E tanto meno i medici a neppure 8 anni dallapprovazione del precedente. Eppure lOrdine nazionale ha imposto il nuovo codice deontologico creando nella base una vera e propria sollevazione guidata dagli ordini di Milano e Bologna che ora minacciano carte bollate e disobbedienza verso il Fnomceo. Il testo entrato in vigore nelle scorse settimane non nasconte il tentativo di venire a patti con la coscienza specie sui temi eticamente sensibili Un codice dal parto distocico I l 18 maggio scorso la Federa- zione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) ha ap- provato infine il nuovo Codice di deontologia medica (CDM). La pubblicazione del nuovo CDM avviene a soli 8 anni da quello precedentemente in vi- gore ed frutto di uniniziativa della Presidenza e delle sue Com- missioni, della quale pochi avver- tivano il bisogno, a cos breve distanza di tempo e senza che gli orizzonti della professione fos- sero sensibilmente mutati nel frattempo. Il parto del docu- mento stato distocico cio non naturale, se si considera che per la prima volta il CDM non stato adottato da alcuni ordini provin- ciali (tra cui quelli particolar- mente importanti di Milano e Bologna), che per contestare le scelte si sono avvalsi dellautono- mia che loro compete per legge e che hanno anche minacciato azioni in sede giudiziaria. In questione stato chiamato soprattutto limpianto generale del documento ritenuto ideolo- gico, peraltro prevedibilmente se si considera che la presidenza della FNOMCeO al momento inopportunamente politicizzata, mentre molto orientato ideologi- camente appare anche lapporto della segreteria in carica. La contestazione serrata ha 22 giugno 2014 tuttavia consentito alcuni miglio- ramenti significativi nel corso del dibattito che ha portato allappro- vazione e il testo finale risulta in- dubbiamente ridimensionato nella sua portata ideologica. Malgrado ci, nel tentativo di essere allavanguardia, il nuovo CDM porta tuttavia un colpo de- cisivo alla deontologia professio- nale del medico e al rapporto di alleanza terapeutica tra medico paziente. Larticolo 4, Libert e indipen- denza della professione. Autono- mia e responsabilit del medico, rischia di mutare le fondamenta della professione medica. Leserci- zio della professione medica, in- fatti, non pu essere fondato solo su principi di libert, indipen- denza, autonomia e responsabi- lit individuale, ma deve rimanere primariamente ispirato ai princpi del rispetto della vita e della sa- lute fisica e psichica, senza i quali non possibile affermare e i prin- cipi di libert e autonomia del me- dico. Inoltre, malgrado allinterno dellarticolo 13 si affermi sbrigati- vamente che Il medico non ac- consente alla richiesta di una prescrizione da parte dellassistito al solo scopo di compiacerlo, e che larticolo 20 suggerisca che nella relazione di cura sia perse- guita lalleanza terapeutica fon- data sulla reciproca fiducia, lorientamento generale del CDM decisamente sbilanciato in senso contrattualistico. Il rapporto medico paziente non pu tuttavia essere ridotto a una relazione contrattuale capace di obbligare la condotta del me- dico anche contro i suoi convinci- menti professionali (art. 13 CDM). Il CDMribadisce, anzi, il diritto del medico di rifiutarsi nel caso in cui le richieste del paziente contra- stino con la sua coscienza profes- sionale (art. 22). Per quanto riguarda lobie- zione di coscienza, per, non tutto resta immodificato, come superficialmente apparirebbe. A ben guardare, infatti, gi il ti- tolo indica un mutamento di prospettiva. Si passa infatti da Autonomia e responsabili- t diagnostico-terapeutica a Rifiuto di prestazione professio- nale. Si passa cio dallimpe- gnativa etica della responsabilit alla molto pi riduttiva tutela dei diritti di medico e paziente, con