Professional Documents
Culture Documents
2
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
3
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
4
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
5
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
6
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
7
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
8
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
9
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
10
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
artificio per eruditi, e non può essere vivo. E notava come già presso
i popoli antichi, come i Greci, coesistono due diverse lingue, una
volgare e una dei 'litterati'.44 Gli uomini, scriveva, possiedono una
locutio vulgaris45che essi apprendono spontaneamente sin da bambi-
ni, sine omni regula nutricem imitantes.
E allora il grammatico, per difendere il proprio progetto di lingua
artificiale, gioca l'ultima carta, quella della difesa dei diritti degli ul-
timi. Accusa i poeti di usare una lingua astrusa e arbitrariamente
complessa, e –contro di loro– si schiera dalla parte degli illetterati,
affermandosi fautore di un idioma standard, facile da usare; una lin-
gua semplice, chiara, alla portata di tutti.
Ma la lingua dei poeti, di Góngora e di tutti i suoi precursori ed
epigoni è, evidentemente, un falso bersaglio. Combatterla è ancora
un modo per imporre la propria autorità normativa.
Con perfetta ipocrisia l'atteggiamento autoritario viene maschera-
to dietro l'apparenza di 'servizio'. Nebrija apparentemente sta dalla
parte degli ultimi - ma in realtà li usa. Cerca di convincere i parlanti
dell'inadeguatezza del loro strumento linguistico. Colpevolizza, at-
tacca con violenza le modalità espressive tradizionali, liberamente
apprese, trasmesse dalla famiglia e dalla comunità al di fuori delle
istituzioni. Bolla come deficit quello che è differenza. Così facendo
definisce i sudditi bisognosi di una lingua 'facilitata'- e in questo
modo legittima e impone come necessario il proprio ruolo.
La pretesa di far prendere coscienza agli altri, sapendo meglio di
loro cosa è meglio per loro è una forma di oppressione, e Nebrija è
maestro nell'esercitarla.46
VIII. HYBRIS
11
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
12
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
13
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
14
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
15
L’IMPERO DELLA LINGUA, O LA LINGUA DELL’IMPERO
NOTE
16
1
"Alla molto alta e assai illustre principessa donna Isabella la terza di questo nome Regina e signora naturale di spagna e delle isole del nostro mare.
Comincia la grammatica che nuovamente fece il maestro Antonio di Nebrixa sulla lingua castigliana, e mette all'inizio il prologo. Leggilo con atten-
zione."
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, Salamanca, 1492.
Vedi le ed. di González Llubera (1926), di Galindo Romeo e Ortiz Muñoz (Madrid, Silverio Aguirre, 1946) e di Quilis (1980 e 1984).
Vedi, inoltre l'edizione fototipica di Walberg (1909) e il fac-simile: Madrid, Espasa-Calpe, 1976.
2
Aggiungerà ad Antonio, nome di battesimo, un latineggiante Elio (Aelius), in ricordo dei numerosi Aelius che nell'infanzia vedeva citati in lapidi
presenti nella sua terra natale.
3
Uomini che "anche se non nel sapere, nel dire sapevano poco".
Elio Antonio de Nebrija, Vocabulario español-latino, Salamanca 1495 (?), Prólogo. Per i riferimenti bibliografici e la datazione dell'opera vedi di se-
guito nota 9.
4
"Cosicché all'età di diciannove anni io andai in Italia, non per i motivi per i quali altri ci vanno, o per guadagnare rendite ecclesiastiche, o per ap-
prendere formule del Diritto civile e canonico, o per scambiare mercanzie". Ibid.
5
"...Che erano già, da molti secoli, esiliati dalla Spagna". Ibid.
6
Così pare, anche se Nebrija afferma "que allí gasté diez años". Godette di una borsa di studio presso il Collegio Spagnolo di San Clemente dell'Uni-
versità di Bologna.
Francisco Rico (Nebrija frente a los bárbaros, Salamanca, 1978) sottolinea l'influenza su Nebrija degli umanisti italiani, in particolare Lorenzo Valla
7
Elio Antonio de Nebrija, Introductiones latinae, Salamanca, 1481. Vedi ed. in fac-simile, con Presentazione di Pedro Almar e e Proemio di Eugenio
de Bustos, Salamanca, Universidad de Salamanca, 1981.
