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impressionante

la continuit
europea nelle
politiche
economiche
conservatrici: nonostante la pi
grave crisi dal 1929, le politiche
europee hanno operato in
senso sempre pi recessivo. I
parametri di Maastricht (3 per
cento deficit-Pil) hanno
mantenuto una flessibilit da
normale ciclo economico,
mentre nel corso della crisi
sono stati approvati interventi
sempre pi depressivi: euro-
plus, two-pack, six-pack, scal
compact, pareggio di bilancio
pubblico in Costituzione. E le
cose non sono cambiate,
nonostante le promesse, con la
nuova Commissione presieduta
da Jean-Claude Juncker, i cui
componenti si sono insediati
ufficialmente lo scorso 10
settembre: da un lato, con la
risibile somma del contributo
promesso di 300 miliardi di
euro per la crescita, da dividere
in 6 anni e 28 paesi, e che
deriva dallo stesso credito
dei singoli paesi membri, e,
dallaltro e soprattutto, con
il mantenimento a oltranza
delle politiche di austerit,
anche quando le basi teorico-
statistiche del rapporto austerit
e crescita sono state falsificate.
evidente in quello che si
fatto e in quello che si
continua a fare la negazione
delle politiche keynesiane e
la forza delle idee alla Hayek,
ovvero di un liberalismo
sfrenato, fondato sulle politiche
di offerta: la riduzione del costo
e delle rigidit contrattuali del
lavoro, la riduzione del ruolo
dello Stato, il disprezzo per i
corpi intermedi, e in particolare
del sindacato, e quasi
dappertutto delle imprese
pubbliche. C qualcosa di
pi: la natura santificata del
debito e, perci, della propriet
privata; uno dei princpi
microeconomici sublimati
nella macroeconomia,
che sta arrecando danni
immensi ai debitori e ingenti
guadagni cartacei ai creditori.
difficile capire questa
capacit di resistenza del
pensiero liberale nella crisi,
e le spiegazioni sono tutte
deboli. Cos, ritenere che
un peggioramento della
distribuzione del reddito a
favore dei profitti darebbe
un segnale di fiducia alle
imprese, che investirebbero e
riassumerebbero i lavoratori
licenziati, si scontra sullassenza
di una domanda sufficiente
per giustificare linvestimento.
possibile che si sia generata
una confusione nella testa
dei politici, per i quali la
beneficenza privata un
efficace sostituto dello Stato
sociale, che dunque pu essere
smantellato: per i liberali la
disoccupazione frutto della
pigrizia dei lavoratori, e non
meritano nulla, o della sfortuna,
e meritano la beneficenza.
anche poco credibile che
alcuni paesi, a cominciare dalla
Germania, abbiano perseguito
limpoverimento di altri, entro
lUnione, al solo scopo di uscire
dalla recessione: era troppo
chiara la conseguenza sulla
scarsa tenuta dellUnione stessa,
e la perdita futura di egemonia.
Ancora
LE FRITTATE
DI RENZI
L
o strumento stato quello berlusconiano
del videomessaggio. Meno pomposo di
quelli del cavaliere, vero. Pi rock e trendy:
camicia bianca senza cravatta e, sullo sfondo,
la finestra dello studio con la colonna di
MarcAurelio e non finti libri o broccati a
profusione. E anche pi stringato: due minuti o
poco pi. Ma la modalit la stessa. Il leader che
parla direttamente al popolo. Che difende con
forza le proprie idee e attacca chi lo critica con
risposte polemiche. Infondate e pretestuose, va
detto, ma dialetticamente ben costruite. la solita
retorica delluomo nuovo, che ci mette la faccia e
se sbaglia se ne va. Ma che per adesso, non
essendo riuscito a mantenere quasi nessuna
delle tante promesse fatte se si escludono i
famosi 80 euro, che sono stati una scelta giusta,
ma che purtroppo non hanno ancora avuto effetti
evidenti sulleconomia, anche se sicuramente chi
li ha avuti ne ha tratto giovamento (e chi li ha dati
ha vinto le elezioni europee) per adesso,
dicevamo, ha allungato i tempi di verifica delle
promesse ai famosi mille giorni che mancano alla
fine della legislatura, anche se questo nuovo
timing lo costringe a una lunga coabitazione
con quellNcd con cui non dovrebbe (il
condizionale dobbligo) essere daccordo su
molte delle scelte di riforma da fare. Per non
parlare del possibile soccorso azzurro la cui
prospettiva rivitalizza lo stanco Berlusconi di
questi tempi. E veniamo ai contenuti del
contendere. Il sindacato ha criticato Renzi per i
contenuti dellemendamento di maggioranza
allarticolo 4 della legge delega sulla riforma del
lavoro, che di articolo 18 non parla esplicitamente
e chiaramente (nelle dichiarazioni successive
per tutti, da Sacconi a Ichino, da Taddei a Delrio
concordano sul fatto che la mediazione raggiunta
nel governo lapplicazione del contratto a tempo
indeterminato a tutele crescenti solo alle nuove
assunzioni, con indennizzo proporzionato
allanzianit e dunque senza il reintegro
dellarticolo 18)
SEGUE A PAGINA 2
LEUROPA E LA CRESCITA
IL TEMA
DELLA SETTIMANA
PRIMO PIANO
LOMBARDIA, TRE STORIE
DI FABBRICA. TAGLI
E CHIUSURE, LE COLPE
DELLE IMPRESE
Cristilli 6-7
GRANDANGOLO
XVI EDIZIONE
DEL PREMIO LIBERET,
QUELLE STORIE DI VITA
CHE SCORRONO
Bonugli Casadio 8-9
LAVORO E SINDACATO
TURISMO IN EMILIA
ROMAGNA:
SALDI DI STAGIONE
IN RIVIERA
Greco 11
LAVORO E SINDACATO
ITALIA, PAESE
SENZA ZUCCHERO.
UNO STILLICIDIO
ANNUNCIATO
Toma 12-13
CULTURA
TANTO VALE
MUOVERSI:
UN RACCONTO
DI ANDREA CARERI
14-15
Rassegna Sindacale
QUESTA COPIA
DEVE ARRIVARTI
IL 25 SETTEMBRE

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SETTIMANALE FONDATO DA GIUSEPPE DI VITTORIO - ANNO LX 25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
La nuova
Commissione
di Juncker,
nel solco
di una
sostanziale
continuit
con il passato
di PAOLO LEON
Sito di informazione su lavoro,
politica ed economia sociale
Sbagliare
SAPENDO
di SBAGLIARE
DURANTE/LA PROPOSTA DELLA CES
Un piano straordinario
di investimenti
Carlo Gnetti
A
lla riunione del comitato
di direzione della
Confederazione europea
dei sindacati, che si tenuta la
scorsa settimana a Copenaghen,
Cgil, Cisl e Uil hanno reso nota la
loro intenzione di organizzare per
il 6 ottobre prossimo a Roma un
vertice dei leader sindacali dei
diversi paesi europei. La
decisione di organizzare un
vertice sindacale in Italia spiega
Fausto Durante, responsabile del
Segretariato Europa della Cgil
stata presa unanimemente dai
segretari generali di Cgil, Cisl e
Uil, che considerano utile e
importante SEGUE A PAGINA 3
il mese

IL PUNTO
SEGUE A PAGINA 5
34p01-02-03 enrico_ok 23/09/14 16.25 Pagina 1
meno credibile lidea che la riduzione
del ruolo pubblico avrebbe ridotto la
corruzione, fornendo le risorse per
investimenti, quasi che la corruzione non
sia presente anche nel settore privato e
senza dire che ogni riduzione di
corruzione, illegalit, spreco, non
sostituiti da spesa pubblica
sperabilmente onesta e utile ha
paradossalmente effetti recessivi.
Fa impressione osservare come il
presidente Obama, nel suo primo
terme in piena crisi economica, abbia
promosso una forte politica di spesa
pubblica, ma come, perduta la
maggioranza alla Camera, abbia visto
crescere la resistenza alle strategie
dintervento: quasi che le tendenze
conservatrici temessero pi il maggior
debito pubblico derivante dalla spesa
federale che la disoccupazione di massa.
un fatto che larresto delle politiche
di stimolo e la ripresa delle politiche
repressive abbiano generato la deflazione.
Ma mentre la Banca centrale europea e la
Fed si sono preoccupate di questa nuova
piega della crisi, nessun governo europeo
lha considerata un segnale di politiche
profondamente sbagliate. La deflazione
il risultato della depressione e della
crescita insufficiente: nonostante il
massiccio aumento di liquidit da parte
delle banche centrali, in particolare in
Europa, non si prodotta alcuna inflazione;
le banche e le societ finanziarie hanno
utilizzato la liquidit per acquistare titoli,
facendone crescere il prezzo, e
aumentando la ricchezza finanziaria, ma
non prestando nuovo credito alle imprese,
che in assenza di domanda non investono.
Le prove che le politiche recessive
pubbliche sono inefficaci, se non
peggiorative, sono chiare agli occhi di
tutti, ma nulla realmente cambia e, anzi,
anche le sinistre politiche si arrampicano
sugli specchi non cogliendo lessenza
delle politiche di ripresa. Queste, vale la
pena ripeterlo, finanziano se stesse,
perch sono la maggiore domanda e
occupazione causate dagli interventi
pubblici che generano il reddito
necessario per finanziare quegli stessi
interventi. Non aver compreso il senso
delle politiche della ripresa, e lirrilevanza
del debito conseguente alla maggiore
spesa pubblica, mostra quanto
coinvolgente sia ancora il pensiero
conservatore (del resto, accadde cos
anche dopo la prima guerra mondiale).
La spiegazione per unEuropa cos
mercantilista e reazionaria sta forse
nella cultura originaria dellUnione.
Se fosse stata costruita una forma di
Stato europeo, sarebbe stato necessario
costruire anche una responsabilit
collettiva di fronte alle crisi e
analogamente di fronte ai boom. Sarebbe
stata necessaria non soltanto unautorit
economica e finanziaria europea, ma una
forma di Credit Union, capace di
distribuire la liquidit necessaria ai paesi
in deficit, recuperandola dai paesi in
surplus: la Banca centrale europea poteva
essere proprio una tale istituzione, ma
ci fu espressamente vietato alla nascita
delleuro. Non si voluto uno Stato
europeo, perch lEuropa non stata
pacificata dal trattato di Maastricht, anche
per la visione ristretta di Mitterrand,
spaventato da una grande Germania, ma
incapace di capirne la forza, se non fosse
stata ingabbiata da quella forma di Credit
Union. Del resto, n i francesi, n i
tedeschi hanno mai capito nulla di
Keynes: cos, indipendentemente
da chi si ritiene di destra o di sinistra,
tutti, spinti da un incomprensibile
nazionalismo, sono finiti nel crogiuolo
conservatore. Che continua, anche oggi,
dopo le elezioni e le promesse di
cambiamento, a bruciare le speranze
e a deprimere leconomia europea.
2
LEUROPAe la crescita
LA SINDROME GIAPPONESE
Perch anche Draghi insiste sul m
Si tratta solo di un caso di cecit ideologica, o si punta a decurtare a
Thomas Fazi
L
a situazione disastrosa in cui
versa lEuropa nota, ma spesso
si sottovaluta lentit del disastro.
A pi di 6 anni dalla crisi
finanziaria del 2008, leurozona nel suo
insieme in piena stagnazione economica
e continua a registrare un Pil inferiore a
quello del picco pre-crisi, mentre vari paesi
sono ancora in recessione. A questo punto,
quindi, possiamo dire che, almeno per
quello che riguarda lEuropa, questa
non la peggiore crisi dai tempi della
grande depressione, come recita la
vulgata giornalistica; se consideriamo
che negli anni trenta lEuropa impieg
allincirca 4 anni e mezzo per tornare
ai livelli di crescita pre-crisi, possiamo
ragionevolmente sostenere che,
perlomeno da un punto di vista
macroeconomico, questa crisi peggiore
di quella del 29. Soprattutto se
consideriamo che, ceteris paribus,
la stagnazione si prospetta secolare,
come sostengono numerosi esperti.
Tuttavia, guardare alla media europea
fuorviante, poich sappiamo che uno dei
tratti caratteristici della crisi delleurozona
la sua natura profondamente
asimmetrica: da un lato, infatti, abbiamo
paesi come la Germania, che hanno
raggiunto o superato il livello di Pil pre-
crisi, e altri che invece hanno registrato (e
continuano a registrare) un crollo del
reddito nazionale senza precedenti nella
storia moderna. Dopo la Grecia, lItalia
senzaltro il caso pi esemplare. Si
parlato molto del fatto che nel secondo
trimestre del 2014 lItalia tornata in
recessione, ma la verit molto peggiore:
di fatto, lItalia in recessione da 6 anni,
come si pu facilmente evincere
dallandamento del Pil. E gli effetti
si vedono: produzione industriale a
meno 25 per cento, Pil a meno 10, tasso
di accumulazione ai minimi storici,
disoccupazione e debito pubblico a livelli
record. Unapocalisse economica e sociale
da cui il nostro paese impiegher decenni
a riprendersi (e comunque solo a patto di
un cambio radicale di rotta), soprattutto
considerando i pesanti effetti strutturali
che la crisi ha avuto sul tessuto produttivo
del paese. In questo senso, difficile dare
torto a un recente studio di Confindustria,
secondo cui i danni provocati dalla
crisi sono commisurabili solo con quelli
di una guerra. Che, per, aggiungiamo,
non ha colpito tutti allo stesso modo.
A cosa da imputare questa catastrofe? C
ormai un ampio consenso sul fatto che la
causa pi diretta della crisi italiana in
particolare ed europea in generale sia
da ricercarsi nel crollo della domanda
aggregata e, in specie, nella riduzione della
domanda di beni di consumo. Persino due
accaniti sostenitori dellausterity, come
Francesco Giavazzi (uno dei padri della
teoria dellausterit espansiva) e Guido
Tabellini, hanno recentemente fatto
marcia indietro, dichiarando che la sfida
principale che ha di fronte leurozona
una mancanza di domanda aggregata e
che questo molto pi rilevante degli
squilibri interni o della mancanza di
competitivit della periferia. Questo, a sua
volta, ha determinato una caduta dei
prezzi, facendo scivolare leurozona
sullorlo della deflazione (che per alcuni
paesi, tra cui lItalia, gi una realt).
Ci troviamo, in sostanza, di fronte a
una situazione in cui stagnazione (o
recessione) delleconomia e caduta dei
prezzi si alimentano vicendevolmente,
al punto che c gi chi parla di stag-
deflazione (per fare il verso alla
stagflazione degli anni settanta): come
ha scritto Guglielmo Forges Davanzati su
Repubblica, la caduta dei prezzi , al
tempo stesso, sintomo e concausa della
recessione A ben vedere, la deflazione
il principale sintomo di unintensa
recessione e, al tempo stesso, una causa
rilevante che pu accentuarla.
Anche sulle origini del crollo della
domanda (e dunque della spirale
deflazionistica) in Europa ormai
non ci sono dubbi. Essa in parte il
risultato dellarchitettura estremamente
disfunzionale delleurozona (che
intrinsecamente recessiva e deflazionistica,
e non da ieri, ma da quando iniziato
il processo di convergenza verso
Maastricht negli anni novanta), e in parte
delle scelte (apparentemente) dissennate
fatte dallestablishment politico europeo in
seguito alla crisi finanziaria, che hanno
avuto leffetto di strangolare ulteriormente
leconomia, gi affamata da un crollo della
spesa privata, per mezzo di drastici tagli
alla spesa pubblica, aumenti delle tasse e
compressione dei salari. Questo ormai
lo dicono seppur con modi, toni e
soprattutto finalit politiche diverse
anche organizzazioni internazionali come
lFmi e giornali dlite come il Financial
Times. E la migliore dimostrazione di ci
il fatto che le altri grandi aree monetarie
colpite dalla crisi Stati Uniti, Regno
Unito e Giappone, che infatti hanno
implementato delle politiche economiche
ben diverse dalle nostre (pur con tutti
i loro limiti) , hanno recuperato o
superato il livello del reddito nazionale
del 2008, e sono riuscite a ridurre
notevolmente il tasso di disoccupazione.
Eppure, di fronte a un dei pi colossali
fallimenti di politica economica della storia
moderna, le lite europee e nazionali
continuano in buona parte a insistere
sulla stessa strada. Basti vedere la nuova
Commissione europea guidata da Juncker,
che in materia di politica economica si
presenta in una linea di assoluta continuit
con il passato. Noi abbiamo fatto tutto il
possibile, ora tocca a voi fare il necessario
per rilanciare la crescita: questo sembra
essere in sostanza il messaggio lanciato
da Bruxelles e Francoforte ai governi
nazionali. Lha detto chiaramente Mario
Draghi in una recente conferenza stampa:
gli stimoli monetari da soli non possono
bastare, e lo spazio di manovra per
politiche fiscali espansive non esiste, a
causa dellalto livello del debito di molti
paesi; quello che serve a questo punto
sono ambiziosi, importanti e forti riforme
strutturali, soprattutto nellambito del
mercato del lavoro. Qualche giorno prima,
Draghi era stato ancora pi esplicito,
dicendo addirittura che era arrivato il
momento di cedere sovranit allEuropa
per quanto riguarda le riforme, come gi
stato fatto per le politiche di bilancio.
Non possibile qui entrare nel merito

Leon
DALLA PRIMA
di Stefano Giubboni*
L
a grande crisi ha avuto, e continua ad avere, un
impatto assai diseguale sulle economie dei paesi
dellUnione Europea, aggravando, in particolare,
quella pericolosa traiettoria di progressiva divergenza che
minaccia gi oggi, e ancor pi in prospettiva la tenuta
delleurozona. Anche limpatto sui diversi sistemi di relazioni
industriali dei paesi dellUnione, e delleurozona in
particolare, stato inevitabilmente differenziato; tuttavia,
anche in questambito, possibile rintracciare alcuni tratti
comuni o almeno talune direzioni o traiettorie di fondo
che sembrano accomunare nella crisi le esperienze nazionali.
Uno di tali tratti pi evidenti senzaltro rappresentato
dalla progressiva e sempre pi accelerata erosione della
contrattazione collettiva multi-employer, e segnatamente
del ruolo, gi baricentrico nelle principali economie
delleurozona, del contratto collettivo nazionale di categoria o
di settore. La crisi tuttora in atto ha certamente accentuato la
tendenza, pur non nuova, a un progressivo affievolimento
della contrattazione salariale centralizzata, rafforzando,
di converso, il ruolo di quella decentrata (dimpresa,
anzitutto), cui non a caso sempre pi esplicitamente
diretto il favore di quellinsieme assai eterogeneo, ma
sempre pi pervasivo, di orientamenti, raccomandazioni,
vincoli di vario genere e di diversa natura, che siamo
soliti compendiare con la formula, volutamente vaga e
allusiva, della nuova governance economica europea.
Il caso della Germania il paese-guida dellUnione, che
ha rafforzato negli anni della crisi la propria egemonia
economica sul continente, incrementando il proprio
vantaggio comparativo sui partner pi deboli, tra cui
evidentemente lItalia in tal senso paradigmatico per le
dimensioni, l davvero impressionanti, di tale tendenza a una
progressiva fuoriuscita delle imprese dalla contrattazione
di categoria (che ha conosciuto in pochi anni, infatti, una
drastica contrazione del proprio ambito di copertura)
e a un simmetrico potenziamento del rilievo della
negoziazione decentrata. Quello tedesco tuttavia un caso
tuttaltro che isolato, per quanto di eccezionale rilievo per la
centralit economica del paese e la rapidit del mutamento,
che ha in effetti investito, con una profondit altrove
sconosciuta, unintera tradizione di relazioni sindacali.
Una misura come il salario minimo legale, appena
approvata dal Bundestag, non avrebbe con ogni probabilit
mai potuto vedere la luce (a prescindere dalle speciali
Se manca una vera contrattazione
transnazionale
EUROPA SENZA SOLIDARIET
25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
Pubblichiamo un ampio stralcio del saggio Come
(e perch) sostenere la contrattazione collettiva
transnazionale dimpresa in Europa, tratto dal n. 3
dei Quaderni di Rassegna Sindacale, in uscita a ottobre
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3
ILTEMADELLASETTIMANA
l mercato del lavoro?
e ancora i redditi da lavoro dipendente?
questo appuntamento anche in
chiave nazionale. Il vertice, nel pieno
del semestre di presidenza italiana
dell'Ue e in vista di importanti
appuntamenti europei dedicati al lavoro
e alla crescita, sar l'occasione per
presentare le proposte del sindacato
italiano ed europeo di cambiamento
delle politiche di austerit e rigore, di
piano straordinario europeo di
investimenti per l'occupazione e il
rilancio produttivo e industriale
dell'Europa, di lotta alla disoccupazione
e alle disuguaglianze sociali.
Rassegna Il vertice sindacale si svolger
alla vigilia del vertice straordinario
dei capi di Stato e di governo europei
sulla crescita e loccupazione, che
dovr indicare un nuovo percorso
dellUnione europea. Certamente
non una coincidenza casuale.
Durante Questa intenzione lodevole
si inquadra in uno scenario in cui il
governo italiano non ha mai discusso con
i sindacati italiani ed europei le priorit
del semestre di presidenza italiana
dellUnione. un fatto grave, perch non
era mai accaduto in anni recenti che il
presidente di turno non incontrasse i
rappresentanti del sindacato europeo.
Rassegna Quali sono, nel dettaglio,
le proposte?
Durante Al primo punto c un piano
straordinario di investimenti a livello
Ue per un valore di 250 miliardi di euro
lanno e per un arco di tempo pari a 10
anni. una proposta unanimemente
adottata dal comitato esecutivo della
Ces, che finora non stata presa in
considerazione della autorit competenti
per una serie di impedimenti, a
cominciare dalle scadenze elettorali e
dallattesa per la nomina della nuova
Commissione. Ora abbiamo una nuova
Commissione, un nuovo presidente e
una nuova conformazione della struttura
che sovrintender alle politiche
economiche e sociali dellUnione.
arrivato dunque il momento per
confrontarsi con la nostra proposta, che
in termini keynesiani rilancia il ruolo
attivo delle politiche pubbliche.
Rassegna Dove si possono trovare
le risorse per un piano straordinario
di questa portata?
Durante Dai bilanci dei paesi in
attivo, dalle quote inutilizzate dei
fondi strutturali, da una tassa sulle
transazioni finanziarie, da una
patrimoniale sulle grandi ricchezze
e sulle rendite improduttive, dalla
decisione di scorporare gli investimenti
produttivi dai vincoli del piano di
stabilit, in modo da liberarsi una volta
per tutte dalla logica contabile della
disciplina di bilancio. Poi giunto il
momento di contare su alcuni strumenti
finanziari, tipo eurobond e project bond,
per promuovere una gestione comune e
solidale del debito nellUnione europea.
Rassegna E dove andrebbe indirizzata
una massa cos ingente di risorse?
Durante In primo luogo, verso
una riconversione dellindustria
manifatturiera europea sostenibile dal
punto di vista ambientale e sociale. Noi
abbiamo in Europa la pi grande area di
produzione manifatturiera del mondo,
che in questa fase di recessione e sotto
la pressione degli Usa e dellAsia rischia
di subire una grave erosione della sua
capacit competitiva. Occorre quindi
riqualificare lapparato produttivo con
investimenti nei settori ad alta tecnologia
e con alto tasso di ricerca e sviluppo,
rilanciando i grandi temi dellagenda
digitale, dellInformation and
communications technology, dellaccesso
alla banda larga, dellaccesso alla
comunicazione e allinformazione
di fasce di popolazione che finora ne
sono rimaste escluse. Senza dimenticare
due temi di portata gigantesca:
linterconnessione delle reti e dei sistemi,
non solo della comunicazione, ma anche
di settori strategici come la produzione
e la trasformazione dellenergia, e le
politiche sociali, che riguardano in
primo luogo il trend demografico e tutto
ci che connesso con linvecchiamento
attivo della popolazione europea.
Rassegna La congiuntura economica
e il clima politico non sembrano
per favorevoli.
Durante La crisi si sta avvitando sempre
di pi e anche la locomotiva Germania
comincia a perdere colpi. Se si continua
con la gestione che ha caratterizzato
gli anni di Barroso alla guida della
Commissione, lUe sar destinata al
declino. I segni ci sono tutti: le elezioni
che hanno avuto luogo nei mesi scorsi
hanno messo in evidenza il rischio
della disaffezione dal sogno europeo,
mentre le forze euroscettiche contrarie
allintegrazione hanno guadagnato
terreno. E allora c da chiedersi
quanto potr durare leuro, moneta
senza Stato e primo mattone della
costruzione europea, senza una forte
autorit politica e istituzionale alle spalle
che ne garantisca la sopravvivenza.
Rassegna Il nuovo commissario europeo
Juncker, la nuova Commissione e gli
altri interlocutori europei saranno
disponibili a dare ascolto al sindacato?
Durante La nuova Commissione
il frutto inevitabile di una sintesi tra
posizioni diverse. Non possiamo per
fare a meno di segnalare che le caselle
chiave sono tuttora in mano ai
conservatori. Il presidente un
esponente di spicco del Partito popolare
europeo, il coordinatore e supervisore
delle politiche economiche un
conservatore finlandese di scuola
iperliberista, il presidente incaricato del
Consiglio europeo, il polacco Donald
Tusk, non certo un sostenitore
dellintegrazione. In questo quadro la
Ces e i sindacati nazionali avranno
difficolt a fare avanzare le loro
proposte. Ma per noi non ci sono
alternative, e siamo pronti a sostenere
il confronto con iniziative e
mobilitazioni. Se non avremo risposte
o avremo solo dinieghi i lavoratori
europei faranno sentire la loro voce.
Rassegna Il sindacato europeo
allaltezza di questa sda?
Durante Il congresso della Ces si terr a
ottobre 2015. Il nostro impegno arrivare
a questo appuntamento preparando un
grande rinnovamento della struttura,
delle politiche, della visibilit e della
capacit di mobilitazione della
confederazione. Oggi c bisogno pi
che mai di una Ces attiva, dinamica ed
efficace, in grado di invertire la tendenza
dellUnione europea verso il declino.

