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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE ED AZIENDALI


M.FANNO



CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN
ECONOMIA E DIREZIONE AZIENDALE



TESI DI LAUREA

DIFFUSIONE E METODI DI IMPLEMENTAZIONE DELLA
BALANCED SCORECARD NELLE IMPRESE ITALIANE DI MEDIE E
GRANDI DIMENSIONI: UNANALISI EMPIRICA


RELATORE:
CH.MA PROF.SSA ANTONELLA CUGINI


LAUREANDO: IGOR PLAMADEALA
MATRICOLA N. 1013215


ANNO ACCADEMICO 2012 2013
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Indice

Introduzione .......................................................................................................................................... 3
1. Balanced Scorecard .......................................................................................................................... 7
1.1 Evoluzione della BSC ................................................................................................................... 9
1.2 BSC come sistema di management strategico............................................................................. 11
1.3 Le nuove frontiere della BSC Sviluppi recenti ......................................................................... 21
2. Ricerche sulla BSC nel mondo ....................................................................................................... 25
2.1 Indagini sulla diffusione della BSC nelle aziende a livello nazionale ......................................... 25
2.2 Studi empirici sulle modalit e le motivazioni per lutilizzo della BSC ...................................... 33
2.3 Ricerche sulle differenze di utilizzo in base alle dimensioni delle aziende ................................. 43
3. Analisi del Questionario di Ricerca ................................................................................................ 49
3.2 Sezione B: Caratteristiche del Contesto Competitivo ................................................................. 51
3.3 Sezione C: La Strategia .............................................................................................................. 52
3.4 Sezione D: Il Sistema di Misurazione delle Performance ........................................................... 55
3.5 Sezione E: Il Sistema di Incentivazione .................................................................................... 60+
3.6 Sezione F: Il Ruolo del Controller.............................................................................................. 65
3.7 Conclusioni ................................................................................................................................ 65
4. I risultati della ricerca ..................................................................................................................... 69
4.1 Diffusione della BSC in Italia ..................................................................................................... 70
4.2 Le componenti della BSC ........................................................................................................... 73
4.3 BSC come Sistema di Misurazione della Performance ............................................................... 77
4.4 La strategia e il sistema di incentivazione .................................................................................. 83
5. Confronto dei dati tra Medie e Grandi imprese .............................................................................. 89
5.1 Differenze nella struttura della BSC ........................................................................................... 91
5.2 Differenze nel sistema di misurazione della performance .......................................................... 97
5.3 Differenze nella strategia e nel sistema di incentivazione ........................................................ 102
Conclusioni........................................................................................................................................ 109
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................... 115
Appendice .......................................................................................................................................... 122



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Indice delle Figure

Figura 1: La Mappa Strategica ................................................................................................. 13
Figura 2: I 10 strumenti di management pi utilizzati.............................................................. 26
Figura 3: Classificazione BSC Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) .................................. 28
Figura 4: Modalit di utilizzo della BSC (sondaggio 2GC) ..................................................... 53
Figura 5: Nr. medio KPI utilizzati nelle imprese italiane ......................................................... 76
Figura 6: Periodo introduzione del SMP nelle imprese ............................................................ 80
Figura 7:: Divisione del campione tra medie e grandi imprese ................................................ 91
Figura 8: BSC nelle medie e grandi imprese ............................................................................ 92
Figura 9: Media Kpi utilizzati nelle medie e grandi imprese ................................................... 95
Figura 10: Periodo introduzione del SMP nelle GI .................................................................. 98
Figura 11:: Periodo introduzione del SMP nelle MI ................................................................ 99
Figura 12: La definizione dei target nell MI e GI ................................................................... 101
Figura 13: Analisi per la definizione della strategia ............................................................... 102
Figura 14: Collegamento tra sistema di incentivazione e Budget/Reporting ......................... 104
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Introduzione

Lambiente in cui operano le imprese in continua evoluzione ed caratterizzato da forti
turbolenze. Sopravvivere e affermarsi in queste condizioni diventa un compito sempre pi
arduo considerando anche gli effetti della crisi economica e della forte competizione a livello
globale. I manager necessitano di strumenti in grado di assisterli nella formulazione e
attuazione delle strategie pi adatte per rispondere in modo veloce e creativo ai cambiamenti
dellambiente. Le imprese devono aumentare la propria competitivit attraverso la creazione
di un vantaggio competitivo duraturo (Shah 2000). Un sistema di misurazione della
performance e di management strategico come la Balanced Scorecard (BSC), in grado di
aumentare in modo consistente le probabilit di successo della strategia, rappresenta di per s
unimportante fonte di vantaggio competitivo.
Il presente lavoro si propone di studiare la diffusione e le modalit di utilizzo della Balanced
Scorecard nelle imprese italiane di medie e grandi dimensioni. La necessit di tale ricerca
deriva da una sostanziale assenza di letteratura su questo argomento nel panorama italiano
degli ultimi dieci anni. A questo scopo si presentano i risultati dellanalisi empirica condotta
su un campione di imprese operanti in Italia, comprese le multinanzionali italiane e le
consociate italiane di multinazionali estere.
Lindagine stata svolta tramite la somministrazione di un questionario con domande a
risposta chiusa che permette di individuare il grado di diffusione della BSC ma consente
anche di valutare le particolari modalit di implementazione del modello e dei sistemi di
misuarzione della performance pi in generale. Per la selezione delle imprese sono stati scelti
due parametri dimensionali stabiliti nella raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003
della Commissione Europea che nel definire le medie e grandi imprese specificano come
limite inferiore il numero di 49 dipendenti e un fatturato di 10 milioni di euro.
La tesi si compone di due parti: la prima di tipo teorico, introduce i concetti principali
collegati alle caratteristiche e alle modalit di utilizzo della BSC, analizza la letteratura
presente a livello mondiale e confronta il questionario somministrato alle imprese italiane con
quelli sviluppati allestero mentre, la seconda, interamente dedicata allanalisi e
allinterpretazione dei dati raccolti.

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Nel dettaglio, il primo capitolo strutturato in modo da presentare la BSC descrivendo i suoi
vari passaggi evolutivi dal 1992 ai giorni nostri. Come punto di partenza c una breve
descrizione dellambiente che ha favorito la diffusione dei modelli multidimensionali e in
particolare della BSC. Successivamente vengono illustrate le origini del modello e le sue
caratteristiche principali come strumento per la misurazione della performance. Si prosegue
spiegando i motivi per cui in poco tempo diventato uno dei sistemi di management
strategico pi diffusi e le caratteristiche che gli permettono di superare le tradizionali barriere
allimplementazione della strategia. Lintroduzione di concetti come la Mappa Strategica
(Kaplan e Norton 2004), lufficio per la gestione strategica (OSM) (Kaplan e Norton 2005) e
la formulazione del sistema di management a ciclo chiuso (Kaplan e Norton 2008) ha reso la
BSC un modello completo. Questultimo rappresenta un sistema che permette alle imprese di
collegare leccellenza operativa alla visione e alle priorit strategiche. Il capitolo si conclude
con una rassegna dei possibili nuovi sviluppi della BSC che va verso lintegrazione
dellEnterprise Risk Management (ERM) e lutilizzo per la gestione delle alleanze strategiche
tra le imprese.
Il secondo capitolo si concentra sullo studio delle ricerche svolte nel mondo sulla diffusione e
limplementazione della BSC. Le ricerche possono essere raggruppate in tre aree tematiche
trattate separatamente nei tre sottocapitoli. Si parte da unanalisi delle indagini sulla
diffusione della BSC a livello nazionale che ci permetter in seguito di fare un confronto tra i
risultati individuati nella letteratura e i dati rilevati dalla nostra indagine empirica. Di seguito
si prendono in considerazione gli studi empirici sulle modalit e le motivazioni per lutilizzo
della BSC. Questa parte permette di osservare gli adattamenti della BSC allambiente
competitivo e alla cultura imprenditoriale effettuati dalle imprese sia a livello nazionale sia a
quello di macro regioni. La parte finale del capitolo esamina le ricerche svolte sulle differenze
di implementazione della BSC in base alle dimensioni delle imprese. Questanalisi serve da
base per le considerazioni fatte nellultimo capitolo della tesi. Kaplan e Norton (1992) hanno
sviluppato il modello prendendo in considerazione le caratteristiche delle imprese di grandi
dimensioni e la letteratura trova nelle ridotte capacit finanziarie, le difficolt di raccogliere e
analizzare i dati e nelle diverse dinamiche dellambiente competitivo.
Questa tesi fa parte di un pi vasto progetto di ricerca svolto in collaborazione tra la SDA
Bocconi e la Facolt di Economia dellUniversit di Padova. Lo scopo del terzo capitolo della
tesi quello di analizzare il questionario predisposto dalle due istituzioni per determinare se la
struttura e le domande contenute sono in linea con le ricerche analoghe svolte a livello
5

nazionale e allestero. Per verificare la completezza del questionario viene presa in
considerazione anche la letteratura sulla BSC elaborata dal 1992 ad oggi.
La seconda parte della tesi, composta dagli ultimi due capitoli, si basa sullanalisi dei dati
raccolti. Il quarto capitolo, dopo aver presentato il campione, determina il livello di diffusione
della BSC e prosegue facendo un confronto tra i dati rilevati in Italia e quelli riscontrati
allestero. Per valutare gli adattamenti del modello effettuati dalle imprese italiane vengono
analizzate le modalit di impiego delle componenti fondamentali della BSC. Ai fini della
ricerca importante analizzare in che misura le imprese italiane fanno utilizzo delle diverse
prospettive della BSC, la determinazione delle relazioni causa-effetto tra le misure delle
prospettive utilizzate, la determinazione dei target e dei KPI per misurarli. Il capitolo
prosegue con lanalisi delle caratteristiche della BSC nella sua funzione di strumento per la
misurazione della performance e si conclude studiando le modalit di realizzazione della
startegia.
Nel quinto ed ultimo capitolo vengono definite le categorie di medie e grandi imprese e si
cerca di determinare leventuale correlazione tra lutilizzo della BSC e la dimensione
dellimpresa. Lanalisi e il confronto dei due campioni ha portato alla luce alcune differenze
significative sia per quanto riguarda la struttura e limpiego dei sistemi di misurazione della
performance sia nel collegamento del sistema di incentivazione al raggiungimento degli
obiettivi di budget/reporting. In linea con quanto rilevato da Hoque e James (2000) e da
Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) i dati della ricerca hanno fatto emergere le maggiori
difficolt delle imprese di medie dimensioni nellimplementare sistemi di misurazione della
performance e di management strategico come la BSC.
6

7

1. Balanced Scorecard
Lintroduzione di misure non economico-finanziarie per valutare la performance nelle
imprese un tema che viene affrontato gi dagli inizi degli anni 50 del secolo scorso (Eccles
1991). Fino agli anni 90 quando stato introdotto anche il modello della Balanced Scorecard
(Kaplan e Norton 1992) gli approcci adottati per la valutazione della performance erano basati
principalmente su dati contabili e misure economico-finanziarie come il ROI, il risultato di
periodo o il valore economico (Bozzolan 2007). Queste misure presentano dei limiti in quanto
non tengono conto della variabile rischio e i risultati calcolati in questo modo hanno un
orientamento al breve periodo (Niven 2003, Bozzolan 2007).
Uno dei primi tentativi di inserire misure di carattere non finanziario stato quello della
General Electric che nel 1952 ha realizzato il cosiddetto Measurement Project, dunque non
si pu dire che i modelli degli anni 90 siano uninnovazione assoluta. La vera novit della
Balanced Scorecard (BSC) sta nel fatto di focalizzare lattenzione su un numero ristretto di
indicatori (Kaplan e Norton 1992) che ci permettono di controllare i processi aziendali e nel
fatto di collegare loperativit giornaliera dellimpresa alla sua strategia (Kaplan e Norton
1996).
Durante gli anni 90 si assistito ad una proliferazione di modelli multidimensionali tra i
quali meritano una citazione la Piramide della Performance (Lynch Cross 1991), il Business
Navigator (Skandia 1994), lo Stakeholder Approach (Atkinson, Waterhouse e Wells 1997), il
modello Value Reporting (Wright e Keegan 1997) e lIntangible Asset Monitor (Sveiby
1998).
Ci sono prevalentemente tre fattori che hanno spinto verso lo studio di nuovi sistemi di
monitoraggio della performance (Niven 2003):
Eccessivo affidamento sulle misure di tipo finanziario
Gli scandali contabili degli ultimi decenni
Lincapacit delle imprese a implementare le proprie strategie
Il primo punto riguarda laffidamento eccessivo che si faceva su sistemi di misurazione che
utilizzavano indici economico finanziari. Questo approccio si considerava vincente nellera
industriale ma dagli anni 90 lo scenario cambiato (Niven 2003). La massimizzazione del
valore azionario (Shareholders Value) ancora molto importante allinterno dellimpresa ma
incentiva i manager ad agire in base ad una visione quasi esclusivamente di breve periodo e
oggi questo non sufficiente per una gestione equilibrata. Innovazioni come lEconomic
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Value Added e il Market Value Added hanno aiutato i manager a prendere decisioni pi
consapevoli ma anche questi approcci sono di tipo economicofinanziario e presentano dei
limiti (Niven 2003).
Inoltre i risultati contabili non riescono a tenere in considerazione le modalit di creazione e
consumo dei fattori immateriali delle attivit aziendali. Nellera industriale queste carenze
non erano molto rilevanti poich gli asset che costituivano il vantaggio competitivo erano
formati principalmente dai fattori materiali come i terreni, gli impianti e i macchinari. Il loro
contributo alla formazione del risultato di periodo si poteva ricavare con facilit dal bilancio
(Bozzolan 2007). Negli ultimi due decenni, oltre alla centralit dei fattori immateriali si
assistito ad un incremento della concorrenza e ai rischi ad essa collegati. Oggi i fattori che
portano valore sono le capacit dei dipendenti, le relazioni con la clientela e la propensione
allinnovazione e al cambiamento. La base della creazione del valore si spostata
progressivamente verso i fattori immateriali delle attivit aziendali (Kaplan e Norton 2004).
Gli indicatori economici non sono in grado di misurare o prevedere levoluzione di questi
elementi perci i modelli multidimensionali hanno avuto sempre maggior successo tra le
imprese.
Unaltra critica riguarda il fatto che i risultati economici non sono indicativi della
performance futura ma sono esclusivamente orientati alla performance passata. I dati di natura
economico-finanziaria da soli, non sono in grado di fornire le informazioni necessarie per
guidare limpresa nei periodi successivi (Niven 2003). Non avendo indicazioni
sullandamento futuro dellimpresa diventa molto difficile prendere le decisioni giuste per
correggere la rotta. Inoltre, in caso di difficolt economica, le prime misure del management
solitamente riguardano la riduzione del personale o la rinuncia allo sviluppo delle loro
competenze (training). Azioni che possono avere un effetto positivo nellimmediato ma
possono portare alla rinuncia di quello che costituisce il loro vantaggio competitivo di lungo
periodo (Niven 2003).
Il secondo punto fa riferimento ai vari scandali come Enron (2001), Worldcom (2002) e
Parmalat (2003). Questi casi hanno incentivato lintroduzione di regole che richiedevano una
maggior trasparenza e divulgazione delle informazioni. Lidea sottostante che pi
informazioni si hanno a disposizioni meglio si pu valutare lo stato di salute di unimpresa.
C stata dunque una pressione verso ladozione di sistemi di misurazione della performance e
reporting che comprendessero una pi vasta gamma di indicatori. Queste condizioni hanno
costituito un ambiente fertile per la diffusione della BSC (Niven 2003).
9

Oggi si da sempre pi importanza agli stakeholders come i dipendenti, i fornitori, i clienti e
lambiente. Una prova di questa evoluzione la sempre maggior attenzione allinterno delle
organizzazioni al Corporate Social Responsibility (CSR) poich unimmagine positiva
dellimpresa pu contribuire al suo successo economico (Cetindamar e Husoy 2007). La
definizione del CSR che Carroll da nel 1991 comprende una visione pi vasta degli effetti
delloperativit dellazienda. Oltre allattenzione rivolta allaspetto economico, limpresa
deve agire anche tenendo in considerazione le sue responsabilit dal punto di vista legale,
etico ed eventualmente filantropico. Negli anni questo aspetto stato spesso usato come
mezzo per migliorare limmagine dellazienda come nel caso della Nike dopo lo scandalo
sullo sfruttamento del lavoro minorile in Asia nel 1996 (James Epstein-Reeves 2010). Ad
ogni modo, un esempio di come si posta lattenzione sulloperativit dellorganizzazione
non solo da un punto di vista strettamente economico, dato che le sue azioni hanno un effetto
anche sugli altri stakeholder.
Tutte queste variabili hanno richiesto la creazione di nuovi modelli in grado di misurare la
performance integrando misure finanziarie con misure non finanziarie. Tra quelli sviluppati
negli anni 90, la BSC emerso come uno dei modelli di maggior successo.

1.1 Evoluzione della BSC
Una delle caratteristiche pi importanti della BSC, che ha contribuito in modo significativo al
suo successo negli anni la sua continua evoluzione. Dalla sua prima pubblicazione (Kaplan e
Norton 1992) questo strumento ha subito molti aggiornamenti e continuano ad emergere
nuovi elementi che potrebbero portare a ulteriori sviluppi in futuro.
Nel 1990, il Norton-Nolan Institute (KPMG) ha finanziato una ricerca in quanto riteneva che i
modelli precedenti, basati sulle misure finanziarie fossero ormai obsoleti. I promotori della
ricerca ritenevano che leccessivo affidamento su misure finanziarie ed economico-contabili
rappresentasse un limite per la capacit delle imprese di creare valore economico nel lungo
periodo (Kaplan e Norton 1996).
Nella fase iniziale della ricerca erano state coinvolte dodici imprese
1
appartenenti a settori
diversi e questo si rivelato in seguito uno dei punti di forza del progetto. Il suo successo
dato anche dal fatto che il modello pu essere applicato ad imprese profit e non-profit,

1
Advanced Micro Devices, American Standard, Apple Computer, Bell South, CIGNA, Conner Peripherals, Cray
Research, DuPont, Electronic Data Systems, General Electric, Hewlett Packard, Shell Canada
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pubbliche e private, grandi e piccole. La sua versatilit dovuta allo scarso legame con la
struttura organizzativa e al fatto che pu essere applicata con diversi gradi di complessit
(Cugini e Michelon 2007).
La struttura della BSC articolata in quattro prospettive strategiche. Lidea di base che ha
ispirato gli autori che allinterno dellimpresa si pu migliorare solo quello che si misura
(Kaplan e Norton 1992). Partendo da questo presupposto, Kaplan e Norton (1992) hanno
ideato la BSC aggiungendo alla prospettiva economico-finanziaria altre tre prospettive in
grado di monitorare il rapporto dellimpresa con il mercato, lefficienza dei processi interni e
le possibilit future di crescita attravesro linnovazione e lapprendimento. Questo modello
viene chiamato bilanciato perch riflette lequilibrio tra obiettivi di breve e di lungo termine,
tra misure finanziarie e non finanziarie nonch tra elementi della performance esterna ed
interna (Niven 2003).
La BSC stata uninnovazione molto importante ma gli elementi cardine su cui si basa erano
gi presenti in modo non integrato nei modelli precedenti (Tableau de Bord, Measurement
Project 1952). In un articolo della rivista Harvard Business Review, Kaplan fa risalire i
concetti base della BSC alla letteratura sul lean management, alla stakeholder theory e alla
letteratura che trattava le misure di performance di tipo economico (Kaplan 2010).
Lorientamento al cliente, la ricerca delle relazioni di causalit e la misurazione della
performance basata non solo su elementi finanziari erano gi presenti e di fatto, sono stati
sviluppati modelli alternativi che comprendevano queste caratteristiche. Ad esempio, lo
Stakeholder Approach (Atkinson et al. 1997) prende in considerazione sia obiettivi di natura
finanziaria (obiettivi degli azionisti, definiti primari) che obiettivi non economico-finanziari
che riguardano gli stakeholders dellimpresa. La Piramide della Performance, sviluppata nel
1991 da Cross e Lynch stata studiata tenendo in considerazione sia lorientamento al cliente
che le relazioni di causa-effetto tra le misure non finanziarie e le misure finanziarie che la
compongono (Bozzolan 2007).
La BSC traduce la mission e la strategia di unazienda in una serie di misure della
performance che costituiscono un sistema di misurazione e gestione. Oltre agli obiettivi
finanziari, tiene conto dei driver che consentono il raggiungimento di tali obiettivi (Kaplan e
Norton 1996).
Le imprese che hanno adottato la BSC lhanno utilizzata non solo per misurare la
performance, scopo principale per cui stata sviluppata nel 1992 (Kaplan e Norton), ma
anche per realizzare le nuove strategie. Si osservato infatti come labilit di implementare le
11

strategie fosse pi importante della strategia stessa. Alcuni sondaggi tra i quali quello della
rivista Fortune (1999) avevano evidenziato come la maggior parte dei fallimenti erano da
attribuire alla fase di esecuzione.
Uno dei motivi per cui i manager trovano difficolt nellimplementare in modo adeguato le
nuove strategie risiede nella natura delle misure di tipo finanziario, che non sono in grado di
evidenziare limportanza delle risorse intangibili (Kaplan e Norton 2000, 2004). La creazione
del valore passata con il tempo dalla gestione dei fattori materiali alla gestione dei fattori
immateriali delle attivit aziendali. Kaplan e Norton (1996) hanno osservato come le imprese
che usavano la BSC erano in grado di implementare le nuove strategie con maggior successo.
Questo stato un effetto che nemmeno loro avevano previsto al momento della pubblicazione
del primo articolo nel 1992 ma che si pu spiegare con la presenza nel modello di misure di
tipo non finanziario che hanno spostato lattenzione del management dal breve al lungo
termine (Kaplan e Norton 1996). Tutte le misure e gli obiettivi derivano dalla vision e dalla
strategia dellimpresa, in questo modo pi facile pianificare e in seguito monitorare le fasi
chiave del processo di realizzazione della strategia (Kaplan e Norton 1996).

1.2 BSC come sistema di management strategico
Le imprese che hanno adottato la BSC per la sua funzione di misurazione della performance
hanno presto compreso che questo strumento portava dei benefici importanti anche nella
gestione della strategia a lungo termine. Lutilizzo della BSC spinge i manager a realizzare
alcuni processi di gestione ritenuti critici (Kaplan e Norton 1996):
Chiarire e tradurre vision e strategia
Comunicare e collegare tra loro obiettivi e misure strategiche
Pianificare, fissare obiettivi e allineare iniziative strategiche
Potenziare il feedback e lapprendimento strategico
Il processo di apprendimento strategico ha inizio con la determinazione di una vision e una
strategia chiara. Ci che facilit il consenso e la partecipazione allinterno dellunit operativa
la trasformazione delle dichiarazioni spesso di natura vaga, contenute nella vision, in un
insieme chiaro di obiettivi e misure. La comunicazione e lallineamento tra gli obiettivi e le
misure spingono i dipendenti a intraprendere le azioni necessarie al raggiungimento dei
traguardi che limpresa si posta. Qui sono di particolare importanza le relazioni di causa-
effetto individuate durante il processo di costruzione della BSC. Kaplan e Norton (1996 p.
12

13) sostengono che la BSC particolarmente utile nel guidare il cambiamento organizzativo
per cui i manager devono fissare degli obiettivi a tre o cinque anni che contengono elementi di
forte discontinuit rispetto alla performance passata. Infine, lultimo punto permette ai
manager di seguire in modo continuo e verificare la validit delle ipotesi di base della
strategia. Il processo di feedback rende possibile un eventuale aggiustamento alla strategia. I
primi tre punti elencati qui rendono possibile la gestione della strategia mentre lultimo ha il
grande vantaggio di aggiungere la necessaria flessibilit nella fase di esecuzione considerando
la rapidit con la quale lambiente competitivo cambia in questa fase storica (Kaplan e Norton
1996, 2007).
Come ulteriore supporto allimplementazione della strategia Kaplan e Norton (2004) hanno
sviluppato un nuovo strumento, la Mappa Strategica (MS). Senza una visione condivisa della
strategia difficile creare consenso attorno ad essa e senza consenso diventa estremamente
difficile attuarla in modo proficuo (Kaplan e Norton 2004 p. 5-6). La MS in grado di far
comprendere in modo semplice ed intuitivo come le risorse immateriali si trasformano in
risultati finanziari. Allo stesso tempo questo strumento fornisce ai dipendenti una visione
chiara di come le loro azioni giornaliere sono collegate agli obiettivi strategici dellimpresa
(Kaplan e Norton 2000). Insieme, la BSC e la MS forniscono uno strumento efficace per
quantificare il valore derivante dai fattori immateriali che nellambiente odierno
rappresentano il vantaggio competitivo pi importante (Kaplan e Norton 2004).
La MS descrive il processo di creazione del valore attraverso una serie di relazioni causa-
effetto fra gli obiettivi delle quattro prospettive della BSC (Kaplan e Norton 2000). Questo
schema permette di visualizzare la relazione tra i risultati attesi (sintetizzati nel successo
finanziario) e soddisfazione del cliente e i driver strategici rappresentati dai processi interni e
capitale umano. La prospettiva economico-finanziaria, attraverso le misure classiche come il
ROI e la crescita dei ricavi, ci mostra se la strategia posta in atto sta dando i risultati attesi
oppure no. La prospettive dei clienti definisce il contesto in cui le risorse immateriali creano
valore. Queste due prospettive determinano i risultati attesi dalla strategia (Kaplan e Norton
2001). Nellarea dei processi interni vengono identificati i processi critici che dovrebbero
avere un impatto maggiore sulla strategia. Infine, larea dellapprendimento e della crescita ci
mostra quali sono gli obiettivi da perseguire per supportare il processo di creazione di valore
nella prospettiva dei processi interni (Kaplan e Norton 2001). Nella MS le prospettive
vengono organizzate in modo gerarchico che pu variare in base alla strategia prescelta e al
settore di appartenenza. Nel libro pubblicato nel 2004, Kaplan e Norton propongono uno
schema che dalla loro esperienza a contatto con le imprese pi ricorrente (Figura 1).
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Figura 1: La Mappa Strategica

Questo modello non vincolante ma serve come punto di partenza nel processo di creazione
della propria mappa strategica. Kaplan e Norton indicano un percorso che si dovrebbe seguire
nel disegnare la mappa (Kaplan e Norton 2000). In primo luogo i manager devono individuare
gli obiettivi da raggiungere e i mezzi per conseguirli ma tutto ha origine dalla definizione
della vision. Come si pu vedere nella figura, la gerarchia delle quattro prospettive di analisi
vede in cima quella economico-finanziaria che viene poi seguita da quella della clientela, dei
processi interni e infine dello sviluppo e dellinnovazione. Questa sequenza stata proposta
tenendo in considerazione le imprese private a scopo di lucro ma nei soggetti pubblici e non-
profit la gerarchia delle prospettive pu cambiare.
Kaplan ha condotto una ricerca tra alcune imprese non profit nel 1998 e ha sintetizzato i
risultati in un articolo pubblicato nel 2001 sulla rivista Non-profit Management and
Leadership. Questa ricerca ha evidenziato alcune difformit nella struttura della BSC e di
conseguenza della MS rispetto alle imprese tradizionali. La struttura originale che vede la
prospettiva finanziaria al primo posto presenta alcune difficolt. Raggiungere il successo
economico non lobiettivo primario nelle imprese non profit per cui in molti casi troviamo
in cima la prospettiva dei clienti. Ci sono ulteriori problematiche quando devono essere
individuati i clienti poich possiamo individuare due categorie diverse. La prima
14

rappresentata dai donatori che forniscono le risorse necessarie alloperativit dellimpresa
mentre la seconda categoria formata dai soggetti che ricevono i servizi. Data limportanza di
entrambe le categorie, alcune imprese le hanno poste sullo stesso piano nella loro BSC
(Kaplan 2001).
Per adattare la BSC al mondo delle imprese senza scopo di lucro, Zimmerman (2009) propone
una struttura che si discosta da quella proposta da Kaplan e Norton e che prevede le seguenti
categorie:
Le entrate economiche e i finanziamenti
Allocazione delle risorse
I destinatari dei prodotti e dei servizi
Donatori e membri del consiglio
Operazioni interne
Sviluppo del personale
Queste categorie comprendono le quattro prospettive originali della BSC ma la struttura pi
vicina alle esigenze delle imprese non profit. Una volta che vengono compresi i concetti di
base sui quali si fonda la BSC, la sua struttura pu essere modificata per rispondere alle
caratteristiche specifiche dellimpresa (Zimmerman 2009).
La MS definisce le priorit dellimpresa che in seguito diventano gli obiettivi da raggiungere.
Il supporto maggiore che questo strumento fornisce ai manager rappresentato dalla sua
capacit comunicativa e nella possibilit di allineare le attivit con la strategia (Kaplan e
Norton 2000).
Il vantaggio principale rispetto ad altri approcci sta nel fatto che la mappa strategica in
grado di fornire un supporto importante per tradurre le strategie aziendali nelle azioni di base
svolte giornalmente da tutti i dipendenti dellimpresa (Pandey 2005). Questo permette un
allineamento delle attivit quotidiane con la strategia dellimpresa. La difficolt ad
implementare la strategia aziendale tuttora un problema rilevante e si pu spiegare
principalmente con la presenza di quattro barriere (Kaplan e Norton 1996, 2001; Niven 2003):
Vision e strategia inattuabili
Lattenzione dei manager
La comunicazione
Le risorse
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Le imprese di successo hanno finalit e valori di base che rimangono immutate nel tempo
mentre le loro strategie di business variano per adattarsi alle condizioni ambientali. La
preservazione del nucleo che guida loperativit giornaliera e lo stimolo al progresso sono tra
i motivi principali per cui imprese come 3M, Merck e Sony si sono affermate e sono ancora
presenti sui mercati (Niven 2003).
La vision un elemento importante che indica la direzione nella quale lazienda dovrebbe
dirigersi nel medio-lungo termine. Questo termine rappresenta dei concetti che sono tuttora
ambigui in quanto i manager continuano a interpretarla in modi diversi e questo rende difficile
articolare la vision in modo coerente allinterno dellorganizzazione (Collins e Porras 1996).
Le aziende anche ai giorni nostri riscontrano molte difficolt a far capire la propria vision a
tutti i livelli gerarchici. Questo un limite non indifferente perch i dipendenti, per
contribuire in modo significativo nel medio-lungo periodo, devono sapere quali sono gli
obiettivi finali e cosa viene loro richiesto per raggiungerli (Collins e Porras 1996). In
mancanza di una vision condivisa la strategia pu essere implementata in modo
insoddisfacente impedendo il raggiungimento degli obiettivi aziendali esplicitati nella mission
(Niven 2003).
La realizzazione di una strategia implica un arco temporale di lungo periodo. Solitamente gli
incentivi nella loro varia natura (bonus economici al raggiungimento degli obiettivi, stock
options, benefit non economici) riescono a tenere alta lattenzione del management su
obiettivi di breve termine ma sono meno efficaci per periodi pi lunghi. Questo rende difficile
collegare gli incentivi allesito positivo della strategia. Nel sondaggio svolto da Kaplan e
Norton tra le imprese assistite da loro hanno trovato che meno del 10% dei dipendenti
avevano degli incentivi collegati a obiettivi di lungo periodo (Kaplan e Norton 1996). Non
difficile comprendere il motivo per cui si riscontrano cos tante difficolt nel allineare
loperato del personale con la strategia. Da questo punto di vista gli incentivi devono essere
formulati con attenzione perch se non riescono ad avere un effetto di lungo periodo possono
rivelarsi inefficaci (Kaplan e Norton 1996).
Allinterno dellimpresa, il successo della strategia dipende in certa misura dai flussi
informativi e dalla qualit della comunicazione. I manager devono essere in grado di
trasmettere in modo giusto le informazioni riguardanti gli obiettivi da raggiungere. Ci sono
delle barriere che indeboliscono la trasmissione del messaggio verso i vari dipartimenti e
individui allinterno dellimpresa.
16

Un ostacolo costituito dalla possibilit di sovraccaricare i canali informativi. La
comunicazione risulta meno efficace se i dirigenti non riescono a controllare in modo
adeguato il flusso informativo. Il rischio maggiore quello di fraintendere, trascurare o
dimenticare dati importanti.
Un altro problema deriva dalla cronica mancanza di tempo dei manager che la risorsa scarsa
per eccellenza allinterno dellimpresa. Si sempre sotto pressione per rispettare le scadenze.
Questo pu portare ad accorciare i canali formali di comunicazione oppure i messaggi
vengono trasmessi in modo parziale (Niven 2003). Se normalmente le riunioni mensili e
trimestrali tra i dirigenti si concentrano sullanalisi dei risultati finanziari del periodo
precedente e sui motivi per il mancato raggiungimento degli obiettivi, la BSC grazie
allindividuazione delle relazioni causali spinge i manager a valutare la validit della strategia
e le modalit della sua esecuzione (Kaplan e Norton 2007).
Per portare avanti con successo una strategia fondamentale definire le risorse allocate. Per
molte compagnie, la definizione del budget annuale un processo che consuma molto tempo
e risorse e dato che diventa velocemente obsoleto non ha molto peso durante il processo
decisionale. Si calcolato che il processo di budgeting annuale pu impegnare fino al 30% del
tempo dei manager (Horngren et al. 2007). Gli obiettivi di budget e il suo collegamento al
sistema di incentivazione hanno portato una pressione considerevole sui manager per cui in
molti casi, una volta definito il budget, si cerca di manipolare le misure o di indurre il
personale a comportamenti eticamente scorretti. Questi fattori possono essere un ostacolo alla
buona riuscita della strategia. Un passo importante nella direzione giusta sarebbe il
collegamento del budget alla strategia (Norton e Peck 2006).
La BSC si rivelato uno strumento in grado di integrarsi bene con altri modelli di gestione.
Essa fornisce una struttura che permette di ridefinire il processo di budgeting in modo da
allineare gli obiettivi di bilancio con gli obiettivi strategici (2GC 2009).
Il budget uno strumento creato per allocare le risorse ex-ante e controllarne lutilizzo ex-
post per cui diventa carente se lo si utilizza per fare previsioni, spiegare gli scostamenti o
promuovere la visione di lungo periodo. La maggior parte delle imprese ha procedure e unit
organizzative diverse per la pianificazione strategica e la formulazione del budget (Kaplan e
Norton 2007, p. 156). Il problema sta nel fatto che in questo modo il budget ha un legame
scarso con gli obiettivi del piano strategico. Lintroduzione della BSC implica di per s
unintegrazione tra questi due strumenti e assicura che il budget supporti gli obiettivi
individuati nel piano strategico (Kaplan e Norton 2007).
17

