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Sperimentazione animale e metodi

alternativi:
tra miti, polemiche e realt scientifica.
Relazione sull'intervento del professor Federico Bussolino:
Dai modelli animali all'uomo. E' possibile colmare il gap?
Luned 27 ottobre presso l'Aula Magna del Rettorato
dell'Universit di Torino si tenuto un dibattito sulla delicata
questione della sperimentazione animale. Nel campo della
ricerca, questa pratica sta ricevendo una forte contestazione
nonostante la comunit scientifica e non, si stiano ponendo
come obiettivo la sostituzione con metodi alternativi. Nel corso
del pomeriggio diversi relatori hanno esposto, attraverso la
propria esperienza lavorativa, differenti argomentazioni in
merito all'utilizzo o meno degli animali nella sperimentazione.
Nonostante la presa di posizione abbastanza forte di alcuni dei
relatori rispetto al problema, molti sono stati gli interventi e i
suggerimenti volti ad apportare delle modifiche nel protocollo di
sperimentazione, introducendo nuove metodiche con la
prospettiva di arrivare un giorno alla riduzione o addirittura
all'abolizione dell'uso di animali per i test scientifici.
In particolar modo la nostra attenzione si voluta soffermare
sull'intervento di Federico Bussolino, ora Presidente del Nucleo
di Valutazione dell'Universit degli Studi di Torino, professore di
Biochimica presso la Facolt di Medicina e Chirurgia di Torino e
precedentemente Direttore del Dipartimento di Scienze
Oncologiche.
Come introduzione al proprio intervento, il professore ha
spiegato attraverso quali step proceda oggi la ricerca,
considerato un problema clinico:
FASE PRECLINICA
-studio su cellule in vitro
-studio su modello animale
FASE CLINICA
-sperimentazione sull'uomo
Durante le prime fasi della sperimentazione preclinica,
l'approccio tradizionale prevede l'allestimento di uno strato che
consente di apprezzare le cellule ed il loro sviluppo solamente
nelle due dimensioni. Questo comporta la perdita di importanti
informazioni quali la vera e propria morfologia cellulare e le sue
interazioni con la matrice e le altre cellule di quel tessuto,
l'irrorazione da parte dei vasi e in che modo diffondano stimoli

chimici. Grazie alla tecnologia, queste informazioni sono


garantite dall'introduzione del modello tridimensionale. La
duplice utilit dell'affiancamento dei due metodi consente di
implementare le conoscenze che si possono acquisire durante la
prima fase di studio e di conseguenza usufruire meno dei modelli
animali.
E' oggi possibile allestire colture cellulari su particolari tipologie
di supporto in grado di garantire l'interazione dinamica tra
tessuti che in vivo sono interconnessi: l'applicazione del modello
tridimensionale alle colture cellulari, consente di ottenere
particolari colture pluristratificate in grado di riprodurre la
struttura anatomo/fisiologica di un determinato tessuto.
In termini pratici, la struttura 3D consente di ricavare
informazioni di carattere fisico, chimico e meccanico sulle cellule
immerse in un ambiente fisiologico, il quale tende a imitare
quello in cui realmente esse sono inserite.
Il dottor Bussolino, attivo nel campo della ricerca medica,
durante l'intervento ha illustrato al pubblico l'impiego di questa
metodologia portando come esempio la propria esperienza nella
ricerca oncologica. Lo studio effettuato ha lo scopo di rendere
pi efficiente la diagnosi precoce di tumori cosicch siano
sufficienti interventi chirurgici sui pazienti per la risoluzione
della malattia.
Partendo da questi presupposti, il professore ha spiegato come
l'eventuale presenza e la modulazione dell'espressione di
biomarker possa essere fondamentale per raggiungere
l'obiettivo finale dello studio nel caso del tumore pancreatico.
La coltura 3D di cellule pancreatiche all'interno di steroidi ha
consentito di fare luce su quali molecole siano espresse dalle
cellule tumorali. I dati ottenuti hanno riportato l'espressione di
due proteine anomale: la neurexina e la neuroligina. L'obiettivo
della ricerca in corso quello di comprendere se e come queste
molecole normalmente coinvolte nello sviluppo del SNC, siano
utilizzabili come marker tumorali.
Lo studio procedendo, ha sollevato ulteriori questioni: neurexina
e neuroligina sono espresse nelle prime fasi del tumore
pancreatico prima che questo sia invasivo, ma possono essere
effettivamente sfruttate come biomarker?
Per verificare questa ipotesi stato traslato lo studio dalle
colture 3D ai sistemi in vivo, provocando il cancro pancreatico
sui topi in quanto lo sviluppo della malattia molto simile a
quello che avviene nell'uomo, prevedendo le stesse fasi:
displasia, metaplasia, carcinoma in situ che poi sfocia ad
invasivo.
Il modello animale ha confermato che esiste una correlazione tra
le mutazioni essenziali per lo sviluppo del tumore al pancreas e
l'espressione delle due molecole.
L'espressione di queste proteine, infatti, aumenta nella fase