8
Opera che fui incaricato di fare "perché le donne religiose e vergini dedicate a Dio, senza partecipazione di maschi potessero conoscere qualcosa
della lingua latina".
Elio Antonio de Nebrija, Introducciones latinas, contrapuesto el romance al latín, Salamanca, 1486 circa.
9
Elio Antonio de Nebrija, Diccionario latino-español, Salamanca, 1492. Vedi ed. a cura di Germán Colón e Amadeu-J. Soberanas, Barcelona, Puvill,
1979.
Elio Antonio de Nebrija, Vocabulario español-latino, 1495?. Vedi ed. in fac-simile della Real Academia, Madrid, 1951 e Gerald J. Macdonald (a cura
di), Madrid, Castalia, 1973 (che ripropone in versione critica l'ed. rivista dall'autore Sevilla, 1516). L'opera è nota anche come Vocabulario de Ro-
mance en Latín. La data di pubblicazione della prima ed. non sembra certa.
Incerta in ogni caso la data di redazione di entrambe le opere.
La Gramática de la lengua castellana è citata sopra nella nota 1.
10
Francisco Jiménez de Cisneros, 1436-1517. Arcivescovo di Toledo, primate di Spagna, confessore di Isabel la Católica, Inquisitore generale, reg-
gente del regno, fonda l'Università di Alcalá de Henares nel 1498.
Cisneros si propone di formare, tramite rigorosa selezione, teologi e sacerdoti capaci di compiere la propria missione con la sicurezza derivata dalla
solida preparazione. Rispetto a questo obiettivo, l'uso di metodi umanistici negli studi biblici e letterari non è niente di più che uno strumento.
Eppure, per lavorare al grande progetto della Biblia Políglota (nota come Complutense, dal nome latino di Alcalá), Cisneros raccoglie attorno a sé il
meglio dell'umanismo spagnolo (oltre a Nebrija, il Vergara, il Pinciano, Alonso de Zamora).
11
"Ripristino del Latino che è in ugual modo corrotto in tutte le Bibblie latine, confrontandolo con l'ebraico, caldeo e greco".
"Epístola a Cisneros", data incerta, pubblicata in Revista de Archivos, 3a época, VIII, 1903, pp. 493-496.
12
"Cit. in Félix G. Olmedo, Nebrija (1441-1522). Debelador de la barbarie. Comentador eclesiástico. Pedagogo. Poeta., Madrid, Editora Nacional,
1942, p. 54.
13
Elio Antonio de Nebrija, De liberis educandis, 1509 circa (redatto quando il segretario del re Miguel Pérez de Almazán gli chiese di occuparsi del-
l'educazione dei suoi figli).
14
Elio Antonio de Nebrija, De Mensuris 1510, e De Ponderibus 1511; dove si occupa di unità di lunghezza e di capacità antiche e moderne.
15
Elio Antonio de Nebrija, De Numeris, 1512; dove esamina le diverse denominazioni dei numeri cardinali ed ordinali nelle fonti classiche.
16
Elio Antonio de Nebrija, In Cosmographiae libros introductorium, 1499; dove tratta, andando contro le opinioni più diffuse, della sfericità della
Terra e della sua collocazione al centro dell'universo.
17
Tabla de la diversidad de días y horas (scritto in castigliano, 1517 circa); De ratione calendarii (opera di supposta attribuzione). Cfr., per questi e
per gli altri titoli menzionati in questo capoverso: Armando Cotarelo Valledos, Nebrija científico, Madrid, Publicaciones del Insitituto de España,
1947.
18
E' la tesi sostenuta di Haebler, The early printers of Spain and Portugal, London, 1897, pp. 24 e segg., ripresa da I. González Llubera nella sua In-
troducción a Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la Lengua castellana. Muestra de la Istoria de las antigüedades de España. Reglas de Orthogra-
phia en la Lengua castellana, Oxford, Oxford University Press, 1926, p. XXIII.
19
"Abbiamo contenuto il volume nei limiti di una meravigliosa brevità, perché l'entità del prezzo non allontanasse i poveri dal comprarlo, né l'alto
spessore del libro i ricchi desiderosi di leggere, e anche perché la sua leggerezza permettesse di portarlo da un posto all'altro in mano, in seno e sotto il
braccio". (Stando etimologicamnte seno per 'sinuosità della veste', potremmo ragionevolmente tradurre, adattando la frase ai costumi odierni, 'in
tasca').