Tutti i limiti presenti nellutilizzo del budget hanno spinto numerose aziende a rimpiazzare
questo modello con un nuovo insieme di processi di previsione e controllo tra i quali la BSC
(Hope e Fraser 2003). Dagli anni 90 sono stati studiati metodi nuovi per gestire le operazioni
e la strategia. I modelli causali, il rolling forecast e lanalisi causale ci permettono di collegare
tutte le risorse al piano operativo (Veth 2006 , De Leon et al. 2012). I modelli causali possono
semplificare in modo considerevole il processo di budgeting e allo stesso tempo sono in grado
di rendere pi facile la comprensione dei dati e delle assunzioni sottostanti (Norton e Peck
2006).
Con lutilizzo della BSC e della MS sono stati individuati dei benefici nellidentificare,
mappare e rivisitare continuamente le relazioni di causa-effetto nelle quattro prospettive.
Applicare i principi dei modelli causali alla pianificazione operativa e strategica pu portare
dei benefici significativi. Il modello causale si focalizza sui driver della performance e
permette una pianificazione e gestione migliore diventando la base nella determinazione del
budget finanziario.
Kaplan e Norton sottolineano spesso limportanza di integrare fra loro la strategia e le
operations (Kaplan e Norton 2001, 2008, 2010). Le indagini svolte dal Monitor Group (2006)
e dal Conference Board (2007) hanno evidenziato limportanza dellesecuzione efficace della
strategia. Gli autori della BSC avevano svolto una ricerca su come vengono eseguite le
strategie nel 1996 e 2006. I risultati hanno mostrato che le imprese dotate di un sistema
formale di esecuzione della strategia avevano una probabilit di successo fino a tre volte pi
elevata. Questo ha indotto Kaplan e Norton a formulare un nuovo sistema direzionale a ciclo
chiuso che permette di collegare e allineare tra loro il processo di pianificazione strategica e le
attivit operative (Kaplan e Norton 2008). Questo sistema formato da sei fasi:
Sviluppare la strategia
Pianificare la strategia
Allineare la unit organizzative e i dipendenti alla strategia
Pianificare le attivit operative
Controllare e apprendere
Testare e adattare la strategia
Le fasi qui elencate non rappresentano una novit assoluta per le imprese che hanno una certa
dimestichezza con la BSC che qui diventa una delle componenti del sistema (Kaplan 2010).
Questa struttura, con alcune deviazioni pi o meno importanti, dovrebbe corrispondere a un
iter normale per le imprese che utilizzano la BSC come strumento per la gestione strategica.
18

Il sistema direzionale integrato ha come punto di partenza lo sviluppo della strategia. Come
per la BSC anche qui si parte dalla definizione della mission, dei valori e della vision
dellazienda. Una volta stabiliti i nuovi obiettivi da raggiungere, viene fatta unanalisi
strategica sia dellambiente esterno sia di quello interno per determinare il posizionamento e
le proprie competenze in relazione al settore di appartenenza (Kaplan e Norton 2008). Per
lanalisi dellambiente esterno si possono utilizzare strumenti come lanalisi PESTEL e
schemi come quello delle cinque forze di Porter mentre per quella dellambiente esterno
Kaplan e Norton suggeriscono la catena di valore di Porter e la SWOT analysis.
Nella fase successiva la strategia formulata in precedenza tradotta negli elementi necessari
alla creazione della BSC e della MS. Innanzitutto viene creata la MS che descrive tutte le
dimensioni strategiche dellimpresa, che possono andare dal miglioramento della produttivit
allinnovazione di lungo termine (Kaplan e Norton 2008). In seguito gli obiettivi della MS
vengono trasformati in misure, target e gap di valore della BSC. I target hanno origine dalla
vision che stabilisce un traguardo ambizioso e difficile da raggiungere. I target dunque creano
un gap di valore tra ci che si vuole raggiungere e la situazione attuale dellimpresa.
Lobiettivo dellimpresa di colmare questi gap in un periodo di tre o al massimo cinque anni
(Kaplan e Norton 2008). Nella fase di pianificazione della strategia inoltre molto importante
stabilire i finanziamenti che sono indispensabili per limplementazione simultanea delle
iniziative individuate. Kaplan e Norton sostengono che gli investimenti per le iniziative che
richiedono il coinvolgimento di pi Business Unit (BU) devono essere inserite in una
categoria di budget specifica che loro chiamano Stratex (Strategic Expenditures). Questo
permette di isolare e garantire i fondi necessari per il raggiungimento degli obiettivi di medio-
lungo termine anche nel caso in cui ci siano degli imprevisti come una contrazione economica
(Kaplan e Norton 2008).
La terza fase mette in moto un meccanismo che permette di allineare le unit organizzative
con la strategia. Per ottenere le sinergie tra le varie BU, la SM e la BSC a livello corporate
viene trasferita a cascata su tutti i livelli operativi. In questo modo le strategie delle singole
BU vengono allineate con la strategia complessiva dellorganizzazione e quella delle altre BU
che la compongono. In questa fase necessario spiegare ai dipendenti come devono eseguire
le loro operazioni giornaliere per contribuire al raggiungimento degli obiettivi strategici. La
leadership ha limportante compito di comunicare la strategia ai dipendenti e la
comunicazione viene svolta attraverso specifici piani aziendali che utilizzano numerosi canali
per raggiungere in modo tempestivo ed efficace tutti i destinatari del messaggio. Le best
19

practices individuate da Kaplan e Norton suggeriscono anche di sviluppare le competenze dei
dipendenti e di collegare alla strategia i loro obiettivi e incentivi personali.
La pianificazione delle attivit produttive deve permettere il collegamento tra la strategia e le
attivit operative. I due processi che permettono tale collegamento sono il miglioramento dei
processi chiave e lo sviluppo del piano della capacit produttiva. I programmi per il
miglioramento dei processi sono conosciuti gi dagli anni 70 e i pi utilizzati sono il Total
Quality Management, il Six Sigma, il Just in Time e il lean management (Kaplan e Norton
2008). Lutilizzo di questi programmi deve portare al miglioramento dei processi che sono
collegati in modo diretto agli obiettivi strategici individuati nella prospettiva finanziaria e dei
clienti. Lo sviluppo del piano della capacit produttiva richiede lintroduzione di un piano
operativo che deve contenere le previsioni dettagliate delle vendite, le previsioni della
capacit produttiva e i budget per le spese di gestione e le spese in conto capitale (Kaplan e
Norton 2008).
Una volta attuate le prime quattro fasi, limpresa inizia ad eseguire la propria strategia e piano
operativo. Ora c il bisogno di monitorare i risultati e agire nei casi in cui si renda necessario
migliorare la strategia e le modalit con le quali vengono svolte le attivit. Il processo di
controllo e apprendimento consiste in meeting durante i quali i manager affrontano argomenti
di natura operativa e strategica e proprio per ottimizzare lesito di tali riunioni Kaplan e
Norton consigliano di affrontare queste due tematiche in sedi separate (Kaplan e Norton
2008). Le modalit di svolgimento delle riunioni differiscono sia per i temi affrontati che per i
componenti e la frequenza con la quale dovrebbero essere eseguite. Durante i meeting di
revisione operativa si esamina la performance a livello di dipartimenti o funzioni e si
occupano di problemi emersi di recente. A queste riunioni partecipano i componenti
responsabili di un singolo dipartimento, processo o funzione e possono essere svolte anche
con cadenza giornaliera. Durante i meeting di revisione strategica invece, si affrontano
tematiche legate esclusivamente allavanzamento della strategia della BU. Queste riunioni
normalmente vengono svolte una volta al mese e vi partecipano i membri del comitato
esecutivo. Per uno svolgimento proficuo delle riunioni i partecipanti dovrebbero condividere
la stessa visione della strategia ed necessario stabilire un rapporto di fiducia tra i soggetti
coinvolti (Kaplan e Norton 2008).
Per chiudere il cerchio di questo sistema direzionale si deve svolgere un meeting con cadenza
annuale (oppure quadrimestrale se le dinamiche del settore lo richiedono) che ha lo scopo di
verificare se le assunzioni su cui si basa lattuale strategia sono mutate. La strategia di lungo
20

termine sensibile a cambiamenti dellambiente interno ed esterno per cui pu essere
necessario apportare degli aggiustamenti di rotta. Lutilizzo della BSC per limplementazione
della strategia ha il grande vantaggio di permettere luso dei dati che fornisce per verificare la
validit delle ipotesi iniziali sulla strategia.
Il sistema direzionale a ciclo chiuso proposto da Kaplan e Norton (2008) non di facile
attuazione e non esiste un organo allinterno delle imprese in grado di coordinare e integrare
tutti i processi richiesti per attuarlo. Per questo motivo alcune imprese hanno dato vita ad una
nuova funzione che ha il compito di integrare i processi di gestione della strategia che viene
chiamata Ufficio per la gestione strategica
2
(OSM). Questorgano non ha lautorit o la
responsabilit di impostare la strategia o determinare le componenti del sistema direzionale
ma deve servire come punto di riferimento che in grado di sincronizzare i processi di
pianificazione, esecuzione e controllo. Oltre ad occuparsi dei processi lOSM ha il difficile
incarico di armonizzare lapporto di tutti i soggetti coinvolti nel meccanismo del sistema.
Questi compiti non sono semplici se si considera la diversa frequenza con cui vengono
eseguiti i vari processi e la difficolt di far lavorare in modo efficiente persone che arrivano
da unit organizzative diverse.
In un articolo della Harvard Business School (11 agosto 2008) Kaplan indica due elementi
ritenuti necessari per la buona esecuzione della strategia. Il primo riguarda la leadership
poich Kaplan (2008) ritiene che senza un profondo coinvolgimento e la supervisione dei
manager, il sistema abbia poche probabilit di successo. LAmministratore Delegato ha un
ruolo importante in ciascuna delle sei fasi del processo. Il secondo elemento ritenuto
fondamentale la consapevolezza che la strategia e le operations sono due elementi collegati
ma distinti fra loro. Le imprese tendono a concentrarsi sul miglioramento delle oprations
creando un divario tra i processi operativi e i piani strategici (Kaplan e Norton 2008).
Lutilizzo del sistema direzionale proposto da Kaplan e Norton (2008) risponde alla necessit
di collegare la pianificazione strategica allapplicazione operativa basato sullutilizzo della
BSC. Questo modello risponde alla necessit da parte delle imprese di dotarsi di un sistema
formale per lesecuzione della strategia.

2
La denominazione originale Office of Strategic Management (OSM)
21

1.3 Le nuove frontiere della BSC Sviluppi recenti
Fin dalla sua introduzione agli inizi degli anni 90 la BSC si dimostrato uno strumento
polivalente. Il suo utilizzo per la misurazione della performance, per il management strategico
e il controllo e per integrare la strategia con le operations ha portato dei benefici importanti
alle imprese ma la sua utilit non si esaurisce qui. Negli ultimi anni sono emerse delle lacune
e delle nuove opportunit nellutilizzo della BSC e delle MS. In alcune interviste (Lagace
2008, Frigo 2012) Kaplan e Norton hanno indicato due nuove direzioni in cui si muovono i
loro studi: lintegrazione dellEnterprise Risk Management (ERM) nella BSC e lutilizzo
della BSC e della MS per le alleanze strategiche tra le imprese.
La crisi economica iniziata nel 2008 ha evidenziato una lacuna importante nella struttura della
BSC, il concetto di rischio (Frigo 2012). Negli Stati Uniti, gli scandali Enron (2001),
Worldcom (2002) e Tyco International (2002) e la successiva introduzione del Sarbanes-
Oxley Act (2004) hanno avuto un ruolo importante nella diffusione dellERM (Beasley,
Nunez, Lorraine 2006).
Nel 2004 il Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission (Coso) ha
pubblicato la sua definizione aggiornata dellERM che viene descritto come un processo
attuato dagli Amministratori e dal Management di ciascuna struttura aziendale nellambito
della definizione delle strategie e riguarda tutta lorganizzazione, al fine di identificare gli
eventi potenziali che possono influenzare lorganizzazione, e gestire i rischi entro il livello di
rischio ritenuto accettabile, al fine di fornire una ragionevole certezza del raggiungimento
degli obiettivi. Da questa definizione si evince che uno dei punti fondamentali dellERM
lallineamento tra i rischi e la strategia. Quando il management valuta le differenti alternative
strategiche valutano il loro possibile impatto sul profilo di rischio complessivo dellimpresa.
Una volta fatte le scelte strategiche, il management individua le risposte ai rischi, assegna le
responsabilit e monitora limplementazione della strategia in modo integrato per assicurare il
raggiungimento degli obiettivi. In questo modo lERM diventa parte integrante del processo
di pianificazione strategica e misurazione delle performance (Beasley, Nunez, Lorraine
2006).
La BSC vista uno strumento in grado di aiutare le imprese a misurare e gestire in modo
efficiente limplementazione della strategia. Data limportanza della gestione dei rischi per il
raggiungimento degli obiettivi ha senso considerare linserimento del risk management
22

allinterno della BSC (Scholey 2006). Il fatto che questi strumenti sono molto diffusi e la loro
validit sia riconosciuta dai manager facilita la loro integrazione (BPS Resolver 2010).
LERM e la BSC hanno molti elementi in comune e le imprese che utilizzano gi la BSC
possono sfruttare la sua struttura per cogliere i benefici derivanti dallERM. Entrambi gli
strumenti sono collegati alla strategia e hanno lobiettivo di aumentare la probabilit del suo
successo. Entrambi considerano la strategia dellimpresa ad un livello globale e hanno
bisogno di essere trasferiti in modo top-down per essere efficaci. Il loro utilizzo congiunto
facilita la gestione dei rischi strategici che diventa un processo globale e integrato (Kaplan e
Norton 2012). Unaltra caratteristica che accomuna questi due strumenti il fatto che sono
stati progettati per essere dei processi perpetui (Beasley, Nunez, Lorraine 2006).
Lintegrazione dellERM nella BSC spinge i manager a considerare i rischi in base alle
diverse prospettive della BSC per cui c una considerazione pi vasta che non si limita ai soli
rischi disciplinati dal Sarbanes-Oxley Act (frode, insider trading) ma comprende anche i rischi
strategici, di mercato e reputazionale (Beasley, Nunez, Lorraine 2006).
Considerate le caratteristiche dellERM e della BSC e i benefici che il loro utilizzo combinato
porta alle imprese lintegrazione e ladattamento di questi strumenti diventa un processo
naturale (Beasley, Nunez, Lorraine 2006) .
Il secondo tema sviluppato di recente lutilizzo della BSC e della MS per gestire le alleanze
strategiche. La collaborazione tra le imprese non ha il solo scopo di esternalizzare fasi del
processo produttivo per ridurre i costi ma costituisce anche una fonte di vantaggio
competitivo.
Alcuni studi hanno mostrato che oltre il 50% delle alleanze falliscono nel portare i benefici
strategici e operativi prestabiliti (Mckinsey and Company 2000, Kale e Singh 2009). Le cause
principali di tale insuccesso sono la mancanza di fiducia e comunicazione tra le parti e
lassenza di una visione condivisa sulla creazione delle sinergie (Kaplan e Norton 2012). Per
ovviare a questi problemi Kaplan e Norton hanno proposto e sperimentato un sistema di
gestione dellalleanza basato sulla BSC (Kaplan, Norton, Rugelsjoen 2010). La costruzione di
una MS permette di individuare i temi strategici della collaborazione e mostra il modo in cui
il loro raggiungimento sia in grado di generare valore per entrambe le societ. In questa fase
di fondamentale importanza raggiungere un consenso sugli obiettivi, le misure e le iniziative
da mettere in atto (Kaplan, Norton, Rugelsjoen 2010). Limplementazione della BSC
promuove il dialogo, favorendo la creazione di un clima di fiducia e migliorando la
23

collaborazione tra le parti. Le imprese coinvolte nel processo hanno sfruttato le caratteristiche
della BSC per superare gli ostacoli e le carenze che si riscontrano normalmente nella gestione
dei progetti congiunti.
La creazione di una BSC e della MS per la gestione delle alleanze non un processo
semplice. I membri del comitato responsabile del progetto nel caso SolvayQuintiles (Kaplan
e Norton 2010 p. 114-120) hanno dichiarato che a causa della necessit di allineare due
imprese con modelli di business e culture diverse, lo sviluppo della MS e della BSC ha
richiesto molto pi tempo rispetto allo sviluppo degli stessi strumenti internamente. Inoltre,
per far funzionare il progetto e mantenere la giusta direzione c la necessit di creare delle
squadre e dei comitati, ciascuno con le proprie mansioni e responsabilit (Kaplan, Norton,
Rugelsjoen 2010). Il sistema di gestione basato sulla BSC fornisce un quadro di riferimento
che permette il superamento delle barriere per il raggiungimento degli obiettivi comuni. I
risultati ottenuti dalle imprese che hanno impiegato questo sistema hanno giustificato i costi e
le difficolt affrontate nel processo di implementazione della BSC (Kaplan, Norton,
Rugelsjoen 2010). Lo stesso procedimento pu essere applicato per gestire i rapporti con altri
stakeholder come i clienti e i fornitori.
La BSC ha dimostrato di essere uno strumento flessibile, capace di adattarsi alle varie
esigenze delle imprese. Il suo scarso legame con la struttura organizzativa la rende molto
versatile per cui le imprese che la utilizzano sono di dimensioni diverse e provengono da
diversi settori. La BSC ha dimostrato di essere un modello robusto ed innovativo grazie al suo
costante sviluppo a partire dalla sua presentazione nel 1992. Oggi rappresenta un strumento
molto diffuso di misurazione della performance e di gestione e controllo della strategia in
grado di portare le imprese al raggiungimento di traguardi superiori. I futuri sviluppi del
modello si basano sulle sue forti radici e possono prendere direzioni diverse tra le quali la gi
citata integrazione con lERM e la gestione delle alleanze con i soggetti esterni.

24

25

2. Ricerche sulla BSC nel mondo
La BSC ha subito molti cambiamenti dal modello originale del 1992. Oggi una delle sue
caratteristiche principali la possibilit di utilizzarla con diversi gradi di complessit in
imprese che presentano caratteristiche molto diverse tra loro. Kaplan e Norton hanno basato
lo sviluppo del modello sulle best practices osservate nelle diverse imprese che hanno
utilizzato la BSC dai primi anni 90 del secolo scorso. Le ricerche sulla diffusione e le
modalit di impiego della BSC nei diversi paesi sono ancora limitate e si basano
principalmente sullanalisi empirica attraverso la somministrazione di questionari e analisi di
case studies. Il loro scopo quello di determinare le modalit di utilizzo dello strumento e le
differenze che si riscontrano in base al settore di appartenenza e alle dimensioni delle aziende.
Le ricerche sulla BSC possono essere raggruppate in tre aree tematiche che saranno trattate in
modo pi approfondito nel presente capitolo. Lo scopo quello di verificare leffettivo
successo della BSC e le modalit di utilizzo e di adattamento del modello teorico di Kaplan e
Norton nelle imprese.

2.1 Indagini sulla diffusione della BSC nelle aziende a livello nazionale
Ci sono diverse ricerche a livello nazionale che hanno come scopo lanalisi della diffusione
della BSC come strumento di misurazione della performance e implementazione della
strategia. La societ di consulenza Bain & Company ha eseguito una ricerca nel 2011 che
voleva verificare quali sono gli strumenti pi utilizzati dai manger e quali cambiamenti si
attendono in conseguenza dellattuale situazione economica mondiale. Come si pu vedere
nella figura 2, la BSC si colloca al sesto posto a livello globale. Se prendiamo in
considerazioni le singole regioni si pu notare che la BSC viene utilizzata in modo maggiore
in America Latina e Europa classificandosi al quinto e ottavo posto rispettivamente, perdendo
alcune posizioni in Asia e Nord America.
Nella figura 2 si pu osservare la classifica dei dieci strumenti di management pi utilizzati
dalle imprese proposta da Bain & Company. La ricerca, effettuata nel 2005 su 960 imprese ha
evidenziato un utilizzo della BSC nel 60-65% delle imprese Europee e del Nord America e
nel 58% e 43% tra le imprese Latino-Americane e asiatiche (Bain & Company 2005). Questi
dati possono essere spiegati con il fatto che la BSC stato uno strumento importante nelle
26

prime due regioni sin dal momento della sua introduzione nella prima met degli anni 90
(Creelman e Makhijani 2005).
Figura 2: I 10 strumenti di management pi utilizzati

Quello che si pu notare negli ultimi anni una diffusione sempre maggiore tra le imprese
asiatiche e latino-americane del modello BSC, ma il fatto che lo strumento sia ancora cos
popolare nelle regioni di prima introduzione dimostra la sua efficacia perch in caso contrario
sarebbe stato abbandonato.
Analizzando la Hall of Fame di Palladium Group
3
che nel 2012 contiene 178 imprese
possiamo notare che la presenza di quelle provenienti dal Nord America sono ancora le pi
numerose (65) ma c una presenza importante delle imprese Asiatiche e dellarea del pacifico
(52) e di quelle Latino-Americane (27) (Palladium Group 2012). Il vantaggio delle imprese
che si sono affacciate solo in tempi pi recenti alla BSC quello di avere a disposizione la
conoscenza delle best practices maturate nel tempo. Inoltre, hanno a disposizione un
framework completo che non si limita alla misurazione della performance ma comprende
anche tutti gli elementi per la gestione strategica quindi hanno una visione pi completa delle
potenzialit dello strumento (Creelman e Makhijani 2005).
Ax e Bjrnenak (2005) hanno condotto uno studio per determinare le modalit e i motivi per
cui la BSC si diffusa cos velocemente in Svezia. In primo luogo c da evidenziare il ruolo
dei soggetti che dettano le tendenze per quanto riguarda i nuovi sistemi di misurazione,

3
Societ fondata da Kaplan e Norton nel 1998 che offre i propri servizi di consulenza alle imprese interessate a
implementare la BSC.
27

gestione e controllo. Nel caso della Svezia la ricerca ha evidenziato che la diffusione della
BSC stata favorita principalmente dalle societ di consulenza, dagli accademici e dalle
imprese denominate early adopters che implementando il modello per prime e ottenendo
degli ottimi risultati servono da esempio positivo per gli altri (Ax e Bjrnenak 2005).
Un altro fattore importante nella diffusione della BSC in Svezia la diversa cultura
manageriale del paese rispetto a quella diffusa negli Stati Uniti. Nella cultura dei paesi nordici
si da pi importanza agli stakeholder piuttosto che agli azionisti e la BSC ha subito delle
modifiche per adattarsi meglio alla realt delle imprese svedesi. Questi adattamenti
riguardano la struttura della BSC che rispetto al modello originale proposto da Kaplan e
Norton (1992, 1996) pu prevedere una quinta prospettiva, quella dei dipendenti. Nelle
imprese che hanno fatto parte del campione di ricerca, la maggior parte
4
ha sviluppato la
prospettiva dei dipendenti (Ax e Bjrnenak 2005). La sua struttura flessibile oltre a permetterle
ladattamento allo stakeholder model ha dato la possibilit di collegarla ad altri strumenti di
successo gi in uso nelle imprese
5
. Innovazioni come la BSC spesso lasciano spazio a diverse
interpretazioni e questa caratteristica pu essere utilizzata per aumentare il bacino di utenza
poich unimpresa interessata al modello pu selezionare gli elementi che si adattano meglio
alle sue caratteristiche e necessit (Kieser 1997).
Nellultimo decennio sempre pi studi si sono interessati alla diffusione della BSC a livello
nazionale. Nel 1998 Malmi ha svolto una ricerca sulle modalit di utilizzo della BSC nelle
imprese finlandesi riuscendo ad individuare un totale di 27 imprese che avevano gi iniziato il
processo di implementazione del modello. Il campione era poi stato ridotto alle sole imprese
dellarea metropolitana di Helsinki riducendo il numero delle imprese contattate a 19. Nel
1999, Pere ha svolto una ricerca tra le grandi imprese con sede in Finlandia trovando che il
31% del campione stava gi utilizzando la BSC o un sistema di misurazione della
performance con caratteristiche simili mentre il 30% era in fase di implementazione. Nel 2001
Toivanen ha svolto unindagine che aveva tra i suoi obiettivi verificare la diffusione della
BSC tra le 500 imprese finlandesi di dimensioni maggiori. Il 38% del campione aveva
dichiarato di usare la BSC mentre il 19,2% stava considerando la sua introduzione. Questi dati
ci mostrano una tendenza crescente dellutilizzo della BSC a partire dal 1995 quando stata
adottata per la prima volta dalle imprese finlandesi (Toivanen e Jouko Ensio 2001). Si pu
notare che c stata una diffusione molto rapida del modello, che ha conosciuto un

4
Tra le quali alcune delle imprese pi importanti a livello nazionale come ABB, Electrolux e SKF
5
Ad esempio nel caso di Skandia che ha collegato le caratteristiche della BSC a quelle del modello Intellectual
Capital gi implementato dallimpresa con grande successo (Ax e Bjrnenak 2005)
28

considerevole successo nella regione della Scandinavia. Kald e Nilsson (2000) hanno svolto
una ricerca sui sistemi di misurazione della performance tra 236 Aree Strategiche dAffari
(ASA) appartenenti a imprese norvegesi, svedesi, finlandesi e danesi. Il 27% delle ASA ha
dichiarato di utilizzare gi la BSC mentre il 61% ha espresso lintenzione di implementarla
nei successivi due anni. Questi dati confermano la grande propensione dei paesi nordici ad
adottare sistemi di management innovativi per raggiungere livelli di eccellenza gestionale e
operativa (Eriksen, Kruse, Larsen 2006).
La ricerca sulla diffusione e le modalit di utilizzo della BSC condotta da Speckbacher,
Bischof e Pfeiffer nei paesi di lingua tedesca (Austria, Germania e Svizzera) ha portato alla
luce dei risultati diversi rispetto a quelli osservati nei paesi nordici. In questa regione prevale
la BSC nella sua visione tradizionale vicina allo Shareholders model. Le imprese prese in
considerazione hanno due caratteristiche principali: sono di grandi dimensioni e sono quotate
nella borsa del paese di appartenenza. Questo ha permesso di avere l87% dei questionari di
ritorno che costituisce un dato molto alto rispetto alle altre ricerche svolte con le stesse
finalit
6
. Delle 174 imprese che hanno partecipato alla ricerca solo 45 hanno dichiarato di
utilizzare la BSC rappresentando il 26% del totale (Speckbacher, Bischof, Pfeiffer 2003). Per
determinare le modalit di utilizzo della BSC il questionario prevedeva una suddivisione del
modello in tre tipologie diverse, in base alla presenza di alcuni criteri che si possono vedere
nella figura 3.
Figura 3: Classificazione BSC Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003)

I risultati hanno mostrato che il 50% delle imprese utilizzavano una BSC di primo tipo in
quanto soddisfacevano il livello minimo richiesto che prevede lutilizzo di misure strategiche
di tipo finanziario e non finanziario e/o obiettivi raggruppati in perspettive (Speckbacher,
Bischof, Pfeiffer 2003). Il 21% delle imprese stato inserito nella seconda tipologia poich

6
30% il tasso di ritorno nella ricerca nei paesi nordici (Kald e Nilsson 2000), 36% nella ricerca svolta in Brasile
(2010), 43% in Italia (Bubbio, Solbiati 2004), 17,8% in Australia (Bedford et al. 2008), 8,52% in India (Anand,
Sahay, Saha 2003).
29

oltre a soddisfare i criteri minimi utilizzavano una catena causa-effetto per descrivere la
propria strategia. Il restante 29% utilizzava la BSC di terzo tipo che comprendeva anche la
definizione di target per lattuazione della strategia e aveva un collegamento diretto con il
piano di remunerazione. La mancanza delle relazioni causa-effetto nella met del campione
pu essere spiegata con il fatto che la BSC era ancora nelle prime fasi di implementazione e
per la difficolt do ottenere questi collegamenti (Ittner e Larcker 2001).
La situazione che emerge da questi dati non molto positiva in quanto risulta che solo un
quarto delle imprese dei paesi di lingua tedesca utilizza la BSC e la maggior parte di esse
hanno implementato una versione incompleta del modello non sfruttando lintero potenziale
che lo strumento in grado di offrire (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003).
In Europa ci sono altri studi sulla diffusione della BSC (Bubbio e Solbiati 2004, Marc et al.
2010, Yazdifar e Askarany 2010) ma mancano dati al riguardo in paesi importanti come
Francia e Spagna. Nel 2010 stato svolto uno studio (Yazdifar e Askarany) per determinare
limportanza dei fattori contestuali sulla diffusione degli strumenti di contabilit analitica in
Gran Bretagna (GB), Australia e Nuova Zelanda. Lo studio prevedeva linvio di un
questionario a 500 imprese della GB ricevendo un tasso di risposta del 29%. Ai manager
stato chiesto di indicare se le loro imprese avevano preso in considerazione lutilizzo di
strumenti di misurazione e gestione dei costi come lABC, lActivity Based Management
(ABM), la BSC, il Benchmarking e altri. Il 45,4% delle imprese ha dichiarato di aver gi
implementato la BSC mentre il 15,2% stava prendendo in considerazione la possibilit di
introdurla. Questi dati portano ad un potenziale utilizzo della BSC nel 60,6% delle imprese
britanniche. Questo risultato in linea con quelli ottenuti negli USA, in Giappone e nei paesi
nordici che rappresentano le regioni con il maggior grado di diffusione della BSC.
Le ricerca svolta in Slovenia su novantatr imprese di grandi dimensioni
7
mostra che le
imprese di questo paese fanno ancora prevalente affidamento sulle misure di tipo finanziario
(Marc et al. 2010). Il 18% dei rispondenti non utilizzano alcun strumento di misurazione della
performance mentre il 25% ha dichiarato di aver implementato a tale scopo la BSC. Questo
dato in linea con quello dei paesi di lingua tedesca, anche se nel caso della Slovenia c
ancora molto spazio per migliorare il grado di utilizzo di misure non finanziarie per la
misurazione della performance aumentando in futuro il numero di imprese potenzialmente
interessate a utilizzare la BSC (Marc et al. 2010).

7
Unimpresa si considera di grandi dimensioni in questo caso quando rispetta due dei seguenti criteri: numero
di dipendenti maggiore di 250, ricavi annui maggiori di 29,2 milioni, patrimonio medio a fine esercizio
superiore a 14,6 milioni (Marc et al. 2010).
30

In Italia sono state condotte due ricerche sulla diffusione della BSC e sulle modalit di
utilizzo del modello (Amigoni e Vitali 2001, Bubbio e Solbiati 2004). Bubbio e Solbiati
(2004) hanno inviato un questionario a 250 imprese italiane, di cui 230 di grandi dimensioni e
20 di dimensioni medio-piccole
8
. Delle 106
9
imprese che hanno partecipato attivamente alla
ricerca solo il 17,92% ha dichiarato di utilizzare la BSC. A questo dato si pu aggiungere
quello delle imprese fortemente interessate a implementare la BSC raggiungendo un
complessivo 27%. Questo dato decisamente basso rispetto a quello che si osserva negli altri
paesi ma rappresentativo solo delle grandi imprese. Luniverso delle imprese italiane in
gran parte formato da piccole-medie imprese che sono solo marginalmente rappresentate nel
campione. Se infatti prendiamo in considerazione solo le imprese che hanno risposto al
questionario, la percentuale di imprese che utilizza la BSC sale al 35,19% e di queste 54
imprese, il 30% rappresentato da quelle di piccole-medie dimensioni. Amigoni e Vitali
hanno effettuato una ricerca su 79 imprese italiane di medie e grandi dimensioni. La loro
analisi empirica ha mostrato che le imprese sono ancora orientate verso lutilizzo degli
obiettivi di breve periodo come la massimizzazione del risultato operativo e il conseguimento
di obiettivi di efficienza e produttivit. Gli obiettivi della prospettiva dellinnovazione e dello
sviluppo risultano avere unimportanza marginale (Amigoni e Vitali 2001). Per quanto
riguarda le misure invece, si pu notare che quelle pi diffuse riguardano le misure di risultato
(risultato opertativo, margine operativo lordo) e quelle centrate su determinanti di risultato
(ricavi di vendita, costo dei materiali). Altre misure ritenute rilevanti sono quelle relative alla
crescita e sviluppo dimensionale come i volumi di vendita e alla relazione con i clienti come
la qualit del servizio. Lutilizzo di indicatori di tipo non-finanziario diventata una prassi
nelle aziende analizzate ma ci che le distingue lampiezza dell loro impiego. I livelli
organizzativi coinvolti nel processo di valutazione della performance sono situati al vertice
(livello corporate e divisionale) con poche eccezioni che coinvolgono anche livelli pi bassi
come quello funzionale e di unit organizzative (Amigoni e Vitali 2001).
Tra i paesi Latino-Americani possiamo prendere in considerazione il caso del Brasile che
rappresenta leconomia pi dinamica di questarea. La ricerca svolta nel 2010 da Luiza su un
campione di 150 imprese ha avuto un tasso di risposta pari al 36% (46 questionari ricevuti).
Lobiettivo principale era quello di verificare in che misura il metodo BSC conosciuto dai
manager e il grado di diffusione dello strumento tra le imprese che operano in Brasile. Questo

8
Per imprese di grandi dimensioni, Bubbio e Solbiati intendono le imprese quotate e non, con un fatturato
maggiore di 125 milioni. Le imprese medio-piccole hanno rispettivamente un fatturato minore di 125
milioni.
9
54 hanno restituito il questionario compilato mentre le restanti 52 sono state oggetto di interviste
telefoniche.
31

paese, pur essendo tra i primi al mondo per quanto riguarda il tasso di crescita economica,
presenta ancora una grande disuguaglianza di sviluppo tra le sue varie regioni. La regione
sud-occidentale e in particolare lo stato So Paulo ha rappresentato pi della met del
campione (59% del totale).
Uno dei dati pi sorprendenti di questa ricerca il fatto che solo il 4% del campione (2
imprese) ha dichiarato di non conoscere la BSC. Un risultato molto basso se confrontato con
il 25% delle imprese che hanno risposto in modo analogo nella ricerca svolta da Speckbacher,
Bischof e Pfeiffer (2003). Questa differenza pu essere spiegata almeno in parte dal fatto che
tra le due ricerche c una differenza di sette anni, tempo in cui la BSC ha conosciuto una
notevole diffusione sia in letteratura che allinterno delle aziende. Delle 46 imprese che hanno
partecipato alla ricerca, il 48% ha dichiarato di utilizzare la BSC ma a questo dato pu essere
aggiunto unulteriore 15,2% che rappresenta le imprese che hanno espresso la volont di
adottarla nel futuro. Il 63,2% che si ottiene sommando questi due dati in linea con quelli che
sono stati trovati in GB (Yazdifar e Askarany 2010), Finlandia (Toivanen 2001) e Norvegia
(Kald e Nilsson 2000). Questo dato, pur essendo molto positivo non definitivo in quanto
altre sette imprese (15%) erano nella fase di prima valutazione dello strumento per cui ci si
pu attendere unulteriore aumento della percentuale di implementazione della BSC in Brasile
nei prossimi anni.
Per quanto riguarda le imprese del Nord-America, Silk (1998) ci indica che il 60% delle
imprese di Fortune 1000 utilizzano la BSC mentre Ittner et al. (2003) hanno preso in
considerazione solo il settore finanziario trovando che il 20% del campione utilizzava questo
strumento. Una ricerca pi recente svolta nel 2006 (Soderberg) voleva verificare quali
caratteristiche della BSC secondo il modello Kaplan e Norton sono presenti nelle imprese
canadesi. A questo scopo hanno inviato un questionario via e-mail a 2218 imprese ricevendo
149 risposte complete che rappresentano il 6,7% del totale. Anche questa ricerca, come quella
svolta da Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) ha visto una scomposizione della BSC in
diversi livelli in base alle componenti introdotte da ciascunimpresa del campione. Per essere
classificate come imprese BSC, queste devono avere in primo luogo una strategia ben
definita. Di seguito necessario che lazienda abbia introdotto un sistema di misurazione
della performance basata sulla propria strategia.
Prendendo in considerazione questa classificazione, Soderberg ha riscontrato che il 73,8%
(110) delle imprese rientrava quantomeno nella prima categoria che rappresenta il dato pi
alto riscontrato finora ma per poter essere paragonato agli altri studi si dovrebbe partire dal
32

livello 2a
10
e in questo caso il numero scende a 50,3% (75). Questo dato rimane rilevante
essendo molto pi alto rispetto a quello che si constatato nei paesi di lingua tedesca (26%) e
leggermente pi basso alla situazione nei paesi del Nord-Europa.
In Asia la BSC arrivata leggermente pi tardi e un esempio di questo la sua diffusione tra
le imprese giapponesi. La ricerca condotta nel 2003 da Sakurai et al. su 107 imprese ha
mostrato che solo il 18,7% aveva introdotto la BSC, la maggior parte di cui stata
implementata solo parzialmente. Altri studi (Nomura Research Institute 2000, Morisawa e
Kurosaki 2003) hanno confermato questo dato ma visto che il 30-35% delle imprese aveva
intenzione di introdurre la BSC negli anni seguenti possibile attendersi una sua diffusione
pi ampia. Morisawa e Kurosaki (2003) prevedevano un incremento notevole
dellintroduzione della BSC in Giappone tra il 2003 e il 2005.
Nello stesso periodo stata svolta una ricerca in India (Anand, Sahay e Saha 2003) e i dati
che emergono in questo caso sono decisamente diversi rispetto al caso giapponese. La ricerca
consisteva nellinvio di un questionario a 579 imprese medio-grandi che operano sul territorio
indiano. La scelta di inviare il questionario via e-mail ha confermato un tasso di risposta basso
(8,52%) come nel caso del Canada (Soderberg 2006). 24 imprese su 53 avevano adottato la
BSC rappresentando il 45,28%. Questo dato vicino al 40% trovato in India nel 2001 da
Joshi, al 48% del Brasile (Luiza 2010) e al 45,4% della GB (Yazdifar e Askarany 2010).
La situazione simile in Australia dove la BSC stata implementata nel 40,3% dei casi
mentre risulta diversa in Nuova Zelanda con il 25,7% (Yazdifar e Askarany 2010).
Questultimo dato si avvicina molto al 27% riscontrato in Italia (Bubbio e Solbiati 2004), al
25% trovato in Slovenia (Marc et al. 2010) e al 26% dei paesi di lingua tedesca (Speckbacher,
Bischof e Pfeiffer 2003). Nel caso della Nuova Zelanda, il dato stato giustificato con il fatto
che in questo paese operano in prevalenza PMI che hanno maggior difficolt ad implementare
nuovi strumenti per la misurazione della performance e la gestione della strategia.