il medico ridotto a prestatore dopera. Inoltre, lobiezione di co- scienza, come espressione nobile, chiara e forte, scompare, mentre, pur rimanendo il diritto al rifiuto, sembra delinearsi a carico del me- dico un obbligo ad indirizzare il paziente per permettergli di poter in ogni caso fruire della presta- zione che contrasta con la sua co- scienza. Pi in dettaglio, alcuni dei temi affrontati dal CDM interpellano direttamente il Movimento per la vita e meritano da parte nostra una riflessione. Una specifica sezione del Co- dice (Titolo VI, articoli 42-46) de- dicata ai temi di inizio vita, sotto il titolo di Sessualit, riproduzione e genetica. Allarticolo 42, riguardante la 23 giugno 2014 IPPPOCRATE ADDIO Informazione in materia di ses- sualit, riproduzione e contracce- zione, sparisce lultimo periodo della versione 2006, quello che af- fermava che Ogni atto medico in materia di sessualit e riprodu- zione consentito unicamente al fine di tutela della salute. Senza che nulla sia esplicitamente di- chiarato in tal senso, la correzione potrebbe avere a che fare con la liceit di interventi di mutamento del sesso o con la ricerca di pro- creazione da parte di coppie omosessuali, mentre rafforza cer- tamente lapproccio ludico alla contraccezione. Larticolo 43, riguardante lin- terruzione volontaria di gravi- danza, resta sostanzialmente immodificato nella nuova ver- sione del Codice. Ampie modificazioni subisce invece il successivo articolo 44, riguardante la procreazione medicalmente assistita (PMA). Spariscono, infatti, gli espliciti di- vieti del CDM del 2006 ad attuare forme di maternit surrogata e forme di fecondazione assistita al di fuori di coppie eterosessuali stabili. Si apre in tal modo al porta allutero in affitto (anche in versione neocoloniale) e alla pos- sibilit di fecondazione a vantag- gio di coppie omosessuali. Cade anche il divieto ad attuare prati- che di fecondazione assistita in donne in menopausa non pre- coce (la mamma-nonna) e forme di fecondazione assistita dopo la morte del partner. Pur essendo previsto che la PMA debba avvenire nel rispetto del- lordinamento, cade ogni prece- dente riferimento al divieto di praticare la PMA in centri non au- torizzati o privi di idonei requisiti. Allarticolo 45, riguardante gli Interventi sul genoma umano, la precedente limitazione ai soli interventi di prevenzione e corre- zione di condizioni patologiche viene estesa anche alle procedure a fini diagnostici. Nellarticolo 46, infine, riguar- dante le Indagini predittive, il precedente dovere di eseguire i test solo su richiesta delle ge- stante o della persona interessata trasformato in un obbligo di consenso per le indagini che il me- dico intende prescrivere. facile prevedere che il terrorismo psico- logico sulle gestanti avr ulteriori occasioni per esercitarsi e che sar presto raggiunto lobiettivo di eli- minare tutti i bambini Down dalla faccia della terra. Allaltro estremo della vita, oc- corre segnalare che nellart. 17 la parola eutanasia sostituita con atti finalizzati a provocare la morte. Si tratta di una modifica- zione della terminologia che ri- schia di addolcire la gravit deontologica di una simile con- dotta: lagire del medico per la ricerca di un valido trattamento (to cure), se possibile, e, in ogni caso, per il sollievo e laccompa- gnamento del paziente (to care), non gi per procurare la morte. Inoltre il riferimento solo agli atti finalizzati a provocare la morte rischia di contrabbandare come lecita leutanasia omissiva. Una tale interpretazione potrebbe es- sere favorita anche dallarticolo precedente, riguardante le Pro- cedure diagnostiche e interventi terapeutici non proporzionati. Allultimo periodo dellart. 