collante: da una parte i
riformisti come Turati che arrivano al marxismo attraverso
un umanesimo socialista positivista,dallaltra lestrema
sinistra rivoluzionaria che esprime pi che un orientamento
ideologico un bisogno: ottenere tutto subito, il massimo.
Non un caso che il Psi risulta diviso in massimalisti e
minimalisti (i massimalisti rimangono nel Psi anche dopo la
nascita del Pci: massimalismo e comunismo rivoluzionario non
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sono da confondere).Per quanto riguarda la base del psi
abbiamo i diseredati che vedono il marxismo come una
religione, una specie di promessa di salvezza da una parte e
gli operai dei distretti industriali in cui il capitalismo
avanza che cominciano a farsi una forte coscienza di classe
basata su una conoscenza quantomeno elementare del marxismo.
Salvemini sa bene che al Sud non si conosce il plusvalore e
sa che la rabbia dei contadini del sud tanto esplosiva
quanto facile a morire quando la forza pubblica spara: al
sud le organizzazioni proletarie sono ancora debolissime.
Pochissimi sindacati presenti e le leghe bracciantili
nascono e muoiono nel giro di pochi mesi ( contribuisce a
questo il fatto che leco riformista per i miglioramenti dei
salari e la riduzione degli orari di lavoro cade nel vuoto
al Sud, dove c una gran massa di disoccupati che lavora
massimo 3 mesi allanno). Aumento dei salari, riduzione
degli orari di lavoro,istruzione obbligatoria, suffragio
universale diventano i punti, usciti dal congresso
socialista del 1900, per lalleanza con Giolitti (che
ricambia promettendo la riforma tributaria, il diritto di
associazione, imparzialit dello stato nei conflitti di
lavoro).Saracco si dimette nel 1901 dopo uno sciopero dei
portuali genovesi indignati per la chiusura della Camera del
lavoro cittadina: Giolitti forma il nuovo governo coi
socialisti. Saracco revoca il decreto di chiusura, ma le
leghe bracciantili sono ormai sul piede di guerra: per
evitare una nuova ondata di sommosse si sceglie stavolta la
strada del dialogo. Zanardelli viene nominato primo ministro
che elegge Giolitti Ministro dellInterno (promette legalit
e libert) e si promette labolizione del dazio sulle
farine, pane e pasta e aumento delle imposte dirette
(ministro delle finanze leconomista Leone Wollemborg).
4. socialisti e cattolici tra collaborazione e
intransigenza
Giolitti ha ben chiaro come affrontare i problemi: la
questione sociali va affrontata alla radice, agevolando e
non reprimendo il processo di crescita sociale, economica e
politica delle masse che attraverso sindacati, partiti,
associazioni, camere del lavoro acquisiscono lidentit di
cittadini: sa che incanalare la protesta entro i canali
istituzionali, agendo quindi da cittadini, impedisce di
trovarsi di fronte a scoppi di rabbia improvvisi. Insomma
Giolitti vuole che lelite che governa con lui si faccia
carico di integrare le classi subalterne nella vita dello
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Stato con unopera di mediazione preziosa prima di tutto per
i governanti stessi. Accettare questa strada significa
lasciare via libera alle organizzazioni socialiste, ma anche
a quelle cattoliche. Subito nascono la Fiom
(metalmeccanici), la federazione nazionale dei lavoratori
dello stato, quella tessile (bianca e rossa), la Federterra
(lavoratori terra), si incrementano notevolmente le leghe
bianche. La capillarit della rete ecclesiastica aveva
permesso una penetrazione diffusa degli attivisti cattolici
soprattutto nelle campagne e si era fondata lOpera dei
Congressi per fare da contenitore a tutto lassociazionismo
bianco. Lopera dei congressi entra in crisi nei primi del
900, quando si diffonde tra i conservatori una certa
diffidenza per i democratico-cristiani di Romolo Murri,
sviluppatisi esternamente allOpera: un sindacalismo
cattolico considerato troppo simile a quello socialista
nelle modalit e nelle pratiche di lotta, avendo teorizzato
perfino il ricorso allo sciopero. Murri non nasconde nemmeno
la sua voglia di fare dei Democratico-cristiani un partito.
Nel 1901 il Papa interviene prendendo la presidenza
dellOpera dei Congressi ed obbligando Murri ad aderirvi
(non muta lidea dellimportanza dellattivismo cattolico
come pacificatore sociale e per fermare lavanzata marxista
ribadendo rispetto delle gerarchie e collaborazione tra le
classi,ma si respinge fermamente lidea di partito o
sindacato). Nel 1902 il movimento di Murri vastissimo e
continua ad estendersi (250 mila membri) in netta
concorrenza col movimento rosso (con cui condivide il
problema della netta sproporzione di adesioni tra Nord e
Sud). Mentre socialisti e cattolici si organizzano si ha una
ondata di mobilitazione superiore a quella del 1983:
dilagano gli scioperi nella pianura padana e nelle citt
industriali (solo nel 1901 mille scioperi, 600 le agitazioni
nelle campagne).Nonostante tutte le premesse i governanti
usano le maniere forti: 3 morti e venti feriti a Ferrara per
opera delle forze dellordine, il cui operato difeso da
Giolitti. E parte la militarizzazione per bloccare lo
sciopero dei ferrovieri. Giolitti non ha cambiato idea ma sa
di dover rassicurare liberali moderati e destra liberale che
potrebbero in un attimo rovesciare il governo Zanardelli e
imporre stavolta davvero un governo reazionario e
contemporaneamente vuole far capire ai socialisti che le
lotte vanno guidate e controllate perch il governo possa
rimanere neutrale. Turati lo capisce e nel congresso del
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1902 del Psi vota a favore del governo Zanardelli. Tre mesi
dopo ricompensato con una legge a protezione di donne e
minori che eleva a 12 anni let minima per lavorare, riduce
a 11 h per i bambini e 12 h per le donne la giornata
lavorativa, crea il congedo di un anno per maternit. Ma
nello stesso congresso le file dei massimalisti, molto
ingrossate, danno non poco filo da torcere a Turati: ormai
sono insofferenti per la lentezza con cui i riformisti fanno
avvenire il cambiamento attraverso il Parlamento. Invocano
la lotta, mostrare i muscoli al padronato, bloccare la
produzione: come avevano dimostrato le agitazioni del 1901-
1902 con gli scioperi che si ottiene pi di quanto non si
ottiene con una legislatura. Arturo Labriola la voce che
ha la lotta di classe come parola dordine: non mette in
dubbio le riforme, ma queste si ottengono scendendo in
guerra col sistema capitalista e col governo borghese in
tutte le maniere, anche con la rivoluzione. Lo slogan udito
negli scioperi del 1902 w il socialismo! W Giolitti lo fa
rabbrividire: nessuna collaborazione con le forze borghesi.
Parole simili sono di Ferri: la leadership di Turati perde
forza. Nel congresso di Bologna del 1904 i riformisti vanno
in minoranza: dopo poco gli effetti si fanno sentire e si
proclama lo sciopero generale per protesta contro la polizia
che ha aperto il fuoco a Cagliari contro i minatori. E il
primo sciopero generale che coinvolge una miriade di
lavoratori, ma inasprisce le differenze entro il Psi. A
polemizzare contro governo e riformisti non sono solo i
massimalisti, ma anche Salvemini che dichiara il Sud
abbandonato a se stesso in preda a miseria e criminalit.
Del 1901 linchiesta del senatore Saredo Giuseppe che rende
note le malversazioni e ruberie dei sindaci di Napoli,
cominciano le prime accuse di collusione con la camorra.
Questo nonostante grandi menti (Nitti, Einaudi, Zanardelli
stesso che si reca in Basilicata per rendersi personalmente
conto della situazione) si stiano interessando davvero per
la prima volta al problema del su. Ma Salvemini non
soddisfatto che pretende che laquestione meridionale diventi
la prima dellagenda del Psi. Dallasse Turati-Giolitti-
Salvemini non si aspetta molto visto che la loro politica
non d effetti evidenti,tantomeno al sud dove le proteste
continuano a essere represse col piombo. Ma oltre
allillegalit della polizia che agisce col sopruso e la
violenza troviamo il disprezzo delle leggi da parte di
prefetti e questori che si attivano per favorire i notabili
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governativi. Giolitti comincia a essere presentato nelle
vignette di satira come un bifronte che mostra la faccia
dura al Sud senza per questo perdere lappoggio del Psi. Il
Psi riformista troppo impegnato nel parlamento, quello
massimalista preferisce reclutare al Nord dove una forma di
coscienza di classe gi esiste che al Sud dove c ancora
tutto da creare convinti che la carica rivoluzionaria del
socialismo del Nord si sarebbe poi estesa al Sud. Salvemini
non daccordo e si dimette. Nel 1901 il mal di pancia si
fa sentire anche tra i cattolici: il Papa non ha fatto
ordine e lOpera dei Congressi sta per collassare sotto i
fendenti di Murri. Nel 1902 Murri censurato e allontanato
dalla politica, vi ritorna e nel 1903 accusato ancora di
indisciplina. La nomina a Papa di Pio X al posto di Leone
XIII, antimodernista e intransigente custode dellortodossia
profuma della fine di Murri. Nel 1904 lOpera sciolta e
lassociazionismo cattolico riorganizzato in modo tale da
aumentarne la dipendenza disciplinare dai vescovi e
rimettendo in riga il basso clero. Murri viene sospeso a
divinis poi scomunicato mentre il Papa pubblica la Pascendi
Dominici gregiscon cui condanna il modernismo. Rimangono
delusi comunque in conservatori pi reazionari dalla
politica morbida inaugurata da Pio X verso lo stato
liberale, al punto che due cattolici sono eletti in
Parlamento: si ribadisce comunque che il non expedit non
sospeso che tutto dovuto alla necessit di arginare i
socialisti. Crolla sulle teste dei cattolici lo sciopero
generale come un trauma da cui difficile riprendersi. Il
disgelo coi cattolici arriva quando Giolitti diventa primo
ministro: non chiude la porta in faccia ai socialisti
(chiede lappoggio di Turati per formare il governo), ma
tenta di barcamenarsi. Se una parte dei cattolici liberali
disponibile a sostenere la maggioranza giolittiana, Giolitti
li accoglie a braccia aperte. In ogni caso una soluzione
alla questione romana non si profila allorizzonte, ma si
pu avviare una trattativa indiretta, un patteggiamento di
volta in volta coi diversi settori cattolici.
5. la mobilitazione politica del ceto medio
in Italia troviamo numerosi ceti medi interessati alle
riforme di Giolitti e allo sviluppo,cosa che impone al
governo di allargare la base elettorale. Giolitti si
dimostra disposto a tutto per realizzare il suo programma,
mediando sempre su tutto e ritenendo utile ogni strumento di
persuasione, soddisfacendo ora questo interesse particolare,
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ora questaltro. Perdono di trasparenza e visibilit quindi
i processi per composizione del conflitti in Parlamento e si
perde anche lidentit politica della maggioranza
giolittiana disgregando progressivamente il fronte dei
conservatori-liberali. Giolitti cio si dota di un largo
schieramento di deputati a lui fedelissimi che gli consente
di governare per dieci anni: quella che viene definita la
dittatura parlamentare giolittiana. Ma rimane una
maggioranza senza idee che Giolitti lega a s concedendo
favori, soddisfacendo interessi particolari, concedendo voti
quando siaprono le campagne elettorali. Giolitti vive uno
stato di compromesso permanente. Gli effetti sono positivi
per il paese che vive un periodo di sviluppo senza traumi
vistosi, meno positivi invece per il sistema politico che
invece di avviarsi verso la democrazia si ritrova ingabbiato
nel trasformismo. A questo si aggiunge la difficolt nella
politicizzazione del ceto medio, molto variegato e
frammentato: al declino inesorabile della piccola borghesia
urbana e rurale corrisponde una dilatazione improvvisa dei
settori legati allindustria e al pubblico impiego. Cos le
scelte politiche della piccola e media borghesia appaiono
disomogenee: si rifanno al liberalismo, al cattolicesimo, al
radicalismo e in alcuni casi al socialismo riformista. Chi
vota radicali e socialisti altro non che la fascia
progressista e pi avanzate: eguaglianza, libert,modernit
sono le parole dordine dei socialisti quindi attrattive,
contro il vecchio potere, anche per alcuni del ceto medio.
Pochi si convertono al marxismo, mentre molti apprezzano la
spinta positivista assieme a certi spunti umanistici e
populistici:ecco il perch soprattutto al Nord i socialisti
acquistano alcuni consensi tra i borghesi. Libro pi letto
Cuore che riassume tutti gli stereotipi della cultura
positivista e tra i poeti si apprezza Pascoli partecipe al
destino degli umili, protagonisti di una epopea nazionale
riletta in chiave populistica. La realt sociale cos povera
e ingiusta indigna e emoziona il borghese, che per non
ripudia la patria-matrigna ma li spinge ad educare il popolo
e migliorarne le condizioni di vita, proseguendo la missione
ideale del Risorgimento. La militanza socialista non
vissuta come contraddizione al loro forte sentimento
nazionale per lo meno fino a quando a capo del Psi ci sono i
riformisti. Tutto questo spiega sia il boom di voti dei
socialisti sia la crescita delle frange massimaliste entro
il Psi. Lascesa dei massimalisti alla guida del Psi,
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contrari ad ogni accordo con la borghesia e fortemente
avversi alla propaganda nazionale,allontana il ceto medio
dal Psi. IN teoria ora questo elettorato di ceto medio
progressista dovrebbe trovare come sfogo la creazione di un
centro democratico,potenzialmente maggioritario. A
vanificare il progetto di un polo democratico di sinistra
contribuisce anzitutto il Psi dove le correnti riformiste
favorevoli allaccordo vanno in minoranza. Ma conta anche il
fatto che radicali e democratici, eredi garibaldini e
mazziniani, non hanno una struttura nazionale organizzata.
Varie associazioni di volontariato assicuravano la loro
presenza nella societ civile con un forte radicamento in
alcune zone e totale assenza in altre. Mancava una guida
centrale nonostante la nascita del Pri nel 1895 sul modello
organizzativo del Psi. Ma radicali e repubblicani non
credono nei partiti e questo li condanna allemarginazione
politica. Le cose non cambiano nemmeno nel 1900, anche se si
costituisce il partito radicale. Si accentua anche la
distanza tra la rappresentanza parlamentare e i punti di
forza a carattere locale: su parole dordine anticlericali,
laiche e una piattaforma progressista radicali e
repubblicani vanno bene alle amministrative. La forte
opposizione antimonarchica li porta a non voler entrare in
nessun esecutivo, anche quando Giolitti offre loro
loccasione. Ci non toglie che Marcora ancora voti quasi
sempre a favore del governo,ricevendo in regalo da Giolitti
la carica di Presidente della Camera. Ma tutto ci non
rafforza i radicali e repubblicani che restano un fenomeno
ridotto e senza scala nazionale. Non sfruttano la loro forza
coalittiva, che poteva renderli vitali per certi governi, e
anzi si fanno risucchiare dalla prassi trasformistica
imperante in Parlamento perdendo la fiducia degli elettori.
Piano piano si avverte la rottura tra la tradizione e le
avanguardie che avevano fatto da ponte tra i socialisti e la
piccola borghesia urbana : nasce la polemica contro il
positivismo, contro le scienze sociali,contro lumanismo
commuovente, che sfociano poi nel manifesto dei futuristi e
nella rivista la voce e che comunque accomuna una
variegata quantit di persone da DAnnunzio, Prezzolini a
Marinetti. Il mondo intellettuale si presenta molto
disarmonico e variegato e quindi incapace di diventare un
punto di riferimento per le forze democratiche Lambizione
di educare gli italiani a un nuovo senso civico si traduce
in una polemica intransigente contro lItalia di Giolitti,
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dellamministrazione centralizzata, della cultura accademica
imbevuta di retorica, della corruzione politica. Tuttavia
Papini, Salvemini, Amendola che scrivono tutti sulla voce
parlano lingue diverse. Ancora pi confusa la propaganda
futurista che esalta il superomismo,lazione, la forza, la
velocit, la bellezza della lotta fino a definire la guerra
la sola igiene del mondo. Sono contro-valori che affascinano
i borghesi. Anche i futuristi vogliono abbattere litalietta
giolittiana ma non per introdurre una morale pi rigorosa,ma
per il dovere dello sforzo, la visione dellumile giornata
come missione ecc e teatralizzano tutto e sperimentano
nuove forme di comunicazione adatte alla societ di massa
(come i manifestini lanciati dalla torre dei Mori di
Venezia) rispondendo cos alla perfezione e alla voglia di
partecipare del ceto medio., soprattutto a quei giovani
disoccupati usciti dalle scuole superiori che sono
lavanguardia del proletariato intellettuale. Ai pi
sembrano innocue pazzie di artisti, mode culturali, la
grande industria del vuoto coma la chiama Croce. Eppure
teatro e cultura ora non sono pi privilegio di pochi. Da
una parte appunto c chi sminuisce il valore di queste
cose,dallaltra invece evidente che gli intellettuali
cominciano a porsi come avanguardisti del cambiamento, con
azioni che cominciano ad avere riflessi anche in politica.
Il nazionalismo antigiolittiano nasce nel 1903 dalla penna
di Enrico Corradini che raccoglie, attraverso la rivista il
Regno, tutti i borghesi patrioti.
6. sviluppo e modernizzazione
Dal 1882 lItalia fa parte della Triplice Alleanza cosa che
aveva creato tutti i problemi legati alle terre irredente di
Trentino, Venezia Giulia ecc.. In compenso Austria e
Germania avevano incoraggiato lItalia a cercare una
espansione verso lAfrica mediterranea. Ma i primi passi
coloniali erano stati un fallimento e lultima avventura di
Crispi in Abissinia si era convertita in 7000 morti ad Adua
(1896): questo aveva smorzato lentusiasmo coloniale. Ma per
vari contrasti con lAustria lItalia comincia a ritessere
rapporti con la Francia, dando il via ai giri di valzer di
cui parla von Bulow(cancelliere tedesco) che per ora vengono
tollerati. Giolitti nel frattempo ammette pubblicamente di
ritenere impossibile il sogno dellimpero coloniale perch
c troppa disparit tra i fini e i mezzi. Questa linea
prudente ovviamente non piace ai giovani nazionalisti che
sbavano sulle future ceneri dellimpero ottomano. Si crea
13
quel clima di ansia di cannoneggiare, spargere fiumi di
sangue, conquistare, guerreggiare di cui parla Croce e che
apre la strada alla I G.M. Ma soprattutto la crescita
economica a far credere che lItalia possa entrare tra le
grandi nonostante lo sviluppo italiano sia pi lento di
quello di altri stati. Al ritardo contribuiscono ritardi di
partenza e interventi massicci, ma irrazionali, da parte
dello stato. Il sostegno statale alla siderurgia
elinvestimento delle banche miste portano un forte sviluppo
del settore (nel 1904 la Societ Ferriere italiane, con la
mediazione del Credito Italiano, ottiene la possibilit di
aprire un impianto siderurgico a Bagnoli). Le industrie
elettriche e meccaniche giovano della statalizzazione delle
ferrovie e della telefonia (1903-5). Boom anche del chimico.
Le industrie tessili cominciano quel declino irreversibile
che le porter a diventare una industria minore. I dati del
censimento industriale del 1911 dicono chiaro per che lo
sviluppo concentrato nel triangolo industriale Milano-
Torino-Genova. Si ha un forte spostamento di lavoratori
dalla campagna alla citt dove i salari sono pi alti e dove
sono molto attraenti i modelli di consumo. Tutti i centri
urbani i sventrano, si allargano, si scatena la febbre
edilizia. Si abbattono case vecchie e malsane, si
sostituiscono le strade strette con strade ampie e alberate
secondo i nuovi canoni delligiene urbana. Una sorta di
horror vacui pervade i borghesi che riempiono le case di
tende, arazzi, soprammobili, vasi, mobilio simbolo della
loro realizzazione. LItalia vive effettivamente meglio:
aumentano consumi,risparmi, migliora lalimentazione e le
norme igieniche. Aumenta la speranza di vita. Del 1888 la
legge che riassetta completamente le strutture sanitarie. Si
cominciano a costruire fognature, acquedotti, macelli e
mercati pubblici. Rimane diffusa la tubercolosi e nel 1911
c una gravissima epidemia di colera. La lotta contro
lanalfabetismo combattuta con coraggio da Giolitti: la
legge sullistruzione del 1911 solo latto finale. Vittorio
Emanuele Orlando, ministro dellIstruzione, presenta
addirittura una proposta di legge con lobbligo scolastico
fino a 10 anni. Risalgono al1901 le due associazioni
nazionali che riuniscono gli insegnanti che chiedono
miglioramenti salariali, ma si battono anche per rinnovare
gli studi e gli orientamenti didattici. Per dieci anni il
dibattito sullistruzione di cos alto livello
(Salvemini,Gentile) che Salvemini stesso comincia a sognare
14
un partito della scuola con il compito di formare le nuove
elite italiane (perch se anche Giolitti ha a cuore il tema
dellistruzione lintero sistema giolittiano a
diseducare).Per quanto odiato il governo giolittiano
motore del progresso: raddoppia la spesa pubblica in 20 anni
e molti di questi soldi vanno al Sud, nonostante sia ancora
forte leco della polemica dei meridionalisti. Il Giolitti
definito da Salvemini il ministro della malavita, in dieci
anni fa varare varie leggi per il Sud ( riassetto
idrogeologico del territorio, lotta contro la malaria,
incremento rete stradale e ferroviaria e alcuni
provvedimenti specifici per la zona di Reggio Calabria e
Messina rase al suolo da un terremoto o per lo sviluppo
industriale di Napoli ecc..). Leconomia meridionale, legata
allagricoltura, risente del declino della stessa che perde
consistenza nelle attivit che producono Pil. Ma la
produttivit al sud e molto molto inferiore rispetto a
quella del Nord, a parit di ettari di coltivazione. A
ostacolare lammordenamento contribuiscono i rapporti di
produzione e lavoro, ancora semi-feudali e il peso
schiacciante del cronico sovraffollamento che non si
alleggerisce nemmeno con lemigrazione. Lemigrazione assume
livelli consistenti e questo, invece di frenare i
nazionalisti, verr usato come arma politica: occorre
conquistare nuove terre italiane per dare lavoro ai troppi
figli dItalia. E il freno a tutto Giolitti. Come colpa
di Giolitti lascesa del Psi, la crescita del sindacalismo
(nasce nel 1906 la Cgl) e del conflitto sociale Nel 1909
infatti boom dei socialisti, ma anche dei radicali i quali
denunciano indignati gli accordi tra cattolici e liberali
che portano allelezione di ben 16 deputati cattolici.
Provocatoriamente i radicali candidano e fanno eleggere
Romolo Murri nelle loro file. Salvemini invece,pubblicando
lopuscolo il ministro della malavita, denuncia brogli e
violenze durante le elezioni. Il clima intorno a Giolitti
infuocato: decide di fare un passo indietro non rinunciando
la potere, ma indietreggiando per un po pur mantenendo i
contatti con tutti. E anche per questo che il governo
Sonnino dura tre mesi. Gli succede Luzzatti che guida un
esecutivo guidato da Giolitti appoggiato dai giolittiani con
un programma di riforme cos avanzato da essere appoggiato
da radicali,socialisti,repubblicani. Si solletica il sogno
del suffragio universale. Resta debole il movimento
femminista: nei primi del 900 attive sono le donne
15
socialiste e laiche impegnate soprattutto nella tutela del
lavoro femminile le prime, sulla parit dei sessi le
seconde. Sulla richiesta di suffragio universale sono
daccordo tutte le associazioni femminile eccetto che quelle
cattoliche (Unione donne cattoliche) che delimitano la
rivendicazione del voto alle amministrative. Il consiglio
nazionale delle donne italiane si d come obiettivo il
suffragio e si federa allInternational council women. Nel
1907 le suffragette riunite in un Comitato nazionale pro-
suffragio presentano in Parlamento una petizione con le
firme autorevoli di Teresa Labriola e Maria Montessori. La
mozione respinta, ma il tema ripotato in voga lanno
dopo durante i lavori del I congresso nazionale delle donne
italiane a cui si presenta anche la Regina Elena a dare
ufficialit alla manifestazione (disertata invece dalla
Kulischoff, compagna di Turati e signora del socialismo
italiano per lei troppo retorica, vuota e simile a una
sfilata delle dame di carit). Si trattano molti temi tra
cui, molto audace per il tempo, il tema della violenza
carnale e del matrimonio riparatore, e del diritto di voto.
Laici e socialisti applaudono comunque Luzzatti quando si
dichiara pronto al suffragio universale maschile. E quando
Luzzatti cade e torna al governo Giolitti la promessa
mantenuta. Nel 1912 la camera approva la legge elettorale
che estende il diritto di voto a tutti gli uomini anche
analfabeti che abbiano compiuto il servizio militare
eabbiano 30 anni.
7. la chiesa e l'impegno politico dei cattolici
Nel 1911 si festeggiano i 50 anni dell'unit d'Italia.
Mentre la retorica ufficiale parla di patria e monarchia
molte voci si dissociano dal coro. La Chiesa accusa lo stato
italiano di vantarsi di una storia da cui sono state epurate
le glorie del Papato. Ma anche i socialisti rovineranno il
50ennale, con manifestazioni di protesta: non si pu parlare
di una patria unica se ne esistono due, una ricca e una
povera, quella del Nord e quella del Sud, quella delle
campagne e quella delle citt. E di bugia nazionale parlano
anche i meridionalisti. Al centro delle polemiche sempre
Giolitti, che fa sempre pi fatica a dialogare con destra e
sinistra. I nazionalisti (organizzati dal
1910nell'associazione nazionalista) agitano le acque della
destra che si accomodata sulla prassi trasformista: il
fallimento del governo Sonnino ha dato un segno chiaro del
logoramento del fronte conservatore e non tramontano le
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speranza di svolta autoritaria contro la monarchia
socialista troppo tenera col Psi. In realt i conservatori
hanno avvallato i compromessi elettorali coi cattolici,
divenuti sostegno fondamentale per la destra liberale. Anche
in occasione delle elezioni del 1913 i cattolici, timorosi
dell'avanzata del Psi, chiamano la destra liberale
all'accordo. Nel frattempo per cresce il desiderio di
autonomia della base cattolica, che non vuole pi vedere
pilotati i propri voti verso i liberali: la bandiera del
partito politico passata da Murri a don Luigi Sturzo,
futuro capo del PPI, pi prudente nei rapporti col capo
della democrazia cristiana e molto attento a non entrare in
rotta col Papa. Il tutto mentre Pio X scatena una guerra
senza quartiere alla modernit (ormai allo scontro
frontale coi modernisti) e la Chiesa in pieno allarme per
la diffusione, tra i suoi, di queste tendenze che portano a
chiedere l'apertura al socialismo e la richiesta di un
profondo rinnovamento nel rapporto con le gerarchie
ecclesiastiche. Al punto che nel 1907, con decreto del santo
uffizio, si condanna ufficialmente il modernismo come
pensiero contrario alla dottrina cattolica e 3 anni dopo
viene imposto ai sacerdoti, al momento dell'ordinazione, il
giuramento antimodernista. L'ondata anti clericale che ne
consegue indispettisce il Papa che blocca i pellegrinaggi a
Roma mentre si fa sempre pi stretto il controllo sugli
attivisti cattolici sopratutto quelli che appaiono troppo
attratti dalla modernit. Nel 1906 dalle ceneri dell'Opera
dei Congressi nascono:
- l'Unione popolare tra cattolici d'Italia
- l'Unione elettorale cattolica italiana
- l'Unione economico-sociale dei cattolici italiani tutte
strettamente subordinate al clero. Entro l'ultima di queste
si sviluppano vari sindacati di categoria, cio federazioni
di mestiere su base nazionale, che nel 1910 confluiscono nel
Segretario generale delle unioni professionali, nucleo
originario della Cil (confederazione italiana dei
lavoratori)che nascer dopo la I G.M. In questo ambito i
sindacalisti cattolici si ritagliano uno spazio di azione
senza incorrere nella censura della Chiesa. Con Don Sturzo
si fa comunque chiaro che l'alleanza coi conservatori ha
vita breve: un po' perch gli ideali democratici di Sturzo
contrastano con quelli dei clericali moderati e liberali di
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destra,ma anche perch le alleanze obbligano i cattolici a
nascondersi dietro le bandiere dei liberali alle elezioni.
