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Prof.

ssa Carla Fiori


Lezioni di Algebra A
ed esercizi
Univertis di Modena e Reggio Emilia
Dipartimento di Matematica Pura e Applicata
Anno Accademico 2013/14
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A
T
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X utilizzando leditor L
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X. I diagram-
mi invece sono stati prodotti utilizzando XY-Pic.
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Marco Corghi e Dario Prandi at these e-mail addresses <mailto:51242@unimore.
it>, <mailto:korg86@virgilio.it> or <mailto:disabile@gmail.com>.
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=
2006-2007
Prefazione
Il corso di Algebra A, s.s.d. Mat/02, corso fondamentale nel Corso di Laurea
triennale MATEMATICA (D.M.270/04). E inserito nelloerta didattica del 1

anno, secondo semestre; 9 CFU, 48 ore di lezioni e 24 ore di esercitazioni.


Per ulteriori informazioni si rinvia al sito www.esse3.unimore.it
Questa sinossi raccoglie le lezioni e le esercitazioni del corso di Algebra A te-
nute dalla Professoressa Carla Fiori presso lUniversit di Modena e Reggio Emilia
durante lanno accademico 2013/14. La presente stesura integra ed amplia la pre-
cedente; oerta quale ausilio didattico per gli studenti ed reperibile nella pagina
web del docente alla voce Materiale Didattico.
http://cdm.unimo.it/home/matematica/ori.carla/
Testi di riferimento per approfondimenti:
(1) D.Dikranjan, M.S. Lucido, Aritmetica e Algebra, Liguori Editore.
(2) G.M. Piacentini Cattaneo, ALGEBRA un approccio algoritmico, Zani-
chelli.
(3) I.N. Hernstein, ALGEBRA, Editori Riuniti.
i
PREFAZIONE ii
frasi celebri ....
La matematica non conosce razze o conni geograci;
per la matematica, il mondo culturale una singola nazione.
David Hilbert (1862-1943)
La matematica un grandioso e vasto paesaggio aperto
a tutti gli uomini a cui il pensare arrechi gioia,
ma poco adatto a chi non ami la fatica del pensare.
Immanuel Lazarus Fuchs (1833-1902)
Lalgebra non che la geometria scritta;
la geometria non che lalgebra gurata.
Sophie Germain
Dallo studio dei triangoli e delle formule algebriche
sono passato a quelle degli uomini e delle cose;
comprendo quanto quello studio mi sia stato utile per quello
che ora vado facendo degli uomini e delle cose.
Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861)
Dio cre i numeri naturali, tutto il resto opera delluomo.
Leopold Kronecker (1823-1891)
I numeri governano il mondo.
Platone (427-347 a.C.)
La matematica la porta e la chiave delle scienze.
Ruggero Bacone (1214-1294)
Indice
Prefazione i
Capitolo 1. Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 1
1. Generalit sugli insiemi 1
2. Relazioni. Relazioni di equivalenza e di ordine. 5
3. Applicazioni fra insiemi 13
4. Linsieme N dei numeri naturali. Principio di Induzione. 16
5. I numeri interi. La divisione euclidea. MCD di due interi. 17
6. Numeri primi. Il teorema fondamentale dellaritmetica. 25
7. Insiemi niti e inniti. Cardinalit. 28
8. Esercizi relativi al Capitolo 1 32
Capitolo 2. Gruppi 38
1. Strutture algebriche. Propriet elementari dei gruppi. 38
2. Esempi di gruppi fondamentali 49
3. Sottogruppi 53
4. Generatori di un gruppo. Gruppi ciclici. 57
5. Laterali e Indice di un gruppo 61
6. Teorema di Lagrange. Teorema di Sylow. Teorema di Cauchy. 63
7. Esercizi relativi al Capitolo 2 67
Capitolo 3. Gruppi di Permutazioni 75
1. Permutazioni. Gruppo Simmetrico. 75
2. Gruppo Alterno 82
3. Esercizi relativi al Capitolo 3 84
Capitolo 4. Sottogruppi normali e gruppo quoziente 86
1. Sottogruppi normali. Gruppo Quoziente. 86
2. Gruppi Semplici. 89
3. Esercizi relativi al Capitolo 4 91
Capitolo 5. Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 94
1. Denizioni e Propriet 94
2. Teorema di Cayley 98
3. Centro e centralizzante di un gruppo 99
4. Automorsmi interni e sottogruppi caratteristici di un gruppo 103
iii
INDICE iv
5. Azione di un gruppo su un insieme. Orbite. Stabilizzatori. 105
6. Esercizi relativi al Capitolo 5 111
Capitolo 6. Prodotto Diretto di gruppi 118
1. Denizioni e Propriet 118
2. Struttura dei gruppi abeliani niti. 124
3. Esercizi relativi al Capitolo 6 126
Capitolo 7. Gruppi Risolubili 129
1. Derivato di un gruppo 129
2. Risolubilit di un gruppo 132
3. Risolubilit di S
n
e di altre famiglie di gruppi. 134
4. Esercizi relativi al Capitolo 7 136
Capitolo 8. Reticoli 138
1. Reticoli: denizioni e propriet 138
2. Sottoreticoli 141
3. Diagramma di un reticolo nito (diagramma di Hasse) 142
4. Reticoli modulari e reticoli distributivi 146
5. Reticoli complementati e Algebra di Boole 149
6. Catene. Decomposizione per unione ed intersezione. 152
7. Esercizi relativi al Capitolo 8 157
CAPITOLO 1
Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici
1. Generalit sugli insiemi
Un insieme una collezione di oggetti detti elementi dellinsieme e, di
norma, indicato fra due parentesi grae. Ad esempio {1, 2, 3} indica linsieme i
cui elementi sono 1, 2, 3. E importante sottolineare che gli elementi di un insieme
si intendono sempre diversi fra loro.
Un insieme pu essere assegnato elencando i suoi elementi o enunciando una
propriet che li caratterizzi. Ad esempio linsieme delle prime quattro lettere del-
lalfabeto italiano si pu denire per elencazione scrivendo {a, b, c, d}, mentre
linsieme dei colori dellarcobaleno pu essere denito con la propriet caratteriz-
zante scrivendo { x tale che x un colore dellarcobaleno }; la locuzione
tt
tale che
tt
verr indicata con il simbolo
tt
[
tt
oppure con il simbolo
tt
:
tt
.
Useremo lettere maiuscole per indicare gli insiemi, lettere minuscole per indicare
gli elementi di un insieme. Se a un elemento dellinsieme A diremo che
tt
a appartiene ad A
tt
e scriveremo
tt
a A
tt
. Per negare lappartenenza
scriveremo
tt
a , A
tt
.
In generale per indicare la negazione di ci che signica un determinato simbolo
matematico si usa sbarrare il simbolo.
Nota 1.1.1. Il simbolo
tt

tt
fu introdotto da G. Peano (1858-1932) e sta a
ricordare la prima lettera della parola greca che in italiano signica
tt

tt
.
Dato un insieme A, si denisce sottoinsieme di A un qualunque insieme
B tale che ogni elemento di B sia anche un elemento di A . In tal caso si scrive
B A oppure B A a seconda che B possa oppure no coincidere con A .
Tra i sottoinsiemi di un dato insieme A vi sempre A stesso e linsieme vuoto
che si indica con il simbolo ed linsieme privo di elementi.
Dato un insieme A, si pu considerare linsieme i cui elementi sono tutti i
sottoinsiemi di A; questo insieme viene indicato con P(A) ed chiamato linsieme
delle parti di A. Se A ha un numero nito n di elementi allora linsieme
1
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 2
P(A) ha 2
n
elementi. Ad esempio considerato A = 1, 2, 3 si ha P(A) =
, A, 1, 2, 3, 1, 2, 1, 3, 2, 3 , [A[ = 3 , [P(A)[ = 2
3
= 8 .
Denizione 1.1.2. Due insiemi A e B sono uguali se e solo se A B
e B A .
Per dimostrare che due insiemi A e B sono uguali occorre dimostrare che valgo-
no le due inclusioni A B, B A, mentre per dimostrare che A ,= B basta
dimostrare che vi un elemento che appartiene ad un insieme ma non allaltro
insieme.
A partire da insiemi si possono costruire nuovi insiemi.
Con le prossime due denizioni si stabiliscono modi elementari ma fondamentali
per costruire nuovi insiemi a partire da insiemi dati.
Denizione 1.1.3. Dati gli insiemi A e B si denisce prodotto cartesiano
di A e B linsieme A B = (a, b) [ a A, b B .
In generale risulta A B ,= B A . Si ha A B = B A solo se uno dei
due insiemi linsieme vuoto perch A = A = .
Esempio 1.1.4.
(1) Sia A = 1, 2 e sia B = a, b, allora AB = (1, a), (1, b), (2, a), (2, b).
(2) Sia N linsieme dei numeri naturali e sia P = 2m [ m N, allora
N P = (n, 2m) [ n, m N.
Denizione 1.1.5. Siano A e B due insiemi non necessariamente distinti. Si
deniscono i seguenti insiemi:
1) Unione di A e B. E linsieme A B = x [ x A oppure x B .
2) Intersezione di A e B. E linsieme A B = x [ x A e x B .
3) Dierenza di A e B. E linsieme A B = x [ x A e x , B .
Nel caso in cui B sottoinsieme di A, linsieme A B detto complemento
di B in A.
4) Dierenza simmetrica di A e B. E linsieme A B = (AB) (B A).
Esempio 1.1.6.
(1) Dati A = 1, 2, 3, 4 e B = 2, 3, 5 si ha A B = 1, 2, 3, 4, 5,
A B = 2, 3, A B = 1, 4 , A B = 1, 4, 5.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 3
(2) In N il complementare dei numeri pari linsieme dei numeri dispari.
(3) Nellinsieme dei numeri primi il complementare dei numeri dispari 2 .
Denizione 1.1.7. Due insiemi A e B si dicono disgiunti se A B = .
Gli insiemi deniti in 1.1.5 godono delle seguenti propriet:
(1) A B = B A ; A B = B A.
(2) (A B) C = A ( B C ) ; (A B) C = A ( B C ).
(3) A A = A ; A A = A.
(4) ( A B ) C = ( A C ) ( B C ) ;
( A B ) C = ( A C ) ( B C ).
(5) A ( A B ) = A B.
(6) A B = ( A B ) ( A B ).
Dimostriamo ad esempio la prima di (4) .
Dimostrazione. Per la denizione 1.1.2 occorre dimostrare la doppia inclu-
sione.
(a): Iniziamo con il dimostrare che (A B ) C (A C ) (B C ).
Sia x ( A B ) C , allora si possono avere due casi x A B
oppure x C. Se x A B allora x A e x B e pertanto
x A C e x B C. Se x C allora segue x A C
e x B C. In entrambi i casi x (A C ) ( B C ) e
dunque ( A B ) C ( A C ) ( B C ).
(b): Dimostriamo ora che ( A C ) ( B C ) ( A B ) C .
Sia x (A C) (B C), allora x A C e x B C. Se x , C
allora da x A C si ha che x A e da x B C si ha x B.
Dunque x C oppure x A B e pertanto x ( A B ) C
e quindi ( A C ) ( B C ) ( A B ) C.
Da (a) e (b) segue ( A B ) C = ( A C ) ( B C ).
Nota 1.1.8. Vericare con uno o pi esempi che una determinata propriet
vera non signica averla dimostrata. Per dimostrare una propriet occorre provare
che essa vale in generale ossia qualunque siano gli insiemi considerati. Se invece si
vuole dimostrare che una propriet non vale, suciente portare un solo esempio
in cui quella propriet non vale (detto controesempio).
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 4
Ad esempio per dimostrare che non vera la propriet A (B A) = B,
basta considerare A = 1, 2, 3, 4, 5, B = 1, 2, 3, 4, 6 e si ha A (B A) =
1, 2, 3, 4, 5 6 = 1, 2, 3, 4, 5, 6 , = B perch 5 , B. Questo solo esempio
assicura che per gli insiemi non vale la propriet A (B A) = B anche se
in certi casi pu essere vera come accade nel seguente esempio: A = 1, 2, 3, 4, 5,
B = 1, 2, 3, 4, 5, 6, A (B A) = 1, 2, 3, 4, 5 6 = B.
Fra le propriet dellinsieme dierenza dimostriamo le note leggi di De Morgan.
Come simbolo per indicare il complementare di un insieme consideriamo un apice
posto a destra dellinsieme.
Teorema 1.1.9 (Leggi di De Morgan). Siano M un insieme, A e B sottoin-
siemi di M, A
t
e B
t
i complementari di A e B in M. Si ha:
( A B)
t
= A
t
B
t
e ( A B )
t
= A
t
B
t
Dimostrazione. Proviamo la prima delle due leggi. Sia x (A B)
t
allora
x M, x , A B e pertanto x M e x , A oppure x M e x , B.
Nel primo caso x A
t
, nel secondo caso x B
t
; in ogni caso x A
t
B
t
ossia (A B)
t
A
t
B
t
. Viceversa sia x A
t
B
t
; si ha x A
t
oppure
x B
t
ossia x M e x , A oppure x M e x , B, in ogni caso x M
e x , A B ossia x (A B)
t
e dunque A
t
B
t
(A B)
t
. Rimane
pertanto provato che ( A B)
t
= A
t
B
t
.
In modo analogo si dimostra la seconda legge di De Morgan.
Le nozioni di unione, di intersezione e di prodotto cartesiano precedentemente
denite, si generalizzano al caso di pi di due insiemi:

n
_
i=1
A
i
= A
1
A
2
... A
n
(con n nito o no) linsieme costituito dagli elementi ciascuno dei quali
appartiene ad almeno uno degli insiemi A
i
, i = 1, 2, ..., n.

i=1
A
i
= A
1
A
2
... A
n
( con n nito o no) linsieme costituito dagli elementi ciascuno dei quali
appartiene ad ogni insieme A
i
, i = 1, 2, ..., n.

i=1
A
i
= A
1
A
2
... A
n
linsieme di tutte le n-ple ordinate (a
1
, a
2
, ..., a
n
) con a
1
A
1
, a
2

A
2
, ... , a
n
A
n
.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 5
Se A
i
= A per ogni i = 1, 2, ..., n, allora
n

i=1
A si indica anche con A
n
.
Esempio 1.1.10.
Siano A
1
= 1, A
2
= 1, 3, 4, A
3
= 1, 5; si ha :
3
_
i=1
A
i
= A
1
A
2
A
3
= 1, 3, 4, 5
3

i=1
A
i
= A
1
A
2
A
3
= 1
3

i=1
A
i
= A
1
A
2
A
3
= (a, b, c) [ a A
1
, b A
2
, c A
3
=
= (1, 1, 1), (1, 1, 5), (1, 3, 1), (1, 3, 5), (1, 4, 1), (1, 4, 5).
2. Relazioni. Relazioni di equivalenza e di ordine.
Denizione 1.2.1. Siano A e B insiemi; ogni sottoinsieme R di A B
detto relazione fra A e B (o relazione binaria di A e B ).
Se R AB una relazione fra A e B, anzich (a, b) R si usa scrivere a R b
e si dice che
tt
a in relazione con b
tt
.
Considerato un insieme A, le relazioni in A (oppure su A) sono le relazioni R
AA . Fra queste ve ne sono alcune particolarmente importanti, sono le relazioni
di equivalenza e le relazioni di ordine (parziale e totale).
Denizione 1.2.2. Sia A un insieme e sia R AA una relazione in A. Si
dice che R una relazione di equivalenza se soddisfa le seguenti propriet:
(1) a R a per ogni a A (propriet riessiva);
(2) se a R b allora b R a (propriet simmetrica);
(3) se a R b e b R c allora a R c (propriet transitiva).
Esempio 1.2.3.
1) Nellinsieme Z dei numeri interi la relazione binaria R denita da
tt
a R b
se a b un intero pari
tt
di equivalenza.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 6
2) Sia A linsieme delle rette del piano euclideo. In A la relazione R denita
da
tt
a R b se a = b oppure a | b
tt
una relazione di equivalenza.
3) Sia A linsieme di tutti i soldati. In A la relazione R denita da
tt
a R b
se a e b hanno lo stesso grado
tt
, una relazione di equivalenza.
Esercizio 1.2.4.
Sia R una relazione in A per la quale valgano sia la propriet simmetrica, sia
la propriet transitiva . Dire cosa c di sbagliato nella seguente dimostrazione
che proverebbe che la propriet simmetrica e la propriet transitiva implicano la
propriet riessiva.
tt
Se a R b , allora b R a per la propriet simmetrica e perci, poich vale la
propriet transitiva, da a R b , b R a segue a R a e pertanto vale la propriet
riessiva
tt
.
Soluzione - Lerrore sta nel fatto che a R a non detto che valga per ogni
a A perch vale solo quando esiste b A tale che a R b . La propriet
riessiva richiede invece che sia a R a per ogni a A .
Come evidenziato dallesercizio precedente, occorre fare molta attenzione al
signicato dei quanticatori.
Denizione 1.2.5. Sia A un insieme e R una relazione di equivalenza in A.
Per ogni a A si chiama classe di equivalenza di a linsieme [a] = x [ x
A, x R a. Linsieme avente come elementi tutte le classi di equivalenza si chiama
insieme quoziente e si indica con
A
R
= [a] [ a A.
Quale esempio consideriamo la relazione di equivalenza denita al punto 1) delle-
sempio 1.2.3. Essa determina due classi di equivalenza: una classe formata da
tutti i numeri interi pari e laltra classe da tutti i numeri interi dispari.
Denizione 1.2.6. Sia A un insieme non vuoto e = A
i
, i = 1, 2, ..., n una
famiglia di sottoinsiemi non vuoti di A. Si dice che una partizione di A se e
solo se
(1)
n
i=1
A
i
= A
(2) A
i
A
j
= per ogni i ,= j; i, j = 1, 2, ..., n.
Esempio 1.2.7.
Siano A = 2n [ n N, A
1
= 2n [ n = 0, 1, 2, A
2
= 2n [ 3 n 104,
A
3
= 2n [ n N, n 105. Allora = A
1
, A
2
, A
3
una partizione di A
perch A = A
1
A
2
A
3
con A
1
A
2
= A
1
A
3
= A
2
A
3
= .
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 7
Teorema 1.2.8. Sia A un insieme non vuoto e R una relazione di equivalenza
in A. Le classi di equivalenza di R costituiscono una partizione di A e viceversa
se una partizione di A si pu denire in A una relazione R di equivalenza le
cui classi sono gli elementi di .
Dimostrazione. Sia R una relazione di equivalenza in A. Dimostriamo che
le classi di equivalenza costituiscono una partizione di A; considerata la classe di
equivalenza [a] , si ha [a] ,= perch a [a] . Siano [a] e [b] due classi di
equivalenza, se esiste x [a] [b] si ha x R a e x R b da cui a R b cio
[a] = [b] e pertanto se [a] ,= [b] si ha [a] [b] = . Inne per ogni a A
si ha a [a] e perci lunione delle classi di equivalenza coincide con linsieme
A. Viceversa, sia una partizione di A. Deniamo in A la relazione a R b se
esiste F tale che a, b F . Poich per ogni elemento x A esiste uno
ed un solo insieme F tale che x F , ne consegue che R una relazione di
equivalenza e che gli elementi di sono le classi di equivalenza.
Esercizio 1.2.9.
Sia N linsieme dei numeri naturali. In NN si consideri la relazione denita da
(a, b) R (c, d) a + d = b + c. Dimostrare che la relazione di equivalenza e
vericare che linsieme quoziente
NN
R
linsieme Z dei numeri interi.
Soluzione - Per dimostrare che R una relazione di equivalenza, essendo ovvie la
propriet riessiva e la propriet simmetrica, ci limitiamo a vericare la propriet
transitiva. Sia (a, b) R (c, d) e (c, d) R (e, f) , ci signica a+d = b+c, c+f = d+c
e sommando membro a membro si ottiene a + d + c + f = b + c + d + e, da cui
a + f = b + e e quindi (a, b) R (e, f). La relazione R dunque una relazione di
equivalenza in N N.
Deniamo Z =
NN
R
e chiamiamo numeri interi gli elementi di Z. Per esempio,
un intero linsieme (1, 0), (8, 7), (11, 10), (37, 36), ... = (n+1, n) [ n N; cos
sono interi linsieme (n, n + 2) [ n N, o linsieme (n, n + 7) [ n N. Questa
denizione di numeri interi, a prima vista, sembra ben lontana dallusuale modello
di numeri interi, ma si verica facilmente che presa una classe di equivalenza essa
pu essere rappresentata in uno ( ed uno solo ) dei due modi seguenti: [(n, 0)]
oppure [(0, n)] con n N. Per semplicit invece di [(n, 0)] si usa scrivere +n ed al
posto di [(0, n)] si usa scrivere n. Con questa convenzione la classe di equivalenza
[(0, 0)] pu essere scritta sia come +0 sia come 0 e per semplicit si scrive solo
0; risulta allora Z = N
+
0 N

.
Esercizio 1.2.10.
Sia Z linsieme dei numeri interi. In Z Z

si consideri la relazione denita da


(a, b) ' (c, d) ad = bc. Dimostrare che la relazione di equivalenza e vericare
che linsieme quoziente =
ZZ

T
linsieme dei numeri razionali.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 8
Soluzione - Per dimostrare che R una relazione di equivalenza, essendo ovvie la
propriet riessiva e la propriet simmetrica, ci limitiamo a vericare la propriet
transitiva. Sia (a, b) R (c, d) e (c, d) R (e, f) . Da ad = bc, cf = de moltiplicando
la prima uguaglianza per f e la seconda uguaglianza per b (si ricordi che f ,= 0 e
b ,= 0) si ottiene adf = deb ed essendo d ,= 0 si conclude che af = be ossia
(a, b) R (e, f).
Gli elementi dellinsieme quoziente =
ZZ

T
sono i numeri razionali, la classe
[(a, b)] linsieme dei numeri razionali del tipo
ak
bk
con k Z.
Esercizio 1.2.11.
Nellinsieme Z degli interi si consideri la relazione
tt
a R b se 3 [ (ab)
tt
. Dimo-
strare che R una relazione di equivalenza e determinare le classi di equivalenza.
Soluzione - ( Il simbolo
tt
[
tt
signica divide )
1. a R a per ogni a Z . Infatti 3 [ (a a) in quanto 3 [ 0 . Dunque vale la
propriet riessiva .
2. Se a R b allora b R a . Infatti da a R b si ha 3 [ (a b) , a b = 3q con
q Z e perci b a = 3(q) , q Z da cui segue b R a . Dunque vale la
propriet simmetrica .
3. Se a R b e b R c allora a R c . Infatti da 3 [ (ab) e 3 [ (bc) si ha ab = 3q ,
b c = 3t e sommando membro a membro risulta (a b) + (b c) = 3q + 3t ,
(a c) = 3(q + t) con (q + t) Z e perci a R c . Dunque vale la propriet
transitiva .
Rimane cos provato che R una relazione di equivalenza .
Le classi di equivalenza sono:
[0] = x [ x Z, x R 0 = 3n [ n Z perch x R 0 signica
3 [ (x 0) , 3 [ x .
[1] = x [ x Z, x R 1 = 3n + 1 [ n Z perch x R 1 signica
3 [ (x 1) , x 1 = 3n, x = 3n + 1 .
[2] = x [ x Z, x R 2 = 3n + 2 [ n Z perch x R 2 signica
3 [ (x 2) , x 2 = 3n, x = 3n + 2 .
La relazione di congruenza
La relazione dellesercizio precedente un caso particolare della seguente relazione
denita in Z. Fissato n N 0 , sia
a R b se n [ (a b)
Questa una relazione di equivalenza ; rimangono determinate n classi di equi-
valenza dette classi resto modulo n . La dimostrazione analoga a quella
dellesercizio precedente.
Ma perch sono dette classi resto modulo n?
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 9
Fissato n N 0 , consideriamo ora in Z la relazione
a ' b se a e b hanno lo stesso resto nella divisione per n.
' una relazione di equivalenza. Infatti
1. a ' a per ogni a Z . Banalmente vera.
2. Se a ' b allora b ' a . Banalmente vera.
3. Se a ' b e b ' c allora a ' c . Infatti da a ' b si ha a = nq
1
+ r ,
b = nq
2
+r ; da b ' c si ha b = nq
2
+r , c = nq
3
+r e pertanto a ' c perch
a e c hanno lo stesso resto nella divisione per n.
Osserviamo che
R e ' sono la stessa relazione.
Infatti considerati a, b Z se a = nq
1
+ r
1
e b = nq
2
+ r
2
, r
1
r
2
( analogamente se fosse r
2
r
1
) si ha a b = n(q
1
q
2
) + (r
1
r
2
) da cui
a R b n [ (a b) r
1
r
2
= 0 r
1
= r
2
a ' b .
Ecco perch le classi di equivalenza della relazione R sono chiamate
tt
classi resto
modulo n
tt
.
La relazione R viene anche chiamata
tt
relazione di congruenza modulo n
tt
e
indicata con a b (mod n) .
a R b a b (mod n) n [ (a b) .
In Z la relazione di congruenza modulo n una relazione di equivalenza, determina
n classi di equivalenza e linsieme quoziente, di norma, indicato con Z
n
oppure
Z
nZ
oppure
Z
<n>
.
Il simbolo
tt

tt
stato introdotto da Gauss (17771855); la scelta stata fatta
per ricordare che molte propriet della relazione di congruenza sono analoghe alle
propriet di cui gode la relazione di uguaglianza tra numeri interi.
Propriet
Fra le propriet della relazione di congruenza, dimostriamo le seguenti due:
(1) Se a b (mod n) e c d (mod n) allora si ha a+c b+d (mod n)
e ac bd (mod n) .
(2) Se ab ac (mod n) e MCD(a, n) = 1 allora b c (mod n) .
Dimostrazione. (1) - Da a b (mod n) si ha ab = hn , da c d (mod n)
si ha c d = kn . Sommando membro a membro le uguaglianze si ottiene
(a+c) (b +d) = (h+k)n e pertanto (a+c) (b +d) mod n . Moltiplicando
entrambi i membri di a b = hn per c e moltiplicando entrambi i membri
di c d = kn per b, si ottiene ac bc = chn , bc bd = bkn ; sommando
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 10
membro a membro le ultime due uguaglianze si ha ac bd = (ch + bk)n da cui
ac bd (mod n) .
Dimostrazione. (2) - Da ab ac (mod n) si ha abac = hn , a(bc) = hn
e poich a primo con n deve essere a [ h cio h = ta da cui a(b c) = tan ,
bc = tn e pertanto b c (mod n) .
Usando la relazione di congruenza modulo n, dallinsieme innito Z si
passati allinsieme nito Z
n
.
Questo passaggio dallinnito al nito utile specialmente quando si vogliono
eettuare calcoli o veriche al computer che lavora solo in termini niti.
Applicazioni della relazione di congruenza nel
tt
quotidiano
tt
.
La prova del nove
Lalgoritmo detto prova del nove serve per controllare lesattezza di operazioni
tra interi. Pi precisamente, se questa prova non riesce (nel senso che ricorderemo
sotto con un esempio) allora il risultato certamente sbagliato, mentre se la prova
riesce non comunque detto che il risultato sia corretto, solo molto probabile che
lo sia. Perch questo? Perch se la prova riesce, essa assicura solo che il risultato
corretto e quello ottenuto sono congrui modulo 9.
Supponiamo di voler moltiplicare fra loro due interi, per esempio 123 e 458,
e di trovare come risultato 56334. Per controllare lesattezza utilizzando la prova
del nove, si procede nel modo seguente.
Si scrive la somma delle cifre dei fattori, tralasciando i 9 che vengono sostituiti
con lo zero e si itera questa procedura no ad arrivare ad un numero ad una sola
cifra. Si moltiplicano i due numeri ad una sola cifra cos ottenuti e si riduce anche
il risultato di questa operazione ad un numero x ad una sola cifra con lo stesso
procedimento. Inne anche il risultato da controllare si riduce nello stesso modo ad
una sola cifra: se esso non coincide con x loperazione certamente non corretta.
Nel nostro esempio si ha
123 458 = 56334
123 1 + 2 + 3 = 6
458 4 + 5 + 8 = 17 1 + 7 = 8
56334 5 + 6 + 3 + 3 + 4 = 21 2 + 1 = 3
Facciamo ora il prodotto e, al solito, riduciamo ad una cifra:
6 8 = 48 4 + 8 = 12 1 + 2 = 3,
esso ha come somma delle cifre 3 che coincide con la somma delle cifre del risultato
della moltiplicazione e pertanto con molta probabilit il risultato corretto, se in-
vece avessimo trovato un altro numero sicuramente la moltiplicazione era sbagliata.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 11
In altre parole, la prova del nove una condizione necessaria ma non suciente
per lesattezza dei calcoli. Ad esempio, se, sbagliando i calcoli, come risultato
del prodotto di 123 per 458 avessimo ottenuto 56388, con la prova del nove non
avremmo potuto accorgerci di avere commesso un errore perch i numeri 56334 e
56388 stanno nella stessa classe di Z
9
.
Cerchiamo ora di capire la relazione che c con il numero 9.
Quando scriviamo 123 in base 10 intendiamo il numero 1 10
2
+ 2 10 + 3 10
0
.
Qualunque sia n > 0 si ha che
10
n
1 = 999 . . . 9
. .
n-volte
= 9 111 . . . 1
. .
n-volte
, cio 10
n

9
1,
Ma allora, utilizzando le propriet delle congruenze, ne segue che
123 = 1 10
2
+ 2 10 + 3
9
1 + 2 + 3, ossia il numero 123 congruo modulo 9
alla somma delle sue cifre.
Ogni numero intero scritto in base 10 congruo modulo 9 alla somma
delle sue cifre, ossia considerato z Z,
z = a
n
10
n
+a
n1
10
n1
+ +a
0
10
0
, si ha z a
n
+a
n1
+ +a
0
(mod 9 ).
Oltre alla prova del nove, altre interessanti applicazioni delle congruenze sono:
(1) i criteri di divisibilit per 2, 3, 4, 5, 9, 11;
(2) la compilazione del calendario ;
(3) la costruzione del tabellone di un torneo di n squadre in modo che ogni
squadra incontri ogni altra squadra esattamente una volta.
Per le dimostrazioni relative a queste tre applicazioni, si rinvia al volume Aritme-
tica, Crittograa e Codici, di Baldoni, Ciliberto, Piacentini Cattaneo, pag. 117,
129-133.
Dopo le relazioni di equivalenza, consideriamo ora unaltra famiglia importante di
relazioni binarie che riprenderemo solo alla ne del corso.
Denizione 1.2.12. Sia A un insieme e sia R A A una relazione in A.
Si dice che R una relazione di ordine o di ordine parziale se valgono le
seguenti tre propriet:
(1) a R a per ogni a A (propriet riessiva);
(2) se a R b e b R a allora a = b (propriet antisimmetrica);
(3) se a R b e b R c allora a R c (propriet transitiva).
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 12
Una relazione di ordine parziale si denota solitamente con il simbolo
tt

tt
.
Un insieme A in cui denita una relazione di ordine parziale
tt

tt
detto
insieme parzialmente ordinato e si indica con ( A, ); due elementi x, y A
si dicono confrontabili se x y oppure y x .
Esempio 1.2.13. - Sono insiemi parzialmente ordinati:
1) ( Z, ) dove
tt

tt
la relazione denita da a b se b a Z .
2) ( N

, ) dove
tt

tt
la relazione denita da a b se a, b N

e
a [ b ( a
tt
divide
tt
b ).
3) ( P(A), ) dove
tt

tt
la relazione X Y se X Y , con X e
Y sottoinsiemi di A.
Denizione 1.2.14. Sia (A, ) un insieme parzialmente ordinato e sia B A,
B ,= . Si denisce
(1) sup B (o estremo superiore di B in A) ogni elemento v A tale che :
b v per ogni b B;
se x A e b x per ogni b B allora v x.
se v = sup B e si ha v B allora v si chiama massimo di B.
(2) inf B (o estremo inferiore di B in A) ogni elemento u A tale che:
u b per ogni b B;
se x A e x b per ogni b B allora x u.
se u = inf B e si ha u B allora u si chiama minimo di B.
(3) Lordine
tt

tt
si dice denso se dati x, y A tali che x y, x ,= y, esiste
z A tale che x z y, x ,= z, z ,= y.
(4) Lordine si dice buono (o che A un insieme bene ordinato) se ogni
sottoinsieme non vuoto di A ha un elemento minimo.
Esempio 1.2.15.
Sia (1, ) linsieme dei numeri reali e lordinamento naturale, sia B 1
linsieme B = x [ x

, x
2
2. Linsieme B ha estremo superiore sup B =

2
ma non ha massimo. Linsieme B ha estremo inferiore inf B = 0 ed ha minimo 0.
Esempio 1.2.16.
(N, ) in insieme parzialmente ordinato rispetto alla relazione cos denita: a
b se b a N. Questa relazione detta ordinamento naturale.
Per il principio di induzione (vedi paragrafo 4 di questo capitolo), segue che
lordine dellesempio 1.2.16 un buon ordinamento di N. Questa importante
propriet nota come il Principio del buon ordinamento.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 13
Teorema 1.2.17 (Principio del buon ordinamento). Ogni insieme non vuoto
di numeri naturali possiede un elemento minimo.
Per la dimostrazione si rinvia a Dikranjan-Lucido, Aritmetica e Algebra, Liguori
editore, pag.26.
Il Principio del buon ordinamento permette, per esempio, di aermare che non
esiste alcun intero c compreso tra 0 e 1.
Se in un insieme parzialmente ordinato (A, ) due elementi sono sempre con-
frontabili allora la relazione si dice di ordine totale.
Denizione 1.2.18. Sia A un insieme e sia R AA una relazione in A.
Si dice che R una relazione di ordine totale (o lineare) se valgono le seguenti
propriet:
(1) a R a per ogni a A (propriet riessiva);
(2) se a R b e b R a allora a = b (propriet antisimmetrica);
(3) se a R b e b R c allora a R c (propriet transitiva);
(4) a R b oppure b R a per ogni a, b A .
3. Applicazioni fra insiemi
Denizione 1.3.1. Siano A e B due insiemi non vuoti. Si denisce applica-
zione di A in B ogni relazione R AB con la propriet che per ogni a A
esiste uno ed un solo b B tale che a R b .
Unapplicazione di A in B solitamente indicata con una lettera e con una no-
tazione del tipo f : A B. Linsieme A si dice dominio dellapplicazione f e
linsieme B si dice codominio dellapplicazione f. Se a A, lunico elemento
b B tale che a in relazione con b, viene indicato con f(a) e detto immagine
di a secondo la relazione f. Linsieme f(A) = f(a) [ a A di tutte le
immagini degli elementi di A detto insieme immagine dellapplicazione f.
Sia A ,= ; lapplicazione id
A
: A A denita da id
A
(a) = a per ogni
a A detta applicazione identit o applicazione identica di A.
Esempio 1.3.2.
(1) Sia A ,= un insieme; allora f : A P(A) denita da f(a) = a
unapplicazione.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 14
(2) Sono applicazioni le seguenti funzioni numeriche:
f : 1 1 denita da f(x) = x
2
+ 1 .
f : 1
+
1
+
denita da f(x) =

x .
(3) Non sono applicazioni le seguenti funzioni numeriche:
f : 1 1
+
denita da f(x) =

x .
f : 1 1 denita da f(x) = log x .
Si noti che per denire una applicazione occorre un dominio A, un codominio
B e una
tt
legge
tt
f che permette di assegnare ad ogni elemento a A un
unico elemento f(a) B. Occorre fare attenzione perch la stessa
tt
legge
tt
pu
determinare oppure no unapplicazione a seconda del dominio e/o codominio in
cui considerata. Ad esempio
1. f : N 1 denita da f(x) = x
2
una applicazione;
2. f : N N denita da f(x) = x
2
non una applicazione.
Denizione 1.3.3. Sia X un insieme non vuoto e sia A P(X). Si denisce
funzione caratteristica di A lapplicazione
A
: X 0, 1 denita da

A
(x) =
_
1 se x A
0 se x X, x , A
Denizione 1.3.4. Sia B un sottoinsieme non vuoto di A.
Lapplicazione i
B
: B A denita da i
B
(x) = x per ogni x B si dice
immersione di B in A.
Sia f : A C unapplicazione. Lapplicazione f
B
: B C denita da
f
B
(y) = f(y) per ogni y B si dice restrizione di f a B .
La seguente denizione caratterizza le applicazioni a seconda delle propriet di
cui godono. La famiglia delle applicazioni si pu cos suddividere in tre importanti
sottofamiglie (non disgiunte).
Denizione 1.3.5. Unapplicazione f : A B si dice:
(1) iniettiva se da a
1
,= a
2
segue f(a
1
) ,= f(a
2
) ;
(2) suriettiva se f(A) = B ;
(3) biettiva (o biunivoca) se iniettiva e suriettiva.
Esempio 1.3.6.
(1) f : 1 1
+
0
, f(x) = x
2
, suriettiva ma non iniettiva.
(2) f : N Z , f(x) = x
2
, iniettiva ma non suriettiva.
(3) f : 1 1 , f(x) = 2x + 1 , biettiva.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 15
Denizione 1.3.7. Se f : A B unapplicazione biettiva, allora si pu
denire unapplicazione di B A indicata con f
1
, che ad ogni y B associa
la sua controimmagine nella f, ossia f
1
(y) = x con f(x) = y. Lapplicazione
f
1
detta lapplicazione inversa della f.
Denizione 1.3.8. Unapplicazione biettiva di un insieme A in s stesso
detta permutazione. Nel caso A sia un insieme nito con n elementi, si pu
pensare A = 1, 2, ..., n e una permutazione di A si pu rappresentare con la
seguente matrice
_
1 2 n
(1) (2) (n)
_
.
Nota 1.3.9. Le applicazioni biettive rivestono un ruolo particolarmente im-
portante. Qui ci limitiamo ad evidenziare tre propriet che saranno approfondite
nel seguito.
(1) Permettono di
tt
confrontare
tt
e di
tt
contare
tt
gli elementi di un insieme.
Si dice che A e B hanno lo stesso numero di elementi se e solo
se fra A e B possibile stabilire una applicazione biettiva. Ad
esempio linsieme P = 0, 2, 4, ..., 2n, ... dei numeri pari e linsieme
N = 0, 1, 2, ..., n, ... dei numeri naturali hanno lo stesso numero di
elementi perch fra essi possibile stabilire una applicazione biunivoca:
f : N P ; f(n) = 2n .
(2) Ammettono lapplicazione inversa. Si osservi che
f : A B invertibile (ossia ammette linversa) se e solo se
biettiva. In tal caso linversa di f unica.
f
1
biettiva.
(f
1
)
1
= f.
f : A B iniettiva diventa biettiva e quindi invertibile se si
considera f : A f(A) .
(3) Sia X un insieme non vuoto e 0, 1
X
linsieme di tutte le applicazioni
X 0, 1 che si denota con 2
X
. Fra linsieme delle parti P(X) e
linsieme 2
X
si pu denire la seguente applicazione biettiva .
: P(X) 2
X
, (A) =
A
, per ogni A P(A)
dove
A
la funzione caratteristica di A.
La funzione caratteristica assicura pertanto che se X un insieme non
vuoto allora linsieme delle parti P(X) ha esattamente 2
[X[
elementi, dove
[X[ indica il numero di elementi di X. In simboli: [P(X)[ = 2
[X[
.
Nota 1.3.10. Nel caso di insiemi niti si ha che:
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 16
Il numero di tutte le applicazioni iniettive di un insieme nito A con n
elementi in un insieme B con m elementi uguale a m (m 1) ...
(mn + 1).
Se A e B sono due insiemi niti aventi lo stesso numero n di elementi,
allora esistono esattamente n! = 1 2 ... n applicazioni biettive di A
in B.
Sia A un insieme nito con n elementi. Allora il numero di tutte le
permutazioni di A n!.
Sotto particolari condizioni, due applicazioni si possono comporre ossia possono
denire una terza applicazione.
Denizione 1.3.11. Siano f : A B e g : B C due applicazioni. Si
denisce prodotto operatorio o composizione di f e g lapplicazione g f :
A C denita da (g f)(x) = g(f(x)) per ogni x A.
Esempio 1.3.12.
1) Sia f : N N, f(n) = 3n + 1, g : N N, g(n) = 2n 1. Si ha g f(n) =
g(f(n)) = g(3n + 1) = 2(3n + 1) 1 = 6n + 1.
2) Sia f : 1