10
Il livello 2a paragonabile alla BSC di primo livello nella classificazione fatta da Speckbacher, Bischof e
Pfeiffer (2003) e oltre agli elementi di partenza comprende la presenza sia di misure economiche che non
economiche e la presenza di misure driver e misure di risultato.
33

2.2 Studi empirici sulle modalit e le motivazioni per lutilizzo della BSC
Molti studi (Malmi 2001, Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003, Soderberg 2006, Anand et al.
2005) che si sono concentrati sullanalisi della diffusione della BSC hanno preso in
considerazione anche le modalit con le quali la BSC viene implementata e le motivazioni che
spingono le imprese e i manager ad introdurre questo strumento.
Questo tipo ti ricerca non facile nel caso della BSC principalmente per due motivi.
Innanzitutto esistono diverse interpretazioni su quali sono le caratteristiche che definiscono la
BSC. In molti casi le aziende sostengono che il loro sistema di misurazione della performance
una BSC per il semplice motivo che combina misure economico-finanziarie e misure non
contabili. La BSC sin dalla sua introduzione nel 1992 aveva degli elementi che andavano ben
oltre questa semplice caratteristica. Non c dubbio sul fatto che nelle intenzioni di Kaplan e
Norton il concetto da loro sviluppato andava ben oltre questa definizione semplicistica
(Kaplan e Norton 2001 p.94). Il secondo elemento di difficolt la natura dinamica del
modello. Nelle loro pubblicazioni Kaplan e Norton (1996, 2001, 2004), hanno costantemente
aggiornato la BSC aggiungendo diversi elementi innovativi come le MS e lOSM. Questa
caratteristica ha come fattore positivo una sua maggiore completezza e diffusione ma allo
stesso tempo rende difficile una sua definizione univoca (Ittner e Larcker 1998, Speckbacher,
Bischof e Pfeiffer 2003). La difficolt di determinare in modo preciso e condiviso il concetto
della BSC pu aggiungere un elemento di errore nelle ricerche empiriche su questo
argomento.
Per ovviare a questi problemi, Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) hanno diviso la BSC in
tre tipologie diverse in base alla letteratura e ai diversi passi che le imprese intraprendono
nellimplementazione dello
strumento. Per capire meglio i
risultati della loro ricerca
necessario vedere in dettaglio la
classificazione da loro eseguita
(Speckbacher, Bischof e
Pfeiffer 2003 p 363). La BSC di
primo tipo comprende i
requisiti minimi che consistono
nella presenza di una specifica
struttura multidimensionale (le prospettive della BSC) per la misurazione della performance
Tabella 1

Prospettive
Nr.
Imprese Percentuale
Economico-Finanziaria 40 95
del Cliente 39 93
Processi Interni 41 98
Innovazione e Apprendimento 24 57
Altre 7 17
Fonte: Speckbacher et al. 2003

34

che combina misure strategiche di natura contabile e non contabile. Questa definizione
molto vicina a quella data da Malmi (2001) e alla BSC di livello 2a nella ricerca svolta da
Soderberg (2006). La BSC di secondo tipo aggiunge agli elementi gi citati la descrizione
della strategia aziendale attraverso legami di causa-effetto. Anche in questo caso c
unaffinit con Malmi (2001 p.216) in quanto ritiene che un sistema di misurazione della
performance sprovvista di relazioni di causa-effetto pu comunque essere definita come BSC.
Infine, la BSC di terzo tipo si distingue dalle precedenti perch comprende anche la
definizione di obiettivi, piani dazione e risultati per limplementazione della strategia e
perch serve come base per il sistema di incentivazione.
Per quanto riguarda le modalit di implementazione della BSC, Speckbacher, Bischof e
Pfeiffer (2003) hanno riscontrato che quasi tutte le imprese del loro campione (42
11
)
utilizzano almeno tre delle prospettive proposte da Kaplan e Norton (1992) mentre solo poco
pi della met utilizza anche la prospettiva dellinnovazione e apprendimento. Questo dato
sorprende perch in grande contrasto con Kaplan e Norton (1996) che sostengono di non
aver mai trovato nelle imprese una BSC con meno di quattro prospettive. Solo sette imprese
su quarantadue (17%) ha deciso di utilizzare delle prospettive supplementari, considerando le
quattro proposte da Kaplan e Norton (1992, 1996) insufficienti.
Analizzando le componenti introdotte nella BSC, Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003)
hanno osservato che tutte le imprese hanno adottato obiettivi e misure strategiche.
Come si pu notare anche nella
tabella 2, trentuno imprese hanno
fatto il passo successivo
inserendo nella BSC anche i
target o i piani dazione. Pur
essendo un elemento di
fondamentale importanza (Kaplan
e Norton 1996, Norreklit 2000), le relazioni di causa-effetto tra gli obiettivi e le misure delle
varie prospettive sono state sviluppate solo da met delle imprese del campione. Il 71% delle
imprese infine, ha collegato gli incentivi alla BSC.

11
45 imprese su 201 hanno risposto al questionario ma solo 42 hanno costituito il campione in quanto 3
questionari erano incompleti.
12
Il 71% stato calcolato su un totale di 38 imprese (sette imprese sul campione iniziale di 45 non hanno
risposto a questa sezione).
Tabella 2

Componenti Nr. Imprese Percentuale
Obiettivi e misure
strategiche 42 100
Target o Piani d'azione 31 74
Relazioni causa-effetto 21 50
Incentivi collegati alla BSC 27 71
12

Fonte: Speckbacher et al. 2003

35

Facendo unanalisi di questi dati, possiamo arrivare alla classificazione delle imprese nelle tre
tipologie di BSC proposte da
Speckbacher, Bischof e Pfeiffer
(2003). Come si evince dalla tabella
3, solo il 29% delle imprese ha
sviluppato una BSC completa.
Questo ci indica che solo poco pi
di un quarto delle imprese che
hanno implementato la BSC possono potenzialmente godere di tutti i suoi benefici.
Kaplan e Norton (1996) hanno enfatizzato il fatto che la BSC dovrebbe essere utilizzata a
livello di BU. I dati raccolti da Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) confermano questo
fatto perch a questo livello organizzativo la BSC utilizzata dal 98% del campione. Se
invece si fa unanalisi prendendo in considerazione le tre diverse tipologie separatamente, si
osserva che le BSC di primo e secondo tipo sono implementate principalmente a livello di BU
o a livello corporate mentre la BSC di terzo presenta una copertura pi vasta, arrivando pi
spesso anche a livelli pi bassi come quello dei reparti (23%) o a livello di squadra (10%).
Paragonando questi dati a quelli trovati in Australia (Bedford et al. 2008) si pu notare una
grande difformit nelle modalit di utilizzo. In questo paese, quasi tutte le imprese hanno
implementato la BSC a livello corporate (96,7%) e si pu notare che succesivamente viene
trasmessa ai livelli gerarchici pi bassi in modo molto pi ampio. In particolare, si osserva un
grande divario a livello di squadra (72,5% contro il 10%) e a livello individuale (62,6% contro
il 3%). Kaplan e Norton (1996, 2001) ritengono che il trasferimento a cascata della BSC porti
dei benefici giacch facilita la comunicazione della strategia in tutta limpresa, e di
conseguenza, permette lallineamento delle azioni dei dipendenti con gli obiettivi da
raggiungere. Questo ci consente di affermare che le modalit di implementazione della BSC
in Australia potenzialmente in grado di portare dei benefici maggiori in termini di
performance rispetto a quando accade nei paesi di lingua tedesca (Bedford et al. 2008).
Anche se si considera la BSC per la sua funzione di comunicazione della strategia, la
tendenza molto simile. La BSC di primo e secondo tipo viene utilizzata per divulgare la
strategia aziendale a livello di top management e middle management con solo il 3% che
arriva al livello dei singoli dipendenti. Met delle imprese che utilizzano una BSC di terzo
tipo invece la impiega anche per comunicare la strategia ai livelli gerarchici pi bassi
(Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003).

Tabella 3

Nr. Imprese Percentuale
BSC di primo tipo 21 50
BSC di secondo tipo 9 21
BSC di terzo tipo 12 29
Totale 42 100
Fonte: Speckbacher et al. 2003

36

Kaplan (2010) sostiene che la BSC incorpora gli interessi degli stakeholder nellambito di una
strategia coerente e in un contesto di creazione del valore quando le prestazioni ottenute con
questi stakeholder sono importanti per il successo della strategia. Nella BSC Kaplan e Norton
(1992, 1996) considerano i manager in modo sequenziali attraverso le relazioni di causa-
effetto (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003). La situazione che emerge nei paesi di lingua
tedesca suggerisce che le imprese considerano la BSC per migliorare la gestione del valore
per gli azionisti e non per migliorare lorientamento verso gli stakeholder. Bedford et al.
(2008) hanno trovato dei risultati diversi in Australia. In questo paese la BSC considera in
modo maggiore gli stakeholder e questo supportato dal fatto che le prospettive utilizzate
dalle imprese australiane, oltre alle tradizionali quattro, contano anche quella dellambiente,
della comunit, dei fornitori e del governo (Bedford et al. 2008 p.27). Sia nei paesi di lingua
tedesca che in Australia inoltre, la BSC non viene utilizzata per migliorare la gestione e
linvestimento nelle attivit immateriali (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003, Bedford et al.
2008)

Una ricerca paragonabile a quella di Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) per le sue
modalit di svolgimento e analisi dei dati quella di Soderberg (2006). Anche in questo caso
le imprese sono state classificate in base alle caratteristiche della loro BSC anche se il metodo
leggermente diverso. Soderberg (2006) ha diviso le imprese del suo campione (149) in
cinque classi diverse aggiungendo la sesta per quelle che non hanno raggiunto i requisiti
minimi per essere considerate imprese BSC.
Le BSC di livello 2a nello studio di Soderberg (2006) sono analoghe a quelle di primo tipo in
Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) e si caratterizzano per il fatto che utilizzano una
combinazione di misure economico-finanziarie e non economico-finanziarie e per la presenza
di misure dei driver e misure ex-post. Le imprese contraddistinte da questo tipo di BSC, in
Canada ha raggiunto il 12,7% che un risultato molto basso se paragonato al 50% nei paesi di
lingua tedesca. Un altro dato che presenta un divario considerevole tra queste due ricerche
riguarda la percentuale dimprese che ha sviluppato relazioni di causa-effetto tra gli obiettivi e
le misure della BSC. In Canada emerge che il 73,6% delle imprese hanno inserito legami
causa-effetto nei loro sistemi di misurazione della performance mentre nei paesi di lingua
tedesca questo dato arriva solo al 50%. In altri studi come quello di Ittner e Larcker (2003) le
relazioni causa-effetto erano presenti in un numero che non raggiungeva il 30% dei casi.
Soderberg (2006) prova a spiegare questa discrepanza con il fatto che la definizione di
relazioni causa-effetto utilizzata da lui meno stringente rispetto agli altri studi (Speckbacher,
37

Bischof e Pfeiffer 2003, Ittner e Larcker 2003) quindi il numero di BSC con tale caratteristica
risulta maggiore.
In Canada, le imprese che hanno sviluppato una BSC completa raggiungendo il quarto livello
nella classificazione fatta da Soderberg sono il 32,7%. Questo risultato in linea con il 29%
individuato da Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) nei paesi di lingua tedesca.
Per quanto riguarda la funzione di comunicazione della strategia, la ricerca di Soderberg
(2006) conferma che la BSC svolge un ruolo importante in questo senso. Tra le imprese
inserite in uno dei quattro livelli della BSC, l82% ha dichiarato che la loro strategia stata
compresa in modo adeguato dai dipendenti mentre alla stessa domanda solo il 26% delle
imprese classificate
come non-BSC hanno
risposto allo stesso
modo.
Se consideriamo la
struttura della BSC e
in particolare le prospettive utilizzate, possiamo notare nella tabella 4 che non c alcuna
differenza per quanto riguarda quella finanziaria. La situazione cambia se si prendono in
considerazione le altre tre prospettive. Se paragoniamo i dati della tabella 4 con quelli della
tabella 1 si pu notare che la percentuale di utilizzo delle tre prospettive che non includono
dati finanziari sensibilmente maggiore nei paesi di lingua tedesca rispetto alla situazione
canadese.
Unulteriore punto di analisi di Soderberg (2006) riguarda il collegamento tra il sistema di
misurazione della performance e il sistema di incentivazione. Le imprese BSC hanno fatto
questo collegamento nell86% dei casi mentre la percentuale scende al 72 nel caso delle
imprese non-BSC. Questo dato leggermente superiore ma resta in linea con quello
individuato da Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) che si attesta al 71%.
Hofstede (1983) ha dimostrato attraverso uno studio basato su un campione molto ampio
(impiegati della IBM di 64 paesi) che ci sono delle differenze a livello regionale o dei singoli
paesi nel disegnare e utilizzare i sistemi di controllo di gestione. Per questo motivo pu essere
utile prendere in considerazione i metodi di utilizzo della BSC nelle regioni contraddistinte da
un aspetto socio-culturale comune. Nei paesi del nord Europa ci sono stati vari studi empirici
(Kald e Nilsson 2000, Malmi 2001, Stemsrudhagen 2003) che si sono concentrati sulle
Tabella 4

Prospettive Imprese BSC Imprese non-BSC
Economico-Finanziaria 95% 95%
del Cliente 74% 51%
Processi Interni 62% 49%
Innovazione e Apprendimento 42% 28%
Fonte: Soderberg 2006

38

modalit di utilizzo dei sistemi di misurazione della performance e in particolare della BSC.
Le misure ritenute pi importanti e che trovano maggior spazio nella BSC in questi paesi sono
quelle che riguardano la profittabilit. I controller che hanno partecipato alla ricerca hanno
dato meno importanza alle misure che monitorano il valore per gli azionisti (Kald e Nilsson
2000). Questo un risultato inatteso se consideriamo che nei paesi anglosassoni e in altri
paesi dellEuropa continentale le misure che monitorano lo shareholder value sono
predominanti (Lysandrou e Grahl 2009). Da questo studio (Kald e Nilsson 2000) emerge
inoltre che a causa dellaumento della competizione a livello globale, le BU hanno dovuto
enfatizzare in modo maggiore le misure collegate allaspetto operativo e ad altre aree di
importanza strategica. Le misure meno utilizzate risultano quelle che fanno riferimento alla
soddisfazione dei dipendenti, allo sviluppo dei prodotti e dei processi e alla tecnologia. Questi
dati sono sorprendenti poich riguardano la competitivit futura delle imprese e quindi sono
aspetti che dovrebbero essere tenuti sotto controllo (Kald e Nilsson 2000).
Stemsrudhagen (2003) ha condotto uno studio su 83 imprese norvegesi operanti nel settore
manifatturiero e ha riscontrato che le imprese che hanno implementato la BSC si distinguono
dalle altre per un maggior utilizzo di cinque misure. Tre di queste misure sono i tempi di
allestimento, i tempi di consegna e misure di tipo non contabile della produttivit e
corrispondono allarea dei processi interni mentre le altre due sono lEVA e la soddisfazione
dei dipendenti. Questultima misura in contrasto con i dati presentati da Kald e Nilsson
(2000).
In Finlandia (Malmi 2001) la struttura della BSC non si discosta molto dal modello originale
di Kaplan e Norton (1992, 1996, 2001). La maggior parte delle imprese utilizza le classiche
quattro prospettive. Fanno eccezione due imprese che hanno aggiunto la prospettiva dei
dipendenti, pratica diffusa anche tra le imprese svedesi (Malmi 2001). La presenza della
prospettiva dei dipendenti collegata al modello capitalistico dei paesi nordici e in particolare
di quello svedese che si basa su accordi reciproci e la cooperazione indipendente tra i datori di
lavoro, i lavoratori e le altre parti interessate. Linserimento degli stakeholder nella BSC pu
quindi essere visto come un ponte tra la BSC stessa e la cultura imprenditoriale dei paesi
nordici, dove il coinvolgimento dei dipendenti considerato un fattore critico di successo (Ax
e Bjrnenak 2005).
Anche per quanto riguarda il numero di misure utilizzate, si rimane allinterno del framework
originale oscillando da un minimo di cinque a un massimo di venticinque. I manager
intervistati da Malmi (2001) sostengono che le misure inserite nella BSC sono state ricavate
39

dalla strategia in un approccio causa-effetto ma unindagine pi approfondita ha fatto
emergere che c ancora molta confusione su questo punto. Le argomentazioni portate dai
manager a supporto delle loro scelte hanno evidenziato il fatto che questo passaggio non
stato compreso in modo appropriato. La maggior parte delle imprese stabilisce degli obiettivi
relativi alle misure e in questo modo rendono esplicite le principali responsabilit dei
manager. Alcune imprese invece non fissano obiettivi, utilizzando la BSC come sistema
informativo per dare un supporto al raggiungimento degli obiettivi di tipo economico (Malmi
2001).
Kald e Nilsson (2000) hanno studiato le motivazioni per cui vengono utilizzati i sistemi di
misurazione della performance nei paesi nordici. Per le imprese di questa regione
lintroduzione di modelli come il VBM, lo Strategic Management Accounting (SMA) e la
BSC serve per supportare i processi decisionali e per migliorare il calcolo della profittabilit
dei prodotti e dei clienti. In Finlandia, le imprese utilizzano la BSC prevalentemente per
collegare la strategia alle operazioni (Malmi 2001). Molti manager hanno semplicemente
affermato che lintroduzione della BSC stata suggerita da un consulente esterno nellambito
di altre iniziative. A questo proposito Ittner e Larcker (1998) hanno studiato il ruolo dei
consulenti nelle decisioni di adottare nuovi sistemi di misurazione della performance. Questa
ricerca non riuscita a stabilire se la BSC rappresenta una soluzione reale ai problemi
affrontati dalle imprese oppure solo un prodotto facilmente commercializzabile da parte dei
consulenti grazie alla sua popolarit. Norreklit (2003) ha condotto uno studio per determinare
se i testi pubblicati da Kaplan e Norton sulla BSC presentano delle argomentazioni
convincenti a sostegno del modello oppure sono state usate tecniche di persuasione per
favorire la sua promozione tra i consulenti e il mondo accademico. Nellarticolo pubblicato
nel 2003, Norreklit sostiene che la loro argomentazione insostenibile e fragile ed offuscata
da strumenti stilistici perci la popolarit della BSC dovuta a uno stile propagandistico e
allattendibilit delleditore (HBS) e dei due autori (Norreklit 2003 p.610). Nonostante
questanalisi di Norreklit (2003) non si pu concludere che la diffusione della BSC sia dovuta
solo alla retorica di Kaplan e Norton e non alla sua efficienza (De Geuser et al. 2009).
Wiersma (2009) ha concentrato lattenzione sui motivi per i quali i manager utilizzano la BSC
raccogliendo le informazioni attraverso un sondaggio a cui hanno partecipato 224 manager di
19 imprese olandesi. Dai dati raccolti emerso che la BSC utilizzata come supporto ai
processi decisionali e per la razionalizzazione delle decisioni, per il coordinamento e per
lautomonitoraggio. Il passo successivo della ricerca prevede lanalisi dei driver che spingono
i manager a utilizzare la BSC per questi fini. La funzione di coordinamento risulta importante
40

quando i manager ritengono importante valutare la performance dei dipendenti a loro
subordinati. Sia in questo caso che in quello in cui la BSC utilizzata come supporto al
processo decisionale, gioca un ruolo importante la sensibilit dei manager alle nuove tipologie
di informazione. Infine, la BSC utilizzata per auto-monitoraggio quando allinterno
dellimpresa ritenuta importante la valutazione manageriale (Wiersma 2009). Da questo
studio emerge anche che let, il sesso, lesperienza lavorativa e il numero di lavoratori
subordinati non hanno nessuna relazione con le modalit di utilizzo della BSC da parte dei
singoli manager.
Unaltra ricerca condotta sulle imprese olandesi (Braam e Nijssen 2008) ha offerto un
contributo per identificare i fattori che incidono sulla decisione di adottare la BSC. Braam e
Nijssen (2008) ritengono che per lo studio sullintroduzione di strumenti amministrativi
innovativi come la BSC importante tenere in considerazione sia le caratteristiche che si
vogliono preferire sia il livello gerarchico della loro implementazione. Per questo motivo la
BSC stata considerata distintamente nelle sue funzioni di sistema di misurazione della
performance (SMP) e di sistema di gestione strategica (SGS).
I risultati hanno mostrato che il coinvolgimento dei top manager e della direzione finanziaria
facilitano lintroduzione della BSC sia come SMP sia come SGS. In modo analogo, una
buona comunicazione tra i reparti allinterno dellimpresa favorisce lintroduzione della BSC
ma solo come SGS. Braam e Nijssen (2008) spiegano questo risultato con il fatto che
lintroduzione di un SGS richiede un adattamento della BSC alla strategia aziendale per cui la
comunicazione tra i reparti cruciale per la definizione della sua struttura. La
formalizzazione, intesa come grado di standardizzazione dei ruoli, delle procedure e delle
regole hanno un effetto negativo sullallineamento della BSC alla strategia perci impedisce
la sua implementazione come SGS.
Questo studio (Braam e Nijssen 2008) ha delle limitazioni in quanto il campione di
riferimento non molto ampio e anche il numero di fattori organizzativi che influenzano la
decisione di adottare la BSC preso in considerazione ridotto ma nonostante questo si
possono ricavare degli insegnamenti importanti. I risultati suggeriscono che il primo passo dei
manager verso lintroduzione della BSC dovrebbe essere la decisione sulla forma da adottare.
Di seguito si consiglia di favorire un maggior coinvolgimento dei manager e un
miglioramento dei canali interni di comunicazione nel caso in cui la BSC venisse utilizzata
come SMP e di garantire il supporto della direzione finanziaria nel caso in cui la BSC avesse
il ruolo di SGS. Anche in Australia la soluzione suggerita da Malina e Selto (2001) per
41

superare le difficolt sulla determinazione delle misure e degli obiettivi riguarda il
miglioramento della comunicazione tra i reparti e soprattutto tra i vari livelli gerarchici.
In India (Anand, Sahay, Saha 2005) la BSC viene introdotta principalmente per supportare un
processo di cambiamento organizzativo, ampliare le misure di performance e facilitare
lintegrazione tra il business plan e il piano finanziario. La prospettiva finanziaria
considerata ancora molto pi importante delle altre seguita da quella dei clienti, degli azionisti
dei processi interni e dello sviluppo e lapprendimento. Quello che emerge un utilizzo di un
numero elevato di prospettive che in molti casi superano le quattro del modello Kaplan e
Norton (1992, 1996). Questo approccio in linea con quanto teorizzato da Kaplan e Norton e
riscontrato da Malmi (2001) ma in contrasto con Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003). Il
numero di misure di cui si avvalgono le imprese indiane oscilla tra un minimo di quattro e un
massimo di venticinque in modo del tutto analogo a quanto emerso in Finlandia (Malmi
2001).
Per determinare il modo in cui la BSC migliora la performance delle imprese, de Geuser et al.
(2009) hanno testato empiricamente lorigine di tale risultato basandosi sui cinque principi
proposti nel 2001 da Kaplan e Norton nel loro libro Strategy-Focused Organisation (SFO). I
dati analizzati sono stati raccolti attraverso linvio di questionari a imprese europee
partecipanti a diverse conferenze sulla BSC. Le misure di performance prese in
considerazione sono le seguenti (de Geuser 2009):
i. La valutazione del successo della BSC da parte dei manager.
ii. La relazione costi-benefici derivante dallo sviluppo della BSC.
iii. Lintegrazione dei processi di gestione fondamentali attraverso la rappresentazione del
business e del modello organizzativo basato sulla BSC.
iv. La maggior autonomia delle BU in seguito allintroduzione della BSC.
v. Una misura aggregata ponderata che rappresenta il successo globale
dellimplementazione della BSC.
Complessivamente, i manager delle BU hanno considerato limplementazione un successo ma
questa valutazione presenta una certa variazione tra le varie funzioni. I risultati indicano che
la BSC in primo luogo uno strumento per la gestione a livello aziendale e di BU. I punteggi
pi alti sono stati ricevuti dai manager che operano a questi livelli gerarchici.
Per quanto riguarda la seconda misura, i benefici economici derivanti dallintroduzione di un
sistema come la BSC non sono facili da individuare. La percezione della maggioranza dei
42

manager (72,2%) che hanno partecipato alla ricerca che in questo caso i benefici sono
mediamente maggiori dei costi sostenuti. Questa valutazione tuttavia del tutto soggettiva
questa circostanza stato confermato dal fatto che non sono stati in grado di stimare i benefici
economici direttamente ricollegabili alla BSC (de Geuser 2009).
Il punteggio maggiore per quanto riguarda i benefici derivanti dalla BSC stato ricevuto dalla
terza misura che riguarda lintegrazione tra i vari processi di gestione delle BU. Lanalisi dei
singoli elementi evidenzia che il vantaggio maggiore deriva dalle funzioni di misurazione
della performance e dellallineamento strategico (de Geuser 2009). Questi dati sono coerenti
con Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) poich confermano che le imprese utilizzano la
BSC principalmente come sistema di misurazione strategica della performance.
La maggior autonomia delle BU sempre pi importante in un ambiente competitivo come
quello in cui operano le imprese in questi anni. La decentralizzazione porta generalmente tre
benefici: favorisce la motivazione e la creativit, permette a molte persone di lavorare sullo
stesso problema e promuove la flessibilit e lindividualizzazione (Malone 2004). Non sempre
la decisione di accordare maggior autonomia alle BU appropriata e molto dipende dalle
scelte strategiche ma siccome il lavoro cognitivo diventa sempre pi importante in tutti i
settori economici e linnovazione diventa un fattore critico di successo i benefici della
decentralizzazione diventano sempre pi importanti (Malone 2004). I risultati della ricerca
mostrano che la BSC ha un ruolo importante nel processo di decentralizzazione e
responsabilizzazione delle BU (de Geuser 2009). In particolare, i dati mostrano che la BSC
consolida lautonomia in aspetti organizzativi come la misurazione della performance, la
decisione degli obiettivi da raggiungere, la ristrutturazione della catena del valore o nello
sviluppo dei sistemi di incentivazione (de Geuser 2009).
Sommando i punteggi ottenuti da queste quattro misure si pu sostenere che la BSC sia uno
strumento in grado di accrescere il valore dellimpresa. Due dei principi del SFO tuttavia (il
ruolo della direzione esecutiva nel processo di cambiamento e la partecipazione di tutto il
personale allelaborazione e allimplementazione della strategia), non hanno mostrato la
capacit di incidere sulla performance aziendale e quindi non sembrano essere dei prerequisiti
per implementare la BSC con esito positivo. Questo ci suggerisce che il modello di Kaplan e
Norton (2001) solo parzialmente supportato dai dati qui ottenuti. De Geuser et al. (2009)
sono comunque cauti nel generalizzare i risultati della ricerca poich non tutte le imprese del
campione avevano realizzato una BSC corrispondente a quella di terzo tipo secondo
Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) essendo nella parte iniziale o intermedia del processo.
43

Lanalisi empirica di Bedford et al. (2008) ha fatto emergere tre tematiche di particolare
interesse per le imprese interessate ad implementare la BSC. In primo luogo, derivare le
misure della BSC attraverso una logica di causa-effetto aumenta i benefici derivanti dal
modello. Questo approccio ha vantaggi che sono emersi soprattutto quando gli incentivi sono
collegati al raggiungimento degli obiettivi di tipo non contabile. Le relazioni di causa-effetto
pu aiutare a ridurre il numero degli obiettivi permettendo di focalizzarsi su quelli pi
importanti. Studiando questi collegamenti tra le misure e gli obiettivi, Bedford et al. (2008)
hanno osservato che le mappe strategiche sono utilizzate solo dal 17% delle imprese
australiane con il 60% del campione che ha dichiarato di non conoscere questo concetto.
Prendendo in considerazione le varie modalit di utilizzo della BSC, pu essere spiegato il
fatto per cui il collegamento del sistema di incentivazione alle misure di natura non contabile
non un prerequisito per il suo successo. Nel caso in cui la BSC venga impiegata per fornire
le informazioni necessarie al management per il processo decisionale o come base per il
Management by Objectives (Malmi 2001), il collegamento tra gli incentivi e le misure in
grado di portare un certo vantaggio.
Infine, stato evidenziato che la BSC in Australia nella maggior parte dei casi viene trasferita
a cascata dal livello corporate a tutti i livelli gerarchici ma non stato riscontrato nessun
vantaggio da questo tipo di pratica (Bedford et al. 2008). Questo in contrasto con quanto
suggerito da Kaplan e Norton (1996) ma pu essere spiegato con il fatto che il trasferimento
della BSC a tutti i livelli dellimpresa non sempre porta benefici. Molto dipende dal fine per
cui utilizzata la BSC o dalla struttura dellimpresa.