Sturzo vuole la piena affermazione dell'identit cattolica.
Certo Sturzo d'accordo con le richieste dei deputati
cattolici (difesa della scuola privata,insegnamento della
religione, parit di trattamento delle associazioni
cattoliche ecc..).Ma pensa che , visto che la stragrande
maggioranza della popolazione battezzata e osservante, la
possibilit di un partito cattolico vada ben oltre queste
richieste. Sturzo vuole che i cattolici divengano
determinanti nella formazione degli esecutivi, che non
potranno restare per sempre nelle mani di Giolitti: Sturzo
si iscriva alla lunga lista dei nemici di Giolitti. E' tra
l'altro lo stesso costante patteggiare di Giolitti, che
lascia al Papa e alla Chiesa margini per difendere i propri
interessi, che ritarda la formazione del partito cattolico.
Per il Papa basta organizzare il dissenso insegnando il
vangelo e sfruttando la presenza capillare delle parrocchie
e delle associazioni cattoliche. Pio X non riesce a capire
che la nascita di un partito cattolico potrebbe risolvere il
conflitto tra Savoia e Chiesa.
8. la guerra in Libia
Per Giolitti arrivano i primi lugubri segnali anche dalla
politica estera. Nel 1907 la triplice alleanza si rinnova,
ma il rapporto tra Italia e Germania sempre
logorato,rovinato ulteriormente dall'appoggio italiano alla
Francia in occasione della crisi marocchina del 1906. Ne
migliorano quelli con l'Austria che nel 1908 si incrinano
molto in occasione dell'annessione della Bosnia Erzegovina
all'Impero asburgico, passo compiuto senza neppure avvertire
gli italiani. Ma l'Italia decide di on far seguire a tutto
questo una rottura, ma di usare questi fatti per aumentare
la sua libert di azione. Cos il fatto che l'Italia avvii
una trattativa con la Russia, nemica dell'Austria,nonostante
l'intesa segreta firmata con l'Austria che impegna l'Austria
a consultarsi con gli italiani per ogni movimento nei
Balcani non appare una contraddizione. Certo tutto questo
getta discredito e scarsa fiducia nell'Italia. L'accordo con
la Russia spiana comunque la strada al progetto pensato
dall'Italia intorno a Tripolitania e Cirenaica. Giolitti
rimane contrario alla guerra e al colonialismo,ma sa anche
bene che la colonizzazione della Libia gi cominciata
attraverso una intensa opera di penetrazione commerciale e
finanziaria avvallata da Francia, G.B, Russia. La rivolta
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dei Giovani Turchi del 1908 mette Giolitti di fronte al
rischio che l'Impero ottomano abbia un sussulto, ma anche
che la Francia possa approfittarsene, e lo porta ad
accelerare l'impresa. Nell'estate del 1911, mentre il
Parlamento in vacanza, il re, Giolitti e Antonio di san
Giuliano, ministro degli esteri, decidono la guerra in gran
segreto. A fine settembre, senza l'approvazione delle
camere, si dichiara guerra alla Turchia. Il corpo di
spedizione, di 35 mila uomini salito poi a100mila, con a
disposizione i primi aerei, conquista Bengasi, Tripoli, i
centri della costa. A Novembre la Libia posta sotto la
sovranit piena e intera del Regno d'Italia.Solo a febbraio
la camera vota l'annessione. Dopo 6 mesi a Losanna si firma
la pace con la Turchia anche se resta aperta la questione
del Dodecaneso occupato militarmente dall'Italia. La
triplice alleanza avvalla l'annessione. In parte questo
successo porta nuovi consensi a Giolitti (come dimostra il
cambio di linea editoriale del Corriere della Sera)
dall'ambiente imprenditoriale, nazionalista e delle banche.
E dalle colonne del Corriere che si lancia una grande
campagna pro-guerra in Libia, mentre Pascoli declama la
grande proletaria che s' mossa a cercare terre per i figli:
e la propaganda pro-guerra arriva cos in profondit da
colpire anche il cuore dei socialisti. Lo sciopero generale
contro la guerra del 1911 un fallimento su tutta la linea.
Anche ai cattolici piace la cosa: vedono nella
colonizzazione italiana nuovo impulso all'evangelizzazione.
Il populismo buonista cambia faccia quando passa
dall'esaltazione del soldato all'esaltazione della
prorompente vitalit italiana: i milioni di poveri
disoccupati diventano una risorsa grazie alle nuove terre in
cui possono essere mandati a lavorare, preparando per
l'Italia un destino da potenza. Alla grandezza incitano
sempre le Canzoni delle gesta d'Oltremare declamate da
D'Annunzio che raduna la folla di chi vuole cancellare
l'onta di Adua. Il nazionalismo ha un boom: a Firenze si
fonda l' Idea nazionale sperticatamente favorevole alla
guerra. Ma questa retorica della potenza trascina via i
consensi a Giolitti: la potenza che l'Italia ha dimostrato
in Libia si scontra con l'Italietta giolittiana.
Nell'ottobre del 1911 Giolitti trova nuove difficolt anche
col Psi: Turati rigidamente contrario alla guerra, mentre
Bonomi e Bissolati decidono di sostenere il governo anche
contro le direttive di partito. Il contrasto con i
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ministerialisti, come sono definiti Bonomi e Bissolati, si
acuisce nel1912 quando i due si recano al Quirinale per
congratularsi col Re appena sfuggito ad un attentato. Nel
Luglio 1912 l'ala sinistra del partito chiede e ottiene le
teste di Bonomi e Bissolati che sono espulsi dal partito.
Due giorni dopo nasce il Partito socialista riformista,
definito sprezzantemente da Turati il partito dei candidati,
molto proiettato in Parlamento e senza una base di massa. La
requisitoria pi violenta contro Bonomi e Bissolati la fa
Mussolini che si sta distinguendo per il suo furore
antibellicista( stato lui, assieme a Pietro Nenni, il
sostenitore maggiore dello sciopero generale antiguerra). A
lui il congresso del 1912 affida la direzione dell'Avanti,
mentre Lazzari,esponente dell'ala rivoluzionaria, diventa
segretario. Questo ha riscontro subito nella Cgl, da cui
escono alcuni massimalisti per fondare l'Usi (unione
sindacale italiana): rottura che si consuma sulle linee
della contrapposizione Marx/Sorel(sindacalismo
rivoluzionario: escono opere in cui si teorizza il sindacato
come parte attiva nella conquista del potere attraverso
azioni di boicottaggio, sabotaggio,sciopero). Che il clima
si stia infiammando lo dimostrano varie dimostrazioni a
Ragusa, Parma, Roma che lasciano sul terreno alcuni morti
abbattuti dal piombo della polizia con un Mussolini che
grida all'assasinio di stato. Nel 1913 scoppia lo sciopero
generale contro il governo, senza l'appoggio dei riformisti
della Cgl e del Psi. Ed sempre Mussolini che, con le sue
critiche di fuoco dalle colonne dall'Avanti costringe alle
dimissioni del comitato direttivo confederale. Ormai nel Psi
e nella Cgl la convivenza tra riformisti e rivoluzionari non
pi possibile. Tutte queste mobilitazioni fanno nascere il
terrore dello spettro del comunismo che arriva a riguardare
persino parte dei progressisti. Ottorino Gentiloni, capo
dell'Unione cattolica italiana, offre i voti dei cattolici
ai liberali: cosa molto ben accolta in mezzo a questo clima
di inquietudine:228 deputati su 304 saranno eletti grazie al
Patto Gentiloni. Per facilitare le cose il papa sospende
il non expedit. Lo spirito laico e liberale della classe
dirigente italiana fortemente compromesso. Lancia queste
accuse il Corriere, ma gli fa eco anche il Messaggero che
pubblica la lista dei candidati liberali eletti coi voti
cattolici,provocando imbarazzi e smentite. Lo stesso
Giolitti, per calmare le acque, costretto a ribadire in
Parlamento la laicit delle istituzioni e la sovranit dello
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stato: ma una dichiarazione formale visto che la maggior
parte dei liberali sono ben contenti della situazione. Cos
nonostante l'allargamento del suffragio pochi sono i seggi
guadagnati dai socialisti, mentre vengono eletti due
sindacalisti rivoluzionari (De Ambris e Labriola). Ma sono
anche eletti nazionalisti, meridionalisti e altre forze mai
elette: chiaro il clima che cambia ed chiara ormai
l'incapacit di Giolitti di guidare il paese.
2) LA GRANDE GUERRA (1914-1918)
1. la settimana rossa
Nel 1913 arriva la crisi economica a interrompere una
crescita economica tumultuosa ma comunque inferiore a quella
degli altri stati europei. Orari di lavoro
massacranti,salari bassi, livelli di vita della popolazione
agricola miserabili, legislazione sociale in netto ritardo.
Non a caso l'ondata di protesta popolare che tocca l'Italia
tra le pi acute in Europa. In Congresso del psi del 1914
lancia parole chiave di fuoco:classismo, antistatalismo,
antigiolittismo. Se Treves, capo del socialisti riformisti,
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si dichiara ottimista si dichiara ottimista di poter unire i
grandi ideali socialisti alla lotta quotidiana per le
riforme, dall'altra chiaro che tra le due anime del Psi la
frattura sempre pi ampia. Il fatto che i riformisti
vincano entro la Cgl non riequilibra gran che. Nonostante
tutto il prestigio della scuola di Turati resta alto, visto
il successo del Psi alle amministrative. Eppure si lasciano
alle spalle un gran numero di socialisti che vorrebbero la
vittoria dell'internazionale proletaria sull'internazionale
capitalista. E se la Cgl rappresenta pochi lavoratori, molti
dei quali artigiani e contadini, categorie che vanno
perdendo peso nella nuova realt disegnata dal capitalismo,
i socialisti rivoluzionari godono simpatie di quelle classi
appena salite alla ribalta nella societ industriale. Sono
persone che non vogliono integrarsi nel sistema che
ritengono antidemocratico (i passi verso la democrazia sono
avviati, ma ancora l'Italia non una vera e propria
democrazia liberale). E' chiaro il forte permanere nella
societ di ideali di stampo mazziniano e bakuniniano di tipo
insurrezionalista e populista. E su questo terreno
ribellistico si incontrano i giovani repubblicani
intransigenti di Nenni, i socialisti arrabbiati di Mussolini
(che vede con un occhio di riguardo l'Usi), i sindacalisti
rivoluzionari di De Ambris e gli anarchici del vecchio
Malatesta. Malatesta appena tornato dall'esilio a Londra
tenta di mettersi a capo del movimento insurrezionale
spostandolo su temi antistatalisti e antimilitaristi. La
risposta delle autorit non si fa attendere e gli anarchici
non cercano altro che l'incidente: la prima domenica di
Giugno, festa solenne dello Statuto, trasformata in giornata
di lotta proletaria, finisce nel sangue ad Ancona. Comincia
la settimana rossa: Ancona, Fabriano, Forl, Parma cadono in
mano dei ribelli, in molti comuni si proclama la repubblica
mentre si assaltano gli edifici pubblici, le chiese, le
armerie, si sabotano linee ferroviarie e telegrafiche. La
Cgl cerca di frenare la furia sospendendo lo sciopero
generale, ma non riesce. Mussolini accusa di tradimento i
vertici Cgl, de Ambris invita gli operai di Parma a vendere
le bici e comprare le rivoltelle. Treves definisce teppa i
rivoltosi che hanno vanificato, secondo lui, 25 anni di
lavoro Parlamentare, mentre Mussolini si lancia con violenza
contro Rigola, segretario Cgl. Eppure una parte degli
intellettuali di avanguardia che esprime le inquietudini del
ceto medio non nasconde la propria soddisfazione: la
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settimana rossa si esaurisce su se stessa, ma ha chiaramente
messo in risalto quelle spaccature che il governo non sa pi
governare. Il modello progressista di Giolitti esce
distrutto dalla settimana rossa, mentre si rafforzano le
aree autoritarie del Parlamento che fanno capo a Salandra
(destral iberale cio liberal-consevatori, corte, esercito,
clerico-moderati+destra espressione dell'intraprendenza ed
dell' espansionismo del capitalismo, in cui cresce il
nazionalismo). Sono due anime accomunate dall'ostilit al
suffragio universale e che vogliono un esecutivo forte, con
un parlamento rigidamente controllato e , in caso di
bisogno, un uso autoritario del potere. Il ritorno allo
statuto ritorna al motto, la Germania guglielmina il
modello.
2. la guerra in Europa
Il 28 Giugno 1914 Gavrilo Princep uccide Francesco
Ferdinando D'Asburgo, erede al trono d'Austria (rivedi libro
su come scoppia la guerra). L'Italia non un nemico
temuto, ritenuta giovane, con poche risorse, disorganizzata
e con un esercito senza esperienza; dal punto di vista
coloniale si appena affacciata in Africa riscuotendo
sonore batoste. E' legata da anni a Germania e Austria, ma
ha avuto abbastanza libert da stringere buoni rapporti con
molti stati, Francia compresa: l'ultima cosa che l'Italia
vuole quindi essere trascinata in una guerra di questo
tipo in cui neppure gli altri stati europei hanno voglia di
entrare. Ovviamente negli ambienti clericali filo-austriaci,
in quelli nazionalisti e liberal conservatori c' chi chiede
di prestare fede alla parola data. Ma si ribadisce pi volte
che la Triplice alleanza prevede l'intervento solo se un
alleato aggredito e nel conflitto tra Austria e Serbia
l'Austria non certo la vittima. Il no all'Austria e
Germania del governo Salandra libera l'Italia da un patto
ormai scomodo consentendo una maggiore autonomia di
decisione. E sono pochi coloro che nell'estate del 1914
sarebbero disposti a far scoppiare la guerra, con gli
arsenali svuotati, la maggior parte delle truppe in Africa e
un clima di tensione sociale tale che una sconfitta militare
darebbe probabilmente il via alla rivoluzione. Ci si pu
invece giovare della neutralit per rafforzarsi e magari
ottenere qualcosa. Una volta accertato che l'Italia non ha
intenzione di entrare in guerra, l'Austria ha tutto
l'interesse a vedere l'Italia che rimane neutrale e potrebbe
fare qualche concessione per garantirsi l'appoggio italiano.
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In pi l'Italia fuori dalla guerra potrebbe vendere agli
altri stati in guerra varie risorse, fondamentali in paesi
in cui si tende pi a distruggere che a produrre. Ma questo
una illusione: l'Italia manca della materie prime per
avviare la produzione, in primis di carburante che importa
dalla G.B che per nel 1914lo impiega tutto nella guerra e
sempre dalla G.B dipendono i granai americani da cui
l'Italia importa. La guerra paralizza i commerci e mette in
crisi le banche e le imprese che invece avevano sperato di
poter guadagnare sulla carneficina imminente. E'allora,
quando vedono chiusa la via del guadagno con la neutralit,
che banchieri e industriali cominciano a premere per
l'intervento a fianco di Francia, Russia e Inghilterra. Le
potenze dell'Intesa hanno tutto l'interesse ad aprire un
fronte a Sud che accerchi definitivamente gli stati centrali
e questo fa brillare gli occhi di imprenditori e banchieri
che gi fiutano il mare di commesse statali. Tra le banche
la Banca commerciale, legata a Giolitti, fa campagna
neutralista, mentre la neonata Banca italiana di sconto,
finanziata da gruppi finanziari francesi e legata
all'Ansaldo, spinge per la guerra. E ovviamente questo pesa
sull'opinione pubblica: i grandi imprenditori e banchieri
cominciano a finanziare giornali interventisti al punto,
piano piano, di prendere il controllo diretto di alcuni
giornali. In due anni gli industriali siderurgici comprano
l'Idea nazionale e, tramite l'Ansaldo, il messaggero, il
secolo XIX e,attraverso la pubblicit, pure il giornale di
Mussolini Il Popolo d'Italia. Inflazione crescente e
disoccupazione aiutano gli interventisti. Tra il 1914 e il
1915 i rapporti di prefetti e questori, sopratutto del sud,
sembrano bollettini di guerra con assalti agli edifici
pubblici, ai forni... le rivolte per la fame si legano a
quelle contro la disoccupazione acquistando dimensioni
allarmanti. Quanto basta per creare serie difficolt al
governo che teme i rivoltosi e teme l'opinione pubblica
borghese sempre pi spaventata. E' un terreno ottimo,
questo, per gli interventisti che facendo leva su queste
paure possono scardinare la maggioranza parlamentare
giolittiana che imprigiona il governo Salandra. E pure i
ribellisti sono pro-guerra: anarchici,sindacalisti
rivoluzionari, socialisti estremisti vedono nella guerra
l'occasione per far scoccare la scintilla della rivolta. Ma
l'asse portante dell'interventismo resta la media e piccola
borghesia. Non a caso la propaganda interventista non si
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rivolge al palazzo,ma alle piazze con uno stile politico
rumoroso e teatrale, quasi spettacolarizzato modello che i
socialisti si erano dati spontaneamente appena nati,
dovendosi rivolgere a una dimensione di massa: non un caso
che Alfredo Rocco, nazionalista, afferma il bisogno della
destra di contendere le piazze alla sinistra per farne il
palcoscenico dell'interventismo. Si rompe il grigiore della
politica, si attrae, si mobilita.
3. gli interventisti
I nazionalisti sono i pi abili nel cogliere al volo le
potenzialit della nuova politica spettacolo e a questo
contribuisce moltissimo D'Annunzio. Ogni discorso di
D'Annunzio al popolo arte, viene tramutato in uno
spettacolo teatrale, amplificato dai riflettori della
stampa, sempre puntati su di lui e che danno, sopratutto il
Corriere della sera, ufficialit alla sua propaganda.
D'Annunzio pone l'appello alla guerra al vertice di una
visione esaltante della storia nazionale che dai popoli
italici, passando per Roma e le repubbliche marinare, arriva
a Garibaldi e alla monarchia dei Savoia attraverso cicli di
gloria, declino, gloria. I nemici pi pericolosi, afferma
D'Annunzio,non sono tanto quelli esterni, ma quelli interni
spenti, vecchi pronti a condannare l'Italia al marchio
servile, avvolgendola con la plumbea cappa senile: occorre
quindi la forza e la vitalit dei giovani per sconfiggere il
nemico annidato all'interno, per poi rivolgere la potenza
verso l'esterno. Il nemico interno ovviamente l'italietta
giolittiana, ipocrita e trasformista, che attende che
l'Austria conceda il parecchio di cui parla Giolitti. Tra
Giolitti e i nazionalisti non c' via di dialogo, avendo
fatto i nazionalisti proprio l'irrazionalismo che mira alla
pancia e non alla testa smuovendo l'istinto. La retorica
D'Annunziana, irrazionale e seducente, piace anche ai
democratici,ai riformisti e persino ai socialisti pi colti.
Il fronte interventista molto disarmonico e la diffusione
del patriottismo e di alcune metafore e idee annunciate da
D'Annunzio stesso si diffondono e aiutano la compattezza.
Delenda Austria il motto dei democratici interventisti,
avversi alle autoritarie Austria e Germania in difesa dei
popoli oppressi: gli italiani delle regioni irredente, i
ciechi, gli slovacchi, i serbi, i croati ecc.. La guerra
diventa guerra di liberazione di popoli sottomessi da imperi
autoritarie militaristi che sono i veri responsabili della
guerra. La vittoria nella guerra significher una Europa
25
libera e pacificata in cui potr fieramente sedere una
Italia definitvamente democratica. Delenda Austria per i
nazionalisti significa invece riprendersi Trento e Trieste e
dare il via alla caccia espansionista sulle ceneri
dell'Impero. E non per la pace: vogliono la militarizzazione
per riportare all'ordine le masse, vogliono formare una
classe dirigente autorevole e autoritaria. Sono fronti
opposti, quello democratico e quello nazionalista, che per
aiutano entrambi alla nazionalizzazione, ad aumentare il
senso di appartenenza. Rimane l'interrogativo se il
sentimento nazionale si svilupper in senso autoritario o
democratico, se prevarr ilvalore della libert o quello
della potenza. Altra roba ancora i futuristi: Marinetti non
interessato dalla guerra patriottica, ma dalla guerra in
quanto sforzo ginnico, festa sportiva, avventura, conflitto,
un grandioso ritorno alla natura che riporta l'uomo alla sua
natura ferina. Il bagno di sangue servir a purificare e
rigenerare la nazione cancellando i vigliacchi e facendo
trionfare arditismo, aggressivit, attivismo al motto di
amiamo la guerra. Se per ora la carica violenta dei
futuristi utile alla propaganda interventista, in realt
essa potenzialmente sovversiva verso lo stato. Toni simili
li ritroviamo anche nei discorsi di Mussolini, De Ambris. In
questi ambiti si chiede una guerra perch il proletariato
non pu restare passivo di fronte alla prospettiva di una
vittoria del militarismo e dell'imperialismo austro-tedesco,
del kaiserismo e del pangermanesimo: la guerra diventa lotta
di classe, cos come lotta di classe l'opposizione al
governo che, con la neutralit, lascia vivere l'Austria
(tenere conto che Psi e Cgl sono neutralisti). Gli
interventisti rivoluzionari, rotti i legami con gli ex
compagni, subito si danno ad una esaltazione della guerra in
s, usando toni tipicamente da futuristi. Mussolini sulle
colonne del Popolo d'Italia scrive due motti:-chi ha del
ferro ha del pane (Blanqui)-la rivoluzione un'idea che ha
trovato delle baionette (Napoleone)L'ingresso degli
interventisti rivoluzionari nella scena politica inasprisce
moltissimo il dibattito: Mussolini spara a zero contro il
governo minacciando guerra o rivoluzione esi rivolge al Re
con gli stessi toni o guerra o repubblica. Il potenziale
eversoriopresente in Italia ormai altissimo.
4. La sconfitta dei neutralisti
Nell'agosto del 1914 la maggior parte della popolazione
indifferente alla ventata bellicista. La guerra appare
26
lontana ai pi, rassicurati dalla neutralit ribadita il
primo agosto dal governo. Usi e socialisti denunciano
l'ennesima guerra della borghesia che costringe le masse
proletarie a combattere per il proprio interesse, inventando
falsi nemici e corrompendo l'opinione pubblica. A questo
inganno hanno ceduto i compagni francesi, tedeschi che hanno
decretato la morte dell'Internazionale socialista. E se
anche tra le file socialiste qualche dubbio c' il partito
decide di rimanere fedele alla linea internazionalista.
All'annuncio delle prime defezioni (fa clamore quella di
Mussolini) il Psi ribadisce la neutralit. Al coro dei no
nel frattempo si aggiunge quello del neo eletteo Benedetto
XV che il 1 novembre 1914, ex cathedra, condanna la guerra,
mettendo a tacere le voci entro la Chiesa favorevoli alla
guerra (la neutralit assoluta della Chiesa una cosa,
l'orientamento dei cattolici un'altra). Psi e Chiesa
rassicurano cos le campagne, dove i contadini vivevano con
terrore il rischio dello scoppio della guerra. La battaglia
neutralisti-interventisti si conferma come una battaglia
urbana che coinvolge prevalentemente i ceti medi, usati come
armi di pressione sull'opinione pubblica dagli
interventisti. Il re attratto non poco dalla prospettiva
di essere il completatore dell'Unit d'Italia, con una
guerra che dia all'Italia le terre irredente:dopo aver
affidato la difesa della corona a Giolitti, con la crisi del
sistema giolittiano decretata dalla settimana rossa, il re
sente di nuovo la Corona messa a rischio (il preambolo della
triplice Alleanza prevedeva un accordo di tipo conservativo
dell'ordine interno ai 3 stati coinvolti, con la finalit di
rafforzare l'ordine monarchico), ormai poco difesa in
Parlamento. Rotto l'accordo con gli stati centrali Vittorio
Emanuele III ha bisogno di trovarsi altri alleati. Di certo
non la repubblica francese, nemmeno la monarchia
costituzionale della G.B, ma la monarchia assoluta Russa,
legata da ottimi rapporti coi Savoia, appare una alleata
perfetta. Partecipare alla guerra ha anche altri risvolti:
la militarizzazione del paese fondamentale per sostenere una
guerra comporta ordine e disciplina e obbedienza cieca
all'autorit costituita: ottimo sistema permettere a tacere
la teppa. In questo il re aiutato dal Governo Salandra
(ora c' Sidney Sonnino agli esteri), con una forte
accelerazione autoritaria del paese e un tentativo di
ritorno allo Statuto. Ma l'esecutivo deve muoversi
lentamente: il generale Cadorna dichiara senza mezzi termini
che l'esercito non pu affrontare una guerra. Salandra si
pone in quella neutralit che permettete di esplorare sia il
terreno dell'Intesa sia dell'Alleanza (si presenta una bozza
con le richieste italiane sia alla Triplice intesa che alla
triplice alleanza: l'Italia non riceve risposta dagli ex
alleati).Risponde dopo un mese l'Austria, che pur di non
trovarsi con un fronte aperto al sud,offre all'Italia il
27
Trentino. Sonnino si intestardisce e rifiuta: vuole anche
Trieste, la Dalmazia, l'Albania, Gorizia. A Febbraio
Salandra e Sonnino si decidono per un entrarain guerra a
fianco della triplice Intesa. Le vittorie riscontrate
dall'Intesa e la possibilit che la guerra sia veloce
mettono fretta al governo che, accontentandosi della
promessa di veloci miglioramenti da parte di Cadorna, ignora
l'impreparazione dell'esercito. Resta da vincere la
resistenza del parlamento, usando proprio quegli
interventisti il cui furore bellico ormai incontenibile.
Anche i neutralisti si muovono: tentano di far sentire la
propria voce nelle piazze e scatenano contro reazioni
fortissime da parte degli interventisti. Si hanno scontri di
piazza, ma tutti si risolvono a favore degli interventisti,
in soccorso dei quali interviene sempre la forza pubblica
(prefetti e questori hanno avuto l'ordine di impedire i
comizi neutralisti e di agevolare quelli interventisti). Il
tutto mentre media-borghesia, piccola borghesia e cattolici
se ne restano a fare gli spettatori passivi. IL 7 Maggio del
1915,con la pressione degli interventisti che si ormai
fatta insostenibile per il Parlamento, Sonnino e Salandra
firmano il patto segreto di Londra dopo che l'Intesa ha
accettato le richieste italiane: Trentino, Venezia Giulia,
Istria (eccetto Fiume) e una parte della Dalmazia. A questo
punto il parlamento messo di fronte al fatto compiuto e
non pu che ratificare (pressato anche dal re che annuncia
l'abdicazione in caso di mancata ratifica). (siamo di fronte
a una manovra antiparlamentare, ad un ricatto vero e
proprio: qualcuno l'ha definito colpo di stato).
Giolitti in aula chiede la rottura del patto di Londra e di
riaprire la trattativa con l'Austria: riceve la solidariet
di 300 deputati che gli lasciano il biglietto da visita in
casa. Salandra costretto alle dimissioni. A questo punto
di scatena D'Annunzio che incita con comizi di fuoco la
plebe in piazza Montecitorio, scelta come luogo simbolo
dello scontro tra l'Italia giovane e guerriera e quella
vecchia e grigia del Parlamento:sono le radiose giornate di
maggio. E' il colpo di grazia che piega i neutralisti.
Quando Salandra si ripresenta alla Camera il Parlamento
atterrito e stanco: Giolitti lascia il Parlamento e Roma
ancora prima di sapere l'esito delle votazioni, che appare
scontato. Esplode la protesta dei neutralisti: a Torino
interviene l'esercito per abbattere le barricate e riportare
ordine. Il Parlamento concede pieni poteri al governo,
esautorandosi da solo del potere.