Gnetti
DALLA PRIMA
della prima parte del discorso di Draghi,
ossia il fatto che la Bce avrebbe fatto
tutto il possibile in suo potere per
contrastare la crisi. Ci limiteremo a notare
che lo stesso Giavazzi ha indicato che la
Bce potrebbe benissimo finanziare una
politica di stimolo fiscale stampando
moneta. Ci concentreremo dunque sul
punto centrale del discorso del presidente
della Bce: le riforme strutturali. Tra le quali,
sottolinea Draghi, la priorit spetta alle
riforme strutturali dirette alleliminazione
delle rigidit del mercato del lavoro. Una
posizione che rispecchia perfettamente
quella di Matteo Renzi (e del suo Jobs
Act), che difatti si detto assolutamente
daccordo, cogliendo la palla al balzo per
tornare ad attaccare larticolo 18. Ma siamo
sicuri che le riforme strutturali o meglio,
questo tipo di riforme rappresentino il
motore principale della crescita, come
recita il documento della presidenza
italiana del semestre Ue? La realt che
ventanni di ricerche empiriche hanno
dimostrato che non esiste nessuna
correlazione positiva tra flessibilizzazione
del mercato del lavoro e crescita economica
ed occupazionale. E lItalia ne la
dimostrazione evidente: a partire dalla
legge Treu del 1997, sono state approvate
nel nostro paese ben 9 riforme del mercato
del lavoro, di cui 7 negli ultimi 7 anni,
con il risultato che oggi lOcse riconosce
allItalia il pregio di essere il paese che ha
maggiormente flessibilizzato il mercato del
lavoro tra i paesi industrializzati. Senza
che questo sia minimamente riuscito a
frenare il tracollo del reddito nazionale e la
vertiginosa crescita della disoccupazione
dal 2008 in poi. Possiamo anzi
ragionevolmente ipotizzare che labbia
peggiorata: una maggiore flessibilit del
lavoro, che favorisce contratti precari e
peggiora le condizioni di reddito della
forza lavoro, rischia di svolgere una
funzione pro-ciclica, deprimendo
ulteriormente la domanda (a tal proposito,
opportuno notare che lItalia il paese
europeo in cui i salari reali sono cresciuti
di meno dai primi anni novanta a
oggi, determinando una consistente
riduzione della quota dei salari sul Pil).
Trattasi di un classico caso di fallacia
della composizione: quella che pu
apparire come una scelta razionale
per una singola impresa, si rivela
fallimentare per leconomia se a farlo
sono tutte le imprese allo stesso tempo.
Questo ancor pi vero in uno scenario
deflazionistico, come insegna lesempio del
Giappone, che da 15 anni combatte contro
la deflazione. Anche l, a partire dalla met
degli anni novanta, le imprese hanno
reagito al crollo della domanda (e dei
prezzi), determinato dallo scoppio della
bolla immobiliare, tagliando i salari. Con
leffetto di provocare unulteriore riduzione
della domanda e dando il via a quella
spirale negativa che il Giappone sta ancora
oggi cercando di invertire. La buona notizia
che il paese sembra aver finalmente
imparato la lezione. Proprio alla recente
conferenza dei banchieri centrali di Jackson
Hole, mentre Draghi cantava le lodi delle
riforme strutturali, il governatore della
banca centrale giapponese auspicava
lesatto opposto, chiedendo una mano
visibile che aiuti ad aumentare i salari:
senza un aumento dei salari ha spiegato
la domanda interna non pu crescere, le
imprese non sentono il bisogno di investire
e il paese stenta a uscire dalla deflazione.
In realt, lo stesso Draghi ammette che
queste riforme, proprio perch riducono la
domanda, sono destinate nel breve-medio
periodo ad aggravare le prospettive di
crescita e di occupazione. E allora come
spiegare linsistenza sulle riforme del
mercato del lavoro? Trattasi semplicemente
di un caso di cecit ideologica? O dietro alle
misure proposte si nasconde un disegno
politico preciso? Come ha ipotizzato di
recente Gad Lerner suRepubblica, sulla
riforma del mercato del lavoro italiano
grava il sospetto che si tratti di un
passaggio preliminare mirato al drenaggio
di altre risorse dalle buste paga dei
lavoratori e pi precisamente a una
decurtazione complessiva dei redditi da
lavoro dipendente, allinterno di un pi
ampio ridisegno complessivo del nostro
sistema economico. Un ridisegno che
probabilmente val bene anche la definitiva
giapponesizzazione dellItalia.
condizioni di contesto politico che lhanno resa
possibile) in assenza dun cambiamento cos profondo
del sistema di contrattazione collettiva di quel paese.
La grande crisi ha perci rafforzato tali processi, peraltro
gi in atto nei diversi sistemi nazionali, senza tuttavia
sprigionare vere dinamiche di europeizzazione delle
relazioni collettive e contrattuali. La crisi ha, anzi, per molti
versi rafforzato le spinte alla differenziazione, secondo
logiche di rinazionalizzazione (competitiva) delle risposte
degli attori collettivi e pubblici, che hanno riguardato anche
altre aree di policy. Neppure i sistemi di contrattazione
collettiva sono rimasti immuni da quella trappola della
competitivit (Gallino, 2012) che, sotto la robusta pressione
delle politiche di consolidamento fiscale e di riforma
dei mercati del lavoro raccomandate nellambito della
governance economica europea, ha spinto i singoli
sistemi nazionali a strategie di aggiustamento competitivo
spesso a danno del vicino, con rischi crescenti
di concorrenza al ribasso (Carrieri, Treu, 2013).
invece sostanzialmente mancato anche per linerzia
degli stessi sindacati nazionali quellossigeno
sovranazionale che, secondo autorevoli osservatori,
avrebbe potuto almeno in parte mitigare le crescenti
difficolt sperimentate allinterno dei singoli sistemi
di relazioni industriali, favorendo risposte coordinate
nel tentativo di far emergere interessi collettivi comuni
a livello europeo. Un tale interesse, che negli auspici
avrebbe dovuto essere sospinto da unintrovabile
solidariet collettiva europea, non in realt emerso,
e si sono piuttosto rafforzate come appena
osservato le spinte allaccentuazione delle
demarcazioni e della frammentazione su base nazionale.
La contrattazione collettiva cosiddetta istituzionale,
regolata dagli articoli 154 e 155 del Trattato sul
funzionamento dellUnione europea, ha subto lo
stesso processo di apparentemente inarrestabile declino
toccato in sorte, con evidente accelerazione dopo il grande
allargamento avviato nel 2004, alla legislazione sociale euro-
unitaria per direttive, alla quale tale modello di dialogo tra
le parti sociali a livello sovranazionale , in effetti,
sostanzialmente strumentale. Tale risorsa regolativa
dellordinamento euro-unitario una contrattazione
istituzionale in quanto funzionale al processo legislativo
sovranazionale ha inevitabilmente risentito della crisi
che ha investito il modello di armonizzazione per direttive,
praticamente abbandonato dalle istituzioni dellUnione.
Quello che Craig, nellanalizzare la nuova gerarchia
liquida delle fonti del diritto dellUnione, ha efficacemente
definito come il passaggio dalla legge al contratto
, in tutta evidenza, un fenomeno ben diverso
dallipotesi di valorizzazione della contrattazione
collettiva paralegislativa originariamente prefigurata
dallAccordo sulla politica sociale allegato al Trattato di
Maastricht. Quello individuato da Craig piuttosto un
fenomeno di disarticolazione delle fonti riconducibili al
metodo comunitario classico, caratterizzato dal
sopravanzare, nellambito della nuova governance
economica dellUnione, di modelli regolativi di tipo
intergovernativo-contrattuale di nuovo conio, che
non rispettano i crismi della rule of law euro-unitaria.
Una certa resilienza, anche in tempi di crisi economica,
sembra invece aver dimostrato il cosiddetto dialogo sociale
settoriale, ma occorre avere la consapevolezza che anche
tale modello debole di contrattazione collettiva europea
per quanto sostenuto dalla Commissione resta, nel
complesso, un fenomeno di ancora scarso rilievo funzionale
nella dinamica delle relazioni industriali in Europa.
* Docente di Diritto del lavoro presso lUniversit di Perugia
25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
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25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
L
a Cassazione ha
recentemente chiarito
che lazienda non
pu richiedere al giudice
laccertamento della legittimit
di un licenziamento prima di
intimarlo (Cass. del 30 giugno
2014 n. 14756). Il caso preso in
esame dalla Suprema Corte
quello di unimpresa, la Spa
Nuovo Pignone, rivoltasi nel
2006 al tribunale di Firenze
segnalando che numerosi
lavoratori avevano presentato
in procura un esposto con il
quale erano stati evidenziati
fatti penalmente rilevanti a
carico della societ e dei suoi
amministratori per fraudolento
ottenimento e utilizzazione della
cigs, con ampia diffusione della
notizia presso lopinione pubblica
e con conseguente discredito e
pregiudizio allimmagine e alla
reputazione della societ (un
procedimento che dopo le
indagini eseguite dal pm si era
concluso con provvedimento
di archiviazione del Gip).
Secondo la Nuovo Pignone, il
comportamento tenuto dai
lavoratori costituiva notevole
inadempimento dei doveri di
lealt e fedelt verso il datore di
lavoro e, per questo, chiedeva al
giudice del lavoro di accertare il
diritto dellazienda a procedere
al licenziamento per motivi
disciplinari dei lavoratori
coinvolti. Il tribunale respingeva
la richiesta non ravvisando
linteresse giuridico dellazienda
allazione proposta; decisione che
veniva confermata dalla Corte
dappello. La Nuova Pignone
proponeva allora ricorso per
cassazione, censurando la
sentenza per vizi di motivazione
e per violazione della legge.
Chiamata in causa, la Suprema
Corte rigettava il ricorso. La
giurisprudenza di legittimit,
ricordava la Cassazione, ritiene
ammissibile lazione del datore
di lavoro di mero accertamento
della legittimit di un
licenziamento gi intimato.
Diversa lipotesi in cui lazione
di accertamento viene proposta,
in via preventiva, al ne di
vericare se il comportamento
tenuto dal lavoratore sia
talmente grave da ledere
lelemento duciario che sta alla
base del rapporto di lavoro, tanto
da giusticare il licenziamento.
Linteresse ad agire, previsto
quale condizione dellazione
processuale, va identicato in
una situazione di carattere
oggettivo derivante da un fatto
lesivo, in senso ampio, di un
diritto, che senza lazione
giudiziaria porterebbe a un
danno. Sicch la situazione
oggetto del processo deve avere
necessariamente carattere
attuale. Altrimenti si tratterebbe
di una mera prospettazione
soggettiva. Linteresse ad agire
invece escluso quando il giudizio
sia strumentale alla soluzione
soltanto in via di massima o
accademica di una questione di
diritto in vista di situazioni future
o meramente ipotetiche. Poich
la tutela giurisdizionale tutela
di diritti, proseguiva la Suprema
Corte, il processo, salvo casi
eccezionali predeterminati per
legge, pu essere utilizzato solo
come fondamento del diritto
fatto valere in giudizio e non
per effetti possibili e futuri.
Alla stregua di tali principi, la
Corte di merito ha ritenuto che la
domanda non era giusticata da
unesigenza di certezza giuridica,
atteso che lesito del giudizio
non risolveva la questione
controversa, essendo rimessa
alla successiva determinazione
assolutamente discrezionale
del datore di lavoro leventualit
di promuovere un giudizio.
Deve aggiungersi, sotto altro
prolo, rilevava ancora la
Corte, che nella fattispecie in
esame il richiesto intervento
preventivo del giudice circa la
legittimit di un eventuale futuro
licenziamento sovverte le regole
procedimentali di cui allarticolo
7 della legge 300; ai lavoratori
non viene, infatti, contestato
alcun addebito disciplinare dal
quale devono difendersi, n
viene loro data la possibilit di
essere sentiti a discolpa. Non
solo. Una successiva eventuale
contestazione degli addebiti
viene rinviata allesito del
giudizio di accertamento,
con palese violazione del
principio di immediatezza
della contestazione e di quello
della tempestivit del recesso
datoriale, la cui ratio riette
lesigenza di osservare le regole
di buona fede e correttezza
nellattuazione del rapporto di
lavoro, non procrastinando
ingiusticatamente la
contestazione, in modo
da rendere impossibili o
eccessivamente difcile la
difesa da parte del lavoratore.
4
DI LORENZO PIERFELICE
Lazienda non pu richiedere al giudice di accertare
la legittimit di un eventuale futuro licenziamento
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Rassegna Sindacale
S
ono ancora circa 805 milioni le
persone vale a dire una su 9
che al mondo soffrono la fame.
Non garantito, per la fine del 2015, il
raggiungimento dellObiettivo di sviluppo
del millennio, lanciato dallOnu nel 2000,
di dimezzare la proporzione delle
persone che soffrono la fame, ancora
realizzabile solo se verranno presi e
intensificati interventi adeguati. Sono
i dati del nuovo rapporto Lo Stato
dellinsicurezza alimentare nel mondo
(Sofi 2014), pubblicato dalle tre Agenzie
Onu di Roma, lOrganizzazione per
lalimentazione e lagricoltura (Fao), il
Fondo internazionale per lo sviluppo
agricolo (Ifad) e il Programma alimentare
mondiale (Pam). Il rapporto conferma
comunque un trend positivo, con la
diminuzione del numero di persone che
soffrono la fame a livello globale di oltre
100 milioni negli ultimi 10 anni e di oltre
200 milioni rispetto al biennio 1990-92.
Sono 63 i paesi in via di sviluppo che
hanno raggiunto lObiettivo, mentre
altri 6 sono sulla buona strada per
raggiungerlo entro il 2015. La Cina ha
ridotto il numero di sottonutriti di 138
milioni, mentre Armenia, Azerbaigian,
Brasile, Cuba, Georgia, Gana, Kuwait,
Saint Vincent e Grenadine, Thailandia e
Venezuela sono i 10 paesi che hanno
raggiunto i migliori successi nella
riduzione degli affamati in proporzione
alla popolazione. Nonostante i progressi,
per, diverse regioni e sub-regioni
continuano a restare indietro. In Africa
sub-sahariana, pi di una persona su
4 rimane cronicamente sottoalimentata,
mentre lAsia, la regione pi popolosa
del mondo, anche quella dove si
concentra il maggior numero delle
persone che soffrono la fame: 526
milioni. Al contrario, America Latina e
Caraibi hanno fatto i maggiori progressi.
Dei 63 paesi che hanno raggiunto
lObiettivo, 25 hanno centrato anche
quello pi ambizioso, indicato dal
Vertice mondiale sullalimentazione,
di dimezzare il numero effettivo
delle persone denutrite entro il 2015.
Il rapporto specifica che leradicazione
della fame richiede la creazione di un
ambiente favorevole e di un approccio
integrato basato su investimenti pubblici
e privati per aumentare la produttivit
agricola, laccesso alla terra, ai servizi,
alle tecnologie e al mercato, e misure
per promuovere lo sviluppo rurale e la
protezione sociale per i pi vulnerabili, in
particolare rafforzando la loro resilienza
nei confronti di conflitti e disastri naturali.
Non solo. Il rapporto evidenzia anche
limportanza di specifici programmi
nutrizionali, per affrontare le carenze
di micronutrienti delle madri e dei
bambini sotto i 5 anni. In questo senso,
il Brasile insieme a Bolivia, Haiti,
Indonesia, Madagascar, Malawi e Yemen
rappresenta una delle realt in cui si
sono realizzate le politiche di maggior
successo nella lotta alla fame. Il suo
programma Fame Zero, che ha posto
il raggiungimento della sicurezza
alimentare al centro dellagenda
governativa, stato il motore del
progresso che ha portato il paese
a raggiungere sia lObiettivo di sviluppo
del millennio che quello stabilito dal
Vertice mondiale dellalimentazione.
Gli attuali programmi per sradicare
la povert estrema nel paese
latinoamericano si basano sul
collegamento delle politiche per le
famiglie rurali con misure di protezione
sociale nel modo pi inclusivo possibile
e con laumento del salario minimo.
Non sfugge linteresse e limportanza del
rapporto Sofi 2014 che sar al centro
della discussione nella riunione del
Comitato sulla sicurezza alimentare
mondiale, che si terr presso la Fao
dal 13 al 18 ottobre proprio mentre
lAssemblea delle Nazioni Unite
chiamata a tirare le fila sui risultati
degli Obiettivi di sviluppo del millennio
e, soprattutto, a lanciare il negoziato
sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile
per lAgenda del dopo 2015. Portare
a termine la lotta contro la fame e
la povert, fino allo loro definitiva
eliminazione esattamente il primo
obiettivo di fronte alla comunit
internazionale, attraversata da vecchi
e nuovi conflitti, titubante di fronte
alle sfide del cambiamento climatico,
incapace di una risposta coordinata
alla crisi economico-finanziaria globale.
La globalizzazione neoliberista ha
avuto il tratto comune di aumentare
enormemente le diseguaglianze
di reddito e la precarizzazione del
lavoro, riducendo in molti paesi in
via di sviluppo le possibilit di ampliare L

A
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LOTTA ALLA FAME E ALLA POVERT
Se il cibo in mano agli speculatori
di LEOPOLDO TARTAGLIA*
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DIRITTO
LAVORO
DI MARA PARPAGLIONI
34p04-05_ok 23/09/14 15.35 Pagina 4
25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
I PODCAST
DELLA
SETTIMANA
Diritti per tutti
da Italia parla
goo.gl/pa71aa 23 settembre
I diritti del lavoro
garantiti a tutti? O ridotti
per tutti in una sorta di
appiattimento delle
tutele? Continuano le
polemiche sul Jobs
Act e sul superamento
dellarticolo 18 richiesto
dal governo Renzi.
Sullargomento,abbiamo
chiesto il parere di Claudio
Treves,segretario di Nidil,
la categoria della Cgil
che rappresenta gli
atipici e i precari.
Un passo di pace
da Elleradio
goo.gl/coj9Kw 22 settembre
Da Firenze le voci dei
protagonisti delliniziativa
promossa da associazioni
e sindacati.Gli interventi
di Cecilia Strada,
Emergency;Francesca
Chiavacci,Arci;Lidia
Menapace,AssoPalestina;
Giulio Marcon,deputato
Sel;padre Alex Zanotelli,
missionario;Martina
Pignatti,Un ponte per;
Luca Milani,delegato
Fiom;Mauro Fuso,
segretario Cgil Firenze.
Diamo credito al paese
da Italia parla
goo.gl/l4CnVc 18 settembre
ripresa la trattativa
per il rinnovo del contratto
nazionale dei bancari,
ma il primo incontro tra
sindacati e Abi stato
interlocutorio.Ai nostri
microfoni,il segretario
generale della Fisac
Agostino Megale,che
chiede un negoziato
senza ricatti e avverte
lassociazione degli istituti
bancari:non imitate il
governo o sar
mobilitazione.
Cambiare si pu
da Speciale
goo.gl/EgYqXg 18 settembre
Come sta e dove va la
Cgil? Hanno risposto a
queste nostre domande:
Elena Lattuada,Cgil
Lombardia;Maurizio
Landini,Fiom;Stefania
Crogi,Flai;Vincenzo
Colla,Cgil Emilia
Romagna;Giovanni
Forte,Cgil Puglia;Ivano
Bosco,Cgil Genova;
Marco Toscano,Cgil
Bergamo;Bruno Pizzica,
Spi Emilia Romagna;
Carla Cantone,Spi Cgil.

