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PER ORNAMENTO E SERVICIO

Organi e sistemazioni architettoniche


nelle chiese toscane del Rinascimento
ARNALDO MORELLI
s s C toria della musica e storia della musica scritta, essenzial-
) mente", osservava un illustre musicologo italiano nella
pre-
fazione a una sua monografia sulla musica del Rinascimen-
to.' Se prendessimo alla lettera una simile affermazione la storia
della musica italiana per organo del Rinascimento sarebbe un capi-
tolo morto. In Italia, infatti, per tutto il Quattrocento, se esclu-
diamo il cosiddetto codice di Faenza e qualche frammento, consta-
tiamo un'assenza pressoche totale di testimonianze scritte di musi-
che organistiche; e per il Cinquecento conosciamo poche fonti,
non sempre rappresentative e talvolta neppure di provata destina-
zione organistica. Tale situazione e davvero sorprendente se pen-
siamo che in Italia qualunque chiesa cattedrale, parrocchiale o
conventuale di un rilievo anche minimo aveva un organo e stipen-
diava un organista per suonare almeno tutti i vespri e le messe dei
giorni festivi. Difficile dunque pensare a una dispersione genera-
lizzata delle fonti organistiche, una sorta di Fahrenheit 451 che ab-
bia colpito soltanto manoscritti e stampe di musica per organo;
piuttosto si e portati a ritenere che la musica organistica fosse affi-
data a forme di improvvisazione, sia pur codificate e tramandate
attraverso un insegnamento perlopiui orale.? Confortano questa
Questo saggio e il primo frutto di un piiu ampio progetto di ricerca su organi, ar-
chitettura sacra e liturgia in Italia che ho potuto intensamente portare avanti grazie ad
una fellowship offertami da Villa I Tatti nell'anno accademico 1994-1995. Esprimo la
mia gratitudine a tutto lo staff tattiano, e in particolare al direttore Walter Kaiser, alla
music librarian Kathryn Bosi, a Nelda Ferace e Fiorella Superbi, per il prezioso sostegno
costantemente offertomi durante il mio lavoro.
1
C. GALuco, L'eta dell'Umanesimo e del Rinascimento, Torino, 1978, p. xia (Stonia
della musica a cura della Societa italiana di musicologia, 3).
2
Esemplificazioni della prassi improvvisativa organistica sono presenti in alcuni
279
Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l. and Villa I Tatti, The Harvard Center for Italian Renaissance Studies
is collaborating with JSTOR to digitize, preserve, and extend access to
I Tatti Studies: Essays in the Renaissance
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ARNALDO MORELLI
ipotesi una serie di indizi come le prove di concorso per posti di
organista in alcune importanti chiese italiane3 o i libri ad uso degli
organisti (manoscritti e perfino stampati) contenenti le sole melo-
die gregoriane piiu comuni (messe, Magnificat, inni, antifone ma-
riane).' In tale situazione e difficile pensare a una storia della mu-
sica italiana dell'organo senza prima chiarire gli effettivi compiti
che questo strumento fu chiamato a svolgere nei vari contesti li-
turgici. A questo riguardo, la questione della disposizione degli or-
gani all'interno delle chiese mi e parsa un elemento tutt'altro che
trascurabile. Con questo non voglio certo sostenere un nesso di
causalita tra dislocazione dell'organo e musica organistica; tutta-
via, in mancanza di una documentazione diretta, la collocazione
degli organi all'interno delle chiese, considerata nel lungo periodo
e in un ambito geografico culturalmente omogeneo, puo concorre-
re a fornirci almeno una buona testimonianza delle tendenze in at-
to nella pratica organistica e pi'u in generale della musica sacra.5
La presenza dell'organo nelle chiese italiane e documentata al-
meno dal tardo XIII secolo, ma e solo dal XV secolo che riuscia-
mo a cogliere qualche notizia piZu dettagliata. Fino ad oggi, le in-
dagini organologiche si sono concentrate a far luce sulle caratteri-
stiche tecniche e foniche degli strumenti o sulle vicende biografi-
che degli artefici che li realizzarono, tralasciando il piiu2 delle volte
di approfondire il contesto storico e architettonico in cui matura-
va la decisione di costruire o rinnovare l'organo in una chiesa. C'e
da osservare che, nella maggior parte dei casi che ho potuto esami-
nare, la costruzione o il rifacimento di un organo venivano ad in-
serirsi nel quadro p'iu ampio di lavori di riassetto, parziale o tota-
trattati rinascimentali come il Fundamentum organisandi (1452) di CONRAD PAUMANN e il
Fundamentum (ca. 1520) di HANS BUCHNER.
3
Limitatamente all'area veneta cfr. A. MORELLI, "Concorsi organistici a S. Marco
e in area veneta nel Cinquecento", in La cappella musicale di San Marco in eta moderna, a
cura di F. PASSADORE-F. Rossi, Venezia, 1998, pp. 259-278.
4
MOTHER THOMAS MoRE, "The Practice of Alternatim: Organ-playing and Poly-
phony in the fifteenth and sixteenth centuries, with special reference to the choir of
Notre-Dame de Paris", Journal of Ecclesiastical History, XVIII, 1967, pp. 23-24; e L. F.
TAGLLAVINI, "Le role et le repertoire de l'organiste de la Renaissance en fonction de la
liturgie", in Het Gregorians, Europees Erigoed (atti del convegno internazionale, Lovanio,
25-30 settembre 1980), Lovanio, 1983, pp. 67-68.
5
Le relazioni fra organi e architettura sono state indagate, sia pure in un contesto
storico e geografico lontano dal nostro, nella fondamentale monografia di P. WILLLAMS,
The Organ in Western Culture, 750-1250, Cambridge, 1993.
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SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
le, di un edificio sacro. Tali lavori coinvolgevano non soltanto un
organaro, ma anche intagliatori e pittori per la cassa e le portelle,
scalpellini per la cantoria. In sostanza dobbiamo guardare all'orga-
no come ad un complesso decorativo-architettonico, dove la fun-
zione estetica non era da meno di quella musicale: come trapela da
ricorrenti espressioni che ritornano in documenti del tempo
-
"co-
sl per utile come per ornamento della chiesa''6 "per ornamento e
servicio"7 -
esigenze estetiche ed esigenze funzionali sembrano
determinare la struttura di un organo e la sua ubicazione.
Nel 1465, ad esempio, l'organo per la cattedrale di Ferrara do-
veva essere, stando alle parole del contratto per la sua costruzione,
"bonum, pulcrum, decorum, ornatissimum et perfectum tam in
pulcritudine quam in armonia vocis, quantum dici possit nec me-
lius desiderari possit"; e i risultati sembrano essere stati all'altezza
delle aspettative dei committenti, perche l'organo venne costruito
da Giovanni da Mercatello, autore di uno dei due organi di Santa
Maria del Fiore di Firenze, e le portelle, con san Giorgio, la prin-
cipessa e il drago
-
oggi pezzo forte del museo della cattedrale -,
vennero dipinte da Cosme Tura.8 L'organo, dunque, costituisce
per una chiesa una sorta di status symbol, capace di denotarne il
rango e il prestigio: una memoria del 1443 ricorda come la catte-
drale di Lucca fosse "principalis locus et excellentior omnibus aliis
in culto divino in lucana civitate e pertanto merito debet in omni-
bus cerimoniis omnes alias ecclesias lucanae civitatis excedere et
maxime in sono organorum".9 Nel 1552 al duomo di Milano l'or-
gano deve essere collocato in modo che colpisca e stupisca sia il fe-
dele sia il visitatore forestiero appena entrato nel tempio ("Eligere
locum in quo tam praeclarum opus poni et collocari debeat, ut non
solum a magno innumerabileque populo mediolanensi, sed etiam a
6
R. GIORGETTI, "Documenti inediti", in Arte nell'Aretino. La tutela e il restauro
degli organi storici, a cura di P. P. DONATI et al., Firenze, 1979, p. 272. L'espressione e
tratta dal contratto per la costruzione dell'organo della Pieve di Arezzo (1597).
7
A. SARTORI, "Regesto di S. Giustina", in La basilica di S. Giustina. Arte e storia,
a cura di P. L. ZOVATTO et al., Castelfranco, 1970, p. 452.
8
A. GIGLIOLI, "II duomo di Ferrara nella storia e nell'arte", in La cattedrale di Fer-
rara, Verona, 1937, pp. 230-231; A. CAVICCHI, L'organo della cattedrale nella tradizione
musicale e organaria ferrarese: una proposta di ricostruzione ideale, in San Giorgio e la prin-
cipessa di Cosme Tura, a cura di J. BENTINI, Bologna, 1985, pp. 95-122.
9
F. BAGGIANI, Organi e organisti nella cattedrale di Lucca, Lucca, 1982, p. 14.
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ARNALDO MORELLI
cunctis peregrinis nationibus memoratum templum universo terra-
rum orbe famosum visitantibus, primo ingressu stupenda et admi-
randa dicti organi pulchritudo et excellentia conspici et intueri
possit").10 A Pistoia nel 1581 l'organo e ormai cosl vecchio che
sembra essere "degno di un mediocre castello [piu] che di una
chiesa cattedrale".11 La controprova sta nel fatto che alcuni ordini
religiosi, in clma di rigorose riforme interne, cercarono di limitare
l'uso dell'organo soltanto alle maggiori solennita, come i benedet-
tini di Santa Giustina di Padova nel 1438,12 o addirittura lo aboli-
rono, come i domenicani osservanti che a San Domenico a Prato
nel 1501 si disfecero dell'organo cedendolo alla chiesa di Sant'A-
gostino, poiche non se ne servivano, "prout religiosorum obser-
vantium fere omnium mos et consuetudo est'.13
Da un punto di vista musicale, la principale funzione dell'orga-
no era quella di alternarsi al canto per consentire momenti di ripo-
so ai cantori e, nel contempo, evitare una certa monotonia nel
canto dell'ufficio. In questo caso mi sto riferendo, in modo volu-
tamente generico, tanto al comune canto fermo, ovvero il grego-
riano, quanto al canto figurato, ovvero la musica polifonica. Alme-
no dal primo Trecento si ha notizia certa della prassi di alternare
versetti in cantati in gregoriano a quelli suonati dall'organo, ma
nel caso di esecuzioni di musiche polifoniche, nell'eta rinascimen-
tale, e fino ancora al primo Seicento, il ruolo piiu comune dell'or-
gano era quello di alternarsi ai versetti cantati dell'ordinanium mis-
sae e del vespro (specialmente in brani strofici come inni, salmi,
Magnificat ecc.), oppure di sostituire il canto in determinati mo-
menti della messa (come graduale, offertorio, elevazione, postcom-
munio) o del vespro (replica dell'antifona dopo il salmo)."4
10
Annali della Reverenda fabbrica del duomo di Milano, Milano, 1885, vol. IV,
pp. 10-11.