5. L'Italia in guerra
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Il 23 maggio del 1915 l'Italia dichiara guerra all'Austria.
(nel 1916 alla Germania). Con una serie di decreti si
restringono le libert della popolazione e si aumentano i
poteri delle forze armate, dando il via alla
militarizzazione dello stato. Ai militari si affida la
gestione del settore economico bellico. Si arriva ad una
progressiva esautorazione del potere legislativo attraverso
l'uso massiccio della legislazione eccezionale.
Nell'esercito la disciplina applicata con una durezza che
rasenta la crudelt conquasi 4 mila condanne a morte, di cui
750 davvero compiute. Il delitto pi grave
l'insubordinazione, ma si incorre nel processo anche per una
semplice ombra di resistenza: si incorre in sanzioni
durissime fino alle esecuzioni sul posto e alla decimazione
se insubordina un intero reparto. Sono sistemi rarissimi
nell'esercito francese, inesistenti in quello inglese.
Cadorna vive per nella convinzione che solo cos, con la
paura e l'intimidazione, si possa mantenere l'ordine e avere
un esercito rispettoso della gerarchia e disciplinato. La
truppa demotivata e in alcuni casi riottosa. Il tutto
condito da un numero impressionante di morti: 800 mila in
due anni,su un esercito che arriva a contare 5 milioni e 700
mila soldati. Alla strage contribuisce la strategia
offensiva di Cadorna che scatena attacchi privi di senso,
riscuotendo solo fallimenti, ma continua tenacemente nella
idea di voler sfondare a est per ricongiungersi con l'armata
russa: pare non accorgersi, Cadorna, che su tutti gli altri
fronti europei si scatenata una guerra di logoramento in
trincea. Gli attacchi di uomini contro i carri armati si
risolvono in una carneficina: la prima guerra tecnologica
e le vecchie regole non valgono pi, ma Cadorna non lo
capisce,limitandosi a sapere che gode di una buona quantit
di carne da mandare al macello in un terreno, il Carso, del
tutto inadatto a scavare trincee. Occorre quindi lanciare
assalti che falliscono quasi tutti se non quello che
comporta la conquista di Gorizia ad un prezzo assurdo di
vite umane: il morale della truppa crolla e invece di
glorificare la conquista di Gorizia, la citt viene
maledetta nei canti. I soldati sono stanchi da mesi di
marcia per le montagne, sporchi e vittime dei parassiti,
assetati e affamati perch neppure gli approvvigionamenti
funzionano, l'equipaggiamento non adatto per la guerra in
montagna e ormai i morti e i feriti sono cos tanti che non
si riesce a rimandare i cadaveri alle famiglie. Pochi sono i
29
sottoufficiali a contatto quotidiano con la truppa, mentre
gli ufficiali sono lontani dall'orrore protetti dai loro
privilegi (nell'esercito inglese il benessere della truppa
fondamentale, al punto che ufficiali e truppa condividono lo
stesso rancio). Pause, licenze sono rarissime mentre i
soldati sono tenuti sempre all'erta, sempre incitati
all'assalto, tenuti sotto pressione come stabilisce il
comando supremo. Cadorna fa cadere sotto la sua scure anche
molti ufficiali che non si dimostrano adatti a reggere il
ritmo. Ci sono numeri impressionanti per quel che riguarda
le automutilazioni e le diserzioni, molto pi alte di quelle
di ogni altro esercito. Si sospetta anche che molti siano
caduti volontariamente prigionieri al punto che l'Italia
decide di non inviare gli aiuti ai prigionieri (cosa
considerata irrinunciabile per Francia e Inghilterra): quasi
100 italiani muoiono di fame nei campi di prigionia. Crolla
lo stato d'animo anche per la truppa volontaria, partita con
le migliori intenzioni patriottiche. E tra i soldati
socialisti che non hanno rinnegato la fede
internazionalista, serpeggia l'odio per la borghesia
capitalista, imperialista, guerrafondaia ritenuta colpevole
di ogni morto: il cameratismo per viene interpretato come
segno di una scoperta della coscienza di classe. Si sviluppa
tra i soldati una forte solidariet che li unisce contro il
nemico (sial'austriaco che l'ufficiale italiano). Lo stesso
ordine gerarchico dell'esercito riflette la gerarchia
classista instaurata dai borghesi, ordine da distruggere.
Cos nei canti delle truppe si diffondono invettive contro i
padroni e i borghesi. Nell'Ottobre del 1917comincia la
controffensiva austriaca, appoggiata anche dai tedeschi
liberati dal fronte russo: le linee italiane sono sfondate
fino al Tagliamento e di li a poco fino al Piave. Il
territorio nazionale invaso, intere popolazioni tornano
sotto il dominio austriaco. La rotta di Caporetto mette in
ginocchio l'esercito italiano che, dovendo evitare una
manovra di accerchiamento, lascia al nemico una quantit
ingente di approvvigionamenti e armi. Si diffonde il panico
tra i civili e i soldati, mentre gli ufficiali scaricano le
colpe sulla teppa socialista che ha sobillato l'esercito con
la sua propaganda disfattista (sar una commissione di
inchiesta a fine conflitto a far emergere i gravissimi
errori militari di Cadorna). Il primo bollettino ufficiale
accuser per la sconfitta la II armata, ritiratasi senza
combattere, arresa subito al nemico. Si radica l'idea di
30
antinazione in forte spregio agli ideali nazionali.
Nell'estate del 1917esplode, con epicentro Torino, un
terremoto di agitazioni popolari.
6. il fronte interno
Il pungo di ferro stringe anche i civili senza che Salandra
si interessi del fatto che questo non fa che peggiorare
l'odio verso una guerra gi non condivisa dalla popolazione.
Nella convinzione della guerra lampo nessuna propaganda
viene fatta sulla guerra, per dare una giustificazione
ideale alla guerra e offrire sostegno morale alla
popolazione. C' sicuramente una alterigia della elite
dominante che ritiene il popolo un branco di plebe ignorante
e insensibile, ma anche una inconsapevolezza dei pi
elementari principi di comunicazione delle societ di massa
(a fine guerra non a caso i liberali si troveranno di fronte
un Mussolini e un D'Annunzio molto abili ad agitare le
folle), rendendo chiaro che le tecniche di politica
spettacolo degli interventisti non hanno insegnato nulla al
governo. Sono i cittadini a intervenire in questo campo:
associazioni femminili, l'Unione Insegnanti e vari volontari
si attivano con entusiasmo per diffondere nelle classi
proletarie i valori nazionali per raggiungere ordine,
disciplina, obbedienza. E riescono grazie al fatto che si
attivano in un campo in cui lo Stato del tutto assente:
l'assistenza alle famiglie dei soldati, perfino quelli
caduti prigionieri. Si offre un volto diverso, una patria
dal volto benigno e umano,anche se questo tipo di
volontariato non riesce a cancellare il volto disumano dello
Stato nelle trincee e nelle strade. E' comunque un
volontariato attivo nelle citt: le campagne restano
abbandonate a se stesse, nonostante sia proprio dalle
campagne che provengono la maggior parte dei soldati e sia
nelle campagne che si sente maggiormente la mancanza di
combustibile, pezzi di ricambio e attrezzi. Al sud
scoppiano, dopo un anno e mezzo dall'inizio della guerra, le
solite rivolte che si concludono con l'assalto al municipio
per dar fuoco agli elenchi dei richiamati. Ovunque ci sono
gli assalti ai forni. La situazione degli approvvigionamenti
pessima e passano sei mesi prima che venga istituita una
commissione che ne occupi. Solo dal1917 si applicano
seriamente calmieri dei prezzi e razionamenti attraverso il
tesseramento per i generi di prima necessit, mentre
fiorisce il mercato nero. La miseria tale che, quando le
truppe austriache sfondano il confine, una parte della
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popolazione li accoglie speranzosa. Questo e il diffondersi
di moti popolari per il carovita preoccupa le autorit:
riduce alla fame le famiglie operaie, ma comincia a creare
problemi anche per il ceto medio a stipendio fisso. I tanti
posti di lavoro pubblici principalmente che le necessit
della guerra stanno creando comportano spostamenti della
popolazione verso la citt, in una calca difficilmente
gestibile. Mancano alloggi,assistenza sanitaria, cibo,
vestiti: si diffonde la mortalit infantile, le malattie, la
rabbia. Nelle fabbriche che producono materiale bellico si
produce ai limiti dello sfinimento, ma il salario non
cresciuto proporzionalmente e non si pu n scioperare n
licenziarsi. Nel 1915 entra in funzione il MI (istituto per
la mobilitazione industriale)guidato da un alto ufficiale
dell'esercito che sottopone a s un milione circa di
maestranze entro un rigido regime marziale. Si sospende il
diritto di sciopero e ogni legge a tutela del lavoro
femminile e minorile. E' punito come diserzione, quindi col
carcere, persino l'allontanamento dal luogo di lavoro. I
sindacalisti sono ridotti al silenzio (riaccettati ai tavoli
tra imprenditori e militari solo dopo le forti agitazioni
del1917), mentre la polizia gira nei corridoi delle
fabbriche. Sar solo nel 1917 dopo le agitazioni che verr
istituita una commissione per valutare le condizioni
igieniche e di sicurezza nei luoghi di lavoro. Nella
primavera del 1917 a Livorno, Terni e Napoli scoppia la
rivolta metalmeccanica: a Torino una manifestazione per il
pane esplode in scontro violento. Operai scioperanti e
esercito si fronteggiano: 50 sono i morti,moltissimi gli
operai spediti per direttissima al fronte. La repressione si
abbatte con violenza anche in Germania e Austria, mentre
tutti sanno cosa sta succedendo in Russia. Nell'Agosto del
1917 le parole del Papa che parla di inutile strage
riecheggiano ovunque, contraddicendo la propaganda dei
governi e le sue parole d'ordine: nessun risvolto a livello
dei governi, ma una bomba tra i fedeli. Se da una parte i
cappellani militari svolgono una importante opera di
conforto morale e se le omelie che inneggiano alla
sopportazione paiono spingere all'obbedienza. anche vero
che l'insofferenza per una guerra che porta solo sconfitta e
miseria cresce. I nazionalisti ora cercano un nemico per
giustificare il fallimento e lo trovano nei neutralisti che
stanno facendo fallire la guerra con il loro poco
convincimento: tutto falso. Giolitti aveva invitato tutti
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a collaborare col governo e cos . Ma i nazionalisti
chiedono un ricambio totale della classe dirigente e quando
Salandra si dimette,va alla guida di un governo di unit
nazionale Paolo Boselli, che chiama anche Bissolati e
Bonomi. Ma la situazione non migliora e avviene Caporetto.
Di Caporetto la colpa sar affibbiata ai socialisti che
avevano affermato di non aderire alla guerra, ma neppure di
boicottarla. A Zimmerwald un Psi neutralizzato in Italia ( i
militanti giovani al fronte, gli altri controllati a vista
dalla polizia) si schiera per una fine della guerra senza
annessioni n indennit, nonostante riscuota successo la
posizione di Lenin di trasformare la guerra imperialista in
una occasione di rivoluzione. Alla riunione dei socialisti
l'anno dopo(1916)l'ala estrema degli intransigenti del Psi
si schiera con Lenin e chiede di abbandonare la II
Internazionale. Riemerge di nuovo il dissidio
riformisti/rivoluzionari. Se alle dirigenze del psi non si
pu attribuire la regia delle agitazioni del 1917, di sicuro
la loro colpa non aver saputo controllare quei militanti
estremisti che scendono in piazza con gli anarchici guidando
la protesta e rafforzando l'idea che il nemico interno siano
i socialisti. Questo mentre il Psi, laddove governa, offre
al governo una preziosa collaborazione. Il 25 ottobre del
1917, quando arriva la notizia della disfatta di Caporetto,
Turati abbraccia Bissolati, come a sancire la fine di una
ostilit che nasce dalla guerra in Libia. Potrebbe essere la
nascita di quel polo democratico capace di isolare
nazionalisti, anarchici, socialisti rivoluzionari, ma
tramonta l'ipotesi dell'ingresso del Psi nel nuovo governo
di Vittorio Emanuele Orlando, poich i riformisti non se la
sentono di forzare la mano entrando nel governo e provocando
cos quasi sicuramente una scissione. Dalla crisi del 1917
esce rafforzato il fronte nazionalista: la maggioranza
governativa organizzata nel Fascio Parlamentare di difesa
nazionale,richiamandosi direttamente alle parole d'ordine
del radioso maggismo, impone un giro di vite contro i nemici
interni. I dirigenti del Psi finiscono in carcere con
l'accusa di tradimento indiretto e i militanti sono
ovunque denunciati e processati. Cade nel vuoto l'appello
del Psi all'unit nazionale, mentre si rinsalda nei
militanti la solidariet per i compagni francesi, tedeschi,
austriaci sottoposti alle stesse vessazioni. La vittoria
della rivoluzione Leninista e la pubblicazione dei trattati
internazionali stipulati dallo zar rendono evidente e
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veritiera la critica dei socialisti alla guerra che si
dimostra davvero puramente imperialista e espansionista,
cos come quella tedesca: tra le potenze non ci sono
differenze, la guerra guerra di potenza. I riformisti
perdono ogni legittimit di fronte al popolo socialista.
7. la vittoria
Con la firma di Brest Litovsk il 15 dicembre 1917 la Russia
Bolscevica lascia il conflitto. Gli imperi centrali
potrebbero cogliere l'occasione di riequilibrare il
conflitto anche dopo l'entrata degli Usa in guerra, ma ormai
sono all'esaurimento. La propaganda antieroica di Hemingway,
attivo sul fronte italiano, non raggiunge l'opinione
pubblica,mentre tutti gli intellettuali continuano a
mitizzare la guerra con entusiasmo,glorificando le
motivazioni ideali. Nelle opere di Marinetti si parla di
ardore guerriero,di avventura e spettacolo: spariscono gli
orrori della trincea, la fame, le marce estenuanti.
Spariscono le persone e ci si concentra sulle armi (cannoni,
carri armati,aerei) prese a simbolo della modernit che
avanza. La guerra diventa metafora della giovent,
spettacolo che si contrappone al grigiore della
quotidianit. Paiono non rendersi conto (o forse lo sanno)
che la truppa apatica, demoralizzata e vive la guerra come
fatalit. A tutto questo non si sottraggono neppure i
democratici. Quando ormai chiaro il rischio della rivolta
delle truppe per via della propaganda socialista si crea
l'ufficio P (Up=ufficio propaganda) per stampare manifesti,
cartelli, volantini,cartoline e giornali patriottici da far
girare al fronte. Ma siccome non basta il governo comincia a
intervenire a favore dei soldati con licenze per i lavori
nei campi, polizze di assicurazione sulla vita, sussidi alle
vedove, ai mutilati, agli invalidi. Si crea l'Opera
nazionale combattenti un ente di assistenza per il dopo
guerra e si parla di progetti per la concessione di terra ai
contadini. Orlando mette Diaz al posto di Cadorna: Diaz
imposta la guerra come difensiva e riduce il fronte di quasi
300 km. Si crea anche un comando unico con Francia,
Inghilterra che quindi sono pronti a rinforzare le linee
italiane quando tra novembre e dicembre 1917 Germania e
Austria scatenano l'offensiva per forzare le linee di difesa
sul Piave. Anche gli usa intervengono in nostro aiuto con
derrate alimentari, carbone, carburante, armi. Nel 1918,
primavera,riprende l'offensiva: i tedeschi arrivano quasi a
Parigi, in Italia gli austriaci scatenano l'inferno vicino
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ad Asiago. Gli italiano stavolta resistono. L'8 agosto 1918
gli inglesi sfondano le linee tedesche vicino Amiens e Diaz
scatena il contrattacco contro gli austriaci ormai allo
sbando. Ad ottobre l'Austria chiede l'armistizio: le truppe
italiane raggiungono Vittorio Veneto, poi Trento, Trieste.
Si firma l'armistizio. Di li a poco lo chiede anche la
Germania. Wodroow Wilson aveva gi presentato i 14 punti al
Congresso sulle sorti dell'Europa: niente annessioni ne
conquiste per i vincitori. Gli Usa sono entrati in guerra in
nome della libert contro gli imperi autoritari quindi
importante rispettare questi principi al tavolo delle
trattative. Le frontiere devono essere delineate secondo
chiari principi di nazionalit riconoscibili in tradizioni,
lingua, cultura, religione. Nell'immediato i punti di Wilson
trovano consensi, ma creeranno un ordine che di l a poco
sar di nuovo sconvolto, a dimostrazione dell'utopia di
queste speranze che si scontrano con l'indole intima della
matchpolitk. In Italia i 14 punti sono ben accettati
dall'opinione pubblica e dal governo, eccetto Sonnino, che
pronto ad accordarsi per la pace nel rispetto dei popoli.
L'Italia avvia vari incontri con i rappresentanti dei popoli
sottomessi agli imperi centrali (sloveni, croati, dalmati
ecc) a cui partecipano interventisti di ogni
colore:rivoluzionari (Mussolini), nazionalisti e democratici
(Salvemini). Si firma con i rappresentanti del Congresso dei
popoli soggetti all'Impero asburgico il patto di Romain
linea con la linea di Wilson. Ma appena la guerra finisce
tutti questi buoni propositi finiscono nel cassetto: il caso
di Fiume un caso eclatante che avvelener il clima
politico.
8. un paese in crescita
Dalla guerra l'Italia qualcosa ha guadagnato: si lasciata
alle spalle la tradizione di paese contadino e arretrato
perch in 3 anni di guerra la societ nel suo complesso ha
fatto un balzo in avanti. L'Italia esce dal conflitto come
una potenza industriale,caotica con differenze di livelli di
produzione impressionanti da settore a settore, ma con una
produzione dieci volte maggiore al passato. Lo Stato, che ha
avuto un ruolo fondamentale di propulsione in questo, ora
conta su una burocrazia modernizzata e pi efficiente, che
ora pu contare sull'aiuto di tecnici esperti per gestire
settori nevralgici. Si creano altri problemi: la struttura
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burocratica abnorme caotica e complicata nelle procedure e
ogni nuovo dirigente gestisce la propria area di competenza
come un bene privato. Molti tecnici sono imprenditori e in
un rapporto cos vicino pubblico-privato sarebbe bene che lo
stato vigilasse: ma non avviene perch gli imprenditori si
oppongono nettamente. Di sicuro il metalmeccanico e
siderurgico, anche grazie alle commesse statali hanno avuto
un vero e proprio boom:ma la cosa vale anche per il chimico,
il tessile, l'alimentare tutto a favore di giganti che sono
veri e propri trust (Ansaldo, Breda, Fiat ecc...) che si
combattono tra loro,puntano alle scalate degli istituti
privati di credito, assorbono imprese concorrenti.(Ricorda.
Agnelli tenta di prendere il controllo del Credito Italiano
Nel 1918 deve intervenire il governo che impone alle 4
maggiori banche (Banca commerciale, Bancadi Sconto, Credito
Italiano, Banco di Roma) un accordo in base al quale le
operazioni finanziarie con gli enti pubblici e le grandi
industrie devono essere decise di comune accordo. Ma questo
non salver la Banca di Sconto che va in bancarotta a causa
degli scoperto verso l'Ansaldo nel 1921. Nel 23 tocca al
Banco di Roma e tocca allo Stato intervenire al salvataggio:
chiara la debolezza del sistema finanziario italiano. Ed
normale questo vista la generale crisi post-bellica e le
caratteristiche del capitalismo italiano del tutto
squilibrato da settore a settore. E anche se la ripresa
economica ritarda ormai la via dello sviluppo presa, come
testimonia la nascita di una innumerevole quantit di
piccole e medie imprese e il boom del settore dei servizi.
Si forma un nuovo ceto medio che, sommato a quello dei
dipendenti statali, rappresenta una cospicua fetta della
popolazione lanciata verso la modernit. Finalmente
sdoganato il lavoro femminile dato che la guerra ha
costretto le donne a prendere il posto degli uomini, cosa
che ha comportato certamente emancipazione:
contabili,dattilografe, ragioniere, cassiere, le donne
escono di casa e lavorano. Cambia anche il vestire: da
pudici abiti lunghi fino alle caviglie e coi polsi ben
abbottonati si passa a gonne corte che mostrano le gambe, si
modificano le abitudini nel trucco, i capelli restano
sciolti. Il busto abolito cos come gli immensi cappelli e
le sottovesti. E c' in tutto questo il motivo pratico di
essere libere e comode nel lavoro. Questo sconvolge i maschi
che vedono ridursi il loro potere sulle donne e sulla
societ che si avvia verso una secolarizzazione completa:
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non a caso nel 1924 Pio XI inviter le madri cattolich ea
una stretta sui costumi troppo liberi delle figlie,
testimoniando un'ansia diffusa nella societ. Uomini e donne
ora lavorano fianco a fianco senza protettori,
intermediari,controllori a filtrare i loro rapporti. Anche
le donne borghesi, che comunque non entrano nel mondo del
lavoro, hanno fatto la loro esperienza di emancipazione
grazie alle associazioni di volontariato. Nonostante l'ansia
degli uomini quasi 200 sono le donne che lo stato decora al
valor militare. Nel 1919, anche se il suffragio universale
resta un miraggio, si emana una legge sulla capacit
giuridica delle donne che sancisce la possibilit di
esercitare tutte le professioni a parit degli uomini. Si
vanno anche assottigliando le barriere di classe e la moda
nel vestire lo dimostra:prima della guerra il modo di
vestire rendeva chiaro l'estrazione sociale di una donna(il
fazzoletto era da operaie, il cappello da borghesi). Le
porte delle aziende durante la guerra si spalancano per le
donne che ora, con un salario, comprano cappelli, stivali e
tutti quei simboli che prima erano a loro preclusi. Diventa
impossibile quindi distinguere una contessa da una sartina
come si diceva con rimpianto per il passato nei salotti
borghesi. Anche i reduci hanno vissuto una forte esperienza
che ha comportato consapevolezza e emancipazione: hanno
visto luoghi nuovi, persone nuove che parlano dialetti
diversi e hanno usi e costumi differenti. Ma non si sono
sentiti diversi, uniti dallo spirito solidaristico e
cameratistico tipico del soldato sottoposti alle stesse
vessazioni in trincea e agli stessi pericoli e alla stessa
ferrea disciplina militare: tutto ha portato verso una
maturazione civile e politica. E' la voglia di conservare i
legami stretti al fronte che porta alla creazione di
associazioni di pressione e mutuo soccorso create dagli ex
combattenti per gli ex combattenti, con un associazionismo
di chiaro segno politico: di solito l'iniziativa degli
ufficiali o comunque di quegli intellettuali attivi nell'UP
quindi degli interventisti. Questa matrice comporta
l'esclusione dei socialisti dall'Associazione nazionale
combattenti (anc), con una scelta che solo con senno dipoi
il Psi valuter come un errore fatale. Persino la Lega
proletaria dei combattenti non gode dell'appoggio pieno del
partito, deciso a demonizzare in toto la guerra. Ma l'Anc
diventa numerosissimo e comincia a fare una pressione
difficilmente evitabile dal governo: chiede scuole,
37
giustizia, assicurazioni sociali e terra per i combattenti
contadini. Entro l'Anc troviamo democratici, nazionalisti,
rivoluzionari, futuristi, arditi,che sono uniti dalla parola
patriottismo, ma a cui danno significati profondamente
differenti. Gi tra Salvemini e Mussolini le differenze sono
enormi, nonostante usino entrambi un linguaggio eversivo e
retorico (tutto il potere ai tre incerarchi, a morte i
profittatori di guerra ecc..). L'anima democratica del
movimento combattenti crede di avere saldamente nelle mani
il controllo dell'Anc e si illude che il vento della
democrazia ora spiri forte anche in Italia. Li aiuta in
questa convinzione la presenza nel governo Orlando i molti
interventisti democratici e la nascita del Fascio
parlamentare di difesa nazionale. E' la questione di Fiume a
scatenare le divisioni. Il fronte democratico plaude ai
punti di Wilson e alla costituzione della Societ delle
nazioni: ma in generale l'idea di una pace giusta che ridia
le terre irredente all'Italia e le permetta di svilupparsi
economicamente in pace e collaborazione coi vicini piace a
tutti, socialisti e Cgil compresi (al punto che quando
Wilson arriva in Italia Mussolini lo saluta con entusiasmo
come araldo della pace). Albertini, direttore del Corriere
della Sera, elogia Wilson e il suo modello come miglior
contraltare al bolscevismo e come migliore formula per il
trionfo della civilt e del progresso pacifico. Persino
Turati esalta Wilson, affermando che aggrapparsi alle teorie
di Wilson l'unico sistema per arginare i compagni esaltati
dalla rivoluzione russa. L'entusiasmo verso Wilson si spenge
quando gli italiani cominciano ad avere chiaro che Wilson
non vuole che Fiume diventi italiana: una citt a
maggioranza italiana e quindi dovrebbe valere il principio
di nazionalit. Ma gli accordi del 1915 (che non prevedevano
Fiume) tra gli stati della Triplice Intesa ancora sono fatti
coi vecchi principi della matchpolitik e agli Usa non
interessa nulla rispettare un patto che non hanno firmato.
E' contraddittorio quindi chiedere il rispetto sia del Patto
di Londra sia l'annessione di Fiume secondo i principi di
Wilson: Fiume viene assegnata dall'Intesa alla Jugoslavia.
Sonnino decide di aspettare che gli Usa cedano sotto le
pressioni di Francia e G.B. Nonostante sia improbabile che
Lloyde george e Clemencau aiutino l'Italia facendo
concessioni. Una soluzione potrebbe essere quella di
Bissolati che propone di cancellare il patto di Londra, di
rinunciare ai territori in cui gli italiani sono minoranza
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(Tirolo tedesco,Dalmazia, Dodecaneso) per avere in cambio
quelli con la maggioranza italiana (Zara,Fiume). Solo Nitti
appoggia Bissolati in Consiglio dei Ministri: Bissolati si
dimette.
9. la vittoria mutilata
Finita la guerra, le trattative partono, come base minima,
dal patto di Londra: gli italiani vorrebbero completare
l'unit nazionale, ma anche risolvere problemi di sicurezza
strategica e del possesso delle materie prime... cose che
comportano la volont di ottenere Dalmazia, Corf,
Palestina, Somalia, Etiopia per quel che riguarda le
richieste dei nazionalisti (a cui si oppongono i
democratici). Per i nazionalisti la pace essenzialmente
una questione di equilibrio di potenza e ogni stato al
tavolo di Versailles cercher di tutelare i propri interessi
(del tutto fuori dal clima wilsoniano quindi). Wilson ha,
per i nazionalisti,solo cercato di mistificare il conflitto
che una pura guerra di razze contro razze, stati contro
stati per la supremazia. Per la Jugoslavia la ricetta dei
nazionalisti semplice: laddove non si pu decidere secondo
il criterio di nazionalit, ovvio che la razza inferiore,
quella slava, si sottometta a quella italiana superiore. I
futuristi non sono attratti dai deliri di potenza dei
nazionalisti, ma lo spirito della guerra come grandioso
sconvolgimento epocale che essi vorrebbero perpetrare per
impedire il ritorno al grigio quotidiano, al passato, al
conformismo. La societ delle nazioni per loro il simbolo
del passatismo: nasce dalla stanchezza e dalla paura, dal
desiderio di ordine e di autocrazia. Marciare e non marcire
il motto di Marinetti, che nel 1918 apre il giornale Roma
futurista giornale del partito futurista. I futuristi
creano un partito e lanciano un manifesto programmatico che
prende tutto, dal suffragio universale anche per le donne
alla socializzazione della terra, alla nazionalizzazione
delle acque, delle miniere passando per l'abolizione
dell'esercito e per il divorzio. Ai futuristi, che avranno
poco seguito, si legano gli Arditi, i reduci delle truppe
scelte d'assalto che si organizzano nel 1919 in una
associazione nazionale. I corpi scelti si sono si guadagnati
la fama di eroi sul campo, ma ora i dirigenti militari
sciolgono quei corpi preoccupati per la loro insofferenza
alle regole e alla disciplina. Se le autorit militari
vieteranno la diffusione nelle caserme perfino del giornale
degli Arditi, i futuristi li accoglieranno a braccia aperte.