DALLA PRIMA
IL PUNTO
Tutto il male odierno, per Renzi, imputabile alla Cgil.
solo il diritto del lavoro la fonte della diseguaglianza,
della stagnazione e del declino economico
Il discorso dei mille
giorni svela come
il nulla apparente,
con cui Matteo Renzi
apparecchia la sua
affabulazione rivolta a
un pubblico ormai post-
ideologico, abbia poi un
sostrato materiale ben
preciso. Dopo la fuga nel
gioco irriflessivo denso di
battute e siparietti con il
gelato, limmagine deve
comunque recuperare un
referente materiale. E lo
rintraccia in un sociale
ormai dominato dalle
politiche liberiste che
sfigurano la dignit del
lavoro. La frase ben calibrata
contro le ferie dei giudici, la
trovata immaginifica di un
capo che sa comunicare e
vendere anche merci avariate,
avrebbe per Renzi la forza
mistica di unire gli opposti,
la capacit cio di piegare
le diversit irriducibili degli
interessi ospitando le classi
sociali in conflitto in una
superiore unit organica.
Per essere comunicabile,
il gioco del leader con la
battuta sempre pronta deve
evocare un contenuto, senza
di cui non ci sarebbe un
discorso politico volto alla
persuasione, ma solo un
rumore di fondo. Il nulla di
Renzi si rivela perci pieno
di cose e, soprattutto, di
un progetto ostile al lavoro.
La societ per lui molto
iniqua. Ma la colpa della
diseguaglianza (parla
addirittura di apartheid)
non nel capitalismo
globale e nel regime
dellesclusione e della
precariet eretta a norma
giuridica. Tutto il male
odierno imputabile
alla Cgil. Per Renzi solo
il diritto del lavoro, ispirato
al disegno arcaico di
costituzionalizzazione dei
rapporti intersoggettivi, la
fonte della diseguaglianza,
della stagnazione, del declino.
Il diritto del lavoro iniquo,
esclama con enfasi in aula.
Dalle 2.100 regole vigenti,
propone di passare a 60
scarne formule, traducibili in
lingua straniera, per evitare
che la geografia, e il colore
politico del giudice del lavoro,
conti pi della fattispecie
giuridica nellamministrazione
della disciplina del reintegro.
Per Renzi solo il diritto del
lavoro classico che crea la
diseguaglianza e blocca gli
investimenti. E per questo,
al termine dei mille giorni,
il diritto del lavoro non potr
pi essere quello di oggi.
La strategia linguistica
di Renzi a suo modo
accorta. Per evitare di
essere percepito come un
erede di Monti, o un epigono
del liberismo tecnocratico
europeo, egli agita la
maschera del nemico
accanito della tecnocrazia.
Se la prende con gli
algoritmi degli esperti,
irride i tecnici della Prima
Repubblica e rivendica il
primato della politica. Ma
questo vano agitarsi in nome
della decisione politica solo
fumo alzato per coprire
una sostanza di classe che
rimane identica: il bersaglio
reale il mondo del lavoro, il
sindacato e la sinistra dura.
Un politico liberista, in tempi
di crisi sociale, ha bisogno
di coperture fumogene. Che,
pi che nelle fantasiose
proposte (digitalizzazione,
dimezzamento dei tempi
dei processi), il capo del Pd
trova nel populismo. Con altri
mille giorni di governo, Renzi
si prefigge di capovolgere
la storia. Gliene sono bastati
in verit molti di meno per
ribaltare i valori della sinistra
e per decostruire la ragion
dessere della destra. Egli
marcia a ritmo forzato
verso una post-moderna
resurrezione dellantico
trasformismo di una scialba
democrazia latina, con un
grande centro senza identit
e radici sociali al comando
e con le residuali ali di destra
e di sinistra condannate
alloblio. Tutto ci non
per inevitabile.
5
LAPIAZZA
di MICHELE PROSPERO
il settore e il lavoro formali rispetto
a quelli informali. Le Agenzie Onu
dellalimentazione non lo dicono
esplicitamente, ma quando sottolineano
che la fame non pu essere battuta
se non con politiche adeguate e
coordinate, richiamano alla mente
altre organizzazioni della famiglia
multilaterale, dove la sovranit
alimentare oggetto di un forte
scontro tra interessi ben diversi.
LIndia che rimane uno dei paesi
con il pi alto numero di affamati
limputato numero uno per il
fallimento dellapplicazione del
faticoso accordo raggiunto a Bali
dallOrganizzazione mondiale
del commercio sulle cosiddette
Facilitazioni al commercio. La
sua colpa: condizionare qualsiasi
intesa alla garanzia della propria
sovranit alimentare, consentendo
che le sue politiche di sostegno ai
contadini poveri e di distribuzione
di derrate agricole agli affamati non
vengano considerate e avversate
come indebiti ostacoli al libero
commercio. Daltro canto, la speculazione
finanziaria internazionale sembra
oggi aver allentato il gioco al rialzo
sui prezzi dei prodotti agricoli di base,
che solo un paio di anni fa avevano
raggiunto picchi assolutamente
ingiustificati rispetto ai costi reali
e al reddito effettivo dei contadini. Ma
questo risponde ad altre convenienze nel
mercato finanziario e delle commodities,
non al raggiungimento di accordi
internazionali che salvino il cibo (come
laria, lacqua ecc.) dalle mani degli
speculatori. La fame il punto pi
estremo delle diseguaglianze e della
povert. Per poterla sconfiggere, servono
soprattutto azioni concrete e coordinate:
gli avversari e le politiche da mettere
nellangolo sono quelli di sempre.
*Coordinatore politiche globali Cgil nazionale
Commento di Lorenzo
a Un passo di pace,
il 21 settembre Camusso a Firenze ,
http://goo.gl/elLiL6 - 19 settembre
Speriamo che
pian piano si crei
unaggregazione che richiami
quel 24 ottobre 1981, che segn
lavvio di un forte movimento
della pace. Lorenzo Porta, Centro
di documentazione sociale per
la nonviolenza e i diritti umani.
Commento di Antonino
a La Cgil replica a Renzi:
Fatti, non ideologia,
http://goo.gl/YRIidC - 20 settembre
Ci vuole un bel
coraggio ad attaccare
la Cgil, che ha sempre difeso i
diritti e la dignit delle persone,
in quanto ha sempre avuto
come guida la nostra carta
costituzionale. Renzi dovrebbe
con i fatti dimostrare quale
significato ha per lui la giustizia
sociale, la moralit senza
spot pubblicitari.
Commento di Alessia
a La Cgil replica a Renzi:
Fatti, non ideologia,
http://goo.gl/YRIidC - 21 settembre
Sono precaria da 19 anni
presso un ente pubblico,
come me altri 100 colleghi. Sono
10 anni che lottiamo per avere le
tutele che ci spettano, Renzi non
pu prenderci in giro: noi che
per anni non abbiamo avuto
larticolo 18 sappiamo bene
quanto vale! vergognoso che
Renzi riesca dove Berlusconi
ha fallito: toglierci la dignit,
trasformarci in schiavi pi di
quanto siano riusciti a farlo le
sciagurate leggi sulla precariet
da Treu in poi. Estendere i diritti a
tutti, non toglierli a chi li ha.
Commento di Antonello
a Rimini: cucinare in nero
per un euro a coperto",
http://goo.gl/txKNrk - 19 settembre
Questa la flessibilit
che vogliono, lavorare
senza diritti e senza dignit,
pochi soldi e tanta disponibilit.
Il problema larticolo 18?
Commento di Valentina
a Rimini: cucinare in nero
per un euro a coperto",
http://goo.gl/txKNrk - 19 settembre
Ecco io a certa gente farei
chiudere lalbergo...
Commento di Alfonso
a La Cgil replica a Renzi:
Fatti, non ideologia,
http://goo.gl/YRIidC - 21 settembre
Estendere lart.18 a tutti i
lavoratori, tranne a chi
perennemente in malattia, oppure
sar una guerra molto breve.
Commento di Spartacus
a La Cgil replica a Renzi:
Fatti, non ideologia,
http://goo.gl/YRIidC - 21 settembre
necessario un impegno
maggiore, non dimenticando
mai che i lavoratori senza sindacato
non avrebbero tutele e diritti!
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ma comunque dice chiaro e forte che verranno
rivisti gli articoli 4 e 13 dello stesso Statuto dei
lavoratori, quelli che proibiscono i controlli a
distanza e il demansionamento. Sono questi
tre, infatti i punti di attacco sindacale al Jobs Act.
Renzi non ha risposto nel merito alle critiche di
Cgil Cisl e Uil, ma ha rigirato la frittata chiedendo
provocatoriamente ai sindacati dove fossero
quando si creata quella frattura nel mercato
del lavoro tra garantiti e non garantiti, tra lavoratori
di serie A lavoratori di serie A, che affligge oggi il
nostro paese (per la verit non solo il nostro). E
tra i giornalisti, ovviamente imparziali, che ne
hanno ammirato leloquenza e sottolineato la novit
dirompente di un attacco diretto del leader del
maggior partito del centrosinistra (peraltro assai
diviso su questa materia) ai sindacati, nessuno che
abbia sottolineato la confusione istituzionale del
presidente del Consiglio, che non distingue il ruolo
di chi le leggi le fa (i partiti, tra cui anche quello di
Renzi) e chi certe leggi al massimo pu contrastarle
con larma dello sciopero, quellarma che al
presidente del Consiglio non piace e alla quale i
sindacati (e soprattutto la Cgil) sono stati costretti
tante volte. E nessuno che abbia sottolineato la
contraddizione tra laccusa ai sindacati di non aver
fatto nulla per evitare la divisione tra lavoratori di
serie A e di serie B e la riproposizione di unanaloga
divisione con il Jobs Act: il contratto a tutele
crescenti sarebbe infatti solo per i nuovi assunti,
che quindi resterebbero, di fatto, in serie B, in attesa
che la serie A si svuoti seguendo il corso del tempo
e tutti siano stabilmente in serie B. Un lavoro di
serie B, insomma, per un paese di serie B. Il
sindacato, la Cgil, i lavoratori li vuole invece tutti in
serie A. E ribadisce, con le armi che ha, che per
rilanciare leconomia sbagliato puntare a togliere
diritti, accettare diktat e introiettarli fino a farli propri.
La strada unaltra: bisogna fare investimenti;
bisogna cambiare verso (e politica), in Italia
e in Europa; bisogna individuare gli avversari
veri della ripresa e combattere la propria
battaglia, in Italia e in Europa, a viso aperto.
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6
25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
ne sono rimasti 350, di cui 180 impiegati
e il resto operai. gi il quinto anno di
cassa integrazione. Lunica speranza di
riuscire a trovare un compratore dallo
spirito innovativo e in possesso di
grande liquidit entro il 30 settembre,
quando scadr il termine per la
presentazione delle offerte dacquisto.
Per la ditta, fondata nel 1881, i problemi
sono iniziati sul finire degli anni novanta
con lacquisizione da parte di Ansaldo e
il susseguirsi di una serie di scelte
produttive sbagliate. Errori che hanno
segnato il destino della Franco Tosi nel
passaggio alla Casti Group, e
successivamente, nel 2009, allindiana
Gammon Group.
In questultima fase lidea era di
produrre in Italia per vendere in India.
Siamo stati subito assaliti dai dubbi.
Come potevamo competere con un
mercato controllato da marchi potenti,
specializzati nella realizzazione di
macchine di grossa taglia? Il nostro
target sono infatti macchinari che vanno
da 160 a 200 megawatt, tarati sulle
esigenze del cliente. Ora ci troviamo a
un punto di non ritorno, nonostante tutti
gli indicatori evidenzino il nostro
potenziale competitivo precisa
T
Tra il 2008 e il 2014 la Lombardia ha perso il 10 per cento del
tessuto industriale. Se si guarda ai settori produttivi nel loro
complesso si raggiungono punte del 20 per cento. Cresce la
disoccupazione, insieme alle ore di cassa integrazione. I segnali
di ripresa stentano a manifestarsi, ma se e quando la crisi
dovesse terminare, una parte importante di professionalit e
conoscenze, a giudizio della Cgil, sar ormai andata persa. Da
dove cominciare, per tentare una ripresa? Da scelte di indirizzo
politico, e da una rinnovata progettualit
imprenditoriale dice Massimo Balzarini,
segretario regionale della Cgil
Lombardia, che continua: Occorre un
piano industriale, che sia supportato da
risorse ben indirizzate e spese in
maniera corretta. Abbiamo bisogno di
percorsi formativi mirati, di utilizzare al
meglio lapporto che pu provenire dai
giovani. Lesodo dei nostri laureati un
fenomeno drammatico, eppure
inevitabile, viste le condizioni cui
devono sottostare in Italia. Bisogna dar
loro una prospettiva di crescita
professionale e la possibilit di
esprimersi, cos come necessario
ascoltare il contributo proveniente dal
sindacato e dai lavoratori, invece di
marginalizzarlo, come tenta di fare il
governo.
Si avverte dunque lurgenza di
salvaguardare spazi di democrazia, e di
l
a

c
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a
di CHIARA CRISTILLI
mettere a frutto nuove idee. Ma, per la
regione ritenuta la locomotiva dItalia,
sar molto difficile recuperare. La
recessione economica non ha fatto che
svelare fragilit pregresse, mettendo in
luce una mancanza di innovazione di cui
il territorio paga oggi lo scotto.
Attraverso la crisi, si sono diffuse una
serie di comportamenti imprenditoriali
spregiudicati, che minano i diritti
acquisiti e fanno male alleconomia.
Riportiamo tre casi esemplari, che
narrano il declino delleconomia
lombarda, iniziando con una storica
azienda metalmeccanica.
Solo desolazione
Se entri alla Franco Tosi sembra di stare
allinterno di una fabbrica post sovietica
esordisce Diego Colombo, delegato della
Fiom Cgil di Legnano, raccontando cos
la desolazione di unazienda che stata
tra i simboli dellingegno italiano. Fino a
poco tempo fa la Franco Tosi realizzava
turbine a vapore e idrauliche di ottima
fattura, ma da tre anni la produzione
completamente cessata. Negli enormi
locali ormai deserti i muri sono scrostati
e i macchinari in disuso. Dei 6mila
dipendenti al lavoro negli anni ottanta
Tagli echiusure,
lecolpe delle imprese
La recessione ha portato a galla fragilit antiche, su tutte lassenza
di innovazione. Le vicende Franco Tosi, Gruppo Vela e Coca Cola
LOMBARDIATRE STORIE DI FABBRICA
Regionesenza un veroprogramma
I
mprese che chiudono, si
trasferiscono, giovani che
emigrano e un tessuto produttivo
pesantemente depauperato. La
Lombardia ha perso molto terreno,
negli ultimi anni. La mancanza
dinnovazione sembra aver provocato
lincancrenirsi della crisi, lostacolo
che impedisce la ripresa economica.
Molte aziende falliscono anche
perch fare innovazione e costruire
nuovi mercati presuppone dei costi. Di
fronte alle difficolt attuali, ci sono
segmenti produttivi che reagiscono
meglio, altri peggio precisa Elena
Lattuada, segretario generale della
Cgil Lombardia, che continua: N da
parte del governo centrale n da parte
della Regione Lombardia ci sono un
orientamento e un sostegno a territori,
settori e iniziative. Tutto lasciato alla
spontaneit del mercato. Le uniche
misure contemplate sono finalizzate ad
aiutare le persone, penso agli
ammortizzatori sociali, ma ancora nulla
si fa per creare le condizioni per
favorire la crescita. Manca unidea su
come stimolare gli investimenti per
costruire lavoro. questo il vero
nodo.
Rassegna Dunque, la Cgil chiama in
causa le istituzioni?
Lattuada Imprese e istituzioni. In
questi ultimi anni, le imprese hanno
operato pesanti tagli sul costo del
lavoro per difendere il proprio
mercato. Ma questo non equivale ad
ampliare le prospettive, creando i
presupposti per garantirsi una
sopravvivenza. Poi ci sono le
istituzioni, c la necessit di far
ripartire gli investimenti sul territorio.
I comuni possiedono risorse che non
possono utilizzare in ragione del patto
di stabilit, e che sarebbero invece
utili per interventi sulle infrastrutture o
le bonifiche ambientali, solo per citare
alcuni campi su cui intervenire.
Proprio in questo periodo abbiamo
aperto un tavolo regionale sulledilizia,
un settore colpito pesantemente. C
tantissimo invenduto, e dobbiamo
seriamente affrontare la questione
della riqualificazione. Se ci fosse la
volont di far ripartire ledilizia, non
solo si genererebbe lavoro, ma anche
un investimento a tutela dellambiente.
In fondo, ogni volta che un fiume
esonda o che una montagna frana,
occorre affrontare dei costi riparatori
maggiori rispetto a quelli che si
pagherebbero se si facesse
prevenzione.
Al tavolo regionale, i ragionamenti
evolvono e i lavori proseguono,
tuttavia sentiamo tutta lurgenza di
individuare una sintesi. Lattenzione
non manca, ma occorre sviluppare
LE ISTITUZIONI PARLA ELENA LATTUADA, SEGRETARIO GENERALE CGIL LOMBARDIA
L
o scorso 19 settembre, a
Corte Franca, in provincia di
Brescia, si tenuto lattivo dei
delegati sindacali e unassemblea
pubblica, per presentare le ipotesi di
riqualificazione del sito dove il
Gruppo Vela, ormai fallito, svolgeva
le proprie attivit edilizie.
Alliniziativa, denominata Sinergie
rigenerative. Riattivare paesaggi
di(s)messi. Il caso dellarea
industriale Vela a Corte Franca,
erano presenti, fra gli altri,
rappresentanti sindacali della
categoria delle costruzioni, il
presidente dellassociazione
nazionale degli industriali dei laterizi
(Andil), il sindaco di Corte Franca, i
docenti e gli studenti dellUniversit
degli studi di Brescia che hanno dato
vita ai progetti sperimentali.
Lintera comunit ha percepito il
fallimento dellazienda come una
spinta a realizzare qualcosa di
diverso per il futuro del territorio.
Ci che ne scaturito va oltre i
confini sindacali, ma dal sindacato
che trae origine.
Tutto iniziato nel 2012, con il
fallimento del Gruppo, le dimissioni
dellimprenditore e la mancanza di
alternative. Trecento lavoratori
finiscono in cassa integrazione. Il
sindacato capisce che la soluzione
del caso necessita di uno sforzo
collettivo, comincia a stringere
Corte Franca
TANTE IDEE
PER
RIPARTIRE
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7
PRI MOPI ANO
25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
Colombo. Ci vorrebbero investimenti,
lungimiranza, il coraggio di cedere
finalmente il passo alle idee nuove. Per
la Cgil, ci di cui si avverte la
drammatica mancanza una politica
industriale seria, che testimoni la volont
istituzionale di offrire un futuro al paese.
A volte si tratta dincapacit di ascolto.
Da tempo, il sindacato propone piani
alternativi, che rendano la Franco Tosi
pi appetibile.
Si potrebbe cominciare dallenergia
pulita. Ma i progetti si arrugginiscono
insieme ai macchinari fermi e sui volti
delusi di chi vive, ormai, di cassa
integrazione. Eppure, essere assunti alla
Tosi era un vanto. Gli operai
trasformavano pezzi di ferro grezzo in
congegni scintillanti. Godevano di
servizi allavanguardia, avevano la mutua
interna. Il loro orgoglio era quello di un
territorio florido, che esprimeva la
propria energia attraverso il lavoro.
Andavo al lavoro in bicicletta, passando
accanto a fabbriche che impiegavano
migliaia di persone. Ovunque erano case
in costruzione, cantieri. Ora vedo solo
edifici abbandonati. Non interessiamo
pi nemmeno agli speculatori edilizi
conclude ironico Colombo.
Il padrone
che getta la spugna
Edifici mai conclusi, scheletri di
cemento: la Lombardia ne piena, come
il resto dItalia. Ledilizia sempre stata
considerata un settore trainante per
lintera economia, ma questa sua
capacit si come sbriciolata. In
Lombardia, a partire dal 2008, il
comparto ha registrato un calo del 55
per cento. Simile a una valanga, questo
crollo ha travolto tutta una serie di realt
economiche. La crisi le ha colte
impreparate, come testimonia il caso del
Gruppo Vela, laterizi e prefabbricati, la
cui sede pi rappresentativa a Corte
Franca, in provincia di Brescia.
Fino al 2007 la societ, tra i leader italiani
del settore, arrivava a produrre 80
milioni di fatturato. A distanza di qualche
anno, la situazione si completamente
ribaltata. Vela s.r.l. fallita. La Vela spa,
proprietaria dei terreni e delle cave, in
fase di liquidazione, attraverso il ricorso
al concordato preventivo. I lavoratori in
cassa integrazione sono in tutto 250. La
contrazione del mercato non ha fatto che
accelerare un prevedibile declino. La
mancanza dinnovazione ha infatti
segnato negativamente il destino
dellazienda. Con la direttiva n. 31 del
2010 sulla prestazione energetica
delledilizia lEuropa dava una serie di
indicazioni sui criteri da seguire per la
costruzione di edifici moderni e
sostenibili, offrendo un orizzonte alle
imprese del comparto, e ossigeno
alliniziativa.
Nonostante lesistenza di studi e
ricerche, noi siamo ancora fermi a
trentanni fa. La tecnologia che
utilizziamo superata, e questo
pregiudica pesantemente la nostra
capacit competitiva. La crisi non fatta
solo di edifici invenduti, ma anche di
quelli invendibili in ragione della loro
obsolescenza riflette Ivan Comotti,
segretario della Fillea Cgil regionale,
pensando al fallimento del gruppo Vela.
Con la recessione anche le richieste delle
rappresentanze sindacali si fanno pi
incalzanti. Abbiamo insistito affinch
lazienda presentasse un piano
industriale credibile, al passo con i
tempi, ma le risposte sono state
inadeguate, fino a trasformarsi in una
rinuncia estrema continua Comotti. Lo
scorso 13 gennaio, durante una riunione
con i sindacati convocata presso il
ministero per lo Sviluppo economico, il
proprietario del gruppo ha deciso di
ritirarsi dal mercato, abbandonando
lattivit. stato terrificante ricorda il
sindacalista, ancora stupefatto per la
decisione. Ma i lavoratori non ci stanno
ad arrendersi, e con loro lintera
comunit. Sindacato, universit e
istituzioni locali hanno unito le forze,
con lobiettivo di riqualificare il sito. La
questione diventata materia di analisi e
progettazione per gli studenti di
architettura dellUniversit di Brescia, ed
proprio dai contributi dei giovani che
si intende partire. Il prossimo 19
settembre, a Corte Franca, si terr un
dibattito pubblico per discutere del
futuro dellarea. Parteciperanno
rappresentati politici e sindacali, docenti,
professionisti, studenti. Vogliamo una
soluzione, e la vogliamo qui il
messaggio dei cittadini.
Il senso di appartenenza ha un ruolo
primario nella vicenda Vela. La
consapevolezza di condividere un
destino comune scrolla di dosso la
rassegnazione, colma il vuoto facendo
avanzare il futuro. Ma difficile, oggi
ancora di pi.
I profitti
non bastano mai
Spesso, la sorte di unazienda viene
decisa da molto lontano. Ci sono
imprenditori che guardano agli azionisti,
anzich pensare alla buona qualit del
prodotto. Al legame umano si sostituisce
il meccanismo del denaro, poco
controllabile e immediato.
Nel 2013 Coca Cola ha realizzato in Italia
72 milioni di utili: una cifra importante,
sebbene inferiore rispetto ai profitti
raggiunti in passato. Tanto bastato per
scegliere di darci un taglio, decidendo di
comprimere ulteriormente il costo del
lavoro. La parola dordine
delocalizzare.
Gli uffici amministrativi del grande
marchio si trovano in Lombardia, tra
Milano e Buccinasco, e impiegano 620
persone. Questa estate, lazienda ha
dichiarato 249 esuberi. Era il 15 luglio,
di mattina, e avevamo appena firmato il
rinnovo del contratto integrativo
aziendale. Lesito era stato positivo, ci
sentivamo soddisfatti. Nel pomeriggio
ci arriva la comunicazione di mobilit
per gli impiegati del reparto
commerciale, e la chiusura della sede di
Campogalliano, in provincia di
Modena. Coca Cola ha avviato una
riorganizzazione interna di cui si ostina
a non voler svelare le caratteristiche.
Ormai, siamo allo scontro duro
dichiara Roberto DArcangelo, della Flai
Cgil di Milano.
Lazienda investe in pubblicit, assume
giovani, li licenzia per assumerne altri a
condizioni peggiori. Soprattutto, sta
spostando interi reparti in Bulgaria.
Milano non che una pedina,
allinterno di uno scenario che va ben
oltre i confini nazionali. I problemi
sono cominciati circa sette anni fa,
quando siamo passati dal controllo
degli americani a quello dei greci.
Ovunque osserviamo uguali modalit,
la stessa mania di terziarizzare,
trasferendo i servizi dove i salari sono
pi bassi. La questione va affrontato a
livello europeo, non c dubbio
interviene Mariateresa Tinelli, delegata
della Flai Cgil di Milano.
Da quando Coca Cola ha spostato alcuni
reparti a Sofia, la qualit del lavoro ne ha
fortemente risentito.
Non solo perch il personale diminuito
e la mole di impegni aumentata.
Avere a che fare con i colleghi bulgari
non cosa semplice. Abbiamo metodi di
lavoro differenti. Spesso non ci si
comprende, tutto pi faticoso e
complicato continua Tinelli .
Quando ha iniziato, trentanni fa, le
nostre aziende pagavano una quota alla
Coca Cola Company per poter produrre
in Italia. Il legame con il territorio era
saldo. Poi le piccole realt
imprenditoriali sono state spazzate vie, e
al loro posto sono nati grandi
accorpamenti dipendenti dagli Stati
Uniti. Le cose sono andate peggiorando
poco alla volta.
A gettare unombra non sono solo le
delocalizzazioni, ma anche la prospettiva
di una concessione delle attivit di
vendita ai grossisti. A questo punto,
nulla vieterebbe di acquistare la bevanda
allestero, per smerciarla in Italia. I
dirigenti che operano nel nostro paese
declinano ogni responsabilit, parlano di
strategie decise altrove.
Tinelli ha la voce stanca: Come
possono conoscere a fondo la nostra
realt? Sono stranieri, rimangono un
anno o due e poi vanno via.
A noi, non resta che ricominciare
sempre tutto da capo.