, f(x) = x
2
, g : 1

1, g(x) = log([x[). Si ha g f(x) =


g(f(x)) = log(x
2
).
Dalla denizione di composizione di applicazioni segue che se A un insieme
non vuoto allora esiste la composizione di due qualunque applicazioni f, g di A in
se stesso.
La composizione di applicazioni permette anche di denire lapplicazione inversa di
f come quellapplicazione, indicata con f
1
, tale che f f
1
= f
1
f = identit.
4. Linsieme N dei numeri naturali. Principio di Induzione.
Linsieme N dei numeri naturali
Linsieme N = 0, 1, 2, ..., n, ... dei numeri naturali uno dei concetti primitivi la
cui esistenza non pu essere provata. G. Peano (1858-1932) assunse come primitivi
i concetti di numero naturale, di zero, di successivo di un numero naturale e propose
la seguente descrizione assiomatica.
Assiomi di Peano.
(1) I numeri naturali formano un insieme N.
(2) Zero un numero naturale.
5. I NUMERI INTERI. LA DIVISIONE EUCLIDEA. MCD DI DUE INTERI. 17
(3) Il successivo di un numero naturale un numero naturale.
(4) Numeri naturali che hanno lo stesso successivo sono uguali.
(5) Zero non il successivo di alcun numero naturale.
(6) Se linsieme Acontiene lo zero ed ha la propriet che se un numero naturale
n sta in A anche il successivo di n sta in A, allora N A.
Lassioma (6) noto anche come principio di induzione matematica ed la
pi importante propriet dei numeri naturali. Esso d luogo ad una tecnica molto
usata in matematica, la cosiddetta
tt
dimostrazione per induzione
tt
. Tenuto conto
della sua importanza, riformuliamo separatamente questo assioma.
Principio di induzione matematica.
Per ogni numero naturale n N sia data unasserzione P(n) e supponiamo che:
(1) P(0) sia vera.
(2) Se P(k) vera per k N, allora P(k + 1) vera.
Allora lasserzione P(n) vera per ogni n N.
Vediamo un esempio di dimostrazione per induzione.
Esercizio 1.4.1.
Dimostrare per induzione su n che per ogni n 8, n N, esistono h, k N tali
che n = 3h + 5k .
Soluzione - Se n = 8 allora 8 = 3 1 + 5 1. Supponiamo sia n = 3h + 5k e
verichiamo che n + 1 = 3t + 5q per qualche t, q N. Distinguiamo due casi:
1

caso - Sia k = 0. Allora n = 3h, h N, h 3; n +1 = 3h +1 = 3(h 3) +3


3 + 1 = 3(h 3) + 5 2.
2

caso - Sia k ,= 0. Allora n + 1 = 3h + 5k + 1 = 3h + 5(k 1) + 5 1 + 1 =


3h + 3 2 + 5(k 1) = 3(h + 2) + 5(k 1).
5. I numeri interi. La divisione euclidea. MCD di due interi.
Dato linsieme dei numeri naturali N si costruisce linsieme dei numeri interi
come insieme quoziente Z =
NN
R
dove R la relazione di equivalenza denita da
(a, b) R (c, d) a +d = b +c, vedi esercizio 1.2.9. Per comodit si sceglie come
rappresentante di una classe di equivalenza il numero naturale pi piccolo in valore
assoluto e si scrive semplicemente Z = 0, 1, 2, 3, ..., n, ....
In questa trattazione non si aronta in modo approfondito lo studio dellaritmetica
degli interi, certi che, da un punto di vista operativo, le principali nozioni sono
ben note perch incontrate nel corso degli studi precedenti. Inoltre i fondamentali
concetti di massimo comune divisore, MCD, e di minimo comune multiplo, mcm,
5. I NUMERI INTERI. LA DIVISIONE EUCLIDEA. MCD DI DUE INTERI. 18
saranno ripresi e studiati in modo rigoroso
tt
da un punto di vista superiore
tt
quando
si aronter lo studio degli anelli euclidei. Tuttavia, per la loro importanza e per
luso che ne faremo, ricordiamo e dimostriamo alcune propriet fondamentali di Z.
Teorema 1.5.1. Sia a Z, a ,= 1. Se a [ b allora a [ (b + 1).
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo a [ b e a [ (b + 1). Allora b = ha
e b + 1 = ka da cui ha + 1 = ka, 1 = (k h)a e poich a =
1
kh
Z deve essere
k h = 1. Distinguiamo due casi.
1

caso: kh = 1. Allora k = 1+h e quindi risulta b+1 = (1+h)a = a+ha = a+b


da cui a = 1, assurdo.
2

caso: k h = 1. Allora k = 1 + h e quindi risulta b + 1 = (1 + h)a =


a +ha = a +b da cui a = 1, assurdo.
La divisione euclidea
Non sempre vero che un intero divida un altro intero, tuttavia, come dimostra il
seguente teorema, in Z si pu eseguire la divisione con resto detta anche divisione
euclidea. Questa propriet cos importante per gli interi, non lo per i numeri
razionali, reali , complessi, perch in questi ambienti numerici la divisibilit b[a ( b
divide a) c sempre ogniqualvolta b ,= 0. Qualunque siano a, b Z non entrambi
nulli, la divisione euclidea assicura due fondamentali propriet: esiste il massimo
comune divisore MCD(a, b) dei due interi e fornisce un importante algoritmo per
calcolare il MCD(a, b).
Teorema 1.5.2. Se a, b Z e b ,= 0 allora esistono e sono unici q, r Z tali
che a = bq +r e 0 r < [b[.
Di questo teorema daremo due dimostrazioni, la prima basata sul principio di
induzione, la seconda pi intuitiva.
Dimostrazione. 1 - Supponiamo dapprima a 0 e b > 0 e proviamo
P
a
:
tt
esistono q, r N tali che a = bq +r con 0 r < b
tt
.
Per ogni 0 a < b la proposizione P
a
vera perch basta prendere q = 0 e r = a.
Se a = b la P
a
vera per q = 1 e r = 0. In particolare sono dunque vere P
0
e P
1
.
Supponiamo ora a > b e procediamo per induzione su a.
Supponiamo vera P
a
e dimostriamo che vale P
a+1
. Si ha a = bq +r con 0 r < b.
Se r = b 1 risulta a + 1 = bq + r + 1 = bq + b = b(q + 1) + 0 e la P
a+1
vera.
Se r < b 1 otteniamo a + 1 = bq +r + 1 con 0 < r + 1 < b e la P
a+1
vera.
Dimostriamo ora che comunque presi a, b Z, b ,= 0, esistono q, r Z tali che
a = bq + r con 0 r < [b[. Si gi dimostrato sopra che il teorema vale quando
a 0 e b > 0. Se a = 0 e b < 0, basta prendere q = r = 0. Proviamo ora il
teorema negli altri casi.
5. I NUMERI INTERI. LA DIVISIONE EUCLIDEA. MCD DI DUE INTERI. 19
1) Sia a < 0, b > 0 .
Esistono q, r N tali che a = qb +r con 0 r < b.
Se r = 0 si ha a = (q)b + 0 ed il risultato provato.
Se r > 0 si ha a = (q 1)b +(b r) con 0 < b r < b ed il risultato
provato.
2) Sia a < 0, b < 0.
Si ha a = q(b) +r con q, r N e 0 r < [b[.
Se r = 0 si ha a = qb + 0 ed il risultato provato.
Se r > 0 si ha a = (q + 1)b b r = (q + 1)b +[b[ r ed essendo
0 < [b[ r < [b[ il risultato provato.
3) Sia a > 0, b < 0.
Si ha a = q(b) +r con q, r N e 0 r < [b[ e quindi
a = (q)b +r ed il risultato provato.
Dimostriamo inne lunicit di q ed r. Supponiamo esistano anche q
t
ed r
t
interi
tali che a = q
t
b + r
t
con 0 r
t
< [b[ e con r
t
r (analogamente se fosse r
t
r).
Si ottiene (q q
t
)b = r
t
r con 0 r
t
r < [b[ da cui segue q = q
t
ed r = r
t
.
Dimostrazione. 2 - Consideriamo linsieme T = bk [ k Z, bk a dei
multipli di b minori od uguali ad a. Poniamo m = maxT. Essendo m multiplo di
b, esiste q Z tale che m = bq, deniamo r = a bq, in modo che sia a = bq + r.
Poich m = bq = maxT T si ha m = bq a, ossia r = a bq 0. Se per
assurdo fosse r [b[, avremmo a m = a bq = r [b[ e quindi m+[b[ = bq +[b[
sarebbe un multiplo di b minore o uguale ad a, e pertanto sarebbe un elemento
di T maggiore di m = maxT e ci assurdo. Dimostriamo inne lunicit di q
ed r. Supponiamo esistano anche q
t
ed r
t
interi tali che a = q
t
b + r
t
con r
t
r
(analogamente se fosse r
t
r). Si ottiene (q q
t
)b = r
t
r con 0 r
t
r < [b[ da
cui segue dapprima q = q
t
e poi r = r
t
.
MCD di due interi
Denizione 1.5.3. Dati a, b Z non entrambi nulli, un intero d Z si dice
massimo comune divisore di a e b se:
(1) d [ a e d [ b;
(2) se d
t
[ a e d
t
[ b allora d
t
[ d.
Si osservi che se d massimo comune divisore di a e b anche d lo . In pratica
in Z il massimo comune divisore denito a meno del segno; per convenzione, in
Z si sceglie sempre come massimo comune divisore di due interi a, b non entrambi
nulli quello positivo. Di conseguenza in Z il massimo comune divisore davvero il
5. I NUMERI INTERI. LA DIVISIONE EUCLIDEA. MCD DI DUE INTERI. 20
massimo (nel senso dellordinamento naturale di Z) dei divisori comuni di a, b. Il
massimo comune divisore di a e b si indica con MCD(a, b).
Denizione 1.5.4. Due interi a, b tali che MCD(a, b) = 1 si dicono coprimi,
o relativamente primi fra loro.
Il seguente teorema prova lesistenza del massimo comune divisore tra due interi
non entrambi nulli e ne fornisce una scrittura nota come identit di Bzout.
Teorema 1.5.5. Siano a, b Z non entrambi nulli, allora in Z esiste il
massimo comune divisore di a e b. Se d = MCD(a, b) allora d = ha + kb con
h, k Z.
Dimostrazione. Consideriamo linsieme S = s [ s = ax +by con x, y Z.
Poich (a, b) ,= (0, 0), linsieme S contiene qualche elemento non nullo e se s =
ax + by sta in S, allora anche s = a(x) + b(y) sta in S. Ci signica che S
contiene sempre qualche intero positivo ed un sottoinsieme non vuoto dellinsieme
dei numeri naturali e perci in S esiste un intero positivo minimo, questo elemento
minimo sia d = ah+bk. Dimostriamo che d il MCD(a, b); infatti per la divisione
euclidea si ha a = dq + r con 0 r < d e perci r = a dq = a (ah + bk)q =
a(1 hq) + b(kq). Se r ,= 0 allora r S con 0 < r < d contro lipotesi di
minimalit fatta su d e pertanto, per non avere un assurdo, r = 0 ossia d divide
a. Procedendo in modo analogo si ha anche che d divide b ossia d un divisore
comune di a e b. Se anche z un divisore comune di a e b si ha z[d perch posto
a = mz e b = nz risulta d = ah+bk = mzh+nzk = (mh+nk)z. Rimane pertanto
dimostrato che d il massimo comune divisore di a e b.
Si osservi che la scrittura del massimo comune divisore d di due interi a e b nella
forma d = ha +kb non unica. Ad esempio, 1 = 3 7 +(4) 5 = (2) 7 +3 5.
Il prossimo corollario fornisce un algoritmo per il calcolo eettivo del MCD(a, b),
inoltre permette di determinare una sua scrittura come identit di Bzout.
Corollario 1.5.6. ALGORITMO Euclideo
Siano dati a, b Z, a b > 0. Operiamo le seguenti divisioni:
a = bq
1
+r
1
0 < r
1
< b
b = r
1
q
2
+r
2
0 < r
2
< r
1
r
1
= r
2
q
3
+r
3
0 < r
3
< r
2

r
n3
= r
n2
q
n1
+r
n1
0 < r
n1
< r
n2
r
n2
= r
n1
q
n
+r
n
0 < r
n
< r
n1
r
n1
= r
n
q
n+1
+0
5. I NUMERI INTERI. LA DIVISIONE EUCLIDEA. MCD DI DUE INTERI. 21
Allora MCD(a, b) = r
n
(ultimo resto non nullo).
Il procedimento deve certamente avere termine (in meno di b passi) perch b >
r
1
> r
2
> . . . una successione strettamente decrescente di interi positivi. Ora,
dallultima divisione si ha che r
n
[ r
n1
per cui MCD(r
n
, r
n1
) = r
n
. Andando dal
basso verso lalto, si ha r
n
[ r
n2
, inoltre c [ r
n
, c [ r
n1
se e solo se c [ r
n1
, c [ r
n2
.
Quindi MCD(r
n1
, r
n2
) = MCD(r
n
, r
n1
) = r
n
. Proseguendo verso lalto si ha
r
n
= MCD(a, b).
Nota 1.5.7. Le relazioni dellalgoritmo euclideo orono un modo per scrivere
il MCD(a, b) nella forma a + b, ossia danno una identit di Bzout. Poich
MCD(a, b) = r
n
, basta far vedere che tutti i resti delle divisioni si possono scrivere
come combinazioni di a e b. Per il corollario 1.5.6. si ha
r
1
= a bq
1
r
2
= b r
1
q
2

r
i+2
= r
i
r
i+1
q
i+2

Risulta r
2
= br
1
q
2
= b(abq
1
)q
2
= (q
2
)a+(1+q
1
q
2
)b ossia r
1
e r
2
si scrivono
come combinazione di a e b. Supposto allora che r
i
e r
i+1
si possano scrivere come
combinazione di a e b, si ha che r
i+2
si pu scrivere come combinazione di a e b.
Ma allora ogni resto si pu scrivere nel modo richiesto, e in particolare r
n
che il
massimo comune divisore.
Esempio. Si determini una identit di Bzout per il MCD(3522, 321). Si ha
3522 = 321 10 + 312
321 = 312 1 + 9
312 = 9 34 + 6
9 = 6 1 + 3
6 = 3 2 + 0
Risulta MCD(3522, 321) = 3. Rappresentiamo una combinazione lineare di a e b
scrivendo solo la coppia dei suoi coecienti, ossia
a +b (, )
e deniamo nellinsieme delle coppie le seguenti operazioni:
(, ) + (
t
,
t
) = ( +
t
, +
t
),
(, ) = ( , )
5. I NUMERI INTERI. LA DIVISIONE EUCLIDEA. MCD DI DUE INTERI. 22
per ogni , , ,
t
,
t
Z. In questo modo i passaggi che portano alla identit di
Bzout sono i seguenti
r
1
= 312 = a +b (10) (1, 0) + (0, 1)(10) = (1, 10)
r
2
= 9 = b + 312 (1) (0, 1) + (1, 10)(1) = (1, 11)
r
3
= 6 = 312 + 9 (34) (1, 10) + (1, 11)(34) = (35, 384)
r
4
= 3 = 9 + 6 (1) (1, 11) + (35, 384)(1) = (36, 395).
Quindi
3 = (36) 3522 + (395) 321.
Considerati a, b, c Z, il seguente teorema d una condizione necessaria e
suciente perch lequazione ax + by = c, detta equazione diofantea, ammetta
soluzioni intere.
Teorema 1.5.8. Lequazione ax + by = c con a, b, c Z, possiede una
soluzione intera (x, y) se e solo se MCD(a, b) = d divide c.
Dimostrazione. Sia ( x, y) una soluzione intera dellequazione. Allora, poich
il MCD(a, b) divide sia a che b, esso divider anche il primo membro dellequazione
e quindi anche c.
Viceversa, supponiamo che d divida c. Scriviamo d nella forma d = a + b.
Allora, essendo c = d h, sar
c = ha +hb
cio ( x = h, y = h) rappresenta una soluzione intera dellequazione.
Ad esempio
2x + 5y = 3
risolubile in Z perch MCD(2, 5) = 1 divide 3. Poich 1 = (2)2 + (1)5, si ha
3 = (6)2+(3)5. Una soluzione intera dellequazione considerata quindi (6, 3).
Si osservi che tale soluzione non unica. Ad esempio unaltra soluzione intera
dellequazione (9, 3).
Lidentit di Bzout dimostrata nel teorema 1.5.5 fornisce anche un metodo
per risolvere i sistemi di congruenze.
Teorema 1.5.9 (Teorema cinese del resto).
Siano a, b, c, d Z con MCD(a, b) = 1. La coppia di congruenze
_
x c mod a
x d mod b
5. I NUMERI INTERI. LA DIVISIONE EUCLIDEA. MCD DI DUE INTERI. 23
ha una soluzione intera che unica mod ab.
Dimostrazione. Poich MCD(a, b) = 1, esistono due interi r ed s tali che
1 = ra +sb (identit di Bzout)
c d = (c d) 1 = (c d)ra + (c d)sb.
Posto = (c d)r e = (c d)s, si ha c d = a +b da cui c a = d +b.
Posto x = c a = d +b Z, risulta x c (mod a) e x d (mod b).
Lintero x quindi una soluzione del sistema dato. Verichiamo ora che x
denito a meno di multipli di ab. Infatti se x unaltra soluzione, si ha
x x 0 (mod a) da cui x x = na
x x 0 (mod b) da cui x x = mb
per qualche m, n Z, e perci na = mb. Poich b primo con a, lintero b deve
dividere n ossia esiste k Z tale che n = kb e pertanto x x = na = kab.
Esempio 1.5.10. Discutere e risolvere il sistema
_
x 3 mod 11
x 2 mod 6
Poich MCD(11, 6) = 1, il sistema ha soluzione. Da 1 = (1) 11 + 2 6
ragionando come nella dimostrazione del teorema cinese del resto, si ha:
(32) = (32) 1 = (32) (11) +(32) 12, 32 = 11+12, 3+11 =
12 + 2 = 14.
Allora x = 14 la soluzione del sistema dato, denita a meno di multipli di 66.
Il teorema cinese pu essere generalizzato al caso di n congruenze nel senso
seguente.
Corollario 1.5.11. Se m
1
, m
2
, ..., m
n
sono numeri interi a due a due primi
fra loro e se a
1
, a
2
, ..., a
n
sono interi qualsiasi, allora il sistema di congruenze
_
_
_
x a
1
mod m
1

x a
n
mod m
n
ammette soluzione. Inoltre se x e x sono due soluzioni, allora x x mod M con
M = m
1
m
2
... m
n
.
5. I NUMERI INTERI. LA DIVISIONE EUCLIDEA. MCD DI DUE INTERI. 24
Nota Storica. Il precedente teorema noto come Teorema cinese del resto
perch nel I

(o III

?) sec. d. C. lo scrittore-matematico cinese Sun-Tse pose il


seguente quesito che fu in seguito ripubblicato in un libro del 1247 scritto da Qin
Jiushao.
Quale numero diviso per 3, per 5, per 7 d come resti 2, 3, 2?
Il problema, in termini moderni, si pu cos riformulare :
Quale numero x (se esiste) soddisfa le relazioni
_
_
_
x 2 mod 3
x 3 mod 5
x 2 mod 7
Nel testo cinese compaiono le soluzioni 23 e 758. Il Teorema e il corollario prece-
dente ci assicurano che le soluzioni sono innite perch sono tutti i numeri congrui
a 23 modulo 105, ad esempio 23, 128, 233, 338, 443, 548, 653, 758, . . . .
Dimostriamo inne un altro teorema fondamentale per la divisibilit in Z.
Teorema 1.5.12. Dati due interi a, b Z, se a relativamente primo con b
e a [ bc allora a [ c.
Dimostrazione. Poich MCD(a,b)=1 esistono due interi m, n tali che ma +
nb = 1 e pertanto mac +nbc = c. Da a [ bc si ha bc = ha e pertanto mac +nbc =
mac+nha = a(mc+nh) ossia a [ mac+nbc; ricordando che mac+nbc = c rimane
dimostrato che a [ c.
Ovviamente il teorema precedente si generalizza nel senso che se un numero
primo divide un prodotto di interi allora divide almeno uno dei fattori.
Teorema 1.5.13. Comunque presi a, b Z non entrambi nulli risulta
MCD(a, b) mcm(a, b) = a b
dove mcm(a, b) indica il minimo comune multiplo di a e b.
Dimostrazione. Per la dimostrazione suciente considerare gli interi posi-
tivi. Siano a, b N non entrambi nulli; sia d = MCD(a, b) e sia M = m.c.m.(a, b).
Dalle denizioni di MCD e di m.c.m. segue, rispettivamente, che
a = dx , b = dy con MCD(x, y) = 1;
M = az = bw con MCD(z, w) = 1.
Da az = bw segue (dx)z = (dy)w da cui xz = yw e poich x primo con y si ha
che x divide w e anche che w divide x perch w primo con z e pertanto x = w
da cui segue anche z = y. Da a = dx e M = bw = bx si ottiene
MCD(a, b) m.c.m.(a, b) = dM = dbx = dxb = ab.
6. NUMERI PRIMI. IL TEOREMA FONDAMENTALE DELLARITMETICA. 25

Nota 1.5.14. La propriet dimostrata nel teorema precedente


(1) permette di calcolare facilmente il minimo comune multiplo noto il mas-
simo comune divisore che, come visto, anche per grandi numeri si calcola
facilmente con lalgoritmo euclideo;
(2) non vale se si considerano a, b, c N

. Infatti, in generale, si ha
MCD(a, b, c) mcm(a, b, c) ,= a b c.
Ad esempio se a = 2, b = 10, c = 42 si ha MCD(6, 10, 42) = 2, m.c.m.(6, 10, 42) =
210 e risulta 2 210 ,= 6 10 42.
6. Numeri primi. Il teorema fondamentale dellaritmetica.
Denizione 1.6.1. Un numero p Z

si dice primo se p ,= 1 e p non ha


divisori propri.
Poich in una scomposizione in fattori il segno meno
tt
-
tt
non inuisce, per
convenzione quando si parla di numeri primi si intende numeri maggiori di 1.
I numeri primi hanno da sempre esercitato un grande
tt
fascino
tt
e n dallan-
tichit i matematici si sono interrogati sulla loro esistenza e come determinarli.
Tuttora, pur con laiuto dei calcolatori, i problemi relativi ai numeri primi riman-
gono fra i pi dicili da arontare. Gi nel libro IX degli Elementi di Euclide
viene riportato che i numeri primi sono inniti.
Teorema 1.6.2 (Teorema di Euclide). Esistono inniti numeri primi.
Dimostrazione. Se i numeri primi fossero in numero nito, siano p
1
, p
2
, ..., p
n
.
Consideriamo allora il numero P = p
1
p
2
...p
n
+ 1 . Per il teorema 1.5.1. gli interi
p
1
, p
2
, ..., p
n
non dividono P e pertanto il numero P deve essere un numero primo
e quindi dovrebbe coincidere con uno dei p
1
, p
2
, ..., p
n
e ci assurdo.
Il teorema di Euclide assicura che i numeri primi sono inniti; la loro distribu-
zione per molto irregolare : lunghi intervalli senza numeri primi si alternano a
coppie di primi gemelli ossia del tipo p, p+2. Non si sa se esistono innite coppie
di numeri gemelli, ma noto che per ogni n N, n > 1 c almeno un numero
primo nellintervallo [n, 2n2] mentre Chebishev ha dimostrato che nellintervallo
[n, 2n] esistono almeno due numeri primi.
6. NUMERI PRIMI. IL TEOREMA FONDAMENTALE DELLARITMETICA. 26
Rimane tuttora aperta la Congettura di Goldbach secondo la quale ogni nu-
mero pari maggiore di 3 somma di due numeri primi mentre stato dimostrato
che ogni numero dispari maggiore di 5 somma di tre numeri primi.
Ancora dopo millenni, lo studio dei numeri primi importante non solo per
il suo intrinseco valore teorico-matematico, ma per il ruolo fondamentale che i
numeri primi giocano in crittograa e, in particolare, per la loro applicazione nei
sistemi crittograci asimmetrici.
Il prossimo teorema assicura che ogni intero si pu esprimere, e in modo unico,
come prodotto di numeri primi nel senso seguente. Per ogni intero a ,= 0, 1
esistono numeri primi p
1
, ..., p
k
tali che a = p
1
... p
k
e se p
1
... p
k
= q
1
... q
s
con q
1
, ..., q
s
numeri primi, allora s = k e dopo una opportuna permutazione dei
numeri primi si ha p
1
= q
1
, ..., p
k
= q
k
.
Teorema 1.6.3 (Teorema Fondamentale dellaritmetica). Tutti i numeri in-
teri a Z 0, 1, 1 hanno una fattorizzazione unica in prodotto di numeri
primi.
Dimostrazione. Esistenza: suciente dimostrare il caso di a > 0; sia
dunque a ,= 0 e a Z
+
1. Procediamo per induzione su a. Se a = 2 il
teorema vero perch 2 un numero primo. Supponiamo a > 2 . Se a primo il
teorema ovviamente vero. Se a non primo esistono b, c Z tali che a = bc e
1 < b < a, 1 < c < a. Per lipotesi induttiva, sia b che c sono prodotti di numeri
primi essendo entrambi maggiori di 1 e minori di a. Rimane pertanto dimostrato
lesistenza della fattorizzazione di a in prodotto di numeri primi.
Unicit: supponiamo che a = p
1
... p
n
= q
1
... q
s
siano due fattorizzazioni
di a in prodotto di numeri primi. Procediamo per induzione su n. Se n = 1, si
ha p
1
= q
1
... q
s
che implica s = 1 perch p
1
primo. Supponiamo ora n > 1.
Allora p
1
divide il prodotto q
1
... q
s
e quindi divide uno dei fattori, supponiamo
divida q
1
. Poich q
1
primo, si conclude che q
1
= p
1
. Semplicando si ottiene
p
2
... p
n
= q
2
... q
s
. Poich lelemento a

= p
2
... p
n
prodotto di un numero
di primi inferiore ad n, per lipotesi di induzione si ha che la sua fattorizzazione
unica a meno di permutazione dei fattori, ossia s = n e q
2
= p
2
, ..., q
s
= p
n
.
Teorema 1.6.4. Sia p un numero primo; per ogni x, y Z si ha
(x +y)
p
x
p
+y
p
(mod p)
Dimostrazione. Osserviamo che per ogni 0 < k < p, il numero p divide il
coeciente binomiale
_
p
k
_
=
p!
k! (p k)!
.
6. NUMERI PRIMI. IL TEOREMA FONDAMENTALE DELLARITMETICA. 27
Poich (x + y)
p
= x
p
+

p1
k=1
(
_
p
k
_
x
pk
y
k
+ y
p
, il teorema vale perch
dallosservazione precedente segue che la sommatoria un multiplo di p.
Corollario 1.6.5. Sia p un numero primo; per ogni x, y Z e per ogni s N
si ha
(x +y)
p
s
x
p
s
+y
p
s
(mod p)
Dimostrazione. Ricordando che da a b (mod n) e c d (mod n) segue
ac bd (mod n), poich (x +y)
p
s
= (x +y)
p
s1
(x +y)
p
, dal teorema precedente,
per induzione su s segue la tesi.
Teorema 1.6.6 (Piccolo Teorema di Fermat (1601-1665)). Sia p un numero
primo. Allora
a
p
a (mod p) per ogni numero intero a.
Dimostrazione. Per dimostrare il teorema supponiamo dapprima a 0 e
usiamo linduzione. Se a = 0 ovvio. Supponiamo lasserto vero per a > 0 e
dimostriamo che vale per a +1 ossia dimostriamo che (a +1)
p
(a +1) (mod p).
Per il teorema precedente (a + 1)
p
a
p
+ 1 (mod p), e poich, per lipotesi
induttiva, a
p
a (mod p), si conclude (a + 1)
p
(a + 1) (mod p).
Supponiamo ora a < 0. Per il teorema precedente si ha 0 0
p
(a+(a))
p

a
p
+(a)
p
(mod p), ma per quanto dimostrato sopra per gli interi positivi, essendo
a > 0 si ha (a)
p
a (mod p) e pertanto 0 a
p
+ (a)
p
a
p
+ (a)
a
p
a (mod p); dunque rimane dimostrato lasserto anche per a < 0.
Si osservi che gi in questa breve esposizione, pi volte si sono considerati
numeri interi coprimi fra loro. E quindi evidente limportanza della funzione di
seguito denita.
Denizione 1.6.7. Sia la funzione in N

denita da (1) = 1 e, per ogni


n > 1, da (n) uguale al numero dei numeri naturali k coprimi con n e tali che
1 k < n. Questa funzione nota come funzione di Eulero.
Il piccolo teorema di Fermat un caso particolare del seguente teorema dovuto
ad Eulero (1707 1783).
Teorema 1.6.8 (Teorema di Eulero-Fermat). Siano a ed m due interi primi
fra loro e tali che a > 1, m > 1. Indicata con la funzione di Eulero, si ha che
a
(m)
1 mod m.
Dimostrazione. Per la dimostrazione si rinvia al testo Aritmetica e Algebra
di D. Dikranjan e M. S. Lucido, pag. 77.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 28
7. Insiemi niti e inniti. Cardinalit.
Sono gli studi compiuti alla ne del XIX secolo che portano a formalizzare le
nozioni di insieme nito e di insieme innito. Come prevedibile la denizione di
insieme innito quella che crea pi dicolt e che apre nuovi scenari nellambito
degli insiemi. Fra i matematici che pi di altri si sono dedicati a questi studi,
gurano Cantor (1845-1918) e Dedekind (1831-1916).
Denizione 1.7.1. Un insieme A nito se A vuoto oppure esistono un
numero naturale n > 0 e una biezione f : 1, 2, ..., n A. In questultimo caso
si dice che A ha cardinalit n e si scrive [A[ = n; se A = si pone [[ = 0.
Denizione 1.7.2. Un insieme A
(1) innito se A non nito.
(2) innito nel senso di Dedekind se esiste unapplicazione iniettiva
f : N A.
(3) innito nel senso di Cantor se esiste unapplicazione iniettiva ma
non suriettiva f : A A (ossia una biezione di A in un suo sottoinsieme
proprio).
Perch tante denizioni? La denizione di un concetto deve essere unica!
Il
tt
linguaggio
tt
dipende dallapproccio con cui si aronta largomento, in realt la
denizione una sola nel senso che vale il seguente teorema.
Teorema 1.7.3. Per un insieme A le seguenti tre aermazioni sono equivalenti.
1. A innito.
2. A innito nel senso di Dedekind.
3. A innito nel senso di Cantor.
Dimostrazione. Per la dimostrazione si rinvia al testo Aritmetica e Algebra
di D. Dikranjan e M. S. Lucido, Liguori Editore, pag. 19.
Nota 1.7.4. E importante sottolineare il fatto che il concetto di insieme in-
nito nel senso di Dedekind presume lesistenza di N, mentre quello proposto da
Cantor non fa ricorso allinsieme dei numeri naturali.
Nella presente trattazione non entreremo nel dettaglio di una denizione rigo-
rosa del concetto di numero cardinale. Porremo attenzione a come si confrontano
i numeri cardinali |A| e |B| di due insiemi.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 29
Denizione 1.7.5. Si dice che gli insiemi A e B sono equipotenti, ossia hanno
lo stesso numero di elementi e scriveremo [A[ = [B[, se esiste una biezione A B.
In generale: [A[ [B[ se esiste unapplicazione iniettiva A B. Scriveremo
[A[ < [B[ se vale [A[ [B[ ma non vale [B[ [A[.
Teorema 1.7.6 (Principio di Dirichelet (1805-1859)). Se A e B sono insiemi
niti con [A[ > [B[, allora non esiste nessuna applicazione iniettiva di A B.
Dimostrazione. Siano n = [A[, m = [B[, m < n. Senza ledere in generalit
possiamo supporre A = 1, 2, ..., n e B = 1, 2, ..., m. Inoltre da m < n
segue m + 1 n. Essendo la restrizione di unapplicazione iniettiva ancora
unapplicazione iniettiva, possiamo supporre A = 1, 2, ..., m+1 e pertanto basta
dimostrare per induzione su m che non esiste unapplicazione iniettiva di A =
1, 2, ..., m+1 in B = 1, 2, ..., m. Per m = 1 lasserto vero. Supponiamo che
sia vero per qualche m N e supponiamo per assurdo che esista unapplicazione
iniettiva f di A = 1, 2, ..., m + 2 in B = 1, 2, ..., m + 1. Se m + 1 , f(A),
esiste unapplicazione iniettiva 1, 2, ..., m + 2 1, 2, ..., m che ristretta ad
1, 2, ..., m + 1 contraddice lipotesi induttiva, pertanto esiste k A tale che
f(k) = m+ 1. Sia g : A A lapplicazione denita da
g(x) =
_
_
_
x se x A e x ,= k, m+ 2
m+ 2 se x = k
k se x = m+ 2
Allora g biettiva e h = f g : A B unapplicazione iniettiva con
h(m + 2) = m + 1. Pertanto la restrizione di h allinsieme 1, 2, ..., m + 1
unapplicazione iniettiva di 1, 2, ..., m + 1 in 1, 2, ..., m e ci assurdo.
E con il seguente teorema di Cantor che si dimostr che il numero degli elemen-
ti dellinsieme dei numeri naturali strettamente inferiore del numero degli
elementi dellinsieme dei numeri reali.
Teorema 1.7.7 (Teorema di Cantor). Sia A un insieme non vuoto; non
esiste unapplicazione suriettiva f : A P(A).
Dimostrazione. Supponiamo che esista unapplicazione f : A P(A) su-
riettiva . Sia X = x A [ x , f(x). Allora, poich X P(A), per la
suriettivit di f esiste x
0
A con f(x
0
) = X. Dimostriamo che per x
0
non val-
gono n x
0
X , n x
0
, X . Infatti se x
0
X , allora x
0
, f(x
0
) = X per
la denizione di X e ci assurdo. Se x
0
, X allora x
0
f(x
0
) = X e ci
assurdo.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 30
Anche i prossimi due teoremi sono fondamentali nella teoria della cardinalit,
in questa trattazione riportiamo solo gli enunciati rinviando al testo Aritmetica e
Algebra di D. Dikranjan e M. S. Lucido (pagg. 33-34) per la loro dimostrazione.
Teorema 1.7.8 ( Teorema di Cantor-Bernstein ). Siano S e T due insiemi
non vuoti. Se esistono S T e T S applicazioni iniettive, allora esiste anche
unapplicazione biettiva S T.
La prima dimostrazione rigorosa di questo teorema fu data da Bernstein nel
1897.
Teorema 1.7.9 ( Teorema di Hartogs (1874-1943)). Siano S e T due insiemi
non vuoti. Allora esiste unapplicazione iniettiva S T oppure unapplicazione
iniettiva T S.
Il Teorema di Hartogs assicura che per due insiemi S e T si ha [S[ [T[ oppure
[T[ [S[. In altre parole, i numeri cardinali sono sempre confrontabili.
Il Teorema di Cantor- Bernstein assicura inoltre che, se si ha contemporanea-
mente [S[ [T[ e [T[ [S[ allora [S[ = [T[.
Abbiamo dimostrato (Teorema di Cantor 1.7.7) che [A[ < [P(A)[, questo
permette di trovare degli insiemi di cardinalit sempre pi grandi.
Denizione 1.7.10. Un insieme A si dice numerabile se [A[ = [N[, con N
insieme dei numeri naturali. Il numero cardinale innito [N[ si denota con
0
e si
legge alef con zero.
(aleph la lettera dellalfabeto ebraico)
Teorema 1.7.11. Linsieme N N numerabile.
Dimostrazione. Consideriamo lapplicazione f : N N N denita da
f(m, n) = 2
m
(2n + 1) 1.
Lapplicazione f iniettiva; infatti supposto f(m, n) = f(r, s) si ha che se f(m, n)
pari allora m = 0 = r e n = f(m, n)/2 = f(r, s)/2 = s; se f(m, n) dispari
allora m ed n sono univocamente determinati da f(m, n)+1. Inoltre f suriettiva
perch se a N pari, allora a = f(0, a/2). Se a dispari allora a + 1 = 2
r
q con
r 1, q 1, q dispari; sia n =
q 1
2
e m = r. Si ha f(r,
q 1
2
) = 2
r
(2
q 1
2
+
1) 1 = 2
r
q 1 = a. Dunque f biettiva e [N N[ = [N[ =
0
.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 31
Teorema 1.7.12 (Teorema fondamentale di Cantor sul numerabile). Lu-
nione di un numero nito oppure di una innit numerabile di insiemi niti o
numerabili un insieme di cardinalit non superiore al numerabile.
Dimostrazione. Poich un insieme nito ha cardinalit minore di quella del
numerabile, basta dimostrare che lunione H di una innit numerabile di insiemi
numerabili H
1
, H
2
, ..., H
i
, ... a due a due disgiunti ha la cardinalit del numerabile.
Supponiamo pertanto [H
i
[ =
0
per ogni i N. Elenchiamo gli elementi di
ciascun H
i
con una successione; per ogni i N poniamo H
i
= a
i1
, a
i2
, a
i3
, ..., a
ik
, ....
Disponiamo gli elementi degli insiemi H
i
incolonnandoli in base al secondo pedice
e ponendo nella riga r-esima gli elementi dellinsieme H
r
. Chiamiamo diagonale
di indice j la successione formata da j elementi a
j1
, a
(j1)2
, a
(j2)3
, ..., a
1j
(ossia
linsieme dei j elementi a
xy
tali che x+y = j +1 ordinati secondo i valori crescenti
del secondo pedice).
H
1
: a
11
a
12
a
13
...a
1k
...
H
2
: a
21
a
22
a
23
...a
2k
...
H
3
: a
31
a
32
a
33
...a
3k
...
H
4
: a
41
a
42
a
43
...a
4k
...

H
i
: a
i1
a
i2
a
i3
...a
ik
...

Un qualunque elemento a
xy
dellinsieme H =

iN
H
i
appartiene ad una ed
una sola diagonale (quella di indice j = x + y 1). Consideriamo lapplicazione
f : H N denita da f(a
xy
) = 1 + 2 + ... + (j 1) + y ( ossia allelemento a
xy
facciamo corrispondere il numero naturale che si ottiene aggiungendo y al numero
complessivo degli elementi posti sulle diagonali di indice minore di j). Dimostriamo
che lapplicazione f biunivoca. Poich [H
i
[ =
0
, certamente [H[
0
e pertanto
per dimostrare che [H[ =
0
, basta dimostrare che f iniettiva. Sia a
xy
,= a
zw
;
distinguiamo due casi.
1

caso: a
xy
e a
zw
appartengono alla stessa diagonale j.
Allora x + y = z + w = j + 1 e f(a
xy
) = 1 + 2 + ... + (j 1) + y e f(a
zw
) =
1 +2 +... +(j 1) +w. Se f(a
xy
) = f(a
zw
) allora y = w da cui segue anche x = z
(perch x +y = z +w = j + 1) ossia a
xy
= a
zw
contro lipotesi.
2

caso: a
xy
e a
zw
appartengono a diagonali diverse.
Sia x+y = j +1 e z +w = j
1
+1 con j ,= j
1
. Supponiamo j
1
> j; sia j
1
= j +k
con k N

. Allora f(a
xy
) = 1+2+...+(j1)+y e f(a
zw
) = 1+2+...+(j
1
1)+w.
Poich x+y = j +1 e x 1, si ha y j e pertanto f(a
xy
) 1+2+... +(j 1) +j
mentre f(a
zw
) = 1 +2 +... +(j
1
1) +w = 1 +2 +... +j +... +(j +k 1) +w >
1 + 2 +... +j. Risulta dunque f(a
xy
) < f(a
zw
) da cui f(a
xy
) ,= f(a
zw
) e pertanto
f iniettiva.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 32
Nota 1.7.13.
Georg Cantor, fondatore della teoria degli insiemi, il 7 dicembre 1873
dimostr che linsieme dei numeri reali non numerabile.
La cardinalit dellinsieme 1 dei numeri reali detta cardinalit del
continuo e si denota con C e come dimostrato nel teorema seguente, essa
coincide con la cardinalit dellinsieme P(N) delle parti di N.
In generale si pone 2
[A[
= [2
A
[ = [P(A)[ con P(A) insieme delle parti di
A; per il teorema di Cantor (teorema 1.7.7) si ha sempre 2
[A[
> [A[.
Teorema 1.7.14. La cardinalit del continuo coincide con la cardinalit di
P(N).
Dimostrazione. Consideriamo la denizione dei numeri reali secondo Dede-
kind. Ogni numero reale r corrisponde ad una partizione = 1
1
1
2
con la
propriet x < y per ogni x 1
1
ed ogni y 1
2
(la coppia (1
1
, 1
2
)) di insiemi di
numeri razionali detta sezione di Dedekind. Poich la partizione completamente
determinata dallinsieme 1
1
, la corrispondenza r 1
1
denisce unapplicazione
iniettiva di 1 in P(). Poich P() equipotente a P(N), rimane provato che
[1[ [P(N)[. Daltra parte P(N) equipotente allinsieme 2
N
delle applicazioni
N 0, 1 ossia allinsieme delle successioni (a
n
) ad elementi in 0, 1. De-
niamo unapplicazione f : 2
N
1 che ad (a
n
) f corrispondere il numero reale

n=1
a
n
2
n
. Sia C il sottoinsieme di 2
N
delle successioni che sono denitivamente
costanti, ossia delle successioni per le quali esiste n
0
tale che a
n
costante per tutti
gli n n
0
. Lapplicazione f ristretta al complemento C
t
di C in 2
N
iniettiva e
quindi [C
t
[ [1[. Poich [2
N
[ > [N[ = [C[, si ha [C
t
[ = [2
N
[. Poich [C
t
[ = [P(N)[
si ha [P(N)[ [1[. Per Teorema di Cantor-Bernstein si conclude [1[ = [P(N)[.
8. Esercizi relativi al Capitolo 1
Esercizio 1.8.1.
Nellinsieme N dei numeri naturali si considerino i sottoinsiemi A e B sottoindi-
cati e si determinino A B, A B, A B, B A.
(1) A = x N [ x divide 12, B = y N [ y divide 18.
(2) A = x N [ 6 divide x, B = y N [ y divide 50.
(3) A = x N [ 6 divide x, B = y N [ 8 divide y.
Soluzione
(1) A B = 1, 2, 3, 6, A B = 1, 2, 3, 4, 6, 9, 12, 18, A B = 4, 12,
B A = 9, 18.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 33
(2) A B = , A B = x N [ x divide 50 oppure x = 6h, h N,
A B = A, B A = B.
(3) A B = x N [ x = 24h, h N, A B = x N [ x = 6h oppure x =
8h, h N, A B = x N [ x = 6h, h N, h ,= 2
r
, r 2, B A =
x N [ x = 8h, h ,= 3k, k N.
Esercizio 1.8.2.
Siano A, B, C sottoinsiemi di un insieme S. Si dimostri che
(1) A = B se e solo se A B = A B.
(2) A B C se e solo se A B = B C.
Soluzione
(1) Se A = B ovvio che AB = AB = A = B. Viceversa se AB = AB
allora per ogni x A si ha x A B e dunque x A B e pertanto
x B ossia A B. Analogamente per ogni x B risulta x A e
pertanto B A. Si conclude A = B.
(2) Si procede come per (1) esaminando i vari casi.
Esercizio 1.8.3.
Si considerino due insiemi S e T e sia f unapplicazione di S in T. In ciascuno
dei casi seguenti, si stabilisca se f unapplicazione iniettiva, suriettiva o biettiva.
Si indichi linsieme delle controimmagini di ogni elemento t T. Nel caso in cui
f sia biettiva trovare lapplicazione inversa.
(1) S = 1, T = t 1 [ t 0, f(s) = s
2
per ogni s S.
(2) S = T = s 1 [ s 0, f(s) = s
2
per ogni s S.
(3) S = T = Z, f(s) = s
2
per ogni s S.
(4) S = T = Z, f(s) = 2s per ogni s S.
(5) S = T = 1

, f(s) = 2s + 1 per ogni s S.


(6) S = T = 1

, f(s) =
1
s
per ogni s S.
(7) S = 1

, T = 1, f(s) =
1
s
per ogni s S.
(8) S = 1

, T = 1

+
, f(s) = [s[ per ogni s S.
Soluzione
(1) f suriettiva, f non iniettiva, la controimmagine di t f
1
(t) =

t.
(2) f biettiva, f
1
(s) =

s.
(3) f non iniettiva, f non suriettiva, se z f(Z) allora f
1
(z) =

z.
(4) f iniettiva, f non suriettiva, se z f(Z) allora f
1
(z) =
z
2
.
(5) f iniettiva, f non suriettiva, se r f(1

) allora f
1
(r) =
r1
2
.
(6) f biettiva, f
1
(r) =
1
r
.
(7) f iniettiva, f non suriettiva, se r f(1

) allora f
1
(r) =
1
r
.
(8) f suriettiva, f non iniettiva, la controimmagine di r f
1
(r) = r.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 34
Esercizio 1.8.4.
Si considerino le applicazioni f e g di in denite da f(x) = x
2
1 per ogni
x , g(y) =
1
y
per ogni y , y ,= 0 e g(0) = 0. Si descrivano le applicazioni
f, g, f g, g f precisando se sono iniettive, suriettive o biettive.
Soluzione
f non iniettiva, non suriettiva.
g biettiva e g
1
= g.
f g(x) = f(g(x)) = f(
1
x
) =
1
x
2
1 per x ,= 0 e f g(0) = f(g(0)) =
f(0) = 1. Lapplicazione non iniettiva, non suriettiva.
g f(x) = g(f(x)) = g(x
2
1) =
1
x
2
1
per x ,= 1 e g f(1) = g(f(1)) =
g(0) = 0. Lapplicazione non iniettiva, non suriettiva.
Esercizio 1.8.5.
Sia ' una relazione denita nellinsieme S. In ciascuno dei casi sottoindicati
si stabilisca se ' di equivalenza e, qualora lo sia, si determinino le classi di
equivalenza.
(1) S = N, a ' b se e solo se a divide b.
(2) S = 1
+
, a ' b se e solo se esiste n N tale che a = b
n
.
(3) S = N N; (a, b) ' (c, d) se e solo se a +d = c +b.
Soluzione
(1) ' non di equivalenza.
(2) ' non di equivalenza.
(3) ' di equivalenza. Le classi di equivalenza sono
[(0, n)] = (x, n + x) [ x N e [(n, 0)] = (x + n, x) [ x N al variare
di n in N.
Esercizio 1.8.6.
Dimostrare che le seguenti relazioni sono di equivalenza e determinare le classi di
equivalenza.
(1) In Z
+
Z
+
si consideri la relazione (a, b) ' (c, d) se ad = bc.
(2) In si consideri la relazione x ' y se xy un quadrato.
Soluzione
(1) Considerato 0 , Z
+
, le classi di equivalenza sono [(a, b)] = (x,
b
a
) [ x
Z
+
.
(2) Le classi di equivalenza sono [a]ah
2
[ h .
Esercizio 1.8.7.
Dimostrare che le seguenti relazioni non sono di equivalenza. Vericare di quali
propriet godono fra le propriet riessiva, simmetrica, transitiva, antisimmetrica.
(1) In si studi la relazione x ' y se x + 3y = 12.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 35
(2) In 1
+
si studi la relazione x ' y se esiste un intero positivo n tale che
x = y
n
.
Soluzione
(1) Valgono la propriet transitiva e la propriet antisimmetrica. Non valgono
la propriet riessiva e la propriet simmetrica.
(2) Valgono la propriet riessiva, la propriet transitiva e la propriet anti-
simmetrica. Non vale la propriet simmetrica.
Esercizio 1.8.8.
Dimostrare che ' una relazione di equivalenza in A se e solo se valgono le
seguenti due propriet:
1. a ' a per ogni a A.
2. Se a ' b, b ' c allora c ' a.
Soluzione - Se a ' b allora, poich per 1. si ha b ' b, per 2. si ha che da a ' b e
b ' b segue b ' a ossia vale la propriet simmetrica. Dimostriamo che vale anche
la propriet transitiva: sia a ' b e b ' c, allora per 2. si ha c ' a e inne per la
propriet simmetrica si ha a ' c.
Esercizio 1.8.9.
Dimostrare che in N

la relazione n ' m n divisibile per m, una relazione


di ordine parziale.
Soluzione - Vale la propriet riessiva, infatti n ' n per ogni n N essendo n
divisibile per se stesso. Vale la propriet antisimmetrica, infatti se a ' b e b ' a
allora a = hb e b = ka con h, k N

e pertanto da a = hka segue h = k = 1 e


dunque a = b. Vale la propriet transitiva, infatti se a ' b e b ' c si ha a = hb,
b = kc con h, k N

, da cui segue a = hkc e pertanto a ' c.