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Futuristi e arditi trovano in un Mussolini sempre pi
insofferente al fronte interventista democratico un sodale
comune. Quando Bissolati si dimette il sodalizio tra arditi,
futuristi e Mussolini si stringe: Mussolini e Marnetti sono
presenti a disturbare, alla Scala di Milano in Gennaio, il
discorso di Bissolati che prova a spiegare le sue ragioni.
La serata, trasformata in una serata futurista si conclude
con un comizio che in pratica segna la rottura del fronte
democratico, con la fuoriuscita dallo stesso dell'ala
sinistra sindacalista mussoliniana. Bissolati diventa nel
repertorio mussoliniano l'infame codardo che disposto ad
offendere la memoria dei soldati morti e a mutilare la
vittoria. Persino Albertini si schiera contro, privando i
riformisti dell'appoggio del Corriere della Sera. Il 18
Gennaio 1919 si apre a Parigi la Conferenza di pace: ogni
paese porta un pacchetto di rivendicazioni difficili da
conciliare. La disgregazione dell'impero multietnico
asburgico sta creando grandi fermenti e nazionalismi sempre
pi forti. Orlando siede nel Consiglio dei 4 capi di stato
vincitori a cui spettano le decisioni finali:chiede subito
il rispetto del patto di Londra+Fiume. Ma George Lloyd,
Clemencau e Wilson devono tenere conto anche del
nazionalismo jugoslavo. Dopo 3 mesi di discussioni, con un
fervore patriottico molto vivo in Italia, Wilson propone una
mediaizone: rifiuto di Fiume, compromesso tra interessi
italiani e jugoslavi per Istria e Dalmazia (per Fiume si
prevedeva uno statuto speciale che ne garantiva
l'autonomia,nel quadro per del sistema doganale jugoslavo).
Orlando rifiuta sdegnato il memorandum di Wilson, ma
Clemencau e Lloyd George non lo appoggiano perch Fiume non
era compreso nel patto di Londra. La delegazione italiana
perde la calma e quando Wilson decide di rivolgersi
direttamente al popolo italiano, Orlando e Sonnino tornano
in patria, accolti come eroi e applauditi dai Parlamentari,
che ratificano la loro politica estera. Ormai diffusa la
convinzione della vittoria mutilata. Dopo 10 giorni Orlando
e Sonnino tornano al tavolo delle trattative: G.B, Francia e
Giappone si spartiscono le colonie tedesche africane e
l'Italia resta a bocca asciutta se non qualche piccolo
aggiustamento riguardo ai confini con l'Austria. Il rischio
di restare internazionalmente isolati porta Sonnino e
Orlando a trincerarsi dietro il patto di Londra. Il tutto
mentre fermenta il patriottismo, che diventa una miccia
pronta a esplodere: il governo non trova sistema migliore
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per affrontare la cosa che secretare la politica estera. La
Camera si oppone ed crisi. Nitti vara il nuovo Gabinetto
nel Giugno 1919. Francesco Saverio Nitti capo del governo
(interventista democratico)che chiama al governo molti amici
di Giolitti: prosegue la democratizzazione del paese. Nel
mentre si infervora di iniziative il fronte interventista,
sopratutto quello di estrema sinistra e di estrema destra
(nel Marzo 1919 sono nati i fasci di combattimento ad opera
di Mussolini) nel tentativo di coinvolgere sia la truppa sia
gli alti ufficiali tra i quali si percepisce una certa
inquietudine dovute al fatto che il governo fa intendere di
voler riportare l'esercito ai livelli pre-bellici,
cancellando vari privilegi ottenuti durante la guerra.
Affonda in questi ambienti la propaganda nazionalista ed
proprio qui che matura l'idea dell'impresa Fiumana che
metta, con un colpo di mano, Usa, G.B, Francia di fronte al
fatto compiuto. D'Annunzio verr scelto come capo
dell'impresa: nonostante i 52 anni si era arruolato in una
divisione di cavalleria e aveva sbalordito l'Italia e il
mondo con i suoi voli su Trieste e Vienna corredati dal
lancio di manifestini tricolore, l'affondamento di un
cacciatorpediniere austriaco, gli assalti alle trincee
nemiche in piena notte avvolto in un mantello e coi pugnali.
Gli Asburgo avevano messo una taglia sulla sua testa. Alla
fine della guerra D'Annunzio un mito al quale anche
Vittorio Emanuele III ha voluto rendere omaggio
concedendogli un titolo nobiliare. Il 10 settembre 1919
l'Austria firma la pace a Saint-Germain: l'Italia ottiene
Trentino, Alto Adige fino al Brennero, Venezia Giulia,
Istria e parte della Dalmazia, ma non Fiume. 2 giorni dopo
D'Annunzio, con un manipolo di militari ribelli, futuristi,
arditi, volontari irredentisti, sindacalisti rivoluzionari
arriva alle porte di Fiume. Il comandante delle truppe
italiane a fiume gli intima di ritirarsi:D'annunzio,
ripetendo un gesto storico di Napoleone, si apre il
mantello, mostra le decorazioni militari e invita il
comandante a sparargli. Il comandante non osa alzare un dito
e lo scorta dentro Fiume, accolto come un eroe dalla
popolazione, mentre le campane suonano a festa e ovunque
risuona giovinezza inno dell'impresa fiumana. Lo stesso
giorno D'Annunzio dichiara Fiume annessa all'Italia. Poco
dopo il governo Nitti condanna l'accaduto e nomina Badoglio
generale straordinario per la Venezia Giulia con lo scopo di
prendere immediatamente contatti con D'Annunzio, mentre il
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ministro degli esteri chiede di nuovo Fiume. 2 mesi dopo
D'Annunzio occupa anche Zara, col consenso delle forze
militari italiane presenti. Dopo un anno di stallo Italia e
Jugoslavia firmano il trattato di Rapallo, un compromesso
che comporta modifiche del confine favorevoli all'Italia,
disposta a cedere la Dalmazia in cambio di 3 isole dalmazie
di zara: Fiume dichiarata citt libera. Per far sloggiare
D'Annunzio baster una cannonata contro il Palazzo della
reggenza.
3) IL CROLLO DELLO STATO LIBERALE (1919-1922)
1. il PPI arbitro del sistema politico
Nell'Italia del dopoguerra non c' pi la salda maggioranza
giolittiana. La guerra stessa intervenuta a disgregare
quel fronte disomogeneo che Giolitti teneva in piedi a forza
di accordi, compromessi e concessioni anche con le forze
cattoliche. Tutto condito dal trasformismo e
dall'inesistenza di forze alternative ai liberali capaci di
dare vita all'alternanza (anche non avere una opposizione
dalla chiara identit alternativa un problema). Il
ricambio infatti si attivava dall'interno dando vita ad uno
schieramento dai caratteri sfumati e indeterminati. Insomma
governano da sempre i liberali. La concessione del suffragio
universale e le elezioni del 13 avevano modificato solo in
parte questo quadro, grazie all'aumento dei consensi del Psi
i cui seggi, sommati a quelli dei repubblicani e dei
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radicali, formavano uno schieramento alternativo purtroppo
non sufficiente a fare una maggioranza. La disgregazione del
fronte liberale post guerra lega la fine del dominio
liberale ai problemi di governabilit: l'unica maggioranza
esprimibile tra il 1918 il 1919 troppo divisa al suo
interno per assicurare quel rinnovamento radicale preteso
dall'opinione pubblica italiana e condiviso anche dalle
classi dirigenti. La soluzione ideale al problema pare a
tutti il cambio di legge elettorale: non appena Nitti forma
il governo si emana una legge che sostituisce l'uninominale
col proporzionale. Questa legge elettorale comporta un
cambiamento nei rapporti politici, ma non risolve il
problema della governabilit, in quanto non fa altro che
accentuare i dissidi interni ai liberali. I liberali non si
rendono conto dello sfacelo che significa per loro il
proporzionale, mentre socialisti e cattolici(uniti nel Ppi,
primo partito di massa cattolico) ne fanno una bandiera
perch sanno bene che il proporzionale premia le
organizzazioni forti riducendo l'impatto del personalismo in
politica: si spezzano i rapporti di clientelismo, non si
vota pi il notabile compaesano ecc.. Al sud per, dove i
cittadini non erano politicizzati e c'erano pochi partiti e
associazioni organizzati e ci si basava solo sul notabilato
e sulle autorit, il diritto di voto era puramente formale.
Al sud quindi, e questo era stato motivo di opposizione dei
meridionalisti contro Giolitti, ci si basava su prefetti e
questori per indirizzare il voto e su questo tipo di
consensi si erano basati i liberali. La proporzionale del
1919 sconvolge tutto e trascina i liberali nella sconfitta:
Nitti interrompe ogni forma di compromesso sul modello
giolittiano e impedisce a prefetti e questori di schierarsi
e fare da catalizzatori di voti. Il risultati sono
sorprendenti:-quasi tutti i parlamentari vengono sostituiti-
i liberali nel loro insieme perdono il 30% dei voti. Anche
se a questi si sono aggiunti Bissolati e i combattenti i
liberali non hanno la maggioranza per formare un governo-
potrebbe scattare l'alternanza, che non scatta per non
esiste uno schieramento alternativo: il Psi avanza ma non
abbastanza da prendere il potere. E non ipotizzabile un
accordo tra Psi e cattolici, che hanno ottenuto 100 seggi. A
questo punto l'unica strada percorribile un accordo tra i
liberali e i popolari, che si trovano arbitri del sistema
politico. Il Ppi si costituisce nel 1919 quando viene
lanciato un appello al paese con un programma di 12 punti
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decisamente democratico (proporzionale,voto alle
donne,senato elettivo,riforma fiscale, autonomia locale,
riconoscimento giuridico delle organizzazioni sindacali,
wilsonismo in politica estera a cui si aggiungo le
richieste,tipicamente cattoliche, di difesa della famiglia e
la libert di insegnamento). Il PPI (la cui nascita
preceduta, nel 1918, dalla nascita della Cil che riunisce
tutti i sindacati bianchi) nasce come un partito di massa,
aconfessionale anche se ispirato ai valori cattolici,
fortemente autonomo dalle gerarchie ecclesiastiche. Capo ne
Don Luigi Sturzo che lavora da anni alla nascita del
partito cattolico, conscio di dover superare le diffidenze
delle gerarchie ecclesiastiche, prima tra tutte la
diffidenza verso la democrazia: le dirigenze cattoliche
ritengono che le tradizionali forme associative cattoliche e
il vincolo di ubbidienza siano sufficienti a mantenere
l'ordine e a tutelare i valori cattolici aggrediti dalla
modernit. Ma la Chiesa comincia a levigare le tradizionali
rimostranze verso la partecipazione politica dei cattolici
allo stato italiano quando vedono l'avanzata dei socialisti
diventare una realt plausibile. Resta una differenza
difficilmente colmabile tra le due ricette: se Sturzo vuole
scongiurare il pericolo della rivoluzione bolscevica dotando
lo stato di salde basi democratiche il Papa Benedetto XV e
il suo Segretario di Stato, cardinale Gasparri, ritengono
che debba nascere un agguerrito fronte moderato-conservatore
capace di riportare l'ordine mettendo in riga, con le buone
o le cattive, il Psi. Il Papa comunque decide di
accontentarsi di Sturzo: nel 1919 si scioglie l'Unione
elettorale sancendo il riconoscimento pontificio del PPI e
abolisce il non expedit. Dispongono di 50milaiscritti,
attivisti nelle associazioni e nei sindacati bianchi e
sfruttano la struttura capillare delle parrocchie per essere
ovunque. I cattolici avevano ottenuto un boom di
associazionismo e militanza, ma il tutto era sotterraneo:
ora la nascita della Cil e del Ppi non fa altro che
ufficializzare un fatto sotterrane. L'associazionismo e il
volontariato messo in piedi dalla Chiesa cattolica per
aiutare le famiglie povere durante la guerra ha fatto
registrare un boom di consensi tra i poveri accresciuto
anche dalla netta presa di posizione della Chiesa contro la
guerra. In parte questo spiega la diffidenza dei liberali di
accettare il Ppi, ma alla fine Nitti sa che non ha altra
possibilit. Ma i liberali lasciano il Ppi nell'anticamera:
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per sei mesi si chiede loro l'appoggio esterno al governo.
La cultura dei due partiti, se si eccettuano i cattolici
liberali che sono una minoranza, ben diversa: nel Ppi
troviamo conservatori clericali,cristiano-sociali che
guidano le organizzazioni sindacali. E il cattolicesimo
sociale chiaramente antagonista ai valori su cui poggiano
societ e stato liberale. Lo si capisce dal Manifesto dei
lavoratori italiani della CiL: tempo di uscire dalla
parentesi liberal-borghese-individualista, tempo di
sostituire lo stato accentratore, sia esso borghese o
socialista, ugualmente incapace e tirannico con nuove
istituzioni che abbiano il loro centro nel lavoro umano
sindacalmente, corporativamente organizzato. I sindacalisti
cattolici propongono la terza via tra capitalismo e
socialismo che disorienta completamente la classe dirigente
liberale.
2. il biennio rosso
Se la propaganda aveva fatto breccia quantomeno tra i
soldati al fronte, le masse del fronte interno rimanevano
sempre freddi verso lo Stato: non giov allo stato la
diffusione della notizia di quanto accadeva in Russia tra i
lavoratori e le famiglie,strangolate dalla fame, dalla crisi
e dalla militarizzazione delle fabbriche. Troppo tardi il
governo cominci ad allentare la pressione: nel 1918 la
richiesta a Cgil e Psi di partecipare alla commissione
istituita per affrontare i problemi economici e sociali non
miglior la situazione. A nulla era valsa la predisposizione
dei riformisti a collaborare col governo: trovarono sempre
opposizione della maggioranza del partito e del sindacato.
Il clima era chiaro: i propagandisti che giravano nelle
campagne con lo scopo di risvegliare il sentimento
patriottico dovevano travestirsi per non essere pres ia
sassate. La guerra, con i suoi morti e le sue epidemie
(epidemia di spagnola nel1918 in veneto che falcidia la
popolazione) e i suoi danni alle cose materiali, fa
accrescere la rabbia del popolo rosso. La guerra, col boom
delle industrie e il crollo dell'agricoltura, ha aperto
fratture profonde nella societ lasciando le campagne alla
fame. (situazione economica: occorre comprare materie prime,
carbone, combustibili dall'estero, mancano cibo e concimi.
Serve, per comprare valuta pregiata e questa scarseggia.
L'Italia si indebita pesantemente con Usa e G.B al punto che
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le riserve auree del Regno sono trasferite a Londra a
garanzia dei prestiti. L'inflazione alle stelle ed esplode
il carovita).In questa situazione in Liguria, Toscana,
Milano e Roma esplodono rivolte contro il carovita. La
popolazione va all'assalto dei forni, dei negozi, degli
edifici pubblici, fa manifestazioni che sfociano in scontri
con l'esercito e la polizia. Se non sono nuove queste
situazioni di tensione, nuovi e pi radicali appaiono gli
obiettivi e i metodi di lotta cos come pi vasta l'area
di esplosione del conflitto. Alla pianura padana si
aggiungono anche Lazio, Puglia,Marche, Sicilia. Nel centro
sud dove la situazione peggiore, la lotta sfocia
nell'occupazione delle terre: braccianti e salariati fissi,
coloni e mezzadri, affittuari e piccoli proprietari
dichiarano guerra alla grande propriet. Chi occupa le terre
si sente legittimato a farlo anche alle promesse che il
governo aveva fatto dopo caporetto, parlando di premi e
terre: non un caso che ad occupare le terre vadano proprio
gli ex combattenti, organizzati dai socialisti, dai
cattolici e dalle associazioni combattentistiche.
Significativo l'approccio leggero del governo a questi
moti. Addirittura nel settembre del 1919 il ministro
dell'agricoltura Visocchi vara una legge che autorizza
l'esproprio delle terre incolte o mal coltivate,legittimando
di fatto la violazione della propriet privata, ma questo
non placa gli animi. Le occupazioni proseguono anche l'anno
dopo: al Sud i braccianti vanno nei campi a lavorare senza
aspettare l'ingaggio e a fine giornata pretendono dai
padroni il salario. Nella Primavera del 20 l'ondata di
proteste scoppia anche, di nuovo, in Val Padana (Emilia e
Veneto principalmente): si devastano le coltivazioni, le si
invadono e si incendiano le case padronali. I padroni
umiliati attaccano il governo Nitti, troppo tenero con i
contadini. Nel 1920 cambia il ministro dell'Agricoltura:
diventa il Popolare Micheli. In quello stesso anno il
congresso del PPI ribadiva la propriet privata, ma
autorizzava l'esproprio dei campi mal coltivati o incolti
per motivi di utilit sociale. Il tutto mentre i contadini
delle leghe bianche cominciano a usare metodi simili a
quelli dei contadini rossi: assaltano cascine che occupano e
identificano con grandi bandiere bianche. Sono le ale
estreme del Ppi guidate dal deputato Guido Miglioli, teorico
del populismo contadino, di fatto esterno all'alveo
culturale del Ppi, ma Sturzo non ha alcun interesse a
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fermarlo. Altrettanto caldo il fronte delle fabbriche: nel
1919 i lavoratori avevano ottenuto le 8ore. Ci sono scioperi
a raffica. I padroni sono preoccupati sopratutto da quel che
avviene in Fiat, dove i lavoratori, sul modello russo,
cominciano a organizzare i primi consigli di fabbrica. Nel
frattempo Gramsci e Tasca iniziano la pubblicazione della
rivista Ordine nuovo che influenza le ale estreme della
Fiom, molto forte allora entro la Cgil. Nel 1920 il
conflitto tra operai e padroni si inasprisce: lo sciopero
delle lancette contro il ripristino dell'ora legale si
trasforma in un braccio di ferro da cui la Fiom esce
sconfitta: la Fiom in risposta presenta un pacchetto di
rivendicazioni (12giorni di ferie pagate, 40% di aumento
salariale, indennit di licenziamento) che i padroni
rifiutano, reagendo con la serrata dello stabilimento Alfa
Romeo di Milano. In risposta la Fiom ordina l'occupazione
delle fabbriche, mentre la federazione degli industriali
meccanici e metalmeccanici ordina la serrata di tutte le
fabbriche:moltissime fabbriche sono invase dai lavoratori
che mettono sul tetto una bandiera rossa. Nelle citt il
fenomeno delle occupazioni pi visibile che nelle campagne
e sconvolge l'opinione pubblica che vede iniziare la
rivoluzione. Il governo sceglie inizialmente una linea di
non intervento: Giolitti, tornato al governo dopo la crisi
del governo Nitti, scommette sulla risoluzione pacifica
della questione, convinto che socialisti e sindacalisti non
daranno mai il via alla rivoluzione. Sar la Cgil a dargli
ragione, decidendo di lasciare l'agitazione sul piano
vertenziale economico: allora Giolitti si muover per andare
a presiedere una assemblea tra sindacati e padroni che
trover un accordo ponendo fine alle occupazioni delle
fabbriche (aumenti salariali e forme di controllo
operaio,mai attuate). Lo stesso anno il congresso Cgil
ribadisce la linea non rivoluzionaria.
3. la promessa rivoluzionaria
Sotto il fascismo la fase del biennio rosso sar ricordata
come l'inizio della rivoluzione bolscevica evitata per un
soffio grazie all'intervento dei fasci di combattimento. Ma
il ruolo marginale del Psi rende chiaro che non c'era nessun
piano rivoluzionario in corso e che vi fosse una maturit
politica vera. Anche se le tendenze rivoluzionarie di parte
del Psi sono chiare: basta ricordare il congresso del 1918
che stabil un secco no a ogni forma di collaborazione coi
governi borghesi, grazie all'affermarsi delle correnti
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rivoluzionarie su quelle riformiste esaltate dalla vittoria
russa. Nel frattempo per entro la Cgil vincono i
riformisti. Questo non frena l'esaltazione dei proletari il
cui motto diventa fare come in Russia. La fine della
guerra salutata dal Psi+ Cgil colmanifesto dei lavoratori
italiani che incita alla lotta contro la borghesia, alla
dittatura del proletariato e poi all'instaurazione del
socialismo con la socializzazione dei mezzi di produzione. E
tutto questo nonostante l'opposizione di Turati e delle
dirigenze sindacali: essi sanno di essere forti e apprezzati
anche in una parte delle ale
la rivolta in rivoluzione: nel 1919 indicono uno sciopero
generale contro l'intervento dell'Intesa in Russia e
Ungheria con una spedizione antibolscevica, a cui l'Italia
non partecipa. Nell'ottobre del 1919 si ribadisce la
maggioranza entro il Psi dei massimalisti. Nel frattempo il
Psi abbandona la II internazionale, ormai allo sfascio, per
convogliare nella III fondata a Mosca nel 1919. Il buon
risultato alle elezioni del 1919conferma e rafforza
l'operato dei massimalisti (si triplicano i seggi), assieme
all'aumento degli iscritti e al peso interno alla Cgil. Ma
la rivoluzione non scoppia neppure con le agitazioni del 20:
il Psi chiama a raccolta tutti i compagni dai campi e dalle
officine perch il giorno della vittoria e della giustizia
vicino: in realt non c' nulla di organizzato, nulla di
pronto, fossero anche solo le armi per dare il via
all'offensiva. E gli operai nelle fabbriche occupate non
hanno relazioni n coordinazione con i contadini che si
rivoltano nei campi. Tra gli operai i rivoluzionari fanno
riferimento all'ala comunista che edita Ordine nuovo, ma
la maggioranza ancora ascoltano le direttive Cgil, la cui
maggioranza riformista. La Cgil ribadir chiaramente di
non volere la rivoluzione a Milano il 9 Settembre, quando le
dirigenze Cgil e Psi (che chiede il salto di qualit) si
incontrano per discutere il da farsi. La rivoluzione
insomma, messa ai voti, va in minoranza. La direzione Cgil
offre le dimissioni scaricando sul Psi la scelta se fare o
no la rivoluzione: il psi rifiuta di assumersi tale
responsabilit da solo. La responsabilit della mancata
rivoluzione,forse dovuta anche al fatto che il paese non era
pronto, va data comunque non ai riformisti, ma ai
massimalisti che dettero il gran rifiuto, compresi i
comunisti che si sentivano troppo isolati e fragili. Rimane
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il fatto che, dopo anni di discussioni,mancava una reale
strategia rivoluzionaria.
4. i fasci di combattimento
Nel marzo 1919 Mussolini fonda i fasci di combattimento
raccogliendo attorno a se le fasce pi estreme degli arditi
e dei futuristi, grazie alla fama che si guadagnato sul
fronte dei nazionalisti. E non ci sono dubbi che i loro
primi nemici siano i socialisti,ancora divisi dalla frattura
interventismo/neutralismo ormai giunta all'esasperazione.
Qui l'odio verso i socialisti scatenato sia dalla rabbia
per la vittoria mutilata sia dalla convinzione che essi
abbiano sabotato la vittoria italiana (i socialisti sono
ancora definiti i traditori di Caporetto).La forza dei
movimenti socialisti esaspera i nazionalisti che sono una
insignificante minoranza tra i lavoratori, che scendono in
massa in piazza con le falci e martello e attaccano e
irridono reduci, combattenti, nazionalisti. Molti sono per
i giovani, esclusi dalla guerra per l'et, che smaniano per
dimostrare ai pi grandi, il loro ardore nazionalista e il
loro coraggio: sembra scritto per loro l'appello di
Mussolini dalle colonne del popolo d'Italia contro
l'imbecillit governativa e l'incoscienza del gregge dei
tesserati, ribadendo che solo i nazionalisti hanno il
diritto, in Italia, di parlare di rivoluzione, quella
cominciata nel 1915, passata per la guerra e adesso in pieno
svolgimento, quella rivoluzione nazionale in
contrapposizione a quella internazionalista dei socialisti,
rivoluzione da combattere con tutti i mezzi, legali e
illegali. Saranno queste le basi intorno a cui verr scritto
il programma dei fasci di combattimento, a Milano, a cui
partecipano sindacalisti, anarchici, e socialisti transfughi
dalle organizzazioni di classe e i nuovi adepti reclutati
tra arditi ed ex combattenti. L'unica adesione di rilievo
quella di Marinetti che porta con se alcuni futuristi. Ma
sar la presenza giovanile quella pi importante: molti
fasci di combattimento si formano proprio ad opera degli
studenti e hanno seguito nelle scuole e nelle universit. Il
ribellismo individuale tipico di chi ricerca un identit da
adulto, si riversato nell'esperienza comune della guerra,
il vincolo familiare si spezzato con l'invio al fronte, ma
anche per chi rimasto a casa. I giovani sono cresciuti di
colpo acquistando una grande fiducia nelle proprie capacit
che li porta a disprezzare tutto il vecchio mondo. Finita la
guerra i giovani non accettano pi l'autorit dei padri e
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dei maestri, non si crede pi nell'infallibilit della loro
parola:quasi un 68 antiautoritario. Il programma di
Mussolini confuso, ma attraente per i giovani che sentono
parlare di cambiamento, patria, coraggio, eroismo, rivolta,
per unItalia pi giusta e bella di quella che era stata
fino ad allora. Per di pi Mussolini promette di passare
dalle promesse ai fatti. Passano solo 20 giorni dalla
fondazione dei Fasci, che un corteo di nazionalisti a Milano
si scontra con uno di socialisti: ne deriva una rissa
gigantesca che finisce con l'incendio della sede
dell'Avanti.L'episodio, ricordato come il primo della
guerra civile, sconvolge il popolo socialista che per non
prende in seria considerazione i fascisti. Neppure un
secondo scontro,Novembre 1919, contro una manifestazione
antimonarchica organizzata dal Psi risuona come campanello
d'allarme. Il delitto di lesa maest sfocia in un
aggressione contro i deputati socialisti a Roma: il Psi
proclama uno sciopero generale che va avanti3 giorni. Si d
poco peso ai fasci anche perch alle elezioni del 1919 una
lista di Fasci di combattimento presentata a Milano ottiene
pochissimi voti: il Psi milanese celebra un irridente
funerale sui navigli, gettando nel naviglio un fantoccio di
Mussolini. Per di pi dopo Versailles l'entusiasmo
patriottico va scemando e si diffonde solo una voglia di
normalit dovuta alla stanchezza. Lo sa bene Mussolini che
infatti freddo verso l'iniziativa di Fiume, che sa bene
essere un fuocherello entro un incendio che va spengendosi
(D'Annunzio lo sospetter di tradimento). Mussolini sa bene
dall'esperienza nel Psi che senza una salda base di massa
non ci si impone nella politica: le minoranza rivoluzionarie
funzionano solo quando ottengono un obiettivo a breve
termine, come successo per l'interventismo. Per Mussolini
sa anche bene che c' abbondanza nella societ di un
combustibile fatto di rabbia, paura, voglia di vendetta,
risentimento che ora si diffuso anche ai padroni umiliati
dalle rivolte dei proletari. In Puglia nel 1920 alcuni
gruppi di grandi possidenti imbracciano il fucile e si fanno
giustizia da soli, approfittando della latitanza dello
stato: a Gioia del Colle prendono a fucilate i contadini
asserragliati in una masseria e fanno una strage,duramente
condannata dai parlamentari Psi. Ma un fatto possibile
solo nell'arretratezza civile e politica del Sud: al nord
l'esasperazione la stessa, ma la risposta non pu essere
questa. Cos i padroni del Nord vedono nei Fasci di
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combattimento una buona soluzione, Fasci che nel frattempo
hanno spostato la loro azione dalla citt alle campagne
proprio nel momento in cui, siamo nell'autunno del1920, la
grande mobilitazione socialista mostra segni di stanchezza
(si segner un arretramento del Psi alle elezioni
amministrative di quel periodo). Ma nel Novembre del 1920
c' l'episodio pi grave, proprio nella Bologna socialista.