11
F. BAGGIANI, Gli organi della cattedrale di Pistoia, Pisa, 1984, p. 14.
12
G. CArrMIN, "Tradizione e tendenze innovatrici nella normativa e nella pratica litur-
gico-musicale della congregazione di S. Giustina", Benedictina, XVII, 1970, pp. 254-299.
13
A. VERDE, "Motivi di riforma tra il '400 e il '500", Memorie domenicane, n.s.,
III, 1972, pp. 172-174.
14
0. GoMBOSI, "About Organ Playing in the divine Service, circa 1500", in Es-
says in Honor of A. T. Davison, Cambridge (MA), 1957, pp. 51-68; C. REYNoLDs, "Sa-
cred Polyphony", in Performing Practice Music before 1600, a cura di H. M. BROWN-S.
SADIE, London, 1989, pp. 185-200, in particolare pp. 191-193, J. H. MooRE, "The Li-
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SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
C'e poi un ultimo tipo di prassi testimoniata in Italia fin dal
tardo Quattrocento, finora poco approfondita dagli studi: si tratta
del "cantare sull'organo" o "nell'organo", vale a dire del canto a
voce sola, probabilmente nella tessitura acuta perche nella maggior
parte dei casi che conosciamo tale parte era affidata a un puer can-
tus o a un giovane cantore, sostenuto dall'organo. Il cantare "in
sull'organo", documentato per la prima volta nel 1488 a Firenze,
e testimoniato dalla fine del XV secolo e nel corso del XVI in di-
versi centri italiani (Roma, Venezia, Milano, Firenze ecc.); 5 da
quel che possiamo ricavare dai documenti, tale prassi sembra pre-
sentare due possibilita: la prima consisteva nel cantare "in sugli
organi una laldetta", come testimonia, ad esempio, l'Aretino nei
suoi Ragionamenti (pubblicati nel 1534); 16 la seconda nel cantare il
canto fermo sopra alle risposte organistiche, come si puo forse
evincere dal resoconto di una cerimonia del 1548 al duomo di Mi-
lano, che parla di un Te Deum al mattutino con le risposte dell'or-
gano "et una divina voce che dentro cantava"."17
turgical Use of the Organ in Seventeenth-Century Italy: New Documents, New Hypo-
theses", in Frescobaldi Studies, a cura di A. SILBIGER, NC, 1987, pp. 351-383; e A. Mo-
RELLI, "Il ruolo dell'organo nella prassi della polifonia sacra italiana del Rinascimento",
in Gli antichi organi lucchesi: problemi d'indagine storica e di conservazione, a cura di G.
BIAGI RAVENNI (atti della giornata di studio, Lucca, 10 giugno 1995), Lucca, 1997, pp.
15-30. Una versione ampliata in inglese di quest'ultimo articolo apparira nella rivista
Musica Disciplina.
15
Per le testimonianze fiorentine, di gran lunga le piiu abbondanti fra l'ultimo
Quattrocento e tutto il Cinquecento, cfr. F. D'AcCONE, "The Florentine fra Mauros: A
Dynasty of Musical Friars", Musica Disciplina, XXXIII, 1979, pp. 101, 122-130; e ID.,
"Repertory and Perfomance Practice in Santa Maria Novella at the Turn of the 17th
Century", in A Festschnfit for Albert Seay, a cura di M. D. GRACE, Colorado Springs,
1982, pp. 74-79, 119, 125-130. Per Roma cfr. F. X. HABERL, "Die r6mische 'schola
cantorum' und die papstlichen Kapellsanger bis zu Mitte des 16. Jahrhunderts", in ID.,
Bausteine fur Musikgeschichte, vol. III, Leipzig, 1888, p. 51; A. MORELLI, "Musica e mu-
sicisti in S. Agostino a Roma dal Quattrocento al Settecento", in Musica e musicisti nel
Lazio, a cura di R. LEFEVRE-A. MORELLI, Roma, 1985, p. 329; C. REYNOLDS, Papal Pa-
tronage and the Music of St. Peter's, 1380-1513, Berkeley-Los Angeles, 1995, pp. 133-134.
Per Venezia cfr. G. M. ONGARO, The Chapel of St. Mark's at the Time of Adrian Willaert
(1527-1562): a documentary Study, PhD diss. University of North Carolina at Chapel
Hill, 1986, pp. 314-315, 327. Per Milano cfr. nota 17.
16
PIEmTRo AREnNo, Ragionamento della Nanna e della Antonia, in Folengo, Aretino,
Doni, a cura di C. CoRDIE, tomo II, Milano-Napoli, 1976, p. 55 (La letteratura italiana.
Storia e testi, vol. 26/II).
17
Cronaca di Cerbonio Besozzi citata da R. LUNELLI, "Contributi trentini alle re-
lazioni musicali fra l'Italia e la Germania nel Rinascimento", Acta Musicologica, XXI,
1949, p. 64. Questa prassi del 'cantare sull'organo', forse la piiu diffusa tra i due tipi che
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ARNALDO MORELLI
A parte il "cantare nell'organo", verosimilmente usato nella
prassi dell'alternatim, sembra dunque che l'organo non abbia co-
munemente accompagnato i cantanti prima del tardo Cinquecento.
Del resto sia i cantori del gregoriano che quelli della polifonia can-
tavano stando nel coro, spesso su un apposito "pergamo" o "pal-
co", solo pi"u tardi definito cantoria. Da Vasari, ad esempio, ap-
prendiamo che in Santa Maria del Fiore a Firenze Giuliano di
Baccio d'Agnolo "con l'intervento del Bandinello diede principio
a detto coro e
[...]
fece parimente due altri archi simili che vengo-
no con l'entrata e l'altare a far croce; e questi per due pergami co-
me aveva anco il vecchio, per la musica et altri bisogni del coro e
dell'altare".'8 E una descrizione del duomo di Pisa, anteriore al-
l'incendio del 1595, ci informa che "dalla mano destra del choro
era un pergamo grande, capace di molte persone, cosl fatto per la
cappella de' musici", di fronte all'organo, che a sua volta era po-
sto "in alto sotto la cupola".
19 E logico dunque che l'organo fosse
collocato piiui possibile vicino alla zona del coro per mantenere un
qualche contatto con i cantori; nel contempo, pero, esso doveva
essere situato in modo visibile al di fuori del coro, in un luogo suf-
ficientemente alto dal suolo per meglio spandere il suono e sfrutta-
re appieno le capacita di risonanza dell'edificio.
Ad esempio, a Santa Maria del Fiore l'organo trecentesco era
disposto molto probabilmente nell'ultimo intercolumnio a destra
della navata; terminata la cupola del Brunelleschi ed essendo stato
posto il coro sotto di essa, i nuovi organi vennero posti sopra le
ho ricordato, derivava probabilmente dall'esigenza di non omettere il testo del versetto
spettante all'organo, che in ogni caso sarebbe stato preferibile recitare ad alta voce. Va
precisato, tuttavia, che prescrizioni del tipo "ab aliquo de choro intelligibili voce pro-
nuntietur versiculum quod ab organo respondendum est" oppure "organo sonante, duo
cantores legant alta et intelligibili voce [versicula] quae a choro non cantantur", partono
posteriormente al concilio di Trento; cfr. C. REYNOLDS, "Rome, a city of rich contrast",
in The Renaissance, a cura di I. FENLON, Basingstoke-London, 1989,
p.
76, e P. FABBIU,
"Norme et pratique du concert de voix et des instruments dans la liturgie catholique
apres le concile de Trente", in Le concert des voix et des instruments 2 la Renaissance, a
cura di J.-M. VACCARO, Paris, 1995, pp. 102-103. Non sono d'accordo con Fabbri quan-
do vuole leggere in un passo del Libellus (Verona, 1529) di Biagio Rossetti una testimo-
nianza del 'cantare sull'organo'; per una diversa interpretazione di questo passo cfr. Mo-
RELLI, Op. cit. (vedi nota 3).
18
G. VASARI, Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori e architetti a cura di G. MLA-
NESI, Firenze, 1880, vol. I, p. 358 ("Vita di Baccio d'Agnolo architettore fiorentino").
19
I. B. SupINo, "If pergamo di Giovanni Pisano nel duomo di Pisa", Archivio sto-
rico dell'arte, V, 1892, p. 74.
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SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
porte delle sagrestie sulle cantorie di Donatello e Della Robbia.20
Cosl pure, nel 1419 la fabbrica del duomo di Milano decideva di
collocare l'organo e il lettorino dei cantori vicino all'altare maggio-
re perche si sentissero meglio durante la liturgia.2' E nel 1483 nel-
la cattedrale di Lucca si deliberava che "l'organo che si fa di nuo-
vo si metti sopra 1'altar grande dov'e l'organo vecchio".22
Come e noto, nelle chiese medievali il coro era situato dinanzi
all'altare maggiore, occupando l'ultimo tratto della navata e parte
del transetto. Gli stalli erano disposti a ferro di cavallo ed erano
circondati da un alto muro che talvolta chiudeva le due ultime
campate della navata centrale. In questi casi l'organo era posto, di
solito, sopra uno dei muri perimetrali del coro. In questo senso mi
sembrano potersi interpretare alcuni documenti dei secoli XIV e
XV. Nel 1373 nel duomo di Siena i documenti parlano di un "pal-
cho [degli organi] che si fece sopra al coro nuovo".23 Nel 1400 nel
duomo di Orvieto, il nuovo organo venne collocato "iuxta colum-
nam maiestatis Annuntiatae super corum ipsius ecclesiae".24 Nel
1438 nel duomo di Pisa gli organi erano posti "in choro vel supra
corum ecclesie maioris".25 Nel 1496 nella chiesa dei Servi a Cese-
20
D. BAUMANN, "Musical Acoustics in the Middle Ages", Early Music, XVIII,
1990,
pp.