2.3 Ricerche sulle differenze di utilizzo in base alle dimensioni delle aziende
Kaplan e Norton (1992, 1996) hanno sviluppato il modello BSC avendo in considerazione la
sua implementazione nelle grandi imprese. Ci sono molti studi (Rothberg 2012, Niven 2003,
Yu et al. 2008, Kaplan e Norton 1992, 1996, 2001) che spiegano le modalit di utilizzo della
BSC in questo tipo di aziende ma la sua implementazione nelle PMI un fenomeno poco
conosciuto. Kaplan e Norton (2001) non escludono la possibilit per le PMI di ottenere gli
stessi risultati impiegando la BSC delle grandi imprese ma non hanno affrontato in dettaglio
questa tematica per cui mancano indicazioni sul processo che le imprese di dimensioni ridotte
dovrebbero seguire.
44

Quello che emerge dalla letteratura che la BSC stata progettata per imprese di grandi
dimensioni poich queste devono affrontare grandi problemi riguardanti la comunicazione, la
coordinazione e il controllo (2GC 2009). Hoque e James (2000) hanno condotto uno studio su
66 imprese trovando una correlazione positiva tra la dimensione delle imprese e
limplementazione della BSC. Lo stesso risultato stato ottenuto da Speckbacher, Bischof e
Pfeiffer (2003) e Hendricks et al. (2004) e questo suggerisce che con laumentare delle
dimensioni delle imprese, aumentano anche le difficolt nel processo gestionale e
lammontare delle informazioni da prendere in considerazione (Hoque e James 2000) per cui i
manager hanno la necessit di implementare modelli con le caratteristiche della BSC. Braam e
Nijssen (2008) hanno trovato che le PMI sono pi inclini ad adottare la BSC come strumento
di misurazione della performance senza arrivare a sfruttare anche la sua funzione di gestione
strategica.
Le PMI sono caratterizzate da una struttura organizzativa semplice perci il manager, che
spesso corrisponde alla figura dellimprenditore, gestisce direttamente lattivit dei suoi
dipendenti
13
per cui non servono strumenti formali per il coordinamento e la comunicazione
(2GC 2009). Questa struttura organizzativa considerata anche uno dei maggiori punti di
forza delle PMI poich caratterizzata da una maggiore flessibilit, reattivit ai cambiamenti
e costi pi contenuti.
Gli elementi pi importanti che rendono i sistemi di misurazione della performance poco
utilizzati dalluniverso delle PMI non riguardano i problemi affrontati o la necessit di
adattare il modello ad una diversa dinamica competitiva ma nellesigenza di impiegare risorse
scarse per definizione come il tempo dei manager, gli investimenti economici, assenza di
software di supporto, lassenza di una strategia ben definita e lassenza di processi
formalizzati (Rompho 2011, Taticchi et al. 2008). Questa barriera rende il processo di
implementazione della BSC molto pi gravosa nelle PMI rispetto alle imprese di grandi
dimensioni (Hudson et al. 2001).
McAdam (2000) ha fatto una ricerca empirica sulla BSC in 20 aziende di piccole-medie
dimensioni e i risultati ottenuti lo hanno spinto a sostenere che la BSC non sia adatta alle PMI
perch la natura formale di tale modello rende pi macchinoso il sistema decisionale
riducendo il dinamismo dellimpresa. Questo punto di vista stato indebolito dalla presenza
di numerosi case studies (Fernandes et al. 2005, Gumbus e Lussier 2006) che hanno

13
Nella definizione di PMI data dallUE e entrata in vigore nel 2005 rientrano le imprese con meno di 250
dipendenti. Negli Stati Uniti dAmerica le SME sono le imprese con meno di 500 dipendenti.
45

dimostrato che la BSC pu essere implementata con successo anche nelle PMI. Come nel caso
delle imprese di grandi dimensioni, il successo dellintroduzione del modello e il
raggiungimento degli obiettivi stabiliti dipende in modo significativo dal coinvolgimento del
top management (Braam e Nijssen 2008).
Le modalit di utilizzo e i benefici derivanti dalla BSC nelle PMI sono diversi rispetto a
quelli ottenuti dalle grandi imprese ma i passaggi necessari alla sua implementazione non
sono molto diversi (Rompho 2011, 2GC 2009). Quello che cambia in modo rilevante sono i
tempi impiegati per ciascuna fase, che sono ridotti mediamente della met a causa del numero
limitato di persone coinvolte e alla struttura organizzativa pi semplice (2GC 2009). Altri
elementi che cambiano nel processo di sviluppo della BSC riguardano la determinazione delle
misure e degli obiettivi da utilizzare. Dato lambiente estremamente competitivo in cui
operano, i loro strumenti di misurazione della performance si concentrano principalmente sul
flusso di cassa (Taticchi et al. 2008). Le misure non contabili impiegate pi frequentemente
sono il numero di dipendenti, i ricavi per dipendente e la quota di mercato. Nelle PMI, le
misure devono essere aggiornate con maggiore frequenza per garantire che siano adatte alle
condizioni mutevoli dellambiente, della competizione e delle risorse disponibili (Taticchi et
al. 2008). Il focus sul breve periodo, necessario alla sopravvivenza delle piccole imprese, fa s
che gli aspetti di lungo periodo vengano trascurati. Queste caratteristiche sono tra le cause
principali dei frequenti fallimenti dei sistemi di misurazione della performance nelle PMI
(Taticchi et al. 2008).
Hudson et al. (2001) propongono sei dimensioni di performance per coprire tutti gli aspetti
necessari alle PMI per operare con successo. Per ognuna di queste dimensioni dovrebbero
essere definite le misure in grado di sostenere la strategia aziendale. Le sei dimensioni sono:
la qualit, il tempo, la flessibilit, la dimensione economico-finanziaria, la soddisfazione del
cliente e le risorse umane. Come sostengono gli stessi autori (Hudson et al. 2001), la BSC ha
una buona copertura di queste dimensioni della performance. Le risorse limitate delle PMI
mettono in risalto le dimensioni della qualit, del tempo e della flessibilit che corrispondono
allefficienza operativa e dovrebbero essere gestite in modo da minimizzare gli sprechi e
ottenere un alto livello di produttivit. La prospettiva economico-finanziaria di estrema
importanza poich le imprese che non dispongono di grande disponibilit finanziaria sono
sprovviste di una rete di sicurezza in grado di assorbire le fluttuazioni di breve periodo e gli
errori di valutazione possono essere molto pericolosi. La struttura organizzativa piatta prevede
una maggiore rotazione dei dipendenti tra i reparti rendendo importante lo sviluppo e
46

lapprendimento delle risorse umane. Come si pu notare, la BSC non richiede un grande
lavoro di adattamento alle esigenze di tipo strategico delle PMI.
Una ricerca empirica basata sullanalisi di un caso aziendale (Rompho 2011) e lanalisi critica
della BSC da parte di Norreklit (2000) hanno portato alla luce che una delle principali cause
di insuccesso dellimplementazione della BSC nelle PMI sono i frequenti cambiamenti della
strategia. Norreklit (2000) sostiene che in ambienti dinamici come quelli in cui operano le
PMI le misure devono essere modificate di frequente e questo porta una grande incertezza
sulla loro efficacia per cui conclude che la BSC non sia adatta a questo tipo di imprese.
Rompho (2011) ha analizzato lintroduzione della BSC in unimpresa thailandese di piccola-
media dimensione trovando nei frequenti cambiamenti della strategia la causa principale
dellinsuccesso della BSC. Questo limite del modello BSC specifico allambiente delle PMI
dove si spinti a reagire con maggior frequenza ai mutamenti delle condizioni del mercato.
La sostituzione delle misure della BSC che diventano rapidamente obsolete comporta la
necessit di acquisire nuove informazioni e la difficolt di tracciare i collegamenti causa-
effetto portando in ultima analisi ad una perdita di tempo e risorse.
Nonostante questi limiti, in letteratura (Gumbus e Lussier 2006, Fernandes et al. 2006, Davig
et al. 2004) sono presenti molti casi in cui la BSC stata introdotta con successo. Quello che
emerge da una breve analisi la necessit di adattare il modello alle caratteristiche e necessit
delle singole imprese. La presenza di persone con le conoscenze e la giusta esperienza nel
processo di sviluppo della BSC, un forte supporto del top management, la cooperazione tra i
dipartimenti e la presenza di un sistema informativo efficiente sono fattori essenziali nel
processo di sviluppo della BSC per le PMI (Fernandes et al. 2006, Gumbus e Lussier 2006).
La necessit di avvalersi di un consulente esterno presenta alcune difficolt, soprattutto a
livello economico, ma lassenza di un esperto pu portare allo sviluppo di una BSC che non
corrisponde alle caratteristiche dellimpresa e in ultima analisi al suo fallimento (Fernandes et
al. 2006, Russo e Martins 2005). Un altro problema che deve essere affrontato la resistenza
al cambiamento. Lintroduzione di un sistema di misurazione in grado di monitorare la
capacit dei dipendenti di portare valore allimpresa pu incontrare molta resistenza quindi
molto importante comunicare le finalit del modello per aumentare lapprovazione e il
coinvolgimento di tutti i soggetti allinterno dellimpresa (Fernandes et al. 2006). Uno dei
vantaggi che contradistingue le imprese di dimensioni ridotte la loro vicinanza e conoscenza
dei clienti (Davig et al 2004, Taticchi et al. 2008). Questa prospettiva della BSC pu essere
sviluppata in modo pi accurato rispetto a quanto accade nelle grandi imprese che devono
passare per diversi intermediari e difficilmente hanno dei dati cos precisi (Davig et al 2004).
47

Si pu dunque concludere affermando che la BSC pu essere implementata anche nelle PMI
(2GC 2009, Gumbus e Lussier 2006, Fernandes et al. 2006) ma date le loro caratteristiche e
lambiente competitivo in cui operano c bisogno di alcuni adattamenti specifici (Fernandes
et al. 2006, Taticchi et al. 2008). Questo prevede la necessit di avere personale con
esperienza nello sviluppo della BSC, in grado di cogliere le reali necessit dellazienda
(Fernandes et al. 2006). Inoltre, per aumentare le probabilit di successo, la BSC dovrebbe
essere introdotta solo quando limpresa ha raggiunto una certa stabilit dal punto di vista
strategico poich i frequenti cambiamenti dei piani aziendali la causa principale del
fallimento del modello (Rompho 2011).

48

49

3. Analisi del Questionario di Ricerca

Le ricerche sulla diffusione e lutilizzo della BSC in Italia sono quasi del tutto assenti,
soprattutto se prendiamo in considerazione il ruolo sempre pi importante che riveste negli
USA, in Europa e nel resto del mondo. Tra le ricerche degne di nota possiamo citare quella
del 2000 a cura di Amigoni e Vitali e quella del 2004 coordinata da Bubbio e Solbiati.
Entrambe prevedevano linvio di un questionario e il loro obiettivo principale era di verificare
il grado di diffusione della BSC tra le imprese italiane (comprese le multinazionali e le
partecipate italiane di multinazionali estere). Le domande volevano cogliere anche altri aspetti
importanti come il rapporto tra la BSC e il sistema di reporting, lutilizzo di indicatori
economico-finanziari e quelli presenti nelle altre tre prospettive secondo il modello Kaplan-
Norton, le aree aziendali coinvolte nellanalisi e il rapporto con la strategia aziendale.
Per ovviare alla mancanza di studi sullargomento stato messo in atto un nuovo progetto di
ricerca che consiste nellinvio di un questionario alle imprese gi presenti nel database della
ricerca svolta da Amigoni e Vitali nel 2000
14
. Il questionario sviluppato dalla SDA Bocconi e
dalla Facolt di Economia di Padova prende spunto da quello sottoposto alle imprese nel 2000
e ha delle finalit analoghe alle ricerche precedenti. Il suo obiettivo quello di valutare a
livello statistico il grado di diffusione dei modelli di misurazione della performance basati
sulla struttura della BSC cercando di analizzare anche i loro collegamenti con la strategia e la
gestione operativa dellazienda.
Rispetto ad altre ricerche svolte allestero, questa viene rivolta ad una popolazione di
riferimento diversa. La differenza si attribuisce al fatto che nel nostro caso non ci si rivolge ad
imprese che utilizzano espressamente una BSC ma si va ad indagare sullutilizzo e le
caratteristiche dei modelli di valutazione della performance costruiti sugli stessi principi
indicati da Kaplan e Norton.
Lo scopo di questo capitolo quello di analizzare il questionario cercando di capire se la sua
struttura e le domande sono adatte e sufficienti per gli obiettivi che ci si prefisso di
raggiungere. Viene esaminata la struttura del questionario e delle domande per poi
considerare il suo posizionamento rispetto ad altre ricerche su questo tema svolte a livello
nazionale in altri paesi. Per concludere verr trattata anche la sua completezza considerando la
vasta letteratura prodotta dal 1992 ad oggi cercando di rilevare i suoi eventuali punti deboli.

14
Con alcuni cambiamenti dovuti allirreperibilit o alla cessata attivit di alcune imprese dal 2000 a oggi.
50

3.1 Sezione A: Dati anagrafici
Il questionario diviso in sei sezioni che vanno dalla A alla F (vedi appendice 1). Ogni
sezione si concentra su un determinato aspetto che viene ritenuto importante ai fini della
ricerca. Innanzitutto, nella sezione A sono richieste le generalit dellazienda e del
compilatore del questionario. Questa parte importate perch permette una prima
segmentazione delle imprese in base al settore in cui operano, struttura organizzativa e due
fattori che definiscono le caratteristiche dimensionali come il fatturato e il numero di
dipendenti. Nella fase di analisi del sondaggio si potranno osservare le risposte sia da un
punto di vista generale, prendendo in considerazione lintera popolazione dellindagine sia
mirate a considerare particolari campi danalisi come ad esempio quello per dimensioni (vedi
cap. 4).
La ricerca di Libby e Waterhouse nel 1996 ha evidenziato che la dimensione (definita in base
al numero di dipendenti) e il settore di appartenenza influenzano la modalit di progettazione
ed implementazione dei sistemi di gestione e pianificazione strategica. Inoltre, gli studi di
Hoque e James (1996) e Hendricks, Menor e Wiedman (2004) hanno mostrato come la
dimensione, il tipo di strategia adottata e il livello di incertezza ambientale influenzano la
decisione di utilizzare la BSC come strumento per la gestione strategica. Questo uno dei
motivi per cui la ricerca non si rivolge alle PMI. McAdam (2000) ritiene che la BSC non sia
adatta a questa tipologia di imprese poich si tratta di uno strumento in grado di limitare la
flessibilit, loro caratteristica fondamentale. Lopinione prevalente che il modello possa
essere implementato anche in queste realt tenendo in considerazione che lutilizzo e i
benefici derivanti sono diversi rispetto alle grandi imprese. Ad ogni modo, il grado di
diffusione della BSC nelle PMI molto limitato (Watts and Preda, 2004; Davig, Elbert e
Brown, 2001) perch meno conosciuto (Tennant e Tanoren 2005), per motivi legati al trade-
off tra i costi di progettazione e implementazione e i benefici economici che ne derivano
(Rompho 2011) oppure perch le PMI per le loro caratteristiche si concentrano
prevalentemente su misure della performance di tipo economico-finanziario (Jarvis et al.
2000).
I dati personali che identificano lazienda e il compilatore non vengono divulgati, in
conformit con le norme sulla privacy. Questi informazioni servono in fase di raccolta dei dati
nel caso in cui si riveli necessario avere un contatto diretto con il compilatore.
I dati richiesti in questa sezione sono in linea con quelli del sondaggio svolto in Italia nel 2000
(Amigoni e Vitali 2001) e nel 2004 (Bubbio e Solbiati 2004) e in Canada nel 2006 (Soderberg
51

2006). In tali questionari si fanno riferimenti alla ragione sociale, al settore in cui operano le
imprese, alla struttura organizzativa e a caratteristiche dimensionali come il numero di
dipendenti e il fatturato degli ultimi anni. Si possono notare delle differenze come ad esempio
il fatto che nel sondaggio svolto da Soderberg (2006) mancano i dati riguardanti la struttura
organizzativa ma in cambio si fa una distinzione tra settore profit e non-profit. Il questionario
presentato alle imprese italiane nel 2004 (Bubbio e Solbiati) invece, non comprende i dati
relativi al compilatore (dati personali, e posizione occupata allinterno dellimpresa) e alla
sede legale. Le domande sono pi complete rispetto a quelle del sondaggio promosso
annualmente dalla societ di consulenza britannica 2GC, ma questo probabilmente dovuto al
fatto che la loro indagine si concentra sulle modalit di utilizzo della BSC e al loro approccio
meno diretto poich sottopongono il questionario esclusivamente via internet (2GC ). I dati
che loro ritengono importanti ai fini della loro analisi riguardano il settore di appartenenza e il
numero di dipendenti dellazienda e la posizione ricoperta dal compilatore.

3.2 Sezione B: Caratteristiche del Contesto Competitivo
La BSC non un modello universale ma deve essere adattato a ciascunimpresa in base alle
caratteristiche del proprio contesto competitivo (Niven 2002). La sua struttura permette di
focalizzarsi sulla performance di breve periodo grazie alla area economico-finanziaria ma allo
stesso tempo, le altre prospettive permettono di individuare i value driver per essere
competitivi nel lungo periodo. Il modello di Kaplan e Norton (1992, 1996) si basa sul
concetto di analisi competitiva sviluppato da Porter (1980). Egli sostiene che lessenza della
strategia competitiva stia nei legami della compagnia con le forze competitive dellindustria
in cui opera. Da qui si evince che la strategia deve basarsi sui segmenti di mercato che
limpresa intende servire e questo utile come punto di partenza per lindividuazione dei
processi interni in cui deve eccellere per fornire valore ai clienti (Norreklit 2000).
Oggi, lambiente in cui operano le aziende cambia in continuazione e la consapevolezza di
questo fenomeno deve portare il management verso un approccio proattivo e non di una mera
reazione ex post (Gabrielli 2006). Per questo motivo, nella fase di costruzione della BSC
fondamentale inserire elementi e misure in grado di evidenziare gli eventi in grado di
modificare il contesto competitivo (Mooraj et al. 2000). La BSC ha conosciuto una diffusione
molto ampia anche tra le aziende caratterizzate da unelevata complessit ambientale e ha
dimostrato di essere uno strumento valido nella gestione del cambiamento (Kaplan e Norton
1996).
52

La sezione B del questionario mira a individuare le caratteristiche pi importanti del contesto
competitivo delle aziende ai fini della ricerca. Per arrivare a formulare un analisi il pi
completa possibile, senza appesantire troppo la struttura del questionario vengono poste
prevalentemente delle domande a scelta multipla. Il punto B1 riguarda il grado di diversit
delle linee di prodotto rispetto ad alcuni fattori come ad esempio le tecnologie, le tipologie dei
clienti, i mercati e il ROS. Di seguito si fa riferimento alle caratteristiche dellofferta (B2) e al
rapporto con i clienti e i fornitori (B3, B4). Per finire, si chiede di indicare alcuni valori
riguardanti i prodotti (il time to market, vita media del prodotto sul mercato, numero di
prodotti a listino) e lattivit di R&S (dipendenti impiegati, incidenza dei costi sul fatturato).
Qui si pu capire quale pressione competitiva lazienda deve sostenere e il modo in cui
risponde. Avere un sistema di misurazione della performance che permette di osservare in che
modo lazienda utilizza le risorse intangibili per creare valore fornisce uno strumento in grado
di fare la differenza in un ambiente estremamente competitivo come quello in cui operano le
nostre aziende (Daum 2002).
Pur essendo un punto importante nella formulazione del modello, i questionari svolti finora
non dedicano molto spazio alla ricerca sulle caratteristiche del contesto competitivo delle
aziende che utilizzano la BSC.

3.3 Sezione C: La Strategia
Questa sezione si rif allevoluzione del modello BSC, che nel 1996 viene definito da Kaplan
e Norton non solo come sistema di misurazione della performance ma anche come un sistema
di controllo strategico (Kaplan e Norton 1996). Ora le misure non devono solo essere legate
alla vision e alla strategia ma anche in una relazione di causa-effetto con le altre misure
allinterno delle quattro prospettive. Il suo scopo quello di trasformare la strategia di lungo
periodo definita dai vertici aziendali in singole azioni di breve termine che portino verso il
compimento di tale strategia (Kaplan e Norton 1996). La BSC se viene disegnata e
implementata in modo corretto dovrebbe essere molto utile nella fase di attuazione della
strategia che come abbiamo visto nel primo capitolo, rappresenta un problema difficilmente
superabile da parte dei manager (Charan e Colvin 1999).
I risultati del sondaggio svolto nel 2010 e 2011 dalla societ di consulenza 2GC presentati
nella figura 4, indica nella gestione strategica una delle motivazioni principali per cui viene
implementata una BSC allinterno delle aziende.
53


La MS un modo innovativo e
molto efficace dal punto di vista
della communicazione per
esprimere la strategia. La
possibilit di esporre la propria
strategia facilita la fase della sua
implementazione (Kaplan, Norton
2001). La MS descrive il processo
di trasformazione delle attivit
immateriali in risultati finanziari.
Questo strumento ha fornito un
sostegno importante ai vertici
aziendali permettendo la traduzione
della strategia nelle azioni svolte
dai singoli dipendenti (Kaplan e
Norton 2001). Questo permette a ciacun addetto di comprendere il proprio contributo al
raggiungimento degli obiettivi strategici aumentando la probabilit di successo della strategia.
La BSC disegnata a livello corporate viene di seguito trasferita a cascata a livello di BU, di
team fino ad arrivare al livello individuale dei singoli dipendenti. In questo modo diventa uno
strumento molto efficace di trasmissione della strategia che di conseguenza pu essere pi
facilmente conosciuta e condivisa da tutti (Kaplan e Norton 1996).
Per definire la strategia necessario aver gi sviluppato una mission, una vision e dei valori
comuni allinterno dellazienda. Al punto C1 viene chiesto se tutti questi elementi, insieme
alla strategia, sono definiti in modo esplicito e se sono condivisi. Una risposta negativa a una
di queste domande evidenzierebbe un possibile problema nella fase di implementazione della
BSC essendo questi elementi fondamentali al successo della BSC (Niven 2008). Anche
Kaplan e Norton (2000) hanno evidenziatolimportanza della comprensione della strategia
della BU da parte dei dipendenti per raggiungere il successo della BSC.
Tra le ricerche svolte sullargomento (Malmi 2001, Bedford et al. 2008, Speckbacher, Bischof
e Pfeiffer 2003), non sono stati trovati riferimenti a questo tipo di quesiti. I sondaggi condotti
in Canada (Soderberg 2006) e India (Anand, Sahay, Saha 2005) fanno riferimento alla
condivisione della strategia ma non vengono richiamati gli altri tre elementi. Le domande
Figura 4: Modalit di utilizzo della BSC (sondaggio 2GC)
54

numero tre e quattro del questionario proposto da Soderberg (2006) chiedono se la strategia
della BU stata ben definita e compresa dai dipendenti
15
. Nelle altre sezioni del questionario
non si trovano quesiti riguardanti la condivisione della mission, della vision oppure dei valori
comuni.
La sezione C2 si occupa dello sviluppo e controllo della strategia aziendale. Per il nostro fine
di particolare importanza sapere in che modo viene riorganizzata la strategia e con che
cadenza viene svolto questo processo. Lambiente in cui operano le aziende in continuo
cambiamento e per questo motivo necessario cambiare sia la strategia che tutti gli altri
elementi che questa alterazione implica in un sistema dinamico come la BSC (gli obiettivi, le
misure e le azioni). Per mantenere la BSC sempre aggiornata in relazione alla strategia,
dovrebbe esserci un controllo degli elementi che la compongono con cadenza semestrale
(Niven 2003).
La parte conclusiva di questa sezione (C3: Execution Premium) quella che tratta in modo
pi diretto il collegamento tra la BSC e la strategia. Le domande qui contenute fanno una
discriminazione netta tra le imprese che utilizzano la BSC secondo il modello tradizionale
sviluppato nel 1996 e 2001 e quelle che fanno uso di altri sistemi per la gestione della
strategia. Si chiede di specificare se vengono utilizzati elementi come la mappa strategica, gli
obiettivi strategici e i KPI per misurarli e la BSC.
La teoria su questi concetti molto vasta. Dopo la pubblicazione del primo libro di Kaplan e
Norton sulla BSC nel 1996 questo strumento ha conosciuto una diffusione molto rapida. La
classifica sugli strumenti di management strategico pi utilizzati, stilata da Bain & Company
vede la BSC al tredicesimo posto nel 2004 e la vede risalire al sesto posto nel 2008 e nel
2010 (Rigby 2009). Anche le indagini fatte sullutilizzo della BSC nelle imprese hanno posto
particolare attenzione su questargomento. Analisi relative alla mappa strategica,
allindividuazione degli obiettivi strategici e ai KPI utilizzati per misurarli si trovano in
diversi studi (2GC, Malmi 2001, Speckbacher, Bischof, Pfeiffer 2003, Anand, Sahay, Saha
2005) ma non comprendono tutti gli aspetti contenuti nella sezione C3 del nostro
questionario. In modo particolare mancano riferimenti alle tematiche affrontate nei punti e), f)
e g) che riguardano la gestione delle iniziative strategiche e le iniziative per il cambiamento.


15
Alla domanda numero due ha risposto positivamente l84,5% delle imprese mentre alla domanda riguardante
la comprensione della strategia da parte dei dipendenti, la percentuale delle risposte positive scende al 67,1%
del campione.
55

3.4 Sezione D: Il Sistema di Misurazione delle Performance
Questa sezione molto importante poich permette di capire se il sistema di misurazione della
performance adottato dallazienda una BSC e le modalit di utilizzo del modello. Come
abbiamo gi visto in precedenza, il modello Kaplan Norton (1992, 1996) prevede lutilizzo di
quattro prospettive tuttavia si osservato che le aziende hanno attuato delle modifiche per
adattarlo meglio alle proprie caratteristiche e necessit. In altri casi sono state inserite misure
di tipo non economico-finanziario ma senza la consapevolezza di andare nella direzione della
BSC. Alcuni studi (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003) e gli stessi Kaplan e Norton hanno
evidenziato che la presenza delle quattro prospettive potrebbe essere inadeguata in certe
circostanze. Se nella maggior parte dei casi le quattro prospettive sono sufficienti non c una
regola che ne vieti linserimento di altre o di modificare le esistenti. Ad esempio, ci sono
state aziende che hanno aggiunto la prospettiva dei fornitori ritenendo questi soggetti
fondamentali per la propria strategia. In altri casi stata aggiunta la prospettiva dellambiente
data limportanza che la Corporate Social Responsibilty assume in certi settori.
Al punto D1 viene chiesto quali sono le aree di misurazione, i destinatari e la frequenza con
la quale vengono effettuate le rilevazioni. Proprio per i motivi sopra citati si offre la
possibilit di aggiungere due aree del sistema di reporting diverse da quelle presenti nel
modello BSC.
Altri studi in Europa hanno trattato questaspetto in un modo analogo. I risultati in Finlandia e
nei paesi di lingua tedesca (Germania, Austria, Svizzera) hanno mostrato un risvolto per certi
punti imprevisto e in disaccordo con quanto trovato da Kaplan e Norton. Nel libro pubblicato
nel 1996 da Harvard Business Press (p. 34) loro sostengono che le quattro prospettive non
sono un obbligo ma solo un modello al quale ispirarsi per la creazione della propria BSC. Non
c nessun studio scientifico a dimostrare che le prospettive indicate da Kaplan e Norton siano
necessarie e sufficienti ma dalla loro esperienza sul campo, hanno osservato che
nessunimpresa utilizzava meno di quattro prospettive. In certi casi si riscontrava la necessit
di aggiungere delle aree di misurazione in base al settore di appartenenza e alla strategia che
si intendeva perseguire. Norreklit (2000) sostiene che nel modello non sono stati inclusi
stakeholder importanti come i fornitori e le autorit pubbliche ma ci che lui trova ancora pi
preoccupante il fatto che la BSC non monitora aree come la concorrenza, gli sviluppi
tecnologici e i rischi che possono portare al fallimento della strategia.
Dallo studio di Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) emerso un quadro diverso poich il
numero di prospettive utilizzate dalle imprese del loro campione vanno da due a cinque. Il
56

17% delle imprese utilizzano pi di quattro prospettive ma il dato pi inatteso riguarda il 27%
delle imprese che impiegano meno di quattro prospettive. Solitamente larea di misurazione
che manca quella dello sviluppo e innovazione mentre per quanto riguarda le aree
addizionali inserite nella BSC si citano gli esempi di quella dei fornitori e dellambiente.
In ciascuna delle prospettive devono essere individuati gli obiettivi da raggiungere che
vengono derivati dalla mission e vision dellazienda. In seguito, vengono definite le misure
necessarie al raggiungimento di tali obiettivi. Uno dei punti che Kaplan e Norton ritengono
fondamentale la massima selettivit delle misure. Con i sistemi informativi odierni
possibile avere a disposizione una miriade di misure e indicatori. Nella BSC devono essere
presenti solo le misure che si ritengono strategicamente importanti per il successo duraturo
quindi dovrebbero essere presenti non pi di 4-5 misure per ciascuna area (Kaplan e Norton
1992, 1996).
Il questionario offre la possibilit di indagare quali e quante sono le misure che vengono
elaborate dalle imprese oggetto dindagine. Per semplicit vengono gi fornite alcune
possibili risposte lasciando spazio ad altre opzioni.
Nei sondaggi effettuati negli anni passati non si da la stessa attenzione alla determinazione
delle misure e degli obiettivi utilizzati dalle imprese. Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003)
non chiedono alle aziende quali o quante misure vengono utilizzate ma semplicemente se
vengono individuate le misure e gli obiettivi. Il loro scopo quello di verificare quali
componenti sono presenti nelle BSC (determinazione di misure e obiettivi strategici, presenza
di relazioni causa-effetto, individuazione dei target) per poter comprendere il livello di
implementazione del modello. Come output possiamo osservare la tabella numero 4 (p. 370)
che ci indica semplicemente che tutte le imprese del campione selezionato hanno individuato
delle misure strategiche. Anche nei questionari svolti da Malmi (2001) e 2GC (2010, 2011,
2012) si possono trovare soltanto delle domande che riguardano il numero di misure utilizzate
nella BSC. In questi casi viene espressamente richiesto di indicare il numero di misure
contenute nella BSC. Un differente approccio alla determinazione delle misure si osserva nel
sondaggio del 2002 che ha avuto come oggetto dindagine le imprese indiane (Anand, Sahay,
Saha). Qui si pu osservare quali sono le misure pi utilizzate nelle BSC delle imprese di
questo paese ma lanalisi non si ferma alle sole quattro prospettive proposte da Kaplan e
Norton (1992, 1996) ma comprende anche la prospettiva dei fornitori, dellambiente, dei
dipendenti, degli azionisti e dellambiente competitivo.
57

Kaplan e Norton sostengono che la BSC sia pi adatta ad essere implementata a livello di
business unit (BU) (Kaplan e Norton 1996, p. 36, 300). Per determinare lautonomia delle BU
nella definizione del proprio sistema di reporting, nella sezione D3 del questionario si chiede
di indicare per ciascuna delle prospettive un giudizio che va da elevato a nullo (con la
possibilit di scegliere non so). Altre ricerche (Malmi 2001, Bedford et al. 2008, 2GC 2012,
Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003) si sono concentrate sulla determinazione del livello a
cui viene implementata la BSC, che pu andare dal livello individuale a livello corporate. I
dati raccolti hanno mostrato un prevalente utilizzo della BSC a livello di BU. Kaplan e Norton
(1996 p.30) sostengono che una volta implementata a livello di BU la BSC possa essere
utilizzata come base per le BSC a livello di team e a livello individuale. Questo trasferimento
a cascata dovrebbe portare dei benefici per quanto riguarda la comunicazione degli obiettivi,
della missione e della strategia dellimpresa. Bedford et al. (2008), hanno analizzato a che
livello organizzativo viene implementata la BSC nelle imprese australiane. Lo scopo di questo
approfondimento quello di capire se le imprese che hanno adottato la BSC a livello di
dipatimento, funzione, team e individuale hanno conseguito dei benefici maggiori rispetto a
quelle che presentano la BSC esclusivamente a livello di BU. Lanalisi dei dati li hanno
portati a sostenere che le imprese che hanno trasferito la BSC a cascata a livello di team e
individuale hanno effettivamente un vantaggio da questo punto di vista ma non sono stati in
grado di darne una prova da un punto di vista statistico (Bedford et al. 2008, p. 30).
Questa sezione ci permette inoltre di valutare se a seguito dellintroduzione della BSC ci
siano stati dei cambiamenti dal punto di vista gestionale e operativo. La letteratura ha
evidenziato come ladozione del modello BSC, se implementato in modo giusto, solitamente
porta dei miglioramenti nella comunicazione sia dal punto di vista orizzontale che verticale. Il
miglioramento delle modalit di comunicazione gi di per s pu rappresentare una fonte di
vantaggio competitivo. Kaplan e Norton (1996 p. 13) hanno messo laccento sullimportanza
della comunicazione per quanto riguarda la deliberazione della strategia aziendale, dato che
questa deve essere condivisa da tutti i componenti dellazienda ma attiene anche alla
comunicazione delle variabili critiche di performance.
Nella sezione D4 del questionario si vuole verificare se possibile ottenere un miglioramento
dei rapporti con i clienti e con i fornitori a seguito dellintroduzione delle misure non
economico-finanziarie. Se la presenza dellarea cliente-mercato nel modello BSC fornisce gi
uno spunto sullimportanza che viene data al rapporto con la clientela per il raggiungimento
degli obiettivi non lo stesso per quanto riguarda i fornitori. Alcuni sondaggi hanno
evidenziato che il rapporto con i fornitori acquisisce maggior rilievo nelle aziende del settore
58

industriale e manifatturiero (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003). In questi casi possibile
osservare la presenza nella BSC di unapposita area dedicata a loro. In India ad esempio, la
prospettiva dei fornitori presente nel 15% delle imprese che la inseriscono nella BSC perch
la considerano di grande importanza strategica. Ci non esclude la possibilit che i rapporti
con i fornitori sperimentino un cambiamento importante anche nelle aziende di altri paesi e
settori economici.
I quesiti della stessa sezione (D4) che riguardano la capacit di valutazione, previsione e
correzione dei risultati e del processo di pianificazione del business hanno lo scopo di
verificare in che misura le imprese hanno roscontrato dei benefici dallutilizzo congiunto di
misure contabili e non contabili nel processo di pianificazione aziendale. Essendo questi,
insieme con la definizione e la condivisione degli obiettivi i vantaggi pi grandi derivanti
dalladozione di un sistema di misurazione della performance che integra misure economico-
finanziarie e non monetarie possibile attendersi un riscontro positivo da parte delle imprese
che adoperano la BSC. Grazie alle caratteristiche e alla sua versatilit, la BSC pu essere
usata nel processo di pianificazione strategica poich permette ai manager di approfondire
tutti gli aspetti che riguardano la raggiungibilit degli obiettivi di business (Sabatini 2012). In
alcune aziende invece, la BSC ha sostituito il budgeting tradizionale nel processo di
definizione degli obiettivi (Malmi 2001) e questo processo pu potenzialmente essere messo
in atto da tutte le aziende che hanno dimestichezza con lutilizzo del modello.
Larea processi interni presuppone che ci sia unattenzione particolare per le attivit svolte
allinterno dellazienda. Lo scopo dei processi interni quello di offrire un prodotto che
soddisfi la clientela e che generi valore per gli azionisti (Kaplan e Norton 2004). Alcuni tra gli
indicatori pi importanti in questottica permettono di valutare i processi produttivi in termini
di costi e qualit. La filosofia della BSC richiede che il management individui i processi di
importanza cruciale nei quali lazienda deve eccellere (Niven 2011). Al punto D4 del
questionario sono presenti dei quesiti che hanno il compito di valutare in che misura lazienda
migliorata dal punto di vista del controllo dei costi. Inoltre, si cerca di capire se
lintroduzione di misure non finanziarie in questo ambito abbia reso limpresa pi flessibile ai
cambiamenti nelle condizioni dei mercati e alle necessit della clientela. Lindagine svolta
nel 2000 in Italia da Amigoni e Vitali e in minor misura quella svolta in Canada nel 2006
(Soderberg) hanno trattato questo ambito in modo analogo. Soderberg (2006) prova ad
individuare se uno dei motivi per lintroduzione della BSC sia stato il miglioramento delle
relazioni con i clienti e della customer satisfaction. Per il resto, non ci sono studi che
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permettano unanalisi simile con un tale grado di approfondimento. Questo pu essere
considerato un punto di forza del questionario.
Nella parte finale della sezione D4 si vuole verificare il miglioramento nelle attivit di team
interfunzionali. Molti processi, come lo sviluppo dei prodotti e le operazioni interne,
richiedono un lavoro in team per essere eseguite con successo. Per stimolare gli individui a
lavorare in team possono essere inserire delle misure nella BSC che indichino in che modo
limpresa intende sviluppare il lavoro in team. Kaplan e Norton (1996 p.143) fanno lesempio
di unimpresa di assicurazioni che ha utilizzato questo metodo per migliorare il lavoro in team
dei propri dipendenti. Inserendo sei misure specifiche per il team building e la misurazione
della loro performance nellarea dello sviluppo e dellapprendimento, limpresa riuscita a
migliorare il lavoro di squadra.
Oggi molto importante poter contare su personale qualificato ed altrettanto importante
avere a disposizione dei team che riescano a lavorare in modo efficiente ed armonioso. Queste
capacit si acquisiscono con lesperienza ma preferibile che lazienda fornisca dei corsi di
aggiornamento e team building se vuole offrire un ambiente favorevole al lavoro in team. Da
un punto di vista strategico, la comunicazione e la leadership devono essere in grado di
spingere lorganizzazione a lavorare in team per riuscire ad arrivare al compimento della
mission aziendale. Questa area pu permettere il monitoraggio e di conseguenza il
miglioramento delle prestazioni del personale in situazioni critiche (Niven 2003).
Lintegrazione di misure economico-finanziarie e non monetarie pu dimostrarsi
controproducente in alcuni casi (Norreklit 2000). Queste difficolt sono dovute in modo
prevalente a problemi durante periodi di transizione a seguito di operazioni straordinarie
oppure a causa di errori nelle fasi di implementazione e utilizzo della BSC (Kaplan, Norton
2001 p. 357). Quando avviene unoperazione straordinaria come ad esempio una fusione,
molto probabile che ci siano molti cambiamenti ai vertici aziendali. Kaplan e Norton (2001)
portano alcuni esempi dove il manager che ha promosso e sostenuto il progetto della BSC
allinterno dellimpresa viene sostituito e ci ha portato allabbandono del progetto. Non tutti
gli stili manageriali sono in sintonia con le caratteristiche di un sistema come la BSC (Kaplan
e Norton 2001). Nella sezione finale del punto D4 viene chiesto se lintroduzione delle misure
non finanziarie abbia causato delle difficolt da un punto di vista della comunicazione e della
conflittualit a vari livelli dellorganizzazione.
Alcuni studi (2GC 2012, Braam e Nijssen 2008) effettuati sulla diffusione e le modalit di
utilizzo della BSC non indagano sui benefici derivanti dallintroduzione della BSC mentre
60

altri (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003, Malmi 2001, Bedford et al. 2008) non
approfondiscono largomento con un grande livello di dettaglio. La loro analisi si focalizza
principalmente sui benefici derivanti dalla comunicazione e limplementazione della strategia.
A differenza del questionario proposto dalla SDA Bocconi e dalla Facolt di Economia
dellUniversit di Padova, non vengono presi in considerazione i benefici economici derivanti
dallintroduzione della BSC (come il controllo dei costi o del capitale circolante) e quelli
generati nellarea dei processi interni. Lo studio svolto tra le imprese indiane (Anand, Sahay,
Saha 2005) contiene una sezione dedicata ai problemi riscontrati durante limplementazione
della BSC,
16
ma non fa riferimento agli aspetti positivi originati dallintroduzione di misure
non monetarie.
La parte finale della sezione contiene delle domande sul periodo di introduzione del sistema
di misurazione della performance e se sono previsti progetti di cambiamento o aggiornamento
del modello che si utilizza (D5, D6). Le risposte a queste domande permettono di capire
alcuni aspetti del sistema di misurazione implementato. La BSC ha sperimentato una continua
evoluzione dal 1992 ad oggi ed opportuno tenere il passo con gli sviluppi pi recenti in
quanto sono frutto di miglioramenti dovuti allesperienza maturata dal suo utilizzo. Questa
domanda non ricorrente negli altri sondaggi anche se pu dare informazioni molto utili. La
struttura della BSC allinterno dellimpresa dipende dalle scelte fatte dai promotori ma in
alcuni casi pu essere spiegata con il momento in cui stata introdotta. Unanalisi che
prendeva in considerazione il primo contatto e i promotori della BSC pu essere trovato nella
ricerca del 2003 tra le imprese di lingua tedesca (Speckbacher, Bischof, Pfeiffer 2003). La
domanda che riguarda il periodo di introduzione della BSC ha fatto emergere che il periodo in
cui il modello ha visto una diffusione particolarmente importante va dal 1996 al 2000 che
corrisponde al momento in cui la BSC diventata uno strumento per la gestione strategica
oltre che per la misurazione della performance (Kaplan e Norton 1996).