Esercizio 1.8.10.
Dimostrare che linsieme N
p
dei numeri primi numerabile.
Soluzione - Poich N
p
N si ha [N
p
[ [N[ =
0
inoltre, come dimostrato nel
teorema 1.6.2., i numeri primi sono inniti e pertanto si pu costruire la biezione
f : N
p
N denita ponendo 2 0, 3 1, 5 2, 7 3, 11 4, ...; f iniettiva
per costruzione ed anche suriettiva perch comunque preso n N, essendo N
p
innito esiste p N
p
tale che f(p) = n.
Esercizio 1.8.11.
Dimostrare per induzione su n che la somma dei primi n numeri interi positivi
n(n+1)
2
.
Soluzione - Per n = 2 la propriet vericata perch 1+2 = 3 ed anche
2(2+1)
2
= 3.
Supponiamo che sia 1 + 2 + ... + n =
n(n+1)
2
e dimostriamo che la propriet vale
per (n + 1).
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 36
Si ha 1 +2 +... +n +(n +1) =
n(n+1)
2
+(n +1) =
n(n+1)+2(n+1)
2
=
(n+1)(n+2)
2
=
(n+1)[(n+1)+1]
2
.
Esercizio 1.8.12.
Dimostrare per induzione su n che 1 +x +x
2
+... +x
n
=
1x
n+1
1x
.
Soluzione - Per n = 1 la propriet vericata perch 1 + x =
(1+x)(1x)
1x
=
1x
2
1x
.
Supponiamo che la propriet sia vera per n e dimostriamo che vale per n + 1. Si
ha
1 +x +x
2
+... +x
n
+x
n+1
=
1x
n+1
1x
+x
n+1
=
1x
n+1
+x
n+1
x
n+2
1x
=
1x
n+2
1x
.
Esercizio 1.8.13.
Linsieme Z dei numeri interi relativi numerabile.
Soluzione - Da [N
+
[ = [N

[ =
0
, poich Z = N
+
N

0, per il teorema
fondamentale sul numerabile (teorema 1.7.12) risulta [Z[ =
0
.
Esercizio 1.8.14.
Linsieme Z
2
= Z Z numerabile.
Soluzione - Ad ogni coppia (a, b) associamo il numero naturale h = [a[ + [b[
detto altezza della coppia. Indichiamo con H
h
linsieme delle coppie aventi altezza
h. Ogni elemento di Z Z appartiene ad esattamente un insieme H
h
. Per come
denito H
h
, risulta ZZ =

hN
H
h
ossia ZZ unione di una innit numerabile
di insiemi niti e pertanto per il teorema fondamentale sul numerabile (teorema
1.7.12) si ha [Z Z[ =
0
.
Esercizio 1.8.15.
Linsieme Z
n
numerabile.
Soluzione - Procediamo per induzione su n. Per n = 2 si ha Z
2
numerabile come
dimostrato nellesercizio 1.8.15. Sia Z
n1
numerabile, allora le (n1)-uple possono
essere messe in corrispondenza biunivoca con N : A
1
, A
2
, ..., A
j
, ... . Se A
j
=
(a
1
, a
2
, ..., a
n1
) deniamo lapplicazione f : Z
n
Z
2
che fa corrispondere alla
n-upla (a
1
, a
2
, ..., a
n1
, s) la coppia (j, s). Lapplicazione f banalmente biettiva
e pertanto [Z
n
[ = [Z
2
[ =
0
.
Esercizio 1.8.16.
Linsieme dei numeri razionali numerabile.
Soluzione 1 - Linsieme
+
in corrispondenza biunivoca con il sottoinsieme
Z
2
formato dalle coppie (p, q) con p, q interi positivi.
+
pertanto numerabile
perch non nito ed contenuto in un insieme numerabile. Ovviamente risulta
anche [

[ =
0
. Poich =
+

0, per il teorema fondamentale sul


numerabile (teorema 1.7.12) risulta [[ =
0
.
Capitolo 1 Insiemi. Relazioni. Insiemi numerici 37
Soluzione 2 - Si pu portare una dimostrazione pi diretta associando ad ogni
a
b
il numero naturale h = [a[ +[b[ detto altezza di
a
b
. Sia H
h
linsieme (nito)
degli elementi di aventi altezza h. Per ogni h N

H
h
un insieme nito e
H
h
H
k
= per h ,= k e pertanto =

hN

H
h
numerabile perch unione di
una innit numerabile di insiemi niti.
Esercizio 1.8.17.
Sia Z[x] linsieme dei polinomi a coecienti interi in una indeterminata x. Di-
mostrare che Z[x] numerabile.
Soluzione - Per ogni n N sia P
n
= a
n
x
n
+ ... + a
1
x + a
0
[ a
i
Z, a
n
,= 0
linsieme dei polinomi di Z[x] di grado n. Ad ogni polinomio di grado n facciamo
corrispondere la (n + 1)-upla (a
n
, ...a
1
, a
0
) dei suoi coecienti. La corrisponden-
za cos denita assicura che P
n
un sottoinsieme innito di Z
n+1
e quindi P
n

numerabile perch [P
n
[ [Z
n+1
[ =
0
( vedi esercizio 1.8.17). Linsieme Z[x] ri-
sulta pertanto lunione di una innit numerabile di insiemi numerabili a due a
due disgiunti e pertanto numerabile per il teorema fondamentale sul numerabile
(teorema 1.7.12) : Z[x] = P
0
P
1
P
2
... P
n
....
Esercizio 1.8.18.
Provare che linsieme di tutti i numeri reali equipotente allinsieme dei numeri
reali positivi.
Soluzione - Basta vericare che esiste una biezione fra 1 ed 1
+
. Eccone alcune:
f
1
: x e
x
, f
2
: x 2e
x
, f
3
: x 2
x
, f
4
: x 3
x
.
Esercizio 1.8.19.
Dimostrare che ogni intervallo reale (a, b) equipotente allintervallo (0, 1).
Soluzione - Sia f : (0, 1) (a, b) lapplicazione denita da f(x) = (ba)x+a per
ogni x (0, 1). Lapplicazione iniettiva, infatti se f(x
1
) = f(x
2
) allora x
1
= x
2
perch da (b a)x
1
+a = (b a)x
2
+a segue x
1
= x
2
. Lapplicazione suriettiva,
infatti per ogni y (a, b) esiste x =
ya
ba
(0, 1) tale che f(x) = y.
Si noti che dal punto di vista geometrico, quanto dimostrato signica che gli
insiemi che hanno per elementi i punti di due qualsiasi segmenti sono equipotenti.
Ad esempio linsieme dei punti del segmento AB equipotente allinsieme dei punti
del segmento AM =
AB
2
.
CAPITOLO 2
Gruppi
Con questo capitolo inizia lo studio delle strutture algebriche. Lo studio del-
le strutture algebriche permette di
tt
vedere
tt
da un punto di vista superiore e
generale gli ambienti matematici che si incontrano ma che il pi delle volte sono
trattati solo in casi particolari ed per questo che le strutture algebriche nascono
dallosservazione di analogie tra oggetti matematici apparentemente molto diversi
fra loro.
La struttura algebrica che verr studiata quella di gruppo che parte costi-
tutiva fondamentale dellalgebra. Quella di gruppo una struttura con una sola
operazione, si descrive formalmente in modo semplice e il suo studio permette di
arontare in modo chiaro i concetti algebrici fondamentali per tutte le strutture
algebriche, quali quelli di omomorsmo, automorsmo e quoziente.
1. Strutture algebriche. Propriet elementari dei gruppi.
Per lo studio delle strutture algebriche fondamentale il concetto di operazione.
Denizione 2.1.1. Dato un insieme A ,= , unapplicazione : A A A
detta operazione (binaria) su A.
Se a e b sono elementi di A, limmagine tramite della coppia (a, b) si dice
prodotto di a e b e si indica con a b. Per indicare le operazioni useremo di solito
i simboli
tt

tt
e
tt
+
tt
e useremo lusuale notazione moltiplicativa nel primo caso
e lusuale notazione additiva nel secondo caso. Dora in poi, se non specicato
diversamente, useremo
tt

tt
e scriveremo semplicemente ab al posto di a b.
Nota 2.1.2. Delle tradizionali quattro
tt
operazioni
tt
dellaritmetica dei numeri
naturali solo due, laddizione e la moltiplicazione, sono delle operazioni secondo
la denizione 2.1.1, mentre non risultano operazioni la sottrazione e la divisione.
Lelevamento a potenza (x, y) x
y
non una operazione in N mentre lo in N

(si ricordi che 0


0
forma indeterminata).
38
Capitolo 2 Gruppi 39
Si osservi che la denizione di operazione prescinde dalla natura degli elemen-
ti di A che pertanto vengono considerati simboli suscettibili di assumere i pi
svariati signicati concreti e prescinde anche dal signicato concreto della opera-
zione; inoltre la denizione evidenzia che nello stesso insieme si possono denire
pi operazioni.
Perch cos importante prescindere dalla natura degli elementi dellinsieme e
dal signicato concreto delloperazione?
Per rispondere consideriamo linsieme Z dei numeri interi e in esso lusuale opera-
zione
tt
+
tt
di addizione. Consideriamo ora le rotazioni di un quadrato, intorno al
suo centro, di ampiezza 90

, 180

, 270

, 360

(in senso orario) e indichiamo queste,


rispettivamente, con , , , . Nellinsieme T = , , , deniamo lope-
razione
tt

tt
ponendo x y = z se z la rotazione che si ottiene eseguendo
successivamente le due rotazioni x e y . Cos, ad esempio, = perch
ruotando il quadrato di 90

e poi ancora di 90

si ottiene una rotazione di 180

.
E immediato vericare che le operazioni
tt
+
tt
e
tt

tt
considerate rispettivamente
in Z e T vericano le seguenti propriet:
(Z, +) (T, )
1. a + (b +c) = (a +b) +c 1. a (b c) = (a b) c
per ogni a, b, c Z per ogni a, b, c T
2. a + 0 = 0 +a = a 2. a = a = a
per ogni a Z per ogni a T
3. per ogni a Z 3. a = a = a
esiste a Z tale che esiste a T tale che
a + (a) = (a) +a = 0 a (a) = (a) a =
I due esempi considerati mostrano che:
(1) lo studio di (Z, +) presenta notevoli analogie con lo studio di (T, ) ;
(2) se si ha lesigenza di operare in un ambiente in cui suciente che vi
sia una operazione con le propriet 1., 2., 3., allora del tutto ininuente
considerare (Z, +) o (T, ).
Si pu anche aermare che, a prescindere dalla loro natura, tra gli elementi di un
insieme esistono delle relazioni denite a partire solo da propriet formali.
Nella matematica moderna, considerare un insieme unitamente ad una o pi
operazioni in esso denite, signica considerare una struttura algebrica.
Capitolo 2 Gruppi 40
Lo studio delle strutture algebriche formali ci che dierenzia lalgebra
tt
elementare
tt
studiata alle scuole superiori dallalgebra astratta studiata alluniversit. Tenen-
do presente gli esempi precedentemente riportati, si pu dire che la prima studia
separatamente le propriet della addizione in Z e le propriet delle rotazioni di
un quadrato; lalgebra astratta studia una unica struttura algebrica di cui (Z, +) e
(T, ) sono esempi particolari. Nel caso di questi due esempi, la struttura algebrica
quella di gruppo.
Denizione 2.1.3. Sia G ,= e sia data in G una operazione binaria:
GG G
(a, b) a b
Si dice che (G, ) un gruppo se valgono le seguenti propriet:
(1) a (b c) = (a b) c per ogni a, b, c G (propriet associativa);
(2) esiste u G tale che a u = u a = a per ogni a G (u detto elemento
unit e di norma verr indicato con 1);
(3) esiste ed unico a
1
G tale che a a
1
= a
1
a = u per ogni a G
(a
1
detto linverso dellelemento a).
Denizione 2.1.4. Se loperazione del gruppo indicata con la notazione +
additiva, allora
lelemento neutro si usa indicarlo con lo zero: a +0 = 0 +a = a per ogni
a G;
lelemento inverso di a si chiama opposto di a e si indica con
tt
a
tt
:
a + (a) = (a) +a = 0 per ogni a G;
per indicare la somma x + (y) si usa anche scrivere x y.
Denizione 2.1.5.
Se nel gruppo (G, ) loperazione gode della propriet commutativa, ossia
a b = b a per ogni a, b G, allora (G, ) detto gruppo abeliano o
commutativo.
Un gruppo (G, ) con un numero nito n di elementi si dice di ordine n.
Nota 2.1.6. Esistono gruppi di ogni ordine. Ci assicurato dal fatto che
esistono esempi sia di gruppi inniti sia di gruppi con un numero nito n di elementi
per ogni n N

. Nel proseguo della trattazione verranno portati esempi di gruppi


di ogni ordine.
Esempio 2.1.7.
Capitolo 2 Gruppi 41
(1) Dato linsieme G = N 0, e loperazione a b = a
b
, (G, ) non un
gruppo perch non vale la propriet associativa: a(bc) = a(b
c
) = a
b
c
mentre (ab)c = a
b
c = (a
b
)
c
= a
bc
.
(2) (1

, ) un gruppo.
(3) (Z, +) un gruppo additivo abeliano.
(4) (N, +) non un gruppo.
(5) (, +), (

, ) sono gruppi.
(6) (, ) non un gruppo.
Nota 2.1.8. (Z, ) non un gruppo perch valgono le propriet (1) e (2) della
denizione di gruppo ma non vale la propriet (3). Questo assicura che lassioma
(3) della denizione di gruppo non dipende da (1) e (2).
Nota 2.1.9.
Non condradditoriet degli assiomi. Quando si denisce una strut-
tura algebrica, importante vericare che gli assiomi presenti nella deni-
zione siano fra loro compatibili ossia non contradditori. La non contraddi-
toriet di una assiomatica si prova dimostrando lesistenza di un modello
che verica tutti gli assiomi.
Indipendenza degli assiomi.
E meno importante della non contradditoriet ma non trascurabile: nelle
denizioni si deve cercare di mettere solo gli assiomi che sono indipendenti
tra loro.
Teorema 2.1.10. Sia (G, ) un gruppo con elemento neutro u. Si ha che:
(1) lelemento neutro unico;
(2) lelemento inverso unico;
(3) (a
1
)
1
= a per ogni a G.
Dimostrazione. (1) - Supponiamo che, oltre allelemento u, esista anche v
G tale che va = av = a, per ogni a G; dimostriamo che allora v = u.
v u = v per (2) della denizione di gruppo;
v u = u per lipotesi su v.
Dal confronto delle ugualianze segue v = u.
Dimostrazione. (2) - Sia a G, supponiamo che oltre ad a
1
esista anche
a G tale che
a a = aa = u
. Allora:
( aa) a
1
= a
_
aa
1
_
= au = a
Capitolo 2 Gruppi 42
( aa) a
1
= ua
1
= a
1
da cui a = a
1
.
Dimostrazione. (3) - Risulta
a
1
(a
1
)
1
= u ma anche a
1
a = u
dal confronto delle ugualianze si deduce che (a
1
)
1
= a
Teorema 2.1.11. Sia (G, ) un gruppo con elemento neutro u. Per ogni
a, b G si ha (ab)
1
= b
1
a
1
.
Dimostrazione. Risulta
(ab)
1
(ab)b
1
= ub
1
= b
1
(ab)
1
(ab)b
1
= (ab)
1
a(bb
1
) = (ab)
1
au = (ab)
1
a
dal confronto delle ugualianze si ha b
1
= (ab)
1
a e pertanto b
1
a
1
= (ab)
1
.
Il teorema ora dimostrato si generalizza al seguente.
Teorema 2.1.12. Sia (G, ) un gruppo. Comunque presi a
1
, a
2
, . . . , a
n
G
si ha:
(a
1
a
2
. . . a
n
)
1
= a
1
n
a
1
n1
. . . a
1
2
a
1
1
.
Dimostrazione. La dimostrazione si eettua per induzione su n. Per n =
2 lassero vero per il teorema precedente. Supponiamo sia vericato per n e
dimostriamo che vale per n + 1.
(a
1
a
2
. . . a
n
a
n+1
)
1
= [(a
1
a
2
. . . a
n
)a
n+1
]
1
= a
1
n+1
(a
1
a
2
. . . a
n
)
1
=
= a
1
n+1
a
1
n
. . . a
1
2
a
1
1
.

Corollario 2.1.13. Se (G, ) un gruppo abeliano allora:


(ab)
1
= a
1
b
1
e (a
1
a
2
. . . a
n
)
1
= a
1
1
a
1
2
. . . a
1
n
.
Capitolo 2 Gruppi 43
Tabella di moltiplicazione di un gruppo nito G.
Se (G, ) un gruppo nito allora possibile rappresentare loperazione che lo
denisce mediante una matrice-tabella nel modo sottoriportato. Questa matrice
viene detta tabella di moltiplicazione del gruppo. Sia G = g
1
= 1, g
2
, g
3
, ..., g
n
, la
tabella si costruisce ponendo g
ij
= g
j
g
i
, (g
j
g
i
)(x) = g
j
(g
i
(x)).
1 g
2
g
3
g
n
1 g
11
g
12
g
13
g
1n
g
2
g
21
g
22
g
23
g
2n
g
3
g
31
g
32
g
33
g
3n
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
g
n
g
n1
g
n2
g
n3
g
nn
Nota 2.1.14. Nel caso nito la tabella di unoperazione binaria su G uno
strumento molto ecace per
tt
vedere
tt
immediatamente se loperazione denisce
oppure no un gruppo e anche se valgono alcune propriet.
Se loperazione denisce un gruppo allora necessariamente su ogni riga e
ogni colonna gurano una ed una sola volta tutti gli elementi di G.
Si desume facilmente lesistenza oppure no dellelemento neutro.
Loperazione gode della propriet commutativa se e solo se la tabella
simmetrica rispetto alla diagonale principale.
Dalla tabella non si pu dedurre immediatamente se vale oppure no la
propriet associativa, per questa propriet occorre fare i calcoli o dimo-
strarla.
Esercizio 2.1.15.
Scrivere la tabella moltiplicativa del gruppo S
3
di tutte le permutazioni su tre ele-
menti rispetto alloperazione di prodotto operatorio.
Soluzione - Sia N = 1, 2, 3; gli elementi di S
3
sono:
a
1
=
_
1 2 3
1 2 3
_
, a
2
=
_
1 2 3
1 3 2
_
, a
3
=
_
1 2 3
3 2 1
_
a
4
=
_
1 2 3
2 1 3
_
, a
5
=
_
1 2 3
2 3 1
_
, a
6
=
_
1 2 3
3 1 2
_
.
Posto a
ij
= a
j
(a
i
(x)),
Capitolo 2 Gruppi 44
la tabella di moltiplicazione :
a
1
a
2
a
3
a
4
a
5
a
6
a
1
a
1
a
2
a
3
a
4
a
5
a
6
a
2
a
2
a
1
a
6
a
5
a
4
a
3
a
3
a
3
a
5
a
1
a
6
a
2
a
4
a
4
a
4
a
6
a
5
a
1
a
3
a
2
a
5
a
5
a
3
a
4
a
2
a
6
a
1
a
6
a
6
a
4
a
2
a
3
a
1
a
5
Nota 2.1.16. Il prossimo teorema assicura che nella denizione di gruppo
lassioma (2) pu essere sostituito da
tt
esiste u G tale che a u = a per
ogni a G
tt
;
lassioma (3) pu essere sostituito da
tt
esiste a
1
G tale che a a
1
= u
per ogni a G
tt
.
Occorre per fare molta attenzione allordine con cui si scrivono gli elementi perch
(G, ) non un gruppo se:
(1) a (b c) = (a b) c, per ogni a, b, c G;
(2) a u = a, per ogni a G;
(3) a
1
a = u, per ogni a G.
Teorema 2.1.17. Sia G ,= e
tt

tt
unoperazione in G tale che:
(1) (a b) c = a (b c), per ogni a, b, c G;
(2) esiste u G tale che a u = a, per ogni a G;
(3) esiste a
1
G tale che a a
1
= u, per ogni a G;
allora (G, ) un gruppo.
Dimostrazione. Basta provare che u a = a e a
1
a = u per ogni a G.
Poich per ipotesi a
1
(a
1
)
1
= u, si ha :
a
1
a = (a
1
a) u
= (a
1
a) [a
1
(a
1
)
1
]
= a
1
(a a
1
) (a
1
)
1
= a
1
u (a
1
)
1
= a
1
(a
1
)
1
= u
Inoltre si ha :
u a = (a a
1
) a
= a (a
1
a)
= a u
= a
Capitolo 2 Gruppi 45

Teorema 2.1.18. Sia (G, ) un gruppo; comunque presi a, b G esiste uno


ed uno solo x G tale che a x = b ed esiste uno ed un solo y G tale che y a = b.
Dimostrazione. Dati a, b G se esiste x G tale che a x = b possiamo
scrivere
a
1
(a x) = a
1
b
(a
1
a) x = a
1
b
u x = a
1
b
x = a
1
b
ossia rimane determinato in modo unico lelemento x. Ma dati a, b G, lelemento
a
1
b G esiste e verica a x = b, infatti
a (a
1
b) = (a a
1
) b = b .
Dunque dati a, b G esiste ed unico lelemento x G tale che a x = b, anzi
possiamo dire che risulta
x = a
1
b
Quella data pertanto una dimostrazione costruttiva.
Analogamente, supponiamo esista y G tale che y a = b; allora y = ba
1
. Ma
dati a, b G lelemento b
1
a in G esiste e verica y a = b infatti
(b a
1
) a = b (a
1
a) = b
Dunque esiste ed unico in G lelemento y tale che
y a = b

Le propriet del teorema precedente sono caratteristiche di un gruppo, ossia


vale il seguente teorema.
Teorema 2.1.19. Sia G ,= e
tt

tt
unoperazione in G tale che:
(1) a (b c) = (a b) c per ogni a, b, c G;
(2) esiste x G tale che a x = b per ogni a, b G;
(3) esiste y G, tale che y a = b per ogni a, b G;
allora (G, ) un gruppo.
Dimostrazione. Preso a G, per (2) esiste u G tale che a u = a.
Considerato un qualunque b G, esiste y G tale che y a = b. Risulta
b u = (y a) u = y (a u) = y a = b
Capitolo 2 Gruppi 46
e pertanto u G tale che b u = b per ogni b G (esiste lelemento neutro).
Inne per ogni a G esiste ed unico a
1
G tale che
a a
1
= u
infatti da (2) segue che a x = u ha una ed una sola soluzione.
Per il teorema 2.1.17 rimane provato che (G, ) un gruppo.
Corollario 2.1.20. Sia (G, ) un gruppo; per ogni a, b, c G si ha che:
a b = a c =b = c
b a = c a =b = c
Dimostrazione. Sia d = a b = a c, poich in un gruppo a x = d ha una
e una sola soluzione, deve essere b = c. Sia d = b a = c a, poich in un gruppo
y a = d ha una e una sola soluzione, deve essere b = c.
Nota 2.1.21. In riferimento alla dimostrazione del teorema precedente im-
portante osservare che:
lunicit segue dallesistenza;
se il gruppo G commutativo allora risulta x = y.
Le due implicazioni dimostrate nel corollario precedente si chiamano leggi
di cancellazione.
Nota 2.1.22. Come mostra lesempio seguente il fatto che in un insieme (G, )
valga la propriet associativa e valgano le due leggi di cancellazione non assicura
che (G, ) sia un gruppo. Se si aggiunge lipotesi che G sia nito allora la validit
della propriet associativa e delle due leggi di cancellazione suciente perch
(G, ) sia un gruppo, ci verr dimostrato nel prossimo teorema.
Esempio 2.1.23.
In (N

, ) valgono:
(1) Propriet associativa;
(2) n x = n y =x = y;
(3) x n = y n =x = y.
ma (N

, ) non un gruppo perch se n ,= 1 non esiste in N

lelemento inverso.
Teorema 2.1.24. Sia G ,= un insieme nito. In G sia denita unopera-
zione
tt

tt
che goda della propriet associativa e per la quale valgano entrambe le
leggi di cancellazione. Allora (G, ) un gruppo.
Capitolo 2 Gruppi 47
Dimostrazione. Iniziamo con il dimostrare che per ogni g
1
, g
2
, a G si ha
g
1
a ,= g
2
a se e solo se g
1
,= g
2
. Infatti: sia g
1
,= g
2
; se fosse g
1
a = g
2
a per le
leggi di cancellazione si avrebbe g
1
= g
2
contro lipotesi. Viceversa se g
1
a ,= g
2
a ,
poich valgono le leggi di cancellazione, si ha g
1
,= g
2
.
Fissato a G, essendo G nito e per quanto dimostrato sopra, si ha [G[ = [aG[ =
[Ga[ ossia G = aG = Ga e perci per ogni a, b G valgono
(1) esiste x G tale che ax = b;
(2) esiste y G tale che ya = b;
e quindi per il teorema 2.1.19 si ha che (G, ) un gruppo.
La struttura algebrica di gruppo permette di denire il multiplo e la potenza
di un elemento.
Denizione 2.1.25. Sia (G, ) un gruppo in cui loperazione quella moltipli-
cativa. Si deniscono le potenze di x G ad esponente m Z ponendo:
x
0
= u
x
1
= x
.
.
.
x
m
= x x . . . x
. .
per m > 1
m volte
x
1
= inverso di x
x
2
= x
1
x
1
.
.
.
x
m
= x
1
x
1
. . . x
1
. .
per m > 1
m volte
Teorema 2.1.26. In un gruppo (G, ) valgono le seguenti propriet:
x
m
x
n
= x
m+n
= x
n
x
m
, (x
m
)
n
= x
mn
= (x
n
)
m
e nel caso di (G, ) abeliano vale anche:
(xy)
m
= x
m
y
m
Dimostrazione. Seguono dalla denizione di potenza e dal fatto che in un
gruppo vale la propriet associativa.
Riformuliamo in notazione additiva la denizione 2.1.25 e il teorema 2.1.26.
Capitolo 2 Gruppi 48
Denizione 2.1.27. Sia (G, +) un gruppo in cui loperazione quella additiva.
Si deniscono i multipli mx di x G secondo un intero m Z, ponendo:
0 a = 0
1 a = a
2 a = a +a
.
.
.
m a = a +a +. . . +a
. .
per m > 1
m volte
(1) a = a
(2) a = a a
.
.
.
(m) a = a a . . . a
. .
per m > 1
m volte
Teorema 2.1.28. In un gruppo (G, +) valgono le propriet:
ma +na = (m+n)a , n(ma) = (nm)a
Dimostrazione. Seguono dalla denizione di multiplo e dalla propriet as-
sociativa.
Denizione 2.1.29. Sia (G, ) un gruppo con elemento neutro e. Sia a G,
si dice che a ha periodo (o ordine) nito n se n il pi piccolo intero positivo
tale che a
n
= e. Si dice che a non ha periodo nito se a
n
,= e per ogni n N

.
Se la notazione del gruppo quella additiva si dice che a ha periodo (o ordine)
nito n se n il pi piccolo intero positivo tale che n a = a +a + +a
. .
nvolte
= 0.
Per indicare che a ha periodo n si usa scrivere o(a) = n.
Osserviamo che in un gruppo lunico elemento di periodo 1 lelemento neutro.
Esercizio 2.1.30.
Dimostrare che se tutti gli elementi di un gruppo (G, ) hanno periodo 2 allora G
abeliano.
Soluzione - Notiamo anzittutto che se a G ha periodo 2, signica che a = a
1
.
Comunque presi a, b G si ha ab G con o(ab) = 2 ossia (ab)
2
= 1; poich
a = a
1
e b = b
1
risulta ab = (ab)
1
= b
1
a
1
= ba.
Capitolo 2 Gruppi 49
2. Esempi di gruppi fondamentali
Esempio 2.2.1. Gruppo Quadrinomio o trirettangolo.
Sia G linsieme delle isometrie di un rettangolo non quadrato (movimenti del
rettangolo in s). G un gruppo rispetto al prodotto operatorio. In (G, ) valgono
le seguenti propriet:
(1) G ha ordine 4. Sia G = 1, a, b, c con 1 elemento neutro.
(2) Ogni elemento di G diverso dallelemento neutro coincide con il proprio
inverso: a
2
= b
2
= c
2
= 1.
(3) G abeliano.
(4) La tabella di moltiplicazione del gruppo la seguente:
1 a b c
1 1 a b c
a a 1 c b
b b c 1 a
c c b a 1
Considerando il rettangolo di gura, gli elementi del gruppo sono:
1 =
_
A B C D
A B C D
_
, a =
_
A B C D
D C B A
_
,
b =
_
A B C D
B A D C
_
, c =
_
A B C D
C D A B
_
.
A B
D C
Esempio 2.2.2. Gruppo delle rotazioni.
Sia n un numero naturale con n 3. Sia G linsieme delle rotazioni di ampiezza
2k
n
, k = 1, ..., n intorno al centro del poligono regolare di n lati. Rispetto alla
operazione di composizione, la coppia (G, ) un gruppo. Se indichiamo con a la
rotazione di ampiezza
2
n
, allora risulta:
gli elementi del gruppo sono tutte e sole le potenze di a: G = a, a
2
, a
3
, ..., a
n
;
G abeliano;
[G[ = n.
Capitolo 2 Gruppi 50
Esempio 2.2.3. Gruppo addittivo delle Classi resto modulo n.
Fissato n N

, nellinsieme Z degli interi rimane determinata la relazione di


congruenza
a b (mod n) a b = hn con h Z.
La relazione di congruenza una relazione di equivalenza, sia Z
n
linsieme delle
classi di equivalenza. In Z
n
deniamo la seguente operazione di somma:
[a] + [b] = [a +b] per ogni [a], [b] Z
n
.
La denizione data una buona denizione, ossia non dipende dal rappresentante
della classe scelto, ossia se [a] = [ a] e [b] = [

b] allora [a + b] = [ a +

b]. Infatti da
[a] = [ a] e [b] = [

b] si ha a a = hn e b

b = kn, allora sommando membro


a membro e ricordando che in Z valgono la propriet associativa e la propriet
commutativa, si ottiene (a +b) ( a +

b) = (h +k)n e pertanto (a +b) ( a +

b)
(mod n), ossia [a +b] = [ a +

b].
La coppia (Z
n
, +) un gruppo abeliano. Infatti, tenendo presente le propriet di
(Z, +), immediato provare che
in (Z
n
, +) vale la propriet associativa;
[0] elemento neutro;
se [a] Z
n
allora in Z
n
esiste lelemento opposto dato da [a];
[a] + [b] = [b] + [a] per ogni a, b Z
n
;
[Z
n
[ = n.
Esempio 2.2.4. Gruppo moltiplicativo delle Classi resto modulo p,
p primo.
Fissato p N, p primo, nellinsieme Z degli interi rimane determinata la
relazione di congruenza
a b (mod p) a b = hp con h Z.
La relazione di congruenza una relazione di equivalenza, sia Z
p
linsieme delle
classi di equivalenza. In Z

p
= Z
p
[0] deniamo la seguente operazione di
prodotto:
[a] [b] = [a b] per ogni [a], [b] Z

p
.
La denizione data una buona denizione, ossia non dipende dal rappresentante
della classe scelto, ossia se [a] = [ a] e [b] = [

b] allora [a b] = [ a

b]. Infatti da
[a] = [ a] e [b] = [

b] si ha ab ab = hbp e ab a

b = akp, allora sommando membro


a membro e ricordando le propriet che valgono in Z, si ottiene ab a

b = (hb+ ak)p
e pertanto ab a

b (mod p), ossia [ab] = [ a

b].
La coppia (Z

p
, ) un gruppo abeliano nito con [Z

p
[ = p 1. Infatti, tenendo
presente le propriet dellinsieme dei numeri interi, immediato provare che
in (Z

p
) vale la propriet associativa;
[1] elemento neutro;
Capitolo 2 Gruppi 51
in Z

p
ogni elemento ha linverso;
[a] [b] = [b] [a] per ogni a, b Z

p
;
[Z

p
[ = p 1.
Dimostriamo, ad esempio, che ogni elemento di Z

p
ha linverso. Sia [n] Z

p
,
0 < n < p, consideriamo i (p 1) prodotti [n][m] al variare di [m] Z

p
; questi
prodotti sono tutti distinti perch se fosse [n][m] = [n][m
t
] allora si avrebbe
[nm] = [nm
t
] da cui nm nm
t
= hp, n(m m
t
) = hp e poich p [ n perch
n < p, deve essere p[(m m
t
) ossia m m
t
= kp e pertanto m m
t
(mod p)
e dunque [m] = [m
t
]. Ci signica che, ssato [n], i prodotti [n][m] esauriscono
tutti gli elementi di Z

p
e perci esiste [ n] tale che [n][ n] = [1] e vale anche
[ n][n] = [1].
E importante sottolineare che (Z

n
, ) un gruppo se e solo se n un
numero primo. Ad esempio, (Z

6
, ) non un gruppo perch, per esempio, [2][3] =
[0] , Z

6
, oppure [2] [2] = [4] e anche [2] [5] = [4] e ci assurdo.
Esempio 2.2.5. Gruppo Diedrale o diedrico.
Questo gruppo esiste per ogni numero naturale n 3. Fissato n si denisce
gruppo diedrale il gruppo
D
n
= a
1
, a
2
, ..., a
n
, ba
1
, ba
2
, ..., ba
n

con a, b tali che b


2
= a
n
lelemento neutro, a
r
,= a
n
per ogni 0 < r < n,
a
i
b = ba
ni
, i = 1, 2, ..., n. Riportiamo alcune propriet di facile verica, altre
saranno evidenziate nei prossimi capitoli.
(1) [D
n
[ = 2n.
(2) D
n
non commutativo.
(3) Nella denizione posta, la condizione a
i
b = ba
ni
pu essere sostituita
da ba
i
b = a
i
per ogni i = 1, 2, ..., n, o pi semplicemente da bab = a
1
.
(4) Gli elementi a e b che deniscono D
n
possono essere interpretati come
le permutazioni denite da
a =
_
1 2 n 1 n
2 3 n 1
_
, b =
_
1 2 n 1 n
n n 1 2 1
_
.
Il gruppo diedrale rappresenta il gruppo dei movimenti che portano un poligono
regolare con n lati in s: n rotazioni di ampiezza
2k
n
, k = 1, ..., n, intorno al
centro del poligono e n simmetrie, una per ognuno degli n assi di simmetria del
poligono.
Capitolo 2 Gruppi 52
Esempio 2.2.6. Gruppo Diedrale D
4
.
Quale esempio, esplicitiamo il caso n = 4.
D
4
= a , a
2
, a
3
, a
4
, , , ,
dove gli elementi a, a
2
, a
3
, a
4
= 1 rappresentano le rotazioni del quadrato, intorno
al suo centro, di ampiezza rispettivamente 90

, 180

, 270

, 360

; gli elementi
, , , rappresentano le simmetrie rispetto ai quattro assi di simmetria.
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@
@

~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
~
A B
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _
D C
Indichiamo i vertici del quadrato con A, B, C, D (procedendo in senso orario).
Gli elementi di D
4
sono:
a =
_
A B C D
B C D A
_
, a
2
=
_
A B C D
C D A B
_
,
a
3
=
_
A B C D
D A B C
_
, a
4
=
_
A B C D
A B C D
_
,
=
_
A B C D
B A D C
_
, =
_
A B C D
C B A D
_
,
=
_
A B C D
D C B A
_
, =
_
A B C D
A D C B
_
.
Si noti che risulta a = , a
2
= , a
3
= , a
4
= (nel prodotto si
applicata prima la permutazione di destra) e pertanto tutti gli elementi di D
4
si
possono ottenere dalla rotazione a (di ampiezza 90

) e da una ssata simmetria


(si ottiene analogo risultato se al posto di si prende oppure oppure ).
[D
4
[ = 8.
D
4
non commutativo: per esempio a
3
,= a
3
.
In D
4
a
i
= a
4i
, per ogni i = 1, 2, 3, 4.
Capitolo 2 Gruppi 53
Esempio 2.2.7. Gruppo dei Quaternioni.
Sia G = 1, 1, i, i, j, j, k, k e in G si consideri loperazione
tt

tt
denita
da: (1)
2
= 1 , i
2
= j
2
= k
2
= 1 , ij = k , jk = i , ki = j , ji = k , kj = i ,
ik = j.
(G, ) un gruppo detto gruppo dei quaternioni e denotato con Q
8
. Di seguito
riportiamo la tabella di moltiplicazione e alcune propriet di facile verica. Nei
prossimi capitoli evidenzieremo altre interessanti propriet di questo gruppo.
(1) Q
8
non abeliano;
(2) Q
8
il pi piccolo gruppo non abeliano di ordine la potenza di un numero
primo;
(3) La tabella di moltiplicazione di Q
8
la seguente :
1 1 i j k i j k
1 1 1 i i j j k k
1 1 1 i j k i j k
i i i 1 k j 1 k j
j j j k 1 i k 1 i
k k k j i 1 j i 1
i i i 1 k j 1 k j
j j j k 1 i k 1 i
k k k j i 1 j i 1
3. Sottogruppi
Per ogni struttura algebrica rimane denito il concetto di sottostruttura.
Denizione 2.3.1. Sia (G, ) un gruppo e H G, H ,= . Si dice che H
sottogruppo di G se H gruppo rispetto alla stessa operazione denita in G. Se
H sottogruppo di G si scrive H G.
Nota 2.3.2.
(1) Ogni gruppo (G, ) ammette almeno due sottogruppi: G e 1 formato
dal solo elemento neutro. Questi due sottogruppi sono detti sottogruppi
banali.
(2) Se (G, ) abeliano, ogni suo sottogruppo abeliano.
Capitolo 2 Gruppi 54
Esempio 2.3.3.
(1) Sia P = 2n : n Z linsieme dei numeri pari in Z. (P, +) sottogruppo
(abeliano) di (Z, +).
(2) Sia | = 2n + 1 : n Z linsieme dei numeri dispari in Z. (|, +) non
sottogruppo di (Z, +) perch + non unoperazione in |, quindi non
ha senso chiedersi se (|, +) sia un gruppo.
(3) Sia H = x

: x > 0 linsieme dei numeri razionali positivi. (H, )


sottogruppo di (

, ).
(4) Sia A = x +

2y : x, y . (A, +) sottogruppo di (1, +).


Teorema 2.3.4. Sia (G, ) un gruppo e sia H G, H ,= .
(1) H un sottogruppo di G per ogni a, b H risulta a b H, a
1
H.
(2) H un sottogruppo di G per ogni a, b H risulta a b
1
H.
(3) Se H nito allora si ha che H un sottogruppo di G a b H, per
ogni a, b H.
Dimostrazione. (1)
=: Se H sottogruppo di G ovvio che a b H, a
1
H per ogni
a, b H.
=: Sia H G, H ,= , tale che per ogni a, b H risulta a b H,
a
1
H. Poich H G, in (H, ) vale la propriet associativa e pertanto
per dimostrare che H sottogruppo rimane solo da dimostrare che in H
c lelemento neutro: a H a
1
H a a
1
= 1 H.

Dimostrazione. (2)
=: Se H sottogruppo di G allora comunque presi a, b H si ha a, b
1

H e pertanto ab
1
H .
=: Sia H G, H ,= tale che per ogni a, b H sia ab
1
H . Poich
H ,= esiste a H e pertanto aa
1
H da cui 1 H. Da a H e
1 H segue 1 a
1
H e perci a
1
H per ogni a H.

Dimostrazione. (3)
=: Se H sottogruppo di G ovvio che a b H per ogni a, b H.
=: Sia H = a
1
, a
2
, . . . , a
n
, dimostriamo che per ogni a
i
, a
j
H esistono
e sono unici x, y H tali che a
i
x = a
j
e y a
i
= a
j
. Consideriamo gli
elementi a
i
a
1
, a
i
a
2
, . . . , a
i
a
n
. Questi n prodotti per ipotesi stanno in H
e sono a due a due distinti perch se a
i
a
h
= a
i
a
k
allora a
1
i
a
i
a
h
= a
1
i
a
i
a
k
,
ua
h
= ua
k
, a
h
= a
k
. Gli n prodotti sono dunque tutti e soli gli elementi
di H, allora esistono e sono unici gli elementi a
h
e a
k
tali che
a
i
a
h
= a
j
, a
k
a
i
= a
j
.
Capitolo 2 Gruppi 55

Esempio 2.3.5.
Fissato n Z nel gruppo (Z, +) consideriamo il sottoinsieme nZ = xn [x Z.
Per ogni a, b nZ risulta a+(b) nZ; infatti, ricordando che in (Z, +) valgono
la propriet commutativa e la propriet associativa, se a = x n e b = y n, si ha
a + (b) = x n + (y n) = x +x + +x
. .
nvolte
+ (y) + (y) + + (y)
. .
nvolte
=
(x y) + (x y) + + (x y)
. .
nvolte
= (x y) n nZ.
Questo prova che (nZ, +) sottogruppo di (Z, +). Ovviamente, nel caso n = 0
il sottogruppo quello banale.
Nota 2.3.6. Nella (3) del teorema precedente lipotesi che H sia nito in-
dispensabile. Infatti nel gruppo (Z, +) si ha N Z, N ,= , a + b N per ogni
a, b N. Ma (N, +) non un gruppo.
Teorema 2.3.7. Siano H e K sottogruppi di un gruppo (G, ). Si ha :
(1) H K un sottogruppo di G se e solo se H K oppure K H.
(2) Un gruppo G non pu essere unione di due sottogruppi propri.
(3) Siano H
i
, i = 1, 2, ..., n, sottogruppi di G. Lunione insiemistica
n
i=1
H
i
non detto che sia sottogruppo di G.
Dimostrazione. (1) - Se H K oppure K H, allora H K un
sottogruppo poich in tal caso H K coincide con K o con H rispettivamente.
Supponiamo ora che HK sia un sottogruppo di G e che H _ K. Dimostriamo
che allora necessariamente K H. Poich H _ K esiste h H con h , K.
Consideriamo un qualunque elemento k K, allora k HK e anche h HK.
Poich H K un sottogruppo di G, si ha hk H K, ma hk , K. Infatti se
fosse hk K, moltiplicando a destra per k
1
K si avrebbe h = (hk)k
1
K e
ci assurdo. Quindi hk , K e di conseguenza hk H. Moltiplicando a sinistra
per h
1
H si ottiene k = h
1
(hk) H e pertanto K H.
Dimostrazione. (2) - Supponiamo per assurdo che esistano due sottogruppi
propri H, K di G tali che G = H K. Allora per quanto dimostrato in (1) si ha
H K oppure K H. Supponiamo per esempio H K. Allora G = HK = K
e ci va contro lipotesi che K sia un sottogruppo proprio di G.
Dimostrazione. (3) - Segue da (1) e (2).
Capitolo 2 Gruppi 56
Nota 2.3.8. Si possono trovare gruppi che sono unione di tre sottogruppi
propri. Ad esempio il gruppo quadrinomio unione dei suoi tre sottogruppi propri.
Teorema 2.3.9. Siano H
1
, H
2
, . . . , H
n
sottogruppi del gruppo (G, ). Allora
lintersezione insiemistica
n
i=1
H
i
un sottogruppo di G.
Dimostrazione. La dimostrazione segue banalmente dalle denizioni di grup-
po e di intersezione. Viene lasciata per esercizio.
Teorema 2.3.10. Siano (G, ) un gruppo, H G, a G. Se esistono
m, n Z coprimi e tali che a
m
H, a
n
H, allora a H.
Dimostrazione. Poich MCD(m, n) = 1, per le note propriet del MCD di
due interi (vedi teorema 1.4.3), siano u, v Z tali che 1 = um + vn. Allora si ha
a = a
um+vn
= (a
m
)
u
(a
n
)
v
H.
Denizione 2.3.11. Se A, B sono sottoinsiemi di un gruppo (G, ), rispetti-
vamente (G, +), si chiama prodotto, rispettivamente somma, di A e B linsieme
A B = a b [ a A, b B
rispettivamente
A +B = a +b [ a A, b B.
Teorema 2.3.12. Sia (G, ) un gruppo e siano H e K sottogruppi di G.
H K un sottogruppo di G se e solo se H K = K H.
Dimostrazione. Sia H K un sottogruppo di G. Consideriamo k h K H;
si ha k h = (h
1
k
1
)
1
con h
1
H e k
1
K e quindi h
1
k
1
H K e
poich H K sottogruppo di G si ha (h
1
k
1
)
1
H K ossia k h H K e
dunque K H H K.
Consideriamo ora h k H K; si ha (h k)
1
H K e dunque (h k)
1
= h
1
k
1
con h
1
H e k
1
K. Si ha cos h k = (h
1
k
1
)
1
= k
1
1
h
1
1
K H ossia
H K K H.
Poich K H H K e H K K H, rimane provato che H K = K H.
Viceversa sia H K = K H. Presi h
1
k
1
, h
2
k
2
H K, dalla ipotesi segue
h
1
k
1
(h
2
k
2
)
1
= h
1
k
1
(

k
2


h
2
)
1
= h
1
k
1


h
2
1


k
2
1
= h
1
h
3
k
3


k
2
1
H K
e dunque H K sottogruppo di G.
Corollario 2.3.13. Sia (G, ) un gruppo abeliano. Se H, K sono sottogruppi
di G allora H K sottogruppo di G.
Capitolo 2 Gruppi 57
Dimostrazione. E conseguenza immediata del teorema precedente.
4. Generatori di un gruppo. Gruppi ciclici.
Denizione 2.4.1. Sia (G, ) un gruppo e H un sottoinsieme non vuoto di G.
Sia T = H
1
, H
2
, . . . , H
n
linsieme di tutti i sottogruppi di G che contengono H.
Il gruppo
< H >=

H
i
T
H
i
.
detto sottogruppo generato da H.
Un gruppo (G, ) si dice nitamente generato se G =< H > con H nito.
Linsieme H detto sistema di generatori di < H > e nel caso H sia nito, se
H = x
1
, x
2
, . . . , x
n
, al posto di < H > si usa anche scrivere < x
1
, x
2
, . . . , x
n
>.
Dalla denizione ora posta segue che:
< H > H
i
per ogni H
i
T.
< H > il pi piccolo sottogruppo contenente linsieme H.
Teorema 2.4.2. Sia H un sottoinsieme non vuoto del gruppo (G, ) e sia
H
1
= x
1
: x H. Il gruppo < H > generato da H costituito dai prodotti
x
1
x
2
x
n
al variare di n N e di x
i
H H
1
.
Dimostrazione. Sia

H il sottoinsieme di G formato dai prodotti di cui nel-
lenunciato.
Da x
1
x
2
x
n


H e y
1
y
2
y
m


H segue che:
(x
1
x
2
x
n
)
1
(y
1
y
2
y
m
) = x
1
n
x
1
1
y
1
y
2
y
n


H
e perci

H sottogruppo di G.
Inoltre ovvio che ogni sottogruppo di G che contiene H contiene

H e pertanto

H =< H >

Teorema 2.4.3. Un gruppo (G, ) nitamente generato nito oppure ha la


cardinalit del numerabile.
Capitolo 2 Gruppi 58
Dimostrazione. Sia G =< x
1
, . . . , x
m
>. Ogni x G tale che x =
x
n
1
i
1
x
n
2
i
2
. . . x
n
s
i
s
con n
i
Z e i
1
, i
2
, . . . , i
s
1, 2, . . . , m. Per ogni x si
ponga h
x
= [n
1
[ + [n
2
[ + . . . + [n
s
[. Gli x G tali che h
x
n per un assegnato
n N, formano un sottoinsieme nito G
n
di G e quindi la tesi segue dallessere
G =

nN
G
n
.
Corollario 2.4.4. Un gruppo generato da un insieme numerabile numerabile.
Nota 2.4.5. Un sottogruppo di un gruppo nitamente generato pu non essere
nitamente generato.
Esempio 2.4.6.
(1) (1, +), (1

, ), (C, +), (C

, ) non sono nitamente generati.