Elio Antonio de Nebrija, Diccionario latino-español, cit.
20
Nebrija fu probabilmente l'autore più diffuso in America negli anni immediatamente successivi alla Conquista (José Manuel Rivas Sacconi, El la-
tín en Colombia. Bosquejo histórico del humanismo colombiano, Bogotá, Instituto Caro y Cuervo, 1949). Sia attraverso opere stampate in Spagna ed
esportate, sia attraverso opere stampate in America: una Real Cédula del 1554 (C. Bermúdez Plata, "Las Obras de Antonio de Nebrija en América", in
Anuario de Estudios Americanos, Sevilla, III, 1946) autorizzava i suoi discendenti a venderne le opere nelle "nuestras Yndias y tierra firme del mar
océano".
21
Garantire "agli uomini della mia lingua opere nelle quali possano impiegare meglio il loro ozio". "(...) romanzi o storie piene di menzogne ed erro -
ri".
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, cit., Prólogo, folio 2, verso.
Nebrija fa riferimento ai romanzi cavallereschi. L'ideale del cavaliere in quanto miles Christi, terminata la grande stagione delle crociate, sopravvive
come figura letteraria. La produzione dei romanzi di cavalleria, partendo da una posizione inizialmente raffinata, si abbassa via via fino a divenire
vera narrativa popolare. Questa è la situazione in Spagna sul finire del Quattrocento. Caso esemplare del romanzo cavalleresco spagnolo è l'Amadís,
poema di cui si hanno notizie a partire dall'inizio del secolo XIV, la cui prima fonte a noi nota è il testo castigliano pubblicato a Zaragoza nel 1508
(Garci Rodríguez de Montalvo, Cuatro libros del muy esforçado e virtuoso caballero Amadís de Gaula, Saragoza, 1508). Torneremo sull'argomento
nel cap. Un male cronico? (par. Letras y armas de don Quixote) e nel par. iniziale del cap. L'anonimo cantore.
22
"Mi proposi quindi innanzitutto di trasformare in artefatto questo nostro linguaggio castigliano, in modo che d'ora in poi tutto ciò che con esso si
scriva possa risultare di un unico tenore".
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, cit., Prólogo, folio 2, verso.
23
"E così, dopo che io deliberai, con grande pericolo di quella opinione che molti hanno di me, di far uscire la novità di questa mia opera dall'ombra
e tenebre scolastiche alla luce della vostra corte, a nessuno più giustamente potevo consacrare questo mio lavoro che a quella nella cui mano e potere,
non meno sta il momento della lingua che l'arbitrio di tutte le nostre cose."
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, cit., Prólogo, Folio 3 verso.
24
Non che vocabolari e grammatiche fossero, alla fine del Quattrocento, una novità. Ma erano un modo di perpetuare, ordinandone le modalità d'uso
e facilitandone l'apprendimento, le lingue antiche e dotte, lingue morte: greco, latino, sanscrito.
Grammatiche e vocabolari riguardavano dunque le lingue scritte, non le lingue volgari, intrinsecamente legate all'oralità, pressoché prive di scrittura
e mai usate fuori dalla vita quotidiana.
25
Per l'assunzione di Nebrija come figura-simbolo siamo debitori di Ivan Illich.
Ivan Illich, Shadow Work, London e New York, Marion Boyars Publishers, 1981; ed. it. -condotta sull'ed. tedesca, Vom Recht auf Gemeinheit, Reinbek
bei Hamburg, Rowohlt, 1982- Lavoro-ombra, Milano, Mondadori, 1985; in particolare i capitoli Il diritto alla lingua comune e la lingua materna come
merce.
26
Con la resa del regno moro di Granada si conclude la Reconquista della penisola. La permanenza dei musulmani sul suolo iberico era durata quasi
ottocento anni.
Torneremo sull'argomento nel primo paragrafo del capitolo che segue.
27
Nel 1492 dalla Spagna e nel 1496 dal Portogallo. Gli ebrei delle comunità viventi nella penisola iberica (sefarditi, in ebraico sepharaddîm) furono
costretti a scegliere tra il battesimo e l'espulsione. Oltre duecentomila preferirono l'esilio. Si stabilirono in numerose località del bacino mediterraneo,
ma anche dell'Europa centrale e dell’Inghilterra, e furono i fondatori delle prime comunità ebraiche dell'America settentrionale e meridionale.