3.5 Sezione E: Il Sistema di Incentivazione
Un incentivo qualsiasi fattore che motiva una persona a intraprendere un certo tipo di
azione. Gli incentivi sono un mezzo per incoraggiare un comportamento che si desidera
ottenere e possono essere di tipo economico, sociale e morale (Levitt e Dubner 2006).

16
La ricerca di Anand, Sahay e Saha (2005) ha evidenziato che lassegnazione del peso alle diverse prospettive,
lindividuazione delle relazioni causa-effetto tra le prospettive e lassegnazione di un peso alle misure allinterno
delle prospettive rappresentano le maggiori difficolt per le imprese indiane nella fase di implementazione della
BSC.
61

Le aziende hanno come scopo finale la sopravvivenza e il profitto nel caso di quelle a scopo
di lucro oppure produrre benefici per i propri soci nel caso di quelle non profit. Per
raggiungere questi obiettivi di fondamentale importanza gestire e motivare le persone nel
modo giusto. Ogni impresa costruisce il proprio programma di incentivi in base alle
caratteristiche ambientali in cui opera. Negli ultimi anni molti studi si sono concentrati
sullanalisi dellefficacia degli incentivi di natura economica dimostrando che non sempre
portano i benefici sperati (Banker, Potter e Srinivasan 2000). In realt, gli studi condotti negli
Stati Uniti dAmerica (Jenson e Murphy 1989, Barlet e Cravens 1991) che prendevano in
considerazione la remunerazione dei top manager hanno dimostrato che non c alcun legame
tra i loro stipendi e landamento economico dellimpresa. In alcuni casi, i bonus monetari
sono persino dannosi.
Oggi abbiamo a disposizione molti studi sullargomento e c una maggior consapevolezza
del ruolo e del modo in cui le persone devono essere motivate per raggiungere livelli di
prestazione sempre maggiori. Gli incentivi sono collegati alla BSC poich sono uno degli
strumenti suggeriti da Kaplan e Norton (1996) per motivare gli individui e i team ad
intraprendere azioni e comportamenti in linea con la strategia stabilita. Loro ritengono che
affinch la BSC riesca ad attuare il cambiamento culturale atteso, il sistema degli incentivi
deve essere collegato al raggiungimento degli obiettivi presenti nelle quattro prospettive.
Questo approccio ad ogni modo non esente da difficolt e problemi di implementazione. I
rischi sono molteplici, come ad esempio la scelta di misure sbagliate e linattendibilit dei dati
relativi alle misure. Per questo motivo in molti casi questa fase viene posticipata per verificare
che il modello funzioni e porti i risultati attesi. Lutilizzo della BSC permette di individuare
con pi facilit la qualit e gli sforzi profusi dai manager rispetto alle tradizionali misure
economiche.
Lintroduzione di questo modello chiarisce gli obiettivi e le misure delle varie BU e per
questo motivo i dipendenti riescono a individuare i campi in cui devono eccellere per dare il
loro contributo al raggiungimento degli obiettivi strategici. Questo processo fa emergere degli
incentivi di tipo non economico che spesso si rivelano pi efficaci nel guidare le azioni degli
individui (Snapka e Copikova 2011, Ittner 1997).
Il collegamento degli obiettivi e delle misure della BSC al sistema premiante dellazienda
permette inoltre di mitigare i contrasti derivanti dalla relazione dagenzia, incentivando i
manager a prendere decisioni in linea con gli interessi degli azionisti (Kaplan, Norton 1996).
La teoria dellagenzia (Jensen e Mekling 1976) prevede la necessit da parte del principale di
62

sorvegliare e incentivare adeguatamente lagente per orientare il suo comportamento. Jensen
(2001) ha criticato il ruolo della BSC come sistema di incentivazione ritenendo che il modello
non dia come output una singola misura delloperato del manager lasciando insoluto il
problema dagenzia. Kaplan (2010) concorda con le argomentazioni di Jensen (2001) ma
ritiene che la soluzione sia data da una ponderazione delle varie misure contenute nella BSC.
Gli incentivi collegati a misure economiche hanno il problema di attirare lattenzione dei
vertici aziendali su obiettivi di breve periodo mettendo in pericolo lo sviluppo armonioso e
sostenibile di lungo periodo (Moers 2000). La possibilit di collegare i premi a obiettivi di
tipo non monetario presenti nella BSC, permette di spostare lattenzione verso decisioni in
linea con gli obiettivi di medio-lungo periodo dellimpresa.
Ci sono anche dei possibili problemi associati al collegamento del sistema premiante alla
BSC. Ittner (1997) ha mostrato che lutilizzo di un numero elevato di misure in grado di
diluire lattenzione e lo sforzo dei manager su troppi obiettivi diminuendo lefficacia degli
incentivi cos strutturati. Un sistema di incentivi che usa criteri multipli per la valutazione
della performance possono indirizzare lattenzione del management verso il raggiungimento
di obiettivi pi facilmente misurabili a scapito degli incarichi che sono difficili da misurare
anche se questo comportamento provoca un danno per limpresa (Holmstrom, Milgrom
1991).
I bonus possono essere calcolati in modi diversi: ci sono principalmente due approcci a questo
problema. Il primo quello di utilizzare formule e algoritmi espliciti che decidono i pesi da
applicare a ciascuna misura mentre nel secondo caso c una persona preposta alla valutazione
che decide i pesi in maniera soggettiva. La valutazione basata su formule presenta delle
difficolt non indifferenti per limpresa (Kaplan, Norton 1996). Una di queste relativa al
fatto che ci sono delle difficolt nel decidere i pesi da applicare a ciascuna misura e molte
imprese hanno avuto dei problemi in questa fase (Ittner 1997). Le regole basate su formule
sono inoltre esposte a comportamenti opportunistici da parte dei manager che tendono a
massimizzare la propria utilit. Questo tipo di sistema pu anche portare al pagamento di
incentivi nei casi in cui vengano raggiunti obiettivi che hanno un peso maggiore a scapito di
obiettivi che hanno un peso relativo minore. Per evitare questi problemi molte imprese
utilizzano un sistema di valutazioni soggettive e anche Kaplan e Norton (1996) sostengono
che tale approccio pi adatto ad un modello come la BSC. Ovviamente nemmeno questo
sistema senza limiti per cui le imprese devono fare una valutazione degli aspetti positivi e
negativi al momento di scegliere il metodo pi adatto a loro.
63

Il collegamento del sistema di incentivazione alla BSC un argomento che merita unanalisi
particolare. Nella sezione E del questionario vengono poste delle domande che ci permettono
di capire come sono strutturati i sistemi premianti nelle aziende italiane. Innanzitutto utile
scoprire se questi sistemi sono formalizzati e quali sono i livelli organizzativi a beneficiare di
tale regime. Di seguito lanalisi si sposta sui responsabili di divisione. Nelle sezioni E2, E3 ed
E4, loggetto dellanalisi la natura degli incentivi (economici, sociali e altri da specificare),
lincidenza degli incentivi sulla retribuzione complessiva e lapproccio utilizzato per la
valutazione della performance. Al punto E5 il questionario chiede di specificare se gli
incentivi si basano sui risultati complessivi dellazienda, sui risultati della divisione oppure su
entrambi (in questultimo caso si deve indicare la percentuale di incidenza). Dato che qui si fa
riferimento ai responsabili di divisione lecito attendersi che le risposte si concentrino sulle
ultime due possibilit. La parte finale di questa sezione indaga la natura dei risultati a cui
fanno riferimento gli incentivi. Come abbiamo gi visto nella letteratura, il riferimento ai
risultati di natura non economica sarebbe un segnale della presenza di un sistema di
incentivazione collegato ad un modello BSC, che pu prevedere anche obiettivi di medio-
lungo termine. Per finire il questionario chiede di scegliere i risultati presi a riferimento per
lincentivazione divisi tra economici e non economici. Se il sistema di incentivazione
collegato alle misure utilizzate nella BSC, il compilatore del questionario dovrebbe
selezionare misure di entrambe le categorie.
Da quando Kaplan e Norton hanno introdotto per la prima volta (1996) il concetto che il
collegamento tra il sistema di incentivazione e la BSC porta dei benefici, tra i quali un
allineamento degli sforzi dei dipendenti con la strategia aziendale, questo tema stato trattato
in modo diffuso. Se consideriamo invece le ricerche empiriche che hanno utilizzato dei
sondaggi per verificare il rapporto tra gli incentivi e la BSC lo scenario cambia sensibilmente
(Towers Perrin 1996).
Pochi studi sulle modalit di utilizzo e la diffusione della BSC dedicano spazio a questa
sezione (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003, Soderberg 2006, Malmi 2001). Malmi (2001),
ha trovato una grande variazione nellapproccio delle aziende finlandesi allintegrazione del
sistema di incentivazione con la BSC
17
. Nella sua indagine, chiedeva di indicare se le imprese
adottavano qualche tipo di programma per la distribuzione dei bonus e se le misure scelte
erano collegate alla BSC. Il campione su cui si basano le analisi di questo studio molto

17
Nel campione formato da 17 aziende 13 utilizzano un sistema di incentivazione. Tra queste 4 utilizzano
misure diverse da quelle della BSC, 3 utilizzano solo misure comprese nella BSC e 6 aziende utilizzano sia misure
della BSC che misure esterne ad essa.
64

ridotto dato che comprende solo 17 imprese per cui i risultati non possono essere
generalizzati. La situazione che emersa non ci da unindicazione chiara del motivo per cui
viene scelto un sistema rispetto ad un altro ma lautore osserva che le aziende che utilizzano
la BSC da pi tempo sono pi propense a collegare il sistema di incentivazione alla BSC.
Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) hanno fatto una ricerca tra le aziende austriache,
tedesche e svizzere e anche loro hanno utilizzato un approccio simile a quello visto in
precedenza (Malmi 2001). Il campione in questo caso formato da 174 aziende di cui solo 42
(24%) hanno dichiarato di utilizzare la BSC e sono state divise in tre categorie in base al
grado di implementazione della BSC. Il quesito si limita a verificare se le aziende hanno
collegato gli incentivi alla BSC ma non hanno indagato sui motivi per cui viene fatto questo
collegamento. Delle 38 imprese che hanno risposto a questa sezione del questionario, il 71%
delle aziende hanno dichiarato di collegare gli incentivi alla BSC. La struttura di questo studio
non permette unulteriore analisi e si limita a fornire questo dato statistico. Lo studio condotto
da Soderberg (2006) in Canada presenta molti aspetti in comune dal punto di vista della
configurazione delle domande e delle risposte. Il 62% delle imprese del campione ha
dichiarato di utilizzare il proprio sistema di misurazione della performance come base per la
definizione degli incentivi.
La ricerca svolta in Australia (Bedford et al 2008) ha evidenziato che il grado di diffusione
della BSC tra le imprese di questo paese inferiore rispetto allAmerica del Nord e
allEuropa. Il suo scopo di verificare se la BSC porta benefici maggiori quando sono
presenti relazioni di causa-effetto tra le misure, il sistema di incentivazione collegato a
misure di tipo non monetario e se implementata a diversi livelli allinterno
dellorganizzazione. Per quanto riguarda il secondo punto, emerso che il collegamento del
sistema di incentivazione a misure di tipo non monetario non porta di per s dei benefici ma
dipende dai motivi per cui viene implementata la BSC. La ricerca suggerisce che le imprese
che hanno come scopo principale un focus maggiore sugli stakeholders, gli investimenti in
risorse intangibili e un controllo maggiore sugli obiettivi strategici beneficiano in modo pi
rilevante dal collegamento del sistema di incentivazione a misure di tipo non monetario
presenti nella BSC
18
.


18
Nella ricerca viene dato per scontato il collegamento del sistema di incentivazione a misure economico-
finanziarie. Vengono analizzati i benefici derivanti dal collegamento degli incentivi con misure di tipo non
monetario.
65

3.6 Sezione F: Il Ruolo del Controller
Questa sezione indaga sul ruolo del controller nella proposta e laggiornamento delle misure
fisico-tecniche. Sono previste due domande a scelta multipla che dovrebbero dare come
output lidentificazione della figura che si occupa dellelaborazione delle misure fisico-
tecniche e quella che propone il loro aggiornamento. Di solito, soprattutto nelle aziende di
dimensioni pi contenute, molte mansioni tra le quali lo sviluppo della BSC e la gestione dei
dati vengono delegate al controller (Olve et al. 2003 cap. 8). Il top management deve essere
coinvolto e ha un ruolo fondamentale ma il controller agisce come catalizzatore del progetto.
Le sue conoscenze e lesperienza maturata allinterno dellimpresa gli permettono di facilitare
il processo di sviluppo della BSC soprattutto per quanto riguarda lindividuazione degli
indicatori di performance pi adatti (Epstein, Manzoni 1997). Nelle ricerche sulla diffusione
della BSC il ruolo del controller non viene preso in considerazione. Gli unici riferimenti
vengono fatti quando si tratta di determinare i compilatori dei questionari. Nel sondaggio fatto
in Australia (Bedford et al 2008), coloro che hanno risposto si occupavano di controllo
finanziario quindi si trattava principalmente di CFO e controller. Anche il questionario inviato
alle aziende canadesi (Soderberg 2006) ha visto il maggior numero di risposte da parte dei
controller. Questi risultati possono essere motivati con il fatto che chi riveste questo ruolo
pi interessato al tema della misurazione della performance e allo stesso tempo hanno le
conoscenze sufficienti per quanto riguarda la BSC implementata allinterno della propria
azienda. Ad ogni modo, nessun cenno viene fatto per quanto riguarda il ruolo rivestito da chi
responsabile della determinazione delle misure fisico-tecniche o pi in generale della
struttura e dellimplementazione della BSC allinterno dellimpresa.

3.7 Conclusioni
Le ricerche basate su questionari che mirano a studiare la diffusione e le modalit di utilizzo
della BSC nelle aziende non mancano ma data la diffusione e il successo di cui gode il
modello gli studi sul campo ad esso dedicati sono ancora insufficienti. Quello che si osserva
da unanalisi pi dettagliata dei questionari una focalizzazione su alcune aree come la
struttura della BSC, gli organi addetti al suo controllo, gli obiettivi per cui stata creata e le
modalit con le quali utilizzata.
Considerando che una delle caratteristiche del modello il suo continuo aggiornamento, si
aprono costantemente nuovi argomenti da trattare. Per avere un quadro pi chiaro completo
66

dellutilizzo della BSC necessario approfondire il suo legame con la strategia, il sistema di
incentivazione e il budget. Non sufficiente trattarlo come uno strumento per la misurazione
della performance e di comunicazione della vision. Questargomentazione giustifica anche
questa nuova indagine in quanto non ci sono studi recenti di questo genere effettuati in Italia.
Questo capitolo ha lo scopo di verificare se il questionario preparato dallUniversit di Padova
e da SDA Bocconi in linea con la letteratura e le altre ricerche svolte allestero.
Nellanalisi del presente capitolo sono stati evidenziati degli elementi che possono essere
considerati dei punti di forza del questionario perch sono in grado di fornire delle
informazioni aggiuntive differenziandolo da altri lavori dello stesso genere. La sezione B,
dedicata alle caratteristiche dellambiente competitivo, non paragonabile ad altri questionari
per il tipo di domande contenute e per il grado di analisi che permette di svolgere. Allo stesso
modo, la sezione C4 che vuole verificare in che misura sono stati riscontrati miglioramenti e
difficolt a seguito dellintegrazione delle misure non monetarie con quelle economico-
finanziarie, comprende una variet di temi che non riscontrabile in altri questionari.
Un altro aspetto che semplifica il lavoro del compilatore la struttura del questionario, che
formato da sezioni distinte, ciascuna costruita su un tema ben differenziato. Il linguaggio
utilizzato e i temi trattati sono di facile comprensione se teniamo in considerazione il ruolo
ricoperto dai soggetti ai quali il presente questionario diretto. Da notare a questo proposito il
fatto che il termine Balanced Scorecard viene nominato solo una volta, nella sezione D4,
per cui anche le aziende che utilizzano strumenti di misurazione della performance con le
stesse caratteristiche ma che al proprio interno utilizzano denominazioni diverse per
identificarli non dovrebbero incontrare difficolt nella compilazione del questionario. Per
completare lelenco dei punti positivi del questionario si pu aggiungere che c una sensibile
prevalenza di domande chiuse per cui pur essendo composto da sei pagine richiede un
impiego di tempo ragionevole per essere compilato.
Ci sono alcuni elementi del questionario che possono essere criticabili. La sua struttura e le
domande che contiene sono basate sul modello proposto da Amigoni e Vitali nel 2000.
Alcune tematiche sviluppate nella letteratura e nella prassi aziendale dopo questa data hanno
trovato spazio nella sezione C3 intitolata Execution Premium, come il libro di Kaplan e
Norton del 2008. Qui posta una domanda sullutilizzo della strategy map, concetto
introdotto e sviluppato dai due autori del modello nellomonimo libro del 2004. Altri quesiti
della medesima sezione riguardano il sistema di pianificazione e gestione strategica.
Probabilmente uno sviluppo maggiore delle tematiche come le strategy maps, il sistema di
67

integrazione della pianificazione strategica con lesecuzione operativa della strategia e il
collegamento tra la BSC e il budget avrebbero permesso unanalisi su argomenti pi
aggiornati. Se per teniamo in considerazione gli obiettivi della ricerca, questo tipo di
approfondimento sarebbe stato eccessivo e inoltre avrebbe appesantito il questionario.
68

69

4. I risultati della ricerca
Linvio del questionario presentato nel capitolo precedente iniziato il 15 ottobre 2012. Il
questionario stato mandato via e-mail in formato word e pdf a un campione di imprese
italiane che in data 28/01/13 ha ragiunto quota 575. Durante questo periodo le imprese sono
state sollecitate diverse volte via e-mail e via telefono ricevendo un totale di 82 questionari
compilati di cui due sono stati scartati in quanto non soddisfano i criteri minimi di dimensione
in termini di numero di dipendenti e fatturato.
Le motivazioni principali delle imprese che hanno rifiutato di partecipare alla ricerca
riguardano la mancanza di tempo e la politica aziendale che non permette la diffusione di dati
sensibili. Il periodo in cui stato inviato il questionario coinciso con uno dei momenti di
maggior impegno da parte delle imprese dovuto alla chiusura dellesercizio sociale e alla
definizione delle strategie per il nuovo anno. Unalto numero di imprese era restio a
rispondere a causa della natura dei dati richiesti o a politiche interne che impediscono la
partecipazione a sondaggi e ricerche.
Le imprese contattate sono state scelte in base a due parametri dimensionali: il numero di
dipendenti e il fatturato. Avendo ad oggetto lo studio dei sistemi di reporting delle imprese
medio-grandi operanti sul territorio italiano, il limite minimo in termini di numero di
dipendenti stato fissato a 49. Questo valore viene preso come riferimento anche perch
utilizzato sia nelle rilevazioni ISTAT che in quelle dellUE (Commissione Europea 2005). Lo
stesso vale per il fatturato, che nella definizione data dalla Commisione Europea (2005) non
deve essere inferiore a 10 milioni di euro perch sotto questa soglia si parla di piccole e micro
imprese.
Il tasso di risposta ottenuto stato del 14,26%, che risulta leggermente superiore rispetto al
10,45% raggiunto da Amigoni e Vitali (2000). Questa ricerca pu essere confrontata con
quella svolta in India (Anand, Sahay, Saha 2003) sia per il numero del campione che per le
modalit e periodo di svolgimento (ottobre-febbraio) ed facile notare che siamo
sensibilmente sopra l8,52% di risposte riscontrato in questo caso. Lo stesso si pu dire della
ricerca svolta in Canada (Soderberg 2006) che ha raggiunto il 6,7%. Nonostante il tasso di
risposta sia molto pi basso del 36% raggiunto da Luiza (2010), il numero totale di
questionari ricevuti pi alto rispetto ai 46 ottenuti in Brasile.

70

Come si pu osservare nella tabella 5, delle 80 imprese partecipanti alla ricerca, il 25% sono
imprese di servizi mentre il restante
75% sono imprese manifatturiere. I
settori pi rappresentati sono la
produzione dei macchinari,
abbigliamento, mettalmeccanico e
automotive. Per quanto riguarda i servizi i settori pi presenti sono logistica, grande
distribuzione e assistenza.
La struttura organizzativa, come nelle ricerche di Amigoni e Vitali (2000) e Bubbio e Solbiati
(2004) si conferma in
prevalenza di tipo
funzionale. Segue a
grande distanza quella di
tipo divisionale che anche
aggregando le diverse
tipologie raggiunge al
massimo il 16%.
4.1 Diffusione della BSC in Italia
Se prendiamo in considerazione la presenza di diverse definizioni di BSC (Olve et al.1999,
Cobbold e Lawrie 2002), il compito di individuare il grado di diffusione del modello non un
compito semplice e lineare. Il questionario ha lobiettivo di valutare le caratteristiche dei
sistemi di misurazione della
performance in generale
anche perch i manager, in
presenza di tutti gli elementi
distintivi necessari a definire
la BSC non sempre sono
consapevoli di adoperarla. Per questo motivo non basta prendere come dato conclusivo sulla
diffusione della BSC le risposte alla domanda diretta presente nella sezione C3 del
questionario, che chiede se viene utilizzato un sistema BSC come sistema di controllo del
raggiungimento dei target. Ad ogni modo, si pu prendere come punto di partenza i dati della
tabella 7 che ci indica che solo il 18% delle imprese utilizza la BSC in modo consapevole. A
questo dato si potrebbe aggiungere il 25% che ha risposto di utilizzare la BSC solo in modo
Tabella 5
Settore Nr Imprese %
Servizi 20 25%
Manifatturiero 60 75%
Totale Imprese 80
Tabella 6
Struttura Organizzativa Nr. Imprese %
Funzionale
59 75%
Divisionale per tipologia clientela
3 4%
Divisionale per prodotto
9 11%
Per processi
1 1%
Divisionale per area geografica
1 1%
Matriciale
6 8%
Totale Imprese
79
Tabella 7
Balanced Scorecard Nr. Imprese % Imprese
Si
14 18%
No 44 57%
In parte 19 25%
Totale Imprese
77
71

parziale ma per questo necessario fare unanalisi pi approfondita delle caratteristiche e
delle componenti dei sistemi di misurazione della performance delle imprese del campione.
Non escluso che alcune imprese siano nelle prime fasi di implementazione del modello o
stanno valutando la sua introduzione.
Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) hanno studiato la diffusione della BSC nei paesi di
lingua tedesca, individuando tre tipologie diverse in base alle caratteristiche presenti nel
sistema di misurazione della performance. Queste tre tipologie rappresentano i passaggi tipici
nellimplementazione della BSC. Questo approccio, oltre a indicarci la diffusione del modello
ci permette di fare alcune considerazioni sulle modalit con le quali viene implementato.
Speckbacher, Bischof e Pfeiffer definiscono le tre tipologie di BSC nel modo seguente
(Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003 p.363, 372):
BSC di I tipo: Sistema di misurazione della performance che contiene misure e/o obiettivi
strategici sia di natura economico-finanziaria che non monetaria raggruppate in prospettive.
BSC di II tipo: La BSC di I tipo che utilizza un approccio specifico per descrivere la strategia
dellimpresa utilizzando una logica causa-effetto per collegare tra loro le attivit materiali e
immateriali.
BSC di III tipo: La BSC di II tipo che implementa la strategia aziendale utilizzando piani
dazione e/o target da raggiungere, collegando il piano di incentivazione.
Per poter attuare la stessa suddivisione si devono analizzare le risposte date dalle imprese
nella sezione C3 ai punti a), b) e c). Questi punti corrispondono alla presenza o meno delle
mappe strategiche per rappresentare le relazioni causa-effetto, dei macro-obiettivi da
raggiungere e infine gli obiettivi target e i KPI per raggiungerli. La BSC richiede anche il
collegamento del sistema di incentivazione alla BSC e per determinare questo elemento si
prendono in considerazione le risposte alla sezione E1 del questionario.
Utilizzando gli stessi criteri suggeriti da Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) per
suddividere le imprese nelle tre tipologie si ottengono i due scenari presentati nella tabella 8.
La presenza dei due scenari giustificata dalla presenza dellopzione in parte tra le possibili
risposte. Nello scenario A sono state incluse solo le imprese che hanno risposto
esclusivamente si a tutti i quesiti quindi rappresenta il caso pi restrittivo. Nel caso dello
scenario B sono state considerate come positive anche le risposte in parte.
72

Tabella 8 A B
Classificazione tipologia BSC Nr. Imprese % Imprese Nr. Imprese % Imprese
I tipo 20 25% 27 34%
II tipo 10 13% 3 4%
III tipo 10 13% 23 29%
Totale imprese 80 80
La tabella 8 ci offre la possibilit di osservare lintervallo in cui possiamo considerare la
difusione della BSC nelle imprese italiane utilizzando la metodologia utilizzata da
Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003). Sommando i valori allinterno di ciascun scenario, si
pu sostenere che la BSC stata implementata da un minimo di 50% ad un massimo di 67%
del campione. Questi dati sono molto pi alti del 18% delle imprese che ha affermato di
utilizzare la BSC al punto d) della sezione C3. Questo fatto ci conferma che le imprese
italiane negli ultimi anni hanno continuato ad introdurre molti concetti presenti nel modello
BSC (target, KPI, misure non monetarie, relazioni causa-effetto tra le misure) allinterno del
loro sistema di misurazione della performance senza aver fatto la scelta deliberata di
implementare la BSC.
Delle 80 imprese del campione, 27 non hanno risposto alla sezione C3 del questionario
oppure nono hanno raggiunto i requisiti minimi per avere una BSC di I tipo nello scenario B.
Il 34% del campione pu dunque essere considerato come imprese non-BSC.
I dati presenti nella tabella 8 hanno il vantaggio di poter essere confrontati con quelli trovati
da Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) e Soderberg (2006) poich sono stati ottenuti
utilizzando un approccio molto simile. Rispetto a una difusione della BSC nelle imprese dei
paesi di lingua tedesca del 24%, i dati trovati nella presente ricerca sono molto pi alti.
Considerando che la BSC di livello 2 nella ricerca svolta da Soderberg (2006) in Canada
confrontabile con la BSC di I tipo si osserva una sostanziale parit nella diffusione della BSC
intorno al 51%.
Si pu inoltre osservare che la maggior parte delle imprese hanno implementato una BSC di I
tipo e questo risultato in linea con quanto rilevato nei paesi di lingua tedesca (Speckbacher,
Bischof e Pfeiffer 2003). Circa il 50% delle imprese hanno una BSC di II o III tipo quindi
hanno una BSC strutturalmente ben sviluppata e questo dato rispecchia quanto trovato in
Canada (Soderberg 2006).
73

4.2 Le componenti della BSC

Lintroduzione della BSC parte dal presupposto che allinterno dellimpresa ci siano gi una
Mission, la Vision e dei valori comuni. La BSC ha il grande preggio di tradurre la Mission e
la strategia in obiettivi e misure tangibili (Kaplan e Norton 1996). La sezione C1 del
questionario, che apre la parte dedicata alla strategia, ha raccolto i dati riguardanti la presenza
e la comprensione di questi elementi allinterno delle aziende.
Tabella 9
Sono definiti in modo esplicito
e condivisi da tutti?
Si No In parte

Nr.
Imprese %
Nr.
Imprese %
Nr.
Imprese %
Mission 49 64% 4 5% 24 31%
Vision 33 43% 10 13% 33 43%
Valori 59 77% 3 4% 15 19%
Strategia 29 38% 5 6% 41 53%
Totale imprese 77
Le risposte, e pertanto anche i dati, di questa sezione sono inevitabilmente condizionate dalle
opinioni personali dei rispondenti ma si possono comunque fare delle considerazioni valide.
La mission definita in modo esplicito ed stata compresa da tutti i dipendenti solo nel 64%
dei casi. La BSC dovrebbe facilitare la communicazione della mission e della strategia
allinterno delle imprese ma dallo scenario che emerge ci sono ancora delle lacune in questo
senso. Particolarmente allarmante il dato riguardante la strategia. Solo il 38% del campione
dichiara di avere una strategia chiara a cui tutti hanno aderito. Laspetto positivo che in tutti
i casi le risposte negative sono limitate a poche imprese. Solo quattro imprese non hanno una
mission condivisa anche se due di queste utilizzano delle componenti nel loro sistema di
misurazione della performance che le avvicinano molto al modello BSC. Rimane unarea
molto rilevante di aziende che hanno affermato di avere una mission, vision e strategia
parzialmente condivise. Qui spicca il 53% e il 43% relativi alla strategia e alla vision.
Uninterpretazione a questo fenomeno pu essere il fatto che nella maggioranza delle imprese
del campione hanno introdotto il loro sistema di misurazione della performance in tempi
relativamente recenti.
Una delle cratteristiche distintive della BSC lutilizzo di diverse prospettive per la
misurazione della performance. Il campione utilizzato a studire lutilizzo delle prospettive si
riduce a 75 imprese poich in cinque questionari mancavano le risposte alla sezione D1.
Come mostrato nella tabella 10, il 60% delle imprese utilizza quattro prospettive, in accordo
74

con il modello Kaplan e Norton (1992). Si pu inoltre oservare che sei imprese che
corrispondono all8% del campione, utilizzano prospettive aggiuntive. Questo dato molto
pi basso rispetto a quanto individuato da Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003). Nei paesi
di lingua tedesca, le imprese che utilizzano pi di quattro prospettive arrivano al 17%. Questo
trend confermato anche da Malmi (2001) e Soderberg (2006). In Canada, le imprese che
impiegano pi di quattro prospettive sono poco sopra il 10% (Soderberg 2006 p.51).
Il dato che sorprende di pi riguarda il numero di imprese che utilizzano meno di quattro
prospettive. In questo caso, il fatto
che parte delle imprese che impiegano
meno delle quattro prospettive
tradizionali sono classificate come
imprese non-BSC pu spegare in
parte questo fenomeno. Questo dato
in contrapposizione con quanto
affermato da Kaplan e Norton (1996
p.34). Pur riconoscendo che il numero
di prospettive pu variare in base al settore di appartenenza e alla strategia delle imprese
sostengono di non aver mai trovato casi con meno di quattro prospettive. Il fatto che il 31%
del campione smentisca queste asserzioni non una novit poiche altri studi hanno osservato
lo stesso fenomeno. Nei paesi di lingua tedesca un quarto delle imprese utilizza un numero
minore di prospettive (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003 p.370). Soderberg (2006) ha
riscontrato che solo il 46% delle imprese utilizza la prospettiva dello sviluppo/apprendimento
suggerendo che un numero significativo di imprese utilizza tre prospettive.
Esaminando la tabella 11 si nota che tutte le aziende impiegano la prospettiva economico-
finanziaria. Un numero molto alto utilizzano anche la prospettiva del cliente/mercato e dei
processi interni. Questi dati sono in linea con quelli trovati da Speckbacher, Bischof e Pfeiffer
(2003) ma sono sensibilmente pi alti di quelli segnalati da Soderberg (2006) in Canada.
Lutilizzo di queste due prospettive in Canada raggiunge il 74%. Merita una considerazione
limpiego di prospettive addizionali. Un quarto dell imprese del campione utilizza la
prospettiva Sociale/Responsabilit ambientale e in altri due casi sono state inserite altre
prospettive.
Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) hanno riscontrato lutilizzo della quinta prospettiva
solo nel 5% dei casi. La presenza di prospettive aggiuntive molto pi comune nei paesi
Tabella 10
Nr. Prospettive
utilizzate Nr. Imprese %
1 1 1%
2 4 5%
3 19 25%
4 45 60%
5 4 5%
6 2 3%
Totale Imprese 75
75

nordici e in particolare in Svezia (Olve et al. 1997) dove gli stakeholder come i dipendenti e i
fornitori hanno un ruolo importante e spesso hanno una prospettiva dedicata a loro nella BSC.
Anche in India alcune prospettive supplementari trovano spazio rilevante nelle BSC.
In modo particolare, il 62,5%
dele imprese impiegano
quella degli azionisti che
risulta la terza in assoluto,
superando la prospettiva dei
processi interni e quella dello
sviluppo/crescita, entrambe
ferme al 54% (Anand, Sahay,
Saha 2005). Altre prospettive
rilevanti sono quella Sociale/Responsabilit Ambientale (41,7%) e quella dei dipendenti
(41,6%).
Per analizzare meglio lo stato di implementazione della BSC nelle imprese italiane si possono
analizzare i dati presenti nella tabella 12. Gran parte delle imprese hanno individuato gli
obiettivi strategici e i target ma meno della met sono riuscite a sviluppare una mappa
strategica per collegare attravero relazioni di causa-effetto gli obiettivi e le misure. Questo
un risultato simile a quanto visto in Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) e lascia molto
spazio a futuri sviluppi in questa direzione poich i benefici derivanti dalla MS sono
molteplici.
Tabella 12
Componenti Nr. Imprese % tot. Risposte
Mappa Strategica (rel. Causa-effetto) 33 45% 74
Obiettivi Strategici 68 88% 77
Target e KPI per mis. e il loro raggiungimento 57 75% 76
Il 75% delle imprese individuano i target che hanno lo scopo di facilitare limplementazione
della strategia e i KPI per misurare il loro raggiungimento. Anche in Finlandia (Malmi 2001) i
target e i KPI vengono utilizzati in modo analogo ma non sempre il loro impiego ha seguito le
direttive impartite da Kaplan e Norton (2000). Durante le interviste svolte da Malmi (2001)
con i manager e i controller delle diciasette imprese del suo campione emerso che il legame
tra la strategia e le misure era molto debole. Lassunzione che ci sia un legame causale
essenziale nella BSC poich la distingue dagli latri modelli e permette lutilizzo delle aree non
economico-finanziarie per prevedere la performance economica futura (Norreklit 2000).
Tabella 11
Prospettive utilizzate
Nr.
Imprese
%
Imprese
Economico-Finanziaria 75
100%
Cliente/Mercato 73
97%
Processi Interni 68
91%
Crescita/Sviluppo/Apprendimento 54
72%
Sociale/ Responsabilit Ambientale 19
25%
altro 2 3%
Totale imprese 75
76