(2) (Z, +) nitamente generato: Z =< 1 > .
(3) (, +) non nitamente generato. Infatti supponiamo per assurdo che
sia nitamente generato da
r
1
s
1
,
r
2
s
2
, ,
r
n
s
n
. Ogni
r
i
s
i
= k
i

1
s
1
s
2
. . . s
n
con k
i
= r
i
s
1
s
2
. . . s
i1
s
i+1
. . . s
n
. Ne segue che
<
r
1
s
1
,
r
2
s
2
, ,
r
n
s
n
><
1
s
1
s
2
. . . s
n
>,=
Teorema 2.4.7. Sia (G, ) un gruppo e g G. Allora il gruppo generato da
H = g coincide con linsieme < g >= g
n
[ n Z di tutte le potenze di g.
Dimostrazione. Si ha < g >,= perch g = g
1
< g >. Presi g
r
, g
s
< g >
si ha che g
r
g
s
= g
r+s
< g >; inoltre se g
s
< g > allora (g
s
)
1
= g
s
< g >.
Rimane provato che < g > un gruppo (sottogruppo di G). Ma un qualunque
sottogruppo di G che contenga H = g contiene < g > e pertanto < g > il
sottogruppo di G generato da H.
Denizione 2.4.8. Un gruppo (G, ) che sia generato da un solo elemento si
dice ciclico. Se G =< g > allora lelemento g detto generatore di G.
Nota 2.4.9.
Se g generatore di (G, ) allora anche g
1
genera (G, ).
Ogni gruppo ciclico abeliano.
Infatti considerato il gruppo G =< g >, per ogni g
r
, g
s
G risulta
g
r
g
s
= g
r+s
= g
s+r
= g
s
g
r
perch in Z si ha r +s = s +r.
Capitolo 2 Gruppi 59
Esempio 2.4.10.
(1) In (Z, +), il sottogruppo < 5 >= x 5 [ x Z = 5Z un gruppo
ciclico generato da 5.
(2) In (

, ) il sottogruppo <
1
3
>= (
1
3
)
n
[ n Z un gruppo ciclico
generato da
1
3
.
(3) (Z, +) gruppo ciclico generato da 1 oppure da 1: Z =< 1 >=< 1 >.
(4) Per ogni numero naturale n 3, il gruppo delle rotazioni del poligono
regolare con n lati intorno al suo centro un gruppo ciclico di ordine n e
un suo generatore la rotazione di ampiezza
2
n
.
(5) (G, ) denito da G = r
0
, r
1
=< r
1
>
r
0
r
1
r
0
r
0
r
1
r
1
r
1
r
0
un gruppo ciclico di ordine 2.
(6) Il gruppo G =< 1 > formato dal solo elemento neutro un gruppo ciclico
di ordine 1.
(7) Il gruppo diedrale D
4
non ciclico.
(8) Il gruppo Q
8
dei quaternioni non ciclico.
Nota 2.4.11. Come mostrano gli esempi sopra riportati, esistono gruppi ciclici
di ogni ordine. Se due gruppi ciclici hanno lo stesso numero di elementi sono
sostanzialmente la stessa cosa, sia nel caso nito che in quello innito. Dunque
suciente prendere un solo modello di gruppo ciclico per ogni ordine.
Esempio 2.4.12.
(1) (Z, +) e =<
1
5
>= (
1
5
)
n
[ n Z sono entrambi gruppi ciclici di
ordine innito. Come insiemi sono diversi ma hanno la stessa struttura
algebrica.
(2) Il gruppo additivo (Z
3
, +) delle classi resto modulo 3, un gruppo ciclico
di ordine 3, e perci ha la stessa struttura algebrica del gruppo delle
rotazioni del triangolo equilatero che pure ciclico di ordine 3.
Teorema 2.4.13. Ogni sottogruppo di un gruppo ciclico un gruppo ciclico.
Dimostrazione. Sia (G, ) un gruppo ciclico e g un suo generatore: G =
g
n
[ n Z. Sia A un sottogruppo di G. Se A = g
0
allora A banalmente
ciclico; se A ,= g
0
sia h il pi piccolo intero positivo tale che g
h
A. Ovviamente
< g
h
> A, ma risulta anche A < g
h
> ossia ogni elemento di A una potenza
di g
h
, infatti sia g
n
A e sia n = hq +r con q, r Z , 0 r < h.
Capitolo 2 Gruppi 60
Si ha
g
n
= g
hq+r
= g
hq
g
r
A
e quindi g
r
A ma allora per lipotesi di minimo fatta su h, risulta r = 0 e dunque
g
n
= g
hq
= (g
h
)
q
< g
h
>
Resta cos dimostrato che A = < g
h
> e quindi A ciclico, anzi si anche
trovato da quale elemento generato il sottogruppo.
Corollario 2.4.14. I sottogruppi di (Z, +) sono tutti e soli i gruppi (nZ, +)
con n N.
Dimostrazione. Fissato n N, linsieme nZ = xn [ x Z =< n > un
sottogruppo di (Z, +) come dimostrato nellesercizio 2.3.5. Viceversa se H un
sottogruppo di (Z, +), poich Z =< 1 > ciclico dal teorema 2.4.13 segue che H
ciclico e pertanto esiste n N tale che H =< n >= nZ.
Considerando linsieme dei numeri interi si pu trovare un modello di gruppo
ciclico di ordine n per ogni n nel senso che (Z, +) un gruppo ciclico innito e per
ogni n N il gruppo delle classi resto (Z
n
, +) ciclico di ordine n.
I gruppi ciclici sono particolarmente importanti per lo studio dei gruppi perch
un qualunque gruppo lunione insiemistica dei suoi sottogruppi ciclici.
Nota 2.4.15. Esistono gruppi non ciclici ma tali che ogni loro sottogruppo
proprio ciclico. Ad esempio ci accade per il gruppo (Q
8
, ) dei quaternioni
descritto in 2.2.7. Il gruppo dei quaternioni un gruppo di ordine 8 non abeliano
e perci non ciclico. I suoi sottogruppi propri sono:
H
1
= 1, 1 =< 1 >, H
2
= 1, 1, i, i =< i >
H
3
= 1, 1, j, j =< j >, H
4
= 1, 1, k, k =< k >.
Si pu facilmente vericare che quelli sopra riportati sono tutti e soli i sotto-
gruppi propri di (Q
8
, ) e sono tutti ciclici.
Capitolo 2 Gruppi 61
5. Laterali e Indice di un gruppo
Fissato n N0, abbiamo visto che in (Z, +) la relazione a b (mod n) se
a b nZ di equivalenza e poich gli nZ sono tutti e soli i sottogruppi di Z,
possiamo dire che la relazione di congruenza denita a partire da (Z, +) e dai
suoi sottogruppi. Ci chiediamo allora se quanto visto in (Z, +) relativamente alla
relazione di congruenza, possa valere per ogni gruppo G e ogni suo sottogruppo
H.
Denizione 2.5.1. Sia (G, ) un gruppo e H un sottogruppo di G. Deniamo
in G la relazione a b (mod H) se e solo se a b
1
H. Questa una relazione
di equivalenza.
(1) Propriet riessiva :
a a (mod H) a a
1
H e poich H sottogruppo, certamente
1 = a a
1
H per ogni a H.
(2) Propriet simmetrica :
Se a b (mod H) allora ab
1
H, ma allora anche (ab
1
)
1
= ba
1
H
e quindi b a (mod H).
(3) Propriet transitiva :
Se a b (mod H) e b c (mod H) allora a b
1
H e b c
1
H ed
essendo H sottogruppo sar anche (ab
1
)(bc
1
) H, a(b
1
b)c
1
H
da cui a c
1
H e pertanto a c (mod H).
Denizione 2.5.2. Se H sottogruppo di (G, ) e a G deniamo:
Ha = ha [ h H classe laterale destra di H in G;
aH = ah [ h H classe laterale sinistra di H in G.
Teorema 2.5.3. Le classi di equivalenza della relazione
tt
mod H
tt
sono
le classi laterali destre di H.
Dimostrazione. Sia [a] = x G [ a x (mod H) la classe di equivalenza
in cui sta a. Si ha
[a] Ha: infatti x [a] x a (mod H) x a
1
H x a
1
= h
x = h a x Ha;
Ha [a]: infatti x Ha x = h a x a
1
= h H x
a (mod H) x [a].
Rimane cos provato che [a] = Ha.
Capitolo 2 Gruppi 62
Nel capitolo 1 stato dimostrato che le classi di equivalenza formano una
partizione dellinsieme in cui denita la relazione.
Per il teorema precedente si pu allora aermare che due laterali di H in G o
coincidono oppure non hanno elementi in comune e lunione insiemistica di tutti i
laterali G. Ossia, considerate le classi laterali destre di H in G (analogamente
per le classi laterali sinistre), si ha
_
Hx

Hy = per x / Hy

xG
Hx = G
Teorema 2.5.4. Sia H un sottogruppo del gruppo (G, ). Due qualunque
classi laterali destre Hx e Hy hanno lo stesso numero cardinale (nito o no) di
elementi.
Dimostrazione. Per ogni a G lapplicazione : H Ha denita da
(h) = ha biettiva. Infatti
iniettiva poich (h
1
) = (h
2
) h
1
a = h
2
a h
1
= h
2
;
suriettiva poich per ogni ha Ha si ha (h) = h a.
Lesistenza della biezione assicura che H e Ha hanno lo stesso numero di elementi
per ogni a G. Dunque qualunque siano a, b G si ha [Ha[ = [H[ = [Hb[ ossia
le classi laterali [Ha[ e [Hb[ hanno lo stesso numero cardinale di elementi.
Corollario 2.5.5. Nel caso nito se [H[ = n allora [Ha[ = n qualunque sia
a G.
Analogamente a quanto dimostrato nei due teoremi precedenti, se H un
sottogruppo di (G, ), si pu denire la relazione a b (mod H) se e solo se a
1
b
H. Questa una relazione di equivalenza e le classi di equivalenza sono i laterali
sinistri di H, ossia per ogni a G si ha:
[x] = xH = xh [ h H
Inoltre si pu denire una applicazione biettiva
tt

tt
dellinsieme dei laterali destri
nellinsieme dei laterali sinistri ponendo
(Hx) = x
1
H .
Ci assicura che il numero dei laterali destri di H in G uguale al numero dei
laterali sinistri di H in G e pertanto si pu dare la seguente denizione.
Denizione 2.5.6. Sia (G, ) un gruppo e sia H un sottogruppo di G. Si
denisce indice di H in G il numero dei laterali destri (o sinistri) di H in G.
Capitolo 2 Gruppi 63
Nota 2.5.7. Se (G, ) un gruppo nito e H un suo sottogruppo, ovvio che
lindice di H in G un numero naturale, ma anche nel caso in cui G sia innito,
lindice di un suo sottogruppo H pu essere un numero naturale ossia i laterali di H
sono in numero nito anche se G innito. Per esempio lindice di H =< 5 >= 5Z
in (Z, +) cinque anche se Z innito.
6. Teorema di Lagrange. Teorema di Sylow. Teorema di Cauchy.
Il seguente celebre teorema si deve a Lagrange (1736 - 1813) e aerma una
semplice ma importante relazione tra la cardinalit di un sottogruppo H di un
gruppo nito G e lindice di H in G.
Teorema 2.6.1 (Teorema di Lagrange). Sia G un gruppo di ordine nito n,
sia H un sottogruppo di G e sia i lindice di H in G. Si ha n =[ H [ i .
Dimostrazione. I laterali destri di H sono i e ognuno di essi ha m =[ H [
elementi. Poich i laterali formano una partizione di G, risulta n = m i.
Nota 2.6.2. Il Teorema di Lagrange d una condizione necessaria ma non
suciente per lesistenza di un sottogruppo di un dato ordine. Ad esempio assicura
che un gruppo di ordine 12 non pu avere un sottogruppo di ordine 5 o 7 o 8 o
9 o 10 o 11, ma non dice nulla sulla esistenza di un sottogruppo di ordine 2 o 3
o 4 o 6. Dunque ogni sottogruppo di un gruppo G di ordine n ha per ordine un
divisore m di n, ma in generale non vale il viceversa, ossia non detto che per ogni
divisore m di n esista in G un sottogruppo di ordine m. Come dimostreremo nel
teorema 2.6.12, il viceversa del teorema di Lagrange vale nei gruppi abeliani niti
e in altri casi particolari.
Riportiamo ora alcuni risultati che sono conseguenze immediate ma molto
importanti del Teorema di Lagrange.
Teorema 2.6.3. Un gruppo (G, ), G ,=< 1 >, ha come sottogruppi i soli
sottogruppi banali se e solo se nito ed ha per ordine un numero primo.
Dimostrazione. Se G ha per ordine un numero primo allora per il teorema
di Lagrange i soli sottogruppi di G sono quelli banali.
Viceversa, supponiamo che G sia privo di sottogruppi propri e G ,=< 1 >. Sia
a G, a ,= 1, per lipotesi fatta deve essere G =< a > e quindi G ciclico. Se
G fosse innito, allora < a
2
> sarebbe un sottogruppo non banale di G contro
lipotesi. Dunque G nito e G = a
0
= 1, a, a
2
, ..., a
n1
; se n non primo sia
Capitolo 2 Gruppi 64
n = r s con 1 < r, s < n. Allora < a
r
> un sottogruppo non banale di G e ci
contro lipotesi. Pertanto n un numero primo.
Corollario 2.6.4. Se il gruppo G ha ordine un numero primo allora G ciclico
e ogni suo elemento diverso dallelemento neutro un generatore del gruppo.
Teorema 2.6.5. Sia (G, ) un gruppo nito di ordine n. Ogni elemento a G
ha periodo nito m e m [ n.
Dimostrazione. Considerato a G, se a non avesse periodo nito, il gruppo
G avrebbe inniti elementi perch conterrebbe almeno tutte le potenze di a. Sia m
il periodo dellelemento a, allora < a >= a
0
, a
1
, a
2
, . . . , a
m1
un sottogruppo
di G e quindi per il teorema di Lagrange m [ n.
Un caso particolare si ha quando tutti gli elementi di un gruppo G hanno ordine
una potenza di uno stesso primo p.
Denizione 2.6.6. Sia p un primo ssato. Un gruppo G in cui ogni elemento
ha ordine p
n
, per qualche n N, si dice p-gruppo.
Il teorema 2.6.5 garantisce che se un gruppo G ha ordine p
n
, allora tutti i suoi
elementi hanno ordine che divide p
n
e pertanto G un p-gruppo. Se p un primo,
i p-gruppi niti sono esattamente i gruppi di ordine p
n
, per qualche n N

.
Il teorema di Sylow 2.6.10 giustica inne la seguente denizione.
Denizione 2.6.7. Sia G un gruppo nito, [G[ = p
a
n, con p primo e (p, n) = 1.
Allora un sottogruppo H di G di ordine p
a
si dice un p-sottogruppo di Sylow di
G. Linsieme dei p-sottogruppi di Sylow di G si denota con Syl
p
(G).
Sia (G, ) un gruppo ciclico nito e a un suo generatore: G =< a >, [G[ = n.
Considerato un elemento a
i
G, come deve essere i anch a
i
sia un generatore
di G?
Lelemento a
i
genera G quando ha periodo n e pertanto a
i
genera G se i e n
sono primi tra di loro.
Esempio 2.6.8. Consideriamo il gruppo ciclico di ordine 8: G =< a >, [G[ =
8. Gli elementi a
1
, a
3
, a
5
, a
7
sono i generatori del gruppo. Se invece, ad esempio,
consideriamo a
2
, esso non genera il gruppo perch le sue potenze non mi danno
tutti gli elementi di G ma solo a
2
, (a
2
)
2
= a
4
, (a
2
)
3
= a
6
, (a
2
)
4
= a
8
= 1.
Capitolo 2 Gruppi 65
Teorema 2.6.9. Sia G =< a > un gruppo ciclico nito di ordine n. Per
ogni divisore m di n esiste uno ed un solo sottogruppo di G avente ordine m.
Dimostrazione. Se m [ n allora n = q m e 1 = a
n
= (a
q
)
m
allora o(a
q
) = m
e pertanto esiste il sottogruppo H =< a
q
> con [H[ = m.
Dimostriamo che unico: supponiamo per assurdo che esista

H tale che [

H[ =
m,

H =< a
k
>. Deve essere (a
k
)
m
= 1 allora k m = n, k m = m q,
k = q da cui a
k
= (a
q
)

H, di conseguenza

H H e poich [

H[ = [H[ = m
(nito), si ha che

H = H.
Il teorema precedente assicura che se di un gruppo nito si conoscono almeno
due sottogruppi diversi con lo stesso ordine, sicuramente quel gruppo non ciclico.
Ad esempio il gruppo quadrinomio e il gruppo dei quaternioni non sono certamente
ciclici. Infatti, come abbiamo visto, il primo ha tre sottogruppi diversi di ordine
2. Il secondo ha tre sottogruppi diversi di ordine 4.
Abbiamo visto che in generale non vale il viceversa del teorema di Lagrange,
vale per il seguente teorema dimostrato nel 1872 da Sylow (1832 1918) e noto
come primo Teorema di Sylow. La dimostrazione di seguito riportata del 1959
ed dovuta a H. Wielandt (1910 2001).
Teorema 2.6.10 (Teorema di Sylow). Se (G, ) un gruppo nito e p
h
divide
lordine di G, con p, h N

, p primo, allora esiste in G almeno un sottogruppo di


ordine p
h
.
Dimostrazione. Sia = K
1
, K
2
, . . . , K
m
linsieme di tutti i sottoinsiemi
di G ciascuno dei quali costituito da p
h
elementi. Sar
(1) m =
_
p
h
r
p
h
_
=
p
h
r (p
h
r 1) (p
h
r ) (p
h
r p
h
+ 1)
p
h
(p
h
1) (p
h
) 1
per ogni , con 0 p
h
1, la massima potenza di p che divide coincide con
la massima potenza di p che divide (p
h
r ) perch (p
h
r ) divisibile per
p se e solo se divisibile per p.
Nella espressione (1) semplicando numeratore e denominatore, rimane che la
massima potenza di p che divide m coincide con la massima potenza di p che divide
r; questa massima potenza sia p
t
(t N e t = 0 nel caso in cui r, e quindi anche
m, sia primo con p), cio p
t
[ m, r ma p
t+1
[ m, r.
Nellinsieme deniamo la relazione: K
i
K
j
se esiste g G tale che K
j
=
g K
i
. Questa una relazione di equivalenza e perci gli elementi di si possono
ripartire nelle classi di equivalenza.
Poich p
t+1
[ m, esiste almeno una classe di equivalenza avente n elementi con
p
t+1
[ n, questa classe di equivalenza sia ( = K
1
, K
2
, . . . , K
n
.
Consideriamo linsieme H = g G [ g K
1
= K
1
, ovviamente risulta H ,=
e H sottogruppo di G, sia [H[ = v.
Capitolo 2 Gruppi 66
Essendo ( una classe di equivalenza, ogni elemento di ( in relazione con K
1
e quindi per ogni i con 2 i n esiste g
i
G tale che K
i
= g
i
K
1
.
Fissato i, contiamo gli elementi di G in base al loro eetto su K
i
:
g K
1
= K
i
g K
1
= g
i
K
1
g
1
i
g K
1
= K
1
g
1
i
g H
e dunque, posto g
1
i
g = g, gli elementi g G tali che g K
1
= K
i
sono tanti quanti
sono i g (essendo g
i
sso),ossia sono tanti quanti gli elementi di H ossia sono v.
Poich questo conteggio vale per ogni i = 2, . . . , n e anche per K
1
, gli elementi
di G sono v +v + +v
. .
nvolte
, ossia [G[ = v n e pertanto risulta
p
h
r = v n
Ricordando che p
t
[ r, si ha p
h+t
= p
h
p
t
[ p
h
r = v n, ma p
t+1
[ n (cio al
massimo p
t
[ n e quindi almeno p
h
[ v) e perci p
h
[ v da cui p
h
v.
Fissiamo k
1
K
1
, si ha H k
1
H K
1
= K
1
e quindi [H k
1
[ = [H[ [K
1
[
ossia v p
h
.
Confrontando le due disugualianze si conclude pertanto che v = p
h
. Si dunque
costruito un sottogruppo H di G con [H[ = p
h
.
La validit del prossimo teorema gi assicurata dal Teorema di Sylow ma
riportiamo anche la seguente dimostrazione indipendente dal Teorema di Sylow.
Teorema 2.6.11 (Teorema di Cauchy). Sia (G, ) un gruppo nito. Per ogni
numero primo p divisore dellordine di G esiste in G un sottogruppo di ordine p.
Dimostrazione. Sia [G[ = n e p [ n, p primo. Indichiamo con 1 lele-
mento neutro di G e consideriamo il seguente insieme di p-uple di G: A =
(x
1
, x
2
, . . . , x
p
) [ x
i
G, x
1
x
2
x
p
= 1. Ogni elemento di A univo-
camente determinato quando si ssano i primi p 1 elementi x
1
, x
2
, . . . , x
p1
della
p-upla, perci gli elementi di A sono tanti quante sono le (p 1)-uple di G di ele-
menti non necessariamente distinti, ossia [A[ = n
p1
. Deniamo in A la seguente
relazione :
(a
1
, . . . , a
p
) (a
i
, a
i+1
, . . . , a
p
, a
1
, . . . , a
i1
)
cio due p-uple sono in relazione quando una si ottiene dellaltra permutando
ciclicamente i suoi elementi. Questa relazione di equivalenza.
Se gli elementi di una p-upla sono tutti uguali allora essa lunico elemento
della sua classe di equivalenza mentre se una p-upla ha almeno due elementi diversi
la sua classe di equivalenza contiene esattamente p p-uple
Sia h il numero di elementi x G tali che x
p
= 1, h perci anche il numero
delle classi di equivalenza con un solo elemento e si ha h > 0 perch c almeno
la p-upla (1, 1, ..., 1); sia k il numero delle classi di equivalenza ciascuna con p
elementi; si ha n
p1
= h +kp.
Capitolo 2 Gruppi 67
Per ipotesi p un divisore di n, e perci p un divisore di n
p1
, inoltre p
divide kp e pertanto p divide h, ci signica che h > 1. Esiste allora almeno una
p-upla del tipo (a, a, ..., a) con a ,= 1 e quindi un elemento a G di periodo p e di
conseguenza almeno un sottogruppo di ordine p.
Ci sono gruppi niti non abeliani in cui linverso del teorema di Lagrange non
vale, ad esempio il gruppo alterno A
4
, [A
4
[ = 12, non ha sottogruppi di ordine 6.
Al contempo esistono gruppi niti non abeliani per i quali il teorema di Lagrange
si inverte, ad esempio il gruppo dei Quaternioni oppure il gruppo diedrico D
p
con
p primo. Ci signica che in generale non vale linverso del Teorema di Lagran-
ge. Tuttavia per alcuni gruppi o famiglie di gruppi vale anche linverso di questo
teorema. Ad esempio il teorema di Lagrange si inverte per tutti i gruppi abeliani
niti come dimostra il seguente teorema.
Teorema 2.6.12. Se (G, ) un gruppo abeliano nito di ordine n allora per
ogni divisore h di n esiste in G almeno un sottogruppo di ordine h.
Dimostrazione. Sia G un gruppo abeliano di ordine n = p
r
1
1
p
r
2
2
p
r
s
s
, con
p
i
numeri primi diversi fra loro, i = 1, . . . , s. Sia h [ n, h = p
h
1
i
1
p
h
2
i
2
p
h
t
i
t
, con p
i
j
numeri primi diversi fra loro. Per il teorema di Sylow esistono in G i sottogruppi
A
1
, A
2
, . . . , A
t
di ordine rispettivamente p
h
1
i
1
, p
h
2
i
2
, . . . , p
h
t
i
t
e tali che A
i
A
j
=< 1 >
perch [A
i
[ e [A
j
[ sono primi tra loro, per ogni i, j = 1, . . . , t, i ,= j.
Poich G abeliano risulta A
1
A
2
= A
2
A
1
e perci A
1
A
2
sottogruppo di G.
Inoltre [A
1
A
2
[ = p
h
1
i
1
p
h
2
i
2
perch gli elementi prodotto a b con a A
1
e b A
2
sono tutti distinti fra loro. Infatti se a, c A
1
, b, d A
2
si ha ab = cd c
1
a =
d b
1
; ma c
1
a A
1
e d b
1
A
2
e pertanto c
1
a = d b
1
A
1
A
2
=< 1 >;
ne segue che a b = c d c
1
a = d b
1
= 1 a = c, b = d.
Analogamente A
1
A
2
A
3
= (A
1
A
2
)A
3
sottogruppo di G di ordine p
h
1
i
1
p
h
2
i
2
p
h
3
i
3
e procedendo in questo modo si ha che A
1
A
2
A
t
un sottogruppo di G di
ordine h.
7. Esercizi relativi al Capitolo 2
Esercizio 2.7.1.
Dimostrare che nella denizione di gruppo
lassioma (1) non dipende dagli assiomi (2) e (3);
lassioma (2) non dipende dagli assiomi (1) e (3);
lassioma (3) non dipende dagli assiomi (1) e (2).
Capitolo 2 Gruppi 68
Soluzione - E suciente portare lesempio di una struttura in cui valgono due
assiomi ma non vale il terzo. Si portano, rispettivamente, i seguenti esempi.
(1
+
0
, ) con a b = a +b 2

ab per ogni a, b 1
+
0
.
(0, 1, ).
(Z, ).
Esercizio 2.7.2.
Sia Z
6
linsieme delle classi resto modulo 6. Dimostrare che (Z
6
, +) un gruppo
rispetto loperazione [a] + [b] = [a +b]. Costruire la tabella delloperazione.
Soluzione - La propriet associativa vale perch immediata conseguenza della
propriet associativa di Z. Come mostra la tabella delloperazione, [0] elemento
neutro e per ogni [a] Z
6
esiste lopposto [a] = [6 a].
+ [0] [1] [2] [3] [4] [5]
[0] [0] [1] [2] [3] [4] [5]
[1] [1] [2] [3] [4] [5] [0]
[2] [2] [3] [4] [5] [0] [1]
[3] [3] [4] [5] [0] [1] [2]
[4] [4] [5] [0] [1] [2] [3]
[5] [5] [0] [1] [2] [3] [4]
Esercizio 2.7.3.
Sia Z
6
linsieme delle classi resto modulo 6. Dimostrare che (Z

6
, ) non un gruppo
rispetto loperazione [a] [b] = [ab]. Costruire la tabella delloperazione.
Soluzione - (Z

6
, ) non un gruppo perch, per esempio [2] [3] = [0] , Z

6
. La
tabella delloperazione
[1] [2] [3] [4] [5]
[1] [1] [2] [3] [4] [5]
[2] [2] [4] [0] [2] [4]
[3] [3] [0] [3] [0] [3]
[4] [4] [2] [0] [4] [2]
[5] [5] [4] [3] [2] [1]
Esercizio 2.7.4.
Sia Z
7
linsieme delle classi resto modulo 7. Dimostrare che (Z

7
, ) un gruppo
rispetto loperazione [a] [b] = [a b]. Costruire la tabella delloperazione.
Soluzione - La propriet associativa vale perch immediata conseguenza della
propriet associativa di Z. Come mostra la tabella delloperazione, [1] elemento
neutro e per ogni [a] Z

7
esiste linverso [a
1
].
Capitolo 2 Gruppi 69
[1] [2] [3] [4] [5] [6]
[1] [1] [2] [3] [4] [5] [6]
[2] [2] [4] [6] [1] [3] [5]
[3] [3] [6] [2] [5] [1] [4]
[4] [4] [1] [5] [2] [6] [3]
[5] [5] [3] [1] [6] [4] [2]
[6] [6] [5] [4] [3] [2] [1]
Esercizio 2.7.5.
Dimostrare che non possibile completare la seguente tabella in modo da ottenere
un gruppo.
e a b c d
e e a b c d
a a e
b b
c c b
d d b
Soluzione - Nella colonna di
tt
a
tt
non possibile mettere lelemento b perch gi
presente nelle ultime tre righe.
Esercizio 2.7.6.
In

si consideri la seguente operazione:


a b =
1
2
ab per ogni a, b

.
Dimostrare che (

, ) un gruppo abeliano.
Soluzione - La propriet associativa e la propriet commutativa seguono, ri-
spettivamente, dalla propriet associativa e dalla propriet commutativa di .
Lelemento neutro 2. Lelemento inverso di a
4
a
, per ogni a

.
Esercizio 2.7.7.
Nellinsieme G = 1, 1 1, 1 si consideri loperazione denita da
(a, n) (b, m) = (a b +a m+b n, n m)
Dimostrare che (G, ) un gruppo abeliano.
Soluzione
Propriet associativa: per ogni (a, n), (b, m), (c, i) 1, 1 risulta
[(a, n)(b, m)](c, i) = (ab + am + bn, nm)(c, i) = (abc + amc + bnc + abi +
ami +bni +nmc, nmi) = (a, n)(bc +bi +mc, mi) = (a, n)[(b, m)(c, i)].
Elemento neutro: (0, 1).
Elemento inverso: per ogni (a, n) 1, 1 se n = 1 si ha (a, 1)
1
=
(
a
a+1
, 1) mentre se n = 1 si ha (a, 1)
1
= (
a
a1
, 1).
Capitolo 2 Gruppi 70
Esercizio 2.7.8.
Sia (G, ) un gruppo tale che (ab)
2
= a
2
b
2
per ogni a, b G. Dimostrare che G
abeliano.
Soluzione - Si ha (ab)
2
= abab e a
2
b
2
= aabb. Poich per ipotesi (ab)
2
= a
2
b
2
,
segue abab = aabb da cui a
1
(abab)b
1
= a
1
(aabb)b
1
e pertanto ba = ab per ogni
a, b G.
Esercizio 2.7.9.
Sia 1 linsieme dei numeri reali. Dimostrare che rispetto al prodotto righe per
colonne sono gruppi i seguenti insiemi:
(1) Linsieme GL
n
(1) delle matrici quadrate di ordine n con determinante
non nullo a coecienti nellinsieme 1 dei numeri reali.
(2) ( = {
_
a 5b
b 3b +a
_
, a, b 1, (a, b) ,= (0, 0) }.
(3) ( = {
_
a b
0 d
_
, ad ,= 0, a, b, d 1 }.
(4) ( = {
_
a b
0 a
1
_
, a ,= 0, a, b 1 }.
Soluzione - In tutti i casi presentati, la propriet associativa facilmente veri-
cabile calcolando il prodotto di tre qualunque matrici di (. Inoltre in tutti i casi
considerati, la matrice
_
1 0
0 1
_
( ed lelemento neutro.
(1) Per ogni M =
_
a b
c d
_
( risulta M
1
=
_
d
adbc
b
adbc
c
adbc
a
adbc
_
(.
(2) Per ogni M =
_
a 5b
b 3b +a
_
( risulta M
1
=
_
r s
t u
_
con
r =
3b+a
3ab+a
2
+5b
2
, s =
5b
3ab+a
2
+5b
2
, t =
b
3ab+a
2
+5b
2
, u =
a
3ab+a
2
+5b
2
e M
1
(
perch s = 5t, u = 3t +r; r, t 1.
(3) Per ogni M =
_
a b
0 d
_
( risulta M
1
=
_
r s
t u
_
con r = d, s =
b, t = 0, u = a e M
1
( perch ru ,= 0; r, s, u 1.
(4) Per ogni M =
_
a b
0 a
1
_
( risulta M
1
=
_
r s
t u
_
con r =
a
1
, s = b, t = 0, u = a e M
1
( perch r ,= 0; r, s 1.
Esercizio 2.7.10. Sia
( = {I
1
=
_
1 0
0 1
_
, I
2
=
_
1 0
0 1
_
, I
3
=
_
0 1
1 0
_
, I
4
=
_
0 1
1 0
_
,
Capitolo 2 Gruppi 71
I
5
=
_
0 i
i 0
_
, I
6
=
_
0 i
i 0
_
, I
7
=
_
i 0
0 i
_
, I
8
=
_
i 0
0 i
_
}con i
2
= 1.
Dimostrare che ( un gruppo rispetto al prodotto righe per colonne. Studiare
questo gruppo di ordine 8.
Soluzione - Per ogni M ( si ha detM = 1. ( gruppo perch in ( vale la
propriet associativa, la matrice
_
1 0
0 1
_
elemento neutro ed esiste linversa di
ogni matrice. Studiamo il periodo degli elementi (deve essere un divisore di 8).
Periodo 2: I
2
= I
1
2
.
Periodo 4: I
3
, I
4
= I
1
3
, I
5
, I
6
= I
1
5
, I
7
, I
8
= I
1
7
.
( isomorfo al gruppo dei quaternioni Q
8
nellisomorsmo : ( Q
8
denito da
(I
1
) = 1, (I
2
) = 1, (I
3
) = i, (I
4
) = i, (I
5
) = j, (I
6
) = j, (I
7
) =
k, (I
8
) = k.
Esercizio 2.7.11. Sia
( = {
_
a b
c d
_
, ad bc ,= 0, a, b, c, d Z
3
}.
(1) Dimostrare che ( un gruppo rispetto al prodotto righe per colonne.
(2) Dimostrare che [([ = 48.
(3) Dimostrare che se si richiede ad bc = 1 allora si ha [([ = 24.
Soluzione -
(1) Tenendo presente le tabelle delle operazioni di somma e prodotto nei
gruppi (Z
3
, +) e (Z

3
, ), facile vericare che ( gruppo.
(2) Tutte le matrici quadrate di ordine 2 ad elementi in Z
3
sono tante quante le
disposizioni con ripetizione di tre elementi a quattro a quattro e pertanto
sono 3
4
= 81. Da queste matrici occorre escludere quelle con determinante
nullo, contiamole:
sia ad = bc ,= 0; le matrici siatte sono 2 4 = 8;
sia ad = bc = 0; le matrici sono 25 (a ,= 0, d = 0, bc = 0 sono 10
matrici; a = 0, d ,= 0, bc = 0 sono 10 matrici; ad = 0 con a = d = 0
sono 5 matrici).
In totale le matrici con ad bc = 0 sono 33 e pertanto le matrici di (
sono 81 33 = 48.
(3) Per ogni a, b, c, d Z
3
tali che ad bc = 1 esiste x Z

3
tale che (ad
bc)x = 2 e viceversa per ogni a, b, c, d Z
3
tali che ad bc = 2 esiste
y Z

3
tale che (ad bc)y = 1 e pertanto le matrici M con detM = 1
sono tante quante le matrici M con detM = 2. Come dimostrato in (2),
le matrici M con detM ,= 0 sono 48 e pertanto le matrici con detM = 1
sono
48
2
= 24.
Capitolo 2 Gruppi 72
Esercizio 2.7.12. Sia
( = {
_
a b
c d
_
, ad bc ,= 0, a, b, c, d Z
p
, p primo}.
(1) Dimostrare che ( un gruppo rispetto al prodotto righe per colonne.
(2) Dimostrare che [([ = p(p 1)
2
(p + 1).
(3) Dimostrare che se si richiede adbc = 1 allora si ha [([ = p(p1)(p+1).
Soluzione -
(1) Tenendo presente le tabelle delle operazioni di somma e prodotto nei
gruppi (Z
p
, +) e (Z

p
, ), facile vericare che ( gruppo.
(2) Tutte le matrici quadrate di ordine 2 ad elementi in Z
p
sono tante quante le
disposizioni con ripetizione di tre elementi a quattro a quattro e pertanto
sono p
4
. Contiamo quelle con determinante nullo, ossia con ad = bc.
Sia ad = bc ,= 0; poich per ad ,= 0 si hanno (p1)(p1) possibilit,
per ogni b ,= 0 rimane univocamente determinato c e pertanto le
matrici con ad = bc ,= 0 sono in totale [(p1)(p1)](p1) = (p1)
3
.
Sia ad = bc = 0. Se a = d = 0 si hanno (p 1) possibilit se
b ,= 0, (p 1) possibilit se c ,= 0, una possibilit se c = b = 0.
Se a ,= 0 si hanno (2p 1) possibilit (p se b = 0 e (p 1) se
b ,= 0) e dunque, poich a ,= 0 per (p 1) valori, si hanno in totale
(p 1)(2p 1) possibilit. Analogamente se d ,= 0. In totale ad =
bc = 0 in 2 (p 1) + 1 + 2 (p 1)(2p 1) = 4p
2
4p + 1 casi.
In totale le matrici con adbc = 0 sono (p1)
3
+4p
2
4p+1 = p
3
+p
2
p
e pertanto le matrici di ( sono p
4
p
3
p
2
+p = p(p 1)
2
(p + 1).
(3) In ( la relazione
tt
avere lo stesso determinante
tt
di equivalenza ed esisto-
no esattamente (p1) classi di equivalenza (una per ogni x Z

p
). Poich
per ogni r, s Z

p
esiste ed unico t Z

p
tale che s = rt, come si verica
facilmente, due classi di equivalenza hanno lo stesso numero di elementi e
pertanto ogni classe di equivalenza ha esattamente
[[
p1
= p(p 1)(p + 1)
elementi. Ci vale anche per la classe i cui elementi hanno determinante
uguale a 1.
Esercizio 2.7.13. Sia G = (a, b) [ a, b 1, a ,= 0 e in G si consideri lo-
perazione denita da (a, b)(c, d) = (ac, bc + d). Vericare che rispetto a questa
operazione G un gruppo non abeliano e determinare gli elementi di G che hanno
periodo nito.
Soluzione - G gruppo perch vale la propriet associativa (conseguenza dellasso-
ciativa di 1). Lelemento (1, 0) elemento neutro. Linverso di (a, b) (a
1
, ba
1
).
Il gruppo non abeliano perch, per esempio, (1, 3)(2, 5) ,= (2, 5)(1, 3). Se (a, b)
ha periodo nito, da (a, b)
n
= (a
n
, . . .) segue che a deve avere periodo nito e
pertanto si hanno due soli casi: a = 1 oppure a = 1.
Capitolo 2 Gruppi 73
Se a = 1 allora (1, b)
n
= (1, nb) e pertanto (1, nb) = (1, 0) solo per b = 0. Se
a = 1 allora (1, b)
2
= (1, 0) qualunque sia b.
Gli elementi di periodo nito diversi dallelemento neutro sono dunque gli elementi
del tipo (1, b); essi hanno tutti periodo 2.
Esercizio 2.7.14. Sia (G, ) un gruppo. Dimostrare che per ogni n Z e per
ogni a, b G, si ha che:
(1) (ba)
n
= a
1
(ab)
n
a.
(2) Gli elementi ab e ba hanno lo stesso periodo.
Soluzione -
(1) (ba)
n
= ba ba . . . ba
. .
n volte
= (a
1
a) ba ba . . . ba
. .
n volte
= a
1
(ab ab . . . ab
. .
n volte
)a =
a
1
(ab)
n
a.
(2) Sia o(ba) = n, allora (ba)
n
= 1 da cui, per quanto dimostrato in (1),
a
1
(ab)
n
a = 1, (ab)
n
= aa
1
= 1 e pertanto o(ab) = n perch se n non
fosse il minimo intero per cui (ab)
n
= 1, non lo sarebbe nemmeno per ba
ossia n non sarebbe il periodo di a.
Esercizio 2.7.15. Sia G un gruppo di ordine pari. Dimostrare che il numero
degli elementi di G di periodo 2 dispari.
Soluzione - Sia [G[ = 2n. Un elemento di G ha periodo 2 se coincide con il proprio
inverso e pertanto gli elementi di G che non hanno periodo 2 si possono suddividere
in coppie (a, a
1
) con a ,= a
1
; gli elementi di G che non hanno periodo 2 sono
pertanto in numero pari, siano 2t, 0 t < n. Indicando con 1
G
lelemento neutro,
gli elementi di G di periodo 2 sono quindi [G[ 1
G
2t = 2n12t = 2(nt) 1
ossia sono in numero dispari.
Esercizio 2.7.16.
Determinare tutti i sottogruppi del gruppo diedrico D
4
.
Soluzione - Sia D
4
= a
0
= 1, a, a
2
, a
3
, b, ba, ba
2
, ba
3
. I sottogruppi sono:
H
0
= 1, H
1
=< a
2
>= 1, a
2
, H
2
= 1, b, H
3
= 1, ba, H
4
= 1, ba
2
, H
5
=
1, ba
3
, H
6
=< a >= 1, a, a
2
, a
3
, H
7
= 1, a
2
, b, ba
2
, H
8
= D
4
.
Esercizio 2.7.17.
Si consideri il gruppo (

, ). Determinare in

i laterali dei sottogruppi H =


1, 1 e K = r

[ r > 0 =

+
.
Soluzione - I laterali di H sono qH = q, q con q

+
. I laterali di K =

+
sono

+
= K e

= e

[ r < 0.
Capitolo 2 Gruppi 74
Esercizio 2.7.18.
Dimostrare che il Teorema di Lagrange si inverte per i gruppi diedrali D
p
con p
numero primo.
Soluzione - [D
p
[ = 2p e i divisori sono 2 e p. In D
p
ci sono i sottogruppi H = 1, b
con o(b) = 2 e K =< a > con o(a) = p. Dunque [H[ = 2, [K[ = p. Si noti che il
teorema di Lagrange si inverte in D
p
pur essendo questo un gruppo non abeliano
(come il caso del gruppo Q
8
dei quaternioni).
CAPITOLO 3
Gruppi di Permutazioni
In questo capitolo studiamo propriet fondamentali delle permutazioni e i due
gruppi di permutazioni per eccellenza: il gruppo simmetrico e il gruppo alterno.
I gruppi di permutazioni sono importanti perch ogni gruppo astratto si pu
pensare come gruppo di permutazioni (Teorema di Cayley).
1. Permutazioni. Gruppo Simmetrico.
Una permutazione unapplicazione biunivoca di un insieme in se stesso. Se
, sono due permutazioni sullo stesso insieme, useremo semplicemente la scrittura
per indicare .
Denizione 3.1.1. Sia A un insieme non vuoto e sia o linsieme di tutte
le permutazioni su A. Linsieme o rispetto alloperazione di composizione un
gruppo detto gruppo simmetrico (o totale) su A e si indica con SymA oppure
con o
A
.
Per n N, n 3, il gruppo simmetrico non abeliano.
Nel caso in cui A sia nito di ordine n, il gruppo simmetrico su A indicato
anche con o
n
e risulta [o
n
[ = n! perch gli elementi di questo gruppo sono tutte
e sole le disposizioni senza ripetizioni su n oggetti.
Esempio 3.1.2.
Esplicitiamo i gruppi simmetrici per n = 1, 2, 3.
A = 1; o
1
= a
1
con a
1
=
_
1
1
_
, [o
1
[=1 .
A = 1, 2; o
2
= a
1
, a
2
con a
1
=
_
1 2
1 2
_
, a
2
=
_
1 2
2 1
_
,
[o
2
[ = 2! = 2.
a
1
a
2
a
1
a
1
a
2
a
2
a
2
a
1
75
Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 76
A = 1, 2, 3; o
3
= a
1
, a
2
, a
3
, a
4
, a
5
, a
6
con
a
1
=
_
1 2 3
1 2 3
_
, a
2
=
_
1 2 3
1 3 2
_
, a
3
=
_
1 2 3
3 2 1
_
,
a
4
=
_
1 2 3
2 1 3
_
, a
5
=
_
1 2 3
2 3 1
_
, a
6
=
_
1 2 3
3 1 2
_
,
[o
3
[ = 3! = 6;
a
1
a
2
a
3
a
4
a
5
a
6
a
1
a
1
a
2
a
3
a
4
a
5
a
6
a
2
a
2
a
1
a
6
a
5
a
4
a
3
a
3
a
3
a
5
a
1
a
6
a
2
a
4
a
4
a
4
a
6
a
5
a
1
a
3
a
2
a
5
a
5
a
3
a
4
a
2
a
6
a
1
a
6
a
6
a
4
a
2
a
3
a
1
a
5
a
4
a
3
= a
6
,= a
5
= a
3
a
4
dunque o
3
non commutativo.
Sottogruppi di o
3
di ordine 3: H = a
1
, a
5
, a
6
.
Sottogruppi di o
3
di ordine 2: H
1
= a
1
, a
2
, H
2
= a
1
, a
3
, H
3
= a
1
, a
4
.
Esempio 3.1.3.
A = 1, 2, 3, 4;
o
4
= id, a
1
, a
2
, a
3
, a
4
, a
5
, a
6
, a
7
, a
8
, a
9
, b
1
, b
2
, b
3
, b
4
, b
5
, b
6
, b
7
, b
8
, c
1
, c
2
, c
3
, c
4
, c
5
, c
6
con
id = identit a
1
= ( 1 2 ); a
2
= ( 1 3 );
a
3
= ( 1 4 ); a
4
= ( 2 3 ); a
5
= ( 2 4 );
a
6
= ( 3 4 ); a
7
= ( 1 2 )( 3 4 ); a
8
= ( 1 3 )( 2 4 );
a
9
= ( 1 4 )( 2 3 ); b
1
= ( 2 3 4 ); b
2
= ( 2 4 3 );
b
3
= ( 1 3 4 ); b
4
= ( 1 4 3 ); b
5
= ( 1 2 4 );
b
6
= ( 1 4 2 ); b
7
= ( 1 2 3 ); b
8
= ( 1 3 2 );
c
1
= ( 1 2 3 4 ); c
2
= ( 1 4 3 2 ); c
3
= ( 1 2 4 3 );
c
4
= ( 1 3 4 2 ); c
5
= ( 1 4 2 3 ); c
6
= ( 1 3 2 4 ).
Sottogruppi di ordine 2. Sono nove, ossia tanti quanti gli elementi di
periodo 2: W = id, con a
1
, a
2
, a
3
, a
4
, a
5
, a
6
, a
7
, a
8
, a
9
.
Sottogruppi di ordine 3. Sono quattro: K = id, ,
1
con b
1
, b
3
, b
5
, b
7
.
Sottogruppi di ordine 4. I loro elementi devono avere periodo 2 o 4:
H
1
= id, c
1
, c
2
1
, c
3
1
H
2
= id, c
3
, c
2
3
, c
3
3
H
3
= id, c
5
, c
2
5
, c
3
5

H
4
= id, a
7
, a
8
, a
9
H
5
= id, a
1
, a
6
, a
7
H
6
= id, a
2
, a
5
, a
8

H
7
= id, a
3
, a
4
, a
9
H
8
= id, a
8
, c
1
, c
2
H
9
= id, a
7
, c
3
, c
4

H
10
= id, a
9
, c
5
, c
6

Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 77


Sottogruppi di ordine 6. Esistono, ad esempio H = id, a
1
, a
3
, a
5
, b
5
, b
6
=
WK con W = id, a
1
, K = id, b
5
, b
6
.
Sottogruppi di ordine 8. Esistono, ad esempio H = id, a
1
, a
6
, a
7
, a
8
, a
9
, c
5
, c
6
=
WK con W = id, a
1
, K = id, a
7
, a
8
, a
9
.
Sottogruppi di ordine 12. E uno solo
A
4
= id, a
7
, a
8
, a
9
, b
1
, b
2
, b
3
, b
4
, b
5
, b
6
, b
7
, b
8

Denizione 3.1.4. Sia A un insieme non vuoto e sia r N tale che 1 r


[A[. Si denisce ciclo di lunghezza r (o r-ciclo) ogni elemento SymA che
permuta ciclicamente r elementi di A e ssa tutti i rimanenti.
Un ciclo di lunghezza 2 detto trasposizione.
In altre parole, una permutazione SymA un r-ciclo nel caso in cui in A esi-
stano r elementi distinti i
1
, i
2
, . . . , i
r
tali che (i
1
) = i
2
, (i
2
) = i
3
, . . . , (i
r1
) =
i
r
, (i
r
) = i
1
e (x) = x per ogni x A i
1
, i
2
, . . . , i
r
.
Si usa rappresentare un r-ciclo con una notazione a una riga ossia si scrive un
elemento del ciclo, alla sua destra la sua immagine e cos via no alla chiusura del
ciclo. Ad esempio se A = 1, 2, 3, 4, 5, 6 la permutazione su A data da:
=
_
1 2 3 4 5 6
3 2 4 6 5 1
_
un ciclo di lunghezza 4 e pi semplicemente si scrive:
= ( 1 3 4 6 ) = ( 3 4 6 1 ) = ( 4 6 1 3 ) = ( 6 1 3 4 )
Si noti che le seguenti rappresentazioni deniscono tutte lo stesso ciclo:
( a
1
a
2
a
n
), ( a
2
a
3
a
n
a
1
), ( a
3
a
4
a
n
a
1
a
2
), ecc..
Esempio 3.1.5.
In o
7
le permutazioni:
a =
_
1 2 3 4 5 6 7
2 5 1 6 4 3 7
_
=
_
1 2 5 4 6 3
_
b =
_
1 2 3 4 5 6 7
3 1 5 4 6 2 7
_
=
_
1 3 5 6 2
_
c =
_
1 2 3 4 5 6 7
2 1 3 4 5 6 7
_
=
_
1 2
_
sono rispettivamente un 6-ciclo, un 5-ciclo e una trasposizione.
Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 78
La permutazione:
d =
_
1 2 3 4 5 6 7
2 1 3 4 6 7 5
_
non un r-ciclo per nessun r N.
Denizione 3.1.6. Due cicli , SymA sono detti disgiunti se sono
disgiunti i due insiemi: x A [ (x) ,= x e x A [ (x) ,= x
Esempio 3.1.7.
Consideriamo in o
7
i cicli:
a =
_
1 2 3 4 5 6 7
2 3 5 4 7 6 1
_
=
_
1 2 3 5 7
_
b =
_
1 2 3 4 5 6 7
1 2 3 6 5 4 7
_
=
_
4 6
_
c =
_
1 2 3 4 5 6 7
1 2 3 5 6 4 7
_
=
_
4 5 6
_
I cicli a e b sono disgiunti; i cicli a e c non sono disgiunti, cos come i cicli b e c.
Nota 3.1.8.
(1) Dalla denizione 3.1.6 segue che se e sono cicli disgiunti, allora (x) ,=
x implica (x) = x. Inoltre se i cicli e sono disgiunti, risulta =
ossia due cicli disgiunti commutano
(2) Se due trasposizioni non sono disgiunte si ha (a b)(b c) = (b c)(a c).
I cicli sono permutazioni molto importanti perch risultano essere
tt
i numeri
primi
tt
con cui costruire tutte le permutazioni.
Teorema 3.1.9. Sia A di ordine nito, [A[ = n. Ogni permutazione o
n
si pu scomporre in modo unico nel prodotto di cicli disgiunti.
Dimostrazione. Sia o
n
; deniamo in A la relazione
x y y =
m
(x) , m N
Questa una relazione di equivalenza e quindi gli elementi di A vengono ri-
partiti in classi di equivalenza. Una classe di equivalenza ha un solo elemento x
se e solo se (x) = x; in caso contrario gli elementi della classe sono permutati
ciclicamente da .
Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 79
Siano (
1
, (
2
, . . . , (
t
le classi di equivalenza aventi ciascuna pi di un elemento,
ossia le classi formate dagli elementi non ssati da . Per ogni (
i
deniamo la
permutazione
i
: A A tale che
i
(x) = (x) per ogni x (
i
, e
i
(x) = x
per ogni x A(
i
. La permutazione
i
permuta ciclicamente gli elementi di (
i
e
ssa gli elementi di A(
i
e perci, a partire dalle classi (
1
, (
2
, . . . , (
t
, si ottiene una
scomposizione di in cicli disgiunti =
1

2
. . .
t
(lordine non ha importanza
perch essendo cicli disgiunti commutano fra loro).
La scomposizione di in cicli disgiunti cos ottenuta unica, infatti sia =

2
. . .
s
con
i
cicli disgiunti, i = 1, . . . , s. Se
i
=
_
x
1
x
2
. . . x
h
_
si ha
(x
1
) = x
2
, (x
2
) = x
3
=
2
(x
1
), . . . ,
h1
(x
1
) = x
h
,
h
(x
1
) = x
1
e perci x
1
, x
2
, . . . , x
h
sono tutti e soli gli elementi di una classe di equivalenza
(
r
e pertanto
i
=
r
. Ne segue che s = t e che le scomposizioni =
1
. . .
t
e
=
1
. . .
t
coincidono a meno dellordine dei fattori.
Esempio 3.1.10.
In o
7
considerata la permutazione: =
_
1 2 3 4 5 6 7
2 1 4 5 3 7 6
_
si ha
= (1 2)(3 4 5)(6 7) = (3 4 5)(1 2)(6 7).
Nota 3.1.11. Se f o
n
id e f =
1

2
. . .
t
una scomposizione di f in
cicli disgiunti, allora il periodo di f il m.c.m. delle lunghezze dei cicli
i
.
Teorema 3.1.12. Ogni permutazione di S
n
il prodotto di trasposizioni.
Dimostrazione. Poich ogni permutazione di S
n
il prodotto di cicli disgiun-
ti, basta provare che un ciclo prodotto di trasposizioni. Poich risulta
( a
1
a
2
. . . a
m
) = ( a
1
a
m
)( a
1
a
m1
)( a
1
a
m2
) . . . ( a
1
a
2
)
il teorema provato.
Nota 3.1.13. La scomposizione di un ciclo nel prodotto di trasposizioni non
univocamente determinata. Per esempio in o
4
si ha:
=
_
1 2 3
_
=
_
1 3
_ _
1 2
_
ma anche
=
_
1 2 3
_
=
_
1 4
_ _
1 3
_ _
3 4
_ _
1 2
_
Teorema 3.1.14. La permutazione identit 1
E
S
E
, [E[ = n, non pu
essere espressa come prodotto di un numero dispari di trasposizioni.
Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 80
Dimostrazione. Iniziamo con losservare che 1
E
non pu essere espressa da
esattamente una trasposizione perch se 1
E
= (a b) si ha 1
E
(a) = b ,= a e ci
assurdo. Supponiamo sia
(1) 1
E
=
1

2
. . .
2t+1
, t 1,
i
trasposizioni di S
E
.
Sia a E un elemento che compare in almeno una trasposizione
i
. Poich due
trasposizioni o sono disgiunte e quindi commutano oppure, se non sono disgiunte,
si ha (a b)(a c) = (a c)(b c), si pu scrivere la (1) in modo che le trasposizioni che
contengono lelemento a siano le prime r, ossia
(2) 1
E
=
1

2
. . .
r

r+1
. . .
2t+1
con
1
=
_
a x
1
_
,
2
=
_
a x
2
_
, . . . ,
r
=
_
a x
r
_
mentre le trasposizio-
ni
r+1
, . . . ,
2t+1
ssano lelemento a perch non lo contengono. Se gli elementi
x
1
, x
2
, ..., x
r
non sono tutti distinti, considerati
m
= (a x
m
) =
n
= (a x
n
), con gli
opportuni scambi si portano
m
e
n
consecutivi e si eliminano perch
m

n
= 1
E
.
Nella decomposizione di 1
E
a cui si perviene dopo queste operazioni, si possono
avere due casi:
Esistono delle trasposizioni contenenti a: siano
1
= (a y
1
), ...,
s
= (a y
s
)
con y
i
,= y
j
per i ,= j, 1
E
=
1

2
. . .
s

s+1
. . .
h
. In tal caso considerata

i
= (a y
i
), 1 i s si ha 1
E
(a) = y
i
,= a e ci assurdo.
Non esistono trasposizioni contenenti a. Ci signica che in (1) le tra-
sposizioni contenenti lelemento a si sono a due a due
tt
eliminate
tt
, ossia
in (1) le trasposizioni che contenevano a erano in numero pari e pertan-
to la permutazione identit rimane scomposta in un numero dispari di
trasposizioni in cui non gura pi lelemento a. Ripetendo quanto fatto
per lelemento a per ogni elemento che compare nella scomposizione della
permutazione identit, si ottiene la scomposizione 1
E
=
1

2

2k+1
,
k 0, in cui gli elementi che compaiono nelle trasposizioni
i
sono tutti
diversi fra loro e ci assurdo perch se
i
= (a b) una qualunque di
queste, si ha 1
E
(a) = b ,= a.