28
Riferimento all'Inquisizione.
29
Riferimento alla Reconquista.
30
"La cui struttura e coesione saranno tali da farla durare per secoli, senza che il tempo né la spezzi né la frammenti. Cosicché, depurata la cristiana
religione, per la quale siamo amici di Dio, o riconciliati con Lui; vinti i nemici della nostra fede in guerra e per forza delle armi (...) non resta che por-
tare a fioritura le arti pacifiche. E tra le arti in primo luogo quella che insegna a parlare la lingua, che ci distingue dagli altri animali e è propria del-
l'uomo".
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, cit., Prólogo, folio 2 verso.
31
"La lingua sempre è stata consorte del dominio, e l'accompagna sì che insieme sorgono, crescono, fioriscono e ancora insieme cadono."
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, cit., Prólogo, Folio 1 recto.
32
La nostra lingua "fino ai tempi nostri andò libera e senza regole, e per questa cause ha ricevuto in pochi secoli molti mutamenti; per cui se voglia-
mo confrontare a quella di oggi quella di cinquecento anni fa, troveremo tanta differenza e diversità che non può essercene una maggiore tra due lin-
gue." La nuova lingua posta sotto il controllo della grammatica potrà invece "estendersi in tutta la durata dei tempi avvenire, come vediamo che è sta-
to fatto con la lingua greca e latina, le quali, essendo state assoggettate a regola, anche se sopra di esse sono passati molti secoli, ancora mantengono
una uniformità."
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, cit., Prólogo, Folio 2 verso.
33
Il parallelo con le Reducciones dei Gesuiti è inevitabile.Reducciones, furono chiamati i villaggi nei quali venivano raccolti dai missionari gli in-
dios, durante la colonizzazione dell'America spagnola. Le più celebri restano le Misiones dei Gesuiti in Paraguay. (Vedi nel Viaggio leterario in Ame-
rica Latina il capitolo Come le arterie di un ragno divino, paragrafo 16).
34
Il diritto alla 'lingua naturale' si esprime parallelamente al diritto al 'giudice naturale', alla certezza, cioè, di essere giudicati da propri pari, nel luogo
dove si vive. Questa idea dell'autonomia locale -a tutt'oggi profondamente radicata nella cultura spagnola- stava allora alla base del patto tra sovrani -i
Reyes Católicos- e popolo cristiano (anzi: i popoli cristiani), uniti nella Reconquista della Spagna nelle mani dell'Islam. Il patto si fondava sulla con-
vinzione condivisa che la Corona non dovesse violare le diverse consuetudini dei diversi regni.
35
Alla fine del 1486, quando i re passano per Salamanca, di ritorno dal pellegrinaggio a Santiago de Compostela.
36
"Allorchè a Salamanca ho presentato a vostra reale Maestà un abbozzo di quest'opera, e [vostra reale Maestà] mi ha chiesto allora a quale scopo
potesse servire, il molto reverendo padre Vescovo di Avila mi tolse la parola, e, rispondendo in mia vece, disse che dopo che vostra Altezza avrà sotto-
messo al suo giogo popoli barbarici e nazioni che parlano lingue straniere, e con tale vittoria si porrà per costoro la necessità di ricevere le leggi che il
vincitore impone al vinto, e con queste la nostra lingua, allora, tramite questa mia Arte, potranno apprenderla (...)".
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, Prólogo, Folio 3 verso-folio 4 recto.
37
"Perciò se non si farà nella nostra lingua come in quella, invano i vostri cronisti e storici scrivono e affidano all'immortalità la memoria delle vostre
lodevoli imprese, e noi altri tentiamo di passare in castigliano le cose straniere e rare, poiché questo non può essere che affare di pochi anni. E sarà ne-
cessaria una di queste due cose: o che la memoria delle vostre gesta perisca con la lingua; o che vada peregrinando per le nazioni straniere, poiché non
ha una casa propria in cui possa dimorare". ('Nagocio', invece di 'negocio' -che traduciamo con 'affare'- è un evidente refuso dell'ed. originale).
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, cit., Prólogo, Folio 2 verso-folio 3 recto.