16 si afferma infatti che Il medico che si astiene da trattamenti non pro- porzionati non pone in essere in alcun caso un comportamento fi- nalizzato a provocare la morte. In mancanza di una definizione accettabile di trattamento pro- porzionato evidente che la pro- porzione potr essere misurata anche sulla base di una presunta mancanza di dignit attribuita dallesterno ad alcune condizioni cliniche caratterizzate da grave di- 24 giugno 2014 A llinterno del complesso sisteme degli ordini dei medici c aria di fronda sul nuovo Codice. E la fronda parte da Milano. "Siamo contrari a que- sto documento e sto pen- sando di fare un ricorso per bloccarlo. Comunque da noi potremmo non applicarlo". Aparlare Roberto Ros- si (foto sinistra), il presiden- te dell'Ordine milanese, il secondo pi grande d'Italia con i suoi 26mila iscritti. Nei giorni della discussione dei nuovi articoli, ha conte- stato l'impostazione del lavoro e adesso si dice pron- to a utilizzare il vecchio testo del 2006 nella sua pro- vincia. Pi o meno la stessa cosa che pensa il presiden- te di un altro grande ordine italiano, quello di Bo- logna. "Ci sono tanti punti che non mi piacciono" spie- ga Rossi. Intanto si cambiano praticamente tutti gli articoli del vecchio codice, che era ottimo. Ci sareb- be stato solo bisogno di alcuni ritocchi". I prossimi passi dell'Ordine di Milano non sono de- cisi, ma la strada comunque segnata. "Ho gi par- lato con gli avvocati di un eventuale ricorso contro il testo approvato alla fine della scorsa settimana - spiega Rossi - . Devo sentire il nostro consiglio in pro- posito. C' anche l'idea di non applicare il nuovo co- dice deontologico ma restare con quello del 2006, o di emendarlo senza conside- rare gli articoli che ci convin- cono di meno. La legge ci permette di farloed la stes- sa idea che hanno i colleghi di Bologna". E Giancarlo Pizza (foto a destra), presidente dell'Ordi- ne di Bologna, conferma: "Visto che non esiste l'obbli- go di acquisire il nuovo codi- ce decisodal consiglionazionale, impugneremola de- libera nazionale e faremo ricorso al Tar del Lazio". Con Bologna, spiega Pizza, ci sono anche gli ordini di Lucca e Massa Carrara. "Non era mai accaduto che un nuovo codice de- ontologico non venisse votato all'unanimit", dice Pizza, ricordando che sul voto c'erano stati 10 con- trari e 2 astenuti. Ma non piace, aggiunge Pizza, la "scomparsa della parola eutanasia, sostituita con'pra- tiche per la buona morte'". Per Pizza il rischio una assimilazione alle cure palliative, "mentre deve es- sere ben chiaro che l'eutanasia una altra cosa". "Fino alla decisione del Tar - conclude Pizza - noi ap- plicheremo il vecchio nostro testo del 2006". sabilit o da totale dipen- denza. Nellart. 38 viene intro- dotta la nuova fattispecie delle Dichiarazioni Antici- pate di Trattamento (DAT), dando forza e legittimit a qualcosa che ancora non normato e non conside- rando che, nel momento in cui ci fosse una legge del Parlamento, sarebbe la stessa norma di legge a precisare le caratteristiche delle DAT. Sembra quindi trat- tarsi di unindebita pressione sul Parlamento, piuttosto che di un genuino tentativo di regolamen- tazione. Le DAT potrebbero essere un utile strumento di dialogo tra me- dico paziente, per una solida alleanza terapeutica e per un con- senso realmente informato e sem- pre attualizzato. Ma il rischio in cui sincorre che queste, allinterno della concezione con- trattualistica del rapporto me- dico-paziente che malgrado tutto cerca di permeare il nuovo CDM, possano essere utilizzate come lo strumento burocratico per trasfor- mare il professionista della medi- cina in un tecnico, pronto ad assecondare tutte le scelte del paziente, incluse quelle che maggiormente contra- stano con la tradizione ip- pocratica. A fare le spese di unautodeterminazione as- solutizzata sarebbero i sog- getti mentalmente