I Fasci di combattimento locali avvertono i socialisti che
impediranno loro, in tutte le maniere, di insediarsi a
Palazzo d'Accursio, cos quando il sindaco socialista si
affaccia al balcone per salutare la folla i fasci iniziano a
sparare. I socialisti, preparati alla cosa,cominciano a
lanciare bombe e a sparare dalle finestre: una strage,
molti socialisti e un ex combattente. A Ferrara poco dopo si
ripete un caso analogo. Di certo che l'opinione pubblica
borghese guarda con simpatia le camicie nere, cos come le
autorit locali e gli agenti di polizia, mentre il governo
resta immobile e il Psi si dimostra incapace di affrontare
l'offensiva. Anzi i fatti di palazzo D'Accursio, che
dimostrano che i socialisti non sono invincibili, fa
moltiplicare consensi e militanti ai Fasci. Mussolini lo
capisce e agita in continuazione lo spettro della
proletarizzazione forzata, che ovviamente colpisce chiunque
ha qualcosa da difendere: impiegati,insegnanti, liberi
professionisti, artigiani, commercianti che non hanno alle
spalle nessuna organizzazione vedono finalmente qualcuno
difendere con forza i loro interessi. Alla forte
disoccupazione si d, come ricetta, il ritorno forzato delle
donne a casa. Insomma di tutto la colpa dei socialisti
(Nenni se ne rende conto e colpevolizza il Psi di non aver
guardato anche ai ceti medi, le cui paure e frustrazioni ora
rimpinguano le file dei Fasci). Tra il 20 e il 21 i fasci
diventano da 100 a 800,contando tra le fila molti ex
combattenti la cui esperienza di guerra assai utile nella
strategia mussoliniana. Sono insediati principalmente nelle
citt, da cui partono a bordo di camion per le spedizioni
punitive in campagna che devono essere rapide e devastanti
per non dare tempo al Psi di organizzarsi. L'obiettivo
sempre la Camera del Lavoro, o la sezione del psi o della
cooperativa, di cui si bruciano tutti gli arredi con un fal
purificatore. Guai a chi non si toglie il cappello quando
passano i Fasci e guai a chi indossa qualcosa di rosso, guai
a chi tenta di ribellarsi. 726 sono le sedi distrutte in un
anno di squadrismo fascista. Le armi e i camion sono forniti
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dai padroni. Sindaci e amministratori sono bastonati,
minacciati, costretti a bere l'olio di ricino:ogni atto di
resistenza ricambiato con una reazione dilagante dei Fasci
in tutto il territorio interessato. I Fasci hanno tutti la
stessa organizzazione: sono gruppi piccoli o piccolissimi
guidati dai Ras, capi assoluti locali. Mussolini si trova in
difficolt a mantenere la leadership dei Fasci, che comunque
non ha nessuna intenzione di limitare o bloccare.
5. Giolitti e l'illusione della parlamentarizzazione del
fascismo
Nel 1920 torna al governo Giolitti, dopo la crisi del
governo Nitti che non ha retto alle pressioni di
nazionalisti e socialisti. Giolitti forma una salda
maggioranza imbarcando nel governo personalit forti come
Croce e Labriola, assieme a due esponenti del Ppi. Concede
al Ppi l'introduzione dell'esame di stato nelle scuole
secondarie e la parit dei diritti per le organizzazioni
sindacali cattoliche. Accontenta persino il Psi
rivoluzionario aumentando le tasse di successione e avocando
allo Stato io sovra-profitti di guerra. Ricomincia il
governo da mediazione esasperata di Giolitti, ma i liberali
ormai non hanno pi una maggioranza che li fa bastare a se
stessi e il vero palo di sostegno del governo sono i due
ministri del Ppi: Giolitti infastidito da questa posizione
di forza che il Ppi si ritagliato, ritenendo il Ppi una
forza non conforme agli ideali liberali figli del
Risorgimento. Tutto mentre i Fasci di Combattimento si fanno
alfieri della riscossa borghese, ammantati col tricolore,
riscuotendo sempre pi consensi laddove sono attive le leghe
bianche e le leghe rosse. Cos Giolitti pensa bene di
epurare il Ppi sostituendo quel sostegno che i popolari
danno al suo governo con l'introduzione di ministri
fascisti, dopo aver depurato i Fasci della loro carica
sovversiva e violenta,rendendo chiaro che Giolitti non ha
capito nulla della natura intima dei Fasci. Ora che
isocialisti sono in riflusso e la mobilitazione cala al
governo basterebbe contrastare i Fasci per ristabilizzare il
paese: ma Giolitti sceglie il compromesso. La scelta
fatale. Mentre manda circolari ai prefetti dando precise
disposizioni per arginare la violenza squadrista comincia a
lavorare per mettere i fasci dalla sua, consapevole del
consenso che il loro squadrismo riscuote nell'opinione
pubblica liberale., sopratutto imprenditorie grandi
proprietari terrieri: l'opinione pubblica odia a tal punto i
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socialisti da tollerare palesi violazioni della legalit al
punto da tollerare quello che sar il vero crollo dello
stato liberale, cio la perdita progressiva del monopolio
della forza. C' forse un solo alibi: con la guerra violenza
e uso smodato della forza sono entrate nella vita
quotidiana, inquinando i valori della politica e esaltando
intolleranza,sopraffazione e violenza e demonizzazione
dell'avversario. Forse questa assuefazione alla violenza
che rende difficile vedere le differenze tra l'agitazione
dei socialisti e quella dei fasci e cosa significhi
veramente il progressivo aumento di consenso e potere per
Mussolini:nessuno si rende conto che le spedizioni fasciste
stanno pian piano scivolando nella guerra civile.
6. la nascita del pci
Nelle elezioni del 1921 la classe dirigente decide di
allearsi coi delinquenti Fascisti: le elezioni sono
anticipate, perch Giolitti crede che sia il momento
propizio per modificare gli equilibri nella maggioranza
togliendo forza a socialisti e popolari. Entro il movimento
socialista, duramente colpito, si apre una frattura
insanabile: nel Gennaio del 1921 a Livorno si consuma la
scissione fra la frazione comunista uscita dal Psi in
polemica sia sul fatto che il psi non vuole fare la
rivoluzione, sia che non si vuole piegare alle direttive
dalla Comintern. I socialisti italiani, dopo aver chiesto
l'entrata nella III internazionale vanno sollevando molte
perplessit e polemiche sui 21 punti fissati dai bolscevichi
per essere accolti entro il nuovo organismo. Non accettano
di espellere la parte riformista (Turati), rifiutano di
cambiare il nome in Partito Comunista, contestano la scelta
del Partito comunista russo di guidare la rivoluzione
mondiale. La rivoluzione russa insomma esplode deflagrando
il psi, in cui le varie anime riuscivano tutto sommato a
convivere (eccetto l'esclusione dei ministri Bonomi e
Bissolati per la guerra in Libia). La guerra mondiale aveva
avuto, in proporzione, effetti minori, portando fuori dal
partito solo le ale rivoluzionarie vicine a Mussolini,
mentre Turati aveva soffocato le sue spinte patriottiche in
nome di un pacifismo internazionalista. Era stata proprio la
questione nazionale a cominciare a crepare la stabilit
dell'edificio Psi: la vittoria dei bolscevichi un le
divergenze sulla guerra alle divergenze sulla rivoluzione,
visto che si trattava non pi solo di andare contro la
guerra, ma perfino contro lo stato italiano rovesciando il
53
sistema capitalista cancellando quanto di liberale e
borghese era entrato nel Psi. Resta il fatto che le
condizioni per la rivoluzione non erano mature nel biennio
rosso,quando le masse attendevano trepidanti le direttive
del Psi e della Cgil, entrambe paralizzate dai riformisti,
che avevano ridotto tutto alla sola vertenza sindacale. Cos
la frazione comunista nel 1921 chiede che una volta per
tutte si metta fine all'ambiguit: le dirigenze massimaliste
respingono il dictat bolscevico, ma confermano la strada
rivoluzionaria, non risolvendo per nulla l'ambiguit. Cos
Bordiga, Tasca, Gramsci, Togliatti, Terracini escono dal psi
e fondano il Pci, sezione italiana della Comintern.Rimane da
capire la strategia di Lenin: per qualcuno vorrebbe la
rivoluzione mondiale attraverso l'esportazione del partito
sul modelo bolscevico mentre per qualcuno la Comintern nasce
gi in termini difensivi dell'Urss. Piano piano tramontano
le speranze(con le sconfitte della riv. Tedesca e ungherese)
di rivoluzioni in occidente. Lenin sicuramente sente il
bisogno di rompere il cordone sanitario dando vita ad una
rete dipartiti fratelli inseriti entro l'occidente come
ulteriore colonna di sostegno dell'Urss,aggirando
l'isolamento a cui il cordone sanitario doveva destinare i
bolscevichi. Turati non a caso nel 1921 denuncia la funzione
strumentale di questa operazione,affermando che il partito
comunista russo punta a spaccare i partiti socialisti
europei per reclutare truppe fedeli a Mosca ( il
nazionalismo russo, dice Turati, che si aggrappa a noi per
salvare se stesso). La scissione non ha grandi effetti nei
numeri,ma provoca grande smarrimento tra i militanti, mentre
continuano le incursioni fasciste. I Fasci approfittano di
questa confusione per esplodere nelle citt: nel Febbraio
del 1921 a Firenze l'attacco squadrista a un corteo operaio
d il via ad una battaglia che durer 4 giorni. Carabinieri
e guardie regie danno manforte ai fascisti con autoblindati
e mitragliatrici: ci saranno 20 morti e 1500 arresti, tutti
tra i socialisti e i comunisti. Poco dopo a Torino, protetti
dalle forze dell'ordine, 100 fasci bruciano la Camera del
Lavoro. Le reazioni del psi e del Pci sono deboli per varie
ragioni:-manca la consapevolezza di quanto sta avvenendo (al
congresso di Livorno il tema delle aggressioni fasciste
appena accennato). Ad ogni ennesimo attacco squadrista il
Psi esprime stupore come fosse la prima volta-non credono
proprio che possa essere il fascismo a dare il via alla
rivoluzione: il Psi ha appena affermato che non ci sono le
54
condizioni e che nel frattempo lo stato deve garantire il
rispetto dei diritti e le libert del popolo rosso contro
gli squadristi, questo nonostante militanti e dirigenze
socialiste e comuniste locali sappiano bene quale sia il
ruolo delle forze dell'ordine.-incapacit di organizzazione:
la velocit e precisione degli assalti fascisti, che
anticipano le tecniche della moderna guerriglia, rendono
difficile non solo organizzare reazioni , ma anche chiamare
in tempo i compagni dai paesi vicini. Anzi rispondono con i
classici cortei, che non fanno altro che creare ghiotte
occasioni per i Fasci per sparare di nuovo nel mucchio,
attaccando il corteo da tutti i lati, provocando quel caos
che poi spetta alle forze dell'ordine placare. L'unica
scintilla di reazione sono gli Arditi del Popolo.
7. i Fascisti in Parlamento
Tra i vantaggi che i Fasci hanno conquistato c' quello di
avere candidati nei cosiddettiblocchi nazionali assieme ad
esponenti di prestigio del ceto politico liberale.
Giolitti a indire elezioni anticipate proprio mentre
l'offensiva squadrista ai massimi livelli in un clima
elettorale poco adatto. Giolitti infatti convinto che la
Parlamentarizzazione dei fascisti ne avrebbe neutralizzato
la carica violenta ed eversiva. Giolitti sa che il gioco
deve finire sia per il livello raggiunto dalle violenze, sia
perch si rischia che una rivoluzione scoppi davvero, sia
perch piano piano i poteri costituiti sono sempre pi
delegittimati. A Giolitti non sfugge nemmeno il cameratismo
venutosi a creare tra le forze dell'ordine e gli squadristi,
che essi ritengono giovani e coraggiosi patrioti. E' del
1920 la circolare agli uffici di propaganda militare dei
comandi d'armata dal colonnello Caleffi che definisce i
fasci di combattimento, forze vive da contrapporre agli
elementi antinazionali e sovversivi. Giolitti non punta a
risolvere questo problema: resta convinto che sar la
parlamentarizzazione a risolvere tutto. Quel che Giolitti
spera di ottenere alle elezioni una riscossa dei liberali
e un successo dei blocchi nazionali per poter cos liberarsi
dell'influenza dei popolari e avere una salda maggioranza.
Giolitti sbaglia tutto: Mussolini si precipita nel piatto
ricco dell'offerta elettorale dei liberali, ben consapevole
che questo pu aprirgli nuovi spazi di manovra politica,
visto che, coi rossi ormai in difficolt e col bisogno di
normalizzazione che si sta diffondendo nei borghesi, il
Fascismo agrario in forte riflusso. Mussolini sa che da
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una parte sta perdendo quella base che aveva come unico
motivo di appartenenza ai Fasci l'antisocialismo, base
reazionaria che non ha lo slancio vitale che occorre a
Mussolini per la rivoluzione, dall'altra rischia di deludere
quella parte di giovani, intellettuali, ex combattenti e
sindacalisti rivoluzionari che da lui si aspettano la
rivoluzione antisistema antisocialista, antiparlamentare,
antiborghese, anticapitalistica. Mussolini nel 1921 sa bene
che i Ras non si rassegneranno alla normalizzazione, ma sa
che la partita elettorale gli consentir di muoversi su due
tavoli comunicanti, quello della legalit e quello della
violenza ( i blocchi nazionali gli permettono anche di
riallacciare un dialogo coi nazionalisti della destra
liberale). Alla fine si varano liste col fascio littorio
come simbolo. Ci saranno 40 giorni di violenza e sangue per
la campagna elettorale: 100 morti che seppelliscono l'onore
del paese e dei liberali al governo, che non sentono nemmeno
il bisogno di dissociarsi pubblicamente. Per Giolitti una
tragedia: le liste ottengono ottimi risultati, ma vincono
tutti gli avversari di Giolitti,anche tra i liberali. I
liberali alla fine ottengono una maggioranza relativa, che
diventa assoluta solo con l'appoggio dei 35 deputati
fascisti. Aumentano i popolari, scendono i socialisti. Il
nuovo governo guidato da Bonomi una replica di quello
precedente: i liberali si basano sull'appoggio dei popolari.
I fasci non appoggiano il governo non avendo nessuna
intenzione di farsi assorbire dai liberal-costituzionali:
non hanno nessuna intenzione di parlamentarizzarsi.
8. la marcia su Roma
Le elezioni del 21 segnano un chiaro spostamento a destra
della politica italiana. Bonomi dovrebbe imporre il disarmo
forzato delle squadre fasciste e uno stretto giro di vite,
ma non ha la forza per imporre questo ad un parlamento con
molti nazionalisti e fascisti eletti. Ne serve a nulla
lasciare che siano Psi e Fasci a risolvere problemi: il
patto dell'agosto del 21 tra Psi e Mussolini per cessare le
ostilit finisce nel nulla. Il Psi ha chiari motivi per fare
questo accordo, Mussolini invece preoccupato per la
nascita degli Arditi del popolo e per l'episodio di Sarzana
dove i carabinieri si sono schierati coi rossi sparando
sulle squadre fasciste. Ma i ras delle provincie si
oppongono, arrivando a sfidare la leadership di Mussolini,
che cede. Nel novembre del 1921 in ogni caso i Fasci di
Combattimento si trasformano nel Partito nazionale fascista,
con una struttura che Mussolini riesce a controllare
facilmente dall'alto. Capo del Pnf diventa Michele Bianchi,
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ex sindacalista rivoluzionario molto amico di Mussolini. Nel
22 nasce anche la Confederazione nazionale delle
corporazioni sindacali, il sindacato fascista (sono tutte
armi legali con cui Mussolini vuole contrastare il potere
dei ras). Gli ex rivoluzionar iche entrano nel Pnf o nel
sindacato fascista hanno solo trasformato la rivoluzione di
classe in rivoluzione nazionale, ma la loro identit
originaria resta la stessa: parlano ancora di rivoluzione e
sognano la sindacalizzazione della societ, sempre in
termini eversivi del vecchio ordine capitale-lavoro. Le
organizzazioni fasciste hanno un boom di iscritti, molti dei
quali spinti dalla paura dello squadrismo. Inizialmente
comunque le organizzazioni fasciste non nascono sotto il
segno della destra conservatrice, ma sembrano spalancare le
porte al dialogo col popolo rosso, non quello bolscevico
antinazionale, ma quello dei lavoratori Cgil e Federterra.
Resta difficile da capire se Mussolini volesse davvero
riallacciare un rapporto con quel mondo che lo aveva
cacciato: il progetto comunque complicato finalizzato alla
conquista del potere passando per l'acquisizione di una
forte base di massa, individuata in quegli strati di piccola
borghesia (sono quegli strati che Psi e Cgil hanno respinto
come servi del capitale, che per non sono per nulla
impermeabili alla sindacalizzazione, che cercano canali di
espressione e, di fronte al rifiuto rosso sono diventati
antisocialisti e antiproletari). Ci non toglie che restano,
entro il fascismo, i grandi proprietari terrieri e gli
industriali, di sicuro grandi sostenitori della crescita dei
Fasci e del Pnf, che spostano tutto su posizioni
reazionarie. Comunque per conquistare il potere occorre
passare anche per il Parlamento, anche perch c' un certo
fervore nelle file rosse:nasce l'alleanza sindacale,
organizzazione di collegamento tra i vari sindacati per
rispondere agli squadristi e si vocifera la nascita di una
unit antifascista, mentre altri tentano di dialogare con
D'Annunzio, sfruttando la sua ormai palese freddezza per
Mussolini. Tra il Psi Turati pronto a spezzare il vincolo
coi massimalisti, mentre tra i liberali i democratici
tentano di organizzarsi di nuovo. Alla fine del 1921 nasce
il gruppo parlamentare della Democrazia, con ben 150
deputati (tra i quali orlando e Nitti) e poco dopo nasce il
PLI che rende chiaro che anche i liberali finalmente
capiscono il bisogno di avere un partito per governare
societ di massa. Mussolini ha timore di tutto questo
fermento e risveglio di forze democratiche e antifasciste.
Mussolini allora stringe le fila cercando di conquistare la
fiducia della destra dei blocchi nazionali, ammiccando ai
repubblicani, facendo scomparire le invettive antiborghesi
dal popolo d'Italia e avviando rapporti col Vaticano, che
ora col nuovo Papa, ha rapporti pi conflittuali col Ppi.
Pio Xi comincer a vedere di buon occhio gli articoli de
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lPopolo d'Italia che parlano del bisogno di disgelo tra
l'Italia e il Vaticano: Sturzo ovviamente non pu accettare
tutto questo che sa che nelle alte sfere vaticane tira
un'aria favorevole all'aristocrazia nera papalina dei grandi
proprietari terrieri e ai clerico-moderati, da sempre
avversi al troppo democratico Ppi.Ma quando cade il governo
Bonomi, Sturzo fa veto alla candidatura di Giolitti, che
voleva la sua rivincita su Mussolini, preparando la strada
al fascismo (l'antigiolittismo di Struzo un punto su cui
la storiografia si interrogata molto: pu dipendere dalla
consapevolezza che il PPI entrava negli esecutivi
giolittiani solo per necessit, oppure dal fatto che il
costante patteggiamento giolittiano per la candidatura di
esponenti cattolici aveva ritardato di molti anni la nascita
di un partito cattolico..). La soluzione trovata un
fallimento totale: sperando di ottenere l'appoggio anche
della destra socialista di Turati il Ppi accetta la
candidatura di Facta, un giolittiano di secondo piano,
sbiadito, pi conservatore di Giolitti, molto meno
autorevole. Mussolini lo sostiene, sapendo di poterlo
manovrare come gli pare. Nella primavera del 22 i Fasci di
combattimento assaltano e occupano per giorni Bologna,
Ferrara, Ravenna, Ancona ecc... i socialisti si chiudono
nelle case e comincia l'esodo politico legato al fascismo: i
primi militanti di secondo piano lasciano l'Italia e si
perdono nel conto dei migranti che vanno a cercare lavoro
all'estero. Federterra e le leghe bianche (si assalta la
casa di Miglioli, deputati Ppi)hanno un crollo di iscritti.
Di fronte all'attacco a alleati di governo Facta non pu far
finta di nulla: si dimette. Turati sa che non c' un
sostituto plausibile a va al Quirinale dichiarando al re la
disponibilit ad appoggiare un governo liberale che metta
all'ordine del giorno il ripristino della legalit: questo
provocher solo un putiferio tra i socialisti,
preannunciando l'ennesima scissione. Facta vara un secondo
governo uguale all'altro mentre la violenza squadrista
culmina nella colonna di fuoco,guidata da Balbo, che in una
notte devasta le cooperative riformiste e repubblicane nella
pianura di Romagna. Cos l'Alleanza sindacale propone uno
sciopero generalelegalitario che scatena di nuovo la
violenza squadrista. Lo sciopero un fallimento totale: i
fasci riescono ad assaltare i cortei e a garantire tutti i
servizi pubblici. I fasci occupano Milano, poi Genova,
Livorno.... soltanto Bari e Parma respingono i
fascisti,grazie alle sollevazioni dei quartieri operai. Le
camicie nere sono infervorate quando piove loro addosso
l'ordine di smobiltazione, dalle colonne del Popolo
d'Italia, lanciato da Mussolini: Mussolini sa che prefetti e
questori hanno passato i loro poteri all'esercito. Mussolini
sa che ora occorre giocare la carta Parlamentare: avvia due
mesi di trattative sotterranee con Giolitti cercando di
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convincerlo ad accogliere i fascisti nel governo
(compromesso che sarebbe soddisfacente per molti
industriali, per il re), e ottenere l'appoggio del Ppi e dei
riformisti di Turati espulsi dal Psi. Dopo due mesi
Mussolini getta la maschera legalitaria: chiede di essere
nominato presidente del consiglio minacciando, in caso
contrario, la mobilitazione delle squadre fasciste. Il piano
della marcia su Roma scatta immediatamente: Bianchi mobilita
tutti e Bianchi,Balbo, De Bono, De vecchi, i quadriumviri
del Pnf, si mettono in testa alle colonne fasciste marciando
su Roma,mentre in tutte le altre citt le squadre fasciste
sono sul piede di guerra. Ma la mobilitazione, dal punto
militare, risibile: sono solo 15mila le camicie nere che
marciano su Roma, che hanno ad aspettarli 12mila soldati
armati di carri armati e mitraglie. Il governo propone lo
stato d'assedio al re, per autorizzare la difesa di Roma, ma
il Re non lo firma. Anzi Vittorio Emanuele III sceglie la
strada del compromesso, nominando Mussolini primo ministro.
Il re spinto ancora dall'illusione della
parlamentarizzazione dei fascisti, cos come dalla paura di
scontri tra esercito e fascisti, che potrebbero provocare
tensioni sia entro gli alti gradi delle forze armate, sia
dentro la Casa reale per non parlare del rischio della
controffensiva della sinistra rivoluzionaria. Mussolini,
chiuso entro l'Hotel Savoia, prepara la lista dei ministri
cercando di mettere a tacere ogni scrupolo costituzionale
della classe politica governativa: nell'esecutivo presentato
al re Mussolini si riserva l'interim all'Interno e agli
Esteri; entrano solo due fascisti- Diaz e Thaon de Revel,
due popolari e sei liberali di tendenze varie. Una larga
coalizione quindi, la prova effettiva della
parlamentarizzazione dei fascisti. Ma le parole di Mussolini
del 16 novembre sono una doccia gelata: mi sono rifiutato
di stravincere,potevo stravincere...potevo fare di questa
aula sorda e grigia un bivacco di manipoli,potevo sprangare
il Parlamento e costruire un governo esclusivamente di
fascisti...potevo, ma almeno in questo primo tempo non ho
voluto...
Parte seconda
L'ITALIA FASCISTA
4) LA NASCITA DELLA DITTATURA (1922-1929)
1. mondo economico e fascismo
Ancora prima di presentarsi in Parlamento Mussolini abolisce
la legge sulla nominativit dei titoli, tanto odiata dagli
industriali, qualche giorno dopo ottiene pieni poteri
economici e amministrativi dalla Camera. Ora che ha il
controllo dell'economia Mussolini deve ripagare il debito
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con gli industriali ( del 25 l'accordo Confindustria e
sindacati fascisti): si elimina il disavanzo statale, si
abrogano le norme sull'avocazione dei profitti in tempo di
guerra, si accantonano le risultanze pi gravi della
commissione parlamentare d'inchiesta sulle spese di guerra,
si salva l'Ansaldo e il Banco di Roma. Un bel pacchetto di
scambio per i fratelli Perrone, per il Vaticano ma anche ai
tanti evasori che si sono arricchiti durante la guerra. De
Stefani, ministro sia delle Finanze che dell'Economia,
liberista spinto, lascia totale libert di azione e ampi
margini di profitto all'iniziativa privata, riducendo la
spesa pubblica e falcidiando i dipendenti pubblici,
sopratutto i ferro-tramvieri: la selezione che doveva
basarsi su anzianit e improduttivit diviene una vera e
propria epurazione politica contro le categorie pi
agguerrite. Lo Stato rinuncia anche al monopolio sul
telefono e sulle assicurazioni sulla vita. E c' una
concessione non diretta, ma ormai chiara: i sindacati rossi
piegati sotto le bastonate e le pistole dei Fasci di
combattimento hanno perso quasi del tutto il potere
contrattuale: sono quasi scomparsi scioperi e cortei.
Mussolini sta bene attento a che i sindacati fascisti non
raccolgano la bandiera del conflitto che i rossi non agitano
pi, ponendo i sindacati fascisti sotto il diretto controllo
dei Prefetti e piegati ai piani aziendali. In cambio
Confindustria accetta come interlocutori di preferenza i
sindacati fascisti, anche se per ora gli altri restano vivi.
L'accordo tra confindustria, sindacati e Mussolini di
armonizzare la loro azione a quella di governo e armonizzare
il rapporto capitale-lavoro uno schiaffo alla Cgil.
Mussolini in un primo momento voleva inglobare la Cgil, che
rappresentava la maggioranza dei lavoratori,e la cosa non
era fuori dal mondo visto che le dirigenze riformiste non
erano per nulla indifferenti alle avances di Mussolini.
Addirittura spunta la proposta di unificazione sindacale,
usando come collante tra Cgil e sindacati fascisti quei
molti sindacalisti rivoluzionari che sono transitati dalle
organizzazioni rosse a quelle dei Fasci, tra cui personaggi
autorevoli come Giuseppe di Vittorio. Ma ci sono vari
ostacoli: l'odio che il periodo dello squadrismo ha
costruito e il fatto che i sindacalisti fascisti sanno che
trovarsi di fronte la Cgil, comporta finire in minoranza.
Mussolini, dal canto suo,dovendo continuare a illudere tutti
della costituzionalizzazione del Fascismo invita al dialogo
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i sindacati. Mussolini comunque sotto l'attenzione di
tutti gli stati, sapendo bene che c' in tavolo la questione
dei debiti di guerra: per questo De Stefani cancella il
deficit,comprime i consumi, fa riduzioni fiscali che
stimolano l'investimento e le esportazioni. Se a questo
aggiungiamo che Mussolini con Usa e G.B si incontra per
stabilire un calendario dei rimborsi dei debiti si capisce
come Mussolini salga in fretta nell'apprezzamento di molti
stati, anche e sopratutto grazie alla sua rivoluzione
antibolscevica.