38
Il latino barbarus deriva dal greco bárbaros, 'straniero', nel senso di 'balbettante', 'incapace di farsi capire'. Chi parla una lingua straniera la 'balbet-
ta', la parla cioè con difetti di pronuncia. 'Barbaro', così come balbus (da cui balbutiens, balbuziente) e blaesus (da cui bleso) sono espressioni onoma-
topeiche, che rimandano proprio ('fanno il verso') alla cattiva pronuncia delle consonanti labiali sonore (come appunto la 'b') e liquide (come la 'l').
Barbarus, balbus, blaesus, sono casi esemplari di espressioni analoghe presenti in area baltica, slava, indiana (in particolare, a monte di barbarus e
bárbaros sta il sanscrito barbarah), tutte segnate dall'etnocentrismo: i greci considerano 'barbaro' chi non parla il greco, i romani considerano 'barba-
ro' chi non parla greco o latino, i cristiani considerano 'barbaro' chi non è cristiano ed ebreo, ecc. La connotazione è sempre fortemente negativa: valga
il caso di blaesus che rimanda sì alla cattiva pronuncia delle consonanti, ed indica propriamente 'chi confonde le lettere', ma che appare allo stesso
tempo influenzato dal greco blaisós, 'storpio' 'che ha le gambe storte', 'che ha i piedi torti in fuori'. (Vedi: Carlo Battisti e Giovanni Alessio, Dizionario
etimologico italiano, Firenze, Barbera, 1957; (Giacomo Devoto, Avviamento alla etimologia italiana, Firenze, Le Monnier, 1968).
Cosicché -in un contesto nebrijiano- la deformità della persona ci appare metafora della difformità della pronuncia, e viceversa.
39
"Se in nessuna parola si commette vizio alcuno, dicesi lexis, che vuol dire perfetta dizione. Se nella parola si commette vizio che non si possa sop-
portare, dicesi barbarismo. Se si commette peccato che per qualche ragione si può scusare, si chiama metaplasmo. allo stesso modo, se nel congiunge-
re le parti della frase non c'è vizio alcuno, dicesi phrasis, che vuol dire espressione perfetta. Se si commette vizio intollerabile, dicesi solecismo. Se c'è
vizio che per qualche ragione si può scusare, dicesi schema. Cosicché tra barbarismo e lexis sta metaplasmo; tra solecismo e phrasis sta schema."
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, Capítulo V, Del barbarismo y solecismo.
40
Cfr. Antonio Quilis in Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, Estudio y edición: Antonio Quilis, Madrid, Centro de Estudios
RAmón Arces, 1989, p. 92.
41
Dopo l'edizione curata dall'autore non sarà più ristampata fino al secolo XVIII. E senza maggior successo Nebrija tornerà sul tema in vecchiaia con
las Reglas de Orthographia en la lengua castellana, Alcalá de Henares, 1517.
42
La Real Academia Española nasce a Madrid nel 1713 per volontà del re Filippo V. Il modello è quello delle Accademie del Rinascimento, fondate
sull'idea di una solidarietà tra dotti, impegnati nello sforzo di ricollegarsi ai tempi gloriosi dell'antichità classica.
Più che all'Accademia della Crusca, la Real Academia ci appare però vicina alla Accademia Fiorentina. La Crusca infatti, sin dall'inizio, come ancora
al giorno d'oggi, fondava il suo lavoro di salvaguardia del patrimonio linguistico sulla raccolta del "più bel fior" (come recita il suo motto) del patri-
monio lessicale, e cioè sulla costruzione di un Vocabolario. Mentre l'Accademia Fiorentina ebbe da Cosimo I, già nel 1541, il compito di stabilire una
normativa grammaticale.
Entrambe le Accademie, del resto operavano in assenza di uno stato nazionale, e a difesa di una tradizione linguistica, quella fiorentina, ancora lungi
dall'affermarsi come 'lingua italiana'. Per questo,ben più che alle Accademie italiane, la Real Academia appare vicina all'Académie Française. Que-
st'ultima infatti ebbe a partire dal 1634, per volontà del cardinale Richelieu, il compito statutario, riconosciuto dallo Stato, di difendere purezza ed in-
tegrità della lingua francese. Come accadrà per la Real Academia -e come Nebrija già insegnava- l'Académie interpretò il suo compito facendosi pala-
dina dei modelli consolidati e lavorando per imporre nella vita letteraria il concetto di autorità.