R
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B
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F
L
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K
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relazioni. Ci siamo rivolti alle
istituzioni, alluniversit, alla
scuola edile, ottenendo ascolto e
importanti contributi. Dal nostro
punto di vista lottiamo per
ricollocare i lavoratori e per
difenderne il reddito, ma non
potevamo limitarci a questo. un
intero territorio a doversi
risollevare. Ci volevano idee
nuove, in grado di dare vita a
progetti lungimiranti. La speranza
di riuscire, in questo modo, a
stimolare linteresse di qualche
imprenditore racconta Donato
Bianchi, segretario generale della
Fillea della Valcamonica.
Le risposte sono arrivate,
numerose, innovative. A darle
sono stati gli studenti di
Architettura, sotto la direzione
della professoressa Marina
Montuori, docente ordinaria di
Composizione architettonica
urbana. I progetti sono stati il
frutto di mesi di studio e di
confronto, oltre che materia di
esame. Esami ai quali hanno
assistito il sindaco in persona,
insieme ai sindacalisti e ai
lavoratori. Tra le proposte c la
ristrutturazione dei capannoni
allinsegna della riqualificazione
energetica e della messa in
sicurezza. Allinterno, si
potrebbero ospitare centri di
ricerca, aule dove poter seguire
master in agraria, architettura,
innovazione tecnologica dei
materiali, ingegneria. Il tutto
stato concepito pensando alla
vocazione del territorio: agricola,
industriale e turistica. Larea,
circa 200mila metri quadri, pu
inoltre essere utilizzata per la
creazione di orti, vigneti, piani di
housing sociale.
Il nostro gruppo di ricerca ha
svolto unoperazione didattica
incanalata su binari metodologici
precisi. Gli studenti hanno colto
nel segno, dimostrando una
grande creativit. Lavorare su
progetti che riguardano la realt,
un territorio dove un giorno
questi ragazzi potrebbero
trovare lavoro, ha stimolato la
voglia di fare, generando un
fecondo entusiasmo conclude
Montuori. C. C.
percorsi concreti, magari sperimentali.
Rassegna La vicenda del Gruppo Vela,
con il coinvolgimento della societ civile a
salvaguardia di un territorio, indica una via
duscita dalla crisi. Cosa rappresenta
questa esperienza?
Lattuada La possibilit di mettere insieme
competenze, intelligenze e
rappresentanze, per individuare una
strategia comune. Luniversit ha avuto
un ruolo importante, ognuno ha portato
un contributo. Ma ancora una volta, la
questione fondamentale capire qual la
sintesi. In questa come in altre vicende, le
istituzioni ricoprono un ruolo di grande
responsabilit. Certo, non semplice.
Nessuno pensa di avere la ricetta
risolutiva della crisi. Tuttavia si possono
mettere in atto una serie di interventi che
vanno dalla ricerca di investitori alla
costruzione di relazioni, fino alla
valorizzazione del ruolo delle parti
sociali. Oggi tutto ci appare
abbandonato a s. A livello istituzionale,
di fronte al grande tema della recessione
e al proliferare delle piccole crisi, non si
risponde allo stesso modo. Occorre
offrire un reale sostegno. In Lombardia
abbiamo lesempio dei distretti
industriali, creati per costruire sinergia in
un contesto fatto di piccole e medie
imprese. Ebbene, alcuni distretti
continuano a funzionare, mentre altri non
sono mai nati. Questo perch bisogna
fornire un orientamento e dare supporto,
altrimenti si rischia la disgregazione. Il
ridimensionamento dei distretti avvenuto
con la crisi non che la conseguenza di
una scarsa attenzione dimostrata negli
anni precedenti.
Rassegna La Lombardia pu ancora
competere a livello europeo, o diventata
una regione troppo marginale?
Lattuada Penso di s. Abbiamo ancora un
tessuto composto da grandi, medie e
piccole imprese in grado di confrontarsi
con le realt produttive pi progredite.
Ma non questo il punto. Non possiamo
ragionare sullo sviluppo della nostra
Regione senza tener conto del resto
dItalia. Siamo di fronte a un divario
profondo. La Lombardia ha ancora grandi
potenzialit, ma con la crisi si
impoverita pi di altri territori. Non ne
usciamo da soli, cos come non
risolviamo i problemi attraverso il solo
ricorso agli ammortizzatori sociali.
compito della politica economica
pensare a come far ripartire gli
investimenti, sia a livello nazionale che
territoriale. Occorre migliorare le
infrastrutture, e una parte di risorse
pubbliche deve andare a sostegno della
crescita. Lidea di non poterle utilizzare a
questo scopo ha provocato molte delle
fragilit attuali. C. C.
34p06-07_ok 23/09/14 13.11 Pagina 7
F
8
Facciamo scorrere le storie era lo
slogan scelto per la XVI edizione del
Premio LiberEt. Ma affinch le storie
di vita scorrano, non serve tenerle
chiuse nei cassetti o imbrigliate nei
propri ricordi, bisogna che qualcuno le
racconti, le diffonda, ne trasmetta agli
altri il senso e il significato che le
anima, coinvolgendo il maggior
numero di persone possibile in questo
processo di condivisione di una
memoria che in questo modo riesce a
trasformarsi da esperienza individuale
a patrimonio collettivo. considerando
questa premessa che si pu affermare
come di storie il Premio LiberEt ne
abbia fatte scorrere tante in questi
sedici anni di vita: da quando nato,
infatti, sono oltre settecento gli scritti
inediti tra diari, autobiografie e racconti
che hanno partecipato al concorso
indetto dalla casa editrice LiberEt e
dallo Spi Cgil, e dedicato ai temi del
lavoro e dellimpegno sociale.
Anche per ledizione 2014, la cui serata
conclusiva si svolta il 18 settembre al
teatro La Regina di Cattolica, i finalisti,
selezionati dalla giuria tra gli oltre
cinquanta testi in concorso, sono stati
cinque. Tutte storie intense ed
emozionanti, ciascuna meritevole a suo
modo di vincere. Purtroppo, per, un
solo concorrente poteva aggiudicarsi il
premio, che alla fine stato assegnato a
Sandra Vegni, fiorentina di Scandicci,
autrice del racconto La strana storia di
unimpiegata statale. Una scelta che la
giuria ha fatto per la forza e la qualit
narrativa; per lattenzione ai valori
sociali e politici del mondo del lavoro;
per la capacit di centrare il ruolo delle
donne nel tessuto sociale del paese e la
loro battaglia per affermare i loro diritti
e insieme la loro personalit; per la
capacit di esplorare, senza retorica e
con sfumature di amara ironia, luci e
ombre della quotidianit del mondo
del lavoro su cui fa perno tutta la
narrazione; per la felice intuizione di
mettere al centro lidea del merito,
senza dimenticare il tema della
XVI edizione del Premio LiberEt
Narrazione
della
memoria
valore civile
di Giuseppe Casadio
I
L

C
O
M
M
E
N
T
O
L
La nozione di ricordo evoca il
passato, il gi vissuto; mentre
il futuro sinonimo di ignoto.
Come si pu ricordare ci che ancora
non avvenuto? Si trattato dunque
di una metafora stravagante, o a
quale riessione intende sollecitarci
la nota arguzia intellettuale
dell'attore?
Il paradossale corto circuito fra
passato e futuro contiene,
innanzitutto, un allarme: bisogna
mobilitarsi contro quella che si
congura ormai come una vera
pandemia che colpisce in maniera
sempre pi acuta e diffusa i nostri
stili di vita: la sindrome da tempo
reale. Tutti ne siamo coinvolti, non
solo le generazioni pi giovani. Il
valore di ogni accadimento, di ogni
scelta, di ogni affermazione, si
misura con gli effetti che produce nel
presente. E, per ci stesso, nel
presente si esaurisce, si consuma;
non ne rimane traccia, non serve pi.
Se non si riesce a contrastare questo
male, non baster la denuncia della
scarsa coscienza storica di cui sono
portatrici le generazioni pi giovani.
In secondo luogo, per, quel
paradosso ci indica un antidoto: la
memoria. Solo la memoria, infatti,
pu connettere passato e futuro.
Esercitando la memoria si possono
rintracciare gli stimoli necessari alla
progettazione del futuro.
Ci sentiamo profondamente coinvolti
da questa riessione, anzi: ce ne
sentiamo incoraggiati e sostenuti in
un impegno che ci caratterizza da
molti anni.
In questa stessa pagina si d conto
dell'appuntamento organizzato nei
giorni scorsi dallo Spi nazionale e
da LiberEt a conclusione della XVI
A
lla XVI edizione del Premio
LiberEt sono arrivati oltre
cinquanta manoscritti, tra i quali sono
stati selezionati i cinque finalisti che
hanno partecipato alla serata di
premiazione sul palco del teatro
La Regina di Cattolica. Di seguito,
un breve profilo e un abstract
degli scritti dei quattro che sono
stati battuti dalla vincitrice,
Sandra Vegni.
Angelina Brasacchio,
calabrese di Strongoli, in provincia di
Crotone, ne Il vestito da sposa
racconta le vite di Gianna e di Betta,
la prima nobile e ricca, la seconda
cameriera che lavora alle sue
dipendenze, cresciute insieme in un
paesino tra la Sila e la costa ionica, e
che malgrado le differenze sociali ed
economiche condividono gioie e
dolori, segreti e amori, in un intreccio
di complicit che nel corso degli anni
le rende inseparabili. Sullo sfondo
una guerra voluta e persa dal
fascismo, la sua caduta, larrivo degli
alleati, e poi le lotte dei contadini per
la terra
Carla Cenacchi, autrice di
Dagli Appennni alle Ande: andata e
ritorno, ricostruisce la sua vita
passata tra Sasso Marconi (dove
nata) e Lima, capitale del Per, dove
ha vissuto per cinquantanni
gestendo un ristorante di specialit
bolognesi da lei stessa aperto
insieme al marito. Emigrante per
scelta e non per bisogno, Carla, dopo
la morte del marito non si lascia
abbattere. E sebbene la sua famiglia
sia sparsa per il mondo: un figlio a
Bologna, un altro a Miami e lei a
Lima, Carla riesce a tenere vivi i
contatti, e quindi salda la trama dei
sentimenti e degli affetti che li lega,
ricorrendo a un sistema ingegnoso e
singolare: compra tre licenze da
radioamatore e i tre possono
comunicare attraverso loceano senza
dover affrontare grandi spese.
Nino Lillo, classe 1922, barese
trapiantato a Roma, lautore del
diario Lassalto delle ombre nere,
che non non soltanto una raccolta
di memorie, ma anche una sorta di
terapia contro i fantasmi che
sconvolgono la sua mente, un modo
I cinque nalisti: chi racconta cos
Dedicato ai temi
del lavoro
e dellimpegno
sociale il concorso,
in sedici anni, ha
selezionato oltre
settecento scritti

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quelle storie di vit
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25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
di FABRIZIO BONUGLI
34p08-09B_ok 23/09/14 13.46 Pagina 1
rappresentando cos uno straordinario
valore aggiunto per liniziativa nel suo
complesso.
La seconda novit, peraltro in stretta
correlazione con la precedente, stata
la presenza sul palco del teatro La
Regina di Cattolica di quelli che gli
organizzatori del premio hanno
chiamato i salvastorie: cinque giovani,
ciascuno dei quali ha preso in
consegna la storia del finalista cui era
stato abbinato, con il compito di
conservarla, trasmetterla e tenerla viva.
Un compito non semplice, non c che
dire, ma che i cinque giovani hanno
accettato con entusiasmo, promettendo
di tenere fede al loro impegno nel
migliore di modi.
Salvare le storie per poi farle scorrere.
questo, come si diceva, lobiettivo
principale del Premio LiberEt. Ma
anche della rivista da cui il premio
prende il nome, che da sempre lo fa
sulle sue pagine, e ora anche attraverso
il portale della memoria intitolato non
a caso Salvastorie, presentato a
Cattolica in occasione della serata di
premiazione. Il portale, accessibile
allindirizzo salvastorie.libereta.it,
suddiviso in cinque sezioni, cui si
aggiunge un calendario storico
interattivo che ogni mese ricorder i
fatti pi importanti accaduti in Italia e
nel mondo. Lintento del portale
quello di ricostruire la nostra Storia
attraverso racconti e immagini, non
soltanto di eventi importanti che hanno
segnato il paese ma anche e,
soprattutto, di storie di vita di tante
persone comuni. Una delle cinque
sezioni, dal titolo Storie di vita, sar
dedicata esclusivamente al Premio
LiberEt e da qui in avanti raccoglier i
testi finalisti delle varie edizioni e li
render disponibili (escluso quello
vincitore) in formato digitale per il
download gratuito (quelli delledizione
2013 si possono gi scaricare).
Si tratta di unaltra tappa di quel
percorso di conservazione e
condivisione della memoria nel quale il
sindacato dei pensionati della Cgil da
sempre impegnato. E da questo punto
di vista il Premio LiberEt non altro
che una sintesi di questo impegno
costante, che si concretizza su vari
fronti. Lo ha ricordato il segretario
generale, Carla Cantone, che dal palco
della premiazione ha confermato
ancora una volta limportanza che il
Premio LiberEt e la rivista da cui esso
prende il nome rivestono per lo Spi: Di
anno in anno questo evento, che
racconta la memoria e la storia del
nostro paese e del nostro sindacato,
migliora sempre di pi. E questo grazie
a LiberEt e alla giuria del premio che
svolgono un lavoro straordinario. Noi
siamo un sindacato di lotta e di
memoria. Di lotta, perch di battaglie
ne abbiamo fatte tante; di memoria,
perch noi vogliamo che queste lotte
restino nella memoria delle persone,
dei pi giovani, dei lavoratori per far s
che anche loro continuino a lottare
insieme a noi. Ma noi ci definiamo
anche un sindacato intergenerazionale,
perch insieme ai giovani combattiamo
per il loro futuro, perch il loro futuro
anche il nostro futuro. Ed per questo
che la scelta di affiancare dei giovani ai
finalisti per noi un grande motivo di
orgoglio.
GRANDANGOLO
9
edizione del Premio LiberEt. La
cronaca testimonia l'ottima
riuscita dell'iniziativa e illustra,
seppur brevemente, il valore
delle opere naliste fra cui la
giuria ha scelto la vincente. A noi
preme soprattutto, anche alla
luce delle considerazioni sopra
esposte, soffermarci sul lavoro
che ha preceduto e preparato
l'incontro conclusivo, e
annunciare alcune novit che
caratterizzeranno le prossime
edizioni.
La selezione che ha individuato
le cinque opere naliste fra le
oltre cinquanta che hanno
concorso stata compiuta da
cinque gruppi di lettura composti
da militanti e simpatizzanti dello
Spi, organizzati da cinque diverse
strutture territoriali del
sindacato; non, quindi, da una
giuria di personalit esterne
all'impegno politico e sindacale.
Soprattutto si intende valorizzare
in questa sede l'esperienza
compiuta dal gruppo di lettura
organizzato dallo Spi della
Lombardia: a esso hanno
partecipato, a pieno titolo e con
entusiasmo, anche alcuni
studenti di scuola media
superiore.
L'esperienza risultata
particolarmente entusiasmante,
tanto che, a partire dalla
prossima edizione del premio,
tutti i gruppi di lettura e
selezione delle opere naliste
che lo Spi organizzer in diversi
territori, dovranno darsi una
congurazione mista dal punto di
vista generazionale. Giovani e
anziani, congiuntamente,
leggeranno e selezioneranno le
memorie narrate da coloro che
parteciperanno al nostro premio
annuale.
Ancora una signicativa novit
introdurremo dalla prossima
edizione (per cui gi in corso la
raccolta delle opere concorrenti);
renderemo possibile la
partecipazione alla lettura e alla
selezione delle opere da parte di
chiunque, fra i frequentatori delle
nostre pagine web, si senta
interessato e coinvolto.
Una innovazione per nulla
formale n dettata da volont di
esibire un passivo adeguamento
alle tecniche della
comunicazione. C' di pi, nei
nostri obiettivi. C' la
determinazione ad allargare il
giro di chi sente la narrazione
della memoria come un valore
civile, come un impegno a cui
contribuire, narrando,
trasmettendo la memoria propria
e di altri, facendo scorrere le
storie, per dirla con il titolo che
abbiamo voluto dare al nostro
incontro di Cattolica.
per combattere contro quel male
oscuro che per anni lo ha tormentato
a causa di un segreto o forse di una
colpa. Fascista come tutti in Italia,
deve lasciare luniversit e si arruola
nellesercito; vive la guerra, la fame, i
bombardamenti. Poi nel 1943, le
violenze del fascismo lo travolgono, e
inizia in lui la presa di coscienza di
quali e quante atrocit sia stato
capace di commettere il regime.
Ventanni dopo, nel 1963, angosciato
dalle sue ombre nere, Nino decide di
tornare a Cremona, dove aveva fatto
il militare, e qui scopre alcune verit.
Dino Raccanelli inizia la sua
autobiografia da quando aveva otto
anni, raccontando ne Il capoclasse
tra Coppi e la Cgil la paura della
guerra, il dopoguerra vissuto nel
mito di uno zio partigiano, gli studi in
un collegio di preti, la scoperta della
Cgil. E poi lattentato a Togliatti, la
rivalit tra Coppi e Bartali, le tensioni
tra destra e sinistra, la morte di
Stalin. Infine, la decisione di lasciare
la provincia mantovana nella quale
era nato e vissuto fino a quel
momento per andare a Milano in
cerca di lavoro come insegnante,
affrontando mille difficolt ma
sempre supportato dal ricordo dello
zio partigiano il quale di certo non
avrebbe mollato.
Oltre ai cinque finalisti, la giuria ha
deciso una menzione speciale anche
per Walter Barni, autore di Quale
giovent, e per Marco Rossi, autore
di Pagine della nostra storia.
cosa
solidariet; perch lopera scelta,
meglio e pi delle altre, gettando un
ponte tra le generazioni, finisce per
rappresentarle e raccontarle tutte;
perch lopera narrativa rispecchia, gi
nella sua struttura, il senso del Premio
LiberEt.
Lo scritto di Sandra Vegni, oggi
pensionata e attivista dello Spi e
dellAuser, racconta in terza persona le
memorie di una lavoratrice del
pubblico impiego e il percorso da
questa affrontato nel corso della sua
carriera professionale. Roberta, questo
il nome della protagonista, in realt,
non altro che lalter ego di Sandra, e
la sua storia inizia proprio il giorno
della sua assunzione, giovanissima, alle
Ferrovie, assegnata a una stazione
merci, unica donna in mezzo a
centinaia di uomini, mondo del quale
fa fatica a comprendere le dinamiche,
ma dal quale non si lascia
impressionare. Negli anni, Roberta-
Sandra abbandoner le massicciate
della stazione merci e approder
dapprima negli uffici dellintendenza di
finanza, ambiente quasi surreale,
regolato da norme borboniche, la cui
eliminazione non stata affatto
rimpianta da Sandra, e poi in quelli
dellagenzia delle entrate, dove
allopposto, trova un mondo dinamico,
stimolante e quasi esclusivamente
femminile.
Nelle pagine di questa strana storia
gli episodi e le memorie della vita
personale dellautrice si alternano alla
descrizione del mondo del pubblico
impiego, delle sue dinamiche, a volte
incomprensibili, e delle trasformazioni
che lo hanno investito nel corso degli
anni: Siamo passati dalla penna Bic al
computer dice Sandra Vegni. Un
passaggio che in coloro che lo hanno
vissuto con entusiasmo, accettando le
sfide che comportava, ha creato grandi
aspettative, le quali per, a un certo
punto, in molti casi, si sono rivelate
delle grandi delusioni.
Ora, come prevede il regolamento per
lopera vincitrice, La strana storia di
unimpiegata statale diventer un libro,
edito dalla casa editrice LiberEt, e
andr ad arricchire il gi ricco archivio
di storie e di memorie dello Spi.
Ma torniamo allimportanza di
conservare la memoria e alla necessit
di trasmetterla in particolare alle nuove
generazioni. Costruire il futuro, infatti,
non pu prescindere dal
riconoscimento e dal rafforzamento di
quelle radici sulle quali si fonda
lidentit collettiva di una societ.
Negare la storia e la memoria significa
privare di senso qualsiasi costruzione
sociale condivisa. questo un tema
particolarmente sentito dal sindacato
dei pensionati della Cgil, che ha fatto
del rapporto intergenerazionale uno
dei suoi cavalli di battaglia, e che offre
una chiave di lettura per interpretare
due delle novit che hanno
caratterizzato questa edizione del
Premio LiberEt.
La prima consiste nel coinvolgimento
di giovani studenti in alcuni dei gruppi
di lettura regionali che hanno vagliato
gli scritti in concorso. Una decisione
che ha arricchito il confronto tra i
giurati di punti di vista differenti,
differenti bagagli culturali e diversi
approcci di lettura delle storie narrate,
vita
e scorrono
25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
34p08-09B_ok 23/09/14 13.46 Pagina 2
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11
25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
Roberto Greco
I
l quadro nero. Anzi, grigio,
come il lavoro che si fa in
prevalenza sulla Riviera romagnola
nel settore del turismo. Lo rivela
unindagine condotta dalla Filcams
Cgil dellEmilia Romagna, insieme
alla Cgil regionale, a conclusione
delliniziativa messa in piedi questa
estate (Diritti alla stagione), terminata
il 7 settembre scorso, che ha interessato
14 comuni della Riviera romagnola
delle province di Ferrara e Rimini
e che ha portato il sindacato a
essere presente nelle principali
localit turistiche della regione.
I risultati sono sconfortanti: l80 per
cento del lavoro risultato irregolare
in forme pi o meno gravi, tutto
concentrato tra i cosiddetti stagionali,
stimati in 20.000-25.000 addetti, in
maggioranza stranieri. La formula pi
ricorrente il lavoro grigio, con finti
part-time, dove in realt il lavoratore
costretto a orari e turni massacranti
(12 e pi ore al giorno), e a lavorare
7 giorni su 7, ignorando il giorno
di riposo. Oppure, altra prassi
consolidata il pagamento
forfettario, dove preventivamente
si fa sottoscrivere al lavoratore una
somma omnicomprensiva di tutto
(salario, tredicesima, tfr, permessi, ferie,
straordinari), che per di gran lunga pi
bassa di quanto dovuto come da contratto
e in rapporto alla prestazione effettivamente
svolta: di media, 3 euro lora, secondo
il sindacato, contro una retribuzione
oraria lorda regolare di 8,50 euro.
E la crisi del turismo ha finito col
peggiorare le cose osserva Paolo
Montalti, responsabile organizzativo
della Filcams Emilia Romagna , perch
di fronte al calo delle presenze molti
datori di lavoro hanno cercato, pur
di risparmiare, di abbassare il pi
possibile il costo del lavoro, ricorrendo
a espedienti di ogni tipo ai danni
del personale. Nel contempo,
aumentato considerevolmente
nellultima stagione lutilizzo dei voucher,
come forma di pagamento.
E alla fine molti lavoratori non sono
riusciti a maturare i requisiti necessari
per ottenere lAspi (Assicurazione
sociale per limpiego, la nuova indennit
di disoccupazione) e la mini Aspi,
introdotte con la riforma Fornero del
2012 (indennit che corrispondono al
75% della retribuzione media percepita,
calcolata sulla met delle settimane
effettivamente lavorate). Questo si
tradotto in unulteriore penalizzazione
con centinaia di euro in meno percepite
nellarco del contratto trimestrale
spiega Montalti . E purtroppo una
tendenza ormai generalizzata lungo la
Riviera, che riguarda tutti, dagli alberghi
ai ristoranti, agli stabilimenti balneari,
alle agenzie di viaggio, ai campeggi.
N danno una mano i controlli effettuati
da ispettorati del lavoro e Inps. Per la
scarsit di uomini e mezzi a disposizione
aggiunge Montalti , le ispezioni sono
sempre di meno, fatte a campione e
concentrate nel breve arco di 15 giorni
tra luglio e agosto. Questo ovviamente
non aiuta a migliorare le cose, e rende
ancora pi grave la situazione di un
settore che dovrebbe essere il fiore
allocchiello per una provincia come
Rimini, per una regione come lEmilia
Romagna e per la stessa economia del
paese. Se vogliamo rilanciare il turismo,
dobbiamo puntare sulla qualit dei
servizi offerti, ma anche sulla qualit del
lavoro, che vuol dire personale
qualificato, con retribuzioni allaltezza e
rapporti di lavoro in regola.
M
i hanno
fatto fare
di tutto, il
portiere di notte, il vigilantes,
il cuoco, laiuto cuoco, il
lavapiatti, il cameriere al piano,
contemporaneamente nellarco
della giornata. Mi hanno sfruttato
in ogni modo, per poco pi di
500 euro al mese, pagati con i
buoni voucher, senza orario, e
promettendomi un contratto
che non mai arrivato. Alla fine,
quando me ne sono andato,
mi hanno pure insultato e
minacciato. Tutto questo,
in un albergo a due stelle a
Rimini, aperto da ventanni nel
cuore della Riviera romagnola,
dove sono tanti i lavoratori
nelle mie condizioni e
quasi sempre, per necessit
o per paura, non hanno
nemmeno la forza di protestare.
Jimmy (il nome di fantasia), 42
anni, originario di Palermo, da
un anno e mezzo a Rimini,
dopo aver passato 25 anni a
Bologna e aver fatto ogni genere
di lavoro, dal muratore al
programmista elettronico, al
segretario di produzione Rai,
con la passione per la cucina,
invece, il coraggio lha trovato,
ed andato a far denuncia ai
Carabinieri e poi si recato alla
Cgil locale dove ha aperto
vertenza. Per avvalorare la mia
situazione racconta , ora
sono in cerca di testimoni
tra i clienti dellalbergo o
tra chiunque mi abbia visto
lavorare in quellinferno, dove
nessuna norma era rispettata, a
cominciare dal fatto che il
ristorante veniva aperto la sera
senza che i gestori avessero la
licenza per farlo. Io mi sono
prestato principalmente per
aiutare la mia ragazza, lunica
dipendente dellalbergo con
contratto part-time di 4 ore al
giorno, costretta per a
lavorarne fino a 15-16 e senza
giorno di riposo, per meno di
mille euro al mese, dovendo
pulire quotidianamente tutte e
30 le camere dellhotel. Mi
hanno detto: se vuoi il lavoro di
vigilantes, devi dare una mano
gratis alla tua donna ai piani.
Cos lei finisce prima e va a
casa. Poi, visto che sai anche
cucinare, fai il cuoco e ti diamo
un euro in pi a coperto.
Alla fine continua Jimmy ,
visto che i clienti del ristorante
erano in media una ventina a
sera, riuscivo a mettere insieme
900 euro. Tornavo a casa alle
dieci di sera e tre ore dopo ero
di nuovo sul posto a fare il
guardiano notturno fino alle 8
del mattino. Ho resistito due
mesi, poi ad agosto me ne sono
andato, dopo che mi hanno
portato anche dal loro
commercialista, prefigurandomi
la regolarizzazione del rapporto
di lavoro al pi presto. Si
licenziata anche la mia ragazza,
e adesso la vorrebbero
denunciare per furto di
lenzuola, dopo che lultimo
mese non lhanno neanche
pagata. Unassurdit e nel
contempo una vera e propria
truffa ai nostri danni, a cui
si sono prestati, purtroppo,
anche gli ispettori del lavoro
che sono venuti una volta in
albergo a controllare, senza
redigere alcun verbale o
comminare alcuna multa nei
confronti dei titolari. R. G.
LA STORIA
Il cuoco da un euro a coperto
La ribellione di Jimmy: sfruttato, insultato e minacciato per due mesi in un albergo di Rimini
EMILIA ROMAGNA
Saldi di stagione in Riviera
Turismo, lavoro irregolare e con retribuzioni irrisorie per turni di 12 ore consecutive
euro 2,50
per le strutture
sindacali
euro 2,00
per acquisti
Rosaria Trecca
0644888228
r.trecca@rassegna.it
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La pi grande indagine conoscitiva
di salute e sicurezza sul lavoro
mai realizzata in Italia.
I risultati, i commenti, le analisi
di sindacati, Inail e Conndustria
ASSEMBLEA RLS E RSU
CGIL TARANTO
La necessit di un Progetto Salute
e il rafforzamento della prevenzione.
I casi Ilva, Eni e Teleperformance
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settembre
2014
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12
S
ono rimasti solo 4 zuccherifici attivi in Italia dei
ben 19 che lavoravano la barbabietola tra il
2006 e il 2008: tre al nord e uno al centro sud.
Lemiliana Cooperativa di produttori bieticoli
(Coprob) con i suoi impianti di Minerbio (Bo) e
Pontelongo (Pd) domina incontrastata il mercato
nazionale: 284 mila tonnellate di zucchero prodotte,
pari al 56% della quota assegnata allItalia, la realt
pi grande rimasta attiva sul
territorio nazionale. A
seguire lo stabilimento di
San Quirico (Pr) Eridania-
Sadam, del gruppo
Maccaferri, con una quota
di produzione di 140 mila
tonnellate annue di
zucchero bianco e, infine, il
Nuovo zuccherificio del
Molise a Termoli (Cb).
Complessivamente il settore occupa tra fissi e
stagionali circa 2 mila persone, ma non stato
sempre cos. Per conformarsi alle decisioni prese in
sede Wto (Organizzazione mondiale del
commercio), lUe ha riformato in profondit il regime
dello zucchero negli ultimi anni. Leffetto di queste
decisioni non tardato a farsi sentire:
prolungamento della campagna di trasformazione
delle barbabietole, diminuzione dei costi di
trasporto della materia prima verso la fabbrica di
trasformazione e la realizzazione di ingenti
investimenti per potenziare lefficienza energetica
nei processi industriali di lavorazione della materia
prima sono solo alcuni degli elementi che gli
operatori del settore hanno salutato con maggiore
entusiasmo. Ma a fronte di questi benefici, il costo
produttivo e occupazionale stato pesante. E ora nel
quadro delle proposte legislative sulla Pac dopo il
2013, la Commissione europea ha suggerito di
togliere, a partire dal 30 settembre 2015, le ultime
misure che hanno consentito finora di far
sopravvivere questa attivit nel vecchio continente:
eliminazione delle quote, cancellazione del prezzo
minimo e abolizione delle restituzioni
allesportazione, solo per citare i provvedimenti
principali. Le organizzazioni di settore europee e
nazionali chiedono un ripensamento allUnione e
almeno il mantenimento del sistema attuale fino al
2020. C ancora un anno di tempo per migliore il
testo, dopodich lo zucchero sar prodotto solo dalla
canna. Con buona pace di Napoleone. M. To.
Stillicidio
annunciato
IL SETTORE
ad allora era stata una semplice intuizione
di Olivier de Serres prima e del chimico
berlinese Andrea Magraff poi, diventa una
produzione su larga scala che nel corso di
due secoli ha raggiunto livelli
inimmaginabili, tanto da fare dello
zucchero da barbabietola uno dei principi
del mercato internazionale di riferimento.
Poi, negli ultimi anni il disastro.
Coltivazione della barbabietola e
zuccherifici spiega Ettore Ronconi,
responsabile del settore per la Flai Cgil
nazionale hanno subto a partire dal
2006 unimportante ristrutturazione che
ha portato alla chiusura, ad oggi, di 83
stabilimenti in Europa. Le conseguenze di
questa liberalizzazione selvaggia sul
mercato del lavoro non si sono fatte
attendere: sono andati persi 22 mila posti
di lavoro e oltre 150 mila agricoltori
hanno cessato la coltivazione della
bietola. Questi, appunti, sono i numeri
dal volto umano che lUe non vede
perch accecata dalla politica di
deregolamentazione in voga ormai da
trentanni e che forse ora sta mostrando i
suoi effetti meno graditi. Oggi,
dallAtlantico agli Urali, quel che resta
della produzione saccarifera
concentrata in 18 Stati membri ed
distribuita su 106 stabilimenti che
generano 180 mila posti di lavoro e
supportano le attivit di 160 mila
coltivatori. Complice la riforma
comunitaria avviata nel 2006, che ha
smantellato buona parte della produzione
per fare spazio a importazioni agevolate
in base ad accordi internazionali, per
soddisfare la propria domanda l'Europa
passata con queste riduzioni da secondo
esportatore a primo importatore
mondiale, soprattutto dai paesi in via di
sviluppo. Una situazione di deficit ormai
strutturale che l'anno scorso ha fatto
registrare importazioni per 3,5 milioni di
tonnellate, a fronte di un fabbisogno di
16,5 milioni, e che verosimilmente si
riproporr pure nella prossima
campagna.
La ristrutturazione dellindustria europea
dello zucchero ha avuto un grande
impatto anche in Italia. Il nostro paese ha
dovuto rinunciare con la drastica
riduzione delle quote alla produzione di
un milione di tonnellate di quota
zucchero, passando da 1,5 milioni pre-
riforma alle attuali 508 mila.
N
el 1965 fu
inaugurato
dallallora
presidente del consiglio
Amintore Fanfani in
persona. Non era una
fabbrica di rubinetti del
bresciano, ma lo
Zuccherificio del Molise, un
impianto non troppo
diverso da quello tenuto a
battesimo dal duce a Littoria
nel 1936. Nel momento di
suo massimo splendore
aveva in forze 103 lavoratori.
Per 43 anni stata una
societ per azioni a
partecipazione pubblica
(63%) e privata (34%),
esempio di quelleconomia
mista che ha rappresentato
per decenni la fortuna del
miracolo italiano. Poi nel
2006 il passaggio della
propriet nelle mani della
sola Regione Molise, linizio
di un quinquennio
disastroso, 100 milioni di
euro di debiti accumulati,
perdite che si aggiravano
intorno ai 68 milioni di euro
e il triste epilogo del
concordato preventivo e del
fallimento tecnico. La
ristrutturazione aziendale
racconta Antonio Di Lisio,
Rsa Cgil della fabbrica
stata pesante ma per certi
versi anche salutare. Solo un
ridimensionamento
produttivo ci ha permesso di
sopravvivere. Purtroppo il
nuovo regolamento
comunitario e le politiche
liberiste perseguite in questo
settore anche a livello
mondiale non hanno
favorito una migliore
organizzazione delle attivit
industriali. Oggi, anche
grazie al sindacato, ci sono
80 persone assunte a tempo
indeterminato che lavorano
a tempo pieno. Con la
nascita nel luglio del 2012
del Nuovo zuccherificio del
Molise srl lattivit ripresa
in modo sano e anche dal
punto di vista lavorativo
sono stati conseguiti risultati
importanti: i 15 operai in
distacco sono stati
ufficialmente assorbiti dalla
newco nata sulle ceneri della
precedente societ. Alle 27
persone in esubero stata
pagata la mobilit, stato
corrisposto un bonus di 30
mila euro ed stato creato
anche un fondo per la
promozione
dellautoimprenditorialit
che prevede contributi fino a
40 mila euro. Ora la nuova
azienda, in sostanza, affitta
dalla vecchia spa limpianto
per circa 2,5 milioni di euro
e trasforma ogni anno
milioni di bietole in 25
tonnellate di zucchero.
Per colpa di una
ristrutturazione decisa
in Europa nel 2006
da noi sono stati chiusi
ben 15 stabilimenti