Dal teorema ora dimostrato segue una importante propriet delle permutazioni:
il numero di trasposizioni in cui si pu scomporre una permutazione o sempre
pari o sempre dispari.
Teorema 3.1.15. Sia o
E
, [E[ = n, =
1

2
. . .
h
e =
1

2
. . .
k
con
i
e
j
trasposizioni per i = 1, 2, . . . , h e j = 1, 2, . . . , k. Allora risulta
h k mod 2.
Dimostrazione. Poich ogni trasposizione coincide con la propria inversa si
ha
1
=
k
. . .
1
e 1
E
=
1
=
1

2
. . .
h

k1
. . .
1
. Nel caso in cui h e
k siano uno pari e laltro dispari, signica che possibile scrivere 1
E
come prodotto
Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 81
di un numero dispari di trasposizioni e ci assurdo per quanto dimostrato nel
teorema precedente.
La propriet invariante dimostrata nel teorema precedente permette di dare la
seguente denizione.
Denizione 3.1.16. Sia una permutazione su A nito. Si dice che di
classe pari (rispettivamente classe dispari ) se si pu scrivere come prodotto
di un numero pari (rispettivamente dispari) di trasposizioni.
Nota 3.1.17.
Un ciclo di lunghezza r pari se e solo se r dispari.
La permutazione identit di classe pari (vedi teorema 3.1.14).
Teorema 3.1.18. Sia E = 1, 2, . . . , n, per ogni ssato i E il gruppo o
n
generato dalle n 1 trasposizioni
_
i 1
_
,
_
i 2
_
, . . . ,
_
i j
_
, . . . ,
_
i n
_
con i ,= j.
Dimostrazione. Per n = 1 e n = 2 la tesi banalmente vera. Sia n > 2 e sia
_
r s
_
una trasposizione con i ,= r, s. Si ha
_
r s
_
=
_
i r
_ _
i s
_ _
i r
_
e pertanto ogni elemento di o
n
pu essere scomposto nel prodotto di trasposizioni
del tipo
_
i 1
_
,
_
i 2
_
, . . . ,
_
i j
_
, . . . ,
_
i n
_
con i ,= j.

Teorema 3.1.19. Sia (G, ) un sottogruppo di o


n
generato da un n-ciclo
= ( i
1
i
2
. . . i
n
) e dalla trasposizione =
_
i
k
i
k+1
_
. Allora G = o
n
.
Dimostrazione. Ordinando opportunamente 1, 2, . . . , n si pu assumere
= ( 1 2 . . . n ) e =
_
1 2
_
.
Si ha
_
1 2
_

1
=
_
2 3
_
,
_
2 3
_

1
=
_
3 4
_
, . . . ,
_
n 2 n 1
_

1
=
_
n 1 n
_
e pertanto per ogni r = 2, 3, ..., n la trasposizione (r 1 r) G.
Poich in G esistono la trasposizione = (1 2) e le trasposizioni (r 1 r)
per ogni r = 2, 3, ..., n, procedendo ricorsivamente, si ottiene che in G esistono le
trasposizioni:
(1 3) = (2 3)(1 2)(2 3)
(1 4) = (3 4)(1 3)(3 4)
.
.
.
Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 82
(1 n) = (n 1 n)(1 n 1)(n 1 n).
Per il teorema precedente le trasposizioni
_
1 2
_
,
_
1 3
_
, . . . ,
_
1 n
_
ge-
nerano o
n
e pertanto rimane provato che G = , ) = o
n
.
2. Gruppo Alterno
Denizione 3.2.1. Linsieme delle permutazioni pari di o
n
forma un sotto-
gruppo di o
n
detto gruppo alterno su n elementi e indicato con /
n
.
Teorema 3.2.2. Se n > 1 si ha:
[/
n
[ =
n!
2
Dimostrazione. Sia /
n
= p
1
, p
2
, . . . , p
t
, [/
n
[ = t linsieme delle permuta-
zioni di classe pari e sia o
n
/
n
= q
1
, q
2
, . . . , q
v
, [o
n
/
n
[ = v, linsieme delle
permutazioni di classe dispari. Sia una qualunque trasposizione.
Linsieme /
n
= p
1
, p
2
, . . . , p
t
costituito da t permutazioni dispari e
quindi t v. Analogamente (o
n
/
n
) = q
1
, q
2
, . . . , q
v
costituito da v
permutazioni pari e quindi v t. Risulta pertanto v = t =
1
2
[o
n
[ =
1
2
n!.
Teorema 3.2.3. Sia E = 1, 2, . . . , n con n 3, siano i, j E, i ,= j. Il
gruppo alterno /
n
generato dagli n 2 cicli di lunghezza tre:
_
i j 1
_
,
_
i j 2
_
, . . . ,
_
i j k
_
, . . . ,
_
i j n
_
con k ,= i, j.
Dimostrazione. Fissato i E il gruppo o
n
generato dalle n 1 trasposi-
zioni
(i h) con h E i
e perci ogni elemento di /
n
pu essere espresso come prodotto di un numero pari
di queste trasposizioni, ma due trasposizioni consecutive possono essere associate
e diventare quindi un 3-ciclo (a meno che i fattori non siano uguali, nel qual
caso il loro prodotto lidentit), ad esempio
_
i s
_ _
i r
_
=
_
i r s
_
con
(r ,= s ; i ,= r, s). Dunque /
n
generato dai 3-cicli.
Se n = 3 il teorema banalmente vero essendo /
n
=
_
1 2 3
__
. Sia n 4
e sia j E, i ,= j; si ha
_
i r j
_
=
_
i j r
_ _
i j r
_
inoltre se r, s E i, j si ha
_
i r s
_
=
_
i j s
_ _
i j r
_ _
i j r
_
Capitolo 3 Gruppi di Permutazione 83
e pertanto ogni 3-ciclo si pu scrivere come prodotto di 3-cicli del tipo
_
i j 1
_
,
_
i j 2
_
, . . . ,
_
i j k
_
, . . . ,
_
i j n
_
con k ,= i, j.
Poich /
n
generato dai 3-cicli, rimane provato che /
n
generato dai 3-cicli del
tipo
_
i j 1
_
,
_
i j 2
_
, . . . ,
_
i j k
_
, . . . ,
_
i j n
_
con k ,= i, j.

Permutazioni pari e ... rompicapo.


A conclusione di questo capitolo illustriamo un rompicapo, ancora attuale, per
il quale determinante la nozione di permutazione pari.
Fu inventato nel XIX secolo da Sam Loyd (18411911) . Si tratta di una piccola
cornice contenente quindici tessere, numerate da 1 a 15, che possono muoversi
lateralmente entro una griglia 4 4; delle sedici posizioni possibili, una libera.
Le tessere devono essere posizionate in successione da 1 a 15 dopo essere state
mescolate da una serie di mosse fatte a caso. Ogni mossa scambia lo spazio libero
con una tessera ad esso connante.
1 2 3 4
5 6 7 8
9 10 11 12
13 14 15
Loyd dispose le tessere in ordine da 1 a 13, scambi fra loro le ultime due
tessere, la 14 e la 15, e lasci libero lo spazio posto nellangolo in basso a destra
della griglia. Loyd lanci la sda di rimettere in ordine le tessere dalla 1 alla 15
con libera lultima casella in basso a destra, or una altissima ricompensa ( oggi
sarebbe pari a circa 100000 dollari ) a chi fosse riuscito a risolvere questo problema.
I suoi soldi erano per al sicuro, perch il problema impossibile da risolvere, e
lui lo sapeva !
Limpossibilit dovuta alla dierenza fra permutazioni pari e permutazioni
dispari. Ecco lidea. Una permutazione che trasponga la posizione di due oggetti
lasciando inalterato tutto il resto una trasposizione e dunque una permutazione
dispari. Inoltre una qualunque permutazione o pari oppure dispari.
Lo scambio delle tessere 14 e 15 una trasposizione e quindi una permuta-
zione dispari. Ma qualunque permutazione che porti ad occupare lo spazio libero
nellangolo in basso a destra deve essere pari perch ogni mossa traspone lo spazio
con una tessera adiacente. Se immaginiamo di colorare i sedici spazi in bianco
e nero, come una scacchiera, allora ogni mossa libera lo spazio da bianco a nero
Capitolo 3 Il gruppo Simmetrico e il gruppo Alterno 84
o da nero a bianco. Un numero dispari di mosse cambier il colore della casella
libera, quindi se nisce con il colore che aveva allinizio il numero di mosse deve
per forza essere pari. Non importa quali mosse si facciano: se lo spazio libero
ritorna nellangolo in basso a destra, si realizzata una permutazione pari. Non
dunque possibile arrivare a trasporre solo due tessere e rimettere tutto il resto
nella posizione iniziale perch ci equivarrebbe a una permutazione dispari.
3. Esercizi relativi al Capitolo 3
Esercizio 3.3.1.
Determinare se le seguenti permutazioni sono di classe pari o di classe dispari.
(1) =
_
1 2 3 4 5 6 7
2 3 1 6 7 5 4
_
.
Si scompone in
_
1 2 3
__
4 6 5 7
_
=
_
1 3
__
1 2
__
4 7
__
4 5
__
4 6
_
e pertanto di segno dispari.
(2) =
_
1 2 3 4 5
2 1 4 3 5
_
.
Si scompone in
_
1 2
__
3 4
_ _
5
_
e pertanto di segno pari.
(3) =
_
1 2 3 4 5 6 7 8
2 3 5 1 7 6 4 8
_
.
Si scompone in
_
1 2 3 5 7 4
_ _
6
_ _
8
_
e pertanto di segno
dispari perch =
_
1 4
_ _
1 7
_ _
1 5
_ _
1 3
_ _
1 2
_
.
(4) =
_
1 2 3 4 5 6
2 3 1 5 4 6
_
.
Si scompone in
_
1 2 3
_ _
4 5
_ _
6
_
=
_
1 3
_ _
1 2
_ _
4 5
_
e pertanto di segno dispari.
Esercizio 3.3.2.
Sia p un numero primo. Dimostrare che S
p
generato da e con una qua-
lunque trasposizione e un p-ciclo.
Soluzione - Con un opportuno ordinamento di 1, 2, ..., p si pu supporre =
_
1 2
_
. Essendo un ciclo di lunghezza p primo, esiste il pciclo =
k
tale che
(1) = 2. Il p-ciclo e la trasposizione soddisfano le ipotesi del teorema 3.1.19
e pertanto < , >=< , >= S
n
.
Capitolo 3 Il gruppo Simmetrico e il gruppo Alterno 85
Esercizio 3.3.3.
Determinare tutti i sottogruppi del gruppo alterno A
4
e dimostrare che non possiede
sottogruppi di ordine 6.
Soluzione - I dodici elementi di A
4
sono dei seguenti tipi : identit, (abc), (ab)(cd);
in particolare esistono otto 3-cicli e tre prodotti di trasposizioni disgiunte. Per
il Teorema di Lagrange gli ordini possibili per i sottogruppi propri di A
4
sono:
2, 3, 4, 6. E ovvio che
i sottogruppi di ordine 2 sono: S
1
=< (12)(34) >, S
2
=< (13)(24) >,
S
3
=< (14)(23) >;
i sottogruppi di ordine 3 sono: H
1
=< (123) >, H
2
=< (124) >,
H
3
=< (134) >, H
4
=< (234) > .
Poich gli elementi di A
4
sono permutazioni su 4 elementi, in A
4
non pu esserci un
elemento di periodo 4 perch sarebbe un 4-ciclo che una permutazione di classe
dispari; lunica possibilit per un sottogruppo di ordine 4 che esso sia il gruppo
di Klein, tale sottogruppo esiste ed K = id., (12)(34), (13)(24), (14)(23).
Dimostriamo ora che in A
4
non esistono sottogruppi di ordine 6. Per assurdo,
R sia un sottogruppo proprio di ordine 6. R non pu contenere K perch 4 [ 6,
inoltre, se H
i
, S
j
R, operando sugli elementi di H
i
ed S
j
in tutti i possibili modi,
si ottiene tutto A
4
; analogamente se si considera il caso H
i
, H
j
R.
CAPITOLO 4
Sottogruppi normali e gruppo quoziente
Sia (G, ) un gruppo e H un suo sottogruppo. Se si considerano le classi laterali
destre e sinistre, non sempre aH = Ha. Studiamo il caso in cui vale luguaglianza.
Lo studio dei sottogruppi per i quali vale luguaglianza, oltre ad un suo valo-
re intrinseco, di massima importanza perch questi sottogruppi permettono di
costruire la struttura di gruppo quoziente.
1. Sottogruppi normali. Gruppo Quoziente.
Denizione 4.1.1. Sia N un sottogruppo di (G, ) e sia gNg
1
= gng
1
[ n
N. Il sottogruppo N detto normale (o invariante) in G se gNg
1
= N per
ogni g G. In tal caso si scrive N G.
Esempio 4.1.2.
(1) Ogni sottogruppo di un gruppo abeliano normale.
(2) I sottogruppi banali sono normali.
(3) Il gruppo alterno A
n
sottogruppo normale del gruppo simmetrico S
n
.
(4) Sia G =
__
a b
c d
_
[ a, b, c, d , ad bc ,= 0
_
, G un gruppo rispetto
al prodotto righe per colonne.
(a) Sia H =
__
a b
c d
_
[ a, b, c, d , ad bc = 1
_
. Risulta H G;
infatti per le propriet del determinante di una matrice si ha che per
ogni A G e per ogni B H risulta det(ABA
1
) = det(A) det(B)
1
det(A)
= det(B) = 1 e perci ABA
1
H per ogni A G e per
ogni B H.
(b) Sia K =
__
a b
b a
_
[ a, b, c, d , a
2
+b
2
,= 0
_
. Risulta K sotto-
gruppo di G, ma K non sottogruppo normale in G; infatti sia M =
86
Capitolo 4 Sottogruppi normali e gruppo quoziente 87
__
1 2
1 3
__
G e A =
__
2 1
1 2
__
K; risulta MAM
1
=
__
5 5
10 9
__
, K.
Teorema 4.1.3. N G se e solo se gNg
1
N per ogni g G.
Dimostrazione. Se N G allora gNg
1
= N ed ovvio che gNg
1
N
per ogni g G. Viceversa se per ogni g G risulta gNg
1
N, poich g
1
G si
ha g
1
N (g
1
)
1
N, g
1
Ng N ossia per ogni n N si ha g
1
ng = n N da
cui n = g ng
1
gNg
1
e perci N gNg
1
. Unitamente allipotesi gNg
1
N
ci signica gNg
1
= N per ogni g G e quindi N G.
Si osservi che dalla denizione di sottogruppo normale e dal teorema ora
dimostrato, le condizioni riportate nella seguente nota sono equivalenti.
Nota 4.1.4. Dato un gruppo (G, ), un suo sottogruppo N normale in G se
vericata una delle seguenti condizioni:
(1) gng
1
N, per ogni g G, per ogni n N.
(2) gNg
1
N, per ogni g G.
(3) gNg
1
= N, per ogni g G.
(4) gN = Ng, per ogni g G.
Teorema 4.1.5. Sia (G, ) un gruppo. Se H un sottogruppo di G di indice
2, allora H sottogruppo normale di G.
Dimostrazione. Sia H sottogruppo di G di indice 2. Allora esistono esatta-
mente 2 laterali destri di H ed esattamente 2 laterali sinistri di H, siano rispet-
tivamente H, Ha e H, aH con ovviamente a , H. Per ogni x G, x / H si ha
pertanto Hx = G H e xH = G H e quindi xH = Hx per ogni x G, ossia
H G.
Esempio 4.1.6.
Consideriamo il gruppo simmetrico (S
3
, ), S
3
= a
1
, a
2
, a
3
, a
4
, a
5
, a
6
con
a
1
=
_
1 2 3
1 2 3
_
, a
2
=
_
1 2 3
1 3 2
_
, a
3
=
_
1 2 3
3 2 1
_
,
a
4
=
_
1 2 3
2 1 3
_
, a
5
=
_
1 2 3
2 3 1
_
, a
6
=
_
1 2 3
3 1 2
_
.
Capitolo 4 Sottogruppi normali e gruppo quoziente 88
R = a
1
, a
2
sottogruppo di S
3
, ma R non normale in S
3
perch, per
esempio, Ra
3
= a
4
, a
6
,= a
4
R = a
4
, a
5
. Analogamente T = a
1
, a
3
e V =
a
1
, a
4
sono sottogruppi di S
3
ma non normali in S
3
. Se invece si considera
K = a
1
, a
5
, a
6
, esso sottogruppo di S
3
ed normale in o
3
perch di indice
2 =
6
3
.
Perch i sottogruppi normali sono cos importanti?
Se (G, ) un gruppo e N G, allora a partire da G e da N si pu costruire
un altro gruppo considerando linsieme
G
N
= xN [ x G = Nx [ x G (si
legge G modulo N, o G quoziente N).
Teorema 4.1.7. Siano (G, ) un gruppo, N G,
G
N
= xN [ x G.
G
N

gruppo rispetto alloperazione xN yN = xyN.
Dimostrazione. In
G
N
deniamo la seguente operazione : xNyN = xyN .
Verichiamo che la denizione ben posta, ossia se xN = x
1
N e yN = y
1
N allora
xyN = x
1
y
1
N. Infatti da xN = x
1
N si ha x
1
= xg con g N e da yN = y
1
N
si ha y
1
= yh con h N; risulta x
1
y
1
= xgyh = xy gh con g N (perch N G e
quindi Ny = yN), dunque x
1
y
1
xyN ossia x
1
y
1
N = xyN.
Rispetto a questa operazione
G
N
un gruppo, infatti
vale la propriet associativa: (xN yN) zN = xyN zN = xyzN =
x (yz) N = xN (yzN) = xN (yN zN) ;
esiste lelemento neutro: 1 N = N;
esiste lelemento inverso: per ogni xN esiste x
1
N tale che xN x
1
N =
xx
1
N = N.

Nota 4.1.8. La condizione che N sia normale essenziale perch loperazione


sia ben denita. Infatti se in (S
3
, ), S
3
= a
1
, a
2
, a
3
, a
4
, a
5
, a
6
, consideriamo
H = a
1
, a
2
, x = a
2
, x
1
= a
1
, y = a
3
, y
1
= a
6
, si ha che a
2
H = a
1
H,
a
3
H = a
6
H ma a
2
a
3
H ,= a
1
a
6
H. Questo perch H non normale in
S
3
(vedi esempio 4.1.6).
Esempio 4.1.9.
(1) (Z, +) gruppo abeliano allora ogni suo sottogruppo normale: < n > Z.
Si ha
(Z,+)
<n>
= < n > +m [ m Z = Z
n
.
Capitolo 4 Sottogruppi normali e gruppo quoziente 89
(2) Rispetto al prodotto riga per colonna
G =
__
a b
c d
_
[ a, b, c, d , ad bc ,= 0
_
un gruppo.
N =
__
a b
c d
_
[ a, b, c, d , ad bc = 1
_
un sottogruppo normale
di G, N G. Il gruppo quoziente
G
N
il gruppo i cui elementi sono le
classi di matrici aventi lo stesso determinante. Infatti se g
t
gN allora
g
t
= gn e poich det(n) = 1, det(g
t
) = det(gn) = det(g) det(n) segue
det(g
t
) = det(g).
Nota 4.1.10. Si osservi che
(1) Se H G, H di indice nito i, allora

G
H

= i.
(2) Se H G con [G[ = n nito, [H[ = m, allora

G
H

=
n
m
.
(3) Il quoziente di due gruppi entrambi inniti pu essere sia un gruppo nito
sia un gruppo innito (vedi esempio 4.1.9).
2. Gruppi Semplici.
Denizione 4.2.1. Un gruppo si dice semplice se ha come sottogruppi nor-
mali solo i sottogruppi banali.
Esistono gruppi semplici? S. Ad esempio, per il Teorema di Lagrange ogni
gruppo nito di ordine un numero primo semplice.
Si conoscono tutti i gruppi semplici niti (il lavoro stato terminato intorno al
1980). Esistono 18 famiglie innite di gruppi semplici niti e 26 gruppi non inclusi
in nessuna di queste famiglie e per questo detti sporadici. Fra questi gruppi
sporadici ve ne uno scoperto nel 1982 da R. Griess ed avente 8 10
53
elementi.
Studiamo per quali valori di n il gruppo alterno A
n
semplice.
Teorema 4.2.2. Sia n 3; se un sottogruppo normale N di A
n
contiene un
3-ciclo allora N = A
n
.
Dimostrazione. Sia n = 3; poich i 3-cicli possibili sono solo a = (1 2 3) e
a
1
= (1 3 2) e tenuto conto che A
3
= id., a, a
1
, si ha che se il sottogruppo
N contiene il 3-ciclo a (rispettivamente a
1
) allora contiene anche il 3-ciclo a
1
(rispettivamente a) e pertanto N = A
3
.
Sia n > 3 e supponiamo
_
1 2 3
_
N A
n
; consideriamo in A
n
lelemento
_
3 k
_ _
1 2
_
con k ,= 1, 2, 3 (esiste certamente perch una permutazione pari
Capitolo 4 Sottogruppi normali e gruppo quoziente 90
e n 4). Considerati
_
1 2 3
_
N,
_
3 k
_ _
1 2
_
A
n
, poich N A
n
e
__
3 k
_ _
1 2
_
1
=
_
1 2
_ _
3 k
_
, si ha
_
3 k
_ _
1 2
_

_
1 2 3
_

_
1 2
_ _
3 k
_
N, ossia
_
2 1 k
_
N per ogni k ,= 1, 2, 3; inoltre anche
(2 1 3) N perch lelemento inverso dellelemento (1 2 3) N. Quindi
_
1 2 j
_
N per ogni j ,= 1, 2 e questi (n 2) 3-cicli generano A
n
(vedi
teorema 3.2.3) e pertanto N = A
n
.
Teorema 4.2.3. A
n
semplice per ogni n 5.
Dimostrazione. Sia n 5 e sia N A
n
con N ,=< 1 >; dimostriamo che
N = A
n
. Sia N, ,= 1, elemento fra quelli che ssano il massimo numero di
elementi e consideriamo la permutazione scritta come prodotto di cicli disgiunti.
Suddividiamo la dimostrazione in tre parti, dimostriamo che:
(1) ogni ciclo della scomposizione di di lunghezza 3;
(2) se nella scomposizione di esiste un ciclo di lunghezza 3 allora esso
lunico ciclo di ;
(3) nella scomposizione di non possono esistere due cicli di lunghezza 2.
Dimostrazione di (1). Supponiamo per assurdo che esista N nella cui
scomposizione guri un ciclo di lunghezza almeno 4, sia
=
_
1 2 3 4 ...
_ _
i j ...
_
... . Consideriamo la permutazione
=
_
1 2 3
_

_
1 2 3
_
1
=
_
2 3 1 4 ...
_ _
i j ...
_
... ; poich
N A
n
segue N, e pertanto
1
N e risulta
1
= (2)
_
3 1 ...
_
... .
Inoltre si ha che se (x) = x, x ,= 1, 2, 3, allora anche (x) = x e
1
(x) = x.
La permutazione
1
diversa dallidentit, un elemento di N ed tale che

1
(2) = 2 e perci
1
ssa almeno un elemento in pi di contro lipotesi
fatta su .
Dimostrazione di (2). Supponiamo per assurdo che nella scomposizione di ci
sia un ciclo di lunghezza 3, sia =
_
1 2 3
_ _
4 5 ...
_
... . Consideriamo la
permutazione =
_
4 1 2
_

_
4 1 2
_
1
=
_
1 5 ...
_ _
2 4 3
_
... . Si
ha N perch NA
n
e pertanto N con ,= id., = (2)
_
1 4 ...
_
... .
Inoltre si ha che se (x) = x allora anche (x) = x e (x) = x e pertanto, poich
(2) = 2, si ha che ssa pi elementi di contro lipotesi.
Dimostrazione di (3). Supponiamo per assurdo che nella scomposizione di in
cicli disgiunti ci siano due cicli di lunghezza 2, sia =
_
1 2
_ _
3 4
_
... . Con-
sideriamo la permutazione =
_
1 2 5
_

_
1 2 5
_
1
=
_
2 5
_ _
3 4
_
...;
poich NA
n
si ha N e perci N con ,= id., = (3) (4)
_
2 1 5
_
... .
Ora, solo lelemento 5 potrebbe risultare ssato da ma non da , ma ogni altro
elemento ssato da anche ssato da . Dunque ssa tutti gli elementi ssati
da tranne al pi lelemento 5, ma ssa sia il 3 che il 4 che non sono ssati da
e perci ssa almeno un elemento pi di e ci assurdo.
Capitolo 4 Sottogruppi normali e gruppo quoziente 91
Da (1), (2), (3) segue che un 3-ciclo oppure una trasposizione. Poich
di classe pari non pu essere una trasposizione e perci un 3-ciclo. Per il
teorema precedente segue allora N = A
n
.
A completamento del teorema precedente, esaminiamo i casi A
n
per n=1,2,3,4.
A
1
, A
2
, A
3
sono semplici perch non hanno sottogruppi diversi da quelli
banali.
A
4
non semplice. Infatti [ A
4
[= 12 e in A
4
ci sono tre elemen-
ti di periodo 2: =
_
1 2
_ _
3 4
_
, =
_
1 3
_ _
2 4
_
, =
_
1 4
_ _
2 3
_
. Gli altri elementi di periodo 2 di S
4
sono semplici
trasposizioni e quindi non appartengono ad A
4
, dunque , , sono tutti
e soli gli elementi di A
4
di periodo 2. Sia H = id., , , , H sotto-
gruppo di A
4
ed normale in A
4
, infatti se A
4
, allora
1
,
1
,

1
hanno periodo 2 e sono di classe pari e quindi stanno in H.
Teorema 4.2.4. Per ogni n 5, A
n
lunico sottogruppo normale di S
n
.
Dimostrazione. Sia N S
n
, N ,=< 1 >, e sia N, ,= 1, elemento tra
quelli che ssano il massimo numero di elementi. Per quanto dimostrato in (1),
(2), (3) del teorema precedente, risulta un 3-ciclo oppure una trasposizione.
Se un 3-ciclo si ha A
n
perch un 3-ciclo una permutazione pari e quindi
N A
n
. Ma N A
n
sottogruppo normale di A
n
che semplice e pertanto
deve essere NA
n
= A
n
da cui segue A
n
N. Se N non ha permutazioni di classe
dispari si ha N = A
n
; se in N esiste una permutazione di classe dispari allora
N = S
n
perch A
n
N, [ A
n
[=[ A
n
[, A
n
A
n
= e quindi N = A
n
A
n
,
[ N [=[ A
n
[ + [ A
n
[=[ S
n
[ .
Se una trasposizione, = (1 2), poich N S
n
, N contiene tutti gli
elementi (2 k)(1 2)(2 k), k = 3, 4, ..., n, cio N contiene tutte le trasposizioni
(1 k) per k = 2, 3, ..., n e quindi N = S
n
perch S
n
generato da queste n 1
trasposizioni (vedi teorema 3.1.18).
3. Esercizi relativi al Capitolo 4
Esercizio 4.3.1.
Determinare i sottogruppi propri di (S
3
, ), stabilire quali di essi sono normali e
costruire i relativi quozienti.
Soluzione - Nellesercizio 3.1.2 sono gi stati determinati tutti i sottogruppi propri
di S
3
: H
1
= H = a
1
, a
5
, a
6
, H
2
= a
1
, a
2
, H
3
= a
1
, a
3
, H
4
= a
1
, a
4
. Con
riferimento alla tabella moltiplicativa dellesercizio 3.1.2, risulta gH
1
= H
1
g per
ogni g S
3
e pertanto H
1
un sottogruppo normale di S
3
. Daltra parte ci era
Capitolo 4 Sottogruppi normali e gruppo quoziente 92
prevedibile perch H
1
di indice 2 in S
3
(Teorema 4.1.5), anzi H
1
il gruppo
alterno che, come noto, sottogruppo normale del gruppo simmetrico. Il gruppo
quoziente
S
3
H
1
= H
1
, a
3
H
1
.
I sottogruppi H
2
, H
3
, H
4
non sono normali, infatti a
4
H
2
,= H
2
a
4
, a
4
H
3
,= H
3
a
4
, a
3
H
4
,=
H
4
a
3
.
Esercizio 4.3.2.
Sia G un gruppo ciclico e H un sottogruppo di G. Dimostrare che
G
H
ciclico.
Soluzione - G commutativo perch ciclico e pertanto risulta g
r
H = g
r
H
r
=
g g g
. .
r volte
H H H
. .
r volte
= gH gH gH
. .
r volte
= (gH)
r
.
Posto G =< g > si ha
G
H
=< gh >, infatti per ogni g
1
H
G
H
se g
1
= g
r
si ha
g
1
H = g
r
H = (gH)
r
.
Esercizio 4.3.3.
Sia C

il gruppo moltiplicativo dei numeri complessi non nulli. Sia N = a +bi


C

[a
2
+b
2
= 1. Dimostrare che N sottogruppo normale di C

.
Soluzione - Se z = (a + ib) C

, indichiamo con [z[ = a


2
+ b
2
(modulo di z). N
gruppo:
N ,= perch 1 N.
Per ogni z
1
= (a+ib), z
2
= (c+id) N si ha [z
1
z
2
[ = [z
1
[ [z
2
[ = 1 1 = 1
e pertanto z
1
z
2
N.
Se z = (a + ib) N si ha z
1
N perch se cos non fosse si avrebbe
1 = [z z
1
[ = [z[ [z
1
[ , = 1.
N normale perch C

commutativo.
C

N
ha come elementi le classi costituite
da tutti e soli i numeri complessi aventi lo stesso modulo, infatti z
1
N = z
2
N se e
solo se z
1
z
1
2
N se e solo se [z
1
z
1
2
[ = 1, se e solo se [z
1
[ = [z
2
[.
Esercizio 4.3.4.
Sia (G, ) un gruppo avente un solo sottogruppo di un dato ordine. Dimostrare che
H normale in G.
Soluzione - Sia [H[ = r, H = h
1
, h
2
, . . . , h
r
. Se h
i
,= h
j
allora gh
i
g
1
,= gh
j
g
1
per ogni g G e pertanto [gHg
1
[ = r. Per lipotesi di unicit dellordine del
sottogruppo, risulta allora gHg
1
= H per ogni g G ossia H normale in G.
Esercizio 4.3.5.
Siano H e K sottogruppi normali del gruppo (G, ) tali che H K = 1. Dimo-
strare che per ogni h H e per ogni k K risulta hk = kh.
Soluzione - Per ogni h H e per ogni k K si ha:
Capitolo 4 Sottogruppi normali e gruppo quoziente 93
(1) (hk)
1
(kh) = (k
1
h
1
k)h = h
1
h H perch (k
1
h
1
k) H essendo
H G;
(2) (hk)
1
(kh) = k
1
(h
1
kh) = k
1
k
1
K perch (h
1
kh) K essendo
K G;
allora da (1) e (2) segue (hk)
1
(kh) H K e per lipotesi H K = 1 risulta
(hk)
1
(kh) = 1 da cui hk = kh per ogni h H e per ogni k K.
CAPITOLO 5
Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo
1. Denizioni e Propriet
Se consideriamo il gruppo quadrinomio, il gruppo delle rotazioni del quadrato
e il gruppo delle classi resto modulo 4, essi hanno tutti ordine 4, ma (al di l dei
simboli usati per rappresentarli) possono essere considerati lo stesso gruppo o sono
gruppi diversi ?
Abbiamo visto che per denire la struttura algebrica di gruppo occorrono un
insieme e una operazione e perci se si vogliono
tt
confrontare
tt
due gruppi non
suciente esaminare i due insiemi, ma il confronto deve coinvolgere gli insiemi e
le operazioni.
Denizione 5.1.1. Siano (G, ) e (G
t
; ) due gruppi e sia una applicazione
di G in G
t
. Si dice che un omomorsmo di G in G
t
se per ogni a, b G si
ha (a b) = (a) (b). Si parla di omomorsmo iniettivo, suriettivo, biiettivo
se lapplicazione che lo denisce , rispettivamente, iniettiva, suriettiva, biiettiva.
Un omomorsmo biiettivo si dice isomorsmo e in questo caso i due gruppi G e
G
t
si dicono isomor. Un isomorsmo di G in G si dice automorsmo.
Per semplicit di scrittura, di norma le operazioni dei due gruppi coinvolti si
indicheranno con lo stesso simbolo.
Esempio 5.1.2.
Lapplicazione : (Z, +) (Z, +) denita da (x) = 2x un isomorsmo
perch biettiva ed inoltre tale che (x+y) = 2 (x+y) = 2 x+2 y =
(x) +(y) per ogni x, y Z .
Lapplicazione : (G, ) (G
t
, ) denita da (x) = 1
G
per ogni x G,
e lapplicazione : (G, ) (G, ) denita da (x) = x per ogni x
G, sono omomorsmi qualunque siano i gruppi considerati. Questi due
omomorsmi sono detti omomorsmi banali.
Lapplicazione : (1, +) (1

+
, ) denita da (x) = 2
x
un isomorsmo
perch biettiva ed tale che (x +y) = 2
x+y
= 2
x
2
y
= (x) (y) per
ogni x, y 1.
94
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 95
Lapplicazione : (

, ) (

, ) denita da (x) =
1
2
x non un
omomorsmo perch (xy) =
1
2
xy mentre (x)(y) =
1
2
x
1
2
y =
1
4
xy.
Quindi (x y) ,= (x) (y).
N G,
G
N
gruppo quoziente. Lapplicazione : G
G
N
denita da
(g) = gN un omomorsmo suriettivo: (g) (h) = (gN) (hN) =
(ghN) = (gh). Questo omomorsmo detto omomorsmo naturale
di G su
G
N
.
Teorema 5.1.3. Siano (G, ) e (G
t
, ) gruppi aventi come elemento neutro 1
e 1
t
rispettivamente. Sia un omomorsmo di G in G
t
, si ha:
(1) (1) = 1
t
(2) (x
1
) = (x)
1
(3) Se H < G e K < G
t
allora (H) < G
t
e
1
(K) < G.
Dimostrazione.
(1) Sia a G : (a) = (a 1) = (a) (1), ma anche (a) = (a) 1
t
allora
(a) (1) = (a) 1
t
, da cui (1) = 1
t
.
(2) Sia x G : (x x
1
) = (x) (x
1
), ma anche (x x
1
) = (1) = 1
t
,
allora (x) (x
1
) = 1
t
e dunque (x
1
) = (x)
1
.
(3) Sia H un sottogruppo di G e sia (H) = (h) [ h H; poich per
ogni (h
1
) , (h
2
) (H), si ha (h
1
) (h
2
)
1
=
_
h
1
h
1
2
_
(H), si
ha (H) sottogruppo di G
t
. Sia K sottogruppo di G
t
e sia
1
(K) =
x G [ (x) K; si ha
1
(K) ,= perch almeno 1 =
1
(1
t
)

1
(K) , inoltre se x, y
1
(K) allora (x) , (y
1
) K e perci
(x) (y
1
) K, (xy
1
) K, xy
1

1
(K). Dunque
1
(K)
un sottogruppo di G.

Nota 5.1.4.
(1) Dalla (1) del teorema precedente segue, per esempio, che non pu esserci
un omomorsmo di (

, ) in (

, ) che mandi 1 in 2.
(2) Come struttura algebrica, due gruppi isomor possono anche essere con-
siderati lo stesso gruppo. Se consideriamo i gruppi ciclici, si ha che per
ogni ordine r (anche non nito) esiste un solo gruppo ciclico di ordine r.
Infatti se G =< g > e

G =< g > sono due gruppi ciclici con lo stesso
numero di elementi, lapplicazione : G

G, denita da (g
n
) = g
n

un isomorsmo. Pertanto tutti i gruppi inniti sono isomor a (Z, +) e


ogni gruppo ciclico nito con m elementi isomorfo a (Z
m
, +) .
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 96
Denizione 5.1.5. Sia un isomorsmo fra i gruppi G e G
t
e sia 1
t
lelemento
neutro di G
t
. Si chiama nucleo di linsieme ker = x G [ (x) = 1
t
.
Teorema 5.1.6. Siano G, G
t
gruppi e sia un omomorsmo di G in G
t
.
(1) ker un sottogruppo normale di G.
(2) iniettivo se e solo se ker = 1.
(3) H G se e solo se H = ker , con omomorsmo.
Dimostrazione.
(1) E immediato che ker sottogruppo di G; inoltre se x G e y ker
si ha (xyx
1
) = (x) (y) (x)
1
= 1
t
e pertanto ker G.
(2) Sia iniettivo, allora se x G e (x) = 1
t
per liniettivit deve essere
x = 1 e quindi ker = 1. Viceversa sia ker = 1 e siano x, y G; se
(x) = (y) allora (x) (y)
1
= 1
t
, (xy
1
) = 1
t
, allora xy
1
ker e
quindi per lipotesi fatta xy
1
= 1 ossia x = y e pertanto iniettivo.
(3) Se H G allora H = ker con omomorsmo naturale di G in
G
H
.
Se H = ker per qualche omomorsmo , allora per (1) risulta H G.

Nota 5.1.7. Dato N G, poich N lelemento neutro di


G
N
, lomomorsmo
naturale : G
G
N
denito da (x) = xN ha come nucleo N perch x
ker (x) = N xN = N x N. Si pu allora aermare che ogni
gruppo quoziente
G
N
immagine omomorfa del gruppo G. Con il teorema seguente
proveremo anche che ogni immagine omomorfa di un gruppo G un quoziente di
G (a meno di isomorsmi).
Teorema 5.1.8 (Primo teorema di omomorsmo per gruppi). Sia : G
G
t
un omomorsmo suriettivo del gruppo (G, ) nel gruppo (G
t
, ). Allora G
t

isomorfo a
G
ker
.
Dimostrazione. Sia : G G
t
un omomorsmo suriettivo, sia K = ker e
sia :
G
K
G
t
denita da (gK) = (g). Quella posta una buona denizione
(e quindi una applicazione) perch se gK = hK allora g = hk con k K
e quindi (g) = (hk) = (h)(k) = (h) 1 = (h) . La iniettiva, infatti
se (gK) = (hK) allora (g) = (h) da cui (g
1
h) = 1
t
, allora g
1
h K
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 97
da cui h gK e quindi gK = hK. La suriettiva, infatti se y G
t
allora
y = (g) con g G e quindi y = (gK). La un omomorsmo, infatti
(gKhK) = (ghK) = (gh) = (g) (h) = (gK) (hK) . Dunque un
isomorsmo di
G
ker
in G

. Il teorema pu essere rappresentato con il seguente
schema
G

//

G
t
G
ker

>>
~
~
~
~
~
~
~
~
dove omomorsmo suriettivo, isomorsmo, omomorsmo naturale.
Esempio 5.1.9.
G =
__
a b
c d
_
[ a, b, c, d , ad bc ,= 0
_
un gruppo rispetto al prodotto
righe per colonne. Considerato il gruppo (

, ), lapplicazione
: G

, (M) = det M
un omomorsmo con ker =
__
a b
c d
_
[ ad bc = 1
_
e pertanto


G
ker
(isomorsmo).
Lidenticazione di Im con il quoziente
G
Ker
assicura che tutti gli omo-
morsmi suriettivi di un gruppo G si possono identicare con gli omomorsmi
naturali sul quoziente. Questo teorema ha varie applicazioni, ad esempio fornisce
la classicazione dei gruppi ciclici.
Corollario 5.1.10. Sia (G, ) un gruppo ciclico. Se G innito allora G
isomorfo a (Z, +), se G nito di ordine n allora G isomorfo a (Z
n
, +).
Dimostrazione. Sia G =< g >. Lapplicazione
: (Z, +) G =< g >
k g
k
un omomorsmo suriettivo. Se G =< g > innito, allora se h ,= k segue
g
h
,= g
k
. Dunque la iniettiva e pertanto Ker = 0. Per il primo teorema di
omomorsmo per gruppi risulta G

= Z. Se G =< g > ciclico di ordine n, allora
Ker = nZ da cui G

=
Z
nZ
= Z
n
.

Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 98


Teorema 5.1.11. Sia G un gruppo, N G, K G, K N. Si ha
G
N
isomorfo a
G/K
N/K
.
Dimostrazione. Per il primo teorema di omomorsmo per gruppi basta di-
mostrare che esiste un omomorsmo suriettivo da
G
K
su
G
N
avente per nucleo
N
K
.
Sia :
G
K

G
N
lapplicazione denita da (gK) = gN per ogni gK
G
K
. Quel-
la posta una buona denizione, infatti se gK = hK allora h
1
gK = K N,
allora h
1
g N e quindi gN = hN da cui (gK) = (hK). Per come de-
nita, lapplicazione suriettiva ed un omomorsmo: infatti (gKhK) =
(ghK) = ghN = gNhN = (gK) (hK) . Il nucleo di
N
K
perch gK ker
se e solo se (gK) = N se e solo se gN = N se e solo se g N e pertanto
ker = gK [ g N =
N
K
.
Esempio 5.1.12.
Siano G = (Z, +), N =< 3 >, K =< 6 >. Si ha K N ed essendo (Z, +)
abeliano, N e K sono normali e
Z
N
=
Z
< 3 >
= Z
3
,
Z
K
=
Z
< 6 >
= Z
6
.
Determiniamo il gruppo
N
K
=
< 3 >
< 6 >
= a < 6 > [ a < 3 >, a = 3t con t Z: se a
< 3 >
< 6 >
si
possono avere due possibilit, a = 3 2h = 6h con h Z oppure a = 3 (2h +1) =
6h + 3 con h Z; gli elementi di
< 3 >
< 6 >
sono dunque esattamente due (le classi
< 6 > e < 3 > ) e pertanto
< 3 >
< 6 >
= Z
2
. Per il teorema precedente rimane provato
che
Z
< 3 >
isomorfo a
Z
6
Z
2
.
2. Teorema di Cayley
Questo Teorema mostra limportanza dei gruppi di permutazioni perch dal
teorema segue che ogni gruppo si pu pensare come gruppo di permutazioni. E
dovuto ad A. Cayley (1821-1895).
Teorema 5.2.1 (Teorema di Cayley). Ogni gruppo (G, ) isomorfo ad un
gruppo di permutazioni sui suoi elementi.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 99
Dimostrazione. Per provare lasserzione si dimostra che esiste un omomor-
smo iniettivo di G nel gruppo SymG delle permutazioni sugli elementi di G.
Lomomorsmo iniettivo lapplicazione f : G SymG, denita da f(g) =
g
con
g
: G G denita da
g
(x) = g x per ogni x G.
Dimostriamo che lapplicazione f un omomorsmo iniettivo.
(1) f un omomorsmo perch f(g
1
g
2
) =
g
1
g
2
con
g
1
g
2
(x) = g
1
g
2
x; daltra
parte f(g
1
)f(g
2
) =
g
1

g
2
con
g
1

g
2
(x) =
g
1
(g
2
x) = g
1
g
2
x e pertanto
f(g
1
g
2
) = f(g
1
)f(g
2
).
(2) f unapplicazione iniettiva perch se f(g
1
) = f(g
2
) allora
g
1
=
g
2
da
cui g
1
x = g
2
x per ogni x G e dunque g
1
= g
2
.
Poich f un omomorsmo iniettivo, rimane provato che f(G) un sottogruppo
di SymG isomorfo a G.
3. Centro e centralizzante di un gruppo
Denizione 5.3.1. Sia (G, ) un gruppo, si chiama centro di G linsieme
Z (G) = x G [ xg = gx per ogni g G .
Il centro di un gruppo dunque linsieme degli elementi di G che sono permu-
tabili con ogni elemento di G. Ovviamente si ha:
Z (G) = G G ` e abeliano
Teorema 5.3.2. Sia (G, ) un gruppo e Z (G) il suo centro. Si ha Z (G) G.
Dimostrazione. Qualunque sia il gruppo G, poich 1 Z (G) si ha Z(G) ,=
. Siano x, y Z (G), per ogni g G si ha (xy) g = x (yg) = x (gy) = (xg) y =
(gx) y = g (xy) e quindi xy Z (G). Sia ora x Z (G), per ogni g G si
ha xg = gx e quindi anche x
1
(xg) x
1
= x
1
(gx) x
1
, da cui gx
1
= x
1
g e
pertanto x
1
Z (G). Dunque Z (G) un sottogruppo di G. Il sottogruppo Z (G)
normale, infatti se x Z (G) e g G si ha gxg
1
= xgg
1
= x Z (G).
Denizione 5.3.3. Sia (G, ) un gruppo; ssato a G si chiama centraliz-
zante di a in G linsieme C (a) = g G [ ga = ag.
Teorema 5.3.4. Sia (G, ) un gruppo e sia a G. Il centralizzante C(a) di
a in G un sottogruppo di G.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 100
Dimostrazione. C (a) ,= perch qualunque sia a G si ha 1 C (a).
Se g, h C (a) si ha (gh) a = g (ha) = g (ah) = (ga) h = (ag) h = a (gh) e
dunque gh C (a). Inoltre se g C (a) da ga = ag si ha g
1
a = g
1
(agg
1
) =
g
1
(ag) g
1
= g
1
(ga) g
1
= (gg
1
) ag
1
= ag
1
e pertanto g
1
C (a). Rimane
cos provato che C (a) un sottogruppo di G.
Nota 5.3.5. Sia G un gruppo, a G e C(a) il centralizzante di a in G. Sono
di immediata verica le seguenti propriet
(1) Z (G) C (a).
(2) Il centro di un gruppo lintersezione dei centralizzanti degli elementi di
G ossia Z(G) =

aG
C(a).
(3) a Z(G) se e solo se C(a) = G.
Denizione 5.3.6. Sia (G, ) un gruppo e siano a, b G. Si dice che a e b
sono coniugati se esiste x G tale che b = xax
1
.
Dalla denizione ora posta segue che la relazione di coniugio
una relazione di equivalenza in G;
determina una partizione di G;
le classi di equivalenza costituite da un solo elemento sono quelle che
contengono un elemento del centro di G.
Teorema 5.3.7. Se (G, ) un gruppo nito ed a G allora il numero degli
elementi di G coniugati ad a uguale allindice del centralizzante di a in G.
Dimostrazione. Sia C (a) il centralizzante di a. Per ogni x G lelemento
xax
1
coniugato ad a, ma gli elementi xax
1
al variare di x G non sono
tutti distinti, ossia il numero di coniugati di a non [G[ perch due coniugati di
a possono coincidere. Si ha xax
1
= yay
1
y
1
xa = ay
1
x y
1
x
C (a) x yC (a), ma anche y yC (a) e dunque risulta xax
1
= yay
1
se
e solo se x e y stanno nello stesso laterale sinistro di C (a). Dunque il
numero dei coniugati distinti di a uguale al numero dei laterali (sinistri) di C (a)
ossia lindice di C (a) in G, cio
[ G [
[ C (a) [
.
Corollario 5.3.8. Se a Z (G) allora
[ G [
[ C (a) [
= 1.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 101
Dimostrazione. Segue dal teorema precedente e dalla (3) della nota 5.3.5.

Corollario 5.3.9. Sia G un gruppo nito e sia ((a) il centralizzante dellele-


mento a G. Si ha:
[G[ =

[G[
[((a)[
dove la somma estesa agli a G, uno per ogni classe di coniugio.
Dimostrazione. Per il teorema 5.3.7, considerato a G, il numero c
a
dei
coniugati di a uguaglia lindice del centralizzante ((a) in G ossia c
a
=
[G[
[((a)[
. Le
classi coniugate sono una partizione di G e pertanto, scelto un elemento a in ogni
classe coniugata, risulta
[G[ =

c
a
=

[G[
[((a)[

Corollario 5.3.10. Sia G un gruppo nito e sia Z(G) il suo centro. Si ha:
[G[ = [Z(G)[ +

[G[
[((a)[
dove la somma estesa agli a , Z(G), uno per ogni classe di coniugio.
Dimostrazione. Dalla denizione di centro di un gruppo segue che un ele-
mento a appartiene a Z(G) se e solo se la sua classe coniugata costituita dal
solo a. La relazione del corollario precedente si pu dunque esprimere nel modo
seguente:
[G[ = [Z(G)[ +

[G[
[((a)[
dove la somma estesa agli a , Z(G), uno per ogni classe di coniugio.
Esempio 5.3.11. Sia G = o
3
. Le classi coniugate sono
(
1
= id
(
2
= (1 2), (1 3), (2 3)
(
3
= (1 2 3), (1 3 2)
Indicato con ((a) il centralizzante dellelemento a, prendiamo un a in ogni classe
coniugata; si ha
((id) = o
3
(((1 2)) = id, (1 2)
(((1 2 3)) = id, (1 2 3), (1 3 2)
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 102
Verichiamo lequazione delle classi:
[o
3
[ = 6 =
6
[((id)[
+
6
[(((1 2))[
+
6
[(((1 2 3))[
=
6
6
+
6
2
+
6
3
= 1 + 3 + 2.
Si noti che i laterali destri modulo lo stabilizzatore G
(1 2)
= (((1 2)) sono tre, ossia
tanti quanti i coniugati di (1 2) come aermato dal teorema 5.3.7.
Teorema 5.3.12. Il centro di un gruppo nito (G, ) di ordine p
n
con p
primo, n N

, non si riduce al sottogruppo identico.


Dimostrazione. Consideriamo la relazione di coniugio e contiamo gli ele-
menti di G contando gli elementi di ogni classe di equivalenza e poi sommando.
Osserviamo che una classe costituita da un solo elemento a se e solo se a Z (G),
quindi se [ Z (G) [= r ci sono r classi con un solo elemento. Se G = Z (G), cio
se G abeliano, banalmente Z (G) ,=< 1 >. Se G ,= Z (G), sia a G Z (G);
per quanto dimostrato nel teorema precedente, il numero dei coniugati di a da-
to dallindice di C (a) in G ossia
[ G [
[ C (a) [
. Da a / Z (G) segue C (a) ,= G e
perci
[ G [
[ C (a) [
= p
i
con 0 < i < p
n
. Allora gli elementi di G Z (G) si ri-
partiscono in classi disgiunte ciascuna avente un numero di elementi dato da una
potenza di p ad esponente positivo, ossia [ G [=[ Z (G) [ +p
i
+ p
j
+ ... + p
s
ossia
p
n
= r + p
i
+ p
j
+ ... + p
s
e poich tutti gli addendi diversi da r sono divisibi-
li per p, per ottenere p
n
deve essere divisibile per p anche r, ossia r ,= 1, cio
Z (G) ,=< 1 > .
Dal teorema ora dimostrato seguono importanti risultati quali quelli dei due
seguenti teoremi.
Teorema 5.3.13. Se (G, ) un gruppo di ordine p
n
, con p primo, n N

,
esiste in G un sottogruppo normale di ordine p.
Dimostrazione. Sia [ G [= p
n
, n > 0; per il teorema precedente si ha
[ Z (G) [= p
h
con h > 0. Per il teorema di Sylow esiste allora in Z (G) un
sottogruppo N di ordine p e poich gli elementi di N (essendo anche elementi di
Z(G))permutano con ogni elemento di G si ha N G.
Teorema 5.3.14. Ogni gruppo di ordine p
2
, p primo, abeliano.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 103
Dimostrazione. Sia G un gruppo di ordine p
2
. Per il teorema 5.3.12. si
ha Z(G) ,=< 1 > . Supponiamo Z (G) ,= G, si ha [ Z (G) [= p per il teorema
precedente. Sia a G Z (G), il centralizzante C (a) di a deve avere per ordine
un divisore di p
2
e poich a C (a) e Z (G) C (a) si ha [ C (a) [= p
2
ossia
C (a) = G e quindi a Z (G), contro lipotesi. Dunque non pu essere Z (G) ,= G,
ma deve essere Z (G) = G e quindi G abeliano.
4. Automorsmi interni e sottogruppi caratteristici di un gruppo
Ricordiamo che un automorsmo un isomorsmo di (G, ) in se stesso.
Denizione 5.4.1. Sia (G, ) un gruppo. Per ogni a G, lautomorsmo

a
: G G denito da
a
(x) = a x a
1
detto automorsmo interno del
gruppo.
Teorema 5.4.2. Sia (G, ) un gruppo.
(1) Linsieme /(G) degli automorsmi di G un gruppo rispetto al prodotto
operatorio.
(2) Linsieme 1(G) degli automorsmi interni di G un sottogruppo normale
del gruppo /(G).
Dimostrazione.
(1) /(G) un gruppo perch
Per ogni , /(G) risulta /(G); infatti ( )(xy) =
[(xy)] = [(x)(y)] = (x)(y).
Per ogni /(G) risulta
1
/(G); infatti considerati x, y G,
sia x = ( x) e sia y = ( y); risulta
1
(xy) =
1
(( x)(

(y))) =

1
[( x y)] = x y =
1
(x)
1
(y).
(2) 1(G) non vuoto perch contiene lautomorsmo identit; inoltre presi

a
,
b
1(G) si ha:
(
a

b
)(x) =
a
(
b
(x)) = a (b x b
1
) a
1
= (a b) x (a b)
1
=
ab
(x)
dunque
a

b
=
ab
1(G). Inoltre
1
a

a
(x) = x per ogni x G e
quindi
1
a
=
a
1 1(G). Dunque 1(G) sottogruppo di /(G).
Inne se /(G) e
a
1(G) si ha (
a

1
)(x) =
a
(
1
(x)) =
(a
1
(x)a
1
) = (a
1
(x)a
1
) = (a)x(a
1
) = (a)x(a)
1
=

(a)
(x) e quindi
a

1
=
(a)
1(G) e pertanto 1(G) /(G).

Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 104


Teorema 5.4.3. Sia (G, ) un gruppo. Si ha
G
Z(G)
isomorfo a 1(G)
Dimostrazione. Sia f : G 1(G) lapplicazione denita da f(a) =
a
con

a
(x) = a x a
1
. La f un omomorsmo suriettivo di nucleo Z(G) e pertanto
per il primo teorema di omomorsmo per gruppi si ha
G
Z(G)
1(G).
Denizione 5.4.4. Un sottogruppo H di un gruppo (G, ) detto caratte-
ristico (o pienamente invariante) se mutato in s da ogni automorsmo di
G.
Ovviamente se H caratteristico in (G, ) anche normale perch essendo
mutato in s da ogni automorsmo, mutato in s anche dagli automorsmi interni
e pertanto risulta a H a
1
= H, a H = H a per ogni a G.
Esistono per sottogruppi normali che non sono caratteristici.
Esempio 5.4.5.
(Z, +) (, +) ma Z non caratteristico in . Infatti : (, +) (, +)
denito da (x) =
1
2
x un automorsmo di (, +) ma (Z) ,= Z perch, per
esempio, (3) =
3
2
, Z.
Teorema 5.4.6. Sia (G, ) un gruppo.
(1) Se H un sottogruppo di G e (H) H per ogni Aut(G), allora H
un sottogruppo caratteristico di G.
(2) Il centro Z(G) un sottogruppo caratteristico di G.
Dimostrazione.
(1) Poich (H) H per ogni Aut(G) e
1
Aut(G), si ha
1
(H)
H da cui (
1
(H)) (H), H (H). Da (H) H e H (H)
si conclude H = (H) per ogni Aut(G) e pertanto H un sottogruppo
caratteristico di G.
(2) Per quanto dimostrato al punto (1) basta provare che per ogni Aut(G)
si ha (Z(G)) Z(G) ossia (c) Z(G) per ogni c Z(G). Sia
c Z(G) e sia g G; ricordando che un automorsmo di G, esiste
h G tale che g = (h) ; si ha (c) g = (c) (h) = (c h) = (h c) =
(h) (c) = g (c) e quindi (c) Z(G) e perci (Z(G)) Z(G) e
quindi per (1) si ha che Z(G) un sottogruppo caratteristico di G.

Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 105


5. Azione di un gruppo su un insieme. Orbite. Stabilizzatori.
Denizione 5.5.1. Unazione del gruppo G sullinsieme unapplicazione
: G
(g, x) g x
tale che
(1) 1 x = x per ogni x (1 elemento neutro di G);
(2) (g
1
g
2
) x = g
1
(g
2
x) per ogni x e ogni g
1
, g
2
G.
Dalla denizione di azione segue che ogni g G determina una applicazione
biunivoca
g
di in s data da
g
(x) = g x e quindi
g
appartiene al gruppo
simmetrico o

. Le condizioni (1) e (2) assicurano che linversa di


g

g
1 e che
lapplicazione (da G al gruppo simmetrico o

) data da
: G o

g
g
un omomorsmo di gruppi. Si dice anche che il gruppo G agisce sullinsieme
(come gruppo di trasformazioni). Gli elementi di G si possono pertanto pensare
come permutazioni o trasformazioni dellinsieme .
Per ogni g G e ogni x , indicheremo g x con x
g
o pi semplicemente
con gx. Se y = gx si dice che x mosso in y da g.
Sia G un gruppo che agisce sullinsieme . Consideriamo in la relazione
x y esiste g G [ y = gx
Si tratta di una relazione di equivalenza le cui classi sono dette orbite. In termini
di movimenti, si pu dire che lorbita di x costituita dagli elementi che non si
possono distinguere da x sotto lazione di G.
Denizione 5.5.2. Sia G un gruppo che agisce sullinsieme . Si denisce
orbita dellelemento x linsieme O(x) = y [ y = gx per qualche g G.
Esempio 5.5.3.
(1) Ogni gruppo G agisce su se stesso per coniugazione. Infatti basta conside-
rare = G e g x = gxg
1
. Lorbita di x (= G) costituita da tutti
gli y G tali che y = gxg
1
per qualche g G. Le orbite sono quindi le
classi di coniugio.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 106
(2) Il gruppo simmetrico o
n
agisce in modo naturale sullinsieme = 1, 2, . . . , n
x = (x) = il trasformato di x mediante la o
n
.
Poich in o
n
ci sono tutte le permutazioni di , si ha una sola orbita e
per questo si dice che o
n
opera transitivamente su . Infatti, dato un
elemento x , un qualunque y in relazione con x perch esiste
certamente almeno una permutazione che manda x in y.
(3) Sia = (4 5)(1 3 6)(2 7 8) o
8
e sia G =< > . Rispetto lazione
naturale di G su = 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, rimangono determinate tre or-
bite: 4, 5, 1, 3, 6, 2, 7, 8. In generale, se una permutazione di o
n
,
considerato G =< > e = 1, 2, . . . , n, linsieme sotto lazione
naturale di o
n
viene ripartito in orbite che corrispondono ai cicli
della permutazione .
(4) Sia H un sottogruppo di un gruppo (G, ). Deniamo la seguente azione
del gruppo H su G:
h g = h g per ogni h H, per ogni g G
ossia, come azione consideriamo lordinaria moltiplicazione in G. Si trat-
ta eettivamente di unazione perch (h
1
h
2
)g = h
1
(h
2
g) per ogni g
G, per ogni h
1
, h
2
H. Le orbite sono i laterali destri modulo H.
(5) Sia H un sottogruppo di un gruppo (G, ). Deniamo la seguente azione
del gruppo H su G:
h g = g h per ogni h H, per ogni g G.
A dierenza di quanto dimostrato in (4), questa non unazione perch
(h
1
h
2
) g = gh
1
h
2
,= h
1
(h
2
g) = gh
2
h
1
.
Risulta invece unazione la seguente applicazione:
h g = gh
1
(moltiplicazione in G) per ogni h H, per ogni g G.
Le orbite sono i laterali sinistri modulo H.
(6) Il gruppo (Z, +) agisce sulla retta reale = 1 per traslazione:
z r = z +r per ogni z Z, per ogni r 1.
Lorbita di un elemento r 1 costituita da tutti i traslati di r mediante
interi, ossia O(r) = r +z [ z Z.
Un problema importante quello di calcolare la cardinalit di ogni orbita, e, se
il gruppo nito e agisce su un insieme nito, determinare il numero delle orbite.
Per fare questo occorrono alcune denizioni e risultati validi in generale.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 107
Denizione 5.5.4. Sia G un gruppo che agisce su . Si denisce stabiliz-
zatore G
x
di un elemento x linsieme degli elementi g G che ssano x,
ossia
G
x
= g G [ gx = x.
Teorema 5.5.5. Sia G un gruppo che agisce su . Per ogni x si ha
(1) lo stabilizzatore G
x
un sottogruppo di G;
(2) G
gx
= gG
x
g
1
, ossia gli stabilizzatori di elementi che si trovano nella
stessa orbita sono coniugati.
Dimostrazione. Dimostriamo (1) - Dalla denizione di stabilizzatore segue
banalmente che G
x
un gruppo e pertanto sottogruppo di G. Dimostriamo (2) -
Consideriamo due elementi x e y che stanno nella stessa orbita. Sia g G tale che
y = g(x); risulta
g G
y
g(y) = y g(g(x)) = g(x)
g
1
gg(x) = x g
1
gg G
x
g gG
x
g
1
e pertanto rimane provato che G
gx
= gG
x
g
1
.
Si osservi che se lo stabilizzatore di un elemento x molto grande, signica
che lelemento x ssato da molti elementi di G, quindi ha poche possibilit di
essere mosso ossia la sua orbita piccola.
Teorema 5.5.6. Sia G un gruppo che agisce su . La cardinalit dellorbita
O(x) uguaglia lindice di G
x
in G.
Dimostrazione. Sia L = laterali destri di G
x
= G
x
g [ g G. Poich
lindice di G
x
uguaglia [L[, consideriamo lapplicazione
O(x) L
gx G
x
g
1
E unapplicazione ben posta e iniettiva, infatti
g
1
x = g
2
x g
1
2
g
1
x = x g
1
2
g
1
G
x
G
x
g
1
1
= G
x
g
1
2
.
Inoltre suriettiva, infatti dato comunque un laterale destro G
x
g, esso immagine
dellelemento g
1
x O(x). Risulta pertanto [O(x)[ = [L[.
Corollario 5.5.7. Se G un gruppo nito che opera su un insieme , per ogni
x risulta
[O(x)[ [G
x
[ = [G[.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 108
Esempio 5.5.8. Consideriamo lazione naturale di o
4
su = 1, 2, 3, 4.
Consideriamo x = 1 , si ha
O(1) = 1, 2, 3, 4, G
1
o
3
e pertanto [O(1)[ = 4, [G
1
[ = 6, da cui 4 6 = 24 = [o
4
[.
Esercizio 5.5.9. Sia linsieme di tutte le parole con 7 lettere. Si determini
quante sono le parole distinte che hanno due A, tre B e due C.
Soluzione - Il gruppo o
7
agisce su permutando le lettere. Ad esempio
(1 3 5)(2 7)ABCAGFE = GEAACFB.
Le parole cercate sono quelle che stanno nellorbita O(x) con
x = AABBBCC.
Lo stabilizzatore G
x
costituito da tutte le permutazioni o
7
tali che
(AABBBCC) = AABBBCC.
Esso coincide pertanto con linsieme di tutte le permutazioni che scambiano tra
loro solo le prime due posizioni, solo la terza, quarta e quinta posizione e solamente
le ultime due. In tutto lo stabilizzatore ha 2!3!2! = 24 elementi e quindi
[O(x)[ =
[o
7
[
[G
x
[
=
7!
24
= 210.
Concludiamo con il Teorema di Burnside (1852 1927) noto anche come
Teorema ci Cauchy-Frobenius.
Teorema 5.5.10 (Teorema di Burnside). Sia G un gruppo nito e sia un
insieme nito su cui agisce G. Sia F
g
= x [ g(x) = x, allora il numero t di
orbite in rispetto allazione di G dato da:
t =
1
[G[

gG
[F
g
[.
Dimostrazione. Sia linsieme di tutte le coppie (g, x) tali che g(x) = x.
Contiamo il numero di elementi di in due modi diversi. Fissato g G, esistono
[F
g
[ coppie che hanno g come primo elemento. Fissato x , ci sono [G
x
[ coppie
che hanno x come secondo elemento. Dunque si ha:
[[ =

gG
[F
g
[ =

x
[G
x
[.
Per il corollario 5.5.7 si ha [G
x
[ = [G[
1
[C(x)[
e pertanto

x
[G
x
[ = [G[

x
1
[O(x)[
.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 109
Considerata unorbita O, se [O[ = n allora tutti gli n elementi x dellorbita O
contribuiscono, nella sommatoria, per
1
[O[
+
1
[O[
+ +
1
[O[
. .
n - volte
= [O[
1
[O[
= 1
e pertanto

x
1
[C(x)[
rappresenta esattamente il numero t di orbite. Lugua-
glianza

x
[G
x
[ = [G[

x
1
[O(x)[
precedentemente ottenuta diventa dunque

x
[G
x
[ = [G[ t da cui
t =
1
[G[

x
[G
x
[ =

gG
F
g
.

Esempio 5.5.11.
Sia = 1, 2, 3, 4 e G sia il gruppo ciclico generato dalla permutazione (1 2 3 4).
Solo lidentit ssa elementi, ne ssa esattamente quattro. Allora il numero di
orbite
s =
1
4
(4 + 0 + 0 + 0) = 1
Esempio 5.5.12.
Sia = 1, 2, 3, 4, 5 e Gsia il gruppo ciclico generato dalla permutazione (1 2 3)(4 5).
Il gruppo G ha due orbite, infatti
Elementi del gruppo Numero dei punti ssi
(1)(2)(3)(4)(5) 5
(1 2 3)(4 5) 0
(1 2 3) 2
(4 5) 3
(1 3 2) 2
(1 3 2)(4 5) 0
poich [G[ = 6, le orbite sono in tutto
1
6
(5 + 0 + 2 + 3 + 2 + 0) = 2.
Daltra parte, se si calcolano direttamente, le orbite risultano essere O(1) =
1, 2, 3 e O(2) = 4, 5.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 110
Esempio 5.5.13.
Sia = 1, 2, 3, 4 e D
4
sia il gruppo diedrale di ordine 8. Il gruppo D
4
ha
esattamente una orbita, infatti
Elementi del gruppo Numero dei punti ssi
(1)(2)(3)(4) 4
(1 2 3 4) 0
(1 3)(2 4) 0
(1 4 3 2) 0
(1 2)(3 4) 0
(1 4)(2 3) 0
(2 4) 2
(1 3) 2
e pertanto t =
4+2+2
8
= 1.
Esempio 5.5.14.
Sia = 1, 2, 3, 4 e H = id., (1 2)(3 4). Il gruppo H (sottogruppo del gruppo
diedrale D
4
) ha esattamente due orbite, infatti.
Elementi del gruppo Numero dei punti ssi
(1)(2)(3)(4) 4
(1 2)(3 4) 0
e pertanto t =
4
2
= 2. Le due orbite sono (1) = (2) = 1, 2 e (3) = (4) =
3, 4.
Esercizio 5.5.15 (Applicazione del Teorema di Burnside).
Determinare in quanti modi diversi, ossia distinguibili, si possono disporre attorno
ad una tavola circolare sei persone.
Soluzione - Sia linsieme di tutte le possibili disposizioni delle sei persone.
Risulta [[ = 6!. Operando una rotazione delle persone si ottiene una disposizione
delle persone che non distinguibile dalla precedente. Facciamo quindi agire su
il gruppo G delle possibili rotazioni (ciclico di ordine 6). Allora le disposizioni
distinguibili non sono 6! = 720 ma sono tante quante le orbite distinte: infatti non
siamo in grado di distinguere due disposizioni di persone che appartengono alla
stessa orbita (perch si tratta di due disposizioni ruotate attorno alla tavola). Per
cercare il numero delle orbite utilizziamo il teorema di Burnside. Si ha [F
g
[ = 0 per
ogni rotazione g diversa dalla rotazione identica, inoltre [Fid[ = 6! (la rotazione
identit ssa tutte le 6! disposizioni). Pertanto risulta:
t =
1
[G[

gG
[F
id.
[ =
1
6
6! = 120.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 111
Esercizio 5.5.16 (Applicazione del Teorema di Burnside).
Contare i braccialetti distinguibili che si possono fare con cinque perle e tre coralli
con la condizione che le perle e i coralli siano equidistanti .
Soluzione - Poich perle e coralli sono equidistanti, si pu pensare che essi siano
vertici di un ottagono regolare. Ogni congurazione individuata non appena si
sistemano i tre coralli e pertanto le congurazioni possibili sono
_
8
3
_
= 56 ma non
sono tutte distinguibili. Per determinare quali sono distinte occorre trovare quale
gruppo agisce sullinsieme di tutte le congurazioni e contare solo le congurazioni
che stanno in orbite diverse rispetto a questa azione. Il gruppo che agisce il
gruppo diedrale delle simmetrie di un ottagono: infatti il braccialetto pu non
solo essere ruotato ma anche ribaltato (cosa che non poteva accadere nel caso
dellesercizio precedente). Si osservi per che il gruppo agisce sulle congurazioni
e non sui vertici dellottagono. Per contare il numero delle orbite utilizzando il
teorema di Burnside, per ogni elemento g D
8
occorre contare il numero F
g
di
congurazioni ssate. Lidentit ssa tutte le 56 congurazioni, le rotazioni non
ssano nessuna congurazione, i quattro ribaltamenti rispetto agli assi del poligono
non ssano nessuna congurazione, mentre ciascuno dei ribaltamenti che ha come
asse la bisettrice del poligono ssa 6 congurazioni (quelle che hanno una perla
e un corallo sui vertici del poligono che si trovano sulla bisettrice, si verichi che
sono 6). In denitiva il numero cercato
t =
1
16
(56 + 0 + 0 + 0 + 0 + 0 + 0 + 0
. .
ssate dalle rotazioni
+0 + 0 + 0 + 0 + 6 + 6 + 6 + 6
. .
ssate dai ribaltamenti
= 5.
6. Esercizi relativi al Capitolo 5
Esercizio 5.6.1.
Sia (

, ) il gruppo moltiplicativo dei numeri razionali e sia f :

denita
da f(x) = [x[ per ogni x

. Dimostrare che f un omomorsmo e si determi-


nino Kerf, Imf,
Q

Kerf
.
Soluzione - Per le propriet del valore assoluto si ha f(xy) = [xy[ = [x[[y[ =
f(x)f(y) per ogni x, y

e pertanto f un omomorsmo. Risulta Kerf =


1, 1 e Imf =

+
. Il gruppo quoziente
Q

Kerf
costituito dalle classi xKerf =
x, x al variare di x in

.
Esercizio 5.6.2.
Sia (G, ) un gruppo e sia : G G denita da (x) = x
1
per ogni x G.
(1) Portare lesempio di un gruppo G per il quale un automorsmo.
(2) Portare lesempio di un gruppo G per il quale non un automorsmo.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 112
(3) Determinare una condizione necessaria e suciente anch sia un
automorsmo di G.
Soluzione - Lapplicazione biettiva perch in un gruppo esiste ed unico
linverso di ogni elemento.
(1) Sia G il gruppo quadrinomio (vedi 2.2.1). In questo gruppo ogni elemento
coincide con il proprio inverso e perci si ha (x) = x
1
= x per ogni
x G e pertanto un automorsmo perch lidentit.
(2) Sia G = S
3
(vedi 2.1.15) il gruppo simmetrico su tre elementi. Considerati
gli elementi a
1
= (2 3), a
3
= (1 2), a
4
= (1 2 3), a
5
= (1 3 2), si ha
(a
1
a
3
) = (a
1
a
3
)
1
= a
5
mentre (a
1
)(a
3
) = a
1
1
a
1
3
= a
4
e pertanto
non un automorsmo.
(3) Gli esempi portati in (1) e (2) suggeriscono che la condizione cercata
pu essere che G sia abeliano. Sia G abeliano, si ha (xy) = (xy)
1
=
y
1
x
1
= x
1
y
1
= (x)(y) per ogni x, y G e pertanto un auto-
morsmo. Viceversa se un automorsmo allora per ogni x, y G si
ha (xy) = (xy)
1
= y
1
x
1
= (x)(y) = (yx) e poich biettiva
(e quindi in particolare iniettiva), da (xy) = (yx) segue xy = yx e
pertanto G abeliano. Rimane dimostrato che condizione necessaria e
suciente perch sia un automorsmo che G sia abeliano.
Esercizio 5.6.3.
Siano (Q
8
, ) il gruppo dei quaternioni e (D
4
, ) il gruppo diedrico su quattro ele-
menti. Stabilire se fra questi due gruppi di ordine 8 possibile denire un isomor-
smo.
Soluzione - Il gruppo dei quaternioni (vedi 2.2.7) ha un unico sottogruppo di
ordine due: H = 1, 1. Il gruppo D
4
=< a, b >, o(a) = 4, o(b) = 2, ha cinque
sottogruppi di ordine due (vedi 2.2.6) : K
1
= 1, a
2
, K
2
= 1, , K
3
= 1, ,
K
4
= 1, , K
5
= 1, , con = a, = a
2
, = a
3
. Poich un automorsmo
trasforma un sottogruppo in un sottogruppo isomorfo (e quindi con lo stesso nu-
mero di elementi), non pu esistere nessun isomorsmo fra Q
8
e D
4
avendo questi
un numero diverso di sottogruppi di ordine due.
Esercizio 5.6.4.
Determinare un omomorsmo non banale di (S
3
, ) in (Z
4
, +). Discutere come
applicare il primo teorema di omomorsmo.
Soluzione - Poich il nucleo di un omomorsmo un sottogruppo normale, occorre
individuare i sottogruppi normali non banali del gruppo simmetrico S
3
. Questo
gruppo ha un solo sottogruppo normale non banale: A
3
. Lomomorsmo f cercato
deve avere nucleo A
3
e quindi deve essere f() = [0] per ogni A
3
e banalmente
per ogni , A
3
risulta f( ) = f() +f() . Anch sia f( ) = f() +
f() anche per ogni , S
3
A
3
deve essere f() = [2] per ogni S
3
A
3
.
Dunque lapplicazione f : S
3
Z
4
denita da f() = [0] se di classe pari
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 113
e f() = [2] se di classe dispari un omomorsmo non banale di nucleo
A
3
. Per applicare il primo teorema di omomorsmo occorre che lomomorsmo
f sia suriettivo e perci occorre considerare f : S
3
H con H = [0], [2] ossia
f : S
3
Z
2
e risulta
S
3
A
3
Z
2
.
Esercizio 5.6.5.
Siano A e B due gruppi niti di ordine primo fra loro. Dimostrare che lunico
omomorsmo di A in B quello banale.
Soluzione - Sia [A[ = m, [B[ = n , con MCD(m, n) = 1 e sia un omomorsmo
di A in B. Se [Ker[ = r, per il teorema di Lagrange si ha m = rs (ossia s divide
m) e s = [
A
Ker
[. Per il primo teorema di omomorsmo si ha che Im e
A
Ker
sono
isomor e perci [Im[ = [
A
Ker
[ = s, ma Im sottogruppo di B e pertanto per il
teorema di Lagrange s divide n. Per lipotesi MCD(m, n) = 1 risulta allora s = 1
da cui segue r = m ossia Ker = A e pertanto lomomorsmo banale.
Esercizio 5.6.6.
Sia ( linsieme delle matrici 33 a valori 0 e 1 e tali che ciascuna riga e ciascuna
colonna contengano esattamente una volta il numero 1. Dimostrare che ( un
gruppo rispetto al prodotto righe per colonne e che esso isomorfo a S
3
.
Soluzione - Linsieme ( costituito dai seguenti elementi:
U =
_
_
1 0 0
0 1 0
0 0 1
_
_
, A =
_
_
1 0 0
0 0 1
0 1 0
_
_
, B =
_
_
0 1 0
1 0 0
0 0 1
_
_
,
C =
_
_
0 1 0
0 0 1
1 0 0
_
_
, D =
_
_
0 0 1
1 0 0
0 1 0
_
_
, E =
_
_
0 0 1
0 1 0
1 0 0
_
_
.
Il prodotto di due di questi elementi ancora un elemento di (, infatti con-
siderati in ( gli elementi X = (x
ik
), Y = (y
ik
), i, k = 1, 2, 3, risulta XY = (z
ik
)
dove z
ik
=

3
j=1
x
ij
y
jk
e z
ik
0, 1 perch solo uno degli x
ij
e uno degli y
jk

uguale a 1. ( pertanto un gruppo.
Considerando il periodo degli elementi, risulta A
2
= B
2
= E
2
= U, C
2
= D,
CD = U e pertanto ( isomorfo a S
3
. Ad esempio nellisomorsmo : ( S
3
denito da (A) = (2 3), (B) = (1 3), (C) = (1 2 3), (D) = (1 3 2),
(E) = (1 2), (U) = identit.
Esercizio 5.6.7.
Sia (G, ) un gruppo nito. Dimostrare che lapplicazione f : G G tale che
f(x) = x
2
un automorsmo di G se e solo se G abeliano e non contiene
elementi x ,= 1
G
tali che x
2
= 1
G
.
Soluzione - Sia f un automorsmo di G. Per ogni x, y G risulta f(x)f(y) =
f(xy), x
2
y
2
= (xy)
2
, xxyy = xyxy da cui xy = yx e pertanto G abeliano. Inoltre
se x G, x
2
= 1
G
allora f(x) = x
2
= 1
G
da cui x = 1
G
.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 114
Viceversa; f(xy) = (xy)
2
= xyxy = (per labelianit di G ) = xxyy = x
2
y
2
=
f(x)f(y) e pertanto f un omomorsmo. Dimostriamo che lapplicazione f
iniettiva: se f(x) = f(y) allora x
2
= y
2
, x
2
y
2
= 1
G
, x
1
x
1
yy = 1
G
e per
labelianit di G si ha x
1
yx
1
y = 1
G
, (x
1
y)
2
= 1
G
, x
1
y = 1
G
e perci x = y.
Poich G nito e f iniettiva, si ha f suriettiva e pertanto f un automorsmo.
Esercizio 5.6.8.
Sia (C

, ) il gruppo moltiplicativo dei numeri complessi e sia H il gruppo delle


radici cubiche dellunit. Dimostrare che
C

H
e C

sono gruppi isomor.


Soluzione - Il gruppo delle radici cubiche H = 1, ,
2
con =
1+i

3
2
, esso
sottogruppo normale perch C

abeliano e pertanto esiste


C

H
. Sia f :
C

H
C

lapplicazione denita da f(zH) = z


3
; essa ben denita perch se w zH allora
f(zH) = f(wH) infatti se w = zh allora wz
1
H da cui wz
1
= 1 oppure
wz
1
= oppure wz
1
=
2
ossia w = z oppure w = z oppure w = z
2
. In ogni
caso z
3
= w
3
essendo
3
= (
2
)
3
= 1.
Lapplicazione f un omomorsmo, infatti f(zHwH) = f(zwH) = (zw)
3
=
z
3
w
3
= f(zH)f(wH).
Lapplicazione f suriettiva perch per ogni z C

esiste w =
3

z e risulta
f(wH) = z. Inoltre f iniettiva, infatti se f(zH) = f(wH) allora z
3
= w
3
,
z
3
w
3
= 1, (zw
1
)
3
= 1 da cui zw 1 H e perci zH = wH. Rimane pertanto
provato che f un isomorsmo.
Esercizio 5.6.9.
Sia (C

, ) il gruppo moltiplicativo dei numeri complessi. Fissato un numero natu-


rale n N

, vericare che lapplicazione f : C

denita da f(x) = x
n
un
omomorsmo e determinarne il nucleo e limmagine.
Soluzione - Lapplicazione un omomorsmo perch f(xy) = (xy)
n
= x
n
y
n
=
f(x)f(y) per ogni x, y C

.
Poich in C

esiste la radice n-esima di ogni elemento, si ha Im f = C

.
Inne Kerf = x C

[ f(x) = x
n
= 1 ossia linsieme delle radici n-sime
dellunit. Si osservi che per il primo teorema di omomorsmo si ha che
C

Kerf
e C

sono isomor.
Esercizio 5.6.10.
Determinare il centro del gruppo (G, ) con
G =
_
a b
c d
_
[ a, b, c, d 1, ad bc ,= 0 e loperazione di prodotto riga per
colonna.
Soluzione - Per appartenere al centro, una matrice di G deve commutare in
particolare con ogni matrice del tipo
_
x 0
0 1
_
per ogni x ,= 0. Si ha
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 115
_
a b
c d
_ _
x 0
0 1
_
=
_
ax b
cx d
_
,
_
x 0
0 1
_ _
a b
c d
_
=
_
xa xb
c d
_
e
perci deve essere b = c = 0. Anch una matrice del tipo
_
a 0
0 d
_
stia nel
centro, deve commutare con la matrice
_
0 1
1 0
_
e perci deve essere a = d.
Poich per ogni x 1

risulta
_
a b
c d
_ _
x 0
0 x
_
=
_
x 0
0 x
_ _
a b
c d
_
, si
conclude che Z(G) =
_
x 0
0 x
_
[ x 1

.
Esercizio 5.6.11.
Dimostrare che se H lunico sottogruppo di ordine 2 di un gruppo (G, ) allora
H contenuto nel centro di G.
Soluzione - Sia H = 1, h, ci signica che h lunico elemento di G di periodo
2. Per ogni x G risulta x
1
hx x
1
hx = 1 ossia x
1
hx elemento di periodo 2 e
perci x
1
hx = h da cui hx = xh per ogni x G e pertanto H Z(G).
Esercizio 5.6.12.
Sia [E[ 3; dimostrare che il centro di SymE il gruppo banale.
Soluzione - Sia SymE. Se ,= id esistono a, b E tali che (a) = b ,= a; sia
c E, c ,= a, c ,= b e sia SymE tale che (b) = c, (c) = b, (x) = x per ogni
x Eb, c; risulta ,= perch (a) = (a) = b mentre (a) = (b) = c
e pertanto , Z(SymE). Si conclude Z(SymE) = id.
Esercizio 5.6.13.
Determinare il centro del gruppo diedrico D
n
, n 3.
Soluzione - Ricordiamo ( vedi 2.2.5) che D
n
= a
1
, a
2
, ..., a
n
= 1, ba
1
, ba
2
, ..., ba
n
=
b con o(a) = n, o(b) = 2, a
i
b = ba
i
, i = 1, 2, ..., n. Se un elemento del tipo
ba
i
Z(D
n
) allora (ba
i
)a = a(ba
i
) ossia deve essere ba
i+1
= ba
i1
perch a(ba
i
) =
(ab)a
i
= (ba
1
)a
i
= ba
i1
. Ne segue che ba
i
Z(D
n
) se e solo se a
i+1
= a
i1
, a =
a
1
, ossia a di periodo 2, ma a ha periodo n 3 e pertanto per ogni i = 1, 2, ..., n
si ha ba
i
, Z(D
n
). Se un elemento del tipo a
i
Z(D
n
) allora a
i
b = ba
i
ossia
ba
i
= ba
i
ossia a
i
= a
i
ossia a
2i
= 1 = a
n
ossia a
i
deve avere periodo 2.
Se n dispari nessun elemento del tipo a
i
pu avere periodo 2 perch in D
n
il
periodo di a
i
deve dividere n e pertanto Z(D
n
) = 1.
Se n pari, lunico elemento del tipo a
i
di periodo 2 lelemento a
n
2
e pertanto
Z(D
n
) = 1, a
n
2
.
Esercizio 5.6.14.
Sia (Q
8
, ) il gruppo dei quaternioni. Determinare
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 116
(1) Il centro Z(Q
8
) del gruppo.
(2) Il gruppo quoziente
Q
8
Z(Q
8
)
.
(3) Il gruppo 1(Q
8
) degli automorsmi interni e vericare lisomorsmo
Q
8
Z(Q
8
)

1(Q
8
).
Soluzione - (1) Ricordiamo che Q
8
= 1, i, j, k con i
2
= j
2
= k
2
= 1,
ij = k, jk = i, ki = j. Il solo elemento diverso da 1 che commuta con ogni altro
elemento di Q
8
lelemento 1 e pertanto Z(Q
8
) = 1, 1. Questo assicura anche
che H = 1, 1 sottogruppo normale in Q
8
.
(2) Sia H = Z(Q
8
), come dimostrato in (1), si ha H = 1, 1 e pertanto
[
Q
8
H
[ =
8
2
= 4 e quindi
Q
8
H
C
4
oppure
Q
8
H
D
2
K ( gruppo quadrinomio).
Per stabilire quale gruppo , costruiamo gli elementi di
Q
8
H
. Gli elementi di
Q
8
H
sono H = 1, 1, iH = i, i, jH = j, j, kH = k, k e loperazione
che rende gruppo
Q
8
H
xH yH = xyH. Calcoliamo il periodo degli elementi di
Q
8
H
: per ogni x Q
8
1 risulta xH xH = H e dunque tutti gli elementi
diversi dallelemento neutro hanno periodo 2 e pertanto si conclude
Q
8
H
D
2
K
(gruppo quadrinomio).
(3) Sia
a
lelemento di 1(Q
8
) associato allelemento a Q
8
. Si ha
1
=
1
=
identit,
i
=
i
perch risulta
i
(1) = 1 =
i
(1),
i
(1) = 1 =
i
(1),

i
(i) = i =
i
(i),
i
(j) = j =
i
(j),
i
(k) = k =
i
(k) ; analogamente si
ha che
j
=
j
e
k
=
k
e pertanto 1(Q
8
) =
1
,
i
,
j
,
k
.
Poich Z(Q
8
) = 1, 1 si ha
Q
8
Z(Q
8
)
= 1, 1, i, i, j, j, k, k e
lapplicazione f :
Q
8
Z(Q
8
)
1(Q
8
) denita da f(a, a) =
a
per ogni a
1, i, j, k un isomorsmo.
Esercizio 5.6.15.
Determinare il gruppo degli automorsmi del gruppo (Z
12
, +) e studiarne la strut-
tura .
Soluzione - Osserviamo che un automorsmo f di un gruppo ciclico completa-
mente individuato dallimmagine di un generatore, infatti se G =< x > e f(x) = y
allora per ogni x
h
G risulta f(x
h
) = (f(x))
h
= y
h
ossia y = f(x) un generatore
di Imf; ma un automorsmo suriettivo e pertanto G = Imf =< y >.
Per quanto sopra osservato, per determinare gli automorsmi di Z
12
basta
individuare i generatori e considerare le applicazioni che associano ad un ssato
generatore un generatore. Poich Z
12
=< 1 >=< 5 >=< 7 >=< 11 >, gli
automorsmi richiesti sono i seguenti quattro
f
1
= id : [1] [1], f
2
: [1] [5], f
3
: [1] [7], f
4
: [1] [11].
Per determinare la struttura di Aut(Z
12
) = f
1
, f
2
, f
3
, f
4
consideriamo il pe-
riodo degli elementi, risulta f
2
f
2
= f
1
, f
3
f
3
= f
1
, f
4
f
4
= f
1
e pertanto il
gruppo Aut(Z
12
) isomorfo al gruppo quadrinomio.
Capitolo 5 Omomorsmi e Automorsmi di un gruppo 117
Esercizio 5.6.16.
Dimostrare che se un gruppo nito (G, ) possiede due sole classi di elementi co-
niugati allora [G[ = 2 .
Soluzione - Poich la classe coniugata dellelemento neutro di G E = 1
E
,
in G le due classi di elementi coniugati sono E e K = G 1
E
e pertanto se
a ,= 1
G
la classe coniugata di a K con [K[ = n 1. Ricordiamo che il numero
degli elementi coniugati di a G uguaglia lindice del centralizzante C(a) (vedi
teorema 5.3.7) e perci [K[ divide [G[ ossia n 1[n, deve allora essere n 1 = 1
da cui n = 2.
Esercizio 5.6.17.
Sia (G, ) il gruppo delle applicazioni f
a,b
: 1 1 denite da f
a,b
(x) = ax +b con
a, b 1, a ,= 0. Si verichi che lapplicazione : G 1

denita da (f
a,b
) = a
un omomorsmo. Si determinino Ker e Im e si applichi il primo teorema di
omomorsmo per gruppi.
Soluzione - Lapplicazione un omomorsmo perch (f
a,b
f
c,d
) = (f
ac,ad+b
) =
ac = (f
a,b
) (f
c,d
) per ogni f
a,b
, f
c,d
G. Risulta Ker = f
1,b
(x) = x+b, b 1
e Im = 1

. Applicando il primo teorema di omomorsmo si ottiene lisomorsmo

:
G
Ker
1 denito da

([f
a,b
]) = a.
Esercizio 5.6.18.
Dimostrare che il gruppo simmetrico S
3
isomorfo al gruppo Aut(S
3
) dei suoi
automorsmi.
Soluzione - Siano a, b, c i tre elementi di periodo 2 (trasposizioni) di S
3
e d, d
1
i
due elementi di periodo 3. Se Aut(S
3
), permuta i tre elementi di periodo 2,
e lapplicazione : Aut(S
3
) S
3
che associa ad la permutazione su tre elementi
cos ottenuta, un omomorsmo. Se e inducono la stessa permutazione, allora