202-205; G. GIACOMELLI-E. SETTESOLDI, Gli organi di Santa Maria del Fiore di
Firenze, Firenze, 1993, pp. 11-42. Riterrei piiu corretto chiamare 'pergami' anziche 'can-
torie' questi due capolavori scultorei, perche la loro originaria funzione era quella di
ospitare gli organi e non i cantori; prova ne sia che, alla fine del Seicento, essendo i due
pergami troppo piccoli per ospitare cantori e strumentisti, essi vennero rimpiazzati da
due nuove e piu ampie cantorie in legno; cfr. GIACOMELLI-SErrESOLDI, op. cit., pp. 85-86.
21
Annali della Reverenda fabbrica, op. cit. (vedi nota 10), 1877, vol. II, p. 30. An-
che ARNOLT SCHLICK, nel suo trattato Spiegel der Orgelmacher und Organisten (Spira,
1511) raccomanda che nelle grandi chiese l'organo sia posto non troppo distante dall'al-
tare affinche sia meglio udibile dal celebrante; cfr. Y. ROKSETH, La musique d'orgue au
XVe siecle et au debut du XVIe, Paris, 1930, p. 326.
22
BAGGIANI, op. cit. (vedi nota 9), p. 20.
23
V. LusINi,
I
duomo di Siena, Siena, 1911, vol. I, p. 333.
24
L. Fumi,
II
duomo di Orvieto e i suoi restauri, Roma, 1891, p. 293, doc. CIII. La
notizia e confermata anche da un altro documento dello stesso anno: "In elevando bal-
chionem super chorum dicte ecclesiae reficiendum ut ibi collocarentur organa minora et
nova in dicta ecclesia"; cfr. FUMI, op. cit., p. 293, doc. CIV. Da notare che l'antico or-
gano del duomo di Monreale (1503), come questo di Orvieto, era addossato alla prima
colonna della navata che delimitava il recinto del coro, come testimonia un'incisione sei-
centesca riprodotta in G. B. VAGLICA, Gli organi antichi nel territorio monrealese, Paler-
mo, 1991, p. 25.
25
F. BAGGIANI, Gli organi della primaziale di Pisa, Pisa, 1981, p.12.
285
ARNALDO MORELLI
na il nuovo organo venne posto "suso el coro fatto alto".26 La po-
sizione dell'organo testimoniata con maggior frequenza nelle chie-
se di impianto medievale a tre navate e quella nell'ultimo interco-
lumnio della navata centrale. Nel 1443, ad esempio, nella catte-
drale di S. Lorenzo a Perugia, per collocare il nuovo organo venne
costruito un "pergolo" nell'intercolumnio, lungo quanto l'intero
muro laterale del coro e aggettante un piede piiu di esso ("unum
pergulum planchatum sive terratum pro organis faciendis et con-
struendis in dicta ecclesia videlicet in choro et super quo pergulo
sive terrato ponenda sunt supradicta organa videlicet longitudinis
a quadam pilastra versus sacristiam dicte ecclesie in capite chori
versus altare magnum usque ad murum in fine dicti chori et latitu-
dinis quantum est latus dictus chorus in summitate et unus pes ul-
tra et parapectum altitudinis super terratum sive plancatum per
tres pedes scorniciatum et fregiatum prout factum est designum in
quadam carta bombicina [... ]").27 Analoga disposizione e docu-
mentata, tanto per portare qualche esempio, a San Petronio e a S.
Maria dei Servi a Bologna, alla cattedrale di Ferrara, a Santo Ste-
fano a Venezia, e ancor oggi, nelle due chiese italiane dove e so-
pravvissuta questa disposizione del coro antistante l'altare, S. Ma-
ria dei Frari a Venezia (Fig. 1) e San Sigismondo a Cremona, gli
organi sono posti sul muro laterale del coro.28
26
Citato dal cosiddetto Caos di Giuliano Fantaguzzi; cfr. M. GRADARA, "La musi-
ca nel 'Caos' di Fantaguzzi: cronache cesenati tra Quattrocento e Cinquecento", in Ro-
magna. Arte e Stonia, n. 30, 1990, pp. 33-34. Ancora nel 1563, a Todi, in S. Maria in
Camuccia, il nuovo organo, di modeste dimensioni (4', di cinque registri), venne posto
"in pectorale super chorum", probabilmente - se comprendo bene il senso di queste pa-
role - sopra uno degli elementi del recinto del coro, cfr. V. SARGENI, "Un contratto cin-
quecentesco per l'organo di Santa Maria in Camuccia di Todi", Esercizi Musica e Spetta-
colo, n.s., II, 1992, pp. 71, 77.
27
A. Rossi, "Giunte ai maestri d'organi e di legname", Giornale di erudizione arti-
stica, III, 1874, p. 281. Il pergolo era destinato a ospitare "uno paro d'organi [...] de
secte piedi et mezzo", opera del domenicano Riccardo di Chiavelli da Camerino (ibid.,
p. 278).
28
Cfr. rispettivamente L. F. TAGLIAVINI, "Gli organi", in La basilica di S. Petro-
nio, Bologna, 1984, p. 313; 0. MIscHIATn, "Profilo storico e lineamenti del restauro",
in II restauro degli organi di S. Petronio, Bologna, 1982, p. 13; ID., "Tradizioni organarie
della chiesa di S. Maria dei Servi di Bologna", in L'organo di S. Maria dei Servi in Bolo-
gna nella tradizione musicale dell'Ordine, Bologna, 1967, pp. 65-94; CAVICCHI, loc. cit.
(vedi nota 8); F. ApoLLoNio, La chiesa e il convento di S. Stefano in Venezia, Venezia,
1911, pp. 31-32; 0. MIscHIATI-L. CHUDOBA, Gli organi della basilica di Santa Maria Glo-
riosa dei Fran in Venezia, Venezia, 1971; L'organo monumentale della chiesa di San Sigi-
smondo in Cremona, a cura di C. NisoL et al., Cremona, 1995.
286
SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
Una variante a questa disposizione e costituita da una tipolo-
gia di chiesa caratteristica dei maggiori ordini mendicanti (dome-
nicani, francescani, serviti). Ad accentuare la divisione tra lo spa-
zio destinato ai frati (coro e presbiterio), e quello destinato al pub-
blico, un ulteriore elemento architettonico - denominato in Italia
'ponte' o 'tramezzo' (inglese rood-screen, francese jube o cloison,
tedesco Chorschranke) - veniva a separare il recinto del coro dalla
navata al fine di preservare la clausura dei frati. II capitolo genera-
le dei domenicani del 1249, ad esempio, aveva ordinato a tutti i
superiori di costruire un tramezzo con lo scopo di impedire un
contatto visivo tra i fedeli e i frati, quando questi ultimi entrava-
no in coro o lo lasciavano.29 Anche se nessun tramezzo di queste
grandi chiese italiane degli ordini mendicanti e giunto fino a noi,
le ricerche fin qui svolte (in particolare quelle di Marcia Hall)
sembrano dimostrare che questi elementi architettonici erano di
notevole mole, tali da poter ospitare nel piano superiore altari e
cappelle e anche organi.30 In un buon numero di casi e possibile
dimostrare che sopra a questo ponte era collocato un organo. Sap-
piamo infatti che l'organo era posto sul ponte a S. Maria Novella
(fin dal Trecento) e a Santa Croce a Firenze, a S. Antonio a Pado-
va,31 a S. Domenico a Modena,32 e forse a S. Domenico a Bolo-
29
G. MEERSEMANN, "L'architecture dominicaine au XIIIe siecle. Legislation et
pratique", Archivum fratrum predicatorum, XVI, 1946, p. 163. Sulla funzione del tra-
mezzo cfr. anche M. B. HALL, "The Tramezzo in Santa Croce, Florence, Reconstruc-
ted", The Art Bulletin, LVI, 1974, pp. 325-341, e EAD., "The Italian Rood-screen:
Some implications for Liturgy and Function", in Essays presented to Myron P. Gilmore,
Firenze, 1978, pp. 213-218.
30
I soli tramezzi sopravvissuti in Italia si trovano in due chiese periferiche di pic-
cole dimensioni: nella parrocchia di Vezzolano (Vercelli) e in quella di S. Andrea in Flu-
mine (Roma). A darci un'idea dell'aspetto del tramezzo in una chiesa di grandi dimen-
sioni puo contribuire la tavola della Presentazione al tempio della Vergine del cosiddetto
Maestro delle tavole Barberini (ca. 1470), oggi al Museum of Fine Arts di Boston: essa
ci mostra l'interno di un tempio a tre navate tagliato a meta da un massiccio ponte a cin-
que arcate, di cui tre pervie, in corrispondenza delle navate, e due cieche, occupate da
altarini (Fig. 3).
31 A. GARBELOTrO, "Organi e organari nel Cinquecento al Santo di Padova", Mi-
scellanea francescana, LIII, 1953, pp. 230-258; e 0. MIscHIAI, "Vicende di storia orga-
naria", in Storia della musica al Santo di Padova, a cura di P. PETROBELLI-S. DURANTE,
Vicenza, 1920, pp. 160-163.
32
Come ricorda la Cronaca modenese di G. B. SPACCINI, nel 1601 "li frati di S.
Domenico fecero [...] cominciare di levare il corritoio che traversa la chiesa dov'e su
l'organo e di voltare il coro alla moderna"; cfr. C. GIOVANNINI-P. TOLLARI, Antichi orga-
ni modenesi, Modena, 1991, pp. 270, 655-656.