S
Servirebbe un Napoleone. In quella che
potrebbe essere definita la nuova guerra
dello zucchero avremmo bisogno di un
novello Bonaparte oppure, pi
semplicemente, di unUnione Europea
pi attenta a ci che mangia luomo e
meno ossessionata da numeri e vincoli di
bilancio. Perch, aggrappandosi ai soli
numeri, si rischia di apparire come gli
ubriachi che si attaccano ai lampioni,
mentre centinaia di milioni di persone, in
questo momento pi che mai, hanno
bisogno di guide solide e sicure, capaci di
individuare bisogni e di trovare strategie
in grado di soddisfarli.
In effetti la storia moderna dello zucchero
in Europa nasce con limperatore francese
che, durante il blocco continentale
imposto sul vecchio continente per
distruggere i commerci inglesi, trasforma
in produzione industriale alternativa alla
canna lo zucchero estratto dalla
barbabietola. Insomma, quella che fino
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Molise
TERMOLI.
CRONACA
DI UNA LOTTA
PER RESISTERE
MICHELANGELO TOMA
Italia, paese
senza zucchero
25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
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LAVORO
&
SI NDACATO
sociale descritto, ce ne anche uno
ambientale da non sottovalutare: la
barbabietola una coltura utile per la
rotazione dei terreni che genera un uso
meno massiccio di fertilizzanti. Insomma:
nonostante il miliardo di fatturato annuo,
i 53 mila ettari attualmente coltivati a
bietola e i 13 mila lavoratori diretti e
indiretti impiegati, sembra che la parola
fine sia scritta nel destino di questo
settore in Italia. E non sono pochi quelli
che corrono ai ripari. Emblematico il
caso del Gruppo Sfir di Cesena, che dopo
aver dismesso i suoi ultimi quattro
stabilimenti di trasformazione delle
barbabietole, ha deciso di diversificare
l'attivit, con un nuovo impianto di
raffinazione di zucchero di canna entrato
in funzione nel 2011 nella zona
industriale di Brindisi. La raffineria, che
ha comportato un investimento di oltre
115 milioni di euro, situata a ridosso del
porto della citt pugliese, dove le navi
arrivano da mezzo mondo con i loro
carichi di zucchero grezzo di canna da
trasformare in prodotto finito. E la
conferma conclude Ronconi che la
filiera dello zucchero in Italia e in Europa
sta per essere spazzata via. Lagricoltura
in senso stretto subisce cos un duro
colpo e leffetto sostituzione di questa
nuova realt industriale sar inferiore
rispetto ai volumi occupazionali che
ruotavano intorno alla barbabietola.
Anche per queste ragioni ci stiamo
battendo a livello nazionale e comunitario
per ottenere almeno una proroga fino al
2020 del sistema attuale. Per la Pac 2014-
2020 la Commissione propone
labolizione delle quote zucchero,
proseguendo il processo di totale
liberalizzazione del mercato, iniziato con
la riforma del 2006. Labolizione delle
quote zucchero ha trovato la netta
opposizione dei bieticoltori e degli
industriali europei secondo i quali la
liberalizzazione del mercato espone il
settore bieticolo-saccarifero europeo alla
destabilizzazione a causa del divario di
competitivit con i produttori di canna da
zucchero a livello mondiale. Per queste
ragioni, la Cibe (Confederazione europea
dei bieticoltori) e, in Italia, lAnb
(Associazione nazionale bieticoltori) e i
sindacati di categoria nazionali ed
europei hanno chiesto al Parlamento
europeo e al Consiglio agricolo di
mantenere lattuale assetto con le quote
zucchero almeno fino al 2020. La
Commissione europea invece difende la
proposta di azzeramento delle quote.
Tuttavia, anche i paesi esportatori temono
leliminazione delle quote zucchero.
Infatti i 79 paesi Acp, legati allUe
dallaccordo di Cotonou ritengono che la
loro soppressione nellUe avr un impatto
negativo sulla produzione di zucchero nei
loro paesi. In altre parole, potrebbe
portare ad un aumento della produzione
comunitaria e quindi a una riduzione
dellimportazione. Nonostante produttori,
agricoltori e paesi esportatori siano
quanto meno perplessi, la legge di
mercato scelta dallUnione prosegue
inesorabile nella sua applicazione. Anche
a costo di scatenare una guerra. Una
guerra dello zucchero dal sapore amaro e
dal futuro imprevedibile.
Quando si operava come
societ per azioni
aggiunge Di Lisio si
lavoravano anche 83 mila
tonnellate di materia prima
raccolta su 14 mila ettari di
campagna circostante. Ora
con 10 mila euro di capitale
sociale i terreni di
riferimento non superano i
5 mila ettari. A questo si
aggiunga lobsolescenza
dellimpianto, la caduta del
prezzo dello zucchero e lo
smantellamento
progressivo della Pac. Si
capisce che la speranza di
questa realt industriale di
continuare ad essere un
punto di riferimento
importante per una
comunit che non ha molte
alternative ridotta al
lumicino. Nonostante la
crisi del settore sia profonda
qui si cerca di non pensarci
e si lavora senza sosta. Ci
mancava solo la grande
alluvione commenta il
delegato sindacale a
complicare ulteriormente la
situazione. A nord di Foggia
c uno dei principali bacini
di approvvigionamento
della barbabietola. Ma ora l
tutto allagato e la
produzione potrebbe
risentire anche di questa
emergenza. Cos,
insomma, aumentano i
costi. E diminuiscono i
ricavi. Ma i costi su
qualcuno dovranno
scaricarsi e in questo caso
sono i produttori della
bietola a pagare un prezzo
elevato. A novembre 2013 il
prezzo per tonnellata era
stato fissato a 52 euro. Oggi
lazienda paga 35 euro e
lagricoltore accetta le
nuove condizioni. Un po
per costrizione, un po per
solidariet. C il desiderio
di non scomparire. Di non
arrendersi. Di combattere
anche quando tutto attorno
sembra dire il contrario.
Quello di Termoli, infatti,
lunico stabilimento rimasto
aperto in tutto il centro sud.
Gli altri hanno preso la
borsa e son scappati. Quello
che ormai diventato un
vecchio adagio popolare
ben si presta alla
circostanza: a pensar male si
fa peccato ma a volte si
azzecca. Sar
semplicemente una
coincidenza, ma quando la
commissaria europea
Mariann Fischer Boel decise
di offrire decine di milioni
di euro ai proprietari di
zuccherifici per chiudere,
era spostata con uno
signore che ne aveva ben
cinque, ricorda Di Lisio. Un
caso di familismo amorale a
longitudini continentali.
Finita quellondata non ci
sono pi stati pi incentivi
di quel genere.
Il che ha lasciato un
mercato fragile,
depauperato e tendente
alloligopolio. Infatti, non
un caso che limpianto di
propriet dellimpresa in
concordato sia andato per
ben cinque volte allasta
senza che ci sia stata una
manifestazione dinteresse.
Eppure il settore ha delle
potenzialit di innovazione
tutte ancora da
raggiungere. Dagli scarti
della trasformazione di
barbabietola si possono
ricavare biogas per
produrre energia. In
Germania fioriscono
imprese che dal settore
ricavano acidi lattici,
gomme e nuovi materiali.
In Italia, invece, sembra
che si attenda inesorabile il
compiersi di un destino gi
scritto: liberalizzazione
selvaggia, cancellazione
delle quote e sparizione
definita di un settore
produttivo. Il 2016 alle
porte e ancora qualche
tentativo per invertire la
rotta pu essere esperito.
Maurzio Martina e Jean-
Claude Juncker
permettendo. M. To.
limite fissato, con lUnione che si
impegnava ad acquistare le eventuali
eccedenze. Oggi, invece, lUe diventata
importatrice netta di zucchero e
landamento mondiale dei prezzi certifica
sempre pi linsostenibilit della
produzione nel vecchio continente. Il
crollo del prezzo finale dello zucchero
sfuso emblematico: nel 2012 era intorno
ai 700 euro per tonnellata; nel 2013
passato a circa 625 nel con un ulteriore
ribasso a 365 euro per tonnellata nel
2014. Con questo livello dei prezzi
evidente che le aziende produrrebbero in
perdita. Per non parlare delle grandi
sofferenze a cui sono esposti gli
agricoltori, che ormai sono costretti ad
accettare prezzi inferiori del 15-20% per
quintale di barbabietola durante il
periodo di raccolta (giugno-settembre),
rispetto a quello pattuito al momento
della semina (novembre). Meglio
chiudere allora. Purtroppo su questo
mercato aggiunge il sindacalista le
lobbies la fanno da padrone. Quasi il 75%
degli approvvigionamenti nelle loro
mani. puerile collegare zucchero alle
bustine per le tazzine da caff. Basti
pensare che tra i pi grandi acquirenti al
mondo di questa materia prima c la
Coca Cola e, a seguire, le industrie
farmaceutiche: facilmente intuibile che
gli interessi di questi grandi gruppi non
siano la qualit del prodotto, la
condizione di salute dei terreni, la
retribuzione dei lavoratori e le condizioni
di vita dei contadini.
Ed proprio su questi temi che si palesa il
secondo paradosso: lUnione europea tra
il 2006 e il 2008 ha versato un contributo
di 43 milioni di euro nelle casse di ogni
proprietario di zuccherificio che ha
optato per la chiusura. Il governo italiano,
dal canto suo, a molti dei lavoratori
licenziati sta continuando ad erogare
ammortizzatori sociali. Oltre al costo
Contestualmente gli zuccherifici sono
passati da 19 a 4, con la chiusura di ben
15 stabilimenti e, di conseguenza, le
superfici a barbabietola sono scese da 250
a circa 50-60 mila ettari. In sostanza, la
quota di produzione dellItalia nellUe
passata dall8,6 al 3,8% e oggi il paese
produce solo il 30% del suo fabbisogno di
zucchero e ne importa il resto. Ma al
peggio non c mai fine. Con lentrata in
vigore del nuovo regolamento
comunitario in materia prosegue
Ronconi al settore potrebbe essere
inferto lultimo colpo letale. La via
imboccata, infatti, quella di unulteriore
riduzione della produzione di zucchero
del 50% a livello europeo per favorire la
crescita economica dei paesi in via di
sviluppo impegnati nella coltura della
canna. A partire dal 2016 con labolizione
delle quote e dei sistemi compensativi
previsti dalla politica agricola comune
(Pac), il destino degli ultimi quattro
zuccherifici italiani potrebbe cos essere
segnato.
Sembrano ormai lontani anni luce i tempi
in cui il surplus agricolo e
lautosufficienza alimentare dellUnione
erano considerati un bene comune da
perseguire con determinazione. In
conseguenza della riforma del 2006,
infatti, stato demolito proprio il sistema
del prezzo di intervento, grazie al quale
lUe garantiva un prezzo minimo per i
prodotti agricoli stabilito delle istituzioni
comunitarie. Il prezzo delle produzioni
non poteva scendere al di sotto di questo


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Con lentrata in vigore
del nuovo regolamento
comunitario, al settore
potrebbe essere inferto
lultimo colpo,
quello davvero letale