incapaci, che verrebbero privati della possibilit, anche solo ipote- tica, di mutare liberamente la propria scelta, espressa quando non erano in grado di rendersi conto fino in fondo delle scelte riguar- danti la loro futura condizione. Peggio ancora, la scelta potrebbe essere operata, al posto del pa- ziente, dal suo legale rappresen- tante, come peraltro gi previsto dal CDM a proposito di tratta- menti non proporzionati (art. 16). Oppure, come recita lultimo pe- riodo dellarticolo 39, potrebbe essere il medico stesso a sentirsi le- 25 giugno 2014 Ordini provinciali in rivolta gittimato a sospendere i tratta- menti di sostegno delle funzioni vitali, ritenendoli non pi propor- zionati, tenendo conto delle DAT. Inopportuno anche laver asso- ciato nel titolo dellarticolo 39 (Assistenza al paziente con pro- gnosi infausta o con definitiva compromissione dello stato di co- scienza) la condizione del malato terminale a quella dei disturbi prolungati di coscienza (stato ve- getativo, stato di minima co- scienza). Questultimi andrebbero piuttosto assimilati a una condi- zione di disabilit gravissima, ma stabilizzata, meritevole solo di as- sistenza per la sua fragilit, ma non certo di decisioni sulla dignit del vivere (specie se effettuate da terzi). Un problema questo che si pone anche per le condizioni di demenza avanzata, in cui pari- menti il paziente non in grado di esprimere le sue decisioni. Non servono le DAT per inter- rompere i trattamenti cui sotto- posto il paziente qualora si configuri laccanimento terapeu- tico. Il percorso della scelta se cu- rare, continuare a curare, limitare le cure o non curare di fronte a si- tuazioni estreme di malattia si snoda sulla sottile linea di confine tra dovere terapeutico, obbligo etico di intervenire ai fini curativi ed accanimento terapeutico quale tentativo di prolungamento tec- nologico del vivere e posticipa- zione ostinata della morte ormai imminente. Nellambito della pro- spettiva che difende la dignit in- trinseca della vita dellessere umano, la definizione di accani- mento terapeutico impone una complessa articolazione: non si tratta solo della volont del me- dico di curare contro la scelta del paziente, ma richiede una valuta- zione rispettosa della dignit della persona umana, nellambito di un equilibrato rapporto me- dico-paziente non riducibile ad un contratto, ma ad unalleanza tera- peutica. In questo contesto vanno collocati il delicato equilibrio tra smettere di curare ed accani- mento terapeutico e la valuta- zione della straordinariet dei mezzi terapeutici in rapporto al- lobiettivo ed anche alla perce- zione soggettiva del malato. Infatti, mentre la categoria della proporzionalit/sproporzionalit va riferita a criteri di efficacia del trattamento, la categoria della or- dinariet/straordinariet deve es- sere valutata avendo come prioritario riferimento la condi- zione specifica e soggettiva del paziente. Paradossalmente, un in- tervento potrebbe perci risultare proporzionato dal punto di vista della sua efficacia, ma allo stesso tempo essere straordinario ri- spetto alle condizioni di salute, alla disponibilit economica, alla situazione familiare, alla tollerabi- lit stessa dellintervento da parte del paziente. compito del medico deter- minare quando un intervento sanitario sia da considerarsi stra- ordinario, valutando le caratteri- stiche della malattia, le previsioni di evoluzione, gli strumenti e le te- rapie a disposizione, il beneficio atteso e le possibili reazioni del paziente. Per quanto questo con- cetto sia in qualche modo sotteso alla formulazione dellart. 