287
ARNALDO MORELLI
gna,33 tanto per citare i casi piu importanti.34 Come e possibile ri-
cavare dalla documentazione e dall'iconografia, questa posizione
era comune anche in molte chiese nord-europee, in Francia, in
Germania, in Inghilterra, nelle Fiandre e nei Paesi Bassi, e in
qualche caso e sopravvissuta fino ad oggi. Nelle chiese a navata
unica, infine, gli organi erano in genere collocati su una parete la-
terale lungo la navata all'altezza del coro, disposto -
come si e gia%
ricordato - al centro della chiesa e contornato da un muro. Questa
e ad esempio la situazione esistente nel Quattrocento nella chiesa
vallombrosana di San Pancrazio a Firenze, dove l'organo costruito
nel 1446 da Matteo da Prato era posto nella parete meridionale
fra due finestre oggi richiuse.35
Gli organi posti sul muro del coro o sul tramezzo erano in ge-
nere dotati di un doppio prospetto; cio dovrebbe spiegare l'espres-
sione unum par organorum che ricorre abitualmente nei contratti di
costruzione, in genere fino al tardo Quattrocento (piui raramente
nel primo Cinquecento), per indicare un solo strumento (e fonte
di molti equivoci per i non specialisti della materia). Chiarisce
questo problema un contratto per l'organo grande del duomo di
Orvieto del 1441, dove leggiamo "dicta organa erunt duplicia, sci-
33
Nel 1550 fu concesso ai nobili del collegio dei quaranta rettori di poter "deicere
pontile[m] in quo erat organum, et adaptare locum chori construendi"; cfr. V. ALCE, II
coro di San Domenico in Bologna, a cura di R. RENZI, Bologna, 1969, p. 338, n. 71. In
questo caso, tuttavia, il pontile potrebbe essere anche un palco posto nell'intercolumnio.
Sui due casi fiorentini tornero p'iu avanti.
34
E forse anche al Carmine di Firenze: nei lavori di rifacimento dell'organo effet-
tutati nel 1485 da Domenico di Cane, a spese di Tommaso Soderini, si parla di una fila
di canne "verso il popolo in faccia" e di un'ultima fila "grande dirieto come quella di-
nanzi"; cio porta a credere che l'organo avesse una doppia facciata e fosse posto forse
sul tramezzo che divideva la navata; cfr. A. SABATINI, "Memorie degli organi del Carmi-
ne di Firenze", L'organo, X, 1972, p. 176. Sembrano confermare questa ipotesi alcuni
documenti resi noti recentissimamente da N. NEWBIGIN, Feste d'Oltramo. Plays in
Churches in Fifteenth-Century Florence, Firenze, 1996, vol. I, p. 91.
35
Firenze, Archivio di Stato (d'ora in avanti ASF), Corp. sopp. 88, 63, fol. 4v:
"E in piju si fece in detto tempo [1446] l'organo nostro et il luogo dove e situato, che ne
fu il maestro de dicto organo Matteo e Benricevuto da Prato. [...] E piiu si fece due fine-
stre di vetro in detta chiesa che sono nella faccia dove e l'organo"; cfr. anche lo spacca-
to della chiesa del 1840, con le due finestre ad ogiva richiuse, riprodotto in M. DEZZI
BARDESCHI, "II complesso monumentale di S. Pancrazio a Firenze ed il suo restauro",
Quaderni dell'Istituto di Storia dell'architettura dell'Universita di Roma, n. 73-78, 1966,
p. 22. Sull'organo di S. Pancrazio cfr. anche D. V. KENT-F. W. KENT, Neighbours and
Neighbourhood in Renaissance Florence: the District of the Red Lion in the Fifteenth Cen-
tury, Locust Valley (NY), 1982, pp. 158, 160.
288
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Fig. 3. Presentazione della Vergine al Tempio, Maestro delle Tavole Barberini,
ca. 1470. Museum of Fine Arts, Boston.
SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
licet aperta antea et aperta post".36 E possibile, tuttavia, che an-
che gli organi posti nelle cantorie lungo le pareti fossero dotati di
una doppia facciata, essendo posti ortogonalmente al muro. Ad
esempio, proprio l'organo grande del duomo di Orvieto, ora ricor-
dato, era posto in una cantoria dalla parte della cappella del Cor-
porale, forse sopra la sacrestia. Una conferma iconografica a que-
sta ipotesi ci viene dall'ospedale di Santa Maria della Scala a Sie-
na. L'affresco di Donato di Bartolo La distibuzione delle elemosine
nella sala del Pellegrinaio, del 1440-42, raffigurante con molto
realismo l'interno di questa chiesa, ci mostra nella controfacciata
due palchi in legno: nel primo, a sinistra per chi guarda, e visibile
il cosiddetto "casotto" (o "guardiola") contenente il meccanismo
dell'orologio;37 nel secondo, a destra a meta della navata e accessi-
bile dal primo tramite un pontiletto, possiamo vedere quella che, a
mio giudizio, dovrebbe essere la cassa di un organo (Fig. 2). Si
tratta di uno strumento (piuC o meno di 6') di foggia gotica, come
mostra il laterale della cassa a forma di torre, probabilmente mer-
lata con beccatelli, su cui si apre una bifora (da cui sembra di po-
ter scorgere una o due canne) sormontata da un rosone. Poiche
nell'affresco l'organo e colto di fianco, possiamo presumere che es-
so fosse collocato ortogonalmente al muro e avesse due facciate,
come dimostrerebbero anche le due tende pendenti dai lati. Si
tratta in questo caso di una raffigurazione unica di un organo da
chiesa italiano di epoca tardomedievale, che ci aiuta a chiarire rile-
vanti particolari che difficilmente potrebbero desumersi dal solo
materiale archivistico.38 L'elemento della torre rinvia senza dubbio
36
G. MILANESI, Documenti dell'arte senese, Siena, 1854-56, vol. I, p. 204. Lo stes-
so documento e citato da FUMI, op. cit. (vedi nota 24), pp. 453-458, con una diversa let-
tura ("dicta organa erunt duplicia, scilicet a parte antea et a parte post'), che tuttavia
non sembra cambiare la sostanza del significato; sul problema cfr. anche la recensione di
0. MISCHIATI a P. WILLIAMS, A New History of the Organ (London, 1980), in L'organo,
XXIII, 1985, pp. 233-237: 234.
37 D. GALLAVOTrI CAVALLERO, Lo spedale di Santa Maria della Scala in Siena, Pisa,
1985, pp. 160-162; e D. GALLAVOTTI CAVALLERO-A. BROGI, Lo spedale grande di Siena,
Firenze, 1987, pp. 54-55.
38
L'unica altra raffigurazione di organo quattrocentesco in Italia e il disegno alle-
gato al contratto per la costruzione dell'organo di Matteo d'Allemagna (1441) per S. An-
tonio a Cremona, pubblicata da E. MOTTA, "Un organo a Cremona nel 1441", Archivio
storico lombardo, s. III, XIII, 1900, pp. 413-417, e ora ripubblicata con adeguati com-
menti da 0. MISCHIATI, "Documenti sull'organaria padana rinascimentale II. Organari a
Cremona", L'organo, XXIII, 1985, pp. 60-61 e tav. tra pp. 80-81. In questo caso pero
289
19
ARNALDO MORELLI
alla tradizione delle casse d'organo tardomedievali europee di cui
ancor oggi sopravvivono alcune rarissime testimonianze;39 ma la
fiancata laterale, su cui e aperta una bifora, ricorda alcuni organi
positivi, come quello raffigurato nell'anonimo affresco de La Musi-
ca e la Dialettica (ca. 1425) nella sala delle Arti e dei Pianeti di Pa-
lazzo Trinci a Foligno.40
Tuttavia, il muro laterale del coro o il ponte erano insufficienti
a ospitare organi di considerevoli proporzioni, in grado di sonoriz-
zare a sufficienza l'intero volume di una grande chiesa. In molti
casi si preferiva collocare questi grandi strumenti sopra un'apposi-
ta cantoria, di solito in pietra, murata su un muro perimetrale del-
l'edificio, lungo una navata laterale o nella testata del transetto. A
Santa Maria Novella per collocare l'organo grosso, costruito grazie
al lascito del padre generale Leonardo Dati (morto nel 1426) e ter-
minato nel 1457 dal frate "Giovanni tedesco", venne "scavata la
grossa muraglia sopra la scala che saliva sul
ponte";'"
molto proba-
bilmente l'organo venne posto nella navata sinistra, piu o meno
dove si trova l'attuale cantoria ottocentesca. Nel 1453, nel duomo
di Siena il nuovo grande organo costruito dall'ungherese Pietro
Scotto venne collocato "a capo all'uscio della sacrestia a pie delle
finestre".42 E nel 1483 alla cattedrale di Pistoia gli Operai delibe-
lo strumento e raffigurato, sia pur con diversi dettagli, fuori dal suo contesto architetto-
nico; da notare il prospetto composto da tre torri merlate (la maggiore al centro, le due
minori ai lati).
39
I casi piCu noti sono quelli di Notre-Dame-de-Valere a Sion (Svizzera) (ca. 1400)
e della Cattedrale vecchia di Salamanca (Spagna) (fine XIV-inizio XV secolo); per le im-
magini e un breve commento su questi due strumenti cfr. M. L. WILSON, Organ Cases of
Western Europe, London, 1979, pp. 39, 61 e tavv. 65, 161. Un'evidente analogia con
l'organo di Sion si riscontra pure nello strumento raffigurato nel frontespizio del celebre
trattato di SCHLICK, op. cit. (vedi nota 21).
40
Per una riproduzione dell'affresco in questione, accompagnata da una scheda e
dalla relativa bibliografia, cfr. Iconografia musicale in Umbria nel XV secolo, catalogo del-
la mostra, Assisi, 1987, pp. 32-33. Analoghe caratteristiche si notano in un organo posi-
tivo di un affresco del primo Quattrocento di Ottaviano Nelli a Gubbio, S. Maria Nuo-
va (ibid., p. 115).