Il primo Diccionario della Real Academia fu edito tra il 1726 e il 1739. La prima Gramática nel 1771. Come per l'Académie Française, i membri
sono eletti dagli stessi accademici, e scelti anche al di fuori dello stretto mondo letterario e linguistico. Dure polemiche ha suscitato nel 1987 l'elezio-
ne del disegnatore umoristico Antonio Mingote.
Non per queste aperture, comunque, è venuto meno il ruolo ufficiale e prescrittivo dell'Academia, tramite la quale Nebrija ha visto avverarsi il suo so-
gno di una lingua sancita per soberana disposición. "La ley de 9 de septiembre de 1857, en su artículo 88 declara que la GRAMATICA de la Academia
Española es texto obligatorio y único en las escuelas de ensenanza pública." ("La legge del 9 settembre 1857, nel suo articolo 88 dichiara che la
GRAMMATICA della Accademia Spagnola è testo obbligatorio e unico nelle scuole statali"). Così recita orgogliosamente la Gramática de la Lengua
Española (citiamo dall'Advertencia de la Edición de 1920, ripresa nella ed. 1931).
43
"Audace il mio pensiero /Lo zenit scalò, piume vestito". "In questi versi, per dire che, 'intrepido il suo pensiero scalò, vestito di piume, la parte più
sublime del cielo'[il poeta] commise l'inescusabile latinismo, contrario alla nostra lingua, di togliere al participio vestito la preposizione de, che richie-
de."
Real Academia Española, Gramática de la lengua española, Nueva edción, reformada, Madrid, Espasa-Calpe, 1931, par. 479. (Luis de Góngora y Ar-
gote, Las soledades, 1613; Soledad segunda, versi 137 e 138. La Gramática fa riferimento al commento di D. García Coronel).
Su Góngora ed il suo uso della lingua vedi nel Viaggio letterario in America Latina il cap. Pellegrini erranti, par. Tracce del passaggio.
44
Vita nuova, XXV, 3.
45
De Vulgari Eloquentia I, i 2 e segg.
46
Sulla pretesa dell'intellettuale di far passare le differenze culturali come deficit, e di 'far prendere coscienza agli altri' di qualcosa, pretendendo di
sapere meglio di loro stessi cosa sia meglio per loro, vedi nel Viaggio letterario in America Latina il cap. Catinga, in particolare il par. Forza, e la
nota 62 e quindi tutto il cap. Le meraviglie del vernacolo.
La gestione autoritaria degli strumenti linguistici, intesi da Nebrija come strumento di controllo sociale, può essere ulteriormente illuminata in riferi-
mento a moderne teorie linguistiche e antropologiche. Pensiamo in particolare alla 'ipotesi di Whorf'.
A Nebrija era già ben chiaro ciò che Whorf teorizzerà: la lingua non è una semplice tecnica d'espressione, ma rappresenta un modo di pensare e co-
stringe ad esso. Perciò controllando le modalità espressive si controlla il flusso della percezione sensibile: l'immagine dell'universo apparirà simile
solo agli osservatori vincolati ad una stessa base linguistica (background).
Benjamin Lee Whorf, Language, Thought and Reality, Selected writings, a cura e con introduzione di John B. Carrol, Prefazione di Stuart Chase, New
York, John Wiley, 1956, p. 55, p. 214. (E Ferruccio Rossi-Landi, Semiotica e ideologia, Milano, Bompiani, 1979 (seconda ed.), p. 139).
47
Antonio Quilis, in Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, cit., p. 22.
48
Per la cattiva "conoscenza della lingua [latina], sulla quale non si fonda solo la nostra religione, (...) ma anche il Diritto civile e Canonico, (...) la
Medicina (...)". "Da ciò discende il fatto che i giuristi appena colgono l'immagine e l'ombra dei loro Codici e Digesti. Da ciò discende che i medici
non leggono due luminari della Medicina: Plinio Secondo e Cornelio Celso. Da ciò discende che tutti i Libri nei quali sono scritte le arti degne di ogni
uomo libero, giacciono sepolti nelle tenebre".
Elio Antonio de Nebrija, Introducciones latinas, contrapuesto el romance al latín, cit., Dedicatoria a la Reina Católica.
49
Saprò "sradicare la barbarie degli uomini della nostra nazione", cominciando dallo "Studio di Salamanca, preso il quale, come una fortezza, per
combattimento, non dubitavo io che tutti gli altri centri della Spagna avrebbero finito coll'arrendersi".