25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34


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25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
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CITAZIONE&COMMENTO
Lestate di Nerone
di Raffaele Manica
VEDERE&SENTIRE
Le stagioni della Rai
di Italo Moscati
posso lavorare. Ho lasciato il mio
piccolo paese vicino Dublino e sono
emigrata nella citt eterna per amore.
Del resto sono due le ragioni per le
quali si emigra: lamore e il lavoro. E io
sono qui per colpa di un uomo dalla
pelle scura, le labbra carnose e lego
smisurato. Un uomo che mi ha lasciato
in eredit una bambina mia figlia
Alexandra, che parla con un accento
romano quasi pi pesante di quello del
mio capo e sei anni di terapia. Per
vivere ho sempre fatto mille lavori, fino
a che non ne ho trovato uno buono,
dove mi pagavano abbastanza per non
dover chiedere nulla al mio ex marito.
Primo lavoro pagato bene: insegnare
inglese ad alcuni impiegati di
unazienda. Amo insegnare: mi fa
sentire viva, mi fa sentire utile a
qualcuno. Tutte cose che la sclerosi mi
porta via, insieme al lavoro.
Ho scelto di essere freelance proprio
per questo motivo. Perch almeno
posso curarmi, almeno posso stare
ferma quando la malattia me lo
impone, senza dovermi giustificare con
nessuno. Quando insegno inglese a
degli studenti che alla prima
impressione sembrano troppo vecchi,
troppo pigri, troppo scoraggiati,
capisco che c sempre una speranza,
che tutti possono imparare. Quando un
mio alunno impara una pronuncia, uno
spelling, una coniugazione o un
vocabolo nuovo, mi si riempie il cuore
e sono felice. Ma la cosa che mi rende
ancora pi felice essere chiamata
professoressa. Avere un nome, un
ruolo, avere un senso e unutilit
poteva fare nulla. Quel giorno ho perso
il lavoro e anche il suono della voce di
ogni alunno che mi chiamava
professoressa. La sera io e mia figlia ci
vediamo sempre su internet le puntate
di The Apprentice, quello originale,
quello con Donald Trump, per capirsi.
A me fa tanto ridere quando Donald
Trump guarda qualcuno e sentenzia:
You are fired, ma quel giorno non mi
ha fatto ridere essere licenziata. Im
fired, finita, senza dignit, senza
lavoro, senza unentrata per pagare
laffitto. E poi A Margher sei
licenziata! non suona bene come You
are fired. Quella volta la pronuncia
romana del mio nome mi ha provocato
una reazione opposta a un sorriso: Mi
chiamo Maguy non Margher, stronzo!
Non ricordo se io gli abbia detto
stronzo o asshole, invece mi ricordo
bene che quando sono uscita pensavo
solo ai novecento euro che avrei
dovuto pagare entro pochi giorni.
Novecento euro di affitto per la casa
dove vivevo con Alexandra. E fidatevi,
lansia di non pagare si raddoppia
quando si una madre single.
Novecento euro non sono pochi,
incombono come la morte. Invece
quasi sempre scivolano veloci come la
vita i giorni che mancano alla
consegna, alla data finale, che in
inglese si chiama Deadline, parola che
rende meglio lidea che se non paghi o
non consegni un lavoro sei morto.
La mia deadline per pagare laffitto? Tre
giorni. A essere onesti due e mezzo,
dato che mi ha licenziato di
pomeriggio. Ricordo benissimo quei
i chiamo
Maguy, ma da
quando mi
sono trasferita
qui non ho mai
sentito
pronunciare correttamente il mio
nome. Tutti lo fanno in modo buffo,
sbagliando lo spelling: Magghy, Magi,
Maggieee. Quello che mi fa pi ridere,
quando il mio capo mi chiama
Margher, con il suo greve accento
romano. Sono nata in Irlanda
quarantasette anni fa, prima degli U2 e
dei film sulla rivoluzione prodotti da
Hollywood. Devo compiere
quarantotto anni ma, a essere sinceri,
sembro molto pi vecchia. La malattia
ha reso la mia pelle irregolare e
increspata come le cuciture di una sarta
inesperta. Sono vecchia! e sembro
ancora pi vecchia di quello che sono.
Per alcuni questo equivale a morire. Ma
alla fine so che io non sono quello che
sembro, io sono quello che sono: e io
sono malata! Sclerosi multipla, questo
il nome della malattia che da quando
ho ventidue anni si palesa
allimprovviso, inattesa e mai voluta,
costringendomi a una stasi forzata,
allimmobilit coatta, e questo s, per
me che amo scalare i monti e fare
escursioni, equivale veramente a
morire. Per fortuna si tratta di un
inferno part-time, dura solo per alcuni
giorni, poi si nasconde, pronto ad
attaccarmi di nuovo quando meno me
lo aspetto. Quando mi attacca, non
posso fare nulla: non posso riposarmi,
non posso divertirmi e, soprattutto, non
allinterno della societ dove vivo.
Questo il lavoro, non serve solo per i
soldi, serve per la dignit, per avere
unidentit pi definita. Okay okay, lo
so, noi siamo quello che siamo, non
quello che sembriamo, e tanto meno il
lavoro che facciamo. Per
ammettiamolo, nessuno amerebbe
presentarsi come Ciao sono Maguy,
sono single, ho un ex marito narcisista,
una figlia a carico e sono disoccupata.
Molto meglio un Ciao sono Maguy
amo fare le escursioni e le arrampicate
e insegno inglese. Per quello mi danno
fastidio le mie amiche, quando si
lamentano del troppo lavoro. Loro
desiderano solo stare ferme, ma
fidatevi, io so cosa vuol dire! E non c
nulla di bello a stare fermi, molto
meglio lavorare. Non lavorare come
essere scesi per sbaglio nel piano di un
hotel che sta andando a fuoco e non
trovare pi lascensore per risalire. Mi
ricordo bene quando il mio capo mi ha
chiamata nel suo ufficio convocandomi
con il solenne e poco professionale A
Margher ando stai, vi qua che te devo
d na cosa importante. Mi chiamo
Maguy, non Margherita e tanto meno
Margher, ma tanto uguale, ho
pensato. Quello che conta non come
uno ci chiama, ma come uno ci
considera. E poi laccento romano mi fa
ridere. Anche se quel giorno ho riso
poco. Margher aho me dispiace, non
colpa mia ma devo tagliare, capito,
aho, lo sai che te voglio bene, non me
fa sent uno stronzo, se fosse per me
non te direi mai sta cosa. Ma porca
misera, che ce posso fa! E infatti non ci
M
T
utti daccordo, o quasi, da diversi anni a questa parte, per ci che riguarda i programmi
estivi della Rai. Lo testimoniano i critici di varie testate che lodano le trasmissioni
costruite con i documenti preziosi delle Teche. Linsistenza di questi elogi espliciti ci
dice in modo implicito che solo il passato, rievocato o ricostruito, pare far notizia e funzionare.
Il tutto mentre, invece, le delusioni crescenti per le tv, tutte le tv aumentano. Del resto il nuovo
sul video sembra prigioniero di talkshow, spesso verbosi, inutili e a volte sguaiati; di variet in
forme diverse ma ripetitive; di fiction, che possono avere buoni risultati di share e qualit ma
che rappresentano anchesse uno dei problemi della complessiva offerta delle televisioni.
Il sistema dei media italiano pare bloccato e, infatti, la circolazione al suo interno inadeguata
e porta in evidenza una sofferenza ideativa e realizzativa. Nessuna svolta appare allorizzonte.
I problemi del paese sono molti, intricati e difficili; siamo in una morsa economica che lascia
pochi spazi a iniziative e, soprattutto, a finanziamenti e sperimentazioni che pure servirebbero.
Attenzione, dunque: dopo lestate c il viale dellautunno; e i tramonti li conosciamo perch li
abbiamo gi visti. Mai come questanno si stanno incrociando fatti interessanti. Cambia il
governo ed ecco che al solito ricompare la Rai come problema. Nel 2015 la riforma della
Rai compir 40 anni. proprio da quel 1975 che, si sperava, sarebbe dovuta nascere una nuova
realt che avrebbe dovuto avvicinarsi alla Bbc. Se dunque questanno la Rai ha festeggiato i
suoi 60 anni, sarebbe necessario celebrare anche lanniversario di quella riforma che ha chiuso
la fase cosiddetta della tv pedagogica e aperto la navigazione in mare aperto. La Rai tentava
nuove strade. I primi anni furono ricchi di vivacit e confronti, con apporti di vario tipo, sia nella
ideazione e realizzazione dei programmi, sia nellapertura ad autori e dirigenti, programmisti e
tecnici. Ricordo una stagione forse confusa e con molte contraddizioni, ma con la prospettiva
di allargare gli spazi, aggiungendo a Rai1 e Rai2, la nuova Rai3. E poi? dagli anni 80 che la Rai
rischia non solo di farsi soverchiare dalle televisioni commerciali, ma anche di essere pensionata
con tutti gli onori mentre le stanno preparando freschissime corone di fiori.
LAUTORE
Andrea Careri nato a Roma e lavora come
sceneggiatore e autore Tv per lm e serie tv
per il mercato francese e quello americano.
Ha scritto le pubblicit per Greenpeace
France e il Partito socialista francese.
rappresentato in Italia dalla Sosia&Pistoia.
di ANDREA CARERI
Tanto vale
muoversi
L
estate stata tormentata dalle notizie arrivate dal mondo: politica internazio-
nale, cronaca, economia hanno fatto a gara nel superarsi a fornire inquietudini
e a lasciare emergere domande senza risposta. Come sempre non mancato
nemmeno il ridicolo, ma quello non manca mai. Cos, per far argine ai giornali, si riprende
in mano qualche vecchio libro, magari degli anni di Universit. Ma stiamo allattualit.
Prendiamo lEuropa. Tutta la politica europea sembra potersi riassumere in due o tre
punti. Il primo, e pi importante, riguarda il burro, argomento ricorrente ma non propria-
mente appassionante se non come metafora (ma il legislatore non dovrebbe far metafore).
Consiste soprattutto nellindicazione, sulletichetta, che il burro contiene materia grassa
in alta percentuale. Siete avvisati. Finalmente lo sapete. Il secondo punto riguarda la no-
mina di capi, vicecapi e ministri dei quali ci si ricorda solo quando intervengono sparando
castronerie; se no, vuol dire che stanno svolgendo il loro lavoro, pi o meno fazioso, di
burocrati, in modo che poi qualcuno possa dire che ce lo chiede lEuropa. Il terzo punto
relativo alla economia. La Banca Centrale Europea fa politica monetaria. Bene o male
non so dire, ma ci che una Banca Centrale deve fare. La politica segue. Ma la politica
deve interessarsi solo di questioni monetarie? risaputo che unaccorta politica mone-
taria non basta a risolvere il complesso dei problemi sociali da cui essa emerge. Un edi-
toriale del Corriere della Sera? E poi: I fatti sociali sono pi forti di ogni ideologia politica.
Un editoriale di Repubblica? Le due citazioni sono in un libro del 1962, nel frattempo di-
ventato un classico della storiografia e ripreso in mano dopo tanti anni, acquistandone
nuova copia per non passare le vacanze a cercare quella vecchia. Si commenta la riforma
monetaria dellimperatore Nerone. Proprio lui. LImperatore che ispir Petrolini (Bravo!
Grazie!... Grazie! Bravo!), ma che oper una riforma durata ben pi di un secolo, dando
nuovo peso al rapporto tra oro e argento. Ne scrive, commentando come si visto, Santo
Mazzarino in LImpero romano (cito dalle pagine 239 e 182 della ristampa del 2010).
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ilracconto
15
a cura di Carlo Carabba
disegno di Mario Ritarossi
VITA DIGITALE
Se internet collassa
di Patrizio Di Nicola
CHE SENSO CHE FA
Di Nord e di Sud,
di Sopra e di Sotto
di Vincenzo Moretti
T
ra le cose che diamo ormai per scontato, nella nostra esistenza di persone
moderne, vi la disponibilit del collegamento internet. Tramite cavo, wifi o
apparati mobili, la rete sempre l, a portata di mano, pronta a rispondere
alle nostre richieste pi diverse: inviare e ricevere email, guardare film, navigare siti.
Cosa potrebbe accadere se internet fosse oscurata? Un autore italiano, Mark Ellero
(ma si tratta di uno pseudonimo, la sua reale identit ignota), in un recente tech-
no-triller (NetCrash, ndr) autoprodotto e venduto a meno di un euro da Amazon, co-
struisce lo scenario di tale scomparsa.
Nel romanzo di Ellero tutto nasce da un sabotaggio attuato tramite linoculazione di
un piccolo bug nel software di un router, un apparato che instrada il traffico inter-
continentale di milioni di utenti. Questo difetto si moltiplica in poche ore, sovraccarica
le connessioni e arriva a bloccare i cloud, cio le nuvole di server in cui sono memo-
rizzati programmi e dati di centinaia di milioni di persone e aziende. Lautore rac-
conta di come il blocco dei cloud faccia scomparire posta, archivi aziendali, sistemi
di fatturazione, giornali online. Gi, perch pur di risparmiare governi e aziende han-
no ormai smesso di conservare programmi e informazioni su apparati gestiti da un
proprio Ced e hanno stipulato contratti con pochi grandi provider che, a una frazione
del costo dovuto in precedenza, assicurano spazio e potenza di elaborazione illimi-
tati, pagando soltanto in base alluso che se ne fa. Il blocco di questi sistemi, nel ro-
manzo, equivale alla catastrofe globale. Per fortuna solo un libro di fantasia. Ma
siamo proprio sicuri che sia davvero cos?
Lautore, sul suo sito, riporta alcuni casi inquietanti e reali di disastri informatici, lul-
timo dei quali, lo scorso giugno, ha lasciato gli utenti Wind senza collegamento per
qualche ora. Forse lunica cosa di fantasia che la rete possa essere salvata da un
gruppo di hacker buoni: questo s, temo, avviene solo nei romanzi.

accaduto qualche giorno fa. Stavo leggendo La storia del mondo in dodici mappe di
Jerry Brotton e mi sono venuti in mente Rocco Scotellaro e Luva puttanella. Contadini
del Sud, la parte in cui lautore racconta dei giorni del carcere, di lui che dei 170 col-
legianti era il solo che aveva studiato, dei suoi compagni che gli chiedono di leggere qualcosa,
di lui che non dice di no, perch i libri sono importanti, perch con un libro al capezzale, anche
la morte una tenera amante. Perch mi sia venuto in mente proprio Scotellaro non lo so, ma
sono contento che sia successo per almeno tre ragioni. La prima che mi piace Scotellaro,
uomo dalla testa solida, dallanimo nobile e dal cuore traditore, che altrimenti non se lo sarebbe
portato via a 30 anni, con grave danno per il sud e per lItalia intera. La seconda che penso
che esista una connessione forte tra il fatto che il 90% degli italiani non leggano libri e il modo
in cui in Italia le cose vanno come vanno, compreso il fatto che siamo sempre in cerca dellim-
bonitore uomo solo al comando in grado di proiettarci nel blu dipinto di blu, che basterebbe aver
letto 1984di Orwell e ci saremmo tolto il vizio una volta e per sempre, e ci saremmo resi conto
che la partecipazione attiva e consapevole pi faticosa ma lunica a produrre risultati veri.
La terza che il libro di Brotton racconta di sud e di nord in maniera inusuale, sorprendente: La
decisione di orientare le mappe in base a una direzione privilegiata varia da cultura a cultura,
ma non esiste una ragione puramente geografica per cui una direzione sia da considerarsi
migliore dellaltra, o per cui le moderne mappe occidentali abbiano adottato lassunto che il
nord debba essere posto al vertice di tutte le mappe del mondo. [] Non c ragione per cui
non potesse essere stato il sud invece del nord ad essere adottato come punto dorientamento
pi semplice. Dunque il fatto che nelle mappe geografiche il nord stia in alto, sopra, e il
sud sta in basso, sotto, soltanto frutto di una convenzione. Dite che evidente dove voglio
arrivare? Daccordo, per penso anche che queste storie bisogna raccontarle nelle scuole. E
aggiungo che mi piacerebbe vedere di nascosto leffetto che fa alla Lega Nord scoprire che
a mappa invertita sarebbe la Lega Sud. Cos, per gioco. O anche no.
pi di venti anni il buddismo
giapponese di Nicherin Daishonin che
stato diffuso in
occidente dalla Soka
Gakkai. C chi la
chiama setta, chi ne
parla male. Non
conoscono la realt. Non
sanno cosa vuol dire. E poi
io non amo la gente che
giudica le scelte degli altri.
Sono scelte, peggio ci sarebbe
solo non prenderne nessuna.
Pratico ogni giorno per
mezzora recitando Nam Myoho
Renge Kyo, un mantra, un suono
che mi mette in contatto con me
stessa. Lo so, sembrano tutte
sciocchezze, ma non lo sono. Non
avendo altre alternative mi sono seduta
davanti al Gohonzon, il nostro oggetto
di culto, e ho iniziato a recitare
nammyohorengekyo. Lo ho fatto per tre
ore di seguito. Alexandra era
preoccupata, pensava stessi
impazzendo. Sono passate altre 27 ore,
e rimanevano poche manciate di tempo
per pagare laffitto. In aggiunta mi
sento male, corro a letto, e rimango l
ad aspettare la fine. Il dolore stupra le
mie ossa. Sento che sto per morire, ma
la cosa peggiore che so
momenti: ansia, impotenza, peggio di
quando sono immobile.
Peggio che non potersi muovere
avere la possibilit di muoversi ma non
sapere dove andare. E soprattutto, non
sapere cosa fare della propria mobilit.
In questi casi la ragione non basta,
nessuno mai cos lucido da poter
pensare una soluzione in tempo breve
senza farsi sopraffare dalle paure pi
profonde e le fragilit che ci rendono
umani e quindi mortali. Dato che tutti
noi abbiamo una deadline, e forse
proprio per questo ci affliggono tanto
quelle quotidiane. Come si fa a essere
sicuri quando si nasce mortali? Come si
fa a non aver paura? E soprattutto:
come si fa a pagare un affitto in due
giorni quando ti hanno cancellato
venticinque ore di lezione, e perci a
20 euro lora sono circa cinquecento
euro in meno? Senza contare quelle che
il mio capo non mi ha pagato. Lo
stronzo! S, stavolta sono sicura che lho
detto e pensato in italiano. A
ventiquattro anni, dopo che ormai mi
ero rassegnata alla malattia, ho
conosciuto un ragazzo, anche lui
italiano, di Bologna. Studiava a Dublino
e faceva il cameriere. Era bello, me ne
sono innamorata. Nel mio karma ci
sono solo uomini italiani,
evidentemente. Mi ha parlato del
buddismo. Allinizio sono andata a una
riunione solo perch mi piaceva e
speravo che mi portasse a letto. Non
avrei mai pensato che quel ragazzo mi
avrebbe cambiato la vita pur non
portandomi mai a letto.
Pratico ormai da
Sento bussare alla porta, va ad aprire
Alexandra. Entra Mario, un mio collega.
Mi lascia una busta. Non mi dice niente,
intuendo il mio dolore. Leggo
lintestazione. C scritto
semplicemente laffitto, a mano, con
una calligrafia pulita e regolare.
Quando mi passa il dolore e riesco a
rialzarmi la prima cosa che faccio
aprirla. Ci sono dentro novecento euro.
I miei colleghi, o per meglio dire quelli
che erano diventati ormai i miei ex
colleghi, avevano fatto una colletta e mi
avevano pagato laffitto.
Sono passati quattro anni da quel
giorno. Ora ho trovato un nuovo
lavoro. Un lavoro che mi
appassiona e mi fa sentire viva.
Faccio la guida, organizzo
escursioni private nelle
montagne della Sardegna, terra
di montagna che si prestata al
mare. Mi arrampico, corro,
salgo fino in cima, senza
paure. Senza mai stare ferma.
Anche perch visto la malattia
che ho, quando posso, tanto
vale muoversi!
benissimo che non vero. So che la
morte arriver ma non in quel
momento. In quel momento sto
vivendo, e la mia
vita anche
questo:
grosse f
(i/e)tte di
dolore.
il mese