metaplastica, in cui cambia il fenotipo cellulare. Si osservato


che la neuroligina ha un ruolo fondamentale nello sviluppo della
metaplasia acino-duttale, cio nella mutazione morfologica di
queste strutture. La metaplasia comporta una situazione in cui
non si ha ancora una massa tumorale vera e propria. Purtroppo
tutto ci non sufficiente per considerare queste due proteine
come biomarker efficaci, perch occorre ancora dimostrare se e
come abbiano un ruolo nello sviluppo della malattia.
In un esperimento successivo, infatti, lo scopo stato quello di
verificare se l'incidenza della malattia dipendesse oltre che dalla
mutazione del gene KRAS, anche dall'espressione delle due
proteine.
Esso stato effettuato con:
-un gruppo di topi di controllo,
-un gruppo di topi con il gene KRAS mutato con l'espressione
attiva di neuroligina,
-un terzo gruppo con gene KRAS mutato e il gene codificante per
la neuroligina eliminato con tecniche particolari.

Si osservato che se nel secondo gruppo di topi l'incidenza della


metaplasia interessasse un numero estremamente alto di
individui, nel terzo gruppo in cui il gene codificante per la
neuroligina era stato silenziato, il numero di individui in cui
insorgeva la metaplasia si riduceva notevolmente. Si giunti alla
conclusione che non soltanto la molecola legata alla mutazione
di KRAS, ma ha anche un ruolo nel processo oncogenico.
Investire sullo studio di questa molecola fa auspicare che essa si
possa utilizzare come biomarker per la diagnosi precoce del
cancro pancreatico.
Un'altra applicazione del modello di coltura 3D che il professore
ha portato all'attenzione del pubblico lo screening di farmaci.
Sapendo che i tumori per crescere necessitano di vasi sanguigni
che apportino ossigeno e nutrienti al tessuto ed eliminino le
scorie nocive, nel 2004 uno studio basatosi sull'utilizzo di questo
metodo alternativo ha individuato il primo farmaco
antiangiogenetico utile alla terapia dei tumori metastatici del
colon retto. Trattando i pazienti con questo farmaco si migliora
l'aspettativa di vita dei malati, anche se purtroppo in modo
ancora non significativo.
Il dottor Bussolino ha sottolineato come il grandissimo numero di
esperimenti preclinici sia essenziale per la formulazione di
farmaci efficaci.
Quello che possibile fare con i metodi di Co-colture 3D nel caso
dello studio dell'evoluzione del tumore, di coltivare cellule
neoplastiche e vasi capillari per osservare come questi

componenti si comportino e interagiscano tra loro per verificare


l'utilit dei farmaci in modo molto pi semplice. Sfruttando la
capacit di dare informazioni sulla biodistribuzione e tossicit
del farmaco, resa possibile dal metodo delle colture in 3D, si
potrebbe quindi andare a testare in vivo solo quei farmaci che si
sono gi distinti nella prima fase di sperimentazione per ridurre
drasticamente il numero di animali impiegati nella ricerca.
Alla fine dell'intervento citato un progetto, il Human-on-achip nel quale ogni organo viene riprodotto da un microchip
connesso ad altri per simulare il reale funzionamento
dell'organismo umano.
In conclusione, il professore si augura che l'uomo in futuro riesca
a sostituire la sperimentazione animale riponendo una speranza
nella tecnologia e nel progresso della conoscenza. Purtroppo al
giorno d'oggi essa uno strumento indispensabile alla ricerca in
campo scientifico, solo in parte sostituita grazie a questi nuovi
modelli, ma assolutamente non eliminabile.

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