16 del nuovo CDM, tuttavia questultimo fa riferimento esclusivamente alla non proporzionalit dellinter- vento, lasciando che possa essere decisa una desistenza terapeutica fondata solo su un giudizio di effi- cacia. Quando si ormai in una fase avanzata di malattia e la prognosi sicuramente infausta latteggia- mento corretto del medico non n quello dellaccanimento tera- peutico n quello dellabbandono terapeutico bens quello dellac- compagnamento, supportando il paziente in prossimit della morte con cure palliative e terapie di so- stegno vitale (To cure, if possible. To care, always: curare se possi- bile, prendersi cura sempre). GIAN LUIGI GIGLI IPPPOCRATE ADDIO 26 giugno 2014 Troppe lacune e contraddizioni figlie della spasmodica ricerca del compromesso D opo di versi mesi di stu- di o, appro- f ondi me nt o e d ampio dibattito, fi- nalmente lo scorso 23 maggio stato ufficialmente pre- sentato il nuovo Codice di deontolo- gia medica. Nei 79 articoli del Codice sono definite le competenze e indi- cate le corrette mo- dalit di relazione tra il professionista medico e i pazienti. In concreto, dopo le grandi po- lemiche della vigilia, lultima versione del Codice ap- provata sufficientemente dettagliata ed equilibrata, cercando di salvaguardare la libert del sanitario e quella del malato, il diritto di scelta e il dovere di salvare la vita, luniversalit della profes- sione medica e la contemporanea necessit della sua specializzazione. Il nuovo Codice contribuisce cos a definire il pro- filo di un medico competente e aggiornato, ma anche e soprattutto attento a seguire le indicazioni presenti e/o passate (vedi le Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, ex art. 36) dei suoi pazienti, circa gli interventi clinici, da praticare in concreto. Tutto ci pare essere molto democratico e moderno, ma rischia di costruire i preupposti di conflitti tra compe- tenze e convinzioni personali / religiose / ideologiche. Che ne della scienza e coscienza del medico, che dovrebbe, sola, indicare al sanitario quali interventi agire? Sembra quasi che egli debba ritagliarsi lo spazio del suo giudizio, allinterno dei giudizi e pre- giudizi della societ in cui opera. Ecco che, pur se: Il medico, anche su richiesta del paziente, non deve effettuare n favorire atti fina- lizzati a provocarne la morte. (art. 17) e: Il medico non abbandona il paziente con prognosi infausta o con definitiva compromissione dello stato di co- scienza, ma continua ad assi sterl o a t t u a n d o trattamenti di s o s t e g n o delle funzioni vitali finch ri- tenuti pro- porzionati (art. 39), egli d o v r e b b e s empr e t e- nere conto delle Dichia- razioni Anti- cipate di Trat- tamento (peraltro ad oggi non esistenti) e/o addi- rittura della volont, dignit e qualit della vita del suo paziente. Peraltro, solo il controllo efficace del dolore stato definito come trattamento appro- priato e proporzionato, in ogni condizione clinica e non per esempio anche la ventilazione mecca- nica o lalimentazione artificiale. In tutti gli altri casi quindi, il medico dovrebbe decidere, di volta in volta e non soltanto secondo la reale efficacia, ap- propriatezza ed eticit delle cure prestate (art. 16), ma sempre anche: tenendo conto delle volont espresse dal paziente o dal suo rappresentante le- gale. (Sic!) Probabilmente, queste non sono lacune e con- traddizioni casuali, ma bens naturale frutto del com- promesso (non sempre ben riuscito), tra interessi e visioni della vita diversi e spesso diametralmente con- trapposti. Appare tuttavia chiaro, in generale, come risulti ancora difficile far passare il messaggio che curare un paziente non necessariamente coincide sempre con il guarirlo, ma che assistere al massimo delle proprie competenze medico-scientifiche un pa- ziente, pur se in stadio terminale o in coma, non do- vrebbe valere di meno, ma di pi ancora, che assisterne uno che certamente uscir con le proprie gambe dallospedale. MARIA CRISTINA MORGANTI 27 giugno 2014