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25 SETTEMBRE - 1 OTTOBRE 2014 | N. 34
C
olpisce per intensit e
intonazione, questo nuovo
libro di Gaetano Sateriale,
dal titolo Tutti i colori dello
zucchero (Milano, Bompiani, pp.
306, euro 15,00). Lautore, uomo
politico e sindacalista, aveva
descritto la sua esperienza di
sindaco di Ferrara (incarico
ricoperto per circa un decennio
sino al 2009) in un altro volume
dal titolo Mente locale. La
battaglia di un sindaco per i suoi
cittadini contro lobby e partiti
(Bompiani, 2011), il suo esordio
editoriale, se si esclude lattivit di
saggista. E gi in questa occasione
si era potuto osservare come le
pagine del racconto,
essenzialmente la cronaca di un
impegno collettivo e solitario
come primo cittadino di una
importante realt della provincia
italiana, venissero articolate
attraverso una narrazione fluida,
che teneva conto delle varie
venature compatibili con i canoni
di una prosa che, se non vuol
definirsi letteraria, di certo
accompagnava con invidiabile
naturalezza locchio del lettore.
Ora, in questa sua seconda prova,
Sateriale conferma tali attitudini
descrivendo un ennesimo mondo
che scompare, quello degli
zuccherifici italiani al momento
dello smantellamento deciso nel
2005, previo laccordo europeo
siglato dal nostro ministero
dellAgricoltura, che in pratica ci
consegn alla concorrenza,
obbligandoci al consumo di
zucchero importato dal Regno
Unito e dalla Francia, per la logica
di equilibri economici continentali
sempre difficili da comprendere,
ancor pi da condividere. Da qui
la perdita di una tradizione, di un
orgoglio anche, soprattutto di
unaltra fetta occupazionale
costruita nella storia e nel tempo,
attraverso decenni di lavoro in
fabbrica, un lavoro che richiedeva
capacit e competenze specifiche.
Sateriale torna allora alla met
degli anni settanta, appena
terminata quella stagione
dellautunno caldo segnata da
numerose battaglie e importanti
conquiste, su tutte lo Statuto dei
lavoratori. Il protagonista un
giovane studente di nome Enrico,
affascinato dalle parole e le azioni
della sinistra extraparlamentare
dellepoca.
Condivide la sua
esperienza e la sua
vita con Donata, una
ragazza che per ben
presto sceglie la
strada del
femminismo
ideologico pi
estremo, che dunque
difficilmente riesce a
contemplare la
convivenza e un
legame basato sul
classico rapporto di
coppia. Enrico cerca
cos un impiego
estivo per sostenere
gli studi, e viene
assunto in un
grande
zuccherificio; e la
fabbrica diviene
ben presto per lui il
luogo dove
imparare molto,
non soltanto i mille
risvolti del lavoro,
fatto di turni
giornalieri, di
specializzazione
tecnica, di fatica:
Enrico scopre anche gli operai in
carne e ossa, le loro vite, il loro
linguaggio e i loro umori, i
sentimenti e le sofferenze.
Sentendosi parte di questa nuova
comunit il giovane comincia a
viverla con passione, lasciando
indietro gli estremismi di un
tempo. E quando viene a sapere
della morte di un operaio
avvenuta appena lanno
precedente, ucciso dagli
ingranaggi di una grande pompa,
prova a capirne di pi iniziando
una complicata ricerca interna alla
fabbrica, incontrando non soltanto
le resistenze degli organi dirigenti
ma anche il silenzio dei sindacati,
e un certo rassegnato fatalismo di
altri operai. Con una scrittura
leggera e incisiva, Sateriale riesce
cos a consegnarci un spaccato
depoca, con tutto le sue
complicazioni, che se declinate
alla nostra contemporaneit in
molti loro aspetti non sembrano
ancora superate. Il recente quanto
preoccupante ritorno della messa
in discussione di alcuni tra i diritti
fondamentali dei lavoratori, li a
testimoniarlo.
Emiliano Sbaraglia
16
VISTO
&
STAMPATO
La lezione della fabbrica
STORIE LAVORO E REALT OPERAIA IN UN LIBRO DI GAETANO SATERIALE
C
i sono tante storie, dentro la storia
dellAlfasud di Pomigliano dArco,
forse il pi grande insediamento
manifatturiero che lintero Mezzogiorno abbia
mai visto, con i suoi 15mila addetti. C il
breve sogno industriale di Nicola Romeo che
parte da Napoli per salvare unazienda del
Nord; la lucida follia dellingegnere milanese
Giuseppe Luraghi che a met degli anni 50 si
mette in testa di costruire una utilitaria, nel
Sud, che faccia concorrenza allo strapotere
della Fiat. Ma c soprattutto, in filigrana, la
storia dellintervento pubblico in Italia, a
partire dalla nascita dellIri, durante il
fascismo, fino alla controversa stagione delle
privatizzazioni, che vide proprio nellAlfa il
primo e forse pi discutibile caso di cessione
di un pezzo di industria di Stato al capitale
privato. N pi n meno di una capitolazione
della politica a quello che si accingeva a
diventare il monopolio dellauto. C questo e
altro nel libro di Giuseppe Pesce Alfasud, una
storia italiana(Roma, Ediesse, pp. 152, euro
10,00), che ha il merito di riprendere e
mettere in ordine in un racconto ricco di fatti
inediti, di materiali darchivio, di
testimonianze, i fili di una vicenda industriale
che ha segnato non solo il territorio, ma anche
le parabola delle partecipazioni statali
nelleconomia del nostro disastrato paese.
Unoccasione mancata? Fu il tentativo di
legare a un massiccio investimento pubblico
spiega lautore un vero progetto
industriale. A Pomigliano le innovazioni
tecniche avevano il primato sugli affari, la
fabbrica era il motore del cambiamento
sociale, in tutte le sue contraddizioni.
Da dove cominciare? Forse dal sogno
scapigliato di Alfonso Romeo, ingegnere di
origini napoletane che entra nel capitale di
unazienda in liquidazione nel 1918 e
imprime la prima svolta di questa storia:
nasce lAlfa Romeo, che produce auto
sullonda delle vittorie sportive e progetta
una propria sezione legata allaviazione
civile e militare. con lIri che Pomigliano
fa il salto, alla fine degli anni 30, per
diventare un grande centro industriale
aeronautico, con annessa pista di
atteraggio. Ma a partire dagli anni 50 che
prende corpo il progetto di una utilitaria di
Stato, in aperta concorrenza con il Lingotto.
A farsene promotore Giuseppe Luraghi,
milanese eclettico e versatile, una delle pi
brillanti, e forse mortificate, menti italiane,
direttore generale di Finmeccanica dal 1951.
Nel 1954 Luraghi d incarico al gruppo
dirigente Alfa Romeo di buttare gi un
Piano di massima per un nuovo
stabilimento nel Mezzogiorno, dedicato
esclusivamente alla realizzazione di una
vettura di dimensioni e cilindrate adatte alla
nuova stagione dellutilitaria di massa. Fino
a quel momento lAlfa ha prodotto per il
segmento medio-alto. una sfida aperta
alla Fiat, e anche per questo il progetto
rimarr chiuso in un cassetto per dodici
anni. Un ritardo che avr conseguenze
incalcolabili sul futuro dellAlfasud.
Nel 1967 i tempi sono maturi, e le
partecipazioni statali, che fino a quel
momento avevano concentrato gli
investimenti al Sud sullindustria chimica e
siderurgica dando vita a quelle che
verranno definite le cattedrali nel deserto ,
si prepara a rilanciare il progetto. Nel 1971
apre lo stabilimento di Pomigliano. La
fabbrica sar al centro, fin da subito, di un
coacervo di
pressioni avanzato
da partiti politici e
forze di governo,
sindacati e
amministrazioni
locali, lobby daffari
legate al territorio.
La corsa alle
assunzioni, di fronte alla crisi occupazionale
drammatica che investe Napoli, sar fatta sul
metro delle raccomandazioni e finisce per
snaturare a poco a poco La Grande
Occasione. Nonostante questo, lAlfasud
non fu solo un ammortizzatore sociale su
quattro ruote scrive lautore. Da qui
partiranno innovazioni di prodotto, come il
motore a quattro cilindri contrapposti
chiamato boxer, divenuto famoso nel
mondo. DallAlfasud sindacato e comunisti
lanceranno la sfida alla dirigenza attraverso
la conferenza di produzione del 1976,
passando in esame i problemi della fabbrica:
organizzazione, assenteismo,
microconflittualit. Fu il momento in cui
raccontano nella prefazione Federico
Libertino (Cgil Napoli) e Luigi Nuzzi (per
anni segretario Fiom di Pomigliano) il
consiglio di fabbrica denunci il vuoto
dirigenziale dellAlfasud, la sua dipendenza
manageriale da Milano, le inammissibili
ingerenze della politica.
Nel 1987 arriva la capitolazione: il grande
concorrente, la Fiat, acquista lAlfasud e la
normalizza. Il resto storia dei nostri
giorni. La fabbrica sopravvive alla
deindustrializzazione, ma quel punto il
sogno di Luraghi ormai svanito.
Antonio Fico
A partire dal febbraio 1954 la
rivista della Cgil Lavorodedica una
serie di servizi e approfondimenti al tema
della Resistenza in occasione del
decennale. Il settimanale, facendosi
interprete del sentimento di tutti coloro che
diedero il meglio di s nelle memorande
giornate del secondo Risorgimento dItalia,
bandisce un concorso straordinario per una
cronaca in cui riviva un avvenimento o un
episodio della guerra di liberazione
nazionale. La commissione giudicatrice,
composta da Giuseppe Di Vittorio
(presidente), Vasco Pratolini, Joyce Lussu,
Carlo Bernari, Roberto Battaglia e Gianni
Toti, decide di premiare il testo di Francesco
Nitti Nella citt dei sassi, resoconto della
prima insurrezione popolare contro i
tedeschi, cronaca nuda ed essenziale dei
fatti avvenuti a Matera il 21 settembre 1943
in cui persero la vita pi di venti persone.
Nel primo pomeriggio di quella storica
giornata, Natale Farina e Pietrantonio
Tataranni, due soldati materani di ritorno
dal fronte, vengono arrestati. La scintilla che
fa precipitare una situazione di
gi grave tensione viene
subito dopo, quando scoppia
un conflitto a fuoco tra due
militari italiani e due soldati
tedeschi che stanno
rapinando una gioielleria.
Hanno la peggio i tedeschi. I
cittadini materani testimoni
dellepisodio cercano di
nascondere i cadaveri ma i
nazisti, insospettiti da strani
movimenti, scoprono quanto
accaduto. Nel frattempo un
militare tedesco viene accoltellato in
una sala da barba da un altro materano,
Emanuele Manicone.
guerriglia: il sottotenente Francesco
Paolo Nitti, per proteggere la popolazione,
decide di armare sia i militari che i civili
dislocandoli in varie zone strategiche della
citt. I tedeschi sono messi in fuga: prima di
abbandonare Matera fanno per saltare in
aria il Palazzo della Milizia, ormai divenuto
una prigione.
Questa
la breve, semplice
storia dellinsurrezione di Matera che gli
italiani non conoscono scriver Carlo Levi
. Prima delle quattro giornate di Napoli,
prima di ogni altro episodio della
Resistenza, Matera si ribell e corse alle
armi, senza preparazione, senza
organizzazione, spontaneamente: gli uomini
si batterono e morirono (). Non ci fu, il 21
settembre, come al tempo mitologico del
conte Tramontano, la cafonit. Era scoppiata
ancora una volta nellanimo degli uomini
qualche cosa che vi stava compresso e
inespresso, ma preso una forma nuova, forse
perch per la prima volta chi si rivoltava non
era mosso dalla sola disperazione, ma dalla
speranza. Forse nellanimo di Manicone e
degli altri, in luogo del senso
dellimpossibilit di mutare un mondo
nemico se non con la morte, cera, per la
prima volta, improvviso, il senso confuso di
qualche cosa che si stava creando, di una
solidariet nuova, di una costruzione
possibile e propria. Il chiuso orizzonte
feudale pareva aprirsi, si potevano creare, se
ci si batteva per questo, dei nuovi rapporti
umani. Questo il valore profondo di
quella grande rivoluzione che fu la
Resistenza italiana, pi vera per aver trovato
qui tra le argille e i tufi della terra contadina
il suo primo episodio (Carlo Levi,
Tre ore di Matera, in Illustrazione Italiana,
12 dicembre 1952).
In virt dei sacrifici della sua gente Matera
viene insignita della medaglia dargento al
valor militare. Lonorificenza, conferita il 21
settembre 1966 dal ministro della Difesa
Roberto Tremelloni, consegnata alla citt
tre anni dopo dal suo successore Luigi Gui.
Ilaria Romeo
LINSURREZIONE DI MATERA, UN CONCORSO
DI LAVORO, LE PAROLE DI CARLO LEVI
Un casodi studio
INDUSTRIA LA VICENDA DELLALFASUD
34p16_ok 23/09/14 13.09 Pagina 1
Stefania Crogi
Segretario generale Flai Cgil
C
i accingiamo ad
affrontare quello che
con un po di retorica
viene definito dai
commentatori un autunno
caldo. In realt si aprir, ed
necessario che sia cos, una
stagione di attivit e
mobilitazione che riporti al
centro dellattenzione della
politica il tema del lavoro, a
cominciare dalliniziativa
confederale la piazza del
lavoro ad ottobre. Lo diciamo
da tempo e ci auguravamo che
qualcosa si muovesse su
questo fronte, dando magari
seguito alle richieste e
sollecitazioni che il sindacato
ha fatto in questi mesi.
Noi non vogliamo essere n
gufi n stare tranquilli, ma lo
stesso Premier in tv ha
dichiarato che i problemi ci
sono, il Pil quasi a zero. Noi
fotografiamo una situazione
nella quale continua il calo dei
consumi, complessivamente la
spesa delle famiglie ha avuto
una flessione del 2,5 per
cento, toccando in modo
significativo anche il settore
dellagroalimentare, che
comunque in questi anni ha
resistito alla crisi.
Non si visto leffetto degli 80
euro in busta paga, che
evidentemente non hanno
rilanciato i consumi e non
sono stati rimessi in circolo.
Intanto si rimane in attesa dei
tagli della spending review
che dovrebbero valere circa 20
miliardi di euro, sperando che
di taglio in taglio non si
vadano a toccare servizi e
settori nevralgici: basti pensare
che dalla sanit dovrebbero
venire 3 miliardi! Perch tagli
e ancora tagli e non una
tassazione seria delle grandi
ricchezze?
In tale clima, fatto pi di
annunci che di misure
strutturali, il dibattito politico
estivo stato caratterizzato
dalla discussione su come
ridurre il costo del lavoro, fino
a tornare di nuovo sullarticolo
18 dello Statuto dei lavoratori
e su una sua totale
cancellazione, dopo le
modifiche gi apportate con il
governo Monti.
In realt si tratta di una
discussione sterile poich non
in questo modo che si
possono creare posti di lavoro;
cio proporrei banalmente alla
politica ma allo stesso mondo
delle imprese un cambio di
prospettiva: vedere come
creare nuovi posti di lavoro e
non come fare a licenziare. Il
problema il lavoro che
manca e la forte
precarizzazione di quello che
c, elementi che di sicuro non
servono alla ripresa del Paese.
Lo stesso dibattito sul
Contratto unico a tutele
crescenti per ora non ci porta
molto lontano, si tratta di una
scatola di cui non conosciamo
i contenuti e anche qui sembra
che la discussione sia pi
orientata a come licenziare
con meno fastidi possibili un
lavoratore invece cha fare
proposte per creare nuovi
posti di lavoro. Ad una prima
analisi questo contratto unico
di fatto allunga fino a tre anni
il periodo di prova, e poi?
necessario poterci confrontare
con il governo sulle singole
questioni riguardanti il lavoro,
non va bene a nessuno
cambiare le regole in modo
unilaterale o considerando il
confronto tra le parti una
perdita di tempo.
La nostra categoria, pur
risentendo degli effetti della
crisi, ha portato avanti in
questi mesi post congressuali
una attivit vitale, fatta di
iniziative e proposte sui
territori: dal Sindacato di
Strada, che ormai dilaga come
pratica consolidata da Nord a
Sud, alle proposte avanzate
per un utilizzo sociale dei tanti
terreni incolti abbandonati di
propriet pubblica che
abbiamo nel nostro Paese.
Per noi prioritario un
rilancio continuo dellazione
contrattuale, anche alla luce di
quelli che sono dei veri e
propri tsunami quali come
dicevo la crisi dei consumi
alimentari e la modifica di
strumenti rilevanti quali gli
ammortizzatori sociali. In tale
scenario il contratto e la
contrattazione diventano anche
modi per gestire crisi e
ristrutturazioni, ma soprattutto
devono essere elementi in
grado di dare fiducia e
certezza a chi lavora.
Sul tavolo abbiamo il Ccnl degli
operai agricoli e quello della
pesca, che dobbiamo chiudere e
bene; poi ci sar lappuntamento
con il rinnovo dellindustria. Nel
mezzo ci sono i contratti di
secondo livello dellindustria
alimentare: una contrattazione
che come Flai Cgil abbiamo
voluto anche rispetto a
perplessit e scoraggiamento di
altri, ci abbiamo creduto e
abbiamo chiuso nove contratti
(altri importanti li chiuderemo),
dimostrando che, senza scambi
impropri, si possono ottenere
anche pi degli 80 euro di
Renzi. Insomma, possiamo
dimostrare che lazione
contrattuale utile ed incisiva
anche ed ancora di pi
in tempo di crisi.
La Flai Cgil, inoltre, lunica
categoria ad avere realizzato
laccordo unitario sulla
rappresentanza, ora ci stiamo
attrezzando unitariamente a
misurare la rappresentanza,
anche alla luce delle modifiche
che hanno interessato il Cnel
che nel testo dellaccordo
aveva un ruolo cruciale nella
determinazione del peso di
ciascun sindacato. Si tratta di
un punto dirimente anche in
considerazione del fatto che in
ottobre ci sar il rinnovo delle
Rsu. A conferma della
centralit di questi temi
convocheremo un attivo dei
quadri e delegati dellindustria
alimentare per approfondire i
temi della contrattazione
nazionale e di secondo livello
e il ruolo della
rappresentanza, alla luce
anche dellaccordo unitario.
Autunno caldo? Forse. Di
sicuro sar un autunno ricco
di attivit a fine ottobre si
terr la terza edizione del
Premio Jerry Masslo
mobilitazioni, azioni per
contribuire a far cambiare
verso a questo nostro
Paese, mettendo al centro il
lavoro e lurgenza di creare
nuova e sana occupazione,
rifuggendo dallidea che solo
cambiando alcune regole o
indebolendo diritti e tutele
si possa rilanciare un piano di
sviluppo duraturo
per lItalia. I. R
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INSERTO DI INFORMAZIONE SUL LAVORO NELLAGROINDUSTRIA Rassegna Sindacale
LEDITORIALE
A PAGINA 2
Intervista
al ministro
delle Politiche
Agricole
Alimentari
e Forestali,
Maurizio
Martina,
sui temi
dello sviluppo
dell'agro-
alimentare,
limportanza
del settore
agricolo
per creare
nuova
occupazione,
il valore
delle nostre
produzioni e
lappuntamento
dellExpo 2015
Le piazze
del LAVORO
inFLAI-08_ok 22/09/14 13.50 Pagina 17
18 18
PIEMONTE
Una
cartolina
contro
il caporalato
U
na cartolina indirizzata al
presidente della Regione
Piemonte, Sergio
Chiamparino, contro il caporalato in
agricoltura con la richiesta di una
legge regionale che renda
trasparente l'incontro tra domanda e
offerta nel settore agricolo attraverso
l'istituzione di liste di prenotazione
al lavoro e di aziende che fanno
richiesta di manodopera. Questa
la proposta che la Flai Cgil e la Cgil
Piemonte hanno avanzato l11
ottobre in una conferenza stampa cui
hanno partecipato J. Ren Bilongo
della Flai nazionale, il segretario
generale Cgil Piemonte Alberto
Tomasso, Giancarlo Pelucchi della
Flai-Cgil Piemonte e Lamine Sow,
responsabile coordinamento
immigrazione Cgil Piemonte. In
questa occasione sono state
presentate e distribuite le cartoline
con tanto di immagine delluva e del
peperone di Carmagnola, simboli dei
prodotti di eccellenza della regione.
Come pi volte evidenziato dalla Flai
Cgil, il fenomeno del caporalato, del
sottosalario, del lavoro nero non
conoscono confini regionali
pertanto necessario un intervento
capillare di monitoraggio e denuncia
del fenomeno ma anche azioni e
proposte per sconfiggerlo alla radice
assicurando che dietro ad un
prodotto di qualit ci sia sempre un
lavoro di qualit. Da qui liniziativa
della Cgil e della Flai Piemonte per
la tutela dei lavoratori agricoli, che
prevede anche una campagna
informativa itinerante con il Camper
dei diritti, secondo la formula del
Sindacato di Strada che la Flai Cgil
pratica da alcuni anni. Come ha
spiegato il segretario generale
piemontese Alberto Tomasso, "il
Piemonte non immune da
situazioni di gravi irregolarit,
sfruttamento e caporalato e vogliamo
che la Giunta regionale prenda
consapevolezza di questo e
intervenga". Il fenomeno
dellirregolarit stato analizzato
anche nel Secondo rapporto su agro-
mafie e caporalato dell'Osservatorio
Placido Rizzotto, dal quale emerge
che dei 70 mila occupati nel settore
agroalimentare in Piemonte, 20 mila
sono stranieri, la met dei quali
impiegati nel cuneese. Dal rapporto
emerge che, se nel torinese le
condizioni di lavoro sono giudicate
buone dagli intervistati,
nell'alessandrino, ad esempio, i
giudizi sono solo negativi e si
dividono fra "indecente" e
"gravemente sfruttato". I problemi
riguardano anche altre zone come
astigiano e saluzzese, con la
presenza di caporali, contratti non
pagati o truffe salariali ma anche casi
di attivit di sofisticazione alimentare
e di vero e proprio sfruttamento.
D
a #campolibero alle
misure per lexport
dellagroalimentare,
passando per
#terrevive, attraverso cui si
mettono in vendita o locazione
5.500 ettari di terreni agricoli
pubblici, il settore alimentare e
quello agricolo tornano
protagonisti per un rilancio
complessivo delleconomia del
Paese. Qual il peso ed il
potenziale di un comparto che in
questi anni difficili di crisi ha
comunque tenuto?
Lagroalimentare un asset
decisivo per il rilancio di tutto il
Paese, in grado non solo di
resistere alla crisi ma anche di
creare opportunit di lavoro,
soprattutto per i giovani. Stiamo
parlando di un settore che
rappresenta il 17 per cento del
Pil nazionale. Il nostro obiettivo
quello di definire un progetto
complessivo, mettere in piedi
una strategia di medio lungo
periodo per definire un nuovo
modello agricolo nazionale. In
questo contesto si inseriscono
le iniziative di questi primi
mesi. Con Campolibero
abbiamo dato priorit a lavoro,
giovani, competitivit. Abbiamo
iniziato unoperazione
importante di semplificazione,
anche con la creazione del
registro unico dei controlli e
lestensione delluso della
diffida prima delle sanzioni
amministrative. Per il sostegno
alle imprese puntiamo su tre
crediti dimposta al 40 per cento
per linnovazione e le reti
dimpresa e fino a
cinquantamilamila euro per le-
commerce. Con Terrevive,
inoltre, abbiamo sbloccato per
la prima volta laffitto e la
vendita di 5.500 ettari di terreni
dello Stato con una corsia
preferenziale per i giovani e
con lobiettivo di favorire la
ricomposizione fondiaria,
consentendo a chi coltiva da
anni quei campi di acquistarli.
solo il primo tempo di una
partita nella quale vogliamo
coinvolgere le Regioni e gli enti
locali. Nei prossimi mille giorni
puntiamo su export e
innovazione, per un ulteriore
salto di qualit.
Agricoltura e occupazione
giovanile, un binomio che per
lungo tempo non abbiamo sentito
e che, invece, sembra poter
funzionare, come dimostrano
anche i provvedimenti del suo
ministero. pi facile oggi,
secondo lei, far avvicinare i
giovani al lavoro agricolo?
Far avvicinare i giovani al
mondo agricolo uno dei
nostri obiettivi principali.
Abbiamo bisogno della loro
capacit di portare
innovazione, di sviluppare
nuove tecnologie, di guardare a
nuovi mercati. Il piano giovani
che abbiamo approvato a fine
agosto segna in una svolta
concreta al servizio dei giovani:
in Campolibero ci sono mutui a
tasso zero per chi vuole fare
impresa, deduzione del 19 per
cento per i giovani imprenditori
che affittano terreni, crediti
d'imposta per sviluppare le reti
d'impresa, sconto Irap per
nuove assunzioni oltre alla
maggiorazione del 25 per cento
dei pagamenti diretti europei
per cinque anni. Inoltre, per
favorire laccesso dei giovani
alle professioni agricole,
ritengo sia fondamentale il
percorso formativo dei ragazzi.
Da questo punto di vista,
registriamo dati positivi: le
iscrizioni ai percorsi di studio in
campo agricolo e
agroalimentare sono cresciute
in modo significativo: il 12 per
cento in pi per gli istituti
tecnici agrari, il 24 per cento
dei ragazzi iscritti al primo
anno delle scuole superiori ha
scelto temi legati alla terra,
all'alimentazione,
all'enogastronomia,
all'ospitalit alberghiera. Pi 8
per cento anche per la
formazione professionale in
campo agricolo e rurale. Se a
tutto ci aggiungiamo anche il
dato sugli studi universitari, con
aumenti significativi delle
iscrizioni nelle facolt di agraria
e di scienze e tecnologie
alimentari, il quadro si
completa e ci indica una
prospettiva su cui insistere per
il futuro. Oltre a ci un dato
cruciale: il 95% dei ragazzi che
si laureano oggi in agraria trova
lavoro presto e con
remunerazioni spesso superiori
a coetanei laureati in altre
discipline.
Rimanendo sul tema del lavoro,
evidente come il settore agricolo
sia troppo spesso colpito dalla
piaga del caporalato, del lavoro
nero, del sottosalario, fenomeni
che interessano in maniera
significativa anche i lavoratori
stranieri, spesso lanello pi
debole. In #campolibero si
inserisce il concetto di lavoro
agricolo di qualit con misure
contro il sommerso e per la
promozione della legalit. Con
quali altre misure ed in che modo
si pu contrastare il fenomeno nel
suo complesso? E in proposito, il
rapporto con i sindacati pu
rappresentare un valore aggiunto
per la ricerca di soluzioni ampie e
condivise?
La legalit non una bandiera,
ma un principio che va
applicato quotidianamente.
Non c dubbio che nella filiera
agroalimentare ci sono ancora
fenomeni che semplicemente
non sono tollerabili. Secondo i
dati ci sono circa 5mila
braccianti in condizioni di
schiavismo, ancora oggi in
Italia. Dobbiamo lavorare a 360
gradi per costruire un modello
agricolo che non cerchi margini
economici nello sfruttamento.
Allo stesso tempo va fatto un
lavoro importante sulle
imprese, di educazione, ma
anche di fermo contrasto a reati
gravi come quello del lavoro
nero e del caporalato. Parliamo
di un fenomeno stimato in 600
milioni di euro di evasione
contributiva. C bisogno di un
salto di qualit nellapproccio.
Con campolibero abbiamo
voluto iniziare un percorso
dove abbiamo inserito un
primo intervento contro il
sommerso. Serve una grande
operazione su questo fronte e
credo che il ruolo del sindacato
sia fondamentale
nellindividuare dei mezzi
efficaci. Mai pi schiavi nei
campi non deve rimanere uno
slogan.
Expo 2015: nonostante gli
scandali e i ritardi, si tratta, come
lei ha pi volte sottolineato, di una
grande occasione per lItalia e per
il Made in Italy agroalimentare.
Come ci si sta preparando a vivere
al meglio le possibilit offerte da
questo appuntamento?
Expo 2015 sar prima di tutto
una grande piattaforma di
dialogo tra Governi,
organizzazioni internazionali,
istituzioni che si
confronteranno su una
questione cruciale per il futuro
del pianeta: la sicurezza
alimentare. Una questione che
incrocia inevitabilmente quella
della sostenibilit, dei modelli
di sviluppo agricoli dei prossimi
decenni. Lesposizione sar
anche una grande opportunit
per lItalia: non capita spesso di
poter ospitare per sei mesi oltre
140 Paesi e non si pu perdere
questa occasione di
rappresentare le nostre
eccellenze. Stiamo lavorando
per esaltare il pi possibile il
protagonismo agroalimentare
italiano. A questo proposito, nel
decreto sblocca Italia, si
prevede la creazione di un
segno unico distintivo
dellagroalimentare italiano, che
verr presentato proprio
durante lExpo di Milano.
Inoltre, con la pubblicazione
dei dati sul sito OpenExpo, ci
sar unoperazione unica in
Italia: per la prima volta, infatti,
saranno accessibili ai cittadini
tutte le informazioni riguardanti
la gestione, la progettazione,
lorganizzazione e lo
svolgimento dellEsposizione
Universale di Milano.
Alessandra Valentini
Il 17 settembre una delegazione
guidata dal segretario naziona-
le Flai Cgil, Sara Palazzoli, ha con-
segnato alla presidenza della Camera le quattor-
dicimila firma della petizione In mare senza rete,
con la quale si chiede lapplicazione del Testo
Unico su salute e sicurezza anche per i lavoratori
della pesca, oggi inspiegabilmente esclusi. La
presidenza della Camera spiega Sara Palazzoli
ricevendo le firme, si impegnata a trasmettere
il testo della petizione alle Commissioni compe-
tenti. Oggi abbiamo portato a compimento un per-
corso molto importante in tema di sicurezza per
un settore, come quello della pesca, che anche
su questo delicato tema vive una marginalit inac-
cettabile. Ci auguriamo che queste firme spingano
governo e parlamento a dare risposte concrete e
immediate alle esigenze dei lavoratori. Si tratta
conclude Palazzoli di unoccasione per agire
concretamente sul versante della sicurezza nei
luoghi di lavoro, sia in termini di tutele che di pre-
venzione. Tanto pi per un settore nel quale tanti
e diversi sono i fattori di specifica pericolosit.
La petizione promossa dalla Flai Cgil, chiedendo
lapplicazione del Testo Unico 81/2008 su salute
e sicurezza nei luoghi di lavoro, pretende che que-
sti lavoratori abbiano riconosciute le stesse tutele
degli altri lavoratori dipendenti. evidente che
un settore come quello della pesca presenti pi
di un elemento di criticit per quanto riguarda i
temi della sicurezza: le condizioni di lavoro, infatti,
sono rischiose, dal punto di vista ambientale, cli-
matico e logistico ed alto il numero degli infortuni.
La piena applicazione del Testo Unico rappresen-
terebbe anche un baluardo sul fronte della pre-
venzione per le tante malattie professionali.
SICUREZZA LAVORO. CONSEGNATE LE FIRME DELLA PETIZIONE IN MARE SENZA RETE
INTERVISTA AL MINISTRO DELLE POLITICHE AGRICOLE, MAURIZIO MARTINA
Agroalimentare,
asset decisivo
Bisogna
lavorare
per
costruire
un modello
agricolo
che non
cerchi
margini
economici
nello
sfruttamento