1
lidentit su a, b, c ossia su S
3
che generato dalle trasposizioni e pertanto
= e Ker = 1. Ne segue che Aut(S
3
) isomorfo ad un sottogruppo di S
3
, ma
essendo Z(S
3
) = 1 ( si ricordi che S
3
D
3
ed essendo 3 dispari Z(D
3
) = id)
, S
3
ha sei automorsmi interni e perci Aut(S
3
) S
3
. Da quanto dimostrato
risulta che tutti gli automorsmi di S
3
sono automorsmi interni, daltra parte ci
si deduce anche dal primo teorema di omomorsmo perch essendo Z(S
3
) = 1
si ha S
3

S
3
Z(S
3
)
Int(S
3
), ci vale per ogni S
n
, n ,= 2, 6.
CAPITOLO 6
Prodotto Diretto di gruppi
In questo capitolo si illustra e si studia un metodo per costruire, sotto certe ipo-
tesi, un gruppo a partire da gruppi dati. Lo stesso metodo permette di
tt
scompor-
re
tt
un gruppo abeliano nel prodotto di suoi sottogruppi e di caratterizzare tutti i
gruppi abeliani niti.
1. Denizioni e Propriet
Considerati due gruppi (A, ), (B, ), nel prodotto cartesiano AB = (a, b) [ a
A, b B si pu denire la seguente operazione :
(a, b) (c, d) = (a c, b d) , per ogni a, c A e per ogni b, d B
Si verica facilmente che questa operazione:
(1) associativa;
(2) ammette elemento neutro: (1
A
, 1
B
);
(3) ogni elemento ammette inverso: (a, b)
1
= (a
1
, b
1
).
Rispetto a questa operazione, A B risulta dunque un gruppo detto prodotto
diretto esterno di A e B.
Esempio 6.1.1.
(1) Siano A = Z
2
e B = Z
3
. Il prodotto esterno dato da
Z
2
Z
3
= ([0], [0]), ([0], [1]), ([0], [2]), ([1], [0]), ([1], [1]), ([1], [2]).
Il periodo degli elementi di Z
2
Z
3
rispettivamente 1, 3, 3, 2, 6, 6. Si
ottenuto un gruppo ciclico di ordine 6 e pertanto Z
2
Z
3
Z
6
.
(2) Siano A = Z
2
e B = Z
4
. Il prodotto esterno costituito da 8 elementi,
poich non esiste nessun elemento di periodo 8, non si tratta del gruppo
ciclico di ordine 8 e pertanto Z
2
Z
4
Z
8
.
118
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 119
Il gruppo (A B, ) ha due sottogruppi speciali :
A = (a, 1
B
) [ a A e B = (1
A
, b) [ b B.
A risulta un sottogruppo di A B isomorfo al gruppo A nellisomorsmo:
= A A
a (a, 1
B
)
Allo stesso modo B risulta un sottogruppo di A B isomorfo al gruppo B nelli-
somorsmo:
= B B
b (1
A
, b)
Quanto ora osservato ci assicura che se il gruppo G prodotto diretto esterno
dei gruppi A e B, allora G si pu sempre considerare (a meno di isomorsmi)
prodotto diretto di due suoi sottogruppi. Per questo motivo la trattazione di questo
argomento limitata al caso di gruppo prodotto diretto di suoi sottogruppi.
Prima di dare la denizione di gruppo come prodotto diretto di suoi sottogrup-
pi, osserviamo che, per come deniti, i sottogruppi A e B sono tali che:
(1) A (A B), B (A B) ;
(2) A B = (1
A
, 1
B
) ;
(3) (a, b) = (a, 1
B
) (1
A
, b) per ogni (a, b) A B.
Queste propriet di A e B suggeriscono la seguente denizione.
Denizione 6.1.2. Un gruppo (G, ) si dice prodotto diretto (interno) dei
suoi sottogruppi A
1
e A
2
, e si scrive G = A
1
A
2
, se:
(1) A
1
G, A
2
G;
(2) A
1
A
2
=< 1 >;
(3) G = A
1
A
2
.
Nota 6.1.3. Nella denizione ora posta, la (2) e la (3) possono essere sostituite
dallunica condizione
(I) Ogni elemento di G si scrive in uno ed un sol modo come prodotto di un
elemento di A
1
per un elemento di A
2
.
Infatti se valgono (2) e (3) allora unico il modo di esprimere g G come
g = a
1
a
2
con a
1
A
1
e a
2
A
2
perch se g = a
1
a
2
e g = b
1
b
2
si ha a
1
a
2
= b
1
b
2
da
cui b
1
1
a
1
= b
2
a
1
2
con b
1
1
a
1
A
1
e b
2
a
1
2
A
2
e perci b
1
1
a
1
= b
2
a
1
2
A
1
A
2
e per (2) si ha b
1
1
a
1
= 1 e b
2
a
1
2
= 1 e pertanto a
1
= b
1
e a
2
= b
2
.
Viceversa se vale (I) allora vale (3) e vale (2) perch se esistesse x A
1
A
2
con
x ,= 1, lelemento x G si potrebbe scrivere in due modi diversi come prodotto di
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 120
un elemento di A
1
per un elemento di A
2
, infatti si avrebbe x = 1 x ( con 1 A
1
,
x A
2
) ma anche x = x 1 ( con x A
1
, 1 A
2
) contro lipotesi (I). La (3)
immediata conseguenza di (I).
Esempio 6.1.4.
Sia C
6
= a
0
, a
1
, a
2
, a
3
, a
4
, a
5
il gruppo ciclico di ordine 6 e siano C
2
= a
0
, a
3

e C
3
= a
0
, a
2
, a
4
i suoi sottogruppi di ordine rispettivamente 2 e 3. Risulta
C
6
= C
2
C
3
.
La denizione di prodotto diretto di G tramite due suoi sottogruppi si estende in
modo naturale al caso di un numero nito di sottogruppi.
Denizione 6.1.5. Un gruppo (G, ) si dice prodotto diretto dei suoi sotto-
gruppi A
1
, A
2
, . . . , A
n
, e si scrive G = A
1
A
2
. . . A
n
, se:
(1) A
i
G, i = 1, 2, . . . , n;
(2) A
r
(

i,=r
1in
A
i
) =< 1 > per ogni r, 1 r n;
(3) G =

1in
A
i
.
Nota 6.1.6. Analogamente a quanto dimostrato per il caso n = 2, valgono le
seguenti propriet
(1) Nella denizione 6.1.5 le condizioni (2) e (3) sono equivalenti allunica
condizione
Per ogni g G sono univocamente determinati gli elementi a
i
A
i
,
i = 1, 2, ..., n, tali che g = a
1
a
2
a
3
...a
n
.
(2) Se (G, ) il prodotto diretto dei gruppi G
1
, G
2
, ..., G
n
allora G il pro-
dotto diretto di n suoi sottogruppi G
1
, G
2
, ..., G
n
isomor nellordine a
G
1
, G
2
, ..., G
n
.
Infatti in G = G
1
G
2
...G
n
, per ogni i = 1, 2, ..., n, basta considerare
G
i
= (1, 1, 1, ..., a
i
, 1, ..., 1) [ a
i
G
i
.
Teorema 6.1.7. Se il gruppo (G, ) prodotto diretto di suoi sottogruppi A
i
,
i = 1, ..., n, allora valgono le seguenti propriet.
(1) A
i
A
j
=< 1 > per ogni i ,= j;
(2) gli elementi di A
i
commutano con gli elementi di A
j
, comunque siano
scelti i, j = 1, . . . , n, i ,= j;
(3) comunque presi A
i
1
, A
i
2
, . . . , A
i
h
A
1
, A
2
, . . . , A
n
, linsieme A
i
1
A
i
2

. . . A
i
h
un sottogruppo di G;
(4) A
i
1
(A
i
2
A
i
3
. . . A
i
h
) =< 1 > con 1 i
1
, i
2
, . . . , i
h
n.
Dimostrazione. Sia G = A
1
A
2
...A
n
prodotto diretto.
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 121
(1) Per la (1) della nota precedente, se x A
i
A
j
con i ,= j e x ,= 1 si
ha una contraddizione perch in tal caso x si esprimerebbe in due modi
diversi come prodotto degli elementi A
i
, i = 1, 2, ..., n. Lelemento x si
pu infatti considerare prodotto di fattori tutti uguali a 1 tranne il fattore
i-esimo uguale a x. Ma x si pu anche considerare prodotto di fattori tutti
uguali a 1 tranne il fattore j-esimo uguale a x.
(2) Sia i ,= j e sia x A
i
, y A
j
. Essendo A
i
e A
j
normali in G, si ha
y
1
xy A
i
, x
1
y
1
x A
j
da cui x
1
y
1
xy A
i
e x
1
y
1
x y A
j
.
Poich A
i
A
j
=< 1 >, deve essere x
1
y
1
xy = 1 e pertanto xy = yx.
(3) Per (2) si ha A
r
A
s
= A
s
A
r
per ogni r ,= s, inoltre A
i
A
i
= A
i
per
ogni i, possiamo quindi considerare il prodotto A
i
1
A
i
2
. . . A
i
h
come
il prodotto di k fattori a due a due distinti: A
r
1
A
r
2
. . . A
r
k
. Da
A
r
1
A
r
2
= A
r
2
A
r
1
segue che A
r
1
A
r
2
un sottogruppo di G, sia B
1
= A
r
1
A
r
2
.
Risulta B
1
A
r
3
= A
r
3
B
1
e quindi B
1
A
r
3
= A
r
1
A
r
2
A
r
3
un sottogruppo di
G. Cos procedendo si ha la tesi.
(4) Sia a
i
1
A
i
1
(A
i
2
A
i
3
. . . A
i
h
); poich a
i
1
A
i
1
esso si pu scrivere
come prodotto di n fattori uguali a 1 tranne il fattore i
1
-esimo uguale ad
a
i
1
.
Per la commutativit dei fattori A
i
possiamo scrivere A
i
2
. . . A
i
h
=
A
j
2
A
j
3
. . . A
j
h
con j
2
< j
3
< . . . < j
h
. Da a
i
1
A
i
2
A
i
3
. . . A
i
h
ossia
a
i
1
A
j
2
A
j
3
. . . A
j
h
si pu scrivere a
i
1
= a
j
2
a
j
3
...a
j
h
come prodotto
di n fattori dei quali quello di posto j
p
a
j
p
A
j
p
, p = 2, . . . , h, mentre
tutti gli altri n (h 1) fattori sono 1.
Poich a
i
1
si pu esprimere in un solo modo come prodotto di elementi
di G = A
1
A
2
. . . A
n
, deve essere a
i
1
= 1.

Esercizio 6.1.8.
(1) Il gruppo (Z, +) non pu essere prodotto diretto di due suoi sottogruppi
non banali perch lintersezione di due suoi qualunque sottogruppi non si
riduce mai al solo elemento neutro (aZ bZ = mZ con m = m.c.m.(a, b)).
(2) Il gruppo simmetrico S
3
non pu essere prodotto diretto perch possiede
un solo sottogruppo normale non banale (vedi anche Esercizio 6.2.3).
(3) Il gruppo diedrico D
4
non pu essere prodotto diretto perch due qualun-
que sottogruppi normali non banali di D
4
hanno intersezione che non si
riduce al solo elemento neutro perch contiene sempre lelemento a
2
.
(4) Il gruppo Z
12
isomorfo al prodotto diretto Z
3
Z
4
. Infatti i due sottogrup-
pi H = [0], [4], [8] e K = [0], [3], [6], [9] sono (ovviamente) normali,
l intersezione il solo elemento neutro [0] e sono tali che Z
12
= H + K.
Inoltre, H

= Z
3
e K

= Z
4
.
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 122
Il teorema seguente dimostra una propriet fondamentale per la caratterizza-
zione dei gruppi abeliani niti.
Teorema 6.1.9. Sia (G, ) un gruppo abeliano nito di ordine m con m
diverso dalla potenza di un numero primo. Allora G prodotto diretto di suoi
sottogruppi.
Dimostrazione. Sia m = p
r
1
1
p
r
2
2
. . . p
r
n
n
con n 2, r
i
> 0 e p
i
numeri primi
distinti. Per il Teorema di Sylow, per ogni p
r
i
i
esiste in G un sottogruppo A
i
di
ordine p
r
i
i
.
Si ha A
i
G per ogni i = 1, 2, . . . , n perch G abeliano, inoltre vale la (2) della
denizione 6.1.5 perch gli ordini dei gruppi A
r
e (

i,=r
1in
A
i
) sono primi tra loro;
da questo segue che se a
1
a
2
. . . a
n
= b
1
b
2
. . . b
n
con a
i
, b
i
A
i
, i = 1, . . . , n, allora
a
i
= b
i
per ogni i = 1, 2, ..., n e perci il numero degli elementi di A
1
A
2
. . . A
n

p
r
1
1
p
r
2
2
. . . p
r
n
n
e quindi vale anche la (3) della denizione 6.1.5.
Teorema 6.1.10. Siano C
m
, C
n
, C
mn
i gruppi ciclici di ordine rispettiva-
mente m, n, mn N

. Si ha C
mn
= C
m
C
n
se e solo se m ed n sono primi fra
loro.
Dimostrazione. Siano C
m
=< x >, C
n
=< y > e C
m
C
n
= (a, b) [ a
C
m
, b C
n
. Lelemento (x, y) C
m
C
n
ha periodo il m.c.m.(m, n), pertanto
C
m
C
n
ciclico generato da (x, y) se e solo se m.c.m.(m, n) = mn ossia se e solo
se m ed n sono primi fra loro. Si conclude che C
mn
= C
m
C
n
se e solo se m ed
n sono primi fra loro.
Il teorema ora dimostrato si generalizza nel seguente corollario.
Corollario 6.1.11. Siano n
1
, n
2
, ..., n
r
N

e C
n
i
il gruppo ciclico di ordine
n
i
. Risulta C
n
1
n
2
...n
r
isomorfo al prodotto diretto C
n
1
C
n
2
... C
n
r
se e solo se
n
1
, n
2
, ..., n
r
sono a due a due primi tra loro.
Esempio 6.1.12.
(1) C
30
C
2
C
3
C
5
.
(2) C
24
C
4
C
6
, anzi C
4
C
6
non nemmeno ciclico perch se C
4
=< x >
e C
6
=< y > si ha che C
4
C
6
possiede due diversi sottogruppi di ordine
due: S = (1, 1), (x
2
, 1) e T = (1, 1), (1, y
3
) e pertanto C
4
C
6
non
pu essere ciclico.
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 123
Questa scomposizione di un gruppo ciclico nel prodotto diretto di gruppi ciclici
con ordini primi fra loro un caso particolare di un teorema pi generale che
descrive la struttura dei gruppi abeliani niti: il teorema di Frobenius-Stickelberg.
Iniziamo con il caratterizzare i gruppi abeliani niti di ordine la potenza di un
numero primo.
Teorema 6.1.13. Sia (G, ) un gruppo abeliano, [G[ = p
n
, p primo. Allora
G prodotto diretto di gruppi ciclici.
Dimostrazione. Procediamo per induzione su n. Per n = 1 il gruppo G
ciclico. Supponiamo il teorema vero per r < n e dimostriamo che vale per n. Sia
G non ciclico e n > 1. Sia b G con periodo massimo o(b) = p
k
, k < n, e sia
B =< b >, [B[ = p
k
. Sia C il pi grande sottogruppo di G tale che B C = 1;
dimostriamo che G = BC.
Sia x G con o(x) = p
s
, 0 s k; per dimostrare che x BC procediamo
per induzione su s. Per s = 0 si ha x = 1 BC; supponiamo s 1 e che tutti
gli elementi di G di periodo p
s1
appartengano a BC. Considerato y = x
p
si
ha o(y) = o(x
p
) = p
s1
e perci per lipotesi induttiva y BC ossia esistono
b
m
e c C tali che y = b
m
c da cui y
p
s1
= (b
m
c)
p
s1
= 1, b
mp
s1
c
p
s1
e quindi
b
mp
s1
C perch lelemento inverso di c
p
s1
, anzi b
mp
s1
B C = 1 da
cui b
m
p
s1
= 1 e per lipotesi di massimalit fatta sul periodo dellelemento b, si
ha che p
k
divide mp
s1
e quindi p divide m perch k > s 1; sia m = pm
1
con
m
1
Z. Allora y = x
p
= b
pm
1
c e posto a = x(b
m
1
)
1
si ha a
p
= c C. Se a C
allora x = b
m
1
c BC. Se a / C allora il sottogruppo C
1
=< C, a > contiene
propriamente C e perci C C
1
,= 1 per la scelta di massimalit fatta su C. Sia
b
1
B C
1
, b
1
,= 1; allora esistono c C e n Z tali che b
1
= ca
n
. Se p divide
n sia n = n
1
p con n
1
Z; allora (ricordando che a
p
C) a
n
= a
n
1
p
C da cui
b
1
B C = 1 in contraddizione con b
1
,= 1. Dunque p non pu dividere n
ossia MCD(n, p) = 1 e poich a
p
, a
n
C si ha a
p
, a
n
BC e per il teorema 2.3.10
risulta a BC e pertanto x = ab
m
1
BC. Rimane cos dimostrato che G = BC.
Poich BG, C G, BC = 1, G = BC, si ha G = BC (prodotto diretto).
Poich [C[ =
[G[
[B[
= p
nk
, per lipotesi induttiva su n, il gruppo C prodotto diretto
di gruppi ciclici ed essendo B ciclico si conclude che G prodotto diretto di gruppi
ciclici.
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 124
2. Struttura dei gruppi abeliani niti.
A conclusione del paragrafo riportiamo il teorema di Frobenius-Stickelberg che
descrive completamente la struttura dei gruppi abeliani di ordine nito. Questo
importante risultato anche un valido strumento quando si deve determinare il
numero di gruppi di un determinato ordine.
Teorema 6.2.1. Ogni gruppo abeliano nito isomorfo al prodotto diretto
di gruppi ciclici.
Dimostrazione. Segue dai teoremi 6.1.9 e 6.1.13; infatti se G abeliano nito
con [G[ = n = p
a
1
1
p
a
2
2
...p
a
t
t
allora G isomorfo al prodotto diretto A
p
1
A
p
2
...A
p
t
con [A
p
i
[ = p
a
i
i
, i = 1, 2, ..., t. Ma ogni A
p
i
prodotto diretto di gruppi ciclici e
pertanto segue la tesi.
Sia n N

, n = p
a
1
1
p
a
2
2
p
a
t
t
. Per contare quanti sono i gruppi abeliani G di
ordine n, posto G = A
p
1
A
p
2
A
p
t
con [A
p
i
[ = p
a
i
i
, i = 1, . . . , t, occorre
vedere in quanti modi si riesce a fattorizzare ogni A
p
i
come prodotto di gruppi
ciclici (di ordine p
r
i
) ossia si deve contare in quanti modi si pu scrivere A
p
i
=
Z
p
i
1
i
Z
p
i
2
i
Z
p
i
s
i
. Deve essere
[A
p
i
[ = p
a
i
i
= p
i
1
i
p
i
2
i
p
i
s
i
= p
i
1
+i
2
+i
s
i
e pertanto occorre contare in quanti modi si pu scrivere a
i
come somma di i
1
+
i
2
+ +i
s
. Questo numero il numero (a
i
) di partizioni di a
i
. Ne segue che per
determinare il numero di gruppi non isomor di un dato ordine n, basta procedere
nel modo seguente:
(1) si fattorizza n = p
a
1
1
p
a
2
2
p
a
t
t
;
(2) si determina il numero (a
i
) di partizioni di a
i
, per ogni i = 1, . . . , t;
(3) i gruppi abeliani non isomor di ordine n sono (a
1
)(a
2
) (a
t
).
Esercizio 6.2.2.
Determinare quanti sono i gruppi abeliani G di ordine n = 1620 ed elencarli.
Soluzione - Poich n = 2
2
3
4
5, ogni G con [G[ = 1620 risulta scomposto nel
prodotto diretto
G = A
2
A
3
A
5
con [A
2
[ = 2
2
, [A
3
[ = 3
4
, [A
5
[ = 5
e (a
1
) = (2) = 2, (a
2
) = (4) = 5, (a
3
) = (1) = 1.
Quindi il numero totale di gruppi abeliani di ordine n = 1620 (2)(4)(1) = 10.
Le diverse fattorizzazione di A
2
sono: Z
2
2, Z
2
Z
2
.
Le diverse fattorizzazione di A
3
sono: Z
3
4, Z
3
3 Z
3
, Z
3
2 Z
3
2, Z
3
2 Z
3
Z
3
,
Z
3
Z
3
Z
3
Z
3
.
Per A
5
si ha solo la possibilit Z
5
.
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 125
Ogni gruppo abeliano G di ordine 1620 quindi isomorfo ad uno dei seguenti
dieci gruppi (non isomor fra di loro):
A
2
A
3
A
5
Z
4
Z
81
Z
5
Z
4
Z
27
Z
3
Z
5
Z
4
Z
9
Z
9
Z
5
Z
4
Z
9
Z
3
Z
3
Z
5
Z
4
Z
3
Z
3
Z
3
Z
3
Z
5
Z
2
Z
2
Z
81
Z
5
Z
2
Z
2
Z
27
Z
3
Z
5
Z
2
Z
2
Z
9
Z
9
Z
5
Z
2
Z
2
Z
9
Z
3
Z
3
Z
5
Z
2
Z
2
Z
3
Z
3
Z
3
Z
3
Z
5
Esercizio 6.2.3.
Descrivere tutti i gruppi abeliani di ordine n = 1365.
Soluzione - Risulta n = 3 5 7 13. Ogni gruppo abeliano G di ordine n = 1365
si fattorizza nelle seguenti componenti primarie:
G = A
3
A
5
A
7
A
13
, con [A
3
[ = 3, [A
5
[ = 5, [A
7
[ = 7, [A
13
[ = 13.
G risulta necessariamente il gruppo G = Z
3
Z
5
Z
7
Z
13
; si tratta del gruppo
ciclico di ordine 1365. Dunque esiste un solo gruppo abeliano di ordine 1365.
Questo un fatto generale. Se n = p
1
p
2
p
t
con i p
i
numeri primi distinti,
allora esiste un solo gruppo abeliano di ordine n che ovviamente il gruppo ciclico
di ordine n.
Esercizio 6.2.4.
Descrivere tutti i gruppi abeliani di ordine 48.
Soluzione - Per il teorema 6.2.1, essendo 48 = 2
4
3, i casi possibili sono
G Z
16
Z
3
Z
48
;
G Z
8
Z
2
Z
3
;
G Z
4
Z
4
Z
3
;
G Z
4
Z
2
Z
2
Z
3
;
G Z
2
Z
2
Z
2
Z
2
Z
3
.
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 126
3. Esercizi relativi al Capitolo 6
Esercizio 6.3.1.
Provare le seguenti aermazioni
(1) (

, ) prodotto diretto di (

+
, ) e di (1, 1, ).
(2) (C, +) = (1, +) (i1, +) prodotto diretto.
(3) (C

, ) = (1
+
, ) (, ) prodotto diretto, con = z C [ [z[ = 1.
Soluzione - E di immediata verica che valgono le condizioni richieste nella
denizione 6.1.2.
Esercizio 6.3.2.
Siano p e q numeri primi e p ,= q. Determinare il numero di sottogruppi del gruppo
G = Z
p
Z
q
.
Soluzione - Sia z = (x, y) G; poich p primo, tutti gli elementi di Z
p
diversi
dallelemento neutro hanno periodo p. Analogamente ogni elemento di Z
q
diverso
dallelemento neutro ha periodo q e pertanto se z = (x, y) G con x ,= 0
q
, y ,= 0
q
,
si ha o(z) = pq e pertanto [ < z > [ = pq e dunque < z >= G.
Se z = (x, 0
q
), x ,= 0
p
, si ha A =< z >= Z
p
0
q
. Se z = (0
p
, y), y ,= 0
q
,
si ha B =< z >= 0
p
Z
q
. In questo modo sono stati descritti tutti i possibili
sottogruppi di G; sono quattro compresi i due sottogruppi banali: < (0
p
, 0
q
) >,
G, A Z
p
, B Z
q
.
Esercizio 6.3.3.
Dimostrare che il gruppo simmetrico S
3
non prodotto diretto di due suoi sotto-
gruppi propri.
Soluzione - Supponiamo sia S
3
= K H con K e H sottogruppi propri di S
3
.
Poich [S
3
[ = 6, per il teorema di Lagrange [K[ e [H[ dividono 6 e quindi [K[ e
[H[ possono essere solo 3 e 2 e perci K e H sono ciclici e quindi abeliani. Ne
seguirebbe S
3
abeliano e ci assurdo.
Pi semplicemente si pu aermare che S
3
non prodotto diretto di sottogruppi
perch ha un solo sottogruppo proprio normale: A
3
.
Esercizio 6.3.4.
Sia G un gruppo abeliano, non ciclico, di ordine 9. Dimostrare che G Z
3
Z
3
.
Soluzione - Sia x G, x ,= 1, e sia H =< x >. Poich G non ciclico si ha
o(x) = 3 e [H[ = 3. Analogamente considerato y G H e K =< y >, si
ha [K[ = 3 ed inoltre K _ H e perci H K = 1 e K HK da cui segue
HK sottogruppo di G. Per il teorema di Lagrange [HK[ > 3 divide [G[ = 9 e
pertanto HK = G. Essendo G abeliano, i sottogruppi H e K sono normali e
quindi G = H K prodotto diretto, con H Z
3
K.
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 127
Esercizio 6.3.5.
Sia p un numero primo. Si calcoli il numero dei sottogruppi del gruppo Z
p
Z
p
.
Soluzione - Poich [Z
p
Z
p
[ = p
2
, ogni sottogruppo proprio di Z
p
Z
p
ha ordine p
e quindi ciclico. Siano H e K due sottogruppi propri distinti. Allora HK = 0
e quindi ogni elemento x ,= 0 di Z
p
Z
p
contenuto in un solo sottogruppo proprio
di Z
p
Z
p
. Poich Z
p
Z
p
ha p
2
1 elementi x ,= 0 e poich ogni sottogruppo
proprio contiene p1 elementi diversi da 0, si deduce che il numero di sottogruppi
propri di Z
p
Z
p

p
2
1
p1
= p + 1.
Esercizio 6.3.6.
Dimostrare che, se G un gruppo ciclico di ordine n
2
, esso non isomorfo al
prodotto diretto H H dove H un gruppo ciclico di ordine n.
Soluzione - Anzittutto ricordiamo che un gruppo ciclico nito di ordine r possiede
un ( ed un solo ) sottogruppo ciclico di ordine s per ogni s divisore di r, perci G
possiede un unico sottogruppo ciclico H di ordine n.
Sia H =< x >; il gruppo H H possiede almeno due sottogruppi di ordine n
ciclici: A =< (1, x) > e B =< (x, 1) >. I gruppi G e H H non possono quindi
essere isomor.
Esercizio 6.3.7.
Determinare il centro dei gruppi H = C
2
D
3
e K = Q
8
Z
3
.
Soluzione - Lelemento (a, b) Z(H) se e solo se per ogni (x, y) H risulta
(a, b)(x, y) = (x, y)(a, b), ossia ax = xa e by = yb per ogni x C
2
e per ogni
y D
3
. Dunque il centro Z(H) il prodotto diretto del centro di C
2
e del centro di
D
3
e poich Z(C
2
) = C
2
= 1, a e Z(D
3
) =

1 si ha Z(H) = (1,

1), (a,

1).
Analogamente poich Z(Q
8
) = 1, 1 e Z(Z
3
) = Z
3
=

0,

1,

2 si ha Z(K) =
(1,

0), (1,

1), (1,

2), (1,

0), (1,

1), (1,

2).
Esercizio 6.3.8.
Determinare la struttura di tutti i possibili gruppi di cardinalit 8.
Soluzione - Distinguiamo due casi:
1

caso) [G[ = 8, G abeliano. Essendo un gruppo abeliano, G il prodotto


diretto di gruppi ciclici e quindi si hanno le seguenti possibilit: G Z
8
,
G Z
4
Z
2
, G Z
2
Z
2
Z
2
.
2

caso) [G[ = 8, G non abeliano. Come noto esistono i gruppi G Q


8
(qua-
ternioni) e G D
4
(diedrico). Dimostriamo che non ci sono altri gruppi
di ordine otto non abeliani. Ricordiamo che il periodo di un qualunque
elemento di G 2 oppure 4 oppure 8 perch sappiamo che deve dividere
lordine del gruppo. Sicuramente in G non esistono elementi di periodo
otto (altrimenti G sarebbe ciclico e quindi abeliano); inoltre gli elementi
diversi dallelemento neutro non possono avere tutti periodo due perch
in tal caso G sarebbe abeliano (infatti se x = x
1
per ogni x G 1,
Capitolo 6 Prodotto Diretto di gruppi 128
si ha xy = (xy)
1
= y
1
x
1
= yx). Sia dunque x G un elemento di
periodo quattro; allora si osservi che in G anche lelemento x
3
ha periodo
quattro e pertanto in G gli elementi di periodo quattro devono essere in
numero pari ossia sono 2 oppure 4 oppure 6.
Se in G vi sono esattamente due elementi di periodo 4 allora ogni
elemento y G < x > di periodo 2 (essendo o(x) =o(x
3
) = 4)
e poich xy G < x > si ha o(xy) = 2 da cui xy = yx e
x
r
y = yx
4r
, r = 0, 1, 2, 3 e pertanto G isomorfo al gruppo diedrico
D
4
.
Se in G ci sono esattamente quattro elementi di periodo 4, siano
x, x
3
, y, y
3
tali che o(x) = o(x
3
) = o(y) = o(y
3
) = 4 con x ,= y, x ,= y
3
.
Poich x ,= y, il gruppo < x > < y > sottogruppo proprio di
< x > e quindi da [ < x > [ = 4 segue [ < x > < y > [ 2. Se [ <
x > < y > [ = 1 allora si ha G < x > < y > prodotto diretto
e [G[ = 16 contro lipotesi [G[ = 8. Se [ < x > < y > [ = 2 allora
x
2
= y
2
e G = 1, x, x
2
, x
3
, y, y
3
, xy, x
3
y con o(xy) = o(x
3
y) = 2
(perch i soli elementi di periodo 4 sono x, x
3
, y, y
3
) e pertanto xy =
yx e x
3
y = yx
3
. Allora di immediata verica che gli elementi di G
permutano fra di loro ossia G abeliano contro lipotesi ( risulterebbe
G Z
4
Z
2
con Z
4
< x >, Z
2
< xy > ).
Se in G ci sono esattamente sei elementi di periodo 4 allora G
banalmente isomorfo al gruppo Q
8
dei quaternioni.
CAPITOLO 7
Gruppi Risolubili
In questo capitolo presentiamo le principali nozioni relative ad una famiglia di
gruppi detti gruppi risolubili per il loro legame con il problema della
tt
risoluzione
tt
delle equazioni algebriche. In particolare si studier la risolubilit dei gruppi sim-
metrici e dei gruppi alterni per limportanza che questa propriet riveste nella
teoria delle equazioni algebriche. E noto che una equazione algebrica di grado n
ammette una formula generale di risoluzione per radicali se e solo se n 4.
1. Derivato di un gruppo
Denizione 7.1.1. Sia (G, ) un gruppo; per ogni coppia (a, b) di elementi di
G si denisce commutatore di (a, b) lelemento k(a, b) = b
1
a
1
b a.
Per indicare il commutatore k(a, b) a volte si scrive semplicemente [a, b].
Dalla denizione segue immediatamente che:
(1) k(a, b) = 1 a b = b a
(2) a b k(a, b) = b a, ossia moltiplicando a b per il suo commutatore si
ottiene b a ( questa propriet giustica il nome di commutatore).
(3) k(a, a) = 1 per ogni a G.
(4) k(a, b)
1
= k(b, a).
Nonostante lelemento neutro di G sia un commutatore e lelemento inverso
di un commutatore sia ancora un commutatore, come assicurano la (3) e la (4)
precedenti, non detto che il prodotto di due commutatori sia un commutatore
e pertanto linsieme dei commutatori di un gruppo G, in generale, non un
sottogruppo di G. Ha perci signicato considerare e studiare il gruppo generato
dai commutatori di un gruppo.
Denizione 7.1.2. Sia (G, ) un gruppo; si denisce derivato (primo) di G
il sottogruppo G
t
di G generato dai commutatori di G.
Teorema 7.1.3. Il derivato primo del gruppo (G, ) il gruppo
129
Capitolo 7 Gruppi risolubili 130
G
t
= k
1
k
2
k
n
[ n N

; k
i
commutatore, i = 1, 2, , n.
Dimostrazione. Linsieme G
t
= k
1
k
2
k
n
[ n N

; k
i
commutatore, i =
1, 2, , n chiuso rispetto al prodotto di G e G
t
,= perch 1 G
t
. Inoltre,
come gi notato precedentemente, linverso di un commutatore un commutatore
e pertanto per ogni k
1
k
2
k
n
G
t
si ha (k
1
k
n
)
1
= k
1
n
k
1
1
G
t
.
Linsieme G
t
quindi un sottogruppo di G. Per come denito, G
t
contenuto in
ogni sottogruppo di G che contiene i commutatori di G e perci G
t
il pi piccolo
sottogruppo di G che contiene tutti i commutatori ossia G
t
il gruppo generato
dai commutatori di G.
Nota 7.1.4.
La non abelianit di G tutta racchiusa in G
t
. Cos come tutta labelianit
di G racchiusa nel centro Z(G).
G
t
=< 1 > G abeliano.
Il derivato G
t
di G il pi piccolo sottogruppo di G che contiene tutti i
commutatori.
Teorema 7.1.5. Il derivato G
t
di un gruppo (G, ) un sottogruppo caratte-
ristico di G.
Dimostrazione. Occorre provare che per ogni Aut(G) risulta (G
t
) =
G
t
. Dimostriamo dapprima che ogni automorsmo Aut(G) trasforma un
commutatore k(a, b) in un commutatore:
(k(a, b)) = (b
1
a
1
b a) = (b)
1
(a)
1
(b) (a) = k((a)(b)) G
t
.
Siano ora k
1
k
2
k
n
G
t
, per ogni Aut(G) risulta (k
1
k
2
k
n
) =
(k
1
) (k
2
) (k
n
) G
t
e pertanto rimane provato che (G
t
) = G
t
.
Il teorema ora dimostrato assicura, in particolare, che il derivato G
t
un
sottogruppo normale di G: G
t
G.
Teorema 7.1.6. Sia (G, ) un gruppo e G
t
il derivato di G. Si ha che
(1)
G
G

abeliano;
(2) se H G e
G
H
abeliano, allora G
t
H;
(3) se H G e G
t
H allora H G e
G
H
abeliano.
Dimostrazione.
(1) Siano a, b G; considerati i laterali aG
t
, bG
t

G
G

si ha
aG
t
bG
t
= abG
t
= ab k(a, b)G
t
= baG
t
= bG
t
aG
t
e quindi
G
G

abeliano.
Capitolo 7 Gruppi risolubili 131
(2) Sia H G e
G
H
abeliano; per ogni a, b G si ha aH bH = bH aH,
abH = baH, b
1
a
1
baH = H da cui b
1
a
1
ba H. Dunque H contiene
tutti i commutatori di G ed essendo H un gruppo, H contiene anche tutti
i prodotti di commutatori e perci G
t
H.
(3) Sia G
t
H G; per ogni g G e h H si ha g
1
h
1
gh G
t
e
dunque g
1
h
1
gh H, ma H gruppo e h
1
H e perci g
1
h
1
gh
h
1
= g
1
h
1
g H allora (g
1
h
1
g)
1
= g
1
hg H e pertanto H
sottogruppo normale di G. Inoltre
G
H
abeliano perch per ogni a, b G
si ha aH bH = abH = ab[a, b]H = baH = bH aH (si ricordi che
[a, b]H = H perch [a, b] H essendo G
t
H).

Il teorema ora dimostrato assicura che il derivato G


t
di un gruppo G il pi
piccolo sottogruppo normale H di G tale che il quoziente
G
H
sia abeliano.
Denizione 7.1.7. Sia (G, ) un gruppo. Posto G
(0)
= G, per ogni r N

per induzione si denisce G


(r)
= (G
(r1)
)
t
. Il sottogruppo G
(r)
detto derivato
r-esimo di G.
In particolare si scriver G
(1)
= G
t
, G
(2)
= (G
t
)
t
= G

e cos via.
Teorema 7.1.8. Sia (G, ) un gruppo. G
(r)
un sottogruppo caratteristico
di G.
Dimostrazione. Ogni automorsmo /ut(G) trasforma un commutatore
di G in un commutatore di G. Ne segue che ogni automorsmo di G anche
automorsmo del derivato G
t
perch ogni elemento di G
t
un prodotto nito
di commutatori di G. Procedendo in modo ricorsivo, risulta pertanto che ogni
automorsmo /ut(G) anche automorsmo di G
(r)
ossia (G
(r)
) = G
(r)
per ogni /ut(G) e dunque G
(r)
sottogruppo caratteristico di G per ogni
r N

.
Teorema 7.1.9. Sia S
n
il gruppo delle permutazioni su n elementi, allora
S
t
n
= A
n
per ogni n N

.
Dimostrazione. Suddividiamo la dimostrazione in quattro parti:
(1) S
t
n
A
n
.
Infatti poich in S
n
una qualunque permutazione g e la sua inversa g
1
sono sempre entrambe di classe pari o entrambe di classe dispari, si ha
che un qualunque commutatore di S
n
una permutazione di classe pari e
quindi un elemento di A
n
. Risulta quindi S
t
n
A
n
e S

n
A
n
.
Capitolo 7 Gruppi risolubili 132
(2) Caso n 5.
Per n 5, A
n
semplice (vedi teorema 4.2.3) quindi i suoi sottogruppi
normali sono solo quelli banali, deve allora essere S
t
n
= A
n
oppure S
t
n
=
< id. >. Se S
t
n
=< id. > allora S
n
abeliano e ci per n 5 assurdo.
Rimane dunque provato che per n 5 risulta S
t
n
= A
n
.
(3) Caso n = 4.
Consideriamo , S
4
, con =
_
1 2 3 4
2 3 1 4
_
e =
_
1 2 3 4
1 3 2 4
_
.
Si ha
1

1
=
_
1 2 3 4
2 3 1 4
_
S
t
4
e
1

1
un
3-ciclo e dunque per il teorema 4.2.2 si ha S
t
4
= A
4
perch S
t
4
contiene un
3-ciclo ed un sottogruppo normale di A
4
.
(4) Caso n 3.
Per n = 3 da S
t
n
A
n
segue [S
t
3
[ = 1 oppure [S
t
3
[ = 3. Se fosse [S
t
3
[ = 1
sarebbe S
3
abeliano e ci assurdo e pertanto deve essere [S
t
3
[ = 3 ossia
S
t
3
= A
3
.
Per n 2 si ha banalmente S
t
n
= A
n
=< id. >.

2. Risolubilit di un gruppo
Denizione 7.2.1. Un gruppo (G, ) si dice risolubile se esiste un intero
r 1 tale che G
(r)
=< 1 >.
Esempio 7.2.2.
Ogni gruppo abeliano risolubile perch G
t
=< 1 >.
Il gruppo dei quaternioni risolubile perch G

=< 1 >.
Denizione 7.2.3. Si chiama catena di un gruppo (G, ) ogni successione
nita di sottogruppi G = G
1
> G
2
> > G
i
> > G
n
=< 1 >.
La catena detta normale (o serie subnormale ) se G
i
G
i1
per ogni i =
2, 3, . . . , n ed in questo caso i gruppi G
i1
/G
i
sono detti fattoriali della catena.
Se in una catena normale ogni G
i
anche un sottogruppo normale di G, la
successione di sottogruppi detta serie normale.
Capitolo 7 Gruppi risolubili 133
Esempio 7.2.4.
(1) Se (G, ) risolubile allora il gruppo G ed i suoi derivati formano una
catena normale che una serie normale: GG
t
G
(i)
G
(r)
=< 1 >.
(2) In S
4
consideriamo i sottogruppi H
1
= id., (1 2)(3 4), (1 3)(2 4), (1 4)(2 3)
e H
2
= id., (1 2)(3 4). Allora S
4
H
1
H
2
< id. > una catena
normale ma non una serie normale perch H
2
_ S
4
.
Teorema 7.2.5. Un gruppo (G, ) risolubile se e solo se possiede una catena
normale a fattoriali abeliani.
Dimostrazione. Sia G risolubile. Allora, per la (3) del teorema 7.1.6, la
catena dei suoi derivati una catena normale a fattoriali abeliani.
Viceversa supponiamo che G possieda una catena normale a fattoriali abeliani:
sia G = G
1
G
2
G
i
G
n
=< 1 > con
G
i1
G
i
abeliano per ogni i = 2, 3, ..., n.
Per la (2) del teorema 6.1.6, da G
1
G
2
e
G
1
G
2
abeliano segue G
t
1
G
2
; da
G
2
G
3
abeliano
segue che G
t
2
G
3
; ma G
t
1
G
2
signica anche (G
t
1
)
t
G
t
2
ossia G
tt
1
G
t
2
da cui
G
tt
1
G
3
. Procedendo in questo modo si ottiene G
(n1)
1
G
n
e poich G
n
=< 1 >
si ha G
(n1)
1
=< 1 > e dunque G risolubile.
Teorema 7.2.6. Sia (G, ) un gruppo; HG tale che H e
G
H
siano risolubili.
Allora G risolubile.
Dimostrazione. Essendo H G si ha che (
G
H
)
t
=
(G

H)
H
; infatti considerato
un qualunque commutatore di
G
H
, si ha [g
1
H g
2
H] = (g
2
H)
1
(g
1
H)
1
g
2
Hg
1
H =
Hg
1
2
Hg
1
1
g
2
Hg
1
H e poich g
i
H = Hg
i
perch H normale in G, si ha
Hg
1
2
Hg
1
1
g
2
Hg
1
H = g
1
2
g
1
1
g
2
g
1
H
G

H
H
. Sempre per la normalit di H in G
si ha [g
1
H g
2
H][g
3
H g
4
H] = [g
1
g
2
][g
3
g
4
]H e pertanto (
G
H
)
t
=
G

H
H
. Procedendo per
induzione su r si ottiene (
G
H
)
(r)
=
(G
(r)
H)
H
. Per ipotesi
G
H
risolubile, allora esiste
n N

tale che (
G
H
)
(n)
=< 1 > ossia
(G
(n)
H)
H
=< 1 > e questultima ugualianza
comporta G
(n)
H. Per ipotesi H risolubile allora esiste un m N

tale che
H
(m)
=< 1 >; risulta allora G
(n+m)
=< 1 > e quindi G risolubile.
Teorema 7.2.7. Sia (G, ) un gruppo risolubile. Ogni sottogruppo di G
risolubile.
Dimostrazione. Sia (G, ) un gruppo risolubile, allora esiste r N

tale che
G
(r)
=< 1 >. Sia H un sottogruppo di G; da G H si ha G
(r)
H
(r)
e quindi
H
(r)
=< 1 > ossia H risolubile.
Come agisce lomomorsmo sulla risolubilit di un gruppo?
Capitolo 7 Gruppi risolubili 134
Teorema 7.2.8. Sia (G, ) un gruppo risolubile. Ogni immagine omomorfa
di G un gruppo risolubile.
Dimostrazione. Sia un omormosmo suriettivo di G nel gruppo H e sia
G
(r)
=< 1 >. Si ha (G
t
) = H
t
, (G
tt
) = H
tt
, . . . , (G
(r)
) = H
(r)
e poich
G
(r)
=< 1 > e omomorsmo, si ha (G
(r)
) =< 1 > ossia H
(r)
=< 1 > e
pertanto H risolubile.
Corollario 7.2.9. Ogni quoziente di un gruppo risolubile risolubile.
Dimostrazione. Segue dal teorema precedente perch ogni quoziente di un
gruppo una sua immagine omomorfa (vedi 1

teorema di omomorsmi per grup-


pi).
3. Risolubilit di S
n
e di altre famiglie di gruppi.
Teorema 7.3.1. S
n
risolubile n = 2, 3, 4
Dimostrazione. Procediamo per casi:
(1) n = 2:
S
2
risolubile perch abeliano.
(2) n = 3:
S
3
risolubile perch possiede una catena normale a fattoriali abeliani:
S
3
A
3
< id. >.
(3) n = 4:
S
4
risolubile perch possiede la catena normale a fattoriali abeliani:
S
4
A
4
H < id. >, dove H = id., , , con = (1 2)(3 4), =
(1 3)(2 4), = (1 4)(2 3).
(4) n 5:
Per n 5 abbiamo dimostrato che A
n
semplice; poich A
n
non abe-
liano, non pu essere A
t
n
=< id. > e quindi deve essere A
t
n
= A
n
; perci
A
n
non risolubile per n 5. Essendo A
n
non risolubile, anche S
n
A
n
non risolubile per n 5.