2. lo squadrismo non disarma
Nel Dicembre del 1922, dopo due mesi di governo fascista,
proseguono le violenze. Si assaltano la Camera del Lavoro e
la sede dell'Ordine nuovo e molti circoli opera i torinesi
con vari morti socialisti e comunisti. Da l ci sono stati
vari episodi in tutta Italia. Il Gran Consiglio del Fascismo
(appena nato: vi siedono i dirigenti del Pnf, il direttore
generale della PS, i segretari delle corporazioni
fasciste,il capo di stato maggiore della Milizia, l'addetto
stampa della presidenza del Consiglio, i commissari politici
del fascismo)nel Gennaio del 23 dichiara sciolte le squadre
d'azione. Si decide anche la costituzione della MVSN cio la
Milizia Volontaria per la sicurezza nazionale in cui
dovrebbero confluire gli ex squadristi, inquietante dal
punto di vista costituzionale visto che sotto il diretto
controllo di Mussolini e non deve prestare fiducia al Re.
Sono tutti tentativi di normalizzazione apparente,
contraddetti dai fatti: poco dopo la creazione della MVSN si
scatena di nuovo la violenza squadrista a La Spezia, di
nuovo appoggiata dalla forza pubblica (dietro ci sono i ras
Farinacci, Balbo, Forni ecc..) che non hanno nessuna voglia
di perdere il potere ottenuto. E questo di mostra che
Mussolini tenta, ma non riesce, di imbrigliare i ras con la
MSVN. Sa che per consolidare il suo potere, il duce deve
entrare in Parlamento e sbarazzarsi delle squadracce, ma sa
anche di non avere la forza per imporre il suo volere a
tutto il fascismo: cos pur di non avviare uno scontro
interno si limita a porre dei paletti. Alla fine i ras sono
un problema per il Duce, ma portano anche cose positive:
socialisti e comunisti non riescono a rialzare la testa. Qui
interviene anche la polizia: il Pci viene decimato con
l'arresto di Bordiga e di tutta la dirigenza nel Febbraio
del 23. Poco dopo tocca a Giacinto Menotti Serratti, passato
al comunismo. Il processo si concluder con una assoluzione
61
generale, ma molti comunisti cominceranno l'esilio. Gli
unici protetti restano i deputati del pci, protetti
dall'immunit parlamentare, ma non li garantisce dagli
assalti delle squadre nere. Ma la violenza dei Ras si
scatena anche contro ipopolari, nonostante vi siano due
popolari nel governo: il punto che i popolari ormai sono
stati scavalcati dal dialogo diretto che Mussolini ha
cominciato col Papa, mentre Don Sturzo si oppone sempre di
pi all'alleanza col Pnf. IL partito si spacca tra la destra
clericale e la sinistra democratica. Mussolini comincia, per
arrivare dritto al cuore del popolo cattolico, a parlare del
sentimento per Dio e per la Patria che hanno tutti gli
italiani ( e partono i crocifissi obbligatori nelle scuole e
nei tribunali e il pareggio delle tasse per le scuole
pubbliche e private). Ad Aprile arriva la riforma Gentile
che introduce l'insegnamento della religione cattolica nelle
scuole e introduce l'esame di stato per le private: una
parificazione delle scuole private. De Stefani salva il
Banco di Roma, cassaforte della finanza vaticana, mentre
Mussolini di dichiara profondamente religioso. La Santa Sede
emana una circolare che invita i cattolici a non assecondare
partiti: la morte del Ppi. Sotto le pressioni di Vaticano
e destra popolare Sturzo si dimette da segretario del Ppi.
Sar proprio il gruppo parlamentare Ppi, allo sbando, a
diventare cruciale per l'approvazione della legge Acerbo:
alcuni popolari escono dall'aula, altri si astengono, alcuni
votano si. La violenza squadrista,dopo il voto, si abbatte
di nuovo contro i bianchi. Il Papa non muove un dito: pensa
che Mussolini sia un defensor fidei pi efficace, ma anche
meno democratico e meno moderno dei cristiano sociali. Piano
piano si stringe il cappio anche introno al collo dei
liberali: Gobetti finisce in prigione, la casa di Nitti
devastata da una squadra fascista senza che la PS muova un
dito, Amendola pestato da una squadraccia nera. La
rappresaglia parte perch i 3 si oppongono alla legge Acerbo
(collegio unico nazionale,premio di maggioranza di 2/3 dei
seggi del parlamento a chi ottiene la maggioranza dei voti,
quorum minimo 25%).
3. legge Acerbo ed elezioni del 1924
Il perch della Legge Acerbo facile: il gruppo
parlamentare fascista numericamente molto inferiore, e pi
debole di quello del PPI e dei Liberali. Essi possono
abbatterlo quando vogliono e Mussolini vuole privarli di
questo potere prima di andare alla verifica elettorale: sa
62
infatti che il proporzionale offre buoni vantaggi ai partiti
di massa come il Ppi e il Psi, troppo fastidiosi per lui. Sa
cio che mantenendo la vecchia legge elettorale, Ppi, Pci e
Psi saranno troppo fastidiosi per lui, anche se certa la
vittoria fascista. Vinta la resistenza parlamentare del Psi
e Pci e del Ppi grazie al Vaticano, la strada per la legge
Acerbo spianata, coi liberali che votano in direzioni
diverse senza una linea comune. Infatti gradiscono il
ritorno all'uninominale Giolitti e Salandra e persino
Amendola (anche se poi si schiera contro la legge Acerbo).
Nel 23 i liberali dimostrano di non avere nessuna
lungimiranza: entrano di nuovo nei blocchi nazionali,
pensandoli replica di quelli del 21, ignorando l'enorme
premio di maggioranza. Cos Orlando, Salandra e altri si
candidano nei blocchi, mentre la destra liberale si fonde
col fascismo. Salandra arriva ad affermare che Mussolini
l'erede autentico della tradizione risorgimentale. Al
contrario Amendola vede il fascismo come un cancro e pensa
di poterlo sconfiggere partendo dal Sud, dove crede sia
ancora possibile una reazione, rinnovando in toto le elites
liberali e ricordando agli italiani che tra i motivi
dell'entrata in guerra c'era la bandiera della libert
sventolata contro le autoritarie Germania e Austria. Cos,
spinto da queste idee, Amendola propone la fondazione
dell'Unione nazionale, un movimento politico democratico,
che sorge nel 24, per rompere silenzio e passivit della
vecchia classe dirigente che lascia senza guida la
stragrande maggioranza degli italiani, rimasti estranei alla
guerra civile, ma non impassibili di fronte alle violenze.
Amendola sogna che i voti di questi elettorivotino quei
pochi parlamentari fedeli allo statuto per riportare il
paese entro i binari costituzionali. Il Sud la base
migliore perch l n il Psi, n Ppi e nemmeno il Pnf si
sono ancora radicati. Quel che Amendola sbaglia che al sud
il Pnf non penetra non perch abbia particolari vocazioni
democratiche ma perch ha una popolazione ignorante e
arretrata fosse anche solo per iscriversi ad un partito: non
sono politicizzati. Al sud i notabili non si sono consegnati
al fascismo perch lo vedevano troppo moderno e
rivoluzionario. Ma dopo la presa del potere di Mussolini,
magicamente, tutti i notabili del Sud si scoprono fascisti:
il loro trasformismo filogovernativo confermato.
Nasceranno si alcuni nuclei dell'Unione, ma saranno piccoli
e deboli. E anche nel resto d'Italia sono pochi gli italiani
63
dei ceti medi che rispondono al richiamo di Amendola. Gli
altri vanno verso il fascismo, molto pi attrattivo. La
piccola e media borghesia sogna di andare al potere grazie
al fascismo che si pone come soggetto capace di
rivoluzionare il paese, ma non si rendono conto che il
fascismo sta prendendo il potere col Vaticano, i banchieri,
i grandi imprenditori. E' evidente l'equivoco di fondo
creato dal linguaggio e dalla propaganda fascista. Amendola,
che si oppone al fascismo, visto come un conservatore, un
amico dei liberali e della vecchia oligarchia liberale
sbagliando anche il tono: fanno appello alla legalit, alla
tradizione, si doveri, alla tolleranza reciproca,
all'ordine. Tutti i valori insomma che i fascisti e
Mussolini calpestano fin dal primo giorno della campagna
elettorale, mentre l'altra faccia,quella legale, la
garantiscono i candidati liberali Salandra e Orlando. Gli
squadristi si mettono presto all'opera: viene ucciso un
deputato Psi Antonio Piccinini. Dilagano al centro e al sud.
I blocchi nazionali ottengo il 64% dei voti, che fruttano
con il premio 375deputati: 275 di questi sono iscritti al
pnf, hanno meno di 40 anni e provengono per la maggior parte
dalle file della piccola e media borghesia. Tranne Pci e
Repubblicani gli altri partiti dimezzano i consensi (in
alcune regioni le liste antifasciste per prendono pi voti
di quelle fasciste Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto). E'
la parte meno politicizzata e pi arretrata che fa vincere
Mussolini. Tra le file dei socialisti unMatteotti appena
eletto denuncia la violenza e i brogli del fascismo (mentre
Amendola si dissocia alla sua protesta). Matteotti viene
ucciso il 10 giugno 1924 rapito e accoltellato da una
squadra fascista.
4. il delitto Matteotti e l'Aventino
La notizia arriva in Parlamento due giorni dopo: i
socialisti accusano subito i fascisti,ma sono della stessa
idea sia tutti gli altri antifascisti, sia i fascisti
stessi. Mussolini viene indicato come mandante. Mussolini
pochi giorni dopo garantisce il massimo impegno del governo
nelle indagini e assicura la punizione dei colpevoli. Poi,
incassato il voto di fiducia all'esercizio provvisorio del
bilancio fa sospendere i lavori della Camera dal presidente
Alfredo Rocco. Ma l'opposizione ora sul piede di guerra.
Tutti i gruppi parlamentari di opposizione, escluso quello
liberale, compreso quello comunista si organizzano in un
comitato per decidere quali azioni intraprendere per
64
ripristinare la legalit. I comunisti propongono lo sciopero
generale, rigettato sia dalla Cgil che dagli antifascisti
moderati. Amendola e Bonomi propongono di sperare
nell'intervento del Re, affinch cacci Mussolini dal
governo. Per sei mesi la via reale e quella della piazzasi
confrontano: non troveranno accordo, ma avranno sicuramente
il merito di scuotere finalmente l'opinione pubblica
italiana . Il Corriere della sera cambia completamente linea
editoriale e Gentile, De Stefani e altri ministri danno le
dimissioni. Questo va di pari passo con lo svolgimento delle
indagini, in cui spuntano sempre pi dirigenti fascisti
coinvolti nel delitto, mentre le notizie rimbalzano in prima
pagina e fanno perdere al fascismo consensi. Alla fine i
colpevoli saranno individuati in 4 arditi milanesi e uno
toscano, stipendiato dall'ufficio stampa di Mussolini.
Cadono altre teste:questore e capo della polizia romana, il
capo dell'Ufficio stampa della Presidenza del Consiglio,
Mussolini stesso lascia l'interim agli Interni. Giovanni
Marinelli, segretario amministrativo del Pnf, viene
arrestato. Il Prefetto di Milano scioglie gli arditi
milanesi e traballa anche la poltrona del comandante
generale delle MVSN. Mussolini in aula ribadisce ancora la
volont del fascismo di costituzionalizzarsi, ma annuncia
anche chela maggioranza stanca di prendere ultimatum dalla
minoranza. Mussolini ottiene comunque la fiducia, grazie
alla legge Acerbo che gli ha garantito una maggioranza cos
ampia da reggere un colpo duro come il delitto Matteotti. Il
27 Giugno i gruppi delle opposizioni, riuniti a
Montecitorio, dopo aver commemorato Matteotti, approvano una
mozione che li impegna a non partecipare pi all'attivit
del Parlamento finch non verr costituito un governo nuovo,
sciolta ogni milizia di parte, ripristinata la piena
legalit nel paese. Si ritirano quindi nell Aventino delle
loro coscienze, richiamando la storica secessione della
plebe romana. Mussolini, semplicemente, li ignora: il
silenzio la migliore arma, visto che qualsiasi strada si
decida di percorrere crea comunque un polverone di polemiche
a esclusivo vantaggio delle opposizioni. Sfruttando le
misure restirittive della libert di stampa, gi votate
entro la Legge Acerbo, Mussolini mette a tacere tutti i
giornali che danno risonanza alla secessione aventiniana
censurando tra gli altri l'Unit del Pci, l'Avanti del
Psi, la Giustizia del Psu. I prefetti hanno la facolt di
censurare o sopprimere le pubblicazioni che parlano
65
dell'assassinio di Matteotti oche incitano al sovvertimento
dell'ordine. Piano piano l'attenzione per la questione va
scemando e gli aventiniani non se ne rendono conto, pensando
invece che il ritrovamento del cadavere comporti una nuova
ondata di indignazione. La linea restala stessa, quella
scelta da Amendola: opposizione nelle istituzioni senza il
ricorso alla piazza sperando di riuscire a convincere i
liberali a far cadere il governo Mussolini (si punta sugli
80 deputati della maggioranza non tesserati PNF, tra cui
Salandra e Orlando assieme ad altri non eletti nelle liste
del Pnf ma che appoggiano il governo e il manipolo di
deputati liberali guidati da Giolitti). Il loro passaggio in
toto non porterebbe alla caduta del fascismo, ma renderebbe
difficile la vita a Mussolini e potrebbe indurre il re a
muoversi. Tra gli aventiniani Pci, socialisti e giovani
democratici vogliono passare all'azione e ritengono il piano
troppo macchinoso e lungo, troppo vincolato alle decisioni
di quella vecchia classe dirigente che si dimostrata
filofascista o comunque pavida e incapace (si pu affidare
il destino dell'Italia e degli antifascisti nelle mani di un
Salandra, un Orlando, un Giolitti, oggi alleati
fascisti??) : occorre scendere in piazza, mobilitando le
masse indignate contro ilPnf. Il partito della piazza
largamente minoritario quando le camere riprendono i lavori
dopo la pausa estiva. Nell'Aula si presentano solo i
comunisti, che hanno deciso di abbandonare l'Aventino, tutti
gli altri continuano lo sciopero parlamentare. Giolitti si
schiera contro il governo mentre Ettore Conti esprime il
disagio della Confindustria,seguito dal discorso che esprime
il disagio delle forze armate. Salandra si dimette dalla
presidenza della Commissione Bilancio della Camera. Dal
giornale di Amendola,il Mondo viene pubblicato un
memoriale di cesare Rossi, ex capo dell'ufficio stampa della
presidenza del consiglio, ora latitante, che in pratica
lascia emergere la diretta responsabilit di Mussolini
nell'omicidio. Mussolini il 3 Gennaio del 1925 si presenta
alla Camera e proclama che:
al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il
popolo italiano, io assumo, io solo, la responsabilit
politica, morale e storica di quanto avvenuto [] Se il
fascismo una associazione a delinquere io sono il capo di
questa associazione.
66
E'una ammissione di colpa. A Marzo del 26 si conclude il
processo: sono condannati a 6 anni di carcere (4 condon iper
amnistia) i responsabili materiali dell'omicidio, ritenuto
non premeditato. Comunque confermata sia la responsabilit
fascista, sia reso chiaro agli occhi di tutti quali sono
le pratiche di cui si avvale il Pnf: anche per questo
Mussolini si assume la responsabilit di tutto, visto che le
accuse non sono nulla di nuovo e gi lo si sapeva dai tempi
dello squadrismo. Mussolini promette la calma laboriosa di
cui necessita l'Italia, affermando che la costruir con
l'amore, ma anche col la forza se necessario. Alcuni
liberali si dimettono, gli aventiniani dichiarano
pubblicamente il loro sdegno (a beh!!) ma lo stato liberale
ormai smantellato. La svolta una direttiva al prefetti,
in cui sono invitati a impedire ogni manifestazione e a
esercitare un controllo rigoroso su circoli, ritrovi, gruppi
sospetti da un punto di vista politico, di sciogliere le
formazioni sovversive. Dopo poco spariscono centinaia di
circoli, associazioni, realt. Si promulgano a raffica
decreti limitativi della libert di associazione. Mussolini
ristruttura il Pnf, nel caos per via delle defezioni e
tradimenti: Farinacci ne diviene il nuovo segretario, mentre
i vertici dell'associazione nazionale combattenti sono
epurati perch troppo desiderosi di autonomia dal Pnf.
Infine si epura l'esercito: si dimette il Ministro della
Guerra, Mussolini ne assume l'interim poi prende anche
quello della Marina, quando Paolo Thaon de Revel si dimette.
Nel Giugno del 1925 sono costretti alle dimissioni tutti i
funzionari pubblici che non si siano dichiarati fedeli al
fascismo. Mussolini se ne frega dei proclami e
dell'indignazione conseguente, tanto ormai solo ilRe pu
intervenire e ne avrebbe il potere, ma quando una
rappresentanza degli aventiniani riesce a incontrarlo, lui
non d risposte (questo peser nel referendum del1946,
assieme al rifiuto della firma dello stato d'assedio). Il re
teme di scatenare la violenza fascista obbligando Mussolini
alle dimissioni. E c' da credere che al caos dei fascisti
si possa aggiungere quello dei comunisti, ora in grado di
far partire una controffensiva. E non si fida dei liberali e
di Amendola manifestamente incapaci di gestire la
situazione: i governi liberali post I G.M mondiale hanno
dimostrato l'incapacit dei liberali e per poco stato il
Fascismo a evitare la rivoluzione bolscevica. Per il Re
valso mettere in piedi il governo fascista perch l'unico
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in grado di mantenere l'ordine. Sulla testa del Re pende
anche la spada di Damocle che gli tengono sulla testa i
Soloni, i 18 membri della commissione che dovrebbe studiare
la riforma costituzionale che potrebbe investire anche la
corona (aumentare i poteri dell'esecutivo, dare una
struttura corporativa alla rappresentanza
sindacale,riconoscimento giuridico dei sindacati
ecc..)Amendola morir nel Luglio del 25, non riuscendo a
riprendersi dalle ferite provocategli da una aggressione
squadrista mentre gli antifascisti restano divisi tra il
partito di piazza e il partito delle istituzioni.
5. la sconfitta degli antifascisti
L'ala giovanile dei partiti aventiniani, compreso lo stesso
figlio di Amendola,cominciano a entrare in forte disaccordo
coi padri del partito delle istituzioni,smaniando per
intervenire e provare il loro coraggio e la loro
determinazione. Ma dal1925 anche tra gli adulti comincia a
serpeggiare il malcontento per aver preso una strada che non
d risultati, mentre gli antifascisti sono bastonati o
uccisi, senza reazione, mentre il clima si fa sempre pi
irrespirabile. Intorno al perch siamo stati sconfitti si
apre un lungo dibattito di autocritica e critica e qui
contano molto i giovani, che non si ripiegano sul ci che
stato, ma guardando dritto dritto al futuro. Resistenza
comincia a diventare la parola chiave. Si apre una stagione
di attentati e complotti contro Mussolini: nel 26 Mussolini
viene ferito di striscio da un colpo di pistola sparato da
un Irlandese Violet Gibson. Due anarchici, Gino Lucetti e
Anteo Zanaboni lanciano bombe, in due episodi, contro l'auto
di Mussolini. Il Duce ne esce illeso in entrambi i casi:
Zanaboni verr linciato dalla folla. Sono colpi di
disperazione che offrono per al governo il pretesto per
finire di soffocare le opposizioni: ma non con le squadracce
nere, finita l'epoca d'oro dei ras, che Mussolini vuole
soffocare. Ora entra in funzione l'apparato repressivo
ufficiale dello Stato. Tra il 25 e il 26 vanno in esilio:-
Nitti in Francia, dopo l'assalto alla sua casa-Sturzo a
Londra, invitato ad andarsene dal card. Gasparri-Salvemini
finito in carcere dopo che la sua rivista non mollare
stata chiusa d'autorit-Gobetti e Amendola muoiono ammazzati
di botte dai fascisti Dopo il 26, con la pubblicazione delle
leggi per la difesa dello stato fuggono anche Nenni, Treves,
Saragat mentre per far fuggire il vecchio Turati (una
revisione governativa ha imposto la revisione di tutti i
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passaporti) si mobiliteranno un gruppo di giovani (Rosselli,
Parri, Pertini) che rischieranno il carcere per la loro
generosit. Turati resiste a lungo alla tentazione di
andarsene ( vecchio e ormai solo. Anna Kuliscioff morta
per cause naturali poco prima), ma poi si convince a
partire. Sono dichiarate illegali tutte le associazioni di
opposizione al fascismo, con pene durissime per chi prova a
ricostruirle, si istituisce il confino, si ristabilisce la
pena di morte per chi attenta alla vita del Re, della
regina, del principe ereditario, del pres. Del consiglio e
per i reati contro lo Stato. Il primo Gennaio 1927 entra in
funzione il tribunale speciale per la difesa dello Stato
presieduto da un generale di una delle 3 armi o della
milizia, composto da giudici della milizia o militari:
giudicava i reati di spionaggio, incitamento alla guerra
civile, ricostruzione e propaganda dei partiti sciolti,
applicando le norme giuridiche militari e senza diritto di
appello. Agisce da corte politica. Nasce anche l' Ovra, nata
appositamente per combattere gli antifascisti(l'acronimo,
forse, ma non certo, significa Organizzazione per la
vigilanza e la repressione antifascista) che agiva come una
polizia politica: spiava i cittadini di nascosto, con lo
scopo di incutere terrore e senza di controllo permanente.
Oramai ufficialmente stato di polizia. Cade vittima della
situazione Gramsci,che finisce,nonostante goda ancora
dell'immunit parlamentare, a Regina Coeli seguito, qualche
giorno dopo, dall'intero gruppo parlamentare del Pci: il
processo, che si celebra nel 29,porta a condanne
pesantissime intorno ai 20 anni sia per Gramsci che per
Terracini. Si salvano solo quei pochi deputati popolari e
demo-sociali che, fatto atto di contrizione,tornano in
Parlamento abbandonando l'Aventino, sottomettendosi alla
volont di Mussolini di affermare che non esisteva nessuna
questione morale del delitto Matteotti. De Gasperi
condannato a 4 anni di carcere, ma viene liberato grazie
all'intervento del Papa. In galera finisce anche il Gran
maestro dei Massoni, arrestato per gli attentati dei Massoni
contro Mussolini. Ora resta da impedire che la voce degli
antifascisti all'estero arrivi in Italia: la censura si
scatena contro i giornali pi piccoli,ma diventa difficile
toccare giornali grandi e indipendenti come La Stampa, il
Corriere della sera, il Mattino e altri che ancora non
si decidono ad allinearsi col fascismo.
6. il regime fascista si consolida
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Gli industriali italiani sono restii ad allinearsi col
fascismo, come traspare proprio dalla stampa, ad esempio, di
propriet degli Agnelli. Mussolini certo allarmato dal
memorandum che gli viene presentato da Confindustria,che
chiede la normalizzazione della vita politica italiana e
ribadire l'assoluta liberta di organizzazione sindacale.
Magli industriali devono tenersi buono Mussolini, unico che
pu convincere De Stefani apolitiche a loro favorevoli: i
toni si fanno molto pi concilianti quando Mussolini
sostituisce De Stefani e Nava con Volpi di Misurata e
Belluzzo, graditi agli ambienti industriali. Col dazio sul
grano comincia la battaglia del grano, uno dei pilastri
della politica agricola fascista, che lega al governo i
grandi proprietari terrieri. Gioca a favore del fascismo
anche il ritorno di manifestazioni nelle fabbriche del 25
che obbliga gli Agnelli a concedere aumenti di salari ai
lavoratori, mobilitati dalla Fiom affiancata dai sindacati
fascisti. La paura che ricominci tutto fa cadere gli ultimi
tentennamenti nei confronti di Mussolini degli industriali:
si preferisce una dittatura che obbliga all'ordine di una
democrazia che ha dato troppo potere e capacit di ascesa
alle masse, mettendo a rischio il capitalismo italiano. Cos
nel 25 Confindustria e sindacati fascisti firma il Patto di
palazzo Vidoni: le due organizzazioni si riconoscono come
unici interlocutori per le questioni di capitale-lavoro.
L'anno dopo il governo recepisce l'accordo, vieta il diritto
di manifestazione e sciopero. Confindustria accetta anche di
definirsi fascista ottenendo una poltrona entro il Gran
Consiglio del Fascismo. Poco dopo il presidente e il
segretario della Confindustria si iscrivono al Pnf.Ormai ai
sindacati pre-fascisti non resta alcuno spazio legale. E'
del 27 il manifesto che annuncia la morte (gi avvenuta,
una presa d'atto) della confederazione della Cgil.Ora che
gli industriali hanno ceduto, la strada di Mussolini
spianata: si dimettono i direttori di Corriere, Mattino. Nel
26, tramite acquisizioni di azioni e passaggi di propriet,
la stampa definitivamente riorganizzata e piegata al
regime. L'Agenzia Stefani, che dal dopoguerra, grazie ad un
accordo col governo, distribuiva le notizie ufficiali alla
stampa, viene potenziata e trasformata una infallibile
macchina di controllo e diffusione della propaganda fascista
che rimbalza su tutti i quotidiani nazionali. Le firme pi
autorevoli abbandonano i quotidiani, facendo infuriare
Mussolini che vorrebbe a tutti i costi ottenere l'omaggio
70
della cultura per soddisfare la sua ambizione personale e
stroncare la pretesa incompatibilit tra intelligenza e
fascismo. La cosa dimostra che gli italiani, i fascisti
stessi, ritengono se stessi energumeni buoni a usare le mani
e mostrare i muscoli per portare ordine, ma di sicuro non
sono intellettuali. E' un marchio che Mussolini si porter
per 20 anni nonostante tutti gli sforzi per conquistare il
mondo della cultura. Per la borghesia funzionale:
l'ignoranza fascista diventa alibi per il disprezzo
classista della borghesia contro i ceti medio-piccoli
smaniosi di ascendere. E' per questo che Gentile, nel
25,pubblica il Manifesto degli intellettuali fascisti per
testimoniare la fede nel fascismo:pochi giorni dopo per il
Mondo pubblica un contro-manifesto firmato da note
personalit antifasciste della cultura liberale e redatto da
Croce, sicuramente ben pi autorevoli dei firmatari del
primo manifesto. Ma l'ultimo sussulto del mondo della
cultura: quando Gentile apre l'Istituto Giovanni Treccani
per la cura e la pubblicazione dell' Enciclopedia italiana,
sono ben pochi gli intellettuali che rifiutano il suo
invito. Tutto, persino questo, viene messo in chiave
patriottica: raccogliere la cultura italiana per fondare la
coscienza della nuova Italia, una sfida irresistibile per
molti, visto anche che le voci su cui si far sentire forte
controllo e censura sono poche (fascismo fa eccezione).
Mussolini non vuole infatti un'arte di Stato, ma l'appoggio
del mondo della cultura, organizzato in organizzazioni e
associazioni capillarmente infiltrate con intellettuali
fascisti e creando reti di di centri culturali fascisti.
7. fascismo, cultura, societ
Teniamo subito conto che stata la guerra il motore del
cambiamento che ha portato alla nascita di movimenti
culturali di massa, ampliando la partecipazione culturale
dei cittadini. Aumentano di importanza gli scrittori che,
dalle pagine culturali dei giornali,orientano le scelte dei
lettori. Nel 24 la prima alla Scala di Milano del Nerone di
Arrigo Boito sotto la direzione di Toscanini significava una
vittoria del partito dei giovani autori che era valsa a
Mussolini la fama di protettore delle arti. Fu un punto in
pi per Mussolini anche l'adesione al Fascismo di
Pirandello, molto amato dal pubblico. Non c' da stupirsi:
molti scrittori e artisti erano futuristi e interventisti.
Anche tra gli artisti si sente il bisogno di ordine che
tanto ha fatto guadagnare al Fascismo: Dechirico e Carra
71
reagiscono agli isterismi e alle cialtronerie dei futuristi
con una forte richiesta di ritorno al mestiere, un oculato
professionismo. Cos anche Pirandello e Moravia, che
esprimono tensioni emotive nella compostezza dello schema
della tragedia classica. La loro diventa una collaborazione
passiva al fascismo, ma comunque utile. Mussolini teme
invece quegli intellettuali fascisti, ma attratti pi dagli
aspetti eversivi e rivoluzionari del fascismo (quel
Malaparte che proclama di amare Mussolini per avere avviato
la tirannia degli eroi e l'era dello squadrismo contro il
rammollimento italiano insegnato nelle scuole da Cuore
appare decisamente scomodo a Mussolini che deve mediare con
gli industriali e la Chiesa per consolidare la dittatura).