Norreklit (2000) sostiene che il processo di definizione delle relazioni causa-effetto tra le
misure delle varie prospettive descritto da Kaplan e Norton (1996) problematico per le
imprese. Anche Malina e Selto (2001) e Ittner e Larcker (2003) hanno trovato nelle loro
indagini empiriche unapplicazione molto ridotta di questo principio. Nella loro ricerca, svolta
su un campione di 157 imprese, solo il 23% hanno costruito delle relazioni causali tra misure
e obiettivi.
Per quanto concerne le misure utilizzate in ciascuna delle quattro prospettive canoniche della
BSC, possiamo notare nel grafico 5 che larea economico-finanziaria ancora nettamente la
pi importante. Dai dati emerge che le imprese utilizzano in media sei KPI nellarea
economico-finanziaria. Dalla tabella 13 inoltre, si osserva che le misure pi importanti
inserite in questa
prospettiva sono i Ricavi
Netti, il Margine di
Contribuzione, il Margine
Operativo Lordo e il
Reddito Operativo che
vengono utilizzate
rispettivamente dall88%,
74%, 73% e 71% delle
imprese. Segue larea
Clienti/Mercato, dove
sono presenti in media 3 KPI. Le misure pi frequentemente riscontrabili in questarea sono
lincremento delle vendite (81%), indicatori di qualit (45%), la quota di mercato (33%), il
tasso di acquisizione di nuovi clienti (31%) e gli indicatori del livello di servizio (28%). Per
quanto concerne larea dei processi interni e quella dello sviluppo e lapprendimento, il
numero di KPI presenti in media sono praticamente allo stesso livello, intorno a 2,5 ma
probabilmente a parit di campione la media dellarea dello sviluppo e lapprendimento
sarebbe pi bassa. Una considerazione importante che emerge dai dati che le imprese
italiane reputano le due prospettive di analoga importanza e data la necessit di monitorare i
processi interni in quanto area strategica questo fa capire quanto sia diventato importante
tenere sotto controllo la prospettiva dello sviluppo e lapprendimento. I KPI che vengono
utilizzati con pi frequenza nellarea dei processi interni sono gli indicatori di produttivit
(59%), il costo totale dei processi (51%), gli indicatori di qualit dei processi interni (44%) e
il tempo di ciclo (41%). Per quanto concerne larea Crescita, Sviluppo e Apprendimento i
AREA ECONOMICO-
FINANZIARIA
AREA
CLIENTI/MERCATO
AREA PROCESSI
INTERNI
AREA
SVILUPPO/CRESCIT
A/APPRENDIMENT
O
nr. Kpi 5,802631579 3,164383562 2,52173913 2,660714286
0
1
2
3
4
5
6
Figura 5: Nr. medio KPI utilizzati nelle imprese italiane
77

KPI maggiormente impiegati sono gli Investimenti in formazione del personale, indicato dal
45% delle imprese, gli indici di produttivit del personale (33%) e la percentuale dei costi in
R&S su fatturato. Circa un quinto delle imprese che hanno risposto a questa sezione hanno
indicato anche la percentuale di vendite da nuovi prodotti , brevetti e licenze e il time to
market come misure rilevati in modo continuativo in questa prospettiva.
Tabella 13 i KPI pi rilevanti nelle quattro prospettive
Area Economico-finanziaria Area Cliente/Mercato Area Processi Interni
Area Crescita, Sviluppo,
Apprendimento
Misure: Nr. % Misure: Nr. % Misure: Nr. % Misure Nr. %
Ricavi Netti 70 88%
Incremento
Vendite
65 81%
Indicatori di
produttivit
47 59%
Investimenti in
formazione del
personale
36 45%
Margine di
Contribuzione
59 74% Indicatori di qualit 36 45%
Costo totale dei
processi
41 51%
Indici di produttivit del
personale
26 33%
Margine
Operativo Lordo
58 73% Quota di mercato 26 33%
Indicatori di qualit
dei processi interni
35 44%
% Costi R&S su
fatturato
20 25%
Reddito
Operativo
57 71%
Tasso di
acquisizione nuovi
clienti
25 31% Tempo di ciclo 33 41%
% vendite da nuovi
prodotti, brevetti,
licenze
17 21%
Reddito netto 48 60%
Indicatori di livello
di servizio
22 28%
Soddisfazione dei
clienti interni
10 13% Time to market 16 20%
Cash Flow 50 63%





I KPI presenti nella tabella 13 sono paragonabili alla situazione ricontrata in India (Anand,
Sahay e Saha 2005). Una delle differenze pi rilevanti il peso dato alle misure dellarea
Cliente/Mercato che risultano molto pi importanti nelle imprese indiane rispetto alla
situazione in Italia. Se consideriamo invece il numero medio di KPI utilizzati in ciascuna
prospettiva a livello aggregato otteniamo un set di quattordici misure, numero che rispetta la
prerogativa della massima selettivit indicata da Kaplan e Norton (1992). Questo ci indica che
i manager delle imprese italiane riescono a concentrarsi sulle poche misure ritenute critiche
per il successo.
4.3 BSC come Sistema di Misurazione della Performance
Una delle caratteristiche pi importanti della BSC il suo trasferimento a cascata su tutta la
struttura gerarchica dellimpresa (Kaplan e Norton 1996). Le misure nelle varie prospettive
derivano dalla mission e dalla strategia dellimpresa a livello corporate o di BU e la possibilit
di monitorarle a livello di funzione o di team svolge la mansione di comunicazione degli
obiettivi in modo molto efficace (Niven 2008). La sezione D1 del questionario ha raccolto i
78

dati relativi ai destinatari delle misurazioni e alla frequenza con la quale sono effetuate le
misurazioni.Come si pu notare nella tabella 14, in linea con quanto ci si pu aspettare,
lAmministratore Delegato il destinatario principale delle misurazioni praticamente in tutte
le aree della BSC. Il dato importane che emerge per che le informazioni vengono ricevute
in modo analogo anche dal Direttore Generale e dal responsabile di funzione con una leggera
flessione a livello di divisione/BU. Data la natura della prospettiva dei processi interni, non
sorprende il fatto che il responsabile di funzione sia il destinatario principale delle rilevazioni
effetuate in questarea.
La frequenza con la quale vengono ricevuti i dati principlamente mensile. Questa
caratteristica comune a tutte le funzioni prese in considerazione in questa sezione. Larea
della Crescita, Sviluppo e Apprendimento prevede un orizzonte temporale di durata maggiore
rispetto alle altre prospettive e la frequenza con la quale vengono forniti i report ai vari livelli
organizzativi costituita da periodi pi lunghi. Principalmente le informazioni sono analizzate
ogni trimestre ma in alcuni casi questo avviene anche con cadenza annuale. Unaltra
considerazione che riguarda larea dello sviluppo e lapprendimento riguarda il numero di
risposte ottenute. Mentre nelle altre aree il campione va da 75 (94%) a 66 (82%) imprese per
la prospettiva della crescita si arriva a sole 45 imprese (56%). Questo sintomo di una
situazione in cui la prospettiva dello sviluppo e lapprendimento non viene ancora vista da
tutte le imprese come elemento di importanza rilevante rischiando di penalizzare la
Tabella 14 Area Economico-
finanziaria
Area
Cliente/Mercato
Area Processi
Interni
Area Crescita,
Sviluppo,
Apprendimento Detinatari e frequenza di ricevimento delle informazioni

Nr.
Imprese
%
Nr.
Imprese
%
Nr.
Imprese
% Nr. Imprese %
AD 64 80% 57 71% 44 55% 31 39%
mensile 46 58% 40 50% 18 23% 6 8%
trimestrale 12 15% 5 6% 18 23% 16 20%
altro 4 5% 8 10% 7 9% 8 10%
Direttore Generale 48 60% 49 61% 38 48% 27 34%
mensile 31 39% 32 40% 14 18% 5 6%
trimestrale 11 14% 7 9% 15 19% 12 15%
altro 4 5% 7 9% 8 10% 8 10%
Responsabile di Divisione/Business 39 49% 39 49% 32 40% 23 29%
mensile 29 36% 27 34% 13 16% 5 6%
trimestrale 6 8% 5 6% 13 16% 11 14%
altro 4 5% 6 8% 6 8% 6 8%
Responsabile di funzione 47 59% 51 64% 48 60% 27 34%
mensile 31 39% 32 40% 25 31% 8 10%
trimestrale 13 16% 10 13% 17 21% 12 15%
altro 4 5% 6 8% 5 6% 6 8%
79

competitivit delle imprese nel lungo periodo. La prospettiva dello sviluppo e apprendimento
la base per il successo nelle altre prospettive della BSC (Kaplan e Norton 1996, Niven
2008).
Fin dalla sua introduzione nel 1992, Kaplan e Norton hanno suggerito che i maggiori benefici
dallutilizzo della BSC si presentano a livello di BU. In Finlandia (Malmi 2001), Australia
(Bedford et al. 2008) e nei paesi di lingua tedesca (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003) le
imprese hanno seguito queste indicazioni implementando la BSC principalmente a livello di
BU. La sezione D3 del questionario ci indica il grado di autonomia delle BU nel definire il
proprio sistema di reporting. Per facilitare la lettura dei dati contenuti nella tabella 15 si
possono aggregare le percentuali corrispondenti alle risposte elevato e discreto in quanto
denotano un buon grado di autonomia e le risposte basso e nullo poich esprimono un
livello di autonomia insufficiente.
Tabella 15
Grado di autonomia delle BU nel
definire il sistema di Reporting:
Area Economico-
finanziaria
Area
Cliente/Mercato
Area Processi
Interni
Area Crescita,
Sviluppo,
Apprendimento

Nr.
Imprese %
Nr.
Imprese %
Nr.
Imprese %
Nr.
Imprese %
elevato 19 27% 18 26% 16 24% 12 19%
discreto 25 35% 36 51% 29 43% 23 37%
basso 20 28% 13 19% 13 19% 14 23%
nullo 7 10% 2 3% 8 12% 8 13%
Nella maggior parte delle imprese si riscontra un buon livello di autonomia nella definizione
del sistema di reporting a livello di BU. Dal 56% delle imprese dellarea della crescita,
sviluppo e apprendimento fino al 77% dellarea cliente/mercato le imprese italiane dimostrano
di avvicinarsi ai livelli degli altri paesi ma c ancora strada da fare per arrivare al 92% delle
imprese australiane (Bedford et al. 2008) o al 98% delle imprese di lingua tedesca
(Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003). Il fatto che ci sia un numero relativamente elevato di
imprese a concedere una bassa autonomia alle proprie BU pu significare che queste sono
ancora in una fase iniziale di implementazione del proprio sistema di misurazione della
performance lasciando uno spiraglio per un futuro ampliamento.



80


Come si pu notare nel
grafico 6, il 51% delle
imprese ha introdotto il
proprio sistema di
misurazione della
performance nel
periodo che va dal
2008 al presente. Il 23% del campione ha implementato il proprio sistema negli ultimi tre anni
e questo conferma il fatto che queste imprese possono ancora avere bisogno di tempo per
concedere una maggiore autonomia alle proprie BU. Da un altro unto di vista, si potrebbe
sostenere che nella metodologia proposta da Kaplan e Norton (1992, 1996) la BSC dovrebbe
essere implementata a livello di BU gi dalla fase iniziale, indipendentemente dalla politica a
livello corporate. Le imprese di medie e grandi dimensioni tendono a dare maggiore
autonomia alle BU per aumentare la propria capacit innovativa e la flessibilit necessaria a
far fronte alle condizioni mutevoli del mercato (Fiorucci 2000). Probabilmente questo
processo pi rapido e
marcato nelle imprese
estere rispetto a quanto si
verifica nel panorama
italiano.
Lintroduzione di un
sistema di misurazione
della performance come
la BSC, che permette di
integrare tra loro misure
di tipo economico-
fianziario e non monetarie si dimostrata una decisione che ha portato diversi benefici nelle
imprese (Niven 2003).
In Brasile (Luiza 2010) i maggiori benefici portati dalla BSC sono il miglioramento della
performance economica, il miglioramento della comunicazione interna e delle conoscenze a
supporto di iniziative strategiche future. Ittner e Larcker (1998) sostengono che lutilizzo
Tabella 16: Impatto dell'integrazione di misure economico-finanziarie e non
monetarie
ha migliorato: Nr. Imprese %
a) il controllo dei costi di produzione 51 64%
b) la definizione degli obiettivi di business 48 60%
c) la definizione degli obiettivi e di responsabilit manageriali 46 58%
d) la comunicazione dei risulati all'interno della divisione 44 56%
e) la condivisione degli obiettivi di business tra i responsabili 44 55%
f) le capacit di valutazione delle prestazioni attuali del business 44 55%
g) le capacit di previsione dei risultati futuri del business 43 54%
ha generato:
h) aumento dei tempi di redazione e comunicazione dei report 25 31%
i) aumento della conflittualit tra divisioni/business 13 16%
9%
40%
28%
23%
51%
<2000
2000-
2008
2008-
2010
>2010
Figura 6: Periodo introduzione del SMP nelle imprese
81

congiunto di misure economico-finanziarie e non monetarie non portano di per s dei benefici
in quanto molto dipende da variabili come la strategia, la struttura e lambiente in cui opera
limpresa. Per verificare quali benefici vengono riscontrati nellutilizzo di sistemi di
misurazione della performance come la BSC dalle imprese italiane stata predisposta la
sezione D4 del questionario.
Questa sezione ha raccolto le valutazioni dei rispondenti su ventidue possibili effetti positivi e
otto negativi derivanti dallimpiego congiunto di misure economico-finanziarie e non
monetarie. Anche in questo caso stata utilizzata una scala a quattro livelli e i dati contenuti
nella tabella 16 rappresentano gli aggregati molto-abbastanza e poco-per nulla. Nella
tabella sono presenti solo le risposte pi significative e al primo posto troviamo i benefici
relativi al controllo dei costi di produzione. La riduzione dei costi di produzione uno dei
benefici previsti anche da Kaplan e Norton (1996 p. 56) che a tale scopo suggeriscono
lutilizzo di sistemi come lABC. Altri benefici importanti riguardano il miglioramento nel
processo di definizione e condivisione degli obiettivi e delle responsabilit manageriali. Uno
dei concetti alla base della BSC lindividuazione degli obiettivi in ciascuna delle prospettive
per cui lintroduzione di un modello di questo tipo richiede unanalisi approfondita degli
obiettivi da parte dei manager.
Ulteriori vantaggi si riscontrano nella comunicazione dei risultati allinterno della divisione e
in minor misura tra divisioni e corporate. Infine, un posto rilevante stato guadagnato dal
miglioramento della capacit di valutazione delle prestazioni attuali e di previsione dei
risultati futuri di business. Tutti questi benefici sono riconducibili allutilizzo di modelli
multidimensionali con le caratteristiche della BSC e sono stati illustrati da Kaplan e Norton
(1996).
La parte finale della sezione D4 dedicata agli effetti negativi relativi allintegrazione delle
misure economico-finanziarie e non monetarie. Nessuna delle possibili opzioni proposte ai
rispondenti ha raggiunto livelli importanti. Lunico risultato avverso che merita una
considerazione riguarda laumento dei tempi di redazione e comunicazione dei report,
segnalato dal 31% delle imprese. Rispetto ad un sistema di misurazione della performance che
si basa esclusivamente sul rilevamento di misure di tipo economico-finanziario, linserimento
delle misure non monetarie aumenta sia i tempi di rilevamento sia quelli di comunicazione dei
risultati ma i benefici generati superano di gran lunga questo tipo di svantaggi. Alcune opzioni
ritenute importanti nei paesi nordici (Kald e Nilsson 2000) come il miglioramento dei rapporti
82

con i clienti e con i fornitori e la flessibilit a livello operativo non sono andati oltre al 40%,
una circostanza che le piazza agli ultimi posti.
Lultima parte della sezione D, dedicata ai quesiti sulle caratterisstiche del sistema di
misurazione della performance, attiene alla definizione dei target. Nella tabella 17 si osserva
che il 79% delle imprese
definisce dei livelli di
performance obiettivo.
Anche Malmi (2001) ha
evidenziato il fatto che la
maggior parte delle imprese
finlandesi fissano dei target
e questi vengono utilizzati per indirizzare loperato dei manager verso gli obiettivi
strategicamente pi rilevanti. Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) hanno rilevato che il
74% delle imprese ha fissato dei target, dato molto vicino a quello illustrato nella tabella 17.
Nelle imprese italiane i target vengono definiti principalmente sia su misure financial sia su
quelle non financial. Kaplan e Norton (1996) sostengono che i target dovrebbero essere fissati
in tutte le prospettive della BSC. Le imprese che definiscono i target solo per la prospetiva
economico-finanziaria rischiano di incentivare lorientamento al breve termine (Merchant
1990). Tra le varie
metodologie per la
definizione dei target, le
medie-grandi imprese
italiane preferiscono
stabilire dei tassi di
miglioramento sulle
performance passate. Questo metodo stato indicato dal 68% del campione risultando
nettamente al primo posto. Seguono la negoziazione con il 22% e il benchmarking con le
unit interne al 17%.
Dai dati emerge che la BSC, utilizzata come sistema di misurazione della performance, segue
le principali indicazioni di Kaplan e Norton (1992, 1996). C ancora da recuperare per
quanto riguarda il trasferimento a cascata della BSC su tutti i livelli organizzativi e
sullautonomia concessa alle BU per la definizione del proprio sistema di reporting ma le altre
caratteristiche individuate rispecchiano la situazione riscontrata negli altri paesi.
Tabella 17
Vengono definiti formalmente i target? Nr. Imprese %
no 11 14%
si 63 79%
se si
solo su misure financial 13 21%
solo su misure non-financial 6 10%
su misure financial e non-financial 41 67%
Tabella 18
La definizione dei traget avviene tramite:
Nr.
Imprese %
benchmarking con competitors 16 21%
benchmarking con unit interne 13 17%
tassi di miglioramento sulle performance passate 52 68%
negoziazione 17 22%
altro 4 5%
83

4.4 La strategia e il sistema di incentivazione
Come abbiamo gi avuto modo di osservare nella tabella 9, la strategia allinterno delle
imprese italiane di medie e grandi dimensioni definita in modo esplicito solo nel 38% dei
casi. Uno dei compiti principali della BSC la comunicazione della strategia attraverso le
misure strategiche scelte in ciascuna prospettiva (Kaplan e Norton 1996). Se le misure della
BSC hanno origine nella strategia e nella mission dellazienda chiaro che questi elementi
devono essere presenti in modo esplicito altrimenti mancano le basi per limplementazione
della BSC. Il 53% del campione ha dichiarato di avere una strategia esplicitata e compresa dai
propri dipendenti in modo parziale. Se il problema in questo caso risiede nella comunicazione
della strategia, lintroduzione della BSC potrebbe potrebbe portare dei grandi benefici in
questo senso (Kaplan e Norton 1996, Niven 2003).
Nella tabella 12 abbiamo rilevato la presenza di elementi molto importanti per la gestione
della strategia come la MS gli obiettivi startegici e i target. Per quanto riguarda gli obiettivi e i
target siamo a dei livelli importanti, in linea con quanto trovato in Finlandia (2001). Siamo a
valori molto pi bassi se facciamo riferimento allimpiego della MS e in particolare delle
relazioni causa-effetto tra le prospettive. Il 45% presente nella tabella 12 in linea con quanti
hanno dichiarato di avere una strategia ben definita e compresa e probabilmente spiega il
successo raggiunto da queste imprese nel comunicare in modo chiaro il proprio piano
strategico. Da unanalisi pi approfondita emerge che il 23% del campione utilizza la MS per
rappresentare la propria strategia
solo in modo parziale per cui
potrebbero ottenere dei benefici
maggiori implementando questo
strumento in modo pi
completo.
La sezione C2 del questionario
dedicata alle modalit di
sviluppo della strategia.
Esaminando la tabella 19 si pu notare che il 59% delle imprese effettua delle analisi
specifiche per la definizione e la revisione della propria strategia. La maggior parte delle
imprese che hanno risposto in modo affermativo alla sezione C2a utilizza la SWOT analysis.
Lee e Sai On Ko (2000) sostengono che lutilizzo congiunto della BSC e dellanalisi SWOT
genera un sistema olistico di gestione strategica. La matrice SWOT in grado di identificare
Tabella 19
Vengono effetuate analisi specifiche per la definizione/revisione della
strategia?
Nr Imprese %
no 29 36%
si 47 59%
se si quali


Analisi SWOT 36 80%
PESTEL 10 22%
Analisi delle 5 forze di Porter 10 22%
Altro 10 22%
84

in modo chiaro ed efficace i fattori critici di successo dellimpresa, uno degli elementi che
costituiscono la base di diversi componenti della BSC (Kaplan e Norton 1996 p 29). Invece di
individuare i KPI attraverso sessioni di brainstorming o affidandosi allistinto imprenditoriale
dei manager la SWOT analysis offre un approccio strutturale nella creazione della BSC (Lee e
Sai On Ko 2000).
Sia lanalisi PESTEL che lanalisi delle cinque forze di Porter sono utilizzate ciascuna dal
22% delle imprese del campione. Dai dati emerge che in tutti i casi in cui impiegata lanalisi
delle cinque forze di Porter viene fatto ricorso anche ad altri strumenti. Una possibile
interpretazione di questo dati risiede nel fatto che i manager ritengono lanalisi delle cinque
forze di porter uno strumento esaustivo, in grado di portare le dovute garanzie per quanto
riguarda la fase di sviluppo della strategia.
Una volta definita la strategia e implementata la BSC, Kaplan e Norton (2008) suggeriscono
lo svolgimento di riunioni ad hoc con cadenza annuale per verificare se gli elementi su cui si
basa la strategia siano cambiati nel tempo. Lambiente in cui operano le imprese mutevole e
la mancanza di un processo di
revisione pu compromettere il
raggiungimento degli obiettivi
prefissati. Il 76% delle imprese che
ha fornito una risposta a questa
sezione ha affermato di effettuare
reunioni ad hoc per il riesame della
strategia. Se prendiamo in
considerazione il campione intero
della ricerca questo valore scende al
55%. In ogni caso, il processo di revisione delle ipotesi iniziali sulla strategia dovrebbe essere
effettuato da ciascunimpresa che intende raggiungere gli obiettivi strategici (Kaplan e Norton
2008). La cadenza con la quale viene verificata la strategia in linea con quanto dettato da
Kaplan e Norton. Il 76% delle imprese effettua la revisione della strategia in riunioni ad hoc
almeno una volta allanno. Il 5% del campione effettua le riunioni con frequenza maggiore,
fatto dovuto alla particolari dinamiche del settore di appartenenza. Il 24% delle imprese che
effettua la revisione della strategia ogni due o pi anni dovrebbero aumentare tale frequenza
salvo particolari condizioni dellambiente interno ed esterno che permettano una certa
stabilit.
Tabella 20
Vengono effettuate reunioni per la revisione
della strategia?
Nr.
Imprese
%
No 14 24%
Si 44 76%
Cadenza con la quale viene riverificata la
strategia (in anni)
Nr.
Imprese
%
<1 3 5%
1 41 71%
2 3 5%
>2 11 19%
Totale Imprese 58
85



Per aumentare le probabilit di successo della strategia e indirizzare i dipendenti nella
direzione necessaria al raggiungimento degli obiettivi le imprese impiegano i piani di
incentivazione (Clark e Wilson 1961). Il 67% del campione ha dichiarato di utilizzare un
sistema di incentivazione collegato al raggiungimento dei risultati di budget o al sistema di
reporting. Nelle imprese
finlandesi questo dato arriva
al 76% (Malmi 2001) ma il
campione della ricerca
molto pi ridotto per cui
meno rappresentativo.
Anche nei paesi di lingua tedesca le imprese che prevedono un collegamento tra gli incentivi e
la BSC sono il 71% (Speckbacher, Bischof, Pfeiffer 2003), in linea con i dati presenti nella
tabella 21. La ricerca di Soderberg (2006) ha evidenziato la presenza di un piano di
incentivazione collegato alla BSC nel 62% dei casi. Alla luce di questi dati, si pu sostenere
che le imprese italiane hanno raggiunto un livello paragonabile alla situazione nel resto del
mondo.
Per quanto concerne i livelli organizzativi incentivati in maniera formalizzata, emerge che il
43% delle imprese estende il
proprio piano di incentivazione a
tutte le posizioni della gerarchia
aziendale. Come si nota nella
tabella 22, le funzioni a
beneficiare in modo maggiore
degli incentivi si trovano al livello
del responsabile di funzione e di
divisione/business con il 40%. Le modalit con le quali gli incentivi vengono collegati alla
BSC possono assumere cratteristiche diverse ma quello che viene evidenziato dai dati una
copertura uniforme degli incentivi su tutti i livelli organizzativi.
Nella logica della BSC, gli incentivi devono essere collegati agli obiettivi in ciascuna delle
prospettive presenti. Questo spinge verso un sistema di incentivazione basato sia sui risultati
Tabella 21
Sistema di incentivazione collegato al
raggiungimento dei risultati di Budget/Reporting
Nr. Imprese %
Si 53 67%
No 26 33%
Totale Imprese 79
Tabella 22
I livelli organizzativi incentivati in maniera
formalizzata sono: Nr. Imprese %
Amministratore delegato
18 34%
Direttore generale
15 28%
Responsabile di Divisione/Business
21 40%
Responsabile di funzione
21 40%
Tutti i livelli organizzativi
23 43%
86

economico-finanziari sia su quelli non monetari delle restanti tre prospettive. Il 57% delle
imprese italiane prevede degli incentivi su entrambe le tipologie di risultati.
Una parte consistente del campione incentiva i propri dipendenti esclusivamente sui risultati
economici. Questo approccio rischia di mantenere alta lattenzione dei manager e dei
dipendenti sugli obiettivi di breve periodo con possibili ripercussioni sulla strategia di lungo
termine dellazienda (Niven 2003 p
12). Il metodo pi facile di collegare
gli incentivi alla BSC prendere
come riferimento la BSC a livello
corporate, dando un peso a ciascuna
misura nel determinare la parte
variabile del compenso (Snapka e
Copikova 2011). Questo il caso in
cui gli incentivi sono fissati in base ai
risultati complessivi dellazienda.
Nella tabella 23 si nota che il 42% delle imprese italiane hanno un sistema di incentivazione
basato sui risultati aziendali. Il 15% del campione ha stabilito gli incentivi solo sui risultati di
divisione/business. Per poter attuare un piano di incentivazione basato sui risultati di BU, le
imprese che impiegano la BSC devono averla trasferita a cascata a livelli organizzativi pi
bassi. Questo processo pi complesso
ma pu avere una forza motivazionale
maggiore poich gli individui sono
incentivati sul raggiungimento dei propri
obiettivi e non su quelli a livello
corporate (MacDonald 2013). Il 43%
delle imprese fissano gli incentivi sia sui
risultati business sia su quelli corporate e
nella maggior parte dei casi entrambi i
livelli hanno un peso del 50% nella
definizione degli incentivi. Anche la
natura degli incentivi rappresenta una
variabile importante del sistema
incentivante.
Tabella 24
Qual la natura degli incentivi?
Nr.
Imprese %
Incentivi Economici:

Incrementi salariali
18 30%
Incrementi nella quota di retribuzione
variabile
46 77%
Benefici accessori
9 15%
Totale imprese
60
Incentivi Sociali:
Opportunit di promozione
17 57%
Concessione di maggiore autonomia
decisionale
10 33%
Incremento delle responsabilit
12 40%
Totale imprese
30
Tabella 23
Gli incentivi fanno riferimento: Nr. Imprese %
Solo a risultati economici
24 40%
Solo a risultati non economici
2 3%
Ad entrambi
34 57%
Gli incentivi si basano:

Solo sui risultati aziendali
25 42%
Solo sui risultati di divisione/business
9 15%
Su entrambi
26 43%
87

La tabella 24 ci mostra che gli incentivi consistono in modo prevalente in incrementi nella
quota di retribuzione variabile (77%). Il rapporto di Od&M Consulting
19
del 2007 mostra che
nel periodo 2001-2006 c stata una forte crescita della parte fissa dei salari dei manager
italiani ma dal 2007 sempre pi diffuso il sistema retributivo variabile. Questo trend
continuato anche negli anni successivi con una crescita media della retribuzione variabile del
3% allanno. Il 30% del campione utilizza incentivi economici nella forma di incrementi
salariali mentre il 15% concede benefici accessori. Gli incentivi sociali hanno una
considerazione minore e probabilmente sono pi difficili da inserire nel sistema incentivante.
Solo il 37,5% del campione iniziale ha dato una risposta a questa sezione del questionario
contro il 75% che ha partecipato alla sezione dedicata agli incentivi economici. Il 57% delle
imprese che hanno inserito degli incentivi sociali nel proprio sistema di incentivazione
dichiara di offrire opportunit di promozione. Circa un terzo dei rispondenti offre un
incremento delle responabilit e concede maggiore autonomia decisionale.
Dai dati raccolti in questa sezione emerge che due terzi del campione dichiara di avere un
sistema incentivante formalizzato legato al raggiungimento degli obiettivi di budget/reporting.
C ancora un 40% di imprese in cui gli incentivi basati sulla performance economica hanno
ancora un ruolo preponderante ma una buona parte delle imprese sta prendendo in
considerazione anche il raggiungimento degli obiettivi di natura non economica nella
remunerazione dei propri dipendenti. Circa il 40% delle imprese del campione utilizza un
sistema di incentivazione compatibile con la BSC in quanto prende in considerazione il
raggiungimento di obiettivi di natura economica e non economica, copre tutti i livelli
organizzativi e sono stabiliti sia sulla performance a livello corporate sia su quella di BU.

19
OD&M una Societ di consulenza specializzata nella gestione e valorizzazione delle persone e nella
progettazione di sistemi organizzativi, di sviluppo e comunicazione aziendale.
88

89

5. Confronto dei dati tra Medie e Grandi imprese
Nei capitoli precedenti abbiamo avuto modo di constatare la diffusione e limportanza che il
modello BSC ricopre nelle imprese di grandi dimensioni. Il successo del modello ha favorito
una vasta discussione sulle modalit di applicazione e le best practices associate alle grandi
imprese ma la letteratura sulle PMI molto meno presente (Rompho 2011). Nonostante ci
siano alcune ricerche che ritengono la BSC inadeguata per le PMI (McAdam 2000), molti casi
aziendali hanno dimostrato il contrario (Kaplan e Norton 2001).

Andersen (2001) sostiene che lutilizzo della BSC nelle PMI presenta delle differenze
sostanziali rispetto alle grandi imprese. Allo stesso modo, anche i benefici del modello sono
di natura diversa. Le imprese di grandi dimensioni traggono maggiore utilit dal
miglioramento nella comunicazione della strategia mentre le PMI guadagnano maggiormente
dalla descrizione dei propri obiettivi strategici che innesca un processo di gestione strategica
pi efficiente (Andersen 2001).

I sistemi di misurazione della performance non sono di facile introduzione nelle PMI per
alcune caratteristiche specifiche che le distinguono dalle grandi imprese. Spesso,
limplementazione della BSC fallisce nelle PMI perch richiede un impiego rilevante di
risorse e perch lambiente in cui operano estremamente dinamico (Hudson, Smart e Bourne
2001). Queste argomentazioni sono state confermate dalla ricerca svolta da Rompho (2011)
che ha rilevato nel frequente cambiamento della strategia il motivo principale delle difficolt
di implementazione della BSC nelle PMI. Queste barriere richiedono che il sistema di
misurazione della performance applicato alle imprese di dimensioni ridotte sia efficiente dal
punto di vista delle risorse impiegate e deve produrre degli effetti visibili sia nel breve che nel
lungo termine (Hudson, Smart e Bourne 2001).
La maggioranza delle PMI sono a conduzione familiare e questo particolarmente vero nel
panorama italiano (Taticchi et al. 2008, Unioncamere 2007). Questo tipo di impresa
caraterizzata dalla ridotta capacit finanziaria, la mancanza di know-how e di risorse per
sfruttare le tecnologie avanzate e la difficolt di raccogliere e analizzare dati rilevanti
(Taticchi et al. 2008, Antonelli e Parbonetti 2002). Questi fattori rendono ancora pi
importante il sistema di misurazione della performance poich il margine di errore nel
processo decisionale molto ridotto. Per essere implementata nelle imprese di dimensioni
ridotte la BSC, come altri sistemi di misurazione della performance ha bisogno di alcuni
90

elementi specifici. In primo luogo, la scarsit delle risorse impone di selezionare unicamente
gli indicatori ritenuti critici per il raggiungimento degli obiettivi (Rompho 2011). Altri fattori
importanti sono il supporto del proprietario e/o dei manager, il supporto dei dipendenti e una
buona cooperazione tra le divisioni (Rompho 2011).
Le indagini empiriche, di natura qualitativa e quantitativa, come si avuto modo di vedere, si
focalizzano soprattutto sulle differenze tra PMI e grandi imprese. Questa rassegna della
letteratura sullimplementazione della BSC nelle PMI indica la necessit di effettuare degli
adattamenti del modello nelle imprese di dimensioni contenute e in alcuni casi ne esclude
laplicabilit (McAdam 2000). Per questi motivi, la presente ricerca esclude le PMI e si
focalizza esclusivamente sulle imprese di medie e grandi dimensioni per determinare se anche
tra queste due categorie ci sono delle differenze analoghe.

Hoque e James (2000) e Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) hanno rilevato una
correlazione significativa tra lutilizzo della BSC e la dimensione dellimpresa. Lo scopo di
questo capitolo quello di verificare se ci sono delle differenze nelle modalit di utilizzo dei
sistemi di misurazione della performance, e in particolare della BSC, tra le medie e grandi
imprese italiane. A tale scopo stata effettuata una divisione del campione iniziale in base al
numero di dipendenti e al fatturato. La Media Impresa (MI) si contraddistingue per avere un
fatturato tra i 10 e i 50 milioni di Euro e un numero di dipendenti compreso tra 49 e 250. La
Grande Impresa (GI) caratterizzata da un fatturato maggiore di 50 milioni di Euro e
dallimpiego di un numero superiore di 250 dipendenti. Questi parametri corrispondono alla
definizione di media e grande impresa data dalla Commisione Europea nella raccomandazione
2003/361/CE del 6 maggio 2003.