41
BORGHIGIANI, Cronaca annalistica del ven. convento di S. Maria Novella di Firenze
... fino al 1556, ms. nell'Archivio di S. Maria Novella (consultato in microfilm presso la
Biblioteca Berenson di Villa I Tatti), tomo II, pp. 319-320, e tomo III, p. 59. II frate
Giovanni tedesco e da identificare quasi certamente con il frate "Giovanni d'Alamagnia
de l'ordine di S. Domenicho" che nel 1456-58 costrul un organo grande per il duomo di
Pisa, cfr. BAGGIANI, op. cit., (vedi nota 25), pp. 14-15.
42
S. BORGHEsI-L. BIANCHI, Nuovi documenti per la storia dell'arte senese, Siena,
1898, p. 197.
290
SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
rarono che "organum dicte ecclesie removeri de loco in quo ad
presens reperitur et in alio in dicta ecclesia et palcum actum ad
ipsum sustinendum fieri facere"; il trasferimento venne effettuato
dall'organaro Jacopo di Aretino da Citta di Castello e il nuovo
"pergulo dell'organo" venne probabilmente ubicato nella navata
destra, perche si decise di "far fare uno tramezzo su in canonica
alla camera dove s'entra nello organo, acciocche l'organo abbia
propria entrata et serrare si possa per conservazione d'esso".43 An-
che nella chiesa agostiniana di Santo Spirito a Firenze, almeno
nella prima met"a del Cinquecento, se non prima, l'organo era po-
sto nella navata laterale sinistra, sopra la porta del chiostro; infatti
il nuovo organo commissionato nel 1551 all'organaro domenicano
Bernardo d'Argentina, secondo il contratto doveva essere colloca-
to nel luogo del precedente, cioe "supra portam per quam itur ad
claustrum"."
La storia dell'architettura sacra in Toscana nell'eta rinascimen-
tale e costellata di numerosi interventi di trasformazione delle an-
tiche chiese di impianto medievale gia da meta Quattrocento. E
utile per lo storico della musica chiedersi come e dove furono si-
stemati organi e cantorie nelle chiese adeguate ai nuovi canoni ar-
chitettonici rinascimentali, in particolare dopo che i corn vennero
rimossi dal centro della chiesa per essere collocati nelle absidi, in-
grandite per questo precipuo scopo.
II primo caso che possiamo seguire attraverso i documenti e
quello dei lavori di ampliamento della chiesa della SS. Annunziata
a Firenze. Come e noto, a partire dal 1444, su progetto di Miche-
lozzo, la chiesa, che era a navata unica divisa dal tramezzo, venne
ampliata con l'aggiunta di una "rotonda" terminale dietro l'altare
maggiore, entro cui venne collocato il coro che in precedenza si
trovava nella navata.45 Poiche l'antico organo della chiesa era ve-
43
BAGGIANI,
Op.
cit. (vedi nota 11), pp. 22-23. Di recente, proprio sotto la navata
destra, e stata scoperta una zona chiusa a mattoni con forma arcuata alla sommita, pro-
babile traccia della cantoria destinata all'organo (ibid., p. 22).
44
Cosl risulta dall'inedito contratto di costruzione, che sara oggetto di un mio
prossimo articolo nella rivista L'organo. Analoga posizione sembra aver avuto anche l'or-
gano del primo cinquecentesco in San Lorenzo, recentemente restaurato e ricollocato so-
pra la porta del chiostro.
45
Su questi lavori cfr. B. L. BROWN, The Tribuna of SS. Annunziata in Florence,
PhD diss., Northwestern University, Evanston (Illinois), 1978.
291
ARNALDO MORELLI
rosimilmente collocato nella navata e quindi lontano dal nuovo co-
ro, al noto organaro Matteo da Prato fu pagato nel 1453 "un or-
ganetto fatto in chiesa nostra sopra l'altare oggi dei Federighi",46
da un documento del 1546 sappiamo che l'altare concesso ai Fede-
righi si trovava "nella coscia sinistra dell'arco della cupola"47 e
quindi - se ben comprendo le parole - all'imbocco della tribuna.
Cio tuttavia non risolse il problema di disporre di un organo gran-
de, di dimensioni adeguate alla chiesa, tanto che l'acquisto dell'or-
ganetto venne fatto a condizione che "ogni volta ch'e' frati di
convento ne volessino uno maggiore da Matteo e da Ricievuto [ ...]
che questo che al presente ci hanno fatto se lo debbino ripigliare
indietro pel medesimo prezzo".48 Oltre cinquant'anni dopo, nel
1509, l'organo grande venne commissionato al celebre organaro
Domenico di Lorenzo da Lucca, autore, tra l'altro, dei notevoli
organi di Sant'Antonio a Padova (1480) e di San Pietro in Vatica-
no (1496); lo strumento, terminato soltanto nel 1523, fu posto sul
lato destro della navata in alto tra le due ultime cappelle, dove si
trova tuttoggi.49
Nella chiesa di S. Domenico a Siena l'organo costruito nel
1473 da Lorenzo da Prato venne collocato nella navata a destra
sopra la cappella di S. Caterina;50 proprio in quegli anni, pero, per
disposizione testamentaria (1471) di Ambrogio Spannocchi il coro
veniva trasferito dietro all'altar maggiore nella nuova cappella
maggiore da lui fatta costruire. II facoltoso banchiere senese (mor-
to nel 1478) desiderava infatti essere sepolto "in medio chori ca-
pellae principalis quam ipse fieri fecit sub pulpito ipsius chori",
chiedendo che vi fosse posto "el coro vecchio ch'e al presente e in
decta chiesa o veramente farvi uno sedio nuovo"'. L'organo, no-
nostante lo spostamento del coro, rimase al suo posto; infatti,
46
R. GIORGErFI, "Sette secoli d'arte organaria all'Annunziata. Documentazione",
in La Ss. Annunziata di Firenze. Studi e documenti sulla chiesa e il convento, Firenze,
1978,
pp.
173-174.
47
P. TONINI, II santuario della Santissima Annunziata di Firenze, Firenze, 1878,
p. 67,
doc. XL.
48
GIORGETTI, op. cit. (vedi nota 46), pp. 173-174.
49
Ibid.,
pp.
154-155, 175-179.
50
Die Kirchen von Siena, a cura di P. A. RIEDL-M. SEIDEL, Miinchen, 1992, vol.
II/1.2, p.
745.
51
Ibid., pp. 624-625, 906-907.
292
SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
quando nel 1542 lo strumento quattrocentesco di Lorenzo da Pra-
to fu rimpiazzato da uno nuovo, opera di Onofrio Zeffirini e Gio-
vanni Paolo Contini, questo prese il posto del precedente "in loco
solito ecclesiae", cioe sopra la cappella di S. Caterina. La stessa
situazione sembra verificarsi anche in altre chiese conventuali a
navata unica. Ad esempio, in S. Maria in Aracoeli a Roma, quan-
do al tempo del pontificato di Paolo IV (1555-59) il coro venne
trasferito dal centro della chiesa all'abside, l'organo rimase ancora
nella navata sinistra, prima del transetto, "dirimpetto alla porta
che conduce alla piazza del Campidoglio".5
Di grande interesse per la mia ricerca si rivela lo studio delle
trasformazioni architettoniche di alcune fra le piiui importanti chie-
se fiorentine, compiute negli anni di Cosimo I, a quanto pare, per
espressa volonta del granduca stesso. Progettista dei principali in-
terventi fu Giorgio Vasari, cui si devono le trasformazioni degli
interni di Santa Croce e Santa Maria Novella.54 Per quanto riguar-
da Santa Croce, in una relazione del 1566 degli Operai a Cosimo
leggiamo: "habbiamo levato tutto il tramezzo et cappelle eccetto
quelle della Foresta lungo il muro di verso i chiostri, nella quale
s'e posto l'organo comodamente e senza alcuno suo impedimento,
che per esser vecchio se ne dubitava".55 Queste parole lasciano in-
tendere che l'organo era presumibilmente collocato sul tramezzo e
di conseguenza doveva essere di non grandi dimensioni. Questa
ipotesi e confortata dal fatto che anche in altre chiese monastiche
-
come si e detto in precedenza
- si ha testimonianza di organi di
modeste dimensioni posti sul tramezzo: S. Antonio a Padova, S.
Domenico a Bologna, S. Maria Novella a Firenze e San Domenico
a Modena. Pochi anni dopo i lavori, in S. Croce il vecchio organo
presentava con ogni probabilitNa due problemi: da un punto di vi-
52
Ibid.,
pp.
746, 917.
53
R. E. MALMSTROM, S. Maria in Aracoeli at Rome, PhD diss., New York Univer-
sity, 1973,
pp.
79-80, 87-88. L'organo venne tolto da questa posizione solo nel 1686,
quando furono aperte nuove e piu ampie finestre per dare luminosita alla chiesa; cfr. CA-
SIMIRO DA ROMA, Memorie istoriche della chiesa e convento di Araceli, Roma, 1736, p. 130.
54
A questi lavori vasariani e dedicata la fondamentale monografia di M. B. HALL,
Renovation and Counter-Reformation: Vasari and Duke Cosimo in Santa Maria Novella and
Santa Croce, Oxford, 1979.
5
Ibid., p. 169.
293
ARNALDO MORELLI
sta fonico, era certamente insufficiente a sonorizzare un ambiente
cosl vasto; da un punto di vista estetico era sproporzionato rispet-
to alle accresciute dimensioni dei nuovi altari laterali. Esso venne
percio sostituito da un nuovo strumento costruito dal piiui celebre
organaro toscano del tempo, Onofrio Zefferini da Cortona, posto
su una nuova cantoria e terminato nel 1579.56
A Santa Maria Novella (1565) i contemporanei lavori vasariani
di eliminazione del ponte e del trasferimento del coro dalla navata
centrale alla cappella absidale, comportarono l'apertura di una
nuova "andata all'organo dalla cella del sagrestano", il che confer-
ma che l'organo rimase nella navata laterale sinistra sotto la quinta
arcata, raggiungibile tramite la scala per cui si saliva sul ponte, do-
ve era collocato da met"a Quattrocento.57 All'abbattimento del
ponte corrispose poi l'eliminazione definitiva degli antichi "orga-
na parva" che vi erano collocati fin dal XIV secolo.