Cos come sono scomodi i disegni di Maccari che crea
militari vanitosi,capitalisti panciuti e flaccidi, dissacra
i costumi borghesi visti come i mostri che il fascismo deve
abbattere. Non la strada che Mussolini vuole percorrere
dopo aver con tanta fatica ridotto al silenzio i ras. Quanto
al resto degli italiani, fanno letture innocue per il
fascismo: la narrativa eroico-avventurosa di D'Annunzio e i
suoi emuli per esempio. Ritornata poi la calma nelle piazze,
gli italiani si disinteressano anche di cosa accade nel
palazzo: la tragedia degli antifascisti non interessa pi.
Gli italiani si commuovono per per la Turandot, lasciata
incompleta dalla morte di Puccini e messa in scena alla
Scala da Toscanini. Si occupano del Torino che vince lo
scudetto eseguono quasi con morbosit la storia dello
smemorato di Collegno. (nasce l'Istituto Luce L'Unione per
la cinematografia educativa nel 24, per fare anche del
cinema una fonte di propaganda fascista e arginare l'arrivo
dei film americani). La radio resa da Galeazzo Ciano
monopolio pubblico ( la forma di comunicazione preferita da
Mussolini) creando l'Eiar (ente italiano audizioni
radiofoniche). E per far entrare la radio nella vita degli
italiani si dotano tutte le sedi delle organizzazioni
fasciste di apparecchi per l'ascolto collettivo, facendo di
questi luoghi il punto di ritrovo della Ond(opera nazionale
dopolavoro). Nel 26 si crea l'Opera nazionale Balilla che
comprende i ragazzi dagli 8 ai 12 anni e gli avanguardisti
dai 12 ai 18: l'iscrizione non obbligatoria,ma nessuno vi
si sottrae, mentre il Ministero dell'Istruzione dichiara che
la scuola ha il compito di educare a comprendere il fascismo
e a vivere il clima storico creato dalla rivoluzione
fascista. Nel 28 si adotta un testo unico per le elementari,
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nel 29 si obbligano i maestri a giurare fedelt al fascismo.
Si sa che i giovani che non sono stati balilla non avranno
mai la tessera Pnf, quindi non troveranno lavoro o finiranno
sospettati di antifascismo e processati. Del 25 l'ONMI
(opera nazionale per la maternit e l'infanzia) ente
assistenziale di aiuto alle madri in difficolt e ai bambini
abbandonati assieme all'obbligo della creazione in ogni
comune di un consultorio ostetrico e di uno pediatrico (la
mortalit infantile registra tassi paurosi). Nel 27 si
riordina la previdenza sociale creando il Patronato
nazionale per l'assistenza sociale e nel 29 si introduce
l'assicurazione obbligatoria contro le malattie
professionali. Sono iniziative volte a sanare i ritardi in
ambito assistenziale e previdenziale accumulati dalle
vecchie dirigenze liberali e ovviamente combustibile per la
macchina del consenso.
8. La conciliazione tra stato fascista e chiesa cattolica
Mussolini godeva gi dell'appoggio della Chiesa (pressioni
sul Ppi, appoggio per l'ascesa al potere) e non mut la
linea delle gerarchie quando fu eletto segretario del Ppi De
Gasperi, aventiniano. Anzi durante il culmine della crisi
Matteotti papa Pio XI durante un discorso agli universitari
aveva ribadito l'incompatibilit di collaborazione tra
cattolici e socialisti sconfessando pubblicamente il Ppi che
collaborava col Psi e il Psu e gli altri partiti
aventiniani. Fu il segretario di Stato Vaticano stesso,
cardinal Gasparri, a indurre Sturzo all'esilio su
sollecitazione personale di Mussolini. Nel 25 il congresso
del Ppi fa atto del caos in cui caduto il partito, con le
sedi e i sindacati periferici spazzati via dallo squadrismo
e con la stampa cattolica vittima delle censure fasciste.
Nel 26 i deputati Ppi, ormai con un cappio al collo,
decidono di tornare in Parlamento, dove sono accolti da
Mussolini con la richiesta di sottomissione. De Gasperi non
ci sta e finisce in carcere. Diviene sempre pi impossibile
essere cattolico e antifascista: per il Papa Mussolini
l'uomo che pu costruire una Italia fondata sui valori
cattolici. Nel 1926 iniziano i colloquio preliminari tra il
segretario di Stato Domenico Barone e l'avvocato Francesco
Pacelli, fratello del futuro Pio XII. Nel 27interviene lo
stesso Mussolini per chiudere la bocca ai fascisti
anticlericali, mettendo sul piatto una lunga serie di
privilegi per la Chiesa al fine di affrettare
l'operazione(eccetto le leggi del 26 che travolgono
l'associazionismo cattolico, ma il Papa non sene interessa)
perch non toccano quelle strutture ecclesiastiche come la
Giovent Cattolica e gli Uomini Cattolici dove stanno
confluendo gli esuli Ppi. Nel 27 non a caso Mussolini
73
scioglie tutto l'associazionismo non fascista, eccetto
quello cattolico imponendo ad alcune di queste per di
mettere il fascio littorio nel simbolo. Questa volta la
Chiesa si degna di scrivere una nota di protesta, conscia
che Mussolini vuole il controllo totale sulla giovent
italiana. Nell'Ottobre del 28 il re delega Mussolini in
persona a stipulare l'accordo finale con la controparte
Cardinal Gasparri. L'11Febbraio del 1929 sono firmati i
Patti Lateranensi e il Concordato che mettono fine alla
questione romana, ratificati in Parlamento con pochi
contrari tra cui Croce,pesantemente insultato da Mussolini.
Roma definitivamente Italia, i cattolici sono cittadini
italiani: e i cittadini apprezzano come dimostra il delirio
di entusiasmo che accoglie Pio XI che benedice in Piazza San
Pietro la Roma italiana. Si concede la disciplina dei
matrimoni e l'insegnamento religioso (cosa che i liberali
non avrebbero mai concesso) ma Mussolini lo fa pur di
ricevere l'avallo ufficiale della Chiesa, anche a costo di
far nascere un vespaio di polemiche sulla nascita di uno
stato confessionale. Gli esuli attaccano con ferocia sulla
stampa estera la Chiesa dichiarando che il Papa patteggia
con l'usurpatore, con il capo di un governo che gli
aventiniani, anche cattolici, hanno definito illegittimo
denunciando il regime del terrore e liberticida del Duce.
Molto pi deboli invece le critiche degli antifascisti
cattolici che si dichiarano rammaricati per il realismo
sconcertante della Chiesa, ma escludono negando
l'evidenza,che i Patti Lateranensi siano la benedizione
della Chiesa al fascismo. Ma sono polemiche che restano
all'estero, mentre in Italia ci sono solo plausi a Papa e
Mussolini. Nasce il problema per molti cattolici di
conciliare il dovere di obbedienza al Papa coi propri ideali
politici: una parte delle gerarchie cattoliche quindi prova
ad aprire le porte dell'associazionismo ai popolari, perch
comunque il Papa non vuole lasciare i suoi uomini nelle
mani del fascismo, anche se ha abbandonato il Ppi, anche se
questi si chiamano Sturzo o De Gasperi (De Gasperi uscir
dal carcere su pression edel Papa, passando il resto del
ventennio entro la biblioteca vaticana). Ovviamente i
cattolici devono comunque tenere un profilo basso evitando
di essere motivo di imbarazzo per la Chiesa: limitano cos
l'autonomia dei militanti cattolici e impediscono di
svolgere una efficace azione antifascista, comunque unici
bagliori di resistenza che hanno diritto di vivere in
Italia.IN ogni caso l'accordo col fascismo va visto, per la
Chiesa in doppia veste:-nel lungo periodo c' il progetto di
dotarsi degli strumenti necessari per esercitare un ruolo
egemonico in uno stato moderno per essere modello per gli
stati occidentali moderni-nel breve periodo il fascismo va
bene, sicuramente meglio delle dirigenze liberali,abbatte
l'anticlericalismo, riporta l'ordine, impedisce la
74
rivoluzione bolscevica,mantiene saldi i costumi tradizionali
(pensa al cambiamento di donne e giovani). Ma apprezza anche
la battaglia del grano, che rid all'Italia quell'aspetto
contadino tanto chiaro alla Chiesa. Cos come apprezzano
sicuramente la campagna demografica del27: imposta sui
celibi, esenzioni tributarie per le famiglie con almeno 10
figli, 7 per gli impiegati statali, privilegi nelle
graduatorie dei concorsi pubblici, prestiti matrimoniali
condonati con la nascita del quarto figlio. La Chiesa inizia
cos la sua battagli antimoderna: richiama le donne
all'ordine(tornare in casa, lasciando il lavoro) e le invita
a sottomettersi all'autorit maschile(Mussolini stesso
afferma: tornino le donne in casa, unico e vero posto che la
natura ha assegnato loro), attacca i balli e le mode
moderne, ribadisce il valore della verginit e della
famiglia patriarcale contadina. Questo contrasta col fatto
che molte donne emancipate avevano puntato sul fascismo,che
aveva offerto loro nel programma del 1919 il voto: ma era
una falsa promessa. Ilf ascismo ha mostrato poi tutto il suo
lato reazionario e conservatore cresciuto a causa del fatto
che i fasci di combattimento avevano rafforzato l'identit
maschile messa in crisi proprio dal nuovo ruolo delle donne.
Nel 26 l'equivoco cancellato visto che non si lascia pi
nessuno spazio di emancipazione politica e professionale
alle donne. No quindi alle professoresse nei licei (alle
donne non si addice studiare lettere, filosofia,greco,
latino), ma molte maestre di asilo perch le donne sono
anzitutto madri. La stampa femminile riceve precisi ordini e
trasmette precisi modelli: via le donne magre e mascoline,
si alle donne prosperose e coi fianchi larghi, emblema di
fecondit,mentre viene vietata ogni propaganda
anticontraccettiva e il Papa ribadisce la finalit
riproduttiva del matrimonio. Viene soppresso
nell'enciclopedia italiana la voce divorzio. Ma il tasso di
natalit, nonostante tutta la propaganda, resta in calo.
Ormai il trio Dio, Patria, Famiglia ribadito: la Chiesa
felice del ruolo che svolge, complice del fascismo e
invita i cattolici ad andare a votare in massa alle elezioni
del29, anche se sono elezioni farsa: la nuova legge
elettorale prevede che esista una sola lista preparata dalle
organizzazioni fasciste, su un collegio unico nazionale,
della quale gli elettori possono solo dire si o no.
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5) LO STATO TOTALITARIO (1929-1939)
1. stato fascista ed economia: dalla politica della quota
90 alla grande crisi
Nel 29 arriva la Grande depressione. Che per non comporta
perdita di potere per Mussolini anzi, per come affronta la
crisi, aumenta il prestigio del fascismo in Italia e
all'estero anche se nel 1930 arriveranno i primi fallimenti,
cresce la disoccupazione e diminuiscono le entrate dello
stato. Tutto questo dopo che gli italiani cominciavano a
farsi le prime illusioni di crescita dopo aver fatto tanti
sacrifici per stabilizzare la lira. Si punta, e Mussolini
disposto a lacrime e sangue, a raggiungere la quota 90,
ossia 90lire per una sterlina (pi per una questione di
prestigio che di altro), ma anche un sistema per imporre il
fascismo a industriali, proprietari e banchieri italiani che
continuano a far pesare troppo il loro appoggio al fascismo.
Nel 26 comincia l'austerity: divieto di costruzione di case
di lusso, vietata l'apertura di bar e locali notturni,
ridotte a 6 le pagine dei quotidiani, imposto l'uso di una
miscela di alcool e benzina per le automobili, aumento di
un'ora di lavoro al giorno per operai e
impiegati,diminuzione dei canoni d'affitto, alleggerimento
del carico fiscale. Si ridefinisce anche il ruolo della
Banca d'Italia diventata banca centrale a tutti gli effetti
con l'esclusiva facolt di emissione dei biglietti bancari e
ampi poteri di controllo sull'intero sistema del credito.
Nel 27 si riducono del 10% i salari dei dipendenti pubblici,
cosa che si espande poco dopo anche al settore privato. A
fine anno un altro 10% tagliato dopo l'accordo tra
confederazioni patronali e operaie e il PNF invita i
proprietari terrieri a ridurre i salari dei contadini per
dare un contributo al processo deflattivo in corso che
prevede una riduzione dei costi dei generi alimentari. La
deflazione aumenta il potere di acquisto dei salari mentre
76
la stabilit della lira rivaluta i depositi della piccola
borghesia risparmiatrice. La dittatura fascista conferma la
sua base piccolo e medio borghese, rassicurandoli dalla
proletarizzazione. Tanto basta al fascismo per ascoltare
indifferente le critiche di imprenditori e finanzieri: non
solo loro la sua base elettorale .Si cerca di facilitare la
concentrazione industriale tramite agevolazioni tributarie
per le fusioni tra societ, cosa che si realizza appieno. Lo
stato continua a imporsi come maggior cliente
dell'imprenditoria privata con le commesse per le ferrovie e
l'esercito nonch per la realizzazione delle grandi opere
pubbliche (sopratutto l'avvio delle grandi bonifiche). E'ora
che Mussolini dichiara: tutto nello stato, niente contro lo
stato,nulla al di fuori dello stato, sottolineando il ruolo
centrale dello stato in economia, che si consolida e aumenta
con la crisi del 29. Gli industriali comunque, in fondo in
fondo,sanno che era necessario rivalutare la lira e sanno
anche di aver ottenuto alcuni vantaggi: pace sociale, salari
bassi, sgravi tributari, la Carta del lavoro che garantisce
autonomia di gestione. Ma questo non significa che non sono
pronti a dare l'alt non appena si esca dal tunnel della
quota 90. Ma proprio quando si raggiunge il
traguardo,comincia la crisi. La quotazione dei titoli crolla
in Italia del 40% e sono i banchieri e finanzieri stessi a
chiedere aiuto allo stato che non nega sostegno, anzi
profonde a piene mani all'inizio, poi razionalizzando il
sistema di finanziamento pubblico. Del 31 l'Istituto
mobiliare italiano (IMI) per il riordino del mondo bancario:
varie banche e compagnie assicuratrici sottoscrivono un
capitale di oltre mezzo miliardo per dar vita alla nuova
istituzione che ha il compito di fornire credito a media
scadenza,raccogliere risparmio, emettere obbligazioni per
rilanciare le imprese a rischio (come italgas e acciaierie
Terni). Del 33 l'IRI (istituto per la ricostruzione
industriale)inizialmente finanziato dagli stessi azionisti
IMI e divisa in una sezione finanziamenti e in una
smobilizzi. Anche l'Iri comincia a sostenere le imprese in
crisi. La sezione smobilizzi invece comincia ad acquistare
partecipazioni azionarie di ogni grande spa italiana, fino
ad arrivare ad avere il 21% del capitale azionario delle spa
italiane. Si arriva a questa percentuale dopo un accordo tra
Iri e 3 banche (banca commerciale, banca di Roma, credito
italiano) grazie al quale l'Iri ottiene il controllo di
questi istituti di credito e dei pacchetti azionari da loro
77
posseduti. Insomma si pongono le basi per un forte
capitalismo di stato, favorito dalla recessione che pare
suggerire questa come unica soluzione. In ogni caso saranno
solo le commesse per la guerra in Etiopia a far riprendere
l'economia e comunque senza riuscire a sanare i forti
disequilibri entro il sistema produttivo italiano ne il
problema della disoccupazione. E' indubbio che grazie
all'intervento dello stato si ha una generale
riqualificazione del sistema industriale nazionale che,
nonostante i tassi di sviluppo inferiori, permette
all'Italia di non venire emarginata nell'occidente
capitalista. Comunque varie cose sono strane-emerge
chiaramente il controsenso di un sistema a sfondo politico
reazionario e gli elementi di modernit innescati dallo
stesso fascismo nell'economia (e quindi di contraddizione
coi cambiamenti sociali e culturali che sono nemici di un
sistema conservatore). Pare confermare la tesi di molti
osservatori stranieri secondo cui gli italiani erano un
popolo arretrato, incapace di usufruire e pretendere i
propri diritti e bisognoso di un leader forte e autoritario
capace di imporre la disciplina ad un popolo immaturo.
Giudizio condivisibile anche se lascia in secondo piano il
fatto che era appena finita una guerra. Ma sia la Chiesa che
Mussolini sanno bene che un paese arretrato e debole si
governa meglio: ecco il perch del trinomio dio, patria,
famiglia che suona come un manifesto antimoderno e le parole
d'ordine del Duce, dalla battaglia del grano a quella
demografica, individuano nell'industrializzazione il nemico.
Allora perch Mussolini aiuta l'industria?-anzitutto non pu
fare tabula rasa: nonostante si sia presentato come
rivoluzionario stenta comunque a tagliare i fili di
continuit con la politica liberale. Mussolini non ha la
volont, ma sopratutto la forza. Anzi sar proprio la
lentezza e i cambiamenti a piccoli passi dallo stato
liberale, alla dittatura, allo stato totalitario a rendere
solido il potere di Mussolini. Comunque da notare c' che
Mussolini si concentra su due aspetti: aumenta la protezione
offerta dallo stato all'industria, sopratutto quella
pesante, e aumenta la concentrazione oligopolistica. Il
progetto della ruralizzazione non messo da parte: viaggia
su un binario parallelo, che si riveler morto dimostrandosi
vani i tentativi di bloccare la modernit o tornare
indietro. Ma la storiografia moderna comincia a dare spazio
ad una interpretazione che vede un certo pluralismo entro il
78
Fascismo, di vedute che convivono, alcune delle quali
profondamente moderne e dinamiche, che vorrebbero in primis
intervenire nelle distorsioni strutturali causa di uno
sviluppo nazionale disomogeneo e squilibrato. Per questo
vedono di buon occhio i freni imposti alla grande industria.
Per questo vorrebbero di pi, anche a costo di fare
dispiacere a imprenditori e finanziari: ma l'operato
economico del fascismo resta contenuto nei limiti del
controllo finanziario senza estendersi alla programmazione e
gestione diretta dello sviluppo. In ogni caso si rafforzer
molto il rapporto privilegiato tra amministratori pubblici e
industriali.
2. operai e contadini nella grande crisi
Scoppiano fiammate di rivolta in Inghilterra, Francia e
Germania che preoccupano non poco Mussolini, che teme che la
rivolta travalichi le Alpi. Sa bene Mussolini che la vita
del Fascismo strettamente legata al mantenimento
dell'ordine costruito sulla pace sociale duramente
costruita a colpi di repressione e concessione di privilegi.
Non un caso che l'ordine italiano sia invidiato nel resto
d'Europa. Eppure l'economia italiana sta precipitando come
tutte le altre e la disoccupazione arriva al milione di
unit, dati che non tengono conto dell'altissima
sottoccupazione. La riduzione dei prezzi che doveva
compensare la riduzione dei salari lo fa solo in teoria,
perch pochi sono i lavoratori che riescono a mantenere la
piena occupazione. Si riducono le ore di lavoro,anche se si
pretende di mantenere la produzione allo stesso livello: i
ritmi di lavoro si fanno insopportabili per le maestranze.
Nel 1930 si verificano vari episodi di insubordinazione
quotidiana: si incrociano le braccia per qualche ora o si
abbandona il posto di lavoro per un giorno. Ma non ci sono
cortei e i manifestanti restano molto cauti e calmi anche se
questori e polizia sono vigili perch lo sciopero un
reato. Il fronte pi caldo quello del settore tessile,
dove conta molto anche la tragica situazione in cui versano
le donne entro il fascismo. Le autorit e i sindacati
fascisti si danno un gran da fare per calmarle, addirittura
andando a cercarle a casa e invitandole a tornare a lavoro.
Visto l'insuccesso, si mette in moto la macchina repressiva:
iniziano le cariche della polizia contro le fabbriche
occupate, le manifestazioni che degenerano in cortei. Nel 31
le donne scendono in piazza a Como e Legnano, cantando
canzoni proibite come bandiera rossa e bandiera nera la
79
vogliamo no, insultano la milizia, lanciano sassi contro la
polizia. IL fermento si placa sotto i colpi di una durissima
repressione. Serpeggia il sospetto che si agitino le donne
sotto le spinte dei mariti e dei figli, che rischiano molto
pi di loro ad esporsi. Sopratutto le agitazioni sono al Sud
e il regime si attiva per evitare che arrivino al Nord nel
cuore del triangolo industriale. Del resto i rapporti
dell'OVRA parlano chiaro del malcontento che serpeggia nelle
fabbriche del nord nonostante la calma apparente mentre alla
Breda si licenzia a raffica e alla Marelli e Magneti Marelli
l'orario di lavoro si riduce intorno al 60% o 40%. Stessa
sorte tocca alla Fiat, che licenzia a raffica, e alla
Lancia. Sono comunque tutti fuochi circoscritti e facili da
spegnere ed fondamentale per il regime evitare che la
scintilla si sposti di fabbrica in fabbrica scatenando un
incendio. E non un'idea strampalata: molte lettere anonime
che l'Ovra raccoglie parlano di rivolta che sta per
scoppiare, Matteotti sar vendicato, Mussolini finir come
lo zar di Russia. La classe operaia dimostra di non essere
fascista, ma solo troppo spaventata per reagire: paura
amplificata dal vuoto enorme lasciato dai socialisti e dai
comunisti. E i sindacalisti in camicia nera non sono stati
scelti, ma imposti, e sono troppo supini alle richieste del
padronato e del governo al punto da lasciare via libera a
licenziamenti, tagli di salari e di ore lavorative. E la
cosa non dipende tutta dai sindacati fascisti: essi sono
messi in condizione di non poter funzionare, non hanno gli
strumenti per contrattare col padronato e se per caso
qualcuno cede alla tentazione di fare uno sciopero subito
arrestato. L'unica speranza dunque che la disperazione
aumenti fino al punto di superare la paura, sperando che
cos gli antifascisti riescano a potersi manifestare di
nuovo. Il Pci ufficialmente sciolto, ma ha una rete
clandestina con la quale fanno politica cercando di evitare
i tentacoli dell'Ovra e stare bene attenti agli infiltrati,
che sono ormai ovunque. Togliatti dall'estero si fa un'idea
distorta, di una Italia pronta all'insurrezione. E il gruppo
dirigente del Pci finisce per limitarsi ad aspettare il
grande sciopero generale. La cosa avverr certo, ma nel 43 e
nel 31-32 questo uno scenario irrealizzabile.
3. andare verso il popolo: assistenza e lavori pubblici
Tutta la macchina assistenzialista messa in moto nel 29 ora
va a pieno ritmo e assorbe in pratica tutto il lavoro dei
Fasci locali: il regime fa di tutto per alleviare le
80
sofferenze della gente distribuendo sussidi in denaro e
viveri, installando cucine economiche,dormitori, ricoveri,
creando viaggi in colonie marine e montane per i figli dei
lavoratori. I dopolavoro fascisti si attivano per sostituire
bar e sale di ritrovo private, perch non c' pi una lira
da spendere per passare il tempo insieme e trovare cibo e
bevande gratis in occasione delle innumerevoli feste del
regime: se il primo maggio stato abolito, si trova la
festa dei Natali di Roma, della fondazione dei fasci di
combattimento, e persino della Conciliazione, l'11 Febbario,
per festeggiare il Concordato. Questo mentre i fasci
femminili raccolgono fondi e sussidi da dare ai poveri,
sopratutto ai figli dei poveri: giocattoli, indumenti,
latte, zucchero, pane. Il numero dei bisognosi sale ogni
giorno. I federali fascisti, i prefetti, i questori chiedono
fondi con insistenza, soccorsi straordinari e altro, che
per si esauriscono in poco tempo. Al Sud crolla la
produzione agraria e i disoccupati raggiungono livelli
record,mentre i salari dei contadini subiscono una riduzione
di ben tre volte maggiore di quella subita dagli operai in
citt. Questo vale anche per la ricca Emilia, ma anche per
il Veneto contadino dove i contadini si affollano davanti
alle sedi del Fascio supplicando pane. Nel sud invece i
contadini si ribellano in massa, scioperano, fanno lavoro
abusivi, invadono i terreni demaniali. Aumentano gli
sfratti, gli affitti, le tasse sul foraggio, sulla
manutenzione stradale, sull'acqua e sul vino... gli esattori
sono presi a sassate e minacciati di morte. Sempre nel sud
ricomincia a vivere la pratica di assaltare i municipi. La
repressione ovviamente sistema tutto, ma il sud va aiutato e
tutti sanno che un pozzo senza fondo. Se tutti sanno che
le elemosine non possono risolvere la crisi, sul piano
politico e delle relazioni pubbliche per l'assistenzialismo
vincente: le autorit ricevono dal popolo molti
ringraziamenti per l'aiuto dato a livelli che i liberali non
si sarebbero mai sognati. Il fascismo ne guadagna in
visibilit con uomini del fascismo in ogni dove. Ai pranzi e
alle cene partecipa l'autorit fascista locale, si parte per
la colonia salutati da un federale e si ricevuti
all'arrivo da un altro: rispetto a prima la politica
uscita dai palazzi, ha cancellato l'aurea di mistero che
l'avvolgeva e si riversata nelle strade. Mussolini diventa
l'uomo del popolo,asceso ai vertici dello Stato senza
perdere la semplicit e la ruvidezza di un tempo, un uomo
laborioso e schivo, lontano dai fasti dei palazzi, un uomo
di famiglia con moglie e figli e con un'amante, debolezza
che gli si concede, anzi che lo rende ancora pi umano.