Elio Antonio de Nebrija, Vocabulario español-latino, cit., Prólogo.
50
"A tutti i maestri che per consuetudine e professione possono considerarsi uomini di cultura, li provoco e li sfido, e fin d'ora dichiaro loro guerra al-
l'ultimo sangue, affinchè intanto si preparino ragioni e argomenti contro di me". Elio Antonio de Nebrija, Introducciones latinas, contrapuesto el ro-
mance al latín, cit., Dedicatoria a la Reina Católica.
51
"Se con il tuo favore riesco a vincere i nemici della lingua latina, ai quali dichiaro guerra con questo libro, grato ti offrò le decime del bottino".
Elio Antonio de Nebrija, Introductiones latinae, cit., (dalla Dedica della prima edizione al cardinale Mendoza).
52
"Perchè parlando senza superbia fu quella mia dottrina tanto notevole che anche per testimonianza degli invidiosi e confessione dei miei nemici
tutto questo mi si concede, che io fui il primo che ha fatto conoscere la lingua latina e che ha osato combattere per nuove regole."
Elio Antonio de Nebrija, Diccionario latino-español, cit., Dedicatoria.
53
"Io ho voluto mettere la prima pietra, e fare nella nostra lingua quello che Zenodoto nella greca e Cratete nella latina, i quali anche se furono vinti
da quelli che scrissero dopo di loro, perlomeno fu quella la loro gloria, e sarà nostra, che siamo stati i primi inventori di un'opera tanto necessaria."
Elio Antonio de Nebrija, Gramática de la lengua castellana, cit., Prólogo, folio 3 recto.
54
"... che ormai quasi del tutto ho sradicato in tutta la Spagna i Dotrinales, i Pedro Elía, e altri nomi ancora più resistenti, i Galtero, gli Ebrardo, Pa-
strana e altri non so quanti posticci e contraffatti grammatici che non meritano di essere nominati. E che se vicino agli uomini della nostra nazione
qualcosa di latino si trova, tutto questo si deve a me".
Elio Antonio de Nebrija, Diccionario latino-españól, cit., Dedicatoria.
55
"E' di certo così grande il merito acquisito con questo mio lavoro, che in questo genere di attività intellettuale, non se ne può immaginare uno mag -
giore; ma tutto quel mio industriarmi ad insegnare mi stava molto stretto. Perché siccome spendevo quasi tutto il mio tempo a commentare gli autori
occupato ogni giorno cinque o sei ore in cose tanto difficili quanto noiose, voglio essere sincero, quella attività non era di tanto valore da giustificare
l'impiego di tante buone ore in cosa che sembrava essere utile a pochi, essendo per avventura nato con maggior fortuna e per opere più alte e che fos-
sero ai nostri molto più utili".
Elio Antonio de Nebrija, Diccionario latino-españól, cit., Dedicatoria.
56
Nebrija lega a sè i 'barbari' con un 'doppio legame': l'ingiunzione 'parlate correttamente' nasconde un'altra implicita riflessione: 'so che non riuscire-
te a parlare mai bene'. Chiedendo ai suoi interlocutori di rinunciare ad essere barbari chiede qualcosa di impossibile: nessuno potrà rinunciare mai fino
in fondo alla propria cultura, spogliarsi di essa. Crea così "una situazione insostenibile, dal momento che la richiesta rende impossibile ciò che è ri-
chiesto". (Carlo E. Sluzki-Eliseo Verón, "Il doppio legame come situazione patogena universale", pubblicato originariamente in Family Process, 10,
1971, ora in in La prospettiva relazionale, a cura di Paul Watzlawick e John H. Weakland, Roma, Astrolabio, 1979, p. 236).
Sul 'doppio legame' vedi nel Viaggio letterario in America Latina, cap. Le illusioni accarezzate, par. Le lacrime come vantaggio competitivo (e nota
110). Il doppio legame è appunto definito da Watzlawick et al. come rapporto pragmatico: niente ci dice la teoria dell'uso etico di questo particolare
rapporto interattivo. Ma evidentemente, gli esiti dei doppi legami imposti da Felisberto Hernández e da Nebrija sono opposti. Il primo lega a sé l'inter-
locutore in un rapporto interattivo virtuoso, provocandone la com-passione, riportandolo cioè più vicino ai propri dolori e alla propria interiorità. Il se-
condo usa il doppio legame come mero strumento di potere: imponendo all'altro un comando cui è impossibile corrispondere , lo costringe in una si -
tuazione di dipendenza. E al contempo, dal punto di vista del proprio equilibrio caratteriale, mentre Felisberto cerca nella scrittura e nella musica una
elaborazione delle proprie nevrosi, Nebrija cerca nell'imposizione di norme nient'altro che una rimozione (del tipo: 'non sono io ad avere problemi, ma
gli altri').