Anche al Carmine l'intervento vasariano del 1568 comporto
l'eliminazione del tramezzo e il trasferimento del coro dalla navata
all'area retrostante l'altar maggiore.58 L'organo rimase al posto in
cui si trovava almeno nel 1524, cioe quasi all'angolo fra navata e
transetto destro. Tuttavia, nel 1595, esso venne rinnovato e spo-
stato su una cantoria piiu ampia, lungo il lato destro della navata,
allontanandosi ancor piuj dal coro.59
Oltre ai lavori fiorentini, Vasari rinnovo la sistemazione inter-
na delle due maggiori chiese di Arezzo: S. Maria della Pieve e il
duomo. Alla Pieve, avendo ottenuto dagli Operai il permesso di
spostare la tomba di famiglia in abside, l'architetto aretino colse
56
B. FREscuccI, L'arte organaria nei secoli XV, XVI, XVII: la scuola cortonese, Cor-
tona, 19832, p. 92.
57
Debbo qui precisare che l'ornamento ligneo e la cantoria dell'organo che vedia-
mo nelle incisioni non corrispondono a quelli dello strumento rinnovato nei primissimi
anni del Cinquecento da Piero Dondi da Prato, per il quale Baccio d'Agnolo intaglio
l'ornato ligneo, nel 1507, come mostra un pagamento a lui diretto: "A Baccino legnaiolo
per insino a dl tre di ottobre [1507] lire sette per cominciare el ciborio dell'orghano";
cfr. ASF, Corp. Sopp. 102, Appendice 68, c. 70v. Quanto alla cantoria essa non sembra
contestuale ai lavori di rinnovamento dell'organo, ne sembra sia stata destinata allo stes-
so strumento, poiche essa era ubicata, almeno nel Settecento, nella navata destra di
fronte all'organo.
58
U. PROCACCI, "L'incendio della Chiesa del Carmine nel 1771", Rivista d'arte,
XIV, 1932, pp. 144-145.
59
Ibid., pp. 160-162. L'ubicazione degli organi e ricostruita grazie a Procacci. Per
la storia degli organi cfr. SABAThII, loc. cit. (vedi nota 34), pp. 165-212.
294
SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
l'occasione per avviare radicali lavori di trasformazione dell'inter-
no. Tali lavori sono sommariamente descritti in una lettera che lo
stesso Vasari invio al granduca Cosimo I il 18 aprile 1564:60
Ma quello che ho fatto meglio [...] e stato l'aver levato io dinanzi il
coro di legniame e messolo dreto alla cappella maggiore, nel quale fanno
le voci miglior tono, et posti a sedere i popoli nelle banche fra le colon-
ne, liberano le tre navate, e che si vede senza levarsi da sedere tutta la
chiesa et levare del sagramento; che prima per il tramezzo della chiesa e
del coro l'impedimento del leggio, si aveva a scaramucciare col capo a
vedello.
E probabile che l'organo costruito nel 1453 da Matteo da Pra-
to per la Pieve di Arezzo fosse collocato sopra il coro, dato che la
sua realizzazione fu contestuale ai lavori di legname per fabbricare
il coro stesso.6" Di sicuro nell'ultimo decennio del Cinquecento
venne realizzata una nuova cantoria in pietra, murata nel 1592
nella navata sinistra all'altezza del transetto,62 sulla quale venne
posto un nuovo grande organo di 12' costruito - "cosl per utile
come per ornamento della chiesa", come recita il contratto - dal
cortonese Dionigi Romani nel 1597-98.63
Sulla scia dei lavori alla Pieve, anche al duomo il vescovo Mi-
nerbetti riuscl a realizzare il progetto vasariano, che una decina di
anni prima aveva trovato la ferma opposizione da parte degli Ope-
rai e dei canonici, per spostare il coro dalla navata in abside dietro
64
l'altare maggiore.
In
questo
caso il monumentale
organo, costrui-
to da Luca di Bernardino da Cortona nel 1534 e per il quale Vasa-
ri aveva fornito i disegni del complesso cassa-cantoria, rimase
al suo posto, a meta% del lato sinistro della navata, dove e tuttora
60
K. H. W. FREY, Die literarische Nachlass Giorgio Vasaris, Miinchen, 1930, p. 72.
61
La mia ipotesi si basa su nuovi documenti resi noti da M. MERCANTINI, La Pieve
di S. Maria ad Arezzo. Tumultuose vicende di un restauro ottocentesco, Citta di Castello,
1982, pp. 10-11, 14, 38.
62 Ibid., p. 40.
63
FRESCUCCI, op. cit. (vedi nota 56), pp. 179-183. Per i "disegni dell'organo della
Pieve" venne pagato Francesco Anghiarini; cfr. MERCANTINI, op. cit. (vedi nota 61), p. 40.
64
C. A. ISERMEYER, "II Vasari e il restauro delle chiese medievali", in Studi vasa-
riani. Atti del convegno internazionale per il IV centenario della prima edizione delle
"Vite" del Vasari (Firenze, 16-19 settembre 1950), Firenze, 1952, p. 232.
295
ARNALDO MORELLI
visibile e funzionante, grazie a una ricostruzione effettuata nel
1990.65
Quali ipotesi ci permettono di formulare questi dati? Occorre
qui ricordare che questo specifico problema della posizione degli
organi era gia stato affrontato, sia pure in modo assai sintetico, da
Oscar Mischiati; egli osservava infatti che "la necessita teologica e
pastorale ad un tempo, di incrementare il culto eucaristico [ ...] in-
duce le istituzioni ecclesiastiche a portare l'altare in faccia ai fede-
li disponendo il coro in posizione retrostante (cioe in abside che
da allora si chiamera coro) [...] Tale spostamento dell'altare e con-
comitante arretramento del coro comporta delle novita% nella prassi
musicale: innanzitutto l'organo viene trasferito in cantoria su una
parete laterale del presbiterio".66 Quanto emerge dalle mie indagi-
ni diverge sensibilmente dalle conclusioni cui arriva Mischiati. In-
nanzitutto - come dimostrano i piui recenti studi in campo storico-
architettonico - le riforme degli edifici sacri non sembrano deter-
minate direttamente dalle riforme e dai canoni tridentini, ne tan-
tomeno da cogenti necessita teologiche e pastorali; dai documenti
fiorentini emerge chiaramente che a volere questi lavori non furo-
no certo le istituzioni ecclesiastiche, quanto piuttosto lo stesso
granduca Cosimo I che, in qualche caso
- come a Santa Trinita67 -
impose d'autorita questi lavori di ammodernamento. Forse - come
sosteneva lo storico dell'architettura Isermeyer - queste risistema-
zioni architettoniche vanno lette piui nel contesto politico dell'af-
fermazione di un regime assolutistico, che in un contesto religioso.
Esse infatti comportarono la rimozione di molti altari e cappelle
dal centro della navata, provocando una perdita di prestigio da
parte delle famiglie che ne erano orgogliosamente titolari, oltre ad
essere legate
- in qualche caso - a memorie dell'epoca repubblica-
65
P. P. DONATI-R. GIORGETII, L'organo della cattedrale di Arezzo: Luca da Cortona
1534-36. Note e documenti di arte organaria rinascimentale toscana, Cortona, 1990.
66
0. MISCHmArI, "Profilo storico della cappella musicale in Italia nei secoli
XV-XVIII", in Musica sacra in Sicilia tra Rinascimento e Barocco. Atti del convegno di
Caltagirone (10-12 dicembre 1985), a cura di D. FICOLA, Palermo, 1988, pp. 33-35.
67
ASF, Corp. sopp. 89, 1, fol. 143: "Ricordo questo dl 16 d'aprile 1569
[...]
il sig.
Cosimo de' Medici duca di Firenze et di Siena fece intendere al r.do p.re d. Vincentio da
Stia, abbate di S. Trinita [...] che quanto prima facessi levare il choro del mezo di detta
chiesa [...] et lo dovessi mettere dietro all'altar maggiore [...]. II detto abate Vincentio
andO a trovarlo con dire che levando il choro si fara dispiacere a molti gentil'huomini, e
lui gli commesse di nuovo che in ogni modo lo dovessi levare [...]".
296
SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
na.68 A sostegno di questa ipotesi faccio poi notare che analoghe
trasformazioni erano gia state attuate, ad esempio, in San Giaco-
mo maggiore a Bologna: qui nel 1483 Giovanni Bentivoglio, si-
gnore de facto della citt"a e patrono della chiesa, osservato che "il
corridore che traversava la chiesa [I...] troppo sconciamente occu-
passe il detto Tempio il fece rimuovere";69 la chiesa infatti fu
"voltada de l'ano 1497 a '98 [ ...] ano meso l'ataro dinanzi dal
choro, desfeno el pulbicho che yera in mezo per fare loncho el
chorpo de la dita Chiesia".70 A Roma nel 1539 il cardinale Ridolfi
pensava di "levare el coro di mezzo la chiesa della Minerva [ ...] e
collocarlo drieto la cappella grande in la quale s'hanno a mettere le
sepolture [di Leone X e Clemente VII], di sorte che l'opera viene
ad essere piu evidente et apparira meglio assai che non harebbe
fatto non si mutando el coro detto".7' Piu tardi, nel 1599, Cesare
d'Este fece fare in San Pietro a Modena l'altare maggiore "alla ro-
mana, cioe dinanzi, voltando il coro al contrario di quello che
"'
e
non volle che i monaci benedettini, evidentemente poco propensi
a questa modifica, facessero la crociera "piiu alta della chiesa" e
che "mettessero balaustri per evitare gente".72
Non sorprende percio trovare fra i piiu accaniti avversatori del
trasferimento del coro dietro 1'altar maggiore un vescovo del cui
zelo controriformistico non possiamo certo dubitare: Federico
Borromeo, nipote e successore dello zio Carlo alla guida della dio-
cesi di Milano, nel XIII capitolo del De pictura sacra (1624), trat-
tando "de vetere forma sacrarum aedium", critica aspramente le
nuove sistemazioni architettoniche delle chiese, mosse, a suo avvi-
68
ISERMEYER, loc. cit. (vedi nota 64), p. 235.