Nota 7.3.2. Per sottolineare limportanza del teorema precedente, si tenga


presente che la risolubilit dei gruppi simmetrici o
n
con n 4 e la non risolubilit
dei gruppi simmetrici o
n
con n 5 sta alla base del fatto che solo le equazio-
ni algebriche di grado n 4 ammettono una formula risolutiva radico-razionale
generale.
Capitolo 7 Gruppi risolubili 135
Teorema 7.3.3. Sia (G, ) un gruppo semplice. G risolubile se e solo se
nito ed ha per ordine un numero primo.
Dimostrazione. Se [G[ = p con p primo allora G ciclico e quindi abeliano
e pertanto G risolubile.
Viceversa, se G risolubile si ha G
t
,= G e poich G
t
G e G semplice, risulta
G
t
=< 1 > e quindi G abeliano. Essendo G abeliano, ogni suo sottogruppo
normale e quindi, essendo G semplice, G deve essere privo di sottogruppi propri e
pertanto deve essere G nito di ordine primo.
Teorema 7.3.4. Ogni gruppo di ordine p
n
con p primo, n N

, risolubile.
Dimostrazione. Per n = 1 il risultato vero perch il gruppo, essendo di
ordine primo, ciclico e quindi abeliano e perci risolubile.
Procediamo per induzione su n, supponiamo vero il risultato per (n 1) e
dimostriamo che vale per n. Sia (G, ) un gruppo di ordine p
n
, n > 1. Allora
esiste N G tale che [N[ = p; il gruppo N risolubile perch ciclico, il gruppo
G
N

risolubile per lipotesi di induzione essendo di ordine p
n1
e perci per il teorema
7.2.6, G risolubile.
Esempio 7.3.5.
Il gruppo Q
8
dei quaternioni risolubile perch [Q
8
[ = 2
3
.
Teorema 7.3.6. Ogni gruppo di ordine p q con p, q numeri primi, risolu-
bile.
Dimostrazione. Sia (G, ) un gruppo di ordine p q, con p, q numeri primi.
Se p = q allora [G[ = p
2
e pertanto G abeliano e quindi risolubile.
Se G ha ordine p q con p < q, allora G ha un solo sottogruppo di ordine q:
infatti per il teorema di Sylow G ammette almeno un sottogruppo di ordine q;
supponiamo per assurdo che esistano A, B sottogruppi di G con [A[ = [B[ = q e
A ,= B. Si ha AB =< 1 > e [A B[ = q
2
perch i prodotti a b con a A, b B
sono a due a due distinti (se fosse a b = c d con a, c A, b, d B si avrebbe
c
1
a = d b
1
A B e quindi a = c, b = d). Ovviamente A B G ma questo
assurdo perch [A B[ = q
2
e [G[ = p q con p < q.
Dunque in G esiste un solo sottogruppo A di ordine q; questo implica xAx
1
=
A per ogni x G e quindi AG. Il gruppo G pertanto risolubile perch possiede
una catena normale a fattoriali abeliani: G A < 1 >.
Nel prossimo teorema enunciamo altri due risultati importanti per lo studio dei
gruppi niti e per la loro classicazione. In questa trattazione le dimostrazioni
non vengono riportate per la loro complessit.
Capitolo 7 Gruppi risolubili 136
Teorema 7.3.7.
(1) Un gruppo di ordine p
m
q
n
con p, q numeri primi, m, n N, risolubile
(teorema di Burnside).
(2) Ogni gruppo nito di ordine dispari risolubile (teorema di Feit-Thomson).
Si osservi che dal teorema di Feit-Thomson (1960), segue che se G un gruppo
semplice nito, allora G ciclico di ordine primo oppure non abeliano ed ha
ordine pari. Infatti se G abeliano allora ciclico di ordine primo, se G non
abeliano non pu avere ordine dispari perch se cos fosse non potrebbe essere
semplice (questo perch G
t
sarebbe sottogruppo normale di G, G
t
,= G).
4. Esercizi relativi al Capitolo 7
Esercizio 7.4.1.
Sia D
n
il gruppo diedrico. Dimostrare che D
n
risolubile e determinare D
t
n
.
Soluzione - Sia D
n
= 1, a, a
2
, ..., a
n1
, b, ba, ..., ba
n1
e sia C
n
=< a >. Il gruppo
C
n
ciclico (abeliano) di indice 2 in D
n
e pertanto un sottogruppo normale di
D
n
. Il gruppo quoziente
D
n
C
n
di ordine 2 e perci abeliano. Da C
n
D
n
,
D
n
C
n
abeliano segue D
t
n
C
n
e pertanto D
t
n
ciclico (e quindi abeliano) generato da
una potenza di a. Dalla abelianit di D
t
n
segue D
tt
n
=< 1 > e pertanto D
n

risolubile.
Per determinare D
t
n
studiamo come sono i commutatori di D
t
n
:
[a
i
a
j
] = a
j
a
i
a
j
a
i
= 1 perch C
n
commutativo;
[a
i
ba
j
] = a
j
ba
i
ba
j
a
i
= a
j
a
i
bba
j
a
i
= a
j
a
i
a
j
a
i
= a
2i
;
[ba
i
ba
j
] = a
j
ba
i
bba
j
ba
i
= a
j
a
i
bbbba
j
a
i
= a
j
a
i
a
j
a
i
= a
2(ij)
.
dunque i commutatori sono espressi come potenze di a
2
e pertanto D
t
n
< a
2
>.
Ma a
2
= [a
1
ba
j
] D
t
n
e perci < a
2
> D
t
n
e dunque D
t
n
=< a
2
>.
Ad esempio D
t
6
= 1, a
2
, a
4
, D
t
9
= 1, a
1
, a
2
, a
3
, a
4
, a
5
, a
6
, a
7
, a
8
.
Esercizio 7.4.2.
Sia (G, ) un gruppo tale che [G[ = 2p
2
, p primo. Dimostrare che G risolubile
perch G
tt
=< 1 >.
Soluzione - Per il teorema di Sylow G possiede un sottogruppo di ordine p
2
, sia
H. Il sottogruppo H di indice 2 in G e perci normale in G ed abeliano
perch [H[ = p
2
(vedi teorema 5.3.11); inoltre
G
H
abeliano perch [
G
H
[ = 2. Da
H G e
G
H
abeliano segue G
t
H da cui segue G
t
abeliano e quindi G
tt
=< 1 >
e pertanto G risolubile.
Ad esempio il gruppo Q
8
dei quaternioni risolubile perch [Q
8
[ = 2 2
2
.
Capitolo 7 Gruppi risolubili 137
Esercizio 7.4.3.
Sia (G, ) un gruppo tale che esiste Aut(G) con la propriet ,= id., (x) = x
oppure (x) = x
1
. Dimostrare che G risolubile.
Soluzione - Sia H = x G [ (x) = x. Si ha H ,= G perch ,= id. e H risulta
sottogruppo di G.
(1) Dimostriamo che H normale in G. Banalmente, per ogni g H e per
ogni h H si ha g
1
Hg = H. Per ogni g G H e per ogni h H
gh / H e quindi (gh) = (gh)
1
ma anche (gh) = (g)(h) = g
1
h e
quindi (gh)
1
= g
1
h, h
1
g
1
= g
1
h, g
1
hg = h
1
H ossia g
1
hg H
per ogni g G H e per ogni h H. Rimane cos provato che H
sottogruppo normale di G perch g
1
Hg = H per ogni g G e per ogni
h H.
(2) Dimostriamo che H abeliano e quindi risolubile. Fissato g / H, lap-
plicazione
g
: H H denita da
g
(h) = g
1
hg un automor-
smo di H perch per ogni h
1
, h
2
H risulta
g
(h
1
h
2
) = g
1
h
1
h
2
g =
g
1
h
1
gg
1
h
2
g =
g
(h
1
)
g
(h
2
). Per quanto dimostrato in (1) si ha g
1
hg =
h
1
ossia
g
(h) = h
1
per ogni h H e pertanto si ha
g
(h
1
h
2
) =
(h
1
h
2
)
1
= h
1
2
h
1
1
ma anche
g
(h
1
h
2
) =
g
(h
1
)
g
(h
2
) = h
1
1
h
1
2
da cui
h
1
2
h
1
1
= h
1
1
h
1
2
ossia h
1
h
2
= h
2
h
1
per ogni h
1
, h
2
H. Si conclude H
abeliano e H risolubile.
(3) Dimostriamo che
G
H
abeliano e quindi risolubile.
Se g
1
, g
2
H allora g
1
Hg
2
H = H = g
2
Hg
1
H.
Se g
1
H e g
2
/ H allora essendo H normale in G si ha g
1
2
h
1
g
2
H,
g
1
g
2
= g
2
h con h H e pertanto g
1
Hg
2
H = g
1
g
2
H = g
2
hH =
g
2
Hg
1
H.
Se g
1
, g
2
/ H distinguiamo due casi. Sia g
1
g
2
/ H; si ha g
1
g
2
= g
2
g
1
perch da (g
1
g
2
) = (g
1
)(g
2
) = g
1
1
g
1
2
e (g
1
g
2
) = (g
1
g
2
)
1
=
g
1
2
g
1
1
segue g
1
1
g
1
2
= g
1
2
g
1
1
da cui g
1
g
2
= g
2
g
1
e pertanto g
1
Hg
2
H =
g
1
g
2
H = g
2
g
1
H = g
2
Hg
1
H. Sia g
1
g
2
H; allora, per quanto dimo-
strato nel caso precedente, non pu essere g
2
g
1
/ H e perci g
2
g
1
H
da cui g
1
Hg
2
H = g
1
g
2
H = H = g
2
g
1
H = g
2
Hg
1
H. Si conclude
G
H
abeliano e quindi risolubile.
Da H G, H risolubile e
G
H
risolubile segue G risolubile (teorema 7.2.6).
CAPITOLO 8
Reticoli
Quella di reticolo una struttura algebrica ottenuta a partire da una relazione
dordine. Questa struttura pu essere ulteriormente arricchita no a giungere alla
struttura algebrica detta algebra di Boole. La struttura di reticolo trova particolari
applicazioni in logica matematica e in molti rami dellinformatica.
1. Reticoli: denizioni e propriet
La struttura di reticolo si basa sulle relazioni di ordine e per questo iniziamo
ricordando la denizione di relazione di ordine ( vedi capitolo 1, paragrafo 2).
Denizione 8.1.1. Sia A un insieme e sia 1 A A una relazione binaria
in A. La relazione 1 detta di ordine, o di ordine parziale, se sono soddisfatte
le seguenti propriet:
(1) (a, a) 1 per ogni a A (prop. riessiva);
(2) se (a, b) 1 e (b, a) 1 allora a = b (prop. antisimmetrica);
(3) se (a, b) 1 e (b, c) 1 allora (a, c) 1 (prop. transitiva).
Di norma una relazione 1 di ordine parziale si indica con e pertanto la
scrittura delle propriet precedenti diventa:
(1) a a per ogni a A;
(2) a b, b a a = b;
(3) a b, b c a c.
Si dice che A un insieme parzialmente ordinato se in A denita una
relazione di ordine parziale e in tal modo si scrive (A, ).
Esempio 8.1.2.
(1) N

= N 0, (N

, ) un insieme parzialmente ordinato rispetto alla


relazione a b se a [ b (relazione di divisibilit);
(2) Z

= Z 0, (Z

, ) non un insieme parzialmente ordinato rispetto


la relazione a b se a [ b perch non vale la propriet antisimmetrica
(1 [ 1, 1 [ 1, 1 ,= 1).
138
Capitolo 8 Reticoli 139
Denizione 8.1.3. Un insieme parzialmente ordinato (A, ) detto reticolo
se ogni sottoinsieme di A formato da due elementi ammette in A sia estremo
superiore che estremo inferiore.
Si osservi che se x, y sono confrontabili esiste sempre inf(x, y) e sup(x, y). Preci-
samente se x y si ha inf(x, y) = x e sup(x, y) = y.
Esempio 8.1.4.
I seguenti insiemi parzialmente ordinati sono reticoli:
(1) (N

, ), a b se a [ b.
(2) (o, ), o = s [ s = oppure s punto o retta di un piano ane , oppure
s = =sottospazi di un piano ane , a b se a sottospazio di b.
(3) (T(I), ) , T(I) insieme delle parti dellinsieme I, A B se A B.
(4) (o(G), ), o(G) linsieme di tutti i sottogruppi del gruppo G, H K
se H K.
(5) (D(n), ), D(n) insieme dei divisori di un ssato numero naturale n ,= 0,
x y se x [ y, inoltre infx, y = MCD(x, y) e supx, y = mcm(x, y).
Teorema 8.1.5. Sia (L, ) un reticolo. Se B L, B ,= , B nito, allora
B ha in L sia estremo superiore che estremo inferiore.
Dimostrazione. Il risultato vero per ogni B tale che [B[ = 1 o [B[ = 2.
Procediamo per induzione: supponiamo vero il risultato per ogni B, [B[ = n, e
proviamo che vale per ogni H, tale che [H[ = n + 1. Sia H = a
1
, . . . , a
n+1
;
siano v = supa
1
, . . . , a
n
e u = a
1
, . . . , a
n
, allora esistono in L il supv, a
n+1
e
infu, a
n+1
e questi sono rispettivamente sup H e inf H.
Corollario 8.1.6. Ogni reticolo nito ammette massimo e minimo.
I reticoli si possono caratterizzare mediante opportune operazioni interne al re-
ticolo. Con questa caratterizzazione si mette in luce laspetto di struttura algebrica
del reticolo.
Teorema 8.1.7. Sia (L, ) un reticolo. Per ogni a, b L si deniscono in
L le seguenti due operazioni dette rispettivamente unione e intersezione:
a b = supa, b
a b = infa, b
Capitolo 8 Reticoli 140
Le operazioni sopra denite soddisfano le seguenti propriet di immediata verica:
(1) a b = b a (1) a b = b a
(2) a (b c) = (a b) c (2) a (b c) = (a b) c
(3) a (a b) = a (3) a (a b) = a
(4) a a = a (4) a a = a
Prop. commutativa
Prop. associativa
Prop. di assorbimento
Prop. di idempotenza
Viceversa vale il seguente teorema.
Teorema 8.1.8. Sia L un insieme non vuoto con due operazioni e
tali che per ogni a, b, c L risulta:
(1) a b = b a (1) a b = b a
(2) a (b c) = (a b) c (2) a (b c) = (a b) c
(3) a (a b) = a (3) a (a b) = a
(4) a a = a (4) a a = a
In L rimane denita una relazione tale che (L, ) un reticolo.
Dimostrazione. Deniamo in L la seguente relazione
tt
a b se a b = a
tt
.
Osserviamo che da a b = a segue a b = (a b) b = b e viceversa da a b = b
segue a b = a (a b) = a; dunque si ha a b se e solo se a b = b. Inoltre
a a poich a a = a;
a b, b a a = b poich a b = a, b a = b a = b;
a b, b c a c poich a b = a e b c = b a c = (a b) c =
a (b c) = a b = a.
Quindi (L, ) un insieme parzialmente ordinato. Inoltre, a b = supa, b
infatti da a (a b) = a b segue a a b e da b (a b) = b segue b a b; da
a x, b x segue ax = x, b x = x e quindi (ab) x = a(b x) = ax = x
cio a b x. Analogamente si prova che a b = infa, b.
La caratterizzazione fornita dai precedenti due teoremi permette di denire il
reticolo anche nel seguente modo.
Denizione 8.1.9. Sia L un insieme non vuoto e siano e due ope-
razioni in L. La struttura (L, , ) detta reticolo se per ogni a, b, c L si
ha:
(1) a b = b a (1) a b = b a
(2) a (b c) = (a b) c (2) a (b c) = (a b) c
(3) a (a b) = a (3) a (a b) = a
(4) a a = a (4) a a = a
Capitolo 8 Reticoli 141
Nota 8.1.10.
Gli assiomi della denizione 8.1.9 non sono indipendenti perch (4) e (4
t
)
sono conseguenze di (3) e (3
t
); infatti a a = a [a (a b)] = a,
a a = a [a (a b)] = a. Si comunque soliti riportare la denizione
di reticolo come sopra per ragioni storiche.
Le operazioni di e di un reticolo L non sono da confondersi con
le operazioni di unione e intersezione insiemistica.
Legge di dualit
Se nella denizione di reticolo (L, , ) si scambiano i simboli di e gli assiomi
che vi gurano non cambiano. Questo comporta che se in un reticolo vale la
propriet P allora nel reticolo vale anche la propriet duale P
d
ottenuta da P
scambiando i simboli di e .
2. Sottoreticoli
Come per tutte le strutture algebriche, anche per il reticolo si pu denire la
nozione di sottoreticolo.
Denizione 8.2.1. Se (L, , ) un reticolo e L
t
L, L
t
,= , allora L
t
un
sottoreticolo di L se e solo se a b L
t
e a b L
t
per ogni a, b L
t
.
Esempio 8.2.2.
(1) Sia L = D(60) linsieme dei numeri naturali divisori di 60, sia a b =
MCD(a, b) e a b = mcm(a, b) per ogni a, b L. (L, , ) un reticolo.
Sia L
t
= 1, 3, 5, 20; L
t
non un sottoreticolo di L perch 35 / L
t
.
Sia L
tt
= 1, 2, 3, 6; L
tt
un sottoreticolo di L.
(2) Sia L = S(G) linsieme dei sottogruppi di un gruppo G. Per ogni H, K
S(G) sia H K =< H K > il pi piccolo sottogruppo contenente H
e K e sia H K lintersezione di H e K. (S(G), , ) un reticolo ma
non un sottoreticolo del reticolo T(G) delle parti di G. Infatti lunione
insiemistica HK di T(G) , di norma, inclusa propriamente nellunione
gruppale H K di S(G).
(3) Sia L = S
N
(G) linsieme dei sottogruppi normali di G. Rispetto allu-
nione e alla intersezione gruppale, (S
N
(G), , ) un reticolo che risulta
sottoreticolo del reticolo (S(G), , ) dei sottogruppi di G.
Capitolo 8 Reticoli 142
Denizione 8.2.3. Siano (L, , ) e (L
t
, , ) due reticoli e sia unap-
plicazione di L in L
t
; detta omomorsmo se per ogni a, b L si ha
(ab) = (a)(b) e (ab) = (a)(b). Lomomorsmo si dice monomor-
smo, epimorsmo, isomorsmo a seconda che lapplicazione sia rispettivamente
iniettiva, suriettiva, biettiva.
3. Diagramma di un reticolo nito (diagramma di Hasse)
Sia (L, , ) un reticolo nito; poich si pu denire in L una relazione
tt

tt
di ordine parziale, la struttura del reticolo pu essere descritta mediante un dia-
gramma. Gli elementi di L si rappresentano come punti del piano cartesiano con
le seguenti convenzioni:
se x y, scegliamo lordinata di x minore di quella di y;
se x y e non esiste z tale che x z y, x ,= y, x ,= z, y ,= z, allora si
collega x con y mediante un segmento.
Nota 8.3.1. Due reticoli niti sono rappresentabili con lo stesso diagramma
se e solo se sono isomor
Nota 8.3.2. Per capire se un diagramma rappresenta un reticolo occorre sta-
bilire se esistono il sup e linf degli insiemi formati da due elementi non collegati
direttamente, perch se gli elementi sono collegati il sup quello con ordinata
maggiore e linf quello con ordinata minore.
Esempio 8.3.3.
(1) T (I) insieme delle parti di I = 1, 2, 3 un reticolo rispetto alla relazio-
ne
tt

tt
di inclusione e si visualizza con il seguente diagramma:

1,2,3
?
?
?
?
?
?
?
?









1,2
?
?
?
?
?
?
?
?

1,3
?
?
?
?
?
?
?
?









2,3









1
?
?
?
?
?
?
?
?

2

3









Capitolo 8 Reticoli 143


(2) Sia I = a, b, c, d ordinato come segue: a b, a c, a d, b d,
c d, b e c non confrontabili. (I, ) un reticolo rappresentato con il
diagramma:

d








?
?
?
?
?
?
?
?

b
?
?
?
?
?
?
?
?

c









a
(3) Linsieme D(42) dei divisori di 42 ordinato con la relazione
tt
x y se
x [ y
tt
un reticolo rappresentabile dal seguente diagramma.

42
?
?
?
?
?
?
?
?









14
?
?
?
?
?
?
?
?

6
?
?
?
?
?
?
?
?









21









2
?
?
?
?
?
?
?
?

7

3









1
(4) Il diagramma seguente non rappresenta un reticolo perch non univoca-
mente denito inf 2, 3, che potrebbe essere sia 4 che 5.

1








?
?
?
?
?
?
?
?

2
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O

3
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o

4
?
?
?
?
?
?
?
?

5









6
(5) Il diagramma non rappresenta un reticolo perch non esiste inf b, c

a








?
?
?
?
?
?
?
?

b

c
(6) Il diagramma rappresenta un reticolo perch gli unici elementi non colle-
gati direttamente sono 3 e 4 ma sup 3, 4 = 2 e inf 3, 4 = 5
Capitolo 8 Reticoli 144

1

2

3









4
?
?
?
?
?
?
?
?

5








?
?
?
?
?
?
?
?
(7) Il diagramma rappresenta un reticolo. Gli elementi non collegati sono
2, 3, 3, 4 e risulta sup 2, 3 = sup 3, 4 = 1, inf 2, 3 = inf 3, 4 =
5

1
?
?
?
?
?
?
?
?









2

3


4
?
?
?
?
?
?
?
?

5
(8) Sia L il reticolo delle parti di A = x, y; sia D(15) il reticolo dei divisori
di 15 con a b = mcm(a, b) e a b = MCD(a, b). Dimostrare che i due
reticoli sono isomor.

A








?
?
?
?
?
?
?
?

x
?
?
?
?
?
?
?
?

y










15








?
?
?
?
?
?
?
?

5
?
?
?
?
?
?
?
?

3









1
Soluzione - Dati i due reticoli sopra, questi sono isomor perch
hanno lo stesso diagramma. Lisomorsmo non unico; sono infatti
isomorsmi
: T(A) D(15) con (A) = 15, (x) = 3, (y) = 5, () = 1;
: T(A) D(15) con (A) = 15, (x) = 5, (y) = 3, () = 1;
(9) Sia L il reticolo delle parti di A = 1, 2, 3 e sia D(30) il reticolo dei
divisori di 30 rispetto le usuali relazioni. Dimostrare che i due reticoli
sono isomor.
Soluzione - I reticoli sono isomor perch sono rappresentati da dia-
grammi uguali.
Capitolo 8 Reticoli 145

30
?
?
?
?
?
?
?
?









15
?
?
?
?
?
?
?
?

10
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?
?
?
?
?
?









6









5
?
?
?
?
?
?
?
?

3

2









1

1,2,3
?
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?
?
?
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1,2
?
?
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?
?
?
?
?

1,3
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?
?
?
?
?
?









2,3









1
?
?
?
?
?
?
?
?

2

3









(10) Sia f un omomorsmo non biiettivo fra due reticoli. Dimostrare che se
a b allora f (a) f (b) , ma non vale il viceversa.
Soluzione - Ricordiamo che a b se a b = a. Se a b risulta
f (a b) = f (a) e per le propriet dellomomorsmo f (a b) = f (a)
f (b); pertanto f (a) f (b) = f (a) e quindi f (a) f (b).
Dimostriamo che non vale il viceversa portando un controesempio:

1








?
?
?
?
?
?
?
?

2
?
?
?
?
?
?
?
?

3









4
f
**

a

b
f : 1 a, 2 a, 3 b, 4 b lapplicazione f cos denita
un omomorsmo, risulta f (3) f (2) ma non 2 3.
Denizione 8.3.4. Siano (L, , ) e (L
t
, , ) due reticoli; se esiste una ap-
plicazione biiettiva di L in L
t
tale che (a b) = (a) (b) e (a b) =
(a) (b) per ogni a, b L allora detta antisomorsmo (o isomorsmo
inverso) e i reticoli L e L
t
sono detti antisomor.
Esempio 8.3.5.
I reticoli aventi i seguenti due diagrammi sono antisomor.

1

2








?
?
?
?
?
?
?
?

3
?
?
?
?
?
?
?
?

4









5

5








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?
?

3
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?
?
?
?
?
?
?

4









2

1
Capitolo 8 Reticoli 146
I due reticoli aventi i seguenti due diagrammi sono sia isomor sia antiso-
mor.

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?
?
?
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?










4. Reticoli modulari e reticoli distributivi
Denizione 8.4.1. Un reticolo (L, , ) detto modulare se per ogni
a, b, c L con b a risulta a (b c) = b (a c) .
Nota 8.4.2.
(1) Poich b a implica a b = b, si ha che un reticolo modulare se e
solo se per ogni terna (a, b, c) di suoi elementi con b a vale la propriet
distributiva dellintersezione rispetto allunione: a (b c) = (a b)
(a c). Questa propriet evidenzia che il ruolo degli elementi b e c risulta
interscambiabile e pertanto un reticolo modulare se, considerato c a,
risulta a (b c) = (a b) (a c).
(2) Quanto visto in (1) permette di aermare che un reticolo modulare
se e solo se per ogni terna di suoi elementi (a, b, c) con a b risulta
a (b c) = b (a c) o equivalentemente se e solo se per ogni terna di
suoi elementi (a, b, c) con a c risulta a (b c) = (a b) c.
(3) Se (L, , ) un reticolo modulare allora lo anche ogni suo sottoreticolo
(L
t
, , ). Infatti lunione e lintersezione di elementi in L
t
coincidono con
lunione e lintersezione degli stessi elementi in L.
(4) Il reticolo I rappresentato dal seguente diagramma di Hasse detto reti-
colo pentagonale. E un reticolo non modulare.
Capitolo 8 Reticoli 147

d
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
?
?
?
?
?
?
?
?
?
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?
?
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?
?
?
?

c

e


















b
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O

a
Infatti si ha b c e risulta c(be) = cd = c mentre b(ce) = ba = b
e pertanto il reticolo non modulare.
Corollario 8.4.3. Un reticolo modulare se e solo se privo di sottoreticoli
pentagonali.
Esempio 8.4.4.
Il reticolo T (I) delle parti di un insieme modulare.
Il reticolo D(n) dei divisori di n N

modulare.
Il reticolo dei sottospazi di un piano proiettivo modulare.
Il reticolo dei sottospazi di un piano ane

non modulare.
Teorema 8.4.5. Il reticolo formato dai sottogruppi normali di un gruppo
modulare.
Dimostrazione. Sia (G, ) un gruppo e sia (S
N
(G), , ) il reticolo dei sot-
togruppi normali di G, con H K = HK e H K intersezione gruppale (=
insiemistica ). Siano H, K, J S
N
(G) con H J (e dunque H J), si ha:
(1) H (K J) (H K) J. Infatti se x H (K J) si ha x = hy con
h H, y K, y J. Poich H J, x J e poich x = hy H K,
risulta x (H K) J.
(2) (H K) J H (K J). Infatti se x (H K) J si ha x J e
x = hk con h H e k K. Si ricava k = h
1
x e dunque k J perch
h
1
H e per ipotesi H J. Pertanto x = hk con h H e k K J
ossia x H (K J).
Da (1) e (2) segue H (K J) = (H K) J e perci il reticolo considerato
modulare (vedi (2) di nota 8.4.2).
Capitolo 8 Reticoli 148
Corollario 8.4.6. Se (G, ) un gruppo abeliano allora il reticolo dei suoi
sottogruppi modulare.
Denizione 8.4.7. Un reticolo (L, , ) detto distributivo se per ogni
a, b, c L vale la propriet distributiva dellunione rispetto allintersezione (o
equivalentemente per il principio di dualit dellintersezione rispetto allunione).
In simboli:
(1) a (b c) = (a b) (a c)
(2) a (b c) = (a b) (a c)
Nota 8.4.8. Se (L, , ) un reticolo distributivo allora lo anche ogni suo
sottoreticolo.
Esempio 8.4.9.
Ogni insieme totalmente ordinato un reticolo distributivo.
Il reticolo T (I) delle parti di un insieme un reticolo distributivo.
Il reticolo dei sottospazi di un piano proiettivo non distributivo.
Teorema 8.4.10. Se (L, , ) un reticolo distributivo allora (L, , ) un
reticolo modulare. Non vale il viceversa.
Dimostrazione. Sia L distributivo, se a, b, c L con b a allora la 1. della
denizione di reticolo distributivo assicura che b (a c) = (b a) (b c) =
a (b c) e pertanto L modulare. Il viceversa non vale, ad esempio il retico-
lo rappresentato dal seguente diagramma modulare ma non distributivo, come
mostrato nella nota successiva.









?
?
?
?
?
?
?
?

?
?
?
?
?
?
?
?











Nota 8.4.11. Il reticolo rappresentato dal seguente diagramma
Capitolo 8 Reticoli 149

c








?
?
?
?
?
?
?
?

b
?
?
?
?
?
?
?
?

e

d









a
detto reticolo trirettangolo perch il reticolo dei sottogruppi del gruppo
trirettangolo (o gruppo quadrinomio). Questo reticolo modulare perch il gruppo
trirettangolo abeliano, ma non distributivo. Infatti b(ed) = ba = b mentre
(b e) (b d) = c c = c.
Corollario 8.4.12. Un reticolo (L, , ) distributivo se e solo se esso non
contiene sottoreticoli isomor al reticolo pentagonale o al reticolo trirettangolo.
5. Reticoli complementati e Algebra di Boole
Denizione 8.5.1. Sia (L, , ) un reticolo. Se esiste un elemento 0 L tale
che a 0 = a, per ogni a L, allora lelemento 0 detto zero del reticolo (o
elemento neutro rispetto allunione). Se esiste un elemento 1 L tale 1 a = a,
per ogni a L allora lelemento 1 detto unit del reticolo (o elemento neutro
rispetto allintersezione).
Nota 8.5.2.
(1) Ricordando che in ogni reticolo si pu denire una relazione di ordine
parziale (a b se a b = a o, equivalentemente, a b = b) si ha che:
lo zero di un reticolo, se esiste, il minimo del reticolo;
lunit di un reticolo, se esiste, il massimo del reticolo.
(2) Ogni reticolo nito ha lelemento zero e lelemento unit.
(3) Se due reticoli L e L
t
sono isomor allora L ha zero (risp. unit) se e solo
se L
t
ha zero (risp. unit).
(4) Se due reticoli L e L
t
sono antisomor allora L ha zero (risp. unit) se e
solo se L
t
ha unit (risp. zero).
Denizione 8.5.3. Sia (L, , ) un reticolo dotato di zero e di unit. Per ogni
x L si chiama complemento di x ogni elemento x L tale che x x = 0 e
x x = 1.
Capitolo 8 Reticoli 150
Denizione 8.5.4. Un reticolo (L, , ) si dice complementato se ogni
suo elemento ha in L almeno un complemento. Se ogni elemento ha un unico
complemento, il reticolo detto univocamente complementato.
Nota 8.5.5.
(1) Se x complemento di x allora x complemento di x.
(2) Gli elementi 0 e 1 sono uno il complemento dellaltro.
(3) Ogni insieme totalmente ordinato nito con pi di due elementi contiene
elementi che non ammettono complemento.
Esempio 8.5.6.
(1) Il reticolo rappresentato dal seguente diagramma univocamente comple-
mentato.

1








?
?
?
?
?
?
?
?

x
?
?
?
?
?
?
?
?

y









0
(2) Il reticolo pentagonale complementato ma non univocamente. Lelemen-
to 3 ha come complemento sia 2 che 4.

1
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?

2

3


















4
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O

5
(3) Il reticolo trirettangolo complementato ma non univocamente. Ogni
elemento della terna x, y, z ha come complementi gli altri due.

1








?
?
?
?
?
?
?
?

x
?
?
?
?
?
?
?
?

y

z









0
Capitolo 8 Reticoli 151
Teorema 8.5.7. Sia (L, , ) un reticolo distributivo dotato di zero e di
unit. Ogni elemento di L ha al pi un complemento.
Dimostrazione. Sia x L; supponiamo che x e x siano complementi di x e
proviamo che x = x. Si ha
x = x 1 = x (x x) = ( x x) ( x x) = 0 ( x x) = x x
x = x 1 = x (x x) = ( x x) ( x x) = 0 ( x x) = x x
e pertanto x = x.
Corollario 8.5.8. Un reticolo distributivo e complementato un reticolo uni-
vocamente complementato.
Denizione 8.5.9. Si chiama algebra di Boole un reticolo distributivo,
dotato di zero e unit e tale che ogni suo elemento ha complemento.
Osserviamo che, per il teorema precedente, in un algebra di Boole ogni elemento
ammette uno ed un solo complemento.
Esempio 8.5.10.
(1) Il reticolo (T(I), ) delle parti dellinsieme I unalgebra di Boole.
Consideriamo (T(A) reticolo rispetto alla relazione A B se e solo se
A B. (T(I), ) unalgebra di Boole, infatti:
A (B C) = (A B) (A C) per ogni A, B, C T(I).
Sia 0 = e 1 = I, allora per ogni B T(I) risulta B = B e
B I = B. Inoltre ogni elemento A T(I) ha come complemento
linsieme complementare IA perch A(IA) = , A(IA) = I.
(2) Il reticolo pentagonale e il reticolo trirettangolo non sono algebre di Boole
perch non sono reticoli distributivi.
Teorema 8.5.11. Sia (L, , ) unalgebra di Boole e per ogni x L sia x
t
il suo complemento. Su L valgono le seguenti due propriet dette Leggi di De
Morgan.
(2) (a b)
t
= a
t
b
t
(3) (a b)
t
= a
t
b
t
Capitolo 8 Reticoli 152
Dimostrazione. Poich (2) e (3) sono una duale dellaltra, basta dimostrarne
una sola. Dimostreremo la (2) provando che a

si comporta come (a b)

e
a

si comporta come (a b)

:
(a b) (a
t
b
t
) = [(a b) a
t
] b
t
= (a
t
b) b
t
= a
t
(b b
t
) = 0
(a b) (a
t
b
t
) = [(a b) a
t
] [(a b) b
t
] = (a b) b
t
= a (b b
t
) = 1

Corollario 8.5.12. In unalgebra di Boole lapplicazione che ad ogni elemento


fa corrispondere il suo complemento un antisomorsmo.
6. Catene. Decomposizione per unione ed intersezione.
Denizione 8.6.1. Sia L un reticolo e siano a, b L: scriviamo a b se e
solo se b a; se a b si denisce catena nita di estremi a e b ogni insieme
nito a
1
, a
2
, . . . , a
n
di elementi di L tali che a = a
1
a
2
. . . a
n
= b.
Denizione 8.6.2. Sia L un reticolo e siano a, b L; si dice che a copre b se
a b, a ,= b e se x L, a x b x = a oppure x = b, in tal caso scriveremo
a b.
Denizione 8.6.3. Si dice che una catena a
1
a
2
. . . a
n
di elementi di
un reticolo massimale se a
1
a
2
. . . a
n
.
Esempio 8.6.4.
Il reticolo pentagonale tale che la catena a b c d e la catena a e d
sono massimali, mentre la catena a b d non lo .

d
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?
?

c

e


















b
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O

a
Capitolo 8 Reticoli 153
Osserviamo che lesempio precedente quello di un reticolo avente due catene mas-
simali con gli stessi estremi ed un diverso numero di elementi. Dimostreremo nel
Teorema di Jordan-Dedekind che nei reticoli modulari questo non pu succedere.
Teorema 8.6.5. Sia (L, , ) un reticolo e siano a, b, c, d L; se a c e
b c allora a b = c oppure a = b.
Dimostrazione. Si ha a a b c e b a b c e poich a copre c e b
copre c si ha a b = c oppure a b = a e a b = b cio a = b.
Teorema 8.6.6. Sia (L, , ) un reticolo modulare e siano a, b L; si ha
b a b a b a.
Dimostrazione. Basta provare che b ab ab a in quanto il viceversa
segue per dualit.
Si ha a b ,= a; infatti se fosse a b = a avremmo a b e dunque a b = b
contro lipotesi b a b. Proviamo ora che da a b x a segue x = a b
oppure x = a. Infatti sia
(4) a b x a
intersecando poi con b si ha b x b a b e poich b a b segue
(5) x b = b oppure x b = a b
Inoltre, essendo L modulare e a x si ha x (a b) = a (x b) ed essendo
per la 4 x (a b) = x abbiamo x = a (x b) e, tenendo conto della 5, x = a b
oppure x = a.
Teorema 8.6.7 (Condizione di Jordan-Dedekind per reticoli modulari). In
un reticolo modulare due catene massimali nite aventi gli stessi estremi hanno lo
stesso numero di elementi.
Dimostrazione. Sia L un reticolo modulare e siano (
1
e (
2
due catene nite
massimali di elementi di L aventi gli stessi estremi; siano n gli elementi di (
1
e m
gli elementi di (
2
; supponiamo n m; dimostreremo che n = m.
Procediamo per induzione su n. Se n = 2 il risultato banalmente vericato.
Supponiamo che il risultato sia vero per n = h 1 e proviamo che vero anche
quando n = h.
Capitolo 8 Reticoli 154

a
1
=b
1









?
?
?
?
?
?
?
?
?

c
h2
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O

a
h1
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O
O

b
h1
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o
o

a
h
=b
h
Siano a
1
a
2
. . . a
h
e a
1
= b
1
b
2
. . . b
k
= a
h
con h k e proviamo
che h = k. Se b
k1
= a
h1
si ha h1 = k1 vero per lipotesi induttiva e quindi
h = k. Se invece b
k1
,= a
h1
allora essendo a
h1
a
h
= b
k
e b
k1
b
k
= a
h
,
dal teorema 10.5.5 segue a
h1
b
k1
= a
h
= b
k
. Quindi, poich L modulare,
posto c
h2
= a
h1
b
k1
, per il teorema 10.5.6 si ha c
h2
a
h1
e c
h2
b
k1
.
Se c
h2
= a
h2
le catene massimali b
1
= a
1
a
2
. . . a
h2
= c
h2
b
k1
e b
1
b
2
. . . b
k1
hanno gli stessi estremi e per lipotesi dinduzione hanno
lo stesso numero di elementi cio h 1 = k 1 e dunque h = k. Se invece
c
h2
,= a
h2
, da questa e dalle c
h2
a
h1
e a
h2
a
h1
segue, per il teorema
10.5.5 , a
h2
c
h2
= a
h1
.
Poniamo c
h2
= a
h2
c
h2
; per il teorema 10.5.6 si ha c
h3
c
h2
e c
h3

a
h2
. . . Cos procedendo o troveremo un indice i, 1 < i < h1, tale che c
hi
= a
hi
e quindi le due catene a
1
. . . a
hi
= c
hi
. . . c
h2
b
k1
e a
1
= b
1

b
2
. . . b
k1
hanno, per lipotesi dinduzione, lo stesso numero di elementi
h 1 = k 1 e dunque risulta h = k oppure c
hi
,= a
hi
per ogni i con
1 < i < h 1. In questo ultimo caso, risulta a
2
c
2
= a
3
, c
2
a
3
e a
2
a
3
; posto
c
1
= a
2
c
2
per il lemma teorema 10.5.6 si ha c
1
c
2
e c
1
a
2
. Ma da c
1
= a
2
c
2
,
c
2
= a
3
c
3
, . . . , c
h2
= a
h1
b
k1
segue a
1
c
1
= a
1
a
2
. . . a
h1
b
k1
= a
1
e quindi a
1
c
1
a
2
e poich a
1
a
2
ne segue a
1
= c
1
. Abbiamo allora le catene
massimali a
1
= c
1
c
2
. . . c
h2
b
k1
e a
1
= b
1
b
2
. . . b
k1
e, sempre
per lipotesi induttiva, si ha h 1 = k 1 e quindi h = k.
Corollario 8.6.8. In ogni reticolo modulare vale la condizione di Jordan-
Dedekind, ma non vero il viceversa.
Dimostrazione. Se un reticolo modulare il teorema 8.6.7 assicura che in
esso valga la condizione di Jordan-Dedekind. Il viceversa non vale, perch il reticolo
rappresentato dal diagramma seguente soddisfa la condizione pur non essendo
modulare.
Capitolo 8 Reticoli 155









?
?
?
?
?
?
?
?


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?
?
?
?
?
?
?











Denizione 8.6.9. Sia L un reticolo. Un elemento a L detto irriducibile
per intersezione (risp. per unione) se non possibile esprimere a come intersezione
(risp. unione) di un numero nito di elementi di L tutti distinti da a. Un ele-
mento a L detto riducibile per intersezione (risp. per unione) se esistono
a
1
, a
2
, . . . , a
n
L tali che a
i
,= a per i = 1, 2, . . . , n e a = a
1
a
2
. . . a
n
(risp.
a = a
1
a
2
. . . a
n
)
Esempio 8.6.10.
(1) Nel reticolo dei sottospazi di un piano ane ogni retta riducibile per
unione ma non per intersezione; ogni punto riducibile per intersezione
ma non per unione.
(2) Nel reticolo (N

, , ) con a b = m.c.m.(a, b) e a b = M.C.D.(a, b),


ogni n N

riducibile per mentre esistono interi riducibili e interi


irriducibili per unione.
Denizione 8.6.11. Sia L un reticolo e siano a, a
1
, . . . , a
n
L tali che:
(1) a = a
1
a
2
. . . a
n
(risp. (2) a = a
1
a
2
. . . a
n
)
Diremo che la (1) (risp. la (2)) una decomposizione irriducibile per
intersezione (risp. per unione) dellelemento a se si ha:
(1) a
i
irriducibile per intersezione (risp. per unione) per ogni i, con 1 i
n;
(2) non possibile cancellare nella (1) (risp. nella (2)) alcun elemento a
i
(1
i n) senza ledere leguaglianza.
Teorema 8.6.12. Sia L un reticolo modulare e siano a, b, c
1
, c
2
, . . . , c
n
L
tali che b c
i
a b per i = 1, 2, . . . , n. Si ha allora: a (c
1
c
2
. . . c
n
) =
(a c
1
) . . . (a c
n
).
Capitolo 8 Reticoli 156
Dimostrazione. Procediamo per induzione. Se n = 2 da b c
1
e dalla
modularit di L segue b (ac
1
) = (b a) c
1
= c
1
e quindi b (ac
1
) (ac
2
) =
c
1
(ac
2
). Analogamente (scambiando c
1
con c
2
) b(ac
2
)(ac
1
) = c
2
(ac
1
)
cio c
1
(a c
2
) = c
2
(a c
1
), unendo con c
2
otteniamo c
1
c
2
= c
2
(a c
1
).
Intersecando con a e sfruttando la modularit di L: a(c
1
c
2
) = (ac
2
)(ac
1
).
Supponiamo ora vero il risultato per n = h 1 e proviamo che esso vero
anche per n = h. Si ha a (c
1
. . . c
h
) = a [(c
1
. . . c
h1
) c
h
] con
b c
1
. . . c
h1
a b e b c
h
a b; per il passo iniziale si ha allora
a (c
1
. . . c
h
) = [a (c
1
. . . c
h1
)] (a c
h
) e, per lipotesi induttiva:
a (c
1
. . . c
h
) = (a c
1
) . . . (a c
h1
) (a c
h
).
Possiamo ora provare il seguente teorema.
Teorema 8.6.13. In un reticolo modulare due decomposizioni irriducibili per
unione (risp. per intersezione) di uno stesso elemento hanno lo stesso numero di
componenti.
Dimostrazione. Sia L un reticolo modulare e sia a L. Supponiamo che
esistano decomposizioni irriducibili per unione di a e sia a = a
1
a
2
. . . a
n
una
di quelle aventi il minimo numero di componenti; sia a = a
t
1
a
t
2
. . . a
t
m
unaltra
decomposizione irriducibile per unione di a; si ha m n; proveremo che m = n.
Poniamo b
1
= a
2
. . . a
n
e c
i
= b
1
a
t
i
(i = 1, 2, . . . , m). Si ha a = a
1
b
1
e b
1
c
i
a = a
1
b
1
(infatti a
t
i
a, b
1
a e quindi c
i
= b
1
a
t
i
a). Per il
teorema 10.5.12 abbiamo allora a
1
(c
1
c
2
. . . c
m
) = (a
1
c
1
) . . . (a
1
c
m
).
Ma a
1
(c
1
c
2
. . .c
m
) = a
1
(b
1
a) = a
1
e quindi a
1
= (a
1
c
1
). . .(a
1
c
m
).
Poich a
1
irriducibile per unione esiste j tale che a
1
= a
1
c
j
unendo con
b
1
otteniamo a = b
1
(a
1
c
j
) e poich b
1
c
j
ed L modulare si ha a =
b
1
(a
1
c
j
) = (b
1
a
1
) c
j
= a c
j
= c
j
si ha cos a = b a
t
j
= a
t
j
a
2
. . . a
n
.
Gli elementi a
t
j
, a
2
, . . . , a
n
sono tutti irriducibili per unione e per lipotesi di
minimo di n la decomposizione a = a
t
j
a
2
. . . a
n
irrudicibile per unione.
Ripetendo a partire da questa decomposizione il ragionamento precedentemente
fatto arriveremo a sostituire a
2
con un altro elemento a
t
h
della decomposizione a =
a
t
1
a
t
2
. . .a
t
m
; cos procedendo otteniamo una decomposizione di a nellunione di
n elementi degli a
t
1
, a
t
2
, . . . , a
t
m
; allora, perch la a = a
t
1
a
t
2
. . .a
t
m
sia irriducibile
deve essere m = n.
Per dualit si ha poi che due decomposizioni irriducibili per intersezione di uno
stesso elemento hanno lo stesso numero di componenti.
Teorema 8.6.14. In un reticolo distributivo ogni elemento ammette al pi
una decomposizione irriducibile per unione (risp. per intersezione).
Capitolo 8 Reticoli 157
Dimostrazione. Sia L un reticolo distributivo e sia a L; se esistono due
decomposizioni irriducibili per unione di a esse hanno, per il teorema 10.5.13, lo
stesso numero di componenti: si ha cio a = a
1
a
2
. . . a
2
a = a
t
1
a
t
2
. . . a
t
n
.
Poich L distributivo si ha a
1
= a
1
a = a
1
(a
t
1
. . .a
t
n
) = (a
1
a
t
1
). . .(a
1
a
t
n
)
e poich a
1
irriducibile per unione esiste un indice i, 1 i n, tale che
a
1
= a
1
a
t
i
cio a
1
a
t
i
; analogamente si prova che esiste h, 1 h n,
tale che a
t
i
a
h
e dunque a
1
a
h
; dalla ipotesi di irriducibilit segue 1 = h
e dunque a
1
a
t
i
a
1
cio a
1
= a
t
i
. Abbiamo provato cos che a
1
coincide
con un elemento della seconda decomposizione; analogamente ogni componente
della prima decomposizione coincide con un componente della seconda e il teorema
risulta dimostrato.
Per dualit si ottiene che due decomposizioni irriducibile per intersezione di
uno stesso elemento hanno le stesse componenti.
Esempio 8.6.15.
(1) Nel reticolo dei sottospazi di un piano proiettivo si ha:
Ogni decomposizione irriducibile per unione di costituita da tre
punti non allineati.
Ogni decomposizione irriducibile di una retta costituita da due
punti distinti.
(2) Nel reticolo (N

, , ) con a b = m.c.m.(a, b) e a b = M.C.D.(a, b), un


elemento irriducibile per unione se e solo se la potenza di un numero
primo.
Il teorema 8.6.14 assicura la validit del seguente noto teorema.
Teorema 8.6.16 (Teorema della fattorizzazione unica). Ogni intero n 2
si scrive in uno ed un solo modo come prodotto di potenze di numeri primi distinti.
7. Esercizi relativi al Capitolo 8
Esercizio 8.7.1.
Dimostrare che (N

, ) un reticolo rispetto alla relazione


tt
x y se e solo se
esiste z N

tale che zx = y
tt
.
Esercizio 8.7.2.
Sia A = 1, 2, 3, 4, 12. Si considerino in A lusuale relazione
tt

tt
e la relazione di
divisibilit. Dire quali delle due relazioni risulta di ordine totale.
Capitolo 8 Reticoli 158
Esercizio 8.7.3.
Sia E = 1, 3, 5, 6, 10, 15, 30 e sia
tt

tt
la relazione di divisibilit. Tracciare il
diagramma di Hasse di (E, ) e vericare che (E, ) non totalmente ordinato.
Esercizio 8.7.4.
Siano (E, ) e (F, ) due insiemi parzialmente ordinati rispettivamente dalle rela-
zioni e . Sia la relazione in E F denita da
(x, y)(x
t
, y
t
) xx
t
e yy
t
Dimostrare che una relazione dordine.
Dimostrare che se una relazione dordine totale allora anche e sono
di ordine totale, mentre il viceversa non sempre vero.
Siano E = 2, 3, 4, F = 1, 5, 7, la relazione di divisibilit, la
relazione
tt

tt
. Tracciare il diagramma di Hasse di (E F, ).
Esercizio 8.7.5.
Dimostrare che linsieme dei sottogruppi normali di un gruppo G un sottoreticolo
del reticolo dei sottogruppi di G.
Esercizio 8.7.6.
Dimostrare che linsieme F delle applicazioni di un insieme qualsiasi E in un retico-
lo distributivo R formano un reticolo distributivo rispetto al seguente ordinamento
f g f(x) g(x) per ogni x E
Esercizio 8.7.7.
Dimostrare che ogni omomorsmo trasforma un reticolo distributivo in un reticolo
distributivo.
Esercizio 8.7.8.
Dimostrare che ogni omomorsmo trasforma un reticolo modulare in un reticolo
modulare.

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