Questa immagine che il duce si disegna addosso gli attira le
simpatie anche diparte del popolo rosso, ricordando il
Mussolini socialista: un alibi sotto il cui segno avverranno
molti cambi di bandiera. L'istituto luce si d da fare: lo
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ritrae mentre falciai campi di grano nelle zone bonificate a
petto nudo, o sul trattore, o che vendemmia o fa l'operaio
in una fabbrica, coi bimbi in braccio circondato da mamme
festanti. E il ricorso ricorrente alle opere pubbliche per
ridurre la disoccupazione lo fa essere ancora pi amato. Lo
Stato fa opere di canalizzazione, bonifica, rimboschimento e
collegamenti stradali su milioni di ettari di terre paludose
infestate dalla malaria. Proprio nei pressi di Roma
Mussolini avvia la bonifica dell'Agro Pontino rendendolo
coltivabile e dividendolo in 3000 poderi con casa colonica,
pozzo, stalla assegnati a tutte le famiglie che hanno
partecipato alla bonifica e sono sopravvissuti alla fatica e
alla febbre malarica (infatti sono pochi, i pi disperati,
coloro che accettano quel tipo di lavoro). I minatori
grossetani ad esempio respingono ogni invito ad andare a
vivere in Maremma, mentre nell'Agro Pontino vanno molte
famiglie povere del Veneto e dell'Emilia. Alla fine le terre
bonificate saranno poche rispetto a quanto previsto, ma il
vero fallimento la ruralizzazione dell'Italia di cui il
piano di bonifica fa parte. Non si riesce a rilanciare la
produzione agricola, aggiunto al fatto che, mentre i
contadini fuggono dalle campagne sature, il governo tenta di
riversarci anche i molti disoccupati della citt. La caccia
al disoccupato diventa a Milano attivit quotidiana: la
polizia fa rastrellamenti nelle case e nelle vie, vengono
arrestati oppure inviati nelle zone di campagna. Per il
fascismo il disoccupato diventa un criminale: il regime non
pu tollerare la vista di questi uomini affamati e
questuanti per le strade che smentiscono l'idea dell'Italia
laboriosa, pacifica, serena nel pieno della crisi cos
rassicuranti per l'Italia e per l'estero. E diventano
ovviamente un problema di ordine pubblico. E quando vengono
inviati nelle campagne, tendono a tornare perch senza
prospettive:cosi l'urbanizzazione continua anche contro il
volere di Mussolini. D'altra parte il risultato pi
evidente delle bonifiche la nascita di nuove citt:
pensiamo a Littoria, oggi Latina, inaugurata da Mussolini
come citt tipo del fascismo in cui si integrano ruralit e
urbanesimo, il sano stile di vita delle campagne e le
esigenze razionalizzatrici dello spazio urbano (parole
della propaganda). (Littoria ha strade ortogonali, palazzi
squadrati e classicheggianti, ornati da immensi fasci
littori stilizzati a guisa di colonne).Ma il rinnovamento
tocca anche le citt storiche: a Roma sorger l'Eur un
intero quartiere in stile fascista. Abbatter buona parte
del complesso dei Fori Imperiali per aprire quella grande
strada, chiamata via dell'Impero, che conduce al
Colosseo...abbatte le fitte case basse intorno a San Pietro
per farla respirare, aprendo la grande strada della
Conciliazione che annuncia San Pietro dalla distanza. Ci
sono certo polemiche, ma sono soffocate nel mare di plausi a
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Mussolini. Mussolini gode dell'appoggio della popolazione e
lo sa: non a caso sceglie lo stabilimento Fiat di Torino per
commemorare l'anniversario della marcia su Roma, salendo
accompagna toda Agnelli sul grande balcone, con alle spalle
lo stemma Fiat in stile fascista con due fasci littori,
ricordando la marcia e annunciando la riapertura delle
iscrizioni al Pnf,chiuse nel 28. Tutto questo possibile
perch ormai il fascismo non pi un partito,ma uno Stato:
la MVSN entrata nelle forze armate e i miliziani giurano
fedelt al re,accanto al calendario civile ci sono le date
del calendario fascista che parte dalla marcia su Roma, il
Fascio littorio diventato simbolo dello stato ecc..piovono
iscrizioni al Pnf, ormai la tessera fondamentale e nel
1933 diviene requisito necessario per entrare nei concorsi
pubblici. Non ci si pu quindi stupire del plebiscito,
l'ennesimo,delle elezioni del 34 con una percentuale di no
pari al 0.15%.
4. gli antifascisti in esilio e nella clandestinit
Il Pci nel 31 sconvolto sia dalla dittatura sia dalla resa
dei conti tra gli eredi di Lenin,con uno Stalin quanto mai
agguerrito e deciso a liberarsi di ogni forma di opposizione
interna nel partito, mentre in Italia i dirigenti Pci
decidono di non ascoltare Terracini che dal carcere annuncia
di non sperare troppo nella rivoluzione di classe, ben
lontana dall'avvenire. La linea di Stalin prevede una
stretta morsa su tutti i partiti comunisti attraverso la
Terza Internazionale, pretendendo che le sue decisioni
valgano per tutti i comunisti della Comintern persino se
sono irrealizzabili come la decisione presa nel1922, al IV
congresso, di fondere Pci e Psi. Ed sempre la comintern,
nel V congresso,a decidere la non collaborazione del Pci con
le forze aventiniane. La linea politica isolazionista
ribadita dal congresso del Pci che si svolge a Lione nel 26.
Poi tutto il gruppo dirigente del Pci viene arrestato,
eccetto Togliatti che si trova a rappresentare il Pci alla
Comintern. Togliatti quindi viene nominato segretario nel 27
e a lui tocca il compito di riorganizzare il partito per
renderlo arma efficace contro la reazione borghese
rappresentata dal fascismo (interpretazione di Gramsci)
giunta al suo culmine. Viene creato un centro estero per la
direzione politica e ideologica e uno interno, guidato da
Ignazio Silone, finalizzato all'organizzazione della lotta
clandestina. La militanza nella clandestinit si articola in
cellule tra loro collegate con un solo filo per garantire
segretezza e impermeabilit sul modello dei bolscevichi
russi sotto lo zar. Sul finire del 27 per il centro interno
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viene sgominato e le carceri fasciste si riempiono di
rivoluzionari. Quanto al centro estero le direttive restano
le stesse:nessuna alleanza ne in Italia ne all'estero con
gli antifascisti democratici e socialistiche nel 29 la
Comintern definisce social-fascisti, segnando il culmine del
contrasto Pci-Psi: i comunisti rinfacciano ai socialisti di
aver tradito la causa della rivoluzione ingannando le masse
con la bandiera della democrazia. Meglio una dittatura
fascista,da cui sai cosa aspettarti (dittatura capitalista
che lascia alle masse come unica soluzione la rivoluzione)
di un governo socialdemocratico destinato a spengere gli
ideali rivoluzionari per meglio asservire il popolo al
dominio capitalista. Cominciano le prime opposizioni
interne: Tasca, attaccato da Stalin, viene espulso dal
partito. Nel 30si apre un nuovo scontro: convinti che la
rivoluzione sia alle porte, il cento estero decide di
riavviare il centro interno, nonostante l'opposizione di
molti e di Silone stesso, di Gramsci e di Terracini.
Nell'ondata di espulsioni finiscono anche i trotskisti
italiani come Bordiga (trotskji stato espulso nel 27 dal
PC russo). Tra il 31 e 32 il centro interno, che cominciava
a riorganizzarsi, cade sotto la scure dell'Ovra lasciando i
comunisti allo sbando. Nel 27 a Parigi c' la Concentrazione
d'azione antifascista, organizzata dai democratici e
socialisti: vi aderiscono Psu e Psi, partito repubblicano,
Cgil. E' una concentrazione che ricalca molti dei difetti
dell'Aventino: prima tra tutti la convinzione che il
fascismo sia un fenomeno passeggero destinato ad essere
travolto dagli italiani, accortisi della sua natura
liberticida. Per risvegliare le masse occorre organizzare
una grande campagna stampa il cui eco travalichi le Alpi,
ovviamente mobilitando l'opinione pubblica estera che invece
si dimostra piuttosto fredda con gli antifascisti italiani
perch fortemente radicata l'idea che il fascismo sia il
regime pi adatto per governare gli italiani. Comunque gli
antifascisti italiani della Concentrazione fanno dela
Libert il giornale diretto da Treves la loro voce che
pubblica ogni settimana un elenco degli arrestati, le
sentenze del Tribunale Speciale, i confinati, le violazioni
dei diritti umani. Ma ha gran valore propagandistico anche
il tentato omicidio ai danni del principe Umberto in visita
in Belgio ad opera di Fernando de Rosa, nel 1929: messo
sotto processo intervengono in sua difesa Nitti,
Salvemini,Labriola, Turati, Nenni che riescono a portare sul
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banco di quel tribunale straniero il fascismo. De rosa viene
condannato a 5 anni, ma per il fascismo l'umiliazione
cocente. Ma anche la Concentrazione alla fine perde, per via
di De Rosa, la fiducia dei giovani, che gli contestano
troppo immobilismo. Comunque il fascismo aiuta a ridisegnare
i partiti italiani: Psi di Nenni e il Psu di Turati si
riuniscono e si avviano sulla strada dei grandi partiti
socialdemocratici europei. Sar proprio la scelta
democratica di Nenni, per cui il fascismo sar abbattuto da
una rivoluzione democratica che porter la democrazia in
Italia, che la riunificazione sar possibile. Dissente dalla
decisione sono Angelica Balabanoff, mentre alcuni
fuoriusciti dal Pci, Silone e Tasca, entrati nel Psi
approvano la linea. Il psi riunificato tenta di creare una
rete clandestina socialista simile a quella comunista,
tentata in un primo tempo da Pertini che finisce quasi
subito scoperto dalla polizia e condannato a 11 anni di
carcere. Nel 29 a Parigi nasce il movimento Giustizia e
Libert proprio con l'obiettivo di far scoppiare la
rivoluzione antifascista in Italia,fondato da Emilio Lussu e
Carlo Rosselli (il quale ha teorizzato il socialismo
liberale e cerca di riadattare a queste idee il movimento:
la socialdemocrazia si fonda qui ai valori liberali, mira a
trasformare radicalmente la societ italiana sul piano
istituzionale, con una chiara visione repubblicana,
democratica, di autonomia locale e sul piano economico
prevede una economia mista con forte programmazione
economica e graduale socializzazione di tutte le imprese di
pubblica utilit). Nel frattempo i GL sorvolano le citt
italiane con gli aerei lanciando dall'alto manifesti e
volantini: gli anarchici, rimasti isolati, provano simpatie
per il giellisti arrivando addirittura in alcuni casi a
collaborarci, anche se l'attentato dinamitardo resta per
loro la soluzione, nonostante tutti gli attentati falliti e
le conseguenti condanne. A livello ufficiale le altre forze
antifasciste rigettano la strategia del terrore, ma
ritengono utili i gesti eclatanti che servono principalmente
a rompere il muro di silenzio eretto dal regime intorno
all'antifascismo. Il regime risponde alle trasvolate sulle
citt e al processo di Bruxelles mettendo in prigione molti
giellisti tra cui Ferruccio Parri.
5. gli anni del consenso all'interno e all'estero
Nel 32-33 chiaro che si sta assottigliando anche quello
strato di popolazione in realt antifascista, ma che aveva
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deciso di sopportare passivamente il fascismo, troppo
intimorita per mostrare opposizione aperta. Infatti il
consenso che Mussolini si guadagna coi lavori pubblici e
l'assistenzialismo comincia a contagiare anche i pi ostili,
anche perch convertirsi al fascismo l'unico sistema per
compiere una vita normale, cosa impossibile stando ai
margini del fascismo, men che mai stando all'opposizione.
Non si pu vivere facendo finta che la politica non esista:
ora non pi quel mondo chiuso nel palazzo che si pu anche
ignorare, ma ovunque, nelle stradee nei quartieri. Anche
se ovviamente il fascismo si guarda bene da richiedere un
ruolo attivo agli italiani, che vada oltre l'essere
tesserato Pnf, partecipare alle manifestazioni pubbliche e
partecipare alle associazioni fasciste: la partecipazione
degli italiani deve essere passiva, mentre quella attiva
limitata a quei posti dove si forma la classe dirigente
fascista, come la Scuola di Mistica Fascista, inaugurata a
Milano nel 30.Questa forma di fascistizzazione
fondamentale per fare il salto dal regime autoritario al
totalitarismo. Per questo tiene il pugno duro contro chi si
oppone, contro gli antifascisti, ma benevolo e accogliente
con chi si converte. Gi nel 28 fa atto di clemenza verso
500 antifascisti ammoniti o mandati al confino. Nel 32
concede l'amnistia in occasione del decennale della Marcia
su Roma, estendendola anche ai prigionieri politici con pene
piccole e restringendo quelle pi lunghe. Non sono prove di
indulgenza, ma di forza: il Duce si sente sicuro del suo
potere. A Rigola che aveva accettato ufficialmente lo
scioglimento della Cgil si concede di ricavarsi un piccolo
spazio di autonomia intorno alla rivista problemi del
lavoro e al quotidiano il lavoro, cosa che gli permette
di partecipare al dibattito sindacale e corporativo con
diritto persino di qualche critica blanda: mossa oculata,
visto che il sistema dell'assistenzialismo e dei lavori
pubblici comincia a suscitare ammirazione negli ambienti
socialisti, conquistati dallo Stato corporativo. Nel 30
rinasce il centro interno ad opera dei socialisti, che sono
sinceramente allarmati dalle conversioni e dal successo di
Mussolini entro una parte dei socialisti, anche se forti
grazie al patto di collaborazione tra Psi e Gl. Si comincia
a delineare l'idea, ormai evidente, che non ci sono masse
pronte alla rivoluzione antifascista, anzi Mussolini, ormai
saldamente al potere, ha tutta la possibilit di durare a
lungo. C' quindi da attrezzarsi per una guerra lunga e
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logorante con tutti i mezzi che servono per consolidare
lentamente la presenza antifascista in Italia, anche
infiltrandosi nelle linee nemiche. Stesso discorso fa il Pci
che lancia la parola d'ordine lavoro legale, cercando di far
esplodere il fascismo dall'interno tramite le sue
contraddizioni. Nel 31 Toscanini rompe clamorosamente col
fascismo e sceglie l'esilio negli Usa, ma in
controtendenza: la stessa crisi delle conversioni che
affligge il Psi vissuta anche dai liberali e dai
democratici. Rimane comunque chiara la diffidenza e
l'avversione al fascismo per i convertiti, i quali
consegnano le armi a Mussolini e solo a lui: sicuramente un
alibi, ma il Mussolinismo fondamentale per capire il
rapporto italiani-fascismo. I socialisti non sono colpiti
dal fascismo, ma dal Mussolini che va verso il popolo. La
Borghesia colpita dal Mussolini uomo di stato, abile a
gestire la finanza pubblica e la politica estera, anche
quella liberale. Anche all'estero Mussolini apprezzato:
Churchill lo definisce il pi grande legislatore vigente,
mentre Oxford crea un istituto per lo studio del fascismo.
Gli inglesi apprezzano l'amicizia con Roma e la politica
estera di Mussolini, in totale continuazione di quella
liberale, molto gradita. Apprezzano anche lo stile
dinamico e decisionista del fascismo cos diverso dai
tentennamenti e i giri di valzer italiani: al punto che si
giustificano anche le decisioni pi imperiose col
bisogno,pragmatico, di risolvere i problemi lasciatigli in
eredit dal primo conflitto mondiale,che ancora creano
tensioni tra le nazioni: al punto che ci si domanda ancora
oggi come conciliare questo Mussolini con quello
imperialista e bellicista del dopo 34 (la tesi che sia
stato condizionato, volta volta, dalle circostanze). E'
certo che il fascismo nasce inizialmente in continuit coi
liberali, per poi rompere gradualmente con questa tradizione
facendosi una identit propria. In un primo tempo, almeno in
politica estera,Mussolini aveva poco tempo da perdere: con
gli accordi italo jugoslavi del 24 l'Italia prendeva Fiume.
Poi, consolidato il potere, dal 27 in poi, il Fascismo
cominci ad avere ambizioni: il duce decise di vestire i
panni di tutti i delusi del tavolo di Versailles,riuscendo a
rilanciare il ruolo dell'Italia entro la Societ delle
nazioni e aumentando il suo prestigio personale (cerca anche
di fare amicizia con gli stati giovani, mercato appetibile
alla penetrazione economica italiana: accordi con l'Albania
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e con l'Ungheria sono le prime tappe di una politica che
arriver a comprendere anche l'Urss). Grazie all'accordo con
l'Urss, conseguente al riconoscimento di Mussolini della
repubblica socialista sovietica le relazioni commerciali si
intensificano e nel 1933 si arriva ad un accordo di amicizia
tra i due stati di non aggressione e neutralit. Stessa
politica si segue con la Germania: per tutti gli anni 20
l'Italia appare un partner internazionale affidabile. E
quando Hitler prende il potere e siamo in crisi economica
l'Italia diventa ancora pi determinante per conservare
l'ordine: non a caso Mussolini si riprende la carica di
Ministro degli esteri. N Londra n Parigi dubitano che
Mussolini far di tutto per consolidare l'equilibrio tra le
potenze e infatti proprio a Roma nel 33 si firma un patto a
quattro (G.B, Francia, Italia, Germania) sulla parit degli
armamenti. In ogni caso, anche se Hitler dichiara di
ammirare Mussolini e va al potere con un movimento molto
simile al suo, il Duce,ma anche le altre potenze europee
sono preoccupate dal risveglio della Germania: per l'Italia
sono in pericolo l'Austria e la zona del Danubio,dove
l'Italia ha stretto vari rapporti economici e commerciali.
Ha infatti un chiaro significato antitedesco l'accordo
firmato nel 34 tra Roma, Vienna e Budapest: l'Italia si fa
garante dell'autonomia austriaca e non esista a muovere le
truppe quando il cancelliere austriaco Dollfuss ucciso
durante un tentativo di putsch dei nazisti tedeschi.
Migliorano anche i rapporti con la Francia, che comunque
resta accusata di accogliere con troppa facilit gli
antifascisti.
6. la guerra in Etiopia
La guerra in Etiopia modifica completamente le linee guida
della politica estera di Mussolini, segnando una netta
rottura col periodo precedente al 34, periodo della politica
revisionista: in realt alcuni storici vedono nella politica
revisionista un periodo coerente con le scelte dal 34 in
poi. Credere che i trattati non siano eterni perch il mondo
cammina, elemento di destabilizzazione e scopre l'intento
di rovesciare l'ordine europeo imposto dai paesi forti ai
paesi deboli. Se nei primi anni il Duce sceglier la via del
dialogo, la sua insofferenza verso la Societ delle nazioni
dimostrata a pi riprese e pi volte annuncia di preferire
di sostituirla con un direttorio a 4: G.B, Italia,
Francia,Germania. C' la conferma della matchpolitik. Due
cose contribuiscono al passaggio del fascismo dal pacifismo
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al bellicismo: l'aver consolidato il potere in Italia e il
quadro internazionale destabilizzato profondamente dalla
salita al potere di Hitler. Il patto a 4 del 33 si scioglie
prima della ratifica da parte di tutti gli stati e la
Germania esce dalla Societ delle nazioni. La guerra, che
cominciava ad essere scontata, si realizza: una guerra
coloniale contro l'Etiopia, una guerra che rovescia il
sistema delle alleanze e avvicina fascismo e nazismo. Le
mire espansionistiche dell'Italia sull'Europa cominciarono
gi nel 28, culminando in un trattato di collaborazione che
prevedeva anche la costruzione di una rete stradale. Se
all'inizio si pensava che il fascismo pensasse solo alla
penetrazione economica,diventa presto chiaro che si punta ad
una annessione, anche a costo della guerra. Nel35 l'Italia,
in cambio della rinuncia ad ogni volont espansionistica in
Tunisia, ottiene dalla Francia carta bianca in Etiopia. Il
dubbio il comportamento che terr Londra:silenzio assenso?
Ostacoler il fascismo? In ogni caso Mussolini vuole
l'impero e cercher di ottenerlo. La cosa servir
economicamente (combattere la disoccupazione,dare commesse
all'industria pesante), ma prima di tutto serve a convincere
definitivamente gli italiani e il mondo quanto il fascismo
sia forte. Cos nel 35 quando scoppia la guerra non si
lesina sulla mobilitazione di uomini e mezzi n tantomeno in
brutalit. Londra per si intraversa e chiede alla Societ
delle Nazioni sanzioni economiche contro l'Italia: non un
problema per l'Italia che trova fornitori nella Germania
ormai fuori dalla SdN, dall'Urss e da altri paesi del est
con regimi simili a quello fascista. La Francia stessa
decide, preoccupata dall'alleanza Italia-Germania, di non
svegliare il can che dorme, applicando le sanzioni in
maniera lieve e senza estenderle al piano militare pur di
non rompere l'accordo con l'Italia. IL regime invece mette
in moto la macchina della propaganda, facendo credere che le
sanzioni costano all'Italia lacrime e sangue: l'Italia una
giovane nazione proletaria soffocata dalle nazioni
plutocratiche che vogliono impedirle di ascendere,
calpestando i suoi diritti all'espansione, a cercare terra e
lavoro per i suoi figli, costretti ad emigrare lontano dai
suoi cari (visione lacrimevole che convince molti). Si
rispolvera il mito pascoliano della Grande Proletaria. Cos
il 2 ottobre del 35 dal balcone di Piazza Venezia,trasmesso
in ogni piazza italiana attrezzata con gli altoparlanti,
Mussolini annuncia l'inizio delle ostilit contro l'Etiopia.
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Di nuovo gli antifascisti si illudono che questa guerra sar
il colpo definitivo al fascismo: i soldati moriranno nel
deserto e chi resta in patria subir la crisi economica; i
superstiti non avranno terre da coltivare, come fu coi
liberali dopo la I G.M. Invece almeno nel breve periodo la
guerra in Etiopia breve e vittoriosa (mentre nel lungo
periodo sar un disastro, coi coloni obbligati a vivere in
rifugi blindati sotto il tiro dei guerriglieri etiopi). In
patria comunque le ristrettezze economiche conseguenti alla
guerra sono accolte col pi alto spirito patriottico:perfino
gli antifascisti cessano le ostilit contro il governo
quando la patria in guerra e subisce sanzioni ingiuste da
potenze coloniali che impediscono all'Italia di diventare
potenza coloniale. Durante la giornata della fede, quando le
donne italiane danno l'oro delle loro fedi al governo,
persino Croce, Orlando, Labriola (che torna per l'occasione
dall'esilio) donano le loro medaglie di senatori come un
atto di inequivocabile solidariet al regime. Nel 36 arriva
la vittoria: Addis Abeba conquistata. Il Re Etiope Hail
Selassi fugge in G.B e Re Vittorio Emanuele III diventa
imperatore d'Etiopia: il fascismo raggiunge il culmine dei
consensi. La G.B il mese dopo riconosce la vittoria
all'Italia e mette fine alle sanzioni economiche, l'anno
dopo firma con l'Italia un patto che la impegna a
riconoscere lo status quo nel mediterraneo, riconoscendo poi
anche la conquista dell'Etiopia. Comincia la politica
dell'appeasement: venire incontro a Mussolini e Hitler pur
di non rompere il fragile equilibrio europeo, interpretato
da Mussolini e Hitler, avvicinatisi proprio con questa
guerra, come un nulla osta ai loro sogni di potenza. Non
solo: nella visione darwiniana del mondo di Mussolini, G.B e
Francia appaiono ormai due patetiche nazioni che si illudono
di essere ancora potenze e difendono la pace perch hanno
paura della guerra. Ormai sono secondo lui in piena
decadenza come dimostra il permanere di un sistema
democratico secondo lui segno di paralisi e degenerazione.
Adesso sono i popoli giovani e vivi, retti da regimi
rivoluzionari che conducono il gioco. In ogni caso la
rottura con la G.B arriver solo nel 40: anzi Mussolini
continuer ad avere contatti con gli inglesi e a continuare
a porsi come mediatore, aumentando l'importanza
internazionale dell'Italia.
7. la guerra in Spagna
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Nel 36 scoppia la guerra civile in Spagna scatenata dalla
congiura dei militari guidati dal Generale Francisco Franco,
appoggiati dai monarchici e dai falangisti- un movimento di
tipo fascista- che tentano di rovesciare il governo
repubblicano a guida socialista. Poich Franco non riesce a
piegare la resistenza dei repubblicani, chiede aiuto ai
regimi nazifascisti d'Europa. La guerra si sposta
dall'Africa all'Europa: la SdN fa finta di nulla mentre G.B,
Francia, Urss si scontrano con Germania e Italia per il
destino della Spagna democratica. Di positivo c' che
finalmente l'antifascismo non pi sentimento solo degli
esiliati e perseguitati italiani e tedeschi, ma diventa
un'onda che investe tutta l'opinione pubblica democratica
europea. E' proprio il terrore della vittoria della destra
filofascista che porta al governo in Francia il fronte
popolare guidato dal socialista Blum ed la paura della
Germania nazista che spinge l'Urss a riallacciare i rapporti
con la Francia mobilitando i paesi della comintern affinch
facciano di conseguenza. Dalla destabilizzazione
dell'equilibrio europeo guadagnano certamente gli
antifascisti italiani non fosse altro per la visibilit e
l'autorevolezza che acquistano in questo periodo, ma si
trovano imbrigliati dal comportamento degli Stati,che spesso
tendono ad agire pi secondo interessi propri che per
obiettivi comuni e ci non toglie che l'antifascismo sia un
universo ampio e vario in cui troviamo persino pensieri
antitetici. Nel 35 il VII congresso Comintern rinnega
ufficialmente la teoria socialfascista e consente a
comunisti e socialisti di ogni stato di firmare un patto di
unit d'azione e si accordano per dare vita ad un grande
coordinamento antifascista comprensivo di tutte le forze
democratiche, anche quelle borghesi. Con la differenza che
Stalin decide di intervenire in Spagna, mentre gli altri
stati decidono di restare passivi, nonostante Germania e
Italia, che apparentemente dicono di condividere il non
intervento, continuano a mandare soldi, uomini, mezzi. La
passivit sconvolge gli antifascisti italiani per i quali la
guerra di spagna un campanello per la mobilitazione:Carlo
Rosselli si fa promotore di un appello Oggi in Spagna,
domani in Italia che ha una forte eco tra tutti gli
antifascisti. Nelle Brigate internazionali che varcano i
Pirenei in aiuto della Spagna troviamo molti giovani, ma
anche tutta la vecchia guardia antifascista (liberali,
socialisti, comunisti, anarchici): una lotta impari perch
Franco ottiene da Germania e Italia una quantit immensa di
uomini e mezzi. Gli antifascisti invece ricevono
rifornimenti e uomini dall'Urss che per ha difficolt a
mandarne pervia della distanza, ma anche per i blocchi
imposti da Francia e G.B preoccupate per l'eccessivo potere
preso dall'Urss in occidente: sar comunque qui che nasce il
mito dell'Urss come bandiera dell'antifascismo. In pi
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l'arrivo degli uomini del Kremlino porta con se la stessa
brutalit con cui si comanda a Mosca: i nemici non sono solo
i fascisti, ma anche gli anarchici e i trotskisti, i
liberalsocialisti e chiunque non rispetti il volere dei
dirigenti comunisti. In ogni caso la resistenza antifascista
riuscir a resistere fino al 1938 costringendo Mussolini,
che sperava in una guerra veloce e vittoriosa, in un pantano
ben lungo che porta pochi vantaggi (ci sono molti morti
della MVSN,dell'esercito ecc... non ci sono terre da
conquistare ne diritti coloniali da far valere ne guadagna
in prestigio internazionale, che si sta giocando con
l'alleanza con Hitler). La motivazione puramente
ideologica, ma sono pochi i fascisti convinti nel paese: la
maggior parte si fatta contagiare dal Mussolini uomo
d'ordine, dal Mussolini assistenzialista che promette pace e
tranquillit e se la guerra in Etiopia, cos lontana,non
aveva sconvolto questo quadro, ben diverso il baratro in
cui Hitler sembra trascinare l'Italia (per di pi, per chi
ha combattuto sul Carso, in tedesco il nemico).Ma
Mussolini stringe ancora di pi l'abbraccio mortale con
Hitler dapprima aderendo al Patto anti-comintern stipulato
tra Italia, Giappone, Germania e uscendo poi dalla SdN per
avere le mani libere da ogni obbligo internazionale. La
prova definitiva dell'alleanza italo-tedesca la passivit
con cui l'Italia reagisce all'annessione tedesca
dell'Austria decisa da Hitler nel marzo 38. Non bisogna
pensare che il paese volti le spalle al fascismo, ma certo
insensibile alla propaganda sulla guerra in Spagna: sar
prezioso in questo caso l'intervento della Chiesa che
riuscir a commuovere i cattolici raccontando le storie
delle persecuzioni dei rossi contro il clero spagnolo: la
Chiesa imprime il marchio di guerra santa, di crociata
contro il comunismo alla guerra spagnola, proprio mentre il
Papa con l'enciclica Divini Redemptoris denuncia l'ateismo e
il sovversivismo comunista. Al punto che quando i fascisti
vincono Pio XII saluta la Spagna Franchista come il baluardo
inespugnabile della fede cattolica. In sunto l'anticomunismo
l'unica cosa che fa leva sugli italiani in questa guerra e
sposta consenso ideologico verso il regime, ma che
ovviamente non prende tutti, meno che mai i proletari.
Comincia a riaffiorare alla memoria quel fascismo che ne
biennio rosso non esit a farsi guardia del capitalismo per
distruggere il movimento socialista in ascesa e dimostra ad
oggi che, nonostante lo slogan andare verso il popolo, il
fascismo resta intrinsecamente reazionario che lo porta ad
allearsi con a Chiesa, i Capitalisti, i grandi proprietari
terrieri per abbattere il governo socialista e comunista
spagnolo e togliere le libert.

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