69
GHIRARDACCI, Della historia di Bologna, citato da G. PICONI APRATO, "L'archi-
tettura della chiesa di S. Giacomo", in Il tempio di San Giacomo maggiore in Bologna,
Bologna, 1967, p. 39.
70
Ibid., p. 40, citato da G. NADI, Diario bolognese, a cura di C. RIcci-A. BACCI
DELLA LEGA, Bologna, 1886.
71
Cfr. G. PALMERIO-G. VILLETTI, Storia edilizia di S. Maria sopra Minerva in Roma,
1275-1870, Roma, 1989, pp. 121-122. Stando alla Cronica del Brandi (sec. XVIII) il co-
ro sarebbe stato trasferito in abside intorno al 1544, quando venne costituita la Compa-
gnia del Ss. Sacramento e il tabernacolo fu collocato sull'altar maggiore (ibid., p. 144).
72
Cronaca modenese di G. B. SPACCINI citata da 0. BARACCHI GIOVANARDI, "Re-
gesto delle fonti archivistiche e documentarie", in San Pietro a Modena: mille anni di sto-
ria e di arte, Modena, 1984, p. 176. Sulle vicende architettoniche del 1599-1600 di que-
sta chiesa benedettina modenese cfr. L. SERCHIA-V. VANDELLI, "L'architettura del mo-
nastero e la cultura umanistica modenese", in San Pietro a Modena, op. cit., p. 46.
297
20
ARNALDO MORELLI
so, piiu da esigenze estetiche e arbitri dei progettisti ("architecto-
rum licentia") che da ragioni pastorali.3 Proprio negli ambienti re-
ligiosi piiu conservatori si manifestarono, dunque, le maggiori resi-
stenze a queste radicali trasformazioni; basti l'esempio di Santa
Giustina a Padova, culla della riforma benedettina, dove il coro fu
voltato solo nel 1627, dopo un aspro dibattito interno partito dal-
l'ultimo decennio del Cinquecento.74 E in molti casi, specie nelle
chiese regolari, lo spostamento dei cori dietro l'altare avverra nel
corso del Seicento.
Mi sembrano dunque da condividere le conclusioni cui arriva
la storica dell'arte Marcia Hall nella sua monografia sopra citata:75
il concilio di Trento non impose alcuna particolare direttiva in ma-
teria architettonica ne suggeri il ricorso a particolari forme di ar-
chitettura sacra, ma si limito a scegliere fra quelle in alternativa
conflittuale; logico quindi che le autorita ecclesiastiche approvas-
sero una soluzione che poneva l'altare maggiore, con sopra il ta-
bernacolo, davanti al coro e quindi aperto alla vista dell'assemblea
dei laici. Infine, l'eliminazione di tramezzi e cori permetteva di
guadagnare uno spazio maggiore per l'assemblea dei laici in queste
chiese di antico impianto medioevale.
In definitiva, cio che intendo sostenere e che tali trasformazio-
ni architettoniche erano mosse sostanzialmente da esigenze di rin-
novamento estetico e miglioramento funzionale degli edifici sacri.
In questo contesto anche la posizione degli organi e delle relative
cantorie non sembra necessariamente dipendere dal problema di
mantenere un contatto con l'area occupata dal coro. Diversamente
da cio che osservava Mischiati, i grandi organi non sempre finisco-
no nell'area del presbiterio; proprio nelle chiese fiorentine e tosca-
ne notiamo invece una diversa soluzione del problema: gli organi
restano molto spesso nella navata laterale o nel transetto a notevo-
le distanza dal coro; anzi, nel duomo di Pistoia, gia nel 1585, ben-
che il capitolo fosse propenso a contribuire alla spesa del nuovo
organo alla condizione che si facesse "di contro al pulpito e non
73
C. A. ISERMEYER, "Le chiese di Palladio in rapporto al culto", Bollettino del
Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio, V, 1963, pp. 54-55, che cita
l'intero passo del trattato.
74
Ibid., pp. 53-54.
75
HALL,
op.
cit. (vedi nota 54), pp. 14-15.
298
SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
altrimenti", gli "ingegneri" consigliarono di "rifare l'organo sopra
la porta della chiesa dove si giudica che stara meglio et dar"a piiu
ornamento alla chiesa".76 E in effetti, nel 1589 il nuovo organo,
costruito dal cortonese Cesare Romani, venne collocato, per pure
ragioni estetiche, sopra la porta principale e quindi al capo oppo-
sto del coro, anticipando una tendenza che si affermera nei secoli
XVII e XVIII, per diventare regola nel XIX.
C'e da chiedersi, infine, se e quale relazione sia intercorsa fra
la posizione degli organi e la prassi musicale. Innanzitutto, il di-
stanziamento dell'organo grande dal coro sembra trovare corri-
spondenza, da meta Cinquecento in avanti, con il graduale passag-
gio delle cappelle musicali dall'area del coro ad una apposita can-
toria sopraelevata e visibile dall'assemblea.77 Sono frequenti, infat-
ti, i casi in cui venne costruita una seconda cantoria simmetrica a
quella dell'organo proprio per ospitare i cantori (ed eventualmente
gli strumentisti). II primo esempio del genere e documentabile a
Pisa, nella chiesa dei Cavalieri di Santo Stefano: qui, nel 1569 Va-
sari disegno "due poggioli di marmo" simmetrici ai lati dell'arco
del presbiterio, destinandone "uno per l'organo I...] l'altro per la
musica" (cioe per i cantori della polifonia), come testualmente
scriveva in una sua lettera.78 Al duomo di Siena nel 1570 sono do-
cumentati pagamenti al pittore Bartolomeo Neroni detto il Riccio
per lavori nel coro fra cui il "disegno dell'organo di contro alla
Madonna" e "due disegni per la cappella dei cantori incontro alla
sagrestia", cioe per la cantoria di fronte all'organo.79 Nella catte-
drale di Volterra i lavori di risistemazione dell'interno, progettati
da Francesco Capriani ed eseguiti a partire dal 1580 circa, com-
portarono, come in altri casi, l'eliminazione del coro "in medio ec-
clesiae" e il suo spostamento nel presbiterio dietro l'altar maggio-
76
BAGGIANI, op. cit. (vedi nota 11), pp. 24-25, 66-67.
77
Dalla meta del Cinquecento in avanti troviamo testimonianze della prassi dei
"concerti negli organi", dapprima esecuzioni di soli strumenti, e poi di voci e strumenti.
Nella seconda meta del XVI secolo l'espressione "negli organi" sembra denotare sempli-
cemente la posizione da cui si esibivano strumentisti e/o cantori; cfr. MORELLI, op. Cit.
(vedi nota 14); e M. Di PASQUALE, "Aspetti della pratica strumentale nelle chiese italia-
ne fra tardo medioevo e prima et"a moderna", Rivista internazionale di musica sacra, XVI,
1995, pp. 258-260.
78
J. VON HENNEBERG, "The Church of Santo Stefano dei Cavalieri in Pisa: New
Drawings", Antichita viva, XXX, 1991, pp. 31-32, 40.
79
MILANESI, op. cit. (vedi nota 36), p. 235.
299
ARNALDO MORELLI
re. In questo caso due nuove cantorie di pietra vennero poste sim-
metricamente in testa alle due navate laterali, ai lati dell'arco del
presbiterio.80 Mentre una dele due cantorie fu destinata all'orga-
no, costruito da Cesare Romani da Cortona nel 1602-03,81 l'altra
fu presumibilmente destinata alla cappella musicale. C'e infine il
caso di S. Maria della Scala a Siena, dove nel 1601 venne eretta
una "cappella dei musici", cioe una cantoria - tuttora esistente -
per la cappella musicale di fronte all'organo, all'imbocco dell'area
presbiteriale.82
Cantorie destinate ai cantori e poste di fronte a quella dell'or-
gano sono documentate anche fuori dalla Toscana. Ad esempio, a
Parma, nel 1590, il "fabro di legname" Francesco di Gianguidi
"tolse a fare il pozale de la cantoria nelo oratorio della Madonna
della Steccata" simile a quello dell'organo gi'a realizzato nel
1542.83 Al duomo di Padova, dove nel 1582 si era deciso di "di-
sfare el poggiolo che traversa la chiesa innanzi il detto coro", nel
1595, venne dibattuta la proposta di costruire due "pergami da
esser posti in luoco conveniente [...] l'uno per la musica, l'altro
per l'organo".84 Alla cattedrale di Ferrara, nel 1596, venne realiz-
zato un coro dei musici contro l'organo nell'ultimo intercolumnio
a destra della navata centrale.85 Ma la lista sarebbe ancora piu lun-
ga. In questi casi l'organo grande ha come scopo principale quello
di mantenere un rapporto di prossimita con la cappella dei cantori,
cui deve rispondere; entrambi pero debbono essere in posizione
80
L. MARCUCCI, "L'opera di Francesco Capriani nella cattedrale di Volterra e la
ristrutturazione di chiese in epoca post-tridentina", in Saggi in onore di Renato Bonelli, a
cura di C. BozzoNI-G. CARBONARA-G. VILLETTI, Roma, 1992, vol. II, pp. 589-608 (Qua-
derni dell'Istituto di Storia dell'architettura, n.s., n. 15-20, 1990-92). Questa disposizione
delle due cantorie ai lati dell'arco del presbiterio sara quella favorita nell'architettura ro-
mana del Seicento, come vediamo, ancor oggi, nelle chiese di S. Maria in Vallicella,
S. Maria in Traspontina, S. Maria del Popolo, S. Maria sopra Minerva e del Gesiu.
81
FRESCUCCI, op. cit. (vedi nota 56), pp. 187-191.
82
GALLAVOTTI CAVALLERO, op. cit. (vedi nota 37), pp. 299-301.
83
M. DELL'AcQUA, "Documentazione", in Santa Maria della Steccata a Parma, a
cura di B. ADORNI, Parma, 1982, p. 267.