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19
Alessandra Valentini
D
ai luoghi di Giuseppe
Di Vittorio, tra
Cerignola e Orta Nova,
allArt Village di San
Severo, passando attraverso Casa
Sankara e le aziende e terreni
confiscati, dove da giugno a
settembre si sono alternati ragazzi
e ragazze provenienti da tutta
Italia impegnati nei Campi della
Legalit. In questo giro nella
provincia di Foggia, una
delegazione della Flai Cgil
Nazionale, guidata dal segretario
generale Stefania Crogi, ha
partecipato a una serie di iniziative
nella giornata del 6 agosto.
Sulle orme di Di Vittorio
La mattina presto stata dedicata
ad una visita presso la Masseria
Cirillo ad Orta Nova, il primo
luogo di lavoro di Giuseppe Di
Vittorio: allinizio della strada
sterrata che porta alla masseria
posto un ceppo che ricorda il
grande sindacalista pugliese, una
targa in marmo rimasta nascosta
tra le sterpaglie e da qualche
tempo restaurata dai compagni
della Flai Cgil.
Campi della Legalit
Di campo in campo stata la volta
dellincontro con i ragazzi dei
campi, proprio su quei terreni, un
tempo in mano alle mafie ed oggi
gestiti dalle cooperative Pietra di
scarto e Alter Eco. Su questi
terreni si coltivano i pomodori
etici, immessi sul mercato del
commercio solidale, le olive, luva,
ma soprattutto si coltiva lesempio
e la pratica che la legalit cosa
possibile, d lavoro, conviene. Su
questi campi si pratica e vive un
concetto che Francesco Marcone
(direttore dellUfficio del registro
di Foggia, ucciso dalla criminalit
nel 1995), a cui oggi intitolata la
sede della cooperativa Pietra di
scarto a Cerignola, ripeteva a
quanti lo conoscevano ed ai suoi
figli: lo Stato siamo noi. Lo Stato
fatto di quel noi che dice no
allillegalit, che dice no
allintolleranza, alla negazione
dei diritti, alla sopraffazione dei
pi deboli.
Casa Sankara
(campo/villaggio dedicato alla
figura di Thomas Sankara, primo
Presidente del Burkina Faso)
E cos dai campi antimafia il passo
breve per arrivare a Casa
Sankara a San Severo, dove
insieme alla Flai si sta
concretizzando il progetto capo
free ghetto out. Un progetto
rivolto ai tanti lavoratori immigrati
che ancora oggi vivono nel ghetto
di Grignano Garganico, i quali
sono impiegati per lo pi nel
settore agricolo e devono
sottostare alle regole del caporale
e non a quelle di un normale
incrocio tra domanda e offerta di
lavoro. Il progetto ghetto out si
propone lobiettivo di chiudere il
ghetto, promuovendo la
realizzazione di ecovillaggi
sostenibili, caratterizzati da
autoproduzione e
autocostruzione, come sta
avvenendo a Casa Sankara.
Art Village
Parte di questo progetto anche
lattivit che si svolge presso Art
Village di San Severo, una struttura
della Asl, diretta da Tonino
DAngelo, che accoglie persone
con disagio o semplicemente sole,
per ciascuno ci sono percorsi
personalizzati o la semplice
partecipazione ai laboratori di
musica, sartoria, pittura. un
luogo magico, allegro, colorato,
pieno di arte, con uno studio di
registrazione usato da musicisti
professionisti di livello mondiale.
Allarrivo ti accoglie la scritta che
campeggia sullingresso:
Difendiamo la Costituzione,
mentre intorno alledificio centrale
si trovano casette e moduli
abitativi destinati ad accogliere chi
ha bisogno e sui quali sono dipinti
i volti di Pasolini, Gaber, De
Andr, Thomas Sankara, Don
Gallo. La struttura accoglie anche
il presidio locale di Libera.
Proprio nellanfiteatro dellArt
Village, affollato di lavoratori
stranieri, si svolto un dibattito
organizzato dalla Flai Cgil. In
questa occasione stata
sottolineata ancora una volta la
condizione dei lavoratori stranieri,
che attendono dalle istituzioni
azioni incisive sia sul fronte
dellaccoglienza che su quello del
lavoro. E necessario hanno
detto Giuseppe De Leonardis e
Daniele Calamita, rispettivamente
segretario generale Flai Puglia e
segretario generale Flai Foggia
dare concretezza anche ad alcune
leggi e provvedimenti regionali
che vanno nella direzione di
introdurre norme trasparenti per il
mercato del lavoro agricolo, a
cominciare dalle assunzioni
tramite le liste di collocamento.
Cos sar possibile sradicare il
potere dei caporali e la loro forza
contemporaneamente attrattiva
e ricattatoria. Su questo punto
intervenuta con forza Stefania
Crogi, ricordando che, i tempi
non sono cosa indifferente.
Possibile che esistono le liste di
prenotazione al lavoro e nessuno
assume da queste liste? La dignit
di chi lavora legata alla legalit e
alla trasparenza e su questo non si
pu transigere. Anche rispetto
alle terre incolte abbandonate, che
potrebbero essere lavorate da chi
senza lavoro o sfruttato dai
caporali, il segretario generale
della Flai ha ricordato lurgenza di
risposte da parte della Regione.
CAMPI DELLA LEGALIT / PUGLIA
Da Giuseppe Di Vittorioad Art Village:
diritti e lavoroal primo posto
I
Campi della Legalit, progetto nel
quale la Flai Cgil coinvolta da
alcuni anni, rappresentano
unoccasione unica di conoscenza
per i tanti giovani che vi partecipano ma
anche per il sindacato stesso che, in una
integrazione continua con i giovani, il
mondo dellassociazionismo, il territorio,
riesce ad interagire con alcune realt da
diversi punti di vista. Si crea cos una
particolare sinergia che vede le tematiche
del lavoro e dei diritti intrecciarsi con
quelle della legalit, dellaccoglienza,
della formazione.
Un focus particolare lo dedichiamo al
campo di Riace, dove dal 2 al 9 agosto si
svolto il Laboratorio 2014 Diritti,
legalit e immigrazione, nel corso del
quale stata organizzata, nella serata del
4 agosto, una iniziativa con Stefania
Crogi, Segretario Generale Flai Cgil,
Mimma Pacifici, Segretario Generale Cgil
Rc-Locri, Domenico Mandarano,
Segretario Generale Flai Cgil Rc-Locri, e
Libera ed il Sindaco di Riace, Mimmo
Lucano. Con loro anche Michele Gravano
e Santino Aiello, rispettivamente
Segretario Generale Cgil Calabria e
Segretario Generale Flai Cgil Calabria.
Riace, comune in provincia di Reggio
Calabria famoso per il ritrovamento delle
due statue greche di bronzo (i Bronzi di
Riace), da qualche anno deve la sua
notoriet al modello di accoglienza e
convivenza civile tra i popoli, che ha
saputo proporre e far
vivere. Nel piccolo
comune, la cui parte alta
stava rischiando il totale
abbandono, vivono circa
200 stranieri che, accolti
dalla popolazione locale e
supportati da politiche
sociali attente ed efficaci, si
sono inseriti nel tessuto
sociale e nel mondo del
lavoro, giovando allintera
economia del paese, ridando vita ad
esercizi commerciali chiusi e facendo
riaprire anche la scuola elementare. Da
qualche anno a Riace si possono
ascoltare lingue e dialetti diversi: afgano,
somalo, eritreo, iracheno oltre,
ovviamente, al calabrese.
Tutto ha inizio nel 1998, quando furono
trovati lungo la statale jonica 106 circa
200 Kurdi di nazionalit turca e irachena
sbarcati sulla costa. Furono subito accolti
dagli abitanti che misero in moto la
macchina della solidariet fornendo loro
cibo ed indumenti e accogliendoli presso
la Casa del Pellegrino offerta dalla
Curia. Furono messe a disposizione dei
rifugiati e dei richiedenti asilo le case
vuote del centro, visto che ormai
lemigrazione stava svuotando Riace
quasi completamente.
Il modello Riace rientra nel progetto
Sprar (Sistema protezione e accoglienza
rifugiati e richiedenti asilo), che coinvolge
400 Comuni in
tutta Italia e, come dimostra Riace,
potrebbe essere una via normale per
lintegrazione e laccoglienza, una via
attraverso la quale i migranti
rappresentano una vera opportunit e
ricchezza anche per i territori nei quali si
insediano.
Di tutto questo si parlato il 4 agosto alla
Casa del Pellegrino di Riace, che questa
volta ha accolto giovani provenienti da
tutta Italia ed i rappresentanti di Cgil, Flai
Cgil, Libera, Arci. Legalit, accoglienza,
diritti, lavoro sono stati gli argomenti
trattati con lo sguardo rivolto ai problemi
del caporalato, del lavoro nero, della
criminalit e dei diritti negati, cui vanno
date risposte. La crisi ha ricordato
Stefania Crogi, Segretario Generale Flai
Cgil - ha aumentato le differenze e ha
fatto diventare i forti pi forti e i deboli
pi deboli. In questa crisi sopruso e
prevaricazione aumentano, come il
fenomeno dell'illegalit che si traduce in
caporalato,
sottosalario, lavoro nero. Una condizione
che interessa tutti, italiani e stranieri, ma
per questi ultimi ci sono anche leggi,
come la Bossi-Fini, che legano il lavoro al
permesso di soggiorno, in un ricatto
continuo. Ma qui, da Riace e dai tanti
giovani presenti ai Campi, dimostriamo
che qualcosa si pu fare; qui c' un
progetto di integrazione che funziona e
che grazie ai nuovi cittadini fa rivivere
una comunit. Da Riace viene anche la
convinzione che cambiare ed in meglio si
pu: importante che torniate dai campi
con la voglia di impegnarvi perch si pu
costruire una realt diversa e un futuro
migliore. E lo spiega con parole semplici
anche il Sindaco di Riace: quello che la
mia amministrazione ha realizzato non
una magia. Abbiamo ritenuto fosse
possibile ripopolare il borgo, creando
vera integrazione con i cittadini del
paese, cercando di legare il diritto al
lavoro, da una parte, al recupero delle
nostre tradizioni dallaltra.
Michele Gravano, Segretario Generale
della Cgil Calabria, ha voluto sottolineare
limpego di tutta la Cgil nel promuovere e
valorizzare esperienze come quella di
Riace che dimostrano come esempi
positivi e buone pratiche possano vivere
sul territorio ed innescare un circuito
virtuoso. A. V.
CAMPI DELLA LEGALIT/CALABRIA
Riace, un modello
di accoglienza
inFLAI-08_ok 22/09/14 13.20 Pagina 19
Rassegna Sindacale
Settimanale della Cgil
Direttore responsabile Guido Iocca
A cura di Patrizia Ferrante
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A cura di: Alessandra Valentini (coordinatore), Ivana Galli,
Franco Farina, Valentina Cecconi, Giuseppe Scifo
SegreteriaBruna Baglioni
Celeste Logiacco
Segretario generale Flai Cgil
Gioia Tauro
N
onostante i ripetuti appelli, le
numerose richieste di
responsabilit e interventi
concreti che ormai da anni
arrivano dal territorio della Piana di Gioia
Tauro, rispetto alle problematiche legate
all'arrivo e all'accoglienza dei
numerosi migranti che ogni anno
giungono con l'inizio della stagione
agrumicola, poco o nulla
cambiato. Al di l delle presenze al
campo containers di Rosarno e in
alcuni casolari abbandonati nelle
campagne dell'intero territorio,
attualmente sono alcune centinaia i
migranti che si trovano gi alla
tendopoli allestita nella II zona
industriale di San Ferdinando: un
campo senza acqua, senza luce,
senza alcuna forma di gestione e
dalle condizioni abitative e di
conseguenza igienico-sanitarie a
tutt'oggi disastrose e paradossali.
Malgrado le continue richieste di
sgombero definitivo della tendopoli
da parte del sindaco del piccolo
comune di San Ferdinando, che con
difficolt estreme pu gestire da solo
una struttura di accoglienza di queste
dimensioni e dalla quale ovviamente
dovranno scaturire azioni alternative e
responsabili, ancora adesso ai lati delle
circa ottanta tende del ministero
dell'Interno vi sono quelle fatte di teli di
plastica, stracci e bandoni e costruite
con quanto recuperato per strada. Ci
che prevale la percezione
dell'abbandono da parte della
regione Calabria e del Governo
di fronte ad un copione ormai
noto che si ripete da anni con le
medesime caratteristiche e che
rappresenta uno dei gravi
problemi di questo territorio.
Nel mese di agosto la visita del
segretario generale Flai Cgil
Stefania Crogi ha ribadito
limpegno e la presenza della
Flai e della Cgil a vari livelli, a
partire da quella territoriale,
rispetto alle problematiche di
coloro che impiegati come
lavoratori stagionali nelle terre
della Piana di Gioia Tauro di fatto
reggono gran parte del comparto
agricolo dell'intero territorio cos
come la continua e pressante
volont di affrontare una delle
questioni dell'immigrazione pi
drammatiche e vergognose per un
Paese rispettoso dei diritti
fondamentali della persona,
sempre e comunque da garantire.
Insieme a chi come noi non
rimasto indifferente a tale
problematica, ormai da troppo
tempo chiediamo alle istituzioni
nazionali, regionali e locali un impegno
concreto affinch da subito si mettano in
campo risorse e volont politica per
aggredire lo sfruttamento dei lavoratori
migranti in agricoltura e si proceda alla
predisposizione di un piano che possa
offrire unaccoglienza adeguata e il pi
possibile dignitosa ai lavoratori stagionali
che a breve giungeranno nella Piana per la
prossima stagione agrumicola.
TENDOPOLI SAN FERDINANDO
Nessuna risposta ai tanti problemi
Prevale la percezione
di abbandono da
parte delle Istituzioni
T
utto ha inizio nel 2007
nellambito delle riunioni tra
sindacati dellarea del
Mediterraneo e Sub-sahariana, era
tempo di coordinare lazione
sindacale nellambito della
Migrazione. Nel 2009 ad Hammamet
prende forma un ragionamento tra i
sindacati delle due sponde del
Mediterraneo per iniziare a creare
una rete tra sindacati che possa
occuparsi della questione migratoria.
La fase difficile della Primavera
Araba rallenta il progetto, cos
riprendono i colloqui durante il Social
Forum di Dakar, preparando la
riunione dei sindacati dellarea
nellottobre del 2013 a Torino, nella
quale si decise di proseguire verso la
costruzione della Rete per i diritti
dei migranti.
Si giunge cos alla riunione di
Monastir ad aprile 2014 che decide il
passo finale per la sigla dellaccordo
avvenuta l8 agosto 2014 a
Casablanca. Da qui il prossimo
appuntamento il 4 di ottobre
nellisola di Lampedusa per il
definitivo avvio della Rete.
Scopo fondamentale della Rete
connettere molte persone differenti
con diversi ruoli, diverse esigenze,
diverse lingue, diverse nazionalit,
per condividere informazioni, notizie
stampa, accedere a documenti
fondamentali per la conoscenza di
leggi, regolamenti atti legislativi ecc.
Tra le due sponde del Mediterraneo
saranno presenti diversi focal point
che attraverso strumenti telematici
forniranno un supporto informativo di
comunicazione tra le varie sedi delle
organizzazioni sindacali presenti sul
territorio. S. G.
RETE SINDACALE
PER I DIRITTI
DEI MIGRANTI
NELLA REGIONE
DEL MEDITERRANEO
E SUB-SAHARIANA
S
Sono trascorsi 25
anni da quella notte
tra il 24 e 25 agosto
quando Jerry Essan
Masslo, sudafricano di 30 anni
venuto a lavorare in Italia per
la raccolta dei pomodori, fu
ucciso nelle campagne del
casertano. Laggressione
mortale si scaten per
rapinare di quelle poche
migliaia di lire che avevano
guadagnato nei campi, Jerry e
altri immigrati che dormivano
in un capannone. Gli
aggressori erano in quattro,
italiani, a viso coperto, armati
di spranghe e pistole, pronti a
tutto per derubare quei
lavoratori di quello che a
fatica avevano messo insieme
con due mesi di duro lavoro,
cassone su cassone, giorno
dopo giorno a mille lire a
cassone.
Non siamo negli anni
cinquanta, ma il 1989 e
mille lire erano veramente
poche, erano il prezzo di un
lavoro fatto di diritti negati e
sfruttamento, erano poche
come sono pochi i 3 euro che
ancora oggi molti immigrati
ricevono come paga per un
cassone di pomodori, di
angurie o di uva. Nord o Sud
Italia non c differenza, oggi
come ieri, al giogo dei
caporali e di chi vuole in ogni
modo approfittarsi di chi
pi debole.
Nel 1989 con luccisione di
Jerry Masslo lItalia si scopr
razzista e violenta ma
contemporaneamente fece
uscire allo scoperto la
coscienza di quanti
volevano dire no alla
barbarie, volevano vedere
quello che magari rimaneva
invisibile, come lo
sfruttamento lavorativo, il
calpestio dei diritti, la
discriminazione razziale.
Furono i duecentomila a
Roma che sfilarono per Jerry
e per unItalia che si voleva e
si sognava migliore. Fu la
Cgil che chiese per Jerry
Masslo i funerali di Stato.
Pochi giorni prima la sua
morte Masslo, nel denunciare
le condizioni di lavoro e di
vita dei braccianti stranieri,
disse con tragica profezia:
Prima o poi qualcuno di noi
verr ammazzato e allora ci si
accorger che esistiamo.
Purtroppo Masslo non fu
lunica vittima, ma a piccoli
passi la societ civile tutta si
mossa, ha compreso, ha agito
e agisce.
Per tutto questo la figura e la
storia di Jerry Masslo, che di
certo avrebbe preferito vivere
anzich essere celebrato, non
pu essere dimenticata.
Per questo, per contribuire in
questo percorso di memoria,
di denuncia e azione contro
le ingiustizie, la Flai Cgil ha
istituito dal 2010 il Premio
Jerry Masslo, a cadenza
biennale e che giunge oggi
alla terza edizione, che si
terr il 28, 29, 30 ottobre in
Campania. Tre giorni di
iniziative, con dibattiti,
approfondimenti, incontri con
le realt dellassociazionismo
locale ed esperienze di
sindacato di strada.
Villa Literno, 25 agosto 1989
- Lampedusa, 4 ottobre 2013,
Mai piu! Dallaccoglienza,
allo sviluppo, alla
salvaguardia del territorio: Il
mediterraneo come ponte di
accoglienza tra Africa ed
Europa, nel quale la
globalizzazione e diritto al
cibo, allacqua, alla salute,
senza sfruttamento e ricatti.
Questo il titolo e il tema della
terza edizione, sul quale sono
chiamati a confrontarsi i
partecipanti. Il premio si
articola in tre sezioni: la
prima per le scuole; la
seconda per studenti
universitari laureati o
laureandi in materie
umanistiche, sociali ed
economiche che
presenteranno la migliore tesi
di laurea sulla funzione degli
immigrati nel mercato del
lavoro; la terza dedicata ad
autori stranieri che scrivono
in lingua italiana o
producono elaborati di altro
tipo quali video, foto, ecc. Gli
elaborati dovranno pervenire
alla segreteria del Premio
entro il 15 ottobre 2014. Per
scaricare il bando e la scheda
di partecipazione si pu
andare sul sito della Flai Cgil:
www.flai.it.
Anche questanno la Flai Cgil
intende, con questa iniziativa,
ricordare Jerry Masslo e
promuovere, partendo dalle
scuole, una cultura della
legalit, del rispetto e della
considerazione del lavoro,
quale luogo dei diritti e
della dignit e non dello
sfruttamento. Il tema
dellimmigrazione, inoltre, si
seguita a porre con forza nel
nostro Paese, che, vero e
proprio ponte sul
Mediterraneo, chiamato ad
essere luogo di accoglienza,
occasione di un futuro
diverso e migliore per chi
arriva ed anche per chi sta in
Italia, possibilit di crescita
reciproca tra i popoli e dei
popoli. Molta strada ancora
c da fare, molta stata fatta
grazie al coraggio dei
lavoratori e del sindacato: il
caporalato oggi un reato
penale, i lavoratori stranieri
sono meno invisibili, su
questa strada, pensando a
Jerry, necessario proseguire
affinch si possa dire
veramente Mai pi!.
Alessandra Valentini
Per il programma dettagliato e il bando:
www.flai.it
Terza Edizione del Premio
Jerry Masslo
IN CAMPANIA IL 28, 29, 30 OTTOBRE
Il 15 ottobre
la scadenza
per presentare
gli elaborati
inFLAI-08_ok 22/09/14 13.20 Pagina 20

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