Esercitando potere trova motivo per evitare di pensare a sé, alle crepe del proprio equilibrio caratteriale. Se il felice atteggiamento di Felisberto sana-
va un conflitto sociale, con Nebrija, all'opposto, il doppio legame torna ad apparire come "situazione patogena universale", ed il conflitto (un conflitto
sterile) torna ad inquinare i rapporti interattivi.
57
"En comineço no me pareció materia en que yo pudiesse ganar mucha honra, por ser nuestra lengua tan pobre de palabras, que por ventura no po-
dría representar todo lo que contiene el artificio del latín ..." ("all'inizio non mi sembrava materia nella quale potessi farmi una fama, essendo la nostra
lingua così povera di parole, che non avrebbe mai potuto rendere tutto il contenuto del latino...").
Elio Antonio de Nebrija, Introducciones latinas, contrapuesto el romance al latín, cit., Dedicatoria a la Reina Católica.
58
Elio Antonio de Nebrija, In Cosmographiae libros introductorium, cit. Vedi Armando Cotarelo Valledos, Nebrija científico, cit., pp. 25-26.
59
Non riesce altrimenti a saldare i fili con la propria vita passata, con la propria infanzia. Un diverso, opposto modo di affrontare la crisi di mezza età
è stato descritto in Viaggio letteraario in America Latina nel cap. Le illusioni accarezzate, par. Scorie analitiche. A differenza di Felisberto Hernán-
dez, Nebrija non sa rassegnarsi né all'imperfezione umana, nè alle carenze del proprio lavoro. Perciò la sua concezione di felicità resta idealizzata, e la
sua vita priva di serenità. (Vedi Elliott Jaques, Work, Cretivity, and Social Justice, London, Heinemann Educational Books, 1970; ed. it. Lavoro, crea-
tività e giustizia sociale, Torno, Boringhieri, 1978, p. 61 e segg.).
60
Non certo priva di significato è la consonanza tra le metafore guerresche di Nebrija e la definizione reichiana del 'carattere', fondata sulla metafora
dell''armatura'.
"Il carattere consiste in una alterazione cronica dell'Io che si potrebbe definire indurimento. (...) Il suo scopo è quello di proteggere l'Io dai pericoli in-
terni ed esterni. Come meccanismo di protezione diventato cronico può essere chiamato a ragione 'armatura'." (Wilhelm Reich, Charakteranalyse,
Berlino, 1933; ed. it. Analisi del carattere, Milano, Sugarco, 1973, pp. 186-187).
Riferimenti all''analisi del carattere' di Reich sono contenuti anche in Viaggio letterario in America Latina, nel cap. Le illusioni accarezzate, par. Sco-
rie analitiche; e anche qui vale il paragone con Felisberto Hernández: a differenza di Felisberto, Nebrija si rifiuta di accettare i dati di realtà, e le pul-
sioni, gestite da un Io infantile, non potranno che essere destinate a scopi irraggiungibili.
61
La psicanalisi ci insegna a leggere questi tratti come tipici di un carattere 'coatto'.
62
Continua Reich: "Armatura significa inequivocabilmente una limitazione della mobilità psichica di tutta la persona. (...) Tuttavia l'armatura deve
essere considerata mobile. Il suo modo di reagire si fonda interamente sul principio di piacere-dispiacere." (...) Il grado di mobilità caratteriale, la ca-
pacità di aprirsi verso il mondo esterno o di chiudersi contro di esso conformemente a una determinata situazione, costituiscono la differenza fra una
situazione caratteriale accessibile alla realtà e una struttura caratteriale nevrotica". (Wilhelm Reich, Analisi del carattere, cit., p. 187.)
L'armatura caratteriale di Nebrija si mostra particolarmente rigida. Il suo carattere ci appare tipica difesa di un soggetto divenuto 'intellettuale di pro-
fessione' per incapacità di abbandonarsi al piacere, di lasciar fluire le energie.