84
C. BELLINATI et al.,
Il
duomo di Padova e il suo battistero, Sarmenta, 1977, p. 40,
e R. CASIMIRI, "Musica e musicisti nella cattedrale di Padova nei sec. XIV, XV, XVI.
Contributo per una storia", Note d'archivio per la storia musicale, XIX, 1942, p. 84.
85
GIGLIOLI, loc. cit. (vedi nota 8), p. 222; CAVICCHI, Ioc. cit. (vedi nota 8), p. 112,
e E. PEVERADA, " 'De organis et cantibus'. Normativa e prassi musicale nella chiesa fer-
rarese del Seicento", Analecta pomposiana, XVII-XVIII, 1992-93, pp. 110-111.
300
SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
tale da essere ben percepiti, non solo uditivamente ma anche visi-
vamente, dall'assemblea.86 Non a caso i resoconti di solenni ceri-
monie religiose, riferendo degli aspetti musicali, mentre in passa-
to parlavano perlopiiu in termini di sensazioni uditive, dal tardo
Cinquecento si soffermano anche sulla percezione visiva di can-
tanti e strumentisti distribuiti in gruppi su cantorie e paichi so-
praelevati.87
La distanza fra coro e organo lascia pensare che la funzione di
quest'ultimo, in assenza di una cappella musicale, fosse non tanto
quella di rispondere al canto gregoriano, quanto piuttosto di sono-
rizzare da una migliore posizione l'intero volume dell'edificio, di
accompagnare le processioni di ingresso e di uscita dei celebranti,
riempire momenti liturgici dove era previsto un lungo cerimoniale,
come ad esempio all'offertorio,88 durante l'esibizione delle reli-
quie,89 o mentre un vescovo celebrante si veste in coro;90 solenniz-
zare l'ingresso in chiesa di cardinali, vescovi, principi o altri titola-
ti, come raccomandano pure alcuni cerimoniali: secondo il De cae-
remoniis cardinalium et episcoporum (1564) di Paride Grassi "in
86
Su questo problema della posizione rilevata cfr. anche Di PASQUALE, Ioc. Cit. (ve-
di nota 77), p. 259.
87
Si confrontino, per esempio, le descrizioni di due solennissime cerimonie in
S. Maria del Fiore a distanza di un secolo e mezzo. Giannozzo Manetti, nel suo celebre
resoconto della cerimonia per l'inaugurazione della cupola, parla di "tantis tamque variis
canoris vocibus quandoque concinebatur, tantis etiam symphoniis ad celum usque elatis
interdum cantabatur. [...] tantis armoniarum symphoniis, tantis insuper diversorum in-
strumentorum consonationibus omnia basilice loca resonabant"; cfr. HABERL, Ioc. Cit.
(vedi nota 15), p. 34. Nel 1589, il diarista Agostino Lapini, descrivendo una solenne li-
turgia in S. Maria del Fiore riferisce di "canti e suoni de' quali erano pieni e' pergami et
organi, uscendo della piramide, che era sopra il crocifisso di coro una nugola dove erano
sette
cantori,
che tutti insieme cantorno e sonorno, cosl quelli delli organi come quelli
delli pergami facendo un soavissimo concerto; cfr. A. LAPINI, Diario fiorentino ... dal 252
al 1596, a cura di G. O. CORAZZINI, Firenze, 1900, p. 286.
88
Ad esempio, la relazione di una messa solenne celebrata a Trento nel 1514 alla
presenza dell'imperatore riporta che "mentre con le consuete azioni si incensavano gl'al-
tari, allettava il popolo la melodia che usciva dalle ineguali ma consonanti canne dell'or-
gano"; cfr. R. LUNELLI, Ioc. cit. (vedi nota 17), p. 46.
89
Come prescritto al duomo di Foligno da una bolla papale nel 1481; cfr. M. FA-
LOCI PULIGNANI, I priori della cattedrale di Foligno, Perugia, 1914, p. 167, e P. G. ARCAN-
GELI-F. RAMBOTTI, "Un solo movimento in tempo 'Lento assai': musica e musicisti a Fo-
ligno nei secoli XV e XVI", Esercizi Musica e Spettacolo, n.s., III, 1993, p. 13.
90
Caeremoniale ambrosianum (1619) citato da P. FABBRI, "La normativa istituzio-
nale", in La cappella musicale nell'eta della Controriforma. Atti del convegno di studi,
Cento (13-15 ottobre 1989) a cura di O. MISCHIATI-P. Russo, Firenze, 1993, p. 31.
301
ARNALDO MORELLI
diebus festivis semper cardinali advenienti [...] cum sonitu organo-
rum festiviter et modulanter [...] applaudat",9' e, analogamente,
secondo il Caeremoniale ambrosianum (1619), "pulsant organistae
non solum in divinis officiis sed [...] praecipue in adventu alicuius
cardinalis seu alterius principis".92
Mentre i grandi organi restano distanti dal coro e, al piu", in
contatto visivo con 1'altar maggiore dove si celebrano i riti dei
giorni di festa, nelle chiese piiu importanti
-
cattedrali, conventua-
1i o collegiate - per sopperire alle esigenze di dare l'intonazione e
rispondere al coro, esiste un secondo strumento, detto "organet-
to". Nel 1498 al duomo di Arezzo questo piccolo strumento, fis-
sato alla colonna in cornu epistolae, viene appunto chiamato "orga-
netto di coro".93 Analogamente, al duomo di Orvieto, gli "organa
minora" del 1400 erano posti "iuxta columnam maiestatis Annun-
tiatae super corum ipsius ecclesiae".94 Molto probabilmente questo
organetto era usato negli uffici delle feste minori, quando non vi
era grande affluenza di pubblico. Cosi avveniva nel 1467 al duo-
mo di Milano, dove l'organista era tenuto a suonare l'organo gran-
de solo "nelle feste e solennit"a principali", mentre suonava 1' "or-
ganetto [...] nelle vigilie e nelle feste di san Gio. Battista e degli
apostoli Pietro e Paolo", e in queste occasioni era autorizzato an-
che a mandare un sostituto.95 Si potrebbe percio cautamente avan-
zare l'ipotesi di una differente funzione tra organo grande e orga-
netto, come suggerisce la loro diversa posizione rispetto all'area
del coro. Purtroppo non vi sono per ora documenti italiani che
possano sostenere questa mia ipotesi. Nondimeno, vale la pena di
ricordare che una cronaca francese, nel descrivere una cerimonia
nella cattedrale di Metz nel 1515, mette in chiara evidenza i diffe-
renti ruoli dell'organo grande e di quello piccolo.96
91
Citato da G. STEFANI, Musica barocca 2. Angeli e sirene, Milano, 1987, p. 116.
92
Ibid., p. 116.
93
F. CORADINI, "La cappella musicale del duomo di Arezzo dal sec. XV a tutto il
sec. XIX", Note d'archivio per la storia musicale, XIV, 1937, p. 55.
94
FuMi, op. cit. (vedi nota 24), p. 293.
95
Annali della Reverenda fabbnica del duomo di Milano, op. cit. (vedi nota 10), vol.
II, p. 260. E interessante notare che anche nella chiesa di S. Giorgio ad Haguenau nel
1511 l'organista doveva suonare l'organo grande solo neile feste maggiori; cfr. ROKSETH,
op. cit. (vedi nota 21), p. 161.
96
Ibid., p. 159: "Les chantres de l'esglise sur les petites orgues commencerent a
302
SISTEMAZIONI ARCHITETTONICHE NELLE CHIESE TOSCANE
In conclusione, a partire almeno dalla met'a del XVI secolo, il
problema del contatto tra organo grande e coro non sembra esser
piiu un fattore determinante nella disposizione degli organi all'in-
terno dell'edificio sacro. I documenti ci mostrano che a determi-
nare la posizione di cantorie e organi concorrono soprattutto fat-
tori estetici legati all'architettura e fattori acustici. A questo fa ri-
scontro sul piano musicale, oltre al crescente impiego della polifo-
nia sacra, la diffusione della nuova prassi dei 'concerti', sviluppa-
tasi - come si e detto - dalla meta del XVI secolo: dapprima sotto
forma di esecuzioni strumentali, poi vocali e strumentali, e, infine,
dallo scorcio di quel secolo, con l'accompagnamento dell'organo.97
L'organo come strumento solista, invece, sembra andare oltre la
semplice prassi del rispondere al gregoriano, e guadagnare spazi
maggiori per i suoi interventi. Nella messa, i versetti di risposta
alle parti dell'ordinario lasciano maggiore spazio a interventi piiu
ampi nei momenti del proprium (toccata all'introito, canzona al
graduale, ricercare all'offertorio, toccata per l'elevazione, canzone
dopo il postcommunio), come provano, ad esempio, i Fiori musica-
1i (1635) di Frescobaldi o il Caeremoniale ambrosianum (1619),98 a
tal punto che all'inizio del Seicento il teologo gesuita Francisco
Suarez, nel suo trattato De oratione, devotione et horis canonicis
dovr"a riconoscere che "non esse per se damnabilem usum intermi-
scendi in divinis officiis sonum organorum sine ullo cantu", giusti-
ficandolo col fatto che "tunc ille sonus non est pars officii et fit
ad solemnitatem et reverentiam ipsius officii".99
chanter moult melodieusement Regina; et a la fin du sermon les grosses orgues commen-
cerent Na jouer bien longuement, tant que les gens furent hors".
97 Cfr. MORELLI, loc. cit. (vedi nota 14); e Di PASQUALE, Ioc. cit. (vedi nota 77),
pp. 258-260.
98
Esso prescrive che l'organista debba suonare "ad missam post cantatum ingres-
sum dum incensatur altare [...], post Epistolam [...], post cantatum offertorium [...], po-
st Sanctus dum elevatur sanctissimum sacramentum [...], deinde postquam cantores per-
fecerint canticum Sanctus iterum [...] post 'Offerte vobis pacem' usque ad communio-
nem sacerdotis, tum finita missa ad hymnum sextae et nonae"; citato da FABBRI, loc. cit.
(vedi nota 90), p. 30.
99
Citato da STEFANI, op. cit. (vedi nota 91), p. 124.
303

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