91

5.1 Differenze nella struttura della BSC

Le 79 imprese del campione sono state divise in base ai caratteri indicati precedentemente
ottenendo due gruppi omogenei formati al 56% (44) da MI e al 44% (35) da GI. La figura 7
ci mostra la presenza leggermente
superiore delle imprese di medie
dimensioni ma la differenza
relativamente contenuta. Questo ci
permette di effettuare un confronto
attendibile tra le due categorie.
I questionari delle GI sono in numero
minore ma durante la fase di analisi dei
dati stato osservato un grado di completezza delle risposte maggiore rispetto alle MI per cui
in molte sezioni il numero dei due campione equiparabile.
Per quanto concerne il settore di appartenenza, si pu notare che le MI appartengono per il
20% (9) al settore dei servizi e all80% (35) a quello manifatturiero. Le GI invece, fanno parte
del settore dei servizi per il 31% (11) e di quello manifatturiero per il 69% (24) del campione.
Nella tabella 25 viene
fatto un confronto tra i
dati che ci permette di
osservare una
prevalenza del settore
manifatturiero in entrambi i casi ma nelle MI la differenza pi marcata arrivando a
rappresentare 4/5 del campione. Tra le GI questo rapporto arriva a circa 2/3 del totale e
nonostante il numero del campione sia pi ridotto c una presenza maggiore delle imprese di
servizi rispetto alle MI.
Per verificare se c una correlazione tra la dimensione delle imprese e la diffusione della
BSC possiamo fare una prima analisi della sezione C3. Al punto d) le imprese sono state
invitate a indicare se il loro sistema di controllo del raggiungimento dei target sia una BSC. Il
quesito aveva tre possibili risposte e i dati raccolti sono presentati nella tabella 26. Nella
letteratura (Merchant 1981) stato dimostrato che i sistemi di misurazione e controllo della
performance tendono a essere pi sofisticati nelle imprese di grandi dimensioni. Con
Tabella 25 MI GI
Settore Nr Imprese % Nr Imprese %
Servizi 9 20% 11 31%
Manifatturiero 35 80% 24 69%
Totale Imprese 44 35
44%
56%
Grandi
Imprese
Medie
Imprese
Figura 7:: Divisione del campione tra medie e grandi imprese
92

0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
Si No In parte
GI
MI
laumentare della dimensione sorgono delle difficolt associate al processo di decentramento
che prevede un numero maggiore di funzioni e processi e di conseguenza rende pi difficile la
comunicazione allinterno dellimpresa (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003). Per verificare
se esiste una correlazione tra la dimensione e lutilizzo della BSC Speckbacher, Bischof e
Pfeiffer hanno calcolato
la media dei dipendenti
delle imprese che
adoperano il modello e
quella delle imprese che
non ne fanno uso. La
differenza considerevole tra i 70.555 dipendenti delle imprese classificate come BSC contro i
17.458 delle imprese non-BSC ha portato gli autori a concludere che le imprese di grandi
dimensioni sono pi propense a implementare la BSC (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003).
Nel grafico 8 sono rappresentati i dati presenti nella tabella 26 e da una prima anlisi emerge in
modo chiaro una differenza consistente nelle risposte dei due gruppi. Il 32% delle GI dichiara
di utilizzare la BSC contro il 7% delle MI. Allo stesso modo, molto evidente la differenza
tra le imprese di grandi dimensioni e le MI nelle colonne relative alla risposta negativa. Circa
un quarto delle imprese in entrambi i
gruppi ha dichiarato di utilizzare in parte
la BSC. Questi dati confermano la
presenza di un collegamento tra la
dimensione delle imprese calcolata in
base al numero dei dipendenti e
limplementazione della BSC.
Per avere una migliore confrontabilit
con i dati nella ricerca di Speckbacher,
Bischof e Pfeiffer (2003) stata effetuata
unanalisi utilizzando lo stesso metodo. Calcolando la media dei dipendenti nel gruppo delle
imprese classificate BSC, quindi presenti in una delle tre tipologie nello scenario B della
tabella 8 (p 65) e quella delle imprese identificate come non-BSC con i dati in nostro possesso
otteniamo un risultato che ci conferma quanto trovato in precedenza. Le imprese BSC hanno
in media 952 dipendenti contro i 286 delle imprese non-BSC. La differenza tra questi due
Tabella 26 MI GI
Balanced Scorecard Nr. Imprese % Nr. Imprese %
Si 3 7% 11 32%
No 29 69% 14 41%
In parte 10 24% 9 26%
Totale Imprese
42 100%
34 100%
Figura 8: BSC nelle medie e grandi imprese
93

valori ribadisce la maggiore propensione delle GI ad adoperare la BSC e sono consistenti con
i risultati ottenuti da Hoque e James (2000) e Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003).
Passando allanalisi delle differenze nelle modalit di utilizzo della BSC possiamo prendere in
considerazione lutilizzo delle prospettive. La tabella 27 mostra il numero di prospettive
impiegate da ciascun gruppo. Il primo dato che viene messo in risalto riguarda le imprese che
utilizzano meno di quattro prospettive. Approssimativamente met delle MI impiegano non
pi di tre prospettive, contro il 18% delle GI. Questo dato indica una differenza consistente
nella struttura del sistema di
misurazione della performance
adottata dalle due categorie di
imprese. Le MI tendono a utilizzare
una struttura pi semplice, tendenza
riconducibile alla dificolt e onerosit
nel gestire un ammontare maggiore di
dati (Rompho 2011). Le imprese di
grandi dimensioni presentano una situazione pi vicina a quanto evidenziato da Kaplan e
Norton (1996) ovvero il fatto di non aver mai trovato nella loro esperienza imprese con meno
di quattro prospettive.
Come mostra la tabella 28 oltre il 90% delle imprese utilizzano la prospettiva economico-
finanziaria e quella cliente/mercato. Limpego della prospettiva dei processi interni
leggermente pi alta nelle GI ma la differenza diventa molto pi marcata nel caso dellarea
crescita, sviluppo e apprendimento. Niven (2003) considera la prospettiva dello sviluppo e
della crescita la base sulla
quale fondare le prime tre
prospettive poich in
grado di mitigare le carenze
dellimpresa sia dal punto di
vista dei processi interni che
della competitivit e di
conseguenza dal punto di vista economico. La circostanza che vede nella met delle MI
lassenza della prospettiva dello sviluppo in grado di portare un deterioramento dei risultati
nel lungo periodo. Lutilizzo di prospettive aggiuntive come quella sociale/responsabilit
ambientale molto pi limitato in entrambe le categorie. La tendenza delle PMI a
Tabella 27 MI GI
Nr. Prospettive
utilizzate Nr. Imprese % Nr. Imprese %
1 1 2% 0 0%
2 4 10% 0 0%
3 14 34% 6 18%
4 20 49% 26 76%
5 2 5% 1 3%
6 0 0% 1 3%
Totale Imprese 41 100% 34 100%
Tabella 28 MI GI
Prospettive utilizzate
Nr.
Imprese
%
Imprese
Nr.
Imprese
%
Imprese
Economico-Finanziaria 41
93%
34 97%
Cliente/Mercato 40
91%
33 94%
Processi Interni 36
82%
32 91%
Crescita/Sviluppo/Apprendimento 24
55%
31 89%
Sociale/ Responsabilit Ambientale 9
20%
15 43%
Totale imprese 44 35
94

concentrarsi su misure di tipo economico-finanziario confermata anche da Webb et al.
(1998) ma lo stesso vale per le imprese italiane (Masalla 1994).

Alla base della BSC abbiamo la definizione della mission, vision, dei valori e della strategia.
Il successo dellimplementazione della BSC dipende in misura importante dalla presenza di
queste componenti e dal modo in cui sono state comunicate allinterno dellimpresa. Nella
tabella 29 sono presenti le percentuali relative alle tre possibili risposte alla sezione C1.
Prendendo in considerazione solo le prime due colonne si nota una certa prevalenza delle GI.
Solo nel caso della Mission c un vantaggio trascurabile da parte delle MI ma nel complesso
si pu sostenere che le GI riescono a comunicare meglio la vision, i valori e la strategia. La
differenza particolarmente marcata per la vision e i valori. Per quanto concerne la strategia,
in entrambi i casi non siamo lontani dal 38% individuato a livello complessivo per cui una
parte consistente di imprese presenta difficolt preoccupanti in questo senso. Lincertezza su
questo elemento si nota osservando le risposte dellultima colonna. Met del campione ha
dichiarato di avere una strategia condivisa in parte quindi sono necessari ulteriori sforzi in
questa direzione. Lutilizzo della BSC dovrebbe avere un effetto benefico sulla
comunicazione della strategia allinterno dellimpresa (Kaplan e Norton 1996) ma il primo
passo consiste nel determinare in modo chiaro la propria strategia. Merita una considerazione
i risultati relativi ai valori. Le GI si sono rivelate particolarmente efficaci nella comunicazione
dei valori e questo solitamente porta a magliorare il legame con i propri dipendenti e a un
maggior impegno nel raggiungere gli obiettivi (Niehoff, Enz e Grover 1990).
Le componenti principali della BSC, utilizzate da Malmi (2001), Speckbacher, Bischof e
Pfeiffer (2003) e Soderberg (2006) per definire e dividere la BSC in livelli diversi sono
presenti nella tabella 30. Anche in questo caso si osserva una presenza maggiore di questi
elementi nelle imprese di grandi dimensioni rispetto a quanto accade nelle MI. La definizione
dei target e dei KPI un processo che avviene nell85% delle GI contro il 68% delle MI. La
differenza tra i due valori notevole ed essendo questi degli elementi fondamentali nella
Tabella 29
Sono definiti in modo esplicito e condivisi da tutti? Si No In parte
MI GI MI GI MI GI
Mission 65% 59% 7% 3% 28% 35%
Vision 38% 50% 17% 9% 45% 38%
Valori 67% 85% 7% 0% 26% 12%
Strategia 36% 41% 12% 0% 52% 53%
95

0
1
2
3
4
5
6
7
AREA
ECONOMIC
O-
FINANZIARI
A
AREA
CLIENTI/ME
RCATO
AREA
PROCESSI
INTERNI
AREA
SVILUPPO/C
RESCITA/AP
PRENDIMEN
TO
AREA
SOCIAL AND
ENVIRONM
ENTAL
SUSTAINABI
LITY
Grandi imprese 6,911764706 3,677419355 2,774193548 3 2,8
Medie imprese 4,904761905 2,785714286 2,315789474 2,269230769 1,333333333
n
r

K
P
I

struttura della BSC rappresenta un vantaggio importante per le imprese di grandi dimensioni.
LA mappa strategica stata sviluppata nel 50% delle GI, risultato in linea con Speckbacher,
Bischof e Pfeiffer (2003) che pu essere motivato dal fatto che il loro campione era formato
da imprese quotate quindi tendenzialmente di grandi dimensioni. Da notare che tra le due
ricerche ci sono dieci anni di differenza quindi ci si poteva attendere un risultato pi
importante. La definizione delle relazioni causa-effetto tra gli obiettivi e le misure uno dei
punti pi problematici del modello (Norreklit 2000) e i dati ci indicano che i manager trovano
ancora molte
difficolt in
questo senso.
Le imprese di
entrambe le categorie hanno particolare successo nellindividuazione degli obiettivi strategici.
Anche in questo caso il valore nelle GI leggermente maggiore ma nel complesso il risultato
molto buono in entrambi i raggruppamenti.
Tornando allanalisi dei KPI e pi precisamente alla sezione D2 del questionario di
particolare interesse valutare il numero medio di misure impiegate dai due gruppi in ciascuna
prospettiva. Le PMI spesso utilizzano gli strumenti di misurazione della performance in modo
parziale, adattandoli alle proprie necessit (Rompho 2011). Una caratteristica ricorrente nelle
imprese di dimensioni ridotte la mancanza di un approcio olistico per cui le misure
impiegate fanno riferimento principalmente allarea economico-finanziaria e alla performance
operativa dellimpresa (Hudson et al. 1999, Rompho 2011). Il grafico 9 rappresenta il numero
Tabella 30 MI GI
Componenti
Nr.
Imprese %
Nr.
Imprese %
Mappa Strategica (rel. Causa-effetto) 16 39% 16 50%
Obiettivi Strategici 35 83% 32 94%
Target e KPI per mis. il loro raggiungimento 28 68% 29 85%
Figura 9: Media Kpi utilizzati nelle medie e grandi imprese
96

medio di KPI utilizzati dai due gruppi e in ciascuna delle cinque prospettive si nota una
preponderanza delle GI. La differenza particolarment marcata nellarea economico-
finanziaria dove le GI impiegano in media 6,9 KPI contro i 4,9 delle MI. La seconda
prospettiva dove le differenze sono pi accentuate quella social and environmental
sustainability dove le GI fanno ricorso in media a 2,8 KPI contro 1,3 delle MI. Questo dato
da prendere con cautela poich le imprese di dimensione pi ridotta utilizzano le prospettive
aggiuntive a quelle tradizionali della BSC solo in pochi casi per cui il campione di riferimento
formato da sole dieci imprese. Nelle restanti tre prospettive la differenza molto meno
marcata con lo scarto maggiore che arriva al massimo a nove decimi nellarea clienti/mercato.
A livello complessivo le GI utilizzano in media 19,2 KPI contro i 13,6 delle MI. Il divario
notevole e ribadisce il fatto che le MI tendono ad avere un sistema di misurazione della
performance meno sviluppato che si concentra solo su poche misure strategiche (Hudson ,
Smart e Bourne 2001).
Le misura pi utilizzata nella prospettiva economico-finanziaria sono i ricavi netti sia nelle
MI sia in quelle di grandi dimensioni. Questa misura presente pressoch nellintero
campione. Come si nota anche nella tabella 31, le misure che seguono presentano un calo
importante nelle MI. Il margine operativo lordo lo si incontra nel 70% delle imprese, seguito
dal margine di contribuzione (67%) e dal reddito operativo (65%) ma in tutti i casi la
percentuale nella colonna delle GI molto pi alta. Nellarea cliente/mercato e in quella dei
processi interni si trovano dei casi in cui alcune misure risultano impiegate in modo maggiore
nelle MI rispetto alle GI. Ad esempio, lincremento delle vendite lo si trova nell88% delle
imprese di medie dimensioni contro il 79% delle GI e una leggera prevalenza la si trova anche
per quanto concerne il tasso di acquisizione di nuovi clienti e il tempo di ciclo. Un altro
elemento degno di nota il fatto che le misure di tipo non monetario rare volte riecono ad
Tabella 31: i KPI pi rilevanti nelle quattro prospettive
Area Economico-finanziaria Area Cliente/Mercato Area Processi Interni
Area Crescita, Sviluppo,
Apprendimento
Misure: MI GI Misure: MI GI Misure: MI GI Misure MI GI
Ricavi Netti 86% 97% Incremento Vendite 88% 79%
Indicatori di
produttivit
51% 74%
Investimenti in
formazione del
personale
35% 62%
Margine di
Contribuzione
67% 88% Indicatori di qualit 44% 50%
Costo totale dei
processi
51% 56%
Indici di produttivit
del personale
26% 44%
Margine
Operativo Lordo
70% 82% Quota di mercato 28% 41%
Indicatori di qualit
dei processi interni
40% 53%
% Costi R&S su
fatturato
14% 41%
Reddito
Operativo
65% 85%
Tasso di acquisizione
nuovi clienti
35% 29% Tempo di ciclo 44% 41%

Reddito netto 53% 74%
Indici di copertura /
penetrazione del
mercato
10% 38%



Cash Flow 56% 76%
Indicatori di livello di
servizio
26% 32%



97

arrivare ad una diffusione del 50% tra le imprese di medie dimensioni. La differenza pi
marcata tuttavia, la si trova nellarea della crescita, sviluppo e apprendimento. I KPI che
riguardano linnovazione e la competitivit futura dellimpresa sono presenti in una parte
importante delle GI (40-60%). La misura pi importante in questa prospettiva sono gli
investimenti in formazione del personale che nonostante sia al primo posto in entrambi i
gruppi nelle MI arriva soltanto al 35%.
5.2 Differenze nel sistema di misurazione della performance
Per verificare se ci sono delle differenze tra le due categorie nelle modalit di utilizzo della
BSC nella sua funzione di sistema di misurazione della performance si pu partire dai
destinatari e dalla frequenza delle rilevazioni delle informazioni. Nellarea economico-
finanziaria le comunicazioni dei risultati avviene prevalentemente su base mensile sia nelle
MI sia in quelle di grandi
dimensioni. Le posizioni a
ricevere i report sono
lamministratore delegato nel
ma si nota una differenza
importante nelle posizioni
gerarchiche pi basse. Ad
esempio il responsabile di
divisione/business nelle GI
riceve le informazioni nel
74% del campione contro il
solo 33% delle imprese di
medie dimensioni. La
situazione analoga anche per
quanto riguarda la prospettiva
del cliente/mercato. Le GI
tendono a far circolare le
informazioni su tutte le
posizioni organizzative e questo si deduce dal fatto che tutti i destinatari ricevono i report
almeno nel 70% delle imprese. Nelle MI il primo destinatario in tutti i casi con leccezione
dellarea dei processi interni lamministratore delegato. Questo ci conferma che nelle
imprese di medie dimensioni il potere decisionale ancora molto centralizzato e
linformazione e canalizzata verso le posizioni pi alte. Nellarea dei processi interni le
Tabella 32: Detinatari e frequenza di ricevimento delle informazioni
Frequenza MI Posizione GI Frequenza
mensile

Area Economico-Finanziaria

mensile
79% Amm. Delegato 88%
60% Dir. Generale 65%
33% Resp. Divisione 74%
53% Resp. Funzione 71%
mensile

Area Cliente/Mercato

mensile
67% Amm. Delegato 82%
58% Dir. Generale 71%
30% Resp. Divisione 76%
63% Resp. Funzione 71%
trimestrale

Area Preocessi Interni

mensile
51% Amm. Delegato 65%
58% Resp. Funzione 68%
trimestrale

Area
Crescita/Sviluppo/Apprendimento

trimestrale 28% Amm. Delegato 56%
26% Dir. Generale 47%
23% Resp. Funzione 50%
98

0%
47%
30%
23%
53%
<2000
2000-2008
2008-2010
>2010
informazioni vengono rilevate in prevalenza con cadenza mensile nelle GI e con cadenza
trimestrale nelle MI. Questo indicatore comunica una maggiore attenzione da parte delle GI
nei confronti del proprie operazioni. Infine, circa met delle imprese di grandi dimensioni
rilevano e comunicano ai propri manager le informazioni dellarea dello sviluppo e
lapprendimento. Pur rappresentando soltanto la met del campione questo valore circa il
doppio rispetto a quanto si osserva nelle MI. Studiando la tabella 32 facile notare che per
tutte le posizioni prese in considerazione e in tutte le prospettive la diffusione dei dati
allinterno dellimpresa molto pi forte nelle GI. Questi dati ci indicano inoltre che nelle
imprese di dimensione maggiore pi facile che la BSC venga trasferita a cascata su tutta la
struttura organizzativa.
Analizzando le risposte alla sezione D3 sul grado di autonomia delle BU nel determinare il
sistema di reporting si nota una certa corrispondenza tra i dati relativi alle medie e alle grandi
imprese. Solo nellarea economico-finanziaria, aggregando i valori attinenti alle risposte
elevato e discreto, si rileva uno scarto di 33 punti percentuali a favore delle imprese di medie
dimensioni. Questo un risultato per certi versi inatteso visto la maggior autonomia concessa
alle devisioni nelle GI rispetto a quanto accade nelle MI.
Nelle restanti tre prospettive i risultati sono tendenzialmente allo stesso livello e questo sta ad
indicare che nonostante venga lasciata una certa autonomia alle imprese nella definizione del
sistema misurazione della
performance, lutilizzo delle
informazioni che vengono raccolte
pi efficiente nelle GI. Questo
fenomeno pu essere spiegato almeno
in parte dalla difficolt riscontrata
nelle PMI nel rilevare e analizzare i
dati (Taticchi et al. 2008).
Tabella 33
Grado di autonomia delle BU nel
definire il sistema di Reporting:
Area Economico-
finanziaria
Area
Cliente/Mercato
Area Processi Interni
Area Crescita,
Sviluppo,
Apprendimento
MI GI MI GI MI GI MI GI
elevato 33% 19% 29% 22% 24% 23% 18% 21%
discreto 44% 25% 50% 53% 43% 42% 36% 38%
basso 18% 41% 16% 22% 16% 23% 21% 24%
nullo 5% 16% 3% 3% 11% 13% 15% 10%
Figura 10: Periodo introduzione del SMP nelle GI
99

17%
34%
26%
23%
49%
<2000
2000-2008
2008-2010
>2010

Oltre a considerare i destinatari e il grado di autonomia del sistema di reporting importante
fare una riflessione sul periodo della sua introduzione allinterno dellimpresa. Osservando il
grafico 10 si pu notare che il sistema di misurazione della performance stato introdotto in
tutte le impresse di grandi dimensioni
a partire dallanno 2000. Inoltre, il
53% del campione ha introdotto il
proprio sistema di reporting a partire
dal 2008. Questi dati indicano che i
sistemi di misurazione della
performance sono stati inseriti nelle
GI in tempi relativamente recenti.
Confrontando questi risultati con
quelli della tabella 11 riferiti alle MI si nota che la situazione sostanzialmente molto simile.
Poco meno di met delle imprese ha un sistema di reporting introdotto o modificato in modo
consistente dal 2008. Una delle differenze rilevanti la presenza di sistemi precedenti al
2000. Nel 17% dei
casi, cio sei
imprese su
trentacinque
presente un sistema
di misurazione della
performance che
stato introdotto da
pi di 15 anni.
Lintroduzione di un
nuovo sistema di
reporting pu essere
una iniziativa molto onerosa per una MI (Hudson, Smart e Bourne 2001) e probabilmente
questo il motivo per cui si continua ad operare con sistemi cos datati. Nella situazione
economica attuale in cui molto difficile reperire risorse finanziarie, lavviamento di un
processo di cambiamento del sistema di reporting pu essere considerata uniniziativa non
prioritaria.
Tabella 34 : Impatto dell'integrazione di misure economico-finanziarie e non monetarie
nelle MI
ha migliorato: Nr. Imprese %
a) la comunicazione dei risultati all'interno della divisione
22 65%
b) la comunicazione dei risultati tra divisioni e corporate
18 62%
c) il controllo dei costi di produzione
26 70%
d) la definizione degli obiettivi di business
25 74%
e) la definizione di obiettivi e di responsabilit manageriali
23 66%
f) la condivisione degli obiettivi di business tra i responsabili
23 66%
g) le capacit di valutazione delle prestazioni attuali e future del business
20 61%

ha generato:
h) aumento dei tempi di redazione e comunicazione dei report
15 43%
i) aumento della conflittualit tra divisioni/business
6 17%
Figura 11:: Periodo introduzione del SMP nelle MI
100

Lutilizzo di sistemi di misurazione della performance come la BSC, che integra misure di
natura economico-finanziaria con quelle non monetarie ha dimostrato di portare molti benefici
sia nel caso delle GI sia in quello delle imprese di dimensioni pi ridotte. Osservando le
tabelle 34 e 35 si nota che una maggior percentuale di imprese di grandi dimensioni valutano
in modo positivo la presenza di misure di natura economico-finanziaria e non monetaria. In
secondo luogo, cambia la tipologia di benefici percepiti. Confrontando le due tabelle, si nota
che nelle MI i benefici maggiori sono collegati alla definizione degli obiettivi di business e al
controllo dei costi come confermato da Anderson (2001). I punti d), e) ed f) della tabella 34
fanno riferimento proprio alla definizione degli obiettivi e totalizzano i punteggi pi alti.
Anche il controllo dei costi occupa una posizione primaria nel 70% delle MI e Taticchi et al.
(2008) ribadiscono la necessit per le PMI di utilizzare sistemi di misurazione della
performance che faccia particolare attenzione ai costi.
Nel caso delle GI (tabella 35), si osserva che i benefici maggiori riguardano la capacit di
valutazione della performance attuale e futura (83%) e il controllo dei costi di produzione
(83%). La BSC permette allimpresa di concentrarsi sulle attivit ritenute critiche per il
successo e questa mentalit, combinata con limpiego di metodi di analisi dei costi come
lABC si dimostra molto efficace nel ridurre i costi in eccesso (Kaplan e Norton 1996 p 55).
Rispetto a quanto
rilevato nel caso delle
MI, nella tabella 35 si
nota la presenza di
valori importanti per
quanto concerne il
miglioramento della
comunicazione dei
risultati, sia allinterno
della divisione sia tra
divisioni e corporate.
Con laumentare delle
dimensioni
dellimpresa, la
struttura organizzativa
solitamente tende ad essere pi decentrata e questo genera problemi di coordinamento e
comunicazione (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003) soprattutto tra divisioni e corporate. La
Tabella 35: Impatto dell'integrazione di misure economico-finanziarie e non monetarie
nelle GI
ha migliorato: Nr. Imprese %
a) la comunicazione dei risulati all'interno della divisione
22 79%
b) la comunicazione dei risultati tra divisioni e corporate
20 74%
c) il controllo del capitale circolante
21 72%
d) il controllo dei costi di produzione
25 83%
e) la capacit di affrontare in modo economico situazioni critiche relative
al processo produttivo
21 72%
f) le capacit di valutazione delle prestazioni attuali e future del business
24 83%
g) la definizione degli obiettivi di business
23 79%
h) la definizione di obiettivi e di responsabilit manageriali
23 79%
i) la condivisione degli obiettivi di business tra i responsabili
21 72%

ha generato:
j) aumento dei tempi di redazione e comunicazione dei report
10 33%
k) aumento della conflittualit tra divisioni/business e corporate
7 26%
l) conflittualit tra divisioni
8 29%
101

0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
100%
MI GI
su misure financial
e non-financial
solo su misure
non-financial
solo su misure
financial
circostanza che vede tre quarti delle imprese di grandi dimensioni esprimere un giudizio
positivo in questo senso conferma il potenziale della BSC nel migliorare la circolazione dei
dati sia sulla direttrice orizzontale (a) sia su quella verticale (b). La presenza di misure non
monetarie ha un impatto importante anche sulla definizione e la condivisione degli obiettivi
tra i responsabili. Lutilizzo congiunto di misure economico-finanziarie e non monetarie
definisce in modo migliore gli obiettivi e favorisce lempowerment dei responsabili delle
diverse aree (Lucianetti 2004).
Tra gli effetti negativi generati dallintegrazione di misure economico-fiananziarie con misure
non monetarie troviamo laumento dei tempi di redazione e comunicazione dei report e
laumento della conflittualit tra divisioni. I dati ci permettono di osservare che laumento dei
tempi di redazione dei report ritenuto pi problematico nelle imprese di medie dimensioni
mentre per quanto concerne laumento della conflittualit, i valori pi alti si riscontrano nelle
GI. In entrambi i casi valgono le considerazioni fatte nel quarto capitolo ossia che le
percentuali relative agli effetti negativi non raggiungono soglie particolarmente importanti per
cui lutilit del modello non viene messa in discussione.
Le sezioni D8 e D9 del questionario
concludono la parte sul sistema di
misurazione della performance
raccogliendo i dati sulle modalit di
definizione dei target. I valori presenti nella tabella 36 ci mostrano una certa differenza tra i
due gruppi di imprese. Le imprese di grandi dimensioni definiscono formalmente i livelli di
performance obiettivo nel 94%, un valore particolarmente alto sia paragonandolo al campione
di MI (78%) sia con i risultati rilevati da Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (74%) che hanno
condotto la loro ricerca su un campione con caratteristiche dimensionali simili.
Il grafico 12 mostra che la maggioranza delle
imprese di medie dimensioni definiscono i
propri target sia su misure economico-
finanziarie sia su quelle non monetarie (57%)
ma evidenziato in modo chiaro il fatto che
nelle GI questa prassi molto pi diffusa,
arrivando a coprire l80% del campione. Uno
dei cardini della BSC la definizione di
Tabella 36
Vengono definiti formalmente i target? MI GI
no 22% 6%
si 78% 94%
Figura 12: La definizione dei target nell MI e GI
102

0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
80%
90%
analisi
PESTEL
Analisi
delle 5
forze di
Porter
Analisi
SWOT
ALTRO
GI
MI
misure e obiettivi nelle quattro prospettive (Kaplan e Norton 1992) per cui necessario
prendere in considerazione entrambe le tipologie di misure. Dal grafico si evince che per
quanto riguarda lindividuazione dei target, le GI sono pi vicine al modello BSC rispetto alle
MI. Un quarto delle MI e un sesto delle GI definiscono i propri traget solo su misure
economico-fiananziarie. Il 17% delle MI dichiara di definire i target esclusivamente sulle
misure non monetarie. Banker, Potter e Srinivasan (2000) argomentano questo tipo di scelta
con il fatto che le misure di tipo non monetario sono degli indicatori migliori della
performance economica e riescono a motivare in modo migliore i manager.
Le modalit di definizione dei target non presentano delle differenze sostanziali tra le medie e
le grandi imprese. Osservando la tabella 37 si possono trarre alcune considerazioni. In primo
luogo, le GI preferiscono stabilire i target attraverso il benchmarking con i competitors (29%)
rispetto a quello con le unit interne
(16%). Le MI si servono di entrambi
i tipi di benchmarking in modo
proporzionale. In secondo luogo, le
GI utilizzano in modo pi
importante la negoziazione (35%)
rispetto a quanto avviene nelle MI
(18%). Questo procedimento favorisce il coinvolgimento dei manager e fa in modo che gli
obiettivi non vengano percepiti come unimposizione dallalto. Entrambi i gruppi definiscono
i target in modo prevalente attraverso tassi di miglioramento sulle performance passate.
Questo metodo utilizzato dall84% delle imprese di grandi dimensioni e dal 76% delle MI.
5.3 Differenze nella strategia e nel sistema di incentivazione
La definizione e la comunicazione della
strategia un aspetto che presenta ancora delle
incertezze allinterno delle imprese italiane. Sia
le GI sia quelle di medie dimensioni presentano
ancora un certo grado di difficolt nel
comunicare la strategia. La tabella 29 ha
evidenziato che met del campione in entrambi i
gruppi ha una strategia definita e condivisa in
modo parziale. Ora passiamo ad esaminare le
differenze nella definizione/revisione e
Tabella 37
La definizione dei traget avviene tramite: MI GI
benchmarking con competitors 24% 29%
benchmarking con unit interne 24% 16%
tassi di miglioramento sulle performance
passate 76% 84%
negoziazione 18% 35%
altro 3% 10%
Figura 13: Analisi per la definizione della strategia
103

comunicazione della strategia tra i due gruppi. Come si pu notare nel grafico 13, circa l80%
delle imprese utilizzano la SWOT analysis nel processo di definizione della strategia. Questo
decisamente lo strumento preferito dalle imprese italiane. Unanalisi pi approfondita dei
dati ci mostra che le MI impiegano in modo maggiore le altre tipologie di strumenti come
lanalisi PESTEL (35%) e lanalisi delle cinque forze di Porter (30%). Nel caso delle GI
questo tipo di analisi viene effettuato solo nel 10% dei casi. Unulteriore considerzione
riguarda il fatto che il 57% delle imprese di medie dimensioni utilizzano pi di un tipo di
analisi contemporaneamente. Nelle GI questo fenomeno si osserva nel 29% dei casi.
La situazione che emerge da questo studio ci indica che le MI superano le GI nellanalisi
dellambiente interno ed esterno al momento della definizione/revisione della propria
strategia. Questo dato pu essere spiegato con il fatto che le MI operano in ambienti
competitivi pi dinamici per cui hanno la necessit di analizzare in modo pi attento lambito
in cui vengono fatte le scelte strategiche (Rompho 2011).
Osservando la tabella 38 abbiamo una conferma del fatto che il successo o il fallimento della
BSC nelle MI non dovuto alle modalit in cui viene gestita la strategia ma per il differente
utilizzo degli strumenti a disposizione dei manager. Dalla sezione C2 del questionario non
emergono particolari differenze tra le
MI e le GI. Le reunioni per la
revisione della strategia avvengono
in circa tre quarti del campione. La
differenza tra i due gruppi minima
anche se a leggero vantaggio delle
imprese di grandi dimensioni. Anche
per quanto concerne la cadenza con
la quale viene verificata la strategia,
la situazione non cambia molto. La maggior parte delle imprese effettua la revisione della
strategia con cadenza annuale. Il 7% delle MI avverte la necessit di effettuare delle verifiche
sullandamento della strategia con cadenza inferiore e questo pu essere spiegato da un
ambiente competitivo particolarmente dinamico.
Se dal punto di vista della definizione e della revisione della strategia lapproccio dei due
gruppi molto simile, la situazione cambia in modo rilevante quando si tratta dellutilizzo di
metodi e strumenti innovativi per la gestione della strategia. Nella tabella 26 abbiamo visto
che il 32% delle GI afferma di utilizzare la BSC contro il solo 7% delle MI. Inoltre, le GI
Tabella 38
Reunioni per la revisione della strategia
MI GI
No 27% 22%
Si 73% 78%
Cadenza con la quale viene riverificata la strategia
(in anni)
MI GI
<1 7% 0%
1 70% 74%
2 3% 7%
>2 20% 19%
104

0%
20%
40%
60%
80%
100%
MI GI
55%
85%
45%
15%
Si No
definiscono e comunicano la propria strategia in modo migliore rispetto alle MI (tabella 29).
Infine, la tabella 30 ci ha mostrato che una frazione maggiore di GI, rispetto rispetto alla
categoria delle MI ha assimilato concetti come la mappa strategica, la definizione dei target e
lindividuazione dei KPI.
Il successo della strategia dipende in modo rilevante dallallineamento dei manager con gli
obiettivi strategici e dalla loro motivazione (Pollanen e Xi 2011). Il sistema di incentivazione
ha un ruolo molto importante in questo senso poich riesce a guidare i manager nella
direzione voluta dagli azionisti e nel caso in cui venga collegato alla BSC aumenta in modo
importante le probabilit di successo della strategia (Pollanen e Xi 2011, Kaplan e Norton
1996, 2001).
Per analizzare le differenze del sistema di
incentivazione nelle due categorie di imprese
partiamo dalla sezione E1 del questionario. Dal
grafico 14 si evince in modo chiaro che le GI
collegano gli incentivi al raggiungimento degli
obiettivi del budget/reporting in modo molto pi
diffuso rispetto alle MI. L85% delle imprese di
grandi dimensioni afferma di aver effettuato il
collegamento contro il 55% delle imprese di medie
dimensioni. Il dato relativo alle GI supera in modo
consistente anche i livelli rilevati da Malmi (2001) e
Soderberg (2006). Il dato rilevato nelle GI italiane
(85%) paragonato con il 71% osservato da Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) assume un
peso maggiore poich i due campioni sono omogenei tra di loro. Se la situazione risulta molto
positiva nel caso delle GI, non si pu sostenere lo stesso nel caso delle MI. Solo il 55% del
campione dichiara di aver collegato il sistema di incentivazione al raggiungimento degli
obiettivi di budget/reporting. Questo
livello molto pi basso non solo nei
confronti della categoria delle GI ma
anche paragonato agli studi svolti
allestero (Malmi 2001, Soderberg
2006).
Tabella 39
I livelli organizzativi incentivati in maniera
formalizzata
MI GI
Amministratore delegato
17% 21%
Direttore generale
4% 17%
Responsabile di Divisione/Business
21% 24%
Responsabile di funzione
25% 21%
Tutti i livelli organizzativi
54% 62%
Figura 14: Collegamento tra sistema di
incentivazione e Budget/Reporting
105

Per quanto concerne i livelli organizzativi incentivati in maniera formalizzata, non ci sono
differenze particolarmente marcate tra le due categorie. Sia le MI sia quelle di grandi
dimensioni tendono a definire gli incentivi per tutti i livelli organizzativi. Lallargamento del
sistema di incentivazione a tutti i livelli permette una migliore circolazione delle informazioni
sulla strategia dellimpresa e canalizza gli sforzi di tutto il personale verso il raggiungimento
degli obiettivi (Kaplan e Norton 1996). Per quanto riguarda i singoli livelli si nota una certa
omogeneit intorno al 20% nel caso delle GI. Nella tabella 39 si nota una tendenza delle MI a
incentivare in modo maggiore i livelli organizzativi pi bassi. Un quarto delle MI incentivano
il responsabile di funzione ma solo il 4% incentiva il direttore generale e il 17%
lamministratore delegato.
Unimportante porzione del campione fissa gli incentivi basandosi solo sui risultati
economici. Questa consuetudine
porta i manager a incanalare gli
sforzi dellimpresa verso il
raggiungimento degli obiettivi
economici, che solitamente sono di
breve termine. La definizione dei
target su misure financial e
lassegnazione degli incentivi in base
ai risultati economici un approccio che non richiede uno sforzo particolarmente oneroso in
quanto le misure economiche sono facili da ottenere. Questo uno dei motivi principali per
cui questo tipo di sistema viene ancora utilizzato in un numero cos ampio di imprese
indipendentemente dalla loro dimensione.
La tabella 40 ci mostra anche un un aspetto positivo che consiste nel fatto che pi della met
del campione nella determinazione degli incentivi fa riferimento sia ai risultati economici sia
a quelli non economici. Nel grafico 9 abbiamo visto che anche le MI impiegano in modo
cospicuo, bench inferiore, misure nelle diverse prospettive della BSC. Il grafico 12
evidenzia lalto numero di imprese che definiscono i target su misure financial e non
financial. La circostanza che vede il 55% delle MI e il 58% delle GI a fissare gli incentivi su
entrambe le tipologie di risultati solo una conseguenza di questi dati. Per le imprese che
utilizzano modelli multidimensionali come la BSC, il collegamento degli incentivi alle misure
economico-finanziarie oltre a quelle non monetarie un processo naturale (Pollanen e Xi
2011).
Tabella 40
Gli incentivi fanno riferimento: MI GI
Solo a risultati economici
38% 42%
Solo a risultati non economici
7% 0%
Ad entrambi
55% 58%
Gli incentivi si basano:
Solo sui risultati aziendali
53% 29%
Solo sui risultati di divisione/business
13% 16%
Su entrambi 33% 52%
106

Una differenza importante tra le due categorie di imprese si nota nella seconda parte della
tabella 40. Questa sezione evidenzia una maggiore propensione delle MI a definire gli
incentivi sui risultati aziendali (53%). Nel caso delle GI gli incentivi sono stabiliti sia sui
risultati corporate sia su quelli di divisione/business (52%). Questi dati confermano le
maggiori difficolt delle MI a raccogliere e analizzare un grande volume di dati (Taticchi et
al. 2008). Nel caso della BSC, la definizione degli obiettivi anche a livello di
divisioni/business richiede il trasferimento a cascata della BSC dal livello corporate ai livelli
inferiori e questo un processo che richiede un impiego importante di tempo e risorse,
elementi difficili da reperire nelle MI (Rompho 2011). Le GI definendo gli incentivi anche sui
risultati di business riescono a ottenere un commitment maggiore da parte dei dipendenti delle
singole divisioni dal momento che questi vengono gratificati in base allandamento della
propria unit organizzativa.
Nel capitolo precedente (tabella 24) stato evidenziato che gli incentivi di natura economica
nelle imprese italiane di medie e grandi dimensioni consistono nel 77% dei casi in incrementi
nella quota di retribuzione variabile. Osservando la tabella 41 si nota che in realt l87% delle
GI impiegano questa tipologia di
incentivi e il valore scende a 67% per
quanto concerne le MI.
Confrontando i dati relativi agli
incentivi economici nelle due
categorie di imprese, si rileva una
maggiore propensione da parte delle
MI nel fornire incentivi sotto forma
di incrementi salariali. Anche il
quadro degli incentivi sociali fornscono delle indicazioni rilevanti. Si osserva da parte delle
GI una maggiore predisposizione verso le opportunit di promozione (64%) mentre nel caso
delle MI i valori sono allineati intorno al 50%. Rispetto alle imprese di grandi dimensioni le
MI concedono in modo molto pi consistente incentivi sotto forma di maggiore autonomia
decisionale e incremento delle responsabilit.
In questa sezione viene evidenziato che le MI utilizzano un numero maggiore di metodi per
lanalisi del sistema competitivo al momento della definizione/revisione della strategia anche
se entrambe le categorie impiegano in modo prevalente la SWOT analisys.
Tabella 41
Qual la natura degli incentivi? MI GI
Incentivi Economici:

Incrementi salariali
37% 23%
Incrementi nella quota di retribuzione variabile
67% 87%
Benefici accessori
13% 17%
Incentivi Sociali:
Opportunit di promozione
50% 64%
Concessione di maggiore autonomia decisionale
44% 21%
Incremento delle responsabilit
50% 29%
107

Le GI collegano il sistema di incentivazione ai risultati di budget/reporting nell85% dei casi
contro il 55% delle MI. Le imprese tendono a incentivare tutti i livelli organizzativi ma
mentre le MI prendono come riferimento principalmente i risultati a livello corporate, le
imprese di grandi dimensioni incentivano anche in base ai risultati delle singole
divisioni/business.
Infine, stato evidenziato che gli incentivi di natura economica in entrambi i casi assumono
in modo prevalente la forma di incrementi nella quota variabile ma le MI impiegano gli
incrementi salariali in proporzione maggiore ripetto alle GI. Per quanto concerne gli incentivi
sociali le GI offrono in misura maggiore opportunit di promozione mentre le MI prevalgono
nella concessione di maggiore autonomia decisionale e nellincremento delle responsabilit.








108

109

Conclusioni
Fino agli anni 50 i sistemi di misurazione della performance erano caratterizzati dalla
presenza quasi esclusiva di misure economico-finanziarie. Il passaggio dallera industriale a
quella delle attivit immateriali ha fatto emergere le carenze delle misure contabili,
considerate insufficienti per valutare la performance e per fornire il sostegno necessario
allimplementazione della strategia (Niven 2003). Allinizio degli anni 90 sono emersi i
modelli multidimensionali tra i quali la BSC che da allora ha conosciuto una grande
diffusione nelle imprese. La sua versatilit rappresenta uno dei maggiori punti di forza poich
facilmente adattabile alle diverse strutture organizzative.
Lutilizzo molto diffuso delle misure economico-finanziarie pone laccento sul
raggiungimento degli obiettivi di breve termine a scapito di quelli che permettono allimpresa
di prosperare nel lungo periodo. In breve tempo, la BSC ha acquisito i contorni di un sistema
di management completo. Dal 1996 diventata uno strumento efficace nel promuovere i
processi di cambiamento e nella gestione della strategia (Kaplan e Norton 1996). Lo scopo del
modello quello di tradurre la strategia in obiettivi e misure che descrivono la performance
aziendale da quattro prospettive diverse: economico-finanziaria, del cliente, dei processi
interni e dellinnovazione e lapprendimento (Kaplan, Norton 1992, 1996)
Lintroduzione della MS ha consentito ai manager di comunicare in modo pi efficace la
strategia e ha permesso di allineare le attivit con gli obiettivi startegici dellimpresa. I
risultati superiori ottenuti dalle imprese che utilizzano il modello e lo sforzo incisivo nella
divulgazone da parte dei suoi autorevoli autori ha fatto entrare la BSC tra i sistemi di
management pi utilizzati al mondo (Bain & Co. 2005).
Il capitolo due di questa tesi ha studiato la diffusione e le differenti modalit di utilizzo della
BSC nel mondo. A questo scopo stata esaminata la letteratura disponibile sullargomento
trovando alcune difformit a livello nazionale. Innanzitutto, Il grado di diffusione maggiore lo
si trova nei paesi che sono entrate in contatto con il modello a partire dagli anni 90. Per
questo motivo il maggior numero di imprese ad implementare la BSC si trova negli Stati Uniti
e in Europa (60-65%) ma il modello riuscito ad attrarre lattenzione delle imprese Asiatiche
e Latino-Americane che hanno raggiunto livelli di diffusione rispettivamente del 43 e 58%
(Bain & Company 2005).
Alcune ricerche (Ax e Bjrnenak 2005, Kald e Nilsson 2000) hanno individuato delle
difformit di utilizzo della BSC che sono spiegate dalla diversa cultura manageriale. Nei paesi
110

scandinavi stata modificata la struttura della BSC per adattarlo allo stakeholders model,
predominante in questarea geografica (Ax e Bjrnenak 2005). Questo ha portato ad esempio
allinserimento della prospettiva dei dipendenti. Un simile approccio stato individuato in
altre regioni come lIndia (Anand, Sahay e Saha 2003). Anche in Italia sono state svolte due
ricerche sulla diffusione e le modalit di impego della BSC (Amigoni e Vitali 2001, Bubbio e
Solbiati 2004) trovando un livello di diffusione pari al 27% evidenziando un certo ritardo
rispetto ai paesi tradizionalmente pi economicamente avanzati.
Dato che dallultimo studio sulla diffusione della BSC svolto in Italia sono passati circa dieci
anni stato messo in atto un progetto di ricerca che consiste nellinvio di un questionario alle
imprese di medie e grandi dimensioni che operano sul territorio italiano. Il questionario
sviluppato dalla SDA Bocconi e dalla Facolt di Economia di Padova ha come obiettivo la
valutazione a livello statistico del grado di diffusione dei modelli di misurazione della
performance in linea con il modello BSC cercando di analizzare anche i loro collegamenti con
la strategia e la gestione operativa dellazienda. Il capitolo 3 della tesi stato dedicato
allanalisi del questionario per determinare se la struttura e le domande sono in linea con gli
obiettivi della ricerca.
Lanalisi approfondita di ciascuna sezione ha portato alla conclusione che il questionario
presenta una struttura che cerca di facilitare il pi possibile il rispondente riducendo i tempi
necessari alla compilazione con la presenza prevalente di domande a risposta multipla. Questo
tipo di quesiti sono inoltre maggiormente adatti ad unanalisi quantitativa e qualitativa a
livello statistico. Le sei sezioni coprono lintero arco delle caratteristiche che si incontrano
nella letteratura sulla BSC (Kaplan e Norton 1992, 1996, 2001, 2004, 2008). In modo
particolare la sezione B e le sezioni C3 (Execution Premium) e D4 (Gli effetti
dellintegrazione tra misure economico-finanziarie e misure non monetarie) rappresentano
una novit rispetto alle ricerche presenti sullargomento ad oggi.
Il questionario stato inviato via e-mail a 575 imprese di grandi e medie dimensioni
ricevendo un totale di 82 questionari compilati che rappresenta un tasso di risposta del
14,26%. Due questionari sono stati esclusi in quanto non soddisfano i criteri minimi di
dimensione stabiliti a quota 49 per il numero di dipendenti e a 10 milioni di euro per il
fatturato (Commisione Europea 2005).
Dai risultati emerso che la BSC stata introdotta in modo completo o parzialmente nel 43%
del campione. Tuttavia, studiando le caratteristiche dei sistemi di misurazione della
performance delle imprese (sezione B e C) si pu sostenere che il modello presente da un
111

minimo di 50% ad un massimo di 67% del campione. Questi dati sono sensibilmente pi alti
rispetto a quanto rilevato nel 2004 da Bubbio e Solbiati (27-35%) e avvicinano lItalia al
livello dei paesi allavanguardia nellutilizzo della BSC (Stati Uniti dAmerica, Canada, paesi
Scandinavi).
Per quanto riguarda le componenti della BSC, i livelli rilevati sono in linea con le ricerche
svolte allestero. Ad esempio stata rilevata una certa difficolt delle imprese nella
determinazione delle relazioni causa-effetto ma questo uno degli aspetti problematici del
modello (Norreklit 2000) poich non ci sono indicazioni sul procedimento da attuare e ogni
impresa deve sviluppare la MS in base alle alle proprie caratteristiche. Anche le imprese
finlandesi (Malmi 2001) e quelle di lingua tedesca (Speckbacher, Bischof e Pfeiffer 2003)
sono riuscite ad introdurre la MS solo nella met dei casi.
Larea economico-finanziaria risulta ancora predominante ma si registra una buona presenza
di KPI rilevati nelle restanti prospettive (grafico 5 p 69). Anche per quanto concerne
lautonomia concessa alle BU nel definire il proprio sistema di reporting ci stiamo
avvicinando alla situazione rilevata negli altri paesi. Una considerazione importante riguarda
il periodo di introduzione del sistema di reporting. Met del campione (51%) ha introdotto il
proprio sistema dal 2008 e un quarto delle imprese ha dichiarato di aver avviato il sistema di
reporting negli ultimi tre anni. Questi dati ci spiegano almeno in parte perch la maggior parte
delle imprese italiane impiegano una BSC che Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003)
definiscono di primo tipo, cio a livello base.
Il capitolo conclusivo della tesi, confronta le modalit di implementazione e le caratteristiche
della BSC nelle medie e nelle grandi imprese. In base alla raccomandazione della
Commissione Europea del 6 maggio 2003, le imprese sono state classificate in modo
seguente:
MI: fatturato da 10 a 50 milioni di euro e da 49 a 250 dipendenti
GI: fatturato superiore a 50 milioni di euro e pi di 250 dipendenti
Hoque e James (2000) e Speckbacher, Bischof e Pfeiffer (2003) hanno individuato la presenza
di un legame tra lutilizzo della BSC e la dimensione dellimpresa. Alcune caratteristiche
delle PMI hanno portato a considerare la BSC meno adatta a questo tipo di imprese. La ridotta
capacit finanziaria, la mancanza di know-how e di risorse per sfruttare le tecnologie avanzate
per non trascurare le difficolt nel raccogliere e analizzare dati rilevanti (Taticchi et al. 2008,
Antonelli e Parbonetti 2002) costituiscono delle barriere importanti nellintroduzione di
112

sistemi di misurazione della performance e gestione strategica come la BSC. Un altro
elemento importante a portare al fallimento dellimplementazione nelle PMI lambiente
competitivo che spinge le imprese a frequenti cambi di strategia (Rompho 2011). Tuttavia, a
dimostrazione che la BSC non incompatibile con le PMI in letteratura ci sono diversi casi
anziendali di successo (Kaplan e Norton 2001).
Lanalisi dei dati ha fatto emergere uneffettiva difficolt da parte delle MI a raggiungere
livelli di implementazione della BSC presenti nelle GI. In primo luogo, nella tabella 26 si nota
in modo chiaro un divario importante tra le GI che affermano di utilizzare la BSC nel 32% dei
casi contro il 7% delle MI. Questa disparit non diminuisce ma si aggrava ulteriormente se
prendiamo in considerazione le imprese ad aver implementato la BSC in modo parziale. In
secondo luogo, le GI utilizzano un numero maggiore di prospettive, soprattutto per quanto
concerne la prospettiva dello sviluppo e lapprendimento e quella Social/Responsabilit
ambientale. Particolarmente importante larea dellapprendimento e dello sviluppo poich
tiene in considerazione la competitivit futura dellimpresa. In terzo luogo, le GI impiegano
un numero maggiore di prospettive rispetto alle MI. A dimostrazione di questo fatto si
possono considerare i dati della tabella 27 dove si osserva che le GI a utilizzare pi di tre
prospettive sono l82% del totale mentre nel caso delle MI questo dato scende al 54%.
Unulteriore differenza tra le due categorie si nota nellutilzzo delle componenti della BSC.
Le imprese di grandi dimensioni superano le MI sia per la definizione della MS (relazioni
causa-effetto) sia per quella degli obiettivi strategici e dei KPI. Il divario particolarmente
ampio (68% per le MI e 85% per le GI) nel caso dellidentificazione dei target e dei KPI per
misurarli. Questo dato confermato dal numero medio di KPI utilizzati in ciascuna
prospettiva dalle due categorie di imprese. La figura 9 (p 87) ritrae un quadro in cui in
ciascuna delle cinque prospettive della BSC si nota una prevalenza delle GI. La differenza
particolarment marcata nellarea economico-finanziaria dove le GI impiegano in media 6,9
KPI contro i 4,9 delle MI.
Il sistema di misurazione della performance si distingue nelle due categorie di imprese per i
destinatari e la frequenza di ricevimento dei report. Anche in questo caso si osserva che le GI
forniscono le informazioni a pi livelli organizzativi e almeno per quanto riguarda la
prospettiva dei processi interni questo avviene con maggior frequenza rispetto a quanto
accade nelle MI.
Nella sezione E del questionario stata rilevata una differenza importante tra le medie e
grandi imprese nel collegamento del sistema di incentivazione al raggiungimento degli
113

obiettivi di budget/reporting. Questo collegamento stato effettuato dall85% delle GI contro
il 55% delle MI. Questo pu essere uno dei motivi per cui la BSC ha maggiori probabilit di
successo nelle GI.
Le MI si sono dimostrate superiori nel concedere autonomia alle BU per la definizione del
sistema di reporting. Inoltre, anche se a livelli inferiori rispetto alle GI, le imprese di medie
dimensioni dimostrano di avere buone capacit nella definizione degli obiettivi strategici.
Questi dati confermano che le imprese di dimensioni pi ridotte hanno maggiori difficolt
nellimplementare sisitemi di misurzione della performance e di gestione startegica completi
come la BSC. In linea con quanto rilevato da Hoque e James (2000) e Speckbacher, Bischof e
Pfeiffer (2003) anche questa ricerca trova una certa correlazione tra lutilizzo della e la
dimensione dellimpresa
114

115

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Appendice


Sezione A: Dati Anagrafici e Contesto Aziendale
A.1 DATI RELATIVI ALLAZIENDA
Ragione sociale e forma giuridica:
.
Sede legale: .Sito web:

Settore in cui opera (quelli pi significativi):
.
Se appartenente ad un gruppo, specificare la posizione dellAzienda Italiana (capogruppo, consociata,divisione, societ operativa, etc.):
..

Da qui in poi ci si riferisce allAzienda Italiana:
Struttura organizzativa dellAzienda:



Funzionale



Divisionale per tipologia di clientela



Divisionale per prodotto



Per processi



Divisionale per area geografica



Matriciale



Altro (specificare) ..............

Nel triennio 2010-2012 sono state attuate iniziative di:



Business Process
Reengineering



Simultaneous Engineering



Certificazione Ambientale



Target Costing



Cost Management



Total Quality Management



Empowerment



Value Based Management



Just in Time



Altro (specificare):

2010 2011 2012 (stima)
Fatturato
N. dipendenti

A.2 DATI RELATIVI AL COMPILATORE DEL QUESTIONARIO
Cognome e nome..N. di telefono:
E-mail: ...Posizione organizzativa: ..
Oggetto della compilazione di questo questionario :
lazienda Italiana nel suo complesso
una sua divisione/business unit? (indicare il nome): ..
Per quale ragione stata scelta questa divisione/business unit?
Ha il maggior fatturato;
Presenta una pi elevata criticit competitiva
Che sta sviluppando un progetto di revisione dei sistemi di reporting/misurazione della performance
Era lunica disponibile
Altro:

Sezione B: Caratteristiche del contesto competitivo
B1 Qual il grado di diversit esistente tra le diverse linee di prodotto rispetto ai fattori elencati? (1: omogeneit massima; 5:
differenziazione totale):
1 2 3 4 5
Tecnologie di base contenute nel prodotto
Tecnologie di processo produttivo
Materie prime impiegate
Tipologie di clienti
Tipologie di mercati/settori di sbocco
Canali distributivi
Situazione competitiva
Livello di redditivit delle vendite (ROS)
Tasso di innovazione dellofferta



B2 Rispetto alle caratteristiche del settore nel quale opera lazienda, qual il pi importante fattore che ha caratterizzato la
vostra offerta negli ultimi 5 anni?:



Vantaggio di costo



Differenziazione dellofferta tramite livello di servizio



Differenziazione di prodotto



Ampliamento dellofferta tramite servizi aggiuntivi
Altro (indicare) ..

B3 Qual il grado di coinvolgimento dei clienti nei processi di produzione/erogazione dei prodotti/servizi?
1 (molto) 2 (abbastanza) 3 (poco) 4 (per niente) 5 (non saprei)

B4 Qual il grado di coinvolgimento dei fornitori nei processi aziendali?
1 (molto) 2 (abbastanza) 3 (poco) 4 (per niente) 5 (non saprei)


B5 Si possono indicare anche valori di massima e/o lasciare in bianco le caselle per le quali non si dispone delle informazioni:
a) N. di prodotti a listino (o commercializzati)
b) Peso % sul fatturato dei prodotti introdotti sul mercato negli ultimi tre anni
<5 5-10 11-15 16-20 >20
c) Time to market medio: n.mesi dalla ideazione del prodotto al lancio sul mercato
<6
6-12 13-18 19-24 >24
d) Permanenza media (in mesi) dei prodotti a catalogo.
<12
12-24 25-36 37-48 > 48
e) Incidenza media % dipendenti impiegati nellattivit di R&S sul totale organico
<5
5 - 7 8-10 11-13 > 13
f) Incidenza media % dei Costi di Ricerca e Sviluppo sul Fatturato
< 1
1 -4 5 8 9 12 > 12

Sezione C: La Strategia
C1 Definizione della strategia
SI NO In parte
a) La mission dellazienda - che definisce la ragione dellesistenza dellazienda e lo scopo fondamentale
perseguito dalla stessa definita in modo esplicito e condivisa da tutti?

b) I valori, che stabiliscono la condotta e le norme di comportamento cui lazienda e i suoi collaboratori si
rifanno, sono definiti in modo esplicito e condivisi da tutti?

c) la vision dellazienda che stabilisce gli obiettivi della stessa nel medio e lungo termine definita in modo
esplicito e condivisa da tutti (3-5 anni)?

d) La strategia aziendale che individua gli elementi di differenziazione con cui lazienda vuole creare valore nel
tempo per i suoi clienti target definita in modo esplicito e condivisa da tutti?


C2 Sviluppo della strategia:
C2a Vengono effettuate analisi specifiche per sviluppare/ridefinire la strategia? SI NO
Se SI, quali?



analisi PESTEL: riguardante i fattori politici, economici, sociali, tecnologici, ambientali e legali che possono influenzare il business
dell'azienda?



Analisi delle 5 forze di Porter?



Analisi SWOT (punti di forza, punti di debolezza, opportunit e minacce)?



Altro (specificare): .

C2b Vengono utilizzate delle metodologie specifiche per introdurre innovazione nella strategia ? SI NO
Se SI, quali?
Blue Ocean Strategy; Experience Co-Creation; Disruptive Innovation; Altro, (specificare)

C2c Viene definita unagenda del cambiamento strategico che confronta lattuale strategia con la nuova e definisce le iniziative
messe in atto per attuare la nuova strategia? SI NO in parte

C2d Vengono organizzate delle riunioni ad hoc per la revisione della strategia? SI NO
Con quale cadenza viene riverificata la strategia aziendale abitualmente? (1,3,5 anni,etc): .

C3 Execution Premium

SI NO
In parte
a) Viene utilizzata una mappa strategica per rappresentare la strategia come un processo di creazione di valore
che si ottiene tramite relazioni causa-effetto nelle quattro prospettive (finanziaria, cliente, processi,
apprendimento e crescita)?

b) Vengono individuati i temi strategici, come insieme di macro obiettivi cui lazienda deve tendere?

c) Vengono specificati gli obiettivi target da raggiungere per i temi strategici e i KPI per misurarli?

d) Viene utilizzato un sistema di Balanced Scorecard come sistema di controllo del raggiungimento dei target?

e) Gli indicatori principali sono normalmente utilizzati per guidare il processo decisionale?



f) Vengono individuate le iniziative strategiche che rappresentano progetti e programmi che devono permettere il
cambiamento allazienda?

g) Le iniziative strategiche sono gestite separatamente rispetto allattivit ordinaria?


Sezione D: Il Sistema di Misurazione delle Performance

D1 Nel vostro sistema di reporting/misurazione delle performance, quali sono le aree di misurazione, i destinatari delle misurazioni e la
frequenza con la quale ricevono le informazioni?



Area economico-finanziaria
Chi sono i destinatari di queste misurazioni? (si possono indicare pi destinatari) e con quale frequenza ricevono queste informazioni ?



Amministratore Delegato mensile; trimestrale; altro (specificare)



Direttore Generale mensile; trimestrale; altro (specificare) ..



Responsabili di Divisione/Business mensile; trimestrale; altro (specificare) ..



Responsabili di Funzione mensile; trimestrale; altro (specificare) ..



Altri (specificare) ... mensile; trimestrale; altro (specificare) ..



Area cliente/mercato
Chi sono i destinatari di queste misurazioni? (si possono indicare pi destinatari) e con quale frequenza ricevono queste informazioni?



Amministratore Delegato mensile; trimestrale; altro (specificare) ..



Direttore Generale mensile; trimestrale; altro (specificare) ..



Responsabili di Divisione/Business mensile; trimestrale; altro (specificare) ..



Responsabili di Funzione mensile; trimestrale; altro (specificare) ..



Altri (specificare) ... mensile; trimestrale; altro (specificare) ..



Area efficacia/efficienza dei processi interni
Chi sono i destinatari di queste misurazioni? (si possono indicare pi destinatari) e con quale frequenza ricevono queste informazioni?



Amministratore Delegato mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Direttore Generale mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Responsabili di Divisione/Business mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Responsabili di Funzione mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Altri (specificare) ... mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Area crescita/sviluppo/apprendimento
Chi sono i destinatari di queste misurazioni? (si possono indicare pi destinatari) e con quale frequenza ricevono queste informazioni?



Amministratore Delegato mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Direttore Generale mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Responsabili di Divisione/Business mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Responsabili di Funzione mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Altri (specificare) ... mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Altre aree (specificare):
Chi sono i destinatari di queste misurazioni? (si possono indicare pi destinatari) e con quale frequenza ricevono queste informazioni?



Amministratore Delegato mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Direttore Generale mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Responsabili di Divisione/Business mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Responsabili di Funzione mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Altri (specificare) ... mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Altre aree (specificare):
Chi sono i destinatari di queste misurazioni? (si possono indicare pi destinatari) e con quale frequenza ricevono queste informazioni?



Amministratore Delegato mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Direttore Generale mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Responsabili di Divisione/Business mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Responsabili di Funzione mensile; trimestrale; altro (specificare) .



Altri (specificare) ... mensile; trimestrale; altro (specificare) .



D2 Quali misure vengono elaborate in modo continuativo e formalizzato? (si forniscano, se del caso, adeguate specificazioni)

AREA
ECONOMICO FINANZIARIA
AREA
CLIENTE/MERCATO
AREA
PROCESSI INTERNI

Ricavi Netti

Margine di
Contribuzione

Margine Operativo
Lordo

Reddito Operativo

Reddito Netto

Reddito Residuale

ROI

ROE

EVA

EPS

Cash Flow

CCN

Altro: ....

Incremento Vendite

Quota di mercato

Indici di copertura / penetrazione del mercato

Tasso di acquisizione nuovi clienti

Tasso di ritenzione clienti Customer satisfaction

Trade partner satisfaction

Indicatori di livello di servizio

Indicatori di qualit

Capacit di price control

Altro: ..



Costo totale dei processi



Indicatori di qualit dei
processi interni



Tempo di ciclo



Indicatori di produttivit



Indicatori di flessibilit



Soddisfazione dei clienti
interni



Altro: .






AREA
SVILUPPO E INNOVAZIONE
AREA SOCIAL AND
ENVIRONMENTAL SUSTAINABILITY
AREA .



% Costi R&S su fatturato



% vendite da nuovi prodotti, brevetti,
licenze



Time to market



Grado di innovativit del portafoglio
progetti di sviluppo



Investimenti in formazione del personale



Indici di apprendimento del personale



Employee satisfaction



Indici di produttivit del personale



Altro: .



..

Investimenti di formazione su temi di etica

N. di fornitori con certificazione di sostenibilit


(ISO 14001 etc)

Risorse dedicate ad iniziative filantropiche

Q.t di rifiuti speciali/pericolosi

Volumi degli imballaggi

Multe per non conformit agli standard


ambientali e di sicurezza

Premi ricevuti per best practices ambientali e


di sicurezza

Ricavi da vendita di rifiiuti riciclabili



Altro:.



..



..



..



..



..



..



..



..



..



..



..


D3 Qual il grado di autonomia delle diverse divisioni/business unit nella definizione del proprio sistema di Reporting?
1 (elevato) 2 (discreto) 3 (basso) 4 (nullo) 5 (non so)
Indicatori Area economico-finanziaria
Indicatori Area Cliente-Mercato
Indicatori Area Efficienza e Efficacia Processi interni
Indicatori Area Crescita, Sviluppo, Apprendimento

D4 Con riferimento alla vostra esperienza degli ultimi anni riguardante lutilizzo congiunto di misure economico-finanziarie e
non, esprima un giudizio sulle seguenti affermazioni
Lintegrazione tra misure economico-finanziarie e misure non monetarie ha
migliorato:
1
(molto)
2
(abbastanza)
3
(poco)
4
(per nulla)
5
(non so)
1. le modalit di comunicazione dei risultati allinterno della divisione/business
2. le modalit di comunicazione dei risultati tra divisioni/business e la corporate
3. le modalit di comunicazione dei risultati di prestazione tra divisioni/business
4. i rapporti con i clienti
5. i rapporti con i fornitori
6. il controllo del capitale circolante
7. il controllo dei costi di produzione
8. il controllo dei costi dei finanziamenti (capitale proprio e di terzi)
9. la flessibilit nella capacit di introduzione di nuovi prodotti sul mercato
10. la flessibilit nella capacit di modificare volumi, qualit, consegna dei prodotti
11. la capacit di affrontare situazioni critiche relative al prodotto

12. la capacit di affrontare situazioni critiche relative al processo produttivo
13. la facilit di introduzione/implementazione di nuovi modelli di gestione (es.Total
Quality Management, EFQM, certificazione ambientale, Value based mgnt)

14. lattivit di team interfunzionali a livello di middle management
15. lattivit di team interfunzionali a livello operativo
16. le capacit di valutazione delle prestazioni attuali del business
17. le capacit di previsione dei risultati futuri del business
18. La capacit di ridisegno del processo di pianificazione del business
19. La definizione degli obiettivi di business
20. La definizione di obiettivi e di responsabilit manageriali
21. La condivisione degli obiettivi di business tra i diversi responsabili


22. la riduzione dei tempi di definizione e approvazione di nuove iniziative
Lintegrazione delle misure genera:
23. Aumento dei tempi di redazione e comunicazione dei report
24. Difficolt di comunicazione e comprensione dei risultati
25. Conflittualit allinterno della divisione/business
26. Conflittualit fra divisione/business e corporate
27. Conflittualit fra divisioni/business
28. Variet e difformit di valutazione delle prestazioni
29. Distanza cognitiva tra i responsabili
30. Utilizzo improprio delle informazioni disponibili

D5. In quale anno stato introdotto o in quale anno stato cambiato significativamente - il Vostro sistema di
reporting/misurazione della performance? .
D6. Chi ha richiesto/proposto il cambiamento?
Amministratore Delegato; Direttore Generale; Responsabili di Divisione/Business; Responsabili di Funzione;
Responsabile Funzione AFC; Altri (specificare) .....................................................................

D7. Sono previsti o si stanno attuando dei progetti di cambiamento del sistema di misurazione della performance? SI NO
Se SI, ci pu brevemente accennare di cosa si tratta?
..
..
..
..
..
..

D8. Vengono definiti formalmente dei livelli di performance obiettivo (target)? SI NO
SE SI: solo sulle misure financial; solo su misure non financial; su misure financial e non financial

D9. Come vengono definiti i target?
Tramite benchmarking con competitors
Tramite benchmarking con unit interne
Tramite tassi di miglioramento sulle performance passate
Tramite negoziazione
Altro (specificare) ..


Sezione E: Il Sistema di Incentivazione
E1 Nella vostra realt Italiana considerata nel suo complesso esiste un sistema di incentivazione formalizzato legato al
raggiungimento dei risultati di Budget/Reporting?



No



Si. In tal caso, quali sono i livelli organizzativi attualmente incentivati in maniera formalizzata?



Amministratore Delegato



Responsabili di Divisione/Business



Direttore Generale



Responsabili di funzione



Tutti i livelli organizzativi



.

Di seguito si fa riferimento alla valutazione delle performance dei responsabili di divisione/business(nel caso di struttura
organizzativa funzionale si considerino il responsabile commerciale e il responsabile di produzione)

E2 Qual la natura degli incentivi previsti dal vostro sistema?
INCENTIVI ECONOMICI INCENTIVI SOCIALI ALTRI INCENTIVI



Incrementi salariali



Incrementi nella quota di retribuzione
variabile



Benefici accessori



Altri: .
.....................
......................................................................



Opportunit di promozione



Concessione di maggiore autonomia
decisionale



Incremento delle responsabilit



Altri: ..
......................................................................




E3 Qual lincidenza % della retribuzione variabile (incentivi) sulla retribuzione complessiva? .





E4 La valutazione della performance individuale si basa su:



rilevazioni oggettive di fatti, fenomeni, comportamenti



valutazioni soggettive



algoritmi o formule di varia natura



altro (specificare)..

E5 Gli incentivi si basano:



Solo sui risultati aziendali



Solo sui risultati di divisione/business



Su entrambi: in tal caso, qual lincidenza % sulla retribuzione complessiva annua:
degli incentivi aziendali? .%
degli incentivi di divisione/business? . %

E6 Gli incentivi fanno riferimento:



Solo a risultati economici



Solo a risultati non di natura economica



Ad entrambi, e lincidenza % di quelli di natura economica del .%
E7 Quali sono i risultati presi a riferimento per lincentivazione?
RISULTATI ECONOMICI RISULTATI NON ECONOMICI
Aziendale di Business Aziendale di Business
Fatturato Tasso di Incremento Fatturato
Margine di contribuzione Quota di Mercato
Margine Operativo Lordo Customer Satisfaction
Reddito Netto Indicatori di livello di servizio
Reddito Residuale Indicatori di Qualit
ROI Indicatori di apprendimento
EVA Indicatori di Sviluppo
Cash Flow Indicatori di Produttivit
Capitale Circolante Netto Indicatori di Flessibilit
Altro:
..
..
..
Altro:
..
..
..


Sezione F: Il Ruolo del Controller
F1 Chi provvede all'elaborazione delle misure fisico-tecniche?



Controller



Product manager



Responsabile della qualit Altro (specificare) .

F2 Chi propone il loro aggiornamento o sostituzione?



Controller



Product manager



Responsabile della qualit Altro (specificare) ..


Spazio per eventuali annotazioni conclusive

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